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Organizzazione Aziendale

Le organizzazioni aziendali sono sistemi sociali che interagiscono con l'ambiente esterno,
strutturati e coordinati, composti da attori che hanno ruoli definiti e obiettivi comuni.
Per esempio, le organizzazioni aziendali (O.A.) hanno come obiettivo il profitto; l'organizzazione
familiare ha come obiettivo il benessere degli appartenenti al nucleo familiare, mentre le
organizzazioni no profit hanno l'obiettivo di creare valore nel terzo settore.
Le sfide attuali delle organizzazioni aziendali sono: la competizione globale in tutto il mondo
grazie all'e-commerce che può andare sul mercato globale, la turbolenza organizzativa come
cambiamento con le tecnologie, gestire la conoscenza e informazione, considerare le diversità,
globalizzazione e inclusione, l'etica e la responsabilità sociale o bilancio sociale, che nella green
economy-economia circolare influiscono molto sulle scelte, un ripensamento del sistema di
gestione delle risorse umane in economia 4.0.
L'importanza delle organizzazioni
Le organizzazioni mettono insieme risorse (materiali, finanziari, umane) per raggiungere gli
obiettivi (creati all'inizio) e i risultati desiderati, combinano attività umane e tecnologiche,
producono beni e servizi in maniera efficace ed efficiente, crescono si innovano e utilizzano delle
moderne tecnologie produttive (computer based), come i big data e il machine learning.
L'efficienza viene data anche dalle organizzazioni che coordinano tra di loro.
In più, si adattano all'ambiente in trasformazione e lo influenzano per sopravvivere (ad esempio
lo smart working in pandemia) quindi hanno una grande flessibilità, creano valore per gli azionisti,
i clienti, i dipendenti e la società, anche per le aziende del terzo settore come nel sociale (poiché
un'azienda ha necessità di produrre profitto o un aumento del valore) e, conciliano le sfide attuali
di motivazione, di etica e di management della diversità con le esigenze di maggiore
coordinamento delle risorse umane.
Lavoro delle persone
Il lavoro delle persone deve tener conto della complessità della natura umana, della
disomogeneità e la variabilità dei singoli individui (ovvero, valutare le persone anche per le loro
particolarità), della varietà della struttura, della natura e dell'intensità delle relazioni sociali,
dell'ambiguità e instabilità delle parti componenti dell'organizzazione e della difficoltà ad
acquisire informazioni utili a definire future scelte organizzative.
Sistemi
Un sistema è un insieme di elementi, parti e partecipanti (di un'azienda) che interagiscono tra
loro, che acquisiscono input dall'ambiente, li trasformano e, restituiscono output all'ambiente
esterno. Input e output devono essere costantemente monitorati: al fine di capire i confini di
azione e orientamento aziendale, nel caso dell'input; e andamento della produzione e del
prodotto sul mercato tramite feedback, nel caso dell'output.
Questo controllo serve a fornire un prodotto (o un servizio) sempre più efficace.
Il sistema chiuso (inizio secolo) non è dipendente dall'ambiente in cui si trova, bensì è autonomo,
delimitato e isolato.
Grazie alle correzioni che si possono apportare, oggi predomina totalmente il sistema aperto, che
interagisce con l'ambiente per sopravvivere e si adatta ad esso.
Un sistema aperto e i suoi sottosistemi
L'ambiente è dato dalle materie prime che devo scegliere per fare il mio business;
dalle persone che mi servono, quindi, risorse umane di cui ho bisogno;
dalle risorse informative che in questo caso sono gli studi che mi servono per capire se quel
mercato è produttivo o meno, le analisi legate agli studi sul settore, ai focus group, ricerche di
mercato e la ricerca della concorrenza. In queste risorse informative si parla anche di risorse
tecnologiche, ovvero, la tecnologia che mi serve per poter sviluppare il mio business;
Infine, le risorse finanziarie, poichè per aprire un'attività si deve avere un capitale.
Le cose che servono per entrare all'interno di questo sistema:
L'input che entrano come monitoraggio dei confini, significa, verificare la gestione, i processi
interni all'azienda, quindi, la catena di comando e tutte le attività che sono propedeutiche al
processo di trasformazione; c'è la produzione e manutenzione di macchinari e gestione della
delle risorse interne; dopodiché c'è l'output, significa che il prodotto è finito, qui c'è il
monitoraggio del confine esterno e qui ci sarà tutta la parte del controllo di qualità, del controllo
dell'efficienza, del controllo dei costi e del monitoraggio di quello che è la percezione esterna, la
parte del marketing e quando il prodotto uscirà nel mercato esterno, da questo mercato esterno,
poi, avremo un feedback, ovvero, capiremo da come vanno le vendite o come viene percepito al
mercato, poiché adesso, attraverso vari strumenti social, è facilissimo poter dare dei feedback
immediati su quelli che sono i prodotti e servizi. Questo andrà a farci capire se ci servono più
risorse finanziarie, se ci servono talenti diversi, competenze diverse e la tecnologia ci può dire
come possiamo fare una determinata cosa, se con materie prime diverse, più performanti.
Poi, potremmo avere delle problematiche come: la riduzione se gli impianti non sono efficienti; le
problematiche di confini se non siamo capaci di gestire bene la parte della finanziaria in azienda,
quindi, potremmo essere sottocapitalizzati e potremmo andare in aumento se le materie per
l'approvvigionamento delle materie prime non è corretto, e quindi se abbiamo dei fornitori
troppo costosi. Poi all'uscita dei prodotti, se è un prodotto competitivo sul mercato, se invece la
concorrenza ha tirato fuori i prodotti innovativi e noi possiamo essere poco competitivi, o sul
prezzo o sul valore del prodotto che abbiamo dato.
Quindi il sistema è aperto proprio perché inserisce all'interno di se stesso la produzione e la parte
del business, ma deve tener conto di quello che succede quando il prodotto esce sul mercato, così
come vedere il conto dei fattori esterni; quindi tutto ciò che gli viene dato dalla scelta delle
persone, alla tipologia dei finanziamenti che deve richiedere, l'approvvigionamento delle materie.
Per una di queste risorse ci sono delle divisioni apposta e che si interessano alla direzione del
personale, che è un elemento importantissimo dove ci saranno negoziatori, ingegneri, contabili,
economisti ecc.
Henry Mintzberg: Le cinque componenti base di un'organizzazione
Per Mintzberg, il vertice dell'azienda è il vertice strategico, ed è composto da manager,
imprenditore o azionisti (ad esempio l'amministratore delegato, il CDA e il presidente) e si serve
della tecnostruttura e dello staff di supporto per mettere in pratica vision e mission aziendali, la
finalità di stabilire la mission è dare legittimità all'impresa.
La tecnostruttura è composta da figure dette analisti che progettano il lavoro, lo modificano e
formano le persone (come le risorse devono essere gestite) ed è affiancata dallo staff di
supporto, composto da figure esterne all'impresa quali ufficio legale, ricerca e sviluppo, mensa,
relazioni pubbliche e tutto ciò che costituisce il sostegno necessario all'azienda.
Al di sotto della tecnostruttura e dello staff di supporto, per Mintzberg, vi è il nucleo operativo,
che mette in pratica i dettami seguendo le linee guida. In mezzo a queste due entità aziendali vi è
la linea intermedia che fornisce linee guida, traduce in processi l'idea e crea unità organizzative
per poi darle al nucleo operativo.
I parametri progettuali secondo Henry Mintzberg sono:
• Gerarchia: catena di comando che guida un processo con suddivisione verticale di
responsabilità;
• Specializzazione: le competenze delle singole parti dell'azienda, con suddivisione
orizzontale delle responsabilità;
• Centralizzazione: potere decisionale a pochi (aziende centralizzate) o a tanti (aziende
decentralizzate complesse);
• Formalizzazione: regole definite, scritte su documenti e mansionari, chiariscono i limiti di
ogni mansione. Se sono in eccesso, limitano la creatività dei talenti;
• Professionalità: livello culturale dei membri dell'organizzazione aziendale.
5 variabili contestuali, esogene, della progettazione organizzativa
Le scelte dei parametri di progettazione dipendono da queste variabili contestuali:
La coerenza con obiettivi e strategie;
L'importanza dell'ambiente (stakeholder);
Le tecnologie: quindi il livello di attenzione all'innovazione e capacità di innovazione;
La dimensione: una grande azienda può spuntare migliori costi grazie ad una economia di scala,
ma è meno rapida ad adattarsi alle variazioni ambientali;
E la cultura, i valori aziendali ad esempio, per Toyota è la perfezione, l'identità culturale aziendale
ad esempio Publitalia aveva venditori solo laureati e vestiti in una certa maniera, i valori etici
aziendali che devono essere condivisi dalle parti dell'azienda.
I principali Stakeholder e loro aspettative
Individui o gruppi che hanno, o si aspettano, proprietà, diritti o interessi nei confronti di
un'impresa e delle sue attività, presenti e future, il cui contributo è essenziale per il
raggiungimento di uno specifico obiettivo dell'impresa stessa. Sono ad esempio gli azionisti, i
clienti, i dipendenti, rifornitori, la comunità PA e governo, il mercato con cui l'organizzazione
interagisce. Nello specifico, i proprietari o gli azionisti si aspetteranno un ritorno finanziario,
mentre i fornitori delle transazioni si aspettano soddisfacenti ricavi da acquisti con ordini grandi; i
dipendenti avranno aspettative sul compenso, sulla motivazione e sulla supervisione, mentre i
creditori ricercheranno capacità di credito e ritorno economico.
Le comunità si aspetteranno un ritorno positivo sulle questioni di comunità, i management
avranno aspettative di efficacia e efficienza. Infine, i clienti si aspetteranno l'acquisto di beni e
servizi valenti.
Due approcci alla progettazione organizzativa: taylorista (meccanico) vs biologico
L'approccio taylorista è un approccio produttivo che prevede un sistema verticale molto rigido,
non permette discrezionalità, ha un mansionario rigido, senza creatività, è logorante per i
dipendenti e presuppone un ambiente stabile. L'approccio biologico, invece, prevede una
struttura non verticistica e flessibile che presuppone un adattamento ad ambienti turbolenti (non
stabili ma dinamici) in cui i dipendenti sono destinatari di molte informazioni condivise (ad
esempio reti di piccole imprese che si uniscono per essere più concorrenziali).
Problema organizzativo e modelli di analisi:
La divisione del lavoro genera specializzazione ma implica anche la necessità di organizzare
l'azienda. In questo senso il mercato, le convenzioni e la gerarchia danno gli input alle unità
organizzative.
Se il mercato (ambiente) è stabile, l'organizzazione dà input per erogare un servizio (sistema
chiuso e lineare),
mentre se il mercato (ambiente) è instabile, darà informazioni all'organizzazione sulla necessità di
adattamento strategico(sistema aperto o circolare).
Pertanto, avremo diversi approcci alla progettazione: lineare, interdipendente o evolutivo.
Le tre dimensioni dell'organizzazione del sistema aperto:
Soggetti: attori politici, sociali e economici con i loro bisogni, entità individuali o collettive,
definite per autonomia e ruolo come ad esempio i manager, i professionisti, i consumatori, gli
impiegati, gli stakeholder e gli influencers;
Ambiente: i mercati, luoghi di scambio virtuali o fisici di beni e servizi, regolati da domanda e
offerta di cui sono luoghi di incontro (una dimensione organizzativa, quando lavora su una
condizione di mercato , si fa orientare dal prezzo che deve essere competitivo rispetto alle
concorrenti, in questo caso, l'organizzazione sarà finalizzata al prezzo);
La tecnologia, l'insieme di saperi scientifici applicabili a processi di trasformazione. La tecnologia è
a favore della produttività perché toglie fatiche fisiche ai dipendenti e, trova correlazioni
incrociando i big data tramite intelligenza artificiale in continua evoluzione, ad esempio Uber ha il
middle management robotizzato. Infine le istituzioni che sono un complesso di norme e
consuetudini, formali o informali, che possono essere stabilite in modo da regolare durevolmente
l'organizzazione, ma impongono vincoli e costi vivi, ad esempio quelli fiscali.
Relazioni (di tipo economiche, politiche, ideologiche, sociali, culturali affettive): sono convenzioni
sia gerarchiche che economiche, nonché scelta delle strutture dei sistemi operativi che regolano
le relazioni all'interno dell'azienda.
Il mercato e lo scambio economico
Le principali forme di coordinamento aziendale sono due: approccio di mercato e approccio
gerarchico.
Il coordinamento tramite approccio di mercato si basa sul meccanismo dello scambio economico
che coordina l'organizzazione aziendale, in cui contratto è il rapporto di negoziazione tra gli attori
della dimensione organizzativa con caratteristiche di reciproca utilità. Può essere implicito o
esplicito, oppure completo o incompleto. Anche l'assunzione è un contratto, ma il bene negoziato
è la prestazione d'opera. I contratti hanno un costo che va incluso nello scambio economico.
In seguito, si ha l'approccio gerarchico, in cui le relazioni sono basate sul comando e dall'alto il
management gestisce il controllo dell'azienda sulla base del principio di autorità. Questo
approccio è tipico delle strutture conservatrici e lascia spazio ad asimmetrie informative e
comportamenti opportunistici, in virtù della struttura basata sulla subordinazione.
La resistenza al potere organizzante si esprime attraverso la protesta.
Regole o convinzioni
La convenzione è un accordo implicito su alcune regole di pensiero o di azione che costituiscono
un riferimento per il comportamento degli individui entro un gruppo specifico.
È un tipo di coordinamento sostitutivo dei primi due, in cui l'organizzazione è fatta tramite
governance che si formano spontaneamente con valori condivisi e di inclusione tra membri di
clan o comunità anche virtuali.
Le Teorie Organizzative
Il focus dell'analisi delle varie teorie organizzative che si sono susseguite nello scorso secolo è il
soggetto, inteso in vari modi: come individuo o coalizione di individui, con la sua razionalità, nelle
dinamiche decisionali, con le sue spinte all'azione, interno o esterno all'organizzazione. Gli
obiettivi erano ridurre l'arbitrarietà e la variabilità, misurare e quantificare servendosi della
scienza e, infine, formalizzare.
Le Teorie Classiche
Si parte dalla visione di Homo Oeconomicus di Frederick Taylor, ingegnere meccanico e autore dei
principi di funzionamento della fabbrica che hanno dato il via al movimento del taylorismo.
Secondo Taylor l'organizzazione è centralizzata nelle mani degli attori che detengono il comando
e che devono focalizzarsi sull'addestramento dei lavoratori, al fine di produrre meglio e di più, ad
esempio la struttura organizzata in catena dove l'unico obiettivo è quello di produrre di più e
meglio, a dispetto della spersonalizzazione del lavoro e della assenza di motivazione intrinseca a
farlo che genera il fenomeno dell'alienazione.
La teoria di Taylor ha il nome di organizzazione scientifica del lavoro, le sue caratteristiche
riguardano il ricorso alla scienza per migliorare il management, quindi miglioramento della
gestione, la ricerca di soluzioni universali (come one best way), delle regole formali impersonali e
un'organizzazione intesa come macchina ad elevata parcellizzazione del processo produttivo. La
massima espressione dei principi tayloristici è l'azienda Ford, che prende il nome dal suo
fondatore Henry Ford e sancisce la nascita del cosiddetto fordismo. Con Ford, la fabbrica è
l'impero dei cani reparto che stabiliscono tempi e metodi, assumono e licenziano, accertano costi
e qualità del lavoro svolto. È un ambiente in cui avvengono abusi e soprusi, c'è sfruttamento e
corruzione e il sistema è basato su rapporti di forza. In opposizione a questa visione
dell'organizzazione interna aziendale nascono i sindacati che si schierano in difesa dei lavoratori,
sebbene Taylor ritenesse la loro presenza inutile per via del Compromesso che cercava di
instaurare nella fabbrica tra capi e lavoratori, e che avrebbe evitato qualsiasi tipo di problema.
Weber
La seconda teoria classica è quella proposta dal filosofo, sociologo ed economista Max Weber,
con i suoi principi di funzionamento della burocrazia, che hanno dato il nome alla cosiddetta
Teoria Burocratica. Secondo Weber l'organizzazione aziendale è caratterizzata da una rigida
struttura gerarchica, dalla divisione del lavoro disciplinata in modo generale mediante regole e da
un'enfasi sull'uniformità dei comportamenti, è altamente formale e gerarchizzata a livello
organizzativo (tipica della pubblica amministrazione oppure delle forze armate).
Fayol
La terza teoria classica è stata proposta dall'ingegnere imprenditore francese Henri Fayol, con i
suoi principi di funzionamento della direzione, che hanno fatto nascere il movimento del
fayolismo, e la sua teoria principale la Teoria della Direzione Amministrativa. Questo paradigma
è una filiazione della teoria di Taylor e si propone di rendere scientifica l'amministrazione e la
gestione, estendendo le modalità organizzative anche agli uffici amministrativi.
La caratteristica base di questa teoria è rappresentata dalle regole rigide, formali e determinate
che puntano a formulare leggi universali senza tener conto delle singole caratteristiche e
situazioni.
Fayol propone l'adozione di criteri scientifici dell'organizzazione del lavoro e degli organi di
gestione dell'impresa e il suo merito sta nell'avere esteso il campo di applicazione delle fabbriche
con altri tipi di organizzazioni come gli uffici amministrativi. Se volessimo proporre una
valutazione critica della teoria della direzione amministrativa, potremmo dire che in essa viene
banalizzato il dirigere che è un processo sociale, politico e negoziale; sono trascurati i problemi
psicologici del comportamento organizzativo, l'influenza dell'ambiente e della tecnologia
nell'organizzazione.
Teorie dell'intersoggettività
Il rigido determinismo che caratterizzava la razionalità economica delle teorie classiche, viene
abbandonato con le Teorie dell'Intersoggettività che danno importanza all'individuo e alle sue
caratteristiche, come la specificità, le motivazioni e altri elementi comportamentali. Le basi sono
l'interdipendenza tra gli obiettivi di attori diversi e la razionalità intersoggettiva, in sostituzione di
quella economica.
Simon
La prima teoria è dello psicologo, economista e informatico Herbert Simon, chiamata Teoria delle
Decisioni. Questa teoria è caratterizzata dalla razionalità limitata, dalla sostituzione della visione
di homo oeconomicus con quella di uomo dell'organizzazione, dalla coalizione di interessi
molteplici e conflittuali e dalle decisioni programmabili e non programmabili. Il focus rimane
sull'individuo, anche all'interno del gruppo.
Simon sostiene che si debba passare da una decisione puntuale ad un processo decisionale, con
tutti i limiti cognitivi dovuti alle caratteristiche dell'individuo e alla cultura di appartenenza (limiti
cognitivi come bias etici e culturali), ammettendo che non è possibile prevedere ogni
conseguenza delle decisioni prese perché molte sono indirette e remote.
Teoria degli Stakeholder
Questa teoria sostiene che sono i portatori di interessi (non ignorabili dall'organizzazione) a
determinare la direzione organizzativa aziendale ed esercitano potere sull'organizzazione e
condizionamento sulle scelte, sia che si tratti di attori interni, sia che si tratti di attori esterni
all'organizzazione.
Teorie motivazionali
Sono una serie di teorie basate sui concetti espressi nella Scuola delle Relazioni Umane di Elton
Mayo e comprendono autori come Chester Barnard, Abraham Maslow, Douglas McGregor,
Frederick Herzberg, Chris Argyris.
Queste teorie vedono l'individuo come entità multidimensionale con bisogni fisici, psicologici e
sociali che, più questi vengono soddisfatti, più ne beneficia la produzione dell'azienda in cui
l'individuo lavora.
Questa teoria focalizza l'attenzione sui comportamenti organizzativamente coerenti e sulla
produttività dipendente da ambiente e cooperazione tra individui, più che da una elevata
specializzazione. Secondo Mayo gli incentivi economici non sono della massima importanza per la
produttività dei lavori, ma lo è il fattore della motivazione che li porta a lavorare sempre con il
massimo impegno, con la conseguenza di un miglioramento dell'efficienza dell'organizzazione.
L'elevato livello di specializzazione proposto dalle teorie classiche crea problemi di efficienza,
poiché le persone sono obbligate a fare sempre lo stesso lavoro e non hanno la possibilità di
espandere le loro competenze, con conseguenze gravi sul piano psicologico e motivazionale. In
più, il personale manifesta atteggiamenti di gruppo, con maggiore libertà di creatività e
adattabilità e reclama momenti informali in cui poter allentare la tensione della giornata di
lavoro, intrattenendo relazioni con i colleghi.
Teorie Fenomenologiche
Partono dall'analisi caso per caso delle singole aziende e tendono a non uniformare le soluzioni
organizzativo-gestionali.
L'organizzazione in se non esiste, ma sono gli attori che conferiscono significato ad essa, così
come non esiste una realtà organizzativa esterna ai soggetti e in questi indipendente.
La realtà sarà costruita dai soggetti attraverso processi interpretativi, così come suggerito dai
sociologi Thomas Luckmann e Peter Ludwig Berger. Sul tema della realtà mentalmente costruita,
i contributi del teorico organizzativo Karl Weick sono il Sense Making: esperienza, opinione,
cultura; e l'Enacted Environment: ambiente attivato.
Il primo si basa su 7 caratteristiche che lo descrivono:
La costruzione dell'identità: che cosa distingue la propria organizzazione dalle altre, le
organizzazioni esistono nella mente dei loro membri;
Il fatto di essere retrospettivo: che cosa si è fatto in modo da giungere alla situazione attuale;
Costruttivo: enactive di ambienti sensati, processi di attivazione della realtà organizzativa;
Sociale, l'individuo interagisce con gli altri;
Continuo, la ridefinizione di senso non si ferma mai;
Centrato su informazioni selezionate in base al contesto;
E infine guidato dalla plausibilità più che dalla accuratezza al quadro completo più che ai
particolari.
Teorie Cognitiviste
Questa teoria considera l'organizzazione come una realtà umana e sociale, non biologica. Per
fare organizzazione occorre concentrare l'attenzione sui meccanismi utilizzati dagli individui per
percepire e dare un significato all'organizzazione. La teoria cognitivista concepisce la struttura
come un modello di coordinamento e di controllo.
Livelli di analisi e gli approcci della scuola Cognitivista:
Trattamento delle informazioni: è riconosciuto solo il livello individuale degli effetti di
trattamento delle informazioni, senza considerare gli effetti organizzativi.
Scelta strategica: la scelta è considerata come una funzione dei processi cognitivi individuali,
controllati dalle strutture cognitive del decisore.
Raccolta d'informazione: la struttura cognitiva del decisore individuale determina quali siano le
informazioni importanti e stabilisce di volta in volta la raccolta di informazione necessaria.
Soluzione dei problemi: un unico processo di soluzione viene considerato per ogni situazione di
scelta incontrata.
Sviluppo di alternative: il decisore è visto sviluppare situazioni idiosincratiche alla situazione
scelta.
Valutazione delle alternative: Le alternative sono valutate rispetto a criteri generati unicamente
per la situazione specifica.
Dal soggetto ai sistemi: le teorie organizzative sistemiche
Il sistema è un insieme di elementi interagenti tra loro che acquisisce input dall'ambiente, lo
trasforma e restituisce un output all'ambiente esterno. Nell'ambito dell'organizzazione aziendale
si possono definire sistemi le entità organizzative che si formano per effetto delle interazione tra
individui e tendono a mantenere forma invariata nel tempo, con una resistenza al cambiamento
imposto da chi al comando, vorrebbe plasmare l'organizzazione sulla base dei propri scopi.
Funzionalismo
Nella prospettiva funzionalista, la società viene considerata come un sistema sociale dotato di
meccanismi interni per mantenersi secondo equilibri adattivi, dove l'azione individuale è
subordinata alle funzioni integrative svolte dalle istituzioni, le organizzazioni sono sub-sistemi
inseriti in un più vasto sistema sociale. I sistemi hanno una naturale tendenza all'equilibrio e
vedono il conflitto come un fattore di conservazione e sopravvivenza, espressione usata dal
sociologo Lewis A. Coser, non è un fatto patologico ma una manifestazione di squilibri che,
proprio grazie ad esso, mettono in moto reazioni che ristabiliscono l'equilibrio turbato.
Neoistituzionalismo
In questa prospettiva, l'enfasi viene posta su aspetti sociali e relazioni inter-organizzative, come
espresso dai sociologi Walter W. Powell e Paul Di Maggio. Il comportamento di un individuo
dipende dalla rappresentazione interna della realtà circostante e le strutture organizzative
contengono una valutazione dell'ambiente e decidono cosa è appropriato, unendo regole che
vincolano i comportamenti. Queste strutture si dividono in cognitive, normative e regolative.
Contingenze Organizzative
Queste teorie si basano sull'idea it all depends, ovvero dipende tutto dalle contingenze
ambientali, e da un ambiente esterno turbolento è un po' mutare le proprie richieste. Si delinea
così una configurazione organizzativa flessibile con continui adattamenti all'ambiente, ad
esempio l'azienda agricola familiare che prende lavoratori per la stagione. Questa visione,
definibile come One best fit, si pone in contrasto con il concetto di One best way alla base del
taylorismo e delle teorie classiche punto non c'è un solo modo giusto di organizzare un'azienda
ma molteplici modi, tutti possibilmente validi a seconda del contesto e delle contingenze.
Teoria dei Costi di Transazione
Teoria proposta dall'economista Oliver Williamson e sostiene che nelle analisi organizzativa
aziendale, i costi di transazione vanno tenuti in considerazione (lo studio di mercato,
procedimenti legali, costi di negoziazione).
La teoria dei costi di transazione nasce per cercare di capire come le imprese si organizzano al
loro interno, e in particolar modo si concentra sulla dualità tra gerarchia (l'insieme delle regole
formali che definiscono procedure e meccanismi di funzionamento proprie di una qualunque
istituzione anche privata come l'azienda), e mercato (la libertà di iniziativa lasciata ai singoli di
agire anche se spenti dall'individualismo).
Per Williamson scegliere la struttura di governo delle transazioni più efficiente vuol dire giudicare
l'organizzazione stessa come risposta al fallimento del mercato. Un ruolo chiave, in questo
approccio lo hanno l'incertezza, la razionalità limitata e l'opportunismo delle parti.
Teoria della Dipendenza delle Risorse
Questa teoria viene proposta da Gareth Jones il quale sostiene che l'azienda non è
autosufficiente e punta l'attenzione sulla disponibilità delle risorse da cui un'azienda è più o meno
dipendente, ovvero variabili ambientali come criticità, scarsità e intensità delle risorse richieste,
che altro non sono se non delle determinanti. Ad esempio, l'azienda Ferrero, per produrre il suo
prodotto di punta, la Nutella, dipende dalle nocciole e, per evitare costi di transazione da piccoli
fornitori, molti deals i ritmi produttivi stagionali, quest'ultimi incompatibili con alle necessità di
garantire il prodotto Nutella tutto l'anno, acquista latifondi, controllando le fonti delle risorse e
minimizzando la dipendenza da terzi.
Soggetti e Sistemi
Il comportamento organizzativo non è la risultante di una sequenza a stimoli-risposte, ma c'è una
progettualità da parte del soggetto. Allo stesso modo, non c'è libertà infinita, ma vincoli all'azione
ad esempio il ruolo della corposità delle tecnologie. L'organizzazione, vista come costrutto di
azione collettiva, risulta essere un gioco di potere e di scambio tra attori che detengono le risorse,
in cui non ci sono illimitate opzioni, ma gradi di libertà, reciproche dipendenze, cooperazione e
conflitto.
Le Teorie Organizzative sulle Popolazioni
Il focus di questi approcci teorici non è più sulla singola organizzazione, ma sulle popolazioni di
organizzazioni, ovvero i loro aggregati studiati come specie in un ottica di dinamica evolutiva,
prendendo in esame processi e meccanismi di selezione. Le prospettive più importanti sono la
Population Ecology, ovvero la selezione naturale come opera dell'ambiente e, le Teorie
dell'Adattamento che tengono conto dei meccanismi governati dagli individui.
Population Ecology
Si definisce popolazione l'unità di base dell'evoluzione, ovvero un gruppo dinamico di organismi
appartenenti alla stessa specie e diffusi in una determinata area, che rappresentano
caratteristiche tipiche del gruppo e non dei singoli individui. Questo concetto, applicato alle
organizzazioni aziendali, sottolinea il ruolo dell'ambiente e evidenzia la differenza tra popolazioni
specialiste e popolazioni generaliste, oltre a considerare termini importanti come l'inerzia
organizzativa, la nicchia e la selezione.
Nel 1988, due studiosi americani di organizzazione aziendale, Michael Hannan e John Freeman,
coniano il termine Population Ecology, concetto entrato all'interno dei manuali di organizzazione
aziendale.
La Population Ecology studia come le aziende sopravvivono all'ambiente e ci dice che
l'organizzazioni meno efficienti tendono a scomparire dal mercato, mentre sopravvivono solo
quelle in grado di adattarsi ai cambiamenti ambientali.
Le aziende meno capaci di adattamento scompaiono sia perché il cambiamento che mettono in
atto è troppo lento, sia perché limitato rispetto alle pressioni competitive esterne. Inoltre, le
aziende che effettuano dei cambi strutturali alla propria organizzazione in una fase molto
avanzata della loro storia, rischiano maggiormente di scomparire.
Teorie dell'Adattamento
Le teorie dell'evoluzione come adattamento, pur partendo dalla stessa idea di evoluzione
determinata dall'ambiente espressa nella Population Ecology, cercano di superare i meccanismi di
selezione naturale a favore di meccanismi governati anche dagli individui di una specie, ovvero c'è
un recupero dell'intenzionalità dell'attore in gioco e viene rivalutato il ruolo della selezione. Le
variazioni nelle caratteristiche di un individuo sono sottoposte alla selezione determinata sia dalle
forze competitive sia dalla strutturazione interna dell'organizzazione e quelle che si rilevano più
efficaci e convenienti vengono stabilmente incorporate nell'organismo, riprodotte e diffuse. Si
evidenziano, inoltre, le soft skills e le hard skills.
La Morfogenesi
A fondamento della morfogenesi c'è un approccio dialettico, in cui l'idea di base è una razionalità
evolutiva che si poggia su alcuni presupposti, tra cui un intenzionalità di comportamento, la
capacità di ridefinire le regole del gioco e delle relazioni tra diversi soggetti e sub-sistemi e la
definizione di strategie inter-soggettive e inter-sistematiche che prefigurano un nuovo equilibrio
dopo un periodo di marcata instabilità. Avviene un'alternanza tra periodi di stabilità inerziale e
periodi di forte instabilità.
Rapporto tra strategia, organizzazione ed efficacia
Il top management è la dirigenza aziendale, ovvero l'amministratore delegato e il team di top
management, deve compiere analisi costanti dell'ambiente esterno come l'opportunità di
mercato, minacce, incertezza, disponibilità di risorse; e dell'ambiente interno come i punti di
forza e debolezza dell'azienda, stile di leadership, competenza distintiva e performance passata;
con la finalità della gestione strategica d'impresa, per il cui scopo è necessario definire
primariamente i concetti di vision e mission aziendali.
La vision è il sogno dell'imprenditore, ovvero il progetto imprenditoriale finale a cui si ambisce e
deve racchiudere gli obiettivi di lungo periodo, immaginando lo scenario futuro ed esprimendo i
valori e ideali dell'azienda.
Una vision efficace dovrebbe essere ben definita, esplicita e condivisa con tutti i livelli
dell'organizzazione. In particolare, deve considerare l'ambito in cui l'azienda opera, gli obiettivi
futuri realistici, un arco temporale entro cui realizzare gli obiettivi, i valori dell'azienda e l'idea
dello scenario futuro immaginato. Per ottenere una visione aziendale efficace è necessario che
questa sia realistica ma che punti a sognare in grande, quindi che sia in grado di individuare la
metà che si vuole idealmente raggiungere.
La mission rappresenta il come è possibile realizzare gli obiettivi dell'azienda, ovvero come
raggiungere la vision.
A differenza della vision, la mission fa più riferimento al presente dell'azienda e deve stabilire le
modalità per arrivare ai risultati prestabiliti, attraverso una presa di coscienza di ciò che si sta
facendo, in che modo lo si sta facendo e per chi lo si sta facendo.
Le domande da cui un imprenditore può prendere spunto per delineare la propria missione
aziendale sono: Per quale motivo l'azienda è sul mercato? Chi sono i clienti? Quali sono le
caratteristiche distintive dell'azienda? Qual è la personalità dell'azienda? Quali sono gli obiettivi
concreti dell'azienda nel breve periodo?.
Ogni processo di gestione strategica parte dalla definizione della mission e dei grandi obiettivi che
l'impresa intende raggiungere. Secondo Russell L. Ackoff, la mission deve contenere l'indicazione
degli obiettivi attraverso i quali la missione stessa può essere raggiunta, differenziare l'impresa
dei concorrenti, definire il business in cui l'impresa intende operare, incorporare le attese non
soltanto degli azionisti e del management, ma anche degli altri stakeholders, e infine stimolare e
rappresentare una sfida da raccogliere.
La mission è l'enunciazione molto ampia degli scopi che l'impresa persegue e generalmente
individua grandi aree di attività nel campo economico e sociale, aree di business in cui
competere, per cui fornisce una risposta alle domande: chi siamo e cosa facciamo. Oltre ad avere
obiettivi ufficiali, la mission ha anche degli obiettivi operativi, tra cui la performance generale, il
reperimento e la disponibilità di risorse, l'individuazione della propria quota di mercato, lo
sviluppo del personale e la ricerca dei talenti, l'innovazione e l'adattamento, la produttività
definita dal raggiungimento di obiettivi operativi, mentre la strategia è definita nel corso della vita
dell'organizzazione stessa. È importante definire gli obiettivi perché questo dona legittimità
(riconoscimento, leadership), direzione e motivazione per i dipendenti, linee guida per le
decisioni, standard di performance, piani di sviluppo, performance aziendale e gestione della crisi.
Analisi Interna e l'Organizzazione di Impresa: il Modello delle 7s
Il modello delle 7s è un approccio gestionale proposto dalla multinazionale di consulenza
strategica McKinsey, ed evidenzia due aspetti fondamentali dell'organizzazione: l'aspetto
sistemistico attraverso l'interconnessione delle variabili; e la coerenza interna del sistema
attraverso il concetto di allineamento tra le variabili. Le 7s sono interconnesse tra loro e guardano
all'impresa con un sistema complesso di variabili interrelate tra loro, con effetti conseguenti non
sempre prevedibili, per cui un'organizzazione può essere efficace e competitiva solo quando
riesce ad ottimizzare questi 7 elementi e a porli in armonia uno con l'altro:
Strategy (strategia): l'obiettivo che l'impresa vuole ottenere e le azioni che intende svolgere per
raggiungerlo;
Structure (struttura): il modo in cui un'azienda è organizzata e le relazioni tra le sue parti come i
dipartimenti, settori, le filiali;
Systems (sistemi): componenti che costituiscono il sistema dell'azienda ad esempio le
infrastrutture, i processi, le funzioni;
Shared values (valori condivisi): i credo, i valori e i modi di fare che guidano da sempre
un'azienda;
Skills (competenze dei dipendenti): capacità tecniche come la progettazione di prodotti o
capacità trasversali come la capacità di comunicare;
Staff (personale): forza lavoro, reclutamento, incentivazione delle persone, capacità di attrarre e
conservare talenti;
Style (stile): tutto ciò che è cultura dell'azienda, ad esempio, un'azienda orientata al cliente,
qualità concepita come fondamentale nel modus operandi aziendale, oppure principale interesse
alla massimizzazione dei profitti.
Le Strategie di Base
Michael Porter, economista e accademico americano, esplicita tre strategie manageriali
competitive di base, definibili approcci alternativi di gestione adottabili in relazione ai competitor
attuali e ai potenziali dell'impresa. Queste strategie si fondano sulla ricerca e l'ottenimento di un
vantaggio competitivo interno (minor costo a parità di standard) oppure di un vantaggio
competitivo esterno (maggior standard a parità di costo) e riguardano il posizionamento
dell'azienda sul mercato.
Esse sono la leadership di costo, la differenziazione e la focalizzazione.
Con la leadership di costo l'impresa si prefigge l'obiettivo di comprimere il livello dei costi
sostenuti, in modo tale da poter praticare prezzi più bassi dei concorrenti, acquisendo un'elevata
quota di mercato, o praticando prezzi in linea con la concorrenza ma spuntando dei margini
superiori. I settori in cui è preferita sono quello dei prodotti base, delle materie prime e della
componentistica.
I vantaggi riguardano una maggiore resistenza ad eventuali guerre di prezzi e una barriera contro
l'entrata di eventuali nuovi concorrenti, grazie al basso livello di costi medio raggiunto che
garantisce una buona protezione nei confronti dei prodotti sostitutivi. Tuttavia, anche un'azienda
che ha scelto una strategia di bassi costi non può ignorare la qualità e deve mantenere certi
standard se vuole mantenersi competitiva sul mercato.
La differenziazione ha l'obiettivo di conferire ai prodotti caratteristiche distintive rilevanti
all'occhio dell'acquirente, tali da differenziarli dai prodotti offerti dalla concorrenza (quindi
possibilità di realizzare profitti superiori a quelli dei concorrenti, grazie al prezzo più elevato che il
mercato è disposto ad accettare).
Le possibili fonti di differenziazione riguardano l'immagine di marca, il primato tecnologico
riconosciuto, l'aspetto esteriore, il servizio post-vendita e la rete di distribuzione. I vantaggi sono
la riduzione della sostituibilità del prodotto, il mantenimento della fedeltà alla marca e la minore
sensibilità al prezzo e migliore redditività. Tuttavia, anche un'offerta differenziata deve
mantenere una struttura dei costi non troppo dissimile dai concorrenti più diretti.
La strategia di focalizzazione su costi o differenziazione che ha l'obiettivo di soddisfare quello
specifico bisogno in modo migliore di quanto non siano in grado di fare i concorrenti che si
rivolgono a tutto il mercato. Questa strategia può comportare sia la differenziazione, sia
l'acquisizione del vantaggio di costo, sia entrambe contemporaneamente. Pur non essendovi una
regola precisa, quest'ultimo tipo di strategia si adatta bene a quei settori contraddistinti ad alto
contenuto di specializzazione.
Il Modello delle 5 Forze di Porter: Analisi della Concorrenza Allargata
Le organizzazioni, per formulare la strategia, devono studiare l'ambiente competitivo nelle sue 5
forze, descritte nel Modello delle 5 Forze proposto da Michael Porter, che spiega come la
competitività all'interno di un settore non è data dalla rivalità tra concorrenti esistenti e l'analisi
della concorrenza ed è fondamentale per portare le aziende verso una redditività protratta nel
tempo, il modello serve per valutare la propria posizione competitiva.
Le 5 forze che contribuiscono ad alimentare la competitività tra aziende sono: nuovi concorrenti,
il potere dei fornitori, il potere degli acquirenti, la minaccia di prodotti sostitutivi e la rivalità tra
competitors esistenti.
Nuovi concorrenti: l'arrivo dei concorrenti diretti in un determinato settore può porre un limite al
potenziale di profitto, vi sono diversi fattori che vanno a determinare le strategie competitive di
ogni concorrente, e sono:
La concentrazione: ovvero, il numero delle imprese che operano in un certo settore;
La diversità della struttura: più le imprese si somigliano, più la concorrenza sarà basata sul prezzo;
La capacità produttiva: che se in eccesso, le aziende tenderanno ad abbassare i prezzi per
sovrastare la concorrenza;
La differenziazione dell'offerta: se i prodotti offerti dalle imprese sono simili, il cliente tenderà a
scegliere unicamente in base al prezzo;
E la struttura di costo: in relazione al rapporto tra costi variabili e costi fissi.
Potere dei fornitori: i fornitori esercitano il loro potere contrattuale e trattengono una parte
maggiore del valore caricando prezzi più alti, limitando la qualità dei servizi o spostando i costi
sugli altri attori che fanno parte del settore. Se un settore, attraverso strategie competitive
errate, non è in grado di reagire all'aumento dei costi con i prezzi di un fornitore potente, la sua
profittabilità può essere azzerata.
Potere degli acquirenti: i clienti potenti possono esercitare il loro potere contrattuale
costringendo ad abbassare i prezzi, chiedendo una maggiore qualità o servizi migliori. Un
compratore può essere definito potente se dispone di un potere negoziale rispetto alle altre
aziende del settore, soprattutto se sensibili al prezzo. Il potere contrattuale del cliente viene
pensato da determinati fattori che possono essere il risultato di buone strategie competitive,
come la dimensione degli acquisti cioè più il volume degli acquisti di un cliente è elevato, più il
cliente ha un potere contrattuale; la concentrazione della clientela, se un'azienda ha pochi clienti
il loro potere contrattuale sarà maggiore; la possibile integrazione verticale, Se un cliente sceglie
di produrre da sé un prodotto anziché acquistarlo da un'altra azienda, l'azienda ha perso un
cliente.
Minaccia dei prodotti sostitutivi: un prodotto sostitutivo assorbe la stessa funzione rispetto a
quella di un prodotto presente in un settore, ma lo fa utilizzando mezzi diversi. Un servizio
sostitutivo può costituire una minaccia nel momento in cui mette in discussione il prodotto di
settore, perché tenta il compratore anziché ad un prezzo migliore. Se un settore non si discosta
dalle alternative attraverso la performance di prodotto, Il marketing o altri mezzi, avrà dei
problemi a livello della profittabilità e quindi di potenziale crescita. Perciò sono necessarie
strategie competitive.
Rivalità tra competitor esistenti: la rivalità tra concorrenti esistenti assume forme, tra cui gli
sconti sui prezzi, l'introduzione di nuovi prodotti, campagne pubblicitarie e miglioramenti nel
servizio. Un elevato livello di rivalità limita la profittabilità di un settore, ma la rivalità può anche
essere a somma positiva, quando ogni concorrente intende servire i bisogni di segmenti diversi di
consumatori, offrendo diversi mix di prezzo, prodotti, servizi, caratteristiche o identità di brand.
Il Modello Resource Based View (RBV)
Il RBV è un modello basato sulle risorse che ha enfatizzato l'importanza del potenziale interno (le
risorse) di un'organizzazione rispetto alle variabili esterne.
Le risorse sono un insieme di fattori tangibili (ad esempio risorse finanziarie e beni materiali),
umane (le capacità individuali, le competenze, il lavoro in team, la gestione delle informazioni) e
intangibili (conoscenze, brevetti, copyright, segreto industriale ad esempio la coca-cola) che
l'impresa controlla.
Per la RVB sono le risorse intangibili e le risorse umane ad esercitare un impatto maggiore in
termini di vantaggio competitivo.
Secondo la RVB il vantaggio competitivo non deriva da investimenti volti a scoraggiare
concorrenti, ma da una maggiore efficienza ed al possesso di risorse rare. Una risorsa crea
vantaggio competitivo quando genera valore aggiunto, è unica o rara (ad esempio il marmo di
Carrara è una risorsa unica, mentre, le batterie al litio sono risorsa rara) ed è difficilmente
imitabile. Il modello RBV si oppone alle 3 strategie di base di Porter nel suo modello che parte
dalla competitività (dall'esterno).
Le risorse tangibili sono le più facili da valutare, sempre meno importanti per l'acquisizione e il
mantenimento del vantaggio competitivo.
Quelle intangibili sono rappresentate dalle conoscenze detenute dall'impresa, sia tecnologiche
come brevetti e copyright, sia legate a marchi affermati, sia legate alla reputazione dell'impresa.
Le risorse umane sono rappresentate dalle competenze, dalle conoscenze e dalle capacità di
analisi e di decisione dei collaboratori di un'impresa e sono molto complesse da valutare e
gestire.
Le Strategie di Miles e Snow: 4 Approcci di Gestione Aziendale
Secondo Raymond Miles e Charles Snow, i manager di un'organizzazione aziendale cercano di
formulare strategie congruenti con l'ambiente esterno, occupandosi delle questioni di natura
imprenditoriale, ingegneristica e amministrativa, da gestire secondo 4 strategie possibili:
Esplorazione, difesa, analisi, reazione e definizione di efficacia ed efficienza.
Esplorazione: aziende orientate all'innovazione, all'assunzione dei rischi per ricercare nuove
opportunità che conducano alla crescita; sono aziende che operano in contesti dinamici, di
cambiamenti veloci, che preferiscono la creatività all'efficienza e sono formate da strutture
orizzontali, flessibili e decentralizzate, con un orientamento all'apprendimento e grandi spazi alla
ricerca. Esempi sono Google o Amazon, che sta entrando nel mercato della sicurezza e quindi
esplorando nuovi mercati, oppure Apple e Nike;
Difesa: aziende che puntano all'efficienza anziché alla crescita, stabilizzando prodotti e mercati,
mantenendo clienti stabili in ambiente stabile, eventualmente snellendo la struttura di business,
con un'autorità centralizzata e uno stretto controllo sui costi. La struttura è in verticale, c'è
un'attenta supervisione e una limitata responsabilizzazione dei dipendenti. Esempi sono aziende
come eBay, Paramount e Microsoft;
Analisi (miste): aziende analitiche che tentano di stabilizzare le linee di prodotto e i clienti
consolidati, sperimentando nella periferia anche con lancio di nuovi prodotti e con spirito di
esplorazione. In sostanza, aziende a metà tra le esploratrici e le difensive, con una bilancia
dell'efficienza e l'apprendimento, ma uno stretto controllo sui costi. In questa azienda la
produzione risulterà efficiente per le linee di prodotto consolidate, mentre l'enfasi si sposterà
sulla creatività, la ricerca e l'assunzione di rischi per l'innovazione. Esempio è Barilla, la pasta è
innovata da grani integrali;
Reazione: aziende reattive che rispondono per caso alle minacce e alle opportunità del mercato,
senza strategia, ovvero una non strategia. Non c'è nessun chiaro approccio organizzativo e le
caratteristiche della struttura possono cambiare bruscamente in base alle necessità del
momento. Esempi sono i venditori ambulanti, che giorno per giorno verificano l'offerta della zona
dove sono o la Dell che da leader imitava le innovazioni dei competitor;
Definizione di efficacia e efficienza: l'efficienza esprime la capacità di usare nel modo più
razionale possibile le risorse ed è misurata dal rapporto tra risultati (output) e risorse interne
impiegate (input).
L'efficacia, invece, esprime la capacità di raggiungere e conseguire nel miglior modo possibile
obiettivi prefissati ed è misurata da rapporto tra risultati conseguiti (output erogato) e obiettivi
prefissati (output prefissato).
Approcci Contingenti e Modelli Valoriali per la Misurazione dell'Efficacia Aziendale
Approccio basato sulle risorse (qualitativo): l'azienda è molto attenta al lato input e prevede
l'ottimizzazione delle risorse scarse e di valore tramite la capacità negoziale e gli accordi
favorevoli con i fornitori, tipico di aziende del terzo settore, in cui è difficile avere altri indicatori
di performance utilizzabili;
Approccio dei processi interni (qualitativo): l'azienda pone l'attenzione sul benessere dei
dipendenti (quindi efficacia come indicatore di stato di salute di efficienza interna) che garantisce
un clima positivo di appartenenza, una cultura aziendale condivisa, la valorizzazione delle risorse
umane, la crescita e lo sviluppo dei dipendenti e la comunicazione bilaterale, efficiente e
trasparente, questo approccio risulta essere un problema delle PA.
Approccio degli obiettivi (quantitativo): misura gli obiettivi di output, per verificarne il
conseguimento, tramite indicatori che valutano la redditività, attraverso l'analisi dei kpi finanziari
(indicatori Chiave di Performance) e dei ROI (Return On Investment o ritorno su un investimento
o indice di redditività del capitale investito, è un indice di bilancio che indica la redditività e
l'efficienza economica della gestione caratteristica a prescindere dalle fonti utilizzate; esprime
quanto rende il capitale investito in quella azienda), la quota di mercato, la crescita (incremento
di vendite e clienti) e la qualità dei prodotti, in linea con la figura della RSI (Imprenditoria
Socialmente Responsabile).
Analisi del Valore e Catena del Valore
Secondo questa metodologia introdotta a metà anni 80 da Michael Porter, le aziende devono
creare beneficio a favore di tutti e per spiegare questo aspetto introduce il concetto di catena del
valore, uno strumento per valutare se e quanto vantaggio competitivo è raggiunto, mantenuto o
difeso dall'azienda, oltre che essere un utile strumento informativo sulle opportunità offerte dalle
tecnologie dell'informazione, scomponendo l'azienda in componenti.
Il vantaggio competitivo è il valore che un'azienda può creare per gli acquirenti e che fornisce
risultati superiori alla spesa sostenuta dall'impresa per crearlo, per cui una redditività superiore a
quella media dei concorrenti effettivi e potenziali. La catena di valore divide un'azienda nelle sue
attività strategicamente rilevanti allo scopo di comprendere l'andamento dei costi, le fonti
esistenti e i potenziali di differenziazione. Se questo accade, l'azienda acquisisce vantaggio
competitivo e tutte le sue componenti sono efficienti e svolgono le loro mansioni in modo più
economico rispetto ai concorrenti. La catena del valore permette di considerare l'impresa come
un sistema di attività generatrici del valore, inteso come il prezzo che il consumatore è disposto a
pagare per il prodotto che soddisfa pienamente i propri bisogni. Le tecnologie dell'informazione
possono influenzare questa attività, alcune volte migliorandone semplicemente l'efficacia, altre
volte modificandole profondamente. Le attività aziendali, per poter valutare la capacità
competitiva di un'azienda, sono suddivise in 9 categorie generali di attività che appartengono
alla catena del valore, di cui 5 sono dette attività dirette o primarie e 4 sono dette attività di
supporto, in quanto sostengono le primarie fornendo input acquistati, tecnologie, risorse umane
e varie funzioni estendibili a tutta l'azienda.
La catena del valore non è uno strumento di scomposizione e valutazione della singola azienda
ma è parte di un sistema più ampio, appunto il sistema del valore, che secondo Porter, include le
catene del valore di tutte le aziende che appartengono ad una data filiera. Per valore si intende
ciò che il cliente è disposto a pagare per avere il prodotto e, secondo Porter, il valore superiore
deriva dall'offrire prezzi più bassi della concorrenza per ottenere vantaggi equivalenti, o dal
fornire vantaggi unici che giustifichino prezzi più alti.
Le Attività Primarie:
Logistica in entrata (beni che entrano in azienda): attività legate a ricevimento,
immagazzinamento e distribuzione dei fattori produttivi. Ne fanno parte la gestione dei materiali
e del magazzino, il controllo delle scorte, la programmazione dei vettori e i resi ai fornitori;
Attività operative (produzione di beni e servizi): fase di trasformazione delle materie prime nel
prodotto/bene/servizio finale e raggruppa attività quali lavorazione, montaggio,
confezionamento, manutenzione dei macchinari, collaudo e gestione degli impianti;
Logistica in uscita (che escono dall'azienda): riguarda la raccolta, lo stoccaggio e magazzinaggio
dei prodotti finiti, la gestione dei vettori di consegna, l'elaborazione degli ordini e la
programmazione delle spedizioni;
Marketing e vendite: attività legate allo studio dei comportamenti di acquisto della clientela, alla
quantificazione dell'offerta e alla definizione delle caratteristiche del prodotto;
Servizi post-vendita (assistenza tecnico-commerciale): attività legate al durante e post vendita,
volte a migliorare la percezione di valore del prodotto acquistato, al costumer care,
all'installazione, alla fornitura di ricambi, alle riparazioni e al modo di trattare il cliente.
Le Attività di Supporto
Come quelle primarie, le attività di supporto sono scomponibili e disaggregabili in attività più
specifiche ed elementari, proprie di ogni organizzazione nello sviluppo della tecnologia. Per
esempio, fra le attività specifiche possiamo elencare la progettazione dei particolari, il collaudo
sul campo, l'ingegnerizzazione del processo e la scelta delle tecnologie. In modo analogo,
l'approvvigionamento può essere suddiviso in attività come la certificazione dei nuovi fornitori, la
distinzione nei diversi gruppi di acquisto, il monitoraggio continuo delle prestazioni e del servizio
reso dai fornitori.
Il vantaggio competitivo dipende da un miglior svolgimento di attività ad alto potenziale in
termini di valore rispetto ai concorrenti. Queste attività significative sul piano del contributo si
chiamano attività chiave perché sviluppano un ampio potenziale per la riduzione dei costi o per la
differenziazione. Diventano chiave e centrali alcune delle attività primarie e alcune delle attività
ausiliarie in relazione al contesto interno e a quello ambientale.
Approvigionamento: acquisto dei fattori produttivi utilizzati nelle catene di valore. Siano materie
prime, semilavorati, macchinari, servizi, trasferte, cancelleria, computers, sistemi software
gestionali, ogni funzione aziendale, dalla logistica alla produzione al marketing a ciascuna delle
attività di supporto stesse, consuma e acquista input.
Sviluppo delle tecnologie: ogni tipo di tecnologia, di know-how, di procedure che forniscono
apparecchiature di processo. In ogni azienda le tecnologie impiegate servono per preparare i
documenti, per trasportare le merci, nel processo produttivo principale, nel marketing e servizi.
Gestione delle risorse umane: insieme delle attività che hanno a che fare con la ricerca,
l'assunzione, lo sviluppo, l'addestramento e la mobilità di tutti i tipi di personale, dall'operaio ai
dirigenti.
Attività infrastrutturali: l'infrastruttura di un'azienda si compone di attività fra cui la direzione
generale, l'amministrazione, la finanza, il legale, i rapporti con gli enti pubblici e la gestione della
qualità. Tutte queste attività operano a supporto dell'intera catena del valore e non come attività
singole.
Aree Funzionali e Processi Aziendali
L'azienda è un sistema fisico finalizzato a ospitare processi aziendali, composto da componenti
detti sottosistemi (funzioni aziendali) che interagiscono tra loro in modo finalistico e
caratterizzato da fasi di input (beni, idee , risorse, ordini) e output (beni, servizi, articoli,
informazioni fornite).
Questa architettura aziendale prevede che l'azienda operi all'interno di un ambiente, ovvero il
mercato.
Aree funzionali di gestione (funzioni aziendali):
Da un punto di vista funzionale, un'azienda parte da un'idea di realizzazione di un obiettivo che
risponde ad una domanda di mercato e, tenendo conto di efficacia ed efficienza, si orienta alla
produzione attraverso l'organizzazione dei suoi sottosistemi di produzione, logistica, vendita e
marketing, contabilità e finanza, risorse umane ed engineering. Queste aree interagiscono tra loro
e fissano la strategia aziendale tramite attività di pianificazione, programmazione e controllo di
gestione (che fa capire se il meccanismo sta funzionando o se c'è qualcosa da cambiare e si divide
in operativo, direzionale e strategico) per scegliere sviluppare nuovi prodotti e delineare la
sequenza di attività utile a soddisfare gli ordini dei clienti (processi comuni coordinati tra aree
funzionali). Servizi di comunicazione tra persone, analisi dei dati, pianificazione del lavoro e
registrazione di ciò che è stato fatto sono invece definibili processi generici, ripetuti in più aree.
Piramide di Anthony
Questo modello è stato introdotto da Robert Newton Anthony, l'obiettivo della piramide è
specificare e classificare le attività svolte e identificare il ruolo dei sistemi informatici a supporto.
Secondo Anthony la vita di un'azienda dipende da tre livelli decisionali:
Strategico (finalità e risorse): riguarda i processi direzionali, ovvero la definizione degli obiettivi
strategici, ed è il vertice della piramide di Anthony. Comprende prodotti e servizi su cui l'azienda
punta di più per la propria crescita, ovvero, il mercato su cui l'azienda vuole affermarsi e le
decisioni prese dai top manager. Le decisioni sono basate molto su informazioni esterne, storiche
e previsionali.
Gestionale/direzionale (Metodi e controllo): riguarda la traduzione degli obiettivi strategici in
criteri di gestione aziendale ed effettuano il controllo del raggiungimento di tali obiettivi. Questo
livello è legato al budget, ai centri di costo, alle attività interne e ai dati aggregati.
Operativo (procedure): si trova alla base della piramide e riguarda l'attuazione effettiva degli
obiettivi, la produzione dei beni, l'erogazione dei servizi, input e output, attività sistematica con
dati volatili e analitici e contabilità generale.
La Struttura Organizzativa di Mintzberg
Henry Mintzberg teorizza la suddivisione dei livelli aziendali in executive, che si trova al vertice,
affiancato da analysts (la tecnostruttura che pianifica, progetta, forma il personale) ed experts
(aree indipendenti che collaborano e supportano l'azienda, tra cui il project manager, i legali e
servizi generali). Al di sotto di essi si trovano i middle managers che sono a stretto contatto con i
professionals, ma con maggior potere decisionale soprattutto nei casi in cui l'azienda è
decentrata. I professionals, invece, svolgono attività operativa.
Griglia di Gorry/Scott-Morton
Michael Scott-Morton è un teorico del business e professore di management presso la MIT Sloan
School of management, noto per i suoi contributi ai sistemi di informazione strategica e all'e-
learning di benchmarking.
George Anthony Gorry è uno scienziato informatico americano, attualmente il Professore
Emerito di Management presso la Jesse H. Jones Graduate School of Business alla Rice University.
Questi due teorici suddividono le aree funzionali sulla base di tre diversi tipi di decisione:
I livelli riguardano la pianificazione strategica (compiti di definizione e verifica degli obiettivi
generali), il controllo direzionale (compiti di definizione e verifica degli obiettivi economici) e il
controllo operativo (compiti di controllo e verifica delle attività operative).
Le tipologie di decisioni si dividono in non strutturate (senza possibilità di scelta e variabili
definite), semistrutturate (con possibilità di scelta non definite e variabili definite) e strutturate
(con regole chiare dall'informazione alla decisione).
Ad esempio, l'approvvigionamento scorte è una decisione strutturata del controllo operativo,
mentre il finanziamento di un progetto da parte della pianificazione strategica è una decisione
semistrutturata. Infine, non strutturata è la decisione di assumere dirigenti da parte del controllo
decisionale.
Strumenti Informativi Aziendali (SI, sistemi tecnologici integrati):
Innovazioni tecnologiche che impattano sull'organizzazione aziendale che digitalizzano le
procedure partendo dallo studio dei dati. La finalità del SI è elaborare, studiare, reperire e
produrre informazioni utili al perseguimento dello scopo aziendale e fa parte del sistema
organizzativo, che a sua volta fa parte del sistema aziendale. Il sistema informatico ICT
(Information and Communication Technologies) appartiene al SI e ne è la parte automatizzata.
Executive Information Systems (EIS):
Sistemi informatici destinati ai dirigenti responsabili delle strategie, che integrano le informazioni
provenienti da fonti interne, esterne, storiche e aggregate utili alla previsione e alla pianificazione
a lungo termine, oltre che al supporto al top management per le decisioni non di routine. L'EIS
monitora e analizza le prestazioni aziendali e richiede informazioni significative e di sintesi in
formati di presentazione appositamente realizzati. Vengono utilizzati strumenti specializzati di
analisi quantitativa e statistica, modellazione di processi e informazioni non standard.
Gli ambienti grafici sono semplici e interattivi e garantiscono un unico accesso integrato ai dati
originari attraverso un'interfaccia user-friendly (informazioni fruibili nel prendere decisioni e si
rivelano particolarmente utili nella tempestiva individuazione e risoluzione dei problemi),
simulazione e valutazione di scenari alternativi possibili.
Management e decisions supporter systems (MIS/DSS):
Utilizzati dei quadri intermedi, dagli analisti di staff o con compiti decisionali in aree con
conoscenza incompleta dell'attività da svolgere. Gli strumenti tipici sono i sistemi di accesso on-
line a bassi volumi dati o grandi database ottimizzati per l'analisi, la conversione dati in
informazioni utili all'attività di monitoraggio, sintesi/pianificazione e controllo direzionale a breve
e medio termine, strumenti flessibili e generali di analisi matematica e statistica a basso livello di
dettaglio, con gestione reporting di informazioni, ambienti interattivi di simulazione con
trattamento delle eccezioni e, infine, strumenti di comunicazione e coordinamento.
Il MIS è finalizzato alla gestione automatica dell'azienda, attraverso un sistema organizzato per
offrire informazioni riguardanti aspetti interni ed esterni all'azienda. Si occupa di produrre
informazioni riepilogative statistiche e matematiche per il middle management, a partire dai
database operativi, aiutandoli ad assumere le loro decisioni. Le informazioni prodotte vengono
utilizzate a supporto di attività di controllo contabile ed economico finanziario, a carattere
continuativo e di routine. Il MIS fornisce informazioni agli utilizzatori ed è costituito da obiettivi,
politiche aziendali e procedure. Questi sistemi sono poco flessibili ed impiegano quasi
esclusivamente dati generati all'interno dell'azienda.
Groupware and Knowledge Work Systems:
Gli utenti sono i gruppi che collaborano strettamente condividendo finalità, informazioni e
attività, per cui è il personale professionale che crea, integra e condivide conoscenze. Sono
strumenti con finalità di mettere in contatto gli operatori, gestendo riunioni in telelavoro e
videoconferenza, contatti (brainstorming), agende e flussi di lavoro, attraverso la gestione
integrata di comunicazione di accesso a database, basi di conoscenze con motori inferenziali,
definizione, controllo e documentazione progetto.
Per lo stesso motivo si usa il CSCW (Computer Supported Cooperative Work), ovvero il lavoro
cooperativo (di team) basato su coordinamento, comunicazione e collaborazione (la
cooperazione può risultare sincrona o asincrona). In questa categoria troviamo i Sistemi di
Conferenza Elettronica (CCS), i Sistemi di Progettazione in Gruppo, i Sistemi di Supporto alle
Decisioni di Gruppo (GDSS) e il Business Information Modelling (BIM).
Transaction processing systems (TPS):
sistema informativo destinato al personale operativo e di supervisione con informazione
condivisa e operazioni in larga misura ripetitive, predefinite e controllate, gestendo eventi e
transazioni in modo automatizzato, alcuni prevedono osservazione di pezzi usurati o impianti da
bloccare per sostituire il pezzo. Tra gli strumenti disponibili, troviamo la gestione di eventi e
transazioni, aggiornamento ed accesso a dati, gestione di liste ordinate, calcoli, creazione e
gestione BD (analisi prestazioni, messa a punto, controllo concorrenza, salvataggio e ripristino,
autorizzazione accessi) preferibili alla comunicazione diretta tra individui. Infine, gli ambienti di
sviluppo applicazioni, user interface management system.
Dai Sistemi Specializzati a quelli Integrati
Enterprise resource planning (ERP, pianificazione delle risorse d'impresa):
Sistemi modulari che integrano funzioni diverse e collegano le diverse aree operative della
gestione aziendale con l'obiettivo del controllo e del monitoraggio continuo. Questi sistemi sono
utilizzati da aziende medio grandi che passano da un software gestionale ad uno aperto e
modulare per la gestione integrata di attività operative e strategiche. Pacchetti applicativi
modulari che integrano funzioni diverse e collegano le diverse aree operative della gestione
aziendale con obiettivo di controllo e monitoraggio continuo. Le funzionalità riguardano la
logistica materiali, delle risorse umane, contabilità, finanza, automazione processi, e-commerce,
e-business. Le principali soluzioni commerciali sono SAP, Oracle, Baan e PeopleSoft.
Costumer relationship management (CRM):
Sistemi per gestire l'intero ciclo di vita del rapporto con la propria clientela, comprese analisi e
pianificazione marketing, informazione e l'acquisizione dei clienti e il servizio di assistenza.
Supply chain management (SCM):
Sistemi che integrano le fasi di pianificazione, simulazione, ottimizzazione e approvvigionamento
intera aziendale facendo leva sui sistemi aziendali, finanziari, logistici e di gestione delle risorse
umane, stimolando la cooperazione fra i diversi sistemi informativi.
Progettazione:
Si usa il CAD (computer aided design), che consente di trasferire i progetti dal tavolo di lavoro al
monitor, quindi, il progettista può sfruttare tutte le più moderne tecnologie della computer
graphics;
il CAE (computer aided engineering), in cui il prodotto progettato viene rappresentato con un
modello computerizzato e diventa così possibile effettuare simulazioni, riducendo costi e tempi;
Infine, il CAP (computer aided planning) che serve ad automatizzare la pianificazione delle fasi di
un processo produttivo o dell'intero processo produttivo, regole e criteri di produzione desunte
partendo da dati sui singoli componenti e alle distinte base.
Per la produzione CAM/CAPC, per controllo qualità CAQ (anche nello stadio di progettazione della
merce in arrivo, manutenzione, assistenza cliente, agli strumenti e macchinari forniti.
Vi sono gestionali di contabilità, ovvero programmi strettamente orientati a questo e al controllo
di gestione. Oppure per il settore marketing e vendite, come sistemi che forniscono supporto
operativo nel caso in cui, a fronte della richiesta da parte di un cliente, l'azienda voglia elaborare
un'offerta specifica. Sono oggi disponibili anche strumenti in grado di assistere il funzionario
commerciale nella trattativa con il cliente, come il CAS (computer-aided selling).
Infine, E-commerce che consiste nella vendita e l'acquisto di beni o servizi tramite canali
elettronici tra varie imprese B2B (business to business) e tra imprese e consumatori (business to
customers B2C).
Non è una vera traslazione del mondo commerciale reale nel mondo on-line, ma un mondo
nuovo di relazionarsi ai consumatori.
Sottoprocessi interni alle aree:
Mercato e vendite (raccolta di analisi specifiche, indagini mercato, pubblicità, vendite),
produzione (acquisto materiali, fabbricazione dei prodotti, rilascio, manutenzione e assistenza),
ricerca e sviluppo (progetto nuovi prodotti e metodi di produzione, ottimizzazione processi e
produzione), contabilità e finanza (pagamento tasse, ricerca finanziamenti, investimenti utili,
stesura bilancio) e personale (assumere, formare e gestire carriere, stipendi e assegnazione
compiti per il personale).
Dimensioni Organizzative e Ciclo di Vita
Le dimensioni di un organizzazione aziendale possono distinguersi da un punto di vista
economico (dimensioni economiche) comprendenti il capitale investito, il valore finanziario, i
costi e il fatturato; oppure da un punto di vista operativo (dimensioni operative) che si riferiscono
al numero di dipendenti, alla rete commerciale e alle dimensioni dell'area di influenza economica.
Non sempre le dimensioni operative sono direttamente proporzionali a quelle economiche,
perché ad esempio un'azienda può essere molto sviluppata da un punto di vista dell'e-commerce
ma potrebbe avere poca necessità di elevate dimensioni organizzative, pur muovendo grandi
fatturati.
La crescita delle dimensioni aziendali è collegata all'obiettivo e al sogno dell'imprenditore, alla
scelta di competere sul mercato globale e all'economia di scala (all'aumentare delle dimensioni
produttive, cala il prezzo di acquisto del bene primario, per cui a maggiori dimensioni
corrispondono minori costi unitari). Importanti sono anche le barriere all'ingresso, ostacoli che
rendono difficile l'ingresso di nuove imprese in un determinato mercato, come le sfide
tecnologiche, i regolamenti governativi e la politica fiscale. La crescita, infine, è indispensabile per
investire in certi settori e può essere effetto di fusioni e acquisizioni.
Le aziende di grandi dimensioni usufruiscono di economie di scala, sono gerarchizzate
verticalmente, hanno una portata globale, il top management deve essere capace e sono
improntate sulla ricerca di nuovi talenti. Lavorano sui mercati stabili (un'azienda snella è più
adatta a mercati turbolenti perché più reattiva), hanno processi interni spesso meccanizzati e
complessi, sono composte da uomini organizzativi e risultano spesso molto attrattive per i nuovi
talenti. Le aziende di piccole dimensioni, invece, sono adatte a mercati turbolenti, più reattive e
flessibili, meno gerarchizzate verticalmente e lavorano più spesso in settori di nicchia, con portata
regionale. Sono aziende organiche e semplici, con un top management familiare (in Italia l'80%
sono PMI, ovvero Piccole Medie Imprese).
Le problematiche gestionali delle PMI riguardano il fatto che se hanno minore produttività per
addetto, minore retribuzione ai dipendenti (meno attrattiva per lavoratori con gradi elevati di
istruzione e qualifiche), minore disponibilità economica per investimenti su ogni settore,
sovrapposizione di ruoli manageriali e imprenditoriali, minori investimenti fissi per adetto (meno
formazione e si cresce meno), sovrapposizione di ruoli tra imprenditore e manager ed elevata
dipendenza dal credito bancario a breve con garanzie patrimoniali del titolare ed elevati costi di
interesse. La PMI da sola non è in grado di garantire il livello di innovazione di cui necessita, per
l'indisponibilità di risorse dedicate agli investimenti in ricerca e sviluppo e per carenza di
competenze professionali specifiche. Pertanto, una PMI può lavorare su un approccio di
collaborazione esterna, per assolvere a funzioni di consulenza o per il raggiungimento di obiettivi,
appoggiandosi a professionisti esterni senza mutare la struttura (outsourcing o esternalizzazione
del ruolo aziendale).
L'outsourcing è un tipo di pratica aziendale che porta all'acquisizione di prodotti o servizi,
attualmente affidati all'attività produttiva diretta e alla gestione interna dell'azienda, da un
fornitore esterno, chiamato provider.
I motivi sono la riduzione dei costi, in particolare quelli operativi e l'ottimizzazione del core
business, grazie all'eliminazione di attività marginali.
Diventano cruciali: lo sviluppo di network tra imprese, intervento pubblico a sostegno dei processi
di innovazione e di trasferimento tecnologico (le università con strutture che aiutano, come ad
esempio il progetto in cui è impegnato il prof. Saso) e le politiche di formazione e la coerenza
delle azioni per lo sviluppo professionale.
Le PMI spesso creano reti aziendali, che consentono lo sfruttamento di risorse ed un ampio
raggio di azione, facendo leva sulla flessibilità della piccola azienda in un ambito tipico delle
grandi aziende, poiché l'unione e la vicinanza ad aziende che forniscono materie prime abbatte i
costi, favorendo l'economia di scala. Un esempio di reti aziendali sono i distretti industriali, che
appartengono ad una filiera e collaborano per la produzione di un prodotto.
L'impresa a rete è un modello di coordinamento in cui le imprese sono concentrate nel proprio
core business e affidano all'esterno le attività complementari. Si rende quindi necessario un forte
coordinamento dell'attività, il quale può essere garantito dalle nuove tecnologie informatiche
attraverso flussi informativi distribuiti. La risultante di questa formulazione aziendale ibrida sarà
un'azienda con risorse e raggio d'azione di una grande azienda e la semplicità e flessibilità di una
piccola azienda.
Il contratto di rete è un accordo tra più imprenditori per una collaborazione collettiva al fine di
scambiare informazioni e prestazioni per svolgere alcune mansioni insieme ed accrescere la
propria capacità produttiva e competitività. Sta alla base delle reti aziendali, e i partecipanti
sottoscrivono l'accordo con l'obiettivo di ottenere un vantaggio economico derivato dalle sinergie
economiche della rete, pur mantenendo autonomia e rispettando un programma di rete, ovvero,
una specifica rete di attività, diritti e obblighi di ogni parte interessata dal contratto.
Ad esempio, Buongusto Veneto è una rete di 27 imprese, comprese quelle del settore agricolo, la
cui mission è promuovere prodotti DOP, DOC del territorio, rendendoli accessibili ad un ampio
pubblico.
L'obiettivo strategico del contratto di rete deve far riferimento all'innovazione non solo
tecnologica, ma anche organizzativa, mentre i vantaggi derivanti dalle sinergie operative della
rete possono essere di natura sia finanziaria che fiscale.
Ciclo di vita di un'organizzazione:
Un'azienda nasce da un'idea, che viene poi realizzata al termine di un percorso prestabilito.
L'azienda poi si modifica attraverso varie fasi, passando dal basso fatturato ad alti fatturati
oppure arrivando alla caduta del prodotto. Sopravvivere al mercato, per un'azienda, presuppone
capacità di adattamento. Ogni fase è caratterizzata da specifiche regole del gioco e le aziende
sono chiamate a ridefinire le proprie strutture e le proprie modalità operative a seconda degli
imprevisti. Le fasi del ciclo di vita di un organizzazione sono l'avvio, lo sviluppo, la maturità e il
declino. Dopo il declino si può avere una fase di rilancio, oppure una crisi che implica il
fallimento.
L'azienda nel suo operare viene condizionata sia dall'ambiente in generale, sia da quello specifico,
ovvero l'insieme di soggetti con i quali l'impresa intrattiene relazioni di scambio fondamentali per
il suo funzionamento. Quello che condiziona di più le scelte organizzative dell'impresa è proprio
l'ambiente specifico, perché definisce le relazioni fondamentali per la vita dell'azienda (ad
esempio, pensiamo alle conseguenze del venir meno del rapporto con un fornitore, l'azienda
potrebbe non essere in grado di provvedere tempestivamente in maniera alternativa).
In seguito il modello a 4 stadi del ciclo di vita di un'organizzazione, in cui ogni stadio emerge per
effetto della risoluzione di un momento di crisi organizzativa. I quattro stadi:
Stadio imprenditoriale: l'azienda è caratterizzata da fondatori imprenditori (forza
imprenditoriale), massime energie dedicate alle attività di produzione e marketing, crescita
basata sui nuovi prodotti e possibile mancanza di strategia. Prima di entrare nello stadio
successivo, passa un momento di crisi basato sul bisogno di leadership, per via dell'aumento dei
dipendenti che crea problemi di gestione.
I proprietari, orientati alla tecnica e alla creatività e non a programmazione e controllo, si trovano
a dover affrontare aspetti di gestione e devono acquisire persone capaci di leadership, in quanto
l'organizzazione lo necessita. Quando si verifica questo momento di crisi, gli imprenditori devono
adattare la struttura dell'organizzazione per renderla di tipo manageriale, per assecondare il
processo continuo di crescita, oppure devono introdurre nella struttura manager capaci di
svolgere al loro posto questo compito. I sistemi di ricompensa e controllo di un'organizzazione,
durante lo stadio imprenditoriale, sono paternalistici.
Stadio della collettività: l'azienda è cresciuta di dimensione e ha assunto dipendenti, divenendo
entità sociale; se la crisi di leadership viene superata, il risultato che si ottiene è una leadership
forte e l'inizio dello sviluppo di obiettivi e orientamenti strategici chiari. Vengono stabilite le unità
organizzative, insieme ad una gerarchia di autorità, alla definizione dei compiti e a una prima
suddivisione del lavoro. Nello stadio della collettività, i dipendenti si identificano nella mission
dell'organizzazione e si dedicano a lungo a contribuire al successo organizzativo. I membri si
sentono parte di un collettivo e le attività di comunicazione e controllo sono prevalentemente di
carattere informale, sebbene inizino a comparire alcuni sistemi formali. Anche qui, a seguito di
una fase di espansione, si verifica un momento di crisi per bisogno di delega. Se il nuovo
management ha operato con successo, i dipendenti dei livelli inferiori si troveranno gradualmente
limitati dalla forte leadership esercitata dall'alto e i middle managers di livello inferiore
inizieranno ad acquisire fiducia nelle proprie aree funzionali e vorranno un maggior grado di
discrezionalità.
Una crisi di autonomia si verifica quando i top manager al vertice dell'organizzazione non
intendono affidare ad altri le responsabilità di gestione perché vogliono assicurarsi in prima
persona che tutte le parti dell'organizzazione siano coordinate e collaborino tra di loro.
L'organizzazione ha invece bisogno di trovare meccanismi per controllare e coordinare le diverse
unità senza la supervisione diretta del vertice, e se il top management non è in grado di delegare
e di superare questa crisi non potrà passare allo stadio successivo e dunque non potrà più
espandersi. La caratteristica di un'organizzazione, durante lo stadio della collettività, è quella di
essere pre-burocratica.
Stadio della formalizzazione: l'azienda comincia ad assumere grandi dimensioni e diventa più
meccanica, ovvero sono introdotte regole, procedure e sistemi di controllo. In questa fase, la
comunicazione è meno frequente e più formale e segue una linea gerarchica; la direzione
generale comincia a interessarsi di argomenti come la strategia e la pianificazione e lascia gli
aspetti produttivi dell'azienda al middle management. Possono formarsi gruppi di prodotto o
altre unità decentralizzate per migliorare il livello di coordinamento e essere realizzati sistemi di
incentivi basati sui profitti per assicurarsi che i manager perseguano ciò che è meglio per
l'azienda. Qui arriva il momento di crisi, detta eccesso di burocrazia, ovvero la proliferazione di
sistemi e programmi che può soffocare i manager dei livelli intermedi. Il livello di innovazione si
riduce e l'organizzazione appare troppo grande e complessa per essere gestita con strumenti
formali, oltre al fatto di sembrare troppo burocratica e, se non riesce a reagire e alleggerirsi da
questo punto di vista, superando così la crisi non può passare allo stadio successivo.
Stadio di elaborazione: l'azienda è grande, globale e diversificata e il personale combatte la
burocrazia con il lavoro di squadra e un nuovo senso di collaborazione team group. Il controllo
sociale, l'autodisciplina e la cultura organizzativa contribuiscono a ridurre l'esigenza di burocrazia
anche perché i gruppi di lavoro sono trasversali alle funzioni o alle divisioni e i manager
incentivano lo sviluppo di capacità utili ad affrontare problemi e lavorare insieme. I sistemi
formali, ormai obsoleti, possono essere semplificati e sostituiti da gruppi di manager e task force
apposite.
La crisi è il cosiddetto bisogno di rivitalizzazione: dopo che l'organizzazione ha raggiunto la
maturità, può entrare in periodi di temporaneo declino, in questo caso l'organizzazione si
disallinea rispetto all'ambiente o diventa lenta e troppo burocratizzata e deve passare attraverso
lo stadio di snellimento o innovazione. Durante questo periodo vengono spesso sostituiti i
manager al vertice. Lo stile adottato dal top management di un'organizzazione durante lo stadio
elaborazione del ciclo di vita è caratterizzato da un orientamento al gruppo punto in questo
stadio sono importanti concetti di skilling, upskilling e reskilling.
Skilling (aggiornare la forza lavoro): si applica ai dipendenti di cui l'azienda già dispone, affinché
in tempi brevi e con il minor sforzo possibile si abbiano lavoratori qualificati con competenze
rinnovate. Per far questo è importante assumere solo persone desiderose di imparare e mettersi
in gioco, orientate al miglioramento continuo e che guardino con entusiasmo alla possibilità di
sviluppare nuove competenze.
Reskilling (riplasmare la forza lavoro): si applica quando si hanno dei profili che si occupano di
attività obsolete, con competenze superate, e si vuole riqualificarle. In questo caso, le persone
individuate vengono inserite in percorsi formativi che le porteranno ad occuparsi di attività
lavorative differenti (es. le cosiddette nuove professioni).
Upskilling (potenziare la forza lavoro): si applica alle risorse di cui si intravede il potenziale
maggiore è su cui si desidera investire, per migliorarle. Si incrementano le skill nel medesimo
ruolo, affiancando alle hard skill anche soft skill in ambito manageriale e di leadership, allo scopo
di potergli far fare un salto di carriera e renderli dei nuovi leader.
In genere, dopo lo stadio di elaborazione ci sono tre possibilità o fasi, ovvero il declino (l'azienda è
così grande che comincia a perdere colpi quanto è difficile da controllare), il mantenimento del
livello di maturità (i business continua ad andare bene) oppure il processo di snellimento
(l'azienda comincia a snellirsi, così a vengono create delle strutture che ragionano come se
fossero una piccola azienda, ovvero azienda come insieme di piccoli nuclei).
Infine è importante anche lo spin off, ovvero la creazione di nuove imprese, specializzate in un
determinato settore, a partire da imprese già esistenti.
Sistemi Integrati per la Gestione d'Impresa e l'Impatto Tecnologico
Nella teoria dell'evoluzione biologica le mutazioni sono il veicolo del cambiamento. Nella teoria
dell'evoluzione che l'impresa questo ruolo spetta alle innovazioni. Richard G. Lipsey
L'attuale tendenza nell'ambito dell'organizzazione aziendale vede una continua
smaterializzazione della produzione come conseguenza della globalizzazione che coinvolge tutti
gli operatori di ogni settore, anche le PMI, i quali devono adeguarsi alle nuove esigenze della
tecnologia, evolvendosi, delocalizzando la produzione attraverso la virtualizzazione,
implementando e-business ed e-commerce e servendosi dei sistemi informativi evoluti, passando
da quelli verticali a quelli integrati, come i Big Data.
Il fenomeno più vistoso è stato il passaggio dalla continuità tecnologica alla discontinuità
tecnologica, che può essere intesa come una fase in cui si ha il passaggio da un gruppo di prodotti
o di processi produttivi ad un altro fondato su una base di conoscenze del tutto nuove e diverse (R.
Foster).
Oggi, il tema della discontinuità sta assumendo una rilevanza sempre più grande e tangibile,
presentando delle caratteristiche di novità, a causa della frequenza del cambiamento degli
standard tecnologici, dell'imprevedibilità delle traiettorie di sviluppo e dell'interdipendenza
settoriale.
Un tempo, l'azienda fordista era legata a modelli di impresa statici, una struttura chiusa, verticale
e gerarchica è un organizzazione per funzioni che garantivano la possibilità di utilizzo di efficaci
procedure standardizzate, mentre l'azienda moderna deve essere capace di adeguarsi alle
turbolenze di mercato, attraverso un modello di impresa flessibile basato sulle esternalizzazione,
una struttura aperta a rete è un'organizzazione per obiettivi, che porti ad un cambiamento anche
nelle linee produttive (ad esempio la Ferrari in pandemia da covid-19 mutando le linee produttive
dei manicotti).
Allo stesso modo, gli operatori devono essere flessibili e capaci di cambiare anche la propria
mansione, se necessario, mentre l'impresa deve svolgere un'azione diretta in campo tecnologico
e capire che le decisioni che riguardano la tecnologia sono di tipo strategico.
Sono considerate innovazioni tecnologiche i prodotti e i processi tecnologicamente nuovi
introdotti dall'impresa, nonché i miglioramenti tecnologicamente significativi apportati
dall'impresa ai propri prodotti e i propri processi produttivi.
L'innovazione può essere a livello di prodotto, a livello di processo oppure organizzativa.
Innovazione di prodotto si manifesta una volta introdotta sul mercato, mentre l'innovazione di
processo e quella organizzativa si manifestano quando vengono modificati i processi produttivi o
le parti dell'organizzazione. Per parlare di innovazione tecnologica, invece, è sufficiente che
processi e prodotti siano innovativi per l'impresa che li introduce; infatti, essa non
necessariamente viene percepita e appartiene all'ambito di adeguamento e miglioramento del
prodotto, anche prima di entrare nel mercato.
Tecnologia e Tecnica: Arghiri Emmanuel
Nel 1984, l'economista marxiano greco-francese Arghiri Emmanuel propose una differenziazione
tra la tecnica e la tecnologia, definendo tecnica la combinazione di operazioni utilizzate nella
produzione di una merce, mentre tecnologia la capacità di creare, scegliere, installare, un insieme
di conoscenze tecniche, organizzative, gestionali usate da un'azienda per realizzare i propri
obiettivi operativi e migliorando la propria operatività. In sostanza, per Emmanuel la tecnica è un
insieme di procedimenti, mentre la tecnologia è un insieme di conoscenze.
Nelle tecnologie di prodotto il cambiamento modifica le caratteristiche dello stesso e delle sue
prestazioni, mentre nelle tecnologie di processo e il cambiamento modifica l'efficienza nella
produzione. Le tecnologie possono essere di vari tipi, come quelle di base (occorrenti al normale
funzionamento), quelli chiave (caratterizzano il prodotto dell'azienda e lo fanno distinguere sul
mercato) quelle complementari (subordinate alle tecnologie chiave, costituiscono il contesto
necessario a renderle pienamente operative).
L'innovazione tecnologica è un cambiamento che consente, a chi possiede e utilizza una
determinata tecnologia, di raggiungere il massimo rapporto tra benefici attesi e ottenuti e
l'investimento necessario per raggiungere tali benefici.
Allo stesso tempo, i rischi sono di tipo tecnico (risultati ottenuti al di sotto delle aspettative),
economico (necessità di usare maggiori risorse delle preventivate) oppure gestionale (le persone
in azienda non sono in grado di sfruttare le risorse tecnologiche, oppure l'insorgenza di eventi
imprevisti che ritardano il processo).
La tecnologia può essere descritta come l'insieme delle conoscenze tecniche, organizzative,
gestionali, utilizzate dall'azienda per realizzare i propri obiettivi operativi finalizzati ad un
significativo miglioramento delle condizioni di competitività. Essa può apparire sotto diverse
forme: conoscenza inclusa nei manufatti (conoscenza esplicita), conoscenza raccolta in documenti
azioni, brevetti e licenze e conoscenza come parte integrante del patrimonio di uomini e
organizzazioni.
L'industria del software: Per quanto riguarda i sistemi semplici e individuali, il rapporto tra
utenti e sviluppatori è ridotto, basandosi sul l'uso di soluzioni personali ad esempio excel o
Access, oppure autoproduzione ad esempio le buste paga. Per quanto riguarda i sistemi
complessi, invece, il rapporto tra utenti e sviluppatori è alto e si va verso il massiccio riuso e, a
livello aziendale, verso piattaforme applicative standard ma personalizzabili, Augmented Reality e
Machine Learning.
Applicazioni dei sistemi: si va dai sistemi di controllo automatico non presidiati (ad esempio
centrale elettrica, telefonica), ai sistemi di controllo presidiati (centrali operative, sicurezza,
traffico ferroviario e aereo), passando per i sistemi dedicati.
Oppure i sistemi informativi interattivi (on-line) e il commercio elettronico (e-commerce, e-
business) sia internazionale (B2B) sia rivolto al cliente finale (B2C).
I sistemi tecnologici all'interno delle aziende servono per approvvigionamento (logistica e
magazzini), amministrazione e controllo (contabilità), automazione e robotica (produzione),
ricerca e sviluppo (progettazione), marketing e gestione rapporti con la clientela.
Dai sistemi specializzati a quelli integrati
Enterprise resource planning (ERP): considerati volgarmente i "SI integrati", vengono utilizzati da
aziende medio-grandi che passano da un software gestionale ad uno aperto e modulare per la
gestione integrata di attività operative e strategiche. Si tratta di pacchetti applicativi modulari che
integrano funzioni diverse e collegano tutte le aree operative della gestione aziendale con
l'obiettivo del controllo e del monitoraggio in tempo reale. Si tratta di un software di gestione che
integra tutti i processi di business rilevanti di un'azienda e tutte le funzioni (ad esempio vendite,
acquisti, gestione magazzino, finanza, contabilità). Le funzionalità riguardano la logistica
materiale, le risorse umane, contabilità, finanza, internet, e business, vendite, distribuzione,
manutenzione impianti, magazzini. Esempi di prodotti commerciali sono SAP, Oracle S3, Baan,
PeopleSoft.
Supply Chain Management (SCM): soluzioni che integrano le fasi di pianificazione, simulazione,
ottimizzazione e approvvigionamento interaziendale, facendo leva sui sistemi aziendali, finanziari,
logistici e di gestione delle risorse umane, stimolando la cooperazione tra i diversi sistemi
informativi.
Costumer Relationship Management (CRM): soluzioni per gestire un intero ciclo di vita del
rapporto con la clientela, comprese analisi e pianificazione marketing, di identificazione,
l'informazione e l'acquisizione dei clienti, la gestione degli ordini e il servizio di assistenza. In
economia aziendale il concetto di gestione delle relazioni con i clienti allegato al contratto di
gestione della base clienti e fidelizzazione dei clienti.
Controllo qualità (CAQ): comprende anche il controllo della qualità dello stadio di progettazione
e della merce in arrivo, nonché la manutenzione e l'assistenza, presso il cliente, degli strumenti o
dei macchinari forniti.
Contabilità: programmi orientati alla contabilità oppure al controllo di gestione.
Settore marketing e vendite: sistemi che forniscono supporto operativo nel caso in cui, A fronte
della richiesta del cliente, l'azienda voglia elaborare un'offerta specifica. Oggi sono disponibili
strumenti in grado di assistere il funzionario commerciale nella trattativa con il cliente, come il
Computer Aided Selling (CAS).
Negli ultimi anni, tutte queste innovazioni tecnologiche hanno portato a valutare un piano
tecnologico, basato sull'utilizzo dei software, che tenga conto della aumento dei costi di sviluppo,
dei costi di manutenzione e della continua evoluzione tecnologica e degli standard.
Sono state introdotte tecnologie informatiche come Java, interfacce, architetture, tecnologie di
comunicazione come internet 5G, intelligenza artificiale e il machine learning.
Per quanto riguarda il piano aziendale, lo scenario è in continua evoluzione grazie alla reazione
agli stimoli e ai cambiamenti del mercato, delle tecnologie stesse e della concorrenza. C'è la
necessità di trattenere i clienti, ampliare gli orizzonti di intervento, rinnovare costantemente
l'offerta, selezionare al meglio partner e fornitori e organizzare le strategie di comunicazione. C'è
stato un vero e proprio cambio di paradigma, col passaggio dai sistemi informativi verticali agli
ERP e il cambio di modello aziendale (operativo, organizzativo manageriale e culturale).
Si percepisce un aumento dell'efficienza ma anche un amento dei livelli di dipendenza
intersettoriale, oltre che una ridotta possibilità di mediazione umana, con riduzione degli errori e
asimmetrie comunicazionali.
Il cambiamento: i sistemi informativi integrati inducono una serie di cambiamenti, tra cui le
modalità operative, i processi di business, i modelli organizzativi e la cultura aziendale. Da una
rilevazione e modellazione dell'esistente, si passa alla modellazione dell'assetto futuro, in cui si
cerca di sostituire le strutture aziendali e i modelli operativi con delle soluzioni ottimali per il
futuro. Si ricercano aree comportamenti critici e si valuta la distanza dall'esistente, attraverso
anche l'analisi di quali sono i settori aziendali realmente coinvolti nel cambiamento.
Tutto ciò, se sia facile o difficile, dipende dalla distanza tra le pratiche, l'organizzazione e i modelli
SAP, dalle capacità di cambiamento propri dell'azienda (quali mentalità, spirito di collaborazione,
skilling, dai metodi e strumenti disponibili, dal mercato e dalla tecnologia).
La gestione del cambiamento deve avvenire nella testa delle risorse umane, agevolata dalla
formazione, e nei modelli aziendali, agevolata da strumenti e metodi evoluti per la gestione di
dati, info, conoscenza, lavoro cooperativo, attività guidate da obiettivi e Smart working.
Gestione della conoscenza per l'innovazione aziendale
Quando raggiunge una massa critica di persone adatto quoziente intellettivo che lavorano
insieme, il livello di energia aumenta enormemente. Knowledge Management è un termine alla
moda per esprimere un concetto semplice. Bill Gates
Gli individui creano la conoscenza, ovvero uno strumento aziendale che permette di agire con
efficacia (vantaggi di costo) ed efficienza (vantaggi di differenziazione) in ambito tecnologico, di
prodotto, strategico e organizzativo.
Le organizzazioni articolano ed amplificano la conoscenza che, di conseguenza, consentono un
vantaggio competitivo per l'azienda in virtù del suo essere fonte di innovazione (Learning
Organization).
La conoscenza per l'innovazione (tecnologica, di prodotto, strategica, organizzativa) è il vantaggio
competitivo che essa comporta orientano il management da Business Oriented a Knowledge-
creation Engine (creazione di conoscenza come fonte di vantaggio competitivo). Al centro del
vantaggio competitivo ci sono le competenze distintive, ovvero quello che l'organizzazione sa fare
in modo unico e innovativo (catena del valore di Porter) perché lo stock di competenza
rappresenta un patrimonio collettivo risultante da un processo virtuoso di apprendimento
organizzativo. La teoria dell'organizzazione da tempo è stata dominata da un'organizzazione vista
come un sistema che processa informazioni e risolve problemi, in quanto l'ambiente dinamico
dell'organizzazione richiede queste caratteristiche e richiede la creazione continua di informazioni
e conoscenza stessa.
Ad esempio, per comprendere il significato dell'innovazione all'interno di un'azienda, è
opportuno capire il processo in cui l'organizzazione crea e definisce i problemi e poi sviluppa
attivamente nuova conoscenza per risolverli. La Learning Organization è un'organizzazione che
promuove la crescita e lo sviluppo dei propri dipendenti, partner e clienti e supporta e sfrutta la
formazione per acquisire una visione organizzativa che le consenti di conoscere se stessa e
adottare il cambiamento se necessario, presenta 5 caratteristiche di base:
Cultura dell'apprendimento collaborativo (pensiero sistemico): ogni persona gioca un ruolo
determinante;
Mentalità di apprendimento continuo (padronanza personale): il miglioramento costante delle
competenze e delle conoscenze pratiche, nonché la loro applicazione in contesti di vita reale;
Apertura all'innovazione (modelli mentali): all'interno dell'azienda, Gli utenti devono analizzare
e valutare i modelli mentali (ipotesi profondamente radicate, generalizzazioni o immagini di
scenari che influenzano il modo di agire) attraverso l'autoriflessione, per superare le divergenze di
opinione che ostacolano il progresso;
Leadership orientata al futuro (visione condivisa): sfidare i presupposti, incoraggiare la
autoriflessione e dare l'esempio a tutti i membri, diventando spinta aggregante e propulsiva per
la realizzazione di quanto emerso dalla riflessione creativa;
Condivisione di conoscenze (team learning): la capacità di un team di pensare come un unico
insieme e nasce dal dialogo continuo e dalla sana gestione dei conflitti, che in questo caso
diventano occasione di conoscenza reciproca, generando un intelligenza collettiva che supera la
somma di quella dei singoli. I membri di ogni team devono essere consapevoli degli obiettivi
formativi dell'azienda e dei risultati desiderati, collaborando per raggiungerli.
L'Apprendimento Individuale: il Modello di Kolb
L'educatore statunitense David Kolb ha definito gli step che rendono l'apprendimento
individuale, all'interno del contesto organizzativo, di tipo esperienziale, con possibilità di
renderlo efficace ed efficiente. Egli afferma che l'apprendimento è circolare (Learning Cycle) e si
articola in quattro fasi sequenziali:
Esperienza concreta: i partecipanti sperimentano capacità, abilità e conoscenze attraverso
attività e simulazioni;
Osservazione riflessiva: osservare, riflettere e interpretare le sensazioni e i comportamenti
emersi durante l'esperienza, attraverso la discussione e il brainstorming;
Concettualizzazione astratta: schematizzare concetti e abilità estendendoli ha situazioni esterne
lavorative e personali;
Validazione: attraverso la sperimentazione attiva, si verificano le conoscenze e le competenze
acquisite in situazioni nuove, anche grazie all'utilizzo di simulazioni, questionari e laboratori.
Quest'ultima fase si traduce in una nuova esperienza concreta, poiché le abilità acquisite
producono nuovi modi di fare e di pensare, da sperimentare nella quotidianità, così che il ciclo
possa ricominciare.
L'Apprendimento Organizzativo: il Modello di Argyris e SchönDonald Alan Schön è stato un
filosofo e professore di pianificazione urbana presso il Massachusetts Institute of technology,
mentre Chris Argyris è stato un teorico economico americano e professore emerito alla Harvard
Business School. Questi due autori ci dicono che l'apprendimento organizzativo si verifica quando
la soluzione al problema trovata dai componenti di un gruppo strutturato viene messa a
disposizione dell'organizzazione e diventa patrimonio comune. Gli individui operano sulla base di
una propria mappa mentale, di un moderno interpretativo di riferimento (frutto di esperienza e
di apprendimenti precedenti), dal quale vengono dedotte le regole di azione in una determinata
situazione o in un determinato contesto. Se i risultati ottenuti non sono in linea con i desideri e le
aspettative, possono generarsi due tipologie di apprendimento:
Single loop learning: è la prima reazione al dinamismo ambientale nell'ambito del paradigma
esistente (il sistema culturale non cambia), in cui vengono modificate le regole dell'azione, alla
ricerca di quelle più efficaci, ma sempre all'interno dello stesso modello di riferimento.
Avviene un confronto con gli standard attesi e una spiegazione dei Gap sulla base del paradigma
esistente (soluzioni tecniche). Ad esempio, il termostato è impostato per aggiungere una data
temperatura, poi verifica la temperatura della stanza e decide di accendere o di spegnere il
riscaldamento.
Double loop learning: vengono messe in discussione non soltanto le regole per l'azione, ma
anche gli assunti che stanno alla base del modello di riferimento, portando al cambiamento anche
radicale dell'organizzazione, delle strutture, della cultura e del sistema di valori. Più è forte il
modello di riferimento, più è difficile innescare un Double loop Learning, anche perché c'è un
doppio processo di correzione da mettere in atto; l'apprendimento riguarda sia le attività, sia il
sistema culturale e, il bilanciamento di potere all'interno dell'organizzazione cambierà. Ad
esempio, il termostato invece di agire passivamente, chiede: sei proprio sicuro di volere 22° in
casa? Sai quanto peserà in bolletta questa temperatura? Questa temperatura è la migliore per la
tua salute?
Deutero learning (triple loop learning): un terzo tipo di apprendimento che si pone ad un livello
superiore rispetto ai primi due e prevede che il sistema analizzi e problematizzi il modo in cui
agisce in modo in cui apprende. Ad esempio, il termostato invece di reagire passivamente, chiede:
hai controllato che il termometro al mio interno sia perfettamente? Ieri hai alzato la temperatura,
oggi vuoi metterti una maglia in più per vedere come stai? Ieri hai alzato la temperatura, sei in
grado di dire se sei stato meglio?
La maggior parte delle organizzazioni riesce solo a mettere in moto un singolo gruppo in modo
adeguato, per via di resistenze culturali, spirito di corpo è in vincoli normativi che sono
predominanti anche per i processi di apprendimento più semplici.
L'Apprendimento Organizzativo: il Modello di Nonaka e Takeuchi
Ikujiro Nonaka è un teorico organizzativo giapponese e professore emerito presso la Graduate
School of International Corporate Strategy, mentre Hirotaka Takeuchi è professore di pratica
manageriale presso la Strategy Unit della Harvard Business School.
Il modello proposto da questi due autori affronta i legami tra conoscenza tacita ed esplicita e
illustra come la conoscenza viene espansa e migliorata attraverso il processo di conversione della
conoscenza tacita in conoscenza esplicita e viceversa. Il modello, noto come modello Seci, si
divide in quattro parti:
Socializzazione: la conoscenza tacita è detenuta da persone fisiche ed è costantemente arricchita
dalle loro esperienze e la socializzazione riguarda la condivisione della conoscenza tacita
attraverso la comunicazione e l'esperienza condivisa.
Esternalizzazione: la conoscenza tacita è convertita in conoscenza esplicita documentando la
conoscenza tacita in una forma fisica, leggibile. Questa conoscenza esplicita e talvolta teorica
forma la base per la creazione di nuova conoscenza.
Combinazione: quando la conoscenza è esplicita, può essere combinata in qualcosa che sia
auspicabilmente più ampio della semplice somma delle sue parti.
Internalizzazione: si verifica quando l'individuo comprende la conoscenza esplicita e diventa
parte integrante del suo normale comportamento. Questo aumenta la capacità dell'individuo di
sviluppare nuove conoscenze tacite, cosa che riporta poi al principio della socializzazione. La
spirale nel modello indica che ogni volta che la conoscenza va in circolo, questo ciclo è ampliato è
migliorato. Il gruppo interagisce con altri gruppi e l'intelligenza diventa patrimonio di tutti.
Knowledge Management
Si tratta di un'attività manageriale che fa sì che tutto quello che entra in azienda ne diventi
patrimonio intellettuale per generare conoscenza, mantenendo la condivisione delle conoscenze
in tutte le parti dell'organizzazione partendo dal presupposto che gli individui creano conoscenza,
mentre le organizzazioni la articolano e la amplificano.
Nel sistema del Knowledge Management si fermano alcune figure, tra cui i Knowledge Workers
(che hanno conoscenze teoriche e tecnologiche certificate e significative esperienze lavorative
applicative, ovvero leader e responsabili gerarchici), i Professionals (operatori con elevata
competenza, capacità di problem solving, autonomia, scarsa dipendenza da organizzazione) e la
Burocrazia Professionale
(Professionisti che operano in modo indipendente dai colleghi, classificano esigenze del cliente e
riconducono il problema ad uno standard, utilizzando programmi prestabiliti).
Si opera in due sensi:
Conoscenza esplicita: conoscenza formale e sistematica, codificata, messa in forma scritta è
trasmessa agli altri per mezzo di documenti o istruzioni in generale attraverso dei sistemi
informativi affidabili e veloci per accedere alle conoscenze codificate e riutilizzabili. Limetta lismi
di gestione della conoscenza esplicita sono il data warehousing, il datamining, il knowledge
mapping e le librerie elettroniche.
Conoscenza implicita: conoscenza che si basa sull'esperienza personale, sulle regole
approssimative, sulle intuizioni e sui giudizi soggettivi, anche comprendendo il know-how
professionale e le competenze pratiche, le conoscenze e l'esperienza individuale insieme alle
soluzioni creative che spesso sono difficili da comunicare agli altri. È un problema per i robot che
non possono avere conoscenza implicita in quanto non dotati di empatia e di capacità di problem
solving, al contrario dell'intelligenza umana che risulta varia, emotiva e multipla, con la possibilità
di creare e riconoscere i problemi. In più, è difficile impiantare nei robot i concetti di etica, morale
e giustizia, per cui grazie l'esperienza individuale si comunica la conoscenza implicita da persona a
persona con il rapporto umano.
Effetti sull'Organizzazione
Il primo effetto è la decentralizzazione del potere decisionale, poi il peso e l'aumento delle
competenze professionali, la ridefinizione dei confini dell'organizzazione e la centralità dei sistemi
informativi.
Lo smart working e, in particolare, comporta una riduzione dei costi di gestione di acqua, luce gas,
pulizia immensa. In più, la localizzazione e decentrata, i sistemi telematici ed informatici vengono
potenziati, le reti di comunicazione anche e la flessibilità di erogazione della prestazione
lavorativa e dell'impiego delle persone aumenta. Tra le insidie e gli svantaggi dello Smart Working
soprattutto per la pubblica amministrazione, ci sono la mancanza di controllo, gli ambienti
lavorativi inadatti, la necessità di dematerializzazione della documentazione, la mancanza di
regole per evitarne l'abuso e la scarsa capacità di misurare la performance dei lavoratori.
Difficilmente vengono tenute ti conto le esigenze psicologiche degli individui e il sistema
formativo scolastico perde di importanza. Con uno sguardo al futuro, una piccola citazione alla
virtual reality, ovvero la realtà virtuale, essa porta ricreare un ambiente sociale e ripristinare il
lavoro di gruppo.
La Direzione Risorse Umane
La gestione delle risorse umane ha avuto un grande sviluppo a partire dagli anni 50 dove, grazie
ad un mercato stabile e ad una concorrenza controllata, coloro che si occupavano del recruiting
erano anche i contabili e delle persone affidabili. Dagli anni 60 in poi, con l'ampliamento dei
mercati e l'avvento dei sindacati si è dovuta identificare l'area delle risorse umane per il controllo
e la gestione del personale nel rispetto delle normative.
A partire dal 2000 alla DRU (Direzione Risorse Umane) si è dato anche il compito della
formazione, dimensionamento, organizzazione del personale e della comunicazione, comprese le
consulenze esterne, in un contesto in cui l'azienda diventa corta e si dà molta attenzione alle
funzioni che producono valore. Ulteriori fattori importanti sono il decentramento produttivo,
l'outsourcing e l'uso della tecnologia.
La DRU, attualmente, si occupa anche di politica retributiva, del sistema incentivante e dei piani di
carriera. Non solo, si occupa anche della gestione del cambiamento, della comunicazione, nella
consulenza esterna, dello sviluppo di specialismi e della formazione continua (importanti sono la
valutazione delle prestazioni e la valutazione del potenziale).
La DRU è un partner strategico, ovvero partecipa è influenza la formulazione della strategia. Ma è
anche un fornitore di servizi di base, un consulente del cambiamento (poiché aiuta i manager di
linea a gestire i cambiamenti organizzativi e culturali), uno sviluppatore di capacità e competenze
critiche per l'azienda è un valorizzatore del capitale umano (ricerca fit tra base di conoscenza
individuale, motivazione personale e basi di conoscenza aziendale, con la vision come obiettivo).
Affinché questo accada, l'ambiente interno all'azienda deve essere motivante, offrire buone
condizioni di lavoro, cultura lavorativa efficiente, attenzione alle competenze sia tecniche (cioè il
sapere specifico della professione) che trasversali (attitudini e motivazioni personali che
influenzano i comportamenti in azienda).
Professionalità: intesa come sistema di capacità, disponibili o acquisibili dal mercato del lavoro,
atte a svolgere un determinato sistema di attività, in vista della realizzazione delle funzioni nelle
quali si articola la struttura organizzativa, secondo congruenti meccanismi operativi,
coerentemente con le strategie aziendali. Importante, inoltre, ricordare che: se credi che un
professionista ti costi molto e perché non hai idea di quanto ti costerà mettere la tua azienda
nelle mani di un dilettante.
Un professionista, per essere definito tale, deve garantire un'efficacia individuale che sia un mix
di fattori esterni (individuali e situazionali) ed interni (attivazione, condizioni lavorative, cultura
aziendale, prima, stile di leadership, competenze e comportamenti).
Ad oggi, 6 top skills che un professionista deve necessariamente avere per essere riconosciuto
come tale sono: il complex problem solving (capacità di risoluzione di problemi complessi), il
critical thinking (pensiero critico), la kreativity, il People Management, il coordinating with others
(capacità di saper coordinare il proprio lavoro con quello degli altri) e l'emotional intelligence
(intelligenza emotiva).
Sistema di valutazione: oggi il sistema di valutazione riguarda principalmente tre aspetti: la
valutazione delle prestazioni, la valutazione del potenziale, la valutazione delle posizioni.
La valutazione delle prestazioni, ovvero, l'analisi delle capacità professionali del soggetto
valutato rispetto alla job requirement (requisiti di lavoro richiesti) della posizione occupata. La
valutazione delle prestazioni supporta gli interventi gestionali, andando a considerare tre
interventi, ovvero la politica retributiva e di incentivazione, lo sviluppo di carriera e lo sviluppo di
mobilità e contribuendo a selezionare le persone sulle quali intervenire per analizzarne il
potenziale.
La valutazione del potenziale, è un'analisi delle capacità professionali del soggetto valutato
rispetto al job requirement (requisiti di lavoro richiesti) della posizione di maggiore
responsabilità, andando a focalizzarsi maggiormente su uno dei tre interventi gestionali, ovvero lo
sviluppo di mobilità.
Infine, la valutazione delle posizioni, che ci dice quanto la singola posizione contribuisce al
raggiungimento dei risultati aziendali, determinandone il contenuto il valore. Intervenendo,
quindi, sul piano dello sviluppo delle carriere.
Il processo di sviluppo della formazione: un efficiente direzione delle risorse umane, che attua
una valida politica formativa, accompagna la risorsa dallo stadio del sapere (l'individuo acquisisce
le competenze), a quello del saper fare (capacità di mettere in pratica le conoscenze acquisite),
arrivando poi allo stadio del saper essere (la modifica del proprio comportamento, in un'ottica di
massimizzazione della performance prestazionale). Una gestione del cambiamento deve avvenire
nella testa delle risorse umane, agevolata principalmente dalla formazione, ma anche nei modelli
aziendali, agevolata da strumenti e metodi evoluti per la gestione di dati, informazioni,
conoscenza, lavoro cooperativo e attività guidate da obiettive.
Il Direttore delle Risorse Umane ha la responsabilità di supportare il management nella
definizione dei modelli organizzativi aziendali, garantendo le attività di gestione e sviluppo delle
risorse umane e gestendo le relazioni industriali e lo sviluppo del sistema di Qualità Aziendale.
Obiettivi strategici: i principali focus riguardano il ridurre i costi diretti del turnover (costi di
ricerca di rimpiazzi qualificati all'interno e all'esterno), i costi indiretti (associati alla riduzione di
produttività nel periodo di scopertura della posizione, la produttività ridotta durante
l'inserimento del nuovo titolare e la possibilità che il nuovo titolare non sia all'altezza o non abbia
pari requisiti rispetto al dimissionario uscente) e i costi del non turnover (rappresentati dalla
mancata uscita di lavoratori insoddisfatti oppure di negativa performance lavorativa). In più, la
riduzione dei costi di gestione del personale, derivanti da contenziosi legali, conflittualità,
assenteismo, infortunistica, incentivazione all'esodo e straordinari (è bene che li gestisca l'ufficio
legale). È importante offrire all'azienda delle risorse motivate, competenti e produttive ai ruoli
assegnati, che garantiscano flessibilità di impiego e potenzialità rispetto ai piani di business, ai
cambiamenti tecnologico organizzativi, ai fabbisogni di copertura delle posizioni di maggiore
responsabilità e ai programmi di polivalenza delle mansioni. È importante semplificare la struttura
organizzativa, ridurre sovrapposizioni e duplicazioni e adeguare Il dimensionamento degli organi
giri, con processi snelli, semplici ed efficaci. Infine, è importante ridurre i propri stessi costi, a
parità di benefici ed i servizi erogati.
La programmazione delle carriere
La carriera è uno strumento per la gestione delle risorse umane più pregiate (talenti), oggi
riconosciute come fattore critico di successo per le organizzazioni; infatti, la soluzione di uno dei
più critici problemi di business è proprio l'identificazione e la crescita delle risorse per il
mantenimento e lo sviluppo dell'organizzazione.
Le risorse umane vanno prima pianificate, poi reclutate attraverso canali (Head hunting,
quotidiani, banche dati, internet, personal network), selezionate e infine inserite.
Nel reclutamento dei talenti hanno importanza ai benefit (ad esempio assicurazione e asili nido
interni) è uno sguardo alle loro prospettive per il futuro non limitandosi al curriculum, che ci dice
chi una persona è ma non cosa vuole diventare, oppure non cercando di risparmiare ad ogni
costo senza essere lungimiranti sull'importanza del talento. Differentemente dal passato, in cui la
valutazione della risorsa si effettuava solo sulla base del raggiungimento degli obiettivi attesi, oggi
la visione è più ampia e si tende a dare importanza ad un sistema più globale, retributivo e
formativo, tenendo in considerazione anche il potenziale che la risorsa può esprimere sulla base
delle sue caratteristiche adatte ruolo da ricoprire, affiancando una adeguata formazione. Gli
errori del passato, nella fase di reclutamento e selezione old-style, riguardavano il fatto che esso
veniva eseguito come rimpiazzo del turnover, per progetti espansionistici, per una
ristrutturazione dell'organizzazione e per la ricerca dei talenti. Avveniva la consegna dei curricula,
in una fase di preselezione in cui il candidato mostrava esperienze e referenze; successivamente,
veniva somministrato un testo oggettivo per la misura delle conoscenze opponibile a terzi e
un'intervista.Quest'ultima poteva essere di gruppo, con osservazione diretta delle variabili
comportamentali oppure come colloquio individuale, meno standardizzato e centrato sul rilevare
le motivazioni. Questo concorreva a strutturare la cosiddetta tripla valutazione old fashion, in cui
posizione, prestazione e potenziale descrivevano l'oggi, lo ieri e il domani del candidato.
Valutazione delle posizioni: oggi, valutazione dei ruoli, delle responsabilità e del contributo
atteso. Si ha un sistema retributivo e formativo;
Valutazione della prestazione: ieri, valutazione di risultati rispetto a quelli attesi, una valutazione
dei risultati conseguiti e il sistema è incentivante e formativo;
Valutazione del potenziale: domani, valutazione delle caratteristiche professionali vs ruoli
aziendali, valutazione dei risultati conseguibili, il sistema è incentivante e formativo.
Nelle organizzazioni che resteranno old, la formazione continuerà a basarsi su un circolo che vede
la presenza di analisi dei bisogni, progettazione (obiettivi, strutture e persone), realizzazione e
valutazione dei risultati.
Il sistema incentivante 1.0 prevedeva che l'individuo avesse un rapporto con l'azienda basato sul
offrire tempo e competenze in cambio di denaro, per cui uno scambio tra una prestazione ed un
sistema premiante sulla base del risultato retributivo e di carriera.
Il sistema retributivo prevede retribuzione ed aumenti collegati con gli obiettivi, una retribuzione
di posizione e benefit addizionali.
Il sistema di carriera, invece, prevede carriere verticali e orizzontali, status e titoli connessi con la
carriera. Oggi, inoltre, il ruolo delle tecnologie ha assunto un peso notevole, poiché la percentuale
di ore lavorare dalle macchine, rispetto alle persone, è notevolmente aumentata.
Motivazione estrinseca e intrinseca: la prima viene da fuori ed è rappresentata, ad esempio, da
incentivi e benefits, dalla paura delle punizioni e dai premi in denaro. La seconda viene da dentro
ed è legata ad orgoglio, interesse, passione, curiosità. Se si riuscisse a trasformare il lavoro in
qualcosa che non rappresenta un obbligo ma che viene fatto perché si è spinti da una
motivazione interna forte, sarebbe una passione e si otterrebbero certamente migliori risultati. A
questo proposito bisogna citare l'effetto Tom Sawyer, che dice che "il lavoro consiste in qualcosa
che sei obbligato a fare, mentre giocare consiste in qualcosa che non sei obbligato a fare".
The Candle Problem: è un problema proposto nel 1954 da Karl Duncker, psicologo della gestalt
interessato ai meccanismi cognitivi del problem solving; egli presentava la situazione, dicendo di
fissare la candela al muro in modo che quando fosse accesa la cera non cadesse sul tavolo
sottostante, avendo a disposizione coperchio di cartone, candela e puntine. Dunker notò che se si
incentiva con denaro Il problem solving di questo quesito, si hanno risultati peggiori che senza
incentivo; la risposta logica è che il quesito sollecita la motivazione intrinseca, mentre se si
propone il pagamento si attiverà quella estrinseca, mostrando che la prima è solitamente più
fruttuosa della seconda. Questo quesito si collega al concetto di bastone e carota, un sistema che
non funziona perché distrugge la motivazione intrinseca, alimenta una visione di breve periodo,
alimenta comportamenti non etici, riduce la performance e la creatività e crea assuefazione. The
ricompense sono utili solo quando il compito è routinario, non si possono aumentare le sfide e sia
assoluto la motivazione estrinseca; è utile anche in questo caso sottolineare che il compito,
seppur noioso, è necessario e che la persona è utile, cercando di non limitare troppo la creatività
o imbrogliando troppo la sua mansione, lasciandola libera di portare a termine il proprio compito
a modo suo (ad esempio libertà di orario, ascoltando musica).sarebbe bene evitare il sistema
premio punizione quando il compito è routinario ma si possono aumentare le sfide, costruendo
un sistema di paghe è quel che consentono alle persone di sviluppare autonomia, competenza e
condivisione di finalità. Lo scrittore Daniel H. Pink ricorda che la motivazione autonoma
(intrinseca) implica l'agire con piena volontà e capacità di scelta, mentre la motivazione
controllata (estrinseca) implica l'agire sotto pressione e richieste per raggiungere determinati
risultati che provengono da forze percepite come esterne al sé.
Il Flow: Modello del Flusso
Lo psicologo un inglese Mihaly Csikszentmihalyi (Cisemiali) nel 1975 ha concettualizzato il
termine flow per definire uno stato mentale, descritto da molte persone da lui intervistate, come
una corrente d'acqua che le trascinava e proponendo un modello di analisi che andasse a studiare
la felicità e la creatività umane, definendo il flusso come uno stato psicologico soggettivo di
massima positività e gratificazione, che può essere vissuto durante lo svolgimento di attività e
corrisponde alla completa immersione nel compito. In ogni momento, ciascun individuo riceve
una grande quantità di informazioni provenienti dal mondo circostante, ma gli psicologi hanno
scoperto che la mente ne può gestire solo un certo numero alla volta. Generalmente ogni
individuo è in grado di decidere su cosa vuole concentrare la propria attenzione, ma quando si è
in stato di flusso si è completamente assorbiti nell'azione e, senza prendere coscientemente una
decisione, si perde la consapevolezza di tutte le altre cose, ovvero tempo, persone, distrazioni e
persino esigenze fisiologiche. Ciò si verifica perché tutta l'attenzione è occupata da quella
particolare azione e non ne resta per le altre attività, pur necessarie. Per testare il flusso
nell'esperienza cosciente, Csikszentmihalyi (Cisemiali) ha utilizzato il metodo del campionamento
dell'esperienza: per tutta la durata dello studio i partecipanti dovevano indossare un
cercapersone e contattati a intervalli di tempo casuali, dovevano fornire un resoconto dei propri
pensieri su un questionario. Questi studi hanno dimostrato che le persone si sentivano più
attivate positivamente quando svolgevano compiti impegnativi, per i quali ritenevano di
possedere le abilità necessarie. Le condizioni identificate nel flusso coincidono con un esperienza
ottimale e le condizioni di massima motivazione e prestazione riscontrate a proposito del goal
setting. Se le persone si percepiscono efficaci, i compiti con obiettivi impegnativi non
rappresentano un peso, ma sfide gratificanti,, quando le sfide e le capacità sono
contemporaneamente sopra la media, l'esperienza ottimale emerge. La maggior parte delle
persone, tuttavia, nella maggior parte del tempo si trovano nella posizione di apatia e noia, a
meno che non ci sia qualcosa che le accende e veicola la loro attenzione.
Il potere del tempo libero nella creatività: l'austriaco Stefan Sagmeister è uno dei più importanti
in graphic designer contemporanei, lavora a New York ed è noto soprattutto per i suoi manifesti,
per le sue copertine di dischi (Rolling Stones, Aerosmith, Talking Heads) e per le sue prese di
posizioni provocatorie. Ogni 7 anni, Stefan Sagmeister chiude il suo studio di New York per un
anno e offre una nuova possibilità alla sua visione creativa. Sagmeister dice: "Se guardo il mio
ciclo di 7 anni, un anno sabbatico corrisponde al 12,5% del mio tempo. E se guardo società di fatto
più grandi e famose della mia, ad esempio 3M, dagli anni 30 dà ai propri ingegneri il 15% del
tempo perché si dedichino a quello che vogliono. E non mancano i risultati. Il nastro adesivo è nato
da questo programma, e anche Art Fry ha sviluppato i post-it durante il tempo personale messogli
a disposizione da 3M. Google, notoriamente, concede il 20% ai propri sviluppatori di software
perché si dedichino ai loro progetti personali".
Reclutamento 4.0
Assumi solo per estrema necessità: non assumere talenti se non servono perché creano costi e
sovrastrutture;
Diffida dei CV: non essere innamorato degli anni di esperienza e dei titoli;
Prove pratiche su progetti pilota anche fittizi: servono per valutare quello che la persona fa nel
concreto;
Assumi personale che lavorano: no coordinatori, bene anche i manager di se stessi;
Assumi grandi scrittori;
No problema di localizzazione: se hai fusi orari diversi, prevedi overlap time 2/4 ore e incontri
persone 3/4 volte l'anno.
Organizzare il lavoro
Quando si parla di struttura organizzativa si può fare riferimento a diversi livelli
dell'organizzazione dell'impresa. Il sistema primario di lavoro è un insieme di operazioni
interdipendenti, sia in senso orizzontale che verticale, che portano a un risultato identificabile in
termini di prodotto o di servizio e che, contenendo tanto le attività operative quanto quelle di
supporto, è in grado di autoregolarsi. A questo proposito, si parla di macrostruttura quando si fa
riferimento all'aspetto dell'azienda nell'insieme, per cui strutture di base compongono un
soggetto organizzativo e realizzano i processi operativi, mentre si parla di microstruttura quando
si vuole fare riferimento all'organizzazione delle distinte posizioni di lavoro, ovvero le
organizzazioni operative che hanno il compito di fare le cose. I criteri per la determinazione delle
microstrutture si distinguono su base numerica, temporale, per prodotto e tecnologia, funzionale
o per area geografica punto i modelli organizzativi delle strutture aziendali sono descrivibili come
tipi ideali e sono costruiti sulla base di criteri riferiti a due ambiti:
Suddivisione e specializzazione: per funzione, risultato, prodotto, servizio e territorio;
E modalità di integrazione e coordinamento: gerarchico, per procedure, per progetti e per
obiettivi.
Da un punto di vista di sociologia del lavoro, l'approccio sistemico privilegia gli aspetti strutturali
delle organizzazioni aziendali a partire dagli aspetti sistemici (regole, procedure e norme), mentre
l'approccio fenomenologico pone l'attenzione al soggetto e al suo agire concreto, legato alle
azioni degli individui che fanno funzionare l'organizzazione.
Se l'organizzazione interna non è definita, non posso aspettarmi che le persone seguono un
copione prestabilito. Ciascuno reciterà a soggetto, secondo la propria sensibilità,
indipendentemente dall'efficacia e nell'efficienza dei comportamenti, rispetto al raggiungimento
degli obiettivi.
Compiti e mansioni
Un compito è una singola operazione o un insieme di operazioni umane elementari,
necessariamente collegate per ragioni di natura tecnica e psicologica, organizzate nel tempo e
progettate in modo da contribuire a uno specifico risultato o obiettivo.
La mansione, invece, è un insieme ordinato di compiti inseriti in un contesto tecnico avente
dimensioni di varietà, autonomia, contribuzione e feedback (risultato atteso).
Grazie alla qualificazione della mansione il lavoratore riesce a vedere il proprio risultato
produttivo, ricevendo un feedback e acquisendo consapevolezza di obiettivi e risorse disponibili.
È importante aumentare la motivazione variando i compiti e aumentando il grado di autonomia
del soggetto, responsabilizzandolo, e dando valore al suo lavoro.
Il ruolo è l'insieme di conoscenze professionali, schemi concettuali e attività operative che
caratterizzano la funzione svolta. In senso più pratico, ci si riferisce al ruolo per intendere il
comportamento atteso da una persona che occupa una determinata posizione all'interno
dell'organico di un'azienda.
Il ruolo è un insieme di mansioni e ha una precisa posizione all'interno dell'organigramma
aziendale, mentre la mansione è indipendente dalla collocazione della persona in organico.
Per esempio, la funzione è acquisti, il ruolo è responsabile acquisti mentre le mansioni
comprendono: svolge funzione dirigenziale, organizzativa e strategica, redige in budget della
propria area, analizza spostamenti di budget, coordina le risorse umane della sua area e
determina piani di investimento e vendita predisponendo politiche efficienti di gestione dei
fornitori. Rispetto alla visione dimensione tipica del periodo del taylorismo, in cui essa era
considerata semplicemente l'insieme di attività da svolgere assegnata alla persona che ricopriva
lo specifico ruolo, oggi si considera un arricchimento delle mansioni, ovvero un aumento della
qualificazione professionale, un maggior controllo sulla situazione di lavoro, sulla gestione delle
varianze e conseguente responsabilizzazione, un feedback diretto degli operatori sulla qualità del
risultato è una riduzione proporzionale degli operatori indiretti, rispetto a quelli diretti, con effetti
positivi sulla produttività per le maggiori possibilità di razionalizzazione e controllo. Ogni
lavoratore vede risultato produttivo, riceve un feedback sulla qualità del risultato, riconosce degli
aspetti sfidanti della mansione e ha la consapevolezza degli obiettivi e delle risorse disponibili. Se
con Taylor avevamo la mansione, con la Scuola delle Relazioni Umane di Elton Mayo abbiamo il
ruolo organizzativo, ovvero un ciclo di prestazioni nella sua globalità e continuità, finalizzato ad
un risultato significativo e inserito in un contesto di relazioni con altri ruoli organizzativi.
Analisi dei ruoli professionali: l'italiano Gianfranco Goeta è co-founder e amministratore di
ASTRO, dove opera come executive coach e project leader. Ha lavorato come editor nella casa
editrice Il Saggiatore, come funzionario della Direzione Risorse Umane in Olivetti, come docente
di comportamento organizzativo presso l'Università e la SDA Bocconi, e come partner in società di
consulenza italiane e multinazionali. Goeta nel 1992 ha proposto una differenziazione dei ruoli
professionali basandosi su tre dimensioni: gestionale (risultati e capacità), tecnica (conoscenze e
capacità) e relazionale (atteggiamenti e capacità).
Persone e Organizzazione del Lavoro: Oggetto e Soggetto
La progettazione concreta del lavoro passa attraverso due differenti approcci: l'approccio
economico e l'approccio motivazionale.
L'approccio economico prevede che il lavoro venga parcellizzato fino al punto in cui lo permette,
sulla base dell' ampiezza di mercato e delle richieste della tecnologia. Questo approccio si addice
ad un mercato ampio, in cui parcellizzare risulta la scelta più avvincente, oltre a poter saturare La
capacità delle persone
L'approccio motivazionale, invece, prevede che il lavoro venga parcellizzato sulla base della sfera
emotiva, di quella sociale e nella soddisfazione personale. Questo approccio fa un utilizzo
contingente di varietà, autonomia e responsabilità. Oppure, si potrebbe optare per la cosiddetta
terza via, ovvero l'approccio neo-taylorista, caratterizzato da mansioni con pochi compiti (costi di
apprendimento iniziale, costi e tempi di inattività, lavoro improduttivo e costi di comportamento)
è un ambiente esterno complesso, per via della presenza della tecnologia. Fattori come la
tecnologia, aspettative del mercato del lavoro e mercato di sbocco ci diranno il grado di
parcellizzazione che è possibile ottenere da questo terzo approccio. Quattro sono le dimensioni
fondamentali che accomunano le nuove forme organizzative e vengono inserite nel cosiddetto
Modello delle 4C: Cooperazione, Condivisione delle conoscenze, Comunicazione e sviluppo di
Comunità nelle organizzazioni.
Le basi nel Knowledge Management: l'instabilità dell'ambiente economico, la riduzione dei tempi
di risposta, le pressioni all'innovazione richiedono la necessità di "sapere cosa si fa, cosa non si sa
e si dovrebbe sapere", mentre l'internazionalizzazione dei mercati richiede conoscenze che si
estendono e riguardano un livello mondiale. La specializzazione, la divisione e la frammentazione
di competenze e conoscenze permettono di identificare "chi sa cosa", mentre i prodotti e i servizi
ad alta intensità di informazione e conoscenza comportano problemi di gestione della conoscenza
e incorporata proprio nei prodotti e nei servizi. Infine, un ruolo centrale ce l'hanno le ICT, intese
come strumento di gestione della conoscenza. Le strutture organizzative tipiche in un'impresa
possono progressivamente determinare "isole di conoscenza" (Knowledge Islands) come risultato
di tutti gli assetti punto uno degli scopi del Knowledge Management è proprio quello di facilitare
la condivisione di conoscenze tra le diverse parti del organizzazione, tra le Knowledge Islands
appunto.
I volti del lavoro professionale: da questo punto di vista, i Knowledge Workers sono dipendenti
di alto profilo che applicano conoscenze teoriche e analitiche acquisite attraverso percorsi
formativi formali per sviluppare nuovi prodotti e servizi, ma soprattutto che proprio queste figure
professionali avrebbero rappresentato gli asset di maggior valore nelle organizzazioni del 21°
secolo. Hanno conoscenze teoriche e tecnologiche e strutturate e spesso certificate, significative
esperienze e competenze applicative, danno contributo allo sviluppo e all'integrazione di
conoscenze, assunzione di responsabilità professionali verso i clienti sia interni che esterni.
Non corrisponde ad una specifica posizione organizzativa e spesso è inserito in posizioni senza
responsabilità gerarchica tradizionalmente intesa.
Invece, i professionals hanno competenze e abilità proprie con elevata autonomia è scarsa
dipendenza dall'organizzazione. Mostrano lealtà al corpo professionale, codice norme
deontologiche e hanno percorsi formativi certificati. Fare il bene il professional comporta capacità
creative e di problem solving, lavoro di gruppo è in ruolo delle comunità di pratiche. Il
professionista classifica le esigenze del cliente, riconduce il problema uno standard (diagnosi) e
applica o esegue tale programma. Perfeziona in continuazione le sue capacità e svolge una
mansione che contiene al suo interno tutta l'incertezza residua. Non si può gestire per via
gerarchica, non si può gestire con la standardizzazione delle procedure, ma si ricorre a forme di
autocontrollo del comportamento che sono influenzate da: competenze professionali,
deontologia professionale e sistemi di controllo esterni (Albi professionali, comunità
professionali). I professionisti operano in modo relativamente indipendente dai propri colleghi e
sono a stretto contatto con il cliente. Il coordinamento è assicurato dalle reciproche aspettative di
comportamento e sistemi di formazione ad hoc, oltre alla standardizzazione di capacità e
conoscenze. Si svolgono attività complesse, ma prevedibili e si dimostra un'autorità di natura
professionale (competenza).
Nella burocrazia professionale, infine, si verifica che il meccanismo principale di coordinamento
risulta essere la standardizzazione delle capacità è la parte più sviluppata nell'organizzazione è il
nucleo operativo. Inoltre, e i parametri principali che progettazione sono formazione,
specializzazione orizzontale delle mansioni e decentramento verticale orizzontale.
Nuove tecnologie e organizzazione del lavoro in Smart working: le caratteristiche del telelavoro
sono la localizzazione decentrata, i sistemi telematici e informatici, le reti di comunicazione, la
modifica struttura organizzativa tradizionale, la flessibilità di erogazione e impiego delle persone,
i problemi e le incertezze varie. Le alternative sono rappresentate dalla potenzialità di
ricollocazione di spazio e tempo e incorporare con interfacce tecnologiche integrate. Il
networking, Nella fattispecie, parte dal presupposto di non avere sotto la dimensione spazio-
tempo, ma anche la condivisione e la creazione di nuova conoscenza. Le relazioni di condivisione
portano ad un risultato che deriva dalla condivisione e prevedono le tecnologie per condividere e
generare. Avviene un'interazione che permea i processi e fenomeni di coazione. C'è il
ripensamento profondo dei processi e, infine, un'attività complessa.
Le Macrostrutture Organizzative
Una struttura organizzativa è un insieme di elementi su cui si articola il sistema organizzativo,
ovvero gli organi (unità organizzative elementari), le funzioni (attribuite agli organi, sono le
competenze specifiche di ogni membro dell'azienda) e le relazioni (collegano gli organi tra loro).
La struttura organizzativa indica i rapporti di dipendenza formale attraverso i livelli gerarchici e
l'ampiezza del controllo, identifica il raggruppamento di individui in organi e da questi, poi, nella
totalità dell'organizzazione. Infine, comprende i sistemi che assicurano comunicazione e
coordinamento. La struttura organizzativa definisce e rappresenta l'allocazione del potere e
dell'autorità di un'organizzazione e si manifesta attraverso organigrammi, funzionigrammi,
disposizioni organizzative, ordini di servizio, schemi e assetti organizzativi.
L'organigramma rappresenta la struttura formale dell'organizzazione ed è definito come uno
strumento di rappresentazione visiva della struttura organizzativa, dell'intero sistema di attività e
processi fondamentali di una organizzazione e rappresenta il modo in cui le parti sono collegate e
come si collocano nell'insieme. Serve per sapere quali sono le funzioni e da chi sono
rappresentate e sistemate e può mutare nel corso del ciclo di vita di un'azienda. L'organigramma
può rappresentare la struttura aziendale semplice, dove vi è un titolare è uno o più collaboratori,
ovvero una tipica struttura di azienda familiare dovete imprenditore esercita un controllo
economico insieme al potere di direzione e a quello di coordinamento, a centrando la definizione
della strategia di impresa, la gestione quotidiana delle attività, la scelta dei collaboratori e il loro
coordinamento. I collaboratori hanno compiti esecutivi e non hanno responsabilità dirette, scarsi
margini di autonomia con eccezioni riservate all'imprenditore stesso. Sono strutture
caratterizzate da basso grado di formalizzazione e poco sviluppo dimensionale sia orizzontale che
verticale. Tipico di piccole imprese, ambienti semplici, vicine alla clientela e reattive ai
cambiamenti esterni, caratterizzate da processi decisionali rapidi. Gli svantaggi sono legati al
sovraccarico del vertice, alla poca competenza gestionale, alla poca possibilità di soddisfazione di
che vorrebbe affermarsi e all'eccesso impossibile a tecnologie sofisticate. Con la crescita delle
dimensioni aziendali si impone la forma gerarchica, un organigramma più complesso in cui la
crescente divisione del lavoro richiede specializzazione è una maggiore formalizzazione delle
unità organizzative. Oltre all' organigramma (centrato sul "chi", ossia quali organi sono attivi in
una struttura e definisce sia la struttura verticale e orizzontale dell'azienda), un ulteriore
strumento di rappresentazione della struttura aziendale è il mansionario che definisce il cosa
deve fare ciascuna unità operativa, ovvero i compiti.
Un esempio sono le mansioni dell'ufficio paghe, come la liquidazione dei rimborsi spese,
l'indennità, i finanziamenti, i pagamenti, il controllo della posizione retributiva dei dipendenti.
Le norme procedurali, invece, sono centrate sul come i compiti vanno svolti, per cui l'ordine di
svolgimento dei compiti stessi e i collegamenti tra i diversi organi. Esse sono rappresentate da
diagrammi di flusso o flow chart. Le possibili strutture organizzative sono:
Struttura funzionale, struttura divisionale per prodotto, struttura divisionale per area geografica,
struttura per progetti, struttura a matrice e struttura per processi.
Principi di divisione del lavoro
I principi di divisione del lavoro prevedono la definizione delle attività da svolgere e delle
competenze, l'assegnazione specialistica dei compiti e delle mansioni alle posizioni ricoperte da
persone in possesso delle relative professionalità e la creazione, per ogni attività, di unità
operative e organi ai quali affidare precise responsabilità e attribuire poteri decisionali. Gli
obiettivi dell'organizzazione si esprimono in termini di efficacia ed efficienza. L'efficacia è la
capacità di conseguire i risultati nel miglior modo possibile e si esprime attraverso il rapporto tra
risultati conseguiti e risultati appresi, mentre l'efficienza è la capacità di produrre la stessa
quantità di output utilizzando una minore quantità di input, o, una maggiore quantità di output a
parità di input utilizzato, e si esprime attraverso il rapporto tra output ottenuti e input utilizzati
(ricavi e costi).
Le variabili chiave dell'organizzazione sono la struttura organizzativa (definizione e assegnazione
dei compiti e delle responsabilità), i sistemi operativi (che rendono operativa la struttura) e lo
stile di direzione (le modalità con cui i capi esercitano funzioni di guida, orientamento e influenza
sui subordinati).
La struttura organizzativa riguarda i criteri di divisione del lavoro e il coordinamento tra le varie
posizioni organizzative. In particolare, definisce gli organi dell'impresa, delle funzioni assegnate
agli organi e delle relazioni di interdipendenza e collaborazione tra gli organi stessi. La divisione
del lavoro può svilupparsi secondo due coordinate: divisione orizzontale e divisione verticale.
La divisione orizzontale concerne la divisione e successiva aggregazione di una serie di operazioni
elementari all'interno del processo produttivo nell'organizzazione che afferiscono i compiti
compresi nelle mansioni e, ogni organo deve svolgere la propria funzione sulla base dei compiti e
delle aree di intervento stabilite dalla divisione orizzontale. Le mansioni attribuite ad una
posizione sono legata al fatto che ogni posizione viene coperta da una persona che assume un
determinato ruolo, ossia un modello di comportamento conforme alle aspettative dei membri
dell'organizzazione. Acquisto si aggiunge che le posizioni sono raggruppate negli organi è che ogni
organo deve svolgere una funzione. Infine, la divisione orizzontale definisce i compiti e le aree di
intervento delle unità organizzative e operative, raggruppandole per funzioni variamente
specializzate (come l'amministrazione, gestione del personale, produzione e vendita).
La divisione verticale, concerne la distribuzione del potere ai vari organi e le relazioni gerarchiche
tra organi posti su diversi piani di potere. Nell'ambito della suddivisione del potere, in un'ottica
aziendale verticistica, gli organi si dividono in:
Decisionali/volitivi: che hanno il supremo comando delle organizzazioni aziendali, definendo gli
indirizzi generali;
Direttivi: traducono le indicazioni degli organi decisionali in obiettivi specifici e li assegnano agli
organi esecutivi, controllandone la realizzazione;
E esecutivi: svolgono le indicazioni degli organi decisionali, filtrate dagli organi direttivi.
Una seconda distinzione tra organi incentrata sulla distribuzione del potere è quella che propone:
Organi di line: dotati di potere decisionale e autorità gerarchica sugli enti sottoposti;
E organi di staff: dotati di solo potere consultivo.
Gli organi di staff sono di supporto a quelli di line (ad esempio le segreterie, gli uffici) e sono
organi specialistici che si collocano al di fuori della gerarchia, con funzioni di progettazione degli
assetti organizzativi e predisposizione di servizi a vantaggio di altre unità organizzative (impiegati
nel controllo di gestione del personale, consulenza legale e fiscale, mensa, pulizie, servizi di
sorveglianza).
Infine gli strumenti di integrazione interfunzionale, ovvero sono:
I comitati:organi permanenti e collegiali cui appartengono rappresentanti di funzioni interessate
all'assunzione di decisioni;
I gruppi di lavoro: specialisti impiegati in progetti occasionali;
Le task force: aggregazione di specialisti a tempo pieno su specifici progetti;
Gli organi di integrazione: struttura funzionale con organi di integrazione commerciale, per
progetti e per matrice;
E il Product Manager: che non ha autorità gerarchica ma studia le strategie di marketing per i
prodotti, coordinando le attività delle aree funzionali per rispettare i tempi di consegna e il
processo produttivo.
In relazione alla distribuzione del potere tra i vari livelli gerarchici, la struttura può risultare
accentrata o decentrata; il decentramento garantisce maggiore flessibilità alla struttura, ha effetti
positivi sulla motivazione ed alleggerisce gli organi volitivi, partendo dal presupposto della delega,
ma un eccesso di decentramento può influire negativamente sul coordinamento
dell'organizzazione. Chiaramente, attraverso l'organigramma è possibile comprendere il grado di
sviluppo verticale o orizzontale dell'azienda; il primo comporterà un alto numero di livelli
gerarchici nella piramide organizzativa, mentre il secondo comporterà un altro numero di organi
subordinati rispetto ad ogni livello gerarchico.
La progettazione organizzativa
Il momento più delicato della progettazione organizzativa è la scelta del modello strutturale di
organizzazione aziendale, che può essere, ad esempio, un raggruppamento funzionale, in cui tra
il vertice e il reparto operativo esiste un livello intermedio che si occupa delle funzioni di
coordinamento ma rimane privo di reale potere decisionale. L'azienda viene suddivisa in aree
funzionali a seconda delle attività svolte e i dipendenti si ritrovano tutti insieme. Questo modello
è piuttosto rigido e rende impossibile la partecipazione trasversale ai processi di produzione.
Il rischio di questo modello è quello di un'eccessiva specializzazione che fa perdere di vista
l'obiettivo finale aziendale.
Si può utilizzare una raggruppamento divisionale, che si distingue dal precedente modello per i
criteri di suddivisione, non più in base alle funzioni ma in base a variabili come i processi o le
tipologie di clienti punto ogni segmento viene poi organizzato al suo interno seguendo il modello
funzionale, semplificando i processi di comunicazione tra le funzioni della stessa divisione.
È possibile utilizzare anche un raggruppamento a matrice, la formula più evoluta che in genere
viene applicata alle aziende di grandi dimensioni, caratterizzate da un'elevata complessità. Il
modello vede l'unione della struttura funzionale e di quella divisionale, presentando
simultaneamente due diversi livelli di direzione. Uno è dedicato alle singole funzioni, mentre
l'altro si occupa dei progetti e ogni risorsa Sara regolata da due direzioni a seconda dell'attività
che deve svolgere.
Un altro modello prevede il raggruppamento orizzontale, che aggrega soggetti intorno ai processi
fondamentali che caratterizzano l'organizzazione e che creano valore, tutti coloro che operano
all'interno di un processo operano insieme, invece di essere separati in diverse unità organizzative
funzionali.
Infine, il raggruppamento modulare, in cui soggetti operano all'interno di organizzazioni tra loro
collegate in rete, al fine di poter condividere le informazioni necessarie allo svolgimento delle
attività, le diverse unità possono essere sparse in tutto il mondo.
Altri fattori di riferimento sono quei raggruppamenti di attività in base:
Al prodotto: quando le attività sono ricollegabili ad uno specifico prodotto;
Alla clientela: se in base ad esigenze specifiche di alcuni gruppi di clienti, come i bisogni e i volumi
di acquisto;
Alla zona geografica: attività svolte in una data zona, fisicamente disperse sul territorio;
Al progetto: raggruppamento che permette di coordinare operazioni complesse e che possono
impiegare anche solo parzialmente le risorse assegnate;
E al canale distributivo: permette di seguire specificatamente un dato distributore.
I problemi dell' ampiezza del controllo sono che essa può essere molto stretta, cioè, con bisogni
di sicurezza e limiti al livello di motivazione e di flusso di informazioni; oppure ampia, che
soddisfa esigenze di autonomia e pone problemi di autocontrollo e di coordinamento.
Pertanto, la scelta della dimensione da dare ad ogni unità per operare rispettando criteri di
efficacia ed efficienza darà come esiti un numero elevato di livelli (struttura verticale) oppure un
numero ridotto di livelli (struttura appiattita).
Una progettazione organizzativa efficace richiede coerenza fra il complesso dei parametri di
progettazione e il complesso di fattori contingenti (le risorse che ho, i limiti di fatturato) e questo
porta una pluralità di forme organizzative e la necessità di scoprire un ordine generale regolatore
dei processi di progettazione organizzativa. Mintzberg fu uno di quelli che porto avanti un
tentativo più organico e ambizioso di formulare un modello che indicasse le logiche e i vincoli da
rispettare quando si intende progettare le strutture interne di organizzazioni complesse.
Relativismo del modello unico
Il taylorismo aveva ipotizzato un modello universale ed ottimale di organizzazione (One best
way), mentre oggi la struttura di una organizzazione non è fissa ma varia in funzione delle
esigenze contingenti e delle scelte aziendali.
"Le variabili o gli elementi dell'organizzazione devono essere scelti in modo da raggiungere
un'armonia o una coerenza interna, e al contempo anche una coerenza di fondo con la situazione
dell'azienda punto di forme organizzative non possono essere scelte in modo libero e arbitrario,
ma la scelta deve obbedire ad una logica sistematica e rigorosa basata proprio sulla ricerca della
coerenza tra le varie parti" (H. Mintzberg)
Gli elementi per raggiungere armonia e coerenza sono le diverse modalità di divisione del lavoro
e di coordinamento, la dimensione, l'età e l'esperienza, il sistema tecnico che impiega
(produzione, gestione, organizzazione) e il tipo di ambiente.
I modelli puri di organizzazione
Gli accademici Igor ansoff e Richard brandenburg teorizzano i 4 modelli puri di organizzazione,
ovvero quattro tipologie di efficienza organizzativa attraverso cui l'impresa compie la sua
evoluzione. Le strutture aziendali, secondo questa teoria, hanno complessità crescente e sono:
Direzione funzionale: è una struttura gerarchica ed è basata su processi decisionali e direttivi, in
cui le persone che lavorano allo stesso raggruppamento hanno lo stesso responsabile. Si ricerca
l'efficienza in condizioni di stabilità, si privilegia la minimizzazione dei costi con un compromesso
tra i vantaggi dell'economia di scala ottenuti con concentrazione dei reparti produttivi e gli
svantaggi dei costi di trasporto dei beni dagli stabilimenti ai mercati. La struttura funzionale
raggruppa le attività analoghe ed omogenee in una stessa unità organizzativa, sotto la
responsabilità di un dato dirigente.
Il vertice si occupa della gestione strategica e di coordinamento operativo, per cui questo tipo di
direzione è basato su processi decisionali e direttivi di tipo gerarchico. È adatta quando il numero
di linee di prodotti e segmenti di clientela è limitato, mentre se questi aspetti aumentano, le
singole funzioni sono sopra caricate di processi diversi che non riescono a gestire
economicamente e il vertice non riesce più ad occuparsi della gestione strategica. Pertanto, la
funzionale risulta una struttura efficace se rimangono consolidate le conoscenze riguardo a
specifiche attività, se l'organizzazione ha bisogno di controlli e coordinamenti gerarchici e se si
perseguono condizioni di efficienza interna.
In genere, si cerca di compensare la gerarchia funzionale verticale instaurando collegamenti
orizzontali e strumenti di integrazione interfunzionale, come:
I comitati: organi permanenti e collegiali ai quali partecipano i rappresentanti delle funzioni
direttamente interessate all'assunzione di una data decisione, ad esempio la definizione di
strategie o la formulazione di budget;
Gli organi di integrazione: ad esempio il Product Manager;
Gruppi di lavoro: costituiti attraverso l'aggregazione temporanea di specialisti di funzione
impegnati in modo parziale e temporaneo su progetti non ripetitivi;
Task Force: costituite attraverso l'applicazione temporanea di specialisti di funzione impegnati a
tempo pieno su specifici progetti;
E sviluppo di sistemi integrati informatici.
La scelta di tali strumenti si deve compiere in funzione dei livelli di fabbisogno di integrazione
dell'organizzazione e il fabbisogno di integrazione tra due o più organi è tanto elevato quanto
maggiore è l'interdipendenza tra gli organi stessi. Quanto più elevato e fabbisogno di
integrazione, tanto maggiore deve essere ricorso a strumenti di integrazione efficaci.
Punti di forza: la struttura funzionale facilita le economie di scala all'interno delle singole unità,
permette lo sviluppo di conoscenze e capacità approfondite, permette all'organizzazione di
perseguire obiettivi funzionali ed è da preferire in presenza di un solo prodotto o pochi prodotti.
Inoltre, esprime chiarezza dei rapporti tra gli organi, favorisce condizioni di efficienza e di
razionalizzazione dell'attività produttiva attraverso la concentrazione di interessi sulle singole
aree gestionali e facilita il controllo di tipo gerarchico delle risorse all'interno di ogni funzione.
Infine, consente un'elevata specializzazione funzionale e il raggruppamento per funzioni evita
inutili duplicazioni.
Punti di debolezza: gli svantaggi sono legati a tempi di risposta e adattamento lenti di fronte ai
cambiamenti ambientali, uno scherzo coordinamento tra le unità organizzative e sovraccarico
decisionale di vertice punto può limitare l'innovazione e implica una visione ristretta degli
obiettivi organizzativi. In più, presenta inadeguatezza a far fronte all'aumento aree delle
dimensioni aziendali o all'ampliamento delle linee di prodotti e dei mercati, oltre ad una limitata
elasticità anche nei comportamenti, c'è un rigido ordinamento gerarchico, un accentramento
decisionale e una resistenza al cambiamento. Infine, si pongono problemi di coordinamento tra le
diverse funzioni, che diventano crescenti con l'aumentare della complessità gestionale.
Organi di staff: sono organi specialistici che si collocano al di fuori della gerarchia e le principali
funzioni sono la progettazione di assetti organizzativi e la predisposizione di servizi a vantaggio
delle restanti unità organizzative. Si occupano di programmazione e controllo di gestione, di
organizzazione e gestione del personale, di consulenza legale e fiscale, di gestione della mensa
aziendale, di servizi di pulizia e sorveglianza.
Product Manager: aiuta a creare le condizioni di inserimento degli strumenti di integrazione
interfunzionale in azienda, formulando le strategie di marketing relative al prodotto in linea con i
suoi suggerimenti. Assume, se la direzione approva, la responsabilità della loro esecuzione e
coordina le attività delle diverse aree funzionali al fine di superare certi conflitti e rispettare le
scadenze stabilite. Non dispone le autorità gerarchica nei confronti degli organi funzionali. Per
questo ruolo sono molto importanti dei caratteristiche personali (per sapersi guadagnare il
supporto degli organi funzionali), per cui elevate capacità di coordinamento, di mediazione delle
istanze delle diverse funzioni, di stimolo delle controparti. Il suo stile direzionale non può basarsi
su leve tradizionali di tipo gerarchico. Il Product Manager garantisce gli indirizzi della
progettazione, supervisione alla scelta dei materiali e controlla le diverse attività collegate al
processo produttivo, agendo da interfaccia con le aree commerciali, distributive e pubblicitarie.
Direzione divisionale: adatta a organizzazioni di grandi dimensioni è l'elemento base su cui si
fonda la struttura è dato dagli output dell'organizzazione, ovvero i prodotti, aree di mercato e i
clienti. Si basa su un principio di elasticità operativa, misura la capacità di effettuare mutamenti
rapidi nei volumi di produzione determinati da variazioni nel livello della domanda Oda azioni
della concorrenza; le condizioni di un sistema operativo progettato per l'elasticità operativa
tendono ad essere in antitesi a quelle in condizioni di stabilità e si privilegia per esempio il
decentramento degli impianti, l'avere una quota di capacità produttiva di riserva e si creano unità
operative sulla base di linee di prodotto o aree di mercato. Ogni divisione è dotata di una certa
autonomia e questa direzione consente a aziende di grandi dimensioni con molti prodotti un
maggior grado di flessibilità rispetto ai cambiamenti ambientali. Ogni divisione assume i connotati
di un'impresa vera e propria.
La divisionale prevede vari livelli, ovvero:
Alta direzione: definisce le strategie globali;
Direzione di staff: fornisce supporto all'alta direzione e interagisce con le divisioni;
Direzione divisionale: definisce le strategie, coordina, pianifica e valuta l'operato dei dipartimenti
funzionali;
Direzioni funzionali: operano all'interno delle deleghe concesse, coordinano, pianificano e
valutano l'operato delle unità operative;
E unità operative.
I vantaggi riguardano la risposta organizzativa alla diversificazione, l'indirizzo degli sforzi aziendali
su specifici prodotti o mercati, il recupero di margini di flessibilità per aziende di grandi
dimensioni, lo sviluppo a livello di direzione divisionale di dirigenti con capacità gestionali globali
e la possibilità per il vertice aziendale di politiche di tipo globale.
I problemi riguardano la possibile rappresentazione degli svantaggi della struttura funzionale
all'interno della divisione, i maggiori costi organizzativi, i rapporti tra le divisioni e la difficoltà a
recepire la divisionalizzazione come riconoscimento effettivo di autonomia. Possono esistere
strutture divisionali per prodotto, per area geografica ad esempio Apple
America/Europa/Pacifico, industriali e ospedaliere.
Punti di forza: responsabilità sul prodotto e punti di contatto chiari, alto grado di coordinamento
tra le funzioni, capacità di adattamento delle unità a differenze di prodotto, aree geografiche e
clientela. È indicata nei casi di rapidi cambiamenti in ambiente stabile, decentramento del
processo decisionale e favoreggiamento delle opportunità di sviluppo in senso globale. È
composta da dirigenti con capacità gestionali globali che evitano il rischio un'eccessiva
specializzazione ed è preferibile in organizzazioni di grandi dimensioni con molti prodotti.
Punti di debolezza: assenza di economie di scala nelle unità funzionali, scarso coordinamento tra
le linee di prodotto, maggiori possibilità che insorgano situazioni conflittuali per la ripartizione
delle risorse e maggiori costi della struttura rispetto a quella funzionale. Possibilità di distorsioni e
squilibri, difficoltà di integrazione e standardizzazione tra le linee di prodotto, necessità di
potenziare il sistema informativo aziendale e di recepire la divisionalizzazione come
riconoscimento di autonomia.
Direzione a progetto: elasticità strategica, misura la capacità di reagire a mutamenti nelle
caratteristiche della produzione, quali obsolescenza dei prodotti, I mutamenti di tecnologia, il
modificarsi nel quadro normativo. Normalmente si agisce acquisendo nuove aziende o
abbandonando parte delle attività esistenti; anche in questo caso la struttura richiesta è
antitetica con quella in condizioni di stabilità ma è un mix di carattere innovativo per le
modificazioni e di stabilità per il contingente; divisione del personale sulla base dei criteri di
realizzazione di nuovi progetti. La struttura divisionale può essere anche struttura divisionale a
progetto, con una migliore e dettagliata visione e unità di intenti sul progetto, migliore
coordinamento tra le parti che vi lavorano e più motivazione. Al contempo, aumentano i costi di
gestione per la duplicazione delle funzioni e c'è una scarsa condivisione di conoscenze e
opportunità tecnologiche.
In particolare, nella struttura progetto con task Force, quando c'è un progetto da implementare o
un progetto chiave. Al di sotto del direttore generale, la taskforce è composta da direttore del
personale, marketing, produzione, finanza e project manager che portano informazioni
direttamente al CEO.
Punti di forza: flessibilità organizzativa, ricerca e innovazione, velocità di reazione cambiamenti
per il cliente.
Punti di debolezza: possibili situazioni di conflitto e incapacità di lavorare in team, alte capacità di
leadership del project manager.
Direzione per matrice: elasticità strutturale, misura la capacità di effettuare cambiamenti
strutturali quando le precedenti elasticità non sono sufficienti; lo stimolo è costituito in genere
dai mutamenti tecnologici che intervengono sia nel processo direzionale che nel processo
operativo. Nella struttura a matrice i progetti sono il vero e proprio oggetto dell'attività aziendale,
sono portati avanti più progetti che richiedono notevole impegno organizzativo e spostamenti di
risorse. Nasce per dare una soluzione organica il problema dei rapporti tra unità funzionale e
unità progettuale, grazie alla volontà di supportare adeguatamente i processi e i progetti che
costituiscono oggetto specifico dell'attività aziendale e che richiedono un notevole impegno
organizzativo e spostamenti di risorse (flessibilità). Nella struttura a matrice si implementano
simultaneamente sia una struttura funzionale (linee verticali) sia una struttura per prodotto o per
progetto (linee orizzontali). Si realizzano forme di coordinamento e integrazione orizzontali che si
sovrappongono a quelle tradizionali verticali, in una soluzione multifocale insalata che considera
sia prodotti e progetti che funzioni.
I punti di forza della struttura a matrice sono la condivisione flessibile delle risorse umane,
l'adattamento a decisioni complesse e a cambiamenti frequenti in un ambiente instabile, il
coordinamento per far fronte a richieste duali da parte dei clienti, l'opportunità per lo sviluppo di
competenze sia funzionali che di prodotto e, infine, il fatto che sia preferibile per organizzazioni di
media grandezza con molteplici prodotti e progetti.
I punti di debolezza sono la confusione e la frustrazione Casu a te dalla presenza di una duplice
linea autoritaria, l'insorgenza di conflitti, la necessità di buone capacità interpersonali e la
formazione approfondita dei partecipanti, nei grandi sforzi per mantenere un bilanciamento di
potere, la necessità di un clima di collaborazione a tutti i livelli e, infine, il fatto che sia una
struttura più onerosa in termini di tempo. I contesti di applicabilità si rifanno alle condizioni di
elevata instabilità delle tecnologie e del mercato, alla possibilità di spostare risorse da un
progetto all'altro, alla maturazione di un senso collaborativo tra persone che devono accettare
principi organizzativi diversi dai tradizionali e, infine, alla ridefinizione delle altre variabili
organizzative, come il sistema di controllo, di valutazione delle prestazioni è quello informativo.
Gerarchia duale e posizione chiave: una dimensione rappresenta funzioni e risorse con a capo o
un manager o un dirigente funzionale che deve assicurarsi che le risorse siano disponibili e che le
persone siano aggiornate e competenti, l'altra dimensione rappresenta i prodotti o i progetti con
a capo un responsabile o un dirigente di prodotto o di progetto che sarebbe il project manager,
che deve perseguire Chiari obiettivi di business. All'interno ci sono soggetti che rispondono ad
entrambi responsabili e le conoscenze del personale sono condivise tra vari dipartimenti
funzionali e gruppi di progetto sulla base di determinate esigenze in diverse aree aziendali. A capo
dei due manager c'è il vertice, che deve bilanciare il potere dei due assi è alla base, sotto i
manager, ci sono le celle della matrice, che devono far fronte ad una doppia responsabilità,
ovvero garantire le risorse e perseguire gli obiettivi di business.
Per questi motivi, la struttura a matrice viene anche detta matrice funzione progetto, ma può
esserci anche la versione della matrice funzione mercato punto sulla base di questi prerequisiti, la
struttura a matrice viene divisa in tre tipi, ovvero:
Quella debole: ha più potere il manager funzionale;
Quella equilibrata: project manager e manager funzionale hanno uguale potere;
Quella forte: più simile alla struttura a progetto, dove il project manager ha più potere del
direttore funzionale.
Vantaggi: la struttura a matrice consente di portare avanti più progetti contemporaneamente,
condividendo le risorse disponibili, ma consente anche elevati livelli di flessibilità come lo
spostamento di risorse da un progetto all'altro, e favorisce lo sviluppo di una visione dinamica del
ruolo dei vari soggetti coinvolti.
Svantaggi: vi è una maggiore complessità delle decisioni, il potere può spostarsi su un asse della
matrice, a discapito dell'altro e nella direzione potrebbe non avere potere di bilanciamento.
Inoltre, i conflitti di ruolo sono dovuti alla gerarchia duale, la matrice richiede un alto grado di
relazioni interpersonali e un'elevata disponibilità a collaborare che potrebbero non essere
disponibili. Infine, c'è un senso di insicurezza per il personale che ha chiamato a passare da un
progetto all'altro.
La struttura per processi
La struttura per processi viene creata intorno a processi chiave interfunzionali, piuttosto che
intorno a compiti, funzione o aree geografiche. Si vengono a formare team interfunzionali e
autodiretti e vengono definiti i process owner, che hanno la responsabilità di ogni processo
chiave. I membri dei team vengono formati in maniera trasversale e i TIM dispongono della
libertà di pensare in maniera creativa e di reagire in maniera flessibile alle nuove sfide che si
manifestano. I clienti e la loro soddisfazione sono il fattore guida dell'organizzazione, mentre la
cultura organizzativa è focalizzata sul miglioramento continuo.
Tra i punti di forza della struttura per processi ci sono la flessibilità e velocità di reazione
cambiamenti nei bisogni dei clienti, l'attenzione sulla creazione del valore per il cliente, la visione
più ampia degli obiettivi aziendali da parte dei dipendenti, il Focus sul lavoro di gruppo e
collaborazione e, infine, un miglioramento della qualità della vita dei dipendenti per l'opportunità
di condividere le responsabilità di prendere decisioni e di farsi carico dei risultati.
Tra i punti di debolezza, invece, abbiamo la complessità nella determinazione dei processi chiave,
la necessità dei cambiamenti nella cultura, nella progettazione delle mansioni, nella filosofia di
Management e nei sistemi informativi e di ricompensa, la resistenza da parte dei manager ad
abbandonare potere e autorità, la necessità di formazione significativa dei dipendenti sul lavoro
in team e la limitazione nello sviluppo di conoscenze approfondite.
Struttura orizzontale: raggruppa le attività per processi chiave dov'è il processo a una serie di
attività collegate tra loro e volte alla trasformazione di input in output che creano valore per il
destinatario. In questa struttura le persone che lavorano al processo sono raggruppate in modo
da comunicare facilmente tra loro e coordinare sforzi, in quanto la struttura orizzontale
determina un superamento dei Confini tra le diverse unità organizzativi. Anche qui emerge la
figura del process owner, il responsabile di processo.
Tra i punti di forza si ha la promozione della flessibilità e della velocità di reazione ai cambiamenti
nei bisogni dei clienti, la focalizzazione dell'attenzione verso la creazione di valore per il cliente, la
promozione della collaborazione tra diverse unità organizzative e, infine, il fatto che ogni soggetto
ha una visione più ampia degli obiettivi organizzativi, passando da una logica funzionale ad una
per risultati.
Tra i punti di debolezza si ha la determinazione dei processi chiave non sempre facile, i
cambiamenti richiesti nelle altre variabili organizzative, i manager tradizionali che possono essere
restii ad abbandonare potere e autorità, la richiesta di informazione significativa per permettere
ai soggetti di lavorare in gruppi orizzontali e, infine, il fatto che può limitare lo sviluppo di
competenze approfondite.
La struttura modulare/ibrida
Nella struttura modulare l'organizzazione coordina le attività di altre organizzazioni collegate, alle
quali sono esternalizzate determinate attività, per far sì che le risorse supportino il sistema.
L'organizzazione è il nodo centrale di una serie di relazioni, ovvero una rete in cui le moderne
tecnologie consentono rapidi scambi di informazioni.
Il centro mantieni il controllo sui processi in cui ha competenze distintive e trasferisce le altre
attività ad altre organizzazioni che hanno le loro competenze distintive proprio in quella attività.
Questo modello può portare alle strutture ibride, in cui si combinano i vari approcci (funzionale,
divisionale, a matrice) e che tendono ad essere utilizzate in ambienti in rapidi cambiamenti
perché garantiscono una maggiore flessibilità. Ad esempio, in un'azienda con diverse linee di
prodotto è applicabile una soluzione divisionale dove le funzioni specifiche per ogni linea sono
determinate nella divisione, mentre altre funzioni sono accentrate nella sede centrale. Una
struttura ibrida può essere divisionale+funzionale oppure può essere orizzontale+funzionale.
Inadeguatezza strutturale: le decisioni vengono ritardate o non sono accurate (es. I decisori
possono essere sopra caricati, i collegamenti informativi possono risultare inadeguati),
l'organizzazione non reagisce in maniera innovativa all'ambiente che cambia e si riscontra un alto
tasso di conflittualità.
Disfunzioni organizzative: possono essere
Duplicazioni di attività: carenze di integrazione che producono uno spreco di risorse;
Lacune: attività non svolte perché ciascun organo interessato le reputa di competenza altrui;
E incoerenza delle azioni di due o più organi: non si rispettano le relazioni di consequenzialità e
complementarietà tra diverse azioni, come ad esempio progettare un intervento sulla struttura
organizzativa senza valutare gli aspetti in termini di gestione del personale.
Buona soluzione organizzativa: consente di mantenere una motivazione, agevola l'integrazione
tra le diverse persone rispetto agli obiettivi della organizzazione, consente una diffusa
responsabilizzazione di vari livelli, individuali e di gruppo, promuovendo anche la ricerca di
soluzioni innovative, si mostra flessibile rispetto ai mutamenti e alla complessità della domanda
esterna e favorisce lo sviluppo di un maggior grado di collaborazione, promuovendo la creazione
di team che superano sia ai confini tra le diverse aree dell'organizzazione, sia i confini tra le
diverse organizzazioni.
Due approcci: se si concentra l'attenzione sugli individui nelle organizzazioni, si parla di
comportamento organizzativo, che studia aspetti come la motivazione, gli stili di direzione e la
leadership, le differenze soggettive. Se si concentra l'attenzione sulle organizzazioni, si usano le
torri organizzative, che si occupano di analizzare le modalità più opportune per aggregare le
persone e evidenziare le differenze strutturali. Persone e gruppi si influenzano a vicenda,
pertanto i due approcci andrebbero integrati.

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