Cultura e significato
Perche gli esseri umani pensano e si comportano in modo diverso?
L’antropologia culturale studia il modo in cui determinati comportamenti si
diffondono e vengono messi in pratica in alcune società, partendo dal
presupposto che non e possibile dar nulla per scontato sulle proprie e sulle altrui
credenze e pratiche. Secondo la “visione antropologica”, le persone che fanno
parte della stessa società condividono lo stesso modo di vedere il mondo ovvero la
stessa cultura (analogamente, gli individui hanno visioni del mondo differenti se
le loro culture sono diverse).
Un caso esemplificativo di tale “diversità di vedute” e quello dei diversi modi di
concepire la morte presso varie società: per alcuni popoli essa e il semplice
passaggio di una persona in un altro mondo, per altri e l’evento finale della vita,
per altri ancora e una delle fasi di un ciclo che si ripete e che comprende nascita,
morte e rinascita; in alcune società i morti sono temuti, in altre sono venerati;
allo stesso modo, in alcune società la morte e considerata un evento naturale
mentre in altre essa e frutto di un atto malvagio, di una stregoneria; in alcuni
gruppi umani sono previste grandi dimostrazioni di dolore, in altri si preferisce
nascondere la sofferenza.
Un ulteriore esempio fa riferimento alle preferenze alimentari: ogni società
seleziona in base a diversi criteri ciò che si può e ciò che non si può mangiare, e
tale selezione e indipendente dall’effettiva commestibilità dei cibi. La specie
umana (homo sapiens) e l’unica diffusa su tutta la Terra ed e anche l’unica ad
essere intervenuta sui vari ambienti conferendo significati alle cose, agli
avvenimenti, alle azioni e ai popoli: ad ogni evento che scandisce l’esistenza degli
esseri umani sono stati attribuiti dei significati. E a questo processo che gli
antropologi fanno riferimento utilizzando il termine «cultura» e gli esseri umani
sono considerati “animali culturali” non solo in virtù dei significati che
attribuiscono ma anche poiché agiscono come se tali significati fossero reali.
Secondo Clifford Geertz, gli esseri umani sentono la necessita di dare un senso
alla propria esperienza in quanto ciò permette loro di comprenderla e di dare un
ordine all’universo che altrimenti si presenterebbe come un “caos”. Gli esseri
umani, secondo Geertz, sono “animali incompleti o non finiti” che si completano
attraverso particolari forme di cultura.
Quando le persone danno all’esperienza il medesimo significato, allora esse
condividono e manifestano la stessa cultura. Il compito dell’antropologia e proprio
quello di capire per quale motivo le diverse società hanno culture diverse, in altre
parole, la ragione per cui un gruppo attribuisce ad un’esperienza dei significati
mentre un altro gruppo ne attribuisce altri.
Cosa può dirci su noi stessi ciò che impariamo sugli altri?
Spesso gli antropologi applicano allo studio della propria cultura concetti e
tecniche usate per comprendere altre culture, infatti uno degli scopi insiti nello
studio delle altre culture e quello di migliorare la comprensione dei significati che
attribuiamo alle nostre esperienze. L'antropologo statunitense Renato Rosaldo,
con la moglie Michelle, si e occupato della tribù degli Ilongot, che vive nelle
Filippine. Egli chiese ai membri di questa tribù di spiegargli per quale ragione
tagliassero la testa ai nemici; tale domanda fu posta piu volte dall'antropologo,
che ottenne sempre la stessa risposta: gli Ilongot sostenevano che il dolore per la
perdita di una persona cara provocava in loro una profonda rabbia che poteva
essere allontanata soltanto uccidendo i nemici (e in particolare decapitandoli).
Rosaldo non riusciva ad accettare l'idea che la morte di una persona cara potesse
provocare rabbia e furore, e dunque che questi sentimenti potessero spingere una
persona ad ucciderne un'altra, cosi tento di elaborare delle ipotesi alternative per
spiegare la “sete di vendetta” degli Ilongot, tuttavia nessuna gli sembrava
plausibile. Quando, durante la ricerca, un incidente causo la morte della moglie
Michelle, il dolore e la rabbia che provo aiutarono Rosaldo a capire che la perdita
di una persona cara può dar vita al furore e che proprio questo sentimento
spingeva gli Ilongot a vendicarsi.
Nel momento in cui inizio a capire gli Ilongot, Rosaldo riuscì anche a spiegarsi
meglio anche il proprio dolore e la propria reazione alla morte della moglie.
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il tempo speso per gli acquisti piu piacevole, soprattutto per chi non ama fare
shopping, ad esempio mettendo a disposizione dei posti comodi in cui sedersi.
L’arredamento dei negozi, infatti, e di primaria importanza; quando si entra in un
negozio occorre un po’ di tempo per “ambientarsi”: ciò fa sì che sia piu facile
notare delle merci esposte piu all’interno piuttosto che all’ingresso del negozio. Le
merci inoltre devono essere esposte in modo da incoraggiare gli acquirenti ad
attraversare tutto il negozio, cosi, ad esempio, le merci piu vendute sono
“decentrate”. Altro fattore rilevante e la possibilità data al cliente di usufruire in
qualsiasi momento della presenza del personale, inoltre un semplice saluto da
parte dei commessi riduce i casi di taccheggio.
Le modalità di acquisto sono poi legate al genere degli acquirenti. Gli uomini
tendono a fare acquisti in modo rapido: una volta trovato ciò di cui hanno
bisogno escono fuori dal negozio senza guardare altro. Essi sono poco inclini a
chiedere aiuto ai commessi e se non trovano ciò che vogliono acquistare vanno
via; sono meno interessati a prezzo e per questo, in genere, spendono piu delle
donne; infine, quando vanno al supermercato, non hanno mai con se la lista della
spesa e dunque comprano piu cose di quelle di cui hanno bisogno. Analizzando il
comportamento delle donne di fronte alle merci esposte, Underhill scopri che
queste valutano freddamente ciò che prendono, considerano caratteristiche
positive e caratteristiche negative e tengono molto conto del prezzo (gli uomini, al
contrario, non esaminano i prodotti che acquistano a meno che non si tratti di
macchine, imbarcazioni, computer). Inoltre, le donne sono piu esigenti
relativamente agli spazi di vendita: sono pazienti e curiose ma non amano gli
ambienti affollati; se per caso vengono urtate da qualcuno che si trova alle loro
spalle, si allontanano e spesso escono dal negozio. Nei reparti di cosmetici, le
donne che attendono il proprio turno spesso acquistano di piu di quelle che
vengono gia servite, in quanto questi reparti mettono a disposizione degli spazi
piu protetti che consentono di stare in disparte e osservare, valutare (e poi
acquistare) i prodotti durante l’attesa. In ogni caso, Underhill fa notare che i ruoli
dei due generi stanno cambiando ed esorta i commercianti ad adeguarsi alla
nuova situazione: le donne che lavorano sono sempre piu numerose e gli uomini
devono sempre piu spesso occuparsi della spesa; aumentano le donne che fanno
acquisti durante la pausa pranzo o prima della cena.
Oltre alle differenze di genere non bisogna dimenticare le differenze di età. A tal
proposito e possibile rilevare che attualmente la fetta piu importante del mercato
dei consumi e rappresentata dai bambini. Ciò fa sorgere alcuni suggerimenti: le
corsie dei supermercati devono essere abbastanza larghe da permettere gli
spostamenti con il passeggino, e inoltre e consigliabile esporre le merci dove i
bambini possano vederle e prenderle.
Un ultimo importantissimo fattore e quello relativo ai tempi di attesa: i clienti non
amano aspettare e i tempi di attesa costituiscono l’elemento primario su cui si
basano le opinioni dei consumatori. I negozi possono fare in modo di far apparire
i tempi di attesa meno lunghi attraverso conversazioni con gli addetti alle vendite
(il semplice interloquire con i clienti dà l’impressione che l’attesa sia stata meno
lunga), oppure servendosi di brevi video, merci impilate, cataloghi vicino alle
casse.
Elemento da non trascurare e il rispetto per il posto che si occupa in una fila.
Underhill, oltre a fornire preziosi consigli per migliorare la qualità dei servizi
offerti ai clienti, rivolge anche qualche critica ai venditori. Ad esempio, nota come,
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nonostante le donne utilizzino piu frequentemente degli uomini i bagni, questi
ultimi vengono costruiti nei centri commerciali e nei supermercati in modo
identico. Inoltre, le donne non solo utilizzano i bagni piu frequentemente, ma vi
spendono anche piu tempo, cosi probabilmente si creeranno delle file fuori dai
bagni; i commercianti potrebbero sfruttare il tempo passato dalle donne in bagno
ponendo delle pubblicità sulle pareti retrostanti i servizi, eppure non lo fanno. Si
potrebbe addirittura concedere la gestione dei bagni nei centri commerciali ai
negozi che vendono saponi, cosmetici, profumi, prodotti per la cura personale.
Grazie al contributo dell’antropologia, dunque, che permette una conoscenza piu
approfondita delle persone, e utilizzando un po’ di fantasia e possibile favorire un
aumento degli acquisti; Underhill ha creato un campo di ricerca nuovo e una
professione fruttuosa, tuttavia attualmente sono pochi (o forse inesistenti) i
percorsi professionali che traggono beneficio dall’applicazione delle conoscenze
antropologiche.
Capitolo 3
La costruzione culturale dell’identità
Introduzione. L’importanza del se
Nella nostra cultura, spesso il concetto dell’identità personale viene dato per
scontato; in realtà, nessuno nasce con una propria identità ma questa si
costruisce nelle interazioni con gli altri; la società non e altro che un insieme di
identità sociali distribuite in un determinato contesto. Gli individui cercano di
conquistare una certa identità e di fare in modo che questa venga riconosciuta
anche dagli altri. Inoltre, le persone cercano anche di conoscere le identità degli
altri cosicché sia possibile avere informazioni su di loro e collocarli all’interno di
una qualche categoria o in qualche punto all’interno del panorama sociale. Le
categorie generalmente utilizzate sono quelle che si basano sul genere,
sull’appartenenza etnica, sulle caratteristiche fisiche e via dicendo. Gli altri,
dunque, attraverso il loro comportamento nei nostri confronti ci confermano la
nostra identità e la nostra posizione: da ciò possiamo dedurre che ognuno e
qualcuno solo in relazione a qualcun altro, infatti, qualunque termine utilizziamo
per definirci esso rimanda sempre ad una relazione sociale (d’altronde, la specie
umana e una specie sociale e gli esseri umani vivono e sopravvivono soltanto in
relazione gli uni con gli altri).
In che modo le società distinguono gli individui gli uni dagli altri?
La costruzione dell’identità sociale avviene a partire dalle somiglianze e dalle
differenze tra gli individui, ma non tutte le società utilizzano le stesse, e neppure
allo stesso modo. Alcune caratteristiche (strumenti identitari), tuttavia, sono
utilizzate quasi universalmente: tra queste, ricordiamo l’appartenenza ad una
famiglia, il sesso, le età. Altre caratteristiche potrebbero essere l’appartenenza ad
un gruppo etnico, il colore della pelle, il grado di benessere: queste sono
considerate rilevanti solo in alcune società. L’insieme di caratteristiche piu
importante e piu utilizzato e quello relativo alla famiglia e alla parentela: nelle
società tradizionali, la parentela e il principio organizzativo centrale, ovvero ciò
che influisce maggiormente nella costruzione dell’identità sociale di una persona;
non avere nessuna “etichetta di parentela”, in queste società, significa non avere
un posto rilevante nel panorama sociale. Anche la lingua può essere un
importante strumento identitario; infine, ricordiamo il caso dell’Irlanda del Nord,
in cui l’identità e definita in base alla religione professata, e che testimonia
l’importanza di avere un’identità positiva (che i membri di un gruppo cercano di
costruirsi) e un’identità negativa (che viene attribuita agli altri gruppi).
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Una delle caratteristiche dell’identità che si tende a dare per scontata e il genere;
il senso comune, infatti, ci spinge a pensare che si tratti di una caratteristica
determinata biologicamente, mentre in realtà si tratta di una vera e propria
creazione culturale: alla mascolinità e alla femminilità infatti sono infatti associati
attributi differenti. L’assegnazione ad un genere e sancita alla nascita
dall’annuncio del sesso; dopo di ciò, viene dato un nome, il bambino viene vestito
con abiti di diverso colore e aspetto, si usa con lui un linguaggio adeguato al
genere cui appartiene. Ai bambini maschi viene insegnato che devono sopportare
il dolore, essere forti e duri, nascondendo il disagio e la sofferenza. Alle bambine
invece viene permesso di esprimere le loro “debolezze”, e se si fanno male vengono
consolate. Al di là dei ruoli, anche il numero delle categorie di genere cambia nelle
diverse società; ad esempio, alcune società di nativi americani riconoscono,
accanto ai due generi maschile e femminile, un terzo genere, detto “berdache” o
“nadle” (della figura del berdache si e occupata, negli anni 30 del Novecento, Ruth
Benedict). Il berdache e biologicamente maschio, ma non assume il tradizionale
ruolo maschile; non e considerato un uomo né una donna, in ogni caso indossa
abiti femminili, svolge mansioni tipicamente femminili e spesso ha rapporti
omosessuali; dunque, in questo tipo di società, esso non e considerato né un
pervertito né una persona anormale, ma viene pienamente accettato e inserito
nella società. Secondo l’antropologa Harriet Whitehead, gli Americani non
riescono a riconoscere un terzo genere perche ragionano in modo etnocentrico
sulle caratteristiche in base alle quali vengono definiti i ruoli di genere: essi,
infatti, si basano principalmente sulle preferenze sessuali, trascurando
caratteristiche quali le preferenze nell’abbigliamento, nel comportamento, nel tipo
di occupazione. I nativi americani invece fanno esattamente l’opposto.
Il linguaggio influisce su piu piani nella creazione dell’identità, soprattutto in
relazione al genere. Prendiamo ad esempio il tono di voce: in genere gli uomini
hanno una voce piu grave delle donne in quanto le loro corde vocali sono piu
lunghe, ma i bambini tendono, inconsapevolmente, ad alzare o abbassare il tono
della voce a seconda delle aspettative di genere nei loro confronti. Come
evidenziano Penelope Eckert e Sally McConnell-Ginet, gli individui utilizzano il
linguaggio per presentarsi come un certo tipo di persone e per comunicare un
atteggiamento e uno stile propri; esso può cambiare a livello grammaticale o a
livello delle espressioni usate (il turpiloquio non si addice alle donne e ai
bambini); ai bambini, ad esempio, viene insegnato a parlare o a restare in
silenzio. Secondo il linguista Robin Lakoff, l’identità di una donna nella società
influisce sul suo modo di parlare; le donne sono spesso tenute a moderare le loro
espressioni di opinioni utilizzando certi dispositivi linguistici (uso di attenuativi,
forme enfatiche, ecc). Ciò e da ricondurre alla mancanza di potere delle donne,
che nell’uso del linguaggio sono costrette a mantenere e perpetrare la loro
“subalternità”; secondo alcuni studiosi un tale utilizzo del linguaggio dimostra
disponibilità ad ascoltare i punti di vista altrui.
Colui che utilizza il linguaggio dispone di diversi codici e li utilizza
alternativamente a seconda del contesto, scegliendo quelli piu socialmente
appropriati. Il passaggio da un codice ad un altro e chiamato “commutazione di
codici”, e può avvenire una o piu volte all’interno dello stesso discorso, in modo
volontario o non. Il linguaggio può anche essere un mezzo per costruire gli altri,
l’out-group da cui ci si vuole differenziare. A tal proposito, e di cruciale
importanza rilevare che l’appartenenza ad un gruppo etnico o etnia, dunque
l’identità etnica, si colloca sul piano simbolico e si basa sulle definizioni di se e
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dell’altro. Tali definizioni attribuiscono una certa omogeneità interna ad un
gruppo e al contempo lo differenziano dagli altri; le identità etniche non sono
“eterne” ma vanno negoziate e sono il risultato di processi di etnicizzazione
funzionali all’accesso a determinate risorse materiali o simboliche.
La nozione di etnia e una pura finzione attraverso cui e possibile indicare una
serie di elementi che permettano la differenziazione culturale.
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all’ospitalità e alla socievolezza, e basano le relazioni sociali su scambi altruistici
di amore (aloha), sincerità, sentimento (na’au) e calore (pumehana). Esempi
pratici dell’applicazione del principio di reciprocità sono il kula, praticato nelle
isole Trobriand, e il potlatch, praticato dai Gitksan (nativi americani della costa
nordoccidentale). In queste due pratiche, la caratteristica fondamentale degli
oggetti scambiati risiede nel fatto che essi possiedono una storia: e possibile
ripercorrere la storia dell’oggetto sin dal momento della sua creazione. James
Carrier fa notare come, sin dal 1700, la produzione e la distribuzione di merci sì e
spersonalizzata: chi compra un oggetto, nella maggior parte dei casi, non ne
conosce né il produttore né il venditore. Siffatti prodotti, che non hanno alcun
“significato”, sono definiti da Carrier “merci”, in contrapposizione ai “beni”. I doni
devono innanzitutto essere dei beni per poter avere un significato per lo scambio.
Mentre le merci implicano un trasferimento di denaro in cambio di qualcos’altro,
il dono non ha prezzo. In che modo allora, nel nostro mondo di merci
spersonalizzate, possiamo trasformare questi oggetti privi di significato in beni
personali che comunichino qualcosa dell’identità dell’acquirente? Secondo
Carrier, noi trasformiamo le merci in beni attraverso il processo di
appropriazione: l’acquirente sceglie cosa e giusto per se e cosa e giusto per chi
deve ricevere un dono.
In che modo gli individui difendono la propria identità quando sono minacciati?
Nella definizione dell’identità, può talvolta avvenire che un gruppo non accetti la
propria posizione nel panorama sociale, e che per questo si crei quella che
Anthony Wallace e Raymond Fogelson hanno chiamato “lotta per l’identità”, che
consiste appunto in una serie di interazioni in cui si ha una divergenza tra
l’identità che si ritiene di possedere e quella che viene riconosciuta dagli altri. Un
esempio di lotta per l'identità e dato dallo scambio moka che si effettua presso i
Melpa, che vivono negli Altopiani centrali di Papua Nuova Guinea. In questa
società gli uomini vivono coltivando patate dolci e allevando maiali. L'identità piu
importante nel panorama sociale e quella dei “BigMen”, dei capi molto ricchi (in
termini di maiali posseduti) che godono della massima indipendenza dagli altri;
per diventare un Big Man non e sufficiente la ricchezza, ma occorre dimostrare
coraggio in guerra. Tuttavia, l'abilita maggiore che viene richiesta ad un Big Man
e quella di saper condurre uno scambio moka: esso e una forma di scambio
cerimoniale di doni, in cui qualcuno all'inizio fa un regalo ad un partner
commerciale il quale dà in cambio piu di quanto ha ricevuto.
Gli scambi coinvolgono maiali, conchiglie, piume di uccello, sali, oli per le
decorazioni, lame d'ascia in pietra (oggi anche: dollari australiani, biciclette,
bestiame e autocarri). La caratteristica principale dello scambio moka, nonché il
criterio per stabilire lo status di un Big Man, e che si deve restituire al partner
commerciale piu di quanto si e ricevuto. Dunque, questo tipo di scambio fa sì che
una delle due parti sia sempre in debito verso l'altra, ed e proprio lo scambio
incrementale del debito che permette ad un uomo di dire che ha fatto moka, e che
dunque, egli possiede uno status superiore.
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sovrappeso. Il peso rappresenta un handicap, ad esempio, in ambito scolastico:
tra gli insegnanti e diffusa la convinzione che i bambini sovrappeso abbiano piu
problemi comportamentali rispetto agli altri e che siano meno apprezzati. In età
adulta, i “chili di troppo” fanno sì che si debba spesso fronteggiare ambienti
lavorativi ostili e discriminazioni professionali, nonché scarsa ammirazione (se
non opinioni negative) da parte degli altri colleghi. Per prevenire questo genere di
problematiche, le persone cercano costantemente di raggiungere il tipo di
corporatura ideale. Il peso e anche un indicatore per la salute: il CDC (centro per
il controllo delle malattie) americano rende noto che il 64% degli americani adulti
e soggetto a sovrappeso e obesità, e che il peso medio cresce sempre piu. La
ragione per cui un numero sempre maggiore di soggetti e sovrappeso/obeso e
relativa a diversi aspetti: innanzitutto, un ruolo rilevante e svolto dall’industria
alimentare che spinge le persone a mangiare sempre di piu; dopodiché, aumenta
il consumo di cibi pronti, piu grassi e piu rimunerativi per le industrie; infine,
non va trascurata la diminuzione del tempo dedicato all’esercizio fisico a dispetto
del numero crescente di ore trascorse in lavori sedentari. L’antropologa Mimi
Nichter si e dedicata allo studio del rapporto tra immagine di se e aspetto fisico,
occupandosi di alcune studentesse dell’Arizona. Nel suo lavoro di ricerca, ha
rilevato che queste ragazze seguono una filosofia del tipo “magro e bello, grasso e
brutto” e pensano che essere a dieta sia l’unica strada perseguibile per essere
felici e in forma. Il 90% delle ragazze bianche si e dichiarata infatti non
soddisfatta del proprio peso. Ma cosa nasce questa insoddisfazione? Le
adolescenti che Mimi Nichter ha studiato si erano create l’idea di corpo perfetto
basandosi su quanto vedevano in televisione, al cinema, sulle riviste e rifacendosi
al modello della “Barbie”. Il corpo perfetto e dunque quello di una donna alta
(1,73 m), con capelli lunghi (preferibilmente biondi), gambe lunghe, ventre piatto,
carnagione chiara, e “bei vestiti”. Ciò che comunque conta di piu e il peso, che
costituisce una prerogativa primaria per ottenere felicita e popolarità. Pur
non parlando spesso di peso con le compagne ritenute grasse, le ragazze le
giudicavano, ritenendo che le persone sovrappeso possono perdere peso se
realmente lo vogliono e si impegnano, dunque, non riuscire a dimagrire significa
non preoccuparsi del proprio aspetto o essere pigri. Le discussioni con le
studentesse erano spesso improntate alla mancanza di rispetto nei confronti delle
ragazze sovrappeso. Le ragazze intervistate esprimevano le loro angosce relative
all’immagine corporea attraverso quello che questa antropologa ha chiamato “fat
talk” (discorso sul grasso). Un tipico “discorso sul grasso” inizia con una frase
come “Sono cosi grassa” a cui seguono le risposte delle altre, che in genere sono
del tipo “Ma no che non lo sei!”: il fat talk, infatti, si presenta come un alternarsi
di frasi ritualizzate sul tema del peso. Esso assolve diverse funzioni:
l’affermazione “sono cosi grassa” può celare una richiesta d’aiuto alle altre perche
queste rispondano che non e affatto vero; può essere un modo per attirare
l’attenzione degli altri su caratteristiche negative prima che questi le notino da se,
a scopo difensivo, oppure una pubblica dimostrazione che si tiene al proprio
aspetto fisico; ancora, in fila in mensa, si può utilizzare per dimostrare di essere
consapevoli della necessita di limitarsi nel mangiare; infine, e un modo per
esprimere solidarietà reciproca, per mostrare di condividere le stesse
preoccupazioni ricavandone un guadagno a livello relazionale. Anche le ragazze
che non sono sovrappeso si sentono tenute a prendere parte a questi discorsi, per
evitare di sentirsi escluse o di apparire soddisfatte del proprio corpo: la frase
pronunciata dalle altre “sei cosi magra, tu!” non e altro che un’accusa. Il fat talk
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riguarda anche i programmi per la dieta, anche se, nota Nichter, nonostante si
parli molto di dieta in realtà non si osserva un’analoga applicazione pratica. Il fat
talk testimonia la tendenza delle donne, nella società occidentale, a sottoporre se
stesse e in particolare la propria immagine corporea ad una costante valutazione.
Parlare di grasso, anche quando in realtà non si sta facendo nulla per cambiare il
proprio aspetto fisico, e un modo, per le donne, per affermarsi e per il
riconoscimento rituale che l’aspetto fisico e la caratteristica fondamentale della
loro identità. Tuttavia, durante la sua ricerca, Mimi Nichter ha scoperto che, a
differenza delle ragazze bianche, le ragazze afroamericane erano soddisfatte del
proprio peso (come ha dichiarato il 70% di loro) e non parlavano così spesso di
dieta e aspetto fisico, inoltre in media gli afroamericani non ritengono che sia
poco salutare essere sovrappeso. La donna ideale non e definita in base al suo
aspetto fisico ma alla sua personalità. La visione negativa del proprio aspetto
fisico e il chiodo fisso del peso vengono resi problematici da alcuni fattori; la
prima difficolta incontrata richiede di rimanere magri in una società in cui
prevale il “cibo spazzatura”. Nella scuola in cui Mimi Nichter ha
svolto la sua ricerca, i cibi piu comuni erano pizza e patatine fritte, un pasto
“sano” era invece composto da una barretta al cioccolato e una Coca Cola Light;
durante il pranzo, il 20% delle ragazze mangiava patatine fritte, un ulteriore 20%
non mangiava nulla o beveva qualcosa, l’8% prendeva un gelato o un barretta e
solo il 6% mangiava un’insalata. La diffusione delle bevande gassate e un
ulteriore fattore che complica la situazione: secondo una stima, bambini e
adolescenti assumono piu di 242 litri di bibite in un anno, di cui gran parte
contenenti caffeina. Ulteriore elemento di difficolta e costituito dal fatto che in
famiglia le ragazze subiscono costanti valutazioni sul loro peso e giudizi negativi
sul loro aspetto fisico: ben un terzo delle ragazze riferiva di subire giudizi negativi
da parte dei fratelli o dei genitori. Le ragazze con parenti sovrappeso ritenevano di
essere vittime di una “maledizione” e cercavano per questo di sfuggire al destino
toccato ai loro familiari tenendo sempre sotto controllo la linea e facendo molta
attivita fisica.
Dai discorsi delle madri e di altri parenti, le ragazze imparavano che le
preoccupazioni per il peso persistono per tutta la vita e ciò alimentava la loro
ossessione per il peso.
Mimi Nichter e cosi giunta alla conclusione che la scuola e la famiglia non
informano in modo adeguato le ragazze sul processo di sviluppo, sull’importanza
di mangiare bene e di fare attivita fisica, e non insegnano loro ad osservare con
uno sguardo critico i modelli di bellezza propinati dai mass media. La scuola, dal
suo canto, ha favorito l’accesso ai cibi grassi e alle bevande gasate attraverso i
distributori automatici. Per affrontare questi problemi, Mimi Nichter ha chiesto
alle ragazze che tipo di programma avrebbero preferito, e cosi le ragazze hanno
espresso al volontà di ricevere maggiori informazioni sull’alimentazione corretta e
sull’attivita fisica; inoltre, esse hanno sostenuto l’importanza di coinvolgere nel
programma le studentesse di tutte le classi. L’obiettivo che il programma
perseguiva era quello di informare le ragazze, aiutarle ad analizzare il loro
consumo eccessivo di bevande gasate e contenenti caffeina, e così via. Il primo
step pero consisteva nel far comprendere alle ragazze quanto le immagini
propinate dai mezzi di comunicazione di massa fossero irrealistiche, facendo sì
che esse apprezzassero la varietà di forme fisiche della realtà concreta. Si e
cercato di spiegare loro in che modo i mass media cercano di minimizzare le
differenze tra le modelle per renderle tutte simili a un modello fisico ideale. Le
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ragazze hanno discusso tra loro su come le loro concezioni di bellezza
danneggiavano i loro rapporti, favorendo la nascita di gelosie e conflitti; e stato
mostrato loro come nelle diverse culture cambi il concetto di bellezza e come le
immagini dei mass media intervengano nel creare un senso di inadeguatezza e
insoddisfazione anche in chi e bianca, bionda e magra. Le ragazze hanno poi
discusso di immagine corporea in senso collettivo e hanno ascoltato le ragazze
afroamericane le quali hanno spiegato il loro concetto di bellezza e di stile. Alcune
lezioni hanno anche toccato i temi della nutrizione, con valutazioni dietologiche e
dimostrazioni pratiche in cucina, e le ragazze hanno analizzato i diversi cibi e
spiegato i criteri su cui si basavano per sceglierli. Altre lezioni hanno invece
riguardato l’attivita fisica, con esercitazioni in palestra; inoltre, una specialista di
danza africana ha parlato alle ragazze di movenze del corpo e di autostima, di
come muoversi con grazia e con disinvoltura (le quali provengono dall’interno, e
non sono legate all’aspetto esteriore). Infine, sono state coinvolte le famiglie: la
maggior parte dei genitori non era stata in grado di spiegare alle proprie figlie che
l’aumento di peso sia un normale aspetto della pubertà; e stato spiegato loro che
il loro parlare eccessivamente di diete portava le ragazze ad essere insoddisfatte
del proprio corpo, ed e stata messa in rilievo la necessita di un maggiore controllo
da parte dei genitori sulla dieta (solo il 26% delle ragazze cenava tutte le sere in
famiglia, la frequenza dei pasti consumati insieme diminuiva all’aumentare del
età e la maggior parte delle volte le ragazze sceglievano da sole cosa mangiare).
Non ci e ancora dato sapere se il programma di Mimi Nichter abbia sortito gli
effetti sperati, ciò che pero possiamo mettere in evidenza e che l’antropologia può
aiutarci a mettere in luce argomenti altrimenti trascurati e identificare temi che le
famiglie devono affrontare.
Capitolo 4
Modelli di relazioni parentali
Introduzione. Soap opera e rapporti parentali
Per riuscire a capire le dinamiche familiari nelle varie società, e necessario sapere
come e costituito il nucleo familiare tipico, in che modo la famiglia si forma e si
mantiene, quale ruolo assumono sessualità, amore e ricchezza, e quali elementi
minacciano l’unita familiare. Per riuscire a comprendere tutti questi fattori,
analizzeremo i modelli familiari di tre società: gli Ju/wasi, gli abitanti delle isole
Trobriand e la famiglia tradizionale contadina in Cina, basandoci su dati
antropologici relativi al passato.
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linea femminile) e quello patrilineare (che segue esclusivamente la linea
maschile).
La famiglia degli Ju/wasi segue la discendenza bilaterale. La vita e organizzata in
gruppi che variano da 10 a 40 persone, che praticano le attivita di caccia e
raccolta in un territorio in cui e presente una riserva di acqua. Tali gruppi si
organizzano attorno ad una coppia fratello-sorella che rivendicano il possesso di
tale riserva d’acqua. A tale coppia, si aggiungono, nell’accampamento, i loro
coniugi e i parenti dei coniugi. Il gruppo familiare di base e comunque costituito
dalla famiglia nucleare formata da marito, moglie e figli, i quali passano la
maggior parte del tempo con la madre. Gli Ju/wasi sono consapevoli del fatto che
la gravidanza sia data dai rapporti sessuali, e ritengono che il concepimento
avvenga alla fine del ciclo mestruale della donna, dall’unione del seme dell’uomo
con l’ultimo sangue mestruale. Un aspetto rilevante e la presenza del “bride
service”: quando una coppia si sposa, lo sposo va a vivere nell’accampamento dei
suoi “suoceri” dove lavora per loro per almeno 10 anni.
Gli abitanti delle isole Trobriand vivono in circa 80 villaggi formati da 40 a 400
persone; ogni villaggio a sua volta e suddiviso in villaggi piu piccoli, ognuno dei
quali e idealmente costituito da un matrilignaggio (dala), ovvero un gruppo di
uomini legati tra loro attraverso la linea femminile assieme alle mogli e ai figli
celibi.
I matrilignaggi sono legati tra loro da relazioni di tipo gerarchico e il capo di ogni
villaggio e il maschio piu anziano appartenente al matrilignaggio di rango
superiore.
Essendo qui presente la regola di discendenza matrilineare, gli abitanti delle isole
Trobriand ritengono che l’uomo non abbia alcun ruolo nel concepimento. Essi
credono infatti che quando una persona muore, la sua anima (o spirito) ritorni
giovane e vada a vivere nell’isola Tuma; qui essa invecchia, ma si rigenera
bagnandosi nel mare. Mentre la pelle si rinnova, si crea uno spirito bambino
detto
“baloma”, che ritorna nel mondo dei vivi penetrando nell’utero di una donna del
suo stesso matrilignaggio; tale penetrazione avviene attraverso la testa oppure
trasportando il baloma nell’utero dall’acqua: quando una donna desidera avere
un figlio, suo fratello porta un secchio d’acqua nella sua abitazione (il
concepimento, infatti, richiede il consenso del fratello). Tali credenze sul
concepimento vengono giustificate, come testimoniato da Malinowski, portando
numerosi esempi di donne rimaste incinte senza aver avuto rapporti sessuali e di
donne che, pur essendo note per la loro licenziosità, non avevano avuto bambini.
Annette Weiner, che si e occupata di questa popolazione negli anni ’70 del
Novecento (ovvero 40 anni dopo la ricerca di Malinowski), ha riferito che i
trobriandesi non negavano piu la paternità fisiologica. In questo tipo di famiglia,
le relazioni di parentela piu importanti sono quelle che si istaurano tra fratello e
sorella: il padre appartiene ad un altro gruppo familiare. La maggiore importanza
del gruppo familiare esteso matrilineare rispetto alla famiglia nucleare determina
anche una diversa terminologia di parentela: viene utilizzato lo stesso termine per
parlare di tutte le donne del proprio matrilignaggio della stessa generazione, e
analogamente le donne utilizzano lo stesso termine per riferirsi al proprio fratello
e a tutti i maschi del suo matrilignaggio e della stessa generazione. L’eredita, in
un tale sistema matrilineare, non viene ereditata dal padre, ma ogni uomo eredita
le proprietà dai fratelli della madre con cui idealmente andrà a vivere (regola di
residenza “avuncolocale”).
14
In Cina, la vita familiare si basa sul gruppo domestico patrilineare esteso, formato
da una coppia marito-moglie, i loro figli maschi sposati (e relativi moglie e figli) e
le figlie nubili. Tale patrilignaggio si dispiega nel tempo e nello spazio: l’identità di
ciascun maschio e definita della sue relazioni con i familiari defunti e in vita, e la
sua posizione sociale e determinata dalle azioni dei suoi antenati. Per tale
ragione, le persone in vita onorano gli antenati bruciando per loro banconote,
carta-tela e altri oggetti cartacei in cerimonie rituali di fronte all’altare domestico.
Di cruciale importanza, per un uomo, e avere dei discendenti maschi che si
occupino di lui durante la vita e dopo la morte: da ciò deriva la netta predilezione
per i maschi. Un gruppo domestico cinese ideale dovrebbe comprendere
numerose generazioni di padri e figli maschi che condividono il focolare domestico
e un altare per gli antenati, che rappresentano i simboli della vita familiare.
Capita spesso cosi che il padre diventi opprimente o utilizzi la forza per ribadire la
propria autorita. Tuttavia, gli scontri tra padri e figli sono meno frequenti di quelli
tra fratelli per la divisione e l’assegnazione dei beni della famiglia alla morte del
padre.
La situazione ideale e quella in cui i fratelli continuano a vivere insieme
condividendo l’eredita, sotto la guida del primogenito. In realtà pero i fratelli
raramente riescono a gestire insieme l’eredita e cosi, dopo vari scontri, questa
viene ripartita.
21
dell’AIDS. Il problema principale da affrontare consiste nel convincere le persone
sessualmente attive a proteggere se stessi e il proprio partner. L’uso del
preservativo, pur essendo semplice e comune, non e molto diffuso neanche tra le
persone consapevoli di incorrere nel rischio di contrarre una malattia
sessualmente trasmissibile. Hector Carrillo, nel libro “The Night is Young:
Sexuality in Mexico in the Time of AIDS”, descrive la sua ricerca, svoltasi appunto
in Messico, sulle barriere culturali che ostacolano la diffusione e l’attuazione dei
programmi di prevenzione per l’AIDS. I ricercatori rilevarono che i giovani avevano
in media 1,8 partner sessuali all’anno e avevano utilizzato il profilattico con
l’ultimo partner sessuale solo la meta delle volte; i tossicodipendenti avevano in
media 14,8 partner all’anno e utilizzavano il preservativo meno del 40% delle
volte; gli omosessuali avevano in media 8,6 partner all’anno e non usavano
protezioni per piu del 20% delle volte; le professioniste del sesso utilizzavano il
preservativo in non piu del 15% dei rapporti. I programmi tradizionali per la
prevenzione dell’AIDS si basano generalmente su seminari, corsi, campagne,
opuscoli informativi e partono dal presupposto che, se le persone sanno cos’e
l’AIDS e discutono apertamente dei pericoli e dei mezzi per prevenire il contagio,
prenderanno le giuste precauzioni.
Tale presupposto si basa sulle teorie comportamentiste che ritengono che le
persone agiscano sempre in modo razionale, in altre parole, che le persone, se
informate su un pericolo, modificano il loro comportamento in modo da ridurre i
rischi. Siffatti programmi di prevenzione non riescono ad attecchire in Messico
perche un insieme di fattori culturali fa sì che le persone non s comportino in
modo “razionale” pur conoscendo i rischi. Gli specialistici che si occupano di tali
programmi, ad esempio, sostengono che i partner sessuali debbano parlare
apertamente della loro preoccupazione per il contagio. Tuttavia, ciò collide con il
“codice del silenzio” vigente nella famiglia messicana: genitori e figli parlano
raramente di sesso; i ragazzi imparavano qualcosa su questo tema dagli amici o
dai media, trovandosi spesso di fronte a informazioni sbagliate; gli omosessuali
cercavano di nascondere il piu possibile il loro orientamento sessuale. Non si
parla apertamente di sesso ma solo attraverso barzellette o giochi di parole, con
riferimenti allusivi. Il silenzio e i giochi di parole si oppongono ai messaggi sulla
salute pubblica che evidenziano il bisogno di una comunicazione diretta.
Un altro elemento che riduce il successo dei programmi di prevenzione e
costituito dalla relazione tradizionale per cui si ritiene che le donne debbano
essere sottomesse agli uomini sia nella famiglia che all’esterno. Le famiglie
messicane sono patriarcali e caratterizzate dal machismo, ovvero dall’eccessiva
ostentazione della virilità, che presuppone che la donna sia sottomessa all’uomo,
il quale e libero di avere rapporti sessuali extraconiugali. Tale modello si estende
anche alle relazioni omosessuali: il partner sessuale (maschio) attivo (ovvero che
attua la penetrazione) conserva il suo machismo, mentre quello passivo (ovvero
che viene penetrato) viene considerato un “maricon” (“finocchio”). Carrillo rileva
che gli omosessuali nascondono il loro orientamento sessuale ponendo se stessi
in uno status di seconda classe; essi vengono pero accettati in reti sociali e luoghi
di ritrovo. La differenza di potere tra i due partner sessuali e tra le maggiori cause
del rischio di AIDS, soprattutto per le donne nel momento in cui il partner con
piu potere non vuole utilizzare il profilattico. Una donna “seria” non ha esperienza
sessuale; se una donna chiede di utilizzare il preservativo, l’uomo pensa che
abbia gia avuto delle esperienze sessuali e viene considerata una “facile”, e questo
22
scoraggia le donne dal fare questo tipo di richieste. Lo stesso vale per gli uomini
che accettano un ruolo passivo in rapporti omosessuali.
La richiesta di utilizzare il preservativo viene evitata anche perche si teme possa
essere interpretata come una mancanza di fiducia o come un segno di infedeltà, e
simili interpretazioni divengono piu credibili se i partner non hanno mai usato il
preservativo nei rapporti precedenti o se si frequentano gia da qualche tempo.
Così capita che una persona accetti di avere rapporti non protetti pur di non
destare sospetti.
L’uso del profilattico e impedito anche dalle credenze e dagli atteggiamenti relativi
a sesso, amore e passione. Un rapporto sessuale soddisfacente prevede che ci si
lasci andare, che ci si abbandoni, allontanando ogni pensiero razionale in quanto
la razionalità potrebbe distruggere il piacere sessuale. Il sesso passione si
distingue dal sesso sicuro o razionale, e con l’AIDS e altre malattie sessualmente
trasmissibili, e necessario praticare il secondo. A tal proposito, Carrillo sostiene
che vi sono due punti di vista conflittuali sul rapporto sessuale: il primo pone
l’accento sul desiderio sessuale, sulla passione erotica e sull’amore e quindi
enfatizza le emozioni, la dinamica della relazione sessuale e il valore della ricerca
di conferma, soddisfazione e comunione con il partner sessuale; il secondo, che e
quello proprio della letteratura relativa alla prevenzione dell’AIDS, e
estremamente medicalizzato e enfatizza razionalità, scelta consapevole,
autocontrollo e salute sessuale.
I comportamenti sessuali tradizionali dei Messicani erano insoddisfacenti per
alcuni: le donne non volevano piu essere subordinate ai maschi, gli omosessuali
non volevano piu nascondersi e i giovani volevano parlare piu apertamente.
Secondo Carrillo, occorreva rendere le persone piu consapevoli dei fattori che
possono impedire di praticare il sesso sicuro e del modo in cui le loro idee e quelle
degli altri su sesso, intimità e fiducia aumentano il rischio di contrarre l’AIDS. Per
un programma di prevenzione che si riveli efficace, bisogna tenere sempre
presente il rischio dell’infezione, essere in grado di agire di fronte al rischio,
potere utilizzare (o chiedere di utilizzare) il profilattico rifiutandosi di assumere
comportamenti che espongono al rischio di infezioni. Le indicazioni di Carrillo
hanno permesso a Richard Parker e a suoi collaboratori dell’Associazione
Brasiliana Interdisciplinare sull’AIDS (ABIA) di realizzare un programma di
prevenzione. Esso si rivolgeva ai professionisti del sesso e mirava a renderli
consapevoli delle barriere culturali che si oppongono alla prevenzione e ad
aiutarli a trovare fonti di reddito diverse dal sesso. L’obiettivo di questo
programma era quello di far conoscere ai professionisti del sesso i metodi della
ricerca antropologica così da poter svolgere ricerche su temi e fattori che
influenzavano la loro vita e quella degli altri giovani. Inizialmente, i direttori del
programma insegnano la metodologia di lavoro sul campo, successivamente i
partecipanti svolgono ricerche etnografiche con altri giovani.
Nella terza ed ultima fase, i giovani usano i risultati delle loro ricerche per creare
volantini, opuscoli, libri di racconti, laboratori e brevi spettacoli, nonché testi
teatrali.
Riuscire a comprendere e valutare criticamente i propri comportamenti e pensieri,
secondo una prospettiva antropologica, permette di fare le giuste scelte sul
comportamento da assumere.
Capitolo 5
23
La costruzione culturale della gerarchia sociale
Introduzione. Le cause della disuguaglianza sociale
Il mondo moderno e caratterizzato dalla distribuzione iniqua della ricchezza, dalla
disuguaglianza sociale e dai privilegi. Per poter misurare la disuguaglianza si fa
riferimento alla distribuzione del reddito e dunque al coefficiente di Gini (dal
nome dello statistico e demografo Corrado Gini), un indice di variabilità che
permette di calcolare il grado di disuguaglianza nella distribuzione del reddito; i
valori di tale coefficiente vanno da 0 (perfetta uguaglianza) a 1 (massima
disuguaglianza: una sola persona percepisce il 100% del reddito). La misurazione
attraverso il coefficiente di Gini si basa sulla curva di Lorenz: se in un grafico
rappresentiamo sull’asse delle ordinate la percentuale delle famiglie e sull’asse
delle ascisse la percentuale del reddito che percepiscono, se ogni famiglia ha lo
stesso reddito (coefficiente di Gini pari a 0), la linea tracciata avrà un andamento
regolare; in realtà, nella maggior parte dei casi, non si presenta un perfetto
andamento lineare ma si ha una curva; l’area compresa tra tale curva e la linea
della perfetta uguaglianza corrisponde al coefficiente di Gini. La reale
distribuzione del reddito e influenzata da diversi fattori: il livello di
industrializzazione, la natura dei sistemi economici dei paesi, la misura in cui il
sistema di imposizione cerca di ridistribuire i redditi. Alcuni studiosi sostengono
che l’appartenenza delle persone e dei gruppi a una gerarchia e inevitabile, anzi,
indispensabile in quanto la limitatezza delle risorse, la specializzazione
occupazionale e la detenzione del potere da parte di un’élite sono fattori che
portano necessariamente alla stratificazione. Altri studiosi sostengono invece che
la stratificazione si può evitare e che essa e contraria alla natura umana, in
quanto porta alla formazione di una società “anti collettiva”.
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criminalizzando l’uso di sostanze stupefacenti quali cocaina e marijuana (mentre
l’alcool rimane legale), la società crea una classe emarginata di criminali che deve
essere controllata dall’autorita costituita. Il fatto che i giovani costituiscano una
categoria marginalizzata e testimoniato dall’ossessione dei giovani per le strutture
sociali che essi stessi creano, le quali sono particolarmente diffuse nelle scuole
superiori in America. Murray Milner Jr. mostra come gli studenti di una scuola
superiore fossero ossessionati dallo status: essendo il loro potere economico e
politico assolutamente inesistente, l’unico potere che questi giovani hanno e
quello di creare uno status system utilizzando criteri diversi da quelli promossi da
genitori e insegnanti.
27
Nonostante tali limiti, l’intelligenza rappresenta ancora un criterio per giustificare
la gerarchia sociale e per caratterizzarla come “naturale”. La stratificazione
sociale e stata connessa anche al genere, e in particolare si e ritenuto che i
maschi fossero superiori alle femmine e che tale superiorità fosse del tutto
naturale. Molti, infatti, sostenevano che a costituzione fisica delle donne definisse
la loro posizione sociale nonché la loro funzione, che e esclusiva mente quella di
procreare; al contempo, la costituzione fisica degli uomini li avrebbe resi adatti a
dirigere, controllare, difendere. L’idea che la biologia femminile renda le donne
inferiori agli uomini e profondamente radicata ed e ravvisabile anche nel diverso
modo in cui vengono descritti i processi biologici relativi alla riproduzione. Emily
Martin sostiene che, durante l’Ottocento, il corpo femminile era considerato alla
stregua di una fabbrica il cui compito era quello di funzionare per produrre figli;
sotto questa prospettiva, e chiaro che la menopausa rappresentava un evento
negativo che poneva fine al periodo riproduttivo, e le mestruazioni erano sintomo
di una mancata fecondazione, ovvero del fallimento del processo riproduttivo.
Tale atteggiamento verso le funzioni riproduttive delle donne sopravvive ancora
oggi ed e veicolato per mezzo dei manuali di medicina e biologia. Alcuni testi
descrivono infatti la menopausa come una “interruzione della comunicazione tra
il cervello e l’apparato riproduttivo femminile” e in un manuale universitario si
afferma che “le ovaie, durante la menopausa, non rispondono piu agli stimoli
ormonali e dunque si atrofizzano”. Il ciclo mestruale e descritto come
un’interruzione del ciclo riproduttivo e il flusso mestruale e presentato come un
processo di disintegrazione e sfaldamento. Di converso, le funzioni riproduttive
del maschio vengono descritte con termini positivi. La descrizione dei processi
fisici del corpo femminile in termini negativi fa sembrare le donne “meno umane”
e porta le stesse donne a pensare che tali funzioni siano meno pure e meno
importanti di quelle del corpo maschile.
Quali strategie sviluppano i poveri per adattarsi alle loro condizioni di vita?
Gli strati piu poveri della società, per sopravvivere in condizioni di povertà, usano
particolari strategie adattive; “cultura della povertà” e l’espressione coniata
dall’antropologo Oscar Lewis per riferirsi al modo di vivere e alla visione del
mondo delle persone che abitano i quartieri poveri di citta e campagne.
Correggendo questa visione, che implica che la povertà sia radicata nei valori
della subcultura, alcuni antropologi sostengono che il comportamento dei poveri e
il risultato dell’adattamento di questi alle loro condizioni socioeconomiche
caratterizzate da mancanza di lavoro e di denaro. Tale situazione e perpetuata
dalla disuguaglianza (rafforzata dal razzismo) e da un sistema economico che
richiede manodopera a poco prezzo. Alla fine degli anni Settanta del Novecento,
l’antropologa Carol Stack condusse uno studio sul modo in cui le famiglie
affrontano la povertà, analizzando una comunità in gran parte nera da lei definita
“The Flats” (facente parte di una piccola città del Midwest di circa 55.000
persone). Conducendo questa analisi, Carol Stack si rese conto che queste
persone reagivano alla povertà rafforzando i legami di parentela e creando dei
legami di parentela fittizi allo scopo di creare gruppi chiusi cosi da garantirsi
aiuto economico e sociale. In questa comunità quindi le persone barattavano il
cibo, l’abitazione, la cura dei bambini e tutto ciò che avevano: era quindi
caratterizzata da una reciprocità generalizzata, la quale consente la sopravvivenza
di tutti. A causa della saltuarietà del lavoro, della giovane età delle madri e
dell’inadeguatezza delle abitazioni, i bambini si ritrovavano a vivere con tre o
28
quattro adulti diversi; diverse persone si occupano della nutrizione,
dell’educazione, della cura e dell’assistenza di un bambino. Occuparsi di un
bambino era considerato, in questa comunità, un privilegio e al tempo stesso una
responsabilità. Una coppia, a The Flats, si sposava solo se l’uomo aveva un lavoro
stabile; tuttavia, il matrimonio non era vantaggioso dal punto di vista economico,
per diversi motivi: essere sposate escludeva le persone dalla rete di condivisione
in quanto dopo il matrimonio gli obblighi ricadevano sul marito o sulla moglie;
inoltre, dopo il matrimonio una donna non riceveva piu gli aiuti dell’assistenza
sociale. Nonostante questo, uomini e donne instauravano comunque delle
relazioni e avevano dei figli; a causa delle condizioni di povertà, le persone
stringevano reti di parentela e amicizia anziché prediligere il modello della
famiglia nucleare.
29
comunità ogni 15 anni; ogni comunità risparmia una parte dei profitti per
ricostruire una nuova colonia; quando tutte le strutture sono complete, i membri
della comunità tirano a sorte per decidere quali famiglie saranno spostate. Gli
utteriti si sono opposti alla specializzazione, e non assumono manodopera
all’esterno della comunità. In sintesi, gli utteriti hanno creato una società in cui
sono assenti povertà e classi economiche, la criminalità e assente e ognuno
contribuisce al bene collettivo. Tuttavia, non ogni forma di discriminazione e
esclusa: fondandosi sulla Bibbia, tale comunità si basa sulla supremazia del
maschio e limita fortemente la libertà individuale.
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Una preparazione in ambito antropologico e di supporto anche per l'elaborazione
di politiche per i profughi; il profugo e definito come una persona che, per paura
di essere perseguitato per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad
un certo gruppo, o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal paese di cui
possiede la nazionalità e non può quindi avvalersi della protezione di quel paese.
Secondo Angela Thieman-Dino e James Schechter, gli antropologi possono
aiutare i policy maker a portare alla luce i pregiudizi veicolati nei confronti dei
profughi documentando le violazioni dei diritti umani da parte di organizzazioni
non governative. Una formazione in ambito antropologico permette anche di
mediare tra i rifugiati e gli organismi di assistenza favorendo la comprensione di
fattori di tipo sociale o culturale che potrebbero essere trascurati. Il medico e
antropologo Paul Farmer ha studiato le popolazioni haitiane che lavoravano nelle
coltivazioni di tabacco; ad Haiti ha collaborato con le agenzie locali e
internazionali, prestando servizi relativi alla salute e all'assistenza sociale alla
popolazione indigena.
Questa esperienza gli rese evidente quanto importante fosse l'antropologia per
affrontare i problemi sanitari dei poveri di Haiti. Farmer sosteneva che non
bisognava trascurare il ruolo che nella vita di gran parte degli haitiani assume il
voodoo, una religione che associa elementi del cattolicesimo alle credenze africane
tradizionali.
Un medico che non conosce le credenze locali potrebbe scontrarsi con i preti
voodoo giudicando i disturbi dei pazienti come semplici superstizioni, mentre un
medico con una preparazione in ambito antropologico potrebbe trovare un
sistema per collaborare con questi preti. La seconda lezione che Farmer apprese
durante il suo soggiorno ad Haiti era relativa alla teologia della liberazione. In
America Latina, durante gli anni '60, i preti cattolici diedero vita a delle comunità
per la difesa dei diritti umani e organizzarono delle attivita per combattere la
repressione esercitata dai governi. Farmer rimase colpito dall'attivismo della
teologia della liberazione perche sorgeva dal bisogno di realizzare qualcosa di
concreto nella vita dei poveri, era caratterizzata da una “solidarietà pragmatica”
con le comunità e tentava di ottenere per i poveri non un trattamento giusto ma
un trattamento preferenziale.
Egli riuscì cosi a comprendere piu a fondo il contesto nel quale regnavano la
povertà e l'oppressione. Farmer decise cosi di laurearsi in Antropologia e studio
alla Medical School dell'Università di Harvard, e nel frattempo passo molto tempo
ad Haiti impegnandosi per realizzare un programma per l'assistenza sanitaria
pubblica che comprendeva campagne di vaccinazione, realizzazione di riserve di
acqua potabile e fognature, e insegnando agli abitanti a somministrare farmaci,
curare malattie non gravi e riconoscere i sintomi di quelle piu gravi. Le esperienze
ad Haiti mostrarono a Farmer che la salute e un diritto umano inalienabile; nel
suo libro “Pathologies of Power: Health, Human Rights, and the New War on the
Poor”, Farmer mostra le ragioni e propone delle strategie per affrontare il
problema delle violazioni dei diritti umani e per dare un aiuto concreto alla vita
dei poveri. Gli antropologi devono, secondo Farmer, collocare le violazioni dei
diritti umani all'interno del contesto globale che comprende le cause strutturali
della violazione stessa. Come egli afferma, le disuguaglianze sociali basate su
razza, genere, religione e, soprattutto, classe sociale, rappresentano le principali
cause delle violazioni dei diritti umani; in altri termini, la violenza contro gli
individui e integrata nella violenza strutturale. Dunque, bisogna prima di tutto
affrontare la violenza strutturale. Tuttavia, il problema sorge allorquando l'ONU e
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le organizzazioni di difesa dei diritti umani (Amnesty International, Physician for
Human Rights) sono limitate dal fatto che devono operare attraverso i governi, i
quali sono spesso i primi a violare questi diritti.
Per questo, Farmer sostiene che quando e possibile le organizzazioni non
governative e i gruppi indipendenti (università, ospedali, chiese, ecc) devono
ascoltare i bisogni e collaborare con i membri delle comunità interessate.
Capitolo 7
Globalizzazione, neoliberismo e stato-nazione
Introduzione. La mia T-shirt
In tutto il mondo, ogni anno si spendono piu di ventimila miliardi di dollari in
beni e servizi (a fronte dei quattromila ottocento miliardi del 1960). Sorge cosi
spontanea la domanda: perche spendiamo così tanto? E quali conseguenze ha
questo comportamento sulle nostre vite? Alcuni dati dimostrano che le persone
(negli Stati Uniti) erano piu felici e soddisfatte negli anni 50, quando
consumavano circa il 25% di quello che spendono oggi, ciononostante tutti
ritengono che sia normale desiderare di possedere sempre piu cose.
32
l'affermazione delle imprese multinazionali nello scenario dell'economia mondiale
e lo sviluppo di mercati globali, nonché la diffusione dell'informazione e dei mezzi
di comunicazione come internet, che oltrepassano le vecchie frontiere nazionali. Il
termine globalizzazione e utilizzato anche in ambito culturale ed indica
genericamente il fatto che nell'epoca contemporanea ci si trova spesso a
rapportarsi con le altre culture, sia a livello individuale a causa di migrazioni
stabili, sia nazionale nei rapporti tra gli stati. Spesso ci si riferisce anche
all'elevata e crescente mobilita delle persone.
Il mercato si basa sullo scambio di beni e di denaro: il denaro e appunto qualcosa
da dare o ricevere in cambio di qualcos'altro. Il primo tipo di moneta era chiamato
“merce moneta” in quanto il suo valore era determinato dal metallo con cui era
prodotta e che poteva essere utilizzato per scopi pratici (ad esempio, poteva essere
fuso per realizzare dei gioielli). La cartamoneta venne introdotta nel XII secolo in
Cina e si diffuse in Europa due o tre secoli dopo; essa poteva essere accettata solo
se c'era un deposito equivalente di un qualche metallo prezioso (oro o argento) da
poter reclamare sulla base della cartamoneta. Per garantire maggior controllo
relativamente a questo aspetto, il governo degli Stati Uniti nel 1913 creo la
Federal Reserve Bank il cui compito era quello di controllare e gestire l'offerta di
moneta e di regolare la quantità di oro di cui le banche dovevano disporre.
Tuttavia, la Federal Reserve Bank non riusciva ad affrontare i limiti imposti alla
crescita economica poichè il denaro era ancora legato ad una equivalente riserva
in oro. Il governo, dunque varo due decreti: con il primo (1931) vieto ai cittadini di
convertire le banconote in oro (nonostante il valore del denaro fosse ancora legato
al valore dell'oro e gli scambi con i governi stranieri avvenissero ancora attraverso
questo); con il secondo (1971), dichiaro che la moneta circolante non sarebbe
stata più scambiata con l'oro né con nessun altro materiale. Ciò determino il
passaggio dalla merce-moneta alla “fiat money” o “moneta credito”: una
banconota utilizzata come prova di un valore economico ma non piu redimibile.
L'introduzione della moneta credito provoco un aumento dell'offerta di moneta e
la possibilità, da parte delle banche, di prestare sempre piu denaro. Ebbe cosi
inizio il periodo della moneta “debito” o moneta “credito”: la prima e quella che si
crea quando si paga attraverso una carta di credito (ovvero quando si mette in
circolazione del denaro che deve essere ancora guadagnato per essere restituito);
la seconda corrisponde all'impegno da parte di chi prende in prestito del denaro
di restituirlo (essa rappresenta la maggior parte dell'offerta di moneta). Quando
un'economia permette alle persone o alle istituzioni di guadagnare denaro con
altro denaro (per mezzo di prestiti con interessi, ad esempio), la crescita
economica diventa incessante.
Se il benessere individuale si basa sul denaro, quello nazionale si basa invece sul
PIL o Prodotto Interno Lordo, che corrisponde alla totalità dei beni e servizi
venduti e acquistati ogni anno e destinati ad usi finali. Le economie, per godere di
buona salute, devono crescere del 3% all'anno, e un'economia che ha un tasso di
crescita minore del 3% per almeno 2 trimestri consecutivi precipita nella
recessione (in particolare, quando la variazione del PIL rispetto all'anno
precedente e inferiore all'1%, si parla di crisi economica). Affinché il denaro
favorisca la crescita, devono esserci sempre piu beni da acquistare; se il denaro
aumenta piu velocemente delle merci, bisogna pagare di piu per gli acquisti:
parliamo di inflazione quando si ha una diminuzione del potere di acquisto del
denaro. L'inflazione rappresenta un fenomeno positivo per i debitori in quanto il
33
denaro con cui si ripaga un debito ha meno valore rispetto al denaro che era stato
preso in prestito.
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società e le istituzioni, tenendo conto dell'economia, della politica, dell'agricoltura
e dell'ecologia; sottolinea l'importanza della comprensione dei bisogni e delle
aspirazioni delle comunità, e solleva la necessita di esaminare le iniziative di
politica pubblica sotto diversi punti di vista tenendo conto anche delle visioni
altrui.
L'antropologia mira, inoltre, a favorire la consapevolezza che le decisioni politiche
si basano su processi culturali, oltre che politici e sociali; esse celano sempre
un'ideologia, si basano su presupposti impliciti sul funzionamento della società,
sui desideri delle persone e sulle conseguenze delle decisioni politiche che
possono essere o non essere accettate. In sintesi, gli antropologi forniscono uno
sguardo critico sulle decisioni politiche e permettono di mediare tra i responsabili
di tali decisioni con visioni opposte relative ai modi preferibili di risolvere i
problemi, le quali non si inseriscono necessariamente in una matrice politica.
Capita spesso che la politica venga usata per far sì che obiettivi soggettivi,
ideologici e irrazionali appaiano razionali e oggettivi; l'antropologia si pone in
difesa dei cittadini i cui diritti vengono ignorati o calpestati da governi, organismi
o policy maker non governativi.
Negli Stati Uniti, durante gli ultimi anni, e cresciuto il numero di allevamenti di
maiali di grandi dimensioni, detti “hog hotels” ovvero “hotel per maiali”. Essi sono
formati da strutture di metallo, lunghe e basse, poste su fondamenta di cemento,
dotate di ventilatori ai lati e alle estremità: queste strutture ospitano appunto gli
allevamenti di maiali e consentono di controllare tutte le fasi del processo
produttivo.
Sono presenti poi dei silos per il mangime e delle grandi cisterne aperte, chiamate
“lagune”, in cui viene spostato il letame attraverso piattaforme di cemento. I
maiali vengono trasportati per mezzo di camion e non vedono mai la luce del sole.
Queste strutture testimoniano l'affermarsi degli stabilimenti di proprietà di grandi
società, a scapito delle piccole aziende agricole a gestione familiare. L'obiettivo di
questi stabilimenti consiste nel produrre minimizzando i costi e massimizzando i
profitti; in realtà, l'agricoltura industrializzata rappresenta, a causa dello spreco
energetico, una delle forme di produzione di cibo piu inefficienti; essa inoltre non
tiene conto dei problemi locali, ha effetti negativi sull'ambiente e riduce
l'occupazione.
Per questo gli antropologi si sono opposti alle politiche agricole basate
sull'industrializzazione in quanto sono svantaggiose per le aziende familiari e le
comunità e hanno un pesante impatto sulla salute e sull'ambiente. L'antropologo
Walter Goldschmidt, lavorando per il Bureau of Agricoltural Economics, ebbe
modo di studiare le conseguenze della politica agricola statunitense; in
particolare, confrontando due comunità agricole della California, ebbe modo di
notare che quella costituita prevalentemente da piccole aziende familiari vantava
una produzione piu elevata per unità di terra, redditi familiari piu alti, maggiore
coesione sociale, prosperità degli affari, della vita associativa e degli edifici
religiosi; la comunità costituita prevalentemente da aziende di proprietà di grandi
gruppi, invece, era caratterizzata da un'attivita agricola industriale ad elevato
consumo energetico, il lavoro era saltuario e scarso, la vita sociale marginale e il
tasso di criminalità elevato. I dati raccolti da Goldschmidt vennero poi confermati
da altri ricercatori, in particolare da Kendall Thu e Paul Durrenberger, i quali
hanno sottolineato che gli allevamenti di maiali di grandi dimensioni non sono
economicamente piu redditizi di quelli piccoli, riducono la forza lavoro, creano
problemi ambientali e danneggiano anche il tessuto sociale della comunità.
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Nel 1983, il Dipartimento del Commercio del Michigan finanzio uno studio di
fattibilità per costruire a Parma un allevamento di maiali di 10 unita con 500
scrofe.
Tale studio prevedeva, grazie a questi stabilimenti, una crescita della produzione
dell'8% e del profitto del 24-27%. Pur analizzando in modo dettagliato i vantaggi
economici, tale studio ignoro le conseguenze su società, ambiente e salute; e chi
realizzo il progetto non si preoccupo di avvisare i cittadini i quali ne vennero a
conoscenza quando le opere di costruzione erano gia iniziate. Come possiamo
immaginare, gli effetti furono devastanti: gli abitanti del luogo lamentavano la
presenza di un “fetore orribile” (che si poteva avvertire anche alla distanza di 8
km) che causava nausea, mal di testa, disturbi alla respirazione, bruciore a occhi,
naso e gola, problemi di insonnia; per la strada giacevano per giorni maiali morti
ammassati, l'inquinamento dell'aria provocava quello delle acque e così anche i
pesci sparivano dal torrente. Alle proteste, si rispose dicendo che non era stato
riscontrato nessun tipo di inquinamento e nessuna violazione dei regolamenti
edilizi o del piano regolatore, e che dunque quanto stava avvenendo era del tutto
legittimo. Tuttavia, non appena gli abitanti di Parma seppero che il complesso
sarebbe stato ingrandito, decisero di opporsi: consultarono leggi e regolamenti
statali, assunsero un rappresentante legale e fecero in modo che l'azienda si
dotasse di impianti per limitare l'inquinamento, riuscendo anche a far imporre
dei
limiti a ogni nuova porcilaia. Cosi, nel 1992 la società dichiaro la bancarotta e fu
costretta a chiudere l'allevamento per far fronte alle spese giudiziarie. Secondo
DeLind, bisogna chiedersi se gli effetti positivi previsti dallo studio di fattibilità
fossero realmente raggiungibili. Ad esempio, era stato promesso che la società
avrebbe acquistato, per nutrire i maiali, il mais locale, cosi da risolvere i problemi
relativi alla sovrapproduzione di mais; in realtà, DeLind scopri che gli allevamenti
locali acquistavano una quantità maggiore di mais dei grandi allevatori i quali
invece compravano il cibo da fornitori non locali.
Un'altra promessa non mantenuta e quella relativa all'assunzione di forza
lavoro locale: la società impiego i propri operai per la costruzione e
successivamente solo 12 persone vennero impiegate nell'allevamento, e le cariche
piu importanti erano state assegnate a persone non appartenenti alla comunità.
Le persone proprietarie di attivita economiche collocate nei pressi degli
allevamenti furono costrette a lasciare la zona a causa dell'odore e dei danni
all'ambiente. I vantaggi economici furono nulli per la comunità: gli investitori non
erano della zona e il valore immobiliare dell'area calo notevolmente perche
nessuno voleva piu acquistare delle proprietà a causa degli allevamenti.
Nonostante la produzione su larga scala non sia economicamente vantaggiosa
rispetto agli allevamenti a gestione familiare, i grandi produttori invadono il
mercato con prodotti piu economici, danneggiando i piccoli produttori i quali
spendono per l'allevamento più di quanto guadagnano vendendo i loro prodotti.
DeLind rilevo che, dopo l'accaduto, gli abitanti di Parma non riuscivano piu a
fidarsi delle decisioni prese democraticamente; i rappresentanti del governo
avevano assicurato che non ci sarebbero stati odori sgradevoli, eppure di fronte
alle proteste risposero con l'indifferenza; giunsero anche a negare l'evidenza
quando fu fatto loro notare che il torrente era inquinato e il letame aveva causato
un aumento del livello dell'acqua. L'esperienza con gli allevamenti aveva portato
gli abitanti di Parma a convincersi che le autorita fossero disinteressate ai loro
interessi e privilegiassero il potere e il profitto. Il tessuto sociale si era sfaldato e
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ci furono reazioni contro i dipendenti dell'azienda che perseguitavano gli abitanti
e li
tormentavano anche con telefonate notturne.
Dopo l'aggressione ad una guardia notturna locale, gli abitanti di Parma
costituirono un gruppo di vigilantes con il compito di pattugliare la comunità alla
ricerca di intrusi, armati di pistole e mazze da baseball.
L'attuale economia agricola e caratterizzata dagli allevamenti di maiali di grandi
dimensioni gestiti da grandi aziende, e questi continueranno a diffondersi
malgrado la crescente opposizione e malgrado la dimostrazione che le aziende
agricole di piccole dimensioni a gestione familiare siano in realtà piu redditizie e
favoriscano il benessere economico e sociale delle comunità agricole. Gli
antropologi cosi si schierano al fianco di chi lotta contro chi prende le decisioni
relative alle politiche agricole.
Capitolo 9
La storia degli orientamenti teorici: una sintesi
Le premesse storiche
Le discipline antropologiche affondano le proprie radici nei nuovi modi con cui il
pensiero moderno, e l’ Illuminismo in particolare, impostano il problema della
natura e della storia del genere umano. Si valorizzano i risultati dell’
osservazione, descrizione e comparazione “obiettive” dei costumi di quelle
popolazioni scoperte grazie ai viaggi transoceanici.
Per tutto il Medioevo e per i primi secoli dell’ Età Moderna, invece, costumi e
credenze erano valutati in rapporto alla religione cristiana, per cui si aveva un’
opposizione tra ciò che era “cristiano”, e quindi “razionale” e “civile”, e ciò che era
“pagano”, e quindi “barbaro” e “superstizioso”.
Ma tra Umanesimo e Rinascimento, si verificano una nuova attenzione per lo
studio dei testi classici, il miglioramento delle cognizioni tecniche necessarie per
affrontare i viaggi transoceanici e la conseguente produzione di un numero
sempre crescente di resoconti di viaggio, la riflessione filosofica valorizza l’
indagine empirica e la ragione umana si allontana sempre piu dai dogmi della
fede.
La scoperta dell’ America consente di affrontare in modo nuovo la questione della
diversità dei costumi e dei sistemi di valori. Le Sacre Scritture, cui ancora ricorre
Cristoforo Colombo nei suoi diari di viaggio, costituiscono adesso un punto di
riferimento incerto e lacunoso. Nei secoli XVI-XVII, teologi e giuristi si
confrontano sulla legittimità della conquista europea del continente americano e
sulla possibilità di legittimare la riduzione in schiavitù delle popolazioni scoperte.
Michel de Montaigne, nel suo saggio Del Costume, manifesta comprensione nei
confronti dell’ alterità, un atteggiamento non comune tra i suoi contemporanei.
Nella sua opera si riscontrano nozioni e questioni centrali nei dibattiti che stanno
all’origine delle discipline antropologiche. Innanzitutto, l’ uso dei termini
“barbaro” e “selvaggio” per qualificare credenze e comportamenti di popolazioni
“altre” da “noi” per la diversità di alcuni tratti fisici, dei costumi, delle istituzioni
sociali, dei modi di pensare, ossia di tutti quegli aspetti che andranno a costituire
il contenuto della nozione antropologica di cultura.
Montaigne sostiene che nel designare qualcosa o qualcuno come “barbaro” non si
esprime un giudizio oggettivo di inferiorità rispetto ad un modello di perfezione
della natura umana, bensì una valutazione dipendente dal punto di vista di chi la
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esprime.
Appartenere ad un gruppo determinato influisce, quindi, sulla formulazioni
di giudizi su credenze e modi di vivere di gruppi umani che sentiamo “altri” da
“noi” e porta a riconoscere come pienamente “umani” e “morali” solo se stessi. Nel
1906 William Sumner, nella sua opera Folkways, definirà questo atteggiamento
etnocentrismo: “la concezione per la quale il proprio gruppo e considerato il
centro di ogni cosa, e tutti gli altri sono valutati in rapporto ad esso. Ogni gruppo
ritiene che i propri Folkways siano gli unici giusti e, se osserva che altri gruppi
hanno Folkways diversi, li considera con disprezzo”.
Il giudizio di barbarie esprime una valutazione relativa e non assoluta e dice
qualcosa su chi lo emette, piu che su coloro ai quali e riferito.
Un altro contributo rilevante allo sviluppo delle discipline antropologiche e stato
fornito dalle teorie contrattualiste del legame sociale, come quella di Thomas
Hobbes nel Leviatano e quella di Jean Jacques Rousseau nel Contratto Sociale. L’
idea comune a queste teorie e che la vita degli uomini in società e il frutto di un
contratto stipulato sulla base dell’ accettazione di regole stabilite per via di
convenzione. I padri fondatori della disciplina saranno i primi a riflettere a partire
da questi temi allo scopo di individuare le forme primitive delle credenze religiose
e delle istituzioni sociali e ricostruirne l’ evoluzione storica.
Dalla critica delle teorie razziali della diversità umana, che si sviluppano nei
secoli XVIII e XIX, l’ antropologia culturale moderna trarrà parte importante della
sua legittimità di disciplina scientifica che descrive e spiega i rapporti tra unita e
diversità della specie umana.
Anche le teorie del progresso della civilizzazione sono alla base dello sviluppo
delle discipline antropologiche. Si tratta dell’ idea che la storia umana può essere
vista come un progresso regolato da leggi di sviluppo, analoghe a quelle che
presiedono lo sviluppo di un organismo biologico, valide per tutti i gruppi umani.
Due formulazioni particolarmente importanti della teoria degli stadi di sviluppo
della società e della razionalità umane sono quella del francese Auguste Comte,
che formulo la legge dei tre stadi, e quella dell’ inglese Herbert Spencer, che
sostenne la tesi che la realtà era regolata da un’ unica legge fondamentale di
evoluzione da stadi piu semplici a stadi piu complessi. In questa prospettiva
teorica, le società dell’ Europa continentale dei secoli XVIII e XIX costituivano lo
stadio di sviluppo piu avanzato dell’ umanità, mentre le popolazioni extraeuropee
erano considerate inferiori e primitive.
Ma un altro principio cardine delle teorie illuministe era quello dell’ unita psichica
del genere umano, l’ idea che tutti gli uomini conoscevano la realtà applicando gli
stessi principi di ragionamento. La differenza degli stadi di sviluppo delle varie
popolazioni era allora spiegata con la nozione di “razza”, per cui le varie razze
umane hanno abilita psichiche diverse.
Anche i padri fondatori delle discipline antropologiche Edward Burned Tylor e
Henry L. Morgan ricorreranno a spiegazioni di tipo razziale nell’ambito delle loro
teorie delle leggi di sviluppo delle forme di razionalità e della società.
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Il limite principale degli evoluzionisti e stato sicuramente quello di considerare
uno dei modi possibili di sviluppo come l’ unico modello possibile.
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“personalità di base“, e Ralph Linton, il quale elaboro i concetti di analisi dell’
interazione sociale, in particolare quelli di status e ruolo.
Emile Durkheim spiega i fatti sociali a partire da essi ed in questo risulta debitore
di William Robertson Smith, il quale ravvisa un errore metodologico nell’
evoluzionismo. Lo studioso sostiene che non ha senso interrogarsi sull’ origine
della religione, come aveva fatto Tylor, perche potremmo solo ipotizzarla, non
avremmo prove certe. E’ utile, invece, guardare ai riti concretamente agiti. Il
fenomeno religioso e un fatto sociale che ci impone di guardare nel concreto gli
individui quando si riuniscono nella celebrazione di un rito, invece di ipotizzare.
Nel suo libro Le regole del metodo sociologico (1895), Durkheim scrive che “i fatti
sociali vanno trattati come cose e non possono cambiare per la volontà del
singolo, sono dei modi di agire o pensare che esercitano un’ influenza coercitiva
sulla coscienza individuale”.
Lo studioso francese sostiene che le rappresentazioni collettive, che rientrano nel
novero dei fatti sociali in quanto stati di coscienza collettiva che si impongono alla
coscienza individuale in maniera inconscia ed apparentemente automatica, sono
particolarmente dominanti nelle società semplici.
Queste ultime sono caratterizzate da una solidarietà di tipo meccanico, in virtù
della quale coscienza individuale e coscienza collettiva sono sovrapponibili per cui
quando si verifica una violazione delle norme si mette in crisi l’ intero sistema.
Nelle società piu articolate, invece, si ha una solidarietà di tipo organico per cui
coscienza individuale e coscienza collettiva non sono perfettamente sovrapponibili
e l’ individuo ha un margine di liberta che gli consente di discostarsi dalla norma
senza mettere in crisi l’ intero sistema.
Tutta l’ opera degli esponenti della scuola sociologica francese rappresenta il
passaggio da una problematica evoluzionista ad una funzionalista nello studio dei
fenomeni sociali. Il loro obiettivo e stato quello di comprovare l’ ipotesi secondo la
quale le forme di pensiero e di socialità affermatesi nell’ Europa moderna erano il
risultato dell’ evoluzione di forme piu semplici di cui la sociologia doveva
ricostruire i meccanismi e le tappe. Questi studiosi insistettero sulla natura
sociale dei meccanismi di organizzazione della conoscenza.
Ne “Le forme elementari della vita religiosa (1912)”, Durkheim si occupa delle
origini e della natura della religione. Anche in questo caso era necessario
condurre un’ analisi su fatti, per cui lo studioso prese in considerazione le società
semplici degli aborigeni australiani. Durkheim affermo che le credenze religiose si
fondano su un’ opposizione irriducibile, fondativa della realtà stessa, che
caratterizza tutte le società arcaiche, ossia l’ opposizione tra il sacro ed il profano,
sulla quale si fonda il sistema delle classificazioni duali. E’ sacro tutto ciò che
non e profano e viceversa.
Durkheim non individua contenuti specifici, ma una dimensione speciale a
partire dai riti in cui accade qualcosa di diverso dal solito.
Altro esponente della scuola sociologica francese e Lucien Levy-Bruhl, il quale ne
Le funzioni mentali nelle società inferiori (1912) avanzava la tesi secondo cui la
mentalità dei primitivi sarebbe caratterizzata da principi di associazione dei
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fenomeni diversi da quelli logici di identità e non contraddizione. Lo studioso
sostenne che il pensiero primitivo era prelogico ed istituiva connessioni tra i dati
dell’ esperienza secondo il principio di partecipazione mistica per cui tutto e in
contatto con tutto. Secondo Levy-Bruhl, infatti, il primitivo non distingue tra
realtà sensibile e realtà ultraterrena, ma la realtà tutta si compone di livelli
interconnessi in cui agiscono forze.
Il primitivo non ha sviluppato la dimensione dell’ individualità e non riesce a
distinguere il soggetto dall’ oggetto.
Nei suoi Quaderni, pubblicati postumi (1949), Levy-Bruhl rettifica la sua
posizione affermando che non esiste una mentalità primitiva che si distingua
dalla mentalità moderna razionale per il fatto di essere mistica e prelogica, ma nei
primitivi e piu facile osservare una forma di mentalità mistica presente in ogni
mente umana di tutti i tempi e tutti i luoghi. Comunque, Levy-Bruhl si sforza di
rintracciare uno spazio differenziale dei primitivi con procedure altrettanto valide
quanto quelle dell’ uomo moderno, logiche nei termini del pensiero simbolico.
Anche Robert Herzt rientra nel novero degli antropologi appartenenti alla scuola
sociologica francese. Muore giovane nella prima guerra mondiale, ma lascia due
saggi molto importanti: La preminenza della mano destra e Studio sulla
rappresentazione collettiva della morte.
Nel primo saggio Hertz sottolinea come la mano destra sia preminente sulla mano
sinistra in termini di considerazione sociale. La mano destra e una vera e propria
istituzione sociale che gode di considerazione positiva al pari di tutto ciò che e
riconducibile al lato destro delle cose.
Nel secondo saggio, lo studioso riflette a partire dal fatto che nonostante la morte
sia un fatto naturale, tutti i gruppi umani non si sono limitati ad accettare il fatto
che la vita abbia una fine ma hanno sentito l’ esigenza di marcare quest’ evento.
Hertz s’ interroga sulla rappresentazione collettiva della morte, su cosa significhi
morire.
La morte non si limita a mettere fine ad un’ esistenza biologica, ma ad una
dimensione sociale che va ripristinata. Presso una popolazione del Borneo, Hertz
osserva un rito che corrisponde a quello delle seconde esequie di individui di un
certo rango. Si tratta di un secondo funerale ed e solo alla fine di esso che si pone
realmente fine al periodo di lutto. La morte di coloro i quali nel panorama sociale
hanno una collocazione rilevante crea un vulnus nel corpo sociale , un vuoto che
deve essere colmato. Ma non subito. E’ necessario che la società elabori il lutto ed
arrivi gradualmente alla nuova configurazione della rete di relazioni sociali. La
morte e, dunque, un fatto naturale che viene fatto oggetto di un trattamento
culturale sia per il morto sia per la società. La transizione deve avvenire in certi
tempi, che variano a seconda delle circostanze. E’ una cosa che si vede anche in
certe pratiche rituali, come quelle di iniziazione degli adolescenti all’ età adulta.
In questa cornice Arnold Van Gennep elabora la nozione di riti di passaggio. Lo
studioso individuava uno schema tripartito alla base di molti riti attraverso i
quali si rappresentano passaggi sia di natura sociale (es. riti d’ iniziazione all’ età
adulta) sia cosmologica (es. avvento di un nuovo anno). I riti di passaggio si
presentano articolati in una sequenza di atti ed operazioni, in cui ad una prima
fase di separazione dalla condizione che si abbandona, segue una fase di
margine, alla fine della quale avviene l’ aggregazione alla nuova condizione. Victor
Turner, della Scuola britannica, parla di fase preliminare, fase liminare e fase
post liminare.
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Il continuatore piu noto e originale dell’ indirizzo durkheimiano e Marcel Mauss,
che si preoccupa di esaminare le ragioni del funzionamento sociale. Il suo lavoro
più influente e Saggio sul dono (1923-24) in cui parla di varie forme di dono, tra
cui il kula dei Trobriandesi descritto da Bronislaw Malinowski ed il potlatch
descritto da Franz Boas.
Lo studioso sostenne che il donare, lungi dall’ essere un atto gratuito e volontario,
risponde al principio della reciprocità per cui all’ atto del donare segue quello di
ricevere e, in seguito, quello di contraccambiare il dono. Il dono e allora un
meccanismo di integrazione sociale a mezzo del quale si stringono alleanze di
varia natura. E’ un esempio di fatto sociale totale, ossia un fenomeno che mette
in moto tutte le istituzioni della società e cementa la coesione globale.
Il kula e uno scambio di collane e braccialetti di conchiglie rosse o bianche che si
muovono le une in senso orario gli altri in senso antiorario nelle isole Trobriand
compiendo un circolo e tornando al punto di partenza. Si tratta di uno scambio di
ordine simbolico dal valore incommensurabile. Una volta entrati nel circolo non si
può uscire, “una volta nel kula, per sempre nel kula” dicono i Trobriandesi.
Parallelamente al kula si svolge il gimwali, un commercio vero e proprio. Questo
sistema di transazioni mette in moto una grande macchina organizzativa. I beni
vengono trasportati con canoe accuratamente scolpite e dipinte, specificamente
deputate al kula. Tutta la comunità concorre alla realizzazione dell’ evento. Il
destinatario non può trattenere gli oggetti oltre un certo tempo per non scatenare
lo hau, una forza impersonale che diventerebbe negativa e si rivolterebbe contro
chi ha trattenuto gli oggetti oltre il tempo previsto.
Quest’ ultima e la spiegazione che gli attori sociali danno, ma Claude Levi Strauss
rimprovera a Mauss di essersi fermato a livello della spiegazione consapevole che
gli stessi attori sociali si danno. Secondo l’ antropologo strutturalista, infatti, lo
hau altro non e che la ragione cosciente sotto al quale gli uomini hanno colto una
necessita la cui ragione sta altrove. Questa ragione, dice Levi-Strauss, e un
principio fondativo dell’ ordine sociale, un principio di reciprocità di ordine
strutturale immediatamente dato. Questo discorso si lega alla questione della
proibizione dell’ incesto, che Levi-Strauss riconduce al sociale portando così a
compimento al massimo grado la riflessione della sociologia classica francese. La
proibizione dell’ incesto riguarda tutti i gruppi umani di tutti i tempi e tutti i
luoghi, per questo motivo potremmo collocarla a livello della natura.
Tuttavia, e una regola per cui afferisce all’ ambito della cultura. La proibizione
dell’incesto ha consentito il passaggio dalla natura alla cultura. Risponde al
principio di reciprocità come principio strutturale immediatamente dato che sta
alla base dello scambio di beni, di donne e di parole, che garantisce alla società di
sopravvivere.
Cosi lo hau costituisce la ragione dello scambio. Il dono sta alla base del sociale.
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Dopo la sua morte, la moglie di Malinowski pubblico il diario privato
dell’antropologo da cui emergeva un immagine di se e del metodo etnografico
diversa da quella presentata in Argonauti. Malinowski vi manifestava sentimenti
di insofferenza verso i nativi dissonanti rispetto a l’empatia di cui parlava nelle
sue pubblicazioni scientifiche. Inoltre, riferiva di avere rapporti con gli altri
europei residenti nelle isole.
Alfred Radcliffe-Brown formula un nuovo quadro teorico: il cosiddetto struttura
funzionalismo.
Al di là delle notevoli differenze, gli approcci teorici di Malinowski e Radcliffe-
Brown possono essere definiti funzionalisti poichè condividono l’idea che tra i
costumi, le credenze e le istituzioni di una popolazione esistano delle correlazioni
funzionali, ossia un interdipendenza sistematica.
Radcliffe- Brown dedica dei saggi ai rapporti di parentela, da cui emerge l’idea
chiave secondo cui la terminologia di parentela e l’insieme di diritti, doveri e
atteggiamenti connessi a specifici ruoli parentali, formano un sistema integrato in
base ad alcuni principi strutturali.
Radcliffe-Brown e alcuni suoi allievi delinearono la teoria della discendenza, che
caratterizzo l’antropologia sociale britannica. Secondo questa teoria
l’organizzazione del sociale passa attraverso le modalità di reclutamento dei
parenti, per cui se voglio conoscere il funzionamento del sociale e necessario che
guardi come i gruppi si organizzano. Levi-Strauss, invece, guarda ai sistemi di
parentela in termini di teorie dell’alleanza, a partire dalle analisi di Mauss.
Edward E. Evans-Pritchard capisce che c’e un certo rapporto tra il sistema di
appellativi e il sistema di atteggiamenti. Nel 1940 lo studioso pubblico una
monografia su I Nuer, una popolazione del Sud del Sudan, che l’ autore descrisse
come un modello di società “segmentaria”, in cui non vi era nessun potere
centralizzato e i gruppi definivano la loro coesione e la loro contrapposizione in
base ad un principio di “distanza strutturale” tra i “segmenti” in cui la tribù si
suddivideva.
Edmund Leach e Max Gluckman, che può essere considerato il fondatore della
Scuola di Manchester, criticarono l’ assunto funzionalista secondo cui le società
sono “sistemi chiusi” normalmente osservabili in una situazione di “equilibrio” e
di “stabilita strutturale”.
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fondamentale dell’ antropologia culturale statunitense: la natura della cultura
come “sistema di significati” che si esprime nella maniera di agire delle persone.
Geertz sostiene che la cultura e si una “rete di significati”, ma una rete che esiste
e prende forma solo nella dimensione sociale e pubblica, ossia nella misura in cui
i significati si costruiscono, trasformandosi e rielaborandosi continuamente, nella
vita sociale delle persone.
Geertz ha sostenuto che l’ antropologia, a differenza della sociologia, non mira
alla spiegazione dei “fatti” registrati dall’ etnografo mediante l’ identificazione delle
“leggi” da cui essi derivano, ma, piuttosto, alla comprensione dei significati con
cui le persone interpretano tanto i loro comportamenti quanto quelli degli altri.
Secondo lo studioso, la conoscenza antropologica risiede fondamentalmente nell’
etnografia, intesa come attivita di “descrizione densa” dei diversi intrecci di
significato che il ricercatore e capace di ricostruire nei comportamenti che sta
descrivendo.
In questo senso, la descrizione etnografica e dunque una “interpretazione di
interpretazioni” e, non una semplice “raccolta” di fatti oggettivamente “dati”.
Secondo Geertz, la cultura e un testo che l’ etnografo deve ricostruire partendo
dallo stato frammentario, incompleto ed enunciato in una lingua inizialmente
ignota, con cui esso gli si presenta. L’ etnografia può dunque essere assimilata ad
un’attivita di “testualizzazione”, che implica operazioni di “interpretazione” e
“traduzione”.
Nello scritto Dal punto di vista dei nativi: sulla natura della comprensione
antropologica, Geertz chiarisce il senso della famosa espressione di B. Malinowski
per cui, nelle sue descrizioni, il ricercatore deve cogliere “il punto di vista del
nativo”. Non significa certo che l’ etnografia si esaurisca nel racconto di un’
esperienza di immedesimazione nel mondo dei significati e dei concetti “indigeni”,
ma l’ etnografia ha senso solo se riesce, in modo convincente per tutti, a costruire
un ponte di comprensione tra il senso di quei concetti “indigeni” e quei concetti
che invece, sono “lontani” dall’ esperienza di “nativi” ma “familiari” a quel
pubblico.
Il fine ultimo dell’ antropologia e quello di ampliare il campo dell’ esperienza di
“essere umani” condivisa dagli uni e dagli altri, mostrando che la ricchezza di
questa esperienza si situa nella compresenza dei modi diversi che hanno gli
uomini di conferirle significato. Nell’ ultimo ventennio del XX secolo, molte delle
questioni sollevate da Geertz sono state riprese dal cosiddetto movimento
“postmoderno” sviluppatosi nell’ antropologia statunitense. L’ etichetta
“postmoderno” e stata proposta dal filosofo francese Jean- Francois Lyotard. In
antropologia, l’ etichetta “postmoderno” e stata spesso accompagnata da quella di
“post strutturalismo”.
Quest’ ultima si riferisce alla maniera con cui filosofi come Jacques Derrida e
Michel Foucault hanno argomentato che, diversamente da quanto lo
strutturalismo aveva postulato, l’ analisi dei concetti di “sapere” e di “discorso” e
irriducibile all’identificazione dei codici simbolici da cui essi sarebbero strutturati.
La raccolta di saggi “Scrivere le culture. Poetiche e politiche in etnografia”, curata
da James Clifford e George E. Marcus, e una sorta di manifesto programmatico
dell’ antropologia postmoderna. Il tema unificante della raccolta e quello secondo
cui le scritture etnografiche non possono piu essere considerate un semplice
resoconto analitico dei contesti culturali in cui l’ antropologo ha compiuto la
propria ricerca sul campo, ma sono testi in cui si esprimono particolari
“poetiche”, ossia strategie retoriche di rappresentazione di se e degli “altri”, che
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sono connesse alla costruzione di relazioni di potere, ossia a “politiche”. La
“fabbricazione” delle etnografie si basa sulla soggettività del ricercatore,
soggettività che non e solo legata alle condizioni contingenti della sua esperienza
di ricerca sul campo, ma anche, a monte, ai diversi contesti di natura politica
preesistenti alla sua esperienza, che la strutturano anche nel momento della
“traduzione” in scrittura.
I testi etnografici non sono dunque rappresentazioni realistiche della realtà di cui
parlano, ma “allegorie”, di carattere piu letterario che scientifico, delle relazioni di
potere tra i loro autori e i soggetti rappresentati. Clifford sostiene che l'’autorita
delle descrizioni, e dunque delle scritture etnografiche deriva dalle condizioni di
potere che rendono autorevole e retoricamente persuasivo il “racconto” di una
“cultura”, di una “società”, di un “gruppo”. L’ etnografia classica” ha costituito un
modello di “autorita monologica”, in quanto quella dell’ etnografo era l’ unica
“voce” legittimata a parlare dei modi di vita degli “altri” e a ricostruirne l’ unita e
la coerenza a partire da indizi frammentari e dalla particolare contingenza della
situazione da lui esperita nel corso della ricerca.
Dall’ acquisita consapevolezza del potere rappresentativo della propria scrittura, l’
etnografo “critico” deve elaborare nuove modalità, meno asimmetriche e piu
“dialogiche” e “polifoniche”, di “restituzione” documentaria dei risultati della
propria ricerca, che rendano visibili ai lettori le concrete condizioni e interazioni
sociali e politiche in cui essa si e svolta, dando piu spazio alle altre “voci” a
partire dalle quali costruisce il suo “quadro”: non solo quelle dei “nativi” con cui
ha interagito, ma anche quelle provenienti da altre modalità di rappresentazione:
letterarie, artistiche, giornalistiche.
James Clifford ha insistito sul fatto che “nel bene e nel male”, le etnografie del
Novecento, in modo analogo alla “cultura” stessa, non sono dei “frutti puri”, ma
dei prodotti che sono storicamente derivati dall’ intreccio dell’ antropologia con
ideologie politiche, poetiche letterarie, movimenti di avanguardia. Oggi il pubblico
delle etnografie e costituito anche da persone che provengono dalle “culture” o
“società” descritte, e ciò non può non riflettersi sul modo in cui le
rappresentazioni etnografiche sono considerate o meno “accettabili”,
“condivisibili”.
La stessa intensificazione e pervasività dei fenomeni migratori ha radicalmente
cambiato i rapporti tra “culture” e “luoghi”, rendendo improponibile l’ idea di una
loro coincidenza assoluta e invariabile.
George Marcus e Michael Fisher ritengono che nel XX secolo il contributo
veramente originale dell’ antropologia alla conoscenza del mondo contemporaneo
e consistito in un “progetto” di “critica culturale” delle rappresentazioni di se e
degli altri, e tale deve restare nel mondo contemporaneo globalizzato.
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