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CORSO DI INTRODUZIONE ALLA

BIBBIA
ISTF 02 – 6 CFU

PROF. DON MICHELE MARCATO

Appunti di integrazione al manuale di riferimento


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INTRODUZIONE GENERALE ALLA SACRA SCRITTURA
Hai divelto una vite dall’Egitto,
per trapiantarla hai espulso i popoli.
Le hai preparato il terreno,
hai affondato le sue radici e ha riempito
la terra.
La sua ombra copriva le
montagne e i suoi rami i più alti
cedri.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare
e arrivavano al fiume i suoi germogli.
Sal 80,9-10

ELEMENTI DI INTRODUZIONE GENERALE ALLA BIBBIA

Questa sparte del corso si suddivide in tre parti: 1) Il canone della Bibbia;
2) l'ispirazione della Bibbia; 3) l'interpretazione della.
Per canone si intende la lista ufficiale, la raccolta normativa dei libri biblici.
Ma perché questi libri e non altri, pur magari interessanti ed edificanti? Cos'è che
tiene uniti testi letterari così differenti tra loro quanto al contenuto e allo stile
(cf. i testi narrativi di Esodo, quelli poetici dei Salmi e del Cantico, quelli epistolari
del Corpus Paolinum e quelli visionari come il libro di Daniele e dell'Apocalisse)? Si
parla infatti sia di "Bibbia", insistendo sulla pluralità (= i libri, ta biblia, ta. bibli,a),
sia di "Sacra Scrittura", intendendo un'unità letteraria unica.
Per ispirazione invece si intende il processo che garantisce l'origine divina di
uno scritto redatto da autori umani; in altre parole si tratta di comprendere perché
la Sacra Scrittura è, nello stesso tempo, parola di uomini, scritta da persone in
carne ed ossa nel pieno possesso delle loro facoltà, ma anche Parola di Dio,
ossia ha come Autore Dio stesso.
L’ultima parte, riguardante l'interpretazione, ha come obiettivo quello di
mostrare le modalità di comprensione di un testo molto lontano dal linguaggio
e dalla cultura contemporanei. Risponde alla domanda: come capire un testo
biblico? Quali sono i metodi per intendere e non fraintendere un brano, un
capitolo, un'intera opera biblica? Qui il problema è più a carattere ermeneutico.
Come si può notare da queste osservazioni preliminari il corso presenta
un'identità ricca e articolata, dal momento che toccano questioni esegetiche,
teologiche ed ermeneutiche . 1

1. LA COLLEZIONE DELLE SACRE SCRITTURE: IL CANONE

1.1 LA BIBBIA LIBRO DELLA FEDE


La Chiesa esprime e trasmette la sua fede attraverso molti modi, e soprattutto
attraverso svariate forme della parola: anche i simboli, i gesti liturgici e la
testimonianza della vita hanno bisogno di parole che li spieghino e, se necessario,
diano loro evidenza. Questo primato della parola è un fenomeno umano

3
1 In questa parte si seguono grosso modo le riflessioni di CITRINI T., Identità della bibbia, Brescia 1982.

4
consueto ed è altrettanto normale che una fede universale abbia l'intenzione di
attraversare i secoli affidandosi non solo alle forme della parola parlata (più
viva, più immediata, più intensa) ma anche a quelle della parola scritta (più
rigida, fissata una volta per sempre, ma anche più capace di diffusione e di
durata).
Più originale, invece, è l'autorità che la fede cristiana riconosce a quello scritto
(o insieme di scritti) che chiamiamo Bibbia. Alle parole che esprimono la fede e
ai documenti che le riportano viene riconosciuto un valore diversissimo; ma tra
essi la Bibbia è senza pari, ha un'autorità nel suo genere assoluta. Tanto è vero
che viene anche indicata come «la Scrittura» (anche senza l'aggettivo
«sacra»). Il termine teologico tecnico per esprimere l'autorità della Bibbia circa
la fede e la sua trasmissione è canonicità ("canone" indica la misura, la regola).
Prima di addentrarci nei problemi relativi al canone, può essere utile
un'annotazione: la canonicità della Bibbia è un dato "indisponibile". La Chiesa
la riconosce, l'accoglie, ma non la saprebbe creare, né abrogare, né estendere,
né limitare: la Chiesa non ne può disporre arbitrariamente. È un dato, dunque,
di cui non può liberamente disporre, non è "disponibile". Indubbiamente il popolo
di Dio e la tradizione della sua fede, come anche i suoi pastori e maestri, hanno
una funzione attiva, responsabile e necessaria nel discernimento e nella
dichiaazione del canone biblico.
Questa rivelazione soprannaturale, secondo la fede della chiesa universale,
proclamata dal santo concilio di Trento, è contenuta «nei libri scritti e nella
tradizione non scritta che, ricevuta dagli apostoli dalla bocca dello stesso Cristo, o
trasmessa quasi di mano in mano dagli stessi apostoli, per ispirazione dello Spirito
Santo, è giunta fino a noi. Questi libri dell'Antico e del Nuovo Testamento, nella
loro interezza, con tutte le loro parti, così come sono elencati nel decreto di
questo concilio e come si trovano nell'antica edizione latina della Volgata,
devono essere accettati come sacri e canonici. La chiesa li considera tali non
perché, composti per opera dell'uomo, sono stati poi approvati dalla sua
autorità, e neppure soltanto perché contengono senza errore la rivelazione; ma
perché, scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come
tali sono stati trasmessi alla chiesa» .
2

Spiegando perché la Chiesa ritiene «sacri e canonici» gli scritti dell'Antico e del
Nuovo Testamento, il concilio Vaticano I ha esplicitamente escluso l'ipotesi che
essi risultino tali perché «approvati successivamente dalla sua [della Chiesa]
autorità, essendo stati composti per sola opera umana». Anzi, aggiunge che
«come tali [cioè sacri e canonici] alla Chiesa stessa sono stati trasmessi,
consegnati (traditi sunt)». In altre parole la Chiesa non fa che accogliere la
canonicità della Bibbia. Con questo non si vuol escludere un ruolo "attivo" della
Chiesa nei confronti del canone, ma vedremo in che senso. Se dunque
possiamo parlare di una trasmissione della Bibbia come canonica non solo nella
Chiesa ma alla Chiesa, ecco che l'esame storico delle origini di questa tradizione
alla ricerca di questa «consegna» si fa particolarmente interessante.

5
2 Concilio Vaticano I, Constitutio dogmatica Dei Filius de fide catholica, II.

6
Non solo la canonicità della Bibbia si presenta come un dato che ci precede,
ma anche il canone della Bibbia, cioè l'elenco, il catalogo degli scritti che la
compongono "viene prima". Tra canone e canonicità, del resto, vi è
necessariamente una connessione molto stretta. Prima di riprendere il
cammino proviamo a darne una definizione sintetica: Il canone indica la lista
ufficiale di quei libri che la Chiesa ufficialmente accoglie e riconosce come
facenti parte della sua fondazione a comunità di fede; ma in quanto canonici,
quei libri servono come norma profetica e apostolica di ciò che è proprio e
legittimo nella trasmissione della verità rivelata e nella strutturazione della vita
cristiana .
3

In altre parole col termine canone s'intende l'elenco dei libri riconosciuti
autorevoli e fondamentali per delineare l'identità di fede della comunità che li
utilizza; tale lista chiusa definisce la collezione di libri (Bibbia) che esercita nei
confronti della comunità un'autorità vincolante in materia di dottrina (fede) e di
comportamento (morale).
Noi siamo abituati alla determinatezza del canone e in questa abitudine si
traduce la coscienza della fede. Il Concilio di Trento, l'8 aprile 1546 nel decreto De
canonicis Scripturibus, ci offre un elenco di 73 libri (46 dell'AT e 27 del NT) . Ma il
4 5

Concilio tridentino rinvia oltre se stesso, rifacendosi alla tradizione precedente.


Infatti, non ci fu sempre pieno accordo attorno alla lista canonica dei libri biblici:
ci furono ampie e lunghe discussioni al riguardo, oppure prassi differenti nelle
varie comunità. Infatti, la definizione di Trento è stata preceduta da molti
provvedimenti da parte delle autorità ecclesiastiche, i primi dei quali risalgono al IV
secolo, dopo che il cristianesimo divenne religione ufficiale dell'impero. Alcuni
concili locali hanno deliberato circa il canone delle Scritture, specialmente in
Africa del Nord (concili di Ippona nel 393 e di Cartagine nel 397 e 419).
La dichiarazione di Trento arriva, dunque, alla fine di un lungo processo, del
quale è importante e utile ripercorrere la storia. È bello e non del tutto
infondato ipotizzare che le origini della Bibbia si radichino nell'eternità stessa di
Dio, ma nella storia c'è stato un tempo in cui questi libri non esistevano, e
nemmeno il loro canone. Inoltre non sono apparsi tutti insieme
contemporaneamente come frutto di un unico "progetto editoriale". Piuttosto
vanno considerati come il risultato di un lungo e complesso procedimento che si
dispiega nella storia. Se questo vale per la formazione dei libri biblici, lo stesso vale
per il precisarsi della loro lista canonica. In altre parole, la fissità del canone non
sta "all'inizio" della storia dei libri biblici, ma "alla fine", come il risultato maturo
di un delicato e controverso processo di presa di coscienza circa i libri normativi
per la fede.
La storia del canone, dunque, è propriamente la storia della collezione degli
scritti biblici, e come tale ha una sua originalità, che va riconosciuta, anche se
è difficile ricostruirla, non solo per la scarsità della documentazione, ma
anche
3 MANNUCCI V., "Il canone delle Scritture", Introduzione generale alla Bibbia (Logos 1) 381.
4 Più precisamente dice 45, poiché il libro delle Lamentazioni era considerato come parte del
libro del profeta Geremia.
7
5 Vengono detti "libri" ma non tutti si presentano come tali; in realtà assieme a veri e propri libri (ad
es.
Genesi, Esodo, i Vangeli) ci sono pure delle "lettere" (ad es. Corpus paolinum) e dei semplici
"biglietti" (Abd, Fm, 2 Gv, 3 Gv, Gd).

8
perché essa è intrecciata con la storia della formazione degli scritti stessi e
della coscienza della loro canonicità. Proviamo, allora, a disegnare il quadro di
questa problematica, ripercorrendone le tappe salienti.

1.2 LA STORIA DELLA FORMAZIONE DEL CANONE DELL'AT6


Il canone ebraico contiene ovviamente solo quello che per i cristiani si
chiama
«Antico Testamento» e che gli ebrei chiamano Tanak, acronimo formato dalle
prime sillabe di tre parole ebraiche che designano le tre parti del la Bibbia:
Torā («Legge»), Nebî’îm («Profeti») e Ketūbîm («Scritti»). Questo canone è anche il
più breve perché contiene solo i libri scritti o in ebraico o parzialmente in
aramaico (esclude i testi scritti in lingua greca) e dispone i libri in un ordine
diverso da quello dei canoni cristiani. Il canone dei protestanti è più breve del
canone cattolico, poiché contiene solo i libri del canone ebraico (in forza della
hebraica veritas). Quindi l'AT dei protestanti è identico a quello degli ebrei, anche
se l'ordine dei libri è diverso.
Risulta estremamente arduo stabilire quali siano i libri o gli scritti più antichi
della Bibbia ebraica. Gli esegeti discutono molto circa la datazione dei testi,
perché non ci sono criteri perfettamente sicuri per questa operazione; si ricorre,
infatti, a criteri linguistici, al tipo di argomento trattato, alle idee tipiche di alcune
epoche o a riferimenti ad eventi contemporanei. Per quanto riguarda quest'ultimo
criterio, il riferimento, cioè, ai fatti contemporanei, riscontrabili anche in fonti
extrabibliche, si cita un testo del profeta Amos in cui si ricorda un «terremoto»
(Am 1,1), che gli specialisti datano verso il 760 a.C. Le profezie di Amos
sarebbero state pronunziate
«due anni prima del terremoto» (cf. Am 9,1; Zc 14,5). D'altra parte, il
problema della datazione dei libri biblici si complica perché essi furono rielaborati
più volte in diverse epoche. Infatti, il testo di cui disponiamo oggi non è il testo
originale, il quale invece ha subito successive riedizioni, ritocchi, aggiunte
attualizzanti più tardive. Comunque secondo gli studi più recenti si pensa che la
stesura delle parti più antiche della Bibbia ebraica risalgano ad un'epoca
collocabile tra la seconda parte del IX secolo e l'inizio dell'VIII, quando si
presentano in Israele le condizioni economiche e culturali necessarie per la
comparsa e lo sviluppo di una cultura della scrittura. Per le epoche precedenti
non abbiamo alcun materiale epigrafico. Dunque siamo nell'epoca dei primi
«profeti scrittori», quali Amos e Osea.
Ma circa il nostro argomento: qual è la prima attestazione di un "elenco" di
libri? A partire da quando possiamo parlare di liste o raccolte di libri? Volutamente
si evita di utilizzare il termine tecnico canone, che designa una lista ufficiale,
ratificata dall'autorità competente e quindi ritenuta fissa, "chiusa", non più
aggiornabile e modificabile. Infatti, prima della formazione del
canone, compaiono delle raccolte di libri considerati come ispirati e autorevoli
per l'identità di Israele.

9
6 Questa rapida carrellata storica segue pedissequamente il contributo di S KA, J-L., "Formazione del
canone delle Scritture ebraiche e cristiane", Il libro sigillato e il libro aperto (Bologna 2005) 119-134.

1
1.2.1Il Siracide (180 a.C.)
La Bibbia ebraica esisteva prima dei manoscritti di Qumran, (redatti fra il
150
a.C. circa, data della fondazione della comunità, e il 68 d.C., data della sua
distruzione). Una delle prime attestazioni di una raccolta di libri sacri, si trova
nel prologo della traduzione greca del libro del Siracide (scritto verso il 180 a.C.), in
cui si menzionano tre parti della Bibbia: la Legge, i Profeti, e un terzo gruppo
non molto bene definito: «Molti e profondi insegnamenti ci sono dati nella Legge,
nei Profeti e negli altri Scritti (Ketūbîm) successivi e per essi si deve lodare Israele
come popolo istruito e sapiente… ». Questa terza parte corrisponde
probabilmente ai cosiddetti
«Scritti» della Bibbia ebraica (Salmi, Giobbe, Proverbi ecc.). La traduzione fu
fatta dopo il 138 a.C.

1.2.2Il Secondo libro dei Maccabei (160 a.C.)


Il secondo libro dei Maccabei, scritto verso il 160 a.C., contiene una
testimonianza importante: «Si descrivevano le stesse cose nei documenti e
nelle memorie di Neemia e come egli, fondata una biblioteca, curò la raccolta
dei libri dei re, dei profeti e di Davide e le lettere dei re intorno ai doni» (2Mac
2,13). Dunque, Neemia, avrebbe fondato una biblioteca che conteneva due tipi
di libri: cronache sui re e sui profeti, e testi legislativi sul culto, in particolare su
certi tipi di oblazioni da offrire nel tempio (stranamente non si fa cenno alcuno
alla legge di Mosè).
In 2Mac 15,9 è scritto che Giuda Maccabeo sosteneva gli ebrei «…
confortandoli così con le parole della legge e dei profeti e ricordando loro le
lotte che avevano già condotte a termine, li rese più coraggiosi». Si tratta,
dunque, di un'attestazione della divisione della Bibbia ebraica nelle due parti
più importanti (Legge e Profeti).

1.2.3I manoscritti del Mar Morto


A Qumran si sono rinvenuti frammenti e, in alcuni casi, rotoli pressoché interi,
di quasi tutti i libri del canone ebraico, tranne Ester. Quest'ultimo libro, che
nella versione ebraica è più breve rispetto a quella greca, è un testo profano in
cui non compare mai il nome di Dio, inoltre ha la funzione di legittimare la festa
dei Purim, corrispondente al nostro il carnevale ebraico (cf. Est 9,20-32).
Probabilmente la setta essena non era interessata a una tale celebrazione.
Oltre ai libri del canone ebraico, sono stati ritrovati anche frammenti del
libro del Siracide, della Lettera di Geremia e del libro di Tobia, scritti presenti nel
canone cristiano. Accanto ai libri biblici nella biblioteca di Qumran c'erano pure
libri non canonici, come i libri dei Giubilei e di Enoc, i Testamenti dei 12 patriarchi,
e diversi altri scritti della setta (ad esempio la Regola della comunità e la
Regola della guerra). Dunque a Qumran non si può parlare di un "canone
chiuso" nel senso stretto della parola.

1.2.4Il Nuovo Testamento

1
Nel NT sono davvero numerose le allusioni alla Scrittura, ma riguardano
quasi sempre la Legge e i Profeti. In un solo caso si presenta un'espressione
che si

1
riferisce alla Bibbia intesa come un insieme composto di tre parti. In Lc 24,44-
45, infatti, il Risorto dice ai discepoli: «Sono queste le parole che vi dicevo
quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di
me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente
all'intelligenza delle Scritture». Dunque Luca ci mostra la Bibbia ebraica
considerandola come un trittico di libri.
I Salmi, poi, vennero usati ben presto nella riflessione della primitiva comunità
cristiana per dimostrare l'appartenenza della passione, morte e risurrezione di
Cristo al disegno salvifico di Dio, rivelato nelle Scritture (anche se non è del
tutto sicuro che in quell'epoca si fosse già fissato il salterio "canonico" di
centocinquanta salmi così come lo conosciamo oggi).
Anche nel vangelo di Giovanni incontriamo un'altra attestazione del
carattere ispirato dei Salmi. In Gv 10,34 Gesù, rifacendosi al Sal 82,6 per
dimostrare la sua figliolanza divina, lo annovera tra i testi della Torā: «Non è forse
scritto nella vostra Legge: "Io ho detto: voi siete dèi" (Sal 82,6)? ». Per il quarto
vangelo, dunque, i Salmi vengono equiparati alla Legge, e di conseguenza
vengono riconosciuti come Scritture sacre.
Il NT, quindi, conosce una Bibbia composta dal Pentateuco, una serie di libri
profetici, il libro dei Salmi e diversi altri libri (gli Scritti). Ciononostante mai in
nessun passo neotestamentario viene fornita la lista precisa dei libri appartenenti a
queste tre categorie.
Nel testo del NT, d'altronde, compaiono numerose citazioni di libri canonici del
futuro canone ebraico, ma pure di libri deuterocanonici (assenti nel canone
ebraico e presenti nel canone greco) come Siracide, Sapienza, 1-2 Maccabei,
Tobia, e addirittura citazioni di scritti non canonici, considerati in quel tempo come
"autorevoli", come i Salmi di Salomone, 1-2 Esdra, 4 Maccabei (presenti nel
canone greco ma non riconosciuti poi nel canone cattolico) e l'Assunzione di
Mosè ed Enoc 7. Questa situazione sta a dimostrare che all'epoca della
redazione del NT il canone delle Scritture non sia ancora stato fissato: ci sono libri
conosciuti, l’autorevolezza dei quali non è in discussione, ma le frontiere fra libri
«canonici» e libri «non canonici» sono ancora abbastanza flessibili.

1.2.5I primi scritti ebraici


Fra i primi scrittori ebraici del I secolo d.C., quindi quasi contemporanei
degli apostoli, incontriamo il filosofo Filone di Alessandria (30 a.C.-50 d.C. ca.) e lo
storico Giuseppe Flavio (37 ca.-107 d.C. ca.). Il primo nel De vita contemplativa
3,25 parla di una Bibbia divisa in tre parti (Legge, parole profetiche, inni e altre
opere); il secondo nel Contro Apione 1,8 39-41 menziona cinque libri della Legge,
tredici libri profetici e quattro libri con inni a Dio e precetti per la vita umana (=
Salmi, Cantico, Proverbi ed Ecclesiaste). Anche gli studi successivi dei rabbini,
confluiti nel Talmud (IV secolo d.C.), discutono sulle diverse parti della Bibbia,
dando particolare risalto alla Legge e ai Profeti e dibattono sui libri da
ammettere nel canone. Quindi al

7 Nel NT non compaiono mai citazioni di: Giosuè, Giudici, 2 Re, 1-2 Cronache, Esdra, Neemia, Rut,

1
Cantico, Qoelet, Ester, Lamentazioni, Giuditta, Baruc, Abdia, Sofonia, Naum.

1
tempo del NT il canone non è del tutto stabilito e bisogna aspettare il III – IV secolo
d.C. per arrivare a decisioni chiare in merito. Il cristianesimo, quindi, non ha
ricevuto dall'ebraismo un canone già fissato.

1.2.6Il canone breve e quello lungo dell'AT


Se le discussioni sul canone all'interno dell'ebraismo si protraggono per
parecchio tempo, una situazione pressoché identica la si riscontra all'interno
del cristianesimo. Tra i padri infatti ritroviamo posizioni diverse. Alcuni, infatti,
preferivano il canone breve (ebraico) a quello più lungo, secondo la traduzione
greca dei Settanta (= LXX ). Fra i fautori del canone breve (ebraico), si trovano:
8

Melitone di Sardi (II sec.), Origene (185 ca.-254 ca.), Cirillo di Gerusalemme
(313/315-386), Atanasio (295-373), Gregorio di Nazianzo (330 ca.-390 ca.), Gregorio
di Nissa (335 ca.-395 ca.), Epifanio (315 ca.-403 ca.), Ruffino d’Aquileia (340 ca.-
410 ca.), Gerolamo (347 ca.-420 ca.), Gregorio Magno (540 ca.-604 ca.), Giovanni
Damasceno (fine del VII sec.-749 ca.), Ugo di San Vittore (morto a Parigi nel
1141), Nicola di Lira (1270/1275-1340) e il cardinale Caietano (1469-1534). Come
si può facilmente notare anche all'interno del cristianesimo sono convissute a
lungo posizioni differenti (la questione del canone non era stata definitivamente
risolta).

1.2.7 La formazione del canone ebraico «breve» e l'accademia


di Iamnia
Quando si parla della formazione del canone ebraico della Bibbia ci si
imbatte nell'accademia di Iamnia o persino nel cosiddetto «concilio di Iamnia».
Le teorie in merito però divergono. Di che cosa si tratta? Iamnia (Iabné) è
una piccola cittadina vicina all'attuale Tel Aviv, dove il rabbino Yohanan ben
Zakkai fondò un'accademia dopo la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C,
durante la quale il tempio, uno dei più importanti simboli dell'identità religiosa e
nazionale di Israele, venne distrutto per la seconda volta. Senza tempio e senza
città santa l'unico modo per mantenere intatta l'identità di Israele era la fedeltà
alla Torā. Il «libro» prese per così dire il posto del tempio . 9

Yohanan ben Zakkai da buon fariseo accettava fra i libri ispirati non solo la
Torā, ma anche i Profeti, e una serie di «scritti» . I farisei, contrariamente a
10

quanto si pensa, erano «progressisti», rivolti cioè verso il futuro, ed erano più
aperti di altri gruppi (i sadducei ad esempio erano più «conservatori» e legati al
culto). Per quanto riguarda il canone, i gruppo dei farisei asseriva accanto alla
«Legge scritta», l'esistenza di una «Legge orale», che risaliva allo stesso
Mosè e che

8 Il nome Settanta (LXX) proviene dalla Lettera di Aristea, che contiene un racconto
leggendario sull'origine della traduzione greca della Bibbia. Il re Tolomeo ad Alessandria
d'Egitto avrebbe chiesto a settanta traduttori di tradurre la Bibbia per la sua biblioteca. Essi
lavorarono, ciascuno per conto proprio, su tutto il testo biblico in settanta giorni, e produssero, con
stupore di tutti, settanta traduzioni perfettamente identiche.
9 Un detto rabbinico recita: «Quando gli ebrei non ebbero più l'edificio di pietra (Tempio)
celebrarono il culto nell'edificio di carta (Torā)».
10Tra le discussioni più accese c'era quella su quali fossero i testi che "sporcavano le mani" (=

1
sacri, per cui si rendeva necessaria la purificazione dopo il loro uso). Ad esempio non c'era
unanimità sul Cantico dei cantici, in cui manca il nome divino.

1
permetteva di adeguare la Legge scritta alle circostanze nuove. Probabilmente,
essi rintracciavano l'origine di questa tradizione orale nei Profeti e negli Scritti e per
questa ragione li consideravano come «ispirati». Spesso riguardo all'attività
dell'accademia si parla di un «concilio di Iamnia» che ebbe luogo, forse, verso il
90
d.C. Purtroppo le notizie su questo supposto «concilio» sono esigue . Gli ebrei, in
11

questo periodo perturbato dagli interventi armati dei romani, insistono molto sulla
centralità della Legge, tralasciando i libri apocalittici (che pullulavano in quel
tempo), perché "pericolosi", specialmente dopo le fallite ribellioni (del 66-70 e del
131-135 d.C). Accanto a questi motivi prettamente storici se ne ritrova un
altro, legato ai libri di Esdra e Neemia.
È abbastanza chiaro che gli ebrei vedono nei libri di Esdra e Neemia
un'anticipazione e una legittimazione della propria attività. Questi libri descrivono
la ricostruzione del tempio e della città di Gerusalemme. Esdra è uno «scriba
esperto nella legge di Mosè» (Esd 7,6) che torna dall'esilio portando la legge
del suo Dio con il compito, datogli dal re di Persia Artaserse, di farla rispettare dal
suo popolo (7,14). Con ogni probabilità, gli ebrei radunati nelle accademie di
Iamnia e altrove hanno visto in Esdra e nella sua missione una prefigurazione della
propria missione nei confronti del popolo d'Israele. Il resto della storia d'Israele
era molto meno interessante, e non aggiungeva niente a quello che era
considerato necessario per permettere al popolo d'Israele di sopravvivere. Il
canone così definito, almeno nelle sue grandi linee, iniziava con la Torà data
da Dio a Mosè e finiva con la proclamazione di questa Torà da parte di Esdra.
La scena della lettura pubblica della Torà da parte di Esdra in Ne 8 è una scena
che ha dovuto apparire fondamentale agli occhi degli ebrei dopo la distruzione
di Gerusalemme. In questa Legge, il popolo tornato dall’esilio aveva posto la
sua fiducia e la sua speranza. Anche dopo la seconda distruzione del tempio e
della città di Gerusalemme, gli ebrei erano chiamati a ricostruire la propria identità
sullo stesso fondamento . 12

L'unico libro posteriore ad Esdra che è entrato nel canone ebraico è quello
di Daniele, molto probabilmente perché i racconti sugli israeliti fedeli che
vengono perseguitati (cf. l'episodio dei tre giovanetti gettati nella fornace a
causa del loro rifiuto di prestare un atto di culto all'idolo: Dn 3) venne
percepito come un testo adatto alla situazione degli ebrei dopo la disfatta di
Gerusalemme (70 d. C.).
Ritornando al nostro tema si può affermare che una lista definitiva non c'è. «Le
frontiere del canone non sono ancora fissate in modo definitivo. Almeno non
abbiamo elementi certi per poter dire che il canone breve della Bibbia ebraica
sia stabilito prima del IV secolo d.C.» . 13

11 Sarebbe meglio evitare di parlare di «concilio» di Iamnia, perché le decisioni prese non
ebbero, in alcun modo, la forza decisionale dei decreti di un concilio simile a quelli celebrati
dalle Chiese cristiane.
12 SKA, J-L., "Formazione del canone delle Scritture ebraiche e cristiane", Il libro sigillato e il
libro aperto, 133.
1
13 SKA, J.-L., "Formazione del canone delle Scritture ebraiche e cristiane", Il libro sigillato e il
libro aperto, 134.

1
Per completare il quadro va ricordato che di fatto esitono differenti "liste"
circa il canone ebraico: il canone dei samaritani (composto dei soli libri
del Pentateuco, perché nei Profeti e negli Scritti si insiste sulla centralità di
Gerusalemme, tema assente nei primi cinque libri. Illoro culto infatti si teneva sul
Garizim); il canone dei sadducei (composto del solo Pentateuco, come quello
samaritano, ma il motivo della loro esclusione dei testi profetici è legato da una
parte al rifiuto della critica mossa dai profeti nei confronti del culto e dall'altra
alla loro diffidenza verso le speranze escatologiche presenti negli insegnamenti
profetici) e il canone degli esseni (di cui sopra).

1.2.8Origine del canone lungo dei cristiani


Per molto tempo si è ipotizzato che i cristiani avessero scelto il canone
lungo unicamente per il fatto che l'hanno mutuato dalla versione greca della
Bibbia di Alessandria (LXX). In realtà quest'ipotesi da sola si è mostrata
insufficiente, perché le scoperte di Qumran hanno dimostrato che alcuni libri
conosciuti ad Alessandria lo erano anche in Palestina, (ad esempio Tobia e
Siracide). Inoltre ci sono alcune somiglianze fra il testo greco della LXX e il testo
ebraico della Bibbia usata a Qumran. Quindi, ribadendo un dato ormai
acclarato, esistevano differenti "canoni" e diverse forme testuali fino all'epoca del
NT.
Probabilmente una ragione della scelta di un canone più lungo da parte dei
cristiani sta nella volontà di evidenziare la continuità tra quel gruppo di scritti
che divenne per loro l'AT e i nuovi scritti del NT. La connessione tra AT e NT la
si può percepire e dimostrare efficacemente se si prolunga la storia d’Israele
facendola sfociare in quella del cristianesimo. Questa motivazione spiega la
presenza, nel canone cristiano, di libri come Tobia, Giuditta e 1-2 Maccabei che
creano una sorta di ponte narrativo fra la ricostruzione del tempio e la riforma di
Esdra da una parte e la nascita di Gesù Cristo dall'altra. Inoltre accogliere nel
canone cristiano i libri sapienziali, (ad es. Siracide e Sapienza), redatti in tempi
più vicini all'epoca neotestamentaria permetteva di dimostrare che l'ispirazione
non si era fermata con Esdra, come invece sostenevano gli ebrei: la rivelazione
continuava nei libri del NT!
Poi certamente un ruolo non secondario fu svolto dalla Bibbia dei LXX, usata
dagli ebrei della diaspora e quindi anche dai cristiani. Questi ultimi nelle discussioni
circa l'adempimento delle Scritture nella persona e nella missione di Gesù Cristo, si
riferivano al testo greco. Gli ebrei, invece, argomentavano a partire dal testo
ebraico, del quale sostenevano la superiorità sulla versione in greco.
L'esclusione dal canone ebraico di alcuni libri unicamente in versione greca (ad
es. Sapienza, alcuni brani di Ester e di Daniele) si spiega per lo stesso motivo.
La comunità ebraica ha voluto conservare la sua integrità rimanendo fedele
all'ebraico, rifiutandosi nettamente di accogliere nel canone libri redatti in
greco perché sarebbe sembrato un rinnegamento della fede dei padri e una
pericolosa concessione al mondo ellenistico e pagano (ma ormai gli ebrei di
quell'epoca non parlavano più ebraico ma aramaico). Gli ebrei, quindi,
optarono per un
1
canone non aperto verso un futuro "cristiano", ma preferirono la fedeltà a un
ideale di osservanza della Legge che risale alla riforma di Esdra.
Una parola resta ora da dire circa il canone "breve" dei protestanti e il
canone degli ortodossi. Il canone più breve delle Chiese protestanti
corrisponde, per quanto riguarda i libri dell'AT, al canone «breve» della Bibbia
ebraica. Sono quindi esclusi dal canone i libri deuterocanonici (detti apocrifi dai
protestanti), scritti in greco o trasmessi solo nella versione greca. I motivi di
questa esclusione sono vari. Uno di essi è chiaramente legato allo spirito del
tempo ed è connesso alla cosiddetta hebraica veritas. La sensibilità del
rinascimento era fortemente connotata dal desiderio di liberarsi dalle eredità
del medioevo per un ritorno alle "origini", soprattutto all'antichità. Così per quel
che riguarda la Bibbia si delineò il desiderio di ritrovare il testo originale al di là
delle traduzioni latine (in particolare la Vulgata di san Girolamo) e greche,
ritenute non del tutto affidabili. Questa esclusione non è quindi dettata da
ragioni teologiche e dottrinali, ma principalmente da motivazioni letterarie. Il
desiderio era quello di ritrovare la Bibbia "autentica" e "originale", abbandonando
quella latina favorita da tutta la tradizione medioevale (così il sola Scriptura dei
protestanti si risolse per l'AT nel sola Scriptura hebraica). Raramente i
protestanti hanno aggiunto altre ragioni per giustificare la loro scelta (ad es. il
2Mac fu respinto perché i cattolici, per giustificare la dottrina del purgatorio,
adducevano il testo di 2Mac 12,44-45) . 14

Il canone delle Chiese ortodosse è pressochè identico al canone cattolico.


Ciononostante in alcune edizioni sono inclusi libri quali il 2° Esdra o il 3° Maccabei,
esclusi dal canone da parte della Chiesa cattolica, ma anche pochissimo
utilizzati nella liturgia e nell'esegesi delle Chiese ortodosse. «In questo modo,
le Chiese ortodosse, cattoliche e protestanti si distinguono perché hanno
ciascuna un AT diverso. La cosa può sembrare paradossale, perché le differenti
interpretazioni dei testi sacri che separano queste Chiese provengono tutte da
discussioni su testi del NT. Ogni tanto, la storia si permette di sorridere, e
nessuno potrà impedirle di farlo» . 15

1.3 IL CANONE DELL'AT


1.3.1La Torā (Legge o Pentateuco)
La Legge o Torā, o Pentateuco (composta di Genesi, Esodo, Levitico,
Numeri, Deuteronomio) narra le origini fondanti del popolo d'Israele e della
sua fede. Il Pentateuco non si presenta solo come l'inzio ma costituisce
piuttosto il fondamento sul quale si costruisce la storia di Israele. In quanto
fondanti questi inizi costituiscono una storia normativa, perché sono all'origine
dell'identità etnico- nazionale e teologica di Israele. Israele, infatti, può fare a
meno di un territorio per la sua identità etnica (nazione), come pure può essere
privo di un trono (monarchia) e di un tempio (culto). La definizione
irrinunciabile della sua identità

14Per quanto riguarda il canone del NT non vi sono divergenze.

2
15 SKA, J-L., "Formazione del canone delle Scritture ebraiche e cristiane", Il libro sigillato e il
libro aperto, 142.

2
permanente sta nel fatto che è un popolo liberato da Dio: «Io sono il Signore, tuo
Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù» (Es
20,2). Di questo elemento Israele non può fare a meno. Allora la storia delle
sue origini e i libri che la custodiscono godono della normatività più alta rispetto a
tutti gli altri libri dell'AT, tanto che sono attribuiti alla personalità più autorevole
in assoluto: Mosè ne è l'autore . 16

Il Pentateuco termina con la morte di Mosè (Dt 34,1-11). Il testo contiene


una serie di affermazioni fondamentali sul posto che Mosè occupa nella storia
della rivelazione e, perciò, sul posto della Legge in rapporto agli altri libri biblici. Gli
ultimi versetti sono significativi: «Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè
– con il quale il Signore parlava faccia a faccia – per tutti i segni e prodigi che il
Signore lo aveva mandato a compiere nel paese di Egitto, contro il faraone,
contro i suoi ministri e contro tutto il suo paese; e per la mano potente e il terrore
grande messo in opera da Mosè davanti agli occhi di tutto Israele» (Dt 34,10-
12). Questo testo contiene non solo l'elogio funebre di Mosè, ma anche alcune
affermazioni fondamentali sul canone, in particolare sulla rivelazione che si
conclude con la morte di Mosè. Il testo è chiarissimo: la rivelazione fatta a
Mosè non si può paragonare con nessun'altra rivelazione fatta ai profeti. Tale
superiorità si giustifica, sempre secondo Dt 34,10-12, per due ragioni principali:
1) il Signore parlava a Mosè faccia a faccia, e 2) Mosè è stato lo strumento
privilegiato del Signore contro l'Egitto e in favore di Israele. Ciò implica che
nessun altro profeta ha conosciuto Dio «faccia a faccia» e ha compiuto prodigi
simili a quelli che Dio ha compiuto con la mediazione di Mosè. Riassumendo, la
relazione tra YHWH e Mosè è unica, e anche l'esodo è un avvenimento unico
nella storia di Israele, sicchè i libri che ne parlano, cioè i cinque libri del
Pentateuco, sono a loro volta unici . 17

1.3.2I Profeti
Poi si trovano i Profeti o Nebî’îm, che Accanto alla Torā formano un dittico
anche per il NT18. Il canone ebraico distingue tra profeti anteriori (che i cristiani
classificano piuttosto come libri storici: Giosuè, Giudici, 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re) e
profeti posteriori (Isaia, Geremia, Ezechiele e i cosiddetti dodici profeti «minori»:
Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo,
Zaccaria, Malachia). I profeti "leggono" la storia alla luce della parola di Dio di
cui sono portatori, dunque la loro esperienza e i loro insegnamenti sono
autorevoli e normativi proprio per questo rapporto diretto con la parola divina. In
questo senso l'autorità dell'oracolo profetico è sorgiva. Ciononostante essi non
sono mai sganciati e autonomi dalla Legge (Torah), alla quale fanno sempre
riferimento. L'ultimo libro della raccolta dei libri profetici presenta proprio una
raccomandazione al riguardo molto esplicita: «Tenete a mente la Legge del mio
16 Questa è stata per lunghissimo tempo la convinzione al riguardo (invece si tratta di più autori e
di diverse epoche).
17 SKA, J-L., "Il canone ebraico e il canone cristiano dell'Antico Testamento ", Il libro sigillato e il
libro aperto (Bologna 2005) 103-104.
18 Cf. Lc 24,27: «… e cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che
si

2
riferiva a lui». Ma cf. anche Lc 24,44: «Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me
nella
Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi».

2
servo Mosè, al quale ordinai sull'Oreb, statuti e norme per tutto Israele» (Ml 3,22).
Anche 2Re – considerato appunto un libro profetico nel canone ebraico –
contiene un'affermazione analoga: «Il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e
dei veggenti, aveva ordinato a Israele e a Giuda: Convertitevi dalle vostre vie
malvage e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo ogni legge, che io
ho imposta ai vostri padri e che ho fatto dire a voi per mezzo dei miei servi, i profeti»
(2Re 17,13).
«I profeti sono anzitutto custodi e interpreti della Legge» . 19

1.3.3Gli Scritti
È già stata presa in considerazione la menzione nel prologo greco al
Siracide, in cui l'autore, accanto alla Legge e ai Profeti, aggiunge un'altra
categoria di libri, detta genericamente altri Scritti (Ketūbîm) . Quanto 20

all'entità di questo terzo gruppo di scritti l'autore non fornisce elementi per
valutarne l'estensione; inoltre al tempo della formazione del canone degli scritti
cristiani questo gruppo non era ancora stato riconosciuto dagli ebrei stessi in
modo unanime.
La collezione degli Scritti secondo il canone ebraico comprende: Salmi,
Proverbi, Giobbe, Cantico, Rut, Lamentazioni, Qohelet (Ecclesiaste), Ester, Daniele,
Esdra, Neemia, 1 e 2 Cronache. Nella traduzione greca della Bibbia (LXX) accanto
a questi compaiono pure Tobia, Giuditta, Sapienza, Siracide (Ecclesiastico), Baruc
(più la Lettera di Geremia), 1-2 Maccabei, e le parti di Ester e di Daniele scritte
in greco e assenti nella versione ebraica. Questi ultimi libri, la cui canonicità
era discussa, non entreranno a far parte del canone ebraico, mentre saranno
riconosciuti in quello cristiano: i cattolici li chiamano deuterocanonici (riconosciuti
come canonici solo in un secondo momento), mentre i protestanti li
considerano apocrifi (non nel senso che diamo noi agli scritti apocrifi, di cui
oltre) .
21

Anche in questo caso gli Scritti non aggiungono nulla al Pentateuco (Legge),
ma servono per approfondirlo e meditarlo. Basti ricordare la prefazione del
libro dei salmi, il Sal 1, che fornisce in qualche modo l'intonazione dell'intera
raccolta:
«Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei
peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della Legge del
Signore, la sua legge medita giorno e notte» (Sal 1,1-2).
In sintesi riguardo alla complessa questione circa il canone e la storia del
suo riconoscimento si possono tirare le seguenti conclusioni:
1) Con la distruzione del Tempio nel 70 d.C. la religione giudaica divenne
sempre più una religione «del Libro»: questo implicava la necessità di un
canone normativo definitivo. Ma la strada fu più lunga e complessa di quello
che si immagina. Mentre c'era sostanziale accordo per il Pentateuco e i Profeti,
per gli Scritti restava una situazione "fluida", non ancora ben cristallizzata.

19 SKA, J-L., "Il canone ebraico e il canone cristiano dell'Antico Testamento ", Il libro sigillato e il
libro aperto (Bologna 2005) 109.

2
20 «Molti e profondi insegnamenti ci sono dati nella Legge, nei Profeti e negli altri Scritti successivi…
»
21 Bisogna precisare che in pratica i libri più studiati non sono i deuterocanonici (o apocrifi).
Nelle
biblioteche specializzate i commentari e gli studi dedicati a questi libri sono molto meno
numerosi di quelli consacrati ai libri più «classici» del canone breve

2
2) Le dispute sorte all'interno del Giudaismo, in particolare tra Farisei e sette di
tendenza apocalittica (vengono redatti in questo periodo moltissimi libri
apocalittici), hanno costituito uno stimolo ulteriore alla fissazione di un canone,
sollecitato in qualche misura anche dalla stessa "concorrenza" dei libri cristiani.
L'accoglienza di alcuni libri in ambito cristiano ha fatto sì che questi stessi libri
(deuterocanonici) venissero esclusi dal canone ebraico.
3) Anche se nel I sec. d.C. si poteva parlare dell'accettazione popolare di 22
o 24 libri come sacri, per la comparsa di un canone ebraico fissato bisogna
attendere il III-IV secolo.
4) L'assunzione del canone più ampio fatta dai cristiani tramite la versione
greca dei LXX può essere stata se non la causa principale comunque uno dei
motivi più rilevanti, in base al quale il giudaismo limitò il canone dell'AT ai libri che
di fatto circolavano allora nella lingua originale ebraica o aramaica.

1.4 La struttura aperta del canone dell'AT 22

1.4.1L'AT cristiano orientato a Cristo – l'AT ebraico orientato al tempio


Il canone cristiano dispone i libri biblici secondo una scansione che si apre
con il Pentateuco e si chiude con i libri profetici. In tal modo dando l'ultima
parola ai profeti il canone è orientato verso il futuro, è aperto cioè ad un
seguito: alla venuta di Gesù Cristo. Gli ultimi versetti dell'AT nel canone cristiano
dicono «Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e
terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore
dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo
sterminio» (Ml 3,23-24). Questa profezia di Malachia è ripresa succintamente
da Luca fin dalle prime battute del suo vangelo (1,17), quando l’angelo
Gabriele annuncia a Zaccaria la nascita di Giovanni Battista, il quale, secondo i
sinottici, è l'Elia che doveva ritornare per preparare la venuta del Messia: «Gli
camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei
padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un
popolo ben disposto» (1,17). Questo testo dunque getta un ponte di continuità
tra l'AT e il NT ed è una delle ragioni per cui i profeti si trovano alla fine del
canone cristiano . 23

Il canone ebraico invece termina con i libri di Esdra e Neemia e i due libri
delle Cronache. Questi ultimi due ripercorrono tutta la storia del mondo dalla
creazione sino all'editto di Ciro, che permette agli israeliti di fare ritorno a
Gerusalemme. I libri di Esdra e di Neemia invece ne formano la continuazione
logica del tutto naturale, poiché narrano l'attuarsi dell'editto di Ciro: il ritorno
degli esiliati, la ricostruzione del tempio e la riorganizzazione della comunità
(come si vede l'ordine cronologico non è rispettato, dunque la collocazione
"forzata" è voluta).

22 Si seguono sostanzialmente le considerazioni di SKA, J-L., "Il canone ebraico e il canone cristiano
dell'AT", Il libro sigillato e il libro aperto (Bologna 2005) 101-103 e 110-113.

2
23 In Is ci sono molti annunci messianici (7,13; 9,5-6; 11,1-9; 61,1-2; i carmi del servo: 42,1-4; 49,1-6; 50,4-9;
52,13–53,12).

2
Nel canone cristiano, invece, Esdra e Neemia vengono dopo 1-2 Cronache.
Se la Bibbia ebraica compie questa inversione forse è proprio per il desiderio di
concludere l'intera Bibbia con le parole dell'editto di Ciro: «Dice Ciro re di Persia:
il Signore, Dio dei cieli, mi ha consegnato tutti i regni della terra. Egli mi ha
comandato di costruirgli un tempio in Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque
di voi appartiene al suo popolo, il suo Dio sia con lui e parta (2Cr 36,23).
Dunque notiamo due orientamenti differenti nella comprensione dell'AT: il canone
cristiano indirizza l'AT alla venuta del Messia e del suo precursore; il canone
ebraico, invece, è orientato verso la salita o ritorno a Gerusalemme.

1.4.2L'ingresso nella terra promessa


L'orientamento alla città di Gerusalemme è il segno indicatore di una "tensione
verso la terra" che attraversa un po' tutto l'AT. Abramo è invitato da Dio a
raggiungere una terra e, una volta giuntovi, di prenderne possesso (Gen
13,14- 17) . Nel mondo antico l'atto di "vedere" per primi un territorio
24

aveva valore giuridico e conferiva il diritto di possesso . Abramo, comunque


25

ha solo potuto vedere il paese, l'ha potuto anche attraversare ma non ha mai
goduto il diritto di proprietà e non si è potuto stanziare stabilmente in questo
territorio, perché lui era soltanto un migrante, e non un proprietario. Una scena
analoga la incontriamo con la figura di Mosè, il quale prima di morire può
vedere il paese che Dio ha promesso ad Abramo e ai suoi discendenti, ma non
vi può entrare (Dt 34,1-4) 26. Il Pentateuco, quindi, terminando con la morte di
Mosè, si conclude senza che il popolo di Israele sia entrato in possesso della
terra promessa. Sarà Giosuè ad introdurlo nel territorio, facendogli attraversare il
fiume Giordano. E in fondo (come già detto) tutto l'AT si conclude con
quest'anelito alla terra (il ritorno a Gerusalemme e la ricostruzione del tempio:
cf. 2Cr 36,23). «L'AT è dunque una "sinfonia incompiuta". Quando il popolo farà
ritorno nella propria terra?» 27.
Certamente la monarchia ha incarnato quest'anelito, realizzando
un'indipendenza territoriale identificata nella nazione governata da un sovrano
(Davide). Ma la speranza messianica (l'attesa del discendente davidico) andrà
oltre la pura materialità di una restaurazione futura della monarchia davidica.
Infatti il NT, pur accogliendo pienamente tale attesa, l'ha anche radicalmente
24
«Allora il Signore disse ad Abram, dopo che Lot si era separato da lui: "Alza gli occhi e dal
luogo dove tu stai spingi lo sguardo verso il settentrione e il mezzogiorno, verso l'oriente e
l'occidente. Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza per sempre.
Renderò la tua discendenza come la polvere della terra: se uno può contare la polvere della
terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. Alzati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io
lo darò a te"»
25
Cf. SKA, J-L., "Il canone ebraico e il canone cristiano dell'AT", Il libro sigillato e il libro aperto
(Bologna 2005) 110.
26
«Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a
Gerico. Il Signore gli mostrò tutto il paese: Gàlaad fino a Dan, tutto Nèftali, il paese di Efraim e di
Manàsse, tutto
il paese di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città
delle palme, fino a Zoar. Il Signore gli disse: "Questo è il paese per il quale io ho giurato ad
Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l'ho fatto vedere con i tuoi
occhi, ma tu non vi entrerai!"»
2
27
SKA, J-L., "Il canone ebraico e il canone cristiano dell'AT", Il libro sigillato e il libro aperto
(Bologna 2005) 111.

2
"contestata", dilatandone gli orizzonti: la speranza della «terra promessa» ai
patriarchi e l'attesa di un «regno davidico» fiorirà nell'annuncio dell'inaugurazione
del «regno dei cieli» o «regno di Dio». Nella predicazione di Gesù incontriamo,
infatti, una reinterpretazione radicale di questa attesa. Per questa ragione i
vangeli iniziano dal Giordano, dove predica il Battista e ha inizio la vita pubblica di
Gesù, che comincia proprio con la notizia del regno di Dio imminente 28. Ora,
Mosè si è fermato davanti al Giordano, senza poter introdurre Israele nella
terra promessa, ingresso realizzato con Giosuè. In fondo il Battesimo di Gesù è
interpretabile come un "passaggio" del fiume Giordano, come un approdo dal
deserto alla terra promessa, e lo scontro con il diavolo alle tentazioni è
paragonabile allo scontro affrontato da Giosuè per liberare dalle tribù nemiche
il territorio di Israele29.
Infine non va dimenticata una precisazione di grande interesse. Lo stesso NT
presenta una struttura "aperta". E anche in questo caso le conclusioni dei libri sono
indicative. I vangeli si concludono con l'orizzonte sconfinato dell'invio missionario
dei discepoli da parte di Gesù a tutte le genti (apertura geografica).
L'Apocalisse, che chiude il canone neotestamentario, ha come battuta finale
una promessa e una supplica orientati al futuro escatologico (apertura
cronologica): «Colui che attesta queste cose dice: «Sì, verrò presto!». Amen. Vieni,
Signore Gesù» (Ap 22,20).

1.5 I cristiani e l'AT


Dopo aver scandito i passaggi storici e teologici della formazione del canone
dell'AT e della strutturazione diversa tra il canone ebraico e il canone cristiano,
s'impone ora una serie di considerazioni più ristrette circa il rapporto tra i cristiani
e l'AT. Si tratta, dunque, di alcuni quesiti circa il nucleo teologico fondamentale
che ha rimesso in gioco la questione del canone dell'AT per i cristiani: la
persona di Gesù.

1.5.1I cristiani accolgono l'AT da Gesù 30

Qual è la canonicità che i cristiani riconoscono all'AT? La risposta è tanto ovvia


a livello teorico quanto difficile da utilizzare di fatto: la tradizione cristiana riceve le
Scritture dell'AT da Gesù e attraverso Gesù. La conseguenza per la canonicità
sarebbe la seguente: la Chiesa riconosce le scritture dell'AT secondo quel
canone e quella canonicità che Gesù stesso avrebbe riconosciuto (cf. Lc
24,27.44). In realtà, nella carrellata sulla storia della formazione del canone
dell'AT, s'é visto come ai tempi di Gesù non ci fosse un canone fissato; inoltre
non ci sono dati neotestamentari probanti per determinare precisamente il
canone cui si riferiva Gesù. Si deve allora pacificamente accettare due dati di
fatto: a) Gesù non si è scostato dall'uso palestinese del suo tempo, b) non ci è
del tutto possibile ricostruire con esattezza il canone "utilizzato" da Gesù. In altre
parole il corpo delle
28
Cf Mc 1,14-15:«Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: "Il tempo è
compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo"».
29
Cf. SKA, J. L., "Mosè – Giosuè – Gesù", in La strada e la casa. Itinerari biblici (Bologna 2001)

3
169- 193.
30
In queste osservazioni si seguono le riflessioni di CITRINI T., Identità della bibbia, Brescia 1982, 25-30.

3
Scritture che Gesù ha assunto e cui «ovviamente» faceva riferimento, per noi non
è affatto ovvio. Con un'analisi dettagliata si evince che preferenzialmente gli scritti
del NT citano o alludono alla traduzione greca dell'AT, la versione dei LXX (con
un'eccezione: Apocalisse, infatti, quando rinvia all'AT si riferisce al testo ebraico e
non a quello greco). Possiamo comunque dire che la testimonianza
neotestamentaria è globalmente favorevole al canone esteso.

1.5.2 Annuncio di Gesù e canone nella Chiesa delle origini


Per quanto poliglotta fosse la Galilea, è del tutto improbabile che Gesù in
persona si sia servito della versione dei LXX e l'abbia consegnata agli apostoli: lui e
loro parlavano aramaico! Ciononostante nelle prime comunità cristiane vigeva
il bilinguismo (aramaico e greco) e s'impose abbastanza presto l'utilizzo dell'AT
nella sua versione greca (LXX). Questa traduzione greca fu essenzialmente
utilizzata per comprendere e per annunciare il mistero di Gesù e anzitutto della
sua Pasqua, soprattutto grazie a quei passi in cui tale traduzione si mostrava
più creativa e promettente, dal momento che lasciava spazio ad ulteriori
interpretazioni.
Un esempio concreto di questo utilizzo cristiano lo incontriamo in Is 7,14, in cui
il termine ebraico significa semplicemente ragazza, giovinetta, vien tradotto
nella versione greca col termine parthénos (parthenos). Questo aprì la strada
per esplicitare il senso verginale del concepimento di Maria, dal momento che il
termine greco indica non solo una ragazza, ma anche una ragazza non sposata
e quindi vergine. Quindi, quando l'evangelista Matteo cita il testo isaiano, porta alla
luce un'accezione che non avrebbe potuto trovare così agevolmente nel testo
ebraico. «Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal
Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine (parqe,noj) concepirà e
partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt
1,22-23).
La Bibbia greca finì per diventare la Bibbia cristiana per eccellenza; le
vicende dei rapporti tra cristianesimo e giudaismo fecero il resto. Possiamo
allora approdare alla seguente conclusione: più che la prassi personale di Gesù
fu l'uso concreto delle Scritture da parte dei primi cristiani ad influire
sull'assunzione del canone lungo dell'AT in campo cristiano.

1.5.3Gesù e la canonicità delle Scritture


A Gesù personalmente però risale ben altra originalità, che riguarda più la
canonicità delle Scritture che il canone. Gesù ha accolto le Scritture e la loro
autorità, le ha comprese come testimonianza dell'autorità del Padre, la cui
volontà escatologica egli era venuto a compiere (continuità con l'AT).
Ciononostante Gesù esprime pure un'originalità del tutto inedita: egli ha posto
se stesso e non le Scritture come espressione autorevole e ultima del Padre e del
suo pensiero (discontinuità con l'AT). Quindi in primis le Scritture vengono
interpretate alla luce di Gesù e della sua autorità; e solo in un secondo
momento Gesù viene interpretato e compreso sullo sfondo delle Scritture. In
soldoni: lo sfondo e il primo piano non sono intercambiabili, e la figura in primo

3
piano è Gesù.
Emblematico al riguardo è il «Ma io vi dico» del discorso della montagna (Mt
5,22 ecc.), per mezzo del quale Gesù rilegge e riformula sulla propria autorità

3
personale i capisaldi dell'Alleanza. Il che non significa che Gesù abbia fondato
una legge totalmente nuova, gettando via l'antica ormai superata. Gesù
riprende il senso originario della Legge contro tradizioni interpretative che
soffocavano lo spirito della Legge stessa (cf. ad esempio Mc 7,1-13 e Mt 19,1-9).
Gesù non proclama una nuova legge, ma dà invece una nuova
interpretazione dell'antica legge […]. Gesù dunque non si presenta come un
nuovo Mosè, ma piuttosto come il più autorevole commentatore di Mosè, colui
che dà alla legge una interpretazione nuova e definitiva 31.
Per questo motivo Gesù «pone se stesso come colui che dalla torah fa scaturire
vene sorgive che la torah stessa non sapeva liberare»32; infatti egli
afferma di essere venuto «non per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17).
L'intento di Gesù è diretto contro la mentalità legalistica. Egli voleva che
l'uomo adempisse con tutte le proprie forze la volontà di Dio. Matteo orienta in
modo più deciso la direttiva di Gesù nel senso della legge. Secondo la sua
interpretazione, Gesù ha portato a compimento la legge, ossia ha annunciato la
definitiva volontà di Dio […]. L'autorità con cui Gesù parla non può essere
precisata nel senso che egli si sia rivolto contro l'autorità di Mosè, ma consiste
invece nel modo di interpretarla. Egli non fonda la propria idea, cioè la volontà
di Dio da proclamare, su passi scritturistici, come erano soliti fare i capiscuola,
ma parla come chi è liberamente investito di pieni poteri 33.
Paolo di conseguenza dirà che la legge è confermata, ma anche abrogata
(cf. Rm 3,31. 7,1-6 ed Ef 2,15). L'AT in questo modo riceve una riqualificazione
ermeneutica, perché raccoglie più la speranza di Israele che la sua memoria, e
pone al centro dei tempi non il passato ma il compimento dei tempi stessi,
l'eschaton, il quale si dà nell'avvento del regno di Dio, nella figura del Figlio
dell'uomo e nel mistero della Nuova Alleanza. Anche i profeti, più che
autorevoli difensori ed interpreti della Torā, diventano in questa prospettiva
anzitutto testimoni a favore di Gesù (Lc 9,30-31 34; 24,25-27.44-47). Potremmo
dire così: se prima il baricentro delle Scritture era il Pentateuco, autorità più
alta all'interno dell'insieme dei libri biblici, ora con Gesù questo baricentro s'è
definitivamente spostato sulla sua persona e sul suo insegnamento.
Se il canone dell'AT è assunto senza essere modificato, la dinamica interna
della sua canonicità invece è capovolta. Già s'è notato come la tensione verso
la terra (il tempio e Gerusalemme), che connota il canone ebraico, è
riformulata dal canone cristiano come attesa di una figura ventura (il Messia).
D'altro canto una rilettura cristocentrica delle Scritture veterotestamentarie fa
emergere linee di forza diverse, gettando luci nuove di comprensione e di
strutturazione teologica, le quali, se reinterpretano e rileggono l'AT, non ne non
autorizzano però l'archiviazione.
31
SKA, J. L., "Mosè – Giosuè – Gesù", in La strada e la casa. Itinerari biblici (Bologna 2001) 184
32 CITRINI T., Identità della bibbia, Brescia 1982, 28.
33GNILKA, J., Il vangelo di Matteo (Brescia 1990) 301.
34 Mosè ed Elia con la loro presenza attestano e ratificano che la passione di Gesù è il
compimento delle Scritture: «Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi
nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita (esodo) che avrebbe portato a compimento a

3
Gerusalemme» (Lc 9,30-31).

3
Anche se Cristo ha fondato la Nuova Alleanza nel suo sangue, tuttavia i libri
dell'AT, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e
manifestano il loro completo significato nel NT, e a loro volta lo illuminano e lo
spiegano (DV 16, nn. 14-15).

1.6 IL CANONE DEL NT


1.6.1L'importanza della tradizione orale
Le Scritture cristiane comprendono il NT, e, anche se il sorgere di questo corpo
di scritti è stato certamente più rapido rispetto alla formazione dell'AT, a conti fatti
non risulta meno impegnativo. Infatti come avvenne per le tradizioni orali dell'AT
allo stesso modo le tradizioni delle origini cristiane diedero forma a gruppi di scritti,
ma solo per rispondere all'esigenza di non perdere la testimonianza su Gesù da
parte degli apostoli35.
La necessità di mettere per iscritto le parole di Gesù, il fondatore del
cristianesimo, o di fornire alle diverse Chiese locali una o più «vite di Gesù» e
alcuni scritti essenziali dei primi discepoli non si è fatta sentire sin dall’inizio. La
spiegazione del fenomeno è abbastanza semplice: i cristiani erano pochi, e
mentre i primi apostoli e discepoli erano ancora in vita la «tradizione viva»
permetteva di risolvere i problemi principali che sorgevano all’interno del
cristianesimo nascente. Occorre inoltre ricordarsi che, al contrario della storia
d'Israele, che si estende su un lungo periodo e comprende una lunga serie di
personaggi, la storia della nascita del cristianesimo è molto breve e coinvolge
un numero molto ristretto di persone. Il cristianesimo, perciò, era un fenomeno
relativamente ridotto e la sua dottrina non richiedeva una lunga esposizione. La
persona di Cristo, inoltre, era più importante delle Scritture come tali, e i
testimoni oculari erano più autorevoli di qualsivoglia documento scritto. Il
cristianesimo si presenta meno come una religione legata a un libro e più come
una religione centrata sulla persona del suo fondatore36.
Ciononostante assistiamo abbastanza presto all'affiorare dell'esigenza di
mettere per iscritto le tradizioni orali, basate sui racconti dei testimoni oculari.
Furono sostanzialmente tre i motivi che provocarono il passaggio dalla trasmissione
orale alla fase di redazione scritta: a) col passare del tempo i racconti orali e la
memoria rischiano di sfumare il contenuto originario, e con la diffusione del
cristianesimo non era più possibile né la consultazione dei diretti interessati
nella piccola terra di Palestina né la comunicazione tra comunità cristiane
(sempre più numerose e diffuse in molte parti d'Europa). Per la conservazione
del patrimonio

35 Al riguardo è emblematica un'osservazione di IRENEO DI LIONE, Adversus Haereses, 3.4.1:


«Supponiamo che scoppi fra di noi una controversia a proposito di una questione importante.
Non dovremmo rivolgerci alle Chiese più antiche con le quali dialogavano gli apostoli e
imparare da esse che cos’è certo e chiaro in merito a questa questione? E che cosa dovremmo
fare se gli apostoli non ci avessero lasciato scritti? Non sarebbe necessario [in questo caso]
seguire la tradizione che essi [gli apostoli] hanno trasmessa a coloro ai quali hanno affidato la
direzione delle Chiese?». Nell'antichità ci si fidava di più delle persone che degli scritti.
36 SKA, J-L., "Formazione del canone delle Scritture ebraiche e cristiane", Il libro sigillato e il

3
libro aperto, 149.

3
della fede cristiana, dunque, bisognava affidarsi a mezzi più attendibili e
durevoli della pura memoria e del semplice racconto orale. b) La scomparsa dei
primi testimoni oculari (gli apostoli) e il ritardo della parousia (ritenuta almeno
inizialmente imminente) costrinsero le comunità cristiane a far subentrare alla
tradizione orale altri mezzi più duraturi – i testi scritti –, adatti a consegnare
alle generazioni future e per un lungo periodo il patrimonio della fede. c) Le
controversie con il giudaismo e quelle interne al cristianesimo (in particolare
alcune affermazioni critiche di Paolo nei cfr. dell'Antica alleanza) obbligarono le
Chiese cristiane a rivedere il loro parere nei confronti dell'AT. Anche la
posizione avversa di Marcione verso l'AT (di cui vedremo in seguito) provocherà
i cristiani a difenderne la validità.

1.6.2Il Corpus paulinum


Paolo è il primo "scrittore" del NT, e redige le sue lettere fra il 52 e il 63 circa.
Le prime citazioni testuali delle lettere di Paolo si trovano già in Clemente di
Roma (fine I sec.), poi in Ignazio di Antiochia (fine I sec. – inizio II sec.).
Policarpo (I – II sec.), discepolo dell'apostolo Giovanni, cita anch'egli Paolo,
soprattutto la Lettera ai Colossesi. In tutti gli altri scrittori cristiani dei primissimi
secoli riscontriamo diversi riferimenti a Paolo. Clemente, ad esempio, riconosce
a Paolo un'autorità simile a quella dell'AT. Si può, quindi, affermare con un
elevato grado di probabilità che le lettere di Paolo fossero già note alla fine del I
secolo. La posizione autorevole delle lettere paoline è attestata – caso unico in
tutto il NT – da un fatto particolarissimo: è l'unico autore di cui lo stesso NT cita le
opere. Infatti, in 2Pt 3,15-16, lettera attribuita a Pietro e scritta verso il 125,
incontriamo una menzione degli scritti di Paolo, ai quali si riconosce un valore
pari alle Scritture dell'AT (le "altre Scritture"):La magnanimità del Signore nostro
giudicatela come salvezza, come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha
scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; così egli fa in tutte le lettere, in
cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e
gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro
propria rovina (2Pt 3,15-16).
Un Corpus paulinum, cioè una raccolta di lettere di Paolo, si deve essere
formato per scambio tra le chiese: una lettera indirizzata espressamente ad una
comunità veniva "condivisa" con altre comunità. Questo scambio è menzionato in
Col 4,16 («E quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che venga letta
anche nella Chiesa dei Laodicesi e anche voi leggete quella inviata ai
Laodicesi») ed è dato per assodato in 2 Pt 3,16. Non conosciamo, tuttavia,
l'estensione precisa dell'epistolario cui l'autore di 2 Pt si riferisce. Nella metà del II
sec. Marcione usa le dieci maggiori lettere paoline (Gal, 1 e 2 Cor, Rm, 1 e 2 Ts,
cosiddetta ai "Laodicesi" [= Ef], Col, Fm, Fil); e pochi decenni più avanti il
canone romano cosiddetto "di Muratori" insieme a queste conosce le "lettere
pastorali" (Tt, 1 e 2 Tm). Al Corpus paulinum la tradizione successiva aggiunse
pure Eb, la cui attribuzione a Paolo però sin dalla remota antichità fu
ampiamente discussa. In sintesi: per "corpo paolino" si intende l'insieme delle
lettere scritte da Paolo e da alcuni suoi discepoli, che ne hanno mantenuto vivo
3
il pensiero. Di alcune si è certi

3
che furono scritte da Paolo (homologoumena: "riconosciute"); di altre, invece, se
ne mette in dubbio la paternità letteraria (antilegomena: "discusse"), anche se
si riconosce la derivazione paolina del pensiero teologico. Le lettere
riconosciute sono: 1 Tessalonicesi, 1 e 2 Corinti, Romani, Galati, Filippesi,
Filemone. Le lettere discusse sono: 2Tessalonicesi, Colossesi ed Efesini37, 1 e 2
Timoteo, Tito (cosiddette pastorali).

1.6.3La formazione del corpo dei quattro Vangeli (e di Atti)


«L'interesse per i vangeli scritti appare abbastanza tardi e questo fatto può
sorprendere. Abbiamo visto, tuttavia, che il mondo antico in genere e il mondo
cristiano in particolare erano spesso più legati alle persone che agli scritti» 38. Nelle
lettere di Paolo, negli Atti, nella Lettera agli Ebrei e nell'Apocalisse si
riscontrano pochissime allusioni alle parole di Gesù. Bisognerà attendere la fine
del I secolo perché vengano scritti i vangeli, quando si comincerà a percepire in
modo più intenso la distanza temporale dagli avvenimenti della vita di Cristo. I
quattro vangeli canonici sono stati redatti, secondo le ricerche più recenti fra il 60
e il 100. Il primo vangelo è probabilmente quello di Marco e l'ultimo è quasi
sicuramente quello di Giovanni39.
Attraverso quali sviluppi ha preso forma la canonicità dei quattro vangeli?
Come la Torā si presenta quale memoria della storia fondatrice dell'alleanza e
come codificazione del progetto di esistenza che ne derivava (Legge), così
anche i vangeli si presentano come memoria della storia fondante della fede e
della condotta dei cristiani. La fede cristiana è polarizzata sui detti e i fatti di Gesù,
perché confessa che in Lui Dio ha compiuto definitivamente la sua presenza e
azione di salvezza. Per questo la fede cristiana ha una dimensione memoriale
ancor più viva di quella veterotestamentaria, dimensione che si concretizza
appunto nella necessità di mettere per iscritto quanto riguardava la figura di
Gesù. La tradizione evangelica è, dunque, a servizio della memoria di Gesù,
tuttavia non con una finalità meramente storiografica, ma con l'intento di rendere
continuamente tale memoria un annuncio autentico di salvezza, che susciti la
fede in Gesù e orienti la vita secondo questa fede.
Per rispondere a tali esigenze, nasce il genere «vangelo», fenomeno letterario
del tutto originale, che non ha degli esempi precedenti e si presenta come una
novità assoluta. Il primo autore a parlare di «vangeli» al plurale è Giustino (morto
a Roma verso il 165); ed è anche il primo scrittore cristiano ad utilizzare i
vangeli come «Scritture», accordando loro la stessa autorità dell'AT 40. Il vangelo
diventa rapidamente un "problema" perché da comunità diverse nacquero
vangeli diversi. Ovviamente ogni singola comunità considerava il "suo" vangelo
come "il" vangelo. Per porre rimedio a tale difficoltà, le Chiese scelgono due
soluzioni: o

37Colossesi ed Efesini assieme a Filippesi e Filemone, sono dette le lettere della prigionia.
38 SKA, J-L., "Formazione del canone delle Scritture ebraiche e cristiane", Il libro sigillato e il
libro aperto, 156.
39 Il dibattito sulla datazione dei vangeli non è ancora del tutto chiuso circa le date precise. Sul
periodo però c'è ormai consenso unanime: fine del I secolo, 60 – 100.
40 GIUSTINO, Apologia 1,39.66-67; Dialogo con Trifone, 103.
4
accordare la preferenza ad un vangelo in particolare, ignorando gli altri
(criterio di selezione), o combinare diversi vangeli in uno (criterio di fusione).
Infatti questa posizione riduzionistica da una parte indusse Marcione ad
accogliere solo Lc (selezione) e a respingere gli altri, e dall'altra spinse Taziano
a comporre il Diatessaron (fusione)41. L'uno e l'altro tentativo furono respinti
come tentazione 42. L'uso anche successivo delle chiese continuò a manifestare
preferenze per questo o quel vangelo, ma sulla base della compresenza dei
quattro, e cercò di spiegarne la complementarità in modi diversi, appellandosi
alla storia della loro origine e alla diversità della loro impostazione.
Ireneo (fra il 170 e il 180) teorizza con un'argomentazione più simbolica che
teologica la necessità del numero quattro riguardo ai vangeli, collegandolo ai
quattro venti e ai quattro punti cardinali, ai quali è destinata la predicazione
apostolica43. Non si conoscono con esattezza i motivi e le tappe storiche della
compaginazione e affermazione quadriforme del corpo dei vangeli. Rimane
comunque una questione di natura teologica, che già sollecitava gli
antichi: perché quattro vangeli? Che è mai questa testimonianza, perché essa
giunga a noi in quadruplice forma canonica? Anche se originariamente la loro
origine è da collocarsi in chiese e per chiese diverse e, quindi, inizialmente
almeno potevano essere percepiti come scritti alternativi, la loro compresenza
nel canone suggerisce che essi siano stati lentamente compresi come
testimonianze complementari, che si integrano ed arricchiscono
reciprocamente. Comunque le considerazioni di Ireneo non furono certo
ininfluenti nell'accoglienza della canonicità dei quattro vangeli.
Diversi sono i motivi che hanno contribuito al successo dei quattro vangeli
canonici. Il più importante fu quasi certamente la loro origine «apostolica», diretta
per Matteo e Giovanni, e indiretta per Marco (discepolo di Pietro) e Luca
(discepolo di Paolo)44. I quattro vangeli canonici potevano rivendicare una
maggiore antichità e una maggiore diffusione, inoltre provenivano da comunità
più influenti (Mt in Siria, Mc a Roma, Lc ad Antiochia o alla Grecia, e Gv ad Efeso).
Infine, la preferenza è spiegabile anche per il fatto che Mt, Mc, Lc e Gv sono più
completi, presentano una ricca varietà di tradizioni (discorsi, narrazioni, parabole,
singoli detti, racconti completi sulla passione e la risurrezione), sono scritti in
uno stile semplice e accessibile, e soprattutto si presentano meno unilaterali
rispetto ai vangeli di Pietro, di Tommaso, e al protoevangelo di Giacomo, ed
erano quindi più adatti alle varie esigenze delle comunità cristiane. Tra il II e il III sec.
il " corpo quadriforme dei vangeli" è ampiamente diffuso e utilizzato.
Infine va sottolineato il fatto che Mt, Mc, Lc e Gv hanno acquistato lo statuto
canonico non isolatamente ma insieme, come gruppo. Diverse, tuttavia, erano
le modalità di "catalogazione". In occidente prevaleva un ordine di
«autorevolezza»
41 Il termine te,ssarej indica il numero 4, diatessaron significa "[uno] per mezzo dei quattro". Si tratta
dunque di un compendio riassuntivo desunto dai quattro vangeli.
42 Anche se nelle Chiese orientali della Siria il Diatessaron di Taziano fu utilizzato per lungo
tempo. 43 IRENEO, Adversus Haereses, 3,11.8-9.
44 Anche alcuni vangeli apocrifi, pur attribuiti ad apostoli furono comunque esclusi dal canone: il

4
Vangelo di Pietro e il Vangelo di Tommaso.

4
circa l'autore: Matteo e Giovanni (apostoli) precedevano Marco e Luca
("soltanto" discepoli). In oriente, invece, prevaleva un ordine cronologico (come si
riteneva allora): Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Questa, tra l'altro, è la
collocazione canonica a noi pervenuta 45.
Circa lo scritto "Atti degli Apostoli" esso fa parte di un dittico composto da Luca
verso l'80 come un'unica opera letteraria in due tempi: Vangelo e Atti. Gli At
mostrano che la predicazione degli apostoli Pietro e Paolo continua l'attività di
Gesù e realizza la diffusione del vangelo nei paesi che si affacciano sul
Mediterraneo. At diventa un libro popolare dopo Marcione (150 c.a), che lo
esclude dal suo «canone», e acquista uno statuto "quasi canonico" verso il 200.

1.6.4Gli altri scritti del NT e il riconoscimento dei deuterocanonici


«Questa parte del canone neotestamentario conosce una storia molto simile
a quella della terza parte dell'AT, gli Scritti, a causa della mancanza di dati e di
informazioni precise»46.
Nel canone neotestamentario è contemplato pure un terzo gruppo di scritti,
composto dalla prima lettera di Pietro (1Pt) e dalla prima lettera di Giovanni (1Gv),
la cui canonicità non fu mai messa in discussione (= protocanonici) e da Ebrei,
Giacomo, seconda di Pietro (2 Pt), seconda e terza di Giovanni (2 e 3 Gv), lettera
di Giuda e Apocalisse, riconosciuti come canonici solo in un secondo momento
(= deuterocanonici). Il riconoscimento della canonicità di questi ultimi incontrò
perplessità e contrasti fin verso la fine del sec. IV (poi non ci furono più grandi
diatribe).
Benché sporadiche, tali difficoltà e discussioni risultano istruttive, se si riesce
a comprenderne i motivi e le vie attraverso le quali si giunse a risolverle. Siamo,
così, introdotti nella comprensione dei criteri in base ai quali uno scritto cristiano
poteva essere riconosciuto o meno come canonico.

1.6.5 Chiusura del canone


Una delle ragioni per le quali bisognerà attendere il IV secolo prima di assistere
alla chiusura del canone è stata la decisione di dare al cristianesimo uno
statuto ufficiale all'interno dell'impero romano, situazione prima impensabile
anche a causa delle persecuzioni da parte dell'autorità imperiale. Inoltre la
diffusione del cristianesimo e la necessità di testi precisi per la catechesi e la
liturgia contribuirono non poco alla fissazione del canone del NT. L'imperatore
Costantino dichiarò il cristianesimo religio licita e questa condizione di libertà
favorì le comunicazioni tra le comunità e creò la necessità di fissare un canone
comune tra tutte le comunità cristiane. I primi elenchi completi del canone
appaiono quindi durante il IV secolo. Il primo vero elenco completo è quello di
Eusebio di Cesarea (verso il 325) nella sua Storia ecclesiastica (3,25), seguito
da quelli di Cirillo di

45 In realtà Matteo precede Marco perché Matteo è stato ampiamente utilizzato nella catechesi
a causa della presenza di numerosi discorsi. L'ordine attuale risale alla scelta di S. Girolamo nella
sua traduzione latina, la Vulgata (400 ca.), che si impose come versione ufficiale nella Chiesa latina.
46 SKA, J-L., "Formazione del canone delle Scritture ebraiche e cristiane", Il libro sigillato e il
libro aperto, 160.
4
Gerusalemme (350), Atanasio di Alessandria (367), Gregorio di Nazianzo (400),
Agostino (400), liste poi sancite dai concili di Ipponio (393) e di Cartagine (397).
Comunque solo Atanasio di Alessandria ci offre una lista di ventisette libri senza
avere alcun tentennamento a proposito dell'uno o dell'altro libro 47;
Eusebio, invece, non si mostra sicuro verso alcuni scritti sulla cui canonicità
fatica a pronunciarsi (Eb, Gc, 2Pt, 2 e 3Gv, Gd e Ap). Le discussioni si
protrarranno certamente fino alla fine del IV secolo, soprattutto a proposito
della Lettera agli Ebrei e di Apocalisse, accolte nelle chiese di Occidente, ma
guardate con riluttanza in Oriente.
Le prime "edizioni" complete di un testo del NT risalgono attorno al IV-V sec 48. Il
primo codice completo è il Codex Vaticanus49 (IV sec.), c'è poi il Codex
Sinaiticus50 (IV sec., ma leggermente più recente del Vaticanus) infine il Codex
Alexandrinus51 (inizio del V sec.) Questo fatto attesta che «le discussioni sul
canone si sono protratte per lungo tempo. Si può pensare che la possibilità, nel
IV secolo, di produrre codici capaci di contenere tutta la Scrittura abbia spinto
le autorità ecclesiastiche in oriente e in occidente a stabilire in modo più chiaro
le frontiere del canone».

47Lettera festiva, 39.


48 Vi sono alcuni papiri più antichi di questi codici, ma che contengono solo alcune parti del NT.
Il testo più antico finora rinvenuto è il P52 (papiro numero 52) della John Ryland Library di
Manchester, databile al 140 e contiene un brano della passione del Vangelo secondo Giovanni
(18,31-33.37- 38). Il secondo testo databile verso il 200 è il P46 della Chester Beatty Library di
Dublino.
49 Comprende AT e NT, ma non contiene, nel suo AT, né la preghiera di Manasse né i libri dei
Maccabei, e nel NT né le lettere pastorali né l’Apocalisse
50 È il più antico manoscritto a contenere tutto il NT e praticamente tutto l’AT, fino a Esdra
9,9. Contiene pure il Pastore di Erma e la Lettera di Barnaba.
51Contiene oltre all’AT e al NT, 1 e 2 Clemente e i Salmi di Salomone.
4
1.1 La Bibbia libro della Fede...................................................................................................................3
1.2 La storia della formazione del canone dell'AT..................................................................................6
1.2.1 Il Siracide (180 a.C.)........................................................................................................................................7
1.2.2 Il Secondo libro dei Maccabei (160 a.C.).........................................................................................................7
1.2.3 I manoscritti del Mar Morto.............................................................................................................................7
1.2.4 Il Nuovo Testamento........................................................................................................................................7
1.2.5 I primi scritti ebraici.........................................................................................................................................8
1.2.6 Il canone breve e quello lungo dell'AT............................................................................................................9
1.2.7 La formazione del canone ebraico «breve» e l'accademia di Iamnia...............................................................9
1.2.8 Origine del canone lungo dei cristiani............................................................................................................11
1.3 Il Canone dell'AT...............................................................................................................................12
1.3.1 La Torā (Legge o Pentateuco)........................................................................................................................12
1.3.2 I Profeti...........................................................................................................................................................13
1.3.3 Gli Scritti........................................................................................................................................................14
1.4 La struttura aperta del canone dell'AT............................................................................................15
1.4.1 L'AT cristiano orientato a Cristo – l'AT ebraico orientato al tempio.............................................................15
1.4.2 L'ingresso nella terra promessa......................................................................................................................16
1.5 I cristiani e l'AT.................................................................................................................................17
1.5.1 I cristiani accolgono l'AT da Gesù.................................................................................................................17
1.5.2 Annuncio di Gesù e canone nella Chiesa delle origini...................................................................................18
1.5.3 Gesù e la canonicità delle Scritture................................................................................................................18
1.6 Il Canone del NT................................................................................................................................20
1.6.1 L'importanza della tradizione orale................................................................................................................20
1.6.2 Il Corpus paulinum.........................................................................................................................................21
1.6.3 La formazione del corpo dei quattro Vangeli (e di Atti)................................................................................22
1.6.4 Gli altri scritti del NT e il riconoscimento dei deuterocanonici.....................................................................24
1.6.5 Chiusura del canone.......................................................................................................................................24

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