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Capitolo XII:L’età Giolittiana

L’età giolittiana va dal 1901 al 1914, periodo in cui Giovanni Giolitti fu il


dominatore assoluto della scena politica, prima come Ministro
dell’Interno(1901-1903) e poi come Presidente del Consiglio dei Ministri. Già
precedentemente,1892-1893, Giolitti era stato Presidente del Consiglio ,ma, a
seguito dello scandalo della Banca Romana e della politica “liberale” attuata
dal suo Governo in occasione dei Fasci siciliani fu costretto alle dimissioni.

Al governo Giolitti seguì il ritorno di Francesco Crispi che sedò i moti Siciliani
e della Lunigiana,istituendo tribunali militari proclamando lo stato di assedio a
cui fece seguito lo scioglimento del Partito Socialista Italiano che era stato
costituito a Genova nel 1892. Crispi restò al governo fino al 1896, a seguito
della sconfitta di Adua,fu costretto alle dimissioni.

Dopo Crispi seguì Antonio Di Rudini che continuò la politica di restaurazione


proseguita dal Governo di Luigi Pelloux. Dopo le elezioni del 3 giugno 1900 il
re Umberto I incaricò il Senatore Giuseppe Saracco di formare il Governo,il
cui primo atto fu il ritiro dei “provvedimenti liberticidi” presentati da Pelloux.

Il 29 luglio 1900,Umberto I fu assassinato a Monza, per mano del’’anarchico


Gaetano Bresci che vendicò il comportamento tenuto dal Re e dal Governo in
occasione dei moti del 1848. A seguito della sua morte,ascese al trono
Vittorio Emanuele II, il quale diede l’incaricato a Giuseppe
Zanardelli(esponente della sinistra liberale) di formare il governo. Del nuovo
governo faceva parte anche Giovanni Giolitti come ministro dell’Interno.

Giolitti impostò il suo programma politico interno in tre punti fondamentali:

1) Libertà di organizzazione;
2) Marcata azione politica in favore delle classi lavoratrici;
3) Introduzione di una legislazione protettiva dei lavoratori.

La politica sociale di Giolitti si può dividere in due fasi:

a) Fase coincidente con il Ministro Zanardelli (1901-1903) durante la quale


lasciò via libera alle richieste di aumento salariale;
b) A partire dal 1906 caratterizzata da una politica di intervento statale.

Sia l’una che l’altra fase contribuirono al miglioramento economico


dell’Italia e si può di certo affermare che il periodo 1900-1915 sia stato
quello economicamente più felice che l’Italia liberale abbia attraversato e
tutto ciò fu possibile grazie ad una visione politica ampia di Giolitti che non
esitò a tentare di coinvolgere quelle forze politiche e sociali
(socialisti,cattolici e sindacati) che per ragioni diverse non si riconoscevano
nello Stato e questo perché:

 I Socialisti basavano la loro politica sulla lotta di classe;


 I Cattolici,a causa del non expedit del 1874 non riconoscevano l’autorità
dello Stato liberale, che con la Breccia di Porta Pia (20 settembre 1870)
avevano rimosso il Pontefice del potere temporale;
 I Sindacati ritenevano che l’unico modo per giungere al potere fosse
rimuovere la borghesia.

Tutto questo progetto fu attuato da Giolitti sia grazie alla sua personalità
che alla sua visione politica, egli attuò comportamenti ed offrì
“contropartite” diverse ad ognuno di esse, infatti:

- Ai Cattolici fece delle offerte tendenti ad ammorbidire la loro chiusura


verso il mondo liberale e cogliere ogni sia pur minima loro apertura
verso di esso. Tale attività,iniziata in occasione delle elezioni del 1904 e
proseguita in quelle del 1909,porterà ad un graduale avvicinamento fra
i due mondi sul piano politico, che sfocerà nel famoso Patto Gentiloni
del 1913;
- Ai Socialisti cercò di far comprendere,intessendo rapporti con la parte
più moderata (Filippo Turati), che i miglioramenti dei lavoratori si
potevano conseguire senza ricorrere necessariamente alla lotta di
classe, ma anche attraverso una politica riformista moderata che
poteva essere posta in essere con una forma di collaborazione fra
borghesia e proletariato,soprattutto perché ambedue perseguivano lo
stesso fine: il miglioramento socio-economico.

Durante l’età giolittiana ritornò il movimento che già si era manifestato


negli ultimi anni del XIX secolo: il NAZIONALISMO.

Nell’età giolittiana si raggiunse una grande evoluzione in tutti i campi


sociali, soprattutto quello industriale. Egli attraverso un programma
economico di massa fece:

 Favorire l’espansione industriale attraverso un forte protezionismo;


 Limitò il monopolio privato;
 Potenziò il bilanciamento dello Stato, quindi maggiore possibilità di
intervento contro i gruppi e gli interessi privati;
 Attuò nel 1903-1905 la Nazionalizzazione delle ferrovie, fino ad allora
nelle mani dei privati;
 Non riuscì però a ridurre il peso che aveva la Società di navigazione
generale nei servizi marittimi;
 Attuò la monopolizzazione delle Assicurazioni sulla vita con la
costituzione dell’INA( istituto nazionale di assicurazioni).

Nel marzo 1914 i Radicali provocarono la crisi di governo e Giolitti fu costretto


a rassegnare le dimissioni. L’incarico fu affidato ad Antonio Salandra che si
trovò subito a fronteggiare il disordinato movimento rivoluzionario chiamato
“Settimana Rossa” guidato dai repubblicani(Ubaldo Comandini e Pietro Nenni
e dall’anarchico Enrico Malatesta).

Nella gestione della crisi, Salandra attuò la strategia che già aveva usato
Giolitti, a dimostrazione che quel sistema di gestione del potere era ancora
ben saldo e che però ben presto porterà allo scoppio della Prima Guerra
Mondiale.

Nel Paese si creò un clima di contrapposizione fra neutralisti ed interventisti


che si manifestò anche attraverso dimostrazioni in difesa dell’uno o dell’altro
schieramento. Tutto ciò portò anche ad un’aggregazione culturale quasi
paradossale infatti troviamo :

- Le forze di Sinistra democratica e repubblicana si trovarono a fianco di


forze di Destra conservatrice e Destra nazionalista contro Giolitti,
cattolici e socialisti.

Lo stesso paradosso c’era fra Parlamento e Governo e infatti troviamo:

- Il Parlamento era con la maggioranza giolittiana quindi neutralista;


- Il Governo, guidato da Salandra, esponente della Destra conservatrice e
ben visto dalla Corona, vedeva nella guerra la possibilità di ottenere
ingrandimenti territoriali per l’Italia e consolidare con una vittoria
militare il prestigio della Monarchia.
Con il Patto di Londra (26 aprile 1915) l’Italia si impegnava ad entrare a
fianco dell’Intesa, contro l’Austria e non la Germania e in caso di vittoria
avrebbe ottenuto:

- Il Trentino e l’Alto Adige, la Dalmazia settentrionale, esclusa Fiume;


- Le sarebbe stato riconosciuto un protettorato sull’Abissinia, il definitivo
possesso del Dodecanneso cioè la zona di influenza in Asia Minore in
caso di disintegrazione dell’Impero Ottomano.

La denuncia del Patto della Triplice Alleanza, il 3 maggio 1915, da parte di


Salandra , fece capire al Paese che il Governo si avvicinava all’Intesa e per
questa ragione nel Parlamento si delineò una maggioranza favorevole alle
posizioni di Giolitti,quindi neutralista, che mise in pericolo il Governo stesso.

Quando Salandra presentò le dimissioni, il Re le respinse ponendo la


maggioranza giolittiana di fronte alla scelta o di accettare il fatto compiuto o
lo scontro aperto con la Corona e quest’ultimo oltre a mettere in discussione
la credibilità del Paese sul piano internazionale, avrebbe vanificato tutto il
lavoro operato da Giolitti negli anni precedenti. Davanti a questi problemi, né
cattolici né i liberali giolittiani osarono scegliere la strada dello scontro
frontale.

In seguito al nuovo atteggiamento assunto dai cattolici, dai


giolittiani e dai socialisti, il Parlamento accordò al Governo i pieni
poteri per la Guerra con l’Austria , dichiarata il 24 maggio 1915.

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