Sei sulla pagina 1di 9

La Prima Guerra Mondiale( Capitolo XIII)

La scintilla che causò lo scoppio della Prima Guerra Mondiale fu l’attentato di


Sarajevo avvenuto il 28 giugno 1914, da parte di Gavrillo Princip, un giovane
bosniaco di origine serba, che con due colpi di pistola uccise l’erede al trono
dell’impero austro-ungarico Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia.

La reazione della dell’Impero Austro-Ungarico fu un ultimatum alla Serbia,


ritenuta corresponsabile dell’accaduto, cui fece seguito la dichiarazione di
guerra. La Russia reagì con la mobilitazione del suo esercito: così quella che
si presentava come una crisi locale si sviluppò presto in un conflitto europeo
mondiale.

Per comprendere gli eventi dell’estate 1914 è indispensabile distinguere la


causa immediata del conflitto(l’attentato di Sarajevo) dalle sue cause
profonde che sono :

- La crisi nei Balcani;


- L’abbandono della Germania,dall’ascesa al trono di Guglielmo II, che
passò da una politica di equilibrio a voler diventare una potenza
europea rafforzando l’esercito;
- La corsa agli armamenti in atto in Europa;
- La formazione di due Alleanze contrapposte in Europa: La Triplice
Alleanza (1882) composta dall’Impero austro-ungarico, Germania e
Italia; e Triplice Intesa (1907) composta da Francia, Gran Bretagna e
Russia;

Nel 1914 l’Italia decise di non schierarsi subito nel conflitto, ciò accadde
perché essendo la Triplice Alleanza un patto difensivo, e siccome l’Impero
Austro-Ungarico e la Germania non erano state aggredite ma avevano
attaccato loro per prime, l’Italia sostenne di non avere alcun obbligo ad
entrare in guerra.
Intanto l’opinione pubblica si divise tra interventisti , propensi a scendere
in guerra, fra i quali spiccavano i Nazionalisti i quali sostenevano che
l’Italia dovesse comunque entrare in guerra,perché, secondo i loro principi
imperialisti, la guerra avrebbe dato all’Italia il ruolo di grande potenza che
meritava tra le nazioni forti ed evolute; e gli Irredentisti che pensavano
che l’Italia avrebbe dovuto cogliere l’occasione per schierarsi contro la
nemica delle guerre risorgimentali, con l’obiettivo di completare l’unità
nazionale sottraendole le terre “irredente”, ossia le provincie di Trento e
Trieste ancora soggette all’Impero austro-ungarico.

Favorevoli alla guerra contro l’Austria - Ungheria erano anche molteplici


democratici repubblicani, che si rifacevano alla concezione politica di
Giuseppe Mazzini. Secondo costoro la guerra rappresentava non solo
un’opportunità per conquistare le terre irredente, ma anche l’occasione
storica di abbattere definitivamente l’Impero Austro-Ungarico e di dare
libertà a tutte le altre nazioni oppresse, come la Polonia.

La partecipazione dell’Italia al conflitto era sostenuta,infine, dai liberali


conservatori , che speravano di indebolire i movimenti sociali di protesta,e
dai proprietari delle grandi industrie, che la consideravano un’occasione
per accrescere i propri profitti.

In opposizione agli Interventisti avremo i Neutralisti: vi erano innanzitutto i


socialisti . A parte una minoranza , la grande maggioranza degli esponenti
del Partito Socialista Italiano sosteneva che l’Italia dovesse rimanere fuori
dal conflitto per due ragioni: per una questione di principio, in quanto i
socialisti consideravano la guerra un male da evitare a ogni costo; per
interesse di classe, poiché ritenevano che un conflitto avrebbe portato solo
sofferenze e miseria alle classi sociali più povere.

Erano contrari alla guerra anche molti esponenti politici cattolici, alcuni
perché rappresentavano il mondo contadino tradizionalmente ostile alla
guerra, altri perché non volevano un conflitto contro un impero cattolico
come quello Austro-Ungarico, altri ancora perché adottavano il principio
del pacifismo cristiano.

Infine, erano per la neutralità i liberali progressisti. Il loro leader, Giovanni


Giolitti, pensava infatti che l’Italia non fosse economicamente preparata
per affrontare una guerra di lunga durata e che fosse possibile ottenere i
territori ancora sotto il dominio austriaco con un accordo diplomatico.

In effetti, il governo austriaco aveva offerto all’Italia, in cambio della


neutralità, alcuni territori, come il Trentino. Tuttavia prevalse la corrente
interventista, per diversi motivi: il primo è che il governo, dopo le
dimissioni di Giolitti, era guidato da Antonio Salandra, esponente proprio di
quella parte dei liberali favorevoli alla guerra. In secondo luogo, i
nazionalisti seppero organizzare imponenti manifestazioni di piazza,
creando l’impressione che il popolo italiano volesse la guerra.

In realtà, sia presso l’opinione pubblica sia in parlamento, la maggioranza


era contraria alla guerra. Nonostante ciò il re Vittorio Emanuele III e il
governo avviarono trattative con la Triplice Intesa e, senza consultare il
parlamento, sottoscrissero un accordo segreto- il Patto di Londra, firmato il
26 aprile 1915- con il quale l’Italia si impegnava a entrare in guerra al
fianco della Triplice Intesa entro un mese; in cambio avrebbe ottenuto il
Trentino , il Sud Tirolo, Trieste, Gorizia, L’Istria e parti della Dalmazia. Così
il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria - Ungheria.

Tra il 1915 il 1916 la situazione militare rimase bloccata: le battaglie


provocavano decine di migliaia di vittime, senza che vi fossero significativi
spostamenti dei fronti. Nel 1916, oltre alle battaglie di Verdun e della
Somme sul fronte franco-tedesco, ebbero luogo importanti scontri anche
sul fronte dell’Italia.
L’esercito italiano lanciò numerose offensive, tentando di sfondare il fronte
austriaco sul fiume Isonzo; gli austriaci risposero il 15 maggio 1916 con
un’offensiva chiamata “spedizione punitiva” ( per sottolineare come l’Italia
andasse punita per aver tradito la Triplice Alleanza) che venne fermata a
fatica. Il 9 agosto del 1916 ebbe luogo la più importante offensiva italiana
dei primi due anni di guerra, che portò alla conquista della città di Gorizia

Nel 1917, in Russia, una rivoluzione abbatté il regime dello zar. Di questo
evento è però importante sottolineare che il governo rivoluzionario decretò
l’uscita della Russia dalla guerra, e ciò favorì tedeschi e austro-ungarici,
perché il venir meno dell’impegno sul fronte orientale permise alla
Germania di spostare le sue armate in parte sul fronte francese e in parte
su quello italiano.

Fu proprio su quest’ultimo fronte che l’esito della guerra sembrò


capovolgersi a favore degli Imperi Centrali: il 24 ottobre 1917 le truppe
austro-tedesche, sfondarono il fronte italiano a Caporetto e penetrarono
nel territorio veneto . Soltanto lungo il corso del fiume Piave l’esercito
italiano riuscì a riorganizzarsi e a fermare l’avanzata nemica. Le cause
della pesante sconfitta di Caporetto furono diverse: gli errori dei comandi
militari italiani, le scelte sbagliate del governo, l’impopolarità della guerra
tra i soldati.

La Disfatta di Caporetto giunse in un momento in cui , non solo in Italia,


ma in tutti i paesi coinvolti, l’opposizione alla guerra si andava
diffondendo, sia tra la popolazione sia tra i soldati al fronte.

Tra l’inverno del 1916 e l’autunno del 1917 si moltiplicarono manifestazioni


delle donne e scioperi dei lavoratori contro la guerra; tra i soldati al fronte
il malcontento si manifestò con casi di diserzione e ammutinamenti,
nonostante si rischiasse la pena di morte.
Una delle proteste più clamorose ebbe luogo nel maggio del 1917 a opera
di ben 40.000 soldati francesi. Alcuni partiti socialisti europei
organizzarono manifestazioni contro la guerra; anche il Papa Benedetto
XV, nel 1917, prese posizione contro il conflitto, definendolo “inutile
strage”.

Fu però l’entrata in guerra degli Stati Uniti al fianco dell’Intesa, nell’aprile


1917, a segnare la svolta definitiva del conflitto. Il governo statunitense,
fin dall’inizio della guerra, aveva sostenuto con aiuti economici Gran
Bretagna e Francia ; non era intervenuto direttamente nel conflitto perché
gli Stati Uniti seguivano, sin dai tempi della loro fondazione(alla fine del
XVIII secolo), una politica che evitava ogni intervento militare in Europa.

La decisione di dichiarare guerra a Germania ed Impero Austro-Ungarico


fu determinata da due ragioni: innanzitutto dalla guerra sottomarina
condotta dalla Germania, che colpiva anche navi americane e minacciava il
commercio internazionale; in secondo luogo, dalla constatazione che se
Francia e Gran Bretagna fossero state sconfitte non sarebbero state in
grado di restituire gli ingenti prestiti che gli Stati Uniti avevano loro
concesso.

L’intervento degli Stati Uniti fu decisivo, non tanto per il numero di soldati
che essi riuscirono a schierare in Europa,quanto per l’impegno economico
e finanziario che misero in campo. In una guerra che richiedeva la
produzione continua di nuovi armamenti, la capacità produttiva
dell’industria americana diede agli Stati dell’Intesa un vantaggio
determinante.

Sul fronte occidentale le truppe tedesche tentarono, nel marzo del 1918,
un’ultima offensiva, ma nell’agosto dello stesso anno le truppe inglesi,
francesi e americane passarono al contrattacco e sfondarono il fronte. La
prospettiva di una sconfitta militare e le rivolte dei soldati tedeschi che si
ribellavano ai loro comandanti indussero l’Imperatore Guglielmo II ad
abdicare e il nuovo governo tedesco firmò l’armistizio l’11 novembre 1918.

Anche sul fronte italiano, nel corso del 1918, la situazione cambiò. Dopo la
sconfitta di Caporetto si formò un governo di unità nazionale, sostenuto
cioè anche dall’opposizione, e il capo di stato maggiore dell’esercito venne
sostituito: il Generale Armando Diaz prese il posto del generale Luigi
Cadorna.

I comandi militari e il governo capirono che, se si voleva che le truppe


combattessero con maggiore convinzione, era necessario non solo
reprimere ogni forma di disobbedienza ma anche offrire ai soldati una
prospettiva per il futuro. Dal momento che buona parte dell’esercito era
costituita da contadini, fu promesso che in caso di vittoria i soldati, al
ritorno dal fronte, avrebbero ricevuto terre da coltivare.

L’insieme di queste iniziative determinò un miglioramento delle capacità


d’azione dell’esercito italiano, che riuscì a resistere a un nuovo attacco
austriaco e a sfondare le linee nemiche , il 24 ottobre, a Vittorio Veneto.
Sconfitto dagli italiani e indebolito dalle rivolte scoppiate all’interno dei
propri confini, l’Impero Austro-Ungarico firmò l’armistizio che entrò in
vigore il 4 novembre 1918.

Nel gennaio del 1919 si aprì a Parigi la conferenza di pace, alla quale
furono ammessi solo i leader dei paesi vincitori ossia il presidente
statunitense Thomas Woodrow Wilson, il britannico David Lloyd George, il
francese Georges Clemenceau e l’italiano Vittorio Emanuele Orlando.

Dalle trattative furono invece esclusi gli sconfitti, cioè i tre grandi imperi
che perdendo si erano disgregati: tedesco,austro-ungarico e ottomano. Il
quarto impero,quello russo, era stato abbattuto dalla rivoluzione del 1917
e il 3 marzo 1918 il nuovo governo aveva firmato una pace separata con la
Germania, la pace di Brest-Litovsk. (che comportava la perdita di molti
territori appartenenti all’Impero Russo : i territori polacchi, la Lettonia,
l’Estonia, la Lituania, la Finlandia, la Georgia e l’Ucraina. Si trattava di
condizioni molto dure: la Russia perdeva regioni vaste e molto importanti
dal punto di vista economico per la presenza di industrie e giacimenti
minerari; Lenin,tuttavia, pensava che questo sacrificio fosse necessario per
uscire dalla guerra e,quindi, mantenere le promesse fatte dai bolscevichi
alla popolazione prima della presa del potere.)

A guerra non ancora conclusa, nel gennaio 1918, il presidente statunitense


Wilson aveva indicato le linee guida per risolvere le questioni nazionali e
diplomatiche che avevano causato la guerra, con l’obiettivo di garantire la
pace in futuro.

In un documento di Quattordici Punti Wilson proponeva in particolare di:

- Adottare sistemazioni territoriali nel rispetto del principio di


autodeterminazione dei popoli;
- Abolire le barriere doganali e favorire la libertà di commercio;
- Promuovere la riduzione degli armamenti;
- Dare vita a un’organizzazione, composta da tutti i paesi del mondo, che
si occupasse di prevenire le guerre, risolvendo in modo pacifico le
tensioni tra gli stati;
- Abolire la diplomazia segreta e stipulare solo trattati che fossero
pubblici e controllabili dalla popolazione.

Le proposte di Wilson si rivelarono di difficile attuazione, a causa del loro


carattere astratto e dell’atteggiamento dei governi francese e inglese,
animati da una volontà punitiva nei confronti della Germania. Nel 1919
venne fondata la Società delle Nazioni, di cui avrebbero dovuto far parte
tutti gli Stati del mondo , ma quelli che aderirono furono solo 42; il suo
bilancio,come vedremo, fu fallimentare, perché a soli vent’anni dalla sua
fondazione scoppiò la Seconda Guerra Mondiale.
Il principio di autodeterminazione venne adottato per disegnare i confini
dei nuovi stati che nascevano dalle ceneri degli imperi austro-ungarico e
ottomano, ma fu impossibile rispettare le aspirazioni all’autonomia di tutte
le nazionalità; furono creati nuovi stati multietnici nei quali la nazionalità
dominante si impose su quelle minoritarie, adottando comportamenti
discriminatori. Il principio non fu comunque riconosciuto per la Germania:
anche allo scopo di indebolirla, infatti, intere regioni abitate in
maggioranza da tedeschi furono assegnati a nuovi Stati, quali la Polonia e
la Cecoslovacchia.

Chi più di altri volle la punizione della Germania fu la Francia: il Trattato di


Versailles, che durante la conferenza di Parigi definì le condizioni di pace
da imporre alla Germania, stabilì che lo stato tedesco avrebbe perso molti
dei suoi territori: le regioni dell’Alsazia - Lorena a favore della Francia,
diverse regioni ad est a favore della Polonia, e alcuni territori a nord a
favore della Danimarca.

Come risarcimento per i danni causati dalla guerra, alla Germania venne
inoltre imposto il pagamento di 132 miliardi di marchi in oro: un debito
enorme per l’epoca, che avrebbe rallentato pesantemente la ripresa
economica tedesca. Infine, lo stato tedesco perse tutte le sue colonie (in
Africa e nel Pacifico) e dovette impegnarsi a non ricostruire un esercito che
contasse più di 100.000 uomini.

La scelta di punire la Germania così pesantemente e di non far partecipare


gli sconfitti alla conferenza di pace si rivelò un errore gravissimo, perché in
questo modo vennero puniti e umiliati non solo i governi che avevano
voluto la guerra ma anche i popoli, con la conseguenza di rendere molto
difficile la ripresa dei rapporti pacifici tra gli Stati. Queste scelte furono,
come vedremo, una delle cause della Seconda Guerra Mondiale, che
scoppiò a soli vent’anni di distanza.
Si venne così a creare nuovamente una situazione di instabilità. Anche
l’Italia si ritenne insoddisfatta per le nuove acquisizioni territoriali, perché
non le furono riconosciuti tutti i vantaggi previsti nel Patto di Londra. Da
questo sentimento di insoddisfazione nacque il mito della “vittoria
mutilata”, definita così da Gabriele D’Annunzio e poi adottata da
Nazionalisti ed Interventisti per denunciare appunto la mancanza di tutti i
compensi territoriali che ritenevano spettassero all’Italia dopo la Prima
Guerra Mondiale, che sfociò nell’impresa di Fiume animata da Gabriele
D’Annunzio.

Potrebbero piacerti anche