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INTRODUZIONE ALLA CELLULA


Vedremo quelle tecniche utilizzate per studiare la cellula, in particolar modo vedremo
la definizione di essere vivente:
● Differenze principali tra cellule procariote ed eucariote
● Studiamo gli strumenti che si utilizzano per studiare le cellule, faremo una
breve panoramica e tutte le componenti della cellula eucariotica.

come definiamo un essere vivente?


molecole di per sè non fanno un essere vivente, mentre molecole organizzate a
formare cellule si, fanno un essere vivente.
I virus che sono anch’esse molecole organizzate non sono considerati esseri
viventi.
quindi come definiamo un essere vivente?

DEFINIZIONE DI ESSERE VIVENTE: è un’entità soggetta alle leggi del mondo


fisico ed al controllo da parte dei sistemi che esprimono l’informazione in esso
contenuta.
in ogni momento della sua esistenza un essere vivente:
● E’ organizzato
● Mantiene un ambiente interno costante
● Risponde agli stimoli
● E’ adatto al suo ambiente
● Anche se può non essere nella fase di riproduzione, accrescimento, e
sviluppo, ne mantiene pur sempre la capacità potenziale.
● Ha le principali caratteristiche condivise da tutte le attività sono la presenza di
una struttura complessa organizzata (cellula)
● Presenza di un programma genetico (ereditarietà)
● Capacità di riprodursi, accrescersi e svilupparsi
● Presenza di metabolismo proprio (è ciò che distingue i virus dagli esseri
viventi).
● Capacità di interagire con l’ambiente esterno e di autoregolazione
(omeostasi)
capacità di adattamento evolutivo

Tutti gli esseri viventi sono divisi in due grandi gruppi definiti Domini, la cui
estensione consiste nel modo in cui le cellule sono organizzate in questi due sistemi:
1. eucarioti (si nucleo + organelli= strutture compartimentalizzate delimitate
da membrane)
2. procarioti (no nucleo)

Suddivisi ulteriormente in 6 regni


eucarioti: piante, protozoi, funghi, animali

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procarioti: batteri, archeabatteri

N.B La distinzione tra eucarioti e procarioti consiste nel modo in cui le cellule sono
organizzate, consiste nella presenza o meno della struttura organizzata a proteggere
e delimitare il materiale genetico, chiamata nucleo.

DEFINIZIONE DI CELLULA:
E’ l’unità strutturale e funzionale degli esseri viventi.
● Tutti gli esseri viventi sono costituiti da una o più cellule
● Le reazioni chimiche di un organismo vivente, compresi i meccanismi di
liberazione dell’energia e le reazioni di biosintesi, hanno luogo dentro le
cellule.
● Le cellule si originano da altre cellule.
● Le cellule contengono le informazioni ereditarie degli organismi di cui fanno
parte, e queste informazioni passano dalla cellula madre alla cellula figlia.

E I VIRUS QUINDI?
Non possono essere considerati esseri viventi in quanto:
● Non sono formati da cellule.
● Non possiedono un proprio metabolismo.
● Quindi questa è linea che distingue i virus non viventi all'interno delle cellule.

All’interno delle cellule eucariotiche troviamo due tipi di cellule diverse:


1. Cellula animale
2. Cellula vegetale

Per esempio la differenza principale tra la cellula vegetale e animale è la presenza di


una parete esterna alla membrana plasmatica nella cellula vegetale.
● Tutte le cellule hanno una struttura che le delimita, chiamata membrana
plasmatica, sia batteri che cellule eucariotiche.
● I batteri non possiedono nucleo mentre le cellule eucariotiche si.

N.B Tutto ciò è assente nei virus, che sono come dei cristalli di proteine al cui
interno è contenuto il materiale genetico.

LA DIMENSIONE DELLE CELLULE:


per capirlo si ricorre ad alcuni concetti della matematica (vedi diapo)
● La maggior parte ha dimensioni comprese da i 10 e i 100 micrometri
● La maggior parte dei batteri ha dimensioni comprese tra 1 e 10 micrometri
● I virus hanno dimensioni di qualche decina di nanometri
● Poi sempre più piccole ci sono le macromolecole fino ad arrivare agli atomi,
con ordine di grandezza del decimo di nanometro e quindi dell’ Angstrom.

Perchè sono piccole e soprattutto perché le cellule eucariotiche hanno tutte

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dimensioni comprese tra i 10 e i 100 micrometri, salvo alcune eccezioni?


Il motivo è di natura prevalentemente geometrica.
Se noi vediamo come cambia in rapporto tra superficie e volume di una sfera,
immaginando una cellula a forma di sferica, vediamo che all’aumentare delle
dimensione della cellula diminuisce il rapporto tra superficie e volume.
se abbiamo una cellula dal diametro di 1 micrometro vediamo che il rapporto tra
superficie e volume è di 6:1.
se noi saliamo e aumentiamo di 3 volte il diametro, il rapporto si riduce ad ⅓, diventa
2:1.
Dal punto di vista della diversità delle cellule, avere superficie limitata rispetto al
volume, rappresenta un grandissimo limite per quanto riguarda lo scambio dei
materiali, perché tutti i materiali passano attraverso la membrana plasmatica, quindi
attraverso la loro superficie, ed ecco che vediamo che le cellule per poter vivere e
poter completare adeguatamente le loro funzioni hanno bisogno di una superficie
relativamente estesa rispetto al proprio volume
Questo è il principale fattore limitante delle dimensioni di una cellula.

COME SI STUDIANO LE CELLULE:


la maggior parte delle cellule ha dimensioni inferiori a 200 micrometri, quindi la
dimensione è inferiore al potere di risoluzione del nostro occhio che è di 0,2
millimetri.
Si fa riferimento a 2 concetti:
1. Ingrandimento: aumento delle dimensioni apparenti.
Rapporto tra la misura apparente (o la dimensione in un’immagine) e la
misura dell’oggetto.
2. Risoluzione: qualità dell’immagine. Distanza minima alla quale due punti
possono essere nitidamente distinti.
Quindi per poterle vedere si usa il microscopio, un oggetto che per mezzo di lenti
aumenta le dimensioni dell’immagine e di conseguenza anche la sua risoluzione.

d= l
(n x sina)

La risoluzione è in funzione di 2 parametri:


1. Lunghezza d’onda
2. Apertura focale (caratteristica geometrica delle lenti)

MICROSCOPIO OTTICO:
Ha una capacità di ingrandimento massima e quindi di risoluzione massima
(circa 1000 volte), ciò significa che se aumento di 1000 volte le dimensioni apparenti
di un oggetto aumentano anche di circa 1000 volte i poteri di risoluzione quindi
scendiamo da 0,2 millimetri a 0,2 micrometri.
E’ formato da 2 insiemi di lenti:

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1. una presente nell’oculare.


2. l’altra presente nell’obiettivo.

Queste, possedendo un potere di ingrandimento, generano un ingrandimento


totale che è dato dalla moltiplicazione di 2 ingrandimenti singoli.
Esistono delle varianti di microscopi ottici, che consentono di ottenere delle immagini
giocando sul contrasto tra il materiale della cellula e lo sfondo come:

1. Il microscopio contrasto di fase: permette di vedere le cellule in una nuova


forma dimensionale.
2. Altre varianti sfruttano colorazioni particolari o la marcatura con fluorescenza
consentono di vedere meglio alcuni dettagli della cellula:
in particolar modo nel microscopio a fluorescenza vediamo: reticolo
endoplasmatico (rosso), apparato del golgi (blu). Nell’ultima immagine
vediamo parte del citoscheletro e in giallo i filamenti di actina

Il microscopio ottico ci consente di vedere solo alcune caratteristiche della cellula,


ma non l’interno nel dettaglio.
Un limite del microscopio ottico consiste nella lunghezza d’onda (intervallo
compreso tra i 400 e gli 800 nanometri), questo consente che il max ingrandimento
che possiamo ottenere, o meglio di risoluzione, è nell’ordine degli 0,4 nanometri
bisogna quindi usare una lunghezza d’onda più breve.
per questo si usa:

MICROSCOPIO ELETTRONICO:
E’ in grado di aumentare le dimensioni, e quindi la risoluzione portando ad un
ingrandimento massimo di circa 1 milione di volte e la risoluzione massima a
circa 0,2 nanometri, utilizzando degli elettroni accelerati, i quali hanno una
lunghezza d’onda di 3,7 picometri (molto corta), aumentando così il potere di
risoluzione.
esistono alcune varianti dei microscopi elettronici:
1. Microscopio elettronico a trasmissione: ci permette di avere immagini
della cellula a grandissima risoluzione bidimensionale.
2. Microscopio elettronico a scansione: ci permette di avere immagini
tridimensionali.
3. Microscopio elettronico a freddo ( Cryo-EM): utilizza particolari tecniche di
preparazione dei campioni e consente di ottenere immagini a grandissima
risoluzione. Vediamo nell’immagine le singole proteine.

Qual è la caratteristica comune a tutte le cellule?


tutte le cellule sono avvolte dalla membrana plasmatica, la quale rappresenta la
superficie esterna della cellula.
Essa è composta da un doppio strato di fosfolipidi chiamato bilayer, nel quale
sono incluse proteine e altre molecole.

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FUNZIONI:
● Regola il trasporto dei nutrienti e altre molecole dentro/fuori la cellula, dunque
funge da barriera selettiva.
● Regola la stabilità chimico-fisica dell’ambiente intracellulare, la cosiddetta
omeostasi.
● E’ il sito di importanti reazioni chimiche che generalmente non possono
avvenire in soluzione (metabolismo).
● Registra e trasforma i segnali provenienti dall’ambiente extracellulare
(comunicazione).
● Negli organismi multicellulari, regola le interazioni tra cellule e tra cellule e
matrice extracellulare (interazione)

2 TIPI DI CELLULE:

CELLULA PROCARIOTICA:
● Identifichiamo tipicamente i batteri, i quali hanno una struttura molto
semplice.
● Non è presente il nucleo e i sistemi endomembrana.

ne esistono 2 tipi:
1. Gli eubatteri.
2. Gli archeobatteri
● Sono organismi unicellulari che spesso si organizzano in catenelle (chains) o
grappoli (clusters).
● Sono in grado di replicarsi molto velocemente.
● Hanno dimensioni piccolissime (< 10 millimetri) che dal punto di vista
evolutivo gli ha permesso di avere grande successo.
● Visti al microscopio elettronico i batteri appaiono delimitati dalla membrana
plasmatica e da un’ulteriore parete esterna (parete cellular batterica
contenente peptidoglicano) e all’interno vediamo materiale vagamente
denso.
● Si distinguono poi delle strutture specializzate che possono essere flagelli,
ciglia, pili.
● Alcuni batteri hanno la capsula, mucosa di polisaccaridi che consente
l’adesione al substrato.

CELLULA EUCARIOTICA:
● più complessa
● Caratterizzata dalla presenza di strutture, di membrane interne, organizzate
a delimitare gli organelli, ognuno dei quali svolge un ruolo specifico nel
funzionamento della cellula.
● Dimensioni più grandi (>10 volte)
● La compartimentalizzazione ha permesso alla cellula eucariotica di
specializzarsi e formare tessuti e organi degli organismi pluricellulari.

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● Questo ha permesso anche alla cellula eucariotica di avere successo


evolutivo, proprio perchè avere organelli sgnifica avere specializzazione,
ha quindi compensato un minor adattamento evolutivo legato alla capacità di
riprodursi più velocemente con una maggiore specializazione data appunto
dagli organelli, studiati prima con la microscopia ottica e poi elettronica. Per
studiare gli organelli e quindi la loro funzione occorre separarli, per prima
cosa occorre purificare nella maniera più omogenea possibile attraverso delle
tecniche che partono dal frazionamento cellulare.

FASI DEL FRAZIONAMENTO CELLULARE:


1. Fase di omogeneizzazione:
Per purificare la cellula bisogna disorganizzare il tessuto e rompere la
cellula mediante degli omogeneizzatori i quali rompono la cellula senza
distruggere la struttura degli organelli interni.
2. Fase di separazione:
Gli organelli vanno separati mediante tecniche di centrifugazione, le quali
sfruttano le lievi differenze nella densità degli organelli. Per fare questo
vengono utilizzate delle centrifughe, la cui funzione è quella i applicare una
forza centrifuga espressa come multiplo della accelerazione di gravità, questo
termine viene chiamato RCF= relative centrifugal force.
● Più è alta la forza centrifuga operativa più è elevata la capacità di separare
gli organelli.
● Centrifugando a velocità basse (500 volte la gravità= 500 x g) possiamo
separare organelli di grandi dimensioni come possono essere i nuclei.
● Aumentando la forza di gravità fino a 10000 volte noi saremo in grado di
separare organelli di dimensioni più grandi come ad esempio i mitocondri,
aumentano ulteriormente arriveremo a separae anche le vescicole del reticolo
endoplasmatico.

La capacità di separare gli organelli dipende da alcuni parametri:


1. Dall’emissione delle particelle che vogliamo separare.
2. Dalla differenza della densità della particella e la densità del mezzo
3. dalla velocità di centrifugazione che è inversamente proporzionale alla
viscosità del mezzo e all’attrito che si genera tra la particella che si vuole
centrifugare e il mezzo.

N.B Nucleo e ribosomi hanno densità relativamente alte rispetto al mitocondrio e al


lisosoma ma il ribosoma ha un diametro decisamente piccolo, questo spiega perchè
è molto più facile centrifugare dei nuclei, che non dei ribosomi: perché il nucleo ha
delle dimensioni più grandi.
fatto questo possiamo vedere all’interno della cellula:
mitocondri, nuclei, reticolo endoplasmatico, membrana plasmatica apparato del
golci, citoscheletro etc..

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LA CELLULA VEGETALE:
Abbastanza diversa da quella animale, è infatti dotata di 3 strutture che non sono
presenti in quella animale:
1. Parete: delimita la cellula
2. Vacuoli: grandi vescicole ripiene di acqua e soluzioni
3. Cloroplasti: responsabili della fotosintesi clorofiliana
altre strutture invece sono comuni:
1. Apparato di Golgi
2. Reticolo endoplasmatico
3. Perossisomi
4. Mitocondri
5. Nucleo

STRUTTURE PRINCIPALI DELLA CELLULA:


1. Ribosomi=
● Non sono organelli ma organuli
● Sono presenti sia nella cellula procariotica che in quella eucariotica e
hanno struttura simile.
● Sono il sito della sintesi proteica che avviene con modalità simile in
tutti i tipi cellulari.
● Al microscopio appaiono come particelle tonde che nell’immagine
sembrano essere unite da un filo, esso è l’ RNA messaggero che
viene tradotto dai ribosomi dai quali sembrano partire delle strutture
filamentose che sono le proteine.
DEFINIZIONE DI RIBOSOMI:
sono particelle ribonucleiche costituite da rRNA (RNA ribosomiale) e altre 50
proteine differenti
● Nella cellula eucariotica i ribosomi possono trovarsi liberi nel citoplasma,
attaccati al reticolo endoplasmatico o all’interno di mitocondri e cloroplasti.
● Nella cellula procariotica invece si trovano liberi nel citoplasma, in quanto
non esiste il reticolo endoplasmatico.

2. Nucleo=
● E’ l’organello più grande della cellula.
● Contiene il DNA.
● E’ la sede della replicazione del DNA e della trascrizione dell’RNA.
● Contiene una struttura organizzata chiamata nucleolo nel quale
avviene la trascrizione dell’rRNA e l’assemblaggio dei ribosomi.
● Il nucleo è circondato da un involucro nucleare. Molti pori nucleari
controllano il movimento di molecole (mRNA e proteine ribosomiali)
attraverso questo involucro nucleare.
● Nella fase di divisione cellulare, la struttura bianca che si vede
nell’immagine, vagamente densa, chiamata cromatina si organizza nel
formare i cromosomi, così come li conosciamo, a forma di X.

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Il sistema delle endomembrane comprende:


● La membrana plasmatica
● L’involucro nucleare
● Il reticolo endoplasmatico
● L’apparato di Golgi
● I lisosomi.
Tutte queste strutture vengono messe in comunicazione mediante vescicole che si
muovono tra i vari organelli per trasportare materiale.

3. Reticolo endoplasmatico=
al microscopio appare come una serie di membrane parallele.
A. Reticolo endoplasmatico rugoso, chiamato così per il suo aspetto, dato
dall'associazione dei ribosomi con la superficie del reticolo.
B. Reticolo endoplasmatico liscio, non appare come membrane parallele
appiattite ma con una forma tubulare. Non ci sono ribosomi, quindi non è
associato alla sintesi proteica. Esso è il sito della degradazione del glicogeno
nelle cellule animali (sintetizza le membrane cellulari).

4. Apparanto di Golgi=
● Appare come un sistema di cisterne appiattite rivestite da membrana e
separate fisicamente.
● Riceve proteine dal reticolo e le modifica mediante la glicossidazione.
● Nella cellula vegetale, è deputato alla sintesi dei polisaccaridi della parete

N.B Reticolo endoplasmatico e apparato di golgi sono separati fisicamente ma si


scambiano continuamente materiale mediante la formazione di vescicole.

5. Lisosomi=
● Organelli che originano dall’aparato di Golgi.
● Contengono enzimi digestivi che idrolizzano macromolecole nei loro
monomeri.
● Hanno funzione di recuperare molecole e nutrienti mediante fagocitosi

LA CELLULA VEGETALE

1. I cloroplasti=
● responsabili della fotosintesi
● Prendono del carbonio organico sotto forma di anidride e lo trasformano in
carbonio inorganico sotto forma di glucosio per mezzo della luce solare e nel
fare questo produce anche molecole di ossigeno

N.B I MITOCONDRI FANNO L’OPPOSTO


Sede della respirazione cellulare

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prende il carbonio organico sotto forma di glucosio utilizzando ossigeno e restituisce


anidride carbonica e acqua e nel fare questo ha prodotto anche ATP.

2. Vacuolo= attraverso questo la cellula vegetale controlla la propria pressione


di turgore. La cellula vegetale, a differenza di quella animale possiede la
parete fatta di carboidrati.

3. Citoscheletro= oltre alle altre funzioni, serve anche a formare elementi mobili
quali ciglia e flagelli.

QUANTE CELLULE CI SONO NEL CORPO UMANO:


30 trilioni
di cui 200 tipi diversi
la forma è in funzione della loro funzione
abbiamo: eritrociti, cellule uovo, neuroni, cellule muscolare, cellule cigliate.

LA CHIMICA DELLA CELLULA


● Partendo dalla tavola periodica vediamo che il 99% di un essere vivente è
composto da: ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto, calcio, fosforo.
● Il restante 1% da: zolfo, cloro, magnesio, potassio, sodio e altri elementi
presenti in minor quantità dell’1% della massa che insieme svolgono funzioni
importantissime come il ferro e iodio.
● La molecola di acqua è quella presente in maggiori quantità, compone l’80%
in massa di una cellula.

PERCHÉ’ E’ COSÌ’ IMPORTANTE?


perché se noi studiamo la cellula dal punto di vista delle reazioni chimiche, essa
rappresenta il solvente ideale all’interno del quale far avvenire le reazioni.
CARATTERISTICHE PRINCIPALI:
E’ COMPOSTA DA IDROGENO + OSSIGENO
1. O= elemento elletroattrattore
2. H= elemento elettrodonatore
● questo genera dei dipoli, ossia delle molecole con delle parziali cariche
elettriche disposte alle estremità delle molecole che sono in grado di creare
delle interazioni deboli, in particolare legami idrogeno, con molecole di natura
simile.
● Questi legami sono deboli, ma allo stesso tempo abbastanza forti da
permettere all’acqua di essere presente allo stato liquidi ad una temperatura
tra 0 e 100 gradi, ossia alla temperatura i cui è presente sulla superficie
terrestre.
● Il legami idrogeno non riguardano solo legami tra H e O ma tra l’H e un atomo

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elettroattrattore come può essere anche l’N, tanto che sono alla base dei
legami tra le basi nel DNA e anche alla base di molte interazioni nelle
proteine.
● Il restante 20% della massa e composto da macromolecole, suddivisibili in 4
classi principali:
A. Proteine
B. Acidi nucleici
C. Carboidrati
D. Lipidi
Il restante 1% è composto da ioni e vitamine.

LE MACROMOLECOLE=
polimeri di molecole più piccole chiamate monomeri
Proteine= aminoacidi
Polisaccaridi= carboidrati
Acidi nucleici= nucleotidi
eccezione: LIPIDI= non sono veri e propri polimeri ma sono aggregati di lipidi più
semplici tenuti insieme da interazioni idrofobiche

GRUPPI FUNZIONALI:
1. IDROSSILE= OH, negli alcol
2. ALDEIDI= negli zuccheri
3. CHETONI= acetoni/zuccheri chetosi
4. CARBOSSILE= acidi organici come l'acido acetico/ amminoacidi
5. GRUPPI AMMINICI= ammine/ amminoacidi
6. GRUPPO FOSFATO= fosforo ha valenza principale di 5 ed è legato con tutti i
suoi 5 legami all’O e 2 sono gruppi OH che in acqua si dissociano liberando il
protone. presente nei nucleotidi.
7. GRUPPI SULFIDRILICI= SH, in grado di creare ponti di solfuro mediante
legami covalenti con altri gruppi sulfidrilici ad esempio nelle proteine.

1. CARBOIDRATI
classificati mediante numero di C in triosi, pentosi, esosi etc…
classificati in base alla presenza di gruppi aldeidici o chetonici in aldosi/chetosi

Polimerizzazione dei carboidrati= formazione dei polisaccaridi mediante reazione


di condensazione che coinvolge 2 gruppi ossidrilici tra i quali avviene l’unione, in
cui l’O fa da ponte e l'espulsione di una molecola di acqua.
reazione inversa: idrolisi (scissione di 2 zuccheri)= si aggiunge una molecola
d’acqua all’O separando i due gruppi funzionali.
Monosaccaridi= un solo anello
Disaccaridi= due anelli
Oligosaccaridi= 3-20 monosaccaridi
Polisaccaridi= 100/1000 monosaccaridi

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GRUPPO α o β
● Dipende da come il gruppo ossidrilico OH si posiziona nell’anello
gli zuccheri sono molecole tridimensionali nel quale gli OH possono posizionarsi o
sopra o sotto l’anello e formare legami con altre molecole posizionandosi sempre o
sopra o sotto l’anello.
Se consideriamo maltosio e lattosio:
MALTOSIO= l’O che fa da ponte da una molecola di glucosio e un’altra di glucosio si
trova sotto il piano.
LATTOSIO= dimero di galattosio e glucosio, vediamo che l’O si trova sopra al piano
dell’anello del galattosio ma sotto al piano dell’anello del glucosio.
● Questo non è particolarmente rilevante nella scrittura della molecola quanto
per trovare una dieta giusta.
● La maggior parte degli zuccheri che noi introduciamo nella nostra dieta sono
ad esempio l’amido (pasta, pane, patate) che è un polimero α-lineare di
molecole di glucosio.
● Il glicogeno, zucchero che il nostro corpo produce al livello del fegato per
immagazzinare l’energia glucosio è anch'esso caratterizzato da un legame α.
● Viceversa la cellulosa, che noi introduciamo con la dieta ma non siamo in
grado di immagazzinare, è formato da un legame β.
DIFFERENZA TRA GLICOGENO E AMIDO
GLICOGENO= ramificato
AMIDO= lineare

CELLULOSA= legame β
Questo fa sì che non venga riconosciuta dagli enzimi litici e dalle amilasi del nostro
organismo e quindi il nostro corpo non la metabolizza.

A LIVELLO DEL GUSTO…


● ci sono alcuni zuccheri che vengono percepiti più dolci di altri.
● I dolcificanti artificiali come l’aspartame e la saccarina hanno poteri
dolcificanti altissimi.
● Di recente in commercio viene utilizzato un altro dolcificante di origine
vegetale, lo steviolo, il quale non è uno zucchero ma possiede una proprietà
dolcificante 3oo volte superiore al saccarosio.

ZUCCHERI USATI ANCHE COME COMPONENTI STRUTTURALI LEGATI AD


ALTRI COMPONENTI (OLIGOSACCARIDI)

2. LIPIDI
● I più comuni sono gli acidi grassi= acidi monocarbossilici alifatici: costituiti
da lunghe catene di idrocarburi alifatici in cui ogni legame non occupato da
C viene saturato con un legame con H.
● Sono molecole anfipatiche= presenta 2 caratteristiche opposte: hanno coda

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idrofobica (apolari) ma hanno testa polare data dal gruppo carbossilico.

Gli acidi grassi formano:


A. Trigliceridi= acidi grassi uniti mediante reazione di esterificazione con una
molecola di glicerolo
B. Fosfolipidi= molecola di acido grasso unita mediante legame estere ad una
molecola di glicerolo in cui però il terzo legame non è con un acido grasso
ma con un gruppo fosfato

COMPORTAMENTO IN ACQUA:
● Essendo anfipatiche si organizzano in modo da minimizzare l’esposizione
delle code idrofobiche all’acqua. formano quindi delle strutture sferiche piene
all’interno, le micelle, in cui le code sono rivolte all’interno e le teste
all’esterno a contatto con l’acqua.
● Gli acidi grassi si trovano quindi in un’interfaccia aria acqua, come accade per
le bolle di sapone.
● C’è un sottilissimo strato di acqua delimitato ai due lati da molecole di acidi
grassi i quali espongono le proprie teste idrofile verso l’acqua e le code
verso l’esterno del sottile strato di acqua.

B. Fosfolipidi (membrane)
● Formano un doppio strato, ossia delle strutture planari.
● Parte interna= code apolari
● Parte sterna= teste polari a contatto con l’acqua

C. Steroidi
1. Colesterolo=
● Formato da 4 anelli.
● La struttura ad anello genera la formazione di molecole con struttura molto
rigida, fortemente apolare, le code essendo in C sono fortemente apolari e
una piccolissima testa polare data dal gruppo ossidrile

PROTEINE= polimeri di amminoacidi


● Amminoacidi classificati in base alla polarità, infatti dei 20 amminoacidi se ne
riconoscono la metà con caratteristiche apolari e che quindi sono
caratterizzati da catene più o meno lunghe di C o di anelli aromatici.
● L’altra metà sono invece polari e si riconoscono:
1. amminoacidi polari ma privi di cariche= serina e treonina
2. amminoacidi polari e con carica= caratterizzati o da gruppi carbossilici i
quali conferiscono carica negativa e carattere di acidità o carica positiva data
dai gruppi amminici e carattere di basicità = arginina

gli amminoacidi si legano insieme mediante reazione di condensazione a formare


un legame peptidico tra un gruppo carbossilico e un gruppo amminico con

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l’espulsione di una molecola di acqua

STRUTTURA TERZIARIA=
● Da origine al vero e proprio funzionamento della proteina.
● Legame fondamentale: ponte di solfuro dato dal legame covalente tra due
gruppi sulfidrilici, ma oltre a questi intervengono altri legami deboli: legame
idrogeno, interazioni idrofobiche, ponti salini.

STRUTTURA QUATERNARIA=
● parliamo di proteine formate da più peptidi uniti tra loro per svolgere una
determinata funzione
● Emoglobina= per poter funzionare deve unire a sè 4 peptidi diversi:
A. 2 catene α- emoglobina
B. 2 catene β-emoglobina

LE MEMBRANE
Tutti gli organelli sono circondati e delimitati da membrane, le quali condividono tutta
la struttura

LA MEMBRANA PLASMATICA
● Tutte le membrane condividono il doppiostrato fosfolipidico.
● Fosfolipidi= 2 code di acidi grassi (catene alifatiche) legate a una molecola di
glicerolo mediante un gruppo carbossilico, la quale poi prosegue con un
gruppo fosfato e una testa polare caratterizzante.
● Il glicerolo è una molecola organica formata da 3C, ad ogni C è legato un
gruppo OH.
● Il legame tra un gruppo OH e un acido forma un legame estere, in questo
caso ci sono 2 legami estere.
● Il terzo gruppo OH è legato con un acido grasso ma è legato con un fosfato, il
quale poi prosegue con una molecola basica.
● Esistono diversi tipi di fosfolipidi, i quali condividono una struttura simile:
➔ 2 acidi grassi
➔ il glicerolo
➔ il fosfato
ma terminano con gruppi polari di natura diversa.
● Nell’immagine vediamo che ogni testa polare porta una carica positiva
(fosfatidiletanolamina, fosfatidilserina, fosfatidilcolina) le quali vanno a
neutralizzare la carica negativa del gruppo fosfato, in cui la carica netta
diventa quindi 0.
● L’unica eccezione è per la fosfatidilserina, la quale porta un’ulteriore carica
netta negativa data da un gruppo carbossilico, la quale contribuisce a
conferire una carica elettrica netta negativa a questa molecola.
● Code apolari all’interno e teste polari all’esterno a contatto con l’ambiente
acquoso del citoplasma.

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● Viste al microscopio elettronico le membrane appaiono come sottili linee nere


con un interno più chiaro e l’esterno più scuro.
● Sono separate da un sottile strato di matrice extracellulare.
● Non contengono solo lipidi ma anche proteine, questo perché un doppio
strato solo lipidico renderebbe le membrane totalmente impermeabili, mentre
abbiamo visto che svolgono anche funzioni di scambio tra l’interno e l’esterno
● 50% lipidi + 50% proteine.
● I lipidi che formano la membrana non sono solo fosfolipidi ma anche
colesterolo e glicolipidi.
● I fosfolipidi si organizzano spontaneamente a formare il doppio strato grazie
alla loro forma specifica tridimensionale, infatti se noi immaginassimo un
lipide fatto da un’unica coda come potrebbe essere un acido grasso e che
quindi mantiene una singola coda apolare e una testa polare e le
immaginiamo immerse in acqua in tutta la sua forma conica, un acido grasso
tenderebbe ad organizzarsi formando delle strutture sferiche molto piccole in
cui all’interno di questa sfera ci sono le code e all’esterno le teste. Queste
strutture risulterebbero formate da un singolo strato e risulterebbero piene
all’interno.
● Se invece immaginiamo un fosfolipide nello spazio, quindi una molecola
formata da due code, esso assume una forma cilindrica, quindi quando
immaginiamo di posizionare queste molecola in acqua, si organizzerebbero
spontaneamente a formare due strati nei quali le code per minimizzare il
contatto con l’acqua, vengono rivolte verso l’interno di questo strato e le teste
all’esterno.
● Queste molecole poi si dispongono in modo da formare delle strutture planari,
le quali per la dimensione della cellula tenderebbe spontaneamente a curvarsi
fino a ripiegarsi i una struttura dalla forma sferica.

I LIPOSOMI
● E’ possibile sintetizzare in laboratorio i fosfolipidi oppure estrarre i fosfolipidi
dalla membrana. Quando lo si fa e si mette in acqua si può osservare come
questi fosfolipidi i organizzano a formare delle strutture sferiche contenenti
acqua al loro interno= LIPOSOMI
● Hanno la caratteristica di potersi fondere con le membrane biologiche
quando si trovano a contatto.
● Questa caratteristica viene sfruttata per la produzione di farmaci o pomate,
quando si vuole rilasciare una qualche molecola per un utilizzo farmacologico
all’interno di una cellula.

Le code alifatiche degli acidi grassi possono essere fatte:


1. Da idrocarburi saturi: (tutte le possibilità di legame dei C vengono occupati
da legami con H, questo consente una relativa libertà di movimento tra
molecole di C adiacenti che ad esempio possono ruotare l’uno intorno all’altro
o flettersi).

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2. Da idrocarburi insaturi: se invece abbiamo la presenza di doppi legami tra


atomi di C adiacenti, ecco che il doppio legame riduce la libertà del C,
impedendogli di ruotare e muoversi liberamente.

Dal punto di vista strutturale della membrana questo genera una grande
differenza:
● Se la membrana fosse fatta solo da acidi grassi saturi, essi si disponerebbero
in modo allineato minimizzando le distanze tra i fosfolipidi generando strutture
molto compatte.
● Se invece ci immaginiamo dei fosfolipidi in cui ci sono dei doppi legami,
questi tendono a mantenere le molecole più distanti tra loro, riducono le forze
di legame che tendono ad unire i fosfolipidi tra di loro generando delle
membrane più fluide.
Questo spiega perchè il BURRO è SOLIDO e l’OLIO è LIQUIDO a temperatura
ambiente.
Olio= acidi grassi insaturi
Burro=acidi grassi saturi

MOVIMENTO DEI FOSFOLIPIDI NELLE MEMBRANE


● I fosfolipidi possono ruotare intorno a se stessi, possono muoversi sul piano
della membrana ma non possono passare da uno strato all’altro della
membrana.
● E molto raro che un fosfolipide che si trova in uno strato esterno della
membrana, passi mediante un meccanismo chiamato Flip-Flop verso
l’interno della membrana, questo perchè per un attimo dovrebbe portare le
proprie teste a contatto con le code idrofobiche, meccanismo che dal punto di
vista energetico è molto dispendioso.

COLESTEROLO=
● Altro componente della membrana plasmatica
● Molecola molto rigida e molto idrofobica caratterizzata da uno scheletro di
carbonio formato da 4 anelli
● Anch’essa è anfipatica per la testa idrofilica oltre alla coda idrofobica
● Nella membrana si posiziona mettendo il corpo della molecola a contatto con
le code degli acidi grassi e la testa a contatto con le altre teste idrofiliche.
● FUNZIONE= regola la fluidità delle membrane soprattutto in funzione della
temperatura
● A temperature alte: quando l’energia cinetica aumenta e quindi aumenta
anche la mobilità dei fosfolipidi tendendo a far aumentare la fluidità fino a
rischiare di rompere la continuità della membrana, il colesterolo serve come
collante che mantiene uniti i fosfolipidi.
A temperature basse: quando il freddo tenderebbe a irrigidirle quasi a formare dei
cristalli cerca di distanziarle aumentando la fluidità

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GLICOLIPIDI=
● Terzo componente
● Condividono parte della struttura con i fosfolipidi, in particolar modo la
presenza di due catene alifatiche di acidi grassi.
● Ciò che li differenzia dai fosfolipidi è la presenza di carboidrati anziché fosfato
e teste polari sul lato polare della molecola.

LE PROTEINE DI MEMBRANA
Si possono associare ad essa in 2 modi diversi:
1. attraversando per intero lo strato lipidico (primi 3 casi)
2. associandosi ad uno dei due lati della membrana
nel primo caso parliamo di PROTEINE INTEGRALI DI MEMBRANA
nel secondo caso parliamo di PROTEINE PERIFERICHE DI MEMBRANA

IL DOMINIO TRANS MEMBRANA


● In questo caso è formato da α-elica.
● Se andiamo ad analizzare gli amminoacidi che compongono l’α-elica (circaa
20), vediamo che uno degli amminoacidi abbondante è la glicina (5 residui),
che è l’amminoacido più piccolo.
● La presenza di un amminoacido piccolo ad una certa distanza consente a
questa sequenza primaria di ripiegarsi formando strutture ad α-elica.
● Altra caratteristica che vediamo è che, gli amminoacidi presenti in maggior
quantità (12, in verde) sono idrofobici.
● Quindi la caratteristica principale dei domini trans membrana, che gli
permette di attraversare l’intero strato lipidico è la presenza in gran numero di
amminoacidi idrofobici.
● Esistono però proteine la cui componente che attraversa la membrana è
formata da foglietti β che si dispongono a formare delle strutture chiamati
barili e che generano delle strutture cave al loro interno dentro cui possono
passare delle molecole.
● Molte sono glicosilate
● In molte il lato extracellulare è caratterizzato dalla presenza di amminoacidi,
cistine contenenti gruppi sulfidrilici che possono formare ponti di solfuro.

ESPERIMENTO DI FRYE E EDIDIN


● Volevano dimostrare che le proteine presenti nella membrana hanno alcuni
gradi di libertà e in particolare possono muoversi sulla superficie della
membrana.
● Presero due tipi di cellule di specie diverse: una linea cellulare urina e una
linea cellulare umana le quali sono etichettabili utilizzando anticorpi specifici in
grado di riconoscere le proteine sulla superficie di queste cellule.
● Mediante poi l’utilizzo di un virus ottennero la fusione delle due cellule
generando un eterocariote.
● Osservando al microscopio a fluorescenza, un eterocariote formato da 2

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cellule diverse, ognuna marcata con un tracciante fluorescente diverso.


● Si possono riconoscere chiaramente 2 emisferi, ognuno riconducibile a una
delle due linee utilizzate nella fusione:
1. emisfero è marcato in verde
2. emisfero è marcato in rosso
● Riosservando la cellula dopo un periodo di incubazione a 37 gradi per 40
minuti, si può vedere come la colorazione è diventata omogenea: tutta la
colorazione rossa conferita dalla fusione della cellula umana si è distribuita su
tutta la cellula, così come tutta la colorazione verde, caratteristica della
marcatura della cellula urina si è distribuita lungo tutta la superficie, indicando
che le proteine nel raggio di 40 minuti sono in grado di muoversi lungo tutta la
superficie cellulare.

IL GLICOCALICE
● Struttura formata da glicolipidi= carboidrati+lipidi + glicoproteine=
carboidrati+proteine.
● La presenza di zuccheri particolarmente importante come protezione dagli
urti meccanici, infatti essendo idrofilici assorbono acqua creando una
consistenza simile a gel.
● Servono anche come filtro e molecole di riconoscimento.

Tutto questo detto fin ora porta a definire la struttura della membrana cellulare come
una struttura definita MOSAICO FLUIDO
Termine coniato da Singer e Nicolson.

LA MEMBRANA PLASMATICA
TRASPORTO DI PICCOLE MOLECOLE: OVERVIEW
● La natura idrofilica della membrana plasmatica consente il passaggio solo di
molecole che condividono con essa delle caratteristiche simili.
● Le molecole per poter attraversare la membrana devono essere
sostanzialmente piccole e neutre, due esempi sono: ossigeno e anidride
carbonica.
● Esse sono piccole, apolari e si muovono spinte dal loro gradiente di
concentrazione che rappresenta l’energia potenziale, la quale fa muovere
molecole da punti in cui sono più concentrate verso punti in cui sono meno
concentrate. In questo modo l’O può entrare liberamente all’interno della
cellula come la CO2 può uscire liberamente dalla cellula.
● Esistono delle molecole anche inquinanti che per le loro caratteristiche
possono attraversare liberamente la membrana, questo è il caso del
benzene, un idrocarburo aromatico apolare il quale è estremamente tossico
per la cellula perché è cancerogeno e che penetra ad esempio nell’organismo
attraverso la pelle.

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● Altre molecole piccole ma polari come acqua e etanolo, possono penetrare


anche se con difficoltà maggiori.
● Molecole più grandi e polari come gli zuccheri invece non possono
attraversare la membrana e hanno bisogno di trasportatori specifici così come
amminoacidi e tutti gli ioni.

Esistono diversi tipi di trasporto:


1. DIFFUSIONE=
● la molecola può attraversare la membrana plasmatica senza il bisogno
di proteine trasportatrici.
● Le particelle si muovono liberamente in un fluido fino a raggiungere un
equilibrio, ossia una concentrazione omogenea all’interno della
soluzione, dove le molecole poi continuano a muoversi perchè sono
spinte dalla propria energia cinetica ma il rapporto netto di movimento
sarà= 0 perchè tante molecole si spostano in una direzione tante
quante si spostano nella direzione opposta.
2. ALTRI MECCANISMI DI TRASPORTO= c’è il bisogno di proteine
trasportatrici

A seconda della necessità o meno di consumare energia sotto forma di ATP, questi
meccanismi si distinguono in:
A. MECCANISMI DI TRASPORTO PASSIVO (non viene richiesta energia)
B. MECCANISMI DI TRASPORTO ATTIVO (viene richiesta energia)
Una differenza sostanziale tra questi due meccanismi di trasporto è che:
● nei meccanismi di trasporto passivo, dal momento che non viene
consumata attivamente energia dalla cellula, le molecole si muovono
seguendo un proprio gradiente di concentrazione (da regioni di
maggior concentrazione a regioni di minor concentrazione).
● Nei meccanismi di trasporto attivo invece dal momento che deve
essere spesa energia per spostare queste molecole contro un
gradiente di concentrazione

OSMOSI
● E’ un tipo di diffusione particolare che riguarda l’acqua.
● Movimento dell’acqua attraverso una membrana semipermeabile.
● Per esempio se prendiamo 2 cellule: una animale (globulo rosso) e una
vegetale e queste vengono immerse in una soluzione isotonica, l’ambiente
sarà ideale e per questo non ci sarà un movimento netto di acqua nella
membrana plasmatica.
● Se invece vengono immersi in una soluzione ipertonica, in cui la
concentrazione dell’acqua è più bassa rispetto al citoplasma, l’acqua tenderà
ad uscire dalla cellula facendola raggrinzire.
● Se infine vengono immerse in una soluzione ipotonica, in cui la
concentrazione dell’acqua è più alta rispetto al citoplasma, ecco che l’acqua

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tenderà ad entrare nella cellula, il globulo rosso quindi si gonfierà, perché


l'ingresso dell’acqua crea una pressione all’interno del globulo rosso.
● Stessa cosa per la cellula vegetale, la quale non scoppierà in quanto c’è una
parete cellulare rigida che ne conterrà l’eccessivo gonfiore.

TRASPORTO PASSIVO
Mediante trasportatori:
1. Proteine che si legano direttamente.
2. Canali = proteine che in risposta a determinati segnali o stimoli formano dei
canali attraverso la membrana permettendo il passaggio di molecole
● Un esempio tipico è quello del trasporto del glucosio
● La velocità di trasporto è in funzione del numero di molecole, di trasportatori.
● Quando tutti i trasportatori sono caricati con il soluto il sistema di diffusione è
saturo.

TRASPORTO ATTIVO
Le molecole vengono spostate contro un proprio gradiente, perché avvenga la
cellula deve consumare energia sottoforma di ATP.

TABELLA: molto importante!


● Illustra la distribuzione delle principali specie ioniche che possiamo trovare
nella cellula, nel citosol e nei liquidi extracellulari.
● In particolare è importante notare come il potassio sia quasi tutto all’interno
della cellula in concentrazione di circa 140 millimolare e fuori è presente in
concentrazione di circa 5 millimolare. Situazione speculare al sodio che è
quasi tutto fuori dalla cellula.
● Altre specie importanti sono il cloro, anch’esso quasi tutto presente fuori
dalla cellula, proteine e fosfati presenti dentro la cellula.
● Il calcio è presente in concentrazioni bassissime nel citosol della cellula e in
concentrazione 1-2 fuori dalla cellula.

LA POMPA SODIO-POTASSIO ATPasi


● Esempio di trasportatore ionico attivo.
● Trasporta 3 molecole sodio fuori dalla cellula e 2 molecole di potassio
all’interno della cellula, lo possiamo quindi classificare come un antiporto.
● Il trasporto avviene contro gradiente quindi richiede energia sottoforma di
ATP .
● La pompa sodio-potassio è il principale responsabile della concentrazione
prevalentemente citosolica del potassio e della concentrazione
prevalentemente extracellulare del sodio.

Come funziona?
FASE 1= il trasportatore è chiuso ma la porzione intracellulare del trasportatore è

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aperta e accoglie 3 ioni di sodio


FASE 2= ciò che fa muovere il canale e lo fa aprire è l’interazione con l’ATP che
viene idrolizzato ad ADP e il fosfato liberato dall’ATP va a fosforilare un preciso
residuo trasportatore sodio-potassio ATPasi
FASE 3= la presenza di queste cariche negative fa cambiare la conformazione alla
molecola la quale muovendosi si apre verso l’esterno liberando gli ioni sodio.
FASE 4= con il lato extracellulare aperto verso l’esterno questo è disponibile ad
accogliere 2 ioni potassio i quali si vanno a legare in un sito vicino al sito di
fosforilazione.
FASE 5= il legame del potassio causa il rilascio del fosfato che fa richiudere il
trasportatore lasciando il potassio all’interno della cellula.

TRASPORTO ATTIVO SECONDARIO


● La figura mostra un trasportatore attivo primario a sinistra (pompa sodio-
potassio ATPasi) accoppiato ad un secondo trasportatore che non consuma
direttamente energia ma sfrutta l’energia del gradiente di sodio generato dal
trasporto attivo primario per portare all’interno una seconda molecola per
esempio il glucosio.
● Questo è quello che troviamo nella membrana apicale degli enterociti. Gli
enterociti sono cellule presenti sull’epitelio intestinale e sono i responsabili
dell’assorbimento dei nutrienti.
● Al microscopio queste cellule presentano nella zona apicale rivolta verso
l’intestino, vediamo la membrana plasmatica ripiegata a formare tanti
microvilli, il risultato di questa struttura è di presentare un’elevata superficie.
● Questo è spiegato dal fatto che su questa superficie avviene l’assorbimento
dei nutrienti, quindi più è estesa la superficie più è efficiente l’assorbimento
dei nutrienti.
● Quando la cellula deve importare glucosio all’interno, esso viene prelevato da
una zona intestinale nella quale si trova ad una concentrazione relativamente
bassa rispetto alla concentrazione che ha il glucosio all’interno della cellula.
● Quindi il glucosio quando viene portato dentro deve essere spinto contro un
gradiente di concentrazione ecco allora che il glucosio viene portato all'interno
della cellula mediante un meccanismo di trasporto attivo secondario in
quanto si muove spinto dai gradienti di concentrazione del sodio.
● Il glucosio viene poi fatto uscire dalla zona basale per poter raggiungere il
torrente circolatorio, muovendosi secondo gradiente di concentrazione perché
nella cellula si trova a concentrazioni più alte rispetto che nella membrana
basale e utilizzando quindi un meccanismo di trasporto passivo.
● Anche il sodio viene fatto uscire dalla cellula, ma in questo caso mediante una
pompa sodio-potassio ATPasi la quale porta sodio fuori dalla cellula e
potassio al suo interno.

CANALI IONICI (hanno pori idrofili)


● Proteine coinvolte nei meccanismi di trasporto.

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● Possono essere aperti in seguito a stimoli


1. Canale a ligando= regolato da una molecola segnale
2. Canale regolato da voltaggio= differenza di potenziale
3. Canale regolato meccanicamente= stimolo meccanico

1. CANALE ATTIVATO DA LIGANDO


● Un esempio è il recettore per l'acetilcolina il quale è un canale del sodio che si
apre in risposta all’interazione tra un neurotrasmettitore acetilcolina e il
proprio recettore.

IL POTENZIALE DI MEMBRANA
● Quando abbiamo parlato della membrana plasmatica abbiamo visto quanto
sia asimmetrica ed è caratterizzata dalla presenza di un fosfolipide, la
fosfatidilserina, concentrata prevalentemente sul lato citosolico della
membrana.
● La fosfatidilserina porta una carica netta negativa, ne consegue dunque che
nella membrana plasmatica esistono concentrazioni di cariche diverse: il lato
interno della membrana è più ricco di cariche negative rispetto al lato
esterno.
● Si genera quindi un gradiente di cariche elettriche, di conseguenza un
potenziale di membrana.
● Ogni membrana è quindi caratterizzata da un proprio potenziale che per
definizione è negativo in quanto è più negativo sul lato interno della
membrana plasmatica.
● Tutte le cellule lo possiedono ma è particolarmente rilevante nelle cellule
eccitabili, in quanto in esse la variazione del potenziale di membrana causa
una serie di eventi che risultano la generazione di un POTENZIALE
D’AZIONE =
● Questo nei neuroni determina la trasmissione dell’impulso elettrico, nei
muscoli la contrazione della cellula muscolare.

COSA ACCADE NEI NEURONI?


● A riposo hanno un potenziale di membrana di -70 mV.
● L’arrivo di un impulso elettrico causa una depolarizzazione della membrana
che risulta nell’apertura del canale del sodio.
● Aprendosi il canale permette l’ingresso del sodio nella cellula e quindi
consente a cariche positive di entrare nella cellula.
● Questo porta ad una depolarizzazione della membrana perché l'ingresso di
cariche positive alza il potenziale di membrana prima carico solo
negativamente e lo porta a valori positivi.
● La depolarizzazione della membrana causa allora l’apertura dei canali
potassio che fanno sì che il potassio che si trova principalmente all’interno
della cellula esca, abbiamo quindi una fuoriuscita di cariche positive che
vanno a ripolarizzare la membrana e il potenziale di membrana torna

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negativo.
● Abbiamo anche un momento di iperpolarizzazione in cui il potenziale di
membrana scende al di sotto del potenziale di riposo, questo fa sì che quel
lato della membrana non sia più rieccitabile, risultando refrattaria ad un
secondo segnale di ripolarizzazione.
● Infine abbiamo la fase di ripristino del potenziale di riposo in cui il sodio viene
riportato fuori dalla cellula e il potassio dentro ad opera della pompa sodio-
potassioATPasi.
● Questo meccanismo di generazione del potenziale d’azione seguito da una
breve fase refrattaria fa sì che l’impulso elettrico si possa muoversi in maniere
lineare e ordinata lungo l’assone.

N.B I canali ionici sono tra i principali targhet per creare farmaci per curare
malattie neurologiche e cardiache.

GLI ACIDI NUCLEICI


● Nucleotide= molecola composta da un ribosio (blu al centro) + una base
azotata + 1 o più gruppi fosfato.
● Abbiamo quindi il ribosio (5 carboni) sul C1 posizioniamo mediante un
legame N-β glicosilico la base azotata.
● E’ un composto eterociclico= formato sia da atomi di C sia atomi di azoto N.
i C vengono numerati (per la nomenclatura) e riportano anche un apice, esempio 1’
(1 primo), 2’ (2 primo) etc…
N.B la posizione del gruppo OH in posizione 5’ e la posizione del C in posizione 5’.

NUCLEOTIDE VS NUCLEOSIDE
NUCLEOSIDE= ribosio + base azotata
NUCLEOTIDE= ribosio + base azotata + gruppo fosfato

La molecola in figura viene chiamata nel dettaglio 2’-Desossiribosio, in quanto nella


molecola di ribosio abbiamo in posizione 2’ una molecola OH, componente principale
degli acidi desossiribonucleici presenti nel DNA, con la molecola di OH in posizione
2’ questa è una molecola di ribosio e sta proprio in questa molecola OH la
differenza principale tra DNA e RNA.
In acqua poi l’H del gruppo fosfato viene perso e assume carica netta negativa.

LE BASI AZOTATE
divise in 2 gruppi in base all’anello in
1. Purine= 2 anelli
2. PIrimidine= 1 anello
● Ogni acido nucleico possiede 2 purine (uguali per DNA e RNA) e 2 pirimidine

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(uguali per quanto riguarda la citosina ma troviamo la timina soltanto nel DNA
e l’uracile soltanto nel RNA).

ADENOSINA TRIFOSFATO (ATP)


● Molecola principale per lo scambio energetico
● Generata mediante fosforilazione, viene aggiunto un gruppo fosfato alla
molecola di ADP e questo avviene in maniera ciclica, ogni volta che una
molecola di ATP viene consumata per ricavare energia, l’ATP viene poi
rigenerato dalla molecola di ADP che si è formata.

DIFFERENZE TRA DNA E RNA


Consistono principalmente:
ZUCCHERO= DNA→ desossiribosio
RNA→ ribosio

BASE AZOTATA=DNA→ timina


RNA→uracile

● Gli acidi nucleici sono polimeri di nucleotidi legati tra loro da un legame
fosfodiestereo= coinvolge un fosfato presente su un nucleotide legato al C in
posizione 5’ e un ossidrile legato ad un C in posizione 3’.

BREVE STORIA DEL DNA


● Le basi della genetica risalgono al XIX sec. con Mendel (leggi di Mendel).
● Pochi anni dopo viene scoperta la nucleolina da Miescher, una sostanza
presente nel nucleo di cellule andate in contralìsi.
● Negli anni 90 viene dimostrato che il DNA è il depositario dell’informazione
genetica, ossia quella molecola che si trasmette da una cellula madre alle
cellule figlie e da genitori a figli.
● Le basi invece molecolari della struttura del DNA risalgono agli anni finali degli
anni 40, prima con Chargaff e poi con gli esperimenti di Watson e Crik.

LE LEGGI DI CHARGAFF
● Molto importanti per determinare la struttura molecolare del DNA
● Era un chimico interessato a capire come il DNA poteva essere depositario
delle info genetiche, in quanto chimico dunque analizza la molecola di DNA
dal punto di vista della composizione in basi, cercando di confrontare DNA
prelevati da tessuti diversi, specie diverse, organismi diversi e cercando di
capire se potessero esistere delle differenze nella composizione chimica delle
basi di questi acidi nucleici.
● Osservò che la composizione relativa delle 4 basi del DNA varia da una
specie all’altra.
● Ogni specie può dunque essere caratterizzata per la composizione relativa in
basi del proprio DNA.

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● Ma osserva anche che all’interno della stessa specie, il contenuto di basi è


esattamente lo stesso, quindi prelevando DNA da tessuti diversi della stessa
specie, si può osservare come il DNA sia identico, ed era l’unica molecola che
fosse veramente identica in tutti i tessuti dell’organismo.
● Questa identità veniva mantenuta anche in diverse condizioni fisiologiche, in
quanto la composizione delle basi del DNA non variava e non si modificava in
funzione dell’età o in seguito a condizioni ambientali.
● Nota infine una relazione tra la composizione di queste basi: il contenuto in
percentuale di adenina è sempre uguale al contenuto in percentuale dei
residui di timina, mentre invece il numero di residui di guanina è sempre
uguale al numero di residui di citosina.
Riassumiamo in: A+G=C+T
Le implicazioni di questa legge sono:
● Se noi conosciamo il contenuto anche solo di una base, per esempio la T=
10% del contenuto totale di basi, allora deriviamo che anche la A= 10% in
quanto deve essere uguale alla T.
● Dal momento che anche G e C devono essere in parte tra loro uguale (copia
fine diapo)

ESPERIMENTI DI WATSON E CRICK


● Sulla base delle leggi di Chargraff, qualche anno dopo, utilizzando tecniche
di diffratografia a raggi x, tecnica che consentiva di scattare fotografie ai
cristalli di molecole.
● Questi cristalli diffragono, ossia deviano i raggi x indipendentemente dalla
forma che le molecole hanno all’interno del cristallo e vanno a impressionare
una lastra fotografica.
● La presenza di una X al centro della molecola indica che la forma delle
molecole all’interno del cristallo assumeva una forma elicoidale.
● I cerchi concentrici indicavano invece la presenza di atomi disposti su più
piani equidistanti.
● Servendosi quindi delle regole di chargraff poterono dimostrare che i piani che
si osservavano lungo l’elica erano dati dalle basi appaiate.
● In base a questo sappiamo che: (copiare diapo modello tridimensionale)

APPAIAMENTO DELLE BASI


● Una purina si può appaiare sempre e solo con una pirimidina, questo per
consentire ai due filamenti di essere sempre equidistanti tra loro.
● Con queste scoperte Crick, Watson e Wilkins si aggiudicano il Premio Nobel
nel ‘62, ma venne fatto anche un riconoscimento speciale a Rosalind
Franklin che a causa delle esposizioni ai raggi x morì di cancro prima della
consegna del Premio Nobel.

COME AVVIENE LA SINTESI DEL DNA?


● Noi abbiamo un filamento in direzione 5’-3’.

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● All’estremità 5’ abbiamo un C legato ad un fosfato, mentre all’estremità 3’


abbiamo un O.
● Il filamento complementare (rosa) in direzione opposta ma sempre 5’-3’, dove
c’è sempre un C in 5’ e un o in 3’.
● Il nucleotide successivo verrà attaccato all’OH in posizione 3’ del filamento
complementare. Ci sarà la rottura del legame fosfato col rilascio di un
difosfato, ossia un pirofosfato e si forma un legame fosfodiestere.

RNA (RiboNucleicAcid)
● Dal punto di vista strutturale è molto diverso dal DNA e la differenza principale
consiste nell'avere un gruppo OH in posizione 2’ e avere una base U invece
che una T.
● Essendo presente come singolo filamento, si pensa che fosse una delle
prime molecole biologiche comparse sulla terra.
● Dal punto di vista chimico è meno stabile del DNA in quanto essendo un
singolo filamento è più delicato.
Ci sono 3 tipi di RNA
mRNA= messaggero
tRNA=trasferimento
rRNA=ribosomale
● Pur essendo un solo filamento mantiene la capacità di creare legami
idrogeno, questo avviene per esempio durante la trascrizione, ossia durante
la fase di sintesi del RNA.
● Per sintetizzare l’RNA la cellula deve sintetizzare uno stampo di DNA, quindi
l’RNA può creare basi idrogeno col DNA.
● Essendo un singolo filamento è in grado di creare regioni di auto
complementarità per creare delle strutture tridimensionali chiamate strutture
secondarie, le quali in ultimo determinano la funzione del’RNA, ad esempio
le RNA transfer (tRNA, a destra), sono polimeri relativamente brevi di RNA,
c.a 80 nucleotidi e che possiedono 4 regioni di auto complementarità che
consentono la formazione di legami idrogeno costringendo la molecola ad
assumere una struttura che ricorda quella di un trifoglio.
● Più è lungo l’RNA più è alta la possibilità di formare strutture secondarie:
● a sinistra c’è l’esempio di una RNA ribosomiale (rRNA), formato da più di
1000 nucleotidi in cui si possono riconoscere, partendo dall’estremità 5’ e
procedendo in direzione 3’, tantissimo regioni di auto complementarità che si
possono appaiare formando legami idrogeno e costringendo la molecola a
creare delle strutture secondarie particolarmente complesse.

GENOMA E CROMOSOMI
IL DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA

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● Legge universale della biologia che ci dice che l’informazione contenuta nei
nostri geni diventa proteine seguendo una via monodirezionale, cioè si parte
dal DNA e si arriva alle proteine mediante un intermedio fatto di RNA.
● I 3 processi che fanno capo a questo dogma riguardano:
1. DUPLICAZIONE DEL DNA
2. TRASCRIZIONE=conversione di una molecola di DNA in una di RNA, lettura
di un messaggio, scritto in un codice a 4 lettere presente sul RNA, convertito
in un messaggio scritto in un codice a 20 lettere, ossia quello degli
amminoacidi che compongono le proteine.
● Vedremo la conversione del genotipo= insieme dei nostri geni, in un fenotipo=
insieme dei nostri caratteri.

Perchè c’è bisogno di 2 molecole diverse per convertire l’informazione


genetica in un’informazione di proteine?
Perchè dal punto di vista funzionale il DNA rappresenta una molecola che … (vedi
diapo)
● Quindi il DNA è una molecola che per le sue caratteristiche di stabilità è la
molecola ideale per garantire il trasferimento di informazioni di un individuo
alla generazione successiva o da una cellula alle cellule figlie.
● Mentre invece l’RNA dal punto di vista funzionale è una molecola più
versatile rispetto al DNA, per cui è particolarmente adatta al trasferimento
all’interno della cellula dell’info genetica all’apparato che converte queste in
proteine, le quali rappresentano le vere molecole effettive per i fenotipici.

GENE E GENOMA
vedi diapo (prime 2 righe)
● In una visione o definizione estremamente semplicistica di gene, noi
associamo al concetto di gene il concetto di proteina, definendo il gene come
una sequenza di DNA contenente l’informazione necessaria e sufficiente
per la codifica di una proteina.
● Ma è una definizione riduzionistica in quanto se facciamo riferimento a questa
unica definizione vediamo come la porzione realmente codificata del nostro
genoma sia minima in quanto rappresenta solo l’1-2% dell’intero genoma.
● Indipendentemente dalla loro definizione, l'insieme di tutti i geni nel nucleo o
in una cellula definiscono il genoma.
● Il genoma umano è diploide, nel senso che ci sono 2 copie di DNA a doppia
elica con sequenze nucleotidiche omologhe= in genetica non vuol dire uguali.

IL GENOMA UMANO
COSA SAPPIAMO SUL NOSTRO GENOMA?
● Quello che sappiamo è grazie al progetto genoma umano (internazionale), il
quale si pose l’obiettivo di sequenziale ogni nucleotide presente all’interno dei
nuclei delle nostre cellule.
● Progetto che vede come protagonisti Francis Collins, all’epoca direttore

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dell’enaece americano, equivalente dell’Istituto Superiore di Sanità in


America e Crinvecter, biotecnologo specializzato nel sequenziamento di
genomi.
Diressero 2 consorzi (chiedere appunti)

COSA SAPPIAMO NOI DI QUESTO GENOMA?


● È grande 6.4 miliardi di paia basi (Contenuto totale di DNA) ed è ció che
caratterizza sia noi come specie che come individui.
● Cosa significa avere 6.4 miliardi di paia di basi?
Il DNA è la sede delle info genetiche, scritte in un codice di 4 lettere diverse
(basi azotate= AGCT).
● Se noi confrontiamo questo codice con quello della lingua italiana, composto
da 21 caratteri e immaginiamo il nostro genoma come qualcosa scritto su
carta possiamo immaginare che: leggendo un libro fatto di 100 pagine che
moltiplichiamo per 100 caratteri, otteniamo che alla fine del libro abbiamo letto
1milione di caratteri, per leggere 6miliardi, dobbiamo leggere 6mila libri.
● Questo significa che scrivere il genoma di una singola persona su carta
significa scrivere un’intera biblioteca.

PARAGONE CON L’ERA DIGITALE:


● Il codice usato dai computer per memorizzare le info viene definito binario
perché fatto solo da 2 caratteri: 0-1, in quanto la memoria dei computer è fatta
di circuiti.
● 0-1 si chiamano bite.
Dunque quanti bite servono per codificare 4 basi?
● Con 1 bite possiamo codificare 2 basi, perció per codificare e 4 servono
almeno 2 bite.
● 1 byte= insieme di 8bite, con 1byte quindi possiamo codificare 8 paia di
basi, per arrivare a 6miliardi servono 6miliardi/4= 1,5 gigabyte di memoria

LA PROTEINA DEL PROGETTO GENOMA UMANO


● Andando a vedere il numero dei geni codificati dal nostro genoma si è visto
che il numero dei geni non discostavano dal numero di quelli che si sapeva
già essere presenti.
● Infatti prima del progetto genoma una mono si pensava che i geni fossero
nell’ordine di poche decine di migliaia (20-30 mila).
● Di fatto poi il progetto genoma umano confermó questi numeri.

LE IMPLICAZIONI DEL PROGETTO GENOMA UMANO


● Fu il primo progetto nel quale fu possibile determinare una sequenza
tipo (standard) rappresentativa della specie umana.
● La vera sfida fu quella di, andando a sequenziare genoma di individui diversi
e confrontandoli tra di loro, vedere quali differenze ci sono tra le persone per
poter determinare le basi della diversità tra le persone e dal punto di vista

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medico la base di molte malattie trasmesse per via genetica.


● Da qui scoprirono che le differenze individuali è nell’ordine di 4 milioni di
paia di basi (ogni di noi è diverso per meno di 0,1% del genoma umano)
● L’altra implicazione oltre all’individuare una sequenza standard caratterizzante
della specie umana fu quella di gettare le basi per tecniche di
sequenziamento sempre più economiche.
● Nel grafico si può vedere come all’inizio degli anni 2000 sequenziare il
genome di una persona costasse circa 100 mila dollari (relativamente poco
rispetto ai primi anni in cui costava 3 miliardi di dollari).
● Nel 2010-2013 questi costi crollano a 1 milione di dollari
● Oggi possiamo sequenziare il genoma di una persona a meno di 1000 euro e
in tempistiche richiede un giorno di lavoro (le prime volte richiedeva mesi)

A COSA SERVE?
● Consente confrontando il genoma di individui diversi di individuare geni legati
a malattie geneticamente trasmissibili.
● Consente di identificare geni che conferiscono suscettibilità o predisposizione
a malattie quali tumori, malattie muscolari.
● Tanto è vero che oggi esistono diversi human genomes projects il cui
obiettivo è quello di sequenziare il maggior numero di genomi possibili per
individuare geni coinvolti in malattie rare o multifattoriali come la sclerosi
multipla o malattie cardiovascolari.
● Di recente è stato lanciato un nuovo progetto, il quale ha l’obiettivo di
sequenziare in 5 anni il genoma di 5000 persone per poter tracciare una
mappa genomica della popolazione valdostana in modo da poter studiare
nel dettaglio alcune malattie relativamente frequenti nella popolazione
valdostana.
OBIETTIVO FINALE:
● andare a sviluppare le MEDICINE PERSONALIZZATE (medicina di
precisione) che ci consente di adattare il trattamento alle caratteristiche
genomiche della popolazione questo perché è noto come la risposta a
determinati farmaci varia molto dalla persona che li assume, pensiamo ad
esempio alle malattie tumorali, a quei meccanismi di allergia e intolleranza
sviluppata in risposta a determinati farmaci.
● La risposta di questi avvenimenti risiede proprio nei geni.
● Dal punto di vista scientifico il il genoma umano non è l’unico ad essere stato
sequenziato ma esistono molte altre specie, tanto è vero che prima ancora è
stato sequenziato il genoma di alcuni animali (drosofila etc..) che sono
considerati modelli di studio sperimentali che hanno un genoma più piccolo di
quello umano e quindi più semplice da sequenziare, sono facilmente
coltivabili in laboratorio, occupano poco spazio e sono economici, si
riproducono velocemente e quindi possiamo studiare anche per certi aspetti
l’evoluzione o l’adattamento.
● Di questi organismi però va ricordato che molti processi fondamentali della

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biologia della cellula sono universali e sono conservati in tutte le specie


durante l’evoluzione. Questo vuol dire che studiare dei meccanismi, come
il funzionamento di un neurone, il meccanismo della divisione cellulare
in saccharomyces cerevisiae (fungo) o la replicazione del DNA nei
scriacoli, ci consente di traslare queste conoscenze nel campo della
medicina umana.
● Questi organismi hanno la caratteristica comune di essere tutti parogeni.
● Sequenziare il genoma di questi organismi può permetterci di sviluppare
antibiotici migliori e di capire il meccanismo di resistenza agli antibiotici
perché essi sono generalmente caratterizzati da un fenomeno che consiste
nell’acquisizione della resistenza agli antibiotici dovuto ad una questione
selettiva, questo vuol dire che l’utilizzo massivo di antibiotici in ospedale fa si
che si sviluppino meccanismi di resistenza, questi in genere sono dovuto
all’acquisizione di mutazioni in questi microrganismi che fanno mutazioni a
livello del genoma e rendono inefficace alcuni antibiotici o consistono nella
capacità di questi organismi di trasmettersi informazioni genetiche relativa
all’anno resistenza agli antibiotici.
● Se prendiamo in considerazione la talpa senza pelo osserviamo che è
caratterizzato da una longevità estremamente elevata tanto è vero che può
vivere fino a 30 anni quando specie molto simili come il ratto può vivere
massino 2-3 anni. Questa specie è inoltre molto resistente ai tumori, quindi
comprendere i meccanismi genetici che conferiscono queste caratteristiche
può avere grandi applicazioni nell’ambito della salute umana.
● A destra c’è l’ Axolotl (salamandra) che è in grado di rigenerare i propri arti
nel raggio di poche settimane, caratteristica che risiede certamente nel
genoma.
● Anche sequenziare il genoma della flora batterica fatta di batteri che
colonizzano il cavo orale e sono i responsabili della formazione di placche
che danneggiano i nostri denti, ad esempio ci permette di conoscere i
meccanismi mediante i quali si forma e di sviluppare i trattamenti.

RITORNIAMO ALLA SPECIE UMANA


● La specie umana è la più evoluta e complessa.
● La complessità si pensa possa risiedere nel genoma che, in quanto
complesso si pensa possa essere il più grande. In realtà se confrontiamo il
nostro genoma e lo confrontiamo con organismi decisamente più semplici di
noi come ad esempio l’ameba (unicellulare) vediamo che il nostro genoma è
100 volte più piccolo di quello dell’ameba.
● Se lo confrontiamo con quello di alcune piante (fagiolo, giglio, felce) vediamo
che sia decisamente più piccolo.
● Questo fa sì che ci debba essere qualcosa che fa sì che la complessità di
un organismo non sia correlata alla dimensione del genoma.
● Se noi andiamo ad analizzare i tipi di sequenze che ci sono nel nostro
genoma, infatti solo il 2-3% codifica le proteine, osserviamo che circa il 50% è

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fatto di sequenze ripetute, sequenze più o meno lunghe divise in diverse


classi le quali non codificano proteine e che per molti anni non si è saputo
quale funzione potessero avere, si è poi scoperto che sono sequenze
rappresentate da un numero limitato di sequenze diverse le quali durante
l’evoluzione si sono duplicate anche diversi miliardi di volte all’interno del
nostro genoma andando a rappresentare il 50%.
● Molte di queste hanno anche un’origine virale, lasciando sottintendere come
il nostro genoma sia stato oggetto di infezioni virali nel corso dell’evoluzione,
eventi nei quali per qualche motivo il virus si è integrato nel genoma della
cellula ospite, ha perso la capacità di virulenza, ossia di creare danno alla
cellula, ma viene comunque mantenuto e molte volte si è anche replicato
all’interno del nostro genoma.
● Solo una piccola parte del nostro genoma è invece costituita da geni
codificanti proteine che possono essere geni singoli o raggruppate nel
genoma come famiglie geniche… (vedi diapo)
● Sono geni codificanti proteine istoniche, presenti in tantissime copie
all’interno del nostro genoma, questo perché gli istoni sono molto abbondanti
e devono essere presenti in un numero elevato nelle nostre cellule. (Copiare
ultima parte diapo)

QUANTO È LUNGO IL DNA?


● Possiamo calcolare la lunghezza grazie agli esperimenti di Watson e Crick
perché con la pubblicazione dell’immagine del DNA è stato possibile anche
misurare le sue dimensioni per chi noi sappiamo che ogni elica ha un
diametro di 2 nm (2x10-9 m) e sappiamo che la distanza tra ogni base è di
0,34 nm ossia 3 Å. Sapendo la distanza tra le basi possiamo calcolare la
lunghezza, basta moltiplicare:
0,34 nm x 6,4 x10 alla 9 (6,4 miliardi di basi) , ramava di una lunghezza di
2m.
● Esso è organizzato in 23 coppie di cromosomi, quindi viene fuori che ogni
cromosoma è lungo c.a 1-2 cm e spesso 2 nm, il tutto sta all’interno del
nucleo, lungo 5μm.
Per avere un’idea più concreta si moltiplica tutto per 10000 quindi:
● Il filamento di DNA diventa 20 km
● Lo spessore 20 μm
● Nucleo 5 cm

IL GENOMA UMANO È DIPLOIDE, È ORGANIZZATO IN 23 COPPIE DI


CROMOSOMI organizzati secondo il CARIOTIPO.
● La struttura nella foto è la struttura che il DNA assume nel momento della
divisione cellulare, per tutto il resto del ciclo cellulare si trova srotolato
all’interno del nucleo sotto forma di cromatina.

I CROMOSOMI

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sono formati da:


1. Telomero= estremità
2. Origine di replicazione
3. Centromero= unisce i cromatidi fratelli quando la cellula si sta dividendo

COME È ORGANIZZATO IL DNA NELLE NOSTRE CELLULE?


● Se noi prendiamo il contenuto del nucleo e lo osserviamo al microscopio
elettronico vedremo solo una massa di materiale denso (immagine in alto)
● Se noi iniziamo a trattare questa cromatina con detergenti che sono in grado
di rimuovere le proteine o le proteine legate meno strettamente al DNA
vedremo un’immagine (b) costituita sempre da materiale denso agli elettroni,
organizzato però in filamenti di un certo spessore.
● Utilizzando condizioni più drastiche per rimuovere proteine che legano il
materiale genetico possiamo arrivare a vedere delle strutture molto più sottili
(immagine a) in una struttura che ricorda una collana di perle.
● Queste due immagini rappresentano come appare la cromatina quando
viene trattata in condizioni con detergenti in grado di rimuovere le
proteine che si legano più o meno fortemente al DNA.
● Nel primo caso vediamo una struttura filamentosa relativamente spessa, nel
secondo caso una struttura più sottile ma soprattutto in cui si vede una
organizzazione fatta da un filamento che attraversa delle strutture tondo tutte
con una stessa dimensione apparentemente.
● Andando ad analizzare il contenuto molecolare di queste perle esse sono
fatte di 4 proteine diverse chiamate istoni ( H2A, H2B, H3, H4) a formare un
ottagono intorno al quale si avvolgono 2 giri di DNA. Noi chiamiamo questa
struttura ottamero.
● Gli istoni sono così abbondanti proprio perché hanno la funzione di avvolgere
e impacchettare il DNA.
● Sono proteine aventi un’affinità potentissima per il DNA, quindi si legano ad
esso in maniera tanto forte da resistere ai detergenti e per avere questa
caratteristica sono proteine che devono essere in grado di legare la molecola
di DNA, caratteristica degli acidi nucleici che sono acidi (carica negativa del
gruppo fosfato) e gli istoni quindi devono essere particolarmente basici
(carica positiva), caratteristiche conferite da lisina K, arginina R, istidina
H.
NUCLEOSOMA= ottamero fatto da 8 istoni presenti in coppia intorno a cui si
avvolge il DNA.
● Il primo livello di organizzazione è quello a collana di perle.
● Per ottenere poi strutture più spesse I nucleo sono si avvolgono a loro volta
su se stessi fino a raggiungere il cromosoma vero e proprio.
● Questo viene raggiunto mediante avvolgimenti successivi quando il DNA
prima si avvolge intorno agli istoni a formare I nucleosomi che poi si
compattano e si avvolgono a formare altre strutture, fino ad arrivare a delle
fibre sempre più spesse volte risultato che alla fine di tutti questi processi di

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avvolgimento, il cromosoma risulta compattato di oltre 10000 volte la singola


molecola di DNA.

COME SONO ORGANIZZATI I GENI NEL CROMOSOMA?


● Abbiamo un cromosoma 22 che contiene al suo interno un migliaio di geni
(come tutti i cromosomi).
● Immaginiamo quindi di espandere una sequenza di questo cromosoma dove
ci sono circa 40 geni.
● Espandiamo ancora un’unità di questo cromosoma dove ci sono magari 4
geni.
● Espandiamo ulteriormente e ci focalizziamo sul singolo gene.
Quando prendiamo il singolo gene, vediamo che nei geni eucariotici, si riconoscono
3 tipologie di sequenze:
1. SEQUENZA CODIFICANTE= linee rosse
(Chiedere fine)

LA REPLICAZIONE O DUPLICAZIONE
DEL DNA
● Il meccanismo con il quale il DNA si duplica venne definito negli anni ‘50 dagli
esperimenti di Meselson e Stahl, i quali osservarono che il DNA si duplica
mediante un meccanismo semiconservativo, al termine di ogni ciclo di
duplicazione da ogni elica parietale si generano 2 eliche figlie composta da
un filamento dell’elica madre e un filamento sintetizzato da nuovo.
● Il meccanismo molecolare che invece sottintende la replicazione del DNA
venne dimostrato sempre i quegli anni da Arthur Kornberg il quale identificó
l’enzima responsabile della sintesi del DNA definito pertanto DNA
polimerasi.
● La DNA polimerasi è un enzima in grado di sintetizzare una molecola di DNA
utilizzando come stampo un filamento di DNA a singolo filamento + 1 innesco
definito primer, ossia una sequenza di DNA appaiata al filamento utilizzato
come stampo e che deve avere all’estremità un gruppo OH + singoli
monomeri (deossinucleotidi trifosfato) utilizzati per il processo di
polimerizzazione.
● La DNA polimerasi non è in grado di separare il DNA (denaturazione), quindi
non sono in grado da sole di procurarsi lo stampo a singolo filamento, ma c’è
bisogno di altri enzimi che sono in grado di separare i filamenti.
● Non è in grado di sintetizzare il DNA da zero ma hanno bisogno di un elica
preesistente appaiata al DNA stampo da utilizzare come innesco o primer.
● Il risultato è la sintesi di un secondo filamento di DNA, il quale avrà polarità
chimica opposta al filamento usato come stampo, definito per tanto
antiparallelo.
● Visto nel dettaglio abbiamo una situazione di partenza in cui abbiamo un

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filamento di DNA in cui si riconoscono le estremità 5’ e 3’. Ci sarà bisogno poi


di un filamento di DNA già appaiato all’estremità apposta.
● Ci sarà bisogno poi di nucleotidi in forma di nucleotidi trifosfato i quali
andranno ad appaiarsi e formeranno legami idrogeno con i nucleotide
presenti sul tratto di DNA a singolo filamento che arrivano in forma di
trifosfati in quanto l’energia ottenuta dalla rottura del legame pirografato
verrà utilizzata per catalizzare la formazione di un legame fosfodirestereo
tra il gruppo OH in posizione 3’ e il fosfato in posizione 5’.
● La sintesi procede solo in direzione 5’-3’.
● Le molecole di DNA sono molto lunghe, un singolo cromosoma infatti se
srotolato può arrivare ad una lunghezza di 1-2 cm, quindi è impensabile che
la duplicazione del DNA inizi da un unico punto presente all’estremità del DNA
è proceda fino all’estremità opposta del cromosoma, ecco allora che la
duplicazione inizia in più punti dislocati lungo la sequenza del cromosoma.
● Questi punti vengono chiamati ORIGINE DI REPLICAZIONE quindi sono le
sequenze particolari di DNA presenti in determinati punti lungo il cromosoma,
le quali vengono utilizzate, riconosciute e a livello delle quali inizia la
DENATURAZIONE del DNA nei singoli filamenti, un processo che porta alla
formazione di strutture chiamate bolle di replicazione.
● E’ la zona in grado di separare i due filamenti di DNA dando origine alle bolle
di replicazione si chiama DNA elicasi la quale utilizzando energia sotto forma
di ATP è in grado di legarsi al doppio filamento di DNA è di vincere le forze di
attrazione che tenderebbero a formare i ponti idrogeno tra le basi.
● Quindi l’energia consumata dalla DNA elicasi serve a separare i 2 filamenti
dell’elica in filamenti singoli.
● Quindi si crea una bolla di replicazione a livello della quale si riconoscono 2
estremità, lungo le quali procede la denaturazione ossia il disappaiamento dei
filamenti di DNA.
● Queste 2 estremità vengono chiamate forcelle di replicazione o Replication
Fork.
● La denaturazione procede alle 2 estremità della bolla, quindi lungo le 2
forcelle di replicazione.
● Man mano che la DNA elicasi procede lungo la forcella di replicazione dietro
vi è una DNA polimerasi che sintetizzando il DNA in direzione 5’-3’ andrà a
copiare il filamento rimasto singolo.
● Lo stesso avviene sull’altro filamento, quindi avremo un'altra DNA polimerasi
legata all’altro filamento, la quale procederà anche essa in direzione 5’-3’.
● La sintesi deve essere subito successiva alla DNA elicasi questo perché 2
filamenti separati non lo possono essere a lungo in quanto andranno a
riformare legami idrogeno.
● Ecco allora che abbiamo dietro alla direzione della forcella di replicazione la
sintesi che in questo caso procede in direzione 5’-3’, quindi assecondando le
leggi della biologia che impongono che la sintesi degli acidi nucleici proceda
solo in quella direzione.

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● Man mano che la forcella di replicazione si estende la sintesi del DNA


procede assecondando la direzione della forcella.
● Sull’altro filamento ci aspettiamo una sintesi che in maniera analoga
assecondi la direzione della forcella di replicazione se però fosse così la
direzione di sintesi di questa molecola dovrebbe procedere in direzione 3’-5’ e
questo non è consentito dalle leggi della biologia.
Cosa avviene allora nel filamento che noi chiameremo “lento”?
● La sintesi avviene in maniera discontinua, procede per piccoli tratti di
direzione 5’-3’ allontanandosi dalla direzione della forcella di replicazione.
● Questo vuol dire che questo filamento non può estendersi per lunghi tratti
perché poi a monte di questo ci sarebbe dello spazio in cui non avverrebbe
sintesi del DNA.
● Allora la sintesi di DNA a livello di questo filamento, chiamato lento, avviene
per piccoli tratti e in modo discontinuo: abbiamo un piccolo frammento di
DNA sintetizzato in direzione 5’-3’, allontanandosi per brevi tratti dalla
direzione della forcella, a monte di questo tratto avverrà la sintesi di un altro
piccolo frammento secondo le modalità appena descritte.
● Man mano che la forcella si allontana noi avremo la sintesi di tanti frammenti
e così via.
● Questi frammenti dovranno poi essere in definitiva uniti per creare un unico
filamento ininterrotto di DNA.
● Andando a riassumere cosa avviene a livello di sintesi sulla forcella di
replicazione, noi possiamo vedere come nella forcella uni dei due filamenti
sintetizzati, quello che noi chiamiamo filamento guida, avviene in maniera
continua, mentre invece nel filamento lento, quello sintetizzato allontanandosi
dalla direzione della forcella di replicazione, la sintesi avviene in maniera
discontinua.
● Se noi guardiamo cosa avviene a livello della bolla di replicazione, visto che
essa è costituita da 2 forcelle di replicazione, vediamo che se dividiamo la
bolla in 2 forcelle, vediamo che per ogni forcella abbiamo un tratto sintetizzato
in maniera discontinua e anche l’altro tratto, appena attraversiamo la metà
della forcella ecco che questi 2 filamenti o il metodo di sintesi dei 2 filamenti si
scambia e quello che prima veniva sintetizzato in maniera discontinua
adesso, superata la metà della forcella, la sintesi avviene in maniera continua,
viceversa quel filamento che prima veniva sintetizzato in maniera continua,
attraversando la metà in direzione della forcella, allora la sintesi avverrà in
maniera discontinua.
COME È POSSIBILE QUESTO?
● Se noi pensiamo a cosa succede nel filamento discontinuo, quello che
dovrebbe sorprenderci è che a monte di ogni singolo filamento non esiste un
innesco da cui può partire la DNA polimerasi.
● Come è dunque possibile che la DNA polimerasi possa iniziare la sintesi di un
filamento se a monte di questo non esiste un pezzo di DNA già preformato.
● Questo problema viene affrontato e superato da una particolare famiglia di

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enzimi appartenenti alla famiglia dell’RNA polimerasi, i quali polimerizzano


l’RNA invece che il DNA e che sono in grado, a differenza delle DNA
polimerasi, di sintetizzare acidi nucleici, sempre utilizzando uno stampo a
singolo filamento ma i quali non hanno bisogno di un innesco o primer, in
quanto le RNA polimerasi sono in grado di inizare la sintesi dell’RNA senza
bisogno di innesco.
● Ecco così che esistono delle RNA polimerasi particolari che vengono
chiamate DNA primasi le quali sintetizzano una breve sequenza di RNA
complementare al DNA, il quale può appaiarsi sol DNA è può fungere da
innesco per l’attacco di una DNA polimerasi.
● Quindi il ruolo di una DNA primasi è quello di sintetizzare un breve primer a
RNA dal quale partirà la sintesi della DNA polimerasi.
● La DNA polimerasi quindi riconosce questo primer appaiato al DNA con un
gruppo OH libero in posizione 3’ da utilizzare come innesco e dal quale partirà
per la sintesi del DNA.
● Quindi la sintesi del DNA procede fino a quando la DNA polimerasi incontra il
frammento successivo, in questo caso caratterizzato da un oligo RNA.
● Questo pezzo di RNA deve essere rimosso in quanto non può esistere che un
filamento di DNA sintetizzato sia costituito da miscele eterogenee di DNA e
RNA.
● La rimozione avviene ad opera di enzimi specializzati chiamati nucleasi, i
quali rimuovo l’RNA così che la DNA polimerasi possa continuare ad
estendere il DNA fino a quando raggiunge il pezzo di DNA successivo.
● A questo punto la DNA polimerasi non è in grado di legare tra loro 2
frammenti di DNA ma interviene un altro enzima chiamato DNA ligasi, che
unisce i vari frammenti.
● I frammenti generati mediante sintesi discontinua del DNA vengono chiamati
frammenti di Okazaki.
● Per riassumere: per la sintesi del filamento discontinuo del DNA occorre:
1. Una DNA primasi= che sintetizzi un innesco
2. Una DNA polimerasi= che estenda il filamento di DNA e che quindi sintetizzi
il nuovo filamento.
3. Una nucleasi= che rimuove il frammento di RNA che funge da primer
4. DNA polimerasi= che ritorna perché è in grado di estendere il frammento di
DNA fino al frammento successivo
5. Una DNA ligasi= che unisce i frammenti di DNA.
● Queste strutture richiedono dunque la partecipazione di molto enzimi e quindi
di un complesso relativamente vistoso, tantè che si può vedere al microscopio
elettronico.
● Affinché il DNA possa mantenersi separati nei suoi singoli filamenti il tempo
necessario per permettere alla DNA polimerasi di sintetizzare il DNA, ecco
che ci sono anche proteine che legano il DNA, chiamate proteine che legano
il DNA, in inglese “DNA abanding proteins”, le quali legandosi al singolo
filamento di DNA consentono al filamento di rimanere separato il tempo

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necessario per poter sintetizzare un nuovo filamento di DNA.

LA TRASCRIZIONE
(Vedi diapo)
● È la sintesi dell’RNA a partire da uno stampo di DNA.
● Per avere l’idea di cosa vuol dire espressione di un gene immaginiamo di
avere 2 geni, un gene A e uno B presenti nel nostro genoma.
● I geni, in quanto pezzi di sequenze di DNA sono in genere presenti in uguale
quantità nel nostro genoma.
● Questo vuol dire che di ogni gene abbiamo 2 copie, quindi 2 molecole per
ogni nucleo, però se noi consideriamo un possibile gene A che deve essere
espresso a livelli molto alti in un certo tessuto e un gene B che invece deve
essere espresso a livelli molto bassi nel nostro tessuto (questa situazione può
cambiare in tessuto diversi) dobbiamo immaginarci una situazione in cui da
un ugual numero di molecole di DNA dobbiamo ottenere un numero diverso di
molecole di RNA.
● Questo perché per avere tante proteine in un tessuto possiamo aspettarci di
avere bisogno di tante molecole di RNA in questo tessuto.
● Ecco allora che esistono dei meccanismi che facciano sì che pur avendo uno
stesso numero di molecole di DNA, queste molecole devono essere trascritte,
ossia convertite in RNA con efficienza diversa a seconda dei geni considerati
e successivamente, quando parleremo di traduzione, anche le molecole di
RNA possono essere tradotte con efficienza diversa a seconda della quantità
di proteine effettivamente necessarie all’interno del tessuto.

COSA VUOL DIRE TRASCRIVERE UN GENE?


● Noi partiamo da una molecola di DNA che nasce come molecola a doppio
filamento e la dobbiamo convertire in una molecola di RNA.
● Il principio di base è molto simile alla replicazione del DNA, nel senso che per
poter trascrivere un DNA in RNA occorre separare la molecola di DNA nei 2
filamenti in quanto questi servono da stampo per la sintesi della molecola di
RNA.
● La differenza però rispetto alla duplicazione del DNA consiste che nel caso
della trascrizione, solo 1 dei due filamenti porta l’informazione necessaria
alla trascrizione, quindi solo 1 serve come stampo.
● Immaginiamo che lo stampo sia quello in basso (diapo).
● Le regole della sintesi dell’RNA sono molto simili alle regole che governano la
sintesi del DNA nel senso che:
1. Valgono le regole dell’appartamento di basi
2. La differenza sta nella Timina, al posto della quale abbiamo l’ Uracile, il quale
si appaia con l’Adenina.
● Dal punto di vista della nomenclatura dei due filamenti di DNA, visto che i 2

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filamenti portano info diverse, allora il filamento usato come stampo


dall’enzima che sintetizza l’RNA, in genere viene chiamato filamento
antisenso.
● Questo può essere contro intuitivo in quanto il filamento porta l’info per la
sintesi dell’RNA e al contrario, chiamiamo filamento senso il filamento
complementare.
● Questo perché se guardiamo la sequenza che si genera (vedia diapo
sequenza 5’) e la confrontiamo con il filamento senso vediamo che la
sequenza di fatto è la stessa.
● Quindi in altri termini, il filamento che porta l’informazione identica all’RNA che
si va a creare è l’altro filamento e questo è il motivo per cui lo chiamiamo
filamento senso e il filamento che usiamo come stampo, filamento antisenso.
● Dal punto di vista molecolare la sintesi dell’RNA avviene in maniera molto
simile a quella del DNA.
● Quindi noi avremo un DNA stampo che ha un suo orientamento 5’-3’. Il
filamento che si origina avrà in questo caso un filamento anticomplementare,
nel senso che la sintesi, procedendo in direzione 5’-3’, genererà un filamento
con polarità opposta al filamento utilizzato come stampo.
● Dal punto di vista chimico ci sono molte analogie tra la sintesi di DNA e RNA,
in quanto anche nel caso della sintesi dell’RNA, la sintesi procede
aggiungendo 1 nucleotide trifosfato (ribonucleotidi, mentre nel DNA
abbiamo i deossiribonucleotidi) alla volta, si rompe il legame fosfato e
l’energia liberata viene utilizzata per catalizzare la formazione del legame
fosfodiestereo.

TIPI DI RNA
Dal punto di vista della nomenclatura dell’RNA riconosciamo diversi tipi
Gli RNA che vengono prodotti all’interno della cellula, vengono in genere classificati
in base alla funzione (vedi diapo)

RNA POLIMERASI EUCARIOTE


● Per ognuno dei primi 3 RNA (quelli a cui ci dedichiamo), esistono 3 RNA
polimerasi diverse, dedicate alla loro sintesi.
● A differenza della sintesi del DNA, dove tutto viene sintetizzato dalla stessa
DNA polimerasi, in questo caso abbiamo delle RNA polimerasi specializzate
nella sintesi di determinati tipi di RNA. (Copia diapo)

COME FA UNA RNA POLIMERASI A SAPERE DOVE INIZIARE A TRASCRIVERE


IL PROPRIO RNA?
● A differenza del DNA che nella replicazione viene copiato per intero, invece
per quanto riguarda la trascrizione, gli RNA sono molecole discrete che vanno
a ricopiare sequenze, quindi regioni piccole del DNA genomico, ecco allora
che esiste un meccanismo che permette all’RNA polimerasi di capire dove
iniziare a trascrivere e fin dove continuare a trascrivere.

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● Ecco allora che un gene è caratterizzato da sequenze specifiche avente


nome di sito di inizio e sito di terminazione (stop site) della trascrizione.
● In genere a monte del sito di inizio c’è un promotore= una sequenza di DNA
aventi funzioni regolative.
● Vicino ai promotori ci sono gli enhancer= altre sequenze che hanno la
funzione di controllare dirigere la trascrizione di un gene.
● L’inizio di una trascrizione è determinato dal fatto che tra le sequenze
promotrici esistono delle sequenze consensus che vengono riconosciute da
proteine specifiche, in grado di riconoscere queste sequenze, chiamati fattori
di trascrizione.
● Sono di fatto in grado di legare il DNA (DNA abalding proteins) e che
riconoscendo determinate sequenze si legano e in seguito a interazioni con il
DNA reclutano sul DNA l’RNA polimerasi, la quale poi venendo reclutata
inizierà a trascrivere.

CARATTERISTICHE DELL’RNA POLIMERASI


● È un enzima molto complesso è grande che possiede alcune caratteristiche
che mancano alla DNA pilimerasi, per esempio l’RNA polimerasi eucariotica
è in grado di svolgere la doppia elica, ha dunque attività elicasica.
● La seconda caratteristica interessante è che non necessita di un primer,
questo vuol dire che una volta che viene posizionata sul sito di inizio della
trascrizione è in grado di iniziare la trascrizione in autonomia.

COME FUNZIONA
● Dal punto di vista molecolare. (Vedi diapo)
● In alto abbiamo un gene e in rosso la porzione del gene del DNA che deve
essere trascritta.
● A monte del gene, ossia nella zona del promotore, ci sono delle sequenze
consensus, la più comune negli eucarioti è la TATA box, caratterizzata proprio
dalla sequenza TATA e viene riconosciuta dai fattori di trascrizione, ossia
proteine che legano il DNA, le quali dopo aver formato un complesso di
proteine legate al DNA attivano sul sito di trascrizione l’RNA polimerasi.
● Distalmente rispetto al promotore si possono trovare delle altre sequenze
regolatorie, le enhancer.
● Anche l’enhancer contiene una sequenza consensus che viene riconosciuta
da proteine specifiche, le quali interagiscono con le enhancer.
● Esiste poi un meccanismo mediante il quale in maniera indiretta queste
proteine che legano le enhancer interagiscono con i fattori di trascrizione e
questo porta il DNA del gene a piegarsi e quello che sappiamo oggi è che
anche la struttura che assume il DNA di un gene influisce sull’efficienza con
cui questo gene viene trascritto.
● In particolare, un DNA piegato in questo modo, a formare un’ansa è un DNA
che è in grado per qualche motivo di attivare con efficienza molto alta la
trascrizione di un gene.

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● Una volta che l’RNA polimerasi si lega al DNA, essa è in grado di procedere
lungo la trascrizione.
● L’unico inconveniente che può incontrare è la presenza dei nucleosomi,
ossia DNA avvolto intorno agli istoni, il quale potrebbe rallentare o bloccare
l’attività dell’RNA polimerasi.
● Ecco allora che a monte, di fatto come fanno le elicasi nel DNA, esistono degli
enzimi chiamati istoni acetilasi, i quali modificano chimicamente gli istoni i
quali poi si staccano dal DNA, permettendo quindi al DNA di svolgersi e
all’RNA polimerasi di muoversi lungo il gene da trascrivere.
1. Un RNA appena trascritto non è immediatamente pronto per essere
tradotto, anzi un mRNA appena trascritto non è subito pronto per
essere tradotto, questo almeno nei geni eucaristici.
● Questo perché esiste una barriera fisica tra trascrizione e
traduzione rappresentata dall’involucro nucleare: la
trascrizione avviene all’interno del nucleo mentre la traduzione
all’esterno.
● Quindi un mRNA prima di essere tradotto deve essere prima
esportato fuori dal nucleo.
2. Secondo motivo per cui non può essere subito tradotto è che gli mRNA
devono andare incontro almeno a 3 modificazioni trascrizionali: un
RNA appena trascritto deve essere maturato mediante 3 processi
chiamati:
a. Capping
b. RNA splicing
c. Poliadenizzazione

IL CAPPING
=incappucciamento
● Consiste nell’aggiunta al 3’, ossia all’inizio dell’mRNA, di un nucleotide
modificato rappresentato da 7-metilguanosina (è una guanosina, ossia 1 dei 4
nucleotidi il quale risulta modificato da un gruppo metilico legato all’azoto e
che viene unito in direzione 5’-5’ sul mRNA non ad un fosfato ma ad un
trifosfato.
● Questo implica che questo nucleotide non può essere aggiunto da un’RNA
polimerasi.
● Di fatto questo nucleotide viene aggiunto al contrario.
● È una sorta di cappuccio o tappo che blocca l’estremità del 5’ di un mRNA
Ha una duplice funzione:
1. Protezione dall’azione di enzimi in grado di degradare gli acidi nucleici e che
vengono chiamati RNA nucleasi che attaccano gli RNA partendo dalle
estremità (o 3’ o 5’) e li degradano procedendo verso l’interno della molecola.
Il cappuccio viene aggiunto da particolari enzimi chiamati fattori che
aggiungono il cappuccio.
2. L’altra funzione, la vedremo più nello specifico quando si parlerà di

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traduzione. Di fatto gli mRNA vengono etichettati per essere identificati come
RNA che devono essere tradotti.
● Esistono dei fattori di inizio della traduzione chiamati eIF (fattori di inizio
eucaristici) i quali si legano al cap.

SPLICING
● La seconda modificazione consiste nell’aggiunta di una lunga coda di
Adenine al 3’ della molecola.
● Quando l’RNA polimerasi ha terminato la trascrizione dell’RNA esistono degli
e siamo chiamati poli-A-polimerasi che aggiungono questa cosa di Adenina.
● Questa cosa può anche essere lunga centinaia di basi, anche in questo caso
la poliadenizzazione svolge un duplice ruolo:
1. Protezione del mRNA.
2. Anche in questo caso la seconda funzione riguarda la traduzione, queste
lunghe code di poli-A vengono riconosciute da proteine specifiche chiamate
proteine che legano il poli-A che riconoscono e legano queste code e
coprono l’intera sequenza di poli-Adenizzazione.
● Queste proteine si legano alla coda di poli-A, i fattori di inizio eucariotici si
legano al cap, esistono altri eIF che si legano a questa struttura.
● Se noi guardiamo le poli balding protein vediamo che interagiscono con i
fattori di inizio eucariotici costringendo l’RNA a piegarsi formando una
struttura pseudocircolare (vedi diapo) che nella traduzione viene riconosciuta
dal ribosoma come un mRNA. Questa forma è ciò che fa riconoscere che è
un RNA che deve essere tradotto.

SPLICING
● Ultima modificazione post trascrizionale.
● Partiamo vedendo il concetto di espressione genica che passa attraverso il
meccanismo di trascrizione e traduzione.
● Abbiamo una sequenza di DNA che viene convertita in una sequenza di DNA
che viene convertita in una sequenza di proteine.
● I geni non sono organizzati in strutture lineari ininterrotte che vengono
trascritte prima in maniera ininterrotta e tradotte in maniera interrotta, ma se
noi andiamo a vedere dove si posizionano le sequenze tradotte e quindi
codificanti di un gene noi vediamo che i geni eucariotici sono in genere sono
organizzati come vediamo in figura: le sequenze codificanti in un gene
possono essere interrotte da sequenze non codificanti.
● Noi chiamiamo le sequenze codificanti esoni, queste sequenze che
interrompono la continuità vengono chiamati introni. Quello che succede è
che l’RNA polimerasi non è in genere in grado di distinguere le sequenze
codificanti e non.
● Questo vuol dire che l’RNA polimerasi genera un mRNA definito precursore,
ossia pre-mRNA che deve poi essere processato a rimuovere le sequenze
non codificanti che chiamiamo introni.

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● Questo meccanismo di taglia e cuci secondo cui l’introne viene tagliato e i


due esoni vengono uniti tra loro si chiama RNA splicing.
● In una visione più completa dell’espressione genica vediamo come esista una
fase in più, una prima trascrizione in cui l’RNA immaturo viene sintetizzato
come una lunga sequenza di RNA.
● Una seconda fase di splicing in cui gli introni vengono rimossi e infine una
fase di traduzione in cui l’mRNA viene processato come RNA immaturo viene
tradotto.

La situazione reale che avviene nei geni aucariotici è di questo tipo:


● Un gene è composto da molti esoni interrotto da altrettanti introni, se abbiamo
5 esoni, abbiamo 4 introni, questi verrano trascritti come un’unico mRNA, pre-
RNA molto lungo e successivamente gli introni verrano rimossi e gli esoni uniti
tra loro.
QUALE PUÒ ESSERE IL SIGNIFICATO DI QUESTO MECCANISMO?
● Immaginiamo di avere un gene X che viene espresso in più tessuti diversi, per
esempio espresso nel muscolo ma viene espresso in muscoli diversi, quindi
ad esempio muscolo cardiaco e uterino.
● Può capitare che un gene di questo tipo fatto di 5 esoni vada incontro ad un
meccanismo di splicing definito alternativo, ossia in cui il riarrangiamento dei
singoli esoni prosegue con lo stesso schema.
● Nel caso del muscolo cardiaco dei 5 esoni ne vengono usati solo 4 in quanto
vengono uniti tra loro gli esoni 1235.
● Nel muscolo uterino vengono uniti gli esoni 1345. La conseguenza di questo
meccanismo è che partendo da uno stesso gene avremo 2 proteine
leggermente diverse tra loro.
● La proteina prodotta dal muscolo avrà una sequenza in cui mancherà la
sequenza amminoacidica, la porzione relativa alla sequenza codificante
presente sull’esone 4 mentre invece mancherà nel muscolo uterino la
sequenza codificante presente sull’esone 2.
● Questo dal punto di vista biologico rappresenta un aiuto alla complessità
biologica degli organismi perché vuol dire che noi da un gene possiamo
ricavare molte proteine diverse.
QUANTE PROTEINE DIVERSE POSSIAMO OTTENERE DA UN SOLO GENE?
● Se per esempio abbiamo 4 esoni possiamo ottenere un numero molto alto di
combinazioni perché riassemblando il gene in diversi modi possiamo ottenere
combinazioni diverse.
● Lo splicing alternativo però funziona solo saltando dati esoni ma non funziona
cambiando l’ordine degli esoni. L’unica cosa che può fare è togliere o inserire
esoni diversi presenti sul gene codificante.
● Prendiamo ad esempio il gene dell’ α-tropomiosina, proteina responsabile
della formazione del citoscheletro e apparato contrattile, la troviamo quindi in
cellule muscolari ma anche in cellule non contrattili quali fibroblasti e neuroni
in cui forma elementi importanti del citoscheletro.

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● Ecco che a seconda del meccanismo di splicing che riceve questo gene può
svolgere funzioni diverse: o contrattili o di sostegno e trasporto.
● Il macchinario responsabile della formazione di questo meccanismo si chiama
spliceosoma in cui si contano c.a 200 proteine diverse e partecipano RNA
diversi. Questo non vuol dire che partecipano nelle stesse cellule in quanto
per poter effettuare splicing alternativo, quindi schemi di splicing diversi in
cellule e tessuti diversi significa che in alcune cellule saranno espressi solo
alcuni di questi RNA e alcune di queste proteine

FUNZIONAMENTO DELLO SPLICING ALTERNATIVO DAL PUNTO DI VISTA


MOLECOLARE
● Abbiamo un gene X in cui si riconoscono gli esoni e gli introni.
Come fa la cellula a capire dove finisce l’esone e dove inizia l’introne?
● Lo capisce perché esiste al confine tra questi due delle sequenze
consensus, sequenze nucleotidiche che definiscono un codice che da questa
info.
● Nella figura vediamo che ad esempio al 3’ possiamo trovare una sequenza
CAG|G, al 5’ una sequenza MAG|GTRAGT, in cui la M è una A o una C e la
R una A o una G.
● Esiste anche una sequenza consensus all’interno dell’introne che dice alla
cellula che questo è un introne.

COME AVVIENE LO SPLICING ALTERNATIVO


● Viene dapprima tagliato in 5’ dell’introne, quindi la cellula riconosce
inizialmente il 5’ dell’introne e lo taglia con attività nucleasica.
● Dopodiché l’estremità 5’dell’introne viene neutralizzata, viene bloccata per
impedire che questa estremità venga poi rilegata agli esoni rilasciati da
questo meccanismo.
● La neutralizzazione avviene andando a legare l’estremità 5’ a quella A che
abbiamo visto essere all’interno dell’introne e formare la sequenza
consensus.
● Si genera quindi una struttura a cappio da cui prende il nome struttura
cappio (RNA circolare).
● Dopo la formazione del cappio può venire tagliato l'introne al 3’, viene dunque
rilasciato e le due estremità dell’RNA possono essere unite tra loro.
● Per finire, alla fine della trascrizione abbiamo un RNA che può finalmente
uscire dal nucleo.
● Viene quindi trascritto come RNA primario e viene legato da tantissime
proteine, perché ci sono proteine che legano il cap, le poly-A-binding
proteins, le proteine dello splicing etc…
● In seguito a tutte queste modificazioni, quando l’RNA è stato maturato
completamente rimangono legate ad esso poche di queste proteine: quelle
del cap, le abinding e le esportine che riconoscono l’mRNA e legandosi alle
proteine del poro nucleare le esportano all’esterno del nucleo.

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● Una volta fuori dal nucleo, nel citosol, viene legato da altri fattori di inizio
eucariotici che legandosi al consentono la circolarizzazione dell’RNA in
quanto portano l’estremità 3’ a contatto con l’estremità 5’ dell’RNA e a questo
punto l’RNA è pronto per essere tradotto.

LA TRADUZIONE
● Come fa la cellula a convertire un’informazione scritta su un linguaggio di sole
4 lettere in un linguaggio scritto in un codice di 20 lettere, ossia gli
amminoacidi.
● Non esiste un rapporto 1:1, l’unico rapporto che ha è quello di leggere le 4
basi in gruppi di 3 e 3, quelli che noi chiamiamo codoni.
● Sappiamo infatti che 3 basi lette in maniere sequenziali specificano 1 singolo
amminoacido.
● Questo consente di generare 4 alla 3ª= 64 combinazioni che sono più che
sufficienti per codificare gli amminoacidi.
● Questo significa che per più amminoacidi esiste più di una possibile
combinazione con la loro codifica, il termine che ci dice come il codice
genetico sia degenerato o rindondante.
● Questo concetto indica il fatto che più di un codone identifica un amminoacido
ma non è vero il contrario, ossia che più di un amminoacido sono specificati
da uno stesso codone.

CORNICE DI LETTURA DEL CODICE GENETICO


=Il codice genetico viene letto in maniera sequenziale a gruppi di 3 in 3
● Le informazioni relative al codice genetico, ossia a quel sistema di codifica
con il quale la cellula assegna ad ogni singolo amminoacido una specifica
tripletta, è riassunta in questa tabella che ci permette di capire quale proteine
viene identificata da una certa sequenza:
● Per convenzione le sequenze nucleotidiche vengono scritte partendo
dall’estremità 5’.
● Questa tabella presenta 3 entrate, con le 4 lettere scritte in ordine
decrescente, ossia le lettere grandi rappresentano la prima lettera del codone,
quella con caratteri intermedi la seconda lettera e quelle con caratteri piccoli
la terza lettera.
● Per vedere qual è il codice codificato dalla tripletta AUG ci posizioniamo nella
prima lettera e vediamo come tutti questi amminoacidi sono codificati dai
codoni che iniziano con la A, troppi per dare un singolo codone a un singolo
amminoacido.
● Allora si prosegue con la seconda lettera: la U.
● Ci posizioniamo in prossimità della seconda serie di lettere, andiamo
all’incrocio e vediamo che sia isoleucina che mito una iniziano con la

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doppietta AU, anche in questo caso non è univoco attribuire un singolo


amminoacido.
● Andiamo con il terzo codone, ci mettiamo in prossimità della G, vediamo
l'intersezione dei 3 e vediamo che a questo punto 1 solo amminoacido è
codificato da questo specifico codone AU.
● Procedendo possiamo vedere come CUC è codificato da LEU. Ecc…
● Terminata la sequenza non è importante leggere cosa c’è dopo in quanto
quando la cellula incontra un segnale di STOP interrompe la traduzione

CARATTERISTICHE DEL CODICE GENETICO


● In genere la maggior parte delle proteine, iniziano con lo stesso codone AUG
che codifica la metionina.
● Contiene poi 3 codoni di STOP: UAG, UAA, UGA che determinano
l’interruzione della sintesi della catena protidica.
● ll codice è identico nella maggior parte degli organismi viventi, che quindi
utilizzano una stessa chiave di lettura per decifrarlo, ma non è universale in
quanto i mitocondri e i cloroplasti nella cellula vegetale hanno un proprio
codice genetico e anche alcuni microorganismi evolutamente molto distanti
dai batteri, ossia gli eubatteri.

COSA SUCCEDE SE C’È UNO SLITTAMETO DELLA CORNICE DI LETTURA


● Se c’è una mutazione che può portare all’inserzione o un delezione della base
codificante.
● In quel punto allora la lettura slitta, la lettura della cornice slitta anch’essa
andando a codificare una sequenza amminoacidica totalmente diversa.
● Questo tipo di mutazioni sono quelle che a livello genetico comportano danni
maggiori in quanto la mutazione anche di una singola sequenza può dare
origine a proteine completamente diverse.
● È il caso delle: MUTAZIONI PUNTIFORMI
a sostituzione di una base porta alla sostituzione di un amminoacido in quanto
questa tripletta GAG che codifica l’amminoacido glutammico viene sostituita
con la T, ottenendo una tripletta GTG che codifica l’amminoacido valina.
● Questo in alcuni casi può portare a delle malattia anche gravi come nel
caso dell’anemia falciforme in cui avviene una mutazione dei geni
codificanti dell’emoglobina e ciò porta alla produzione dell’emoglobina
che non funziona più correttamente e che non è più solubile con il
citoplasma dell’eritrocita e che non è più stabile.
● Essa allora precipita portando o inducendo queste grandi
mutazioni a livello dei globluli rossi. Essi sono in genere di forma
tondeggiante che gli permette di scorrere facilmente nel sangue anche
nei capillari più piccoli.

TRADUZIONE DAL PUNTO DI VISTA MOLECOLARE


● Conversione di un segnale di 4 lettere in un segnale di 20 lettere, ossia

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traduzione di un codice scritto in 4 lettere in uno scritto in 20 lettere.


● Dal punto di vista molecolare questo è possibile grazie ad una molecola che è
in grado di leggere un segnale scritto su un codone e convertirlo in un
amminoacido.
● È in grado di attribuire una specifica sequenza nucleotidica ad uno specifico
amminoacido.
● Questa molecola è l’RNA transfer o tRNA, il quale presenta una regione in cui
si può formare complementarietà tra le basi presenti come il codone per il
mRNA e una sequenza di 3 basi presenti sul tRNA.
● Ad un certo punto questo RNA presenta anche associato ad esso per un
anticodone specifico, un amminoacido specifico (vedi diapo)
● Vediamo che per i 20 amminoacidi esistono diversi codoni codificanti con
l’amminoacido, solo in 2 casi: metionina e triptofano abbiamo un unico
codone che specifica per un amminoacido.
● Negli altri casi vediamo che si può arrivare ad avere anche 6 codoni diversi
codificanti lo stesso amminoacido.
● Notare come l’evoluzione ha creato una sorta di pressione selettiva nel quale
vediamo come esiste una logica nella scelta e attribuzione dei vari codoni
possibili ad uno stesso amminoacido: per la maggior parte di questi
amminoacidi vediamo come in questi casi le prima basi sono le stesse, per
esempio per la leucina avremo 4 possibili codoni e le prima basi sono sempre
CU e poi la quarta base varia di conseguenza.

L’RNA TRANSFER
● Dal punto di vista molecolare è una piccola molecola di RNA che per effetto di
sequenze complementari interne, quindi sono presenti al suo interno delle
sequenze che possono creare complementarietà ossia legami idrogeno,
piega la molecola di RNA assumendo una forma con 3 anse e che ricordano
un trifoglio.
● In ognuna di queste anse è presente un’intera sequenza che chiamiamo
anticodone ed è quella che serve per formare un’interazione con l’mRNA.
● All’estremità del tRNA è presente un amminoacido, il cui tipo dipende dalla
sequenza portata dell'anticodone.

COME FA LA CELLULA AD ASSOCIARE UNO SPECIFICO AMMINOACIDO AD


UNO SPECIFICO ANTICODONE?
● Esistono degli enzimi chiamati Aminacil-tRNAsintetasi che hanno il compito
di accoppiare con legami covalenti un particolare amminoacido ad un
particolare tRNA contenente uno specifico anticodone.
● Questi enzimi possiedono 2 tasche:
1. In una alloggia il tRNA specifico
2. Nell’altra un amminoacido specifico che mediante l’utilizzo di energia
sotto forma di ATP forma un legame covalente tra il gruppo OH al 3’ del
tRNA e il gruppo carbossilico presente sull’ amminoacido.

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RIBOSOMA
● Il macchinario che fisicamente te sintetizza le proteine.
● È una particella ribonucleoproteica, ossia sono complessi formati da proteine,
RNA.
● Sono molto grandi, è formato da 2 subunità: le 60s e le 40s.
● 60s= 50 proteine + 3 molecole di RNA
● 40s= 33 proteine + 1 molecola di RNA
● Queste strutture vengono assemblate all’interno del nucleolo, struttura
all’interno del nucleo che ha il compito di assemblare proteine ribosomali e
RNAribosomali e formare le subunità del ribosoma.
● All’interno del nucleo lo entrano quindi le proteine ribosomali che vengono
sintetizzare nel citosol, entrano gli rRNA, i quali vengono sintetizzati nel
nucleo che vengono assemblati nelle 40s e 60s e infine fatti uscire tramite i
pori nucleari e si assembleranno per formare un ribosoma maturo nel citosol.
● Dal punto di vista strutturale (immagine ottenuta per risonanza magnetica) un
ribosoma è una sfera all’interno della quale si possono vedere 3 nicchie:
1. A= Aminacyl-t-RNA
2. P=Peptidyl-t-RNA
3. E=Exit
Importanti per capire come avviene la sintesi delle proteine nel ribosoma.

SINTESI DELLE PROTEINE


● Avviene mediante una reazione di polimerizzazione mediante reazione di
condensazione nel quale gli amminoacidi vengono aggiunti uno alla volta per
formare la catena polipeptidica.
● Gli amminoacidi o il peptide arrivano sul sito di formazione di legame, sempre
legati ad un tRNA. Per cui, sia l’amminoacido che deve essere aggiunto, sia il
peptide sono sempre legati ad un tRNA.
● Per formare il legame peptidico il ribosoma stacca il peptide dal tRNA a cui è
legato, forma un legame peptidico (condensazione) al gruppo amminico
dell'amminoacido arrivato per ultimo.
● La sintesi vera e propria avviene attraverso 3 passaggi:
1) INIZIO
● Per iniziare abbiamo bisogno della subunità piccola del ribosoma al quale si
trova legato già un tRNA codificante l’amminoacido metionina. Come
seconda caratteristica abbiamo bisogno di un mRNA maturo e pronto per
essere tradotto.
● Gli RNA maturi eucariotici hanno subito capping e splicing e per poter
essere tradotto occorre che il capping sia legata con i fattori di inizio
eucariotici, quindi occorre che la coda di polyadenizzazione abbia legato le
polyabinding proteins, le quali interagiscono con i fattori di inizio eucariotici
costringendo l’RNA ad assumere una forma pseudocircolare.
● In seguito la subunità piccola del ribosoma lega il cap in 5’.

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● L’AUG nel mRNA non si trova mai alla vera estremità del 5’ ma si trova
sempre in una posizione più interna, questo vuol dire che quando la subunità
del ribosoma si lega al 5’ deve andarsi a cercare il proprio AUG mediante un
meccanismo chiamato scansione lineare, il quale consente alla subunità
piccola del ribosoma di scorrere lungo l’mRNA fino a quando non trova il
proprio AUG.
● A questo punto c’è una pausa in quanto la subunità 40s deve aspettare
l’arrivo della subunità 60s, in questo modo si può formare il ribosoma
completo e può iniziare la traduzione.
2) ALLUNGAMENTO
● Abbiamo un peptide nascente legato ad un tRNA Nel sito P.
● Arriva il prossimo tRNA col proprio amminoacido legato, questo si va a
posizionare nel sito A.
● In questo modo il peptide nascente e l’amminoacido che deve essere
aggiunto si trovano vicini tra di loro.
● Il ribosoma possiede attività peptidiltrasferasica, che non è altro che l’attività
enzimatica che consente al ribosoma di formare il legame peptidico tra il
peptide in fase di allungamento e l’ultimo amminoacido.
● Questo lo fa trasferendo il peptide sul’ultimo aminocyl-t-RNA, così facendo
la subunità maggiore slitta in avanti mediante traslocazione così facendo,
l’ultimo tRNA si trova ad occupare il sito P, mentre il tRNA a chi si trovava
legato il peptide prima, si trova ad occupare il sito E (exit), pertanto può
uscire.
● Per completare la fase, la subunità minore slitta più in avanti andando ad
allinearsi con la subunità maggiore del ribosoma, consentendo al ciclo di
procedere e consentendo ad un altro tRNA si occupare il sito A.
3) TERMINAZIONE
● Il ribosoma raggiunge il codone di stop, non si va quindi a legare con il tRNA
in questa posizione ma esistono delle proteine chiamate fattori di rilascio che
per la loro forma in qualche modo mimano la struttura di un tRNA, ma non lo
sono, quindi non portano amminoacido a cui possa essere legato questo
peptide, così facendo bloccano, il ribosoma non può procedere e quindi per
uscire da questo stallo deve rilasciare il suo peptide, deve cioè disassemblarsi
e le subunità sono pronte per iniziare un nuovo ciclo di traduzione.
● Negli eucarioti il meccanismo di traduzione di un singolo mRNA avviene
simultaneamente da 2 ribosomi.
● Appena un ribosoma si è legato al 5’ e ha iniziato la scansione ecco che
lascia spazio per un secondo ribosoma per potersi attaccare e iniziare la
traduzione della proteina.
● Questo meccanismo rende molto più efficace e rapida la traduzione delle
province perché un singolo RNA può produrre simultaneamente tante
proteine.

LA REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA NEGLI EUCARIOTI AVVIENE

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A PIÙ LIVELLI
● Regolazione genica= meccanismo che consente l’espressione di diversi livelli
di proteine diverse, che possono essere più abbondanti nella cellula o che
devono essere meno abbondanti in una cellula.
● Questo meccanismo è regolato sotto diversi livelli, come tutti i meccanismi
visto finora, che prevedono quindi meccanismi di controllo definiti
trascrizionali, cioè che consentono da una molecola di RNA di avere più
molecole di trascritti.
● Anche l’efficienza con cui le modificazioni avvengono è sottoposta a
determinati controlli che alla fine determinano quante molecole di RNA
possono ad esempio uscire dal nucleo.
● Anche l’RNA è sottoposto a turn-over, ossia il meccanismo secondo cui i
livelli di RNA presenti nella cellula possono variare a seconda della necessità
delle cellule: se un RNA non è più necessario può essere infatti degradato
dagli enzimi nucleasi.
● Infine esistono meccanismi che controllano la traduzione è in ultimo
meccanismi che controllano l’attività di una proteina.

I PRINCIPALI COMPARTIMENTI INTRACELLULARI DI UNA CELLULA ANIMALE


● Continuano le conoscenze riguardo al traffico di proteine, quindi quella serie
di conoscenze che ci permettono di capire come le proteine sintetizzare dai
ribosomi raggiungono i vari organelli o addirittura l’esterno della cellula e il
reticolo endoplasmatico.
● Visto a microscopio elettronico il reticolo endoplasmatico appare come una
struttura fatta di tante membrane che scorrono parallelamente una sull’altra.
Queste membrane sono organizzate a delimitare spazi interni del lume
(spazio interno di un organello), questo è ben visibile nel reticolo che appare
formato da tante cisterne appiattite comunicanti tra loro.
● Lo spazio interno quindi che si genera all’interno del reticolo rappresenta un
unico continuo spazio che abbiamo visto essere in continuità anche con le
membrane del nucleo.
● Una porzione del reticolo appare costellata di strutture puntiformi scure e
quindi dense agli elettroni quali sembrano appoggiarsi sulla superficie
esterna.
● Se noi ricostruiamo in una dimensione tridimensionale (potendo quindi fare
una scansione ai diversi livelli della cellula) noi vediamo come il reticolo sia
costituito da una serie di cisterne appiattite, impilate una sull’altra e
comunicanti tra loro, costellate da ribosomi appoggiati sulla superficie.
● Vediamo anche che un’altra porzione dello stesso organello appare invece
organizzata non più a cisterne ma in strutture tubolari comunicanti tra loro.
Questa porzione appare liscia quindi priva di ribosomi.
● Se noi immaginiamo di lisare una cellula in laboratorio, omogeneizzare il suo
contenuto, riosservare il contenuto dopo l’omogeneizzazione, se
immaginiamo di poter isolare la parte del reticolo vedremo come la struttura

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del reticolo per effetto dell’omogeneizzazione ha perso la sua struttura, quindi


non appare più sotto forma di lamelle che sono state distrutte
dall’omogeneizzazione, però vediamo come le membrane mantengono la
proprietà di richiudersi e formare strutture tipo micelle.
● A suo tempo queste membrane mantengono la capacità di legare ad esse i
ribosomi. Questo vuol dire che ciò che incolla e che quindi tiene il ribosoma
attaccato al reticolo è qualcosa di così forte da resistere ad un processo
meccanico quale l’omogeneizzazione.
● Analizzando le vescicole che si formano dopo l’omogeneizzazione vediamo
che le membrane appartenenti al reticolo endoplasmatico liscio si
mantengono distinte da quelle appartenenti al reticolo endoplasmatico ruvido,
quindi c’è qualcosa che fa sì che anche dopo l’omogeneizzazione, i ribosomi
rimangano associati soltanto alle membrane che originariamente
appartenevano al reticolo endoplasmatico ruvido.
● Ciò che determina questo attaccamento da parte dei ribosomi è la
traduzione.

TRADUZIONE
● Noi abbiamo visto come le proteine destinate al reticolo possiedono una
sequenza alla porzione amminoterminale, cioè all’inizio della proteina,
ricca di amminoacidi idrofobici.
● Questo rappresentato in figura è quello che avviene quando una proteina di
questo tipo viene tradotta a livello di un ribosoma inizialmente libero nel
citosol.
● La sequenza appena esce dal reticolo, essendo idrofobica tende ripiegarsi su
se stessa, quindi tende a ritornare indietro per minimizzare la sua posizione
all’ambiente acquoso.
● Questo fa sì che questa struttura venga riconosciuta da una particella definita
particella del riconoscimento del segnale, la quale è in grado di
riconoscere questa sequenza amminoterminale ripiegata in questo modo,
cioè è in grado di riconoscere che quella proteina ripiegata in quel modo è
una proteina destinata al reticolo endoplasmatico e la lega.
● Successivamente questa particelle di riconoscimento del segnale ossia l’SRP,
si le lega ad un recettore presente sul reticolo endoplasmatico e questo è ciò
che permette ad un ribosoma di ancorarsi al reticolo endoplasmatico.
● La proteina o anche il ribosoma che sintetizza la proteina destinata al reticolo
si ancorano dunque alla superficie.
● In prossimità poi del recettore che sta ancorando questo ribosoma esiste poi
un complesso, ossia una proteina canale chiamata canale di traslocazione, il
quale essendo in prossimità del recettore, sotto al ribosoma, fa sì che questa
proteina quando viene sintetizzata viene fatta passare e infine estrusa nel
lume del reticolo endoplasmatico.

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● Questo meccanismo viene svolto attraverso più fasi:


● Ci sono 2 subunità del ribosoma che si assemblano nel citosol, la traduzione
della proteina inizia quindi nel citosol come per tutte le proteine, però quando
c’è questa sequenza segnale ed essa inizia ad uscire dal ribosoma, la
particella di riconoscimento del segnale la lega e successivamente ancora il
ribosoma sulla superficie del reticolo endoplasmatico perché questa particella
viene riconosciuta dalla cellula.
● In prossimità di questo recettore esiste un canale di traslocazione il quale
consente il passaggio della proteine in fase di sintesi all’interno del lume.
● La sequenza segnale serve soltanto a determinare l’ingresso della proteina
all’interno del reticolo, poi non è più importante per la funzione stessa della
proteina quindi il peptide segnale viene in genere tagliato attraverso l’azione
di enzimi specifici quali proteasi o peptidasi.
● A questo punto la proteina è pronta per essere rilasciata nel lume del reticolo
endoplasmatico.
● Questo vale sia per le proteina destinate al lume sia per quelle che sono
destinate a rimanere sulla membrana plasmatica ossia le proteine trans
membrana, caratterizzate oltre da un peptide segnale che le indirizza verso il
reticolo endoplasmatico ma anche da α-eliche importanti per l’integrazione
della proteina a livello della membrana.
● Il fatto di possedere 1 o più α-eliche fa si che queste proteine in fase di sintesi
vadano ad integrarsi direttamente a livello della membrana plastifica, quindi
tutte le proteine trans membrana di fatto vengono sintetizzate in questo modo.

FUNZIONI DEL RETICOLO ENDOPLASMATICO:


● Perche alcune proteine entrano nel reticolo?
● Questo perché nel reticolo avvengono funzioni molto importanti tra cui
all’interno di esso avviene il ripiegamento per formare una struttura
tridimensionale stabile, la quale è mediata dalla formazione di ponti di
solfuro, quindi quella caratteristiche che in inglese chiamiamo folding è
associata anche ad un meccanismo di controllo di qualità, perché la cellula ha
bisogno di sapere se le proteine che sta sintetizzando si ripiegano in maniera
corretta.
● Un’altra funzione importante è un’abolificazione che avviene a livello di
alcune proteine chiamata glicosilazione.
● Infine per quelle proteine particolarmente complesse, ossia quelle fatte da più
subunità, l’assemblaggio di un complesso multiproteico avviene spesso
all’interno del reticolo.

IL FOLDING
● Le proteine nel momento in cui vengono sintetizzate vengono sintetizzare
come proteine lineari, questo perché nel canale di traslocazione ci passa la
proteina in forma di filamento.

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● Però la maggior parte delle proteine devono la loro funzione al ripiegamento


tridimensionale in una struttura ben precisa.
● Questo non è facile da ottenere quindi all’interno del reticolo esistono delle
proteine chiamate chaperon o chaperonine, il cui compito è quello di aiutare
le proteine neosintetizzate a ripiegarsi correttamente in modo stabile.
● Esse sono delle ossidoreduttasi, le quali agendo a livello della formazione
dei ponti di solfuro delle proteine neosintetizzate le aiutano a ripiegarsi.
● Dopo aver svolto la funzione le chaperonine di dissociano e vedremo come
queste a differenza delle proteine mature usciranno dal reticolo, queste
rimarranno all’interno della cellula.
● Questo è molto importante perché bisogna tenere presente che per molte
proteine particolarmente complesse o abbondanti nella cellula, fino all’80%
delle proteine sintetizzate non vengono ripiegate in modo corretto e quindi
devono essere distrutte.

LA GLICOSILAZIONE
● È la seconda modificazione importante.
● Consiste nell’aggiunta di oligosaccaridi a determinati residui di una proteina.
In genere esistono 2 tipi:
1. N-glicosilazione
2. O-glicosilazione
In questo corso parleremo solo della prima, la glicosilazione legata all’asparagina.
Si aggiunge quindi un oligosaccaride ramificato a residui specifici di asparagina (non
tutti vengono glicosilati dalla cellula che transita dal reticolo, ma soltanto se nella
sequenza codificante amminocidica di questa proteina, l’asparagina si trova soltanto
in un contesto di sequenza consensus).
● Gli oligosaccaridi vengono sintetizzati come un’unica catena legati ad un
lipide della membrana del reticolo endoplasmatico chiamato dolicolo.

FUNZIONE DEL RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO


● La sua funzione è legata alla sintesi delle membrane cellulari.
● È anche la sede di importanti reazioni enzimatiche.
● È la sede della sintesi dei fosfolipidi di membrana, che vengono sintetizzati
attraverso un processo di più fasi.
● Essi infatti nascono come acidi grassi modificati dalla molecola del Coenzima
A (CoA) e nascono dall'unione di questi acidi grassi con l’unione di un
derivato fosforilato del glicerolo.
● Quindi gli acidi grassi si inseriscono nella membrana, 2 molecole di acidi
grassi vengono unite ad una molecola di glicerolo fosfato formando acido
fosfatidico, un enzima specifico rimuove il fosfato generando un gruppo OH
e generando quindi il diacilglicerolo.
● A questo successivamente viene aggiunta la testa di fosfocolina che arriva
come CDP-colina ossia un nucleotide coniugato alla colina, la rottura del
legame fosfato genera energia, la quale verrà utilizzata per catalizzare il

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legame tra il gruppo OH del glicerolo e il gruppo fosfato della fosfatidilcolina


(lipide considerato).

COSA SUCCEDE ALLE PROTEINE SINTETIZZATE NEL RETICOLO


ENDOPLASMATICO
● La maggior parte delle proteine sintetizzate e che transitano attraverso il
reticolo, raggiungono altre destinazioni.
● La prima destinazione è l’apparato di Golgi.
● Una volta attraversato raggiungeranno ad esempio i lisosomi, membrana
plasmatica o l’esterno della cellula.

L'APPARATO DI GOLGI
● Deve il suo nome a Camillo Golgi, scienziato che vinse il premio Nobel nel
900 proprio per aver sviluppato delle tecniche per rilevare la presenza di
questo apparato.
● Visto al microscopio elettronico ci appare come una serie di membrane che
vanno a costituire delle cisterne appiattite e impilate l’una sull’altra.
● A differenza del sistema di cisterne del reticolo endoplasmatico, le cisterne qui
appaiono separate fisicamente le une dalle altre (il lume risultava uno spazio
unico).
● Le cisterne dell'apparato di Golgi vengono classificate partendo dal reticolo
endoplasmatico, ossia la superficie del Golgi rivolta verso il reticolo e
riconosciamo una facciata definita cis.
● Spostandosi verso il lato esposto verso la membrana plasmatica
riconosciamo una faccia trans.
● Esisterà poi una zona intermedia chiamata zona mediale.
A cosa servono le cisterne?
● Esse sono contenitori di enzimi la cui funzione principale di questi enzimi è
quella di modificare i gruppi glucidici presenti sul reticolo.
● Quindi il meccanismo di glicosilazione che avviene all’interno del reticolo
avviene secondo uno schema comune per tutte le proteine.
● Tutte di fatto quindi ricevono gli stessi zuccheri.
● Quando poi queste proteine transitano verso le cisterne del Golgi questi
zuccheri vengono modificati in maniera specifica da enzimi che si trovano
nelle cisterne e che pertanto non devono essere mescolati tra loro in quanto
le modifiche che avvengono sui gruppi glucidici delle proteine, avvengono
secondo un ordine sequenziale.
● In questo esempio avviene la rimozione dei gruppi di mannosio.
● Nella cisterna successiva continua la rimozione ma nel frattempo avviene
l’aggiunta di N-acetilglucosamina e nella successiva l’aggiunta di galattosio
e di acido N-acetilmuramico etc…
● Questo indica che ogni cisterna è diversa dalle altre.
● In definitiva le proteine entrano nel Golgi con uno stesso schema di
glicosilazione, quando escono possiedono gruppi o catene glucidiche diverse,

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le quali rappresentano un’etichetta tuta che serve a indirizzarle verso altri


distretti della cellula quali: membrana plasmatica, lisosomi, secretori,
vescicole etc..
● Un esempio di come questo avviene riguarda il sistema dei gruppi sanguigni
AB0, il quale è caratterizzato dalla presenza di antigeni diversi sui globluli
rossi, rispettivamente antigene A, B, 0.
● Gli antigeni non sono altro che zuccheri diversi, i quali però condividono tutti
gli zuccheri dello 0, quindi l’antigene 0 è prendente anche negli A e B, però di
diverso l'antigene A presenta uno zucchero che non è presente sullo 0 e B e
l'antigene B presenta uno zucchero non presente sullo 0 e sull’A.
● Questo rappresenta la causa del rigetto, o della reazione che si osserva
quando ci sono errori nelle trasfusioni.
● Il paziente di gruppo 0 a cui viene somministrate sangue di gruppo A o B o AB
che non ha mai visto l'antigene A o B, svilupperà anticorpi contro questi due
antigeni. Questo spiega anche perché il gruppo 0 è donatore universale,
mentre i gruppi A e B i riceventi universali.

TRASPORTO VESCICOLARE
● Come si muovono le proteine dal reticolo all’apparato di Golgi.
● Lo scambio di queste proteine avviene mediante vescicole, che non sono
altro che strutture (curvature) della membrana plasmatica.
● Esse portano al loro interno il materiale recentemente ricevuto dal reticolo poi
quando raggiungono il Golgi la vescicola si fonde e rilascia il contenuto
all’interno del Golgi.
Cos’è che determina la curvatura della membrana di un organello in
modo da consentire la formazione della vescicola?
● Esistono delle proteine che sono responsabili di questo meccanismo, le quali
per la loro struttura andranno a rivestire queste vescicole formando le
vescicole rivestite.
● Ci sono diversi tipi di proteine e se noi guardiamo sono caratteristiche dei
diversi compartimenti della cellula: la clatrina la troviamo soprattutto sulla
membrana plasmatica e sulle vescicole nella faccia trans-Golgi.
● Mentre le COPI( coatome protein) e COPII ossia le proteine del
rivestimento I e II.
1. La COPI la troviamo sulle membrane del Golgi
2. Le COPII sulla membrana del reticolo.
● Queste due controllano e dirigono il movimento delle vescicole dal reticolo al
Golgi o dal reticolo al Golgi.

COME SI FORMANO LE VESCICOLE


● Quello che innesca questa azione è il contenuto stesso che deve essere
trasportato, ossia il cargo.
● Esistono sui vari organelli dei recettori in grado di riconoscere la presenza del
cargo, ossia queste molecole che vengono sintetizzate e che quindi devono

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essere trasportate all’esterno.


● Questo fa si che la densità di questi recettori attiri molecole che formano ad
esempio il rivestimento come le triatine, le quali sono proteine di forma curva
che quando raggiungono una densità sufficiente iniziano ad autoassemblarsi.
● Essendo proteine curve, il fatto che possano autoassemblarsi fa sì che si
generino strutture curve e se in maniera sufficiente arriva a formarsi una
sfera.
● Questo fa si che si formi una vescicola completa, una volta formata le
molecole del rivestimento si disassemblano, quindi la vescicola rivestita perde
il rivestimento.
● Questa poi raggiunge l’organello di destinazione spostandosi su binari
tracciati da elementi del citoscheletro per esempio i microtubuli.
● Sulla vescicola sono presenti anche dei recettori chiamati V-SNARE, i quali
riconoscono il bersaglio, ossia l’organello targhet perché lì sono presenti
anche dei recettori t-SNARE (SNARE del targhet).
● Quindi una volta che una v-SNARE riconosce una t-SNARE interagisco e si
ha ancoraggio, ossia docking.
● Conseguentemente la vescicola si può fondere con la membrana del
l’organello di destinazione, in questo caso il Golgi, rilasciando il suo
contenuto.
● Sintetizziamo con questa immagine raffigurante il reticolo endoplasmatico, sul
quale sono presenti dei recettori che legano le molecole che vengono
sintetizzate nel reticolo e hanno funzione di cargo.
● L’interazione tra questi due fa si che il recettore venga legato dalle proteine
che andranno a costituire il rivestimento delle vescicole.
● Se c’è un numero sufficiente di recettori attivati allora queste molecole
interagendo tra loro costringeranno la membrana del reticolo a curvarsi fino a
raggiungere la forma sferica.
● Una volta fatto questo interviene un’altra proteina chiamata dinamina, la
quale ha la funzione di rompere l’ultima strozzatura che mantiene legata la
vescicola al reticolo.
● In questo modo la vescicola rivestita viene rilasciata nel citosol, appena
rilasciata si disassembla il rivestimento, rilasciando la vescicola nel citosol.
Questa vescicola poi si muoverà mediante microtubuli e raggiungerà
l’apparato di Golgi.
● Raggiunto l’apparato di Golgi queste potranno poi spostarsi verso l’esterno i
raggiungere vescicole secretorie o raggiungere altri organelli come endosomi,
lisosomi etc…
● Le proteine dopo essere andare nell’apparato del Golgi possono avere due
destinazioni principali:
1) vanno sulla superficie della cellula, fissarsi sulla membrana o venire secrete
verso l’esterno (esocitosi)
2) raggiungono un altro organello chiamato lisosoma mediando endocitosi

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IL LISOSOMA
● Organello rivestito da membrana al cui interno si trovano numerosi enzimi
chiamati idrolasi acide che mediante reazione di idrolisi scindono
macromolecole in molecole più semplici.
● Ecco allora che esistono idrolasi specifiche per ogni classe di macromolecole
che può essere presente nella cellula:
1. Per gli acidi nucleici abbiamo le nucleasi
2. Per le proteine abbiamo le protasi
3. Per i carboidrati abbiamo le glicosidasi
4. Per i fosfato abbiamo le fosfatasi
5. Per i solfati abbiamo le solfatasi
6. Per i fosfolipidi abbiamo le fosfolipasi.
● Questi enzimi sono attivi solo al Ph acido, mantenuto all’interno dei lisosomi
grazie ad un neutrotrasmettitore di protoni (pompa protonica) che è un
trasportatore attivo e consumando energia sotto forma di ATP pompa protoni
all’interno dei lisosomi.
● Mantenere il Ph acido è un meccanismo di difesa, dal momento che questi
enzimi sono attivi solo in questa condizione, una rottura accidentale del
lisosoma non mette a rischio la stabilità della cellula, questo perché se
fossero attivi a valore neutro, ossia il valore del citosol, se venissero rilasciati
dalla cellula inizierebbero a degradare tutto ciò che incontrerebbero portando
alla morte la cellula.
● Invece in questo modo, in caso di uno sverzamento accidentale nel citosol,
questi si inattiverebbero.
● Sono coinvolti in diversi meccanismi cellulari. Infatti dal momento che
contenitori in grado di degradare ogni macromolecola, presente nella cellula,
svolgono 2 ruoli principali:
1) Ricevere materiale dall’esterno mediante meccanismi di fagocitosi o
endocitosi. Ha anche funzione di degradazione del materiale che passa al
loro interno, sia materiale che può essere nutrimento della cellula sia dannoso
come un microorganismo che quindi deve essere inattivato.
2) Degradazione del materiale proveniente dall’interno della cellula, mediante
un meccanismo chiamato autofagia, il quale consente alla cellula di liberarsi
di strutture non più utilizzabili perché usurate, non funzionanti, non più
necessarie alla cellula.

MALATTIA DA ACCUMULO LISOSOMIALE


● Malattie genetiche causate da mutazione a livello di singoli geni o a livello di
geni che codificano per gli enzimi lisosomiali.
● Di fatto per ogni enzima lisosomiale si conosce una malattia ad esso
associata, perché la deficienza anche solo di 1 enzima presente nel lisosoma
causa notevoli disturbi.
● Se ne riconoscono almeno 50, sono recessive, ossia che per potersi
manifestare occorre che l’individuo erediti entrambi gli alleli malati da

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entrambi i genitori.
● Sono molto rare ma nel loro insieme, visto che sono tante malattie diverse,
hanno circa un’incidenza di 1 su 8000.
● Sono talmente gravi che in genere i pazienti non superano l’età infantile,
questo perché i sintomi sono gravi e si manifestano sin dalla nascita.
● La maggior parte di questi sintomi partono dal sistema nervoso.
● Il risultato di queste malattie è che determinare molecole si accumulano nelle
cellule dei pazienti in quanto non possono essere degradare all’interno del
lisosoma.
● Una di queste è la malattia di Pompe, caratterizzata da mutazioni a livello
del gene α-glucosidase, il quale è il responsabile della scissione del
glicogeno nel glucosio.
● Pertanto questa malattia colpisce gli organi in cui generalmente si accumula il
glicogeno, ossia il tessuto muscolare, che può essere quello cardiaco o
muscolatura liscia o muscolo scheletrico.
● Ha un’incidenza relativamente bassa circa 1 su 40000.
● Si conoscono diversi livelli di gravità in quanto differenti mutazioni causano un
deficit diverso a livello dell’attività enzimatica.
● Questo vuol dire che gli enzimi mutati possono riorbitare il sito che può
variare dal 2% (forma estremamente grave) fino al 40% (forma lieve che può
essere facilmente compensata con accorgimenti dietetici).
● Queste malattie si curano mediante terapie chiamate Enzyme Replacement,
cioè terapie sostitutive.
● Sono tutte terapie che si basano sulla somministrazione dell’enzima
mancante per via endovenosa, enzima che viene prodotto in maniera
ricombinante.
● La proteina viene quindi prodotta in laboratorio e somministrata al paziente.
● Questa proteina circolando nel sangue verrà poi incanalizzata da parte delle
cellule e raggiungerà il lisosoma dove dovrà svolgere la funzione e
compenserà l’attività deficitaria dell’enzima sostituito.

Come le vescicole si muovo dal Golgi verso l’esterno della cellula.


● Il meccanismo è molto simile a quello che guida le vescicole dal reticolo al
Golgi:
● Si ha una curvatura della membrana, la quale genera una vescicola rivestita
che poi perde il rivestimento.
● Questa vescicola viene poi guidata verso l’organello successivo visto che la
natura della membrana è la stessa.
● La membrana della vescicola si fonde con quella dell’organello ricevente
rilasciando il contenuto all’interno del lume.
● Infine le vescicole possono gemmare dal Golgi e raggiungere la membrana
plasmatica.
● Quindi anche in questo caso il materiale contenuto nelle vescicole può essere
rilasciato all’esterno.

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LA SECREZIONE
Esistono 2 meccanismi.
1. VIA SECRETORIA COSTITUTIVA
● Alcune proteine vengono secrete di continuo questo perché man mano che
vengono prodotte dalla cellula vengono rilasciate all’esterno.
● Sono molto abbondanti e hanno funzione costitutiva nel nostro organismo.
● Un esempio pratico è quello della gomina, la quale viene prodotta dagli
epatociti (cellule del fegato) e rilasciata nel sangue.
2. VIA SECRETORIA REGOLATA
● Viene attivato il rilascio delle vescicole soltanto in risposta ad un determinato
segnale.
● Un esempio è quello dell’insulina, prodotte dalle cellule β del Pancreas.
● Essa viene accumulata all’interno delle cellule e non rilasciata in maniera
continua e viene rilasciata, quindi la fusione tra la vescicola e la membrana
esterna viene innescata solo dopo un segnale esterno.

TRASPORTO VESCICOLARE
ENDOCITOSI
● Trasporto di alcuni componenti che si trovano all’esterno della cellula e
vengono portati all’interno.
● Differisce dai trasporto di membrana visti precedentemente in quanto prevede
formazione di vescicole in seguito a curvature della membrana plastica.
● Quindi a differenza dei meccanismi di trasporto attivo o passivo in cui sono
coinvolte singole molecole di trasporto (trasportatori o canali), in questo
caso per portare materiale al suo interno, la cellula deve curvare la propria
membrana per formare delle vescicole.
● Queste vescicole poi si fondono tra loro andando a formare delle strutture
chiamate endosomi, i quali infine vengono fatti fondere con il lisosoma per
permettere la degradazione di tutto il materiale presente all’interno.
● Tipicamente ci sono 3 tipi di endocitosi:
1. Pinocitosi
2. Fagocitosi
3. Endocitosi mediata da recettore
● Il denominatore comune di questi meccanismi di internalizzazione è la
formazione di vescicole più o meno voluminose delimitate da membrana.

PINOCITOSI
vedi diapo
● Si formano delle piccole invasazioni
● Si chiama così dal greco πίνω, bere

FAGOCITOSI
● Meccanismo in cui la cellula porta al suo interno materiale di grandi

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dimensioni come complessi macromolecolari o microrganismi interi.


● Viene utilizzata dalle cellule del sistema immunitario per neutralizzare agenti
patogeni quali batteri.
● Nella fagocitosi l’intera cellula batterica viene portata all'interno e degradata
dal lisosoma.
● È possibile fotografare al microscopio elettronico a scansione (vedi diapo)
questi meccanismi di fagocitosi in cui si vedono dei neutrofili che stanno
fagocitando delle cellule di streptococchi.
● Nella seconda immagine di vedono dei macrofagi che stanno fagocitando dei
batteri, come risposta del sistema immunitario.

ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORE


● Leggermente diverso dai primi 2 perché viene attivato in seguito ad una
risposta che segue l’interazione tra un ligando e un recettore presente sulla
superficie di una cellula.
● Dal punto di vista morfologico non è così differente dagli altri meccanismi, in
cui vediamo chiaramente che l’endocitosi inizia con un ripiegamento, una
curvatura, la quale si fa sempre più ampia fino a formare una vera e propria
vescicola rivestita con un rivestimento di proteine, la quale poi si stacca e
viene rilasciata nel citosol.
● Per essere attivata ci deve essere questa interazione tra ligando e recettore
presente sulla superficie della cellula.
● Un esempio è l’endocitosi del colesterolo, un lipide molto idrofobico anche
se ha caratteristiche antipatiche perché possiede un piccolo gruppo OH, ma
comunque insolubile in acqua.
● Per questo motivo non può circolare nel sangue come molecola viva ma deve
essere complessata ad altre molecole, aventi funzione di molecole di
trasporto o molecole che hanno la funzione di formare complessi in grado di
tenere in soluzione il colesterolo.
● Questi complessi vengono chiamati LDL (Low Dancity Lipoprotein) e sono
caratterizzati da strutture formate da proteine o meglio lipoproteine che
racchiudono al loro interno le molecole di colesterolo.
● Una proteina presente sulla superficie delle particelle LDL ha funzione di
ligando, il quale viene catturato da un recettore presente sulla superficie delle
cellule.
● Questo recettore in maniera analoga al meccanismo visto per la formazione
delle vescicole del reticolo, attiva la formazione delle vescicole rivestite: tanti
recettori si legano tra loro, legano le proteine del rivestimento, le quali iniziano
un meccanismo di curvatura della membrana quando si forma la vescicola
rivestita.
● La vescicola rivestita viene poi rilasciata nel citosol, il rivestimento si
scompone lasciando la vescicola nuda nel citosol.
● Queste vescicole si fondono tra loro e raggiungono un organello chiamato
endosoma, caratterizzato da un Ph basso (5.5), vicino a quello del lisosoma.

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Il Ph basso causa la dissociazione tra la particella LDL e il recettore.


● Questo fa sì che in seguito alla disassociazione, il recettore può venire
riciclato e rinviato alla membrana.
● In questo modo il recettore non finisce nel lisosoma e non viene quindi
degradato.
● Successivamente l’endosoma va a fondersi con il lisosoma nel quale avviene
l’attività digestiva, ossia azione di scomposizione ad opera degli enzimi
lisosomiali, i quali rilasciano in questo modo il colesterolo, permettendone
l’utilizzo e il rilascio nella cellula.
● Quando questo meccanismo non funziona correttamente può verificarsi
ipercolesteroloemia familiare, una malattia caratterizzata da contenuti
elevati di colesterolo nel sangue.
● Anche fonti di diritto molto rigoroso a bassissime contenuto di colesterolo, in
questi pazienti, i lievelli del sangue si mantengono alti, indice per cui anche
quel poco colesterolo che viene assunto con la dieta non viene internalizzato
dalle cellule.
● Il problema dal punto di vista genetico può avere una duplice causa:
1) Ci possono essere mutazioni a livello della proteina Apo B100, proteina
riconosciuta dal recettore, la quale se muta non viene più riconosciuta e non
può avvenire l’endocitosi mediata da recettore.
2) Ci può essere una mutazione a carico del recettore.
● Se il recettore non funziona bene non ci può essere internalizzazione
della particella LDL, non può iniziare l’endocitosi del colesterolo che
quindi rimarrà tutto nel sangue del paziente.
● Michael Brown e Joseph Goldstein nell’85 vinsero il Premio Nobel
per le loro scoperte riguardanti la regolazione del metabolismo del
colesterolo.

IL MITOCONDRIO
● Se osserviamo al microscopio elettronico come è strutturato il suo istoplasma,
vediamo come in molte cellule il citoplasma è ricco di strutture vescicolari,
ossia tondeggianti, distinguibili ad esempio perché alcune sono più chiare di
altre, indice che il contenuto di queste strutture vescicolari è diverso, ma
all’interno di queste possiamo vedere come alcune presentano una
membrana più spessa rispetto ad altre.
● In più alcune strutture sembrano attraversate da altre membrane.
● Possiamo vedere come su alcune di queste, l’apparenza maggior spessore
della membrana che lo avvolge è dovuto alla presenza di una doppia
membrana, di cui una funge da rivestimento dell’organello mentre l’altra
appare come in questa immagine parallela a quella esterna ma ripiegata su
se stessa formare delle strutture che noi chiamiamo creste.

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● Uno di questi organelli è proprio il mitocondrio formato dalla membrana


esterna che racchiude l’organello, una membrana interna correttamente
ripiegata in creste.
● In questo modo si evidenziano 2 compartimenti: uno spazio tra le membrane
chiamato spazio intermembrana e uno spazio interno, interno alla membrana
interna chiamato matrice mitocondriale.
● I mitocondri sono visibili con diverse tecniche tra cui la microscopia a
fluorescenza. In queste cellule vediamo come i mitocondri appaiono con delle
strutture allungate, vermiformi, quindi leggermente diversi da come siamo
soliti immaginarli.
● Se inoltre vediamo come si dispongono nella cellula e li confrontiamo con gli
elementi del citoscheletro per esempio i microtubuli, noi vediamo come i
mitocondri sono in qualche modo sovrapposti ai microtubuli.
● L’immagine del mitocondrio infatti presenta la stessa organizzazione di quella
rappresentante i microtubuli.
● Questo dato ci dice che i mitocondri non sono disposti a caso nella cellula
proseguono l’andamento degli elementi del citoscheletro composti dai
microtubuli.
● Sono presenti in numero variabile ma in genere sono presenti in centinaia di
migliaia all’interno della cellula, arrivando a rappresentare oltre il 20% il
volume della cellula.
● Hanno dimensione nell’ordine del micron (0,5-1μm)
● Hanno funzione di produrre energia sotto forma di ATP mediante un
meccanismo chiamato fosforilazione.
● ATP l’abbiamo vista parlando di acidi nucleici e abbiamo visto che è un
ribonuclotide trifosfato (Adenosina trifosfato), quindi riconosciamo uno
zucchero ribosio, una base azotata e 3 fosfato.
● Questi legami fosfato sono legami ad alta energia, questo vuol dire che
quando vengono rotti si libera molta energia chimica che può essere usata
per catalizzare altre reazioni o svolgere altre funzioni.

BIOCHIMICA DEL MITOCONDRIO


● Dentro il mitocondrio entrano molecole quali piruvato e acidi grassi
provenienti dal metabolismo che avviene nel citosol.
● Il più elevato è il prodotto del metabolismo del glucosio, ossia della glicolisi
anaeroba.
● Gli acidi grassi invece provengono dal metabolismo dei lipidi.
● Queste 2 molecole quindi entrano all’interno del mitocondrio e vengono
convertiti ad acidi del Coenzima A (CoA) che entra nel ciclo dell’avviso citrico
che ha come obiettivo quello di restituire molecole ad alto potenziale
ossidoriduttivo come il NADH, il quale dona elettroni ad un complesso di
proteine, enzimi che si trovano sulle creste mitocondriali chiamate catene di
trasporto degli elettroni, il cui obiettivo è quello di sfruttare questa energia
sotto forma di elettroni data dal NADH per pompare e trasportare protoni nello

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spazio intermembrana, generando così un gradiente protonico, ossia


un’energia potenziale.
● L’energia potenziale che si è accumulata nello spazio intermembrana viene
poi utilizzata per sintetizzare ATP utilizzando un complesso enzimatico
chiamato ATP sintesi, il quale è allo stesso tempo un canale, ossia un
complesso in grado di far fluire protoni nello spazio della matrice
mitocondriale e allo stesso tempo sfruttare questa energia potenziale per
convertirla in energia di tipo chimico, andando a fosforilare le molecole di
ADP in ATP.

METABOLISMO DEL GLUCOSIO


Vedi diapo 7-8

LA RESPIRAZIONE CELLULARE
● Produce ATP
● Nel mitocondrio entra glucosio attraverso il cibo e ossigeno attraverso l’aria.
● Questo meccanismo consente al meccanismo di produrre ATP.
● Viene rilasciata anidride carbonica come risposta all’osso d’azione del
glucosio e acqua come prodotto della riduzione dell’ossigeno.

GLICOLISI
● Avviene nel citosol, è il primo passo del metabolismo del glucosio ma avviene
fuori.
● Vedi diapo
● Fermentazione= fermentazione lattica

La respirazione cellulare viene poi divisa in 2 fasi:


1. Ciclo di Krebs (o dell'acido citrico) e
2. La catena di trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa.
● Prima che il puruvato, l’acetil CoA e acidi grassi entrino nel ciclo di Krebs
occorre una reazione preparatoria, la quale converte molecole di piruvato e
molecole di CoA in acetil CoA. Quindi il puruvato, una molecola a 3C viene
convertita in un gruppo acetilico a 2C, mentre si liberò anidride carbonica.
● È un’ossidazione in cui gli atomi di H vengono rimossi dal piruvato e vanno a
ridurre il NAD+ in NADH

vedi diapo 13
Prima 8 righe
● Questo perché una molecola di glucosio produce 2 molecole di piruvato e
ogni singola molecola di piruvato viene convertita in una molecola di acetil
CoA.
● Queste reazioni producono anche NADH e FADH2 che liberano anidride
carbonica.
● La catena di trasporto degli elettroni invece produce molte molecole di ATP.

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Vedi diapo 14

● La catena di trasporto degli elettroni è localizzata a livello delle creste


mitocondriali, la cui funzione è quella di sfruttare gli elettroni donati da NADH
e FADH2.
● Questi elettroni vengono utilizzati per pompare protoni nello spazio
intermembrana.
● A questo punto si crea un gradiente protonico che viene sfruttato dall’enzima
ATP sintasi per produrre ATP.
● Il bilancio finale dell’energia prodotta partendo da una molecola di glucosio
consiste in 2 molecole di ATP prodotte mediante la glicolisi, 2 molecole
prodotte mediante il ciclo di Krebs e 32-34 molecole di ATP prodotte lungo il
passaggio della catena di trasporto degli elettroni e fosforilazione ossidativa.
● Tutte le vie metaboliche che utilizzano molecole che entrano nel nostro corpo
mediante cibo, finiscono in definitiva per entrare nel mitocondrio e entrare nel
ciclo dell'acido citrico.
● Abbiamo visto il processo di utilizzo dei carboidrati: i carboidrati diventano
glucosio, il glucosio entra nella glicolisi anaerobica e da puruvato, il piruvato
infine entra nel mitocondrio e diventa acetil CoA, il quale a sua volta entra nel
ciclo dell’avviso citrico.
● Anche le proteine entrano nel mitocondrio e diventano amminoacidi, così
come i lipidi entrano nel mitocondrio come acetil CoA come il glicerolo.

L’ORIGINE EVOLUTIVA DEL MITOCONDRIO


● L’origine evolutiva del mitocondrio è interessante in quanto si ritiene che il
mitocondrio non derivi da un sistema di endomembrane che si è sviluppato
come per il reticolo endoplasmatico in tanti organelli, ma quello che si pensa è
che il mitocondrio fosse in origine una cellula procariotica che ad un certo
punto ha instaurato una simbiosi entrando nella cellula eucariotica.
● Nell’ente are bella cellula eucariotica si è avvolta alla sua membrana e questo
gli ha consentito di essere riconosciuta come parte del self (se stesso).
● Questa cellula eucariotica ancestrale diventata mitocondrio ha mantenuto
parte della sua indipendenza che vedremo sotto forma di presenza di un DNA
e di un’attività proteica indipendente, come la sua capacità di replicarsi in
maniera autonoma.
● Ha però perso parte delle sue funzioni in quanto ha perso molti dei geni
presenti originariamente nel genoma, a favore del DNA presente nel genoma
nucleare.
● Lynn Margulis cercò di pubblicare queste sue idee negli anni 60 con molte
difficoltà in quanto fu difficile per la comunità scientifica accettare questa
teoria evolutiva.
● Noi oggi però studiamo le sue teorie nei libri.
● Le evidenze scientifiche che supportano l’ipotesi dell’origine evolutiva del
mitocondrio sono:

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1. La presenza di una doppia membrana


2. DNA circolare, quindi di fatto più simile a quello batterico
3. Codice genetico che è leggermente diverso da quello nucleare e molto simile
a quello degli archeobatteri
4. Ribosomi (indipendenza per quanto riguarda la sintesi proteica) che essendo
più piccoli di quelli delle cellule eucariotiche, sono più simili a quelli dei batteri.

GENOMA MITOCONDRIALE
● È circolare
● Formato da circa 16000 paia di basi, molto piccolo rispetto al genoma
nucleare che, nel caso della specie umana è di 74 miliardi di paia di basi.
● Contiene un numero limitatissimo di geni, ce ne sono solo 37, di cui solo 13
codificanti proteine e gli altri geni trascrivono per rRNA, tRNA e proteine.
● Il codice genetico mitocondriale differisce da quello nucleare per 4 codoni in
quello nucleare codificano informazioni di stop, isoleucina, arginina.
● Mentre in quello mitocondriale codificano triptofano, metionina e 2 segnali di
stop. (Vedi diapo)

LE MALATTIE MITOCONDRIALI
● Malattie associate a mutazioni a livello del genoma mitocondriale.
● Tutti i mitocondri che sono presenti nelle nostre cellule vengono ereditate
dalla madre in quanto hanno in origine materna e questo significano che
queste malattie vengono ereditate da mutazioni presenti nei mitocondri della
linea materna.
● Generalmente si tratta di cardiomiopatie o encefalopatie, malattie che
colpiscono cellule muscolari o nervose.
● Questo sta ad indicare come i deficit mitocondriali colpiscono prima gli organi
che hanno maggior bisogno di energia e quindi un maggior bisogno di attività
mitocondriale.

TRASPORTO DI PROTEINE NEI MITOCONDRI


● Il numero di proteine codificare dal genoma mitocondriale è molto limitato,
sono solo 13.
● Questo vuol dire che tutte le proteine non sono sufficienti per far svolgere al
mitocondrio le sue funzioni.
● Questo vuol dire che la maggior parte delle proteine che svolgono un ruolo
nel mitocondrio vengono in realtà codificare dal genoma nucleare e poi
vengono trasportate all’interno del mitocondrio.
● Esistono dei trasportatori che trasportano la proteina nei mitocondri.
● Questi sono canali che attraversano le 2 membrane mitocondriali le quali
presentano sul lato esterno del mitocondrio un recettore in grado di
riconoscere una sequenza segnale presente su una proteina sintetizzata dai
ribosomi e presente nel citosol.
● Questi complessi di trasporto hanno dei nomi particolari: l’acronimo TOM e

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TIM, dove T sta per traslocatore, M sta per membrana, O sta per outer
(esterno) e I sta per inter (interno)
1. COMPLESSO TOM= complesso trasportatore della membrana esterna
2. COMPLESSO TIM= complesso trasportatore della membrana interna
● Il complesso TIM ha un’estensione che raggiunge la membrana esterna e che
gli consente di interagire col complesso TOM.
● Questo è molto importante perché quando una proteina deve entrare nella
matrice mitocondriale, i due traslocatori devono essere allineati, per
consentire alla proteina che porta una sequenza segnale, l’allele terminale
posta all'estremità amminoterminale del suo inizio, questa viene riconosciuta
da un recettore.
● Dopodiché viene fatta passare prima attraverso il complesso TOM e poi visto
che il complesso TIM è allineato con esso, la proteina entra direttamente
all’interno della matrice mitocondriale.
● Una volta che la proteina è entrata nella matrice mitocondriale, la sequenza
segnale non serve più quindi può essere tagliata e rimossa.

IL PEROSSISOMA
● Organello di forma vescicolare rivestito da una singola membrana, il cui
interno è composto da una matrice definita amorfa.
● Rappresenta un comparto metabolico specializzato, cioè che la sua funzione
è quella di svolgere determinate reazioni enzimatiche.
● Questi enzimi hanno in comune la caratteristica di trasferire H da diverse
sostanze e legare l’O per la formazione di perossido di idrogeno (acqua
ossigenata)

FUNZIONI DEI PEROSSISOMI vedi diapo 27


1) Funzione di catalisi, cioè distruzione di molecole…
2) .... rimozione di sostanze tossiche come l’etanolo, eliminazione di specie
attive dell’ossigeno, eliminazione di acqua ossigenata, un’altra specie attiva
dell’ossigeno, la quale si forma come risultato di alcune reazioni metaboliche
3) .... guaina mielinica riveste i neuroni

MALATTIE LEGATE ALLA DISFUNZIONE DEI PEROSSISOMI


● Una delle più note è la vedi diapo 28
● Il gene responsabile è l’ABCD1….. la cui funzione è quella di importare acidi
grassi nel l’organello, i quali devono essere demolito mediante β-
ossidazione.
● Una disfunzione di questa proteina comporta l’accumulo di acidi grassi in
catene molto lunghe all’interno della cellula, i quali non possono più essere

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metabolizzati e distrutti.
● Si accumulano e il risultato è sempre una disfunzione a livello neuronale, in
quanto il primo organo a risentire di questo accumulo è il cervello.
● C’è una storia vera che narra di una famiglia di origini piemontesi che
avevano un figlio con questa malattia.
● Negli anni 80 una diagnosi di questa malattia significava una diagnosi di
morte.
● I genitori studiando, per cercare di salvare la vita del figlio (non erano medici)
trovarono un modo geniale per contrastare l’accumulo di acidi grassi nelle
cellule.
● Contrastano l’accumulo creando una formulando una dieta specifica che noi
chiamiamo olio di Lorenzo.
● Questa dieta consisteva nella somministrazione di trigliceridi in cui le
componenti principali erano acido erucico (C22:1) e acido oleico (C18:1), i
quali sono acidi grassi a catena relativamente corta.
● Somministrando questi di fatto previene la necessità del nostro organismo di
sintetizzare acidi grassi a catena lunga.
● Quindi questi acidi grassi di fatto competono con il sistema di allungamento
degli acidi grassi provocando la diminuzione della concentrazione dell’acido
grasso saturo, chiamato acido cerotico, formato da 26C, il quale era noto
essere il principale responsabile dei danni alla guaina mielinica.
● Somministrando questa dieta ricca di acidi grassi a catena corta di aveva la
prevenzione all’accumulo di acidi grassi a catena lunga.
● Questa scoperta allungo molto le prospettive di vita dei pazienti affetti da
questa malattia.

IL CITOSCHELETRO
È composto da 3 componenti distinte:
1. Microfilamenti di actina, sono i più piccoli e hanno un diametro di 7 nm.
2. Filamenti intermedi, con un diametro di 10 nm
3. Microtubuli, rappresentano i filamenti più spessi e differiscono dai precedenti
perché la loro struttura è tubulare, con un diametro di 25 nm.

LE FUNZIONI
Supporto strutturale per la cellula, in modo analogo allo scheletro per i vertebrati.
Vedi diapo 2

I MICROFILAMENTI
● Sono filamenti sottilissimi di actina.
● Visti al microscopio ottico a fluorescenza essi appaiono come filamenti
sottilissimi che attraversano la cellula lungo il suo asse longitudinale.

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● Vedi diapo 4
● Partecipano alla divisione della cellula, ossia la mitosi, intervenendo
nell’ultima fase chiamata citochinesi.
● Dal punto di vista molecolare sono composti solo di actina, proteina che
nasce come proteina globulare, ossia ha forma sferica.
● Questa diventa poi una proteina filamentosa in quanto l’actina è in grado di
polimerizzare, formando delle lunghe catene fatte di actina.
● Catene che sono filamenti che si intrecciano successivamente a due a due,
costituendo una sorta di elica.
● Nel filamento di actina si riconosce una estremità meno e una estremità più.
● All’estremità più avviene la polimerizzazione del filamento, quindi il filamento
di actina si estende da questa direzione.
● Mentre l’estremità meno rappresenta la parte del filamento in cui avviene la
depolimerizzazione, cioè l’accorciamento del filamento.
● I filamenti di actina poi si possono organizzare in modo da dare più
complesso, in modo da dare più robustezza alla cellula, andando a costituire
strutture fatte di fasci paralleli di actina e uniti longitudinalmente da una
proteina chiamata fascina.
● Oppure l’actina si può organizzare a formare delle reti (network), formando
dei grossi legami incrociati tra i vari filamenti di actina, uniti da una proteina
chiamata filamina.

FUNZIONI DELL’ACTINA
● Come abbiamo visto l’actina ha funzione strutturale, la vediamo ad esempio a
formare i microvilli (villi intestinali).
● Contribuisce inoltre a determinare la morfologia delle cellule.
● Funzione di movimento, vedremo come fanno le cellule a muoversi,
estendendo i propri filamenti di actina.
● Infine interviene nel meccanismo della divisione cellulare partecipando
all’ultima fase che consiste nella separazione, mediante strozzatura a metà di
una cellula, chiamata citocinesi o citodieresi.

I MICROVILLI
● Mantenuti in forma e posizione da filamenti di actina, i quali si estendono
lungo tutto il microvillo intestinale e filamenti che sono tenuti insieme da
proteine quali la villina, che crea legami incrociati tra i filamenti.

MOVIMENTO CELLULARE
Come fanno le cellule a muoversi tra i tessuti?
● Esistono delle proteine chiamate integrine, poste sulla membrana plasmatica
che sono caratterizzate da una porzione extracellulare che consente loro
l’adesione ad un determinato substrato.
● Questo tessuto può essere una piastra di coltura se le cellule crescono in
vitro.

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● Possiedono poi anche una porzione interna che invece interagisce con i
filamenti di actina, quindi il filamento di actina del citoscheletro si estende fin
sotto la superficie della cellula e si ancora alla membrana plasmatica
mediante queste integrine.
● La polimerizzazione in questa direzione dei filamenti di actina, fa sì che
queste porzioni della cellula si spostino in avanti consentendo alla cellula di
muoversi in questa direzione.
● Nell’immagine vediamo una cellula che aderisce ad un supporto (può essere
o una porzione di matrice extracellulare se consideriamo un tessuto o una
piastra).
● La cellula viene ancorata, in quanto le cellule in genere formano contatti con
substrati o altre cellule mediante integrine.
● Se questa cellula deve spostarsi in avanti polimerizzerà il proprio citoscheletro
di actina in questa direzione.
● Successivamente formerà un contatto focale successivo che consenta alla
porzione anteriore della cellula di aderire al substrato.
● L’estensione in questa direzione porterà di conseguenza una contrazione
sempre in quella direzione che porterà la cella ad accorciarsi e a muoversi in
quella direzione.

SOSTANZE TOSSICHE PER I MICROFILAMENTI


● Esistono delle sostanze naturali tossiche, sono tossine, in grado di bloccare la
polimerizzazione dell’actina, quindi di fatto impediscono ai filamenti di actina
di polimerizzarsi ed estendersi.
● Una di queste è la falloidina, derivata dal fungo tossico Amanita
phalloides.

I MICROTUBULI
● Altra classe di filamenti del citoscheletro.
● All’interno della cellula possono avere una disposizione totalmente diversa
rispetto ai microfilamenti.
● Nell’immagine a fluorescenza vediamo infatti i microfilamenti estendersi in
maniera longitudinale e ordinata, mentre i microtubuli hanno una distribuzione
più complessa, se non che sembrano tutti partire da una regione che sta
intorno al nucleo e poi diramarsi verso l’esterno della cellula.
● Dal punto di vista chimico sono strutture tubolari dal diametro di 25 nm.
● Anch’essi sono formati da un unico tipo di proteina principale chiamata
tubulina, di cui esistono 2 forme: α-tubulina e la β-tubulina, le quali si
assemblano alternandosi.
● Essi servono a formare il fuso mitotico, centrioli e la sezione centrale di
ciglia e flagelli.
● Anche nei mitocondri si riconosce un'estremità più e un'estremità meno.
● All'estremità più avviene la polimerizzazione (estensione), mentre
all'estremità meno la depolimerizzazione (accorciamento).

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● Anche i microtubuli nascono da proteine che sono globulari, di forma sferica.


● Abbiamo l’ α-tubulina e la β-tubulina le quali si assemblano a formare delle
catene in cui le due molecole si alternano.
● Successivamente queste catene si organizzano in foglietti, appaiandosi
lateralmente.
● Infine questi foglietti si curvano andando a formare strutture cilindriche.
I microtubuli si assemblano all’estremità più e si disassemblano all’estremità meno.

FASI DI ASSEMBLAGGIO DI UN MICROTUBULO


● Si forma inizialmente un protofilamento.
● Tanti protofilamenti associati insieme formano un foglietto.
● Infine si ha la curvatura del foglietto e la formazione del microtubulo.

I CENTRIOLI
● I microtubuli si formano a partire da centri di organizzazione microtubulare,
ossia gli MTOC che sono zone perinucleari, ossia si trovano ad un polo del
nucleo nella periferia, e alla base dei quali esistono queste strutture
anch’esse fatte di microtubuli organizzati in modo particolare.
● Queste strutture sono chiamati centrioli, strutture fatte da microtubuli
organizzati a gruppi di 9.
● Ogni elemento è formato da 3 microtubuli.
● I due centrioli poi si organizzano as un polo della cellula disponendosi in
modo perpendicolare.
● Sono quegli elementi che si occuperanno di organizzare i microtubuli
all’interno del fuso mitotico.

SOSTANZE TOSSICHE PER I MICROTUBULI


● Esistono sostanze presenti in natura, aventi l’azione di bloccare la
polimerizzazione dei microtubuli.
● Una di queste è il Taxolo, sostanza derivante dalla pianta del Tasso.
● A differenza della falloidina che è considerata solo tossica, il Taxolo trova un
impiego anche in medicina in quanto, essendo in grado di bloccare la
formazione dei microtubuli conseguentemente del fuso mitotico, viene usata
nella chemioterapia come farmaco antitumorale (è stato uno dei primi
farmaci ad essere usato contro il tumore).

MOVIMENTO
● Sia gli organelli che le vescicole si muovono all’interno della cellula scorrendo
su binari fatto di microtubuli.
● Esistono infatti delle proteina chiamate chinesine o dineine che hanno la
funzione di ancorare gli organelli o le vescicole sui microtubuli.
● Nel caso delle chinesine hanno la possibilità di farle muovere sui microtubuli
per portarle in posizione o a destinazione.

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STRUTTURA GENERALE DEI FLAGELLI E DELLE CIGLIA


● I microtubuli fanno anche parte delle strutture mobili della cellula.
● Esistono poche cellule con capacità di movimento, il classico esempio è lo
spermatozoo, il quale possiede un lungo flagello.
● La struttura portante del flagelli è fatta di microtubuli, organizzati in modo
diverso rispetto ai centrioli ma vediamo anche qua 9 coppie di microtubuli con
1 coppia centrale.
● All’interno del flagello sono tenute insieme da proteine di collegamento,
l’utilizzo di ATP fa si che questi cerchino di scivolare l’uno sull’altro, ma queste
molecole li bloccano, quindi fanno curvare il flagello permettendo un
movimento ondulatorio.
● Mentre invece nel caso delle ciglia non esistono queste proteine di
collegamento, ma i due microtubuli vengono fatti scivolare l’uno sull’altro
consentendo alle ciglia di muoversi.

I FILAMENTI INTERMEDI
● Dal punto di vista della struttura sono più eterogenei rispetto ai primi due, in
quanto sono fatti da proteine diverse, le quali condividono un determinato tipo
di struttura.
● Abbiamo infatti proteine che nascono come proteine filamentose che si
intrecciano una sull’altra, poi si uniscono, si posizionano in maniera alternata
e vanno a costituire filamenti più lunghi.
● Hanno la caratteristica di essere i più forti e flessibili tra tutti i filamenti, per
questo sono particolarmente abbondanti in quei tessuti sottoposti a stress
meccanici molto intensi come gli epiteli, tessuti connettivi o cellule
neuronali.
● Negli epiteli sono costituiti da cheratina, li troviamo poi nelle cellule
muscolari, nelle cellule della neuroglia dove sono costituite da vimentina e
proteine simili.
● Le troviamo nei neuroni dove sono neurofilamenti e infine le troviamo nella
lamina nucleare, la lamina è un esempio di questi, il cui ruolo è di supporto
del nucleo.
● Vediamo che i filamenti della lamina nucleare si posizionano subito sotto
l’involucro nucleare.

MALATTIE GENETICHE LEGATE A MUTAZIONI DI PROTEINE DEL


CITOSCHELETRO
● Una di queste è l’epidermolisi bollosa, causata dalla mutazione della
cheratina, legata quindi ai filamenti intermedi delle cellule epiteliali.
1. Nella prima immagine vediamo una pelle normale, in cui c’è
l’epidermide e il derma sottostante.
2. Nella seconda vediamo una mutazione della cheratina che causa
difficoltà nell’ancorare l’epidermide al derma sottostante.
● Questo vuol dire che l’epidermide che è lo strato superficiale tenderà a

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sfogliarsi al minimo problema meccanico e porterà al distacco dell’epidermide


dal derma.
● Questo causa lacerazioni della pelle, ulcere e di conseguenza delle infezioni.

LA CONTRAZIONE MUSCOLARE
● Il citoscheletro è anche il responsabile della contrazione muscolare.
● Quindi nei tessuti contrattili esso si organizza in modo particolare, tipicamente
nei tessuti muscolari conosciamo 3 tipi di tessuti: muscolo scheletrico,
muscolo cardiaco e muscolo liscio.
● Nel muscolo scheletrico e cardiaco sono particolarmente evidenti delle
striature che attraversano le varie fibre muscolari.
● Andando a vedere come sono organizzate queste strutture, possiamo
osservarle al microscopio elettronico e vediamo che sono rappresentate come
linee parallele di intensità diversa, morfologicamente vengono poi divise in
banda A e banda I.
● Dal punto di vista molecolare queste bande sono fatte dall’alternanza
filamenti.
● Questi filamenti sono fatti di actina e miosina che condivide un po’ questa
struttura fatta a mazza da golf in cui c’è uno stelo e una testa globulare che
interagisce.
● La contrazione muscolare è il risultato dello scorrimento dei filamenti sottili di
actina su quelli spessi di miosina.
● La struttura di una fibra muscolare rilassata, in seguito a stimolo di
contrazione genera lo scorrimento dei filamenti e conseguente accorciamento
della struttura muscolare.
● Dal punto di vista molecolare in condizione di riposo, la testa della miosina è
legata al filamento di actina.
● Quando arriva uno stimolo che prevede l’utilizzo di ATP, il legame di ATP con
la testa di miosina causa il distacco della testa di miosina dal filamento di
actina.
● Successivamente l’ATP viene idrolizzato, quindi questa molecola perde il
fosfato.
● L’idrolisi del fosfato causa lo scivolamento in avanti della testa di miosina.
● Successivamente, il successivo rilascio del fosfato fa si che la testa di miosina
si riattacchi alla testa di actina e infine il rilascio anche della molecola rimane
de di ADP fa si che si generi forza motrice.
● Questo fa sì che la testa di miosina riscivoli indietro ritornando alla sua
posizione iniziale.
● Questo fa sì che il filamento di actina scivoli sul filamento di miosina.

IL CICLO CELLULARE

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Perchè le cellule si dividono?


Si dividono per rispondere a 3 bisogni.
● Se si tratta di organismi unicellulari, la divisione cellulare corrisponde alla
riproduzione, dunque l’organismo si riproduce dividendo l’unica cellula di cui è
fatto.
● Negli organismi pluricellulari invece la divisione cellulare soddisfa 2 necessità:
1) Consente all'organismo di crescere e svilupparsi, tutti gli organismi
pluricellulari nascono comunque da un’unica cellula fecondata la quale per
costruire il corpo dell'adulto deve dividersi e differenziarsi, in quanto noi siamo
fatti di cellule e tessuti diversi.
2) Dal momento che i tessuti invecchiano e si danneggiano c’è la necessità di
rinnovare e riparare i tessuti danneggiati.
● Per ciclo cellulare si intende il periodo tra una divisione cellulare e la
successiva.
È diviso in 2 grandi fasi:
1) La mitosi, fase in cui la cellula si divide
2) Interfase vedi diapo
● L’interfase viene poi divisa in altre 3 fasi G1, S, G2, le quali hanno una durata
variabile.
Cosa sta accendendo in questo momento a livello cellulare?
● La maggior parte delle nostre cellule in questo momento non si stanno
dividendo ma si trovano nell’interfase.
● Alcune si dividono costantemente per formare altre cellule quindi alcune
cellule e alcuni tessuti si dividono con regolarità, questo per ad esempio le
cellule della pelle, stomaco, cellule staminali, cellule embrionali.
● Rimando a livello di cellule epiteliali, stomaco e staminali, esistono cellule che
costituiscono tessuti che vanno incontro a rinnovi frequenti in quanto soggetti
ad usura.
● Pensiamo non solo alle cellule più superficiali ma anche a quelle che
costituiscono le cavità più interne dei nostri epiteli come stomaco e intestino
che anche in questo caso sono soggetti a danni, pensiamo agli acidi che
vengono prodotti dallo stomaco.
● In più tutte le cellule staminali si devono duplicare in modo da garantire il
rinnovo dei tessuti.
● Altre cellule invece noi si rinnovano affatto dopo il nostro sviluppo come quelle
nervose e muscolari, le quali hanno raggiunto uno stadio differenziativo
terminale.
Da cosa dipendono la durata e il ciclo cellulare?
● Dipendono innanzitutto dal tipo di cellule, infatti le cellule embrionali si
dividono molto frequentemente, sono quelle che si dividono con più frequenza
in quanto un ciclo cellulare embrionali può durare anche solo 20 minuti.
● Anche quelle della pelle si dividono frequentemente, le quali hanno un ciclo
cellulare che varia dalle 12 alle 24 ore.
● Ci sono poi casi particolari di cellule del fegato, cellule epatiche le quali

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mantengono la capacità di dividersi ma in realtà lo fanno molto raramente.


● Una cellula epatica in condizioni normali, quindi same si divide mediamente
ogni 1 o 2 anni ma se necessario può riacquistare la capacità di dividersi con
maggior frequenza.
● Mentre invece i neuroni e le cellule muscolari non si dividono mai più,
entrando in una fase di riposo definita G0.
● Esistono poi dei fattori esterni, non dipendenti dal tipo cellulare che
determinano la velocità con la quale una cellula si divide:
1. Dimensioni
2. Rapporto superficie-volume
3. Disponibilità dei nutrienti
4. Densità delle cellule (particolarmente rilevabile quando le cellule vengono
coltivate su una piastra)
5. Età della cellula, quando una cellula ha compiuto un certo numero di
divisioni, a causa dell’accorciamento dei suoi telomeri perde la capacità di
dividersi.

TIPICO CICLO DELLA CELLULA EUCARIOTICA


● Se noi consideriamo una durata di 24 di un ciclo cellulare, grossomodo le fasi
occupano questo tempo:
● La mitosi M: 2 ore
● La fase di sintesi S: 7ore
● La fase intermedia tra la mitosi e la sintesi G2: 5 ore
● La più variabile è la G1, la quale si una scala di tempo dura oltre circa la
metà del tempo di durata di un ciclo cellulare: 11 ore
Vedi diapo
● Nella fase G2 la cellula ha finito di replicare il proprio DNA ma per prepararsi
alla mitosi deve duplicare il materiale che gli servirà per la mitosi: istoni,
proteine del citoscheletro che vanno a comporre il fuso mitotico.
● Fase di riposo= la cellula non si divide ma svolge la sua funzione.

FASE G0
● La cellula non si divide, esce momentaneamente o definitivamente dal ciclo
cellulare.
● È dunque una fase di riposo.
● Questo corrisponde alla maggior parte delle cellule differenziate che si sono
divise per l’ultima volta, per la maggior parte di queste cellule non è possibile
tornare indietro come muscoli,nervi e neuroni che sono altamente
specializzate.
● Mentre invece per alcune cellule è possibile tornare indietro e riprendere il
ciclo per esempio le cellule del fegato.

ATTIVAZIONE DELLA DIVISIONE CELLULARE


● Le cellule capiscono che devono dividersi perché hanno la possibilità di

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comunicare tra loro, di lanciarsi segnali che possano stimolare una cellula a
dividersi o meno.
● Questi segnali sono in termini di molecole, prevalentemente sotto forma di
proteine che a seconda della loro funzioni svolgono funzione di attivatori o
inibitori della divisione cellulare.
● Esistono dei punti in cui la cellula controlla a che punto del ciclo si trova e
verifica che tutto sia stato fatto correttamente prima di passare alla fase
successiva.
● Questi punti vengono chiamati Checkpoints o punti di restrizione.
● Ce ne sono 3 principali:
1. G1 Checkpoint che determinerà la transizione del G1-S, in cui la cellula deve
verificare che prima di procedere verso la duplicazione del proprio DNA deve
verificare che quest’ultimo sia intatto.
● Deve inoltre controllare che ci siamo abbastanza nutrienti, ci siano fattori di
crescita adeguati e che la dimensione della cellula sia adeguata.
● Se tutti questi controlli sono fatti si può passare in fase S.
2. G2 Checkpoint che è al termine della fase G2, il quale deve verificare che il
DNA sia stato replicato correttamente, altrimenti non può dividersi.
● Deve inoltre verificare che tutto sia pronto per entrare in mitosi, cioè
che tutto il materiale che servirà per la mitosi come le tubuline del
fuso mitotico, gli istoni devono essere pronti perché una volta che la
cellula entra in mitosi qualunque attività non collegata alla mitosi stessa
verrà interrotta, quindi una volta che condensa i cromosomi, la cellula
non potrà sintetizzare altre proteine, questo perché i cromosomi
durante la mitosi sono totalmente inattivi.
3. Spindle Checkpoint che è a livello del fuso mitotico, nel quale la cellula
verifica che tutti i cromatidi siano correttamente ancorati alle fibre del fuso
mitotico.

COSA DETERMINA QUESTA TRANSIZIONE?


Dal punto di vista molecolare cosa consente ad una cellula di sentire se tutto è
a posto e di procedere verso la fase successiva?
● Questo è determinato da una serie di proteine le quali fanno da molecole
segnale.
● Molto si basa su un meccanismo di controllo primario basato su una famiglia
di proteine chiamate cicline, chiamate così perché determinano la transizione
da una fase a quella successiva.
● Quindi per ogni fase si riconoscono cicline diverse e specifiche per quella
fase.
Qual è la funzione delle cicline?
● Esse devono arrivare una famiglia di enzimi appartenenti alla famiglia delle
chinasi, ossia enzimi che agiscono fosforilando altre proteine quindi
aggiungendo dei gruppi fosfato.
● Poiché queste chinasi vengono legate dalle cicline, vengono chiamate in

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inglese Cyclin-dependent kinase (Cdk), chinasi dipendenti da cicline.


● Queste chinasi vengono attivate dalle cicline che funzionano solo se c’è una
ciclina in grado di legarle e attivarle, andranno poi a fosforilare altri substrati e
conseguentemente ad attivare una cascata di segnalazione.
● Le cicline hanno funzione regolativa.
● La loro quantità nella cellula varia a seconda della fase del ciclo cellulare.
● Quando attivano le Cdk, si forma un complesso Cdk Cyclin, le quali attivano il
passaggio attraverso differenti fasi del ciclo cellulare.
Vedi diapo 14

COME VIENE CONTROLLATO IL CICLO CELLULARE NEGLI EUCARIOTI?


● Abbiamo delle cicline e delle chinasi dipendenti da cicline, quando una cicli a
lega una chinasi, la chinasi la attiva.
● A questo punto la chinasi è in grado di fosforilare un determinato substrato, di
fatto una proteina, la quale andrà ad attivare una via di segnalazione che
porterà la cellula a transitare verso la fase successiva del ciclo cellulare,
quindi ad attraversare i punti di restrizione.
● Vediamo un esempio che riguarda una proteina che se mutata causa un
tumore del cervello chiamato neuroblastoma.
● Questa proteina si chiama retinoblastoma (RB), la quale funzione come
freno per la progressione del ciclo, quindi quando RB è attiva, questa
blocca la cellula nella fase G1, impedendo la transizione in G2.
● Quando RB viene fosforilata da una chinasi dipendente da ciclina ecco che
RB fosforilata diventa inattiva, pertanto la cellula può progredire alla fase S
successiva.
● La progressione nel ciclo cellulare dipende dall’attività delle Cdk, quindi la
regolazione dell Cdk è una chiave per regolare la divisione cellulare.
● Le Cdk possono essere regolate dalla presenza o assenza di cicline.
● Nel retinoblastoma abbiamo un RB che è inattivo, in questo modo le cellule
continuano a dividersi perché viene a mancare quel freno che le
bloccherebbe in fase G1 finché non interviene un Cdk.

COME FANNO LE CICLINE A REGOLARE LA PROGRESSIONE DEL CICLO


● Questo è possibile in quanto vengono prodotte e degradare molto
velocemente nelle varie fasi del ciclo.
● Esse funzionano quando la loro concentrazione è massima all’interno
della cellula, questo è il caso delle cicline C1 e S, ossia quella che attiva la
Cdk e promuove la transizione dalla fase G1 alla S.
● Questa ciclina aumenta durante la fase 1, raggiungendo un massimo che
consente alla cellula di avere abbastanza chinasi attivata per consentire la
progressione verso la fase S.
● Per ogni fase del ciclo esiste quindi una ciclina dedicata: una ciclina G1(si
estende su tutte le fasi del ciclo cellulare), G1/S, S, M.
Cosa determina il rapido turn-over?

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● Vengono degradare velocemente nel proteosoma.


● La scoperta delle cicline e del ciclo cellulare ha garantito il Premio Nobel nel
2001 ad Hartwell, Hunt, Nurse.
● Ad ognuno di loro venne riconosciuto di aver scoperto un pezzo importante di
questo meccanismo di regolazione.
● Hartwell ha scoperto la presenza dei Checkpoints.
● Hunt ha scoperto le cicline.
● Nurse ha scoperto le chinasi cicline dipendenti.

ESPERIMENTO DI HUNT
● Come ha scoperto le cicline?
● Le ha scoperte in maniera casuale.
● Lui studiava i ricci di mare, i quali sono utilizzati molto negli studi moderni, in
biologia e nello studio dello sviluppo embrionale perché sono in grado di
produrre un gran numero di uova e un gran numero di spermatozoi.
● È possibile con essi sincronizzare la fecondazione delle cellule uovo, in
questo modo si possono avere tantissimi embrioni che si stanno sviluppando
in maniera sincrona.
● Una volta fecondati si dividono in maniera esattamente sincronizzata, questo
consente di avere molto materiale su cui lavoro e soprattutto di poter
raccogliere materiale in quantità diffidente per fare un esperimento di time
course, cioè se si vuole vedere cosa succede nel tempo ad un campione.
● Questo è possibile con i ricci di mare in quanto ogni singolo embrione è molto
piccolo, quindi la quantità di materiale ricavabile da un singolo embrione è
molto poca.
● Per poter studiare lo sviluppo embrionale c’è bisogno di un gran numero di
embrioni.
● Se si vuole studiare come varia il contenuto di proteine c’è bisogno di averne
tanti e sincronizzati, questo è possibile con i ricci di mare.
● Hunt era interessato a vedere se c’era questa variazione di proteine
nell'embrione in fase di sviluppo.
Per fare questo è possibile utilizzare 2 tecniche:
1) elettroforesi su gel di proteine, tecnica che consente di separare le proteine
presenti in un campione e sulla base delle dimensioni stesse delle proteine.
● Ogni banda quindi corrisponde a proteine di diverso peso molecolare, verso il
basso ci sono le proteine più piccole mentre verso l’alto quelle più grandi.
● Ogni corsia rappresenta un campione di embrioni preso a diverse fasi dello
sviluppo.
2) marcatura mediante isotopi radioattivi.
● Somministrando amminoacidi marcati con zolfo, quindi una
metionina marcata con zolfo. La metionina viene incorporata durante la
sintesi delle proteine.
● Andando a fare una autoradiografia di questo gel è possibile vedere soltanto
le proteine che vengono sintetizzate nel momento in cui si aggiunge questo

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amminoacido marcato con isotopo radioattivo.


● In questo modo è possibile seguire nel tempo quello che succede durante la
sintesi proteica.
● Fecondato i linfociti di riccio di mare, ha aggiunto metionina marcata con
zolfo e ha raccolto campioni proteici in diversi tempi ed è andato a vedere
cosa è successo sul gel.
● La cosa interessante è che c’erano 2 proteine, la cui concentrazione o
quantità seguiva un andamento oscillatorio nel tempo.
● In particolare vide due bande, una A e una B nel quale la banda
corrispondente alla proteina che si vedeva in A aumentava fino quasi per
1ora, poi si riduceva drasticamente, poi riaumentava per una seconda ora e
poi si riduceva di nuovo.
● Anche nella proteina B era possibile vedere un andamento di questo tipo ma
a differenza della A la fase di aumento e diminuzione era sfalsata, ma
coincideva comunque con determinate fasi della divisione delle cellule di
questi embrioni.
● Lui chiamò queste proteine che avevano un andamento ondulatorio ma
sincronizzato con la divisione cellulare cicline.
● Per la maggior parte delle proteine presenti degli embrioni dei ricci di mare
questo non era visibile. Infatti la maggior parte avevano un’espressione
costante in tutte le fasi del ciclo.
● Solo queste due proteine avevano questo andamento altalenante ma che
coincideva con le diverse fasi.

COME VIENE CONTROLLATA LA DIVISIONE CELLULARE NEGLI ORGANISMI


PLURICELLULARI
● Fino ad ora abbiamo visto cosa succede all’interno della cellula che consente
una progressione da una fase di un ciclo a quella successiva.
● Però comunque non abbiamo visto ancora quali segnali riceve la cellula
affinché la cellula venga stimolata a dividersi.
● Questi segnali provengono dall’esterno chiamati fattori di crescita.
● Per fare un esempio pensiamo alla rimarginazione delle ferite.
● Quando ci sbucciamo un ginocchio ad un certo punto il sangue si blocca,
cessa la coagulazione del sangue, e successivamente la ferita si rimargina.
Questo vuol dire che lì i fibroblasti si dividono e nel giro di qualche giorno la
pelle sarà rimarginata e rimarrà al massimo una cicatrice.
● Tutto questo dipende da proteine chiamate fattori di crescita, per esempio il
fattore di crescita piastrinico (platelet-derived growth factor PDGF), che
viene secreto dalle piastrine che iniziano la coagulazione del sangue.
● Quando raggiunge la superficie delle cellule epiteliali, stimola le cellule della
pelle a dividersi e guarire le ferite
Vedi diapo (ultimi 2 punti)
● In cultura sono presenti molti altri fattori che determinano la divisione, per
esempio le cellule in coltura vengono stimolate a dividersi fino a quando non

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raggiungono la densità tale per cui intervengono dei segnali che bloccano la
divisione cellulare, quello che viene chiamato inibizione da contatto.
● Quando le cellule su una piastra raggiungono una certa densità e arrivano a
contatto, smettono di dividersi.
● Inoltre le cellule in coltura, che crescono in adesione si dividono fintanto che
trovano la superficie a cui aderire, nel momento in cui perdono il contatto con
la superficie queste smettono di dividersi.

FATTORI DI CRESCITA
● È una proteina che lega un recettore presente sulla cellula bersaglio il quale
recettore attiverà una serie di vie di trasduzione del segnale che in genere
passa anche questa tramite proteine della famiglia delle chinasi (meccanismi
di fosforilazione) la quale alla fine finirà per attivare delle cicline o chinasi
dipendenti da cicline, le quali vanno a legare e disattivare la proteina RB.

LA MITOSI
● Vedi diapo

● Prima della mitosi il DNA è in forma di cromatina, materiale denso agli


elettroni.
● All’inizio della mitosi per poter iniziare a dividersi, la cellula deve iniziare a
compattare tutto il suo DNA in strutture che noi conosciamo come cromosomi.
Ogni cromosoma in una cellula in mitosi è fatto da 2 cellule di DNA chiamati
cromatidi fratelli uniti a livello di una regione centrale chiamato centromero.
Cosa succede durante la mitosi?
Vedi diapo 26-27

● Quando la cellula deve dividersi, per una cellula derivano 2 cellule identiche.
● Dal punto di vista dei cromosomi una cellula è in fase G1 possiede 46
cromosomi, ossia DNA, le quali vengono duplicate diventando 92 molecole
di DNA, le quali poi vengono segregate in parti uguali in una cellula durante la
mitosi.
● CROMOSOMA= è sia la molecola di DNA presente in una cellula prima della
divisione ma è anche la molecola di DNA formata da due copie identiche di un
cromosoma che è stato duplicato che in questa fase vengono chiamati
cromatidi.
● Ciascun cromosoma quindi si duplica producendo due copie identiche che
vengono chiamati cromatidi fratelli che restano associati mediante il
centromero. Le due copie poi si separano e ciascun cromatide migra in una
cellula.

LE FASI DELLA MITOSI


4 fasi:
1. Interfase

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2. Profase
3. Metafase
4. Anafase
5. Telofase

LA PROFASE
● Avviene la condensazione dei cromosomi, ossia la condensazione del DNA a
formare i cromosomi.
● Avviene la formazione del fuso mitotico.
● Avviene la migrazione dei centromeri alle due estremità della cellula.
● Quindi si forma il fuso, la cromatina condensa a formare i cromosomi, la
membrana nucleare si frammenta e di conseguenza anche i nucleoli
scompaiono.
● Questo di fatto blocca la possibilità di sintetizzare qualunque proteina perché
venendo disgregato il nucleolo non c’è possibilità di sintetizzare nuovi
ribosomi e di conseguenza nuove proteine.

IL FUSO MITOTICO
● Il fuso mitotico è formato da fibre proteiche che si dipartono dai pori della
cellula.
● Esso è fatto dai filamenti dei microtubuli.
● Nelle cellule animali si organizza intorno a strutture chiamate centrosomi, i
quali sono strutture situate vicino al nucleo, sono costituite da tubuli proteici e
sono formate da 2 centrioli che sono a loro volta strutture fatte da microtubuli
con un’organizzazione particolare nel quale ogni centrioli è formato da 9
gruppi di 3 tubuli.

LA DUPLICAZIONE DEL CENTROSOMA PRECEDE LA MITOSI


● Alla fine della fase S inizia la duplicazione dei centrosomi, i quali sono già
perfettamente duplicati prima dell’inizio della mitosi.
● All’inizio della mitosi i due centrosomi si allontanano e raggiungono i poli della
cellula dove poi inizieranno ad organizzare il fuso mitotico.
● Vedi diapo 10
● Formando questa struttura visibile al microscopio
● Nella profase avviene anche la condensazione dei cromosomi

LA METAFASE
● I cromosomi si allineano al centro della cellula, in quella che viene chiamata
piastra equatoriale.
● Quindi i cromatidi di ancorano alle fibre del fuso e vengono prima trasportati
tutti al centro della cellula, formando la piastra equatoriale.

COME VENGONO ANCORATI I CROMOSOMI ALLE FIBRE DEL FUSO


● Vengono ancorate grazie a delle zone del DNA chiamate centromero, al quale

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si legano delle proteine specifiche chiamate centromere binding factor


(CBF), le quali serviranno poi per l’ancoraggio del DNA con le fibre del fuso
mitotico.

L’ANAFASE
● Durante l’anafase i 2 cromatidi che compongono ogni cromosoma vengono
separati e trasportati all'estremità della cellula, verso i poli della cellula.
● Questo è ben visibile in una cellula vegetale, in metafase vediamo i cromatidi
tutti allineati lungo la piastra equatoriale, mentre al termine dell’’anafase
vediamo i cromatidi separati alle due estremità.

LA TELOFASE
● Avviene la divisione cellulare, ossia la citochinesi.
● La telofase inizia con la despiralizzazione del DNA, i cromatidi despiralizzano,
si riforma la cromatina, si riforma anche l’involucro nucleare e infine avviene
la citochinesi mediata da elementi dei microfilamenti di actina, nei quali la
membrana cellulare si condensa e si contrae all’equatore della cellula per
dividerla in due.
● Se poi siamo in una cellula vegetale, si forma una membrana cellulare e
anche la parete cellulare all’equatore per dividere la cellula in due.
● Al termine della telofase in questa immagine si può vedere la formazione della
parete in una cellula di cipolla.

LA MITOSI DELLE CELLULE ANIMALI


Vediamo le differenze principali:
● Nell’interfase vediamo il DNA despiralizzato in cromatina.
● Durante la profase vediamo il DNA condensarsi a formare i cromatidi, i
cromosomi.
● Nella metafase vediamo i cromatidi allineati lungo la piastra equatoriale.
● In anafase vediamo i cromatidi migrare ai poli della cellula
● In telofase vediamo il DNA despiralizzarsi, quindi non si riconoscono più i
singoli cromatidi ma il DNA attorno deve avere una colorazione omogenea e
iniziamo a vedere la cellula dividersi al centro in quella fase chiamata
citochinesi.

I MICROTUBULI NELLA MITOSI


● Anche I fluorescenza è possibile vedere ciò:
● Nella profase vediamo l’inizio della condensazione dei cromosomi, come si
vede il nucleo non ha più una colorazione omogenea ma iniziano a vedersi i
filamenti di DNA.
● Al termine della profase sono facilmente visibili i cromosomi sotto forma di
cromatidi fratelli.
● In metafase vediamo i cromatidi tutti allineati lungo la piastra equatoriale e in
verde vediamo il fuso mitotico.

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● In anafase vediamo i cromatidi migrati all’estremità della cellula.

VITA E MORTE DELLA CELLULA


Quanto vive una cellula?
● Non esiste una risposta univoca perchè dipende dalla cellula.
● Possiamo definire il tempo limite di una cellula, ossia dobbiamo considerare
cellule che sono arrivate alla fine delle loro possibilità replicative, quindi
cellule che dopo essersi differenziate non si dividono più.
● A questo punto possiamo calcolare il tempo o la durata.
● Questa tabella illustra la durata media di vita.
● Prendiamo ad esempio l’eritrocita, ossia la cellula del sangue la quale vive in
media 4 mesi.
● È una durata molto lunga se la paragoniamo alle cellule dei tessuti epiteliali
(tessuti soggetti a continuo rinnovamento) che vivono 2-3 giorni.
● Le cellule pancreatiche e endoteliali vivono 1 anno.
● Le cellule del muscolo scheletrico vivono molti anni, esse infatti si rinnovano
ma molto lentamente in quanto vivono in media 15 anni.
● Le cellule cardiache si rinnovano molto lentamente e anche i neuroni, i quali
vivono per tutta la durata della nostra vita, in quanto il nostro cuore rinnova
meno del 50% delle nostre cellule e i neuroni si rinnovano con ancora meno
frequenza.

UNA CELLULA PUÒ DIVIDERSI INFINITE VOLTE?


● Prendiamo in esame quei tessuti che si rinnovano abbastanza velocemente.
● Per rispondere dobbiamo tener conto anche della durata media di un ciclo
cellulare, in media di 24 ore.
Ecco, una cellula può dividersi quindi ogni 24 ore per tutta la sua vita?
● A questa domanda diede una risposta Leonard Hayflick negli anni 60.
● Il quale osservò che cellule in coltura, prelevate ad esempio da biopsie e
messe in coltura, poteva in genere dividersi un numero illimitato di volte.
● Questo concetto è nato come il limite di Hayflick.
● All’inizio non venne accettata questa teoria perché si pensava che le cellule
messe in coltura avessero il potenziale di rinnovarsi illimitato, ma questo era
dovuto ad un antefatto tecnologico in quanto la maggior parte delle cellule con
cui si lavorava negli anni 60 erano cellule tumorali che hanno in sè un
meccanismo che consente effettivamente di dividersi all’infinito.
● Mentre invece le cellule prese da tessuti sani possiedono un limite alla
capacità di replicarsi.
● Osservó inoltre che queste capacità, questo limite, era associato a qualcosa
che stava al livello dei cromosomi, quindi presente nel DNA delle cellule, in
particolar modo era associato alle estremità dei cromosomi, quelli che noi
chiamiamo telomeri.
● Al momento lui non seppe dare una funzione al telomero ma osservó che ad
ogni ciclo replicativo i telomeri (sequenze di DNA presenti alle estremità dei

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cromosomi) tendevano ad accorciarsi.


● In particolare Hayflick prese un tessuto normale.
● Isoló le cellule di questo tessuto utilizzando la tripsina, un enzima che
degrada la matrice extracellulare.
● Mise questi in coltura, espanse e vide che la capacità di replicarsi di queste
cellule era limitata nel tempo ed era in qualche modo correlata all’età
dell’individuo da chi erano state prelevate queste cellule.
● Quindi cellule prelevate da individui più giovani potevano replicarsi più volte,
cellule prelevate da individui più anziani si dividevano per un numero limitato
di volte.
● Successivamente ad Hayflick venne osservato che il potenziale replicativo
delle cellule ed in qualche modo proporzionale all’età dell’individuo, per
esempio in un topo che vive circa 3 anni le cellule in media possono dividersi
20 volte, nell’essere umano che ottimisticamente può vivere fino a 100 anni,
le cellule primarie possono replicarsi fino a 40-60 volte.
● Se noi prendiamo animali con una durata di vita più lunga come le tartarughe
delle Galapagos ecco che le cellule possono dividersi per un numero ancora
superiore.
● Quando la cellula sta tanto tempo il coltura, nella fase iniziale di crescita, le
cellule crescono in maniera esponenziale, quindi si duplicano con regolarità
ogni tot ore.
● Dopo un po’ di tempo queste cellule iniziano ad andare in contro ad un
meccanismo chiamato senescenza, in cui le cellule iniziano a cambiare
forma: tendono ad ingrandire, ad avere una forma più irregolare, anche i
nuclei tendono ad ingrandire ed assumere una forma irregolare fin quando
diventano senescenti.
● Queste cellule non si dividono più e prima o poi andranno in contro alla morta.

I TELOMERI
● Estremità del cromosoma.
● Ogni cromosoma ha 2 telomeri.
● Sono facilmente visualizzabili al microscopio ottico a fluorescenza perché i
telomeri sono sempre associati con proteine particolari, quindi avendo a
disposizione anticorpi in grado di riconoscere queste proteine telomeriche noi
possiamo visualizzare l’estremità del telomero, mentre invece il resto del
cromosoma è visualizzata con questo colorante specifico per gli acidi nucleici.
● Vedi diapo 9-10
● Ad ogni divisione che la cellula fa i telomeri vengono persi, fino ad
annullarsi completamente.
● A questo punto quando il telomero quasi si annulla, la cellula smette di
dividersi e va incontro a senescenza.

A COSA SERVONO I TELOMERI


● Per rispondere bisogna ricordare come avviene la divisione del DNA: La

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duplicazione avviene dopo la DNA polimerasi, i due filamenti vengono


sintetizzati contemporaneamente, esiste un filamento guida del quale la
direzione di sintesi procede linearmente seguendo la direzione della forcella
di replicazione.
● Per l’altro filamento, definito lento esiste un problema nella replicazione, che
per essere risolto richiede l’utilizzo di inneschi particolari fatti di RNA e
sintetizzati da una DNA primasi, enzima che sintetizza questi primer.
● Se noi pensiamo a come avviene la sintesi del DNA alle due estremità,
sappiamo che abbiamo bisogno di un RNA, innesco che consenta la sintesi
del DNA.
● L’RNA poi verrà rimosso lasciando questa porzione vacante, porzione che
all’estremità dei cromosomi non può essere sostituita perché non esiste un
innesco a monte a cui attaccarsi per sintetizzare questo pezzo mancante.
● Quindi questo pezzo rimarrà mancante anche nella duplicazione successiva
del cromosoma.
● Quindi avremo altri primer, i quali quando verranno rimossi le estremità del’
DNA sarà più corta.
● Questo vuol dire che per un problema intrinseco a come il DNA viene
duplicato, ecco che abbiamo un pezzo di DNA lineare come sono i cromosomi
dei mammiferi, ad ogni ciclo replicativo il cromosoma di accorcia di una breve
sequenza, corrispondente alla sequenza del primer.
● I telomeri sono quindi sequenze ripetute di DNA che servono per fornire
del materiale di DNA che può essere perso durante il ciclo replicativo.
● Dopo la duplicazione semiconservativa i nuovi segmenti di DNA sono dotati
all’estremità 5’, di primer a RNA.
● Vedi diapo 18-19

COME VENGONO SINTETIZZATI I TELOMERI


● Vengono sintetizzati da un enzima particolare chiamato telomerasi.
● È un complesso ribonucleoproteico con attività enzimatica, cioè è fatto di una
proteina con attività enzimatica.
● Di fatto la DNA polimerasi utilizza come templato l’RNA per sintetizzare il
DNA, quindi ribonucleoproteica vuol dire che questo enzima porta con sé il
frammento di RNA che utilizzerà come stampo.
● Questo filamento di RNA è complementare alla sequenza del DNA a singolo
filamento che rimane scoperta dopo la rimozione del primer.
● La telomerasi utilizza il suo stampo di RNA come stampo, il quale è
complementare con una porzione al DNA a singolo filamento che rimane
libero.
● Poi porta una breve sequenza che non è complementare che fa a sua volta
da stampo per la sintesi di questo breve frammento di DNA.
● Lo vediamo bene in questa immagine in cui abbiamo all’estremità un
telomero, arriva la telomerasi la quale appaia il proprio RNA, questa porzione
di chiama in inglese protruding, quindi sporgente.

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● La telomerasi sintetizza questo frammento mancante.


● Poi si sposta in avanti, sintetizza un altro frammento e così via.
● In questo modo è in grado di estendere le sequenze telomeriche.
● La scoperta di questo meccanismo ha garantito il premio Nobel a Elizabrth
Blackburn, Carol Greider e Jack Szostak.

LE CELLULE SANE E QUELLE TUMORALI


Vedi diapo (primo punto) 26
● Detto in altre parole la maggior parte delle cellule dell’individuo adulto
prelevate e messe in coltura si possono replicare un numero limitato di volte
questo perché l’attività della telomerasi è ridotta, quindi l'enzima non è in
grado di estendere il DNA.
● Questo non avviene nei tumori, sappiamo che i tumori hanno come
caratteristica intrinseca della loro patogenicità la possibilità di dividersi
in maniera indefinita.
● Questo vuol dire che per potersi sviluppare i tumori hanno bisogno di riattivare
la telomerasi all’interno delle proprie cellule.
● Questo non accade invece nelle cellule normali.
● Una volta che il telomero si accorcia la cellula smette di dividersi.
● Quando questo telomero scende come dimensioni al di sotto delle 4000 paia
di basi, innesca un meccanismo di senescenza.
● Le cellule in seguito a questo vanno incontro a cambiamenti morfologici.
● Le cellule germinali e tumorali invece mantengono l’attività della telomerasi
e possono dividersi in maniera infinita.
● Questa differenza, attribuita proprio dall’attività della telomerasi, fa sì che
essa venga considerata l’orologio mitotico per la senescenza e fornisce una
spiegazione meccanicistica per il limite di Hayflick.
● In questo esempio vediamo una cellula somatica di un individuo adulto che
ha poca telomerasi o nulla, vediamo che i telomeri via via si accorciano fino a
raggiungere un valore limite oltre il quale la cellula va incontro a senescenza.

DOVE È ATTIVA L’ATTIVITÀ TELOMERASICA


Vedi diapo 29

RUOLO DEI TELOMERI NEL CANCRO


Vedi diapo 30
● Il grafico che vediamo rappresenta cosa avviene nelle cellule tumorali che
consente a queste cellule di sfuggire a possibili terapie antitumorali basate
sull’inibizione della telomerasi.
● Questo perché in una tipica cellula tumorale la cellula non esprime alti livelli di
telomerasi, in questo modo si accorcia.
● Quando la lunghezza dei telomeri raggiunge il valore critico, ecco che la
cellula tu orale è in grado di riattivare la telomerasi.
● In questo modo riallunga i telomeri, i quali successivamente vanno incontro

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all’accorciamento.
● Quindi la caratteristica delle cellule tumorali è quella di non avere una
telomerasi costantemente espressa ma di acquisire la capacità di
riattivare la telomerasi quando i telomeri si accorciano al di sotto di un
valore soglia.
● Questa caratteristica è assente nelle cellule sane.
● Ecco allora quello che ci aspettiamo che avvenga in un approccio terapeutico
basato su inibitori della telomerasi.
● Ci aspettiamo che sulle cellule sane dell’organismo non abbia effetto in
quanto le cellule sane non esprimono telomerasi e vanno incontro ad un
accorciamento regolare.
● Ecco allora che un farmaco inibitor telomerasico non avrà effetto su queste
cellule.
● Su cellule staminali che hanno telomeri lunghi e bassi livelli di telomerasi noi
ci aspetteremmo un effetto minimo in quanto le cellule staminali si dividono
non velocissimanente ma hanno sempre dei telomeri lunghi, quindi se noi
inibissimo l’attività telomerasica l’effetto sarà minore.
● In una cellula tumorale che ha i telomeri relativamente corti ma è in grado di
attivare alti livelli di polimerasi ecco che l’idea di un possibile effetto di un
farmaco inibitor polimerasico possa avere un effetto importante e rilevante.

LA MORTE CELLULARE
● Meccanismi che possono o fisiologici o per meccanismi non voluti dalla
cellula.
Vedi diapo 1
● Un danno di questi 3 meccanismo porta alla morte della cellula e ognuno di
questi innesca danni a scapito degli altri due.
● Vediamo una distinzione tra i 2 modi principali con una una cellula può morire.
● Vedi diapo 2
● Dal punto di vista morfologico necrosi e apoptosi sono meccanismo che
sono nettamente diversi per quanto riguarda ciò che avviene a livello
morfologico in una cellula.
● Nella parte sinistra si questa immagine vediamo la necrosi, in cui abbiamo un
rigonfiamento.
1. La necrosi quindi si inizia a vedere quando la cellula si gonfia e con essa
anche gli organelli all’interno.
● Questo rigonfiamento non può essere esteso all’infinito quindi la cellula prima
o poi non sopporterà più questo rigonfiamento e andrà in contro ad
un'esplosione, col rilascio all’esterno di tutto il materiale che precedentemente
era al suo interno.
2. Dal punto di vista morfologico l’apoptosi è un meccanismo totalmente

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opposto.
● Essa inizia con un raggrinzimento.
● La cellula raggrinzisce fino a frammentarsi, in frammenti chiamati corpi
apoptodici, i quali sono caratterizzato dal fatto di essere sempre rivestiti da
membrana, quindi la cellula in apoptosi non disperde il contenuto all’esterno
ma tutto ciò che deriva dalla frammentazione della cellula rimane rivestito da
membrana e pertanto sarà poi accessibile a cellule specializzate del sistema
immunitario in grado di fagocitare questo materiale e quindi rimuoverlo dai
tessuti.
● In questo modo nell'apoptosi non ci sarà innesco dei meccanismi di
informazione, cosa che invece avviene nella necrosi.
● Vedi diapo 4
● Vedi diapo 5

COSA DETERMINA LA NECROSI


● Il primo meccanismo che avviene è un danno della sintesi dell’ATP.
● In genere tra i primi organelli che vengono danneggiati nella necrosi c’è il
mitocondrio, in quanto se viene danneggiato non vi è più sintesi di ATP.
● L’ATP è importantissimo per tantissime funzioni della cellula, in primis per il
mantenimento dell’omeostasi, in quanto abbiamo visto che ⅓ dell’energia
dell’ATP viene utilizzata per far funzionare la pompa sodio-potassio ATPasi
che è quel trasportatore di membrana responsabile per il mantenimento del
gradiente di sodio e potassio (potassio all’interno, sodio all’esterno della
cellula).
● Interrompendosi la sodio ATPasi, ecco che la cellula non è più in grado
di mantenere l’omeostasi permettendo quindi l’ingresso di sodio
all’interno e conseguentemente anche di acqua.
● Questo fa si che la cellula si gonfi.
● Quando questo avviene la cellula cerca di rispondere andando a sintetizzare
proteine, quindi attiva un meccanismo di risposta o shock termico, definito
così perché venne identificato inizialmente in cellule esposte ad ipertermia
ma non è ricollegato alla temperatura.
● Questa risposta è molto comune a tanti tipi di stress e risulta con la
produzione di chaperonine.
● Quindi aumenta la sintesi proteica, la produzione di chaperonine per poter
sostenere una maggior sintesi proteica.
● Conseguentemente scende il Ph.
● Aumenta il calcio, infatti non essendo più in grado di mantenere l’omeostasi
cellulare, la cellula non è più in grado di mantenere a livelli bassi il calcio nel
plasma.
● La concentrazione infatti è molto bassa in quanto o viene conservato in certi
organelli specializzati come il reticolo endoplasmatico, o sta al di fuori della
cellula.
● Il calcio è un importante attivatore di molti enzimi tra cui le fosfolipasi

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(degradano i fosfolipidi), le calpaine (proteasi che iniziano a degradare il


citoscheletro e questo causa danni morfologico perché il citoscheletro viene
disassemblato e anche danni all'impermeabilità della membrana perchè le
proteine vengono danneggiate), esso attiva anche le endonucleasi (enzimi
che degradano gli acidi nucleici).
● A questo punto la risposta allo shock termico non è più in grado di contrastare
questa degradazione proteica che si fa massiccia.
● Di conseguenza il reticolo e gli altri organuli si gonfiano e la quando non
riesce più a tenere sotto controllo questi meccanismi la cellula muore.

LA NECROSI CELLULARE
● Venendo meno l’omeostasi (equilibrio di sali), fa si che il sodio entri nella
cellula e anche il calcio entri nella cellula, oppure viene liberato dal reticolo
endoplasmatico quindi il calcio si accumula nel citosol.
● Questo fa si che ci sia l’attivazione di molto enzimi: fosfolipasi,
endonucleasi e chaperonine, le quali degradano tutte le macromolecole che
si possono trovare in una cellula.

APOPTOSI
● Vedi diapo 9
● La cellula utilizza ATP per condurre questo meccanismo

L’APOPTOSI PUÒ AVERE ORIGINE FISIOLOGICA O PATOLOGICA


1. Fisiologica= è un meccanismo che l’organismo durante lo sviluppo utilizza
per controllare il numero e il tipo delle proprie cellule.
● Questo è particolarmente rilevante durante lo sviluppo embrionale ma anche
per controllare la risposta immunitaria.
2. Patologica=può essere innescata da fattori patologici come
Vedi diapo 10

RUOLO BIOLOGICO DELL’APOPTOSI


Vedi diapo 11

CARATTERISTICHE DEL PROCESSO APOPTICO


È morfologicamente riconoscibile
Vedi diapo 12

ASPETTO MORFOLOGICO CELLULARE E TISSUTALE DELL’APOPTOSI


● Dal punto di vista morfologico l’apoptosi inizia con una condensazione della
cellula.
● Quindi a partire dal materiale genetico si ha una prima condensazione o
raggrinzimento, successivamente una frammentazione con il rilascio dei corpi
apoptodici (strutture rivestite da membrana).
● Si ha la riduzione del volume.

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● Condensazione e frammentazione della cromatina.


● Formazione dei corpi apoptodici e rilascio di questi, i quali vengono
successivamente fagocitati ad opera dei fagociti adiacenti, quindi non vi è
rilascio di materiale bei tessuti.

REGOLAZIONE MOLECOLARE DEI PATHWAYS APOPTOTICI


Esistono 2 vie principali che conducono all’apoptosi
1. Via intrinseca: viene attivata da un segnale interno alla cellula, per esempio
un segnale che dice alla cellula che il DNA è stato danneggiato per esempio
in seguito a esposizione a qualche agente chimico o radioattivo.
● Allora la cellula il cui DNA è stato danneggiato è una cellula che deve morire.
Meglio se muore in maniera controllata con apoptosi che in maniera non
controllata ossia con necrosi.
2. Via estrinseca: il segnale che induce apoptosi proviene dall’esterno, per
esempio una cellula T riconosce una cellula infettata dal virus allora la
accompagna a morta innescando in essa un meccanismo di apoptosi.
● Ci sono delle caratteristiche comuni tra questi due meccanismo, ossia che in
entrambe, lungo questa via di segnalazione ci sono delle caspasi, cioè
proteasi la cui funzione è quella degradare le cisteine, proteine del
citoscheletro.
● Questo è infatti quello che causa il raggrinzimento della cellula con
conseguente frammentazione.
● Le caspasi inoltre partecipano alla distruzione degli organuli della cellula.

MEDIATORI DELL’APOPTOSI
Vedi diapo 15

LA VIA INTRINSECA
● Il segnale parte da un danno al DNA, un danno non ancora così esteso da
indurre immediatamente la cellula alla morte, quindi alla necrosi, ma è un
danno che deve far si che si inneschi un meccanismo nella cellula che
prevenga la sua duplicazione perché una cellula con DNA danneggiato non
può entrare in mitosi per non rischiare di propagare questo danno al DNA.
● Ecco allora che il danno viene segnalato tramite delle molecole al
mitocondrio, il quale in risposta a questo segnale rilascia nel citosol una
proteina presente nello spazio intermembrana chiamata citocroma c.
● Questo citocroma c andrà ad attivare i e quindi a legarsi ad una proteina
adattatice, risultando poi nell’attivazione dell’apoptosoma.
● L’apoptosoma in definitiva andrà ad attivare le caspasi le quali andranno poi
fisicamente a distruggere componenti importanti della cellula.

LA VIA ESTRINSECA
● Un esempio è quello che avviene nel sistema immunitario quando un
linfocita killer riconosce una cellula bersaglio, la quale porta un segnale di

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apoptosi.
● Per esempio una cellula infettata da un virus espone sulla superficie una
molecola segnale, ossia delle proteine chiamate Fas.
● Il linfocita T esprime sulla superficie un ligando per questa proteina Fas.
● L’interazione tra il ligando e la proteina Fas attiverà l’apoptosoma con
conseguente attivazione delle caspasi.
● Vedi diapo 18 Primi due punti
● Una cosa importante è che nell’apoptosi si cerca di limitare l’evento
apoptodico al minor numero di cellule possibile, cercando che questo non si
propaghi alle cellule adiacenti, cosa che avviene spesso a livello di necrosi.
● Ultimi 2 punti diapo 18 fino a fosfatidilserina.
● La fosfatidilserina è l’unico dei quattro fosfolipidi ad avere carica netta
negativa ed è presente sul lato interno della membrana plasmatica.
● In seguito ad attivazione di apoptosi, la fosfatidilserina viene portata sullo
strato esterno, in questo modo i fagociti necrofagi come i macrofagi hanno
recettori specifici per la fosfatidilserina, quindi sono in grado di riconoscere le
cellule morenti quando vedono che queste cellule espongono fosfatidilserina
sul lato esterno.
● Questo porta alla fagocitosi, rimozione di cellule apoptotiche senza
attivazione della risposta infiammatoria.

LE CELLULE STAMINALI
Vedi diapo 2

CELLULE STAMINALI E DIVISIONE ASIMMETRICA


● Le cellule staminali sono caratterizzate da una particolare tipo di divisione
che chiamiamo asimmetrica.
● Quando abbiamo parlato di mitosi abbiamo imparato a studiare come una
cellula quando si divide genera due cellule che sono identiche tra loro, sia dal
punto di vista genetico, in quanto ognuna possiede lo stesso genoma ma sia
anche dal punto di vista morfologico.
● Le cellule staminali rappresentano un’eccezione in una visione generalista, in
quanto una cellula staminale è una cellula che quando si divide ha 2 compiti:
1) Deve generare un’altra cellula identica a se stessa per poter sostituire la
cellula che si divide.
2) Deve generare una cellula che è destinata a diventare una cellula
diversa.
● Quindi le due cellule derivate dalla divisione avranno lo stesso genoma ma
non saranno morfologicamente identiche in quanto una manterrà le
caratteristiche della cellula staminale mentre l’altra andrà in contro ad un
processo di differenziamento.

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● Questo avviene lungo tutti i cicli di divisione in modo che ogni volta una delle
due andrà a sostituire la cellula che si è divisa mentre l’altra sarà destinata a
differenziarsi per assolvere il compito per cui la cellula staminale si è divisa.

COSA DETERMINA IL DESTINO DIVERSO DI DUE CELLULE SE DAL PUNTO DI


VISTA GENETICO SONO IDENTICHE?
● I fattori che inducono a differenziare le due cellule dal punto morfologico sono
stimoli esterni derivati dall’ambiente in cui la cellula staminale si trova.
● Se noi immaginiamo il caso in A, abbiamo:
1. la cellula staminale che si divide, questa sarà a contatto con altre cellule
adiacenti.
2. Una delle due cellule che si divide mantiene il contatto con le cellule adiacenti
mentre l’altra no.
● Ecco allora che quella che mantiene il contatto rimarrà cellula staminale
mentre l’altra, avendo perso la comunicazione con le cellule adiacenti, sarà
indotta a differenziarsi.
● Un’altra ipotesi invece sostiene che le differenze sono già presenti nella
cellula staminale che si sta dividendo, quindi la distribuzione del materiale
citoplasmatico non è identico, per cui la cellula dividendosi farà si che le due
cellule figlie erediteranno componenti del citoplasma diversi e quello che c’è
all’interno determinerà il destino delle due cellule, una rimarrà staminale
mentre l’altra si differenzierà.

COME SI DIFFERENZIANO LE CELLULE STAMINALI


● Vengono divise in base al loro potenziale differenziativo, cioè la loro capacità
di sviluppare cellule e tessuti diversi.
1. Totipotenti, sono in grado di formare un intero embrione è anche gli annessi,
come ad esempio la placenta, dunque parliamo delle prime fasi embrionali.
2. Pluripotenti, sono in grado di sviluppare solo l’embrione ma non anche i suoi
annessi.
3. Multi-potenti, possono creare solo alcuni tipi cellulari, come per esempio le
cellule staminali degli adulti.
Vedi diapo 5
4. Ci sono poi le Oligopotenti, Uni potenti e le Nullipotenti, le quali hanno
perso la loro capacità differenziativa come per esempio i globluli rossi.

DOVE SI TROVANO LE CELLULE STAMINALI


● Si trovano innanzitutto a livello dell’embrione, nella blastocisti, nelle
primissime fasi di sviluppo dell’embrione.
● Quindi sono quelle cellule che permettono lo sviluppo embrionale.
● Si trovano poi anche nell’individuo adulto, riferendosi ai tessuti, non
all’organismo in sè, quindi ai tessuti formati quali il feto.
● Quindi noi durante tutta la vita possediamo una nicchia di cellule staminali
definite cellule staminali adulte, le quali singolarmente non hanno la possibilità

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di sviluppare un embrione dal nuovo, ma saranno multipotenti, in quanto


avranno il potenziale di differenziarsi in determinati tipi cellulari.

LE CELLULE STAMINALI EMBRIONALI


● Si trovano nella parte interna della blastociste, struttura che si forma nelle
primissime fasi di sviluppo.
● Queste cellule possono essere isolate, messe in coltura e da lì possono
sviluppare tutti i tipi cellulari dell’individuo adulto, quindi possono differenziarsi
in tutti i tipi tissutali dell’individuo adulto.
● Durante queste primissime fasi di sviluppo, c’è un uovo, il quale viene
fecondato.
● Nella prima fase si divide in 2 cellule, poi fino allo stadio di 8 cellule (3º giorno
di sviluppo) le cellule mantengono caratteristica di totipotenza, dunque
ogni singola cellula è capace virtualmente di sviluppare un intero organismo
compreso di annessi embrionali.
● Dal 6º giorno, dove si forma la blastocisti, ecco che le cellule interne dello
strato interno della blastocisti sono pluripotenti quindi possono solo sviluppare
l’embrione ma non anche i suoi annessi.
● Le cellule staminali embrionali possono ad esempio formare le cellule
cardiache, in grado di contrarsi.

LE SFIDE BIOTECNOLOGICHE
● Al di là delle controversie etiche sul loro utilizzo, le cellule staminali embrionali
possono sviluppare virtualmente ogni tipo di tessuto e quindi possono essere
utilizzate per rigenerare qualsiasi tipo di tessuto, dalla pelle, al sangue etc..

CELLULE STAMINALI ADULTE-CELLULE STAMINALI DEI TESSUTI


● Qualsiasi organo verosimilmente possiede una sua nicchia più o meno estesa
di cellule staminali, le troviamo alla base dell’occhio, del cervello,
nell’intestino, nei genitali, nei muscoli, nel midollo…
● Essendo presenti in ogni tessuto, ogni tessuto possiede una capacità
rigenerativa.
● Queste cellule staminali sono multipotenti o oligopotenti, cioè presentano
un potenziale differenziativo relativamente limitante, in quanto le cellule
staminali del sangue, chiamate ematopoietiche, possono differenziarsi
soltanto in cellule del sangue, le quali si trovano nel midollo osseo.
● Dunque possono formare globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

CELLULE STAMINALI PLURIPOTENTI INDOTTE (iPS)


● Non si trovano in natura ma sono state ottenute mediante incensazione
(artificialmente)
● Rappresentano l’ultima frontiera delle biotecnologie nell’applicazione delle
cellule staminali.
● Un gruppo di studiosi giapponesi trovo il tempo di dedifferenziare o

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riprogrammare cellule adulte, facendole diventare cellule staminali.


● Tutte le cellule, staminali e adulte possiedono lo stesso DNA, questo vuol dire
che le basi genetiche per controllare una cellula staminale, di fatto sono
presenti anche in una cellula adulta.
● Se noi conoscessimo queste basi genetiche e imparassimo a prendere una
cellula differenziata, poi in grado di dividersi per esempio una cellula della
pelle, riuscissimo a riprogrammare il fibroblasto in maniera da dediferenziarlo
in modo tale da farlo diventare una cellula staminale e poi differenziarlo di
nuovo in una cellula di un tessuto diverso, questo rappresenterebbe per le
biotech un salto enorme.
● Di fatto è stato possibile, noi infatti attribuiamo l’invenzione delle cellule
staminali plutipotenti indotte a Yamanaka, il quale vinse il premio Nobel nel
2012.
● Egli ha preso dei fibroblasti, ossia delle cellule differenziate adulte, ha inserito
e attivato 4 geni, ossia 4 fattori di trascrizione che si sa essere espressi nelle
cellule staminali e non essere particolarmente espressi nelle cellule adulte
(Sono dunque dei marcatori di staminalità).
● Lui vide che reintroducendo l’espressione di questi geni dentro un fibroblasto
adulto, queste cellule che esprimevano questi geni, hanno assunto un
fenotipo simile a quello delle cellule staminali, in questo modo si sono
dedifferenziate.
● Una volta che si hanno queste cellule staminali dedifferenziate è
possibile riprogrammare per farle diventare un altro tessuto per
esempio neuroni, cellule cardiache etc..
● Di fatto i geni introdotti sono fattori di trascrizione che si chiamano:
1. Oct3/4 e Sox2, che mantengono le cellule staminali a livello indifferenziato
2. c-Myc e Klf4, che modificano la struttura della cromatina permettendo
permettendo a Oct3/4 e Sox2 di legare con altri geni e agire.
● Per generare cellule staminali indotte non si può partire da tutte le cellule.
● Ad esempio nel topo è stato possibile generare cellule pluripotenti indotte
partendo da fibroblasti embrionali, epatociti, cellule epiteliali gastriche,
cellule pancreatiche, cellule neuronali linfocito B e cherociti.
● Nell’uomo si può partire da fibroblasti della pelle, cheratinociti, cellule
staminali del midollo osseo, cellule staminali del sangue periferico.
● Tutte queste sono dedifferenziabili in staminali e nuovamente differenziabili in
altri tessuti.

CELLULE STAMINALI DEI TESSUTI


● Hanno applicazione biotecnologica.
● Sono alla base dei principi per rigenerare tessuti.
● In genere si parte da cellule staminali del tessuto che sul quale si vuole agire,
per si parte da una cellula staminale che si autorigenera
Vedi diapo 24

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1) CELLULE STAMINALI EMATOPOIETICHE


● Si possono differenziare in cellule progenitrici, dalle quali si può ricavare
qualunque cellula del sangue.
● Si ricavano dal midollo osseo

2) CELLULE STAMINALI NEURONALI


● Si isolano, si ottengono cellule progenitrici dalle quali si possono ottenere
tutte le cellule che compongono il nostro cervello, quindi non solo neuroni.

3) CELLULE STAMINALI DELL’INTESTINO


Si ricavano dall’intestino tenue.

4) CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI


Si ricavano dal midollo osseo

I TESSUTI
Vedremo come le cellule formano adesioni e come formano contatti con la matrice
extracellulare posta tra due cellule adiacenti.

LE GIUNZIONI CELLULARI
● Facciamo riferimento all’insieme dei meccanismi mediante i quali due cellule
formano contatti tra loro.
● Questo è evidente quando pensiamo ad un tessuto solido, pensiamo alla sua
compattezza meccanica.
● Questo è reso possibile dal fatto che le cellule aderiscano tra loro e di fatto
mettendo in comunicazione o in continuità elementi del proprio citoscheletro.
● In questo modo i citoscheletro di tante cellule sono uniti nel formare un’unica
grande struttura che conferisce l’esistenza meccanica al tessuto.
● Se noi prendiamo come riferimento il classico enterocita, ossia la cellula
dell’epitelio intestinale destinata all’assorbimento, possiamo riassumere i vari
tipi di giunzioni tra cellule adiacenti in forma di 4 tipi di giunzioni pricipali:
1. Giunzione stretta
2. Giunzione aderente
3. Desmosoma
4. Giunzione gap
● Gli obiettivi di questa giunzioni sono 3 e ognuna di queste è specializzata nel
raggiungimento di uno di questi tre obiettivi.

LE GIUNZIONI STRETTE:
● Il primo obiettivo, soprattutto per quanto riguarda gli epiteli è quello di
impermeabilità.
● Gli epiteli in genere si trovano in superficie, o del nostro corpo o delle cavità
interne, per cui devono garantire l’impermeabilità rispetto a ciò che si trova
all’esterno delle mostre superfici.

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● Questo vuol dire che questo tipo di giunzioni che uniscono le cellule epiteliali
devono fare in modo che le membrane delle cellule si trovino a stretto
contatto tra loro di modo che non possa passare niente attraverso gli spazi
che potrebbero esserci tra una cellula e l’altra.
● Questo è reso possibile dalle giunzioni strette, infatti se prendiamo un
microvillo intestinale, all’interno transita il cibo che deve essere assorbito,
l’assorbimento per deve passare esclusivamente attraverso le membrane,
questo perché ogni molecola che entra dentro al nostro corpo deve essere in
qualche modo filtrata attraverso le membrane.
● Ecco allora che le giunzioni strette si posizionano all’apice di queste cellule,
uniscono le sue membrane in modo che non passi niente.
Alla base di queste ci sono altri 2 tipi di giunzioni:
GIUNZIONI ADERENTI E DESMOSOMI
● La cui funzione è quella di dare resistenza meccanica al tessuto.
● Come vedremo essi sono organizzati in modo da portare a stretto contatto gli
elementi del citoscheletro di una cellula con quelle adiacenti.
● Sappiamo che il citoscheletro si trova dentro la cellula, per cui non può uscire
dalla cellula, ecco allora che ci devono essere delle molecole di collegamento
tra due cellule adiacenti.

GIUNZIONE GAP O COMUNICATE:


● Servono a mettere in comunicazione il citoplasma di cellule adiacenti.
● Esiste poi una variante dei desmosomi chiamata emidesmosoma che il
compito di far aderire la cellula non con un’altra cellula ma con la matrice
extracellulare, in questo caso la lamina basale.

GIUNZIONI VISTE AL MICROSCOPIO ELETTRONICO


● Vediamo che in posizione apicale, le membrane di due cellule adiacenti sono
così vicine da non essere distinguibili, ma formano una linea ispessita.
● Più in basso vediamo come le sue membrane delle due cellule sono
nettamente distinte.
● Si può vedere uno spazio che separa due cellule adiacenti e vediamo come in
alcune zone l’intorno delle membrane appare più scuro, segno che lì è
presente materiale denso agli elettroni, di fatto sono proteine che servono da
congiunzione tra due cellule.
Quali sono le differenze tra le giunzioni aderenti e desmosomi?

LE GIUNZIONI ADERENTI
● Sono organizzare in modo da formare un fascio che avvolge tutta la cellula
come si può vedere in questa immagine.
● Questo fascio è costituito da elementi del citoscheletro formati da filamenti di
actina.
● Lateralmente abbiamo questi microfilamenti di actina che avvolgono come
una benda questa porzione della cellula.

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● L’actina arriva fin sotto la superficie della cellula dove ci saranno delle
proteine transmembrana che serviranno da collegamento.
● In questo caso esistono delle proteine transmembrana chiamata caderine
che hanno una porzione interna citoplasmatica che lega i filamenti di actina e
una porzione extracellulare che il compito di interagire con la porzione
extracellulare di filamenti di caderina proveniente dalla cellula adiacente.

DESMOSOMI
● Sono organizzati in maniera diversa dalle giunzioni aderenti.
● Sono organizzate come placche.
● Sono quindi giunzioni localizzate il cui compito è quello di portare a contatto in
due cellule adiacenti, elementi del citoscheletro appartenenti ai filamenti
intermedi, i quali raggiungono anch’essi la superficie della cellula ma non
escono.
● Essi raggiungono queste strutture proteiche chiamate desmosomi, i quali
sono costituiti da un altro tipo di proteine chiamato desmogleine e
desmocolline, le quali in maniera analoga alle caderine sono proteine
transmembrana che nel lato citoplasmatico interagiscono con i filamenti
intermedi, mentre nell’altro lato extracellulare interagiscono con molecole
analoghe presenti sulla superficie della cellula adiacente.
● Anche i desmosomi sono ben visibili al microscopio elettronico, appaiono
come strutture molto inspessite.
● Vediamo bene i filamenti intermedi raggiungere la superficie della cellula, in
realtà questi poi si fermano sotto la membrana, ci saranno poi le desmogleine
e le desmocolline che servono da giunzioni.

GIUNZIONI GAP
● Non formano collegamenti tra citoscheletro.
● Non formano giunzioni strette tra membrane.
● Ma formano dei canali acquosi attraverso i quali possono passare molecole
entro un certo limite di dimensione.
● Le molecole piccole passano molto facilmente, fino a 2000 unità di massa
atomica.
● Molecole più grandi invece non passano più e vengono respinte.
● Questo vuol dire che piccole molecole come amminoacidi, ioni e acqua
possono passare tranquillamente attraverso le giunzioni gap.
● Esse sono fatte da proteine, tra cui le connessine, le quali si organizzano a
fare degli esameri, ossia 6 unità si sistemano a formare 1 canale.
● Sulla cellula adiacente ci sarà nella stessa posizione un altro esamero di
queste proteine a continuare il canale.
● Un esempio di giunzioni gap, sono quelle che troviamo a livello delle cellule
cardiache, quindi nel tessuto cardiaco.
● Qui le giunzioni gap devono consentire la diffusione del calcio.
● Il meccanismo della contrazione è infatti attivato dalla presenza di calcio.

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● Per consentire una trasmissione omogenea della contrazione, esistono delle


giunzioni gap che consentono il passaggio di calcio dalla prima cellula che
viene eccitata a quella adiacente e così via.

MATRICE EXTRACELLULARE
Vedi diapo 12
● Essa è formata da molecole di diversa natura: si riconoscono proteine, le
quali vengono divise a seconda della funzione
1. Funzione strutturale
2. Funzione adesiva
● Tra quelle che hanno funzione strutturale c’è il collagene, molto
abbondante nei tessuti connettivi, mentre tra le proteine fibrose che hanno
funzione adesiva tra i tessuti o tra le cellule dei tessuti, ci sono la
fibronectina e la laminina.
● Esiste poi un particolare esempio di proteine, chiamati proteoglicani, le quali
vengono distinte dalle glicoproteine per il fatto che sono fortemente
glicosilate, dunque la componente glicidica è più abbondante della
componente proteica.
● Un tipico glicide, i tipici zuccheri, presenti nei proteoglicani sono il
glicosoammino-glicani GAG, i quali sono zuccheri, carboidrati
estremamente idrofilici e in virtù di questo formano dei gel molto idratati in cui
sono immerse le proteine fibrose.
Vedi diapo diapo 13
Vedi diapo 14
Vedi diapo 15

IL PROTEOGLICANO
● Esso è formato da un asse di proteine, dunque lo scheletro del proteoglicano
è la proteina, la quale è molto glicosilata, come si può vedere da tutti questi
rami che spuntano dall’asse proteico.
● Il proteoglicano poi nella matrice extracellulare si associa a una molecola di
uno zucchero molto lungo, ossia l’acido ialuronico, formando queste
strutture ramificate.
● Sono molto grandi, possono essere visti addirittura al microscopio elettronico.
● In questa immagine si vede lo scheletro dell’acido ialuronico a cui sono
associati tutti i vari proteoglicani.
● La differenza tra proteoglicani e glicoproteine è che nei proteoglicani la
componente glicidica è determinate, fino al 95% del peso di queste molecole
è costituito da carboidrati.

COLLAGENE
● Sono le proteine fibrose più abbondanti della matrice extracellualare.
● Sono proteine un po’ particolari in quanto la proteina contiene 1
amminoacido modificato che si chiama idrossiprolina, ossia una proteina

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con gruppo OH idrossilico, il quale crea interazione con l’idrossiprolina di


un’altra molecola di collagene, creando in questo modo delle fibre.
● La struttura base è quella di una triplice elica.
● All’interno della cellula il collagene viene sintetizzato come una molecola a
triplice elica, una volta che subisce maturazione con il taglio del residuo della
porzione amminoterminale e corbossiterminale, la triplice elica viene secreta
dalla cellula, si organizza a formare di le di collagene.

MALATTIE GENETICHE ASSOCIATE A MUTAZIONI DEL COLLAGENE


● Visto che il collagene contribuisce a formare le ossa, si conosce una malattia
chiamata osteogenesi imperfetta, causata da mutazioni a livello del
collagene.
● Queste mutazioni impediscono il normale sviluppo dell’osso, quindi dello
scheletro, a seconda del tipo di mutazione e del tipo di collagene, dal
momento che esistono diversi generi di collagene.
● Nei pazienti colpiti da questa malattia si possono avere deformazioni più o
meno gravi.
● Il collagene non è solo nelle ossa ma si può trovare anche nella pelle o nelle
cartilagini, quindi anche in questo caso si conoscono mutazioni che causano
danni meno gravi rispetto a l'osteogenesi imperfetta però causano alterazioni
significative.
● Vediamo ad esempio un cane con questa pelle super elastica, causata da
mutazioni del collagene, il quale non riesce più a dare una consistenza al
tessuto.
● Nel secondo caso vediamo un’alterazione del collagene nella cartilagine delle
nostre giunzioni che porta a una iperestensibilità di alcune giunzioni.
● Il rischio di questo tipo di mutazioni è quello di una maggiore suscettibilità alle
lussazioni.

ELASTINA
● Proteina che fa parte della matrice extracellulare e costituente dei tessuti
elastici.
● La troviamo in quei tessuti in cui l’elasticità è il fattore importante, per esempio
i vasi sanguigni.
● Ha una struttura simile al collagene la quale però contenendo alcuni tipi di
sequenze amminoacidiche VPGV, forma molti foglietti β, generando una
proteina con una struttura a rete molto estesa.

CONTATTI TRA MATRICE EXTRACELLULARE


E CELLULA
Come entrano in contatto?
● In molti casi l’interazione avviene mediante l’interazione di queste proteine

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chiamate integrine e la matrice extracellulare.


● Le integrine sono proteine transmembrana le quali contengono un dominio
intracellulare, responsabile delle interazioni col citoscheletro, per esempio i
filamenti di actina, e poi una porzione extracellulare, la quale per come è
fatta è responsabile delle interazioni con i componenti della matrice
extracellulare.

LA COMUNICAZIONE TRA CELLULE


● Classificazione dei segnali utilizzati dalle cellule per comunicare tra loro e dei
recettori, ossia cellule che hanno il compito di ricevere un segnale da una
cellula e trasmetterlo ad una cellula adiacente e attraverso un meccanismo
chiamato trasduzione del segnale.
● Vedi diapo 1
● Nella segnalazione cellulare, una cellula segnalatrice produce una molecola
segnale, la quale viene riconosciuta da una cellula bersaglio per mezzo di
una proteina recettore che a sua volta produce dei segnali intracellulari.
● L’intero processo che traduce l’info portata dal messaggero extracellulare in
cambiamenti intracellulari viene chiamato trasduzione del segnale.
● Esistono 4 meccanismi base (+1 per le cellule animali) per descrivere la
segnalazione cellulare
● Vedi diapo 3
● Nella segnalazione dipendente da contatto o juxtacrina abbiamo 2 cellule
che interagiscono direttamente, in quanto una esprime sulla sua superficie un
ligando e l’altra esprime sulla sua superficie un recettore.
● Nella segnalazione paracrina una cellula produce un segnale, spesso una
molecola che viene secreta, la quale raggiunge una cellula bersaglio di tipo
diverso dalla cellula che ha emesso il segnale.
● Questo tipo di comunicazione avviene comunque nelle strette vicinanze
quindi le molecole segnale hanno l’effetto di mediatori locali.
● Nella segnalazione autocrina (molto simile alla paracrina), la cellula produce
un segnale che va ad influenzare o la cellula stessa o comunque cellule dello
stesso tipo.
● Nella segnalazione endocrina, la cellula produce un ormone che raggiunge
il sangue, ossia l’apparato circolatorio e viene portate anche a notevoli
distanze dalla cellula che ha prodotto quel segnale.

1. SEGNALAZIONE DIPENDENTE DA CONTATTO DIRETTO (JUXTACRINA)


● Nelle comunicazioni per contatto diretto rientrano anche le giunzioni gap
(comunicanti) nelle quali abbiamo due cellule adiacenti, le quali formano un
contatto diretto tra loro mediante la formazione di pori acquosi, attraverso i
quali possono passare molecole di diversa natura, che devono essere
comunque solubili e di dimensioni al di sotto di un determinato valore soglia,
le quali passano da un citoplasma a quello della cellula adiacente.
● Un esempio è quello delle cellule del sistema immunitario, vi è un contatto tra

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le cellule presentanti l’antigene, in questo caso un macrofago e cellule T, le


quali in seguito a queste interazioni attivano una determinata cascata di
segnali.
Vedi diapo 6

2. SEGNALAZIONE AUTOCRINA
● Abbiamo una cellula che produce una molecola, la quale va ad influenzare
cellule adiacenti, cellule della stessa natura o che possono essere cause
dell’attivazione dei linfociti T o nell’attivazione di un monocita.

3. SEGNALAZIONE PARACRINA
Vedi diapo 8
● Questo è il caso di ciò che avviene quando le piastrine producono il fattore di
crescita piastrinico, il PDGF, il quale viene rilasciato dalle piastrine e stimola i
fibroblasti in prossimità di una ferita a dividersi.

4. SEGNALAZIONE ENDOCRINA
Abbiamo un sistema in cui
Vedi diapo 9

5. SEGNALAZIONE SINAPTICA
Riguarda le cellule nervose
Vedi diapo 10

CLASSIFICAZIONE DELLE MOLECOLE SEGNALE


● Avviene in base alla natura chimico-fisica
Vedi diapo 11

OGNI SINGOLA CELLULA POSSIEDE UN CORREDO DI RECETTORI DIVERSI


● Ogni cellula può essere caratterizzata da un corredo di recettori diversi, la cui
combinazione quando costimolata da diversi ligandi, può produrre effetti
diversi.
● Per esempio in questo caso abbiamo una cellula in cui sono presenti 3
recettori diversi: A, B, C, i quali quando vengono a timolati, quindi quando
legano un ligando, mantengono la cellula in vita.
● Se oltre a questi tre sono presenti altri 2: D, E, la cellula può ad esempio
essere stimolata a dividersi.
● Se sono presenti sempre i primi tre e poi F e G, la cellula può essere indotta a
differenziarsi.
● Se non sono presenti, cioè se non vengono a timolati continuamente da
determinati ligandi la cellula può essere indotta a morire per esempio
mediante apoptosi.
● Altro caso invece in cui, uno stesso segnale può avere effetti diversi su cellule
diverse.

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● Nel caso ad esempio del recettore della acetilcolina, una molecola segnale,
tutto dipende da quale cellula presenta un recettore adatto all'acetilcolina.
● Per esempio in una cellula cardiaca, la segnalazione mediante acetilcolina,
riduce la frequenza e la forza di contrazione.
● Mentre invece la stessa coppia ligando-recettore in una cellula di ghiandola
salivare può stimolare questa cellula a secernere il proprio contenuto
presente in vescicole.
● Terzo caso, la stessa molecola legata ad un recettore diverso, per esempio
sulla superficie di una cellula muscolare scheletrica può indurre questa cellula
a contrarsi.
● Ecco che una stessa molecola può avere effetti diversi quando va a
stimolare cellule diverse.

COSA SUCCEDE AD UNA CELLULA QUANDO RICEVE UN SEGNALE


ESTERNO
Cosa succede una volta che un ligando ha interagito con un recettore?
● Questo attiva una cascata di segnalazione, quindi il recettore attiva una
molecola a valle, la quale a sua volta ne attiverà un’altra e così via, creando
un sistema che amplifica questo primo segnale.
● A seconda di ciò che viene stimolato possiamo avere:
1. Un enzima metabolico che modifica il metabolismo
2. Un fattore trascrizionale, quindi una proteina che modifica i geni e quindi
avremo una modificazione dell’espressione genica.
3. Una proteina del citoscheletro che va a modificare la forma della cellula o
induce la cellula a spostarsi.

RECETTORI SULLA MEMBRANA PLASMATICA


vedi diapo 16

1. IL GPCR
VEDI DIAPO 18
● Sono la più grande famiglia di recettori, nel nostro genoma ce ne sono diverse
centinaia.
● La proteina G funziona da interruttore on/off: diapo…
● Si chiama G protein, perché la proteina è in grado di legare GDP o GTP, cioè
guanosina difosfato o guanosina trifosfato.
● Quando lega GDP, la proteina G è inattiva.
● Quando lega GTP, la proteina si attiva ed è in grado di svolgere le sue
funzioni.
● Quindi un GPCR, è una proteina transmembrana, in genere queste famiglie di
proteine sono caratterizzate dall’avere 7 domini transmembrana.
● Quindi per effetto di come questi domini transmembrana si inseriscono nella
membrana, noi vedremo una porzione della proteina intracellulare, quindi una
estremità della proteina intracellulare e l’altra estremità extracellulare.

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Come funzionano?
● Noi abbiamo sulla superficie un GPCR, una proteina G e una molecola
effettrice a valenza.
● Fin tanto che la proteina G lega il GDP, questa è inattiva, quando il recettore
viene legato ad un ligando, questo recettore è in grado di legare la proteina G
e scambiare il GDP con il GTP, in questo modo la proteina G si attiva.
● A sua volta la proteina andrà ad attivare una molecola a valle che può essere
ad esempio un enzima, attivando una risposta cellulare a cascata.
● Finito il suo lavoro, la proteina G perde il suo fosfato diventando GDP e si
inattiva.

IMPORTANZA DELLO GPCR


● Sono importanti perché sono tantissimi.
● Sono ottimi bersagli farmacologici, infatti dei circa 500 bersagli
farmacologici, si conoscono nel nostro genoma almeno 500 proteine che
potenzialmente possono essere bersagli farmacologici, cioè che possono
essere modulate mediante molecole farmaceutiche e questa modulazione
può risolvere alcuni stati patologici.
● Di queste 500 circa il 60% sono proteine presenti sulla superficie della
cellula, perché sono più facili da raggiungere.
● Per esempio una cellula tumorale essere modulata nella sua attività, se noi
troviamo qualcosa in superficie che risponda ad un determinato farmaco, per
esempio un farmaco citotossico che può far morire quella cellula.
● Sviluppare la terapia è più facile se abbiamo delle molecole che possiamo
utilizzare sulla superficie di questa cellula.
● Questo spiega perché di questi 500 bersagli farmaceutici più della metà sono
proteine superficiali, di questi 60%, il 75% sono GPCR, quindi ¾ delle
proteine di membrana che rappresentano dei potenziali bersagli farmaceutici
sono GPCR.
● Se consideriamo quali meccanismi controllano questi recettori, vediamo ad
esempio di recettori GABA, il recettori del gusto, i recettori adrenergici, i
recettori oppioidi, i recettori della somatostatina, i recettori purinergici,
recettori olfattivi e altri.

2. RECETTORI TIROSINA-CHINASI
● Abbiamo parlato della chinasi nel ciclo cellulare.
● Le chinasi sono enzimi in grado di fosforilare le proteine.
● Un recettore di questo tipo ha quindi attività enzimatica, è una chinasi, quindi
è in grado di aggiungere un fosfato.
● Dei 3 aminoacidi fosforilabili, serina, treonina e tirosina, nel recettore
tirosina-chinasi ci sono delle proteine trans membrana contenenti nella
porzione intracellulare un enzima con attività catalitica, in grado di fosforilare
un determinato substrato.
● Per attivare un recettore tirosina-chinasi abbiamo bisogno di 2 recettori, i quali

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quando legano un ligando si attivano e attivano la propria attività tirosina-


chinasica che in genere coinvolge il recettore stesso.
● Quindi questi due recettori quando vengono legati al ligando sono in grado di
formare un dimero, sono in grado di dimerizzare e si attivano.
● A loro volta sono in grado di fosforilare un altro recettore, il quale a sua volta
attivando questa attività è in grado di attivare una proteina a valle di questo
meccanismo è conseguentemente attivare una cascata di attivazione del
segnale.
● Questi tipi di recettori sono particolarmente rilevanti in quanto sono per
esempio coinvolti in molte forme tumorali, quindi molti tumori si sviluppano
perché i recettori tirosina-chinasici che spesso svolgono un ruolo nel
controllo della proliferazione cellulare, quindi sono costitutivamente attivi e
inducono la cellula a dividersi continuamente indipendentemente dalla
presenza di un segnale esterno che la indica a dividersi.

3. CANALI IONICI ATTIVATI DA LIGANDO


● Terza famiglia di segnali.
● Il classico esempio è il recettore dell'acetilcolina, il quale è un canale del
sodio che viene attivato in seguito all’interazione con un determinato ligando.
● Per esempio nelle sinapsi, questo è il modo in cui un neurone trasmette un
segnale ad un neurone adiacente o ad una cellula muscolare.
● Quando una molecola segnale si lega come ligando a questo recettore, il
canale si apre permettendo a sodio e calcio si passare attraverso il canale.
● Altri esempi di ligandi:
Vedi diapo 23

RECETTORI INTRACELLULARI
● Proteine presenti nel citoplasma che vengono raggiunte da molecole segnale,
le quali devono attraversare la membrana plasmatica.
● Questo vuol dire che il ligando per essere in grado di attraversare
liberamente la membrana plasmatica deve essere una molecola
idrosolubile.
● Una volta che attraversa la membrana plasmatica, lega questo recettore.
● Questo recettore intracellulare in genere viene portato dentro il nucleo dove
attiverà l’espressione di determinati geni.
● Questo è un esempio degli ormoni steroidei che attraversano liberamente la
membrana plasmatica, raggiungendo un recettore intracellulare e in secondo
piano entra dentro il nucleo andando ad attivare specifici geni.
● Lo vediamo in questa immagine.
● Vediamo una molecola di testosterone che circola nello spazio extracellulare.
● attraversa la membrana plasmatica.
● Si lega alla proteina recettore.
● Si forma un complesso, il quale raggiunge il nucleo e successivamente si
legherà ad un promotore riconosciuto in maniera specifica il quale arriverà la

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trascrizione di un determinato gene.

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