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Capitolo 1

Cultura e significato
Perche gli esseri umani pensano e si comportano in modo diverso?
L’antropologia culturale studia il modo in cui determinati comportamenti si
diffondono e vengono messi in pratica in alcune società, partendo dal
presupposto che non e possibile dar nulla per scontato sulle proprie e sulle altrui
credenze e pratiche. Secondo la “visione antropologica”, le persone che fanno
parte della stessa società condividono lo stesso modo di vedere il mondo ovvero la
stessa cultura (analogamente, gli individui hanno visioni del mondo differenti se
le loro culture sono diverse).
Un caso esemplificativo di tale “diversità di vedute” e quello dei diversi modi di
concepire la morte presso varie società: per alcuni popoli essa e il semplice
passaggio di una persona in un altro mondo, per altri e l’evento finale della vita,
per altri ancora e una delle fasi di un ciclo che si ripete e che comprende nascita,
morte e rinascita; in alcune società i morti sono temuti, in altre sono venerati;
allo stesso modo, in alcune società la morte e considerata un evento naturale
mentre in altre essa e frutto di un atto malvagio, di una stregoneria; in alcuni
gruppi umani sono previste grandi dimostrazioni di dolore, in altri si preferisce
nascondere la sofferenza.
Un ulteriore esempio fa riferimento alle preferenze alimentari: ogni società
seleziona in base a diversi criteri ciò che si può e ciò che non si può mangiare, e
tale selezione e indipendente dall’effettiva commestibilità dei cibi. La specie
umana (homo sapiens) e l’unica diffusa su tutta la Terra ed e anche l’unica ad
essere intervenuta sui vari ambienti conferendo significati alle cose, agli
avvenimenti, alle azioni e ai popoli: ad ogni evento che scandisce l’esistenza degli
esseri umani sono stati attribuiti dei significati. E a questo processo che gli
antropologi fanno riferimento utilizzando il termine «cultura» e gli esseri umani
sono considerati “animali culturali” non solo in virtù dei significati che
attribuiscono ma anche poiché agiscono come se tali significati fossero reali.
Secondo Clifford Geertz, gli esseri umani sentono la necessita di dare un senso
alla propria esperienza in quanto ciò permette loro di comprenderla e di dare un
ordine all’universo che altrimenti si presenterebbe come un “caos”. Gli esseri
umani, secondo Geertz, sono “animali incompleti o non finiti” che si completano
attraverso particolari forme di cultura.
Quando le persone danno all’esperienza il medesimo significato, allora esse
condividono e manifestano la stessa cultura. Il compito dell’antropologia e proprio
quello di capire per quale motivo le diverse società hanno culture diverse, in altre
parole, la ragione per cui un gruppo attribuisce ad un’esperienza dei significati
mentre un altro gruppo ne attribuisce altri.

Quali criteri seguiamo per giudicare credenze e pratiche altrui?


Studiando le diverse credenze e pratiche umane, se ne incontrano spesso alcune
che potrebbero apparire strane o scioccanti. Da tale incontro potrebbe scaturire il
rifiuto per tali credenze e pratiche, ovvero un pregiudizio detto etnocentrico in
quanto si basa sulla convinzione che le proprie credenze e pratiche siano giuste e
adeguate mentre quelle degli altri popoli siano sbagliate, inadeguate. Ogni gruppo
ha interiorizzato in modo talmente profondo i propri modi di agire da finire per
considerarli naturali, ovvi, quando invece questi sono prodotti culturali e in
quanto tali potrebbero essere diversi presso altri gruppi.
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Gli antropologi culturali si sono opposti all’etnocentrismo, cercando di dimostrare
che ogni pratica e credenza e funzionale e logica all’interno di una determinata
cultura. Il pregiudizio etnocentrico e intellettualmente intollerabile, in quanto
pensando di essere nel giusto (e che di conseguenza gli altri stiano sbagliando) si
intraprende un percorso intellettualmente senza via d’uscita. In opposizione
all’etnocentrismo, si erge la prospettiva relativistica: secondo il relativismo
culturale, nessuna credenza o pratica può essere giudicata strana, sbagliata,
inadeguata solo perche diversa dalla propria; pratiche e credenze possono essere
comprese solo all’interno della cultura in cui si collocano. Tuttavia, anche il
relativismo culturale porta a dei problemi: l’impossibilita di giudicare a
prescindere le credenze e le pratiche altrui, anche quando queste violano i diritti
umani fondamentali (come ad esempio il cannibalismo), e alla base di un
pregiudizio relativistico che non e accettabile dal punto di vista morale ed etico.
Durante l’attivita di ricerca gli antropologi devono affrontare un ulteriore dilemma
morale, ovvero devono scegliere se mantenere una «distanza etica» dall’oggetto di
studio o farsi coinvolgere attivamente giudicando credenze e pratiche analizzate.
A tal proposito, i diversi studiosi hanno assunto diverse posizioni. Secondo Nancy
Sheper-Hughes, l’antropologia deve occuparsi dei comportamenti che ogni
persona assume nei confronti degli altri; se vuole essere utile, l’antropologia deve
essere “criticamente fondata”; il compito degli antropologi e quello di fornire una
testimonianza e una documentazione sulle violazioni dei diritti umani e delle
sofferenze dei popoli poveri e oppressi. A tal riguardo, gli attivisti dei diritti umani
sollevano la seguente questione: se il rifiuto dell’etnocentrismo impone di tollerare
le credenze e le pratiche altrui, come e possibile criticarle quando queste violano i
diritti umani fondamentali? Se si abbraccia la prospettiva relativistica, allora le
discussioni sui diritti umani perdono ogni significato e qualunque
comportamento diviene giustificabile. Elizabeth Zechenter ammette che
accettando o condannando alcuni riti si finisce con l’imporre i pregiudizi culturali
di alcuni popoli su altri, tuttavia non e possibile esprimere alcun tipo di giudizio
senza essere etnocentrici. Ogni cultura, organizzando l’universo in un certo
modo, rende difficile se non impossibile a chi vi appartiene la comprensione dei
punti di vista differenti: la cultura ci permette di comprendere i significati in essa
attribuiti a oggetti, persone, comportamenti, emozioni, eventi, ma allo stesso
tempo ci impedisce di comprendere significati alternativi.

E possibile vedere il mondo attraverso lo sguardo altrui?


L’antropologo, per poter comprendere tali significati alternativi, dovrebbe liberarsi
dei propri preconcetti su ciò che e giusto e ciò che e sbagliato. Gli antropologi per
poter studiare le diverse società si servono di diversi metodi: indagini,
documentazione scritta, racconti, questionari, ma soprattutto il metodo
etnografico che prevede l’immersione dei ricercatori nella vita del gruppo che si
vuole studiare.
Tale metodo e strettamente connesso alla tecnica dell’osservazione partecipante
ovvero la partecipazione dei ricercatori alla vita del gruppo oggetto di studio.
Obiettivo dell’antropologo e quello di spiegare perche le persone vedono il mondo
in un certo modo; per raggiungere questo obiettivo egli deve mettere da parte il
proprio modo di vedere le cose e cercare di assumere visioni diverse.

L’antropologo italiano Ernesto De Martino ha proposto il metodo


dell’etnocentrismo critico. Egli si opponeva tanto all’etnocentrismo dogmatico,
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legato al razzismo e al pregiudizio sociale, quanto al relativismo culturale,
secondo cui le diverse culture non possono essere giudicate “dall'esterno”: tale
posizione non consente alcun tipo di intervento pratico-politico sui portatori delle
altre culture. Egli ha cosi abbracciato la posizione dell’etnocentrismo critico,
basata sullo sforzo di allargare la propria coscienza culturale di fronte alle altre
culture, prendendo consapevolezza dei limiti della propria storia culturale,
sociale, politica. Egli sosteneva infatti che di fronte all’impossibilita di uscire dalla
propria tradizione culturale non resta che considerarla in modo critico ovvero
ricordando che essa non e che una delle tradizioni possibili e che pertanto non
può rappresentare o riassumere tutte le storie umane. Bisogna dunque non solo
valutare gli altri in base al proprio metro di giudizio, ma cercare di assumere il
modo di pensare ed essere degli altri per giudicare se stessi.

In che modo possiamo interpretare e descrivere i significati che gli altri


attribuiscono all’esperienza?
La cultura può essere considerata come un testo formato da alcuni simboli dotati
di significato (parole, gesti, oggetti, etc.). Per capire un’altra cultura e necessario
decifrare i simboli di cui e costituita, ovvero comprendere i significati che tali
simboli assumono e che vengono condivisi dai membri di una società. L’uomo ha
infatti imparato a comprendere, a interpretare i simboli del proprio testo culturale
e in modo analogo dovrebbe applicare le abilità che l’hanno reso capace di capire
la propria cultura per comprendere quelle degli altri.
Proviamo a spiegare in che modo un antropologo può interpretare un testo
culturale. Nell'isola di Bali e possibile assistere al combattimento tra galli: due
galli con speroni di metallo affilati legati alle zampe si scontrano in un'arena di
fronte ad alcuni spettatori che li incitano l'uno contro l'altro finché uno dei due
muore. Per analizzare un simile evento, l'antropologo potrebbe iniziare
esaminando il linguaggio con cui i balinesi parlano del combattimento:
scoprirebbe cosi che il gallo e una metafora del pene; il termine gallo, inoltre, ha
piu significati: eroe, guerriero, campione, candidato politico, scapolo, rubacuori,
duro. I combattimenti dei galli vengono paragonati a processi, guerre,
competizioni politiche, liti.
Analizzando poi il combattimento, e possibile notare alcuni importanti elementi:
mentre il proprietario del gallo vincente porta via con se il gallo ucciso per
mangiarlo, il proprietario del gallo perdente appare disperato per la morte
dell'animale, considerato il tesoro di famiglia; i proprietari dei galli acquisiscono
un grande prestigio sociale; inoltre, vi sono rigide convenzioni sociali che regolano
le scommesse sui combattimenti: un uomo non può scommettere contro un gallo
il cui proprietario appartiene al gruppo parentale o al villaggio suo o di un suo
amico, ma può farlo contro il gallo di un nemico o di un suo amico. Tuttavia, i
balinesi non traggono profitto dalle scommesse: la maggior parte degli
scommettitori vuole soltanto arrivare al pareggio e il significato dei combattimenti
non e legato alle vincite. Secondo Clifford Geertz, i combattimenti dei galli hanno
a che vedere con lo status, ovvero la posizione sociale di una persona rispetto ad
un'altra: i galli e il loro destino sull'arena rappresentano i rispettivi proprietari e il
loro destino sociale, anche se i combattimenti non hanno alcuna conseguenza
sulla realtà. La funzione di questi combattimenti e quella di rappresentare un
concetto altamente astratto e difficile (lo status) in modo da renderlo
comprensibile. Inoltre, non sarebbe corretto pensare che questi combattimenti
siano un riflesso del carattere aggressivo, competitivo e violento dei balinesi, in
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quanto la lotta rappresenta soltanto un aspetto del carattere balinese: la cultura
di un popolo, essendo costituita da un insieme di simboli e significati, può
essere compresa soltanto se essi vengono considerati nella loro totalità.

Cosa può dirci su noi stessi ciò che impariamo sugli altri?
Spesso gli antropologi applicano allo studio della propria cultura concetti e
tecniche usate per comprendere altre culture, infatti uno degli scopi insiti nello
studio delle altre culture e quello di migliorare la comprensione dei significati che
attribuiamo alle nostre esperienze. L'antropologo statunitense Renato Rosaldo,
con la moglie Michelle, si e occupato della tribù degli Ilongot, che vive nelle
Filippine. Egli chiese ai membri di questa tribù di spiegargli per quale ragione
tagliassero la testa ai nemici; tale domanda fu posta piu volte dall'antropologo,
che ottenne sempre la stessa risposta: gli Ilongot sostenevano che il dolore per la
perdita di una persona cara provocava in loro una profonda rabbia che poteva
essere allontanata soltanto uccidendo i nemici (e in particolare decapitandoli).
Rosaldo non riusciva ad accettare l'idea che la morte di una persona cara potesse
provocare rabbia e furore, e dunque che questi sentimenti potessero spingere una
persona ad ucciderne un'altra, cosi tento di elaborare delle ipotesi alternative per
spiegare la “sete di vendetta” degli Ilongot, tuttavia nessuna gli sembrava
plausibile. Quando, durante la ricerca, un incidente causo la morte della moglie
Michelle, il dolore e la rabbia che provo aiutarono Rosaldo a capire che la perdita
di una persona cara può dar vita al furore e che proprio questo sentimento
spingeva gli Ilongot a vendicarsi.
Nel momento in cui inizio a capire gli Ilongot, Rosaldo riuscì anche a spiegarsi
meglio anche il proprio dolore e la propria reazione alla morte della moglie.

Case study n.1: comprare e vendere


Nella nostra cultura consumista, per rendere piu proficua la vendita di beni e
servizi, sarebbe utile comprendere in che modo le persone percepiscono questi
ultimi. L’antropologo Paco Underhill si e occupato del fenomeno dello shopping,
in particolare ha studiato il modo in cui le persone fanno compere. Per far questo,
ha osservato come si muovono all’interno dei vari ambienti (negozi, ristoranti,
uffici postali, e così via) e ponendo molta attenzione all’interazione tra persone e
prodotti e tra persone e spazi di vendita. Egli ha dato vita ad una società, la
Envirosell, che svolge ricerche su commercianti, venditori e sull’attivita bancaria
al dettaglio per capire se questi rispondono alle esigenze dei clienti e come questi
ultimi vivono lo shopping. Il lavoro di Underhill si rifà inoltre agli studi di William
Whyte sulle modalità con cui le persone utilizzano gli spazi pubblici; Underhill ha
applicato metodi e teorie sviluppate da Whyte allo studio degli spazi di vendita.
Egli e i suoi collaboratori osservano le persone durante gli acquisti, seguono i loro
percorsi all’interno dei negozi e analizzano il loro atteggiamento nei confronti delle
merci esposte; essi verificano poi in che modo i modelli trovati cambiano in base
al sesso degli acquirenti, quanto tempo questi passano dentro ai negozi o di
fronte alle vetrine. Underhill ha scoperto cosi che la quantità di tempo che un
cliente spende in un negozio aumenta all’aumentare della spesa da sostenere;
osservò tuttavia che il tempo passato da una donna in un negozio varia a seconda
di chi la accompagna negli acquisti: vi trascorre piu tempo se e accompagnata da
un’altra donna, poco meno se e con un bambino, ancora meno se e da sola e il
tempo minimo quando e con un uomo. I venditori dal loro canto possono rendere

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il tempo speso per gli acquisti piu piacevole, soprattutto per chi non ama fare
shopping, ad esempio mettendo a disposizione dei posti comodi in cui sedersi.
L’arredamento dei negozi, infatti, e di primaria importanza; quando si entra in un
negozio occorre un po’ di tempo per “ambientarsi”: ciò fa sì che sia piu facile
notare delle merci esposte piu all’interno piuttosto che all’ingresso del negozio. Le
merci inoltre devono essere esposte in modo da incoraggiare gli acquirenti ad
attraversare tutto il negozio, cosi, ad esempio, le merci piu vendute sono
“decentrate”. Altro fattore rilevante e la possibilità data al cliente di usufruire in
qualsiasi momento della presenza del personale, inoltre un semplice saluto da
parte dei commessi riduce i casi di taccheggio.
Le modalità di acquisto sono poi legate al genere degli acquirenti. Gli uomini
tendono a fare acquisti in modo rapido: una volta trovato ciò di cui hanno
bisogno escono fuori dal negozio senza guardare altro. Essi sono poco inclini a
chiedere aiuto ai commessi e se non trovano ciò che vogliono acquistare vanno
via; sono meno interessati a prezzo e per questo, in genere, spendono piu delle
donne; infine, quando vanno al supermercato, non hanno mai con se la lista della
spesa e dunque comprano piu cose di quelle di cui hanno bisogno. Analizzando il
comportamento delle donne di fronte alle merci esposte, Underhill scopri che
queste valutano freddamente ciò che prendono, considerano caratteristiche
positive e caratteristiche negative e tengono molto conto del prezzo (gli uomini, al
contrario, non esaminano i prodotti che acquistano a meno che non si tratti di
macchine, imbarcazioni, computer). Inoltre, le donne sono piu esigenti
relativamente agli spazi di vendita: sono pazienti e curiose ma non amano gli
ambienti affollati; se per caso vengono urtate da qualcuno che si trova alle loro
spalle, si allontanano e spesso escono dal negozio. Nei reparti di cosmetici, le
donne che attendono il proprio turno spesso acquistano di piu di quelle che
vengono gia servite, in quanto questi reparti mettono a disposizione degli spazi
piu protetti che consentono di stare in disparte e osservare, valutare (e poi
acquistare) i prodotti durante l’attesa. In ogni caso, Underhill fa notare che i ruoli
dei due generi stanno cambiando ed esorta i commercianti ad adeguarsi alla
nuova situazione: le donne che lavorano sono sempre piu numerose e gli uomini
devono sempre piu spesso occuparsi della spesa; aumentano le donne che fanno
acquisti durante la pausa pranzo o prima della cena.
Oltre alle differenze di genere non bisogna dimenticare le differenze di età. A tal
proposito e possibile rilevare che attualmente la fetta piu importante del mercato
dei consumi e rappresentata dai bambini. Ciò fa sorgere alcuni suggerimenti: le
corsie dei supermercati devono essere abbastanza larghe da permettere gli
spostamenti con il passeggino, e inoltre e consigliabile esporre le merci dove i
bambini possano vederle e prenderle.
Un ultimo importantissimo fattore e quello relativo ai tempi di attesa: i clienti non
amano aspettare e i tempi di attesa costituiscono l’elemento primario su cui si
basano le opinioni dei consumatori. I negozi possono fare in modo di far apparire
i tempi di attesa meno lunghi attraverso conversazioni con gli addetti alle vendite
(il semplice interloquire con i clienti dà l’impressione che l’attesa sia stata meno
lunga), oppure servendosi di brevi video, merci impilate, cataloghi vicino alle
casse.
Elemento da non trascurare e il rispetto per il posto che si occupa in una fila.
Underhill, oltre a fornire preziosi consigli per migliorare la qualità dei servizi
offerti ai clienti, rivolge anche qualche critica ai venditori. Ad esempio, nota come,

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nonostante le donne utilizzino piu frequentemente degli uomini i bagni, questi
ultimi vengono costruiti nei centri commerciali e nei supermercati in modo
identico. Inoltre, le donne non solo utilizzano i bagni piu frequentemente, ma vi
spendono anche piu tempo, cosi probabilmente si creeranno delle file fuori dai
bagni; i commercianti potrebbero sfruttare il tempo passato dalle donne in bagno
ponendo delle pubblicità sulle pareti retrostanti i servizi, eppure non lo fanno. Si
potrebbe addirittura concedere la gestione dei bagni nei centri commerciali ai
negozi che vendono saponi, cosmetici, profumi, prodotti per la cura personale.
Grazie al contributo dell’antropologia, dunque, che permette una conoscenza piu
approfondita delle persone, e utilizzando un po’ di fantasia e possibile favorire un
aumento degli acquisti; Underhill ha creato un campo di ricerca nuovo e una
professione fruttuosa, tuttavia attualmente sono pochi (o forse inesistenti) i
percorsi professionali che traggono beneficio dall’applicazione delle conoscenze
antropologiche.

Capitolo 3
La costruzione culturale dell’identità
Introduzione. L’importanza del se
Nella nostra cultura, spesso il concetto dell’identità personale viene dato per
scontato; in realtà, nessuno nasce con una propria identità ma questa si
costruisce nelle interazioni con gli altri; la società non e altro che un insieme di
identità sociali distribuite in un determinato contesto. Gli individui cercano di
conquistare una certa identità e di fare in modo che questa venga riconosciuta
anche dagli altri. Inoltre, le persone cercano anche di conoscere le identità degli
altri cosicché sia possibile avere informazioni su di loro e collocarli all’interno di
una qualche categoria o in qualche punto all’interno del panorama sociale. Le
categorie generalmente utilizzate sono quelle che si basano sul genere,
sull’appartenenza etnica, sulle caratteristiche fisiche e via dicendo. Gli altri,
dunque, attraverso il loro comportamento nei nostri confronti ci confermano la
nostra identità e la nostra posizione: da ciò possiamo dedurre che ognuno e
qualcuno solo in relazione a qualcun altro, infatti, qualunque termine utilizziamo
per definirci esso rimanda sempre ad una relazione sociale (d’altronde, la specie
umana e una specie sociale e gli esseri umani vivono e sopravvivono soltanto in
relazione gli uni con gli altri).

In che modo varia il concetto di persona da una società all’altra?


In ogni società, a differenziare gli individui gli uni dagli altri vi sono i nomi propri.
I diversi modi in cui, nelle varie società, si danno i nomi ci aiutano a comprendere
in che modo queste società concettualizzano l’identità di una persona e in che
modo questa si relaziona con il gruppo. Il concetto di persona e un universale
culturale: in tutte le società si e creata un’idea di cosa sia un essere umano in
contrapposizione ad un oggetto, ad una roccia, e così via. Nel mondo occidentale,
e in particolare in America, prevale una visione individualista: la persona e
un’entità fissa e autonoma, che esiste indipendentemente da ogni situazione o
condizione; ogni individuo, riportando le parole di Geertz, e un mondo
motivazionale e cognitivo armonico, integrato, un centro dinamico di
consapevolezza, emotività, giudizio e azione. In altre società, invece, prevale una
visione olistica: gli individui non sono considerati come entità distinte e autonome
dalla propria posizione e dal proprio gruppo sociale. A partire da tale divergenza
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di visioni, Richard Shweder e Edmund Bourne hanno distinto due concetti di
persona: il Se egocentrico e il Se sociocentrico. Secondo il concetto di persona
come Se egocentrico, ogni individuo e in grado di agire indipendentemente dagli
altri, e il centro della consapevolezza, un insieme che si distingue ed e separato
da altri insiemi; i rapporti sociali sono contatti tra esseri autonomi e liberi, e gli
individui hanno la facoltà di negoziare il proprio posto nella società e dunque
prevale l’idea che ognuno sia responsabile di ciò che e; gli individui possiedono
delle qualità intrinseche (ad esempio, generosità, onesta, bellezza) e grande
importanza assume l’individualismo e la fiducia in se stessi. Secondo il concetto
di persona come Se sociocentrico, che si basa sul contesto, il Se esiste solo
all’interno della situazione concreta e in relazione al ruolo occupato dalla
persona; la persona non possiede delle qualità intrinseche durature ma queste
valgono solo nel contesto di situazioni concrete. Un esempio di quanto detto
finora e relativo alla concezione del Se in Giappone e in America: secondo alcuni
antropologi, i Giapponesi includono nei confini del Se il gruppo sociale di cui fa
parte una persona, mentre gli Americani il Se non si estende oltre il corpo fisico, e
ciò sarebbe testimoniato dall'assenza, nella lingua giapponese, di elementi
linguistici assimilabili ai nostri pronomi personali (come “io” e “tu”), in quanto il
pronome personale usato dipende dal rapporto tra gli interlocutori ed esprime in
che modo il Se varia in rapporto ad una specifica interazione sociale.
Le differenze tra individualismo e olismo sono state analizzate anche
dall’antropologo francese Louis Dumont, il quale si e dedicato in particolare alle
ideologie relative alla persona nelle civiltà indiana ed europea: nella prima prevale
la visione olistica, che subordina l’individuo al gruppo sociale negando il concetto
di singolarità della persona; nella seconda, prevale invece l’individualismo, in cui
il concetto di persona presuppone la separazione del soggetto dal tutto, e la
totalità sociale e subordinata all’individuo.

In che modo le società distinguono gli individui gli uni dagli altri?
La costruzione dell’identità sociale avviene a partire dalle somiglianze e dalle
differenze tra gli individui, ma non tutte le società utilizzano le stesse, e neppure
allo stesso modo. Alcune caratteristiche (strumenti identitari), tuttavia, sono
utilizzate quasi universalmente: tra queste, ricordiamo l’appartenenza ad una
famiglia, il sesso, le età. Altre caratteristiche potrebbero essere l’appartenenza ad
un gruppo etnico, il colore della pelle, il grado di benessere: queste sono
considerate rilevanti solo in alcune società. L’insieme di caratteristiche piu
importante e piu utilizzato e quello relativo alla famiglia e alla parentela: nelle
società tradizionali, la parentela e il principio organizzativo centrale, ovvero ciò
che influisce maggiormente nella costruzione dell’identità sociale di una persona;
non avere nessuna “etichetta di parentela”, in queste società, significa non avere
un posto rilevante nel panorama sociale. Anche la lingua può essere un
importante strumento identitario; infine, ricordiamo il caso dell’Irlanda del Nord,
in cui l’identità e definita in base alla religione professata, e che testimonia
l’importanza di avere un’identità positiva (che i membri di un gruppo cercano di
costruirsi) e un’identità negativa (che viene attribuita agli altri gruppi).

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Una delle caratteristiche dell’identità che si tende a dare per scontata e il genere;
il senso comune, infatti, ci spinge a pensare che si tratti di una caratteristica
determinata biologicamente, mentre in realtà si tratta di una vera e propria
creazione culturale: alla mascolinità e alla femminilità infatti sono infatti associati
attributi differenti. L’assegnazione ad un genere e sancita alla nascita
dall’annuncio del sesso; dopo di ciò, viene dato un nome, il bambino viene vestito
con abiti di diverso colore e aspetto, si usa con lui un linguaggio adeguato al
genere cui appartiene. Ai bambini maschi viene insegnato che devono sopportare
il dolore, essere forti e duri, nascondendo il disagio e la sofferenza. Alle bambine
invece viene permesso di esprimere le loro “debolezze”, e se si fanno male vengono
consolate. Al di là dei ruoli, anche il numero delle categorie di genere cambia nelle
diverse società; ad esempio, alcune società di nativi americani riconoscono,
accanto ai due generi maschile e femminile, un terzo genere, detto “berdache” o
“nadle” (della figura del berdache si e occupata, negli anni 30 del Novecento, Ruth
Benedict). Il berdache e biologicamente maschio, ma non assume il tradizionale
ruolo maschile; non e considerato un uomo né una donna, in ogni caso indossa
abiti femminili, svolge mansioni tipicamente femminili e spesso ha rapporti
omosessuali; dunque, in questo tipo di società, esso non e considerato né un
pervertito né una persona anormale, ma viene pienamente accettato e inserito
nella società. Secondo l’antropologa Harriet Whitehead, gli Americani non
riescono a riconoscere un terzo genere perche ragionano in modo etnocentrico
sulle caratteristiche in base alle quali vengono definiti i ruoli di genere: essi,
infatti, si basano principalmente sulle preferenze sessuali, trascurando
caratteristiche quali le preferenze nell’abbigliamento, nel comportamento, nel tipo
di occupazione. I nativi americani invece fanno esattamente l’opposto.
Il linguaggio influisce su piu piani nella creazione dell’identità, soprattutto in
relazione al genere. Prendiamo ad esempio il tono di voce: in genere gli uomini
hanno una voce piu grave delle donne in quanto le loro corde vocali sono piu
lunghe, ma i bambini tendono, inconsapevolmente, ad alzare o abbassare il tono
della voce a seconda delle aspettative di genere nei loro confronti. Come
evidenziano Penelope Eckert e Sally McConnell-Ginet, gli individui utilizzano il
linguaggio per presentarsi come un certo tipo di persone e per comunicare un
atteggiamento e uno stile propri; esso può cambiare a livello grammaticale o a
livello delle espressioni usate (il turpiloquio non si addice alle donne e ai
bambini); ai bambini, ad esempio, viene insegnato a parlare o a restare in
silenzio. Secondo il linguista Robin Lakoff, l’identità di una donna nella società
influisce sul suo modo di parlare; le donne sono spesso tenute a moderare le loro
espressioni di opinioni utilizzando certi dispositivi linguistici (uso di attenuativi,
forme enfatiche, ecc). Ciò e da ricondurre alla mancanza di potere delle donne,
che nell’uso del linguaggio sono costrette a mantenere e perpetrare la loro
“subalternità”; secondo alcuni studiosi un tale utilizzo del linguaggio dimostra
disponibilità ad ascoltare i punti di vista altrui.
Colui che utilizza il linguaggio dispone di diversi codici e li utilizza
alternativamente a seconda del contesto, scegliendo quelli piu socialmente
appropriati. Il passaggio da un codice ad un altro e chiamato “commutazione di
codici”, e può avvenire una o piu volte all’interno dello stesso discorso, in modo
volontario o non. Il linguaggio può anche essere un mezzo per costruire gli altri,
l’out-group da cui ci si vuole differenziare. A tal proposito, e di cruciale
importanza rilevare che l’appartenenza ad un gruppo etnico o etnia, dunque
l’identità etnica, si colloca sul piano simbolico e si basa sulle definizioni di se e
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dell’altro. Tali definizioni attribuiscono una certa omogeneità interna ad un
gruppo e al contempo lo differenziano dagli altri; le identità etniche non sono
“eterne” ma vanno negoziate e sono il risultato di processi di etnicizzazione
funzionali all’accesso a determinate risorse materiali o simboliche.
La nozione di etnia e una pura finzione attraverso cui e possibile indicare una
serie di elementi che permettano la differenziazione culturale.

In che modo gli individui apprendono chi sono?


Come gia anticipato all’inizio, nessun essere umano nasce gia dotato di
un’identità, ma questa viene conquistata in seguito grazie alle interazioni con gli
altri membri della società; l’identità, inoltre, può cambiare nel tempo, e tali
cambiamenti vengono dichiarati attraverso quelli che Arnold Van Genne ha
definito “riti di passaggio”, ovvero delle cerimonie, dei rituali che sanciscono il
passaggio di un individuo da uno stato ad un altro. All’interno di tali riti e
possibile distinguere 3 fasi:
 la fase preliminare, che prevede la separazione dell’individuo dall’identità
attuale;
 la fase liminare, che e una fase di transizione;
 la fase post liminare in cui la persona viene introdotta nella nuova identità.
Ognuna di queste fasi assume importanza diversa nelle varie cerimonie. In
moltissime società assume grande importanza il passaggio di un maschio
dall’infanzia all’età adulta; secondo l’antropologo David Fillmore, i riti di
passaggio
dall’infanzia alla maturità per i maschi prevedono prove di virilità e coraggio
perche l’identità maschile e piu problematica rispetto a quella femminile, in
quanto durante i primi anni di vita i bambini si identificano con la madre e per i
maschi e difficile spezzare questo legame; i riti di passaggio, infatti, simboleggiano
il distacco del bambino dalla madre e il suo ingresso nell’età adulta.

In che modo gli individui comunicano la propria identità agli altri?


Gli strumenti che gli individui utilizzano per comunicare la propria identità sono
molti e diversi tra loro: gli oggetti posseduti, il linguaggio utilizzato, le proprie
frequentazioni, e così via. Nel suo famoso libro “Saggio sul dono: forma e motivo
dello scambio nelle società arcaiche”, Marcel Mauss presenta il principio di
reciprocità, quel principio per cui il donare qualcosa ad una persona provoca la
nascita di un legame che fa sì che questa persona sia tenuta a ricambiare il dono;
ciò che conta non sono i doni in se ma il rapporto che viene mantenuto e stabilito
tramite il loro scambio. Gli oggetti regalati e ricevuti servono pero a definire
l’identità dei partecipanti allo scambio nonché il rapporto esistente tra loro: se i
doni sono di uguale valore, il rapporto e paritario; se i doni sono di valore diverso,
allora la persona che ha donato l’oggetto di maggior valore ricopre una condizione
sociale superiore. Gli scambi che servono a definire e comunicare l’identità non
necessariamente coinvolgono beni materiali, ma possono anche riguardare
emozioni e sentimenti; gli Hawaiani, ad esempio, danno molta importanza

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all’ospitalità e alla socievolezza, e basano le relazioni sociali su scambi altruistici
di amore (aloha), sincerità, sentimento (na’au) e calore (pumehana). Esempi
pratici dell’applicazione del principio di reciprocità sono il kula, praticato nelle
isole Trobriand, e il potlatch, praticato dai Gitksan (nativi americani della costa
nordoccidentale). In queste due pratiche, la caratteristica fondamentale degli
oggetti scambiati risiede nel fatto che essi possiedono una storia: e possibile
ripercorrere la storia dell’oggetto sin dal momento della sua creazione. James
Carrier fa notare come, sin dal 1700, la produzione e la distribuzione di merci sì e
spersonalizzata: chi compra un oggetto, nella maggior parte dei casi, non ne
conosce né il produttore né il venditore. Siffatti prodotti, che non hanno alcun
“significato”, sono definiti da Carrier “merci”, in contrapposizione ai “beni”. I doni
devono innanzitutto essere dei beni per poter avere un significato per lo scambio.
Mentre le merci implicano un trasferimento di denaro in cambio di qualcos’altro,
il dono non ha prezzo. In che modo allora, nel nostro mondo di merci
spersonalizzate, possiamo trasformare questi oggetti privi di significato in beni
personali che comunichino qualcosa dell’identità dell’acquirente? Secondo
Carrier, noi trasformiamo le merci in beni attraverso il processo di
appropriazione: l’acquirente sceglie cosa e giusto per se e cosa e giusto per chi
deve ricevere un dono.

In che modo gli individui difendono la propria identità quando sono minacciati?
Nella definizione dell’identità, può talvolta avvenire che un gruppo non accetti la
propria posizione nel panorama sociale, e che per questo si crei quella che
Anthony Wallace e Raymond Fogelson hanno chiamato “lotta per l’identità”, che
consiste appunto in una serie di interazioni in cui si ha una divergenza tra
l’identità che si ritiene di possedere e quella che viene riconosciuta dagli altri. Un
esempio di lotta per l'identità e dato dallo scambio moka che si effettua presso i
Melpa, che vivono negli Altopiani centrali di Papua Nuova Guinea. In questa
società gli uomini vivono coltivando patate dolci e allevando maiali. L'identità piu
importante nel panorama sociale e quella dei “BigMen”, dei capi molto ricchi (in
termini di maiali posseduti) che godono della massima indipendenza dagli altri;
per diventare un Big Man non e sufficiente la ricchezza, ma occorre dimostrare
coraggio in guerra. Tuttavia, l'abilita maggiore che viene richiesta ad un Big Man
e quella di saper condurre uno scambio moka: esso e una forma di scambio
cerimoniale di doni, in cui qualcuno all'inizio fa un regalo ad un partner
commerciale il quale dà in cambio piu di quanto ha ricevuto.
Gli scambi coinvolgono maiali, conchiglie, piume di uccello, sali, oli per le
decorazioni, lame d'ascia in pietra (oggi anche: dollari australiani, biciclette,
bestiame e autocarri). La caratteristica principale dello scambio moka, nonché il
criterio per stabilire lo status di un Big Man, e che si deve restituire al partner
commerciale piu di quanto si e ricevuto. Dunque, questo tipo di scambio fa sì che
una delle due parti sia sempre in debito verso l'altra, ed e proprio lo scambio
incrementale del debito che permette ad un uomo di dire che ha fatto moka, e che
dunque, egli possiede uno status superiore.

Case study n.3: fat talk («parliamo di grasso»)


Una delle caratteristiche piu importanti dell’identità e rappresentata dall’aspetto
fisico. L’aspetto fisico ritenuto “migliore” varia nelle varie culture e nelle diverse
epoche. Oggi, nella cultura occidentale, chi e magro e ritenuto migliore di chi e

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sovrappeso. Il peso rappresenta un handicap, ad esempio, in ambito scolastico:
tra gli insegnanti e diffusa la convinzione che i bambini sovrappeso abbiano piu
problemi comportamentali rispetto agli altri e che siano meno apprezzati. In età
adulta, i “chili di troppo” fanno sì che si debba spesso fronteggiare ambienti
lavorativi ostili e discriminazioni professionali, nonché scarsa ammirazione (se
non opinioni negative) da parte degli altri colleghi. Per prevenire questo genere di
problematiche, le persone cercano costantemente di raggiungere il tipo di
corporatura ideale. Il peso e anche un indicatore per la salute: il CDC (centro per
il controllo delle malattie) americano rende noto che il 64% degli americani adulti
e soggetto a sovrappeso e obesità, e che il peso medio cresce sempre piu. La
ragione per cui un numero sempre maggiore di soggetti e sovrappeso/obeso e
relativa a diversi aspetti: innanzitutto, un ruolo rilevante e svolto dall’industria
alimentare che spinge le persone a mangiare sempre di piu; dopodiché, aumenta
il consumo di cibi pronti, piu grassi e piu rimunerativi per le industrie; infine,
non va trascurata la diminuzione del tempo dedicato all’esercizio fisico a dispetto
del numero crescente di ore trascorse in lavori sedentari. L’antropologa Mimi
Nichter si e dedicata allo studio del rapporto tra immagine di se e aspetto fisico,
occupandosi di alcune studentesse dell’Arizona. Nel suo lavoro di ricerca, ha
rilevato che queste ragazze seguono una filosofia del tipo “magro e bello, grasso e
brutto” e pensano che essere a dieta sia l’unica strada perseguibile per essere
felici e in forma. Il 90% delle ragazze bianche si e dichiarata infatti non
soddisfatta del proprio peso. Ma cosa nasce questa insoddisfazione? Le
adolescenti che Mimi Nichter ha studiato si erano create l’idea di corpo perfetto
basandosi su quanto vedevano in televisione, al cinema, sulle riviste e rifacendosi
al modello della “Barbie”. Il corpo perfetto e dunque quello di una donna alta
(1,73 m), con capelli lunghi (preferibilmente biondi), gambe lunghe, ventre piatto,
carnagione chiara, e “bei vestiti”. Ciò che comunque conta di piu e il peso, che
costituisce una prerogativa primaria per ottenere felicita e popolarità. Pur
non parlando spesso di peso con le compagne ritenute grasse, le ragazze le
giudicavano, ritenendo che le persone sovrappeso possono perdere peso se
realmente lo vogliono e si impegnano, dunque, non riuscire a dimagrire significa
non preoccuparsi del proprio aspetto o essere pigri. Le discussioni con le
studentesse erano spesso improntate alla mancanza di rispetto nei confronti delle
ragazze sovrappeso. Le ragazze intervistate esprimevano le loro angosce relative
all’immagine corporea attraverso quello che questa antropologa ha chiamato “fat
talk” (discorso sul grasso). Un tipico “discorso sul grasso” inizia con una frase
come “Sono cosi grassa” a cui seguono le risposte delle altre, che in genere sono
del tipo “Ma no che non lo sei!”: il fat talk, infatti, si presenta come un alternarsi
di frasi ritualizzate sul tema del peso. Esso assolve diverse funzioni:
l’affermazione “sono cosi grassa” può celare una richiesta d’aiuto alle altre perche
queste rispondano che non e affatto vero; può essere un modo per attirare
l’attenzione degli altri su caratteristiche negative prima che questi le notino da se,
a scopo difensivo, oppure una pubblica dimostrazione che si tiene al proprio
aspetto fisico; ancora, in fila in mensa, si può utilizzare per dimostrare di essere
consapevoli della necessita di limitarsi nel mangiare; infine, e un modo per
esprimere solidarietà reciproca, per mostrare di condividere le stesse
preoccupazioni ricavandone un guadagno a livello relazionale. Anche le ragazze
che non sono sovrappeso si sentono tenute a prendere parte a questi discorsi, per
evitare di sentirsi escluse o di apparire soddisfatte del proprio corpo: la frase
pronunciata dalle altre “sei cosi magra, tu!” non e altro che un’accusa. Il fat talk
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riguarda anche i programmi per la dieta, anche se, nota Nichter, nonostante si
parli molto di dieta in realtà non si osserva un’analoga applicazione pratica. Il fat
talk testimonia la tendenza delle donne, nella società occidentale, a sottoporre se
stesse e in particolare la propria immagine corporea ad una costante valutazione.
Parlare di grasso, anche quando in realtà non si sta facendo nulla per cambiare il
proprio aspetto fisico, e un modo, per le donne, per affermarsi e per il
riconoscimento rituale che l’aspetto fisico e la caratteristica fondamentale della
loro identità. Tuttavia, durante la sua ricerca, Mimi Nichter ha scoperto che, a
differenza delle ragazze bianche, le ragazze afroamericane erano soddisfatte del
proprio peso (come ha dichiarato il 70% di loro) e non parlavano così spesso di
dieta e aspetto fisico, inoltre in media gli afroamericani non ritengono che sia
poco salutare essere sovrappeso. La donna ideale non e definita in base al suo
aspetto fisico ma alla sua personalità. La visione negativa del proprio aspetto
fisico e il chiodo fisso del peso vengono resi problematici da alcuni fattori; la
prima difficolta incontrata richiede di rimanere magri in una società in cui
prevale il “cibo spazzatura”. Nella scuola in cui Mimi Nichter ha
svolto la sua ricerca, i cibi piu comuni erano pizza e patatine fritte, un pasto
“sano” era invece composto da una barretta al cioccolato e una Coca Cola Light;
durante il pranzo, il 20% delle ragazze mangiava patatine fritte, un ulteriore 20%
non mangiava nulla o beveva qualcosa, l’8% prendeva un gelato o un barretta e
solo il 6% mangiava un’insalata. La diffusione delle bevande gassate e un
ulteriore fattore che complica la situazione: secondo una stima, bambini e
adolescenti assumono piu di 242 litri di bibite in un anno, di cui gran parte
contenenti caffeina. Ulteriore elemento di difficolta e costituito dal fatto che in
famiglia le ragazze subiscono costanti valutazioni sul loro peso e giudizi negativi
sul loro aspetto fisico: ben un terzo delle ragazze riferiva di subire giudizi negativi
da parte dei fratelli o dei genitori. Le ragazze con parenti sovrappeso ritenevano di
essere vittime di una “maledizione” e cercavano per questo di sfuggire al destino
toccato ai loro familiari tenendo sempre sotto controllo la linea e facendo molta
attivita fisica.
Dai discorsi delle madri e di altri parenti, le ragazze imparavano che le
preoccupazioni per il peso persistono per tutta la vita e ciò alimentava la loro
ossessione per il peso.
Mimi Nichter e cosi giunta alla conclusione che la scuola e la famiglia non
informano in modo adeguato le ragazze sul processo di sviluppo, sull’importanza
di mangiare bene e di fare attivita fisica, e non insegnano loro ad osservare con
uno sguardo critico i modelli di bellezza propinati dai mass media. La scuola, dal
suo canto, ha favorito l’accesso ai cibi grassi e alle bevande gasate attraverso i
distributori automatici. Per affrontare questi problemi, Mimi Nichter ha chiesto
alle ragazze che tipo di programma avrebbero preferito, e cosi le ragazze hanno
espresso al volontà di ricevere maggiori informazioni sull’alimentazione corretta e
sull’attivita fisica; inoltre, esse hanno sostenuto l’importanza di coinvolgere nel
programma le studentesse di tutte le classi. L’obiettivo che il programma
perseguiva era quello di informare le ragazze, aiutarle ad analizzare il loro
consumo eccessivo di bevande gasate e contenenti caffeina, e così via. Il primo
step pero consisteva nel far comprendere alle ragazze quanto le immagini
propinate dai mezzi di comunicazione di massa fossero irrealistiche, facendo sì
che esse apprezzassero la varietà di forme fisiche della realtà concreta. Si e
cercato di spiegare loro in che modo i mass media cercano di minimizzare le
differenze tra le modelle per renderle tutte simili a un modello fisico ideale. Le
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ragazze hanno discusso tra loro su come le loro concezioni di bellezza
danneggiavano i loro rapporti, favorendo la nascita di gelosie e conflitti; e stato
mostrato loro come nelle diverse culture cambi il concetto di bellezza e come le
immagini dei mass media intervengano nel creare un senso di inadeguatezza e
insoddisfazione anche in chi e bianca, bionda e magra. Le ragazze hanno poi
discusso di immagine corporea in senso collettivo e hanno ascoltato le ragazze
afroamericane le quali hanno spiegato il loro concetto di bellezza e di stile. Alcune
lezioni hanno anche toccato i temi della nutrizione, con valutazioni dietologiche e
dimostrazioni pratiche in cucina, e le ragazze hanno analizzato i diversi cibi e
spiegato i criteri su cui si basavano per sceglierli. Altre lezioni hanno invece
riguardato l’attivita fisica, con esercitazioni in palestra; inoltre, una specialista di
danza africana ha parlato alle ragazze di movenze del corpo e di autostima, di
come muoversi con grazia e con disinvoltura (le quali provengono dall’interno, e
non sono legate all’aspetto esteriore). Infine, sono state coinvolte le famiglie: la
maggior parte dei genitori non era stata in grado di spiegare alle proprie figlie che
l’aumento di peso sia un normale aspetto della pubertà; e stato spiegato loro che
il loro parlare eccessivamente di diete portava le ragazze ad essere insoddisfatte
del proprio corpo, ed e stata messa in rilievo la necessita di un maggiore controllo
da parte dei genitori sulla dieta (solo il 26% delle ragazze cenava tutte le sere in
famiglia, la frequenza dei pasti consumati insieme diminuiva all’aumentare del
età e la maggior parte delle volte le ragazze sceglievano da sole cosa mangiare).
Non ci e ancora dato sapere se il programma di Mimi Nichter abbia sortito gli
effetti sperati, ciò che pero possiamo mettere in evidenza e che l’antropologia può
aiutarci a mettere in luce argomenti altrimenti trascurati e identificare temi che le
famiglie devono affrontare.

Capitolo 4
Modelli di relazioni parentali
Introduzione. Soap opera e rapporti parentali
Per riuscire a capire le dinamiche familiari nelle varie società, e necessario sapere
come e costituito il nucleo familiare tipico, in che modo la famiglia si forma e si
mantiene, quale ruolo assumono sessualità, amore e ricchezza, e quali elementi
minacciano l’unita familiare. Per riuscire a comprendere tutti questi fattori,
analizzeremo i modelli familiari di tre società: gli Ju/wasi, gli abitanti delle isole
Trobriand e la famiglia tradizionale contadina in Cina, basandoci su dati
antropologici relativi al passato.

In che modo e costituito il gruppo familiare tipico?


Parliamo innanzitutto di come e costituito il nucleo familiare. Esistono
principalmente tre sistemi di discendenza: quello cognatico o bilaterale (ovvero
attraverso entrambi i genitori), quello matrilineare (che segue esclusivamente la

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linea femminile) e quello patrilineare (che segue esclusivamente la linea
maschile).
La famiglia degli Ju/wasi segue la discendenza bilaterale. La vita e organizzata in
gruppi che variano da 10 a 40 persone, che praticano le attivita di caccia e
raccolta in un territorio in cui e presente una riserva di acqua. Tali gruppi si
organizzano attorno ad una coppia fratello-sorella che rivendicano il possesso di
tale riserva d’acqua. A tale coppia, si aggiungono, nell’accampamento, i loro
coniugi e i parenti dei coniugi. Il gruppo familiare di base e comunque costituito
dalla famiglia nucleare formata da marito, moglie e figli, i quali passano la
maggior parte del tempo con la madre. Gli Ju/wasi sono consapevoli del fatto che
la gravidanza sia data dai rapporti sessuali, e ritengono che il concepimento
avvenga alla fine del ciclo mestruale della donna, dall’unione del seme dell’uomo
con l’ultimo sangue mestruale. Un aspetto rilevante e la presenza del “bride
service”: quando una coppia si sposa, lo sposo va a vivere nell’accampamento dei
suoi “suoceri” dove lavora per loro per almeno 10 anni.
Gli abitanti delle isole Trobriand vivono in circa 80 villaggi formati da 40 a 400
persone; ogni villaggio a sua volta e suddiviso in villaggi piu piccoli, ognuno dei
quali e idealmente costituito da un matrilignaggio (dala), ovvero un gruppo di
uomini legati tra loro attraverso la linea femminile assieme alle mogli e ai figli
celibi.
I matrilignaggi sono legati tra loro da relazioni di tipo gerarchico e il capo di ogni
villaggio e il maschio piu anziano appartenente al matrilignaggio di rango
superiore.
Essendo qui presente la regola di discendenza matrilineare, gli abitanti delle isole
Trobriand ritengono che l’uomo non abbia alcun ruolo nel concepimento. Essi
credono infatti che quando una persona muore, la sua anima (o spirito) ritorni
giovane e vada a vivere nell’isola Tuma; qui essa invecchia, ma si rigenera
bagnandosi nel mare. Mentre la pelle si rinnova, si crea uno spirito bambino
detto
“baloma”, che ritorna nel mondo dei vivi penetrando nell’utero di una donna del
suo stesso matrilignaggio; tale penetrazione avviene attraverso la testa oppure
trasportando il baloma nell’utero dall’acqua: quando una donna desidera avere
un figlio, suo fratello porta un secchio d’acqua nella sua abitazione (il
concepimento, infatti, richiede il consenso del fratello). Tali credenze sul
concepimento vengono giustificate, come testimoniato da Malinowski, portando
numerosi esempi di donne rimaste incinte senza aver avuto rapporti sessuali e di
donne che, pur essendo note per la loro licenziosità, non avevano avuto bambini.
Annette Weiner, che si e occupata di questa popolazione negli anni ’70 del
Novecento (ovvero 40 anni dopo la ricerca di Malinowski), ha riferito che i
trobriandesi non negavano piu la paternità fisiologica. In questo tipo di famiglia,
le relazioni di parentela piu importanti sono quelle che si istaurano tra fratello e
sorella: il padre appartiene ad un altro gruppo familiare. La maggiore importanza
del gruppo familiare esteso matrilineare rispetto alla famiglia nucleare determina
anche una diversa terminologia di parentela: viene utilizzato lo stesso termine per
parlare di tutte le donne del proprio matrilignaggio della stessa generazione, e
analogamente le donne utilizzano lo stesso termine per riferirsi al proprio fratello
e a tutti i maschi del suo matrilignaggio e della stessa generazione. L’eredita, in
un tale sistema matrilineare, non viene ereditata dal padre, ma ogni uomo eredita
le proprietà dai fratelli della madre con cui idealmente andrà a vivere (regola di
residenza “avuncolocale”).
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In Cina, la vita familiare si basa sul gruppo domestico patrilineare esteso, formato
da una coppia marito-moglie, i loro figli maschi sposati (e relativi moglie e figli) e
le figlie nubili. Tale patrilignaggio si dispiega nel tempo e nello spazio: l’identità di
ciascun maschio e definita della sue relazioni con i familiari defunti e in vita, e la
sua posizione sociale e determinata dalle azioni dei suoi antenati. Per tale
ragione, le persone in vita onorano gli antenati bruciando per loro banconote,
carta-tela e altri oggetti cartacei in cerimonie rituali di fronte all’altare domestico.
Di cruciale importanza, per un uomo, e avere dei discendenti maschi che si
occupino di lui durante la vita e dopo la morte: da ciò deriva la netta predilezione
per i maschi. Un gruppo domestico cinese ideale dovrebbe comprendere
numerose generazioni di padri e figli maschi che condividono il focolare domestico
e un altare per gli antenati, che rappresentano i simboli della vita familiare.

Come si formano le famiglie e come si mantengono i tipi familiari ideali?


Vediamo ora come si forma la famiglia e come si mantiene il tipo di famiglia
ideale.
E’ possibile notare che, al di là della regola di discendenza prevalente, in tutte le
società la famiglia si forma sulla base dell’unione socialmente riconosciuta tra un
uomo e una donna, unione che generalmente prende la forma di matrimonio. La
nozione di famiglia, tuttavia, non ha un significato così scontato: diverse sono
state
le teorie a riguardo; dagli anni 30 e emersa l’immagine della famiglia come unita
strutturale alla base dei sistemi di parentela composta da marito, moglie e figli
(naturali o adottati) che convivono; secondo Murdock, la famiglia e un gruppo
sociale universale caratterizzato da residenza comune, cooperazione economica,
riproduzione, funzioni vitali; secondo Levi-Strauss, una famiglia e il risultato
dell’alleanza tra due famiglie attraverso il matrimonio di due dei loro membri che
ne determina al contempo la divisione. A partire dagli anni ’60, e stata evidenziata
l’incompletezza di simili teorie e l’indagine etnografica ha cercato di capire se la
famiglia costituisce un’unita identificabile, suggerendo l’utilizzo di termini meno
etnocentrici e piu flessibili, come “gruppo domestico”, o specifici, come
“household” (gruppo di residenti), o “comunità domestica”. Negli anni Settanta,
l’antropologia ha rinunciato a ricercare un “nocciolo irriducibile della famiglia”.
L’utilizzo della locuzione “gruppo domestico” mette in gioco due questioni: una
questione residenziale (termine “domestico”) e una comunitaria o sociale (termine
“gruppo”), e in tal senso esso fa riferimento a come le varie società immaginano,
inventano, costruiscono diversi modi di “stare insieme”. Il concetto di gruppo
domestico consente di operare una distinzione tra famiglia e matrimonio, e ci
induce a soffermarci su alcuni aspetti:
1. Ci sono società che ammettono diversi modelli familiari;
2. Ci sono società che pur ammettendo piu modelli familiari li pongono in
ordine gerarchico;
3. Ci sono società in cui si ammette un solo modello;
4. Ci sono società che ammettono un unico modello e fanno di tutto per
impedirlo alle altre.
Tornando all’iniziale definizione di come si forma una famiglia, abbiamo detto che
nella maggior parte dei casi essa si basa sul matrimonio. Il matrimonio non
avviene nello stesso modo in tutte le società; la scelta del partner, ad esempio,
non si basa solo sull’amore e sull’attrazione sessuale, ma possono intervenire
anche altri fattori. Tra questi, ad esempio, vi possono essere delle norme sociali
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che stabiliscono chi e possibile e chi non e possibile sposare: parliamo di
endogamia quando una società impone che il matrimonio avvenga tra persone
appartenenti allo stesso gruppo (clan, lignaggio, casta, famiglia, etc.), parliamo
invece di esogamia quando una società impone che il matrimonio avvenga tra
persone facenti parte di gruppi differenti. Le definizioni di endogamia ed esogamia
richiedono che venga specificato il gruppo al quale la norma si riferisce. Connesso
al concetto di esogamia, e il tabu dell’incesto: quasi tutte le società vietano ai
propri membri di avere rapporti sessuali con specifiche categorie di parenti. Le
spiegazioni date all’universalità della proibizione dell’incesto sono di diverse:
biologiche, psicologiche, sociologiche. Alcuni ritengono che la funzione del tabu
dell’incesto sia quella di proteggere e salvaguardare la specie dai danni al feto
provocati dalle unioni tra consanguinei; altri invece ritengono che la familiarità
dei rapporti tra consanguinei determini un’istintiva repulsione e mancanza di
eros (ma, se l’incesto fosse naturalmente rifiutato, perche proibirlo?); secondo
alcune spiegazioni sociologiche, la proibizione dell’incesto sarebbe associata al
ratto delle donne e dunque alle regole dell’esogamia; Durkheim ipotizzava che
fosse la comune appartenenza totemica a generare l’avversione al contatto fisico
tra membri dello stesso clan; secondo Levi- Strauss, invece, la proibizione
dell’incesto rappresentava il primo passo verso il passaggio dallo stato di natura
allo stato di cultura. Fox, tuttavia, fa notare che proibizione dell’incesto ed
esogamia vanno studiate separatamente, in quanto l’impossibilita di due persone
di sposarsi non determina che queste non possano avere rapporti sessuali;
l’incesto, secondo questo studioso, piu che proibito e evitato e raramente viene
sanzionato. Infine, non dimentichiamo le differenze presenti nelle diverse società
relativamente al numero di persone che e possibile sposare: a tal proposito,
parliamo di monogamia, quando si può avere un solo coniuge, e di poligamia
quando si possono avere piu coniugi (distinguiamo due forme di poligamia:
poliginia, quando un uomo può sposare piu donne, e poliandra, quando una
donna può sposare piu uomini).
Per ciò che riguarda il ciclo familiare degli Ju/wasi, in questa società l’approccio
delle donne e degli uomini al corteggiamento, al sesso e al matrimonio inizia
molto presto: le prime esperienze sessuali avvengono a 15 anni circa, e gli uomini
si sposano (per la prima volta) tra i 18 e i 25 anni. Il matrimonio assume per
l’uomo un ruolo rilevante: lo identifica come una persona adulta, gli permette di
avere una partner sessuale e una compagna per procurarsi il cibo (mentre gli
uomini sono tenuti a condividere con gli altri membri dell’accampamento ciò che
cacciano, le donne non sono sottoposte a questa regola). Le ragazze si sposano a
12-14 anni, quando non hanno ancora raggiunto la maturità sessuale; per queste
il matrimonio non presenta particolari vantaggi, in quanto possono avere in ogni
caso degli amanti e il cibo procurato dagli uomini viene distribuito a tutti; i
genitori di una ragazza pero sono propensi a far sposare le proprie figlie prima
possibile per godere dei benefici del brideservice, ma anche perche il matrimonio
comporta un’alleanza con un’altra famiglia riducendo le possibilità di conflitti tra
gli uomini riguardo alla figlia. Il matrimonio viene organizzato dai genitori degli
sposi, che cercano di scegliere un uomo non troppo vecchio che sia un buon
cacciatore e sia in grado di assumersi le responsabilità. E poi necessario ottenere
il consenso della sposa: le ragazze spesso si oppongono al matrimonio. I membri
delle due famiglie costruiscono per gli sposi una capanna, in cui i due
passeranno la prima notte di nozze, preceduta da balli e canti con gli amici. Se la
ragazza e molto giovane, avviene spesso che una parente si trattenga con gli sposi
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finché questa non inizia ad abituarsi al nuovo status (soluzione che dà vita a
continui conflitti). Circa la metà delle prime unioni si conclude con una
separazione, anche se gli Ju/wasi si sposano diverse volte durante la loro vita.
Nelle isole Trobriand, i primi giochi erotici vengono praticati a 7-8 anni e il
corteggiamento inizia a 11-13 anni. L’attrazione viene espressa apertamente dagli
adolescenti e i rapporti sessuali prima del matrimonio sono diffusi e previsti, e ciò
fa sì che la coppia inizi a convivere prima. I genitori possono influenzare la scelta
del coniuge, possono anche trovare la persona piu adatta; va comunque
rispettata l’esogamia rispetto al clan. La moglie ideale per un uomo appartiene al
clan del padre: in questo modo, i suoi figli saranno membri del clan paterno. Il
matrimonio non prevede una cerimonia formale, ma e sufficiente che la ragazza
passi la notte nella casa del suo compagno. La mattina successiva, se la famiglia
della sposa approva il matrimonio, la madre della sposa porta alla coppia
dell’igname (un tubero simile alla patata dolce) cotto e in seguito crudo, mentre il
padre e lo zio materno dello sposo iniziano a raccogliere il bridewealth (=
ricchezza della sposa), formato dai beni che verranno donati ai parenti della
sposa. Durante il primo anno di matrimonio, la coppia vive nella capanna in cui
lo sposo si rifugiava da adolescente e la madre dello sposo porta loro del cibo;
terminato questo periodo, essa costruisce un focolare di pietra che la sposa da
quel momento utilizzerà per preparare il cibo. Avviene poi un altro cambiamento
importante: i coniugi smettono di mangiare insieme e la sessualità deve essere
nascosta, cosi come tutte le dimostrazioni pubbliche d’affetto. La regola di
discendenza matrilineare fa sì che i due sposi mantengano sempre vivi i rapporti
con i rispettivi matrilignaggi, rapporti che si basano sulla ricchezza (possesso di
igname, mazzi e gonne di foglie di banano) controllata dalle donne. I terreni
familiari con l’igname appartengono alle donne ma vengono coltivati dal padre e
poi da un “fratello”; ogni anno, l’igname raccolto viene donato alla donna
proprietaria del terreno attraverso una cerimonia rituale: la quantità e la qualità
dell’igname coltivato dal fratello e proporzionale al bridewealth. Nel primo periodo
del matrimonio, l’igname viene conservato sotto la struttura di sostegno della
capanna della coppia, e il marito lo dona a parenti che hanno contribuito al
bridewealth; dopodiché, passati 10 o 15 anni, se l’uomo viene ritenuto importante
dai parenti della moglie, essi costruiscono una casa in cui questi potrà mettere
l’igname che gli donano ogni anno: da ciò deriva che la quantità e la qualità
dell’igname che un uomo possiede sono un indice della considerazione di cui gode
presso i parenti della moglie nonché del suo status all’interno della comunità. La
famiglia nucleare si fonda sul legame duraturo tra marito e moglie; il divorzio
avviene generalmente per iniziativa della donna e nel primo anno di matrimonio.
Dopo lo svezzamento, i bambini dormono con il padre il quale si occupa della loro
bellezza utilizzando ornamenti di conchiglie, collane, orecchini di guscio di
tartaruga; cosi si costruisce un legame molto forte tra figli e padre, quest’ultimo
può chiedere al figlio di rimanere, dopo il matrimonio, nel suo villaggio anziché
spostarsi in quello della madre. In Cina, la famiglia si fonda sulla relazione
padre-figlio, e il matrimonio, piu che rappresentare l’unione tra un uomo e una
donna, rappresenta l’ampliamento della propria famiglia tramite una persona che
ne garantisca la discendenza. I matrimoni sono generalmente combinati, e ciò fa
sì che non vi sia quasi mai il corteggiamento. Quando un bambino raggiunge i 6 o
7 anni di età, i genitori si rivolgono ad un sensale perche li aiuti a trovare una
ragazza destinata a diventare la moglie di suo figlio; possono inoltre affidarsi ad
un indovino, sulla base della convinzione che il momento della nascita determini
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la personalità e il destino di una persona. Il sensale porta un foglio rosso con l’ora
e la data di nascita della ragazza e questo foglio viene portato dalla madre ad un
indovino, il quale ha il compito di determinare la compatibilità del ragazzo e della
ragazza. Se la ragazza e ritenuta adatta, allora il sensale cerca di convincere i
suoi genitori ad approvare l’unione, e se ciò avviene si stabilisce il bridewealth,
cioè i doni matrimoniali della famiglia del marito a quella della moglie.
Un’alternativa a questo sistema consiste nell’adottare una bambina che verrà
allevata nel gruppo domestico e poi sposerà il figlio. Questa alternativa e
vantaggiosa sotto due punti di vista: innanzitutto, la futura sposa, essendo
cresciuta all’interno del gruppo domestico della futura suocera, sara
probabilmente obbediente; in secondo luogo, per una nuora adottata non e
necessario pagare il bridewealth. Dall’altro lato pero tale soluzione presenta un
inconveniente: poiché i futuri sposi crescono insieme come fratello e sorella,
spesso trovano difficile passare al ruolo di marito e moglie.
Esiste infine una terza alternativa: adottare un ragazzo che sposerà la figlia; tale
soluzione e applicabile solo quando in famiglia non ci sono figli maschi. Il
matrimonio avviene attraverso una cerimonia molto formale e molto costosa per
la famiglia dello sposo; la data e l’ora del matrimonio, nonché l’esatto momento in
cui la sposa arriva nella sua portantina sono stabiliti da un indovino. Il giorno
prima del matrimonio, la dote della sposa, composta da alcuni beni ma che mai
comprende terreni o la casa, viene portata nella casa dello sposo in corteo. Il
giorno del matrimonio, lo sposo viene condotto in portantina a casa della sposa,
dove questa si mostra sofferente per la separazione dalla madre; dopodiché, la
sposa viene condotta, in una portantina rossa con decorazioni di buon auspicio
per la nascita imminente di figli, a casa dello sposo dove avviene la presentazione
ufficiale ai genitori di quest’ultimo. Vengono presentate delle offerte all’altare degli
antenati per assicurare la riuscita del matrimonio. Le nozze sono contornate da
festeggiamenti che possono durare anche 3 o 4 giorni. Dopo il matrimonio, i
coniugi dormono insieme solo per sette giorni e non vi e nessuna dimostrazione
pubblica di affetto; la moglie, entrata a far parte della famiglia del marito, occupa
in questa il posto meno rilevante, finché non dà alla luce un figlio maschio: da
quel momento in poi, il marito, che prima si mostrava indifferente a lei, si può
rivolgere alla moglie come madre del proprio figlio (la moglie e legata al marito
solo in quanto madre dei suoi figli). Il divorzio e piuttosto raro; gli uomini possono
liberamente avere delle amanti mentre sono autorizzati a uccidere le mogli se
fanno lo stesso. Una moglie non ha il diritto di divorziare, ma può lasciare il
gruppo domestico del marito, suicidarsi o prostituirsi.

La parentela tra «biologico» e «sociale»


Lo studio della parentela e lo studio dei rapporti che uniscono gli uomini per
mezzo di legami fondati sulla consanguineità e sull’affinità. Tuttavia, e possibile
notare come nelle diverse società anche questi criteri non abbiano una definizione
universale, ne deduciamo pertanto che la consanguineità non e altro che una
relazione socialmente riconosciuta, non biologica. L’approccio della filiazione si
basa sul ruolo attribuito al principio genealogico che regola l’appartenenza ad
una collettività di consanguinei, ed e stato elaborato a partire dallo studio delle
società basate sulla regola di filiazione unilineare, secondo cui la trasmissione
dell’appartenenza e determinata dal riferimento a uno solo dei due genitori;
l’approccio dell’alleanza e basato sul concetto di una relazione di
complementarietà o di opposizione tra consanguineità e affinità. Vi sono società
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che non rientrano nelle descrizioni di questi due approcci, e sono quelle società a
discendenza cognatica o indifferenziata, nelle quali la trasmissione
dell’appartenenza da entrambi i genitori definisce gruppi di discendenza che si
sovrappongono. I sistemi di parentela sono indipendenti da leggi naturali,
esistono solo nella mente degli uomini: sono sistemi arbitrari di rappresentazioni.
La parentela, quindi, non riproduce dei legami naturali, ma e innanzitutto una
realtà culturale. In tutte le società, la definizione della parentela tiene conto di
alcuni dati biologici: il riconoscimento della necessita di procreazione, e dunque
della successione delle generazioni; il riconoscimento del carattere sessuato degli
individui coinvolti nella procreazione e del conseguente carattere parallelo o
incrociato delle situazioni di consanguineità; il riconoscimento del fatto che piu
individui possono avere gli stessi genitori, formando cosi una fratria. Un ordine di
successione di nascite all’interno di una stessa generazione identifica, all’interno
delle fratrie, alcuni maggiori e alcuni cadetti. E’ possibile classificare diversi tipi
di sistemi di parentela in base a come vengono trattati la parentela e i germani
dei genitori (ovvero i loro fratelli e sorelle):
1. Nel primo tipo, zii e zie vengono indicati come i genitori;
2. Nel secondo tipo, il fratello del padre e indicato come il padre, mentre per il
fratello della madre esiste un nome specifico; analogamente, la sorella della
madre e chiamata come la madre, mentre la sorella del padre e indicata con
un nome specifico;
3. Nel terzo tipo, zii e zie dal lato paterno e materno sono distinti tra loro e dai
genitori;
4. Nel quarto tipo, zii e zie dal lato paterno e materno sono indicati con lo
stesso nome, mentre i genitori sono indicati con un nome diverso;
5. Nel quinto tipo, che non e stato riscontrato presso nessuna società, il padre
e il fratello della madre sono indicati da uno stesso termine, diverso da
quello usato per indicare il fratello del padre.
Un secondo tipo di classificazione si basa sugli appellativi attribuiti da Ego ai
membri della sua generazione (fratelli, sorelle, cugini):
1. Nel primo tipo, i germani vengono indicati con nomi diversi a seconda del
sesso mentre i cugini sono indicati tutti (paralleli e incrociati) con lo stesso
termine;
2. Nel secondo tipo, germani e tutti i cugini sono indicati con lo stesso
termine;
3. Nel terzo tipo, esistono nomi specifici per germani, cugini paralleli e cugini
incrociati;
4. Nel quarto tipo, lo stesso nome indica i germani e i cugini paralleli, mentre
vi e un nome specifico per i cugini incrociati;
5. Nel quinto tipo, che non e stato mai riscontrato, lo stesso nome indica
germani e cugini incrociati, mentre vi e un nome specifico per i cugini
paralleli.
Per ciò che concerne la terminologia di parentela, Morgan ha delineato due
sistemi principali: uno descrittivo, basato sulla combinazione di alcuni termini
semplici, e uno classificatorio, che distingue i consanguinei in classi di individui
indicati con lo stesso termine. Murdock ha proposto una classificazione basata
sul trattamento differenziato dei fratelli germani (G), dei cugini paralleli (P, nati
da
fratelli germani dello stesso sesso dei genitori), dei cugini incrociati (X, nati da
fratelli germani di sesso diverso). Tale classificazione, sebbene molto utilizzata ai
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giorni nostri, presenta i propri limiti nel momento in cui si tiene conto delle
differenze tra il sistema dei termini di riferimento (nomi dati ai parenti DI cui si
parla) e il sistema dei termini vocativi (nomi dati ai parenti CON cui si parla); la
terminologia, inoltre, può anche variare a seconda dell’età e del sesso di Ego.

Quali sono i ruoli di sessualità, amore e ricchezza?


Vediamo ora qual e il ruolo svolto, nelle tre società che stiamo analizzando, dal
sesso, dall’amore e dalla ricchezza. Nella vita degli Ju/wasi, marginale e il ruolo
svolto dalla ricchezza. Molta importanza hanno invece sesso, amore, bellezza. In
questa società, la sessualità di una donna e il mezzo piu importante per stabilire
le condizioni delle sue relazioni con gli altri e per il suo benessere: se una ragazza
crescendo non impara ad amare il sesso, si ritiene che la sua mente non segua
uno sviluppo normale, e se una donna adulta non ha rapporti sessuali, i suoi
pensieri sono sempre negativi. Avendo degli amanti, una donna afferma la propria
indipendenza e il proprio controllo sulla propria vita sociale, in quanto può offrire
la propria sessualità agli uomini infondendo vita in loro. I bambini devono poco ai
loro genitori, non servono il bridewealth o la dote per sposarsi e non mancano
mai cibo o parenti che si prendano cura di loro: le dinamiche familiari si fondano
sulla necessita di evitare legami e obblighi permanenti.
Tra gli abitanti delle isole Trobriand, la sessualità e importante per le donne solo
prima del matrimonio, quando essa può utilizzare la sua sessualità per negoziare
le proprie relazioni con gli altri. Una volta sposata, l’enfasi sulla bellezza cede il
passo alla messa in risalto della propria fertilità e maternità. Il valore di una
donna, dopo il matrimonio, dipende dalla sua capacita di raccogliere igname per
il marito, di avere dei figli, di procurarsi mazzi di foglie di banano per il
matrilignaggio. La sessualità degli uomini, non avendo questi, secondo la visione
di questa società, alcun ruolo nella riproduzione, e molto meno importante; la
loro bellezza fisica e tuttavia rilevante per attirare le amanti e successivamente
una moglie. Per ciò che riguarda la ricchezza, sappiamo che nelle isole Trobriand
un uomo che vuole sposarsi deve usare la ricchezza dei membri del
matrilignaggio come bridewealth da offrire alla famiglia della sposa, ed e poi
tenuto a restituire questa ricchezza ai suoi familiari ridistribuendo l’igname che
riceverà dal fratello della moglie. Questo igname rappresenta un compenso per i
figli partoriti dalla moglie, che sono membri del matrilignaggio della moglie e di
suo fratello.
In Cina, se una ragazza appartiene ad una famiglia prestigiosa e benestante ed e
cosi oggetto di desideri da parte degli uomini, verrà tenuta lontana da questi: la
verginità ha moltissima importanza ed e considerata indispensabile per una
sposa cinese, la quale sarebbe costretta a recarsi in un villaggio lontano se avesse
gia avuto un rapporto. L’amore romantico e la sessualità non hanno alcuna
importanza nella relazione coniugale, in quanto la moglie ha l’unica funzione di
generare dei figli. L’uomo, se può permetterselo, può avere delle concubine. La
sessualità non ha importanza nella vita di una donna cinese ne prima né dopo il
matrimonio; tuttavia, essa può stabilire delle relazioni significative in quanto
madre: stabilendo dei legami emotivi ed affettivi con i figli, una donna può
assicurarsi le cure di questi durante la vecchiaia.
Le donne che non possono avere un marito o che lo hanno perso, possono
diventare concubine o prostitute. Le prostitute nella Cina tradizionale non sono
giudicate in modo negativo, ma sono anzi ritenute piu interessanti delle altre
donne.
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Quali elementi minacciano l’unita familiare?
Vediamo infine quali elementi rappresentano una minaccia per l’unita familiare.
Le minacce principali per la famiglia Ju/wasi sono costituite dal conflitto tra i
coniugi per l’infedeltà o per i tentativi del marito di avere una seconda moglie. Gli
Ju/wasi ammettono la poligamia: gli uomini possono avere piu di una moglie, e le
donne possono avere piu di un marito; tuttavia, essa non e molto diffusa. Essa
crea infatti diverse difficolta in famiglia. Lo stesso non vale per l’infedeltà
coniugale, la quale invece e molto diffusa: le relazioni extraconiugali garantiscono
varietà e sicurezza economica. Tuttavia, esse rappresentano la maggiore causa di
conflitti e scontri violenti tra gli Ju/wasi. Le minacce piu pericolose, nelle isole
Trobriand, sono quelle al matrilignaggio: la principale preoccupazione per tutti i
membri e l’onore del gruppo familiare nei confronti di altri gruppi. Ogni lignaggio
deve conservare il proprio status nei confronti degli altri attraverso la
presentazione cerimoniale di oggetti di valore (igname e foglie di banano).
I Trobriandesi sostengono di conoscere formule magiche in grado di uccidere;
generalmente, solo i capi hanno questo potere ma gli altri possono rivolgersi ad
un capo e convincerlo, sotto compenso, a usare i suoi poteri contro un nemico.
Una persona che usa la stregoneria contro un’altra riesce a dominarla e, poiché il
destino di ognuno e legato a quello del matrilignaggio di appartenenza, ogni
minaccia ad un membro del matrilignaggio e considerata una minaccia contro il
matrilignaggio intero. La morte diventa così un segno che qualcuno appartenente
ad un altro lignaggio sta sfidando il potere del matrilignaggio; ogni funerale
rappresenta il tentativo da parte dei membri del matrilignaggio di ribadirne il
potere: ciò avviene attraverso la distribuzione di mazzi di foglie di banano e di
altri oggetti di valore a coloro che prendono parte alla cerimonia funebre
condividendo il cordoglio per la scomparsa; questi doni non sono altro che il
riconoscimento del loro contributo reso al defunto quando era in vita. La famiglia
cinese e minacciata principalmente dall’assenza di un figlio maschio: tale assenza
mette in pericolo non solo l’esistenza della famiglia, ma anche l’intero
patrilignaggio nel tempo. Un uomo senza figli e uno spirito senza discendenti,
ovvero senza qualcuno che possa venerarlo, senza nessun altare in cui poter
trovare rifugio. Ciononostante, la presenza di un figlio non garantisce
sempre una vita familiare tranquilla: il padre ha un’autorita e un potere enorme
sui figli, e questi sono tenuti al culto, al rispetto, all’obbedienza, alla cura del
padre.

Capita spesso cosi che il padre diventi opprimente o utilizzi la forza per ribadire la
propria autorita. Tuttavia, gli scontri tra padri e figli sono meno frequenti di quelli
tra fratelli per la divisione e l’assegnazione dei beni della famiglia alla morte del
padre.
La situazione ideale e quella in cui i fratelli continuano a vivere insieme
condividendo l’eredita, sotto la guida del primogenito. In realtà pero i fratelli
raramente riescono a gestire insieme l’eredita e cosi, dopo vari scontri, questa
viene ripartita.

Case study n.4: combattere la diffusione dell'aids


Le conoscenze antropologiche sulle relazioni possono essere applicate allo studio,
alla prevenzione e alla cura di malattie sessualmente trasmissibili, in particolare

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dell’AIDS. Il problema principale da affrontare consiste nel convincere le persone
sessualmente attive a proteggere se stessi e il proprio partner. L’uso del
preservativo, pur essendo semplice e comune, non e molto diffuso neanche tra le
persone consapevoli di incorrere nel rischio di contrarre una malattia
sessualmente trasmissibile. Hector Carrillo, nel libro “The Night is Young:
Sexuality in Mexico in the Time of AIDS”, descrive la sua ricerca, svoltasi appunto
in Messico, sulle barriere culturali che ostacolano la diffusione e l’attuazione dei
programmi di prevenzione per l’AIDS. I ricercatori rilevarono che i giovani avevano
in media 1,8 partner sessuali all’anno e avevano utilizzato il profilattico con
l’ultimo partner sessuale solo la meta delle volte; i tossicodipendenti avevano in
media 14,8 partner all’anno e utilizzavano il preservativo meno del 40% delle
volte; gli omosessuali avevano in media 8,6 partner all’anno e non usavano
protezioni per piu del 20% delle volte; le professioniste del sesso utilizzavano il
preservativo in non piu del 15% dei rapporti. I programmi tradizionali per la
prevenzione dell’AIDS si basano generalmente su seminari, corsi, campagne,
opuscoli informativi e partono dal presupposto che, se le persone sanno cos’e
l’AIDS e discutono apertamente dei pericoli e dei mezzi per prevenire il contagio,
prenderanno le giuste precauzioni.
Tale presupposto si basa sulle teorie comportamentiste che ritengono che le
persone agiscano sempre in modo razionale, in altre parole, che le persone, se
informate su un pericolo, modificano il loro comportamento in modo da ridurre i
rischi. Siffatti programmi di prevenzione non riescono ad attecchire in Messico
perche un insieme di fattori culturali fa sì che le persone non s comportino in
modo “razionale” pur conoscendo i rischi. Gli specialistici che si occupano di tali
programmi, ad esempio, sostengono che i partner sessuali debbano parlare
apertamente della loro preoccupazione per il contagio. Tuttavia, ciò collide con il
“codice del silenzio” vigente nella famiglia messicana: genitori e figli parlano
raramente di sesso; i ragazzi imparavano qualcosa su questo tema dagli amici o
dai media, trovandosi spesso di fronte a informazioni sbagliate; gli omosessuali
cercavano di nascondere il piu possibile il loro orientamento sessuale. Non si
parla apertamente di sesso ma solo attraverso barzellette o giochi di parole, con
riferimenti allusivi. Il silenzio e i giochi di parole si oppongono ai messaggi sulla
salute pubblica che evidenziano il bisogno di una comunicazione diretta.
Un altro elemento che riduce il successo dei programmi di prevenzione e
costituito dalla relazione tradizionale per cui si ritiene che le donne debbano
essere sottomesse agli uomini sia nella famiglia che all’esterno. Le famiglie
messicane sono patriarcali e caratterizzate dal machismo, ovvero dall’eccessiva
ostentazione della virilità, che presuppone che la donna sia sottomessa all’uomo,
il quale e libero di avere rapporti sessuali extraconiugali. Tale modello si estende
anche alle relazioni omosessuali: il partner sessuale (maschio) attivo (ovvero che
attua la penetrazione) conserva il suo machismo, mentre quello passivo (ovvero
che viene penetrato) viene considerato un “maricon” (“finocchio”). Carrillo rileva
che gli omosessuali nascondono il loro orientamento sessuale ponendo se stessi
in uno status di seconda classe; essi vengono pero accettati in reti sociali e luoghi
di ritrovo. La differenza di potere tra i due partner sessuali e tra le maggiori cause
del rischio di AIDS, soprattutto per le donne nel momento in cui il partner con
piu potere non vuole utilizzare il profilattico. Una donna “seria” non ha esperienza
sessuale; se una donna chiede di utilizzare il preservativo, l’uomo pensa che
abbia gia avuto delle esperienze sessuali e viene considerata una “facile”, e questo

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scoraggia le donne dal fare questo tipo di richieste. Lo stesso vale per gli uomini
che accettano un ruolo passivo in rapporti omosessuali.
La richiesta di utilizzare il preservativo viene evitata anche perche si teme possa
essere interpretata come una mancanza di fiducia o come un segno di infedeltà, e
simili interpretazioni divengono piu credibili se i partner non hanno mai usato il
preservativo nei rapporti precedenti o se si frequentano gia da qualche tempo.
Così capita che una persona accetti di avere rapporti non protetti pur di non
destare sospetti.
L’uso del profilattico e impedito anche dalle credenze e dagli atteggiamenti relativi
a sesso, amore e passione. Un rapporto sessuale soddisfacente prevede che ci si
lasci andare, che ci si abbandoni, allontanando ogni pensiero razionale in quanto
la razionalità potrebbe distruggere il piacere sessuale. Il sesso passione si
distingue dal sesso sicuro o razionale, e con l’AIDS e altre malattie sessualmente
trasmissibili, e necessario praticare il secondo. A tal proposito, Carrillo sostiene
che vi sono due punti di vista conflittuali sul rapporto sessuale: il primo pone
l’accento sul desiderio sessuale, sulla passione erotica e sull’amore e quindi
enfatizza le emozioni, la dinamica della relazione sessuale e il valore della ricerca
di conferma, soddisfazione e comunione con il partner sessuale; il secondo, che e
quello proprio della letteratura relativa alla prevenzione dell’AIDS, e
estremamente medicalizzato e enfatizza razionalità, scelta consapevole,
autocontrollo e salute sessuale.
I comportamenti sessuali tradizionali dei Messicani erano insoddisfacenti per
alcuni: le donne non volevano piu essere subordinate ai maschi, gli omosessuali
non volevano piu nascondersi e i giovani volevano parlare piu apertamente.
Secondo Carrillo, occorreva rendere le persone piu consapevoli dei fattori che
possono impedire di praticare il sesso sicuro e del modo in cui le loro idee e quelle
degli altri su sesso, intimità e fiducia aumentano il rischio di contrarre l’AIDS. Per
un programma di prevenzione che si riveli efficace, bisogna tenere sempre
presente il rischio dell’infezione, essere in grado di agire di fronte al rischio,
potere utilizzare (o chiedere di utilizzare) il profilattico rifiutandosi di assumere
comportamenti che espongono al rischio di infezioni. Le indicazioni di Carrillo
hanno permesso a Richard Parker e a suoi collaboratori dell’Associazione
Brasiliana Interdisciplinare sull’AIDS (ABIA) di realizzare un programma di
prevenzione. Esso si rivolgeva ai professionisti del sesso e mirava a renderli
consapevoli delle barriere culturali che si oppongono alla prevenzione e ad
aiutarli a trovare fonti di reddito diverse dal sesso. L’obiettivo di questo
programma era quello di far conoscere ai professionisti del sesso i metodi della
ricerca antropologica così da poter svolgere ricerche su temi e fattori che
influenzavano la loro vita e quella degli altri giovani. Inizialmente, i direttori del
programma insegnano la metodologia di lavoro sul campo, successivamente i
partecipanti svolgono ricerche etnografiche con altri giovani.
Nella terza ed ultima fase, i giovani usano i risultati delle loro ricerche per creare
volantini, opuscoli, libri di racconti, laboratori e brevi spettacoli, nonché testi
teatrali.
Riuscire a comprendere e valutare criticamente i propri comportamenti e pensieri,
secondo una prospettiva antropologica, permette di fare le giuste scelte sul
comportamento da assumere.

Capitolo 5
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La costruzione culturale della gerarchia sociale
Introduzione. Le cause della disuguaglianza sociale
Il mondo moderno e caratterizzato dalla distribuzione iniqua della ricchezza, dalla
disuguaglianza sociale e dai privilegi. Per poter misurare la disuguaglianza si fa
riferimento alla distribuzione del reddito e dunque al coefficiente di Gini (dal
nome dello statistico e demografo Corrado Gini), un indice di variabilità che
permette di calcolare il grado di disuguaglianza nella distribuzione del reddito; i
valori di tale coefficiente vanno da 0 (perfetta uguaglianza) a 1 (massima
disuguaglianza: una sola persona percepisce il 100% del reddito). La misurazione
attraverso il coefficiente di Gini si basa sulla curva di Lorenz: se in un grafico
rappresentiamo sull’asse delle ordinate la percentuale delle famiglie e sull’asse
delle ascisse la percentuale del reddito che percepiscono, se ogni famiglia ha lo
stesso reddito (coefficiente di Gini pari a 0), la linea tracciata avrà un andamento
regolare; in realtà, nella maggior parte dei casi, non si presenta un perfetto
andamento lineare ma si ha una curva; l’area compresa tra tale curva e la linea
della perfetta uguaglianza corrisponde al coefficiente di Gini. La reale
distribuzione del reddito e influenzata da diversi fattori: il livello di
industrializzazione, la natura dei sistemi economici dei paesi, la misura in cui il
sistema di imposizione cerca di ridistribuire i redditi. Alcuni studiosi sostengono
che l’appartenenza delle persone e dei gruppi a una gerarchia e inevitabile, anzi,
indispensabile in quanto la limitatezza delle risorse, la specializzazione
occupazionale e la detenzione del potere da parte di un’élite sono fattori che
portano necessariamente alla stratificazione. Altri studiosi sostengono invece che
la stratificazione si può evitare e che essa e contraria alla natura umana, in
quanto porta alla formazione di una società “anti collettiva”.

In che modo le società costruiscono le gerarchie sociali?


Le varie società costruiscono in modi diversi le gerarchie sociali, in quanto diversi
sono gli aspetti rilevanti: i criteri utilizzati per differenziare le persone rispetto ai
diversi strati sociali, il numero degli strati, diritti e privilegi concessi ai membri
dei diversi strati, la rigidità della stratificazione gerarchica. Infatti, in tutte le
società stratificate l’accesso delle persone al lavoro, alla ricchezza, ai privilegi
sono determinati dalla posizione occupata nella scala sociale. Nel mondo
moderno si assiste all’emergere di un’importante categoria sociale: quella dei
giovani. Alcinda Honwana e Filip de Boeck li definiscono “costruttori e
distruttori”: costruttori perché apportano nuovi contributi culturali e innovazioni,
distruttori per l’uso di alcool, per i rapporti sessuali non protetti, per la violenza e
la criminalità. Jean e John L. Comaroff hanno riscontrato incredibili somiglianze
tra i giovani di tutto il mondo; da un lato, questi sono esclusi dalle economie
locali e non godono degli aiuti statali perche le politiche neoliberiste limitano i
finanziamenti statali per i disoccupati. Essi manifestano cosi il loro dissenso per
le strade, l’unico spazio concesso loro. Sono principalmente di sesso maschile e la
loro esclusione dà vita a una “crisi della virilità” che si esprime negli stupri
collettivi, nella violenza, nelle sparatorie. Dall’altro lato pero i giovani godono di
un’autonomia maggiore rispetto alle generazioni passate; il loro affermarsi ha
determinato la creazione di una “controazione” con propri spazi, proprie forme di
divertimento e proprie attivita illecite. Un parlamentare della Florida, William
McCollum, ha definito i giovani d’oggi come i “criminali piu pericolosi sulla faccia
della terra”; criminalizzando i comportamenti tipici dei gruppi marginali,

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criminalizzando l’uso di sostanze stupefacenti quali cocaina e marijuana (mentre
l’alcool rimane legale), la società crea una classe emarginata di criminali che deve
essere controllata dall’autorita costituita. Il fatto che i giovani costituiscano una
categoria marginalizzata e testimoniato dall’ossessione dei giovani per le strutture
sociali che essi stessi creano, le quali sono particolarmente diffuse nelle scuole
superiori in America. Murray Milner Jr. mostra come gli studenti di una scuola
superiore fossero ossessionati dallo status: essendo il loro potere economico e
politico assolutamente inesistente, l’unico potere che questi giovani hanno e
quello di creare uno status system utilizzando criteri diversi da quelli promossi da
genitori e insegnanti.

Perche le disuguaglianze economiche e sociali continuano a esistere?


La costruzione delle gerarchie sociali non e un aspetto universale delle società
umane, così come non e uniformemente diffusa la tendenza a classificare le
persone secondo certi criteri. L’unico aspetto costante consiste nell’aumentare
della propensione alla stratificazione sociale quando aumenta la complessità e la
numerosità delle società. Sono diverse le teorie proposte per spiegare la creazione
di gerarchie sociali, di particolare rilievo sono quella integrazionista e quella
conflittualità. Secondo la teoria integrazionista, man mano che le società si
ampliano e aumentano le persone che hanno bisogno di cibo, abitazioni e vestiti,
si ha bisogno di strumenti di lavoro sempre piu efficienti e tecnologicamente piu
evoluti per produrre una quantità di cibo maggiore e materiali di prima necessita.
Ciò fa sì che nelle società piu ampie sorga il bisogno della specializzazione degli
individui ovvero della divisione del lavoro; perche la divisione del lavoro sia
efficiente e caratterizzata da un’adeguata coordinazione dei compiti, e necessaria
ed inevitabile una qualche forma di stratificazione sociale. Inoltre, aumentando la
complessità delle società, servono dei sistemi di difesa contro le minacce
provenienti dall’esterno, i quali presuppongono la centralizzazione del potere, che
conduce alla creazione di un gruppo elitario. Se le risorse scarseggiano, e
necessario un sistema di controllo interno che mantenga l’ordine. In sintesi,
secondo la teoria integrazionista, il bisogno di maggiore integrazione della società
nonché quello di mantenere un certo controllo sul comportamento degli individui,
determinano l’emergere di forme di autorita centralizzata che garantiscano
sicurezza e protezione ai cittadini, i quali devono ricambiare con accettazione e
lealtà. La società e assimilata ad un organismo vivente le cui parti devono essere
regolate da un meccanismo di controllo che ne assicuri il funzionamento. Herbert
Spencer sosteneva che una maggiore differenziazione all’interno di una società
porta ad un grado piu elevato di interrelazione tra le parti a cui segue un maggior
bisogno di controllo da parte delle autorita. Secondo le teorie conflittualiste, la
stratificazione sociale e il risultato dello sfruttamento, da parte di un gruppo,
delle risorse o del lavoro altrui. La piu importante teoria conflittualista e quella di
Karl Marx e Friedrich Engels, i quali sostenevano che le classi sociali sono il
risultato del capitalismo e non sono un aspetto intrinseco della società. Le classi
si formano quando un gruppo acquisisce la proprietà dei mezzi di produzione
(risorse necessarie alla produzione, come macchinari, attrezzi, ecc), e può cosi
conservare o accrescere la propria ricchezza traendo vantaggio dal plusvalore del
lavoro (differenza tra la quantità di lavoro impiegata per una determinata
produzione e il lavoro necessario alla riproduzione della forza-lavoro). Tutto ciò
avviene a scapito degli operai i quali sono costretti ad accettare questa situazione
in virtù della repressione politica o sociale praticata dalla classe dirigente. I
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membri della classe dirigente scelgono dei rappresentanti che approvano delle
leggi a vantaggio dei propri interessi e possono imporre agli operai le condizioni di
lavoro da rispettare (minacciandoli di togliere loro il lavoro, oppure di chiuderli in
carcere o di ucciderli), e nella maggior parte dei casi ad essi non rimane che
sottomettersi. Se la classe dirigente detiene anche il controllo dei mezzi di
informazione, può diffondere attraverso diversi canali un’ideologia di classe a
proprio vantaggio: modificando la visione del mondo, può far apparire agli occhi
delle persone il proprio dominio come legittimo e funzionale agli interessi della
collettività. Dunque, l’ideologia di classe crea una società nella quale un limitato
insieme di persone controlla i mezzi di produzione appropriandosi del plusvalore
del lavoro, e conserva la propria posizione ricorrendo alla repressione e alla
manipolazione dell’ideologia attraverso i mezzi di comunicazione di massa e
attraverso le istituzioni. L’unico mezzo di cui le classi svantaggiate dispongono
per cambiare la situazione e la rivoluzione violenta.
E’ dunque possibile caratterizzare il potere della classe dominante come
un’egemonia, termine che indica “direzione politica”, unita o contrapposta a
dominio e coercizione. L’egemonia si esercita tramite apparati pubblici
(appartenenti alla sfera dello Stato) o privati (appartenenti alla sfera della società
civile). Gli intellettuali facenti parte del ceto dominante cercano di allargare al
massimo il consenso da parte dei ceti subordinati, mostrando (facendo leva sul
proprio prestigio) come universale la propria concezione del mondo, integrandola
nel senso comune.

Per quale ragione le gerarchie sociali vengono considerate naturali?


Uno dei compiti dell’antropologia e quello di capire in che modo le società
elaborano delle giustificazioni per legittimare la discriminazione sociale. In
particolare, Franz Boas e stato uno dei primi studiosi a cercare di dimostrare
l’infondatezza delle teorie e delle ideologie razziste su cui si basava la
marginalizzazione. Negli Stati Uniti, l’ideologia di classe si basa sul presupposto
che la posizione di una persona nella scala sociale dipende dall’impegno e dai
risultati individuali; ciò implica che se una persona si impegna ed e determinata,
riesce a raggiungere il proprio obiettivo. La posizione occupata viene anche
connessa a delle caratteristiche biologiche quali razza, capacita mentali innate
(intelligenza) e genere. Le gerarchie sociali, dunque, non sono altro che una
riproduzione delle gerarchie naturali in cui sono collocati gli individui e che fanno
sì che alcuni, a differenza di altri, siano piu propensi ad avere successo e a
guidare gli altri. Analizziamo singolarmente i tre aspetti prima menzionati (razza,
intelligenza, genere). La stratificazione razziale e un elemento caratteristico delle
società europea ed americana; in passato, l’appartenenza a determinate razze era
deterministicamente legata alla posizione occupata nella gerarchia di status
relativa alla rilevanza sociale, politica ed economica. La stratificazione razziale
presentava diversi vantaggi: dal punto di vista economico, essa permetteva di
usufruire della manodopera sottopagata degli schiavi neri o dei gruppi che non
possedevano alcun diritto, e inoltre rendeva meno influente la concorrenza per il
lavoro. Tuttavia, il problema piu grave sorge nel momento in cui si sostiene che la
classificazione delle persone secondo le razze sia naturale, e non determinata
socialmente, o che essa sia stata prevista da Dio per distinguere persone inferiori
da persone superiori. La maggior parte delle persone non esito a costruire
un’ideologia che giustificasse la discriminazione, anche in virtù del consenso delle
autorita civili e religiose; persino degli scienziati, durante il XIX secolo, cercarono
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di dimostrare che la stratificazione razziale e qualcosa di naturale; ricordiamo a
tal proposito gli studi di Morton, risalenti agli anni Venti dell’Ottocento, il quale
sosteneva che i bianchi fossero piu intelligenti dei neri a partire dalla maggior
dimensione dei crani dei primi. Stephen Jay Gould ha poi dimostrato
l’infondatezza di queste teorie e la scarsa obiettività di Morton dal punto
di vista metodologico (questi aveva compiuto evidenti errori di campionamento e
di misurazione); ciononostante, molti studiosi, durante il XX secolo, si rifecero
agli studi di Morton per sostenere l’ideologia secondo cui la stratificazione sociale
e dovuta a cause naturali. Solo con l’affermarsi delle teorie darwiniane e stata
riconosciuta l’infondatezza delle teorie razziali, diffusesi dal XVIII secolo, secondo
cui la razza rappresenta un insieme di persone discendenti da un comune
antenato. Infatti, dopo due secoli di controversie tra teorie monogeniste (secondo
cui tutti gli esseri umani hanno una comune origine, e si sono differenziati in
seguito) e teorie poligeniste (secondo cui le differenze tra le popolazioni umane
erano evidenti sin dalle loro origini), e progressivamente emersa la difficolta nel
definire un insieme di tratti pertinenti per la definizione delle diverse razze.
Attualmente, l’idea che esistano dei tipi razziali a cui gli uomini appartengono
sulla base di meccanismi di trasmissione genetica ereditaria, nonché il
determinismo razziale (concezione secondo cui l’appartenenza ad un tipo razziale
sarebbe il fattore determinante per le diversità di comportamento tra individui e
gruppi umani) sono stati abbandonati.
Il concetto di intelligenza può giustificare l’esistenza delle gerarchie sociali, nel
momento in cui si ritiene che ciò che ogni individuo riesce a fare sia determinato
dall’intelligenza e dalle doti innate. Dimostrando che l’intelligenza e innata, si
riesce a spiegare perche i figli di persone di successo abbiano anch’essi successo
e, allo stesso tempo, si spiega perche alcuni gruppi sono invece poveri. Molti
scienziati hanno tentato di dimostrare l’ereditarietà dell’intelligenza e il suo
variare a seconda dei gruppi razziali; tra questi studiosi, menzioniamo Arthur
Jensen, Richard Herrnstein e Charles Murray. Questi studiosi non tengono conto
del fatto che la stessa intelligenza e una costruzione sociale, un costrutto teorico;
il concetto di intelligenza su cui si basano e discutibile, ed e così determinato:
l’intelligenza e considerata un’entità singola (in realtà, l’intelligenza e “multipla” e
si dispiega in modo diverso nei diversi ambiti); l’intelligenza e misurabile ed e
presente in modo diseguale all’interno della popolazione (ciò determina che sia
possibile misurare l’intelligenza innata ma non i risultati ottenuti); la quantità di
intelligenza delle persone rimane costante per tutta la vita (e ciò implica che si
possa dimostrare che ciò che viene misurato non cambia); la quantità di
intelligenza posseduta determina il grado di riuscita nella vita (a ciò consegue
l’idea che le persone che hanno un’intelligenza quantificabile hanno piu
probabilità di successo); infine, l’intelligenza e ereditaria (dunque, i figli di
persone con intelligenza quantificabile elevata hanno anch’essi un’intelligenza
quantificabile ed elevata). In particolare, tre studiosi hanno contribuito a
legittimare e a diffondere tali assunti di base: essi sono Francis Galton, Karl
Pearson, Charles Spearman. I metodi utilizzati da questi studiosi erano del tutto
discutibili, in quanto basati su giudizi soggettivi sulla definizione dell’intelligenza.
Tali teorie, inoltre, non tengono conto del fatto che nessuna caratteristica umana
e determinata esclusivamente da fattori biologici (i geni), ma che un ruolo cruciale
e svolto dall’interazione dell’individuo con l’ambiente circostante.

27
Nonostante tali limiti, l’intelligenza rappresenta ancora un criterio per giustificare
la gerarchia sociale e per caratterizzarla come “naturale”. La stratificazione
sociale e stata connessa anche al genere, e in particolare si e ritenuto che i
maschi fossero superiori alle femmine e che tale superiorità fosse del tutto
naturale. Molti, infatti, sostenevano che a costituzione fisica delle donne definisse
la loro posizione sociale nonché la loro funzione, che e esclusiva mente quella di
procreare; al contempo, la costituzione fisica degli uomini li avrebbe resi adatti a
dirigere, controllare, difendere. L’idea che la biologia femminile renda le donne
inferiori agli uomini e profondamente radicata ed e ravvisabile anche nel diverso
modo in cui vengono descritti i processi biologici relativi alla riproduzione. Emily
Martin sostiene che, durante l’Ottocento, il corpo femminile era considerato alla
stregua di una fabbrica il cui compito era quello di funzionare per produrre figli;
sotto questa prospettiva, e chiaro che la menopausa rappresentava un evento
negativo che poneva fine al periodo riproduttivo, e le mestruazioni erano sintomo
di una mancata fecondazione, ovvero del fallimento del processo riproduttivo.
Tale atteggiamento verso le funzioni riproduttive delle donne sopravvive ancora
oggi ed e veicolato per mezzo dei manuali di medicina e biologia. Alcuni testi
descrivono infatti la menopausa come una “interruzione della comunicazione tra
il cervello e l’apparato riproduttivo femminile” e in un manuale universitario si
afferma che “le ovaie, durante la menopausa, non rispondono piu agli stimoli
ormonali e dunque si atrofizzano”. Il ciclo mestruale e descritto come
un’interruzione del ciclo riproduttivo e il flusso mestruale e presentato come un
processo di disintegrazione e sfaldamento. Di converso, le funzioni riproduttive
del maschio vengono descritte con termini positivi. La descrizione dei processi
fisici del corpo femminile in termini negativi fa sembrare le donne “meno umane”
e porta le stesse donne a pensare che tali funzioni siano meno pure e meno
importanti di quelle del corpo maschile.

Quali strategie sviluppano i poveri per adattarsi alle loro condizioni di vita?
Gli strati piu poveri della società, per sopravvivere in condizioni di povertà, usano
particolari strategie adattive; “cultura della povertà” e l’espressione coniata
dall’antropologo Oscar Lewis per riferirsi al modo di vivere e alla visione del
mondo delle persone che abitano i quartieri poveri di citta e campagne.
Correggendo questa visione, che implica che la povertà sia radicata nei valori
della subcultura, alcuni antropologi sostengono che il comportamento dei poveri e
il risultato dell’adattamento di questi alle loro condizioni socioeconomiche
caratterizzate da mancanza di lavoro e di denaro. Tale situazione e perpetuata
dalla disuguaglianza (rafforzata dal razzismo) e da un sistema economico che
richiede manodopera a poco prezzo. Alla fine degli anni Settanta del Novecento,
l’antropologa Carol Stack condusse uno studio sul modo in cui le famiglie
affrontano la povertà, analizzando una comunità in gran parte nera da lei definita
“The Flats” (facente parte di una piccola città del Midwest di circa 55.000
persone). Conducendo questa analisi, Carol Stack si rese conto che queste
persone reagivano alla povertà rafforzando i legami di parentela e creando dei
legami di parentela fittizi allo scopo di creare gruppi chiusi cosi da garantirsi
aiuto economico e sociale. In questa comunità quindi le persone barattavano il
cibo, l’abitazione, la cura dei bambini e tutto ciò che avevano: era quindi
caratterizzata da una reciprocità generalizzata, la quale consente la sopravvivenza
di tutti. A causa della saltuarietà del lavoro, della giovane età delle madri e
dell’inadeguatezza delle abitazioni, i bambini si ritrovavano a vivere con tre o
28
quattro adulti diversi; diverse persone si occupano della nutrizione,
dell’educazione, della cura e dell’assistenza di un bambino. Occuparsi di un
bambino era considerato, in questa comunità, un privilegio e al tempo stesso una
responsabilità. Una coppia, a The Flats, si sposava solo se l’uomo aveva un lavoro
stabile; tuttavia, il matrimonio non era vantaggioso dal punto di vista economico,
per diversi motivi: essere sposate escludeva le persone dalla rete di condivisione
in quanto dopo il matrimonio gli obblighi ricadevano sul marito o sulla moglie;
inoltre, dopo il matrimonio una donna non riceveva piu gli aiuti dell’assistenza
sociale. Nonostante questo, uomini e donne instauravano comunque delle
relazioni e avevano dei figli; a causa delle condizioni di povertà, le persone
stringevano reti di parentela e amicizia anziché prediligere il modello della
famiglia nucleare.

Una comunità priva di stratificazione può esistere all’interno di una società


gerarchica piu ampia?
Molte persone, pur coscienti dei danni provocati dalla stratificazione sociale,
sostengono che questa sia inevitabile all’interno di un moderno paese
industrializzato. Nonostante questo, per migliaia di anni alcuni gruppi hanno
cercato di creare dei gruppi privi di classi e utopici nelle società stratificate, un
esempio e costituito dalla creazione degli ordini monastici cattolici.
L’antropologo Charles Erasmus si e dedicato allo studio di molte comunità
utopiche per comprendere per quale ragione queste siano “fallite”; secondo questo
studioso, il problema principale di queste comunità era riuscire a motivare i
membri a lavorare e contribuire al bene comune senza ottenere in cambio un
compenso individuale (materiale, di status o di prestigio). Un esempio positivo di
comunità utopica negli Stati Uniti e quello relativo alla comunità degli utteriti. Gli
utteriti sono una setta protestante nata in Moravia nel XVI secolo, durante la
riforma protestante; nel 1528 essa inizio a fondare le prime colonie nei territori
corrispondenti alle attuali Germania, Austria e Russia. L’obiettivo degli utteriti e
quello di creare una “colonia del cielo”. Coerentemente ai principi del Vecchio e
del Nuovo Testamento, essi credono nella vita comunitaria e nel rispetto delle
pratiche religiose; si oppongono alla competizione, alla violenza e alla guerra, e
pensano che le proprietà vada utilizzata, non posseduta. Non ritengono
necessario entrare a far parte di un Governo o ricoprire cariche pubbliche, la loro
comunità e gestita da un consiglio formato dai leader religiosi e da un insegnante
della comunità. Questa e basata sulla famiglia e vive di agricoltura; tutti
contribuiscono alle diverse attivita e ognuno ha il diritto di godere dei frutti del
lavoro. Gli utteriti non sono totalmente egualitari, infatti nella loro società vi sono
classificazioni in base all’età e al sesso (prima del matrimonio, i membri della
comunità non partecipano ai processi decisionali e le donne sono ritenute
inferiori rispetto agli uomini dal punto di vista fisico e intellettuale). La
distribuzione diseguale della ricchezza e rifiutata cosi come la competizione tra i
membri per status, prestigio o beni personali; per limitare tale competizione, si
rinuncia all’ornamento personale e all’ostentazione della ricchezza. I membri della
comunità mangiano e lavorano insieme e si incontrano frequentemente per
discutere gli affari della comunità; non vi sono mezzi formali per punire chi viola
le regole del gruppo, ma si pratica una sorta di ostracismo in base al quale colui
che ne e oggetto non può parlare con gli altri membri della comunità. Per limitare
i conflitti man mano che la ricchezza si accumula, gli utteriti dividono le

29
comunità ogni 15 anni; ogni comunità risparmia una parte dei profitti per
ricostruire una nuova colonia; quando tutte le strutture sono complete, i membri
della comunità tirano a sorte per decidere quali famiglie saranno spostate. Gli
utteriti si sono opposti alla specializzazione, e non assumono manodopera
all’esterno della comunità. In sintesi, gli utteriti hanno creato una società in cui
sono assenti povertà e classi economiche, la criminalità e assente e ognuno
contribuisce al bene collettivo. Tuttavia, non ogni forma di discriminazione e
esclusa: fondandosi sulla Bibbia, tale comunità si basa sulla supremazia del
maschio e limita fortemente la libertà individuale.

Case study n.5: salute e diritti umani


L'antropologia può aiutare ad affrontare la povertà e l'oppressione generate dalla
disuguaglianza, progettando e realizzando delle iniziative per proteggere coloro ai
quali vengono negati i diritti umani fondamentali. Il principio della difesa dei
diritti individuali e stato elaborato durante il periodo illuminista ed e stato poi
ripreso da Thomas Jefferson nella “Dichiarazione di Indipendenza” degli Stati
Uniti, in cui si legge che gli uomini sono tutti uguali e godono di alcuni diritti
intoccabili quali la vita, la libertà e la ricerca della felicita. Il movimento moderno
dei diritti umani e nato dal Processo di Norimberga (in cui vennero giudicati gli
ufficiali tedeschi accusati di crimini di guerra perpetrati durante il secondo
conflitto mondiale) e dalla Dichiarazione dei diritti umani promulgata il 10
dicembre 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tra i diritti
menzionati, vi sono: il diritto alla vita, alla liberta, alla sicurezza della persona,
alla libertà di opinione e di espressione, il diritto a non subire torture, trattamenti
o punizioni crudeli, inumani o degradanti, nonché il diritto ad un livello di vita
adeguato alla salute e il benessere (quindi il diritto a cibo, vestiti, cure mediche,
servizi sociali necessari tra cui assistenza in caso di disoccupazione, malattia,
disabilita, vedovanza, vecchiaia). Nella realtà concreta, tuttavia, gran parte dei
diritti menzionati nella Dichiarazione vengono sistematicamente violati o ignorati,
come documentato dalle organizzazioni Amnesty International e Human Rights
Watch. La violazione dei diritti umani e incentivata dalla disuguaglianza
economica e sociale la quale e in costante aumento. Nel loro libro “Human Rights:
The Scholar as Activist”, Carole Nagengast e Carlos Velez-Ibanez affermano che le
persone che si dedicano alla difesa dei diritti umani, non possono occuparsi
soltanto delle violazioni individuali e politiche, ma anche dei diritti collettivi ed
economici, sociali e culturali. Non esistono delle leggi che limitano il potere dei
grandi gruppi e delle istituzioni che li appoggiano (ad esempio, la Banca Mondiale
o il Fondo Monetario Internazionale) cosi questi sono liberi di stabilire condizioni
di lavoro e paga, di realizzare progetti di sviluppo che comportano lo spostamento
di persone, di determinare un peggioramento delle loro condizioni di vita. Gli
Stati-Nazione, a cui le leggi internazionali affidano il compito di fare in modo che i
diritti vengano rispettati, sono gli organi che violano maggiormente i diritti umani,
sia in modo diretto (attraverso operazioni militari o di polizia), sia in modo
indiretto (permettendo a gruppi non statali o paramilitari di violare i diritti).
Secondo i due studiosi e allora necessario che gli antropologi, attraverso una rete
di comunicazione globale, diffondano informazioni sui diritti umani e sulle loro
violazioni; essi possono anche lavorare con i gruppi i cui diritti vengono
minacciati per aiutarli a sviluppare gli strumenti per difendersi.

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Una preparazione in ambito antropologico e di supporto anche per l'elaborazione
di politiche per i profughi; il profugo e definito come una persona che, per paura
di essere perseguitato per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad
un certo gruppo, o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal paese di cui
possiede la nazionalità e non può quindi avvalersi della protezione di quel paese.
Secondo Angela Thieman-Dino e James Schechter, gli antropologi possono
aiutare i policy maker a portare alla luce i pregiudizi veicolati nei confronti dei
profughi documentando le violazioni dei diritti umani da parte di organizzazioni
non governative. Una formazione in ambito antropologico permette anche di
mediare tra i rifugiati e gli organismi di assistenza favorendo la comprensione di
fattori di tipo sociale o culturale che potrebbero essere trascurati. Il medico e
antropologo Paul Farmer ha studiato le popolazioni haitiane che lavoravano nelle
coltivazioni di tabacco; ad Haiti ha collaborato con le agenzie locali e
internazionali, prestando servizi relativi alla salute e all'assistenza sociale alla
popolazione indigena.
Questa esperienza gli rese evidente quanto importante fosse l'antropologia per
affrontare i problemi sanitari dei poveri di Haiti. Farmer sosteneva che non
bisognava trascurare il ruolo che nella vita di gran parte degli haitiani assume il
voodoo, una religione che associa elementi del cattolicesimo alle credenze africane
tradizionali.
Un medico che non conosce le credenze locali potrebbe scontrarsi con i preti
voodoo giudicando i disturbi dei pazienti come semplici superstizioni, mentre un
medico con una preparazione in ambito antropologico potrebbe trovare un
sistema per collaborare con questi preti. La seconda lezione che Farmer apprese
durante il suo soggiorno ad Haiti era relativa alla teologia della liberazione. In
America Latina, durante gli anni '60, i preti cattolici diedero vita a delle comunità
per la difesa dei diritti umani e organizzarono delle attivita per combattere la
repressione esercitata dai governi. Farmer rimase colpito dall'attivismo della
teologia della liberazione perche sorgeva dal bisogno di realizzare qualcosa di
concreto nella vita dei poveri, era caratterizzata da una “solidarietà pragmatica”
con le comunità e tentava di ottenere per i poveri non un trattamento giusto ma
un trattamento preferenziale.
Egli riuscì cosi a comprendere piu a fondo il contesto nel quale regnavano la
povertà e l'oppressione. Farmer decise cosi di laurearsi in Antropologia e studio
alla Medical School dell'Università di Harvard, e nel frattempo passo molto tempo
ad Haiti impegnandosi per realizzare un programma per l'assistenza sanitaria
pubblica che comprendeva campagne di vaccinazione, realizzazione di riserve di
acqua potabile e fognature, e insegnando agli abitanti a somministrare farmaci,
curare malattie non gravi e riconoscere i sintomi di quelle piu gravi. Le esperienze
ad Haiti mostrarono a Farmer che la salute e un diritto umano inalienabile; nel
suo libro “Pathologies of Power: Health, Human Rights, and the New War on the
Poor”, Farmer mostra le ragioni e propone delle strategie per affrontare il
problema delle violazioni dei diritti umani e per dare un aiuto concreto alla vita
dei poveri. Gli antropologi devono, secondo Farmer, collocare le violazioni dei
diritti umani all'interno del contesto globale che comprende le cause strutturali
della violazione stessa. Come egli afferma, le disuguaglianze sociali basate su
razza, genere, religione e, soprattutto, classe sociale, rappresentano le principali
cause delle violazioni dei diritti umani; in altri termini, la violenza contro gli
individui e integrata nella violenza strutturale. Dunque, bisogna prima di tutto
affrontare la violenza strutturale. Tuttavia, il problema sorge allorquando l'ONU e
31
le organizzazioni di difesa dei diritti umani (Amnesty International, Physician for
Human Rights) sono limitate dal fatto che devono operare attraverso i governi, i
quali sono spesso i primi a violare questi diritti.
Per questo, Farmer sostiene che quando e possibile le organizzazioni non
governative e i gruppi indipendenti (università, ospedali, chiese, ecc) devono
ascoltare i bisogni e collaborare con i membri delle comunità interessate.
Capitolo 7
Globalizzazione, neoliberismo e stato-nazione
Introduzione. La mia T-shirt
In tutto il mondo, ogni anno si spendono piu di ventimila miliardi di dollari in
beni e servizi (a fronte dei quattromila ottocento miliardi del 1960). Sorge cosi
spontanea la domanda: perche spendiamo così tanto? E quali conseguenze ha
questo comportamento sulle nostre vite? Alcuni dati dimostrano che le persone
(negli Stati Uniti) erano piu felici e soddisfatte negli anni 50, quando
consumavano circa il 25% di quello che spendono oggi, ciononostante tutti
ritengono che sia normale desiderare di possedere sempre piu cose.

Come definiamo la felicita e il benessere?


Per riuscire a comprendere questa contraddizione, cerchiamo innanzitutto di
spiegare in che modo le società definiscono la felicita e il benessere. Tutte le
culture possiedono attivita o simboli materiali ritenuti indispensabili per il
raggiungimento della felicita e del benessere; nella contemporanea società
americana, il fattore principale e il denaro, il quale definisce le relazioni tra
venditori e acquirenti ma anche tra amici, tra genitori e figli, e così via.
L'importanza attribuita al denaro non e affatto universale nello spazio e nel
tempo, e vi sono delle società in cui, pur essendo utilizzato, e considerato con
sospetto e visto come una minaccia all'ordine sociale; i rapporti basati sul denaro,
essendo impersonali e socialmente inconsistenti, vengono distinti dai rapporti di
parentela ed amicizia anche nelle economie di mercato avanzate. Quando si
acquista qualcosa in un negozio, la relazione tra acquirente e venditore si
esaurisce nella transazione economica, a differenza delle relazioni di parentela
che sono permanenti e durature. Ciò fa sì che nella nostra società anche il dono,
prima di essere consegnato, deve essere depurato dalla associazione con il mondo
del commercio (ad esempio, in genere viene eliminato il cartellino del prezzo e il
regalo viene confezionato).
Dunque, pare che tutte le società operino una distinzione tra la sfera dello
scambio fondata sulle relazioni personali durature e la sfera dello scambio di
breve durata fondata sulle relazioni commerciali e l'uso del denaro. Ciò che rende
il denaro così importante nella nostra società e che esso e l'unico mezzo che
permette di accedere a certi beni o servizi, e perche l'economia funzioni bisogna
fare sempre piu affidamento sul mercato. Noi viviamo in un'economia di mercato
e, in virtù della globalizzazione, il mondo intero può essere considerato un
mercato.
Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita progressiva delle
relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti, a cui conseguono una
decisa convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo e la crescente
dipendenza dei paesi gli uni dagli altri. Con la stessa parola si intende anche

32
l'affermazione delle imprese multinazionali nello scenario dell'economia mondiale
e lo sviluppo di mercati globali, nonché la diffusione dell'informazione e dei mezzi
di comunicazione come internet, che oltrepassano le vecchie frontiere nazionali. Il
termine globalizzazione e utilizzato anche in ambito culturale ed indica
genericamente il fatto che nell'epoca contemporanea ci si trova spesso a
rapportarsi con le altre culture, sia a livello individuale a causa di migrazioni
stabili, sia nazionale nei rapporti tra gli stati. Spesso ci si riferisce anche
all'elevata e crescente mobilita delle persone.
Il mercato si basa sullo scambio di beni e di denaro: il denaro e appunto qualcosa
da dare o ricevere in cambio di qualcos'altro. Il primo tipo di moneta era chiamato
“merce moneta” in quanto il suo valore era determinato dal metallo con cui era
prodotta e che poteva essere utilizzato per scopi pratici (ad esempio, poteva essere
fuso per realizzare dei gioielli). La cartamoneta venne introdotta nel XII secolo in
Cina e si diffuse in Europa due o tre secoli dopo; essa poteva essere accettata solo
se c'era un deposito equivalente di un qualche metallo prezioso (oro o argento) da
poter reclamare sulla base della cartamoneta. Per garantire maggior controllo
relativamente a questo aspetto, il governo degli Stati Uniti nel 1913 creo la
Federal Reserve Bank il cui compito era quello di controllare e gestire l'offerta di
moneta e di regolare la quantità di oro di cui le banche dovevano disporre.
Tuttavia, la Federal Reserve Bank non riusciva ad affrontare i limiti imposti alla
crescita economica poichè il denaro era ancora legato ad una equivalente riserva
in oro. Il governo, dunque varo due decreti: con il primo (1931) vieto ai cittadini di
convertire le banconote in oro (nonostante il valore del denaro fosse ancora legato
al valore dell'oro e gli scambi con i governi stranieri avvenissero ancora attraverso
questo); con il secondo (1971), dichiaro che la moneta circolante non sarebbe
stata più scambiata con l'oro né con nessun altro materiale. Ciò determino il
passaggio dalla merce-moneta alla “fiat money” o “moneta credito”: una
banconota utilizzata come prova di un valore economico ma non piu redimibile.
L'introduzione della moneta credito provoco un aumento dell'offerta di moneta e
la possibilità, da parte delle banche, di prestare sempre piu denaro. Ebbe cosi
inizio il periodo della moneta “debito” o moneta “credito”: la prima e quella che si
crea quando si paga attraverso una carta di credito (ovvero quando si mette in
circolazione del denaro che deve essere ancora guadagnato per essere restituito);
la seconda corrisponde all'impegno da parte di chi prende in prestito del denaro
di restituirlo (essa rappresenta la maggior parte dell'offerta di moneta). Quando
un'economia permette alle persone o alle istituzioni di guadagnare denaro con
altro denaro (per mezzo di prestiti con interessi, ad esempio), la crescita
economica diventa incessante.
Se il benessere individuale si basa sul denaro, quello nazionale si basa invece sul
PIL o Prodotto Interno Lordo, che corrisponde alla totalità dei beni e servizi
venduti e acquistati ogni anno e destinati ad usi finali. Le economie, per godere di
buona salute, devono crescere del 3% all'anno, e un'economia che ha un tasso di
crescita minore del 3% per almeno 2 trimestri consecutivi precipita nella
recessione (in particolare, quando la variazione del PIL rispetto all'anno
precedente e inferiore all'1%, si parla di crisi economica). Affinché il denaro
favorisca la crescita, devono esserci sempre piu beni da acquistare; se il denaro
aumenta piu velocemente delle merci, bisogna pagare di piu per gli acquisti:
parliamo di inflazione quando si ha una diminuzione del potere di acquisto del
denaro. L'inflazione rappresenta un fenomeno positivo per i debitori in quanto il

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denaro con cui si ripaga un debito ha meno valore rispetto al denaro che era stato
preso in prestito.

Da dove ha origine la ricchezza necessaria a sostenere la crescita?


Per produrre beni e servizi acquistabili con il denaro, bisogna disporre di miniere,
foreste, fabbriche, istituzioni finanziarie, punti vendita, ecc.; il processo di
produzione e relativamente semplice e consiste nel convertire delle risorse non
monetarie direttamente o indirettamente in denaro, trovando dei modi per
mettere sul mercato certi beni o servizi: tale processo prende il nome di
conversione dei capitali. Applicando una serie di regole,
valori e leggi, la moderna economia promuove la conversione di oggetti e attivita,
che non possiedono un valore monetario intrinseco ma a cui corrisponde un
valore economico, in beni e attivita che possono essere venduti e acquistati solo
sul mercato. Questo avviene con il capitale naturale (foreste, acqua, minerali,
animali), con il capitale politico (accesso all'informazione, partecipazione alla vita
politica, libertà di espressione, attraverso le multinazionali e le aziende), e persino
con il capitale sociale (reciprocità, solidarietà, reti sociali, funzioni della comunità
e della famiglia come educazione, cura dei bambini e divertimento). Secondo
Robert Putnam, il capitale sociale si e costantemente deteriorato nel corso delle
due ultime generazioni, e ciò e dovuto ai seguenti fattori:
1. La graduale sostituzione degli individui appartenenti ad una “generazione
civilmente impegnata” con i loro figli e nipoti meno impegnati;
2. Diffusione dell'intrattenimento elettronico (televisione);
3. Limiti imposti dal bisogno di tempo e denaro nelle famiglie in cui lavorano
entrambi i partner;
4. Espansione delle citta che ha causato la creazione di comunità prive di un
centro.
Tali fattori, non casualmente, sono gli stessi che contribuiscono alla crescita
economica. La conversione dei capitali e indispensabile per la conservazione del
nostro sistema economico, tuttavia, piu un Paese diventa ricco, piu diventa
difficile sostenerne la crescita. Bisogna dunque capire quale tipo di sistema sia il
piu adeguato.

Quale tipo di sistema economico e necessario per sostenere la crescita?


I governi hanno sempre sostenuto la crescita economica, tuttavia, durante il XIII
secolo, alcuni economisti sostennero che bisognava ridurre l'intervento dello stato
nell'economia, fiduciosi del fatto che, se la richiesta di beni e servizi fosse stata
soddisfatta, si sarebbe creato spontaneamente un equilibrio tra domanda e
offerta.
Tra i sostenitori di questa ipotesi e d'obbligo citare Adam Smith, il quale
introdusse la metafora della “mano invisibile” per riferirsi al fatto che il sistema
economico non richiede interventi esterni per regolarsi, ma ogni individuo,
perseguendo i propri interessi personali, contribuisce al raggiungimento
dell'interesse dell'intera collettività e al suo benessere. Contraddice questa tesi
l'opinione di Polanyi, il quale riteneva che se si lasciasse il mercato libero di
operare, esso distruggerebbe l'ambiente e ridurrebbe le liberta; tuttavia, e anche
vero che regolando il mercato con delle leggi che controllano l'inquinamento, le
condizioni di lavoro e l'uso dei terreni, si determina la distruzione del mercato
stesso: ciò dà vita ad una contraddizione apparentemente irrisolvibile. I governi
hanno sempre optato per un compromesso tra l'imposizione di regole e il non-
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intervento, anche se vi sono state economie prettamente stataliste come quelle dei
Paesi socialisti ed economie capitaliste in cui l'intervento dello Stato era
notevolmente limitato.
Di fronte alla situazione americana del XIX secolo, quando il governo non
effettuava alcun tipo di controllo ne imponeva delle norme, e dunque tutto poteva
essere venduto e i profitti non erano soggetti a imposte, l'economista inglese John
Maynard Keynes propose una politica in cui il governo regolasse l'economia per
mezzo di spese, imposte, tassi di interesse, e così via. Il coinvolgimento del
governo, l'aiuto ai sindacati e l'imposizione di tasse provocarono una rapida
crescita economica negli Stati Uniti e in Canada durante gli anni Sessanta.
Tuttavia, nel decennio successivo, la crescita rallento e gli economisti iniziarono
ad abbandonare il pensiero di Keynes a favore di una politica economica meno
interventista: si affermo cosi il neoliberismo.
Economisti, storici e filosofi che si rifecero a questa corrente di pensiero si
definivano “liberali” poichè si richiamavano agli ideali di libertà, mentre il prefisso
“neo” fa riferimento ai principi delle teorie economiche neoclassiche, che
promuovevano ideali contrari all'ideologia keynesiana e dunque all'intervento
dello stato nell'economia. Il benessere, secondo i neoliberisti, si può raggiungere
se si permette ad ogni imprenditore di operare in un contesto caratterizzato da
diritto individuale alla proprietà privata, libero mercato e libero scambio. Lo stato
si doveva dunque limitare a controllare il valore del denaro e a finanziare le
strutture militari, le forze di polizia e quelle giuridiche; se si fosse reso necessario,
il governo avrebbe dovuto fare in modo di inserire nel mercato settori quali
scuola, acqua, terra, sanita, sicurezza sociale. I neoliberisti erano infatti
favorevoli alla privatizzazione delle attivita pubbliche e all'abolizione di ogni tipo
di restrizione su affari e finanza. Le politiche economiche neoliberiste vedono la
loro prima applicazione negli anni Settanta, a New York: in questo periodo,
infatti, si assisteva ad una “stagnazione economica”; le conseguenze furono
notevoli anche nei Paesi del Terzo mondo che, incoraggiati dalle banche, si erano
gravemente indebitati e non potevano piu restituire il denaro. Per rinegoziare i
prestiti, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale imposero a questi
paesi politiche economiche neoliberiste che prevedevano la privatizzazione di
imprese statali e la diminuzione del valore del denaro; tali cambiamenti
rendevano convenienti le esportazioni per i paesi stranieri acquirenti, ma
scoraggiavano le importazioni per questi paesi poveri, e anche le merci interne
divennero piu care per i cittadini: ciò determino la riduzione dei finanziamenti
statali per l'istruzione, i servizi sociali e l'assistenza sanitaria, e alcuni servizi
divennero a pagamento. La restituzione dei prestiti e dei relativi interessi
determino cosi quello che George Stiglitz ha definito “il sovvenzionamento dei
Paesi ricchi da parte di quelli poveri”.

Qual e il ruolo dello Stato-Nazione nel sostenere la crescita?


Nonostante la politica economica neoliberista, che alimenta la globalizzazione, si
basi sul non-intervento dei governi, e possibile osservare che lo Stato-Nazione
svolge ancora un ruolo rilevante all'interno dell'economia. Un termine solitamente
35
associato alla globalizzazione e “libero scambio”: esso consiste nella rimozione
delle barriere alla libera circolazione delle merci e dei capitali tra le nazioni. Tali
barriere, in genere, consistevano in dazi (tariffe doganali) o in quote di
importazione che servivano a limitare la quantità di merci importabili da altri
paesi quando questo rappresentava una minaccia per le industrie nazionali.
L'organismo che oggi ha il compito di controllare il libero scambio e
l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO – World Trade Organization).

La WTO e nata nel 1944 durante la conferenza di Bretton Woods e ha il compito


di stipulare accordi tra i diversi Paesi per rimuovere le barriere commerciali o le
leggi sul lavoro o sull'ambiente quando questi rappresentano “ingiuste restrizioni
per il libero scambio”. I neoliberisti, infatti, sostengono che il governo non deve
intervenire per limitare i danni all'ambiente ma l'ambiente piu pulito dovrebbe
essere considerato come una merce da acquistare; dunque, quando si deve
scegliere tra la crescita economica e un ambiente pulito, il WTO dà la priorità alla
prima. Tuttavia, in un governo democratico, può succedere che i cittadini
chiedano di approvare leggi sull'ambiente, di varare norme su salari minimi piu
alti e per la sicurezza dei lavoratori, di riservare maggiori fondi alla scuola: tutto
questo, per i neoliberisti, e economicamente svantaggioso. Tra l'altro negli anni
70 furono varate due normative: la Clean Air Act e la Federal Water Pollution
Control Act, che furono pero contestate dai grandi gruppi economici. Cosi i
governi non sanno come conciliare le richieste dei cittadini alle pressioni derivanti
dalla crescita economica; per affrontare questo problema, essi hanno fatto ricorso
a tre tipi di strategie: la prima consiste nel fare promesse su temi relativi alla
società, alla politica e all'ambiente, ponendo l'accento su democrazia, libertà,
giustizia sociale ed ecosostenibilità, senza poi mantenerle e senza impegnarsi
realmente in questi ambiti; la seconda consiste nell'attribuire il potere normativo
a istituzioni non elettive, come il WTO, cosi da autoassolversi per la mancata
responsività alle richieste; la terza consiste nel far sì che la società e i mezzi di
comunicazione di massa diffondano notizie rassicuranti che plachino i timori
delle persone. Lo stato può ottenere consensi anche attraverso l'utilizzo della
forza.
Esso viene praticato per proteggere l'accesso economico a risorse importanti, per
accedere ai mercati di altri Paesi e per sopprimere le proteste contro quelle
politiche che potrebbero dimostrarsi svantaggiose per alcune persone.

Perche l’economia collassa?


E' possibile ridefinire cosa sia buono e desiderabile? In ultima analisi, il
neoliberismo può essere visto come una forma estrema di capitalismo in cui
l'intera società e trasformata in un mercato fondato soltanto su acquisto e vendita
dunque, su una inestinguibile crescita economica, la quale determina la perdita
di
capitale naturale, politico e sociale. Inoltre, il benessere che ne deriva e limitato
ad alcune categorie di persone mentre crea conseguenze negative su altre fasce
della popolazione.
Trasformando sempre piu cose in beni disponibili solo sul mercato, il
neoliberismo ha fatto sì che gli individui acquistassero maggiore importanza
rispetto ai gruppi; la solidarietà sociale infatti viene sostituita dall'individualismo,
dalla proprietà privata e dalla responsabilità personale. Alcune associazioni
solidali, come ad esempio i gruppi religiosi tradizionali e ortodossi, si sono
36
opposte al neoliberismo; il pensiero religioso ortodosso, infatti, si oppone al
mercato del lavoro, fornisce assistenza ai poveri e diminuisce la dipendenza dal
lavoro salariale, condanna i prestiti con interessi e promuove la collettivizzazione
dei terreni. Per queste ragioni, il governo degli Stati Uniti ha cercato di indebolire
i movimenti religiosi globali. Le politiche neoliberiste influiscono anche sulle
istituzioni e sull'organizzazione della società; per favorire la crescita economica
costante, bisogna trasformare le persone in macchine da consumo, che
aumentano i propri consumi costantemente; per consumare di piu bisogna
guadagnare di piu, e per guadagnare di piu occorre lavorare di piu; di
conseguenza, le imprese devono aumentare le produzioni e gli investitori devono
escogitare nuovi sistemi per incrementare i guadagni: questo non e altro che un
ciclo che deve ripetersi infinitamente.
Il neoliberismo ha influenzato anche il sistema educativo americano:
tutti i corsi universitari prevedono degli insegnamenti relativi alla formazione
manageriale; aumentano le “business schools” che aprono delle sedi in
collaborazione con università straniere, e sempre piu studenti scelgono di
studiare in un Paese straniero. Il problema sorge allorquando i cambiamenti
apportati al curriculum contribuiscono ad enfatizzare la formazione individuale
rispetto ad un sentimento di cittadinanza globale e di impegno morale. Inoltre,
scuole e università impiegano sempre piu personale precario che viene retribuito
in misura minore rispetto ai dipendenti. Scuole medie ed elementari sono colmi di
annunci pubblicitari che hanno il solo scopo di creare desideri nei bambini cosi
da trasformarli in strumenti per la crescita economica.
Di fronte a questi dati, non mancano preoccupazione e voglia di cambiamento. Il
Redefining Progress, un istituto di ricerca impegnato nella promozione di politiche
pubbliche sostenibili, propone di valutare lo stato della società utilizzando
l'Indicatore di Progresso Reale (GPI – Genuine Progress Indicator) attraverso il
quale si misura la qualità della vita tenendo conto di spese positive, che vengono
sommate (che aumentano il benessere, come quelle relative all'educazione dei
figli, al valore del lavoro domestico, al volontariato, ecc) e di quelle negative, che
vengono sottratte (relative all'inquinamento dell'ambiente, alla criminalità, alla
separazione delle coppie, alla diminuzione del tempo libero, ecc). Sottraendo
quegli elementi che peggiorano la qualità della vita, anziché sommarli (come
avviene per il calcolo del PIL), ci rendiamo conto che il PIL (e quindi la crescita
economica) e aumentato negli ultimi decenni, mentre il GPI (e quindi la qualità
della vita) ha subito una flessione. Affrontare i problemi posti dalla crescita
significa ridurla, con gravi conseguenze immediate; poichè e il debito a
rendere necessaria la crescita continua, si dovrebbe iniziare cancellando i debiti,
ma una decisione del genere non verrebbe mai accettata dai creditori.

Case study n.7: antropologia e politiche pubbliche


Spesso, le attivita del mercato hanno degli effetti che non sono previsti e presi in
considerazione dalla politica economica. Uno dei piu importanti contributi forniti
dall'antropologia nell'ambito della politica consiste nel rendere le persone
consapevoli delle esternalità del mercato, per fare in modo che le decisioni
politiche vengano prese considerando tutte le possibili conseguenze.
Ricordiamo brevemente che le esternalità e l'effetto di una transazione tra due
parti che ricade su una terza, la quale non ha avuto alcun ruolo decisionale nella
transazione stessa. L'antropologia cerca di evidenziare il bisogno di analizzare la

37
società e le istituzioni, tenendo conto dell'economia, della politica, dell'agricoltura
e dell'ecologia; sottolinea l'importanza della comprensione dei bisogni e delle
aspirazioni delle comunità, e solleva la necessita di esaminare le iniziative di
politica pubblica sotto diversi punti di vista tenendo conto anche delle visioni
altrui.
L'antropologia mira, inoltre, a favorire la consapevolezza che le decisioni politiche
si basano su processi culturali, oltre che politici e sociali; esse celano sempre
un'ideologia, si basano su presupposti impliciti sul funzionamento della società,
sui desideri delle persone e sulle conseguenze delle decisioni politiche che
possono essere o non essere accettate. In sintesi, gli antropologi forniscono uno
sguardo critico sulle decisioni politiche e permettono di mediare tra i responsabili
di tali decisioni con visioni opposte relative ai modi preferibili di risolvere i
problemi, le quali non si inseriscono necessariamente in una matrice politica.
Capita spesso che la politica venga usata per far sì che obiettivi soggettivi,
ideologici e irrazionali appaiano razionali e oggettivi; l'antropologia si pone in
difesa dei cittadini i cui diritti vengono ignorati o calpestati da governi, organismi
o policy maker non governativi.
Negli Stati Uniti, durante gli ultimi anni, e cresciuto il numero di allevamenti di
maiali di grandi dimensioni, detti “hog hotels” ovvero “hotel per maiali”. Essi sono
formati da strutture di metallo, lunghe e basse, poste su fondamenta di cemento,
dotate di ventilatori ai lati e alle estremità: queste strutture ospitano appunto gli
allevamenti di maiali e consentono di controllare tutte le fasi del processo
produttivo.
Sono presenti poi dei silos per il mangime e delle grandi cisterne aperte, chiamate
“lagune”, in cui viene spostato il letame attraverso piattaforme di cemento. I
maiali vengono trasportati per mezzo di camion e non vedono mai la luce del sole.
Queste strutture testimoniano l'affermarsi degli stabilimenti di proprietà di grandi
società, a scapito delle piccole aziende agricole a gestione familiare. L'obiettivo di
questi stabilimenti consiste nel produrre minimizzando i costi e massimizzando i
profitti; in realtà, l'agricoltura industrializzata rappresenta, a causa dello spreco
energetico, una delle forme di produzione di cibo piu inefficienti; essa inoltre non
tiene conto dei problemi locali, ha effetti negativi sull'ambiente e riduce
l'occupazione.
Per questo gli antropologi si sono opposti alle politiche agricole basate
sull'industrializzazione in quanto sono svantaggiose per le aziende familiari e le
comunità e hanno un pesante impatto sulla salute e sull'ambiente. L'antropologo
Walter Goldschmidt, lavorando per il Bureau of Agricoltural Economics, ebbe
modo di studiare le conseguenze della politica agricola statunitense; in
particolare, confrontando due comunità agricole della California, ebbe modo di
notare che quella costituita prevalentemente da piccole aziende familiari vantava
una produzione piu elevata per unità di terra, redditi familiari piu alti, maggiore
coesione sociale, prosperità degli affari, della vita associativa e degli edifici
religiosi; la comunità costituita prevalentemente da aziende di proprietà di grandi
gruppi, invece, era caratterizzata da un'attivita agricola industriale ad elevato
consumo energetico, il lavoro era saltuario e scarso, la vita sociale marginale e il
tasso di criminalità elevato. I dati raccolti da Goldschmidt vennero poi confermati
da altri ricercatori, in particolare da Kendall Thu e Paul Durrenberger, i quali
hanno sottolineato che gli allevamenti di maiali di grandi dimensioni non sono
economicamente piu redditizi di quelli piccoli, riducono la forza lavoro, creano
problemi ambientali e danneggiano anche il tessuto sociale della comunità.
38
Nel 1983, il Dipartimento del Commercio del Michigan finanzio uno studio di
fattibilità per costruire a Parma un allevamento di maiali di 10 unita con 500
scrofe.
Tale studio prevedeva, grazie a questi stabilimenti, una crescita della produzione
dell'8% e del profitto del 24-27%. Pur analizzando in modo dettagliato i vantaggi
economici, tale studio ignoro le conseguenze su società, ambiente e salute; e chi
realizzo il progetto non si preoccupo di avvisare i cittadini i quali ne vennero a
conoscenza quando le opere di costruzione erano gia iniziate. Come possiamo
immaginare, gli effetti furono devastanti: gli abitanti del luogo lamentavano la
presenza di un “fetore orribile” (che si poteva avvertire anche alla distanza di 8
km) che causava nausea, mal di testa, disturbi alla respirazione, bruciore a occhi,
naso e gola, problemi di insonnia; per la strada giacevano per giorni maiali morti
ammassati, l'inquinamento dell'aria provocava quello delle acque e così anche i
pesci sparivano dal torrente. Alle proteste, si rispose dicendo che non era stato
riscontrato nessun tipo di inquinamento e nessuna violazione dei regolamenti
edilizi o del piano regolatore, e che dunque quanto stava avvenendo era del tutto
legittimo. Tuttavia, non appena gli abitanti di Parma seppero che il complesso
sarebbe stato ingrandito, decisero di opporsi: consultarono leggi e regolamenti
statali, assunsero un rappresentante legale e fecero in modo che l'azienda si
dotasse di impianti per limitare l'inquinamento, riuscendo anche a far imporre
dei
limiti a ogni nuova porcilaia. Cosi, nel 1992 la società dichiaro la bancarotta e fu
costretta a chiudere l'allevamento per far fronte alle spese giudiziarie. Secondo
DeLind, bisogna chiedersi se gli effetti positivi previsti dallo studio di fattibilità
fossero realmente raggiungibili. Ad esempio, era stato promesso che la società
avrebbe acquistato, per nutrire i maiali, il mais locale, cosi da risolvere i problemi
relativi alla sovrapproduzione di mais; in realtà, DeLind scopri che gli allevamenti
locali acquistavano una quantità maggiore di mais dei grandi allevatori i quali
invece compravano il cibo da fornitori non locali.
Un'altra promessa non mantenuta e quella relativa all'assunzione di forza
lavoro locale: la società impiego i propri operai per la costruzione e
successivamente solo 12 persone vennero impiegate nell'allevamento, e le cariche
piu importanti erano state assegnate a persone non appartenenti alla comunità.
Le persone proprietarie di attivita economiche collocate nei pressi degli
allevamenti furono costrette a lasciare la zona a causa dell'odore e dei danni
all'ambiente. I vantaggi economici furono nulli per la comunità: gli investitori non
erano della zona e il valore immobiliare dell'area calo notevolmente perche
nessuno voleva piu acquistare delle proprietà a causa degli allevamenti.
Nonostante la produzione su larga scala non sia economicamente vantaggiosa
rispetto agli allevamenti a gestione familiare, i grandi produttori invadono il
mercato con prodotti piu economici, danneggiando i piccoli produttori i quali
spendono per l'allevamento più di quanto guadagnano vendendo i loro prodotti.
DeLind rilevo che, dopo l'accaduto, gli abitanti di Parma non riuscivano piu a
fidarsi delle decisioni prese democraticamente; i rappresentanti del governo
avevano assicurato che non ci sarebbero stati odori sgradevoli, eppure di fronte
alle proteste risposero con l'indifferenza; giunsero anche a negare l'evidenza
quando fu fatto loro notare che il torrente era inquinato e il letame aveva causato
un aumento del livello dell'acqua. L'esperienza con gli allevamenti aveva portato
gli abitanti di Parma a convincersi che le autorita fossero disinteressate ai loro
interessi e privilegiassero il potere e il profitto. Il tessuto sociale si era sfaldato e
39
ci furono reazioni contro i dipendenti dell'azienda che perseguitavano gli abitanti
e li
tormentavano anche con telefonate notturne.
Dopo l'aggressione ad una guardia notturna locale, gli abitanti di Parma
costituirono un gruppo di vigilantes con il compito di pattugliare la comunità alla
ricerca di intrusi, armati di pistole e mazze da baseball.
L'attuale economia agricola e caratterizzata dagli allevamenti di maiali di grandi
dimensioni gestiti da grandi aziende, e questi continueranno a diffondersi
malgrado la crescente opposizione e malgrado la dimostrazione che le aziende
agricole di piccole dimensioni a gestione familiare siano in realtà piu redditizie e
favoriscano il benessere economico e sociale delle comunità agricole. Gli
antropologi cosi si schierano al fianco di chi lotta contro chi prende le decisioni
relative alle politiche agricole.

Capitolo 9
La storia degli orientamenti teorici: una sintesi
Le premesse storiche
Le discipline antropologiche affondano le proprie radici nei nuovi modi con cui il
pensiero moderno, e l’ Illuminismo in particolare, impostano il problema della
natura e della storia del genere umano. Si valorizzano i risultati dell’
osservazione, descrizione e comparazione “obiettive” dei costumi di quelle
popolazioni scoperte grazie ai viaggi transoceanici.
Per tutto il Medioevo e per i primi secoli dell’ Età Moderna, invece, costumi e
credenze erano valutati in rapporto alla religione cristiana, per cui si aveva un’
opposizione tra ciò che era “cristiano”, e quindi “razionale” e “civile”, e ciò che era
“pagano”, e quindi “barbaro” e “superstizioso”.
Ma tra Umanesimo e Rinascimento, si verificano una nuova attenzione per lo
studio dei testi classici, il miglioramento delle cognizioni tecniche necessarie per
affrontare i viaggi transoceanici e la conseguente produzione di un numero
sempre crescente di resoconti di viaggio, la riflessione filosofica valorizza l’
indagine empirica e la ragione umana si allontana sempre piu dai dogmi della
fede.
La scoperta dell’ America consente di affrontare in modo nuovo la questione della
diversità dei costumi e dei sistemi di valori. Le Sacre Scritture, cui ancora ricorre
Cristoforo Colombo nei suoi diari di viaggio, costituiscono adesso un punto di
riferimento incerto e lacunoso. Nei secoli XVI-XVII, teologi e giuristi si
confrontano sulla legittimità della conquista europea del continente americano e
sulla possibilità di legittimare la riduzione in schiavitù delle popolazioni scoperte.
Michel de Montaigne, nel suo saggio Del Costume, manifesta comprensione nei
confronti dell’ alterità, un atteggiamento non comune tra i suoi contemporanei.
Nella sua opera si riscontrano nozioni e questioni centrali nei dibattiti che stanno
all’origine delle discipline antropologiche. Innanzitutto, l’ uso dei termini
“barbaro” e “selvaggio” per qualificare credenze e comportamenti di popolazioni
“altre” da “noi” per la diversità di alcuni tratti fisici, dei costumi, delle istituzioni
sociali, dei modi di pensare, ossia di tutti quegli aspetti che andranno a costituire
il contenuto della nozione antropologica di cultura.
Montaigne sostiene che nel designare qualcosa o qualcuno come “barbaro” non si
esprime un giudizio oggettivo di inferiorità rispetto ad un modello di perfezione
della natura umana, bensì una valutazione dipendente dal punto di vista di chi la
40
esprime.
Appartenere ad un gruppo determinato influisce, quindi, sulla formulazioni
di giudizi su credenze e modi di vivere di gruppi umani che sentiamo “altri” da
“noi” e porta a riconoscere come pienamente “umani” e “morali” solo se stessi. Nel
1906 William Sumner, nella sua opera Folkways, definirà questo atteggiamento
etnocentrismo: “la concezione per la quale il proprio gruppo e considerato il
centro di ogni cosa, e tutti gli altri sono valutati in rapporto ad esso. Ogni gruppo
ritiene che i propri Folkways siano gli unici giusti e, se osserva che altri gruppi
hanno Folkways diversi, li considera con disprezzo”.
Il giudizio di barbarie esprime una valutazione relativa e non assoluta e dice
qualcosa su chi lo emette, piu che su coloro ai quali e riferito.
Un altro contributo rilevante allo sviluppo delle discipline antropologiche e stato
fornito dalle teorie contrattualiste del legame sociale, come quella di Thomas
Hobbes nel Leviatano e quella di Jean Jacques Rousseau nel Contratto Sociale. L’
idea comune a queste teorie e che la vita degli uomini in società e il frutto di un
contratto stipulato sulla base dell’ accettazione di regole stabilite per via di
convenzione. I padri fondatori della disciplina saranno i primi a riflettere a partire
da questi temi allo scopo di individuare le forme primitive delle credenze religiose
e delle istituzioni sociali e ricostruirne l’ evoluzione storica.
Dalla critica delle teorie razziali della diversità umana, che si sviluppano nei
secoli XVIII e XIX, l’ antropologia culturale moderna trarrà parte importante della
sua legittimità di disciplina scientifica che descrive e spiega i rapporti tra unita e
diversità della specie umana.
Anche le teorie del progresso della civilizzazione sono alla base dello sviluppo
delle discipline antropologiche. Si tratta dell’ idea che la storia umana può essere
vista come un progresso regolato da leggi di sviluppo, analoghe a quelle che
presiedono lo sviluppo di un organismo biologico, valide per tutti i gruppi umani.
Due formulazioni particolarmente importanti della teoria degli stadi di sviluppo
della società e della razionalità umane sono quella del francese Auguste Comte,
che formulo la legge dei tre stadi, e quella dell’ inglese Herbert Spencer, che
sostenne la tesi che la realtà era regolata da un’ unica legge fondamentale di
evoluzione da stadi piu semplici a stadi piu complessi. In questa prospettiva
teorica, le società dell’ Europa continentale dei secoli XVIII e XIX costituivano lo
stadio di sviluppo piu avanzato dell’ umanità, mentre le popolazioni extraeuropee
erano considerate inferiori e primitive.
Ma un altro principio cardine delle teorie illuministe era quello dell’ unita psichica
del genere umano, l’ idea che tutti gli uomini conoscevano la realtà applicando gli
stessi principi di ragionamento. La differenza degli stadi di sviluppo delle varie
popolazioni era allora spiegata con la nozione di “razza”, per cui le varie razze
umane hanno abilita psichiche diverse.
Anche i padri fondatori delle discipline antropologiche Edward Burned Tylor e
Henry L. Morgan ricorreranno a spiegazioni di tipo razziale nell’ambito delle loro
teorie delle leggi di sviluppo delle forme di razionalità e della società.

I padri fondatori della disciplina


L’ orientamento teorico dei padri fondatori dell’ antropologia prende il nome di
41
evoluzionismo unilineare. Secondo questo filone, l’ evoluzione delle società
sarebbe avvenuta per tappe di sviluppo uguali per tutte, dallo stadio primitivo a
quello barbaro per giungere, infine, ai popoli civilizzati. Questa scuola ha
esponenti sia in Inghilterra sia in America: tra i primi Edward Burned Tylor,
Maine e James Frazer, tra I secondi Lewis Henry Morgan.
La visione dei padri fondatori restava in gran parte congetturale e spesso sfociava
in grandi generalizzazioni. Inoltre, la teoria darwiniana dell’ evoluzione per
selezione naturale mostrava che i principi con cui in natura era avvenuta l’
evoluzione delle specie viventi erano ben diversi da quelli postulati dai padri
fondatori. Questi ultimi, infatti, vedevano la storia naturale come una sequenza
deterministica di stadi di sviluppo e non come un processo complesso,
imprevedibile e casuale.
Notevole importanza per lo sviluppo delle discipline antropologiche riveste la
nozione di cultura di Tylor, il quale in Primitive Culture (1871) scrive: “Cultura o
civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, e quell’ insieme complesso che
include la conoscenza, le credenze, l’ arte, la morale, il diritto, il costume e
qualsiasi altra capacita o abitudine acquisita dall’ uomo in quanto membro di
una società”.
Tylor e fautore di un uso esteso del metodo comparativo e trovo che in società che
avevano raggiunto uno stadio di sviluppo piu avanzato potevano permanere
elementi culturali che erano sopravvivenze del suo passato, ossia tracce che
avrebbero dovuto dimostrare una società avanzata era passata per condizioni di
vita simili a quelle in cui si trovavano le popolazioni “selvagge” o “barbare”.
Tylor s’ interroga anche su quale potesse essere stata la prima forma di religione
nella società primitive e giunge alla conclusione che deve trattarsi dell’ animismo,
elemento comune a tutte le religioni.
All’origine di ogni religione vi sarebbe infatti la credenza che esiste un principio
immateriale, l’ anima, che in certe situazioni, si separa dal corpo. L’ idea di anima
sarebbe nata per spiegare la morte e situazioni come quelle sperimentate nei
sogni.
L’ approccio di Tylor alla spiegazione delle manifestazioni culturali e stato
chiamato intellettualismo: Tylor tendeva a spiegare tutti gli elementi che
contribuiscono alla formazione della cultura in termini di processi consci,
razionali. Sul versante americano dell’ evoluzionismo unilineare si colloca Lewis
Henry Morgan, al quale si deve un’ indagine comparativa delle terminologie di
parentela.
Una delle ultime espressioni dell’ evoluzionismo unilineare e quella di James
Frazer che, nella sua opera Il ramo d’ oro, spiega come il pensiero umano si sia
evoluto da una forma di pensiero magico ad un pensiero religioso, quindi ad una
forma di pensiero scientifico. Secondo Frazer, i primitivi ritenevano di poter
controllare l’ ordine delle cose attraverso il pensiero magico. Con i giusti riti certi
uomini dotati di certi poteri potevano controllare queste forze. Ma ad un certo
punto l’ individuo capisce che la realtà non e controllabile e decide di affidarsi a
potenze superiori.
Nasce così il pensiero religioso e gli individui pregano queste entità superiori
perche interagiscano benevolmente nelle loro vite. Quando gli essere umani si
rendono conto che le leggi della natura sono conoscibili e sperimentabili nasce il
pensiero scientifico, che si distingue dalla magia, “sorella bastarda della scienza”,
per l’ uso del metodo sperimentale.

42
Il limite principale degli evoluzionisti e stato sicuramente quello di considerare
uno dei modi possibili di sviluppo come l’ unico modello possibile.

Il diffusionismo e il particolarismo storico di Franz Boas


In Germania tra XIX e XX secolo fiorisce un orientamento noto come
diffusionismo, il cui primo esponente importante e Friedrich Ratzel. Quest’ ultimo
di preoccupa di ricostruire i processi storici di diffusione degli elementi culturali
da un’ area all’ altra, in seguito a migrazioni di gruppi o a prestiti tra gruppi
vicini. Si tratta di un fenomeno differente dall’ invenzione indipendente.
Altro studioso di rilievo per l’ antropologia contemporanea e il tedesco Franz Boas
che propone un approccio allo studio dei fenomeni culturali chiamato
particolarismo storico.
Franz Boas effettuo lunghe ricerche sul campo partecipando direttamente alla
vita delle popolazioni che studiava, instaurando rapporti di estesa collaborazione
con alcuni individui al fine di raccogliere informazioni etnografiche. Produce una
documentazione etnografica imponente che include la trascrizione estesa e
integrale di numerose narrazioni e testi verbali indigeni.
Celebre e rimasta la sua descrizione del potlatch per l’utilizzo che ne fecero
Marcel Mauss nel suo Saggio sul dono e Ruth Benedict in Modelli di cultura. Il
potlatch consiste nella preliminare accumulazione di beni da parte di un
capovillaggio degli indiani delle praterie che, per un certo periodo di tempo,
raccoglie cibo, pellicce, specchietti, perline e altre cose ritenute di valore, sia in
termini di sussistenza sia in termini simbolici, per poi indire un potlatch, in
concomitanza di eventi socialmente rilevanti, in cui distribuirà gli oggetti
accumulati ai capivillaggi intervenuti.
I beni in eccedenza vengono distrutti. Dopo un certo lasso di tempo viene indetto
un altro potlatch da parte di un altro capovillaggio che dovra accumulare e
distruggere piu beni del precedente, e così via. Sono in gioco il prestigio e lo
status del capovillaggio. Si tratta, inoltre, della messa in forma in una modalità
drammatizzata della violenza.
Franz Boas non elaboro una teoria sistematica dei processi culturali, ma analizzo
con rigore molti problemi e casi concreti mostrando cosi il carattere preconcetto
ed empiricamente infondato delle ricostruzioni storiche degli evoluzionisti, le cui
ricostruzioni restavano, in moltissimi casi, semplici congetture smentite dai
risultati di un’ indagine storica concreta. Boas consiglia allora di utilizzare il
metodo storico.
Il suo apporto teorico e in pratica consistito nel portare ad escludere le
spiegazioni di credenze e pratiche basate, oltre che sul concetto di sviluppo
evolutivo, sui fattori di razza e ambiente naturale.
Secondo alcuni critici, alla fine della sua carriera, Boas assunse una posizione di
scetticismo epistemologico secondo la quale gli antropologi avrebbero dovuto
limitarsi a descrivere e documentare i costumi e i modi di vita dei gruppi umani
senza spiegarli alla luce di leggi. Il fine delle ricerche doveva essere quello di
fornire delle descrizioni etnografiche.

I continuatori di Franz Boas e la scuola di “ cultura e personalità”


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Due dei piu importanti allievi di Boas furono Lowie ed Alfred Kroeber. Lowie
sostenne che la cultura era l’ oggetto di studio specifico dell’ etnologia come
disciplina distinta dalla psicologia. In Primitive Society (1920) paragono la cultura
ad una “cosa formata di stracci e frammenti” dalle caratteristiche e provenienza le
piu diverse. Nel saggio The Superorganic (1917), Kroeber sostenne la tesi che la
cultura e l’ oggetto di studio specifico dell’ antropologia e rimanda a fenomeni
collocati ad un livello super organico.
In questo saggio, Kroeber si domanda cosa differenzia i mammiferi che vivono
nell’ artico dagli esseri umani che vivono alla medesima latitudine? Lo studioso
scrive che il cucciolo di orso nasce naturalmente dotato di zanne, artigli e
pelliccia (adattamento organico), il cucciolo di uomo invece deve trarre queste
cose dall’ ambiente circostante (adattamento super organico). Il cucciolo di uomo
e, dunque, naturalmente privo di caratteristiche che gli consentono di
sopravvivere, ma trae gli strumenti culturali necessari dal contesto.
Quella di Kroeber e una visione stratigrafica in cui la cultura e vista come un
abito che s’ indossa, che afferisce quindi ad una dimensione super organica.
Un altro concetto elaborato dalla generazione di antropologi statunitensi
successiva a Boas e quello di acculturazione, definita come l’ insieme di fenomeni
che si verificano quando gruppi di persone di culture diverse entrano in contatto
diretto e continuo con modificazioni conseguenti nei modelli culturali di uno o di
entrambi i gruppi.
La scuola culturalista di “Cultura e personalità” si occupa della relazione tra
individuo, soggettività e la dimensione in cui si trova e si interroga sul modo in
cui si forma la personalità. Ruth Benedict volle mostrare che ogni gruppo umano
deriva la propria peculiarità dal fatto che le manifestazioni della sua cultura sono
integrate in base ad un pattern culturale che ne determina lo stile distintivo. La
studiosa confronto la cultura di quattro popolazioni e giunse alla conclusione che
in ognuna di esse i diversi aspetti dei modi di vita erano contrassegnati da un
particolare modello di disposizione psicologica. L’ importanza della sua opera,
Modelli di cultura, risiede nel fatto di aver inaugurato la riflessione sul rapporto
tra sviluppo della personalità individuale e modelli culturali collettivi.
Margaret Mead effettuo ricerche sul campo tra i gruppi di cui scrisse. In Coming
of age in Samoa, la studiosa descrive l’ adolescenza a Samoa, gruppo di isole della
Polinesia, sostenendo che lì non vi fossero quei conflitti che caratterizzavano
invece quell’ età negli Stati Uniti. La Mead riteneva che i differenti modelli
educativi fossero responsabili di questa differenza e che Samoa poteva costituire
un modello da cui prendere spunto per affrontare i problemi “di casa”.
In Sesso e temperamento in tre società primitive, la Mead comparo le relazioni tra
uomini e donne in tre diverse popolazioni della Nuova Guinea allo scopo di
dimostrare che le indoli femminile e maschile non derivavano semplicemente
dalla natura della differenza sessuale, ma erano un prodotto della cultura
particolare di ogni gruppo.
Secondo Edward Sapir, allievo di Boas, il resoconto etnografico della Mead doveva
essere accolto con cautela, dal momento che la studiosa non conosceva la lingua
locale. L’ antropologo neozelandese Derek Freeman mise fortemente in crisi il
quadro dipinto dalla Mead ritenendo che a Samoa l’ adolescenza e la sessualità
prematrimoniale erano causa di accesi conflitti.
Altri due esponenti di spicco della scuola di Cultura e personalità furono
Abraham Kardiner, psicanalista di formazione che elaboro il concetto di

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“personalità di base“, e Ralph Linton, il quale elaboro i concetti di analisi dell’
interazione sociale, in particolare quelli di status e ruolo.

Emile Durkheim e la scuola Sociologica Francese


Emile Durkheim si colloca all’origine dell’ antropologia sociale ed e il fondatore
della Sociologia Classica Francese. Altri esponenti di spicco di questa scuola
sono: Lucien Levy- Bruhl, Robert Herzt, Marcel Mauss ed Arnold Van Gennep.

Emile Durkheim spiega i fatti sociali a partire da essi ed in questo risulta debitore
di William Robertson Smith, il quale ravvisa un errore metodologico nell’
evoluzionismo. Lo studioso sostiene che non ha senso interrogarsi sull’ origine
della religione, come aveva fatto Tylor, perche potremmo solo ipotizzarla, non
avremmo prove certe. E’ utile, invece, guardare ai riti concretamente agiti. Il
fenomeno religioso e un fatto sociale che ci impone di guardare nel concreto gli
individui quando si riuniscono nella celebrazione di un rito, invece di ipotizzare.
Nel suo libro Le regole del metodo sociologico (1895), Durkheim scrive che “i fatti
sociali vanno trattati come cose e non possono cambiare per la volontà del
singolo, sono dei modi di agire o pensare che esercitano un’ influenza coercitiva
sulla coscienza individuale”.
Lo studioso francese sostiene che le rappresentazioni collettive, che rientrano nel
novero dei fatti sociali in quanto stati di coscienza collettiva che si impongono alla
coscienza individuale in maniera inconscia ed apparentemente automatica, sono
particolarmente dominanti nelle società semplici.
Queste ultime sono caratterizzate da una solidarietà di tipo meccanico, in virtù
della quale coscienza individuale e coscienza collettiva sono sovrapponibili per cui
quando si verifica una violazione delle norme si mette in crisi l’ intero sistema.
Nelle società piu articolate, invece, si ha una solidarietà di tipo organico per cui
coscienza individuale e coscienza collettiva non sono perfettamente sovrapponibili
e l’ individuo ha un margine di liberta che gli consente di discostarsi dalla norma
senza mettere in crisi l’ intero sistema.
Tutta l’ opera degli esponenti della scuola sociologica francese rappresenta il
passaggio da una problematica evoluzionista ad una funzionalista nello studio dei
fenomeni sociali. Il loro obiettivo e stato quello di comprovare l’ ipotesi secondo la
quale le forme di pensiero e di socialità affermatesi nell’ Europa moderna erano il
risultato dell’ evoluzione di forme piu semplici di cui la sociologia doveva
ricostruire i meccanismi e le tappe. Questi studiosi insistettero sulla natura
sociale dei meccanismi di organizzazione della conoscenza.
Ne “Le forme elementari della vita religiosa (1912)”, Durkheim si occupa delle
origini e della natura della religione. Anche in questo caso era necessario
condurre un’ analisi su fatti, per cui lo studioso prese in considerazione le società
semplici degli aborigeni australiani. Durkheim affermo che le credenze religiose si
fondano su un’ opposizione irriducibile, fondativa della realtà stessa, che
caratterizza tutte le società arcaiche, ossia l’ opposizione tra il sacro ed il profano,
sulla quale si fonda il sistema delle classificazioni duali. E’ sacro tutto ciò che
non e profano e viceversa.
Durkheim non individua contenuti specifici, ma una dimensione speciale a
partire dai riti in cui accade qualcosa di diverso dal solito.
Altro esponente della scuola sociologica francese e Lucien Levy-Bruhl, il quale ne
Le funzioni mentali nelle società inferiori (1912) avanzava la tesi secondo cui la
mentalità dei primitivi sarebbe caratterizzata da principi di associazione dei
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fenomeni diversi da quelli logici di identità e non contraddizione. Lo studioso
sostenne che il pensiero primitivo era prelogico ed istituiva connessioni tra i dati
dell’ esperienza secondo il principio di partecipazione mistica per cui tutto e in
contatto con tutto. Secondo Levy-Bruhl, infatti, il primitivo non distingue tra
realtà sensibile e realtà ultraterrena, ma la realtà tutta si compone di livelli
interconnessi in cui agiscono forze.
Il primitivo non ha sviluppato la dimensione dell’ individualità e non riesce a
distinguere il soggetto dall’ oggetto.
Nei suoi Quaderni, pubblicati postumi (1949), Levy-Bruhl rettifica la sua
posizione affermando che non esiste una mentalità primitiva che si distingua
dalla mentalità moderna razionale per il fatto di essere mistica e prelogica, ma nei
primitivi e piu facile osservare una forma di mentalità mistica presente in ogni
mente umana di tutti i tempi e tutti i luoghi. Comunque, Levy-Bruhl si sforza di
rintracciare uno spazio differenziale dei primitivi con procedure altrettanto valide
quanto quelle dell’ uomo moderno, logiche nei termini del pensiero simbolico.
Anche Robert Herzt rientra nel novero degli antropologi appartenenti alla scuola
sociologica francese. Muore giovane nella prima guerra mondiale, ma lascia due
saggi molto importanti: La preminenza della mano destra e Studio sulla
rappresentazione collettiva della morte.
Nel primo saggio Hertz sottolinea come la mano destra sia preminente sulla mano
sinistra in termini di considerazione sociale. La mano destra e una vera e propria
istituzione sociale che gode di considerazione positiva al pari di tutto ciò che e
riconducibile al lato destro delle cose.
Nel secondo saggio, lo studioso riflette a partire dal fatto che nonostante la morte
sia un fatto naturale, tutti i gruppi umani non si sono limitati ad accettare il fatto
che la vita abbia una fine ma hanno sentito l’ esigenza di marcare quest’ evento.
Hertz s’ interroga sulla rappresentazione collettiva della morte, su cosa significhi
morire.
La morte non si limita a mettere fine ad un’ esistenza biologica, ma ad una
dimensione sociale che va ripristinata. Presso una popolazione del Borneo, Hertz
osserva un rito che corrisponde a quello delle seconde esequie di individui di un
certo rango. Si tratta di un secondo funerale ed e solo alla fine di esso che si pone
realmente fine al periodo di lutto. La morte di coloro i quali nel panorama sociale
hanno una collocazione rilevante crea un vulnus nel corpo sociale , un vuoto che
deve essere colmato. Ma non subito. E’ necessario che la società elabori il lutto ed
arrivi gradualmente alla nuova configurazione della rete di relazioni sociali. La
morte e, dunque, un fatto naturale che viene fatto oggetto di un trattamento
culturale sia per il morto sia per la società. La transizione deve avvenire in certi
tempi, che variano a seconda delle circostanze. E’ una cosa che si vede anche in
certe pratiche rituali, come quelle di iniziazione degli adolescenti all’ età adulta.
In questa cornice Arnold Van Gennep elabora la nozione di riti di passaggio. Lo
studioso individuava uno schema tripartito alla base di molti riti attraverso i
quali si rappresentano passaggi sia di natura sociale (es. riti d’ iniziazione all’ età
adulta) sia cosmologica (es. avvento di un nuovo anno). I riti di passaggio si
presentano articolati in una sequenza di atti ed operazioni, in cui ad una prima
fase di separazione dalla condizione che si abbandona, segue una fase di
margine, alla fine della quale avviene l’ aggregazione alla nuova condizione. Victor
Turner, della Scuola britannica, parla di fase preliminare, fase liminare e fase
post liminare.

46
Il continuatore piu noto e originale dell’ indirizzo durkheimiano e Marcel Mauss,
che si preoccupa di esaminare le ragioni del funzionamento sociale. Il suo lavoro
più influente e Saggio sul dono (1923-24) in cui parla di varie forme di dono, tra
cui il kula dei Trobriandesi descritto da Bronislaw Malinowski ed il potlatch
descritto da Franz Boas.
Lo studioso sostenne che il donare, lungi dall’ essere un atto gratuito e volontario,
risponde al principio della reciprocità per cui all’ atto del donare segue quello di
ricevere e, in seguito, quello di contraccambiare il dono. Il dono e allora un
meccanismo di integrazione sociale a mezzo del quale si stringono alleanze di
varia natura. E’ un esempio di fatto sociale totale, ossia un fenomeno che mette
in moto tutte le istituzioni della società e cementa la coesione globale.
Il kula e uno scambio di collane e braccialetti di conchiglie rosse o bianche che si
muovono le une in senso orario gli altri in senso antiorario nelle isole Trobriand
compiendo un circolo e tornando al punto di partenza. Si tratta di uno scambio di
ordine simbolico dal valore incommensurabile. Una volta entrati nel circolo non si
può uscire, “una volta nel kula, per sempre nel kula” dicono i Trobriandesi.
Parallelamente al kula si svolge il gimwali, un commercio vero e proprio. Questo
sistema di transazioni mette in moto una grande macchina organizzativa. I beni
vengono trasportati con canoe accuratamente scolpite e dipinte, specificamente
deputate al kula. Tutta la comunità concorre alla realizzazione dell’ evento. Il
destinatario non può trattenere gli oggetti oltre un certo tempo per non scatenare
lo hau, una forza impersonale che diventerebbe negativa e si rivolterebbe contro
chi ha trattenuto gli oggetti oltre il tempo previsto.
Quest’ ultima e la spiegazione che gli attori sociali danno, ma Claude Levi Strauss
rimprovera a Mauss di essersi fermato a livello della spiegazione consapevole che
gli stessi attori sociali si danno. Secondo l’ antropologo strutturalista, infatti, lo
hau altro non e che la ragione cosciente sotto al quale gli uomini hanno colto una
necessita la cui ragione sta altrove. Questa ragione, dice Levi-Strauss, e un
principio fondativo dell’ ordine sociale, un principio di reciprocità di ordine
strutturale immediatamente dato. Questo discorso si lega alla questione della
proibizione dell’ incesto, che Levi-Strauss riconduce al sociale portando così a
compimento al massimo grado la riflessione della sociologia classica francese. La
proibizione dell’ incesto riguarda tutti i gruppi umani di tutti i tempi e tutti i
luoghi, per questo motivo potremmo collocarla a livello della natura.
Tuttavia, e una regola per cui afferisce all’ ambito della cultura. La proibizione
dell’incesto ha consentito il passaggio dalla natura alla cultura. Risponde al
principio di reciprocità come principio strutturale immediatamente dato che sta
alla base dello scambio di beni, di donne e di parole, che garantisce alla società di
sopravvivere.
Cosi lo hau costituisce la ragione dello scambio. Il dono sta alla base del sociale.

L’antropologia sociale in Gran Bretagna


A cavallo tra IX e XX secolo in Gran Bretagna si ha un maggiore interesse per gli
approcci diffusionisti. La nuova generazione di etnologi proviene da studi di
scienze naturali e ciò si riflette nella rilevanza che accordano alla ricerca
empirica. Tra gli studiosi piu importanti che effettuarono ricerche sul campo
emerge William Rivers che partecipo ad una missione scientifica che aveva lo
scopo di raccogliere dati etnografici nelle aree costiere degli stretti di Torres. Si fa
strada l’idea che chi compie ricerche sul campo di carattere etnologico debba
avere una formazione specialistica. Rivers parla di lavoro intensivo, che si
47
caratterizza per il fatto che il ricercatore vive per un anno o piu presso la
comunità che studia in maniera dettagliata in tutti i suoi aspetti.
Si tratta di indicazioni simili a quelle fornite da Bronislaw Malinowski in
Argonauti del Pacifico occidentale (1922), frutto di una lunga ricerca sul campo
nelle Trobriand. In Argonauti Malinowski analizza il sistema di scambio kula. (Il
kula e uno scambio di collane e braccialetti di conchiglie rosse o bianche che si
muovono le une in senso orario gli altri in senso antiorario nelle isole Trobriand
compiendo un circolo e tornando al punto di partenza. Si tratta di uno scambio di
ordine simbolico dal valore incommensurabile. Una volta entrati nel circolo non si
può uscire, “una volta nel kula, per sempre nel kula” dicono i Trobriandesi.
Parallelamente al kula si svolge il gimwali, un commercio vero e proprio. Questo
sistema di transazioni mette in moto una grande macchina organizzativa. I beni
vengono trasportati con canoe accuratamente scolpite e dipinte, specificamente
deputate al kula.
Tutta la comunità concorre alla realizzazione dell’ evento. Il destinatario non può
trattenere gli oggetti oltre un certo tempo per non scatenare lo hau, una forza
impersonale che diventerebbe negativa e si rivolterebbe contro chi ha trattenuto
gli oggetti oltre il tempo previsto. Quest’ ultima e la spiegazione che gli attori
sociali danno, ma Claude Levi- Strauss rimprovera a Mauss di essersi fermato a
livello della spiegazione consapevole che gli stessi attori sociali si danno. Secondo
l’antropologo strutturalista, infatti, lo hau altro non e che la ragione cosciente
sotto al quale gli uomini hanno colto una necessita la cui ragione sta altrove.
Questa ragione, dice Levi-Strauss, e un principio fondativo dell’ ordine sociale, un
principio di reciprocità di ordine strutturale immediatamente dato. Questo
discorso si lega alla questione della proibizione dell’ incesto, che Levi-Strauss
riconduce al sociale portando così a compimento al massimo grado la riflessione
della sociologia classica francese.
La proibizione dell’ incesto riguarda tutti i gruppi umani di tutti i tempi e tutti i
luoghi, per questo motivo potremmo collocarla a livello della natura.
Tuttavia, e una regola per cui afferisce all’ ambito della cultura. La proibizione
dell’incesto ha consentito il passaggio dalla natura alla cultura. Risponde al
principio di reciprocità come principio strutturale immediatamente dato che sta
alla base dello scambio di beni, di donne e di parole, che garantisce alla società di
sopravvivere.
Cosi lo hau costituisce la ragione dello scambio. Il dono sta alla base del sociale.)
Secondo Malinowski, che in questo e simile a Rivers, il lavoro di ricerca sul
campo deve consistere in un soggiorno prolungato e isolato dal contatto da altri
bianchi presso la popolazione di cui si deve studiare la cultura e di cui si deve
conoscere la lingua locale. Per mezzo dell’osservazione partecipante il ricercatore
doveva scoprire lo scheletro della vita tribale, annotare in un taccuino gli
imponderabili della vita reale e costituire un corpus documentario delle
espressioni idiomatiche e dei discorsi formalizzati. Nella documentazione di tutti
questi aspetti era essenziale cogliere il punto di vista del nativo. Malinowski
inoltre consiglia di studiare i diversi aspetti della cultura tribale nella loro
interconnessione. Malinowski diede il nome di funzionalismo al suo orientamento
teorico e alla sua teoria scientifica della cultura, secondo la quale essa doveva
essere considerata un grande apparato strumentale, i cui organi erano le
istituzioni e la cui funzione era il soddisfacimento piu efficiente dei bisogni
fondamentali degli individui.

48
Dopo la sua morte, la moglie di Malinowski pubblico il diario privato
dell’antropologo da cui emergeva un immagine di se e del metodo etnografico
diversa da quella presentata in Argonauti. Malinowski vi manifestava sentimenti
di insofferenza verso i nativi dissonanti rispetto a l’empatia di cui parlava nelle
sue pubblicazioni scientifiche. Inoltre, riferiva di avere rapporti con gli altri
europei residenti nelle isole.
Alfred Radcliffe-Brown formula un nuovo quadro teorico: il cosiddetto struttura
funzionalismo.
Al di là delle notevoli differenze, gli approcci teorici di Malinowski e Radcliffe-
Brown possono essere definiti funzionalisti poichè condividono l’idea che tra i
costumi, le credenze e le istituzioni di una popolazione esistano delle correlazioni
funzionali, ossia un interdipendenza sistematica.
Radcliffe- Brown dedica dei saggi ai rapporti di parentela, da cui emerge l’idea
chiave secondo cui la terminologia di parentela e l’insieme di diritti, doveri e
atteggiamenti connessi a specifici ruoli parentali, formano un sistema integrato in
base ad alcuni principi strutturali.
Radcliffe-Brown e alcuni suoi allievi delinearono la teoria della discendenza, che
caratterizzo l’antropologia sociale britannica. Secondo questa teoria
l’organizzazione del sociale passa attraverso le modalità di reclutamento dei
parenti, per cui se voglio conoscere il funzionamento del sociale e necessario che
guardi come i gruppi si organizzano. Levi-Strauss, invece, guarda ai sistemi di
parentela in termini di teorie dell’alleanza, a partire dalle analisi di Mauss.
Edward E. Evans-Pritchard capisce che c’e un certo rapporto tra il sistema di
appellativi e il sistema di atteggiamenti. Nel 1940 lo studioso pubblico una
monografia su I Nuer, una popolazione del Sud del Sudan, che l’ autore descrisse
come un modello di società “segmentaria”, in cui non vi era nessun potere
centralizzato e i gruppi definivano la loro coesione e la loro contrapposizione in
base ad un principio di “distanza strutturale” tra i “segmenti” in cui la tribù si
suddivideva.
Edmund Leach e Max Gluckman, che può essere considerato il fondatore della
Scuola di Manchester, criticarono l’ assunto funzionalista secondo cui le società
sono “sistemi chiusi” normalmente osservabili in una situazione di “equilibrio” e
di “stabilita strutturale”.

L’antropologia culturale statunitense nel secondo novecento: indirizzi neo


evoluzionisti, antropologia cognitiva, antropologia interpretativa.
Nell’ antropologia statunitense dagli anni Cinquanta ad oggi non si e verificato
tanto l’abbandono della “questione della cultura”, come lasciava presagire la
rassegna delle 164 definizioni del termine cultura di Kroeber e Kluckohn, quanto
un rinnovamento, in direzioni disparate, dei quadri teorici e dei programmi di
ricerca secondo cui svilupparla.
Alla fine degli anni Quaranta, la questione dei principi evolutivi delle forme sociali
e culturali, sollevata da Morgan, fu ripresa da Leslie White che, in The Evolution
of Culture, sostenne che le diverse manifestazioni della vita sociale e culturale di
una popolazione dipendono casualmente dalla quantità di energia pro capite che
essa e capace di controllare e sfruttare; di conseguenza i cambiamenti della sua
“cultura” sono una conseguenza dell’ aumento di efficienza della tecnologia.
Julian H. Steward, che definì il proprio orientamento teorico “ecologia culturale”,
riteneva che le caratteristiche dell’ ambiente naturale costituiscono un limite cui
l’organizzazione dei modi di vita, e la stessa tecnologia devono adattarsi.
49
Marvin Harris, fautore del “materialismo culturale”, ha sostenuto che la “scienza
della cultura” deve mirare a identificare le determinanti materiali dei fenomeni
culturali, le quali consistono non solo nell’ ecologia e nella demografia, ma nel
loro carattere economico, ossia nel fatto che essi costituiscono soluzioni ottimali
per uno sfruttamento efficiente e quindi “economicamente” razionale.
Altro influente indirizzo dell’ antropologia statunitense e la political economy, i
cui rappresentanti piu noti sono stati Eric Wolf, Sidney Mintz e William
Roseberry.
Secondo questi studiosi, la cultura, lungi dall’ essere una realtà autonoma, e il
risultato di processi piu ampi, di scala regionale e globale, di carattere economico
e politico, in cui un determinato gruppo e storicamente inserito, e da cui il gruppo
stesso e la sua stessa “località” sono stati spesso il prodotto. Questo indirizzo di
ricerca e stato caratterizzato dalla posizione secondo cui le regolarità e le diversità
dei fenomeni culturali vanno spiegate da principi di ordine “extra culturale” che
appartengono alla sfera delle relazioni ecologiche, tecnologiche, demografiche ed
economiche.
L’ interesse per le relazioni tra cultura e linguaggio aveva costituito un filone
importante delle ricerche di Franz Boas. Uno dei suoi allievi piu celebri, Edward
Sapir, aveva affermato che “la lingua e una guida alla realtà sociale. Il mondo
reale viene costruito, in gran parte inconsciamente, sulle abitudini linguistiche
del gruppo”. Qualche anno dopo puntualizzerà che “non vi e una semplice
corrispondenza tra la forma di una lingua e la forma di una cultura di coloro che
parlano quella lingua”.
Benjamin L. Whorf riprende l’ idea per cui parlare una determinata lingua con
una particolare struttura grammaticale determina i modi in cui si pensa e
conosce la realtà. La tesi generale divenne nota come “ipotesi Sapir-Whorf” o
ipotesi del determinismo linguistico.

Marshall sahlins e clifford geertz. I postmodernisti


Marshall Sahlins ha iniziato la sua carriera da posizioni teoriche vicine all’
ecologia culturale e al neo-marxismo, ma presto se ne distacca sostenendo che l’
economia delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori non e casualmente
determinata dai fattori generalmente presi in considerazione dai suddetti
orientamenti (condizioni ambientali, demografia, dotazione tecnologica, etc.…).
Sahlins ha proposto di chiamare “modo di produzione domestico” quel tipo di
organizzazione economica, dipendente non solo da condizioni materiali, ma da
scelte culturali.
In Cultura e utilità, lo studioso rilancia la tesi secondo cui qualsiasi attivita
pratica degli esseri umani e mediata dall’ ordine simbolico della cultura.
Riprendendo la questione dei tabù alimentari, su cui Harris aveva impostato la
sua teoria “materialistica” della cultura ( la “scienza della cultura” deve mirare a
identificare le determinanti materiali dei fenomeni culturali, le quali consistono
non solo nell’ ecologia e nella demografia, ma nel loro carattere economico, ossia
nel fatto che essi costituiscono soluzioni ottimali per uno sfruttamento efficiente e
quindi “economicamente” razionale), Sahlins ha sostenuto che proprio questi
costituiscono una delle tante prove possibili della rilevanza di scelte culturali
“arbitrarie” rispetto alle condizioni materiali.
Clifford Geertz, padre dell’ antropologia interpretativa, ha affrontato la questione
della “crisi della rappresentazione etnografica” collegandola alla questione

50
fondamentale dell’ antropologia culturale statunitense: la natura della cultura
come “sistema di significati” che si esprime nella maniera di agire delle persone.
Geertz sostiene che la cultura e si una “rete di significati”, ma una rete che esiste
e prende forma solo nella dimensione sociale e pubblica, ossia nella misura in cui
i significati si costruiscono, trasformandosi e rielaborandosi continuamente, nella
vita sociale delle persone.
Geertz ha sostenuto che l’ antropologia, a differenza della sociologia, non mira
alla spiegazione dei “fatti” registrati dall’ etnografo mediante l’ identificazione delle
“leggi” da cui essi derivano, ma, piuttosto, alla comprensione dei significati con
cui le persone interpretano tanto i loro comportamenti quanto quelli degli altri.
Secondo lo studioso, la conoscenza antropologica risiede fondamentalmente nell’
etnografia, intesa come attivita di “descrizione densa” dei diversi intrecci di
significato che il ricercatore e capace di ricostruire nei comportamenti che sta
descrivendo.
In questo senso, la descrizione etnografica e dunque una “interpretazione di
interpretazioni” e, non una semplice “raccolta” di fatti oggettivamente “dati”.
Secondo Geertz, la cultura e un testo che l’ etnografo deve ricostruire partendo
dallo stato frammentario, incompleto ed enunciato in una lingua inizialmente
ignota, con cui esso gli si presenta. L’ etnografia può dunque essere assimilata ad
un’attivita di “testualizzazione”, che implica operazioni di “interpretazione” e
“traduzione”.
Nello scritto Dal punto di vista dei nativi: sulla natura della comprensione
antropologica, Geertz chiarisce il senso della famosa espressione di B. Malinowski
per cui, nelle sue descrizioni, il ricercatore deve cogliere “il punto di vista del
nativo”. Non significa certo che l’ etnografia si esaurisca nel racconto di un’
esperienza di immedesimazione nel mondo dei significati e dei concetti “indigeni”,
ma l’ etnografia ha senso solo se riesce, in modo convincente per tutti, a costruire
un ponte di comprensione tra il senso di quei concetti “indigeni” e quei concetti
che invece, sono “lontani” dall’ esperienza di “nativi” ma “familiari” a quel
pubblico.
Il fine ultimo dell’ antropologia e quello di ampliare il campo dell’ esperienza di
“essere umani” condivisa dagli uni e dagli altri, mostrando che la ricchezza di
questa esperienza si situa nella compresenza dei modi diversi che hanno gli
uomini di conferirle significato. Nell’ ultimo ventennio del XX secolo, molte delle
questioni sollevate da Geertz sono state riprese dal cosiddetto movimento
“postmoderno” sviluppatosi nell’ antropologia statunitense. L’ etichetta
“postmoderno” e stata proposta dal filosofo francese Jean- Francois Lyotard. In
antropologia, l’ etichetta “postmoderno” e stata spesso accompagnata da quella di
“post strutturalismo”.
Quest’ ultima si riferisce alla maniera con cui filosofi come Jacques Derrida e
Michel Foucault hanno argomentato che, diversamente da quanto lo
strutturalismo aveva postulato, l’ analisi dei concetti di “sapere” e di “discorso” e
irriducibile all’identificazione dei codici simbolici da cui essi sarebbero strutturati.
La raccolta di saggi “Scrivere le culture. Poetiche e politiche in etnografia”, curata
da James Clifford e George E. Marcus, e una sorta di manifesto programmatico
dell’ antropologia postmoderna. Il tema unificante della raccolta e quello secondo
cui le scritture etnografiche non possono piu essere considerate un semplice
resoconto analitico dei contesti culturali in cui l’ antropologo ha compiuto la
propria ricerca sul campo, ma sono testi in cui si esprimono particolari
“poetiche”, ossia strategie retoriche di rappresentazione di se e degli “altri”, che
51
sono connesse alla costruzione di relazioni di potere, ossia a “politiche”. La
“fabbricazione” delle etnografie si basa sulla soggettività del ricercatore,
soggettività che non e solo legata alle condizioni contingenti della sua esperienza
di ricerca sul campo, ma anche, a monte, ai diversi contesti di natura politica
preesistenti alla sua esperienza, che la strutturano anche nel momento della
“traduzione” in scrittura.
I testi etnografici non sono dunque rappresentazioni realistiche della realtà di cui
parlano, ma “allegorie”, di carattere piu letterario che scientifico, delle relazioni di
potere tra i loro autori e i soggetti rappresentati. Clifford sostiene che l'’autorita
delle descrizioni, e dunque delle scritture etnografiche deriva dalle condizioni di
potere che rendono autorevole e retoricamente persuasivo il “racconto” di una
“cultura”, di una “società”, di un “gruppo”. L’ etnografia classica” ha costituito un
modello di “autorita monologica”, in quanto quella dell’ etnografo era l’ unica
“voce” legittimata a parlare dei modi di vita degli “altri” e a ricostruirne l’ unita e
la coerenza a partire da indizi frammentari e dalla particolare contingenza della
situazione da lui esperita nel corso della ricerca.
Dall’ acquisita consapevolezza del potere rappresentativo della propria scrittura, l’
etnografo “critico” deve elaborare nuove modalità, meno asimmetriche e piu
“dialogiche” e “polifoniche”, di “restituzione” documentaria dei risultati della
propria ricerca, che rendano visibili ai lettori le concrete condizioni e interazioni
sociali e politiche in cui essa si e svolta, dando piu spazio alle altre “voci” a
partire dalle quali costruisce il suo “quadro”: non solo quelle dei “nativi” con cui
ha interagito, ma anche quelle provenienti da altre modalità di rappresentazione:
letterarie, artistiche, giornalistiche.
James Clifford ha insistito sul fatto che “nel bene e nel male”, le etnografie del
Novecento, in modo analogo alla “cultura” stessa, non sono dei “frutti puri”, ma
dei prodotti che sono storicamente derivati dall’ intreccio dell’ antropologia con
ideologie politiche, poetiche letterarie, movimenti di avanguardia. Oggi il pubblico
delle etnografie e costituito anche da persone che provengono dalle “culture” o
“società” descritte, e ciò non può non riflettersi sul modo in cui le
rappresentazioni etnografiche sono considerate o meno “accettabili”,
“condivisibili”.
La stessa intensificazione e pervasività dei fenomeni migratori ha radicalmente
cambiato i rapporti tra “culture” e “luoghi”, rendendo improponibile l’ idea di una
loro coincidenza assoluta e invariabile.
George Marcus e Michael Fisher ritengono che nel XX secolo il contributo
veramente originale dell’ antropologia alla conoscenza del mondo contemporaneo
e consistito in un “progetto” di “critica culturale” delle rappresentazioni di se e
degli altri, e tale deve restare nel mondo contemporaneo globalizzato.

L’ antropologia strutturale di Claude Levi-Strauss


Claude Levi-Strauss e il padre dell’ antropologia strutturale. Secondo lo studioso i
fenomeni culturali possono essere visti come dei sistemi simbolici analoghi ai
sistemi linguistici la cui funzione fondamentale e comunicativa. La vita sociale
implica infatti per definizione la dimensione dello scambio e della reciprocità, di
cui aveva gia parlato Marcel Mauss nel suo Saggio sul dono. Sia i sistemi
linguistici che i sistemi culturali sono sistemi di segni.
Secondo Levi-Strauss, l’ analisi scientifica dei sistemi sociali e culturali deve
ispirarsi all’ analisi dei sistemi linguistici proposta da Ferdinand de Saussure nel
Corso di Linguistica Generale tenuto a Ginevra. Secondo de Saussure, la lingua e
52
un sistema di segni (unione arbitraria tra significante e significato per fatti interni
alla lingua). All’ interno della lingua e possibile distinguere la dimensione della
langue, che e il codice collettivamente condiviso, dalla dimensione della parole,
l’atto linguistico individuale.
La parentela umana e un fatto sociale al pari della langue, ossia un sistema di
segni. Poiché la parentela presuppone lo scambio tra gruppi diversi e il
meccanismo chiave di istituzione del legame sociale. Le parentele funzionano
come una lingua. Come nei segni di una lingua non possiamo stabilirne il valore
in astratto ma per scarti differenziali dagli altri segni, cosi nella parentela i
termini non si possono conoscere in se o per un ancoraggio biologico, ma in
relazione al sistema di riferimento.
Né Le strutture elementari della parentela, Claude Levi-Strauss spiega la
proibizione dell’ incesto, che va considerata come il principio che ha consentito il
passaggio dalla natura alla cultura. E’ la regola che fonda la società come sistema
di comunicazione e di scambio; e il versante negativo della regola positiva di
esogamia, che prescrive di contrarre matrimonio al di fuori del proprio gruppo
familiare.
Chiaramente il contenuto della proibizione dell’ incesto può stabilirsi solo in
relazione al sistema di parentela di riferimento, e non in astratto.
La ragione della necessita dei legami di parentela e individuata nei lunghi tempi
di svezzamento del cucciolo dell’ uomo, che grazie a questa rete di relazioni può
sopravvivere. Levi-Strauss riprende, per certi aspetti criticandolo per essersi
fermato a livello superficiale, Mauss nel suo Saggio sul dono, in cui espone la sua
teoria per cui alla base di ogni legame vi e un principio di reciprocità degli
scambi.
Tale principio si ritroverebbe infatti sia nella natura comunicativa del linguaggio
in cui si scambiano parole, sia nella circolazione dei beni che consente di
stringere alleanze, sia nei sistemi di parentela e di matrimonio alla cui base vi
sarebbe lo scambio di donne tra gruppi diversi. Quest’ ultimo ha due varianti:
scambio ristretto e scambio generalizzato.
Le strutture si situano a livello dell’ attivita del pensiero con cui lo spirito umano
impone un ordine al flusso continuo della realtà, opponendo e correlando.
L’antropologia ha per obiettivo generale la scoperta e l’ analisi delle strutture
profonde per mezzo delle quali la mente ordina la realtà naturale e sociale
attraverso una serie di coppie oppositive, analoghe a quelle studiate dalla
linguistica strutturale di Ferdinand de Saussure.
L’ idea e quella di una medesima attrezzatura di base e ciò che l’ antropologo deve
fare e cogliere i principi di ordine logico che determinano certi contenuti a livello
delle strutture coscienti.

Gli approcci dinamisti, l’antropologia marxista e altri indirizzi di ricerca


dell’antropologia francese contemporanea.
Esponenti della cosiddetta “antropologia dinamista” francese sono Roger Bastide
e Georges Balandier, i quali hanno svolto un ruolo pionieristico nello sviluppo di
prospettive di analisi che mettessero al centro lo studio dei processi di
cambiamento sociale e culturale nelle società del “Terzo mondo” e mostrassero la
loro irriducibilità all’ alternativa tra la tendenza alla conservazione invariabile dei
propri “ordini” culturali e la passiva assimilazione e integrazione dei modelli
occidentali in seguito alla sottomissione al dominio coloniale. Per entrambi questi
studiosi, le società vanno viste non come sistemi ordinati, stabili e dai confini ben
53
definiti, ma come processi intrinsecamente dinamici, “formazioni eterogenee” dai
confini mutevoli nelle quali convivono agenti e interessi sociali, regole normative e
regole “pragmatiche , strategie di esercizio del potere e forme di resistenza, il cui
adattamento e la cui interconnessione reciproci sono sempre imperfetti,
provvisori, contingenti, e, in definitiva, intrinsecamente ambigui.
Molte delle questioni sollevate dall’ antropologia dinamista sono state riprese,
dagli anni Sessanta in poi, dallo sviluppo dell’ antropologia marxista che, fino a
tutti gli anni Settanta, ha costituito, assieme allo strutturalismo, l’ indirizzo
teorico egemonico, in Francia come altrove.
La possibilità di applicare la prospettiva marxista all’ analisi teorica ed
etnografica delle società extraeuropee in Francia ha visto tra gli esponenti piu
noti Claude Meillassoux, Maurice Godelier ed Emmanuel Terray. Le loro ricerche
hanno riguardato l’ analisi dei “modi di produzione” propri di queste società e dei
rapporti sociali di produzione che li definiscono.
Gli antropologi marxisti hanno sottolineato che anche nelle società “tribali”,
incluse quelle la cui sussistenza si basa sulla caccia e raccolta, esistono forme di
sfruttamento della forza lavoro e restrizioni di accesso alle risorse a favore di certi
individui. Da questo punto di vista, essi hanno contestato la tesi levi-straussiana
della reciprocità come principio fondamentale delle relazioni sociali, sottolineando
che in ogni società, anche in quelle in cui non si registrano notevoli differenze di
ricchezza materiale tra gli individui ed in cui non vi sono vere e proprie classi
sociali, esistono sempre dei rapporti di dominazione e delle disuguaglianze.
Gia dalla fine degli anni Sessanta, in Francia, il dibattito suscitato sia dall’ opera
di Claude Levi-Strauss che dall’ antropologia marxista, ha fatto emergere una
serie di posizioni che hanno costituito un’ alternativa ad esse. Michel Foucault e
Jacques Derrida hanno insistito sulla questione delle forme del potere e hanno
ripensato, in questa chiave, le stesse produzioni linguistiche.
Molti antropologi hanno inoltre sottolineato come “disuguaglianze” e “gerarchie”
siano esse stesse dei principi che si situano al cuore delle strutture di parentela
ponendo pertanto dei limiti invalicabili agli aspetti di reciprocità nelle relazioni
sociali. Lo stesso Godelier, nel suo L’ enigme du don, ha ripreso l’ analisi sul dono
di Mauss, su cui Levi- Strauss aveva basato la propria tesi della reciprocità come
principio fondamentale della socialità, sostenendo che essa non tiene conto di
certe classi di beni, presenti in ogni società, il cui carattere sacro li esclude dai
circuiti di reciprocità.
La critica dell’ universalità del principio di reciprocità e anche il punto di partenza
dei lavori di Louis Dumont sul sistema delle caste in India. In connessione piu
diretta con la teoria delle strutture di parentela di Levi-Strauss, Francoise Heritier
ha sostenuto che al fondamento di esse, ancor prima della proibizione
dell’incesto, vi e un principio di “valenza differenziale dei sessi”, ossia di gerarchia
delle relazioni tra uomini e donne che istituisce, a livello dell’ ordine simbolico su
cui si fonda la natura stessa della società, la superiorità dei primi sulle seconde.
Questo principio spiegherebbe perche in tutte le società si considera che siano le
donne, e non gli uomini, a circolare nello scambio matrimoniale.
Una critica piu marcata allo strutturalismo levi-straussiano e stata quella di
Pierre Bourdieu e della sua “teoria della pratica”. Lo studioso ha rimproverato a
Levi-Strauss di ridurre il ruolo degli agenti sociali a quello di semplici esecutori o
contravventori di regole di carattere astratto, situate al livello delle strutture
mentali.
In questo modo, si impedirebbe una comprensione di come questi agenti adattano
54
le loro strategie di azione al carattere sempre nuovo e imprevedibile delle
situazioni che si trovano ad affrontare. Per comprendere come la vita sociale
segua principi di regolarità, bisogna inoltre rifiutare l’ idea che le azioni degli
individui consistono semplicemente nella messa in atto di strategie razionali volte
al perseguimento cosciente dei propri interessi.
Per Bourdieu e illusorio pensare che le pratiche sociali siano il semplice esercizio
di una libertà di scelta individuale rispetto alle opzioni di azioni disponibili. La
“logica della pratica” e piuttosto il frutto di un habitus, ossia di disposizioni
interiorizzate in seguito alle esperienze di socializzazione all’ interno di specifici
“campi” di posizioni e relazioni sociali.
Il concetto di habitus, secondo Bourdieu, consente di comprendere come l’ azione
sia soggetta a condizionamenti che operano in un modo che favorisce una
continua ristrutturazione delle relazioni sociali.

La tradizione disciplinare in Italia


Quella degli studi italiani, secondo Alberto Cirese, uno dei suoi maggiori
esponenti, può essere considerata “una vicenda periferica ma forse non
irrilevante”.
In Italia attualmente si parla di demo-etno-antropologia, a testimonianza dei
percorsi di ricerca seguiti. Questi si muovono in tre ambiti: la demologia, l’
etnologia e l’antropologia culturale, indirizzo mutuato dall’ antropologia
culturalista statunitense.
Alberto Cirese ha elaborato la teoria dei dislivelli di cultura, secondo cui lo studio
delle manifestazioni folkloriche si colloca all’ interno di un progetto piu ampio di
analisi dei processi di circolazione culturale e della loro connessione dinamica
con i rapporti, in Italia, tra classi dominanti e classi subalterne.
Altro esponente importante della tradizione disciplinare italiana e Ernesto De
Martino, ricordato tra le altre cose per il suo etnocentrismo critico, secondo il
quale bisogna sforzarsi di allargare la propria coscienza culturale di fronte ad
ogni cultura “altra” rendendosi conto dei limiti della propria storia culturale, ma
senza rinunciare all’ idea del primato della società occidentale.

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