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Il decreto Brunetta libera le carriere: progressioni verticali senza concorso

Testata: Il Sole 24 Ore


Data: 14/06/2021

Di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan


Il decreto legge sul «reclutamento» (Dl 80/2021) si occupa anche di valorizzazione del personale e di
riconoscimento del merito, temi da sempre molto cari all’attuale ministro per la Pa Renato Brunetta.
Viene riscritta la disciplina delle progressioni economiche e di carriera, ma più che di novità si può
parlare di un ritorno al passato.
Innanzitutto il provvedimento dispone, all’articolo 3, la suddivisione dei dipendenti in almeno tre aree
funzionali, con l’aggiunta di una quarta definita di elevata qualificazione, rimettendo al contratto
nazionale l’individuazione concreta di queste aree.
All’interno della stessa area, per la progressione comunemente definita orizzontale, si deve rispettare
il criterio della selettività, già presente in passato; gli interpreti istituzionali l’hanno declinato come
obbligo di riservare la progressione a una quota non superiore al 50% degli aventi diritto. Il decreto
individua poi due criteri sulla base dei quali è possibile riconoscere la progressione: le capacità
culturali e professionali e la qualità dell’attività svolta e dei risultati ottenuti. Su questo non ci sono
modifiche rispetto al passato, anche se la materia, fino ad oggi, era di competenza dei contratti
collettivi per effetto dell’articolo 23 del Dlgs 150/2009. Resta il problema di determinare l’arco
temporale al quale far riferimento per la valutazione del dipendente, che potrebbe variare dall’anno al
quale la progressione si riferisce al triennio precedente, ipotesi quest’ultima attualmente prevista per
gli enti locali. A questo punto, per riconoscere il premio, è necessario attribuire una fascia di merito. Il
pensiero non può che correre a quanto a suo tempo era previsto dall’articolo 19 del decreto Brunetta,
abolito dalla riforma Madia.
Per le progressioni tra le aree, cosiddette verticali, il decreto ribadisce l’obbligo dell’adeguato accesso
dall’esterno ai posti pubblici, quantificato come almeno il 50% delle posizioni disponibili. Sembra che
il calcolo vada effettuato con riferimento al complesso dei posti che si intendono coprire, superando
l’ostacolo della suddivisione in categorie o, peggio ancora, in profili professionali. Soddisfatta questa
condizione, per le progressioni verticali non si deve più ricorrere alla riserva nei concorsi pubblici, ma
viene attivata una procedura interna comparativa che non richiede il superamento di prove particolari
da parte del dipendente ma che si fonda sull’analisi di una serie di fattori: la valutazione dell’ultimo
triennio, l’assenza di procedimenti disciplinari, i titoli professionali e di studio oltre a quello richiesto
per l’accesso e gli incarichi attribuiti. Anche per questo istituto si ritorna a una forma di selezione
ancor più semplificata rispetto al percorso previsto dagli ordinamenti professionali dei comparti, che,
in sostanza, si traducevano in concorsi riservati al personale interno all’amministrazione.
Per entrambe le progressioni resta il problema della decorrenza delle nuove disposizioni. Sono
immediatamente applicabili o bisogna attendere i nuovi contratti nazionali che rileggano l’ordinamento
professionale?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
articolo tratto da: www.anutel.it

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