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Che cos’è l’apprendimento? Storia e teorie
L’apprendimento è la capacità di assimilare l’esperienza altrui e propria e di metterla a frutto
Ci sono varie teorie:
ORIGINE E SVILUPPO DELL'IDEA DI DIDATTICA
Da sempre, l'uomo, ha avuto l'esigenza di tramandare il sapere. Nel XVII secolo si avvia una
riflessione sulle pratiche d'insegnamento. Uno dei principali autori di questa fase è Comenio con la
sua "Didactica Magna", che si pone l'obbiettivo di insegnare tutto a tutti, attraverso lo strumento
della didattica.
Con Locke Si ha l’idea di tabula rasa, di interesse verso la curiosità del bambino e di esperienza.
Con Rousseau si ha una vera e propria rivoluzione: uomo buono per natura, scuola a contatto con la
natura. Quindi in Locke abbiamo un'educazione negativa (basata sul non intervento dell'educatore);
in Rousseau un'educazione indiretta (far capire attraverso le conseguenze).
IL PRIMO NOVECENTO La scuola diventa di massa e fa propri gli sviluppi della psicologia.
Abbiamo Ferrière, Decroly, Maria Montessori, Agazzi, Dewey ec. Si diffonde dunque l'educazione
progressiva o attivismo: puerocentrismo, attenzione alle attitudini , ai bisogni, ambienti stimolanti.
• Dewey, in particolare, dice che bisogna abbandonare il nozionismo scolastico, e far interagire il
bambino con il contesto naturale e sociale in cui si trova. C'è la diffusione di laboratori, dei giardini
dell'infanzia e le lezioni si fanno sempre più individualizzate, soprattutto con Freinet e Ferrière e i
progetti individualizzati, le nozioni di collaborazione e autogoverno.
SVILUPPI RECENTI: IL CONTESTO INTERNAZIONALE A partire dal dopoguerra abbiamo
due fasi:
-Anni 50/70= concezione lineare e gerarchica della conoscenza, con il movimento per la
progettazione curricolare;
-Anni 80/90= concezione più complessa di conoscenza con il costruttivismo. Si sente nel
dopoguerra
la necessità di dare un assetto scientifico alla didattica. Anziché partire dall'allievo, occorre porre
l'attenzione sull'obiettivo e l'analisi delle prestazioni. Si afferma il modello della task analysis: si
definiscono gli obiettivi, si valutano le conoscenze d'ingresso, si suddividono le unità dal semplice
al complesso, si forniscono feedback durante il processo. Le prime riflessioni sulla progettazione
curricolare si devono a Tyler nel 49, si pone delle domande.
Comportamentismo, anni '60, Skinner.
concetti di base
• Si può valutare solo il comportamento visibile
• Gli obiettivi vanno definiti attraverso comportamenti (operazionalizzazione)
• I processi vanno scomposti analiticamente in sottoprocessi
• L'elemento più importante nell'apprendimento è il rinforzo, ma non serve a nulla se negativo. Più
importante quello positivo.
•Bisogno costante di feedback. Rinforzo, giudizio di biasimo o di lode.
•per lui la mente è una BLACK BOX, cioè una scatola nera che non si può aprire. Dunque non si
possono studiare e analizzare i processi mentali.
L’approccio di Skinner è quello della teacing machine, quindi del meccanicismo dell’insegnamento.
CRITICHE
• Eccessivo meccanicismo
• Impossibilita di conoscere i processi mentali.
Cognitivismo, anni '70-'80, concetti di base I processi della mente possono essere rappresentati
(mente=calcolatore)
• La mente elabora attivamente informazioni e costruisce concetti, essa viene assimilata al sistema
della memoria, quindi viene definita SOFTWARE
• Concetti importanti per l'apprendimento: - preconoscenze – metacognizione
Cognitivismo, tre sottosistemi di memoria:
1. Sensoriale; input dall’esterno
2. A lungo termine; input dall’interno, pozzo senza fondo. Es. inside out
3. Di lavoro; questo tipo di memoria esercita lo sforzo di mettere insieme sensoriale e a lungo
termine, elaborazione delle informazioni, costituisce conoscenze.
Lo sforzo non può essere però illimitato, noi non siamo pozzi senza fondo e allora dobbiamo
dividere il carico cognitivo in tre livelli:
1. Carico cognitivo estraneo: attività cognitiva inutile, che crea solo confusione. VA
ELIMINATO, come troppi compiti durante la DAD.
2. Carico cognitivo Intrinseco; è quello imposto dal compito, varia in base alla difficoltà del
compito, bisogna dosarlo bene anche in relazione ai livelli di preconoscenze.
3. Carico cognitivo Pertinente; è quello utile.
Insegnare vuol dire saper mediare il carico cognitivo intrinseco, ridurre l’estraneo e
incontrare il pertinente.
Vygotsky zona di sviluppo prossimale: Uno spazio intermedio tra il livello di sviluppo
attuale del bambino e il suo livello di sviluppo potenziale, determinato dalla capacità di
interagire socialmente nella risoluzione dei problemi con persone più competenti.
mod.2
•Gli obiettivi didattici:
■ Nei progetti abbiamo detto devono essere indicati sia gli obiettivi sia i metodi per la loro
valutazione e misurazione.
■ Punto Critico. E’ stato sempre critico il saper valutare con precisione ed in maniera oggettiva se
l’allievo ha raggiunto gli obiettivi previsti.
■ Obiettivi precisi: nei progetti gli obiettivi devono essere indicati in maniera precisa e dettagliata.
Operazionalizzare gli obiettivi.
Con questo termine si vuol intendere che nei progetti oltre agli obiettivi dettagliati da raggiungere
bisogna indicare chiaramente i sistemi di valutazione.
Operazionalizzare = obiettivi + sistemi di valutazione.
• La Tassonomia in generale è la disciplina che si occupa di studiare i risultati di un esperimento
scientifico • La Tassonomia didattica: è la riflessione su come valutare con efficacia i risultati
didattici ottenuti. • Scheda O-V (obiettivo-verifica). Sono indicati chiaramente sia gli obiettivi da
raggiungere sia gli strumenti e i criteri di valutazione. É quindi operazionalizzata.
4 Alla fine, in base al numero delle risposte esatte, si potrà affermare con sicurezza il livello di
preparazione dell’allievo ossia: • Conoscenza di Base; • Conoscenza Profonda; • Competenza.
Da ricordare la distinzione:
Sapere =CONOSCENZA ■
Sapere Fare = CAPACITA’ ■
Saper Essere = COMPETENZA
• Tassonomia di Bloom. Questo studioso ha elaborato numerosi metodi per valutare l’effettivo
apprendimento di alunno. A seguire il metodo forse più utile ai fine didattici, ri:
1. Valutazione della conoscenza dei termini CONOSCENZA PROCEDURALE ricordare
2. Valutazione della conoscenza dei fatti CONOSCENZA FATTURALE
3. Valutazione della conoscenza di regole e principi CONOSCENZA CONCETTUALE
4. Omissis CONOSCENZA METACOGNITIVA
• Modello è una teoria che ha lo scopo di identificare i metodi di insegnamento che risultino
efficaci e coinvolgenti. (in ambiti definiti).
Intelligenze multiple di Gardner
teoria elaborata da Gardner per criticare i test di intelligenza che in realtà misurano solo le capacità
logico-matematiche. Per questo studioso esistono 7 tipi di intelligenze. Tra queste intelligenze non
esistono gerarchie e nessuna di esse è superiore alle altre in quanto ognuna opera secondo procedure
e regole autonome.
Esse sono: 1)Intelligenza linguistica; 2)musicale; 3) matematica; 4) spaziale; 5) cinestetica
(ossia relativa al controllo dei nostri movimenti corporei; è l’intelligenza dei ballerini e
atleti); 6) intrapersonale; 7) interpersonale. Secondo Gardner bisognerebbe valorizzare il
tipo di intelligenza in funzione di ciò che si sta apprendendo. All’inizio di una lezione si
dovrebbe attrarre l’attenzione degli studenti con una storia o delle domande. ENTRY POINTS
Possiamo dire che per la progettazione possiamo avere due diversi atteggiamenti:
1. Atteggiamento per obiettivi definiti usato nella progettazione di Educazione Formale, Educazione
Aziendale e degli Adulti e in genere in tutti quei ambiti in cui:
•.a. gli allievi hanno delle buone preconoscenze;
•.b. gli allievi hanno capacità di autoregolazione.
2. Atteggiamento per obiettivi aperti (ossia molto flessibili) usato nella progettazione nell’infanzia e
nella extra-scuola.
Modello ADDIE. (anni 60)
Le fasi fondamentali nella stesura di un progetto sono 5:
1. Analisi preliminare (analisi dei bisogni e quindi degli obiettivi da conseguire); ANALISYS
2. Progettazione in senso stretto; (scelta degli obiettivi e dei metodi) DESIGN;
3. Sviluppo (allestimento dell’ambiente (setting) e preparazione dei materiali) DEVELOPMENT;
4. Applicazione (messa in pratica, attuazione) IMPLEMENTATION;
5. Valutazione (che avviene o in itinere oppure alla fine) EVALUATION
• Modello Merril.
Nel suo modello Merril individua 5 aspetti che dovrebbero rendere
l’apprendimento più efficace.-.1. Problem sottoporre agli studenti problemi concreti e non
mere astrazioni. Per esempio mostrare loro in maniera pratica l’obiettivo che dovranno
raggiungere alla fine del corso e non solo in maniera teorica. -2. Activation significa che il
docente non può partire a spiegare dai concetti difficili ma deve prima fornire agli studenti
le preconoscenze che sono indispensabili per capire il programma di studio. E’ come
preparare il terreno. -.3. Demonstration il docente deve dare dimostrazioni pratiche e non
limitarsi alla teoria. -4. Application dare la possibilità agli studenti di mettere in pratica ciò
che hanno imparato. -.5. Integration (che significa completezza). Gli studenti devono avere
la possibilità di mettere in pratica nella vita reale o nel mondo del lavoro ciò che hanno
imparato. Questo aspetto darà loro molta motivazione.
Strategie didattiche: "una strategia è la descrizione di un piano d'azione di lungo termine usato per
impostare e successivamente coordinare le azioni tese a raggiungere uno scopo predeterminato. La
strategia si applica a tutti i campi in cui per raggiungere l'obiettivo sono necessarie una serie di
operazioni separate, la cui scelta non è unica e/o il cui esito è incerto".
Secondo Clark (2000) sono delle macrostrutture differenziabili in funzione di alcune variabili
Il termine strategia si usa molto in ambito militare, si può considerare una sequenza di
decisioni e azioni finalizzate ad affrontare un problema la cui soluzione non è del tutto nota.
una strategia didattica è un piano di azione di breve durata (in genere non più di un'ora) che
ha un tratto caratteristico. Sono molto numerose, vediamone alcune.
ARCHITETTURA RICETTIVA (Tabella 2 pag. 64) La classica situazione nella quale l’insegnante
spiega e l’allievo recepisce. L’allievo è come un “vaso da riempire”. L’insegnante ha il
controllo della situazione e l’interazione insegnante/allievo è quasi assente. Alta
prestrutturazione del materiale didattico
Lezione erogativa tradizionale Il momento di trasmissione delle conoscenze dal maestro
all'alunno. Deriva dalla lectio medievale che era un dibattito tra opinioni diverse. Si è
mantenuta come modalità di trasmissione passiva, con netta distinzione tra chi eroga e chi
riceve.
Lezione erogativa multimodale Si avvale di supporti diversi dal linguaggio orale (gestualità,
oggettistica, canto ec.). Può essere anche in senso multimediale cioè con supporti
tecnologici come slides, audio, video ec. In entrambi i casi arricchisce la lezione tradizionale.
Bisogna stare attenti a non andare in contro a sovraccarico cognitivo. Utile per il primo approccio
alle lingue straniere
ARCHITETTURA COMPORTAMENTALE
Controllo da parte del dolcente, alta prestutturazione, della lezione, interazione continua docente
studente, forte controllo del feedback.
Istruzione sequenziale interattiva Questa va sotto il nome di istruzione diretta o esplicita.
Consente il padroneggiamento graduale di abilità. i contenuti vanno dal semplice al
complesso. Tutorial, immediato feedback.
Modellamento (apprendistato) Il docente si pone al centro e mostra come si deve fare,
usando ad esempio uno strumento. L'imitazione ha assunto importanza a partire da
Bandura. Man mano che l'allievo apprende, osservando, il maestro gli lascia più spazio.
Mod.3
I FORMATI DELLA COMUNICAZIONE
Ogni atto di insegnamento/apprendimento è un atto comunicativo. Comunicare deriva dal
latino "communis" che vuol dire appartenere a molti, pubblico; e dal verbo communico
(mettere in comnume, condividere). L'uso odierno si distacca dalla tradizione, è difficile
fornire una definizione univoca. Nella comunicazione si distinguono 3 differenti formati:
quella faccia a faccia, quella testuale e multimediale, e la comunicazione mediata dai
computer
LA COMUNICAZIONE FACCIA A FACCIA Usa diversi codici espressivi verbali e non verbali.
La parola parlata è sostenuta dal linguaggio del corpo. Il linguaggio verbale dipende dalla
conoscenza dei codici, deve essere comprensibile e deve adattarsi alle persone che si hanno
di fronte. Quello non verbale serve a manifestare emozioni, rapporti interpersonali,
immagine di sè. Tuttavia è più sincero di quello verbale. Nel linguaggio non verbale abbiamo
due componenti: vocale non linguistica: comprende le caratteristiche paralinguistiche
(tono, intensità, enfasi, pause ec.); e quelle extralinguistiche (qualità voce, ciò che permette
di riconoscerla). Non vocale-cinesica: la prossemica (disposizione dei corpi e degli oggetti) e
la cinesica (espressione volto, sguardi, gesti, postura). Elementi paralinguistici La forma
verbale è la più diffusa nella comunicazione in aula faccia a faccia. Gli ementi paralinguistici
o paraverbali si riferiscono al modo di parlare ovverò l'altezza tonale, intensitò, timbro,
ritmo, durata ec.
Deve suscitare interesse, sottolinere con enfasi ciò che è importante e fare pause. La
prossemica
E' la disciplina fondata da Hall (1968) è lo studio della prossimità: studia distanze fra corpi,
durante la comunicazione, il modo in cui ci si dispone, anche in rapporto agli oggetti.
Possono influire fattori culturali, di personalità, il grado di intimità. L'insegnante deve fare
attenzione a come si posiziona in aula, senza avvicinarsi troppo a qualcuno in particolare.
Dovrebbe tenere la giusta distanza rispetto all'allievo.
La cinesica Il corpo è un dispositivo comunicativo. Di questo si occupa la cinesica che si
distingue in: microcinesica: che riguarda i comportamenti del volto (mimica facciale,
sguardo); macrocinesica: postura, gestualità. Il volto deve essere in armonia con quanto si
dice. Con bocca, fronte, sopracciglia possiamo indicare dissenso o consenso, sorpresa,
perplessità. Gli occhi sono il fulcro dell'espressività del volto. In contesto educativo la
comunicazione oculare serve a: controllare la situazione comunicativa, segnalare feebback,
esprimere emozioni.
Le visioni più aggiornate della valutazione, parlano di valutazione formativa, più che sommativa.
Collocare nella valutazione nella prospettiva didattica e non docimologica.
• Riflessione sui criteri: valutazione ingiusta e non trasparente → quale criteri di valutazione
impliciti o espliciti (griglia di valutazione). Rendere trasparenti i criteri di valutazione,
facilita l'apprendimento che sanno come migliorarsi nella disciplina.
• Molti insegnanti agiscono in modo non del tutto consapevole, non sono in grado di
esplicitare i criteri in base a cui operano. Uno dei modi per fare questo è ragionare con gli
studenti quali saranno i criteri di valutazione.
• Come valutare la prestazione degli studenti con DSA o altre difficoltà di apprendimento,
soprattutto nella interrogazione orale (avere un eloquio fluente aiuta in ogni caso → variare
le forme e le modalità di valutazione)
3- Valutazione di Istituto
• Autovalutazione : un gruppo di scuola esamina dati e documenti, riflette sulla situazione
della scuola, scrive un rapporto in cui definisce traguardi e obiettivi di miglioramento (RAV
e Piani di Miglioramento)
• Osservazione e valutazione tra pari: scuole appaiate confrontano il proprio funzionamento
per migliorare il servizio offerto
• Valutazione esterna: un gruppo di esperti esamina dati e documenti, visita la scuola, scrive
un rapporto in cui dà indicazioni per il miglioramento NEV
4- Valutazione di sistema
• Valutazione di sistema scolastico: valutazione del sistema nel suo complesso e nelle sue
articolazioni territoriali (rapporto annuale prove INVALSI)
• Valutazioni comparative internazionali: fatte da grandi centri di ricerca, es. Pisa dell'
OCSE, TIMMS dello IEA
• Valutazione politiche educative: es. valutazione dell'efficacia del PCTO nelle scuole
superiori fatto da INVALSI
Sistema nazionale di valutazione
• Autovalutazione delle scuole (format fatto da invalsi) obbligatorio per le scuole
• Valutazione esterna con un team di 3 valutatori coordinati da un ispettore ministeriale, una
visita di 3 giorni – > rapporto di valutazione esterna
• Azioni di miglioramento, con il supporto metodologico delle scuole di INDIRE o altri
soggetti
• Rendicontazione sociale → uso di un format ministeriale online
CONTESTO
Popolazione scolastica
territorio e capitale sociale
Risorse economiche e materiali
Risorse professionali
ESITI
Risultati scolastici
Risultati nelle prove standardizzate
Competenze chiave e di cittadinanza
Risultati a distanza
MOD.4
CAPITOLO 5 - LA DIMENSIONE METODOLOGICA CONOSCITIVA
Se la didattica intende presentarsi come ambito teoricamente rilevante deve rendere
espliciti i processi su cui si fonda e i loro gradi di affidabilità. Tre tipi di conoscenza: -
acquisibili per esperienza diretta o indiretta -acquisibili attraverso indagini sul campo -
ricavate dall’analisi e dalla comparazione sistematica delle conoscenze già noto (ricerca
documentata)
IL CIRCUITO AZIONE-RIFLESSIONE La dialettica tra teoria e pratica può presentarsi a vari
livelli e dà vita a varie possibilità. L’apprendere dall’esperienza può essere arricchito in vari
modi per esempio dalla riflessività. Agire riflessivo -> si fonda sul repertorio di casi ed
esperienze che ha il soggetto e che gli consente quindi di trovare un orientamento e una
possibile soluzione in situazioni problematiche grazie al proprio vissuto. Dobbiamo però
tenere conto che in questo caso entrano in gioco sia la teoria che la pratica che possono
risultare anche come fattori di travisamento. Un eccesso di riflessività può portare a una
paralisi operativa (ex. Un insegnante che diventa ipercritico). Teoria ->po' irrigidire la
percezione inducendo a trovare ad ogni costo una conferma in qualcosa di già analizzato.
Pratica -> può spingere a considerare di valore molto generale eventi invece particolari.
Tuttavia intorno all’esperienza personale si possono inserire strumentazioni e dispostivi
specifici così che gli interventi possano essere riconoscibili e confrontabili all’esterno con
esperienze similari. (Teoria della buona pratica) Buona pratica -> Supera la soglia della
riflessione individuale entrando invece in un contesto pubblico di comparazione tra più
soggetti. Si tratta di elaborare possibili linee guida di un modello per il suo trasferimento in
scala più ampia. Ex. Dispongo di 5-10 esperienze condotte sulla base di alcuni criteri comuni,
attraverso una comparazione critica delle esperienze potremmo pervenire a una
ragionevole comprensione del dominio in questione.
CONOSCENZE ACQUISITE SUL CAMPO: LA METODOLOGIA Attività di ricerca ->è sempre
una
strategia esplicitata, cioè una sequenza ordinata di mosse, di decisioni assunte sulla base di
criteri e regole resi riconoscibili all’esterno. Rendere esplicite le ipotesi “plausibili in
alternativa” è il dato essenziale che contraddistingue la dimensione della ricerca. Ci si ferma
sempre a un livello considerato convenzionalmente accettabile per i fini che ci interessano.
2.1 Soggettività dell’osservatore ->Bisogna tenere conto di una dimensione che prende il
nome di “equazione personale”. L’individuo è sempre guidato da schemi personali
nell’osservazione della realtà che variano da soggetto a soggetto in funzione di diversi
fattori (preconoscenze, esperienza passata, sensibilità ecc…). Il ricercatore ha maggiore
consapevolezza della dimensione soggettiva dell’osservazione e cerca modi ragionevoli per
gestirla. A questo riguardo è fondamentale l’apporto di Popper e la differenza tra
“ideologia” e “scienza”, una teoria può essere considerata scientifica se è formulata in modo
tale che altri possano dimostrare le sue eventuali falsità.
2.2 METODI QUANTITATIVI -> La ricerca si distingue dal senso comune per il fatto che altri
possano ripercorrerla ed eventualmente falsificarla ripercorrendo il processo che ha seguito.
La ricerca si avvale di due tipologie di dati: quantitativi e qualitativi.
Quantitativi -> si basano su calcoli il cui esito è indipendente dal valutatore una volta che a
procedura sia stata decisa.
Qualitativi ->assume il carattere di un’interpretazione in cui l’intervento personale del
valutatore rimarrà presente durante il percorso.
Nell’ambito dei metodi quantitativi sono identificabili alcune tipologie canoniche: modello
sperimentale, quasi sperimentale, presperimentale, correlazionale, ex post facto, survey. Le
prime tre costituiscono modalità sperimentali che hanno in comune il fatto che il ricercatore
interviene attivamente in una determinata situazione.
Metodo sperimentale -> Situazione oggetto di studio riducibile a un insieme
rappresentativo di variabili conosciute che possono essere tenute sotto controllo. Se ne
manipola solo una che è la variabile indipendente, lasciando immutate le altre. Gli effetti in
uscita imputati su questa variabile potranno essere generalizzati anche alle altre. Per essere
certi che questi effetti siano imputabili alla variabile indipendente, si confronta il gruppo
sperimentale con altri gruppi di controllo il più possibile identici al primo, in cui si evita
l’introduzione della variabile indipendente. Se alla fine dell’esperimento si registra tra i
gruppi sperimentali una differenza di risultati che parla a favore di quello dove è stata
introdotta la variabile indipendente si può affermare che tale differenza sia statisticamente
significativa, ma ciò potrebbe anche essere imputabile a fattori casuali. A questo punto
interviene la statistica, che offre dei parametri matematici di riferimento relativi ai fenomeni
casuali. Essa può indicare quante probabilità ci sono che quella differenza tra gruppo
sperimentale e gruppo di controllo riscontrata sia dovuta al caso.
Metodo quasi sperimentale ->elle situazioni tradizionali è molto difficile poter utilizzare
gruppi sperimentali e di controllo ottenuti casualmente. Quindi si parla di metodo quasi
sperimentale quando, ad esempio, un insegnante applica un metodo didattico a una classe e
la confronta con altre classi dello stesso livello in cui è stato applicato il metodo tradizionale.
Metodi presperimentali -> Non è possibile confrontare più gruppi, quindi si confrontano i
dati dello stesso gruppo in fase iniziale e in fase finale. In questo caso bisognerà disporre di
parametri di riferimento esterni.
Indagini ex post facto -> (Correlazione) In questo caso lo sperimentatore non interviene
manipolando direttamente la variabile indipendente. Si studia la correlazione tra due abilità
misurabili attraverso un test.
Tipologia survey ->Si tratta di una raccolta informativa di dati con carattere censitario. Si
raccolgono tutti i dati dell’universo oggetto di studio basati su un campione rappresentativo.
2.3 METODI QUALITATIVI -> Difficile enumerazione dato che tendono a sovrapporsi più
metodologie con tratti comuni. La ricerca qualitativa si distingue per alcune caratteristiche
generali quali ad esempio:
-Indagine senza vincoli e setting pestutturato ->No ipotesi prestabilite ma esplorazione
aperta.
-Prospettiva olistica -> Attenzioni all’insieme come superiore della somma delle parti.
-Dati qualitativi -> Spazio alle prospettive personali dei partecipanti
-Contatto personale e insight ->Vicinanza osservatore-osservato -
Dinamicità e flessibilità di progetto -> Disponibilità ad adattare il progetto nel percorso. -
Orientamento all’unicità del caso -> i risultati sono visti calati nel progetto.
Il ricercatore non si avvale di ipotesi definite o di metodi specifici ma si rende disponibile a
immergersi nella situazione, aspettando che emergano da questa le problematiche su cui
andrà via via allestendo i suoi strumenti di valutazione e documentazione. L’approccio
immersivo nel problema ha il vantaggio di mettere il ricercatore in grado di sintonizzarsi al
meglio con i problemi significativi che un approccio più distaccato e impersonale non
permetterebbe di individuare.
Nel contesto degli approcci qualitativi ci sono due orientamenti di particolare attenzione: la
ricerca azione e lo studio dei casi.
Ricerca azione -> Si tratta dinanzi a un problema di applicare una odalità di intevrneto
basata su una stretta alternanza tra azione e riflessione: si formula una prima ipotesi e si
decide il da farsi , si agisce, si riflette sui risultati, si modifica eventualmente l’ipotesi , si
agisce di nuovo e così via, in un rapporto circolare. E’ connaturata con quel circuito
esperienza riflessione che già Dewey individuò come la base di ogni forma di conoscenza. Si
muove dalla necessità di creare opportune integrazioni tra fare e pensare in modo da
ottimizzare il frutto dall’esperienza che sarebbe altrimenti soggetto a dispersione.
Studio dei casi -> In un approccio sperimentale campionario, il caso può essere indentificato
con un “campione” ovvero un insieme di specifiche osservazioni ricavate secondo criteri
rigorosamente definiti che riassumono le caratteristiche dell’universo campione. Lo studio
del caso è dunque un’operazione semplificatoria che ci risparmia lo studio dell’intero
universo a cui il campione appartiene. Non esiste un formulario preciso che porta al sorgere
di un caso.
2.4 METODI MISTI -> Comporta l’uso di metodi quantitativi e qualitativi in un singolo studio,
e la loro combinazione per rispondere in modo più completo a domande di ricerca sembra
essere una soluzione ottimale. Si individuano di solito quattro disegni misti di base:
-Convergente parallelo -> prevede l’uso di entrambi i metodi in un contesto paritetico di
importanza e seguendo le stesse fasi. L’integrazione di questi due è prevista al termine dello
studio.
-Sequenziale esplicativo -> prima fase dello studio: quantitativa e sulla base dei risultati di
questa la seconda fase è qualitativa.
-Sequenziale esplorativa -> è costituito da due fasi consecutive, la prima qualitativa
esplorativa per raccogliere più elementi possibili per poi costruire la fase quantitativa.
-Integrato -> combina la raccolta di un secondario set di dati all’interno di un tradizionale
disegno di ricerca di tipo quantitativo o qualitativo.
2.5 QUALITA’ DELLA RICERCA -> Qualsiasi ricerca che si ritenga scientifica deve essere
rigorosa e qualitativamente affidabile secondo tre principali criteri: pertinenza, validità e
affidabilità.
-Pertinenza ->Una ricerca deve essere prima di tutto pertinente: l’autore deve esplicitare il
quadro concettuale (insieme di concetti per descrivere in modo necessario e sufficiente il
progetto) e il quadro problematico (insieme delle dimensioni e delle variabili necessarie per
spiegare e comprendere l’oggetto di studio) all’interno dei quali la propria ricerca si colloca.
Ciò è indispensabile per soddisfare l’esigenza di riproducibilità e rifiutabilità. Inoltre la
metodologia impiegata deve essere adeguata all’oggetto di studio e la comunicazione
scientifica deve essere pertinente, ossia il ricercatore deve fornire la informazioni corrette e
indispensabili perché la ricerca possa essere intelliggibile.
-Validità ->ci si chiede se ciò che si fa corrisponde a ciò che si dichiara di fare in più livelli.
Primo: validità del dispositivo di raccolta e trattamento delle informazioni (concetto di
triangolazione: un’informazione è più valida se ottenuta da tre informatori differenti che
hanno usato tre metodologie diverse.) Secondo: validità concettuale, ovvero deve nominare
i fenomeni in modo tale che altri ricercatori possano comprendere la ricerca senza
ambiguità. Terzo: riguarda la validità delle conclusioni in rapporto alla coerenza interna
(validità interna) e alla trasferibilità (coerenza esterna).
-Affidabilità ->Una ricerca deve essere affidabile e lo sarà tanto più i suoi prodotti saranno
indipendenti da colui che l’ha condotta. L’affidabilità riguarda tre aspetti diversi di
un’attività di ricerca: la definizione del quadro concettuale (che comporta dei problemi di
validità, perché una ricerca può essere valida ma non affidabile, e per esserlo bisogna che i
suoi prodotti siano indipendenti dagli autori e possano essere riprodotti), la raccolta e il
trattamento delle informazioni e l’enunciazione delle informazioni.
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