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STORIA GRECA - MANUALE

CORSARO/GALLO
Greco Antico
Università degli Studi di Napoli L'Orientale
27 pag.

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STORIA GRECA
Civiltà minoica ----- INIZIO PARTE I
Nella storia più antica del mondo Greco le isole dell’Egeo sono interessate alla
nascita di nuove forme di civiltà:
Civiltà cicladica (si sviluppò nell’arcipelago delle Cìcladi) durante la prima età
del Bronzo (3500-2000)
E la civiltà di maggior rilievo che fiorisce a Creta, la civiltà minoica, dal nome
del leggendario re Minosse.
Intorno alla fine del terzo millennio a Creta si registra una svolta: in varie
località dell’isola sorgono i primi palazzi, attorno ai quali si formano veri e
propri agglomerati urbani, avendo cosi inizio il periodo Protopalaziale che si
prolunga fino al 1700. La fase successiva è detta Neopalaziale ed è compresa
tra il 1700 e il XV secolo, durante la quale la civiltà minoica conosce il suo
apogeo: dopo una serie di distruzioni (forse per cause sismiche o per attacchi
esterni) i palazzi vengono ricostruiti.
La funzione dei palazzi appare molteplice: oltre a costituire la residenza del
sovrano, e quindi la sede del potere politico, hanno un ruolo importante anche
nel campo economico e sacrale testimoniato dall’uso della scrittura a fini
amministrativi e contabilità.
La storia cretese può essere ricostruita solo attraverso reperti archeologici
perché non è stata ancora decifrata la scrittura geroglifica (costituita da
ideogrammi) e la lineare A (altro sistema sillabico importantissimo), in quanto
non greche. Il dato evidente è la testimonianza di artigianato specializzato,
scarsa attenzione all’aspetto militare, incertezze sull’aspetto regale e sulle
credenze religiose.
Il declino della civiltà arrivò verso la metà del VX secolo, quando tutti i palazzi
dell’isola (ad eccezione di quello di Cnosso) vengono distrutti: la comparsa di
sepolture e la presenza di armi nelle tombe suggeriscono che la distruzione sia
avvenuta a causa della conquista dell’isola ad opera di invasori micenei, i quali
occuparono i siti palaziali.

CIVILTA’ MICENEA
Intorno al 2000 a.C. si insediano in Grecia gruppi indoeuropei. La fusione con
le popolazioni preesistenti e gli apporti di altre culture danno vita a una
peculiare civiltà che fiorisce tra il XVI e il XII secolo e venne definita micenea.
Essi imposero il proprio dominio sull’isola di Creta intorno alla metà del secolo
XV e il palazzo di Cnosso diventa sede del potentato miceneo. La conoscenza
del mondo greco non deriva solo dalla documentazione archeologica ma

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soprattutto da 4.600 tavolette iscritte di argilla che attestano una scrittura lineare
B decifrata nel 1952 dall’architetto inglese Ventris, il quale scoprì che esse
erano una forma arcaica di greco; si tratta di documenti di archivio, che
contengono registrazioni di vario tipo e perciò fondamentali per attestare la vita
amministrativa e organizzazione della comunità micenea: si è potuto appurare
che i palazzi rappresentavano il centro politico e amministrativo e religiosi di
stati territoriali indipendenti, retti da un potere monarchico.
La struttura politico-sociale è complessa e stratificata: Al vertice c’era il
sovrano, Wanax (vanax), affiancato da un’aristocrazia di dignitari, tra cui
LAWAGETAS (levaghetas) (personaggio di rango superiore), serie di capi
militari (HEQUETAI)(échetai), gruppo di nobili che detengono appezzamenti di
terreno (TELESTAT), funzionari burocratici o amministratori locali
(KORETE), artigiani e operai che lavorano per il re e al livello più basso gli
schiavi del palazzo o delle divinità (DIERI). Le tavolette inoltre attestano la
presenza del DEMO (popolo), la comunità residente nei distretti territoriali, e il
QUASI REU, forse capo di un distretto o di una corporazione artigianale. Le
tavolette inoltre ci informano di attività economiche, come agricoltura basata
sulla triade mediterranea (cereali vite e olivo) allevamento; attività artigianale e
manifatturiera, rituali in nome di divinità sconosciute o conosciuti verso il quale
si celebravano feste o sacrifici. I micenei si mossero in lungo e in largo sulle
loro navi per procurarsi metalli e altre materie prime di cui la Grecia è
scarsamente fornita e si diffusero sia nel mediterraneo occidentale che in quello
orientale.
Verso la fine del XII secolo ha inizio un fenomeno di lento declino. Vari palazzi
subiscono distruzione e nonostante vengono ricostruiti e si registrano alcuni
segni di ripresa, questi vengono nuovamente distrutti, abbandonati e occupati
(distruzione di stati micenei con relativa cultura tra la fine del XII e l’inizio del
XI sec.). La causa non è certa: una delle teorie più accreditate assegna un ruolo
di rilievo a catastrofi naturali, una serie di terremoti, oppure un improvviso
cambiamento climatico. Altre teorie seguono l’ipotesi di rivolgimenti interni o
occupazione da parte dei popoli del mare o da parte dei Dori, un gruppo greco
nord occidentale. Cosa ha determinato il declino è un problema ancora aperto,
ma forse una sola causa non è sufficiente a spiegare un fenomeno di tale
importanza.
ETA’ BUIA
Si definisce età buia quel periodo compreso tra il XII e VIII secolo. Si
caratterizza dalla mancanza assoluta di fonti scritte, ed è visto come un periodo
di regresso culturale e povertà.

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Le modalità di insediamento e sfruttamento delle risorse sono profondamente
mutati: la popolazione si stanzia in piccoli centri, senza stratificazione sociale,
con case modeste. La basa produttiva è data dalla pastorizia.
Si riscontra un nuovo stile artistico (protogeometrico), e il metallo principale a
cui si attinge è il ferro.
L’età buia è anche l’epoca delle migrazioni in asia minore, dove i Greci possono
insediarsi più facilmente; nel XI secolo c’è la prima colonizzazione.
Nel IX secolo invece in Grecia cominciano ad essere evidenti insediamenti
sempre più numerosi e stabili e inizia qui il periodo chiamato ‘rinascimento
greco’.

POLIS
MONDO OMERICO
Con la fase iniziale dell’età arcaica sorgono fonti letterarie che si collocano
l’una verso la metà dell’VIII sec. E l’altra circa 50 anni dopo: le due più antiche
opere della letteratura occidentale che la tradizione attribuisce ad Omero:
L’Iliade che racconta la Guerra di Troia e le gesta eroiche dei suoi condottieri, e
l’Odissea, in cui è raccontato l’epico viaggio dell’eroe che fa ritorno in patria,
ad Itaca, dopo il lungo conflitto. Uno degli elementi più coerenti e completi
nelle descrizioni di Omero sono le istituzioni politiche: al vertice della comunità
(polis) vi è una figura monarchica, il basileus, che però condivide il potere con
altri notabili aristocratici, a cui fa riferimento prima di prendere delle scelte
[consiglio (boulè) e l’assemblea (agorà)]. Il basileus ha inoltre funzioni militari,
religiose e giuridiche. L’epoca a cui risalgono le opere è abbastanza difficile da
stabilire, ma seguendo le diverse analogie con le società greche di età arcaica
sembra che possano essere state composte tra la fine del IX e gli inizi del VIII
secolo.
POLIS
L’VIII secolo (rinascimento greco) fu un periodo di grandi cambiamenti:
L’agricoltura riprese il sopravvento sulla pastorizia e questo favorì un fenomeno
di forte sviluppo demografico (testimoniato da un aumento delle sepolture)
Inoltre abbiamo la nascita del tempio, strutture monumentali, luoghi di culto,
dove si depositavano le offerte. Uno dei più importanti è quello di Olimpia,
dove si tennero anche i giochi olimpici sin dal 776 a.C.
Ritorna l’uso della scrittura, l’invenzione dell’alfabeto greco che deriva da
quello già in uso presso i Fenici con aggiunte di vocali. La scrittura riportò

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conseguenze notevoli sullo sviluppo politico, economico e culturale delle
comunità greche.
-Nascita della polis, uno dei principali elementi distintivi degli Hellenes, gli
Elleni (i greci che si identificano in un popolo unitario con la stessa lingua,
usanze e credenze religiose).
La polis è una città-stato, una comunità. Costituita da un centro urbano e dal
territorio circostante (chora) (cora), dotata della sua organizzazione e politica
autonoma, basata per lo più su magistrature aristocratiche. A partire dall’8
secolo, a distinguere la Grecia è la sua frammentazione in una grande
molteplicità di comunità statali di piccole dimensioni, tutte gelose della propria
identità e autonomia.
Nella madrepatria la polis, però, non è l’unica forma di organizzazione statale:
-Stati etnici: in Grecia settentrionale, meridionale e nel Peloponneso
caratterizzati dal senso di omogeneità etnica, si riuniscono per scopi culturali
intorno a santuari comuni;
-Stati federali (koinon), evoluzione dello stato etnico, è un’organizzazione
politico-territoriale nella quale le funzioni di governo sono ripartite tra un
livello centrale e un certo numero di entità locali. La caratteristica distintiva è la
doppia cittadinanza (sympoliteia) (cittadinanza federale e locale).
-Anfizionie, sono delle forme di aggregazione fondate esclusivamente su
legami culturali: leghe sacre costituite da popoli o città con centro in un
santuario comune. La loro funzione appare limitata alla celebrazione di festività
e di sacrifici comuni. La più importante è l’anfizionia delfica, con centro nel
santuario di Apollo di Delfi, nella Fòcide, in Grecia centrale, sede del più
importante oracolo del dio Apollo: l’oracolo di Delfi. (L’oracolo è un essere o
un ente considerato fonte di profezie. L’oracolo di Delfi era pronunciato dalla
sacerdotessa Pizia. Per la consultazione dell’oracolo era previsto il versamento
del pelanos, una tassa).
Nell’VIII secolo inoltre, prende le mosse il fenomeno della colonizzazione sulle
coste del Mediterraneo e del Mar Nero. Gruppi di Greci danno vita a comunità
autonome della madrepatria, con cui mantengono rapporti economici e culturali,
ma non ne dipendono politicamente. Le cause furono molteplici:
-Ricerca di terre coltivabili
-Esigenze commerciali (si stanziavano in luoghi ricchi di materie prime)
-Pressione delle potenze straniere

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-Crisi interne
A capo di queste spedizioni c’era l’ecista (oikistes, il fondatore) capo di
condizione aristocratica, il quale, dopo aver consultato l’oracolo di Delfi,
sceglierà la meta dell’impresa e distribuirà le terre tra i coloni. Alcuni coloni
istaurarono relazioni di pacifica convivenza con gli indigeni, ma altri erano
obbligati a conquistare militarmente la colonia e di ridurre gli indigeni, che non
migravano, a condizioni di schiavitù. Questa seconda colonizzazione dall’VIII
al V sec. a.C. interessò soprattutto l’Italia meridionale e insulare.
L’età arcaica ----- INIZIO PARTE II
Tra le innovazioni dell’età arcaica, vi è l’introduzione di una nuova tattica
militare basata sull’impiego della fanteria, l’oplitismo. Gli opliti, i soldati, sono
equipaggiati da un elmo, un corsetto di bronzo, una lancia e una spada corta e
un grande scudo (hoples), attraverso il quali gli opliti formano la falange.
L’oplitismo infatti è caratterizzato da una compattezza nello schieramento e
dalla coesione tra i membri della polis (in quanto adesso possono diventare
opliti tutti coloro che possono permettersi di acquistare l’equipaggiamento).
Diffuso all’inizio del VII secolo diventerà poi lo strumento bellico più diffuso
per almeno 3 secoli.

LE LEGISLAZIONI ARCAICHE - A contribuire all’evoluzione della polis


arcaica fu il processo di codificazione delle leggi che si verifica dal VII secolo,
grazie alla diffusione della scrittura. Forse si sviluppò inizialmente a Creta o in
Grecia coloniale, in cui le leggi scritte aiutavano una maggior coesione e
mescolanza tra i coloni e gli indigeni. La tradizione letteraria attribuisce alla
polis Locri-Epizefiri la più antica legislazione scritta, artefice di Zaleuco, un
personaggio oscuro.
-Importanti furono anche le numerose iscrizioni giuridiche, come la legge
costituzionale di Dreros, la prima a noi pervenuta ed è una legge pensata da un
sistema omogeneo, una mentalità collettiva e condivisa. Essa consiste
nell’evitare di coprire la carica di cosmos per due volte in meno di dieci anni,
per evitare abusi di potere e permettere a tutti gli aventi diritto di poter
esercitare tale carica, pena il pagamento di un’ammenda e la privazione di diritti
civili, che per un cittadino greco equivale all’annullamento della persona. Le
legislazioni arcaiche avevano come obiettivo prioritario la stabilità politica.
Sparta, situata nella Laconia, un’ampia regione del Peloponneso sud orientale,
sorse dopo l’unione di alcuni villaggi sparsi. Si distingueva dalle altre polis sia

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per la potenza militare che per le sue istituzioni; infatti, secondo la tradizione,
Licurgo un celebre legislatore, fece della polis un’efficiente macchina da
guerra, le diede stabilità politica e un buon governo. La polis nel VIII secolo
inizia la sua espansione; Licurgo emanò un’importante riforma legislativa, la
grande rhetra, una sorta di costituzione che sancisce il coinvolgimento politico
e militare dei cittadini. Prevede inoltre la ripartizione dei poteri tra la gherosìa,
il consiglio che elabora le proposte, e l’assemblea, l’apella, che approva o
respinge queste proposte. Nel VII secolo Sparta è ancora la polis con una
società aperta agli scambi con l’estero, una società in cui è diffuso il lusso
aristocratico. Nel VI secolo, a causa della costante minaccia di una ribellione
delle popolazioni sottomesse, diventa una comunità austera e militarizzata; uno
stato caserma, in cui i cittadini sono soldati, ogni lusso è bandito e i contatti con
l’estero sono ridotti.
Intorno alla metà del VI secolo inizia una nuova fase per la politica estera
Spartana in seguito alla vittoria su Argo, dopo la quale la polis riesce ad
affermare la sua egemonia sul Peloponneso stipulando una serie di trattati con
gli altri Stati in modo da isolare la rivale. Nasce così la Lega Peloponnesiaca
che comprende gran parte delle comunità del Peloponneso e costituisce il più
grande esempio di alleanza. In questo modo Sparta ottenne l’esercito più forte
della Grecia, potendo così svolgere un ruolo di primo piano anche fuori dal
Peloponneso.

Gli spartiati, gli abitanti in possesso dei diritti politici, chiamati anche homòioi,
un’esigua minoranza della popolazione, sono liberi da preoccupazione
economica, perché le loro terre sono coltivate dagli schiavi. L’unica loro
preoccupazione è quella di dedicarsi completamente all’attività militare,
attraverso un percorso educativo, l’agoghé (prevede che dagli 8 ai 30 anni i
ragazzi vengano educati dalla polis attraverso severi addestramenti militari;
debbano prendere parte ai sissizi, i pasti semplici con gli altri cittadini e, pena la
perdita dei diritti civili). Tutti i cittadini di pieno diritto fanno parte
dell’assemblea, l’apella, con limitato peso politico; il consiglio, la gherousia
(gherusia), formata da due re, appartenenti a due famiglie diverse, gli Agiadi e
gli Euripontìdi, e 28 membri tra gli spartiati over 60. Poi ci sono 5 èfori, eletti
annualmente, i quali vigilano sulle leggi e sul comportamento dei cittadini e dei
re.
Altri cittadini sono i pèrieci, privi dello status dei cittadini, ma comunque liberi
si occupano di artigianato, vietato agli spartiati; poi ci sono gli Iloti che
diversamente dagli schiavi possono vivere con i loro gruppi familiari e possono

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avere patrimoni personali. Essi però dovevano lavorare le terre degli Spartiati e
versare la metà del proprio raccolto.
BEOZIA E TESSAGLIA
Tra le regioni della Grecia centro settentrionale, importanti sono la Beozia e la
Tessaglia, stati federali. La Beozia ampia e fertile regione della Grecia centrale,
si caratterizza per la presenza di una pluralità di polis: esse formarono uno stato
federale dopo il conflitto contro i Tessàli.
In Tessaglia vi era un’organizzazione tribale: le particolari condizioni
ambientali della regione favoriscono lo sviluppo di concentrazioni fondiarie e
perciò di alcune grandi casate nobiliari, che detengono il potere politico. Tra il
VI e il V secolo si formò un’organizzazione federale: il territorio viene diviso in
4 parti (tètradi), che servono come base per reclutare opliti.
Durante l’età arcaica nasce e si diffonde la moneta coniata, una vera e propria
rivoluzione nella circolazione dei beni, precedentemente basata sul baratto.
Secondo Erodoto, l’adozione del nuovo strumento si sarebbe verificata per la
prima volta in Lidia, una regione dell’Asia Minore, testimoniato dal
ritrovamento del ripostiglio monetario sotto le fondamenta di un tempio di
Artemision di Efeso. Tutte le polis greche collocano un proprio simbolo
d’argento distintivo sulle monete. Sparta, per scoraggiare l’introduzione di beni
di lusso, adotta una moneta di ferro. Il principale fattore dell’istituzione della
moneta è voluto dalla polis: essa diventa un mezzo di pagamento con un valore
preciso e un’espressione di identità e sovranità politica.
LA TIRANNIDE
Verso il 750 a.C. in numerose polis, un ambizioso leader, si impadronisce del
potere con la forza o con l’inganno, instaurando un regime autocratico e dà vita
ad una vera e propria dinastia. Esso viene definito ty’rannos: originariamente
significava signore successivamente prende una connotazione negativa, un
monarca dispotico e brutale che governa in maniera illegale. Il tiranno è un
esponente della stessa elitè dominante, caratterizzato dal conflitto con il ceto da
cui proviene, dalla contrapposizione ai gruppi nobiliari. Il tiranno dà impulso al
commercio, all’artigianato, all’arte e alla cultura, al particolare interesse nei
lavori pubblici così da rafforzare il senso di appartenenza civica alla polis. Dà
inoltre importanza alla politica estera, nel rafforzamento alla potenza militare
sia nell’allacciare relazioni diplomatiche con altre dinastie. Infatti possiamo
parlare di un binomio tirannide-ricchezza della polis.
La Grecia d’Asia sembra essere interessata al fenomeno della tirannide in epoca
più tarda alla madrepatria greca: il più antico tiranno fu Trasibulo di Mileto,

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iniziato ai primi anni del VI secolo. Altre tirannidi note sono quelle di Mitilene,
sull’isola di Lesbo e quella di Samo.
Anche la Grecia coloniale, soprattutto quella Italica e la Sicilia, fu interessata
alla tirannide. Caratteristica peculiare è che diversamente alla madrepatria, la
tirannide non terminò dopo l’età arcaica.

ATENE
Atene del VII secolo si caratterizza per la debolezza dell’organizzazione statale
e per il predominio delle famiglie aristocratiche. I ceti dominanti formano le
magistrature della polis, tra cui il collegio di 9 arconti e l’Areòpago (300 arconti
usciti di carica). Tra le famiglie aristocratiche più importanti ricordiamo quella
degli Alcmeònidi. Atene nell’ultimo quarto del 7 secolo (624/623 o 621/620) è
interessata dall’emanazione di un codice di leggi scritte da un oscuro legislatore
Dracone. Questo codice ha l’intento di affermare l’autorità della polis e a
limitare quella privata dei gruppi familiari. Importante è infatti la legge
sull’omicidio, la quale stabiliva le punizioni per l’omicidio, distinto tra
volontario e involontario (per il quale è prevista la possibilità di perdono previo
consenso della famiglia). Un altro importante legislatore è Solone (successivo a
Dracone), il quale, dopo varie conquiste ateniesi è eletto arconte con l’incarico
di emanare nuove leggi e di pacificare i contrasti sociali (a causa dell’eccessiva
concentrazione di terre e ricchezze nelle mani di poche famiglie). Egli non
mette in discussione il predominio aristocratico, ma ne limita gli eccessi e
realizza un buon governo (eunomìa) in cui ogni cittadino ha i propri diritti e
doveri. Non fu un riformatore democratico, testimoniato dall’introduzione delle
classi di censo: i cittadini ateniesi sono divisi in 4 classi in base al proprio
reddito agricolo. Solo le prime due classi elevate (l’arcontato o i
pentacosiomedìmni) possono partecipare alla cosa pubblica: i zeugidi (piccoli e
medi proprietari terrieri come gli opliti) possono ricoprire magistrature minori:
i teti hanno solo diritto di intervenire all’assemblea e al tribunale popolare,
aperte a tutti. All’Areopago, Solone affianca un nuovo consiglio (boulè) di 400
membri, 100 per ciascuna classe. L’opera di Solone, tradotta in una serie di
leggi pubblicate su tavole rotanti di legno (axomes) investe anche il campo
familiare, artigianale ed economico. Al governo di Solone, susseguì un periodo
di contrasti sociali e politici. Un nuovo ed importante personaggio per Atene fu
Pisìstrato, il quale, con delle milizie, sconfigge l’esercito ateniese e si
impadronisce del potere che avrà fino alla morte.
Pisìstrato è noto per aver dato ad Atene un periodo di pace e stabilità interna: vi
è l’assenza di conflitti tra le classi aristocratiche, le quali appoggiano l’operato
del nuovo governatore. Funzionante è anche la sua politica verso i meno

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abbienti: concede prestiti agli agricoltori più poveri ed affida i compiti nelle
campagne per sottrarli al controllo delle aristocrazie. Il tiranno da anche un
grande impulso alle attività economiche: conia la dracma con l’èffige di Atene
e l’immagine di una civetta sui lati. In politica estera fece divenire Atene molto
influente in campo internazionale. Dedica la sua attenzione all’Egeo centrale e
la regione dell’Ellesponto. Atene viene cosi a disporre di preziosi basi
d’appoggio per i commerci con la regione del Mar Nero.
Dopo la morte del tiranno Pisistrato, il governo passa in mano ai due figli Ippa
e Ipparco, i quali continuano l’operato del padre. Ma nel 514 in una congiura
ordita da due giovani aristocratici Amodio e Aristigitone, Ipparco viene ucciso;
e anche se l’assassinio fu commesso per dispute amorose, questo ebbe gravi
conseguenze in campo politico. Ma da questo momento la tirannide diviene più
dura e oppressiva e vari aristocratici sono costretti a lasciare Atene, come gli
Alcmeònidi, con a capo Clìstene. Questi, decisi a rovesciare Ippia, inducono
Sparta (che vuole inglobare Atene) a liberare gli atenesi dalla tirannide: invia
militari e cattura i figli di Ippia, il quale si rassegna e va in esilio. Con la caduta
della tirannide a fronteggiarsi adesso sono le due fazioni militari con a capo
Isagora e Clistene. Clistene, alleato col demos, viene sconfitto da Isagora. Il
demos si ribella per difendere le libertà ottenute facendo fuggire Isagora,
costretta alla resa. Clistene torna trionfante in città.

Clistene operò una radicale trasformazione delle istituzioni ateniesi dando vita
alla prima esperienza democratica del mondo greco. Attraverso la sua riforma,
Clistene introduce una nuova organizzazione territoriale dell’Attica, finalizzata
ad assicurare uguali diritti di partecipazione a tutti i cittadini (isonomia) e di
ridimensionare il predominio delle grandi famiglie aristocratiche.
Il territorio venne diviso idealmente in 3 regioni (montagna, pianura e costa).
Le 3 aree vengono divise a loro volta in 10 circoscrizioni ciascuna, chiamate
trittìe, e assegnate alla tribù.
Con questo sistema, un gruppo nobiliare non può sfruttare il proprio potere
locale e la clientela, per acquistare una posizione di preminenza.
Le trittìe a loro volta erano divise in demi, un piccolo distretto che
contrassegnava la provenienza di ogni cittadino.
Ve ne furono 139.
Alle tribù era inoltre collegato il nuovo organo di governo, la Boulé dei
Cinquecento, che sostituì il vecchio organo creato da Solone, il Consiglio dei
Quattrocento.
La Boulé era composta da dieci pritanie, una per ogni tribù, ciascuna composta
da cinquanta membri, che duravano in carica a turno per 36 giorni ed erano

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eletti da ogni tribù. A capo di ogni pritania veniva scelto quotidianamente un
presidente (epìstate), che per 24 ore era la massima autorità politica dello stato
ateniese.
Un’altra azione riformatrice di Clistene fu l’introduzione dell’ostracismo. Ogni
anno gli Ateniesi (un quorum minimo di 600 persone) votano su un coccio di
vaso (òstrakon) il nome di un personaggio (che riceve più voti) da dover
allontanare dalla polis per 10 anni. Ciò forse per evitare il rischio di una nuova
tirannide.
La fase immediatamente successiva alla riforma di Clistene è piuttosto
movimentata per la democrazia ateniese: pende infatti la minaccia degli spartani
di instaurare un’altra tirannide riportando al potere Isagora. Per arginare il
pericolo Atene chiese aiuto all’impero persiano. Fino alla fine del VI secolo le
vicende ateniesi saranno intervallate da guerre e altre vicissitudini, fino ad
arrivare all’inizio del V secolo, dove abbiamo un’Atene perfezionata dal punto
di vista politico, rafforzata sul piano del prestigio internazionale e guidata da
una figura carismatica: Pericle.

GRECI E PERSIANI
Ricordiamo che durante la prima colonizzazione dei popoli greci (nel IX secolo
a.C) dopo la caduta dei Micenei ci fu un primo spostamento verso le coste
dell’Asia Minore da parte di alcune popolazioni, che si distinsero in 3 fasce:
DORICA (zone più meridionali dell’Asia Minore e parte del Peloponneso),
IONICA (fascia centrale, che comprende le città di Mileto ed Efeso in Asia
Minore e di Atene in Grecia), EOLICA (comprende molta della Grecia
continentale). Verso la metà del VI sec, il medio oriente è interessato da un
mutamento epocale: una vigorosa espansione militare dei persiani (una
popolazione di lingua indoeuropea stanziata nella regione del Fars), iniziata dal
dinasta Ciro il Grande.
In poco più di un decennio si viene a domare un impero esteso tra il
Mediterraneo e l’Asia centrale, che dopo la morte di Ciro, si amplia
ulteriormente ad opera del figlio Cambise con l’annessione dell’Egitto.
L’espansionismo persiano prosegue ancora con il terzo sovrano, Dario I, il
fondatore della dinastia degli Achemènidi, e l’impero raggiunge la sua massima
espansione. L’impero viene suddiviso in 20 circoscrizioni, satràpie con a capo
governatori (satràpi) che hanno il compito di assicurare il versamento dei
tributi. Questi popoli sottomessi sono trattati con moderazione: nonostante
siano obbligati a fornire manodopera e versare un pesante tributo, questi non
subiscono distruzioni, viene tollerata la loro cultura, tradizione e religione. Si
evince infatti il carattere multietnico e sovranazionale del gigantesco impero

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persiano. Bisogna notare però che questa forma di governo era in declino e la
popolazione ionica era scontenta e pronta a ribellarsi.
Nel 499, circa mezzo secolo dopo l’assorbimento dei greci d’asia nell’impero
persiano fondato da Ciro, ha inizio la cosiddetta rivolta ionica, la prima
insurrezione delle polis microasiatiche contro il dominio del grande re.
L’occasione vi fu quando, il tiranno Aristagora per consolidare la propria
posizione a Mileto, cercò di conquistare Nasso, ma venne sconfitto
pesantemente, e temendo di essere deposto dal Gran re Dario I, incitò le città
alla ribellione. L’anno seguente le truppe dei ribelli, con l’appoggio di
contingenti provenienti da Atene ed Eretria, conquistarono e bruciarono Sardi,
la capitale della satrapia di Lidia, ma il successo fu di breve durata poiché,
durante il viaggio di ritorno in Ionia, i ribelli furono annientati nella Battaglia di
Efeso. Negli anni successivi, esaurito ogni intento offensivo dei ribelli, i
persiani iniziarono la loro controffensiva e riconquistarono Mileto e le altre
polis ribelli. Dopo questa rivolta, i vincitori optarono per una politica più
moderata nei confronti delle polis greche per lenire il malcontento che era stato
alla base dell’insurrezione.
LE GUERRE GRECO-PERSIANE ---- INIZIO PARTE III
Dopo la rivolta ionica il mondo greco diventa oggetto di attenzione di Dario I.
Conquistando le città ribelli, si sancì la restaurazione del dominio del Gran Re,
il quale, però, ricordando l’aiuto fornito da Eretria ed Atene ai ribelli e
considerando che i greci continentali potevano comunque costituire una
minaccia ai propri domini, decise di intraprendere la conquista di tutta la
Grecia.
Nel 492 a.C. Dario inviò il proprio genero, Mardonio a completare la
sottomissione della Tracia che faceva parte dell’impero persiano. L’anno
seguente, Dario inviò ambasciatori a tutte le città greche domandandone la
sottomissione e poiché Sparta e Atene non solo avevano rifiutato ma avevano
anche giustiziato gli ambasciatori, il Gran re iniziò i preparativi per una seconda
spedizione.
(1°conflitto) Nel 490 a.c. Dati e Artaferne furono al comando della seconda
spedizione tentata dieci anni prima a Eretria. I persiani puntarono sull’altro e
più importante obiettivo: Atene. Gli Ateniesi, su proposta di Milziade, il
generale con maggiore esperienza, decidono di andare incontro al nemico: a
Maratona, circa 40 km da Atene, si tenne la battaglia che vide la vittoria degli
Ateniesi. Maratona fu un evento rilevante poiché mostrò ai Greci che i Persiani
potevano essere battuti. Milziade morì e il vuoto politico fu ricoperto da

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Temìstocle, il quale spinse Atene ad una politica di espansione navale in
funzione anti-persiana: Temistocle propose che il danaro pervenuto da un nuovo
giacimento di argento fosse investito nella costruzione di una flotta di triremi
per contrastare il riarmo persiano.
Dopo la morte di Dario, Serse, il figlio, si interessò prima di arginare le nuove
rivolte egiziane e babilonesi e successivamente avviò i preparativi per una
gigantesca spedizione sia terrestre che navale alla Grecia. La controffensiva
greca si concretizza nel 481 con la stipulazione di una lega ellenica i cui
membri si impegnano a porre fine alle ostilità reciproche e sconfiggere la
minaccia persiana.
(2°conflitto) Dopo aver attraversato l’Ellesponto nel 480 a.C., l’esercito
persiano cominciò la sua marcia verso la Grecia;
Dopo aver conquistato la maggior parte della Grecia, Serse intendeva
distruggere la flotta alleata; viceversa, Temistocle si proponeva, sconfiggendo la
flotta persiana, di impedire ogni ulteriore progresso del nemico.
A tale scopo, ordinò alla flotta di restare al largo della costa di Salamina.
Sempre Temistocle riesce a far approvare un decreto secondo il quale gli
ateniesi anziani, i bambini e le donne dovessero abbandonare la città e mettersi
in salvo, mentre gli uomini dovevano imbarcarsi su navi da guerra. Lo scontro
navale decisivo avviene nel piccolo stretto che intercorre tra l’isola di Salamina
e la terraferma. Questa strategia si rivelerà altamente efficace in quanto le navi
persiane, assai più pesanti e numerose, non erano in grado di manovrare
agevolmente e divennero preda di quelle greche. L’esito vedrà i greci come
vincitori. Conscio dell’inferiorità navale, Serse ordinò a Mardonio di restare
con una parte dell’esercito mentre egli si ritirava in Asia.
Nel 479 a.C. i persiani ancora presenti in Grecia furono definitivamente
sconfitti nella battaglia di Platea e nella battaglia navale di Samo. Agli spartani
va il merito dello scontro, riuscendo durante una manovra di ripiegamento, non
solo a respingere un attacco persiano, ma anche a dar vita ad un contrattacco
che vedrà la morte di Mardonio sul campo. Le due guerre vengono celebrate dai
vincitori come la nascita di una nuova ideologia dell’identità nazionale greca.
In occidente vi sono ancora regimi tirannici. Maggior peso sul piano
internazionale è la tirannide di Gela, con Gelone, il quale riesce ad aggiungere
anche Siracusa al dominio gelo, ove fece costruire un apparato militare sia
terrestre che navale. La richiesta di entrare nel conflitto contro i persiani che le
polis della lega ellenica rivolgono a Gelone costituisce la conferma del ruolo di
rilievo assunto da Siracusa in campo internazionale.

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EGEMONIA ATENIESE
*=
[OSTRACISMO: OGNI ANNO GLI ATENIESI VOTANO UN PERSONAGGIO (SU UN COCCIO DI
VASO) DA ALLONTANARE PER 10 ANNI DALLA POLIS]

Il cambiamento di maggior rilievo innescato dal conflitto greco persiano si può


individuare nell’avvento dell’egemonia ateniese, che costituisce l’elemento
caratterizzante del periodo di circa 50 anni, la cosiddetta pentecontetìa,
compreso tra il 478 e lo scoppio della guerra del Peloponneso. Sia il crescente
disimpegno di Sparta alla testa della lega ellenica, sia il malcontento per il
comportamento autoritario del comandante spartano, Pausania, fanno si che
Atene assuma la guida della symmachìa per proseguire la lotta antipersiana. Il
risultato è che nel 478/477 si viene a formare una symmachia egemone con un
numero di polis molto più ampio della lega delio-attica. Gli alleati vogliono
difendere le polis dalla ancora incombente minaccia persiana attraverso un forte
apparato militare costituito da una flotta da guerra: ogni città membro avrebbe
fornito forze armate o pagato una tassa (phoros) alla cassa comune. La maggior
parte degli stati, per la riluttanza degli alleati ad impegnarsi in campagne
militari optò per la tassa, facendo sì che Atene utilizzi i phoros per ampliare la
propria flotta e rafforzare la sua potenza egemonica.
Temistocle, uno dei principali artefici della vittoria sui Persiani, aveva un
obiettivo diverso dagli ateniesi: quello di raggiungere un intesa con i Persiani e
concentrare gli sforzi per contendere a Sparta l’egemonia sui Greci. Ma venne
a trovarsi isolato in un gruppo dirigente che preferisce l’intesa con Sparta e
considera ancora pericolosi i Persiani, così fu costretto a lasciare Atene in
seguito all’ostracismo*. Andrà poi a rifugiarsi dal re persiano. Cimone, il figlio
di Milziade, fu la nuova figura dominante ateniese. I persiani riprendono
l’offensiva nell’Egeo, ma Cimone affronta i persiani in una battaglia sia navale
che terrestre a Panfila ottenendo la vittoria.
Dopo il successo ottenuto, all’interno della lega delio-attica vi fu una crisi,
causata dalle mire ateniesi sul controllo di giacimenti d’oro del Pangeo, che
Taso possedeva da lungo tempo. Taso si ribellò contro il controllo ateniese,
cercando di rinunciare alla sua appartenenza alla Lega di Delo. La ribellione fu
repressa alla fine, dopo un lungo e difficile assedio, ma non prima che Sparta
avesse promesso segretamente di sostenere i Tasiani. Un terremoto che innescò
una ribellione degli iloti non permise a Sparta di mantenere fede alla sua
promessa.
RIFORMA DI EFIALTE

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Dopo un tremendo terremoto che sconvolse la Laconia, gli Ilòti, sottomessi agli
Spartiati da quasi due secoli, presero le armi per tentare di riconquistare la loro
libertà. Dopo qualche vittoria iniziale degli iloti, Sparta, ancora provata dal
terremoto, chiese aiuto ad Atene. Però, forse per timore della potenza ateniese,
Sparta rimandò indietro le truppe ateniesi (sospettate anche di aver aiutato i
ribelli), umiliando gli Ateniesi, perciò Cimone, che aveva sostenuto l’alleanza
con Sparta e l’invio delle truppe, fu ostracizzato.
Nel frattempo, approfittando dell’assenza di Cimone, la componente
democratico-radicale passa all’offensiva, ottenendo il favore popolare e
approvando una riforma che indebolisce fortemente il potere dei nobili
aristocratici. La riforma consisteva nella riduzione dei poteri dell’Areòpago,
l’antica assemblea aristocratica che vennero distribuiti fra Elica (tribunale
popolare) e boulé (consiglio). All’Areopago furono lasciate solo competenze
religiose. I cambiamenti interni si riflettono anche nella politica estera:
l’affronto subito dagli opliti ateniesi verso Sparta, fornisce ai nuovi leader
ateniesi l’occasione per rompere con Sparta, creando nuove alleanze i Tessàli e
con una tradizionale avversaria di Sparta, Argo.
-In occidente la potenza Siracusana crebbe ancora dopo la morte di Gelo, sotto
il successore Ierone, il quale assorbì nell’orbita siracusana il golfo di Napoli.
Dopo la sua morte, il fratello Trasibulo, dopo pochi mesi di governo a causa di
una sollevazione popolare, fu costretto a lasciare la città, che sarà retta da
istituzioni democratiche.
ETA’ DI PERICLE
Il periodo che va dalla fine degli anni ’60 del V sec. allo scoppio della guerra
del Peloponneso nel 432, Atene raggiunge un ulteriore evoluzione interessata al
suo regno democratico: Pericle, nipote del legislatore Clistene, governò Atene
per trent’anni. Seguace dell’ideale democratico di Temistocle, portò Atene verso
la democrazia radicale, favorendo la piena parità dei diritti politici dei cittadini.
Una riforma che interessa l’arcontato, che diventa accessibile anche agli zeugiti,
gli esponenti della terza classe, e cessa così di essere monopolio dei soli
membri del ceto aristocratico. Le due principali riforme attribuite a Pericle sono
l’introduzione del misthòs, cioè la pratica della retribuzione ai cittadini occupati
in incarichi pubblici, così da dare potere anche ai meno abbienti; l’attribuzione
della cittadinanza ateniese ai soli figli di padre e madre ateniesi, da modificare
in senso più restrittivo coloro che possano accedere alla politica. Nella lega
delio-attica Atene imponeva sempre più la sua volontà politica agli alleati, cosa
simbolicamente espressa dal trasferimento da Delo a Atene del tesoro federale.
Ciò fu causa di rivolte che misero in risalto la contraddizione di fondo della

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politica di Pericle, accesamente democratica in Atene e negatrice di ogni
autonomia politica fuori di essa. Nel 457 a.C. Pericle, alleatosi con tutti gli
avversari Spartani, iniziò la prima Guerra del Peloponneso, ottenendo alcuni
successi, e spinse Atene a combattere per difendere l’Egitto dai Persiani. La
flotta ateniese venne distrutta da quella persiana: cosi Pericle decise di aprire le
trattative di pace con il re di Persia, inviando un cittadino di nome Callia.
Secondo la pace di Callia, Atene si impegnava a non intromettersi negli affari
interni dell’Impero Persiano e a non attaccare le zone sotto il suo diretto
controllo, in particolar modo l’Egitto e l’Asia Minore. In cambio il Gran Re
riconosceva l’autonomia delle città ioniche lungo la costa anatolica, e garantiva
che la sua flotta non sarebbe più stata inviata nel Mar Egeo.
[Con la pace di Callia decaddero le ragioni che costituivano la lega di Delo ma
comunque l’alleanza non venne sciolta e gli alleati continuarono a versare ad
Atene le somme che ora erano diventate dei tributi, con il tesoro di Atene.]
Pericle inoltre insediò la presenza militare ateniese nelle zone del Mar Nero,
fonte di approvvigionamento cerealicolo e nella Tracia occidentale, ai fini dello
sfruttamento delle risorse minerarie e del patrimonio forestale.
-Occidente: il periodo successivo alla fine delle Tirannidi non è meno
turbolento: le polis conoscono ora una fase densa di contrasti e di
rivendicazioni. A Siracusa fu introdotto il petalismo, simile all’ostricismo
ateniese, diverso solo per il materiale impiegato per la votazione e per la minore
durata dell’esilio, così per colpire gli esponenti del ceto aristocratico, ma fu
abrogato ben presto. Un siculo ellenizzato, Ducezio, sollevò un vasto
movimento di rivolta nazionalistica, una vera e propria lega sicula. Partendo
dalla nativa Mineo attacco’ e distrusse Inessa-Etna e Morgantina e fondò alcune
colonie in punti strategici per controllare il territorio. Ma attaccato dai
Siracusani, venne pesantemente sconfitto e costretto ad andare in esilio: fondò
la città Kale Akte, dove rimase fino alla morte. Negli anni che seguirono
Siracusa tornò a sottomettere quasi tutti i territori da lui “liberati”.
LA GUERRA DEL PELOPONNESO
Fu combattuta nella Grecia antica tra il 431 a.C. ed il 404 a.C., con protagonista
Sparta e Atene e le rispettive coalizioni. Attraverso l’opera di Tùcidide ne
arriviamo a conoscere nei dettagli lo svolgimento fino al 411 a.C.(si interrompe
bruscamente); per la fase finale dello scontro invece ci si rifa’ alle Elleniche di
Senofonte.

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L’elemento basilare è risalire alle cause, riscontrabili sia nella crescente potenza
di Atene e nella preoccupazione che essa incuteva negli Spartani, e sia una serie
di contrasti occasionali, esplosi poi in una guerra.
SPARTA, LEGA DEL PELOPONNESO: grosso della Grecia meridionale e
centrale, tutti i Peloponnesiaci, Boeti, Megaresi, Locresi, Focesi e le colonie di
Corinto sullo Ionio.
ATENE: oltre alle numerose polis della sua lega, include Platea, i Messeni, gli
Acarnàni, Tessali, Còrcira e Zacinto.
Gli storici dividono la guerra in tre fasi: nella prima, la fase Archidamica, dal
432 al 421 a.C., la seconda che va dalla Pace di Nicia alla spedizione Siciliana,
fase tra il 420 e il 413 a.C, e la fase Deceleica dal 413 al 403 a.C.
La guerra del Peloponneso cambiò il volto della Grecia antica: Atene, che dalle
guerre persiane aveva visto crescere enormemente il proprio potere, dovette
sopportare alla fine dello scontro la sconfitta con Sparta.
-La prima occasione di crisi è una vicenda del 433, in cui sono coinvolti gli
alleati degli spartani, i Corinzi a causa di un conflitto scoppiato tra Còrcira e la
sua madrepatria Corinto, per questioni legate alla comune colonia di Epidamno.
Vittoriosi in uno scontro navale, ma intimoriti da una probabile rivincita, i
Corciresi chiesero aiuto alla grande potenza di Atene, i quali interessati
all’importanza strategica di Corcira come base per la navigazione verso
occidente, non esitarono ad allearsi e far rinunciare al proposito dell’attacco
corinzio.
-A far salire la tensione tra Atene e Corinzio fu la questione di Potidea (432
a.C.) : A Potidea, membro della lega delio-attica, ma colonia di Corinto, era
stato imposto da Atene di non accogliere più gli epidemiurghi, i magistrati che
annualmente Corinto inviava a Potidea per controllarla e di abbattere le mura
che congiungevano la città al mare. Al rifiuto di Potidea di sottostare alle
richieste ateniesi, Atene aveva inviato sul luogo una flotta che aveva dato inizio
all’assedio della città.
-Sempre nel 432, il motivo di attrito tra Atene e Megara consisteva nel divieto
imposto per decreto da Atene ai cittadini di Megara di frequentare i porti di
qualunque città facente parte della lega delio-attica: con la scusa di punire i
Megaresi che avrebbero coltivato terre sacre situate ai confini dell’Attica, in
questo modo Atene conseguiva lo scopo di bloccare i commerci e
l’approvvigionamento di materie prime agli Stati del Peloponneso.

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Questi tre elementi, però, costituirono solamente i pretesti di una guerra che
trovava il vero motivo nella volontà degli Spartani di opporsi allo strapotere di
Atene, la quale, fin dalla fine delle guerre persiane, aveva intrapreso un
percorso di progressiva estensione, anche a scapito dell’autonomia e della
libertà delle altre polis.
-Nel giugno del 431 a.C. l’esercito della lega Peloponnesiaca invase l’Attica
sotto la guida di re Archìdamo II. Per Atene e Sparta l’episodio è la scintilla, e
apre la prima fase della guerra del Peloponneso (fase Archidamica).
Pericle, eletto stratega, consapevole della netta superiorità degli avversari sulla
terraferma, intende evitare gli scontri terresti e puntare sulla flotta, il principale
elemento di forza di Atene. Costruisce così le Lunga Mura, un circuito murario
che racchiude la città e la congiunge col porto del Pireo. Così Atene godrà degli
stessi vantaggi di un’isola, e sarà attaccata solo per mare, su cui è nettamente
superiore. Dopo il primo anno di guerra, però le vicende presero un imprevisto.
Le precarie condizioni igieniche in cui venivano le migliaia di cittadini
ammassati all’interno delle mura di Atene facilitarono il diffondersi di
un’epidemia di peste. L’epidemia si diffuse ben presto ai cittadini, all’esercito e
causò la morte di Pericle.
Alla morte di Pericle, assunse la guida della fazione popolare Cleone, fautore di
una politica bellicista più decisa ed energica. Sparta riuscì ad ottenere la resa di
Platea, consegnata ai Tebàni. Sempre nel 427, Atene estese il conflitto anche in
Occidente, in Sicilia, importante per l’approvvigionamento cerealicolo.
L’occasione è fornita da una richiesta di aiuto da parte di una sua alleata
siciliana: un’ambasceria di Leonìtini chiese l’aiuto degli ateniesi a sostegno
delle città calcidesi, impegnate in un difficile scontro con una coalizione
capeggiata da Siracusa. Atene accolse subito la richiesta poiché mirava a
bloccare i rifornimenti cerealicoli che dalla Sicilia arrivano al Peloponneso e a
stabilire un futuro dominio sull’isola. Iniziò una battaglia con esito
inconcludente (alleanza con ambasceria di Leonìtini).
Nel 425 a.C. si concluse la battaglia con la vittoria di Atene.
La situazione spartana fu però risollevata dal generale Brasida nello stesso
anno, che trasferì la guerra fuori dal Peloponneso. Con una lunga marcia,
condusse l’esercito fino in Tracia, presso la città di Anfipoli, che gli Ateniesi
utilizzavano come base per rifornirsi di oro, legname e grano, e la conquistò.
L’esercito ateniese, guidato da Ippocrate e da Demostene, venne sconfitto a
Delio (Boezia). Cleone in Tracia nel 422 tentò di riconquistare la città di
Anfipoli, ma durante la battaglia sia Cleone che Brasida trovarono la morte,

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togliendo di mezzo i due principali attori di questa fase della guerra. Dopo la
morte dei due principali sostenitori della linea bellicista nelle rispettive città, sia
Atene (in difficoltà per i gravi rovesci subiti), che Sparta, (timorosa di possibili
rivolte degli Iloti), decidono di porre al termine il conflitto con la pace di Nicia
(in onore del nuovo leader che ora opera ad Atene) sottoscritta nel 421 a.C. la
pace prevedeva di ristabilire parzialmente la situazione territoriale prima dello
scoppio della guerra: ad Atene quindi viene riconsegnata Anfipoli, e a Sparta
viene ridata Pilo, Cìtera e le altre città peloponnesiache.
Dopo 10 anni circa di combattimenti, Atene appariva come vincitrice, essendo
riuscita a resistere al tentativo di Sparta di frantumare la Lega delio-attica:
tuttavia la città aveva subito perdite gravissime (battaglie, peste), come anche
Sparta (scarsezza di uomini). La pace di Nicia così porta all’accettazione di un
sistema bipolare.
Dopo la pace, Atene e Sparta non riuscivano ad imporre il rispetto dell’accordo
ai rispettivi alleati. Ad Atene la fazione contraria alla pace prende vigore con
Alcibìade, contro coloro come Nicia che miravano a consolidare la pace con
Sparta. Alcibiade spinge gli ateniesi a stipulare un’alleanza difensiva con 2 stati
peloponnesiaci: Mantìnea e Argo contro Sparta. A Mantìnea (418) vi fu una
memorabile battaglia nella quale le forze degli ateniesi, mantinesi e argivi
subiscono una pesante sconfitta, e Sparta riafferma il suo ruolo egemonico. Un
altro conflitto fu contro Melo (416), polis della lega delio-attica, che rimase
neutrale al conflitto. Lo scopo della campagna è evitare che la sua neutralità
diventi un esempio per le altre polis.
Nello stesso periodo, la Sicilia ritorna al centro dell’interesse di Atene: la città
di Segesta chiese l’aiuto dell’alleata Atene per sconfiggere Selinùnte (per
motivi di confine), città appoggiata a Siracusa, a sua volta alleata di Sparta.
Nel 418 Atene si interessa nuovamente all’isola di Sicilia in seguito alle
richieste di Segesta e Leontìni. Alcibiade sarà il maggior sostenitore di una
spedizione in Sicilia, che si trovava in una posizione estremamente strategica.
A nulla vale l’opposizione del partito di Nicia.
Nel 415 parte una numerosa flotta, che però costeggiando l’Italia non trova sul
percorso polis greche disposte a sostenerli nell’impresa. Una volta sbarcati a
Catania, gli avversari di Alcibiade lo chiameranno a processo in patria
muovendogli accuse per la mutilazione delle erme (le èffigi di Ermes poste
lungo la via di Atene). Alcibiade, lungo il tragitto di ritorno, si dà alla fuga e
trova rifugio proprio a Sparta. Ora il contingente ateniese si trova in Sicilia
privato di colui che più fortemente aveva voluto la spedizione. Dopo un primo
conflitto andato bene per gli ateniesi, Siracusa chiede aiuto ai Corinzi e agli

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Spartani che accetteranno le loro suppliche. Come se non bastasse, sotto
consiglio di Alcibiade, l’esercito spartano conquisterà la città di Decelea, situata
a circa 20 km da Atene. La mossa risulta molto notevole, in quanto gli attacchi
spartani si riveleranno ora sempre più insistenti e perché così si riesce a
bloccare i rifornimenti provenienti dall’Eubea e le riserve d’argento del Laurio.
Nonostante Atene faccia pervenire dei rinforzi in Sicilia, ciò tarderà solo di
poco la totale caduta della spedizione e vedrà la morte di Demostène (suicidato)
e Nicia (giustiziato).

Uscita a pezzi dalla fallimentare spedizione in Sicilia, Atene deve affrontare la


fase deceleica del conflitto, iniziata appunto con l’occupazione spartana di
Decelea nel 413. Militarmente debole per la perdita di un grosso numero di
cittadini dell’esercito e di una forte leadership, gli ateniesi hanno comunque la
forza di reagire. La situazione per Atene si aggrava ulteriormente in seguito
all’apertura di un nuovo fronte in Asia minore, la cosiddetta guerra ionica. Da
qui il termine guerra deceleico-ionica. In questo panorama si inseriranno i
persiani, che volevano approfittare dell’occasione per riprendere il dominio
sulle città ioniche che la pace di Callia gli imponeva di conquistare.
Tramite Alcibiade, inimicato ormai con gli Spartani, gli ateniesi arrivano a
stipulare un’alleanza con i persiani, se solo questi avessero mutato il regime
istituzionale, abolendo la democrazia istaurando una costituzione oligarchica.
Gli oligarchi erano capeggiati dall’oratore Antifonte, che riesce senza difficoltà
a cambiare l’ordinamento politico. Lo stesso demos, intimorito e ingannato,
approva il cambiamento di regime: viene abolita la boulé dei 500, sostituita da
un consiglio di 400 membri.
Gli oligarchi, tuttavia, rimasero poco al potere: malvisti dalla popolazione (non
a torto) che temeva la loro propensione di accordarsi con Sparta se non
addirittura arrendersi al nemico, vennero spazzati via dalla rivolta cittadina
seguita alla sconfitta militare di Eretria.
Alcibiade viene riaccolto dal governo democratico pochi mesi dopo e riprende
le operazioni militari ateniesi.
La supremazia sui mari però era in mano agli Spartani, guidati da Lisandro,
grazie alla flotta fornita dai Persiani. Alcibiade non riuscì a replicare i successi
precedenti e non essendo stato rieletto stratego, si ritirò in esilio volontario.
Nonostante le difficili condizioni in cui si trovarono, gli ateniesi riuscirono a
cogliere, nello stesso 407 a.C., un’importante vittoria navale, ma i contrasti
politici vanificarono il vantaggio acquisito: gli strateghi vittoriosi vennero

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accusati di non aver prestato soccorso ai naufraghi e, giudicati davanti al
tribunale popolare, vennero condannati a morte. Lìsandro decide di piegare le
flotte ateniesi prive della guida di generali esperti, nello stretto dell’Ellesponto,
annientandoli.
Atene non può che arrendersi. L’esercito spartano entra in città e impone
condizioni di pace dure. Gli ateniesi sono condannati a consegnare quasi tutte le
navi rimaste e ad abbattere le lunghe mura. La caduta di Atene apre
semplicemente la strada a un nuovo dominio imperialistico, quello spartano.
LA FINE DEL V SECOLO
L’egemonia spartana non è meno oppressiva per le città greche, in quanto non
rispetta l’autonomia delle polis alleate, a cui tende a imporre il proprio modello
politico: modelli oligarchici, le “decarchie”, affidati a comitati di 10 membri
fedeli, controllati dalle guarnigioni spartane. Anche ad Atene, nel 404 in un
assemblea, capeggiata da Crizia e Teramene, alla presenza di Lìsandro, il demos
approva l’istituzione di una commissione legislativa di 30 membri con il
compito di restaurare la costituzione degli antenati, chiamati i 30 tiranni, poiché
con loro si istaura un regime brutale e arbitrario, che si caratterizza con la
pratica della violenza contro chi è sospettato di simpatie democratiche. La
brutalità del regime si fece sempre più aspra e sanguinaria verso i suoi
oppositori e in generale sugli Ateniesi che non facevano parte della lista dei
Tremila. La reazione alla brutalità dei Trenta giunse rapida, a partire dalla
Beozia dove il leader democratico Trasibulo, assieme a Tebe, attaccò gli
oligarchici nel 403. Conquistato il Pireo, Trasibulo attaccò i Trenta e Crizia
cadde sul campo. Dopo altri scontri con i democratici, sia i Trenta da Eleusi sia
i Dieci da Atene chiesero aiuti a Sparta contro i ribelli; il re di Sparta Pausania
decise di intervenire personalmente per non accrescere ancora il potere di
Lìsandro e arriva in Attica con altre milizie peloponnesiache. Fece da tramite tra
le parti per raggiungere un compromesso, ottenendo la fine della guerra civile
ed imponendo il ritorno di tutti gli Ateniesi; con la pacificazione del 403 Eleusi
fu dichiarata repubblica indipendente da Atene, come rifugio per tutti coloro
che preferivano l’oligarchia alla democrazia.
La democrazia ateniese fu modificata in campo legislativo: all’assemblea
rimane il compito di emanare decreti, ma l’approvazione di vere leggi (nòmoi)
viene affidata ad appositi collegi di legislatori (nomòteri).
Una delle caratteristiche del periodo successivo alla guerra del Peloponneso è il
forte uso delle milizie mercenarie: la figura tradizionale del cittadino-soldato
viene sostituita con quella di un militare di professione che combatte in cambio

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di uno stipendio e perciò rappresenta un nuovo onere per le finanze delle polis
greche. Questo perché l’attività bellica si trasforma in senso più professionale e
richiede un impegno e una specializzazione che il cittadino-soldato non è in
grado di assicurare. Ricordiamo un’impresa militare, la spedizione dei
Diecimila (L’esercito di Ciro), in cui furono adottati questi mercenari: nel 404,
Sparta decide di appoggiare, in segreto, Ciro, figlio di Dario II, nella
successione al trono di Persia contro il fratello Artaserse II. La spedizione ebbe
esiti negativi: Ciro fu massacrato nel 401. Cambiano i rapporti tra Sparta e
Persia. A mettere in difficoltà Sparta sono gli avvenimenti delle polis scontente
per la politica imperialistica spartana. I Persiani convincono Tebe, Argo, Atene
e Corinto ad allearsi contro Sparta: inizia la cosiddetta guerra di Corinto.
Per il mondo greco d’Occidente, gli ultimi decenni del V sec. sono caratterizzati
da scontri con popolazioni non greche e dai primi casi di decolonizzazione. In
Magna Grecia, la formazione di due nuovi gruppi di origine sannitica, i
Campani e i Lucani, raggiungono un buon livello di organizzazione politica e
di potenza militare, tanto da conquistare polis greche e imporre la propria
identità culturale. Le truppe cartaginesi (con Annibale) conquistarono
Agrigento, Gela e Camarina, arrivando alle porte di Siracusa, dove Ermocrate è
stato sostituito dal tiranno Dionisio, che riesce a strappare un accordo col
generale punico Imilcòno, il cui esercito è devastato da una pestilenza. Si arriva
cosi ad un accordo nel 405 secondo cui la Sicilia occidentale sia sotto il
dominio dei Cartaginesi e si riconosce la signoria di Dionisio su Siracusa.

L’EGEMONIA SPARTANA ----- INIZIO PARTE IV


La vittoria di Sparta nella trentennale guerra (del Peloponneso) che l’aveva
vista contrapposta ad Atene, aveva ormai reso la città l’unica potenza egemone,
il nuovo punto di riferimento nel mondo greco.
Il piano di Lìsandro è chiaro: prendere con la forza lo spazio lasciato da Atene
come egemone del mondo greco, ma ciò è visto con preoccupazione sia nel
mondo greco che in Persia.
Queste preoccupazioni sono alla base dello scoppio della Guerra di Corinto
(accennata su), il cui vero fine era quello di impedire che i progetti
imperialistici spartani potessero in qualche modo realizzarsi. Oltre all’appoggio
degli spartani nella ribellione di Ciro il grande, Sparta era intervenuta anche in
terra d’Asia per tutelare la libertà e l’autonomia delle città greche. Nel 400 si
iniziò una guerra contro il Sàtrapo d’Asia Tìssaferne, che dimostrò i limiti
logistici di Sparta nelle guerre di lunga e media durata fuori dal continente: per

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sopperire alla mancanza di fondi, infatti Sparta deve devastare le città alleate.
Quando il re Agesilào prese il comando delle truppe, nel 396, Sparta attaccò e
sconfisse direttamente Tissaferne a Sardi. Il Gran Re inviò il satrapo sostituto
Tìtrauste a trattare con Sparta, proponendogli l’indipendenza delle città
dell’Asia Minore se avessero offerto un tributo alla Persia, ma Sparta rifiutò e si
preparò ad attaccare la Cappadocia per separare l’Asia minore dal centro
dell’impero.
Il Gran Re per impedire ad Agesilao di portare a compimento i suoi progetti
convinse Tebe, Argo, Atene e Corinto ad allearsi contro Sparta: inizia così la
Guerra di Corinzia. Gli spartani convocano subito a Sparta il loro re Agesilao e
la loro flotta viene sconfitta da quella persiana, guidata dall’ateniese Conòne,
presso Cnido. Questa è una data significativa poiché sancisce di fatto la fine
dell’egemonia spartana sul mare (401 a.C.)
Intanto negli ultimi anni di guerra Atene lanciò varie campagne navali,
ottenendo alcuni successi e riannettendo alcune isole che avevano fatto parte
dell’antico impero ateniese. Preoccupati dai successi ateniesi, i Persiani tolsero
il sostegno agli alleati e iniziarono ad aiutare Sparta, costringendo gli alleati a
cessare le ostilità: nel 387 a.C. fu firmata la Pace di Antàlcida, nota anche come
“pace del Re”, che pose fine alla guerra. Questi termini prevedevano che tutta
l’Asia continentale, con la sola esclusione di Cipro, appartenesse al Gran Re,
mentre tutte le città greche dovevano essere autonome, singole polis, e non
organizzazioni statali di alcun tipo.
In Sicilia si sviluppò una tirannide tardiva. Essa era dominata dal contrasto tra
la parte occidentale in mano ai cartaginesi e quella orientale in cui erano
insediate le principali città greche.
Negli anni dal 409 al 405 i Cartaginesi si espansero, attaccando ed unendo
Agrigento, Gela ed altre città. Nel frattempo a Siracusa, un giovane politico,
seguace di Ermòcrate, Dionisio attacca le autorità cittadine riguardo alla loro
fallimentare conduzione della guerra ai cartaginesi e riesce a farsi eleggere
stratego e poi farsi nominare dall’assemblea stratega unico, con pieni poteri.
Grazie ad una nuova epidemia scoppiata in campo nemico, Dionisio può
stipulare una pace coi Cartaginesi nel 405, che gli permette di rafforzare la sua
tirannide, allargandone la signoria all’intera Sicilia ellenica. Dioniso dota
Siracusa di una potente armata, una cospicua flotta, fa costruire sulla collina
dell’Epìpole il grandioso Castello Eurìalo e cinge la città con le Lunghe Mura.
Forte della sua potenza, assoggetta tutta la Sicilia orientale, sia ellenica che
indigena e progetta un duplice espansionismo territoriale: verso la Sicilia

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cartaginese e verso l’Italia greca. Una volta consolidata la posizione in Sicilia,
egli avviò una politica espansionistica verso la penisola italica, dove aveva
come nemici i Reggini, alleati ai Messinesi. Questi ultimi si allearono con
Dionisio e perciò Reggio, per fermare le azioni di Siracusa creò la Lega Italiota,
un’alleanza militare formatasi nel 393 tra polis Magno-Greche con lo scopo di
contrastare sia la minaccia lucana che l’espansionismo di Dioniso I in Italia
meridionale.
Dionisio però, non ebbe problemi ad allearsi con i Lucani e nel 386 sconfisse la
lega italiota e Reggio, costruì uno stato territoriale che andava dalla Sicilia a
buona parte della Calabria. Dionisio cercò di spingersi verso l’Adriatico e il
Tirreno ma non funzionò molto anche perché nel 379 ebbe inizio in Sicilia una
nuova guerra con Cartagine, che portò alla sconfitta di Dionisio. Pare che
quest’ultimo abbia condotto una quarta guerra anti-cartaginese ma l’inverno
mise fine alle azioni militari alla sua vita.
Suo successore fu Dionisio il Giovane, il quale prese potere sotto la tutela dello
zio Dione. Come dittatore fu feroce come il padre. Cacciò Dione, che
disapprovava il suo comportamento e a causa dello stesso Dione che capitanava
una guerra civile, il suo governo perse il comando della polis. Esiliato a Locri,
ritornò a Siracusa, dove riottenne il potere in un momento di instabilità politica.
Le tensioni con il popolo si appuntirono: fu detronizzato da Tìmoleonte,
costretto all’esilio in Grecia.

EGEMONIA TEBANA
Dopo la pace di àntalcida (pace del Re), Sparta si preoccupò di tenere divise le
polis greche. Si creò una lega marittima che aveva come scopo quello di
sconfiggere Sparta. Questa nuova alleanza si presentava come una serie di
accordi bilaterali tra Atene e varie città del mondo greco. Prevedeva che alla
lega non potessero partecipare le città persiane, e le polis aderenti alla lega
restavano libere, autonome e si sarebbe governato con la propria costituzione.
La lega ebbe fin da subito ampio consenso. Questa politica si rivelerà fruttuosa
quando nel 376 Atene vinse su Sparta la battaglia navale di Nasso. La
situazione che si era venuta a creare preoccupava molto l’impero persiano, che
spingeva le città greche a firmare un accordo che rinnovasse la pace del re. Nel
375 a.C. a Sparta si tenne un congresso in cui le città greche riaffermarono la
necessità del rispetto delle clausole della pace comune che era basata su due
principi: libertà e autonomia.

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Tebe, non volle riconoscere il trattato stipulato con i Persiani e si sbarazzò del
governo oligarchico insediato da Sparta e riunì tutte le polis della Beozia in una
nuova alleanza antispartana. Inoltre i rapporti di alleanza tra Tebe e Atene si
erano raffreddati e i tebani aggredirono e distrussero Platea, alleata ad Atene, la
quale a sua volta si avvicinò alla sua storica rivale. Tutto ciò fu visto come un
affronto dagli Spartani, che ritennero necessario sconfiggere Tebe per
riaffermare la loro egemonia sulla Grecia. Ne nacque una battaglia a Lèuttra nel
371. Qui però, E’paminonda pur possedendo un esercito numericamente
inferiore, riuscì a vincere la battaglia. Egli applicò una nuova tattica da guerra:
la falange obliqua. Questa tattica rappresentò una profonda innovazione: essa
consisteva nell’attaccare la parte sinistra del nemico da parte della destra,
anziché il contrario che di solito avveniva. Epaminonda cercò di portare la
guerra nel Peloponneso per tagliare alle radici le fondamenta del potere
spartano: invase la Mèssenia e l’Arcadia del dominio spartano, dove fondò la
Megalopoli, la fusione di 20 villaggi preesistenti.
A mettere in difficoltà Sparta contribuì la nascita di una lega arcadica, che riuscì
a vincere gli attacchi spartani. Dopo un breve disguido politico Epaminonda e
Pèlopida si adoperarono per prendere l’egemonia sulla Grecia. A tal fine
Pelopida contatta il Gran Re dicendo che non era più Sparta la città su cui
puntare per fare da garante per la pace comune, ma Tebe.
La battaglia decisiva fu disputata a Mantìnea nel 362 e la tradizione la ricorda
come la più grande mai combattuta dai “greci contro i greci”. Ma l’esito dello
scontro fu stravolto dall’improvviso ferimento a morte di Epaminonda, che
lasciò in un momento decisivo le forze tebane senza guida. Così l’esito della
battaglia fu incerto: ognuna delle 3 grandi città aveva la forza di impedire il
primato altrui, ma non quella di imporre il proprio primato. Per questo subito
dopo a Mantìnea si giunse ad una pace generale fra tutti i contendenti: cessava
quindi l’egemonia tebana ma ad essa non si sostituiva né quella Ateniese, né
quella Spartana.
L’ASCESA DELLA MACEDONIA
Il territorio governato dalla monarchia degli Argèadi comprendeva le pianure
settentrionali circondate da monti; i suoi abitanti erano chiamati
“montanari” (maednoi). Per i greci essi erano barbari. L’ascesa della Macedonia
a grande potenza greca coincide con il governo di Filippo II. Figlio più giovane
di Aminta III, assunse i poteri dopo la morte di Perdicca III, in qualità di tutore
del giovane nipote Aminta.

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Filippo II consolidò il suo regno e riorganizzò l’esercito. Prima di tutto cercò di
fermare gli attacchi da parte delle popolazioni ai confini orientali e
settentrionali (Illìri, Traci). In seguito Filippo si diresse verso le città ateniesi
dell’Egeo settentrionale, conquistò Anfìpoli e con essa ebbe garantito il
controllo delle miniere d’argento di quella zona, che resero l’erario macedone il
più florido del continente. Ciò naturalmente gli provocò l’inimicizia di Atene.
Quando scoppiò la terza guerra sacra (356-346) tra la Fòcide e Tebe, i tebani
chiesero aiuto a Filippo II e le truppe tebano-macedoni sconfissero i Focidesi e
i loro alleati Ateniesi.
Alle orazioni di Demòstene, il quale esortava Atene ad opporsi ai macedoni,
sostenendo che l’obiettivo di Filippo era la conquista di tutta la Grecia, a lui il
sovrano macedone contrapponeva una promessa di pace per tutti i greci, che
prevedeva comunque l’egemonia di Filippo II su tutta la Grecia. Atene
riconosce l’annessione della Tracia meridionale e della Focide al regno
macedone. Ma la pace non resse: Filippo non evacuò la Tracia, anzi tentò la
conquista di Bisanzio, per tagliar fuori i nemici dai rifornimenti di grano, ma
aiutata da Atene, resistette. Filippo comprese allora che era necessario
sottomettere Atene per continuare l’espansione in Grecia, attaccandola via terra.
Però quando l’esercito macedone passò le Termopili, gli ateniesi si resero conto
del grave pericolo che Filippo II rappresentava per loro e organizzarono una
coalizione in funzione anti-macedone di molte delle città stato greche, inclusa
Tebe, che in precedenza era stata alleata di Filippo II.
L’esercito greco si scontrò con le truppe macedoni nella decisiva battaglia di
Cheronèa, che vide Filippo II trionfare, ponendo quindi il sovrano di Macedonia
in una posizione di egemonia dell’intera Grecia. Filippo II fu assassinato da
Pausania di Orèstide, (una delle sue guardie del corpo) a Ege durante il
matrimonio della figlia con Alessandro il Molosso, anche se pare che l’omicidio
fosse a sfondo passionale. Successivamente il trono passò al figlio Alessandro.

ALESSANDRO MAGNO
Fu una figura leggendaria e il modello di tutti i grandi condottieri per le
straordinarie conquiste da lui realizzate.
Nacque nel 365 a.C., figlio di Filippo e Olimpiade, educato da Aristotele, e fu
incoronato re alla morte del padre dall’assemblea dell’esercito. Il giovane
sovrano deve però fare i conti con i popoli che premono ai confini del regno,
come gli Illìri e i Tebani, i quali vengono sconfitti dopo essersi ribellati al

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gruppo filo-macedone che li governa, credendo alla falsa notizia che Alessandro
fosse morto. Alessandro è invece più conciliante con le altre polis, soprattutto
con Atene, alla quale chiede solo la consegna di politici nemici, tra cui
Demostene, e si accontenta del semplice esilio di un paio di loro. Per ora
Alessandro non ha niente da temere in Grecia e continua il piano del padre in
Persia.
La scarsa resistenza persiana opposta da un grosso contingente macedone,
inviato da Filippo, convinse Alessandro di continuare la spedizione di conquista
che possa fruttargli un cospicuo patrimonio. La motivazione adottata per
assicurarsi il consenso dei Greci, era quello di vendicare le distruzioni di templi
greci di cui si erano macchiati i Persiani e di liberare le polis d’Asia dal
dominio dei barbari.
Inizialmente Dario III lascia che siano i satrapi dell’Asia Minore a contrastare
l’avanzata dell’esercito macedone, i quali però sottovalutano l’avversario e
vengono sconfitti. Controllando l’Asia minore settentrionale, le città
microasiatiche si schierano spontaneamente dalla parte del condottiero, il quale
instaura qui regimi democratici. Dario III decide quindi di rivedere il proprio
esercito e di affrontare direttamente l’invasore, ma viene nuovamente sconfitto
ad Isso, in Siria settentrionale. Preso dal panico, ordina una ritirata e si dà alla
fuga.
Alessandro decide di non inseguire Dario (che fuggì in Mesopotamia), ma di
dirigersi in Egitto per assicurarsi il controllo delle ultime basi costiere persiane:
conquista Tiro e Gaza, le quali pongono una forte resistenza, al contrario
dell’Egitto, dove il condottiero macedone viene visto come un liberatore dal
satrapo persiano.
Gli egiziani accettano il legittimo sovrano, il quale assicura loro la libertà
religiosa. Qui fonda anche la città di Alessandria.
Successivamente, Alessandro è pronto per dare la caccia a Dario III e parte
verso la Mesopotamia, si dirige a Gaugamèla, dove ottiene un importante
vittoria, segnando la battaglia finale. Nonostante Alessandro abbia poco più di
50.000 uomini contro i 230.000 persiani, usando una strategia evita
l’accerchiamento e fa fuggire nuovamente il re. Dopo la fuga di Dario,
Alessandro si fa nominare re dell’Asia. Dopo Gaugamela l’avanzata di
Alessandro è inarrestabile e tutte le grandi città Persiane come Babilonia e Susa
si arrendono a lui senza nemmeno combattere.

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Nel 330 Alessandro arriva a Persèpoli, dove incendia il palazzo reale. Questo
viene visto come una vendetta per le distruzioni di templi greci compiute dai
Persiani.
La fuga di Dario III venne fermata dal satrapo di Battriana, parente di Dario,
che lo uccide prima di finire nelle mani del nemico. Alessandro lo fa seppellire
con tutti gli onori, dimostrando di considerarsi il suo legittimo successore al
trono persiano. I grandi tesori persiani permisero ad Alessandro di finanziare la
sua spedizione: voleva impadronirsi di tutto l’impero persiano e raggiungere i
confini del mondo noto.
Nonostante le turbolenze di corte, egli conquista varie province orientali: egli
mira ad assicurarsi il controllo militare dei territori più turbolenti e di potenziare
gli scambi commerciali.
Alessandro punta la Battriana e nel farlo passa in varie regioni dell’Asia
centrale dove fonda moltissime colonie tra cui l’odierna Kabul. In Battriana le
cose si fanno semplici in quanto Besso fuggì a nord in Sogdìana. I nobili
sogdiani tolgono il supporto a Besso e si accordano con Alessandro,
consegnandogli l’avversario che viene torturato e condannato a morte.
Nel 327 Alessandro decide di proseguire a est verso la misteriosa India. Il suo
obiettivo è di ricostruire l’antico impero persiano. Impiega mesi a raggiungere
l’Indo. Qui però si scontra e sconfigge nella battaglia dell’ìdaspe il re indiano
Poro, ma rinunciò all’avanzata fino al Gange a causa dell’armata ormai
stremata e della dura resistenza contro il quale andava a imbattersi.
Per proseguire il suo progetto di unione tra Greci e Persiani, il re spinse alti
ufficiali del suo esercito alle nozze con nobili persiane e altri veterani macedoni
si sposarono con donne della religione. Egli stesso sposò Stàtira II, figlia di
Dario III.
Alessandro ormai era un monarca autocratico; Inoltre alle polis viene imposta la
propria divinazione: dopo la morte del miglior amico, al quale fa istituire un
culto eroico dedicato al defunto, pretende che i Greci siano tributari di onori
divini alla sua persona. Alessandro assunse usi e costumi della vita persiana,
compreso il dispotismo tipicamente orientale. Volle che gli fossero resi onori
divini, ma questo contrastava le abitudini persiane (primus inter pares).
Continuò a pensare ad iniziative espansionistiche, forse in Arabia o in Europa,
ma non saranno mai concluse a causa della sua morte, dovuta forse per una
febbre malarica o per avvelenamento.

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