PPUNTI DI CRISTALLOGRAFIA
CRISTALLOGRAFIA
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Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
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Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
SOMMARIO
1. INTRODUZIONE.........................................................................................................................5
2. I RAGGI X...............................................................................................................................10
2.1. Natura e produzione dei raggi X ....................................................................................10
2.2. Radiazione continua. ......................................................................................................10
2.3. Radiazione caratteristica................................................................................................12
2.4. Assorbimento dei raggi X. ..............................................................................................15
2.5. Scattering dei raggi X.....................................................................................................17
3. CONDIZIONI PER LA DIFFRAZIONE: EQUAZIONI DI LAUE ................................................18
4. IL RETICOLO RECIPROCO .....................................................................................................21
5. RETICOLO DIRETTO E RETICOLO RECIPROCO ...................................................................23
5.1. L’esempio del reticolo monoclino ..................................................................................23
6. TECNICHE SPERIMENTALI ...................................................................................................26
6.1 Il metodo del cristallo rotante .........................................................................................27
6.2 Metodo di Weissenberg....................................................................................................29
6.3 Metodo di precessione o Buerger ....................................................................................33
6.4 Diffrattometro automatico a 4 cerchi ..............................................................................38
7. INTENSITÀ DELLA DIFFRAZIONE ........................................................................................40
7.1 Diffusione di raggi X da parte di un elettrone.................................................................40
7.2 Diffusione di raggi X da parte di un atomo .....................................................................41
7.3 Il fattore di struttura ........................................................................................................42
7.4 La riflessione integrata....................................................................................................44
7.5 Assorbimento ...................................................................................................................47
7.6 Estinzione primaria e secondaria. ...................................................................................50
8. IL FATTORE DI STRUTTURA: RAPPRESENTAZIONI GEOMETRICA ED ANALITICA ..........52
9. IL FATTORE DI STRUTTURA: LA SIMMETRIA DELLA DIFFRAZIONE .................................53
10. IL FATTORE DI STRUTTURA: LE ESTINZIONI SISTEMATICHE .........................................54
10.1. Reticoli centrati. ...........................................................................................................54
10.2. Slittopiani. ....................................................................................................................55
10.3. Elicogire. ......................................................................................................................56
11. CONTENUTO DELLA CELLA ELEMENTARE.......................................................................56
11.1. Esempio 1: il naftalene .................................................................................................56
11.2. Esempio 2: la tormalina ...............................................................................................57
11.3. Esempio 3: la determinazione della struttura del rutilo ...............................................59
12. DETERMINAZIONE DELLE STRUTTURE: APPROCCIO GENERALE...................................63
13. LA DENSITÀ ELETTRONICA: SINTESI DI FOURIER ...........................................................63
14. LA FUNZIONE DI PATTERSON ............................................................................................67
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Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
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Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
PARTE 3A:
CRISTALLOGRAFIA STRUTTURALE
1. INTRODUZIONE
Abbiamo descritto un cristallo come caratterizzato, per quanto riguarda il suo assetto
microscopico, dalla ripetizione, secondo le traslazioni reticolari, di un aggregato di atomi o ioni
(es. Fig. 1: struttura della cristobalite α, vista lungo l'asse c).
La determinazione della struttura comporterà quindi la definizione sia del ritmo di
ripetizione (reticolo) sia della disposizione degli atomi o ioni costituenti il motivo associato ad
ogni punto reticolare.
Fig. 1. Struttura della cristobalite α, vista lungo [001]. Gruppo spaziale P41212, a = 4.97, c = 6.93 Å.
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Fig. 2. Illustrazione della teoria di Abbe sulla formazione dell’immagine. Si osservi che sul piano D si incontrano
in un punto i fasci a (in nero), in un secondo punto i fasci b (in blu), in un terzo punto i fasci c (in rosso).
Nella Fig. 2 un fascio di luce monocromatica incide sul reticolo G; le onde trasmesse
passano attraverso la lente L, collocata in modo da formare in I un'immagine reale del reticolo.
La teoria di Abbe della formazione dell'immagine assume che la formazione dell'immagine I
avvenga in due stadi.
1) Quando l'onda piana incidente investe il reticolo, viene diffratta, dando luogo a fasci
paralleli corrispondenti ai diversi ordini di diffrazione (fasci a, b e c nella Figura 2). La lente
focalizza questi diversi fasci nel piano D, sul quale si forma lo spettro di diffrazione
corrispondente al reticolo.
2) I diversi punti del piano D sono sorgenti di onde secondarie che si propagano oltre D:
l'immagine in I è la risultante delle onde originatesi in D.
Tutto ciò significa che l'immagine del reticolo in oggetto possiamo ottenerla non solo
formandola fisicamente mediante l'uso della lente, ma anche mediante il seguente doppio
calcolo:
a) calcolo dello spettro di diffrazione del reticolo. La direzione, l'ampiezza e la fase di
ciascun raggio diffratto possono, infatti, essere calcolati una volta dato il reticolo: la Fig. 3
indica come sia possibile calcolare le direzioni di diffrazione relative alle onde F0 , F1 , F2 , F1 ,
F2 .
b) calcolo dell'immagine, ricombinando le onde diffratte, conto tenuto delle relative fasi.
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La Figura 3 mostra, tra l'altro, che effetti di diffrazione si producono quando la lunghezza
d'onda della radiazione incidente è inferiore al periodo di ripetizione; se la lunghezza d'onda è
superiore al periodo del reticolo solo il fascio d'ordine zero entra nell'obiettivo, dando luogo ad
un campo uniforme nell'immagine.
Fig. 3.
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cristallo, caratterizzato da un reticolo tridimensionale, una tripla di indici hkl denoterà i diversi
effetti di diffrazione, dovendo il massimo di diffrazione soddisfare simultaneamente condizioni
di interferenza positiva relative ai tre filari fondamentali del reticolo.
modulo dell'ampiezza, ma abbiamo perso ogni informazione sulla fase. Risulta pertanto
impossibile una ricostruzione immediata dell'immagine della struttura. Le diverse metodologie
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sviluppate dalla cristallografia strutturale hanno avuto come fine ultimo la soluzione del
"problema della fase". Tale problema è oggi sostanzialmente risolto e le procedure per la
determinazione delle strutture cristalline sono, nei casi normali, procedure di routine.
d) Ancor prima che fosse raggiunta una soluzione generale del problema della fase, un
gran numero di risultati strutturali si sono ottenuti utilizzando in via indiretta lo spettro di
diffrazione. Infatti l'espressione (1.1), come pure la espressione più complessa corrispondente al
caso di strutture prive del centro di inversione, permettono il calcolo dell'ampiezza, e quindi
anche dell'intensità, delle varie onde diffratte, quando sia nota la struttura. È perciò possibile
saggiare diverse ipotesi di struttura, confrontando, per ciascuna di esse, le intensità calcolate con
quelle effettivamente misurate.
In certi casi i vincoli di simmetria limitano drasticamente le possibili strutture: tra queste
la scelta può agevolmente compiersi utilizzando lo spettro di diffrazione, confrontando appunto
intensità calcolate ed osservate.
Z * P .M .
d =
N * V (1.2)
Nel caso in esame si ha:
Z * 58.45
2.168 = (1.3)
0.602 *10 23 * (5.64) 3 *10 − 24
Z = 4.00 (1.4)
I quattro ioni Na+ e i quattro ioni Cl− possono essere disposti nella cella in due soli modi,
a causa degli stringenti vincoli di simmetria: quello corrispondente ad una struttura in cui ogni
ione Na+ è circondato da sei ioni Cl− in coordinazione ottaedrica e viceversa, oppure quello in
cui ogni ione Na+ è circondato da quattro ioni Cl− in coordinazione tetraedrica e viceversa
(struttura tipo blenda).
Nei due casi le coordinate sono le seguenti:
I caso II caso
xyz xyz
Na+ 000 000
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2. I RAGGI X
Fig. 5. Rappresentazione schematica di un tubo a raggi X: filamento di tungsteno per l’emissione di elettroni per
riscaldamento; circolazione di acqua per raffreddare l’anticatodo; finestra (di Be) per la fuoruscita dei raggi
X.
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radiazione X così prodotto ha la lunghezza d’onda minima λmin per il particolare voltaggio
applicato.
hc/λ = ½ mv2 = eV
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νK aumentano col numero atomico (vedi legge di Moseley, discussa più avanti); per es. per il
tungsteno con voltaggi di 50 kV compaiono solo le righe L.
IK = Bi (V − VK)n
con n = 1.5; i intensità della corrente elettronica nel tubo; VK, potenziale di ionizzazione (nel
guscio K) del metallo costituente l’anticatodo. Ad esempio, in un tubo a rame, a 30 kV la Kα ha
intensità 90 volte superiore a quella del fondo continuo adiacente. Le righe caratteristiche sono
anche assai strette, con larghezza a mezza altezza pari a 0.001 Å.
L’origine della radiazione caratteristica è legata al riassestamento degli elettroni orbitali
degli atomi dell’elemento costituente l’anticatodo,
riassestamenti susseguenti all’espulsione di uno o più
elettroni nel processo di eccitazione.
Nei sistemi polielettronici l’energia di un elettrone
dipende, oltre che dal numero quantico principale n, dal
numero quantico l, nonché da j, risultante dall’accoppiamento
l-s, con j = |l + s|. Si hanno quindi, come risulta dall’esame Fig. 8
della Tab. 2, 1 livello K, 3 livelli L e 5 livelli M.
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L 2 0 0 ±1/2 1/2
1 +1 ±1/2
1 0 ±1/2 1/2, 3/2
1 −1 ±1/2
M 3 0 0 ±1/2 1/2
1 +1 ±1/2
1 0 ±1/2 1/2, 3/2
1 −1 ±1/2
2 +2 ±1/2
2 +1 ±1/2
2 0 ±1/2 3/2, 5/2
2 −1 ±1/2
2 −2 ±1/2
√ν = C (Z − σ)
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con C e σ costanti caratteristiche della particolare serie spettrale (Kα1, Kα2, Kβ) (vedi Fig. 9).
La relazione di Moseley può essere spiegata in modo assai semplice ricordando
l’espressione per l’energia di un elettrone nel livello a numero quantico principale n:
2π 2 mZ 2e 4 Z2
En = − = −A 2
n2h 2 n
E1 − E2 = hν
E1 − E2 Z2 1 1
ν= = − A 2 − 2
h h n1 n2
1/ 2
1 1
ν = KZ 2 − 2
n2 n1
Fig. 9. Variazione di √ν in funzione di Z per le
serie Kα1, Kα2, Kβ.
2.4. ASSORBIMENTO DEI RAGGI X.
Quando un fascio di raggi X attraversa un materiale, il fascio incidente è attenuato per una
serie di processi, dei quali il più interessante ai nostri fini è la diffusione coerente da parte degli
atomi costituenti il materiale. Tale processo è accompagnato da altri, quali la diffusione
incoerente (con cambiamento di lunghezza d’onda – effetto Compton), l’emissione di elettroni
per effetto fotoelettrico, l’emissione di elettroni Auger (es.: un fotone X, originato dalla
transizione di un elettrone da LII a K, causa la espulsione di un elettrone dal livello LIII),
l’emissione di raggi X di fluorescenza (radiazioni X di energia sufficientemente alta possono
ionizzare gli atomi del materiale, con conseguente riarrangiamento degli elettroni stessi ed
emissione di radiazioni X caratteristiche degli atomi del materiale), il trasferimento di energia al
materiale sotto forma di energia termica. Il complesso di tali processi causa, come si è detto,
una attenuazione dell’intensità del fascio. Come in tutti i fenomeni di assorbimento la
diminuzione dell’intensità incidente è regolata dalla relazione:
−dI = µ I dz
dove µ è il coefficiente di assorbimento lineare del materiale, dz è lo spessore infinitesimo
attraversato. Dall’integrazione di tale equazione differenziale si ottiene:
I = I0 e−µz
L’espressione può essere modificata moltiplicando e dividendo il coefficiente µ per la
densità ρ del materiale, ottenendosi:
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I = I0 e−(µ/ρ)ρz
La quantità µ/ρ è definita coefficiente di assorbimento di massa ed è indipendente dallo
stato di aggregazione del materiale. Aspetto importante: il coefficiente di assorbimento di massa
di un qualsiasi materiale può essere calcolato se sono noti la composizione chimica (wi, % in
peso degli elementi costitutivi) ed i coefficienti di assorbimento di massa dei vari elementi,
(µ/ρ)i.
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Fig. 10. Coefficiente di assorbimento di massa (µ/ρ)Z di un elemento a numero atomico Z in funzione delle
lunghezza d’onda λ della radiazione X incidente.
Fig. 11. Utilizzazione della discontinuità di assorbimento per la monocromatizzazione di un fascio di raggi X.
1 È questo il motivo per cui gli schermi per la protezione dalle radiazioni X sono generalmente di piombo
(Z = 82) mentre le finestre che permettono la fuoruscita dei raggi da un tubo per la produzione di raggi X sono
generalmente di berillio (Z = 4).
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I raggi X costituiscono quella parte dello spettro elettromagnetico compresa tra 0.1 Å e
100-200 Å (i limiti sono ovviamente alquanto arbitrari), confinando con i raggi γ da un lato e
col lontano ultravioletto dall'altro. Le radiazioni X generalmente utilizzate nelle ricerche
cristallografiche sono ristrette all'intervallo 0.5-2.5 Å; le lunghezze d'onda più frequentemente
usate sono quelle della radiazione CuKα (1.54178 Å) e MoKα (0.71073 Å).
Un fascio di raggi X che attraversi un mezzo materiale viene attenuato per una serie di
eventi che possono, complessivamente, definirsi come assorbimento (paragrafo 2.4) e
"scattering".
La diffusione, o "scattering", dei raggi X da parte degli atomi costituenti il materiale
investito può avvenire in due modi diversi.
1) Diffusione incoerente. Un fotone X può essere deflesso dagli elettroni, trasferendo ad
essi parte della sua energia come energia cinetica: la lunghezza d'onda del fotone deflesso
risulterà pertanto aumentata.
2) Diffusione coerente. Gli elettroni investiti dal fascio di raggi X vibrano con la stessa
frequenza della radiazione incidente. Gli elettroni in vibrazione sono sorgenti secondarie di
radiazione X di quella frequenza, comune a tutti gli elettroni emittenti: hanno pertanto origine
quei fenomeni di interferenza che stanno alla base della cristallografia a raggi X.
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Sia r il vettore che unisce due punti reticolari A e B (Fig. 12), s0 ed s i versori (vettori
unitari) nelle direzioni di incidenza e "scattering" rispettivamente. I percorsi delle onde inviate
dai due elettroni collocati su A e B differiscono di AM−NB. Le due onde risulteranno pertanto
in fase quando AM−BN = nλ, essendo λ la lunghezza d'onda della radiazione X utilizzata, in
altre parole quando:
r × s − r × s0 = nλ r × S = nλ con S = s - s0 (3.1)
Fig. 12.
c × S = lλ
È ben noto che la diffrazione dei raggi X da parte dei cristalli fu interpretata da W.L.
Bragg come una particolare riflessione da parte dei piani reticolari del cristallo. Secondo Bragg
la serie di piani (hkl), caratterizzata da una distanza interplanare dhkl, riflette un fascio di raggi X
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di lunghezza d'onda λ solo per particolari angoli di incidenza θ, tali che la differenza di
cammino per onde riflesse da due successivi piani sia pari ad un numero intero di lunghezze
d'onda (Fig. 14). In formule:
nλ = 2 d senθ (1.6)
Fig. 14.
È ora possibile dimostrare che, ogni qualvolta sono soddisfatte le equazioni di Laue, c'è
una serie di piani, a indici hkl, che riflette secondo l'equazione di Bragg.
La Fig. 15 indica l'orientazione della serie di piani (hkl): si ricordi che, nella serie di piani
(hkl), il primo piano, in altre parole quello immediatamente successivo al piano passante per
l'origine, stacca intercette a/h, b/k, c/l su a, b, c rispettivamente. Il vettore S è normale alla serie
di piani indicata.
Fig. 16 Fig. 15
Dimostrazione:
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a) per dimostrare che un vettore è normale ad un piano basta dimostrare che è normale a
due vettori del piano;
b) per dimostrare che due vettori sono ortogonali basta dimostrare che il loro prodotto
scalare è nullo;
c) S è ortogonale a (a/h-b/k) ed a (b/k-c/l), poiché (a/h-b/k) × S = a/h × S - b/k × S = λ -
λ=0
(b/k-c/l) × S = b/k × S - c/l × S = λ - λ = 0
S è quindi ortogonale a (hkl). Inoltre la distanza dhkl, pari alla distanza dall'origine del
primo piano della serie, è data dalla proiezione di a/h sulla normale al piano (vedi
l'esempio bidimensionale in Fig. 16), ovvero dal prodotto scalare tra a/h ed un vettore unitario
nella direzione della normale al piano (es. S / |S| ). Pertanto:
dhkl = a/h × S/ S = λ/ S
S = λ/dhkl
Si ha quindi S = λ/dhkl. Poiché, d'altra parte, S = 2senθ si ottiene la equazione di Bragg:
1
λ = 2 d senθ.
4. IL RETICOLO RECIPROCO
Dato un reticolo caratterizzato dai vettori a, b, c, si definisce reticolo reciproco il reticolo
caratterizzato dai seguenti vettori fondamentali:
1
É lasciato allo studente il compito di dimostrare che l’equazione qui derivata non é meno generale di quella
riportata nelle pagine precedenti (nλ = 2d sinθ).
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a* = (b ^ c)/(a × b ^ c)
b* = (c ^ a)/(b × c ^ a) (4.1)
c* = (a ^ b)/(c × a ^ b)
Sono immediatamente verificabili, e risulteranno utili nelle successive discussioni, le
seguenti relazioni:
a × a* = b × b* = c × c*= 1
a × b* = a × c* = b × c* = ..... = 0 (4.2)
Consideriamo l'espressione per il vettore c* ed analizziamo numeratore e denominatore.
Numeratore a ^ b. È un vettore normale al piano individuato dai vettori a e b, ovvero al
piano (001) (Fig. 17) e pari, in modulo, ad a·b·senγ , cioè all'area A del parallelogramma
costruito su a e b (Fig. 18). Indicando con n un vettore unitario normale a (001) si ha: a ^ b =
nA.
Fig. 17 Fig. 18
Denominatore c × a ^ b (= a × b ^ c = b
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c × n. Quindi:
V=dA=c×nA=c×a∧b
Il modulo di c* è quindi dato da A/V = A/A d001 = 1/d001.
Riassumendo, il vettore c* è un vettore normale al piano (001) e pari, in modulo, a 1/d001.
Relazioni simili sono ricavabili dall'esame delle espressioni per a* e b*:
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Fig. 20
La Fig. 21, che mostra le relazioni tra a*, c* e a, c, indica che β* = 180 − β; infatti (180 −
β) + ε = β* + ε = 90°; a* e c* sono per definizione ortogonali a (100) e (001) rispettivamente.
Poiché d100 = a senβ e d001 = c senβ ,le relazioni tra le costanti della cella diretta e reciproca nel
sistema monoclino risultano:
a* = 1/a senβ
b* = 1/b
c* = 1/c senβ
β* = 180 − β
Tali relazioni permettono la immediata
costruzione del reticolo reciproco (Fig. 20b). È
possibile verificare che ogni vettore reciproco è
normale alla corrispondente serie di piani diretti e
il suo modulo è inversamente proporzionale alla
distanza interplanare in quella serie di piani.
Abbiamo notato che, essendo b ortogonale
al piano dei vettori a e c, si otteneva b* = 1/b. Nel
caso di reticoli ortorombici ciò si verifica per i tre
assi e pertanto: Fig. 21
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La Tabella seguente (Tab. 3) riporta le relazioni tra le costanti di cella del reticolo diretto
e del reticolo reciproco nei diversi sistemi.
Tab. 3
Triclino 1 1 cos β cos γ − cos α cos β * cos γ * − cos α *
a* = = cos α* = cos α =
a sin β sin γ * a sin β * sin γ sin β sin γ sin β * sin γ *
1 1 cos γ cos α − cos β cos γ * cos α * − cos β *
b* = = cos β* = cos β =
b sin γ sin α * b sin γ * sin α sin γ sin α sin γ * sin α *
1 1 cos α cos β − cos γ cos α * cos β * − cos γ *
c* = = cos γ* = cos γ =
c sin α sin β * c sin α * sin β sin α sin β sin α * sin β *
Monoclino 1 α* = 90° α = 90°
a* =
a sin β
1 β* = 180° − β β = 180° − β *
b* =
b
1 γ* = 90° γ = 90°
c* =
c sin β
Rombico 1
(a ≠ b ≠ c) a* = α* = 90° α = 90°
a
Tetragonale 1
b* = β* = 90° β = 90°
(a = b ≠ c) b
Cubico c* = 1 γ* = 90° γ = 90°
c
(a = b = c)
Esagonale 1
Trigonale a* = α* = 90° α = 90°
a sin 60°
(a = b ≠ c 1
b* = β* = 90° β = 90°
α = β = 90° b sin 60°
1
γ = 120°) c* = γ* = 180° − γ = 60° γ = 120°
c
Perciò come ogni vettore di reticolo reciproco è normale a piani del reticolo diretto, cosi'
ogni vettore del reticolo diretto è normale a piani del reticolo reciproco. Limitandoci ai vettori
fondamentali noteremo che a è normale al piano di b* e c*, e pertanto è normale a tutti i vettori
a A* a 1
⋅ . Ma d (100 )* = a * × = .
1
(a*)* = (b*∧c*)/(a*×b*∧c*); (a*)* =
a A * ⋅d (100 )* a a
Pertanto (a*)* = a.
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*
reciproci 0kl, ovvero i vettori r0kl = kb* + lc*; similmente b è normale ai vettori reciproci h0l e
c è normale ai vettori reciproci hk0.
Più in generale il vettore di reticolo diretto Ua + Vb + Wc è ortogonale al piano di reticolo
reciproco Ha* + Kb* + Lc*, con HKL tali che
6. TECNICHE SPERIMENTALI
Vogliamo ora mostrare l'utilizzazione del concetto di reticolo reciproco (indicato con r.r.
d'ora innanzi), in connessione con la costruzione suggerita da P.P. Ewald, al fine di stabilire le
condizioni della diffrazione. Consideriamo il cristallo investito dal fascio di raggi X di
lunghezza d'onda λ collocato al centro di una sfera di raggio 1/λ. Poniamo in O (Fig. 15a)
*
l'origine del reticolo reciproco. Consideriamo il vettore reciproco rhkl la cui estremità tocca la
*
sfera (sfera di riflessione o di Ewald). Dalla Fig. 22b si ha che rhkl = (2 senθ)/λ, essendo 2θ
*
l'angolo tra CO e CP. Poiché inoltre rhkl = 1/dhkl si ottiene
infatti con IC (direzione di s0) e CP un angolo θ (Fig. 22b): CP individua pertanto la direzione
di diffrazione s.
Il concetto di reticolo reciproco, in connessione con la costruzione di Ewald, offre una
maniera semplice di descrivere le diverse tecniche di diffrazione e per interpretare i relativi
risultati.
È evidente che disponendo un cristallo sul percorso di un fascio di raggi X monocromatici
non si registrerà, generalmente, alcun effetto di diffrazione: è infatti altamente improbabile che
un qualsiasi punto del r.r. stia esattamente disposto sulla sfera di riflessione. Effetti di
diffrazione si produrranno solo muovendo il cristallo ed in tal modo muovendo, solidalmente
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con esso, il r.r.: nel corso del movimento vari punti del r.r. toccheranno la sfera di riflessione
dando origine a raggi diffratti.
Fig. 22 (a, b)
La diverse tecniche che descriveremo possono essere considerate come espedienti diversi
per portare un largo numero di punti del r.r. a toccare la sfera di riflessione. In quanto segue
descriveremo solo tecniche di diffrazione con cristallo singolo e lunghezza d'onda
monocromatica, ma il concetto di r.r. è utilmente applicabile anche all'interpretazione di spettri
di polvere (campione policristallino) e di spettri Laue (radiazione X policromatica).
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Fig. 23
Fig. 24.
tg α = y1 / C D = y1/R (6.3)
essendo R il raggio della camera utilizzata (generalmente R = 28.65 mm). Poiché d* = 1/b
otteniamo
b = λ / sen arctg (y1 /R) (6.4)
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nd*/(1/λ) = senα
tg α = yn /CD = yn /R
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Fig. 25
È nostro compito comprendere secondo quali regole tali movimenti "sparpaglino" gli
effetti di diffrazione sulla pellicola o, detto altrimenti, come sia possibile ricostruire, dalla
distribuzione di macchie sulla pellicola, il piano di r. r. di cui tale pellicola è la "fotografia".
Fig. 26
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Nel piano di r. r. qui sopra rappresentato (Fig. 26) si distinguono filari centrali, cioè filari
passanti per l'origine quali OT ed OS, e filari non centrali, quali RR'. L'intero piano di r. r. può
essere descritto in termini di soli filari centrali. Consideriamo un generico filare centrale, ad es.
OT che immagineremo occupato con continuità da punti di r. r.; come apparirà la sua
"fotografia" sullo spettro Weissenberg? Il filare sia inizialmente nella posizione (1) (Fig. 27a):
la pellicola è colpita dal fascio diretto in 1 (Fig. 27b); quando il filare è in posizione (2) la
pellicola, che ha subito uno spostamento z2 , viene colpita all'altezza x2; quando il filare è in
posizione (3) la pellicola, il cui spostamento è ora z3 , viene colpita ad una altezza maggiore
x3;... L'altezza x alla quale la pellicola registra il fascio diffratto corrisponde all'angolo Y (= 2θ);
la Fig. 28 indica che
Y = 2ω (6.6)
Inoltre si ha che Y : 360° = x : 2πR, ovvero
x = (2πR/360° ) Y = C1 Y (6.7)
per R = 28.65 mm C1 = 1/2 mm/grado
Fig. 27
D'altra parte l'accoppiamento tra la rotazione del cristallo e la traslazione della pellicola è
scelto, normalmente, in modo che
z = C2 ω (6.8)
31
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
con C2 = 1/2 mm/grado. Pertanto poiché C1 = C2, dalla relazione Y = 2ω si ottiene x = 2z: ogni
filare centrale si riprodurrà nella pellicola secondo una retta con pendenza 2. Ciò vale per il
filare OT, come pure per il filare OS, che si riprodurrà sulla pellicola con una retta di pendenza
2, parallela a quella corrispondente al filare OT, ma spostata rispetto ad essa del tratto z = ½ ω ,
se ω è l'angolo tra i due filari.
Fig. 28
Abbiamo trattato i filari come se fossero occupati con continuità nello spazio reciproco; in
realtà essi sono solo discretamente occupati da punti reticolari. Le rette ora descritte e tutte le
altre che, nel Weissenberg, corrispondono ai filari centrali del piano di r. r., saranno tanto più
fittamente popolate di riflessi, quanto minore è la periodicità nel filare centrale corrispondente.
Nel caso del reticolo reciproco di Fig. 26 i filari OT ed OS danno luogo a rette densamente
popolate sul diffrattogramma di Weissenberg.
Fig. 29
32
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
È ora relativamente semplice mostrare, sulla base delle considerazioni svolte, come sia
possibile ricostruire il r. r. dalla "fotografia" Weissenberg. Basterà osservare che, preso un
qualsiasi filare centrale come filare di riferimento, la posizione di un punto del piano di r. r., è
identificata da |r*| e ω, modulo del vettore reciproco e angolo che il vettore fa col filare di
riferimento (Fig. 29). Nello spettro Weissenberg a |r*| e ω corrispondono x e z secondo le
seguenti relazioni:
x = arcsen(λ|r*|/2)
z = ω /2 ω=2z (6.10)
Le relazioni (6.9) sono ricavabili dalla (6.6) ricordando che Y = 2θ ed applicando
l'equazione di Bragg. Dai valori di x e z, misurati per ogni riflesso sulla pellicola Weissenberg, è
possibile ottenere i valori di |r*| e ω del corrispondente punto di r. r.
È possibile pertanto, con la tecnica di Weissenberg, ricostruire i diversi piani di r. r.,
"fotografandoli" uno dopo l'altro, e ricostruire in tal modo l'intero r. r., ottenendo quindi tutti i
parametri reciproci, necessari a ricavare, mediante la Tab.3, i parametri diretti. Tuttavia, tranne
nel caso di cristalli triclini, è possibile determinare tutte le costanti di cella mediante un solo
fotogramma di Weissenberg ed il fotogramma di cristallo rotante corrispondente. Supponiamo
infatti di aver scelto (come nell'esempio considerato) l'asse b di un cristallo monoclino quale
asse di rotazione. Col metodo del cristallo rotante si ottiene il valore di b; quindi possiamo
raccogliere, col metodo di Weissenberg, i riflessi h0l (fotogramma di Weissenberg dello strato
equatoriale). Sul piano di r. r. ricostruito utilizzando le relazioni (6.9), potremo individuare i
vettori a* e c* e misurare a*, c* e β*. Le formule della Tab. 3 mi forniranno i parametri diretti
a, c e β .
33
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
disposto l'asse b del cristallo in tale orientazione: in Fig. 30 è riportata la traccia del piano di r. r.
h0l (normale a b e passante per l'origine). Incliniamo ora il vettore b e, solidalmente ad esso, il
piano di reticolo reciproco h0l, di un angolo µ (solitamente µ = 30° ) rispetto alla direzione dei
raggi X incidenti. Il piano di r. r. h0l taglia la sfera secondo una circonferenza di raggio senµ/λ.
Se all'asse b viene fatto eseguire un moto di precessione attorno alla direzione IO dei raggi
incidenti, il piano di r. r., nel suo movimento solidale di precessione, porterà a contatto della
sfera di riflessione tutti i punti entro una circonferenza di raggio 2senµ /λ.
Fig. 30
Fig. 31
34
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Un modo del tutto equivalente di descrivere l'esperienza, ma più efficace per dimostrare
quanto si è or ora affermato, è quello di considerare fissa la posizione del piano di r. r. h0l e fare
invece eseguire un moto di precessione al fascio di raggi X incidenti e quindi alla sfera di
riflessione. Le Fig. 31a e 31b presentano due viste della situazione: nella prima (vista parallela
al piano h0l) sono mostrate le due posizioni estreme nel movimento di precessione della sfera;
nella seconda (vista normale al piano h0l) sono mostrate le circonferenze intersezione della
sfera con il piano h0l, a diversi stadi del movimento di precessione. L'area del piano di r. r.
spazzata dalla sfera di riflessione è all'interno di una circonferenza di raggio 2senµ /λ.
OP/(1/ ) = O’P'/M
r* = O’P'/ M (6.11)
Poiché tale relazione vale per tutti i vettori del piano che entrano successivamente in
contatto con la sfera di riflessione e poiché, mentre il piano di r.r. h0l ruota attorno ad O, la
pellicola si mantiene ad esso parallela precedendo attorno ad O’, la disposizione di macchie
sulla pellicola ripeterà la disposizione dei punti sul piano di r.r.
Ultima osservazione: i raggi diffratti h0l sono disposti sulla superficie conica (cono di
Laue), di angolo al vertice 2µ, che ruota attorno a IO durante lo svolgersi dell'esperienza. Altri
effetti di diffrazione hanno luogo lungo superfici coniche diverse (es. h1l in Fig. 34). Un
35
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
opportuno schermo, che durante il movimento si mantiene sempre parallelo al piano h0l,
provvede a lasciar passare solo i raggi relativi al cono di Laue in esame (Fig. 32 e 33).
Fig. 33.
Fig. 34.
36
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Le figure seguenti (Fig. 35, 36, 37) riportano una serie di fotogrammi ottenuti con la
tecnica descritta. È semplice ottenere da fotogrammi di questo tipo: a) il valore dei parametri
reciproci utilizzando l'espressione (6.11); b) la corretta indicizzazione dei diversi riflessi; 3) la
simmetria della diffrazione.
37
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Un'estensione della stessa tecnica permette la raccolta di fotografie non distorte degli
strati superiori del reticolo reciproco (h1l, h2l,...), ricostruendo in tal modo l'intero reticolo
reciproco.
38
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
A questo punto, il nodo del reticolo reciproco a) il cristallo è fissato con colla sulla tesrina
all’estremità del vettore S è in posizione tale da goniometrica: non è necessario un suo particolare
soddisfare l’equazione di Bragg, con emissione di orientamento, come nei metodi di Weissenberg o di
raggi diffratti nella direzione 2θ°, che è appunto Buerger; è sufficiente che il suo baricentro coincida
l’angolo di cui è fatto ruotare il cerchio goniometrico con l’intersezione degli assi di rotazione di tutti i
più esterno,che porta sul bordo il contatore. cerchi;
Ovviamente queste rotazioni del reticolo b) fissati dei valori angolari limite entro i quli
reciproco avvengono in seguito ad analoghe rotazioni sono costretti a ruotare i cerchi, si lascia che
del cristallo. automaticamente il diffrattometro esplori la zona
angolare entro questi limiti alla ricerca di raggi diffratti
raccolti dal contatore. Ogni volta che ciò accade il
calcolatore utilizza i valori degli angoli di cui ha
ruotato i cerchi per ottenere quel particolare riflesso
per ricavare le coordinate di un corrispondente nodo
del reticolo reciproco, espresse secondo una terna di
assi ortogonali (asse x nella direzione dei raggi X
incidenti, asse z nella direzione degli assi dei cerchi ω
e 2θ, ed asse y normale agli altri due);
c) ottenute le coordinate di un certo numero di
nodi del reticolo reciproco (p. es. 25), il calcolatore
Fig. 39. Diffrattometria a cristallo singolo in base alla
ricava, in modulo e direzione, i tre più corti vettori che
teoria del reticolo reciproco: angoli di rotazione
dei cerchi goniometrici per portare un nodo del si possono tracciare tra gli stessi: i moduli di questi
reticolo reciproco (estremità di un vettore S) in vettori sono le tre costanti a*, b*, c* e gli angoli che
posizione adatta per dar luogo all’emissione di essi fanno tra loro sono rispettivamente α*, β* e
un raggio diffratto (v. testo). γ*.Inoltre, dall’orientamento di questi vettori si
desume quello del cristallo sulla testina goniometrica.
Dalla Fig. 39 si osserva che 2θ° è equivalente a Note le costanti del reticolo reciproco, sono facilmente
2ω°, così da giustificare l’accoppiamento del ricavabili, sempre ad opera del calcolatore, anche
movimento dei due corrispondenti cerchi. La quelle del reticolo di traslazione (a0, b0, c0, α, β, γ) con
possibilità di far muovere il cerchio ω le formule riportate nella Tab. *.
indipendentemente dal 2θpermette tuttavia alternative Partendo da questi dati, il calcolatore è ora in
nella posizione reciproca dei cerchi ω, χ e ϕ per porre grado di determinare gli angoli di rotazione da
lo stesso nodo del reticolo reciproco in posizione di imprimere ai cerchi e di pilotare il loro posizionamento
emissione di un raggio diffratto. Ciò è in pratica per porre il cristallo in condizione di diffrangere in
abbastanza utile, perché può capitare che, con una sequenza tutti i raggi corrispondenti ai nodi hkl del
certa disposizione di cerchi, il raggio diffratto possa reticolo reciproco compresi entro un prescelto angolo
essere schermato nel suo cammino da una parte mobile di diffrazione θ.
dell’apparecchio (supporto dei cerchi ecc.), mentre con L’intensità di ogni riflesso è misurata
una disposizione alternativa, questo può essere evitato. esplorando il “profilo” del massimo di diffrazione che
Nel primo caso avremmo dovuto rinunciare a registrare si ottiene ruotando il cristallo in un limitato intervallo
il corrispondente effetto di diffrazione. (per esempio 1°), secondo il cerchio ω (o secondo i
I diffrattometri a cristallo singolo sono pilotati cerchi accoppiati ω-2θ) intorno alla posizione teorica
da un piccolo calcolatore fornito di programmi di emissione del raggio diffratto.
adeguati in modo da ridurre al minimo l’intervento Queste intensità, raccolta dal contatore, sono
dell’operatore. Una procedura standard per la ripresa trasformate in impulsi elettrici, poi amplificati e
delleintensità dei vari effetti di diffrazione può essere registrati insieme ai relativi indici hkl (...) per essere
così riassunta:
39
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
E e 2 sin δ
Ed = (7.1)
mrc 2
2
L'intensità è proporzionale, come in ogni fenomeno ondulatorio, a |E| . Si ha pertanto:
I 0 e 4 sin 2 δ
Id = (7.2)
m2r 2c 4
Il campo elettrico dell'onda incidente potrà,
in generale, assumere tutte le possibili direzioni
normali a s0 e potrà sempre essere descritto come
combinazione di due vettori E|| e E⊥,
rispettivamente parallelo e ortogonale al piano
Fig. 40
40
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
definito da s0 ed s (Fig. 40). Le intensità associate a E|| e E⊥ saranno in media uguali e pari a
I0/2. Poiché per E⊥ δ = π/2 e per E|| δ = π/2 − 2θ si avrà:
I0 e4 I 0 e 4 cos 2 2 θ
Id = + (7.3)
2 m2r 2c4 2 m2r 2c4
e4 1 + cos 2 2θ
Id = I0 (7.4)
m 2 r 2 c 4 2
Il fattore in parentesi prende il nome di fattore di polarizzazione.
Le considerazioni ora svolte mostrano, tra l'altro, che sono gli elettroni i soli sostanziali
diffusori per i raggi X. Il potere diffondente dipende infatti dal rapporto q2/m: per i diversi
nuclei tale rapporto ha valori trascurabili rispetto a e2/m; ad es. nel caso del nucleo del rame si
ha:
q2 29e 2 e2
= = 0.007 (7.5)
m 64 ⋅ 1840m m
e2 1 + cos 2 2θ
Ae = (7.6)
mrc 2 2
l'ampiezza dell'onda diffusa da un atomo di numero atomico Z (Z elettroni attorno al nucleo)
dovrebbe essere ZAe. Tuttavia ciò è vero solo quando le onde inviate da tutti gli elettroni
dell'atomo sono in perfetta concordanza di fase (direzione 1 nella Fig. 41). Per le altre direzioni
l'ampiezza dell'onda diffusa dall'atomo Aa = f Ae è inferiore al valore massimo sopra riportato (f
< Z). Il valore di f è valutabile sulla base della conoscenza della distribuzione degli elettroni
nell'atomo.
Fig. 41.
41
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
È ben noto che gli elettroni di un atomo non sono in posizioni perfettamente localizzate,
ma piuttosto delocalizzati secondo una distribuzione descritta dalla funzione d'onda. Il potere
diffondente dell'intero atomo è valutabile componendo le onde inviate dai diversi volumetti di
densità elettronica, tenendo conto delle reciproche relazioni di fase. Le differenze di cammino
delle onde rinviate dai due generici volumetti A e B aumentano con sinθ e gli sfasamenti
relativi dipendono quindi da (sinθ)/λ.
La Fig. 42 descrive la variazione di f
con (sinθ)/λ e mostra chiaramente
l'effetto dovuto all'aumento dello
sfasamento relativo delle onde inviate
dalle diverse parti dell'atomo,
sfasamento conseguente all'aumento
1
dell'angolo .
La generale diminuzione
dell'intensità diffratta all'aumentare
dell'angolo θ, diminuzione chiaramente
visibile in ogni spettro di diffrazione,
dipende in modo sostanziale dagli
aspetti qui discussi. Fig. 42
42
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
risultante è ottenibile, in via geometrica, sommando i vettori rappresentativi (Fig. 43), oppure,
in via analitica, sommando i corrispondenti numeri complessi. Se indichiamo con Fhkl la
risultante relativa alla diffrazione associata al vettore di reticolo reciproco r*hkl ovvero al piano
riflettente (hkl), si ha:
N
Fhkl = ∑ f j e
iϕ j
(7.7)
1
Fig. 43
ϕj = 2π H/dhkl (7.8)
D'altra parte
1
La variazione del potere diffondente dell’atomo con la temperatura, a causa del moto di agitazione termica,
43
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 44.
2 (
e 4 1 + cos 2 2θ
I o ⋅ Fhkl ⋅ 2 2
) (7.12)
m r c 2
è descritta in Appendice I.
44
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
essendo il termine in parentesi graffa il potere di diffusione di un elettrone [cfr. eq. (7.4)]: |Fhkl|2
misura infatti il potere diffondente dell'intera cella elementare in termini del potere diffondente
di un elettrone.
Abbiamo sinora trattato il fenomeno della diffrazione dei raggi X da parte dei cristalli
assumendo che le diffrazioni abbiano luogo, secondo ben definite direzioni, quando i vari punti
di r. r. toccano la sfera di riflessione. Il relativo riflesso dovrebbe pertanto apparire come un
picco nettissimo in corrispondenza di un ben preciso valore dell'angolo di riflessione . Ciò
corrisponde al verificarsi della diffrazione sotto numerose e stringenti condizioni ideali:
cristallo infinito e perfetto, radiazione perfettamente monocromatica, fascio di raggi X
perfettamente parallelo,... In qualsiasi esperienza reale la riflessione ha luogo su un certo
intervallo angolare (θ ± ∆θ) centrato sul valore di θ corrispondente ad un determinato vettore
del r. r. (Fig. 45): la larghezza del picco di riflessione dipende dal maggiore o minore discostarsi
delle condizioni reali della diffrazione da quelle ideali.
Fig. 45.
Per adeguare il concetto di r. r. alle condizioni reali della diffrazione si assume che ogni
nodo del r. r. sia occupato da un dominio, di dimensioni ridotte ma finite: un riflesso non avrà,
quindi, luogo istantaneamente, quando il vettore di r. r. r tocca la sfera di riflessione, ed in una
singola direzione. Accadrà invece che: a) la riflessione si svolgerà per un certo tempo, il tempo
impiegato dal dominio, centrato sul nodo hkl di r.r., ad attraversare la superficie della sfera; b)
la riflessione interesserà tutte le direzioni contenute entro l'angolo solido indicato in Fig. 46. Per
45
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
ricavare l'espressione corretta per tutta l'energia diffratta entro l'angolo solido considerato
occorre tenere presenti i tre punti seguenti.
1) La (7.12) fornisce l'intensità, ovvero l'energia per cm2 per secondo, ad una certa
distanza r; volendo esprimere, invece, l'energia diffratta entro un determinato angolo solido,
occorre tener conto del fatto che l'area che sottende un angolo solido aumenta con r2 ed appunto
per r2 andrà moltiplicata la (7.12).
2) L'energia totale diffratta quando il cristallo passa attraverso la posizione di riflessione,
ovvero quando il dominio di r. r. attraversa completamente la superficie della sfera, è
1
proporzionale a n2λ2V.
Fig. 46
3) L'energia totale diffratta sarà inoltre proporzionale al tempo τ che il dominio, centrato
sul nodo hkl, impiega ad attraversare la superficie. Il corrispondente fattore prende il nome di
fattore di Lorentz ed ha una forma assai semplice nel caso che il punto di r. r. sia sul piano
equatoriale: è questo in effetti il caso più importante, poiché secondo tale geometria si
1
n è il numero di celle elementari per cm3; V il volume del cristallo e λ la lunghezza d’onda della radiazione
X utilizzata. Il termine che stiamo considerando è ricavato in numerosi testi che trattano l’argomento della intensità
integrata. Una derivazione, fatta in modo relativamente semplice, si trova in J.W. Jeffery: Methods in X-ray
Crystallography. Academic Press, p. 375-379.
46
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
raccolgono i riflessi con un diffrattometro automatico a quattro cerchi (paragrafo 6.4), oltre che
con il metodo di Weissenberg equatoriale.
Poiché il tempo τ è inversamente proporzionale a vN, componente della velocità nella
direzione della normale alla sfera, dalla Fig. 46 otteniamo per il fattore di Lorentz:
7.5 ASSORBIMENTO
(NB: l’argomento è stato trattato anche nel
paragrafo 2.4)
Nel passaggio attraverso un cristallo l'intensità della
radiazione X viene attenuata per conversione dell'energia
della radiazione in energia termica, nonché per effetto
della diffrazione. La diminuzione di intensità −dI
Fig. 47.
47
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
−dI = µI dx (7.20)
pertanto:
I = I0 exp(−µx) (7.21)
Consideriamo ora un determinato cristallo, riflettente sul piano (hkl): il fattore di
assorbimento è valutabile tenendo conto dell'attenuazione subita dai raggi che raggiungono
ciascun volume elementare del cristallo, lungo i diversi percorsi p all'interno del cristallo,
nonché dell'attenuazione subita dai raggi che da ciascun elemento di volume sono rinviati lungo
i diversi percorsi q all'interno del cristallo (Fig. 48). Il fattore di assorbimento è pertanto dato
da:
1 − µ(p + q )
V ∫V
A= e dV
(7.22)
dove V è il volume del cristallo e µ il coefficiente di assorbimento lineare del cristallo per la
particolare radiazione utilizzata.
Appare ovvio che il valore di tale
integrale potrà assumere valori assai diversi
per i diversi riflessi a causa dei differenti
cammini che i fasci di raggi X compiono
entro il cristallo. La valutazione dell'integrale
è effettuata numericamente, tranne nei casi in
cui la forma del cristallo presenti una
Fig. 48 particolare simmetria: cristalli sferici o
cilindrici.
La parte meno agevole nel computo del fattore di assorbimento è la valutazione di forma e
dimensioni del cristallo, estensione delle facce,..., insomma tutte le caratteristiche geometriche
indispensabili alla corretta valutazione dell'integrale. Tali difficoltà, già presenti nel caso di una
morfologia semplice, divengono notevoli quando il cristallo utilizzato sia una scheggia con
angoli rientranti, fratture ad angoli aguzzi, superfici rugose, etc... Sono stati pertanto introdotti
metodi di valutazione empirica del fattore di assorbimento: particolarmente utilizzato è il
metodo introdotta da Furnas ed esteso da North, Phillips e Mathews (1968), metodo la cui
48
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
applicazione è particolarmente semplice nel caso di raccolta dei riflessi mediante diffrattometro
automatico a cristallo singolo.
Supponiamo che il cristallo stia riflettendo secondo il piano (hkl), in condizione di
“bisecting mode” (ω = θ) in posizione caratterizzata, oltre che da ω = θ, da χ e da ϕ.
Fig. 49
49
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 50.
2) Si valuta quale sia il valore di ϕhkl per il quale la direzione AA, e quindi il piano riflettente
hkl, sono paralleli ai raggi X incidenti. L’assorbimento relativo al riflesso considerato è
dato allora da A(ϕhkl)
Il metodo è stato sviluppato da da North, Phillips e Mathews (1968), secondo i quali una
valutazione più accurata dell’assorbimento per il riflesso (hkl) può ottenersi mediante
l’espressione
T(hkl) = ½[T(ϕinc) + T(ϕrif)]
dove T(ϕinc) è il fattore di trasmissione relativo al valore di ϕ corrispondente alla direzione BB
(raggio incidente) e T(ϕrif) è il fattore di trasmissione relativo al valore di ϕ corrispondente alla
direzione CC (raggio diffratto).
50
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 51.
51
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
di struttura, la grandezza che, tra tutte quelle comprese nell'espressione (7.17), contiene preziose
informazioni sulle coordinate atomiche [cfr. (7.11)], cioè sulla struttura.
8. IL FATTORE DI STRUTTURA:
RAPPRESENTAZIONI GEOMETRICA ED ANALITICA
Fhkl è in generale un numero complesso, rappresentabile geometricamente come un
vettore nel piano (Fig. 53) e, analiticamente, in forma esponenziale
Fhkl = ∑ j f j e{2πi( hx + ky + lz }
j j j
(8.1)
Fhkl = Ahkl
2
+ Bhkl
2
(8.4)
B hkl
tan ϕ hkl = (8.5)
Ahkl
52
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
presenti nella cella elementare, essi sono distribuiti in N coppie di atomi identici in posizioni xj,
yj, zj e −xj , −yj , −zj; il contributo di ogni coppia al fattore di struttura è un numero reale, come
indica lo schema in Fig. 54). Poiché ciò è vero per ogni coppia di atomi, il fattore di struttura
sarà un numero reale.
Analiticamente si ha:
N N
Fhkl = ∑ f j e +∑ f j e
2 πi ( hx j + ky j + lz j ) − 2 πi ( hx j + ky j + lz j )
(8.6)
j =1 j =1
N
Fhkl = 2∑ f j cos 2π(hx j + ky j + lz j ) (8.7)
j =1
9. IL FATTORE DI STRUTTURA:
LA SIMMETRIA DELLA DIFFRAZIONE
L'esame delle espressioni (32) e (33) mostra che il complesso coniugato di Fhkl è Fh k l ,
ovvero
*
Fhkl = Fhk l (9.1)
Poiché numeri complessi coniugati hanno lo stesso modulo e fasi opposte, si ha:
Fhkl = Fh k l (9.2)
La (9.2) è il fondamento della legge di Friedel: "Lo spettro di diffrazione di un cristallo
presenta un centro di inversione, indipendentemente dalla presenza o meno del centro di
inversione nel cristallo".
Lo spettro di diffrazione di un cristallo dovrà presentare, come accade per tutte le
proprietà del cristallo, la simmetria del gruppo del punto (classe cristallina); dovrà, inoltre,
presentare un centro di inversione (legge di Friedel). Pertanto le simmetrie possibili sono
ristrette alle 11 classi di Laue (gruppi del punto con centro d'inversione).
La Tab. 4 presenta le 32 classi cristalline, raccogliendo sulla stessa riga quelle che
presentano la stessa simmetria (indicata dal riquadro) nello spettro di diffrazione.
53
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Tab. 4
Triclino 1 1
Monoclino 2 m 2/m
Rombico 222 2mm 2/m2/m2/m
4 4 4/m
Tetragonale
422 4mm 4 2m 4/m2/m2/m
3 3
Trigonale
32 3m 32 / m
6 6 6/m
Esagonale
622 6mm 6 2m 6/m2/m2/m
23 2/m 3
Cubico
432 4 3m 4 / m32 / m
N
{2πi( hx }+ N
{ [ ]}
Fhkl = ∑ f je j + ky j + lz j
∑ f j e 2πi h( x +1 / 2 )+ k( y +1 / 2 )+ lz
j j j
(10.1)
j =1 j =1
54
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
∑ f j e 2πi( hx + ky + lz {1 + e 2πi( h + k ) / 2 }
Fhkl =
N
{ j} j j
(10.2)
j =1
10.2. SLITTOPIANI.
Supponiamo che il cristallo presenti un piano di simmetria normale all'asse b, con
componente traslatoria di c/2 (es. slittopiano c nel sistema monoclino). Ciò significa che,
supponendo che il piano sia disposto a y = 0, per ogni atomo a coordinate xj, yj, zj, esiste un
atomo identico a coordinate xj, -yj, zj+1/2. L'espressione del fattore di struttura, assumendo 2N
atomi nella cella elementare, sarà
N
{2πi( hx }+
N
{2 πi [h x ]
− ky j + l ( z j +1 / 2 ) }
Fhkl = ∑ f je j + ky j + lz j
∑ f je j
(10.3)
j =1 j =1
Poiché i due atomi correlati dallo slittopiano presentano coordinate y opposte, un fattore
comune potrà aversi solo per i riflessi h0l, per i quali
∑ f j e 2πi( hx + lz {1 + e 2πi( l / 2 ) }
Fhkl =
N
{ } j j
(10.4)
j =1
55
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
10.3. ELICOGIRE.
È pure semplice, sulla base di quanto ora discusso, mostrare che la presenza di una
elicogira 21 parallela a b comporterà l'assenza sistematica dei riflessi 0k0 con k = 2n + 1: la
relativa dimostrazione è lasciata allo studente, che potrà facilmente ricavare le regole di
sistematica estinzione per le altre possibili elicogire.
56
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
particolare, di voler determinare quante molecole di naftalene (C10H8, peso molecolare 129.2)
sono contenute nella cella elementare monoclina, gruppo spaziale P21/c, con a = 8.66, b = 6.00,
c = 8.24 Å, β = 122.9°, V = 359.2 Å3, d = 1.152 g/cm3.
Z ⋅M
d=
N ⋅V
con Z numero di molecole nella cella, M peso molecolare in unità di massa atomica, V volume
della cella in Å3.
Z (num.molecole) ⋅ M (un.m.atomica) Z ⋅M
d ( g / cm 3 ) =
(
0.602 ⋅1024 grammi
un.m.atomica
) ( )
⋅ V ( A3 ) ⋅10− 24 A3
cm 3
=
0.602 ⋅ V
(11.1)
Dalla (11.1) si ha Z = 0.602·V·d/M. Nel caso del naftalene si ottiene Z = 1.94. Sono
pertanto presenti nella cella elementare 2 molecole di naftalene: errori nella determinazione del
volume di cella e/o della densità spiegano il valore leggermente inferiore ottenuto mediante la
formula (11.1).
Abbiamo riportato anche il gruppo spaziale per mostrare come sia possibile ottenere
importanti informazioni strutturali dalla conoscenza dei soli parametri cristallografici. Poiché
nel gruppo spaziale P21/c la molteplicità corrispondente alla posizione generale è 4, mentre due
sole molecole sono presenti nella cella elementare, tali molecole devono essere collocate in
posizione speciale. Nel gruppo spaziale P21/c le sole posizioni speciali, a molteplicità due, sono
i siti a simmetria 1 ; le molecole di naftalene devono quindi essere centrosimmetriche e
collocate nei siti a simmetria 1 ; l'unità asimmetrica corrisponde a metà della molecola di
naftalene.
Nel caso di strutture minerali o, più in generale, di composti inorganici naturali o sintetici,
non esistono, di norma, unità molecolari distinte. La formula, a differenza di quanto accade
nelle strutture molecolari come quella del naftalene, non definisce una molecola ma
semplicemente una composizione. Pertanto nel caso di composti come il salgemma, la
forsterite,.... si parla di unità-formula: NaCl, Mg2SiO4,....Si può comunque utilizzare la formula
(11.1); M rappresenta ora il peso dell'unità formula in unità di massa atomica.
57
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
stesso sito strutturale. In tali casi non è neppure possibile definire una precisa formula. Z·M
nella (11.1) fornisce, comunque, la massa totale contenuta nella cella elementare:
Tab. 5
Nella parte inferiore della Tab. 5 il contenuto di cella viene presentato in quella che si
definisce la formula cristallochimica del minerale. I diversi ioni sono associati tenendo conto
della possibilità di reciproca sostituzione in siti strutturali comuni: tale reciproca sostituzione, o
"vicarianza", è qui assunta per Na+-Ca+2, Al+3-Mg+2, Si+4-Al+3, (OH)--F-. La formula "ideale"
che può essere proposta per la tormalina è
NaMg3B3Al6Si6O27(OH)4
58
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Il campione esaminato presenta, rispetto alla formula "ideale", una sensibile sostituzione
di calcio a sodio, magnesio ad alluminio e ioni fluoro a ioni ossidrile.
È opportuno osservare che, rispetto alla formula ideale, la formula cristallochimica
ottenuta dai dati sperimentali presenta un leggero eccesso di atomi in tutti i siti. Ciò indica che
la densità o il volume, o entrambi, sono leggermente in errore per eccesso. Il contenuto di cella
può essere ricalcolato assumendo 31(O+F) nella cella elementare.
Qualora i valori precisi del volume di cella o della densità non siano noti, è pur sempre
possibile ottenere la formula cristallochimica di un minerale sulla base di un numero
determinato di atomi di ossigeno (o più generalmente di anioni). La formula di una olivina può,
ad es., essere ottenuta assumendo 4 atomi di ossigeno nella formula; quella di un granato
assumendo 12 atomi di ossigeno nella formula.
Poiché due soli atomi di Ti sono presenti nella cella elementare, essi possono solo
collocarsi nei siti denominati a e b, a simmetria mmm. L'una posizione è riconducibile all'altra
spostando l'origine della cella di c/2; le due possibilità sono quindi equivalenti. Collochiamo
quindi l'atomo di titanio nel sito a (posizioni: 0,0,0 e 1/2,1/2,1/2). Si osservi che gli atomi di
titanio non contribuiscono ai riflessi con h + k + l = 2n + 1.
59
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 55
60
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Gli atomi di ossigeno possono collocarsi in uno dei cinque siti a molteplicità 4: c, d, e, f,
g. Se l'ossigeno occupasse uno dei siti c, d oppure e, anch'esso non contribuirebbe ai riflessi con
h + k + l = 2n + 1, che quindi risulterebbero assenti. Poiché ciò non è, l'ossigeno deve essere
collocato nel sito f o nel sito g. Poiché l'una posizione è riconducibile all'altra invertendo la
direzione dell'asse b, le due possibilità sono equivalenti. Collochiamo l'atomo di ossigeno nel
sito f (posizioni: x, x, 0; −x, −x, 0; 1/2+x, 1/2−x, 1/2; 1/2−x, 1/2+x, 1/2). La Fig. 56 mostra le
posizioni dei diversi atomi contenuti all'interno della cella elementare, assumendo per la
coordinata x dell'ossigeno un valore prossimo a quello vero, determinato nel modo che segue.
Fig. 56
d 12 = 2 x 2 a 2
2 2
1 c a2 c2
d 22 = 2 − x a 2 + = − 2 xa 2 + 2 x 2 a 2 +
2 2 2 4
Imponendo che, come è ragionevole, d1 = d2 si ottiene:
a2 c2
2x 2 a 2 = − 2 xa 2 + 2 x 2 a 2 +
2 4
a2 c2
2 xa 2 = +
2 4
61
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
1 c2
x= + = 0.30
4 8a 2
Tale valore di x può essere raffinato col procedimento seguente: si considerano due fattori
di struttura, ad es. F210 e F111, ai quali non contribuiscono gli atomi di Ti, e si calcolano i loro
valori al variare di x: il valore ottimale di x è quello per il quale
F111 F111
=
F
210 calc. F210 oss.
Si ottiene x = 0.305; corrispondentemente d1 = 1.98 Å, d2 = 1.95 Å.
La Fig. 57 mostra la struttura del rutilo descritta in termini di poliedri di coordinazione:
parallelamente all'asse c si sviluppano catene di ottaedri (Ti circondato da 6 ioni ossigeno)
condividenti spigoli; le diverse catene sono unite tra loro per condivisione di vertici.
Fig. 57. (a) Struttura del rutilo vista lungo l’asse c ; (b) struttura del rutilo in vista clinografica.
62
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fhkl = ∑ j f j e
2 πi ( hx j + ky j + lz j )
(12.1)
Nel ricavare tale espressione abbiamo considerato il materiale diffondente, gli elettroni,
distribuito in una serie di atomi discreti. La distribuzione discreta di atomi è un modello
mediante il quale noi interpretiamo la distribuzione della densità di elettroni nella cella
elementare. Potremmo esprimere il fattore di struttura direttamente in termini della densità
elettronica, sommando il contributo di ogni volumetto di densità elettronica V dxdydz. Il potere
diffondente di ciascun volumetto collocato a coordinate x, y, z sarà ρ(x, y, z) V dxdydz, la
relativa fase sarà ovviamente 2π (hx + ky + lz). Sommando gli infiniti contributi infinitesimi
dovuti a tutti i volumetti in cui dividiamo l'intera cella elementare, si otterrà:
1 1 1
Fhkl = V ∫ ∫ ∫ ρ( x, y, z )e 2 πi ( hx + ky + lz ) dxdydz (12.2)
0 0 0
1
Condizioni di Dirichlet: nell’intervallo considerato la funzione deve essere scomponibile in un numero
finito di tratti entro i quali sia continua e monotòna.
63
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
∞
ρ( x ) = ∑( An cos 2πnx + Bn cos 2πnx ) (13.1)
n =0
+∞
ρ( x ) = ∑ n Cn e 2πinx (13.2)
−∞
Fig. 58
Fh = ∑ j f j e 2πihx j
(13.3)
ovvero, descrivendo la struttura non più in termini di atomi discreti, ma in termini di densità
elettronica, come segue:
1
Fh = a ∫ ρ( x )e 2 πihx dx (13.4)
0
1 +∞ +∞ 1
Fh = a ∫ ∑ n C n e 2 πinx e 2 πihx d x = a ∑ n C n ∫ e 2 πi ( n+ h ) x d x (13.5)
0 −∞ −∞ 0
64
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
1 1 1
Possiamo portare in grafico la funzione sin2π (n + h)x per n + h = 7 (Fig. 59). L'integrale
di tale funzione, ovvero il valore dell'area sotto il profilo della funzione, è ovviamente nullo.
Ciò è vero per ogni altro valore di n+h, tanto per i termini in seno quanto per quelli in coseno.
Solo per n + h = 0, ovvero per n = −h, si ha che il valore dell'integrale è 1. Pertanto Fh = aC h ,
ovvero
Fh
Ch = (13.7)
a
1
ρ( x ) =
a
∑ F − e 2 πihx
h h
(13.8)
o anche
1
ρ( x ) =
a
∑ F e − 2 πihx
h h
(13.9)
Fig. 59
Abbiamo cioè ottenuto l'importante risultato di dimostrare che i coefficienti dei vari
termini dello sviluppo di ρ(x) in serie di Fourier sono proprio i fattori di struttura. Nel caso più
generale della funzione ρ(xyz) si avrà:
1
ρ( xyz ) =
V
∑h ∑k ∑l Fhkl e −2πi( hx + ky +lz ) (13.10)
È facile dimostrare (il compito è lasciato allo studente) che nel caso di una struttura
centrosimmetrica:
65
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
1
ρ( xyz ) =
V
∑h ∑k ∑l Fhkl cos 2πi(hx + ky + lz ) (13.11)
Le espressioni (13.10) e (13.11) realizzano, nel caso delle strutture cristalline, il secondo
stadio del processo da noi descritto nel richiamare l'interpretazione di Abbe dell'ingrandimento
microscopico, lo stadio in cui le diverse onde diffratte si ricompongono a formare l'immagine.
Le espressioni (13.10) e (13.11) realizzano tale ricomposizione analiticamente, secondo quanto
da noi preannunciato nel discutere la teoria di Abbe. È utile riprendere a questo punto lo schema
descrittivo della formazione dell'immagine e confrontarlo con il processo di determinazione
della struttura cristallina mediante diffrazione dei raggi X.
Fig. 60.
66
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
ma non nella sua fase ϕ(hkl), costituisce il "problema della fase", il problema centrale della
cristallografia strutturale. Il problema della fase si riduce, più semplicemente, al problema del
segno nel caso di strutture centrosimmetriche. Il fattore di struttura è, in quel caso, un numero
reale (pag.**) e la indeterminazione sulla fase (0 oppure π) si riduce ad una indeterminazione
del segno (positivo o negativo) del fattore di struttura.
a
P (U ) = ∫ ρ( X ) ⋅ ρ( X + U )dX (14.1)
0
Per calcolare il valore della funzione per un determinato valore di U, si consideri il vettore
U e si proceda come segue: (a) si sposta l'origine del vettore stesso di incrementi successivi dX
da X = 0 fino a X = a; (b) per ogni successivo spostamento si valuta il prodotto dei valori della
densità elettronica ai due estremi del vettore U; (c) si sommano i valori ottenuti (integrale come
somma di infiniti contributi infinitesimi). L'integrale P(U) avrà un valore alto quando, nel corso
dei successivi spostamenti, il vettore U si trovi a connettere due atomi (punti ad alta densità
elettronica), un valore tanto più alto quanto maggiore è il prodotto dei numeri atomici dei due
atomi connessi. Eseguendo il calcolo ora descritto per i diversi valori di U, tra 0 e a, si ottiene
l'intera funzione P(U).
Ritorniamo all'espressione (14.1): essa può anche scriversi, ricordando che dX = a dx
1
P (u ) = a ∫ ρ( x) ⋅ ρ( x + u )dx (14.2)
0
67
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
1
1 1
P (u ) = a ∫ ∑h Fh e − 2πihu ⋅ ∑h ' Fh e − 2πih 'u d x (14.3)
0 a
a
1
1
P (u ) = ∑h ∑h ' Fh Fh ' e − 2πih 'u ∫ e − 2 πi ( h + h ') x d x (14.4)
a 0
Come già sappiamo gli integrali del tipo presente in (14.4) sono nulli (pag. 65) tranne che
per h' = −h; in tal caso l'integrale vale 1. Pertanto:
1 1
∑ 2 πihu
∑
2 2 πihu
P (u ) = Fh Fh
e = Fh e (14.5)
a h a h
È facile dimostrare (il compito è lasciato allo studente) che la funzione di Patterson P(u) è
sempre centrosimmetrica e può quindi scriversi più semplicemente:
1
∑
2
P (u ) = Fh cos 2πhu (14.6)
a h
Le forme bi- e tridimensionali della (14.6) sono, rispettivamente:
1
∑ h ∑ k hk
2
P (uv) = F cos 2π(hu + kv) (14.7)
A
1
∑h ∑k ∑l Fhkl
2
P (uvw) = cos 2π(hu + kv + lz ) (14.8)
V
dove A e V sono, rispettivamente, l'area della cella bidimensionale ed il volume della cella
tridimensionale.
Per quanto si è discusso sopra, se la funzione P(u) ha un alto valore in corrispondenza di
un determinato u, è evidente che nella struttura sono presenti una o più coppie di atomi
esattamente separati dal vettore ua. La Fig. 61 mostra due periodi di una struttura
monodimensionale. Scelto un generico valore ug, si osserva che il vettore uga, spostato per passi
successivi lungo l'intera struttura, non connette mai coppie di atomi. Scegliendo invece per u
valori come u12, u13 o u23, allora i corrispondenti vettori u12a, u13a, u23a connettono esattamente
atomi. Per tali valori di u la funzione di Patterson ha alti valori, come è mostrato in Fig. 61b. Di
converso alti valori nella Fig. 61b, in corrispondenza di un determinato valore di u, indicano che
una coppia di atomi è separata proprio dal vettore ua nella struttura di Fig. 61a.
68
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 61.
Fig. 62.
69
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Tutto ciò può essere immediatamente esteso alle due o tre dimensioni: in tali casi massimi
nella funzione di Patterson (53) o (54 ) in corrispondenza di punti a coordinate u,v ovvero u,v,w,
indicano che nella struttura esistono una o più coppie di atomi separati dai vettori ua + vb o ua
+ vb + wc rispettivamente. Le Fig. 62a e 62b mostrano la distribuzione di atomi in una cella
elementare di una struttura bidimensionale e la corrispondente distribuzione di massimi nella
funzione di Patterson (di qui in avanti indicata con f. P.).
Descriveremo ora gli aspetti principali della funzione di Patterson.
chiara dall'esame delle Fig. 61 e 62; ad ogni vettore che connette due atomi, es. vettore 12,
70
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
inoltre, della presenza del centro di inversione, i gruppi spaziali possibili per la f. P. si
restringono a 24 gruppi simmorfici (v. Parte 2, pag. *) centrosimmetrici.
Fig. 63
nella struttura, x2 – x1, y2 – y1, z2 – z1 sono le coordinate del vettore 12 che connette i due atomi.
Supponiamo ora che la struttura presenti un piano di simmetria (Fig. 64) ovvero uno slittopiano
c (Fig. 65) normali all'asse b. Nel primo caso ad ogni atomo a coordinate x, y, z corrisponderà
un atomo a coordinate x, −y, z: il vettore che li connette ha coordinate del tipo 0, v, 0. La f. P.
presenterà quindi un addensamento di massimi lungo una direzione posta normalmente al piano
stesso (Fig. 64b). Nel secondo caso ad ogni atomo a coordinate x, y, z corrisponderà un atomo a
coordinate x, -y, 1/2+z: il vettore che li connette ha coordinate del tipo 0, v, 1/2. La f. P. presenta
un addensamento lineare di massimi lungo una direzione normale al piano, ma spostata di c/2
dall'origine (Fig. 65b). In conclusione un piano di simmetria (m, c, n,...) nella struttura
cristallina dà un'indicazione della sua presenza con la comparsa, nella f. P., di un addensamento
di massimi lungo una linea normale al piano di riflessione (linea di Harker). Tale linea sarà
spostata dall'origine di un vettore pari alla componente traslatoria dello slittopiano.
71
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Similmente si può dimostrare che vettori tra atomi correlati da un asse di rotazione (assi
semplici o elicogire) danno luogo ad un addensamento di massimi nelle f. P. in un piano
normale all'asse di rotazione (piano di Harker). Se l'operazione è una rotazione semplice tale
piano passa per l'origine; se l'operazione contiene una componente traslatoria, il piano sarà
spostato dall'origine di un vettore pari alla componente traslatoria dell'elicogira.
Fig. 64.
Fig. 65.
72
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 66.
73
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 67.
I parametri di cella indicano che i diversi atomi appariranno ben risolti nella proiezione
lungo l'asse c. La simmetria di tale proiezione bidimensionale è indicata nella stessa Fig. 66:
l'elicogira binaria lungo c dà luogo, in proiezione, ad un punto di rotazione di 180° (la
proiezione è quindi "centrosimmetrica"); le elicogire binarie parallele ad a e b danno luogo, in
proiezione, a linee di simmetria, con componenti traslatorie a/2 e b/2 rispettivamente.
All'interno della cella elementare sono contenute 4 molecole e quindi 4 atomi di cloro. Le
coordinate di tali atomi sono: (1) x, y; (2) −x, −y (o più precisamente 1−x, 1−y); (3) ½+x, ½−y;
(4) ½−x, ½+y. La Fig. 68 mostra la loro disposizione relativa entro la cella elementare. Il vettore
74
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 68.
1
∑ ∑ Fhk 0
2
P (uv) = cos 2π(hu + kv) (15.1)
A h k
è riportata in Fig. 69. Essa presenta, infatti, due netti massimi a u = ½, v = 0.17e u = 0.11, v =
½.
Fig. 69.
Dalle equazioni
75
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
76
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Fig. 71
1
Accanto al metodo di Patterson, che in presenza di atomi pesanti è di applicazione relativamente semplice,
si sono sviluppati i “metodi diretti” che derivano il loro nome dal fatto che il segno, o la fase, dei fattori di struttura
vengono derivati direttamente dalle intensità dei riflessi, senza il passaggio attraverso una funzione intermedia
quale la funzione di Patterson. Una adeguata discussione di tali metodi può trovarsi in: Stout e Jensen “X-ray
structure determination. A pratical guide”. Informazioni su tali metodi si trovano nella parte di questi Appunti
“Tecniche avanzate”.
77
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Definiamo due funzioni di distribuzione della densità elettronica all'interno della cella
elementare, rispettivamente come sviluppo in serie di Fourier con coefficienti i fattori di
struttura calcolati Fcalc e come sviluppo con coefficienti i fattori di struttura osservati Foss (con le
fasi precedentemente determinate)
1
ρ o ( xyz ) =
V
∑h ∑k ∑l Fhkloss e −2πi( hx+ ky +lz ) (16.1)
1
ρ c ( xyz ) =
V
∑h ∑k ∑l Fhklcalc e −2πi(hx +ky +lz ) (16.2)
Fig. 72
78
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Essa, assumendo valori positivi a destra di xA e negativi in xA, indica una cattiva
collocazione dell'atomo A, che deve essere spostato verso valori crescenti di x, di una quantità
dipendente dal dislivello tra i picchi e dalla differenza di coordinate.
Il calcolo di successive mappe di Fourier delle differenze porta così ad una migliore
determinazione dei parametri posizionali; inoltre la mappa è in grado di indicare la posizione
nella cella di atomi più leggeri non ancora localizzati, ai quali corrisponderanno, evidentemente,
massimi della funzione .
L'introduzione dei calcolatori veloci ha limitato l'uso della sintesi delle differenze come
1
metodo di raffinamento a vantaggio del metodo dei minimi quadrati : la sintesi delle differenze
è, tuttavia, ancora ampiamente usata come mezzo di localizzazione di atomi leggeri e come
sistema di controllo della bontà di una determinazione strutturale.
R=
∑ ( Fo − Fc ) (17.1)
∑ Fo
Più basso il valore di R maggiore la attendibilità della struttura. È utile osservare che
l'indice R dà solo una misura della precisione della struttura ottenuta, ovvero indica il grado di
accordo del modello strutturale con i dati osservati. Vi sono tuttavia numerose cause di possibili
errori nei fattori di struttura osservati e in quelli calcolati: l'accordo tra fattori di struttura
calcolati ed osservati può anche essere buono (e quindi alta la precisione con cui è nota la
struttura), ma se le intensità osservate sono affette da errori sistematici, l'accuratezza della
struttura ottenuta sarà bassa.
La distinzione tra precisione ed accuratezza è una distinzione che deve essere tenuta
presente nella utilizzazione di qualsiasi tecnica di indagine. Indizi di errori sistematici sono
solitamente dati dall'osservazione di anomalie nei risultati ottenuti, ad esempio distanze di
legame insolite.
1
Vedi Appendice II
79
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Le distanze di legame, la cui determinazione è una delle finalità di uno studio strutturale e
che sono alla base della descrizione delle strutture dei minerali in termini di poliedri di
coordinazione, possono essere valutate dalle coordinate atomiche e dalle costanti di cella,
utilizzando le formule riportate in Tabella 6.
Nelle formule ∆x, ∆y, ∆z indicano le differenze nelle coordinate x, y, z dei due atomi
considerati, connessi dalla distanza s12.
Tab. 6.
80
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
APPENDICE 1.
IL FATTORE TERMICO
Il fattore di diffusione atomico è stato ricavato (paragrafo 7.2) nell'ipotesi di un atomo
immobile. Gli atomi in realtà vibrano attorno alle posizioni di equilibrio e tale vibrazione,
crescente con la temperatura T (vibrazione termica) causa una diminuzione della diffusione
coerente. Dal punto di vista qualitativo ciò può essere spiegato considerando che la densità
elettronica dell'atomo è tanto più diffusa su un'ampia zona di spazio, quanto maggiore è il moto
termico; la maggior diffusione spaziale della causa un maggior sfasamento tra le onde emesse
dalle diverse parti dell'atomo, con una conseguente diminuzione dell'ampiezza risultante.
Dal punto di vista quantitativo, il fattore correttivo per il moto termico, "fattore termico",
è dato da
e −8 π v 2 ( sin 2 θ ) / λ2
2
(A1.1)
Pertanto il fattore di diffusione alla temperatura T, in corrispondenza di un moto termico
f T = f ⋅ e −8 π v 2 ( sin 2 θ ) / λ2
2
(A1.2)
La derivazione dell'espressione A1.2 può trovarsi in Wilson (19**). Tale espressione è
valida nell'ipotesi che la vibrazione termica dell'atomo abbia la stessa ampiezza in tutte le
direzioni. In tal caso il termine B = 8π2 v 2 rende completamente conto della variazione del
fattore di diffusione a causa del moto termico. La determinazione della struttura conduce alla
definizione, per ogni atomo indipendente, del parametro termico Bi oltre che dei parametri
posizionali xi, yi, zi.
81
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
APPENDICE 2.
RAFFINAMENTO STRUTTURALE: METODO DEI MINIMI
QUADRATI
Si abbiano m equazioni osservazionali in n incognite (con m > n)
n
bi = ∑ aij x j i = 1, 2,…, m (A2.1)
j =1
Per la presenza di errori sperimentali non esiste una soluzione esatta; cerchiamo allora la
soluzione che minimizza la quantità
m
M = ∑ wi d i2 (A2.2)
i =1
con
m
d i = bi − ∑ aij x j (A2.3)
j =1
m
∂M n
= ∑ 2wi bi − ∑ aij x j (− aik ) = 0 k = 1, 2, …n (A2.4)
∂xk i =1 j =1
n m m
∑ ∑ wi aik a ij x j = ∑ wi a ik bi k = 1, 2, …n (A2.5)
j =1 i =1 i =1
n
∑ c kj x j = t k k = 1, 2, …n (A2.6)
j=1
in cui
m m
c kj = ∑ wi aik a ij t k = ∑ wi aik bi (A2.7)
i =1 i =1
Le equazioni (A2.1) sono lineari nelle incognite xj; non sempre si ha però una dipendenza
lineare: Nel caso dell’analisi strutturale dei cristalli, l’espressione del fattore di struttura è una
funzione trascendente delle coordinate degli atomi. Anche in tal caso potremo ottenere un
insieme di equazioni osservazionali lineari nelle incognite, se ammettiamo di avere un modello
82
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
strutturale che approssima molto bene la struttura reale. Indichiamo con x oj (j = 1, 2, …n) i
( )
parametri del modello ai quali corrispondono i fattori di struttura calcolati Fi c x oj . Vogliamo
( ) ( )
cambiamento nel valore dei fattori di struttura calcolato, da Fi c x oj a Fi c x j , che, nel caso di
esperimenti perfetti, sarebbero uguali a Fi o , valori osservati dei fattori di struttura. Assumendo
che ∆Fi = Fi o − Fi c sia piccolo, e che siano piccoli tutti gli incrementi xj, possiamo scrivere:
n
∂F
∑ ∂x i ∆x j = ∆Fi i = 1, 2, …m (A2.8)
j =1 j
∂Fi
a ij = bi = ∆Fi ,
∂x j
essendo gli incrementi ∆xj le incognite. Le equazioni normali sono ancora le (A2.6), con
m
∂Fi ∂Fi
c kj = ∑ wi (A2.9)
i =1 ∂x k ∂x j
m
∂Fi
t k = ∑ wi ∆Fi (A2.10)
i =1 ∂x k
Tutto questo equivale a sviluppare in serie di Taylor troncata al primo ordine
l’espressione trascendente del fattore di struttura. Viene però introdotto un errore, dovuto alla
troncatura della serie: questo comporta la necessità di effettuare più cicli di raffinamento, fino a
convergenza delle soluzioni.
Dalle equazioni si nota che la matrice dei coefficienti è simmetrica, e i termini diagonali
sono somme di quadrati, mentre i termini fuori diagonale sono somme di addendi che possono
essere positivi o negativi, e quindi ragionevolmente minori. Si può allora sostituire nelle
equazioni normali (A2.6) la matrice diagonale alla matrice completa. E’ tuttavia evidente che
l’entità dei termini fuori diagonale ckj dipende dalla relazione tra i parametri xk e xj; se questi
sono in qualche modo correlati, il termine ckj tenderà ad avere un valore grande, positivo o
negativo. Correlazioni abbastanza grandi esistono, ad esempio, tra fattori termici e fattori di
scala, o tra i parametri di uno stesso atomo. Quindi un’alternativa alla matrice diagonale è la
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Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
matrice a blocchi, in cui le principali correlazioni non sono trascurate; in uno stadio avanzato
del raffinamento è poi consigliabile l’uso della matrice completa.
Il metodo dei minimi quadrati si rivela utile anche in quanto fornisce una stima delle
deviazioni standard sui parametri. Si può dimostrare che:
m 2 −1
1 ∂Fi
σ ( x j ) = ∑ 2
2 (1 (A2.11)
i =1 σi ∂x j
Questa relazione ci dice che la varianza sul parametro xj è tanto più piccola quanto più (1)
la varianza delle singole osservazioni è piccola, (2) il numero m delle osservazioni è alto, (3) le
derivate dei fattori di struttura rispetto ai parametri sono grandi. Oltre ad indicare la precisione
del risultato raggiunto, la stima delle deviazioni standard sui parametri fornisce una utile guida
nel corso del raffinamento. Nella pratica, specie nei primi stadi del raffinamento, è però utile
usare un indice di accordo R definito come:
∑ Frcalc − Fross
R= r
(A2.12)
∑ Fross
r
con le somme estese a tutti i riflessi misurati; esso non è in rapporto definito con la precisione
del modello, tuttavia la sua diminuzione è generalmente indice di un miglioramento nella
struttura determinata e fornisce quindi una guida per l’introduzioni di condizioni (anisotropia
del moto, posizioni degli atomi di idrogeno) atte a minimizzare gli scarti, condizioni il cui
impiego fin dal primo ciclo di raffinamento, oltre ad aumentare i tempi di calcolo, non avrebbe
significatività.
1 La formula (A2.11) vale se i pesi sono “corretti”, cioè derivati dalla statistica di conteggio dei riflessi:
1
wi = [formula utilizzata nei raffinamenti ai minimi quadrati quando sono noti i pesi assoluti]
σ ( hkl )
2
Se sono noti solo i pesi relativi allora (D.W.J. Cruickshank in Computing Methods …., pag. 47):
∑ wi si2
σ (x j ) = i
1
2
⋅
m−n 1 ∂Fi
2
∑ σ 2 ∂x
i i
∑ wi si2
Se i pesi sono corretti si ha che i ≅1
m−n
84
Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
1
wr =
σ 2r
e la sua stima comporta ripetute misure della stessa grandezza. Non è però conveniente, nelle
indagini diffrattometriche, che comportano la misura di un grande numero di riflessi, misurare
ciascuno di essi più volte. Sono stati proposti vari schemi di pesatura, legati alle modalità di
raccolta dei dati sperimentali. Criterio generale per la scelta di un buon sistema di pesi è che il
valore medio di w(Foss − Fcalc ) sia costante quando l’insieme dei valori w(Foss − Fcalc )2 è
2
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Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
Kirchoff
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Appunti di Cristallografia – Parte 3a: Cristallografia strutturale
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