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Fusaro
Diritto Costituzionale
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
97 pag.
1. Le regole di diritto.
Qualsiasi organizzazione sociale costituisce un ordinamento giuridico: un’organizzazione per essere
tale ha bisogno di alcune regole che ne disciplinino la vita interna: queste regole costituiscono il
diritto di una determinata organizzazione.
Le regole del diritto appartengono al mondo del dover essere (come anche le regole etiche, morali
e i precetti religiosi) il quale si distingue dal mondo dell'essere per il suo linguaggio prescrittivo; la
differenza tra regole giuridiche e morali sta nel fatto che mentre le regole religiose sono volte a
perseguire la perfezione individuale e la salvezza dell'anima, quelle giuridiche regolano i rapporti
tra i diversi individui che compongono un'organizzazione sociale e assicurano la vita normale di
questa; inoltre le regole del diritto a differenza delle altre, oltre a imporre dei doveri ai consociati,
ne tutelano anche i diritti. Siamo in presenza di norme giuridiche quando si instaura un rapporto fra
due o più soggetti che, sulla base di una regola comune, dà luogo a vincoli reciproci i quali
determinano in capo ad alcuni situazioni favorevoli o di vantaggio e in capo ad altri situazioni
giuridiche sfavorevoli o di svantaggio.
Ogni organizzazione produce diritto ed è essa stessa prodotta dal diritto. Ne deriva che il diritto non
è monopolio di alcuna organizzazione ma inerisce a qualsiasi organizzazione: questa è la teoria
della pluralità degli ordinamenti giuridici.
Secondo tutte queste impostazioni teoriche ogni ordinamento è un sistema. Con ciò si intende dire
che esso presume se stesso come
• unitario (ha un principio fondante che ne assicura l'unità)
• coerente (non ammette contraddizioni fra norme)
• completo (non ammette lacune o vuoti normativi).
Un sistema per essere tale è ordinato attorno a un progetto il quale può essere razionalmente posto
o può essere insito nel sistema stesso. L'interprete del diritto deve presupporre che il diritto
costituisca un sistema, così contribuendo a far si che lo divenga effettivamente. Così come la
società non è costituita solo dalla pluralità degli individui, parimenti un ordinamento non è una
mera sommatoria di prescrizioni giuridiche; le varie norme e i vari settori del diritto non sono solo
1
Uno Stato può definirsi tale se riesce a conseguire sopra un determinato territorio il monopolio delle
forze; lo stato esercita il monopolio delle forze sia in forma diretta, grazie all'uso della forza legale
(polizia, tribunali, ecc) sia in forma indiretta ponendosi come unico soggetto in grado di legittimare
altre soggetti all'uso della forza. Si può parlare quindi di stato quando una popolazione,
sottomettendosi a un potere politico, da vita ad un ordinamento in grado di soddisfare i suoi
interessi generali.
In questo modo una popolazione diviene popolo ovvero un insieme di persone legate dal fatto di
condividere tutte un'eguale cittadinanza, ovvero una tendenziale uguaglianza di diritti e doveri di
fronte al governo.
Per aversi uno stato devono essere presenti tutti e tre gli elementi:
• popolo
• territorio
• governo sovrano
Non costituisce uno stato: un popolo privo di territorio, o un popolo pur stanziato su un determinato
territorio ma privo di un governo in grado di controllarlo; una popolazione insediata su un territorio
disputato fra più di un governo; quando, pur essendoci un governo, la sicurezza esterna è garantito
da uno stato straniero(colonie).
Come abbiamo detto le caratteristiche dello stato sono politicità e sovranità; i due concetti sono fra
loro collegati :infatti, non si possono perseguire fini generali se non si dispone della forza e delle
risorse che possano rendere ciò effettivamente possibile: in poche parole se non si è sovrani.
Non contraddice questa affermazione l’art- 7 Cost. la dove afferma che lo stato e la chiesa cattolica
sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. Sovrano deve considerarsi lo stato della
Città del Vaticano. Ne è riprova la circostanza che lo stato entra in relazione con questo attraverso
un Trattato, uno strumento tipico del diritto internazionale, e con la chiesa cattolica, invece,
attraverso un atto chiamato concordato.
Collegato alle categorie della politicità e della sovranità è il concetto di costituzione: la sovranità è
un potere non costituito ma costituente e in essa trova legittimazione la costituzione di uno stato; in
altre parole solo gli stati sovrani possono darsi una costituzione.
Così come afferma la costituzione (art. 1.2) la sovranità appartiene al popolo;questa affermazione
induce a sottolineare due aspetti fondamentali:
• il popolo è la fonte di legittimazione di ogni potere statale
• il popolo, o meglio, il corpo elettorale è il titolare dei poteri sovrani (esso elegge gli organi
dello stato e degli altri enti territoriali)
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Nel 1986 venne firmato l'Atto unico europeo ,il quale fissò l'obiettivo del mercato unico interno
prima del 1993,rafforzò il ruolo del Parlamento europeo ma anche la capacità del consiglio di
decidere aumentando le sue competenze; dopo che furono conseguiti gli obiettivi del 1986,nel 1992
fu firmato il Trattato di Maastricht il quale, non solo modificò ancora il Trattato della Cee,
ponendo le basi della moneta unica (l’euro, entrato in circolazione nel 2002) ma aggiunse ad esso
un nuovo trattato chiamato Trattato sull'Unione Europea (Tue).
Il Tue dette vita a una struttura organizzativa peculiare chiamata “a tre pilastri”:
• il primo era costituito dalle preesistenti tre comunità (Cee,Ceca,Euratom) ed era disciplinato
dai rispettivi trattati;
• il secondo dalla politica estera e di sicurezza comune
• il terzo dalla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
La struttura a tre pilastri è stata superata con il Trattato di Lisbona del 2007 il quale ha
profondamente innovato l'ordinamento dell'Unione Europea; esso ha dato vita ad un unico soggetto
dotato di personalità giuridica internazionale, che è appunto l'Unione Europea, fondata su due
trattati aventi lo stesso valore giuridico: il Tue, modificato, mantiene la sua denominazione mentre
il Tce, modificato anch'esso, ha assunto il nome di Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea
(Tfue). Ora quello che era il terzo pilastro utilizza la regolamentazione del TFUE mentre la politica
estera e regolamentazione comune continua ad usare il titolo V del TUE. Dal 2009 perciò ci sono
TFUE ed il TUE.
Risulta così superata, assieme alla concezione di comunità europea, l’espressione “diritto
comunitario” e si deve parlare di Diritto dell’Unione europea.
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Il principio di attribuzione riguarda il riparto di competenze fra Unione e stai membri; l'Unione
esercita solo le competenze che gli stati hanno ad essa attribuito coi trattati: tutto il resto resta agli
stati. Le competenze attribuite sono di 3 tipi
• competenze esclusive nei settori nei quali solo l'Unione può legiferare;
• competenze concorrenti nei settori nei quali entrambi possono legiferare, ma gli stati solo se
l'Unione non l'ha fatto o ha deciso di cessare di farlo;
• competenze di sostegno, coordinamento e completamento delle azioni degli stati, nei settori
nei quali l'Unione non ha competenza prevalente.
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Le procedure legislative speciali sono indicate nei trattati: nella maggior parte dei casi esse
prevedono che l'atto sia adottato dal Consiglio previa consultazione del Parlamento.
Gli atti legislativi sono firmati dal presidente del Consiglio e dal presidente del Parlamento europeo
e cono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'unione europea; essi entrano in vigore alla data
stabilita dall'atto stesso o, in mancanza, al ventesimo giorno dalla pubblicazione.
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Ciascun ordinamento giuridico stabilisce le regole affinché determinate norme possano essere
riconosciute come appartenenti all'ordinamento stesso; si chiamano fonti del diritto i fatti o gli atti
che l'ordinamento giuridico abilita a produrre norme giuridiche. Requisiti delle norme giuridiche
sono di regola la generalità (l'essere riferite ad una pluralità di individui) e l'astrattezza(il prevedere
una regola ripetibile nel tempo a prescindere dal caso concreto).
La teoria delle fonti si occupa sia delle regole che individuano quali sono le fonti del diritto sia
delle regole che stabiliscono i modi di produzione del diritto. Si chiamano fonti di produzione del
diritto quei fatti (comportamenti umani non volontari) o quegli atti (comportamenti umani
volontari) ai quali l'ordinamento attribuisce la capacità di produrre imperativi che esso riconosce
come propri. Si chiamano, invece, fonti sulla produzione quelle norme che disciplinano i modi di
produzione del diritto oggettivo, individuando i soggetti titolari di potere normativo, i procedimenti
di formazione, gli atti prodotti. Quando l'ordinamento riconosce direttamente al corpo sociale la
capacità di produrre norme in via autonoma si parla di fonti fatto.
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La moltiplicazione e la complicazione del sistema delle fonti del diritto rendono da un lato
necessaria l'esigenza di assicurare la coerenza sistematica dell'ordinamento giuridico e dall'altro
insufficienti i tradizionali criteri per ordinare la complessità del sistema delle fonti; per cui accanto
ai criteri cronologico e gerarchico diventa indispensabile un altro criterio, quello di competenza.
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Con riferimento agli atti primari il sistema delle fonti del diritto deve considerarsi un sistema
chiuso;ciò significa che:
• non sono configurabili atti fonte primari al di la di quelli espressamente previsti dalla
costituzione stessa;
• ciascun atto normativo non può disporre di una forza maggiore di quella che la Costituzione
ad esso attribuisce.
La creazione di ulteriori atti fonte primari richiederebbe un processo di revisione costituzionale.
Agli atti fonte primari va riconosciuta forza di legge; a essa fa riferimento l'art.77 Cost. Al fine di
individuare gli atti normativi del governo equiparati alla legge del parlamento e l'art.134 la dove è
prevista la competenza della corte costituzionale a giudicare la legittimità costituzionale delle leggi
e degli atti aventi forza di legge.
La Costituzione dà agli atti fonte che individua una determinata forza o efficacia formale che
consiste per essi nella capacità di innovare (profilo attivo della forza di legge), con modifiche o
abrogazioni gli atti fonte equiparati o subordinati alla costituzione, e nella capacità di resistere
(profilo passivo della forza di legge) all’abrogazione o modifica da parte di atti fonte che non
abbiano la stessa forza.
Il sistema costituzionale delle fonti secondarie è invece aperto; l'individuazione degli atti fonte
secondari è lasciata alla disponibilità dei soggetti titolari di potestà normative primarie sia pure nel
rispetto dei limiti costituzionali esistenti, tra cui la gerarchia e la competenza delle fonti.
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• analogia iuris; quando mancano anche norme che regolano casi simili, la lacuna può essere
colmata facendo ricorso ai principi generali dell'ordinamento giuridico ricavabili per via
interpretativa dal complesso delle norme giuridiche vigenti.
Tuttavia esiste un limite per l'interpretazione analogica (art. 14 preleggi):è stato stabilito infatti il
divieto di analogia per le leggi penali e per le leggi speciali(cioè quelle che fanno eccezione rispetto
a discipline di carattere generale).
Per le disposizioni della costituzione che riguardano i diritti fondamentali vale il criterio di stretta
interpretazione; l’interprete in caso di dubbio, non può dare interpretazioni restrittive o lesive dei
diritti fondamentali.
Diversa da tutte queste interpretazioni è l’ interpretazione autentica , cioè quella fatta dal
legislatore stesso attraverso una nuova legge, con riferimento a una vecchia legge dubbia. Alcuni
ritengono che l’interpretazione autentica sia produzione di nuovo diritto, ma la corte cost stessa
propende per la natura solo interpretativa, dichiarando incostituzionali le leggi di interpretazione
autentica che invece di interpretare innovano. La natura interpretativa va infatti riconosciuta solo
alla legge che ne chiarisce il contenuto scegliendo una sola tra le varie interpretazioni
ragionevolmente possibili. (sentt. 233\1998, 155 e 380\1990). In tal caso la legge interpretativa è
considerata legittima in particolare il << rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario>>. Da qui l’illegittimità di norme interpretative volte a influire arbitrariamente su
giudizi in corso di definizione (v. set. 209\2010).
• Altra questione posta: le norme di interpretazione autentica possono essere oggetto di un
decreto legge? Questione sollevata dalla corte nei confronti del decreto soprannominato
salva liste che è poi stato respinto.
Sulla base di questi criteri le fonti del sistema costituzionale italiano o operanti nel sistema
costituzionale italiano sono classificabili in modo seguente:
• la Costituzione e le fonti costituzionali
• le fonti dell'unione europea
• le fonti statali
• le fonti delle autonomie territoriali
• le fonti espressione di autonomia collettiva
• le fonti esterne riconosciute
• le fonti fatto
La Costituzione è l'atto supremo dell'ordinamento in quanto posto dal potere costituente:di fronte
alla costituzione tutti gli altri atti fonte sono subordinati in quanto prodotti da poteri costituiti ossia
previsti e disciplinati dalla Costituzione stessa; caratteristica essenziale della Costituzione è la sua
rigidità(può essere modificata solo con uno speciale procedimento di revisione costituzionale)
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Il referendum costituzionale svolge una funzione di garanzia essendo posto a tutela delle minoranze
alle quali è consentita la possibilità di chiedere al corpo elettorale intero di pronunciarsi sulla legge
di revisione voluta dalla maggioranza.
Esistono, tuttavia, limiti alla revisione costituzionale, direttamente connessi al concetto di rigidità,
che segnano il confine tra modificazioni della Costituzione(legittime) e mutamento della
Costituzione(illegittimo).
L'unico limite espresso è stabilito dall'art. 139 secondo il quale la forma repubblicana non può
essere oggetto di revisione costituzionale. Secondo la dottrina prevalente esistono anche limiti
impliciti, ossia quelli non espressamente individuati; questi limiti coincidono con i principi
supremi dell'ordinamento costituzionale che la Corte Costituzionale ha richiamato nella
sentenza n.1146 del 1988.(il valore della dignità umana, il principio della sovranità popolare, il
principio pluralista, ecc); sono quei principi che danno identità all'ordinamento costituzionale e in
quanto tali, se intaccati nel loro contenuto essenziale danno luogo non a revisione ma a mutamento
costituzionale.
Fra le riserve di leggi Costituzionale previste dalla Costituzione sono caratterizzate da un
procedimento che differisce in parte da quello dell'art. 138 le leggi costituzionali con cui sono
adottati gli statuti delle regioni speciali.
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Le nuove regioni devono avere in ogni caso una popolazione non inferiore a 1.000.000 di abitanti.
Il principio di necessaria applicazione del regolamento Ue non implica che il diritto interno
eventualmente contrastante debba considerarsi come abrogato oppure invalido; partendo dal
presupposto che i due ordinamenti sono ordinamenti separati anche coordinati, secondo il criterio di
separazione delle competenze, considera il diritto interno semplicemente non applicabile quando
esiste una normativa europea; gli atti fonte interni vedono così sospesa la propria efficacia formale
finché in una certa materia permane il regolamento Ue. Tutto ciò vale per i regolamenti; per le
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Alla legge la Costituzione affida importanti materie mediante le riserve di legge: tale istituto
designa i casi in cui disposizioni costituzionali attribuiscono la disciplina di una determinata
materia alla sola legge sottraendola così alla disponibilità di atti fonte ad essa subordinati tra cui
soprattutto i regolamenti dell'esecutivo; la riserva di legge è contraddistinta da due aspetti:
7. aspetto negativo cioè il divieto di interventi di atti diversi dalla legge
8. aspetto positivo cioè l'obbligo per la legge di intervenire nella materia riservata, sicché la
legge non può spogliarsi di tale compito a favore di altri atti fonte.
Ad es illegittimo sarebbe ai sensi del 10,2 Cost. il rinvio, anche disposto dalla legge stessa,
a un regolamento comunale per la disciplina dell’espulsione degli stranieri.
Le riserve di legge sono stabilite allo scopo di garantire il principio democratico ( la legge è
espressione della sovranità popolare e si forma attraverso un procedimento in cui è assicurato il
pubblico dibattito) e in generale di tutelare i diritti fondamentali e il principio di eguaglianza (infatti
la legge è atto che dovrebbe contenere norme generali ed astratte).
Ci sono vari tipi di riserva di legge; si distinguono:
• riserve assolute quando l'intera disciplina della materia è riservata alla legge, salvo
solamente regolamenti di stretta esecuzione; ad es le riserve in materia di libertà personale
ex. Art. 13 Cost e di sanzioni penali ex. 25 Cost. regolamenti di stretta esecuzione sono
quelli che determinano gli elenchi delle sostanze stupefacenti o degli additivi alimentari
vietati, ecc.
• riserve relative quando alla legge spetta la disciplina essenziale o di principio della materia
in modo da circoscrivere adeguatamente la discrezionalità dell'esecutivo nel dettare,
mediante regolamento la disciplina ulteriore di dettaglio (art. 23, 41, 97 Cost).
• riserve rinforzate quando la Costituzione stabilisce che l'intervento legislativo debba
avvenire secondo certe procedure (art. 7, 9 Cost.); oppure che esso debba avere certi
contenuti costituzionalmente prestabiliti (art. 16.1 secondo cui le limitazioni alla libertà di
circolazione e soggiorno possono essere stabilite solo per motivi di sanità e sicurezza).
Sentenze riserva di legge
Caso che riguarda la riserva di legge assoluta: sentenza 26\1996 che riguarda un caso di
legittimità costituzionale, sollevato rispetto all’articolo 25,2 Cost. Questa riserva è considerata una
riserva di legge assoluta: un decreto attribuiva la determinazione di materia forestale(di tutela dei
boschi) di elementi costitutivi della fattispecie e sanzioni alle camere di commercio, quindi a
un’autorità amministrativa. Veniva quindi sollevata la questione se fosse legittimo.
Le leggi hanno come contenuto norme generali ed astratte destinate ad alimentare, innovandolo,
l'ordinamento giuridico. Tuttavia vi sono dei casi in cui si verifica una dissociazione tra la forma(la
legge) e i suoi contenuti; è il caso, ad esempio, della legge di bilancio, che, pur avendo la forma
della legge, non può introdurre disposizioni innovative(con l'approvazione del bilancio il
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Frequente è inoltre in caso di atti la cui forma è la legge ma il cui contenuto anziché norme generali
astratte, sono veri e propri atti amministrativi(il cui contenuto non è il prevedere comportamenti da
permettere o vietare, ma il provvedere immediatamente alla cura di un determinato interesse);si
parla in questi casi di leggi provvedimento. Sono leggi specifiche.
Leggi provvedimento devono ritenersi escluse in tutti i casi in cui la Costituzione richiede
specificatamente leggi generali.
La Costituzione attribuisce poteri normativi di rango primario al governo che può adottare decreti
legislativi e decreti legge; tali atti normativi hanno la medesima forza della legge ordinaria
(capacità di innovare il diritto oggettivo, competenza a disciplinare le materie che la costituzione
riserva alla legge). La potestà primaria del governo non è però ne autonoma ne ordinaria in quanto
la Costituzione richiede sempre l'intervento del Parlamento in funzione di garanzia del legittimo
esercizio del potere governativo; il governo infatti non può adottare decreti legislativi senza una
previa legge di delegazione, mentre i decreti legge, adottati in casi straordinari di necessità e
urgenza hanno efficacia provvisoria e devono essere convertiti in legge dalle camere.
Il procedimento di delegazione legislativa è un procedimento duale di produzione del diritto che
vede protagonisti sia il Parlamento (cui spetta approvare mediante legge la delega) sia il Governo
(cui spetta approvare, sulla base di quella legge, il decreto legislativo delegato).
La legge di delegazione ha la funzione di conferire al governo il potere di adottare atti aventi forza
di legge (chiamati decreti legislativi);in base all'art.76 essa deve:
• contenere l'individuazione dell'oggetto(o degli oggetti purché distinti)della delega
chiaramente definito (deve trattarsi cioè non di generiche materie ma di specifici oggetti)
• stabilire i principi (le norme generali o di principio di carattere sostanziale che regolano la
materia) e i criteri direttivi (ossia le regole procedurali di carattere strumentale per
l'esercizio in concreto del potere normativo delegato)
• indicare il termine entro il quale la delega può essere esercitata
Il decreto legislativo è l'atto che il governo adotta in attuazione della legge di delegazione,
deliberato dal Consiglio dei ministri ed emanato dal Presidente della Repubblica; per lo più le leggi
di delegazione prevedono che il governo, prima di esercitare la delega, debba acquisire il parere
delle competenti commissioni parlamentari o di apposite commissioni bicamerali; talvolta la legge
di delegazione attribuisce al governo la facoltà di adottare, entro un termine successivo, decreti
autocorrettivi, cioè modificativi e integrativi dei decreti legislativi già adottati sulla base della
medesima legislazione.
Esistono limiti alle materie che il Parlamento può delegare al governo: in particolare si ritengono
sottratti alla legge di delega tutti quegli atti che presuppongono l'alterità politica ossia la necessaria
distinzione dei ruoli tra Parlamento e governo. (art- 72,4).
Nella prassi, la delega legislativa, usata sempre più massicciamente, è divenuta un procedimento a
costante compartecipazione Parlamento-Governo: nel senso che l’iniziativa è in genere governativa;
poi il parlamento discute e vara la legge di delegazione; quindi il governo predispone uno schema
di decreto legislativo che deve essere esaminato dalle Camere; infine il governo delibera
definitivamente, spesso correggendo le disposizioni del decreto.
Un particolare tipo di fonte sono i decreti del governo in caso di guerra 78 Cost. essi possono
essere adottati dal governo previa deliberazione delle Camere dello stato di guerra (dichiarato dal
Presidente della Repubblica art. 87 Cost) e sulla scorta di un conseguente atto di conferimento dei
poteri necessari. L’atto di conferimento attribuisce al governo il potere di adottare atti con forza di
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Il governo, quando ricorrano determinati presupposti, può adottare decreti legge; essi sono
provvedimenti provvisori con forza equiparata alla legge ordinaria,delibarati dal Consiglio dei
ministri ed emanati dal Presidente della Repubblica; secondo una lettura rigorosa i decreti legge
dovrebbero recare misure concrete immediatamente applicabili (provvedimenti);tuttavia la
decretazione d'urgenza è circondata da una serie di condizioni e limiti quanto al procedimento e
all'efficacia dell'atto.
In base all'art.77 il decreto legge:
9. può essere adottato solo in casi straordinari di necessità ed urgenza; tali presupposti, però,
sono normalmente interpretati in senso ampio, non limitati solamente a eventi imprevisti,
ma anche a situazioni che richiedono a giudizio del governo interventi rapidi.
10. deve essere presentato alle Camere per la conversione lo stesso giorno in cui è adottato e le
Camere si riuniscono entro i successivi 5 giorni;
11. dura solo 60 giorni e ha dunque efficacia provvisoria: se non è convertito in legge la perde
sin dall'inizio (decade ex tunc).
Integrano il 77 Cost. le prescrizioni dell’art. 15 della legge 400\1998
12. non possono conferire deleghe legislative ex 76 Cost;
13. non possono provvedere nelle materie che l'art.72.4 della Costituzione riserva
all'approvazione dell'assemblea;
14. non possono riprodurre le disposizioni di decreti legge dei quali sia stata negata la
conversione in legge con il voto di una delle due Camere;
15. non possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla base di decreti legge non convertiti
16. non possono ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte
Costituzionale per vizi non attinenti al procedimento
Appena adottato dal governo, il decreto diventa oggetto di un apposito disegno di legge di
conversione e in questa forma viene presentato alla Camera o al Senato; in pratica il governo
presenta un progetto di un solo articolo il cui contenuto è appunto la conversione in legge del
decreto; in sede di conversione le Camere sono libere di apportare modifiche al testo del decreto
legge; gli emendamenti approvati dalle Camere, però, hanno efficacia solo pro futuro ossia dal
giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima
non disponga diversamente.
L’ultimo comma dell’art. 77 stabilisce che nel caso in cui il decreto decada senza essere stato
convertito, il Parlamento può adottare una legge regolatrice dei rapporti giuridici che si sono creati
nei 60 giorni di valenza del decreto legge.
L’abuso della decretazione d’urgenza, aveva portato, negli anni, al fenomeno della reiterazione del
decreto legge: alla scadenza dei 60 giorni un decreto non convertito veniva riformulato per altri 60
giorni sottoforma di un nuovo decreto, in modo da continuarne gli effetti. La Corte Cost. con
sentenza 360\1996 ha sancito il divieto di reiterazione del decreto legge: è lecito ripresentare decreti
legge non convertiti solo se fondati su presupposti nuovi o se il contenuto è sostanzialmente
differente. Oggi la corte costituzionale ha cominciato ad esercitare un vero e proprio controllo sui
presupposti di legittimità del decreto legge, controllando anche il parlamento che non può apportare
emendamenti al decreto che si allontanino troppo dall’oggetto e dalle finalità del testo originario.
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• statuti
• regolamenti
sono disciplinati dal testo unico sull’ordinamento degli enti locali (Tuel).
• REGOLAMENTI: ogni ente locale, per l’esercizio delle proprie funzioni, dispone di
potestà regolamentare (ad. Es. in materie come l’urbanistica, l’igiene, la viabilità, la polizia
municipale). La potestà dell’ente locale spetta al consiglio dell’ente locale; fanno eccezione
i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, che sono adottati dalla giunta nel
rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio. Essi sono subordinati allo statuto, nonché
alle leggi statali e regionali relative alla materia oggetto di disciplina regolamentare.
Gli statuti degli enti locali hanno come limite soltanto la legge dello stato, ed in questo senso non
sono fonte primaria. I regolamenti degli enti locali hanno invece come limiti sia la legge dello stato
che quella regionale.
CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO: sono da annoverare tra le fonti di autonomia collettiva, e sono
destinati a disciplinare il rapporto di lavoro tra datori di lavoro e lavoratori. L’art 39 prevede che i sindacati
registrati e dotati di personalità giuridica possono stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia
obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie cui il contratto si riferisce. All’art 39 non è stata data
attuazione per ragioni varie: questo vuoto normativo è riempito dai CONTRATTI COLLETTIVI DI
DIRITTO COMUNE, stipulati ai sensi del codice civile, che vincolano solo gli aderenti alle organizzazioni
che li stipulano. Questi contratti tuttavia non possono definirsi vere e proprie fonti del diritto. Potrebbero
esserlo i contratti collettivi di lavoro nelle pubbliche amministrazioni (si tratta di una fonte del diritto
negoziata).
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Possono avere natura di fonti di cognizione oppure di vere e proprie fonti di produzione, sono i testi
che raccolgono atti normativi preesistenti che disciplinano una medesima materia. Sono diretti al
riordino della legislazione vigente. Ci sono:
• TESTI UNICI COMPILATIVI: di natura amministrativa ed hanno come fine solo quello
di agevolare la conoscenza del diritto di una certa materia. Raccolgono le norme lasciandole
immutate; sono deliberati dal governo con una mera autorizzazione del Parlamento o su
propria iniziativa.
• TESTI UNICI NORMATIVI: hanno natura di atti di produzione del diritto, non si limitano
a raccogliere le norme di una stessa materia, ma tendono ad armonizzarle, e per questo non
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Nome del’atto
• Legge • l.
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La formazione dello stato moderno è stata accompagnata da una serie di dichiarazioni di diritti,
come il Bill of rights in Inghilterra (1689), ma la più importante fu la Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino (Rivoluzione Francese 1789) con la quale i rappresentanti del popolo
francese proclamarono i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo.
Ci sono molte differenze da paese a paese sul percorso d formazione e acquisizione dei diritti
fondamentali, ed è un percorso ancora in corso. Ma la linea evolutiva più consolidata è la seguente:
1) diritti civili: Sono i primi che si iniziarono ad affermare. Riguardano le libertà dallo stato su
alcune questioni: sono libertà intoccabili come la libertà personale, di domicilio, economica,
proprietà, di manifestazione del pensiero, la libertà do religione.
2) diritti politici: con l’emergere del proletariato (dalla seconda metà 800) il cittadino iniziava ad
essere considerato partecipe all’interno delle attività dello stato. I diritti politici sono quindi diritti di
partecipazione alle attività dello stato, sono le libertà nello Stato: diritto di voto, diritto di
associazione in partiti e sindacati. La nascita di questi diritti di seconda generazione va di pari
passo con l’evoluzione dallo stato liberale a quello liberaldemocratico: nasceva così lo stato
pluriclasse distruggendo quello monoclasse.
3) diritti sociali: dopo la prima guerra mondiale iniziarono a farsi strada quei diritti di terza
generazione (welfare) che riguardano la sfera sociale, le libertà attraverso lo stato: diritto
all’istruzione, alla salute, all’abitazione, al lavoro etc.
4) Nuovi diritti: sono i cosiddetti diritti di quarta generazione, che sono in continuo aggiornamento
e riguardano soprattutto la dignità dell’uomo in un’accezione molto ampia che tiene conto delle
problematiche contemporanee: ambiente, nuove tecnologie, privacy, bioetica, progresso scientifico.
Con l’espressione diritti fondamentali si raggruppano tutti i tipi di diritti civili, politici, sociali,
difesi e garantiti dalle varie costituzioni a livello nazionale mentre con la dicitura diritti umani si
intendono quei diritti riconosciuti dalle organizzazioni internazionali (Onu) per tutte le persone.
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C’è quindi una riserva di legge costituzionale che ha trovato attuazione solo negli anni ’80 per
cercare di regolamentare il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria. La disciplina a riguardo
è regolata dagli Accordi di Shengen del 1990 (Ue) e dalla legge Turco-Napolitano, del ‘98
modificata dalla legge Bossi-Fini del 2002.
• Allo straniero, comunque presente sul territorio, sono garantiti i diritti fondamentali della
persona umana, ma l’ingresso e il soggiorno illegale sono considerati reato di
immigrazione clandestina.
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6. Doveri costituzionali
Nella seconda parte dell’art. 2 Cost. sono sanciti dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale.
Tra questi doveri costituzionali vi sono:
• Dovere di svolgere un lavoro utile alla società (Art. 4.2Cost: Ogni cittadino ha il dovere
di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che
concorra al progresso materiale o spirituale della società)
• Dovere dei genitori al mantenimento, istruzione ed educazione dei figli (Art. 30.1Cost:
È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del
matrimonio)
• Dovere di difesa della patria (Art. 52.1Cost. La difesa della Patria è sacro dovere del
cittadino.)
• Dovere di concorrere alle spese pubbliche (Art. 53.1Cost: Tutti sono tenuti a concorrere
alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva)
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La libertà personale non ammette atti di coercizione fisica, né di degradazione giuridica, cioè
coercizione morale. La libertà personale non include però la libertà morale, cioè quella libertà di
determinare autonomamente i propri comportamenti.
▲ La Costituzione ammette restrizioni della libertà personale, ma solo in base ai termini di
legge (riserva di legge assoluta), da cui si fissano le norme penali e i limiti sostanziali alla
penalizzazione:
- principio di tassatività e determinatezza: i reati vanno dichiarati in modo chiaro. Ciò implica
anche il divieto di interpretazione analogica della norma penale;
- principio della personalità della responsabilità penale: la legge non può ascrivere una colpa di
qualcuno ad altri. Una deroga è ammessa solo nel civile;
- principio di colpevolezza: la colpa va assunta per dolo (evento voluto) o per colpa (cioè
negligenza, imprudenza, imperizia);
- principio dell’irretroattività delle norme penali: “nessuno può essere punito se non in forza di
una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso” art.25.2Cost.
- principio di offensività e lesività del reato: per costituire reato il fatto deve pregiudicare un bene
o un interesse costituzionalmente tutelato o connesso ad altri beni costituzionali.
▲ Oltre alla riserva di legge, un’altra garanzia della libertà personale è la riserva di
giurisdizione: nessuna restrizione è consentita “se non per atto motivato dall’autorità
giudiziaria”. Ci sono poi ipotesi di arresto in flagranza di reato e del fermo di indiziati di
reato che sono casi eccezionali la cui competenza è affidata all’autorità di pubblica
sicurezza.
▲ Possiamo parlare anche di restrizioni della libertà personale giustificate da esigenze di
prevenzione: misure di sicurezza e prevenzione.
▲ Un’ altra forma di restrizione è la custodia cautelare oltre alla reclusione. Ovviamente ci
sono dei principi di trattamento del detenuto che devono rispettare la persona e quindi
rispettare i principi umani. La pena ha scopo di prevenzione, ma anche di rieducare il
condannato.
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Art. 14.Cost.
Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti
dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e
fiscali sono regolati da leggi speciali.
L’articolo 14 della costituzione afferma che il domicilio non va violato, perché è una proiezione
spaziale della persona. Anche qui c’è la doppia garanzia: solo tramite perquisizioni domiciliari può
essere invaso tale spazio, sempre nei modi stabiliti dalla legge (riserva di legge), ma tramite un
mandato motivato dall’autorità giudiziaria (riserva di giurisdizione).
12.Libertà di comunicazione
Art. 15.Cost.
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono
inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'Autorità giudiziaria con le garanzie
stabilite dalla legge.
L’articolo 15 garantisce a tutti di poter comunicare con una o più persone determinate e quindi
garantisce la segretezza delle comunicazioni. Anche questa libertà non era tutelata dallo Statuto
Albertino. Anche qui c’è la duplice garanzia della riserva di legge e di giurisdizione: la
legislazione vigente in materia di intercettazioni e di sequestro di corrispondenza prevede, infatti, la
richiesta del pubblico ministero di poter usare quei dati per l’indagine. Per l’acquisizione dei
tabulati telefonici basta solo un decreto motivato del p.m.
Problemi sorgono in relazione alle nuove forme di comunicazione delle reti informatiche (internet,
social network).
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L’articolo 21 della costituzione permette a tutti di poter manifestare liberamente le proprie idee
tramite i mezzi di diffusione. La libertà di espressione sarebbe parziale se ad essa non venisse
riconosciuta la libertà di scelta del mezzo. Chiunque può far conoscere la propria idea a destinatari
indeterminati (se fossero determinati si ricadrebbe nelle libertà di comunicazione). Ovviamente è
garantito anche il diritto al silenzio cioè diritto a non esprimere il proprio parere.
Ci sono due limiti:
- espliciti come il buon costume cioè “il comune senso del pudore e della pubblica decenza
secondo il sentimento medio della comunità”(cod.penale). l’arte è considerata libera, senza pudore.
- impliciti derivanti dall’esigenza di tutelare altre libertà o beni costituzionali. La libertà di un
individuo non deve mai cancellare o sovrastare la libertà di un altro individuo. Per cui la libertà di
manifestazione e informazione devono essere bilanciate con i diritti della personalità, i diritti
d’autore, il divieto di pubblica apologia di reato e di vilipendio della repubblica, delle istituzioni,
della bandiera o offesa alla costituzione o nazione.
▲ La libertà di manifestazione implica anche la libertà di informarsi e di essere informato
tramite tutti i mezzi messi a disposizione. Anche se la costituzione non prevede in modo
esplicito questo diritto, se ne ha una traccia nell’articolo 21. La Corte Cost. ha stabilito che
la libertà di manifestazione del proprio pensiero comprende anche il diritto di informare e di
essere informati.
Presupposto indispensabile della libertà di informazione è che la vita istituzionale e politica sia
improntata a un regime di pubblicità, con le sole eccezioni a tutela dei beni e interessi
costituzionalmente garantiti. Questo accade in relazione alla disciplina dei segreti previsti
dall’ordinamento, tra cui il segreto di stato.
L’unico mezzo che la costituzione cita come mezzo di informazione è la stampa che non è soggetta
al previo controllo delle autorità e dispone di una duplice garanzia (di legge rinforzata e di
giurisdizione).
Privi di esplicita disciplina costituzionale sono gli altri moderni mezzi di comunicazione di massa,
in particolare il sistema radiotelevisivo. La regolamentazione della televisione ha subito variazioni
nel tempo: inizialmente era monopolio di stato (dal 1936), poi la prima regolamentazione della tv
avviene con la legge Mammì (1990)che garantiva un pluralismo nelle voci televisive e prevedeva
l’inserimento di capitale privato anche nel settore pubblico. Venne anche istituita l’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni (Agecom). Nel 2000 venne introdotta la legge per la par condicio,
per cui nessuno poteva essere titolare di più del 25% del numero delle reti previste, ma fu dichiarata
incostituzionale dalla corte costituzionale in base al principio del pluralismo delle voci e del diritto
all’informazione. Nel 2004 arriva la legge Gasparri - e poi il testo Unico della radiotelevisione - che
porta una serie di cambiamenti nella tv e del servizio pubblico.
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Nell’art. 33.1 la costituzione afferma la libertà di scienza e quindi la promozione della ricerca
scientifica (art.9.1).
Ma quali sono i confini della scienza? Ci sono limiti etici e/o giuridici? Problemi nuovi pone la
diffusione delle biotecnologie. Oggi il dibattito è acceso sulle questioni di procreazione assistita
(legge n.40/2004 che ha introdotto vincoli e limiti: no coppie gay, solo maggiorenni,no gameti
estranei alla coppia), sulla questione della clonazione(divieto di esperimenti umani), sull’uso degli
Ogm.
16. Diritto di istruzione e diritto allo studio
Art. 33.Cost.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini
e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve
assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli
alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione
di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti
autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
L’art. 33 della costituzione garantisce anche la libertà di insegnamento (libertà nella scuola)
volto a formare la personalità dell’individuo per la sua crescita e formazione.
Oltre alle libertà nella scuola, è prevista anche la libertà della scuola: possono coesistere scuole
pubbliche e private e parificate, le ultime senza oneri per lo Stato (l’ultima legislazione ha previsto
finanziamenti alle famiglie degli studenti anche di scuole private).
Nell’art. 34Cost. si dice che la scuola pubblica deve essere aperta a tutti e obbligatoria e gratuita per
almeno 8 anni.
Art. 34.Cost.
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli
studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre
provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
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I diritti associativi
La libertà di associazione fu sempre osteggiata perché vista come un intrusione nel rapporto stato e
cittadino (soprattutto dopo la Rivoluzione francese, ma anche con la repressione durante il periodo
fascista).
Con la nascita della repubblica italiana venne inserito l’articolo che inserisce la libertà di
associazione, cioè di far parte di organizzazione di individui legati dal perseguimento di un fine
comune. Le associazioni hanno natura giuridica ed è questo che le differenzia dalle semplici
riunioni di individui.
Le libertà riconosciute dall’art. 18 sono molteplici: libertà di associazione, di non associazione e
delle associazioni, cioè la possibilità di formare un numero indefinito di associazioni anche sullo
stesso tema.
Ci sono alcune attività che obbligano i partecipanti ad aderire ad associazioni (es. associazioni
sportive, ordini professionali), ma non sono ritenute illegittime se hanno fini pubblici,
costituzionalmente garantiti. L’art. 18 vieta l’esercizio di associazione per fini vietati per legge.
Sono vietate infatti le associazioni segrete o quelle che operano a scopi politici mediante
organizzazioni di carattere militare. (d.l.374/2001 e d.l.144/2005: divieto di associazioni con fini
terroristici).
Le formazioni sociali a rilevanza costituzionale
19. La famiglia
La Costituz. riconosce la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”, sia civile che
religioso.
Art. 29.Cost.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
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L’Italia è un Paese laico ma la Chiesa Cattolica ha avuto e ha un ruolo importante per la storia
italiana. I Patti Lateranensi (stipulati 11/02/1929, poi rinnovati nel 1985) costituiscono una legge
rinforzata: la loro modifica richiede il previo accordo con la Santa Sede e un procedimento più
gravoso rispetto a quello ordinario.
Riguardo alle altre confessioni religiose, si prevede la loro autonomia e la stipula di intese, recepite
in leggi, anch’esse rinforzate.
La laicità dello Stato è intesa non come indifferenza ma come equidistanza dalla religione.
Recentemente è emersa la questione dell’obbligatorietà dell’esposizione dei crocefissi nelle aule
delle scuole: su questo, dopo diverse sentenze pro e contro, la Corte europea a sezioni riunite ha
deciso che non è condannabile poiché rientra come mantenimento di una tradizione italiana e
comunque la questione è inerente alla giustizia italiana, poiché non vi è una nozione comune di
laicità a livello europeo.
Art. 43.Cost.
A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante
espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti
determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a
fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse
generale.
L’art. 43 non vuol dire che siano possibili, in modo incondizionato, nazionalizzazioni p
collettivizzazioni, ma ci vuole sempre una riserva di legge rinforzata, alla luce dei requisiti che la
legge stessa deve soddisfare. Tuttavia l’art. 43 è poco usato, unico caso: istituzione dell’Enel come
pubblica impresa di produzione di energia elettrica.
A livello europeo è stata istituita nel 1990 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato
(antitrust) che opera in stretta collaborazione con la Commissione europea.
I diritti sociali
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La promozione dell’eguaglianza
La sola eguaglianza formale non basta, perché la realtà dei rapporti materiali presenta situazioni di
profonda diversità. La Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale che di fatto limitano la libertà di eguaglianza a tutti, e il fine di un pieno sviluppo della
persona umana e di effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica,
economica e sociale del paese.
I destinatari di tale disposizione sono tutti i soggetti che versano in condizioni di deficit di libertà ed
eguaglianza.
L’intervento è diretto alla redistribuzione delle risorse secondo i moduli d’azione dello stato sociale
e alla legittimazione dei singoli interventi correttivi di disuguaglianze di fatto (in questo senso sono
riassunte le specifiche previsioni costituzionali a favore delle categorie e dei soggetti meno
protetti).
Azioni positive: interventi del legislatore, diretti a realizzare pari opportunità tra i sessi.
Quote elettorali in favore delle donne: la C.C. dichiarò illegittime le “quote rosa” perché contro il
principio di eguaglianza. Ma è necessario promuovere la parità di accesso alle cariche elettive e
quindi le pari opportunità.
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“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione” (secondo comma art 1 della Costituzione). Significa che:
• il popolo è titolare in senso giuridico della sovranità
• il popolo mantiene continuativamente il possesso (potere di fatto su una cosa)
• il popolo non vi può rinunciare e non può trasferirla a nessun singolo individuo ed a nessuna
parte di sé. Può naturalmente delegarne l’esercizio.
L’ordinamento italiano si fonda sul principio che il popolo costituisce la fonte di legittimazione di
ogni potere costituito (non Dio, non la Nazione). L’organizzazione dello stato e degli enti politici
deve basarsi su tale criterio di legittimazione. Inoltre alcuni poteri disciplinati dalla Costituzione
restano affidati al popolo, o più precisamente al corpo elettorale, secondo la formula della
democrazia governante, in base alla quale è il popolo stesso a prendersi la responsabilità del proprio
destino. Oltre allo Stato ci sono altri soggetti attraverso i quali il popolo fa valere la sua volontà:
regioni ed enti locali, enti sovranazionali, libero associarsi in partiti politici e sindacati, strumenti di
partecipazione popolare fra cui gli istituti della democrazia diretta.
POPOLO: insieme di tutti coloro che sono legati all’ordinamento giuridico da un vincolo
particolare che si chiama cittadinanza. Quindi popolo è l’insieme dei cittadini.
La popolazione è invece l’insieme di tutti coloro che si trovano all’interno di qualsiasi ente
territoriale (cittadini, stranieri, apolidi).
Il popolo quindi è la parte della popolazione che si trova ad esempio dentro i confini dello stato, ma
può essere anche fuori dai confini statali (nella popolazione di un altro stato).
NAZIONE: non definisce un rapporto giuridico, ma un vincolo sociale e a volte politico, cioè
quello che accomuna per tradizioni, storia, lingua e religione un insieme di persone fisiche.
Nella Costituzione è presente la nozione di “italiani non appartenenti alla Repubblica”, cioè coloro
che pur essendo di cittadinanza italiana, non sono cittadini della Repubblica: la legge può garantire
loro lo stesso trattamento dei cittadini (art 51.2).
Il vincolo di cittadinanza determina un vero e proprio statu giuridico, ovvero un insieme di diritti e
doveri soprattutto politici, di cui al titolo IV della parte I della Costituzione. I diritti e doveri dei
titoli I-II-III della parte I della Costituzione sono applicabili a tutti, non solo ai cittadini.
Formule maggioritarie: sono quelle in base alle quali chi prende più voti conquista l’intera posta
in palio, che sia un seggio o più seggi. Questo tipo di formule ammettono due varianti:
plurality: il seggio lo vince chi ottiene più voti in ciascun collegio uninominale (Usa, Regno Unito);
majority: a doppio turno eventuale, il seggio lo vince chi ottiene la metà più uno dei voti, per cui se
nessuno lo ottiene alla prima votazione si procede ad una seconda votazione tra i primi due o fra
coloro che hanno riportato un certo numero di voti.
Formule proporzionali: sono quelle che ripartiscono i seggi da assegnare in misura percentuale
rispetto ai voti dati dagli elettori a ciascun partito. Ad esempio se i seggi sono 100, i voti validi 10
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Alla Camera:
1. si determinano i voti che ciascuna coalizione o lista ha ottenuto su base nazionale: sono
sommati i voti ottenuti in tutte le circoscrizioni da ogni lista coalizzata e no e i voti ottenuti
dall’insieme delle liste collegate in ogni coalizione; a questo punto si tiene conto delle
soglie di sbarramento, che determina la partecipazione o no al riparto dei seggi.
2. avviene quindi una prima ripartizione proporzionale dei seggi tra le coalizioni e le liste
singole che hanno superato le soglie di sbarramento. Qui si vede se la coalizione o la singola
lista hanno ottenuto almeno 340; se così è, il procedimento finisce e si dividono i seggi
anche all’interno della coalizione.
3. se così non è si procede a due distinte ripartizioni: alla coalizione o lista che ha avuto più
voti si attribuiscono comunque 340 seggi (premio), sottraendole alle coalizioni o liste
singole perdenti , fra le quali sono ripartiti proporzionalmente gli altri 227 seggi.
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6. ELEZIONI REGIONALI
In base all’art 122.1 Cost, la competenza in materia di sistema elettorale delle regioni a statuto
ordinario spetta alla legge regionale, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello
Stato. Vige però una disciplina transitoria: la vigente legislazione elettorale regionale transitoria si
basa sull’elezione diretta del presidente della regione a cui consegue per legge l’attribuzione della
maggioranza consiliare alle forze politiche che si sono presentate con il presidente eletto. La legge
proporzionale del 1968 è stata modificata prevedendo accanto alle liste provinciali una lista
regionale il cui capolista è candidato alla presidenza della regione: questa lista contiene un numero
di candidati pari ad un quinto dei componenti del consiglio da cui si attinge per attribuire un premio
di maggioranza. Caratteristiche della formula sono:
• il voto su una scheda sola per presidente e consiglio, in un turno unico;
• i candidati a presidente sono collegati ad una o più liste provinciali, oltre alla propria lista
regionale;
• l’elettore può votare: solo il presidente / il presidente ed una lista provinciale a cui è
collegato / il presidente ed una lista provinciale a cui non è collegato (voto disgiunto) / solo
una lista. Può inoltre esprimere un voto di preferenza con il nome di uno dei candidati
all’interno della lista provinciale.
• Il candidato presidente con più voti è eletto e con lui sono eletti non meno del 55% dei
consiglieri delle liste a lui collegate attingendo da quella regionale e se necessario dalle
altre; se le liste collegate hanno ottenuto meno della metà dei seggi, quella regionale viene
eletta interamente. Se hanno ottenuto la metà o più dei seggi, solo il 50% della lista
regionale viene eletto (premio).
7. ELEZIONI COMUNALI
La loro legislazione elettorale è materia esclusiva dello Stato. La disciplina delle elezioni comunali
si trova nel testo unico sull’ordinamento degli enti locali. È caratterizzata dall’elezione diretta del
sindaco introdotta nel 1993. Le formule in realtà sono due, una per i comuni maggiori (sopra i
15.000 abitanti) ed una per i comuni minori (sotto i 15.000).
Nei comuni maggiori:
• scheda unica per eleggere sindaco e consiglio (a sinistra i candidati, a destra le liste a cui
sono collegati obbligatoriamente);
• facoltà di votare solo per un candidato sindaco / per il sindaco ed una lista collegata / per il
sindaco ed una lista non collegata (voto disgiunto) / solo per la lista (in cui è possibile
aggiungere la preferenza di un candidato specifico);
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8. ELEZIONI EUROPEE
Nel 2009 è stata introdotto uno sbarramento in base al quale le liste che sul piano nazionale non
ottengono almeno il 4% dei voti non partecipano al riparto dei seggi europei.
• i seggi da eleggere sono ripartiti in cinque grandi circoscrizioni pluri-regionali (Nord-Ovest,
Nord-Est, Centro, Sud, Isole);
• si applica la regola del quoziente naturale e dei più alti resti;
• non la si applica circoscrizione per circoscrizione, ma al complesso dei voti ottenuti nelle
varie liste;
• sono previste tre preferenze: il risultato è che ci sono regioni senza rappresentanti.
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La Costituzione prevede una serie di limiti al referendum abrogativo: ovvero una serie di oggetti
che non possono essere posti al vaglio del referendum; per questo è previsto un meccanismo di
verifica dell’ammissibilità delle richieste presentate, che la legge costituzionale 11 marzo 1953 n 1
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Tuttavia la giurisprudenza della Corte costituzionale ha individuato limiti ulteriori a partire dalla
sentenza fondamentale n 16 del 1978 interpretando il testo (limiti impliciti) e lo spirito (limiti
logici) della Costituzione.
Questi limiti ulteriori, ovvero altre materie per cui sono inammissibili i referendum:
• la Costituzione e le leggi formalmente costituzionali, per le quali l’art 138 prevede un
procedimento aggravato rispetto alla legge ordinaria;
• le leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, per le quali la Costituzione detta l’unica
disciplina possibile, senza lasciare margini di scelta al legislatore;
• le leggi a contenuto “comunitariamente” vincolato, per le quali la discrezionalità del
legislatore nazionale è vincolata al rispetto del diritto comunitario;
• gli atti legislativi ordinari aventi forza passiva rinforzata, cioè le fonti specializzate in
ragione della loro particolare competenza, la cui adozione deve seguire processi più
complessi di quello ordinario;
• le leggi collegate strettamente a quelle vietate dall’art 75.2 Cost, che devono quindi essere
comprese nel divieto;
• le leggi obbligatorie o necessarie, cioè quelle che devono necessariamente esistere
nell’ordinamento perché direttamente previste dalla Costituzione. In questo ultimo ambito si
colloca la discussione sui referendum su leggi elettorali, cioè leggi necessarie per il
funzionamento degli organi costituzionali, ma a contenuto libero. La Corte costituzionale ha
ritenuto inammissibili richieste di abrogazione totale, ritenendo l’eliminazione delle leggi
elettorali in contrasto con il principio i continuità degli organi costituzionali; ha ritenuto
legittime però le richieste di abrogazione parziale e a condizione che la disciplina che
residua dopo l’abrogazione permetta lo stesso agli organi costituzionali di funzionare.
Ulteriori vincoli riguardano la formulazione del quesito referendario, che per essere ammissibile
deve essere omogenea, chiara ed univoca, in modo da permettere un’espressione del voto
consapevole da parte del cittadino. È inammissibile un quesito referendario che contenga una
pluralità di domande eterogenee che impediscono una scelta univoca: il quesito sottoposto agli
elettori, anche se riguarda una pluralità di disposizioni, deve essere riconducibile ad un unitario
principio abrogativo in grado di tenerle tutte insieme. L’omogeneità della richiesta diventa il
presupposto affinché un quesito referendario sia chiaro, ed è chiaro quando l’elettore è in grado di
capire quale sia l’oggetto dell’abrogazione, le conseguenze ed il fine che i promotori del
referendum intendono perseguire (per questo la Corte valuta anche che il quesito sia idoneo al fine
voluto dai promotori).
INIZIAZIONE DEL REFERENDUM:Una volta che la Corte costituzionale abbia dichiarato
ammissibile il quesito, il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri,
indice il referendum che si deve tenere fra il 15 Aprile ed il 15 Giugno (ma non nell’anno delle
elezioni parlamentari, perché non si possono presentare proposte nei 12 mesi anteriori allo
scioglimento delle Camere ed alle conseguenti elezioni; se sono sciolte anticipatamente, il
referendum eventualmente già indetto slitta all’anno successivo).
QUORUM STRUTTURALE: perché la consultazione abbia un esito favorevole, non è sufficiente
che i sì prevalgano sui no, ma è necessario che abbia partecipato alla votazione almeno la metà più
uno degli aventi diritto (50%+1). L’Ufficio centrale per il referendum verifica e proclama i risultati:
se sono favorevoli, il Presidente della Repubblica emana un decreto con il quale ritiene abrogata la
legge o una parte di essa sottoposta alla consultazione. Dal giorno dopo la pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale, l’abrogazione ha effetto (ma può essere ritardata fino a 60 giorni se ritenuto dal
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CAPITOLO 11 IL PARLAMENTO
I parlamenti di oggi sono organi assai diversi rispetto a quelli cui fu per la prima volta ha dato quel
nome oltre 800 anni fa quei primi parlamenti erano di unioni di Baroni e nobili, allora gli unici
immaginabili interlocutori del re. Quest'ultimo li convocava Parlamento per consultarli, per
chiedere loro risorse denaro, del rate, materiali, uomini. Si trattava di incontri occasionali,senza
periodicità ne durata definitiva. La trasformazione di questa assemblea in qualcosa di più
vagamente simile a ciò che noi oggi conosciamo avvenne a prima in Inghilterra. Essa fu segnata
dalla successiva conquista di guarentigie per i membri dell'Assemblea, del potere di di liberarsi dei
funzionari del re colpevoli di qua che qualche misfatto ai loro danni, della garanzia di essere
convocati periodicamente, del diritto di autoconvocarsi, del potere di stabilire quali materie trattare.
Quando il Parlamento inglese conquista il potere di stabilire l'ordine di successione al trono, con
questo atto si può considerare la nascita del Parlamento moderno che si proclamava sovrano. Già da
tre secoli e sono in Inghilterra si era diviso in due camere assumendo carattere bicamerale da una
parte i conti, i vescovi e titolari di antichi Baroni, dall'altra e rappresentanti delle città e poi della
borghesia. Nel corso della 700 il Parlamento inglese affermò a poco a poco un suo potere
fondamentale, quello di influire sulle scelte da parte del re, dei Ministri e in particolare del primo
ministro. Così, accanto al potere di fare le leggi, anche il potere di condizionare l'esecutivo bene Pro
aggressivamente sottratto la corona a vantaggio del Parlamento.
fino a buona parte dell'Ottocento, si tratta pur sempre della rappresentanza di una piccolissima parte
della società, nel XX secolo, con un suo inarrestabile allargamento sfociò in un suffragio universale,
Pina maschile e poi anche femminile. Con il suffragio universale il Parlamento divennero e
assemblea espressione della società. Nello stesso periodo nasceva il partito di massa, che avrebbe
caratterizzato tutto il secolo scorso. La capacità di rappresentare la società di cui erano espressione
era stata la primigenia funzione dei parlamenti. L'esecutivo sera fino ad allora identificato con il re.
I parlamenti avevano infatti dimostrati loro costante conflitto con l'esecutivo Del Re e ciò spiega la
forte volontà di poteri. I ministri di Sua Maestà potessero condizionare troppo i rappresentanti della
nazione. I parlamenti affermarono il potere di influire sulla formazione dell'esecutivo. Fino al punto
in cui regime monarchico costituzionale dopo una lunga salita perché l'esecutivo dipende mai prima
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DIRITTO PARLAMENTARE
L’organizzazione ed il funzionamento delle due Camere sono disciplinati da fonti costituzionali e
fonti di autonomia parlamentare che nel loro complesso costituiscono il diritto parlamentare.
Le regole fondamentali del diritto parlamentare sono stabilite dalla Costituzione:
ciascuna camera elegge fra i suoi componenti presidente ed ufficio di presidenza (art 63.1 Cost).
ciascuna camera adotta un proprio regolamento e lo fa a maggioranza assoluta dei propri
componenti (art 64.1); organizzazione e funzionamento di ciascuna camera sono oggetto di una
riserva di regolamento parlamentare, ovvero non possono essere regolate da altre fonti di natura
sub-costituzionale;
le sedute sono pubbliche a meno che non sia deliberata la seduta segreta (art 64.2), per ogni seduta
vengono redatti un processo verbale, resoconti sintetici (sommari) ed integrali (stenografici)
immediatamente presenti su internet;
le decisioni sono prese con la maggioranza dei presenti (quorum funzionale, maggioranza semplice
cioè la metà + 1 di quelli che votano, salvo che la Costituzione non preveda una maggioranza
qualificata) purché sia presente il numero legale dei componenti cioè la metà + 1 dei componenti,
salvo congedi autorizzati. Se manca il numero legale le deliberazioni non sono valide. Alla Camera
coloro che si astengono vengono conteggiati nel quorum strutturale e non in quello funzionale,
mentre al Senato in entrambi: perciò al Senato astenersi equivale a votare contro. I senatori che
vogliono astenersi senza votare contro devono uscire dall’aula.
i componenti del governo hanno diritto ad assistere alle sedute e di essere ascoltati quando lo
richiedono ed hanno l’obbligo di farlo se richiesto, in quanto è presente un rapporto fiduciario tra
parlamento e governo.
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PROCEDIMENTO LEGISLATIVO
Il procedimento legislativo consta di cinque fasi:
fase dell’iniziativa
fase istruttoria
fase deliberativa
fase della promulgazione
fase della pubblicazione
INIZIATIVA: titolari del potere di iniziativa sono il governo, ciascun consiglio regionale, il
Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, il popolo mediante proposta di 50.000 elettori,
ciascun membro del Parlamento (solo nella camera di appartenenza).
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(*)La sessione di bilancio è un periodo di un mese e mezzo in ciascuna camera in cui i lavori
parlamentari sono finalizzati alla discussione e votazione della legge di stabilità e del bilancio di
previsione in modo che siano approvati entro il 31 Dicembre. La sessione di bilancio costituisce la
fase finale del ciclo annuale di bilancio. Questo ciclo integrato Italia-Ue prende avvio su linee guida
di politica economica: il governo entro il 10 aprile sottopone alle camere il documento di economia
e finanza che contiene la proposta di aggiornamento del programma di stabilità, e del programma
nazionale di riforma. Acquisite le deliberazioni parlamentari, il governo definisce il documento da
inviare a Bruxelles entro aprile. Entro giugno è la volta del rendiconto generale dello Stato e
dell’eventuale disegno di legge di assestamento, per riportare i conti in linea con gli obiettivi. Entro
luglio gli organi europei si pronunciano sul programma di stabilità e sul programma di riforma. A
questo punto il governo entro il 20 settembre presenta la nota di aggiornamento del documento di
economia e finanza che fissa i nuovi obiettivi programmatici e recepisce le raccomandazioni date in
sede europea. Perciò il governo entro il 15 ottobre presenta sia il disegno di legge di bilancio sia il
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PROCEDURE DI CONTROLLO
Le Camere dispongono di molteplici strumenti per esercitare funzioni di controllo e di
informazione:
le INTERROGAZIONI consistono in una domanda rivolta per iscritto al governo, per chiedere
informazioni già note, alle quali il governo risponde in forma orale o scritta. L’interrogante deve
limitarsi a dire se è soddisfatto o no della risposta, non si apre alcun dibattito. I regolamenti
prevedono lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
le INTERPELLANZE sono domande per sapere dal governo perché si è comportato in un certo
modo e cosa intende fare in ordine ad alcuni aspetti della sua politica. Esse preludono ad un
giudizio politico: l’interpellante può replicare più a lungo e presentare una mozione ed innescare un
dibattito vero e proprio.
Le commissioni invece possono usare strumenti di controllo attraverso:
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GOVERNO IN PARLAMENTO
Il parlamentarismo necessita per definizione della collaborazione fra i due soggetti del rapporto
fiduciario, Parlamento e Governo. La Costituzione regola ad esempio la possibilità per i membri del
governo di partecipare alle sedute delle camere, oppure di decretare la legislazione d’urgenza
interferendo con il programma delle camere. Tuttavia sono proprio i regolamenti parlamentari a
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Vi sono poi alcuni atti che si ritiene il presidente possa compiere senza controfirma:
• può dimettersi;
• può fare dichiarazioni informali in pubbliche occasioni, come semplice manifestazione delle
opinioni personali (esternazioni);
• conferisce l’incarico di formare il governo;
• esercita le funzioni di presidente di Csd e del Csm.
L’esercizio del potere di grazia ha creato controversie: l’iniziativa spetta sia al ministro della
giustizia sia al presidente stesso, ma la necessità della controfirma ha permesso al ministro di
bloccare il provvedimento nel caso in cui non lo condividesse. Comunque dalla riforma del sistema
penale del 1989 le grazie concesse si sono drasticamente ridotte a poche decine l’anno: ciò spiega
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CAPITOLO 13
IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA
Il governo è il potere esecutivo (in senso oggettivo: con riferimento alla funzione esecutiva, in
senso soggettivo: in riferimento all’organo cui tale attività è affidata).
Potere esecutivo voleva e vuol dire anche amministrazione: di quella statale il governo è proprio il
vertice. Amministrare significa tradurre continuativamente in decisioni puntuali le scelte in genere
astratte del legislatore. Ed è farlo in nome degli interessi generali.
Il governo è l’organo che più di ogni altro promuove, elabora, mette a punto e realizza le politiche
pubbliche (programmi che l’autorità progetta e cerca di attuare). Il governo comunque è soprattutto
vertice dell’apparato amministrativo statale: ogni branca dell’amministrazione statale ha al suo
vertice un ministro a cui indirizzi settoriali risponde, mentre l’amministrazione risponde a quelli
generali fissati dal Consiglio dei ministri e tradotti in direttive dal Presidente del consiglio.
ORGANIZZAZIONE E FUNZIONI
Nell’ordinamento italiano anche il governo, come il Parlamento, è un organo complesso.
Lo afferma l’art 92 della Costituzione, secondo il quale il governo della Repubblica è costituito da
un organo collegiale e due organi individuali:
• presidente del Consiglio;
• ministri;
• Consiglio dei ministri (assemblea composta dai ministri e presieduta dal presidente del
Consiglio).
La disciplina del governo si trova nel titolo III della parte II della Costituzione, in soli cinque
articoli che costituiscono una delle parti meno felici della nostra carta costituzionale, perché
stringata e poco chiara, con l’assenza di una nitida gerarchia all’interno del governo e di un progetto
di rafforzamento della sua stabilità.
L’articolo cruciale è il 95, che cerca di risolvere la questione dei rapporti interni al governo tra gli
organi che lo compongono.
1. il Presidente del Consiglio ha un compito di direzione della politica generale del governo,
della quale ha personale responsabilità politica. In particolare:
• deve mantenere l’unità dell’indirizzo politico ed amministrativo;
• può promuovere e coordinare l’attività dei ministri;
• il suo potere giuridico chiave (ex art 92) è la proposta al presidente della Repubblica dei
nomi dei ministri (ma non la loro revoca);
• solo su sua iniziativa può essere posta la questione di fiducia davanti alle Camere;
• controfirma qualsiasi atto deliberato dal Consiglio (e può quindi esercitare un potere di
condizionamento) e presenta alle Camere i disegni di legge di iniziativa governativa;
• ha la direzione generale della politica dell’informazione per la sicurezza, può apporre il
segreto di stato, nomina i direttori dei servizi di intelligence;
• promuove e coordina l’azione del governo nell’Unione europea ed è responsabile
dell’attuazione degli impegni assunti in ambito europeo;
Il presidente del Consiglio ha sede in Palazzo Chigi dal 29 Marzo 1961, in una struttura composta
di numerosi dipartimenti, uffici e servizi, con diverse migliaia di dipendenti: questa struttura ha il
nome di Presidenza del Consiglio, gode di autonomia contabile e di bilancio e di autonomia
organizzativa.
2. il Consiglio dei ministri assume tutte le deliberazioni relative alla funzione di indirizzo
politico, determina la politica generale del governo e dirime eventuali conflitti di interessi
tra i ministri. In particolare il consiglio decide:
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Manca capitolo 14
CAPITOLO 15
LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
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PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
L’attività delle pubbliche amministrazioni è normalmente articolata in una serie di atti tra loro
connessi, di competenza di una o più specifiche amministrazioni, volti al raggiungimento del fine
perseguito attraverso l’adozione di un provvedimento finale.
La nozione di procedimento amministrativo si articola in quattro fasi distinte:
• iniziativa: l’atto iniziale del procedimento può consistere in un’istanza del soggetto
interessato al provvedimento finale (parte privata o soggetto pubblico) oppure in
un’autonoma scelta della stessa amministrazione precedente;
• istruttoria: o preparatoria, l’amministrazione procedente raccoglie tutti i dati e le
informazioni necessarie in vista dell’adozione dell’atto finale. Ove serva ottenere il
consenso di più amministrazioni, può essere attivata la conferenza di servizi.
• fase costitutiva: o deliberativa, consiste nell’adozione del provvedimento finale, secondo le
modalità e le procedure previste dalla legge.
• fase integrativa dell’efficacia: una volta adottato l’atto finale, si compiono tutti gli
adempimenti previsti per consentirgli di dispiegare i propri effetti giuridici.
Nel nostro ordinamento risulta accolto il principio del giusto procedimento, che tende a garantire la
corretta formazione della volontà dell’amministrazione, che deve svolgersi in forme tipiche,
osservare determinate procedure, garantire certe forme di pubblicità e trasparenza ed assicurare
l’intervento dei soggetti coinvolti.
La disciplina generale del procedimento amministrativo si fonda su questi principi:
• obbligo di motivazione dell’atto amministrativo;
• trasparenza amministrativa;
• individuazione del responsabile del procedimento, chiamato ad assumersi le relative
responsabilità;
• diritto di accesso agli atti da parte dei soggetti interessati;
• partecipazione dei soggetti interessati all’istruttoria;
• contraddittorio fra i soggetti portatori di interessi diversi;
• obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro il termine che
l’amministrazione procedente ha l’obbligo di stabilire (non superiore a 90 o 120 giorni).
Decorso il termine, si applica di regola l’istituto del silenzio-assenso.
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CAPITOLO 16
IL SISTEMA GIUDIZIARIO
Una definizione complessiva della funzione giurisdizionale deve conciliare due prospettive: il
profilo soggettivo ed il profilo oggettivo. Sotto quello soggettivo, si individua l’esercizio della
funzione giurisdizionale ogni volta che determinate attività sono attribuite alla competenza degli
appartenenti al corpo giudiziario, dando più rilievo alla natura del soggetto cui spetta la decisione.
Sotto quello oggettivo invece non si dà rilevanza allo status del soggetto che decide, quanto al fatto
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GIURISDIZIONI SPECIALI
È la stessa Costituzione a prevedere alcune giurisdizioni speciali. Sono:
• la giurisdizione amministrativa;
• la giurisdizione contabile;
• la giurisdizione militare.
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA: i giudici amministrativi hanno competenza per le controversie
che vedono coinvolta la pubblica amministrazione. Secondo l’art 103.1 Cost, hanno giurisdizione
“per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi ed in particolari
materie stabilite dalla legge, anche dei diritti soggettivi”. È la legge a definire il riparto tra giudici
amministrativi e giudici ordinari. Per il processo amministrativo, dal 2010 è in vigore un vero e
proprio codice del processo amministrativo che raccoglie l’intera materia. Quanto
all’organizzazione territoriale, sono previsti Tribunali amministrativi regionali (TAR) che sono
giudici collegiali competenti in primo grado, le cui sentenze sono appellabili presso il Consiglio di
stato, organo centrale della giustizia amministrativa.
GIUSTIZIA CONTABILE: hanno una giurisdizione riservata in materia di contabilità pubblica ed
altre specificate dalla legge. Attualmente giudicano sulla responsabilità amministrativa (danni recati
all’amministrazione) e contabile (maneggio di pubblico denaro) di amministratori, impiegati e
tesorieri delle amministrazioni pubbliche. Hanno anche competenza in materia di pensioni. La
Corte dei conti si articola in sezioni giurisdizionali regionali, in ogni regione competenti in primo
grado, le cui decisioni possono essere appellate alle sezioni giurisdizionali centrali, competenti in
secondo grado con sede a Roma.
GIUSTIZIA MILITARE: i tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla
legge. In tempo di pace hanno giurisdizione solo per i reati militari commessi dagli appartenenti
alle forze armate. È quindi un elemento soggettivo, l’appartenenza ai corpi militari, il requisito per
cui la giustizia militare può essere esercitata.
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CORTE COSTITUZIONALE
È disciplinata solo in parte dalla Costituzione, altre regolamentazioni si trovano in alcune leggi
costituzionali, in disposizioni legislative ordinarie ed in fonti regolamentari interne adottate dalla
stessa Corte costituzionale.
COMPOSIZIONE: La Corte costituzionale è composta da 15 giudici che sono nominati:
• per un terzo dal presidente della Repubblica;
• per un terzo dal Parlamento in seduta comune;
• per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa.
Tutti i giudici costituzionali sono scelti tra i magistrati delle giurisdizioni ordinaria ed
amministrative, i professori ordinari in università di discipline giuridiche e gli avvocati con
anzianità professionale di almeno vent’anni.
Il presidente della repubblica li nomina con proprio decreto, atto considerato presidenziale. Dei
giudici delle magistrature superiori, tre sono eletti dai magistrati della Corte di cassazione, uno da
quelli del Consiglio di stato ed uno da quelli della Corte dei conti. Il mandato dei giudici
costituzionali dura nove anni dalla data del giuramento e cessa senza prorogatio; essi non sono
rieleggibili. Il presidente della corte è eletto dai suoi componenti per tre anni, ed è rieleggibile. Il
ruolo di giudice della Corte costituzionale è incompatibile con la carica di parlamentare, di
consigliere regionale, con la professione forense e con ogni altra carica o ufficio indicati dalla
legge. Le garanzie di indipendenza, le immunità e le prerogative dei giudici della Corte
costituzionale sono equiparate a quelle dei parlamentari.
COMPETENZE : la Corte costituzionale è competente a giudicare:
• sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza
di legge dello stato e delle leggi delle regioni;
• sui conflitti di attribuzione tra poteri dello stato e sui confitti tra stato e regioni e tra regioni
e regioni;
• sulle accuse promosse dal parlamento in seduta comune contro il presidente della repubblica
in caso di alto tradimento o attentato alla costituzione;
• sull’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo.
Il metodo di lavoro della corte è improntato al principio di collegialità: alla decisione, fermo il
quorum strutturale a 11 giudici, devono partecipare tutti i giudici presenti alle udienze in cui si è
svolto il giudizio. Le adunanze si tengono in udienza pubblica tranne in casi eccezionali ad esempio
legati alla sicurezza istituzionale. La “camera di consiglio” cioè la riunione a porte chiuse, è
riservata alla trattazione ad esempio dell’ammissibilità del referendum.
Il presidente nomina un giudice relatore per l’istruzione e la relazione della causa. Avvenuta la
votazione, viene nominato un giudice redattore del provvedimento; il testo così predisposto viene
sottoposto all’esame del collegio e se approvato viene sottoscritto dal presidente e dallo stesso
redattore. Nella prassi della corte, giudice relatore e giudice redattore coincidono.
Oggetto di controllo della Corte costituzionale sono quindi:
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CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE
La Corte costituzionale giudica altresì sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli
tra Stato e regioni e tra regioni e regioni (art 134 Cost). sul piano soggettivo i conflitti di
attribuzione possono classificarsi in:
• conflitti tra poteri dello Stato: definiti conflitti interorganici
• conflitti tra Stato e regioni o tra regioni: tra soggetti costituzionali diversi e dotati di
personalità giuridica distinta, definiti conflitti intersoggettivi.
Sul piano oggettivo invece il giudizio della Corte costituzionale concerne la delimitazione della
sfera di attribuzioni costituzionalmente spettante agli organi e soggetti costituzionali. Il conflitto
può avere per oggetto:
• vindicatio potestatis: la titolarità di una competenza che ciascun organo rivendica come
propria
• cattivo uso del potere: l’illegittimo esercizio di una competenza da parte di un organo o
soggetto cui consegue la menomazione della sfera di attribuzione di altro organo o soggetto.
La Corte risolve il conflitto stabilendo nel primo caso a chi spetta la titolarità del della competenza,
nel secondo caso come essa debba essere esercitata. Il riparto delle competenze può essere violato
da un qualsiasi fatto o atto posto in essere da un organo o da un soggetto costituzionale, sia
commissivo (facere) sia omissivo (non facere).
Il conflitto che sia interorganico o intersoggettivo, presuppone un atto, un comportamento, qualcosa
da cui possa conseguire una lesione in concreto alle attribuzioni di un altro organo o soggetto,
sicché la parte lesa deve avere interesse a ricorrere, ovvero l’interesse ad ottenere una pronuncia nel
merito della controversia. La sussistenza dell’interesse ad agire infatti è condizione necessaria e
sufficiente a conferire al conflitto gli indispensabili caratteri della concretezza e dell’attualità, non
potendo la Corte pronunciarsi su astratte formulazioni di ipotesi. Ogni tipo di conflitto dà luogo ad
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CONFLITTO INTERSOGGETTIVO
a differenza dei conflitti interorganici, qui il giudizio è tra parti determinate, lo Stato e le regioni.
Essi hanno ad oggetto la definizione delle rispettive sfere di attribuzione lese in concreto da un atto
invasivo, che il ricorrente interessato impugna o per vindicatio potestatis o per cattivo uso del
potere.
Al di fuori degli atti legislativi, qualsiasi atto è idoneo a determinare materia di conflitto purché sia
tale da comportare una lesione in concreto di attribuzioni costituzionalmente rilevanti: atti politici,
regolamenti, atti amministrativi, sentenze.
Il procedimento non prevedo un previo giudizio di ammissibilità, ma si apre con la presentazione
del ricorso entro un termine perentorio di 60 giorni decorrenti dalla notificazione, pubblicazione o
conoscenza dell’atto invasivo. Il ricorso deve indicare come sorge il conflitto e specificare l’atto del
quale sarebbe stata invasa la competenza, nonché le disposizioni della Costituzione e delle leggi
costituzionali che si ritengono violate. E può contenere anche la richiesta di sospensiva dell’atto
stesso. La Corte decide con ordinanza sulla richiesta sospensiva, con sentenza sul merito della
controversia, eventualmente annullando l’atto invasivo.
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