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L’ETA POSTUNITARIA (1861 - 1900)

La classe poli ca nel primo quindicennio unitario (1861-1870), la Destra storica, erede del liberalismo cavourniano,
era os le a uno sviluppo industriale, poiché da un lato riteneva che l’Italia, essendo povera di materie prime, non
avesse i requisi ada , e dall’altro temeva che il sorgere dell’industria, creando un proletario di fabbrica, potesse
innescare pericolose tensioni eversive. Preferì quindi assegnare all’Italia la funzione meno avanzata di paese agricolo-
commerciale. Per favorire l’esportazione dei prodo agricoli furono applicate tari e doganali molto basse, che
favorivano però al tempo stesso l’importazione dei prodo industriali stranieri e determinavano perciò il fallimento
delle industrie italiane. Un se ore molto a vo era invece quello della creazione di infrastru ure come ferrovie,
strade, pon , por , opere pubbliche.

Con l’avvento della Sinistra al potere (1876) vi fu un inasprimento delle tari e doganali, l’Italia si unì con Prussia e
Austria nella Triplice Alleanza, che portò alla necessità di potenziare l’industria siderurgica in modo che potesse
fornire l’acciaio necessario alle navi da guerra e ai cannoni. Nel 1880 si veri cò una crisi agraria, determinata
dall’arrivo sui merca europei di enormi quan tà di grano americano a prezzi bassi: la concorrenza me e
de ni vamente in crisi i sistemi agricoli arretra e determina la rapida scomparsa della piccola proprietà contadina;
l’e e o totale comportò un ulteriore impoverimento del Mezzogiorno.
- Per quanto riguarda la stru ura sociale dell’epoca la classe dirigente è prevalentemente composta da grandi
possiden agrari, in buona parte nobili.
- i borghesi, invece, sono diventa grandi possiden grazie all’acquisto di beni ecclesias ci e terreni o dei beni della
nobiltà decaduta e impoverita. Lo strato dell’alta borghesia comprende al funzionari dello Stato e magistra ,
banchieri e nanzieri.
- Il ceto medio consiste in commercian , piccoli proprietari agricoli e ar giani, ed entra ben presto in crisi a seguito
della crisi agraria; mol scri ori provengono da questo ceto e ne pa scono la decadenza e la ri e ono nelle loro
opere, in par colare vi è il rimpianto del mondo del passato (mondo agrario che viene spazzato via dal progresso
moderno). Si vede la nascita di un ceto medio nuovo, ovvero quello impiega zio, ingigan to dalle esigenze della
pubblica amministrazione e dallo sviluppo dei servizi indispensabili alla complessa società moderna.
- le masse popolari si ritrovano invece in condizioni sempre peggiori, a causa della pesan ssima pressione scale, alla
leva militare obbligatoria che so rae bracci valide al lavoro agricolo e altre a vità.

L’ideologia poli ca importante resta quella del liberalismo, fortemente laico perché rispondeva all’a eggiamento
duramente an risorgimentale e an liberale assunto dalla Chiesa prima e dopo l’uni cazione.
- L’a eggiamento intransigente della Chiesa impediva ai ca olici di partecipare alla vita poli ca (diventano
componente a va solo nel Novecento).
- L’opposizione al liberalismo conservatore fu assunta da forme di radicalismo borghese, tra cui quella dell’idealogia
anarchica, che si rese responsabile di alcuni episodi di terrorismo.
- L’anarchismo fu ben presto superato dal di ondersi del socialismo, che si ispirava alle teorie e ai programmi del
marxismo operaio e contadino. Tu avia l’arretratezza sociale ed economica del momento postunitario non
consen va in Italia una forte espansione del movimento socialista (il quale necessitava una forte base operaia di
un’industria moderna).
La scuola aveva la funzione di fornire un minimo bagaglio culturale a tu , ma anche di amalgamare la popolazione
italiana, facendo acquisire alle masse popolari una coscienza nazionale e civile. Inoltre, il sistema produ vo arretrato
non era in grado di assorbire quei pochi diploma e laurea provenien da scuole tecniche, licei e università. Il
fenomeno portò i giovani intelle uali frustra a sfogare la loro rabbia ponendosi a capo dei movimen di protesta
popolari (avvicinamento al socialismo).
Nonostante ritardi e limi , l’Italia degli anni Se anta e O anta si avvia verso uno sviluppo capitalis co moderno e
verso l’industrializzazione; di fronte a questa modernizzazione economica e sociale, si possono individuare tre
a eggiamen fondamentali da parte degli scri ori:
- un a eggiamento sostegno, di realizzazione nel progresso;
- un a eggiamento di ri uto roman co, in nome dei valori del passato;
- un a eggiamento di curiosità conosci va, che non esalta e non condanna, ma indaga i cambiamen in modo
distaccato.

Il Posi vismo è proprio dell’a eggiamento di sostegno (= di accolta del progresso); è un movimento loso co che
promuove l’idea del progresso in campo scien co, del sapere e dell’istruzione ed esalta quindi la scienza che
a ronta problemi concre . Questa loso a nasce a seguito della seconda rivoluzione industriale, lo sviluppo della
scienza e della tecnica e la di usione della cultura, e determina un clima di ducia entusias ca nelle forze dell’uomo
e nelle possibilità del sapere scien co e tecnologico.
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- Il ricorso a princìpi che escludano il metodo scien co non dà luogo a vera conoscenza, quindi vi è un ri uto per
qualsiasi visione di po religioso, meta sico e idealis co. Vi è la convinzione che tu o il reale sono regolate da
ferree leggi meccaniche e determinis che.
- Il metodo della scienza, poiché è l’unico valido, va esteso a tu i campi, anche l’uomo e la società. Nessun aspe o
del reale può sfuggire all’indagine scien ca.
- La scienza, dandoci gli strumen per spiegare e conoscere il reale, ci consente anche di dominarlo, asservendolo ai
bisogni dell’uomo. Di qui deriva la fede posi vis ca nel progresso e la volontà di riorganizzare globalmente la
società in modo più razionale e più giusto.
Con la ne del periodo risorgimentale, gli intelle uali perdono il ruolo centrale di guida ideologica, di militanza e di
dirigenza poli ca che avevano rives to negli ul mi decenni. Compaiono quindi i primi a eggiamen di rivolta e di
ri uto dei valori borghesi (scapiglia ). Il le erato si sente spinto ai margini dai nuovi processi produ vi che
meccanizzano la vita dell’uomo e che trasforma l’arte in una merce per il mercato. Lo scri ore deve a rontare la
concorrenza per raggiungere il successo secondo il meccanismo duro e spietato della lo a per la vita, che regola tu a
la società.
L’avvento del mercato della produzione le eraria divide gli scri ori in due gruppi:
- chi ri uta disgustato il meccanismo disgustato della standardizzazione (Verga).
- chi acce a il mercato, ada andosi a scrivere per il pubblico, assecondandone i gus di vista e del benessere
economico (D’Annunzio).
Per quanto riguarda la lingua da stabilire come nazionale, Manzoni propose come soluzione l’adozione della lingua
parlata dai oren ni col . La soluzione manzoniana si rivelò però astra a e impra cabile nei fa , in quanto una
lingua veramente viva può nascere solo dall’uso concreto dei parlan . La di usione dell’italiano fu infa un processo
graduale, lento e di cile, aiutata par colarmente: dalla leva militare obbligatoria che obbligava la comunicazione tra
giovani provenien da regioni diverse; la di usione dei giornali; la comparsa di mass-media di capillare penetrazione
come la radio, il cinema e la televisione.
- Nella prosa si di onde un modello più agile e rapido, in uenzato dal linguaggio giornalis co, che abbandona
termini arcaici e preziosi; si avvicina sempre più alla lingua parlata.
- Nella poesia si tenta un recupero dell’aulicità classica, mescolando termini aulici con vocaboli quo diani.
Nella poesia italiana di questo periodo si possono individuare due tendenze che si oppongono al Roman cismo ma
che vanno in direzioni divergen . La prima tendenza è rappresentata dalla Scapigliatura, un gruppo di scri ori che si
raccolgono sopra u o a Milano e, prendendo a modello Charles Boudelaire e la bohème ar s ca parigina, vogliono
rompere delle convenzioni sia nella vita che nelle scelte le erarie. Gli scapiglia ri utano l’impegno civile, poli co e
patrio co; invece, si chiudono nella sfera sogge va, proclamano il loro ri uto per la fede religiosa e perseguono la
rappresentazione del vero. Per sovver re la forma poe ca abbandonano il linguaggio aulico della tradizione per
usare un linguaggio vicino a quello quo diano.

LA SCAPIGLIATURA
La scapigliatura non è né un movimento né una scuola di le era , ma è un gruppo di scri ori che operano nello
stesso periodo (1860-1870) e negli stessi ambien (Milano, Torino, Genova). Essi sono accumuna da un’inso erenza
per le convenzioni della le eratura contemporanea, per i princìpi e i costumi della società della società borghese, e
da un impulso di ri uto e di ribellione.
Il termine “Scapigliatura” fu proposto per la prima volta da Cle o Arrighi nel suo romanzo La Scapigliatura e il 6
febbraio, a designare un gruppo di sposta e ribelli alla loro classe di provenienza che amavano vivere in maniera
eccentrica e disordinata. Erano l’equivalente italiano del francese bohème (= zingari; si riferiva ad ar s che
disprezzavano una società fondata sul mercato e sulla produ vità, ri utavano i valori e le convenzioni borghesi,
acce ando quindi come segno di nobiltà e libertà quella del vivere nella miseria).
Con il fenomeno della Scapigliatura comparve per la prima volta nella cultura italiana il con i o tra ar sta e società
(aspe o pico del Roman cismo straniero) e introducono in Italia il gusto del Naturalismo francese. Nonostante il
loro impulso originario è di repulsione e orrore e si aggrappino ai valori del passato (Bellezza, Arte, Natura,
auten cità), dopo si rendono conto che quegli ideali sono ormai perdu e quindi si rassegnano a rappresentare il
vero, ovvero gli aspe più materiali e cupi della realtà, a raverso un linguaggio scien co ( pico dell’anatomista e
del chimico). Questa divisione tra Ideale e Vero porta ad una condizione di certezza e ad una disperazione
esistenziale, che vengono da loro indagate nella vita vissuta.
I modelli a cui guardano gli scapiglia sono in primo luogo i roman ci tedeschi, Charles Baudelaire (angoscia della
vita moderna nelle grandi metropoli, Le eur du mal), Edgar Allan Poe (raccon horror e fantas ci) e i poe del
Pernasse (scuola che aspirava ad una forma perfe a e impeccabile).
Gli scapiglia , con il loro culto del vero e con il loro proposito di analizzarlo con la crudeltà impietosa dell’anatomista,
introducono in Italia per la prima volta il gusto del nascente Naturalismo.
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Gli scapiglia non arrivano, a raverso una rigorosa scelta razionalis ca, ad aprire veramente nuovi orizzon
conosci vi: È vero che puntano ad o enere e e croma ci e musicali, ma non riescono a caricare la parola poe ca
di sugges oni oppure cadono nella riproduzione del linguaggio e delle forme metriche del roman cismo più trito.

IL NATURALISMO FRANCESE
Gli scri ori veris italiani prendono, come già de o prima, le mosse dal Naturalismo, che si a erma in Francia nel
1870. Il retroterra culturale e loso co del naturalismo è il Posi vismo, sviluppatosi a orno al 1850 ed è
l'espressione ideologica della nuova organizzazione industriale e del conseguente sviluppo della ricerca scien ca e
delle applicazioni tecnologiche. Esso porta al ri uto di ogni visione di po religioso, meta sico o idealis co, con la
convinzione che tu o il reale sia un gioco di forze materiali, siche, chimiche, biologiche, regolate dalle ferree leggi
meccaniche. Allo stesso modo, la le eratura auspica ad un’analisi scien ca della realtà, sul principio determinis co
dell’in uenza della razza, dell’ambiente e del momento storico.
Gustav Flaubert fu uno dei precursori del movimento naturalista in Francia, per la sua teoria dell’impersonalità,
assieme anche ai fratelli Edmonde e Jules de Goncourt, per la cura nel costruire i loro romanzi in base ad una
documentazione minuziosa e dire a degli ambien sociali rappresenta e per l’a enzione nuova dimostrata e ce
inferiori, che hanno ormai il diri o di essere rappresenta nella le eratura. Emile Zola diede la sistemazione più
compiuta alle teorie naturaliste, ponendosi come un vero e proprio capo scuola. Le concezioni che stanno alla base
della narra va Giuliana si trovano esposte nella forma più organica nel volume “Il romanzo sperimentale” del 1880,
in cui egli sos ene che il metodo sperimentale delle scienze deve essere ora applicato anche alla sfera spirituale, e
quindi alla le eratura e la loso a. Zola conclude che come il ne della scienza sperimentale è far sì che l'uomo
diven padrone dei fenomeni per dominarli, così anche lo scopo del romanzo sperimentale è impadronirsi dei
meccanismi psicologici per poi poterli dirigere.
“Ciclo dei Rougon-Macquart” : es. “La commedia umana”. Analizza i membri della famiglia Rougon-Macquart e le
vicende. Tra a problemi economici e sociali a raverso i due principi del romanzo sperimentale e un intento
scien co. Ha anche un intento sociale-poli co con un quadro completo della società francese. L’ambiente descri o
è quello del proletariato urbano e anche gli aspe più spiacevoli(alcolismo, condizioni nelle miniere,…) per creare
scandali -> denuncia sociale alle classi dirigen .

IL VERISMO ITALIANO
In Italia, furono in primo luogo gli ambien culturali milanesi di sinistra, repubblicani e socialis , a di ondere e ad
esaltare l’opera di Zola sin dei primi anni 70. La sinistra milanese però facendo nella bandiera per la propria ba aglia
poli ca e culturale rimase prigioniera delle sue aspirazioni confuse e dimostrò di non avere la forza culturale per dare
vita a opere veramente valide. Una teoria coerente ed un nuovo linguaggio furono invece elabora da due
intelle uali conservatori, due “galantuomini” meridionali, che riprendevano con le stesse sollecitazioni del
naturalismo francese: Verga e Capuana.
Luigi Capuana, cri co le erario che recensì varie opere di Zola e respingeva la dimostrazione sperimentale di tesi
scien che, in quanto la scien cità non deve consistere nel trasformare la narrazione in esperimento per
dimostrare tesi scien che ma nella tecnica con cui lo scri ore rappresenta la realtà, rifacendosi al principio
dell’impersonalità, ovvero della scomparsa dal testo del tradizionale narratore che interviene.
Non si può dire che esista un verismo come scuola o movimento organizzato, in quanto il panorama del periodo
cosidde o verista o re una serie di esperienze che hanno tra loro ben poco di simile. Nulla accumula accomuna nel
profondo ques scri ori se non un generico riferimento a una realtà non meglio de nita o un interesse per gure e
ambien popolari.

PRINCIPIO D’IMPERSONALITA (Luigi Capuana)


Capuana segna ne amente le distanze rispe o al romanzo sperimentale di Zola, in quanto l’italiano, in nome
dell’autonomia dell'arte, a erma che la le eratura non deve diventare scienza ma restare le eratura e perseguire i
propri ni, che sono ar s ci. Al massimo, la le eratura potrà avvicinarsi allo spirito della scienza, a raverso il
principio dell'impersonalità, intesa come scomparsa dell'autore danno opera, cioè soppressione di quell'intervento
sogge vo pico dell'o ocento. Scomparirà quindi in narratore onnisciente e se ne introdurrà uno obbie vo e
imparziale.
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GIOVANNI VERGA
Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840, da una famiglia di agia proprietari terrieri. Scrisse il suo primo romanzo
“amore patria” a 16 anni. A 18 anni si iscrisse alla facoltà di legge a Catania, ma non terminò i corsi preferendo di
dedicarsi al lavoro le erario e al giornalismo poli co. Come scri ore si discosta dalla tradizione di autori
le era ssimo e di profonda cultura umanis ca, in quanto i tes su cui si forma sono gli scri ori francesi moderni
naturalis .
Nel 1865 Verga lascia la provincia e si reca una prima volta a Firenze, allora capitale del regno. Nel 1872 si trasferisce
a Milano, dove entra in conta o con gli ambien della scapigliatura. A Milano soggiorna per lunghi periodi, alterna
con ritorni in Sicilia.
Dal 1893 torna a vivere de ni vamente a Catania. Dopo il 1903 lo scri ore si chiude in un silenzio totale, e il resto
della sua vita è dedicata alla cura delle proprietà agricole. Con le sue posizioni poli che si fanno sempre più
conservatrici e nel dopoguerra si schiera sulle posizioni dei nazionalis . Muore nel 1922.
Poe ca e pensiero
Nel 1878 esce un racconto che si discosta fortemente dalla materia e dal linguaggio della sua narra va anteriore,
ovvero dai toni melodramma ci dei romanzi mondani e tardoroman ci: si tra a di Rosso Malpelo, la storia di un
garzone di miniera che vive in un ambiente duro e disumano, narrata con un linguaggio nudo e scabro che riproduce
il modo di raccontare di una narrazione popolare.
L’approdo al verismo è il fru o di una chiari cazione progressiva di proposi già radica , e cioè la realtà ed è
l’impersonalità. La conquista del mondo verista non implica che Verga volesse abbandonare gli ambien dell’alta
società per quelli popolari, ma le basse sfere le intendeva come il punto di partenza del suo studio dei meccanismi
della società, poiché in esse tali meccanismi sono meno complica e possono essere individua più facilmente.
Verga fece sì che il racconto sembrasse una cosa realmente avvenuta, esponendolo a raverso la voce di un
personaggio anonimo non legato dire amente alla vicenda ma lo stesso livello dei protagonis e che si rivolge ad un
pubblico appartenente a quello stesso ambiente e che ha sempre conosciuto quelle persone e quei luoghi narra .
Questo implica l’eclissi dello scri ore.
- Per far sì che il racconto sembri scri o da sé, è necessario che il le ore sia introdo o nel mezzo degli avvenimen .
Verga amme e che questo può creare una certa confusione alle prime pagine ma, ma mano che la storia va avan , il
cara ere dei personaggi si rivela al le ore, eliminando ogni ar ciosità le eraria. Verga ri uta quindi la facile
dramma cità e gli e e romanzeschi plateali, a cui appunto sos tuisce una ricostruzione scien ca fondata su una
rigorosa conseguenzialità logica.
- Nel caso di Rosso Malpelo, il narratore si rivela con una visione primi va e supers ziosa e supers ziosa della realtà,
estranea alle categorie razionali di causa ed e e o. La voce narrante commenta e giudica i fa in base alla visione
elementare e rozza della colle vità popolare, e non secondo la visione colta dell'autore, presentando un linguaggio
spoglio e povero, punteggiato di modi di dire, paragoni, proverbi, imprecazioni popolari e dalla sintassi elementare e
talora scorre a, con stru ura diale ale.
Alla base della visione di Verga stanno posizioni radicalmente pessimis che, dato che la società umana è per lui
dominata dal meccanismo della lo a per la vita e gli uomini sono mossi dall’interesse economico e dalla volontà di
sopra are gli altri. Questa è una legge della natura, universale, che governa qualsiasi società ed è immodi cabile. Per
Verga la realtà è senza possibilità di modi cazioni e quindi si può capire perché egli non ritenga legi mo per lo
scri ore proporre giudizi, poiché solo la ducia nella possibilità di modi care il reale può gius care l'intervento, il
giudizio corre vo, dall'esterno nella materia. Se è impossibile modi care l'esistente, ogni intervento giudicante
appare inu le e privo di senso. Il pessimismo che nega ogni trasformazione storica della società e iden ca l'asse o
vigente con l'ordine naturale ha una connotazione fortemente conservatrice, che si scontra con le ideologie
progressiste contemporanee, democra che e socialiste.
Anche se le opere veriste di Verga hanno per gran parte al centro la vita del popolo, non si riscontra in esse la pietà
sen mentale per le miserie degli umili. Pur so olineando la nega vità del progresso moderno Verga non
contrappone ad essa il mito della campagna come civiltà contadina arcaica e patriarcale.
Verga è uno scri ore scomodo, aspro, sgradevole, che urta il le ore e s mola così la ri essione cri ca.

CONFRONTO ZOLA E VERGA


Ambien rappresenta :
ZOLA: ambien del proletario urbano di Parigi.
VERGA ambien dei contadini o dei pescatori siciliani.
Tecniche narra ve:
ZOLA: I fa sono riporta dalla voce del narratore, che riproduce il modo di vedere dell'autore (borghese
progressista). Tra narratore e personaggi vi è un distacco ne o. Il narratore interviene spesso con giudizi o ri essioni,
esplicite o implicite.
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VERGA: Verga aspira all'in personalità. Non fa sen re la presenza del narratore, ma vuole che i fa si presentano "da
soli", senza commen o giudizi (Eclissi).il narratore riprende i modi di pensare di vedere la realtà propria dei
personaggi (Regressione). Il linguaggio rispecchia questa “vicinanza” tra narratore e personaggi.
Ideologie:
ZOLA: scri ore borghese democra co, che ha davan a sé una realtà dinamica, una società sviluppata dal punto di
vista industriale, una borghesia a va e un proletariato consapevole.piena ducia nella funzione progressiva della
le eratura: essa può migliorare la realtà, come le scienze.per questo interviene con giudizi e commen . Progressismo
di Zola.
VERGA: proprietario terriero conservatore, che ereditato la visione fatalis ca del mondo agrario, arretrato e
immobile, estraneo alla visione dinamica del capitalismo moderno.ha davan a sé una borghesia parassitaria e delle
masse contadine estranee alla storia.il processo di uni cazione (e quindi di modernizzazione) non aveva
minimamente cambiato la situazione del sud Italia, anzi per cer aspe l'avevo peggiorata, (tasse, leva militare
obbligatoria). Nulla cambia davvero nella realtà, dominato dalla legge della sopra azione. La realtà non è quindi
modi cabile per questo diventa inu le giudizio.la le eratura una funzione conosci va, ma non progressiva.

ROSSO MALPELO
Rosso Malpelo, così chiamato per la rossa capigliatura, è un ragazzo che lavora duramente in una cava di sabbia in
Sicilia. E’ un povero infelice sfru ato e deriso. L’opinione popolare a ribuisce una personalità malvagia a coloro che
hanno i capelli rossi e per questo mo vo Malpelo viene tra ato con pregiudizio da tu ed anche dalla stessa madre.
Egli è costre o a vivere emarginato e isolato, tra ato come una bes a e non come un essere umano.
Il padre, soprannominato “il bes a” per la sua remissività e la resistenza alla fa ca, proprio come se fosse una bes a
da soma, è l’unico che ha dell’a e o per Malpelo ma muore nella stessa cava so o una frana di sabbia.
L’emarginazione e le di coltà portano Malpelo ad assumere a eggiamen cinici e spieta , sopra u o nei confron
di chi vive una condizione ancora più debole e fragile della sua, come Ranocchio, un ragazze o infelice come lui che
lavora come manovale alla cava.
Dietro questo cara ere indurito e indi erente Malpelo nasconde però una sua umanità e un bisogno di amore che
manifesta nei confron dello stesso Ranocchio e del padre morto nella cava per la caduta di un pilastro di sabbia.
Quando Ranocchio si ammala ed in breve tempo muore, stroncato dalla fa ca e dalle inumane condizioni di lavoro,
Malpelo rimane completamente solo.
Nel nale Malpelo si o re volontario per esplorare un passaggio della cava, egli si smarrisce così nei cunicoli intrica ,
nell’indi erenza generale e senza lasciare alcuna traccia di sé.
Tecnica dello straniamento: presentare qualcosa di strano come normale.
Ranocchio: si è lussato il femore in miniera e zoppica; Bes a: padre, disposto a far qualsiasi lavoro. Il padre lo
picchiava per renderlo più forte, ma lo fa perché gli vuole bene e vuole proteggerlo. Malpelo è il portatore delle idee
di Verga, cerca di spiegarsi perché la madre di Ranocchio sia così disperata perché guadagna pochissimo.
La novella presenta tu i cara eri del racconto verista. Non si svolge secondo una organica successione di even ma
per aggregazione di fa , quindi con an cipazioni, aggiunte e riprese proprio come se a narrarla fossero gli stessi
protagonis anziché lo scri ore.
Verga usa la tecnica narra va del discorso indire o libero e u lizza le espressioni gergali proprie dei personaggi,
come se a raccontare fosse uno degli operai della cava.
La vicenda si svolge in Sicilia ed è incentrata sul fenomeno del lavoro minorile nelle cave di sabbia.
Malpelo è l’emblema dell’emarginazione ingius cata a cui la condizione sociale di nascita lo ha des nato e della
violenza che domina la società. L’intento di Verga non è la denuncia sociale ma è di mostrare un’immagine ogge va
delle condizioni di vita dei lavoratori, lasciando al le ore ogni giudizio.In base ai canoni veris ci rientra nella poe ca
dell’impersonalità: lo scri ore, al contrario di quanto avviene, per esempio, nei Promessi sposi di Manzoni, è assente
dalla scena. La narrazione è corale, popolare e anonima come se si tra asse di un parlato colle vo.
L’uso dell’imperfe o indica vo è lo strumento linguis co che rende possibile questa spersonalizzazione.
Nonostante il distacco “ogge vo” del narratore dalla storia di Malpelo trapela la profonda simpa a e considerazione
di Verga per gli umili, per i perseguita e reie che le circostanze della vita rendono stoici nel sopportare la
so erenza e le angherie ma anche malvagi, cinici e violen .

IL CICLO DEI VINTI


Verga si ispira al modello di Zola per scrivere una serie di romanzi che dovevano dare un quadro completo della
società italiana del momento, quasi solo siciliana. Inizialmente dovevano essere 5: i Malavoglia(stato sociale più
basso, pescatori);Mastro don Gesualdo(classe borghese);Duchessa di Leyra; L’onorevole Scipioni; L’uomo di lusso
(classe intelle uale)
Perché lo chiama ciclo dei vin ? Lo spiega nella prefazione dei malavoglia dove parla del progresso che arriva nella
storia e se inizialmente è visto da lontano e poi da vicino porta al miglioramento della società, ma se lo si guarda
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a entamente ci si rende conto che ci sono dei vin , scon (persone di ogni classe sociale che rimangono schiacciate
dal progresso). Verga da un quadro della società italiana so ermandosi sui vin , danneggia dal progresso. La
prefazione e uno dei pochi tes teorici che sono rimas e dove si capisce il suo pensiero.
Cosa porta al progresso umano? Il cara ere di voler cambiare la propria condizione di miglioramento e dice che parte
dalle classi basse perché questo a eggiamento che cerca è più semplice da rappresentare perché si basa sulla ricerca
dei beni materiali. Forse è per questo che interrompe i romanzi successivi, il linguaggio era più di cile.
Egli fa una considerazione, dice che il meccanismo diventa sempre più complicato nelle classi superiori, sembra che
indossino una maschera quindi è più di cile capire i loro pensieri e i loro desideri perché sembrano falsi. Per questo
e di cile scrivere i romanzi successivi, forma e contenuto devono essere coeren in base al loro linguaggio.
Da lontano il progresso può sembrare posi vo, forse perché la nalità è il bene colle vo, con a enzione si notano
egoismi e cose che cara erizzano gli uomini che hanno cercato di o enere il progresso. Non ci sono scon contro i
vincitori d’oggi, tu saranno dei vin .
Gli a eggiamen nega vi sono gius ca dalla nalità maggiore del progresso. L’osservatore ha il diri o di
interessarsi ai deboli ma non di giudicare; guarda i fa da un punto di vista ogge vo a rappresentare la realtà com’è.
La lo a per l’esistenza è in uenzata dalla teoria della sopravvivenza di Darwin. Ci furono studi che riportano sue
teorie in sociologia: società come posto dove in natura c’è la lo a per la sopravvivenza.

I MALAVOGLIA
Il primo romanzo del ciclo è “I Malavoglia”, la storia di una famiglia di pescatori siciliani, chiama Malavoglia perché
nell’uso popolare i soprannomi sono spesso il contrario delle qualità di chi li porta. Il giovane ‘Ntoni, deve par re per
il servizio militare; la famiglia, privata delle sue braccia, si trova in di coltà dovendo pagare un lavorante. A ciò si
aggiunge una ca va annata per la pesca e il fa o che la glia maggiore Mena abbia bisogno della dote per sposarsi.
Padrone ‘Ntoni pensa di intraprendere allora un piccolo commercio: compra dall’usuraio zio croci sso un carico di
lupini, per rivenderli in un porto vicino. Ma la barca naufraga e nella tempesta e il carico va perduto. I Malavoglia si
trovano così davan ad un debito da pagare e comuni in ci à comincia una lunga serie di sventure, che disgregano il
nucleo familiare. ‘Ntoni ha conosciuto la vita delle grandi ci à e non si ada a più ad una vita di dure fa che, quindi
comincia a frequentare l’osteria e le ca ve compagnie ed è coinvolto nel contrabbando e, sorpreso, nisce per dare
una coltellata alla guardia doganale. Al processo ‘Ntoni o ene una condanna mite, ma Lia fugge dal paese, ormai
disonorata perché corteggiata da Don Michele, e nisce in una casa di mala are in ci à. A causa del disonore caduto
sulla famiglia, Mena si non può più sposare. Il vecchio padrone ‘Ntoni va a morire all’ospedale. L’ul mo glio, Alessi,
riesce a risca are la casa, con nuando il mes ere del nonno. ‘Ntoni, uscito di prigione, si rende conto di non poter
più restare e si allontana per sempre.
- L’azione del romanzo ha inizio all’indomani dell’Unità e me e in luce come la storia e la modernità si presen no
innanzitu o con la coscrizione obbligatoria che so rae braccia al lavoro; a ciò si aggiungono poi le tasse e la crisi
della pesca. I Malavoglia sono quindi costre a diventare negozian e di conseguenza subiscono un processo di
declassazione.
- Il personaggio in cui essenzialmente si incarnano le forze disgregatrici della modernità è il giovane ‘Ntoni, uscito
dall’universo chiuso del paese e venuto a conta o con la realtà moderna. Emblema co è il suo con i o con il
nonno che rappresenta, invece, lo spirito tradizionalista. So o l’azione di tu e queste forze innovatrici, la famiglia,
roccaforte del tradizionalismo, si disgrega. Il romanzo si chiude con la partenza di ‘Ntoni dal villaggio: questo è un
nale importante in quanto il personaggio inquieto, che aveva messo in crisi il sistema, se ne distacca per sempre.
- Lo scri ore verista e pessimista sa bene che il mondo rurale mi zzato non sta scomparendo, ma che non è mai
esis to. Per quanto riguarda l’idealizzazione dei personaggi, Verga non sa ancora rinunciare del tu o a cer la
valori, che egli proie a in alcuni personaggi privilegia , ritagliando arbitrariamente una zona franca immune dalle
feroci tensioni del paesaggio desolato della lo a per la vita; dall’altro sa bene che quei valori sono puramente ideali
e rappresenta l’ambiente del villaggio nei suoi aspe più crudi.
- I Malavoglia è un romanzo corale, amente popolato di personaggi: da un lato si collocano i Malavoglia, con
alcuni personaggi a loro collega , cara erizza dalla fedeltà ai valori puri; dall’altro la comunità del paese,
pe egola, cinica, mossa solo dall’interesse. Questo gioco di pun di vista ha una funzione importan ssima: l'o ca
del paese ha il compito di straniare sistema camente i valori ideali propos dei Malavoglia, hanno solo interesse
economico . I Malavoglia, invece, hanno ancora dei valori. Ques valori sono fallimentari (lo dimostra la
conclusione). La loro visione è presentata come strana da parte degli altri anche se per noi potrebbe essere
normale.
- Padron Ntoni era il “patriarca”, sapeva mol proverbi simbolo della saggezza popolare, Bas anazzo de nito
“ grande e grosso”, La Longa (Maruzza) era la buona massaia e poi seguivano i gli: ‘Ntoni che si ribellerà ai des no
dei vin , Luca più giudizioso, Mena che lavorava e tesseva sempre tanto da essere soprannominata “Sant’Agata”,
Alessi che rappresenta la ducia nel futuro ed in ne la piccola Lia.
- DICEMBRE 1863: leva militare —> evento legato all’Unità d’Italia= modernizzazione. Tony deve par re ma
Bas anazzo non è contento perché ha paura dell’allontanamento di Ntoni e poi mancherebbero due braccia.
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Bas anazzo chiede a Don Silvestro se può non farlo par re con una scusa, dicendo che aveva qualche dife o. Gli fa
la visita ma trovano che è in perfe e condizioni e quindi lo prendono subito e quindi deve par re. La madre,
Bas anazzo e Padron Ntoni sono preoccupa . Si parla poi della partenza e e va. Va nell’alloggio militare e poi
par rà per Napoli. Si vede l’a e o di Padron Toni nei confron della nuora. Viene presentata Zuppidda, donna
pe egola e credule, dice che Sara era lì perché aveva una sorta di relazione con Ntoni.

Nucleo famigliare in parte ricomposto, dopo che Alessi ha ripreso la casa e si è sposato con una donna, Nunziata.
sembra che ricomincia l’opera lasciata dopo la morte del nonno. Ul mo pezzo si narra dell'arrivo e partenza di Tony,
che non acce a più quella vita.

“La conclusione del romanzo: l’addio al mondo pre-moderno” PP.254


Dopo la coltellata inferta alla guardia doganale, ‘Ntoni viene condannato e subisce anni di carcere. Il nonno, distru o
dalle sventure, muore all’ospedale. Ma il nipote più giovane, Alessi, con la sua tenacia riesce a ricomprare la casa del
nespolo.

v-1-29: padron Ntoni volevo che Mena si sposasse. Lei ha pretendente ma ri uta perché è stata disonorata. Primo
perché Tony aveva accoltellato uno? e aveva disonorato la famiglia, me endo Lia in imbarazzo. Così Lia se ne va dal
villaggio e va a Napoli. così anche Mena si sente disonorata e se si desse in sposa ci sarebbero dei pregiudizi, così non
sposa Al o anche se voleva sposarlo, si era a ezionata. è contenta di crescere gli della nunziata.

v 30-45: padron Ntoni era in ospedale in la in un le o e i ragazzi lo andarono a trovare, quasi non credeva che
fossero lì a trovarlo, li toccava per vedere se erano loro. gli dissero che avevano ripreso la casa e lo avrebbero
riportato li. Lui disse di sì con gli occhi perché non riusciva a parlare, ma quando andarono a prenderlo lui non c’era
più. c'è so erenza per morte del nonno e delusione perché volevano portarlo a casa. straziante ricordo del nonno da
solo lì all'ospedale.

v 46-86: arriva Ntoni e gli danno da mangiare ma non sanno come parlargli, si vedeva che era cambiato, ci à e leva lo
avevano cambiato. Ntoni fa di nuovo per andarsene dopo aver mangiato e si vede che mena e Alessi sono dispiaciu ,
gli chiedono dove va e lui dice che non lo sa. era lì per vederli, ma andrà lontano dove non lo conoscono, non può
restare lì perché tu sanno cosa ha fa o, il crimine e aveva anche subito la pena. c’era codice d’onore? se
uccidevano per gli o ?, la pena era rido a perché era un omicidio per mo vi d’onore. lui ha conosciuto la ci à e
luoghi fuori dalla ci à. non riesce più a vivere come voleva il nonno e so re per la sua morte. sarebbe stato un male
se fosse rimasto. chiede del nonno e di Lia. nonno non sa che è morto in ospedale, ma Lia non è morta. poi dice che
deve andarsene.

v 87- ne: si conclude con punto di vista di Ntoni. egli prova nostalgia e malinconia per il passato. gli sembrano tu e
belle quelle giornate che passava con la famiglia, prima quando era ancora al villaggio voleva andare in contro alla
modernità, ma ora le chiacchiere gli sembrano piacevoli, prima no. ma deve comunque andare. Tony è cambiato da
inizio. prima era un ragazzo ribelle che voleva conoscere la ci à e avere nuove esperienze. Alla ne tu e sventure e
esperienze con entrata del progresso è un uomo più consapevole che però non può più restare nel villaggio. L'ul ma
parte so olinea che li le persone fanno tu i giorni le stesse cose. vede alba e dice che poi le persone del villaggio
avrebbero iniziato a lavorare. la vita dei pescatori è ripe va. non riesce più a entrare in quel ritmo, non è più suo.
punto di vista di Tony nell’ul ma parte. vis i luoghi tramite i suoi occhi. c’è rappresentazione del mare che brontola e
sembra rispecchiare inquietudine di Ntoni, dell’uomo che vuole sempre qualcosa di più nella vita, che cerca di
migliorare la sua posizione, con la lo a alla sopravvivenza.

LE NOVELLE RUSTICANE
Nel 1883 escono le Novelle rus cane che propongono personaggi e ambien siciliani più duri e pessimis , che
portano al dominio esclusivo dei mo vi economici che so ocano, assieme alla fame e alla miseria, qualsiasi
sen mento umano.

“La roba” PP.264


Racconta la storia di un uomo che apparteneva a classe bassa e poi ha accumulato la roba, ed era diventato il più
grande proprietario terriero della zona. Tema ca: religione della roba. Mazzano è a accato al possedimento
materiale della roba, che rappresenta il suo mondo e non se ne riesce a staccare neanche alla morte. Sta facendo
cri ca l'a eggiamento morboso alla roba. A eggiamento simile. A mastro don Gesualdo.
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V. 1-30: prima parte sono elenca i paesi, località Sicilia, presenta un viandante trasportato su un carro a raverso i
paesi e nel mentre si chiede di chi siano i possedimen , campi, fa orie. Sempre gli viene risposto che sono di
Mazzarò. Già dal principio ci sono similitudini, iperboli per descrivere i suoi possedimen (riga 8, 15,23-25) indicano e
so olinea l’estensione dei suoi possedimen e la sorpresa del viandante che in sonnolenza per il caldo durante il
viaggio si rende conto che i terreni, tu , appartengono a Mazzarò. Immagine nale di Mazzarò che sembra disteso
su tu a la terra, il viandante ha l’impressione di camminare sul corpo di Mazzarò. Ul me righe c’è cambio di punto di
vista. Il 1 è quello del viandante che vede i possedimen e ne è sorpreso. Poi cambia e si ha quello del le ghiere che
conosce Mazzarò e lo de nisce come un omicia olo, che aveva grasso solo la pancia anche se mangiava pochissimo.
È de nito in modo un po’ dispregia vo e spende pochissimo per sé anche se era ricco. Le ghiere apprezza
l’intelligenza di Mazzarò. Situazione iniziale crea senso di a esa davan alla presentazione del personaggio.

V. 31-62: Mazzarò aveva lavorato, fa stato contadino e a forza di lavorare e risparmiare era diventato arricchito, no a
diventare più ricco rispe o ai suoi padroni di una volta. Nonostante l’elevamento della classe sociale porta ancora il
berre o che è simbolo delle classi più basse, addiri ura a me ere quello di feltro che costava meno di quello di seta.
Risparmia e per sé non spende nulla. Non ha nessun vizio, ne beve, ne fuma, e gioca, né donne. Una sola donna
ovvero la madre che era costata per il funerale(dopo riga 30 punto di vista di Mazzarò alternato a quello dei
compaesani) si lamenta del costo del funerale della madre, e qui si vede l’a accamento alla roba, che per lui è
normale anche se a noi sembra esagerato. Lui sa che vuol dire lavorare sulla roba e per questo è arrivato a curarla
meglio. Mol iperboli (44, 60) che indicano l’esagerazione.

V. 63-94: Verga usa il linguaggio della classe sociale, ma i contadini siciliani non parlavano italiano a ne 800, ma il
diale o. Nonostante ciò lui non usa il diale o ma solo il livello del linguaggio perché sennò le nalità dell’opera
sarebbero state compromesse, non sarebbero arrivate ad un pubblico vasto, solo a chi capiva il diale o siciliano.
Paragone tra mazzarò e an co barone dei terreni. Lui cri ca il barone che non ha saputo mantenere la sua roba.

V. 95-117: di erenza tra i due che il barone si comportava come nobile, quasi re e quando controllava i lavori voleva
essere annunciato, diceva quando e come arrivava. Mazzarò lo considera minchione, stupido, perchè i suoi lavoratori
si me evano a lavoro in quel momento e poi non facevano nulla, Mazzarò invece va a fare i controlli all’improvviso e
può ges re la sua roba. Con sto a eggiamento il barone perde tu possedimen ma non lo scudo di pietra sul
portone, ovvero il simbolo della casata nobiliare del barone, la nobiltà. Lui non potrà o enerla ma neanche gli
interessa perché non ha u lità. Mazzarò fa scalata sociale ma la mentalità resta quella di un tempo.

V. 118-143: c’è punto di vista suo in cer pun più accentuato. Lui non porta mai i soldi con sé, non gli interessano i
soldi, ma la roba, infa appena aveva tot soldi comprava terreno e se non volevano vendergliela usava stratagemmi
per convincerlo. Il suo ne è avere tanta terra quanta ne ha il re.

V. 144- ne: discorso indire o libero. Lui ormai è invecchiato ma non acce a che morendo la sua roba non potrà
seguirlo. La conclusione presenta il fa o che a lui solo gli interessa che non può portarsela dietro.
Questo personaggio ha qualcosa di eroico, il fa o che sia riuscito ad arricchirsi in poco tempo, è determinato, però è
fallimentare, non comprende neanche il fa o che la vita è più importante della roba. È un personaggio che riprende
in mastro don Gesualdo. Un eroe fallimentare, nella novella ne presenta il suo punto di vista e sembra condivida il
pensiero della roba, ma in realtà lo condanna, sopra u o alla ne.

DIFFERENZA MASTRO DON GESUALDO E MALAVOGLIA


1. Il punto di vista è cambiato, perché non più pescatori siciliani, ma innalzato perché di un borghese arricchito. È
anche più complesso perché come aveva de o in prefazione, perché la descrizione e le classi più alte è più
di cile, le persone sono meno dire e e sembra abbiano una maschera.
2. Prima si parlava di romanzo bipolare: da pa e i malavoglia e altra i compaesani. In mastro ce ne è solo uno,
quello del protagonista, e si presenta con discorso indire o libero, come in “la roba”.

Perché scon o? Perché se da una parte, come in Mazzarò, sembra che Verga ammiri la determinazione, sacri care
tu o per la roba, da un'altra parte è un eroe fallimentare, perché Mastro è disposto a vendere l’anima per la roba.
De nito eroe faus ano. Sacri ca tu o in nome della roba. In realtà sembra essere una persona buona, bisognosa di
a e . Fine romanzo che sta per morire, si rende conto delle mancanze. Mazzarò no, sembra inconsapevole, mastro
sembra più consapevole che l’accumulo lo ha portato a morire solo so o lo sguardo sprezzante di un servo. Moglie
morta e lo disprezzava, glia anche, e non lo vede come vero padre, tu lo disprezzano e muore solo. Accumulo
della roba non lo ha portato da nessuna parte. Ri uta che l’amore di Diodata, amore della gioventù, per sposarsi con
Bianca Trao perché può dargli un tolo nobiliare. Nel personaggio ci sono due aspe oppos , la roba vs gli a e . La
conclusione è indica va del pensiero di Verga. Come in caso di Mazzarò c’è cri ca di questo a accamento alla roba
che lo ha portato alla rovina.
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MASTRO-DON GESUALDO
È il secondo romanzo del Ciclo dei Vin . È inizio ‘800, in Sicilia dove l’ambiente è quello dell’Italia prima dell’unità. Il
protagonista è mastro-don Gesualdo, nome di un muratore che con determinazione riesce a costruirsi una fortuna e
a diventare Don, ovvero un nobile (grazie al suo matrimonio con una donna nobile che non lo ama, Bianca Trao).
Prima di sposarsi amava sinceramente una donna con la quale ha anche avuto dei gli però subordina queste virtù
alla logica del pro o. La madre e la glia lo disprezzano perché ha conservato le cara eris che rozza piche della
sua classe sociale di nascita. Gesualdo è anche disprezzato dalla sua propria famiglia in quanto, ad esempio, il padre
era geloso dei suoi averi. La glioccia, Isabella, si è innamorata di un cugino povero, ma Gesualdo vorrebbe che lei si
sistemasse per bene e così organizza un matrimonio con il duca di Leyra. Tu s avvenimen portano Gesualdo alla
mala a, al cancro e per questo verrà ospitato dalla glia e dal genero nella loro villa per essere curato ma di fa o
entrambi lo trascurano abbastanza. Ciò che fa so rire di più Gesualdo è il fa o che loro spendono le loro ricchezze
senza rendersi conto della fa ca che lui ha fa o per accumulare tu a quella roba.
Il romanzo termina con la morte di Gesualdo di fronte allo sguardo sprezzante di un servo.

“La morte di mastro-don Gesualdo” PP.294


Considerato un eroe Faus no, perché è come se avesse venduto la sua anima per salire di classe sociale. In questa
scena usa tecniche le erarie ad e e o.

1-9: tu o presentato da sguardo di Gesualdo. Vede ruga della glia, fra le ciglia, ma non di che che era tra gli occhi, la
glia non si con da con lei, è visto dal punto di vista di lui, mentre un narratore onnisciente lo avrebbe spiegato. Però
si può immaginare la preoccupazione della glia, lui l’aveva obbligata a sposarsi col duca mentre lei amava un cugino
povero, con cui aveva avuto in glio, relazione interro a dal padre per sposare il duca, ma lei è insoddisfa a. È
considerata amorevole e presuntuosa, ma lei lo tra a come se fosse uno straniero, non ha proprio un a eggiamento
crudele, ma non riesce ad essere totalmente a e uosa con lui, non lo acce a no in fondo. Prova certo po di
a e o, ma non lo acce a completamente, mentre lui vorrebbe che lei si con dasse.

10-46: lui è da solo, guarda fuori dalla nestra e vede i servi. Si accorge che non lavorano con fa ca per la glia e
marito, quando possono cercano di chiacchierare, non gli importa il rendimento della tenuta, ma solo quando passa
il duca tu si me ono al lavoro, perchè sono controlla , per il resto fanno come vogliono. = la roba
Mastro so re nel vedere che i servi non gli interessano mentre lui ha lavorato tanto e ha fa cato per avere tu a sta
roba. La duchessa e duca non hanno sto interesse neanche, hanno valori diversi della vita. Tu o è ltrato
ATTRAVERSO IL SUO PUNTO DI VISTA. (32)
Prima parte so olinea tu i sacri ci che aveva fa o: sen mento di condanna, ma poi anche compassione per lui
perché comprendiamo i sacri ci che ha fa o.

46-68: discorso indire o libero (57).


Prima di morire vuole parlare con la glia
69-127: dialogo tra lui e glia. Giravano voci che lei fosse glia illegi ma, ma lui non vuole crederci anche se non
vede somiglianza, dato che lei aveva il cara ere dei Trao e lui dei Mo a. Pensa di lasciare qualcosa ai gli illegi mi e
voleva dirlo alla glia, ma vede nei suoi occhi il suo segreto, il glio con il cugino. La loro incapacità di comunicare
sembra appartenere a queste due famiglie diverse. Dialogo in cui mastro vuole che la glia si occupi della sua roba.

128- ne: cambio di narrazione, ci sono più personaggi e dialoghi. Il punto di vista diventa quello del servitore,
quando Gesualdo sta malissimo e sta per morire. Si ha punto di vista di un cameriere che si comporta con
indi erenze e crudeltà. Gesualdo chiama la glia e il servo dice di sì, ma se ne torna a dormire. Quando capisce che è
davvero morto si rende conto che non deve tornare a dormire, ma comunque non da importanza alla sua morte.
Apre la nestra a e fuma, lo stalliere gli parla e il servo gli dice che è morto, arrivano tu i servi nella stanza ma tu
lo disprezzano, perché lui non li lasciava stare, li faceva lavorare sempre, mentre i nobili non si preoccupano.
Riconoscono che lui non era nobile ma lo disprezzano perché non è davvero nobile, quindi non era necessario
servirlo. Cambio di punto di vista me e in luce il fallimento di Gesualdo. Verga non usa più il suo punto di vista come
se avesse perso importanza la sua visione della realtà. È morto da solo, senza a e o dei famigliari, so o lo sguardo
sprezzante di un servo a cui non importava di lui, anzi era felice.
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