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Vie de Gaëtan de Clérambault

Si suicida il 17 novembre 1934 seduto in poltrona davanti allo specchio e con i piedi poggiati
al muro, a causa di una malattia nervosa che lo affliggeva, dei problemi economici e della
paura di una cecità imminente, sapendosi condannato alla paralisi e alla cecità non avrebbe
accettato una simile condizione. Era nota la sua passione per le stoffe rare, i tessuti orientali
e per i manichini di cera a grandezza naturale che addobbava lui stesso. Clérambault
dedicava le sue attenzioni ai manichini, allo studio dell’abbigliamento nell’antichità, alle
diagnosi dei pazzi nell’infermieria e alla psichiatria. Clérambault viene paragonato a Freud,
poiché ha aperto nella psichiatria delle vie nuove; al tempo stesso era uno scienziato ed un
artista: le sue lezioni alla Scuola delle Belle Arti furono straordinarie per finezza e per
creatività, formulò la teoria del drappeggio e fu il primo a considerare le pieghe degli abiti
ampli come la firma di una tribù. Era un uomo di coraggio che aveva scelto di arruolarsi e
partire al fronte nonostante l’età non più giovanissima, meritò la Legion d’onore e la Croce di
guerra. Questo spiega la sua determinazione nello sparare, ma al tempo stesso la sua
debolezza per il timore di diventare cieco. Era anche un mecenate, lasciò denaro ad un
pittore italiano in miseria. Era affascinato dalla morte: si era fatto scolpire una stele funeraria
da un artista marocchino perché venisse posta sulla sua tomba e, riguardo al suo suicidio,
aveva redatto il testamento e aveva lavorato ad una teatralizzazione del cadavere,
sedendosi su una poltrona davanti allo specchio e sparandosi in bocca, così da offrire allo
sguardo della polizia lo spettacolo del suo cadavere e il teatro dei manichini che soleva
addobbare. Gaëtan de Clérambault è nato il 2 luglio 1872 a Bourges. Suo padre Edouard è
un funzionario, ma nella tradizione familiare figurano dei magistrati ed è presente fra gli
antenati in linea diretta la madre di Descartes. Il giovane Clérambault riceve un educazione
severa, è sempre accanto alla madre con la quale ha modo di soddisfare la propria
fascinazione per i profumi e gli sguardi (a 6 anni soffriva di disturbi alla vista di origine
nervosa). Quando entra nel collegio Stanislas ha una brillante carriera scolastica, si
appassiona alla letteratura, alla musica e alla pittura, scrive versi che legge in pubblico e
disegna benissimo; ma suo padre, appassionato di archeologia, vorrebbe che si laureasse in
giurisprudenza e Gaëtan accetta. Al termine decide, contro l’opinione della famiglia, di
studiare medicina e, specializzandosi in psichiatria, si reca in Austria come medico privato di
una celebre contessa. Nel 1905 diviene aiuto presso l’infermieria speciale della Prefettura
della polizia di Parigi dove resterà fino al 1914 quando, a 42 anni, parte per il fronte. In
guerra dimostra grande coraggio, rischiando la vita per fotografare le tracce lasciate dalle
esplosioni delle mine. Sarà ferito ad una spalla dopo essersi offerto di compiere una
missione che era già stata fallita due volte. Trasferitosi in Marocco impara l’arabo e recatosi
successivamente in Oriente compie altre imprese che gli valgono medaglie e viene ferito ad
una gamba; curato a Salonicco, porta a termine la convalescenza a Fez dove comincia ad
interessarsi ai drappeggi arabi e dà inizio alla sua collezione di fotografie. Il soggiorno a Fez
dura 3 anni e gli consente di approfondire la linguistica, l’etnografia e la psichiatria. Rientrato
a Parigi, si servirà delle fotografie del periodo marocchino per i corsi che terrà gratuitamente
alla Scuola delle Belle Arti, dalla quale sarà però cacciato, per motivi non conosciuti. Nel
1908 pubblica “La passion érotique des etoffes chez la femme”, saggio in cui aveva rivelato
un interesse per le stoffe che vengono descritte come dei corpi dotati di qualità erotiche;
successivamente si appassiona al drappeggio dei manichini da lui disegnati e fatti costruire.
Le bambole, le stoffe e i drappeggi, la scrittura e la fotografia svolgono un ruolo
compensatorio nei confronti della perdita della madre (sono quindi dei feticci) alla quale era
estremamente legato. Nel 1920 Clérambault raccoglierà le sue riflessioni nella sua opera più
importante “Les psychoses passionnelles”. Gli anni successivi sono dedicati all’elaborazione
della sua teoria dell’automatismo mentale, che verrà raccolta in “L’automatisme mental”. Nel
gennaio 1934 subisce un intervento alla cataratta e il 17 novembre si suicida. Nel suo
testamento è indicato che la stele funeraria fatta scolpire in Marocco venga messa sulla sua
tomba, ma tale desiderio non sarà rispettato dai familiari ed essa si trova ora al Musée de
l’Homme. Nel 1940 il dottor Heuyer, presidente della società “Amici di Clérambault” chiede
alla sua allieva Elisabeth Renard di scrivere una tesi sulla vita e l’opera di Clérambault ed è
a questo lavoro di ricerca, per quanto svolto con intenti celebrativi, che attingeranno tutti gli
studi successivi.

E’ un medico psichiatra che lavora nella prefettura di Parigi. Muore suicida allo specchio,
dopo aver contratto la cataratta che non gli permette di vedere, si siede sulla poltrona e si
spara un colpo in testa vicino ai suoi manichini.
Jacques Lacan lo definirà “il suo maestro”.
Clérambault è coevo di Freud, che studia i meccanismi dell’inconscio. Clérambault studia i
denomeni elementari delle psicosi e scrive 13mila cartelle cliniche, in cui rientra “Passion
erotiques des etoffes chez la femme”.
Clérambault coltiva arte, letteratura e poesia, è appassionato di fotografia, stoffe, drappeggi
e manichini che addobbava e fotografava nel suo studio. Alla sua morte sono stati trovati
30mila cliché fotografici rappresentanti, la maggior parte simili a bambole privi di occhi.
Bisogna collocare Clérambault nell'immaginario che si rifà al perturbante.

L’universo di Clérambault: pieghe come emblemi della sessualità, erotismo delle stoffe,
corpo frammentato dei manichini, ossessione dello sguardo e dell’obiettivo fotografico.

attenzione per le pieghe


La sua particolare attenzione alle pieghe ci dimostra non solo un suo interesse, ma un
desiderio ossessivo di esplorare, tramite le confessioni delle sue pazienti, il piacere
sessuale derivante dall’accarezzare le stoffe. Clérambault evidenzia anche il ruolo delle
pieghe, in base al drappeggio che comporta il loro utilizzo come abbigliamento. Egli teorizza
una classificazione dei vestiti in base alle pieghe, questi mascherano e negano il corpo,
proponendosi come elementi dotati di vita propria. Questo è il ruolo evidenziato dalle sue
fotografie scattate in Marocco. Fin dall’antichità il concetto di piega è connesso con quello
del sapere: l’universo è concepito come un dispiegarsi di un rotolo originariamente ripiegato
su sé stesso. La piega è un artificio culturale che rimanda ad una visione legata al mondo
della natura. La piega rappresenta ciò che c’è oltre il visibile, è un’esistenza non esibita e
quindi da esplorare.
Il manichino ha come sua ragion d’essere la stoffa che rivestendolo gli conferisce
movimento, vita. La stoffa a sua volta, rivestendo il manichino, disegna una realtà
nuova. C’è un rapporto di interdipendenza e una valenza erotica.
Mallarmé si dedicherà alla descrizione degli abiti nella rivista redatta interamente da lui “La
Dernière Mode”, il luogo della sua flanerie mentale. La sua scrittura si traduce in invenzioni
mentali, pur facendo riferimento alle illustrazioni della rivista.
La stoffa, destinata a ricoprire il corpo, è una pelle superlativa, è una superficie che, grazie
alle pieghe, può accorciarsi e dilatarsi a piacere, aderire al corpo o formare forme proprie. Le
stoffe diventano sostituti metonimici del corpo, feticci che si caricano di erotismo.
In area decadente si assisterà alla creazione di un’immagine mineralizzata del
femminile, facendo così del suo potere pietrificante una condizione estetica. E’ questa la
concezione interna alla Hérodiade di Mallarmé, alla Salomé di Moreau e di Huysmans.
Importante è il tema dello sguardo che annienta, che troviamo nell’Eva Futura di Villiers,
quando Edison mostra all’amico Lord Ewald, tramite una proiezione cinematografica,
l’immagine della seducente ballerina Evelyn Habal, che ha indotto alla disperazione e al
suicidio Edward Anderson. Successivamente mostra una sequenza completamente diversa,
effettuata spiando la ballerina nella sua intimità: la ballerina è ora un essere orrendo. Edison
come Clérambault spia attraverso la lente di un obiettivo la metamorfosi di Evelyn Habal per
dimostrare che la bellezza è frutto di un artificio, la seduttività è puramente illusoria. Ma
dietro il suo sdegno moralistico si cela anche una propensione feticistica: egli ha conservato
in un cassetto tutti i pezzi che erano serviti alla costruzione della bellezza di Evelyn.
L’esposizione dei reperti della donna-manichino si dilunga nel capitolo significativamente
intitolato Esumazione, ma tutto il romanzo è incentrato su un altro manichino, Hadaly, il
perfezionamento dell’artificio che svela solo all’amico Ewald.

Morphologie du costume drapé - Clérambault


sono fotografie realizzate con la tecnica della lastra di vetro e stampate su fogli cartonati,
chiuse in una scatola anonima nel Musée de l’Homme e poi attribuite a lui. Sono fotografie di
donne, bambole-manichini drappeggiate, senza occhi. Nel 1996 viene fatto un
cortometraggio che porta il titolo “Le Cris de la Soie”.

Nelle bambole drappeggiate non sono mai visibili gli occhi. Abbiamo anche degli uomini, il
cui volto è visibile. Le donne sembrano dei fantasmi, per questo richiamano la morte.
“Silhouette drapée”: non c’è più la donna, c’è un manichino, è un fantasma che vuole
rappresentare il costume drappeggiato portato dalle donne. E’ l’assenza della donna
all’interno. E’ il tessuto che fa il corpo. Le donne sono attratte dalla seta come corpo
fantasmatico di nessuno per piacere personale.

L’infermeria della prefettura di Parigi è un luogo riservato a persone che vengono


sospettate di infermità mentale già dal 1871, dove coloro che venivano considerati folli
venivano portati al deposito e venivano immessi con vagabondi, prostitute e criminali. Dal
1872 vengono separati. Quando Clérambault inizia a lavorare, l'infermieria conta solo 11
celle per gli uomini e 7 per le donne. Di anno in anno la situazione cambia, il passaggio
coinvolge duemila pazienti. Clérambault decide se i pazienti devono essere internati o
trasferiti in un reparto psichiatrico gratuito o se devono essere dimessi. I suoi pazienti
provengono da questure e carceri e si pone anche il problema del “farà finta?” (per avere
uno sconto di pena). Clérambault decide il destino di queste persone. I testi devono essere
rapidi, composti da poche righe di sintomi dei pazienti, i rischi che corre o che può
provocare, la decisione e l’orientamento della persona. Clérambault passa l’intero
pomeriggio a visitare i pazienti e qui sviluppa il suo lavoro psichiatrico e narrativo. Scrive 141
articoli scientifici e 13mila certificati forensi. Qui Clérambault costruisce la sua identità, viene
considerato il maestro capace di far emergere dal paziente l’imprevedibile, un manipolatore.
Uno dei suoi allievi scrive che non permetteva che gli stagisti vedessero prima di lui i
pazienti.
L’infermieria dove lavorava non era un luogo di cura, ma di diagnosi, dove i pazienti
potevano simulare.
Il suo lavoro sulle persone deliranti e passionali è stato integrato dalla psichiatria francese.
La sua definizione di automatismo psichico non ancora. I suoi certificati di collocazione dei
pazienti sono diventati dei modelli per gli psichiatri successivi e imitati male.
Il piacere letterario per lui sta nell’opera scientifica. C’è un sottile equilibrio che va
controcorrente con l’opera della sua epoca. E’ questo che partecipa molto alla fascinazione
che Clérambault suscita nei suoi colleghi. Raccoglie testimonianze femminili. Le donne si
inseriscono fantasmaticamente come creazioni di chi le studia.
Con Clérambault le donne trovano il coraggio di parlare, costruiscono il loro passato.
Clérambault mette insieme esperienze passate di queste donne e le cuce insieme
costruendo il loro corpo fantasmatico.
Le donne hanno sviluppato in lui un desiderio che già aveva, una gioia diffusa che vale per
uomini e donne attraverso i tessuti, i drappeggi, le idee. Una gioia diffusa secondo stati
molto estremi, alle volte definiti come mistici o patologici.
Possiamo considerare il saggio un’anticipazione alle fotografie che farà.
Il suo lavoro clinico sulla passione erotica per i tessuti si può considerare come
un’introduzione alle fotografie, come le pagine che dedica alle appassionate del tessuto,
così risultano le sue fotografie più sorprendenti.

Freud e Clérambault
Freud e Clérambault scrivono nello stesso periodo e sono stati fatti molti paralleli. Freud si
propone di strutturare osservazioni che sino ad allora non erano entrate in nessun sistema di
riferimento conosciuto e lo stesso fa Clérambault. Hanno, però, un approccio diverso. A
Clérambault non interessa il significato dei sintomi, a lui interessa il carattere unico che ha
ogni alterazione, gli interessa conferire la sua specificità ad ogni anomalia psichica.
Malgrado questa differenza, entrambi partono dal connubio tra parola e immagine. Freud
scrive la sua prima opera importante a partire dalle immagini oniriche dei suoi pazienti, come
viene descritto un sogno (che è sintomo di un desiderio). Clérambault pur partendo dalle
immagini, è soprattutto interessato allo stato tra il sonno e la veglia, allo stato allucinatorio.
Freud coglie attraverso le immagini oniriche, e la successione che viene da loro narrata, la
trascrizione visiva di parole e di un concatenamento di affermazioni. “Il sogno è come un
rebus”. L’immagine in Clérambault è la materia prima della sua indagine. Le immagini gli
vengono fornite dai suoi pazienti. Clérambault, prima di invitare ad elaborare le immagini di
cui narrano i suoi pazienti, cerca di restituire nei suoi scritti quasi il luccichio, la bellezza di
queste narrazioni deliranti. Le sue presentazioni dei pazienti si fanno in tanti modi diversi,
quante sono le caratteristiche dell’anomalia e lui non usa l’interrogazione, ma manovra i
pazienti attraverso gesti e disegni. Clérambault mette in scena una relazione tra lui e i
pazienti, organizza uno scenario in cui devono essere previste le fasi. Freud dice di aver
scoperto, grazie alle storie dei suoi pazienti, il narrare romanzesco. Clérambault teatralizza
una scena con i suoi pazienti di cui è il regista. Clérambault nelle schede fa una
presentazione del paziente che costituisce una sorta di atto di seduzione del medico che si
abbandona a questa presentazione.
no isteria (l’isterica è una seduttrice per chi le assiste).
Clérambault non descrive ciò che allevia la sofferenza psichica perché è al secondo posto
per lui, preoccupato della comprensione della malattia dei pazienti, prima che della
guarigione.
Le passioni per i tessuti descritte da Clérambault sono inseparabili dallo sviluppo dei
grandi magazzini che segnarono la fine del XIX secolo e che fece scrivere a Zola il
romanzo “Au bonheur des dames” la famosa scena in cui viene descritto tutto l’insieme di
stoffe e di abiti che induce al desiderio di cogliere questi abiti e alla cleptomania, la follia a
cui venivano portate alcune donne perché riescono a toccare dei tessuti fino ad allora
inaccessibili e il conseguente furto. Il desiderio di toccare la stoffa non è l’argomento
principe, le donne hanno un rapporto competitivo con le altre donne nei furti. La
competizione è il possesso, nel romanzo di Zola. Per Zola il rapporto che la donna mantiene
con il tessuto è costantemente il frutto dello sguardo e della messa in scena dei tessuti del
titolare del negozio, una figura maschile forte che viene desiderata.
La strada su cui ci conducono le confidenze raccolte da Clérambault è diversa. In Zola
abbiamo il sogno di un uomo idealizzato e amato in segreto. In Clérambault il maschile non
ha posto, c’è sempre un padre assente, un marito incomprensibile, un amante goffo o
brutale. Sono figure da disprezzare. Per queste donne la materia si pone come l’oggetto
esclusivo del loro desiderio. Il loro rapporto con il tessuto si configura come il rapporto di un
orgasmo, un amore completo che è agli antipodi delle narrazioni che istituiscono lo sguardo
come il momento del colpo di fulmine.

Clérambault ci mette davanti ad una passione sovversiva che porta queste donne
all'infermeria della prefettura di Parigi. Quello che cercano queste donne nei tessuti,
assente dal feticismo maschile, è essere partner della pelle, il tessuto sostituisce l’uomo.
Questo corpo tessuto che non è nessun altro, non è un corpo tessuto passivo, perché a sua
volta accarezza la pelle che gli è accanto. E’ un corpo tessuto che strilla, che urla di piacere.
Queste donne sembrano aver atteso invano nella loro vita amorosa la passione. Il corpo
tessuto dà e ricambia la carezza. Queste donne sono state prese dal tessuto, quando in
realtà sono loro ad averlo rubato.

le 3 pazienti
All’esordio del saggio Clérambault dice che riporta le osservazioni di 3 donne che provarono
un’attrazione sessuale per certi tipi di tessuti, in particolare la seta e, al medesimo tempo,
impulsi che portavano alla cleptomania. Le 3 osservazioni sono sovrapponibili l’una all’altra.
Si tratta di detenute o di malate mentali che, inaspettatamente, durante l’interrogatorio,
hanno mostrato la passione erotica e morbosa per la seta, legata all’impulso cleptomane.
pag.131: la donna afferma di non essere pazza. L’osservazione di Clérambault porta ad
un’apertura in quanto interrogata relativamente al furto, la prima paziente dice di aver rubato
un pezzo di seta e che era stata condannata 4 volte perché rubava tessuti di seta e i ricordi
di questo sembrano addolorarla e voleva essere riportata in carcere. Tutte e 3 provano un
senso di colpa.
La donna ribadisce che rubava solo pezzi di seta, che non aveva accettato di sottoporsi ad
una perizia psichiatrica, viene ricostruita la sua storia familiare.
Tutte e 3 le donne sono insoddisfatte dal punto di vista amoroso, non hanno mai potuto
avere dei rapporti sessuali soddisfacenti, se non in solitaria e con le stoffe.
Il feticismo maschile è tutto dato dallo sguardo, che non importa in quello femminile. La
stoffa diventa un feticcio di sé stesso che le donne portano sempre con loro, con la
creazione di un delirante e autoreferenziale rapporto erotico.
Simulacro e feticcio sono da intendere a partire dal soggetto che si duplica.
Abbiamo la stessa situazione per la seconda paziente, ruba la seta e ne è attratta.
Clérambault si sofferma sull’attrazione della seta e sulla cleptomania a partire dalle
affermazioni della paziente.
Per questa donna il contatto con la seta deriva dal contatto che aveva quando era bambina
e il tessuto con cui vestiva le sue bambole grazie al regalo di sua sorella sarta dei ritagli di
seta. La bambola per una bambina è l’immagine di sé, è il simulacro della bambina, che
viene toccata dalla seta.
Per quanto riguarda le pazienti, abbiamo l’idea di pigmalione. A differenza del romanzo di
Zola, in cui le donne sono in competizione, qui la figura maschile è esclusa.
Nella seconda osservazione si torna sul fatto che le piace solo la seta agli altri tessuti.
Le donne dopo aver rubato i tagli di seta e averli usati come corpi nella loro sessualità, li
buttano via perché non interessano più.
La seconda donna parla dei figli che a volte le riportano i pezzi di seta che a lei non
interessano più, perché è il rubare che è il piacere.
La terza donna è vedova e viene incriminata per furto di seta. I furti si legano all’assunzione
di sostanze stupefacenti. Il colore della seta per lei non è rilevante. E’ il pezzo di seta, il
corpo totale che vogliono, non vogliono indossare la seta, perché vuol dire modificarla, si
perde il rituale che consente l’erotizzazione in solitaria con il corpo di seta. Clérambault
parla, per tutte e 3 le donne, di iperestesia, cioè di una condizione secondo la quale c’è una
sensibilità che va oltre i limiti e stimoli tattici che possono essere poco o molto dolorosi.
Parla anche al lettore privilegiato dell’epoca, dice che chi lo sta leggendo potrebbe stabilire
un parallelo tra quell’alienazione e il feticismo e dice esplicitamente, che nei 3 casi il tessuto
non è sostituto del corpo maschile e non vuole evocarlo. Qui fa la differenza col maschile, il
feticismo maschile rende omaggio al sesto opposto, in più questo implica molte
fantasticherie mentali relative all’oggetto del desiderio. Diversamente, le 3 pazienti non
hanno le fantasticherie del feticista maschile, ma non sono prive di immaginazione.
C’è una distinzione importante, ma fatta a metà. Queste 3 donne hanno delle patologie sin
da bambine. C’è una complessità diversa nello pseudo-feticismo femminile. Sembra che il
feticismo maschille sia complicato, mentre sia molto semplice il rapporto delle tre pazienti.

La prima paziente è ripresa nella felicità dei pezzi che si è infilata sotto la gonna. E’ triste e
parla poco.
La seconda donna è depressa, ha rubato della seta, è malinconica e ha tentato il suicidio.
La terza donna descrive il suo stato d’animo al momento del desiderio del corpo tessuto in
termini che indicano un capovolgimento maniacale.

Il tessuto è un corpo e il suo tocco è superiore alla vista. E’ il tatto che viene ad essere
enfatizzato nel rapporto sinestetico. Questo ritorna in ogni donna osservata da Clérambault.
Nello stesso periodo in cui Clérambault scrive, la moda occidentale sta per il tessuto che
vela e svela il corpo allo stesso tempo. Clérambault ci dà delle immagini che attestano che il
tessuto non può essere un indumento, ma letteralmente pelle, tessuto cutaneo.
Una pelle in cui anche un bambino può trovare il suo corpo attraverso il drappeggio.
Quello che emerge da saggio e fotografie è la presenza insistente di bambole senza occhi, è
un paradosso perché per chi fotografa, sotto passa attraverso il suo sguardo, anche quando
interroga le donne. Le presenze fantasmatiche sono perturbanti perché ci affascinano, però
risultano devianti, ambigue e ci interrogano in quanto ognuno di noi nota l’assenza dello
sguardo. Siamo attratti dal movimento del velo, dal drappeggio; esattamente come le
pazienti di Clérambault. Egli teatralizza nella fotografia il perturbante che vivono le
pazienti.
Nelle fotografie abbiamo tante donne senza occhi. Abbiamo dei drappeggi che rimandano a
donne mature e materne o ad una femminilità giovane e seducente. Il punto fondamentale è
la continuità di un’assenza che rende la scrittura e le immagini inquietanti sulla strada che
hanno delineato le analisi dei testi precedenti.

Le donne drappeggiate guardano, anche avendo gli occhi in ombra, non c’è altro sguardo
che lo sguardo stesso. Le fotografie testimoniano gli interrogatori alla base del lavoro
psichiatrico di Clérambault. Le fotografie che sono rimaste segrete per tutta la sua vita
potrebbero testimoniare il tentativo di trovare un equivalente visuale al lavoro psichiatrico.
Toccherà al suo allievo, Jacques Lacan di tentare un approccio nuovo e diverso nel suo
seminario dedicato all’immaginario.
Un approccio che rivela un’alleanza tra una logica spietata applicata ai meccanismi della
mente e un omaggio costante a quelle che sono le scintille che può far emergere questa
logica.
Problema del dominio tattile che riguarda le tre donne.
Rapporto delle donne che hanno con sé stesse come simulacro e bambole che riflettono sé
stesse. Le donne hanno un passato precario per quanto riguarda le malattie, i loro rapporti
familiari con mariti e amanti, sfuggono all’esterno e alla vista. Sono simulacri e
pseudo-feticismi che vengono analizzati da Clérambault come diagnosi, in modo speculare
al tessuto che viene poi gettato, una complicità pari che queste donne vivevano con
equivalenti feticci, come una bambola per una di queste, che veniva vestita con dei ritagli di
seta.

mentre Freud a Vienna stava esplorando i meccanismi della mente, a Parigi


Clérambault studiava i fenomeni della psicosi.
Dal 1905 al 1934 Clérambault è a capo de l'Infirmerie Spéciale des Aliénés de la
Préfecture de Police de Paris. Il suo lavoro consisteva nell’incontrare le centinaia di
“sospettati di alienazione” che la polizia parigina conduceva ogni notte nel suo
ambulatorio e nello stilare rapidamente una cartella con la diagnosi del paziente.
Clérambault scriverà 13mila cartelle in tre decenni di attività, nella quale osservava il
paziente nei dettagli più piccoli ed apparentemente insignificanti per ricavarne
un’istantanea psichiatrica.
Cerca di tradurre in parole le sue fotografie; ciò che suscita la sua attenzione sono i
colori, le forme, le tessiture, come se i dettagli plastici fossero in grado di rivelare
verità più profonde sul paziente e sul suo malessere.

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