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LEZIONE 4 OTTOBRE:

L’oggetto del corso sono i processi di radicalizzazione delle società europee. Ci interessa capire come mai
tra il 2004 e il 2016 una parte della gioventù europea, proveniente dal mondo dell’immigrazione, si è
lasciata coinvolgere nella militanza e nell’azione dei movimenti islamisti radicali.

L’islam è una delle più grandi religioni monoteiste, ma come spiegava Weber, a noi non interessano gli
aspetti contenutistici e teologici della religione, ma ci interessano le conseguenze sociali delle credenze. Per
il singolo credente l’Islam rappresenta un orto-prassi, cioè una pratica religiosa, normata anche
giuridicamente. Tuttavia, bisogna sottolineare che anche i mussulmani credono in diversi modi, così come
accade nelle altre religioni: si può essere cristiani ma non praticare, mi sposo in chiesa non perché credo ma
perché è un rito culturale. Esiste una differenza tra religione come cultura e Religione come credenza. Le
religioni, al di là di principi, sono fatte dal comportamento dei singoli e dalla pratica quotidiana.

È mussulmano chi crede in 5 principi e che rispetta una serie di norme giuridiche:

1) PROFESSIONE DI FEDE: segna simbolicamente l’ingresso nella fede, perché è la pronuncia davanti a
testimoni della SURA che è il primo versetto del Corano: “Non esiste altro Dio all’infuori di Allah” e di cui
Maometto (Muhammad) è il profeta messaggero.

2) LA PREGHIERA: si prega 5 volte al giorno e queste sono scandite temporalmente. Quella di Mezzogiorno
è collettiva.

3) IL PELLEGRINAGGIO: verso la Mecca almeno una volta nella vita

4) RAMADAN: è il nome di un mese. Bisogna digiunare e astenersi dal sesso in orari prestabiliti. Dura 28
giorni dall’alba al tramonto, ma viene interrotto a fine giornata dal pasto comune che è un rito collettivo.

5) OFFERTA RITUALE: elemosina, carità

C’è chi dice che sono 5 e chi sono 6: Bourdieu “è da qui che si sviluppa il conflitto islamico nel campo
religioso”;
A questi 5 principi si affianca la SHARIA che è la fonte del Diritto.

LEZIONE 5 OTTOBRE:
L’Islam è la seconda religione mondiale per n° di aderenti, dopo il cristianesimo: 1 miliardo e 500 milioni di
fedeli, e il n° è destinato a crescere perché si è diffusa in tutto il globo (nell’Africa mediterranea e Sub-
sahariana, nel Medio Oriente, in India e nel Sud Est asiatico).

Le parole di Muhammad furono raccolte dopo la sua morte, in un unico testo: il Corano (Al Qur’an
“recitazione”) che comprende 114 Sure ordinate. Il Corano è la fonte principale della fede islamica che è
completato dalla SUNNA (tradizione- da qui deriva il nome dei Sunniti) che è l’insieme dei comportamenti e
delle parole mi Muhammad e dei suoi successori, ovvero la tradizione del profeta, i detti e i fatti e i suoi
comportamenti.
Corano + Sunna = sono le fonti della Sharia (Legge Islamica)
Queste norme giuridiche sono necessariamente legate ad una dimensione normativa che è già compresa
nel Corano, ma vengono poi estrapolate e tradotte in una serie di codici. Il Corano è il testo sacro ed è
considerato diretta parola di Dio. Difficilmente un credente mette in discussione la parola divina,
soprattutto perché questo è uno dei principi di base del Corano stesso. Ciò rende difficile modificare quei
contenuti che hanno dato origine alle norme giuridiche. Il contenuto del Corano è definito Essoterico, cioè
letterale e testuale.
Noi abbiamo la necessità di inquadrare quali sono gli elementi di carattere sia religioso che politico perché
altrimenti non capiremmo il movimento di contestazione che si è creato attorno a questi punti.
Pochi anni dopo la morte di Maometto, avvenne la prima separazione tra i credenti mussulmani, a causa
del problema della guida dell’UMMA (comunità):
1) SUNNITI: secondo cui chiunque poteva guidare un governo islamico, assumendo il titolo di CALIFFO
(capo politico non religioso) e oggi compongono l’80% dei mussulmani.
2) SCIITI: secondo cui il Partito di Alì, cugino e genero di Maometto, potesse aspirare al titolo di IMAM
(capo religioso e politico) perché solo i discendenti potevano farlo.

LEZIONE 6 OTTOBRE:
Da questi due testi: Corano (il testo sacro rivelato) e la Sunna (ricostruito umanamente) sono tratti dei
principi religiosi che sono codificati nella Sharia, che è una legge di ispirazione religiosa.

Uno dei grandi problemi che ha dato origine alla scissione dell’Islam è stato quello della successione e della
trasmissione del carisma, come direbbe Weber. Perché Muhammad vedeva combaciare la leadership
religiosa e politica, e questo è uno dei nodi conflittuali ancora esistenti.

L’espansione geopolitica va consolidata perché i seguaci dell’islam si trovano proiettati, nell’arco di un


secolo, in uno spazio geo-politico e geo-religioso enorme. Per essere governato senza che si polverizzi (cosa
che poi succederà) bisogna che ci sia un forte potere centrale, in cui la logica è il mantenimento della
dimensione mondana del potere.

Una parte della comunità maggioritaria, ovvero i Sunniti pensano che sia il Califfo a guidare il governo
islamico. Mentre l’altra parte della comunità minoritaria, ovvero gli Sciiti (Sciia “Fazione”), seguono l’idea
che il successore del 4° Imam debba essere il figlio di Alì, ovvero il nipote del profeta.

Entrambe le fazioni per motivi diversi giungeranno poi però allo stesso esito, per quanto riguarda il
rapporto tra politica e religione. L’esito a cui arrivano è l’affermazione del Quietismo, che rappresenta un
compromesso. È una teoria della legittimazione politica che tenta di giustificare questa deviazione rispetto
al modello originario in cui la politica e la religione coincidevano.

La comunità sciita risolve il dibattito tra religione e politica vivendo la religione clandestinamente, avendo
però sempre un leader, almeno fino alla fine del 1871. Tuttavia, questo non è un Califfo ma un Imam che è
colui che sta davanti e che per questo guida la comunità. Il 12° Imam era un bambino di 9 anni, ma questo
si dice che sia caduto in un pozzo, anche se il corpo non è mai stato trovato. Gli Sciiti si ritrovano davanti a
un bivio, perché si interrompe la successione. Possono o conformarsi ai Sunniti o trovare un’altra soluzione.
Di conseguenza elaborano una teoria secondo cui il bambino si sia volontariamente occultato, e che tornerà
alla fine dei tempi. Razionalizzano la morte con la figura dell’Imam occulto, il quale comunica con la
comunità con i suoi luogo-tenenti.

Essendo privi di una guida assumono comunque un atteggiamento funzionale in attesa del ritorno
dell’Imam.

Sia i Sunniti che gli Sciiti all’inizio pensavano che il Leader politico e religioso coincidesse, ma le cose
cambiarono, perché i Sunniti si espansero militarmente e politicamente, mentre gli Sciiti, a causa della
perdita dell’Imam, capiscono che non può più esistere un modello originario, ma a differenza dei Sunniti
creano un proprio clero stratificato fondato sul sapere, che cerca di comprendere i messaggi occulti
dell’Imam. Il messaggio divino non è totalmente rilevato, ma esiste un senso nascosto, una dimensione
essoterica che deve interpretare una dimensione esoterica.
LEZIONE 11 OTTOBRE:
Il Quietismo giustifica lo scarto dalla dottrina originale, così che non si sviluppi conflitto ma quiete. Ma chi è
il capo se la dottrina originale dice che deve essere sia capo religioso che politico?

Entrambe le fazioni arrivano a questo compromesso e accettano che sia la visione del Califfo che dell’Imam
sono diverse dal modello originario. Ma la Fitna (caos, conflitto) è peggio dell’uccidere.

Esiste un modello originario ma questo non regge con la realtà storica perché questa impone altre esigenze.
L’espansione militare Sunnita e la divisione con gli Sciiti sfociano in una catastrofe teologica con la
scomparsa del dodicesimo Imam che si risolve nel Quietismo. Ogni tot anni questo movimento per tornare
alla fede originaria torna, ma è sempre una piccolissima fetta. Secondo questo movimento questa devianza
rispetto al modello originario va combattuta perché non si tratta della vera fede, e ci credono a tal punto da
usare le armi. Non solo rifiutano il Quietismo ma non accettano neanche la cultura occidentale.

Il movimento egiziano dei Fratelli Mussulmani è stato fondato da un insegnante d’elementare di nome
Hasan Al Banna, il quale era convinto che fosse necessario tornare all’antica SALAF (vera fede) perché il
mondo islamico era diviso e perché aveva ceduto il suo peso politico all’occidente dominante a livello
coloniale. Secondo Hasan, l’Islam ha ceduto al positivismo razionale occidentale. È impossibile che
l’individualismo occidentale e il mondo islamico combacino, ed è quindi impossibile importare questo
modello. Secondo Hasan bisogna riportare gli individui a credere di nuovo nell’antica fede, e lo si potrebbe
fare tramite una re-islamizzazione dal basso, ovvero a partire dalla vita quotidiana. Prima di instaurare un
potere politico effettivo bisogna effettuare una sorta di predicazione (DAWA).

LEZIONE 12 OTTOBRE:
Noi abbiamo parlato del movimento dei Fratelli Mussulmani, che nasce in Egitto alla fine degli anni 20’ del
Novecento, ma nello stesso periodo ne esistono altri. Ad esempio, in india (ex colonia britannica,
indipendente dal 1947).

Nel giro di un ventennio, i Fratelli mussulmani diventano una confraternita religiosa, quasi un partito di
massa, e si comporta come se fosse una contro società strettamente legata all’antica fede. Ma ad un certo
punto Al Banna viene ucciso dalla polizia egiziana. L’organizzazione viene quindi messa fuori legge, ma
nell’arco di un paio d’anni riesce a riorganizzarsi e partecipa alla Rivoluzione del 1952 contro i militari
nazionalisti, ma perdono. Vengono perciò repressi ancora più duramente.

Un altro personaggio molto importante, che non fa parte del modello originario dei Fratelli Mussulmani, è
Qutb, che è un’intellettuale pedagogista del secondo dopo guerra. Inizialmente era addirittura laico, ma
dopo essere stato inviato in America per studiare il modello scolastico statunitense, cambia idea. Quello
che lui vede in America è un processo avanzatissimo di secolarizzazione e di individualizzazione e ciò lo
induce ad una sorta di rifiuto dell’Occidente. Quando torna in Egitto, perciò, entra nei Fratelli Mussulmani.
Per questo verrà poi condannato a una lunga carcerazione, ma in carcere inizia a elaborare le sue teorie.
Secondo Qutb la re-islamizzazione e la Dawa di Al Banna, sono sbagliate perché è una visione
antropologicamente ottimista. Non si può arrestare la globalizzazione, e dato che è così violenta va fermata
con altrettanta violenza, ovvero con l’affermazione del principio divino. Non più Dawa ma JIHAD.

JIHAD: quando se ne parla, bisogna sapere che nella tradizione esistono due significati che hanno a che fare
con un diverso tipo di JHIAD. Si parla di JIHAD GRANDE che significa “Sforzo sulla via di Dio” ed è quello che
l’individuo, il credente fa per aderire strettamente ai principi religiosi. E poi si parla di JIHAD PICCOLO che
significa “Combattere per la difesa dei diritti di Dio” ed è questo quello che indica la mobilitazione contro i
nemici della religione e che è esterno alla comunità, perché vengono considerati nemici anche i mussulmani
stessi.

Oggi i movimenti come l’Isis prendono spunto dalle teorie di Qutb, che morirà impiccato nel 1966.
LEZIONE 13 OTTOBRE:
Qutb riteneva che la tesi tradizionalista fosse sbagliata, perché i mussulmani sono complici e la JHIAD è
quindi necessaria. La linea ufficiale rimane però quella di Al Banna, ovvero quella dei predicatori (Dawa) e
non giudici (jihad). Bisogna re-islamizzare senza obbligare.

Tuttavia, alla fine degli anni 60’, moltissimi giovani iniziano a riconoscere come valide le teorie di Qutb e
questo dà vita a una mobilitazione giovanile politica molto alta, fino a far nascere quelli che verranno
chiamati poi Movimenti Qutbisti.

Il principale gruppo che mette al centro la violenza è AL JIHAD, che si pone come obiettivo quello di
scatenare un conflitto. Il Leader di questo movimento è Al Faraj, un ingegnere (formazione scientifica tipica
dei jihadisti) che elabora la teoria della giustificazione della Jihad. Secondo Al Faraj non ci devono più essere
autorità religiose che mediano la lettura del testo. Questo movimento è un movimento non solo Anti-
Tradizionalista ma Anti-Quietismo. Al Faraj pubblica poi un piccolo opuscolo “L’obbligo assente” in cui
spiega che sono i credenti a dover leggere il testo e dire cosa è autentico. Esiste un sesto principio che però
è stato occultato, c’è ma non si vede.

Questo movimento è diverso dai Fratelli Mussulmani perché in questo caso lo Jihad non è solo esterno, ma
anche interno.

Il 6 ottobre 1981 avviene l’uccisione del presidente egiziano Sadat durante una parata militare. Venne
ucciso perché si diceva mussulmano anche se era pagano, e ciò simboleggiava un'altra età dell’Islam che è
diversa dalla vera fede. I movimenti islamisti si pongono come obiettivo non solo il ritorno all’antica fede,
ma anche la creazione di uno stato islamico. Ma di nuovo il mondo Islamico si polarizza. Da una parte i
Neotradizionalisti al cui centro c’è la predicazione, mentre dall’altra parte i Radicali al cui centro c’è la Jihad.

LEZIONE 18 OTTOBRE:
Ci sono quindi movimenti che intendono re-islamizzare l’Islam e che sono disposti a investire in termini di
mobilitazione politica e religiosa e altri che vogliono combattere il nemico sia esterno che interno. Questi
due movimenti risalgono alla frattura tra Fratelli Mussulmani e Qutb. Entrambi vogliono la stessa cosa ma ci
vogliono arrivare per vie totalmente diverse. I Neotradizionalisti (Al Banna) credono che bisogni prima
partire dagli individui per poi diventare una forma di Stato. I Radicali (Qutb) invece pensano che questo
piano sia fallimentare.

Negli anni 70’ cominciano a formarsi questi gruppi dopo l’atto fondativo del jihadismo contemporaneo: il
presidente egiziano Sadat, che stabilisce un accordo con Israele e che rinuncia a contrapporsi al nemico
storico, viene ucciso da un gruppo che lo accusa di essere un falso mussulmano e un traditore. I Radicali
pensavano che uccidendo Sadat ci sarebbe stata una forte repressione che avrebbe poi provocato un
conflitto che avrebbe polarizzato la società, e di conseguenza alla vittoria dei rivoluzionari e dello Stato
Islamico. Ma tutto questo progetto non riesce. I radicali vengono pesantemente sconfitti e repressi,
soprattutto perché non avevano il consenso di massa necessario a produrre tutto ciò, perché dobbiamo
ricordarci che la maggior parte dei mussulmani è Quietista.

Ci spostiamo dal caso egiziano, per parlare dell’Afghanistan:

Il ritorno dei Talebani oggi c’entra molto con quello che sta per spiegare.

Nel 1979 l’Unione Sovietica (che all’epoca si contendeva con gli Stati Uniti per il potere mondiale in nome di
due ideologie diverse) invade l’Afghanistan.

Tuttavia, invade è un termine controverso dal punto di vista giuridico perché in realtà è il governo di Kabul
del tempo che chiama l’Unione Sovietica per intervenire a proprio sostegno, a causa di fortissimi conflitti
interni da parte di soggetti che formeranno poi i movimenti islamisti locali. Il governo di Kabul proponeva
una serie di misure che erano fortemente penalizzanti per le strutture tradizionali della società. Voleva
apportare una riforma agraria che andava a toccare tutta una serie di privilegi, codici sulla famiglia che
equiparavano uomini e donne, sul lavoro, sul divorzio, tipiche delle civiltà occidentali.

Questo intervento provoca una durissima reazione da parte dei tradizionalismi afghani, che non intendono
accettare questo tipo di politiche che vanno a modificare profondamente le pratiche sociali, i rapporti e
l’economia. Il risultato è che inizia ad esserci una forte resistenza politica e viene sostenuta dagli Stati Uniti
e dai loro alleati Arabia Saudita e Pakistan. Questi intervengono a favore di quella parte afghana
neotradizionalista perché, come dice Macchiavelli: “basta che sia nemico del mio nemico”.

Unione Sovietica + Kabul vs Stati Uniti + Arabia Saudita + Pakistan + Afghani Mujahidin

Iniziano a fluire quindi nel paese volontari che nell’arco di un decennio daranno vita a qualcosa di
significativo, e che porterà all’attentato delle torri gemelle.

Ma chi sono questi volontari che vanno a combattere in Afghanistan?

Gli Afghani contro il governo di Kabul prendono il nome di Mujahidin (“combattente”, stessa radice di
Jihad).

Accanto ai Mujahidisti emerge il PANISLAMISMO COMBATTENTE: è caratterizzato da un flusso di persone


che condividono la medesima fede e ideologia, che vanno a combattere fuori dal proprio paese di
appartenenza in nome di una causa, senza essere obbligati. È la prima volta che si manifesta questo tipo di
mobilitazione nel mondo islamico, ma lo fanno per la “causa per i diritti di Dio”. Questo tipo di
mobilitazione nella storia occidentale era già avvenuta. È avvenuta durante la Guerra di Spagna, che
avviene tra il 1933 e il 1939. Quando le elezioni vengono vinte dalla sinistra (il fronte popolare) e l’esercito
insorge tendando di rovesciare il regime, intervengono a sostegno i fascisti europei e la Germania Nazista
ad appoggiare la destra di Franco, mentre a sostegno della sinistra intervenne l’Unione Sovietica. Esistono
delle somiglianze nelle forme, ma ovviamente non nei contenuti, soprattutto perché in Islam questo
avviene quaranta anni dopo.

Recap Guerra in Afghanistan:

Gli Stati Uniti vogliono sconfiggere i Sovietici;


I Pakistani vogliono conquistare l’Afghanistan (quello che è successo oggi con i Talebani);
L’Arabia Saudita vuole espandersi;
Mujahidin vogliono sconfiggere i Sovietici e il governo di Kabul.

I Capi dei movimenti Islamisti sono Abdulah Azan e OSAMA BINLADEN. Quest’ultimo è l’uomo che negli
anni 80’ in Afghanistan organizza la rete dei combattenti islamisti, sostenuto dagli Stati Uniti e dai loro
alleati. È figlio di un’importantissima famiglia saudita. Il padre ristruttura la porta della moschea ed è
strettamente legato al potere saudita che è a sua volta legato agli Stati Uniti. Osama Binladen parte di sua
spontanea volontà. Questa rete diventerà poi Al Qaeda (“Fondazione”, “Base”, “Database”). Durante i suoi
studi di Ingegneri gestionale uno dei suoi insegnanti sarà proprio il fratello di Qutb.

LEZIONE 19 OTTOBRE:
In questo momento inizia a formarsi la rete che diventerà poi Al Qaeda.

Gli anni 90’ sono caratterizzati da due fenomeni concomitanti:


1) Formazione di uno Jihad locale che si risolve con la sconfitta dei Radicali;
2) Mobilitazione di gruppi di Jihadisti che si muovono verso il conflitto poiché la considerano la propria
guerra. Sono convinti che tutti i poteri siano illegittimi, e il loro obiettivo è quello di formare un califfato che
segua la loro idea su scala mondiale.
A metà anni 90’, Osama Binladen rientra in Arabia Saudita ed è contrario che il suo paese abbia ospitato
l’esercito americano, suo alleato dal 1945, lo stesso esercito che attaccherà l’Iraq di Saddam Hussein.
Osama Binladen è contrario perché in Iraq ci sono luoghi sacri, e diventa così ostile alla monarchia saudita.
Viene perciò cacciato e non ucciso grazie all’influenza della sua famiglia e andrà prima in Sudan, e nel 1996
tonerà in Afghanistan.

Nel frattempo, in Afghanistan, tra il 1989 e il 1996 i Sovietici si sono ritirati dalla guerra; infatti, pochi anni
dopo crollerà il loro impero. Cade così il governo Afghano dopo 3 anni di guerra civile (come è successo ad
agosto senza il sostegno americano). L’ala islamista decide perciò di organizzarsi e di formare un
movimento chiamato TALEBANI (“studenti del Corano”). La maggior parte dei giovani che fanno parte dei
Talebani proviene dal Pashtun, che è un’etnia maggioritaria che abita tra il Pakistan e l’Afghanistan. Il
Leader è Mallah Omar, che era un combattente della Jihad antisovietica, e che si impadronisce del potere.

L’Afghanistan viene poi proclamato Emirato Islamico, come volevano i radicali, ma il livello culturale è
molto arretrato. Vengono sciolte tutte le strutture preesistenti e iniziano a seguire solo la legge religiosa.
Diventa un territorio gestito da un potere locale e dalla polizia religiosa che applica la legge coranica: non
esistono tribunali civili e le scuole, i crimini vengono puniti con mutilazioni e impiccagioni, e non c’è nessun
tipo di intervento statale. L’unica istituzione che viene istituita è la SHURA: si tratta di un gruppo ristretto di
persone che consiglia il leader politico militare Mullah Omar.

LEZIONE 20 OTTOBRE:
L’Afghanistan è un territorio periferico che assume una centralità inaspettata, e nel 1996 Binladen torna e
può farlo perché è un ex combattente “afghano”, con già in mente che cosa fare. Gli Afghani avevano già
detto, durante la guerra civile, che avrebbero combattuto contro gli Stati Uniti negli anni 80’. Nel frattempo,
i Jihadisti egiziani radicali incarcerati escono di prigione e vengono cacciati dal paese, e vanno così in
Afghanistan.

Binladen nell’Afghanistan gestito dai Talebani, diventa una calamita per tutti i Jihadisti radicali. Si ricrea così
l’organizzazione, e nasce una relazione politica familiare tra Binladen e Mullah Omar, che infatti si rifiuterà
di consegnarlo agli Stati Uniti.

Il gruppo di Al Qaeda tra il 1996 e il 1998, discute se unirsi in un unico comando, anche se poi non tutti
aderiscono, pur riconoscendo Binladen come leader. In quegli anni il capo di Al Qaeda è Ayman Zawahiri,
che era un ex jihadista egiziano Qutbista. La linea dell’organizzazione è fortemente influenzata dalle sue
teorie: egli pensava che dovessero combattere prima i nemici vicini e poi quelli lontani. Perciò iniziano ad
attaccare le navi americane nello Yemen, situazione che sfocerà poi con gli attentati del 2001 ed è il motivo
per cui fino ad agosto 2021, gli americani invadono l’Afghanistan. Si conclude più o meno cosi l’esperienza
Egitto e Afghanistan.

Durante la prima mobilitazione tutti vanno in Afghanistan per combattere l’Unione Sovietica. Durante la
seconda mobilitazione invece tutti vanno in Afghanistan perché è diventato un territorio franco per i
radicalisti.

Tra il 2003 e il 2011 scoppia anche la Guerra in Iraq e in Siria.


Nel 2003 gli Stati Uniti di Bush secondo cui “ogni luogo è luogo di guerra infinita”, occupano con questa
strategia l’Iraq di Saddam Hussein. L’Iraq rappresentava un luogo strategico per i radicalisti islamisti, perciò
i giovani si mobilitano per difendere l’Iraq contro gli Americani (terza mobilitazione – panislamismo
combattente). In questa guerra, il primo nucleo che combatterà l’invasione americana diventerà Isis.
Nel 2011 invece i combattenti vengono anche dall’Europa e l’affluenza in Siria di giovani europei è molto
alta. Questo è l’oggetto di ricerca del corso. Quali sono state le motivazioni?
LEZIONE 25 OTTOBRE:
Dal 2001 al 2021 ci sono stati due episodi rilevanti in cui si è assistito al fenomeno del Panislamismo
combattente, dal punto di vista numerico e politico da parte dei giovani radicali, e i due episodi riguardano
il Pakistan e la Siria e l’invasione americana.

Tra il 2011 e il 2016 una consistente fetta di cittadini europei e di residenti europei (+ di 5000) affluiscono
nei movimenti islamisti. La domanda che si pone la sociologia è perché l’integrazione scolastica e sociale
non ha neutralizzato l’attrazione all’ideologia islamica?

Abbandoniamo momentaneamente “gli altri”, ovvero tutti quelli che sono andati a combattere in Siria e
prima ancora in Iraq che provengono dal Medio Oriente (Asia Centrale e Africa Subsahariana) e focalizziamo
lo sguardo sugli Occidentali (poco importa se autoctoni oppure no) che compiono la scelta radicale. 2000
persone su 5000 sono francesi e il 25% sono giovani donne.

(Tratteremo i casi europei, ma il focus sarà principalmente su Italia e Francia.)

In quegli stessi anni la Francia è stata colpita da due attentanti che sono opera di militanti jihadisti che
aderiscono allo stato islamico (attentato a Charlie Hebdo il 7 Gennaio 2015 e al Bataclan il 7 Novembre
2015).

Il modello di integrazione culturale Assimilazionista francese è connesso alla memoria coloniale: come gli
altri paesi europei, la Francia si trova nel primo dopoguerra, e il grande problema da affrontare era il vuoto
demografico creato dal secondo conflitto mondiale. Questo problema viene risolto favorendo l’afflusso di
popolazioni che provengono dal ex impero coloniale francese, quindi dal Nord Africa, dal Magreb –
Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mauritania – e dall’Africa Subsahariana.

In Francia tutti possono essere cittadini ma solo se si aderisce ai valori repubblicani. A scuola non si può
indossare il velo. La pratica religiosa è una pratica privatizzata.

LEZIONE 26 OTTOBRE:
Nel modello francese, figli dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese che ritengono i valori repubblicani
universali, è un modello in cui la Laicità dello Stato è centrale. Ma i Talebani assolutamente no. La
cittadinanza in Francia si assume tramite lo Ius Soli, almeno fino all’inizio del ventunesimo secolo, ovvero
esiste una sorta di contratto tra Stato e cittadino. Tutti possono coltivare libertà private ma lo Stato non
riconosce le esigenze dei singoli, cioè non riconosce i Particolarismi culturali.

In Italia è relativamente diverso, perché c’è libertà di religione ma è cittadino italiano solo chi nasce in Italia,
ovvero regge su un principio di Ius sanguinis.

In Gran Bretagna invece, ad esempio i Sikh hanno chiesto di non portare il casco in moto, perché questi
portano sempre il copricapo e non possono tagliare i capelli, e vengono riconosciuti.

Negli anni 50’ e 60’ in Francia, quindi, c’è un enorme flusso di immigrazione dall’Africa Subsahariana, ma la
Francia ne ha bisogno per la crescita economica industriale. Ma dove collocarli, in un paese che è a favore
dell’uguaglianza e della fraternità?
In quegli anni si tratta di cifre che sono ancora più o meno gestibili, non sono flussi incontrollati.
Per risolvere il problema vengono sviluppate una serie di politiche abitative e le nuove costruzioni vengono
situate nelle aree industriali.
Negli anni 80’ i Banlieue (periferia, sobborghi) iniziano a saccheggiare i negozi perché si rendono conto che
esiste un divario tra le aspettative e la realtà, ovvero che c’è uno scarto tra aspirazioni e possibilità effettive.
Non tutte le persone che avvertono lo scarto mettono in atto devianza, ma esistono altre possibilità di
reazione sociale, come conformità, ritualismo, rinuncia e ribellione che in questo caso avviene
collettivamente. In questo momento i movimenti islamisti non c’entrano niente, per ora questa è solo una
domanda di inclusione sociale.

LEZIONE 27 OTTOBRE:
Il modello di integrazione assimilazionista francese, in alcune situazioni ha contribuito a generare i
movimenti radicali e spinge in questa direzione perché il modello nasce per integrare ma produce anche
l’effetto contrario e reattivo.

Nel 1989 in un Liceo francese, tre ragazze vanno a scuola con il velo, appoggiate dalle famiglie simpatizzanti
neo-radicali, e non vogliono toglierlo. Questo è un problema che esce dalla dimensione privata, perché non
accettano più che la libertà religiosa sia privatizzata. Negli anni 80’ e 90’ parlare di questi temi è diverso dal
parlarne dopo il 2001 perché c’è una frattura culturale che diventa sempre più ampia.

Una buona parte di Mussulmani, anche non radicali, inizia a mettere in dubbio il modello e il concetto di
laicità. Le ragazze iniziano a essere mandate in scuole cattoliche, piuttosto che in quelle statali, perché li
possono non svelarsi, altrimenti si svelerebbero anche le suore. Ed è per questo che il 25% dei 2000 francesi
su 5000 sono donne.

Il primo episodio di rivolta dei Banlieue (giovani di periferia figli dei primi immigrati francesi) avviene con
l’esproprio dei negozi di lusso. In questa protesta, in questo episodio di devianza collettiva c’è una domanda
disperata di integrazione. Questi giovani sono la parte della società emarginata e inflitta da disagi economici
e sociali. Vivono una DOPPIA ASSENZA, cioè non sentono di appartenere né alla cultura da cui provengono
né alla cultura del paese in cui vivono.

15 anni dopo, nell’autunno del 2005, avviene il secondo ciclo di rivolta, che è ancora più dura rispetto alla
prima. Per un mese ci sono stati scontri tra la polizia francese e i Banlieue di nuova generazione di
immigrati incontrollata, cioè non contrattata dallo stato. Ciò significa che ha una natura diversa rispetto alla
prima rivolta. Ci sono stati incendi notturni e vengono bruciate tantissime scuole e commissariati, che sono
i luoghi in cui è stata fatta questa sorta di promessa. Questo atto rappresenta che il patto di cittadinanza si
è rotto, e non coinvolge solo Parigi ma tutte le periferie della Francia. Non ci sono ancora movimenti
radicali, non ci sono forme di organizzazione, c’è solo spontanea rivolta e rabbia.

Se nella seconda rivolta il problema è di ordine pubblico, nella terza il problema è di sicurezza nazionale, la
quale avviene nel 2011 (questa volta dopo 5 anni, e non 15 anni perché sono aumentate le contraddizioni).

Nella prima la rivolta avviene dalla periferia al centro. Nella seconda rivolta le periferie implodono mentre
nella terza le periferie vengono abbandonate, perché i Banlieue vanno in Siria e in Iraq a combattere.

LEZIONE 2 NOVEMBRE:
La terza rivolta è diversa dalla prima e dalla seconda, perché dal 2005, la Francia diventa obiettivo di
attentati importanti di Jihadismo interno, cioè di persone che aderiscono all’Isis. La novità che differenzia la
terza dalle altre due sono le ideologie che circolano in rete.
In questo modo cambia il quadro, perché la propaganda che viene fatta in rete dalle organizzazioni Jihadiste
diventa molto più pregnante. Contrariamente al passato, costruiscono una rappresentazione di sé e dei loro
obiettivi e delle loro concezioni del mondo tali da allargare la loro possibilità di trasmette il messaggio
teologico a cui aderiscono.
Dal 2005 in poi assistiamo a un progressivo inasprimento della situazione francese all’interno: nel 2013
infatti avvengono i primi attentati, che però sono attentati di persone che più che essere strettamente
legate a un gruppo, aderiscono a ideologie che si concretizzano a tal punto da agire anche in solitaria.
La presenza di un’ideologia che si sta diffondendo attraverso gli strumenti tecnologici e il senso sempre
maggiore di estraneità e di separatezza che buona parte della gioventù mussulmana francese nutre verso il
proprio paese a seguito di quelle mancate dinamiche di integrazione sono fondamentali per questo episodio
di Panislamismo militante. Migliaia di giovani partono dalla Francia per andare a combattere in Siria,
facendo un video in cui facevano vedere che bruciavano i loro passaporti.

La prima rivolta chiede integrazione e saccheggiano i negozi di lusso; Durante la seconda rivolta vengono
bruciate scuole e commissariati; Nella terza avviene una rottura prima religiosa e poi politica, perché questi
giovani non si riconoscono più nello Stato francese.
Nel 2015 inoltre avviene l’attentato al giornale satirico Charlie Hebdo, che aveva precedentemente
pubblicato delle vignette che erano state oggetto di contestazione da parte delle forze islamiste. Hebdo
poteva immaginare a cosa sarebbe andato in contro, ma la politica era che la libertà di espressione dovesse
essere difesa. Ciò genera la reazione di un piccolo gruppo, in particolare dei Fratelli Kuachi, che entrarono
armati dentro la redazione Hebdo facendo una strage che ebbe poi un impatto enorme. Se noi
analizzassimo il profilo dei Fratelli Kuachi, scopriremmo che si tratta di due Banlieue francesi, che hanno
vissuto una vita marginale e illegale, e che ad un certo punto si sono avvicinati alle tesi Al Qaeda. Quello che
spinge i Fratelli Kuachi ad attaccare Hebdo sono motivazioni di tipo interno, ovvero le vignette e la mancata
integrazione che genera una doppia assenza che è colmata dalle tesi radicali, ma sono anche motivazioni di
tipo internazionale perché la Francia attacca la Siria.
I movimenti radicali sentono di far parte di un Ideologia Transnazionale. Non esistono per loro movimenti
jihadisti francesi, Belgi ecc. Queste sono categorie che noi usiamo per vedere se sono stati sviluppati
antidoti da parte dello Stato. Questi giovani rinunciano all’identità nazionale, che è solo un dato anagrafico.
Non è la Nazionalità che definisce l’atteggiamento o la visione del mondo, ma la credenza religiosa.
Quelli della prima generazione sono quelli che vanno in Afghanistan a combattere contro i sovietici negli
anni 80’. Quelli della seconda generazione sono quelli che vanno In Iraq nel 2003, mentre quelli della terza
generazione sono proprio questi giovani che vanno a combattere in Siria nel 2011.
Non esiste un profilo tipo di Jihadista europeo, ma esiste un profilo dominante dentro i singoli casi
nazionali. In Francia la maggioranza è composta da Banlieue, in Inghilterra hanno una scolarizzazione
relativamente buona rispetto agli altri, mentre in Italia la maggior parte ha completato il ciclo di studi.

In Francia sono stati motivi politici, economici e militari a causare questa situazione. La Siria era un
protettorato francese prima della decolonizzazione, perciò quando scoppia la Guerra Civile la Francia è in
prima linea per tentare di riequilibrare la situazione politica e intervengono militarmente prima a favore
delle forze che combattono per un mutamento di regime, poi a favore di quelle forze che combattono i
gruppi islamisti radicali.

LEZIONE 3 NOVEMBRE:
Fine della premessa sull’Islam - Inizia la Sociologia

Diversi autori di diversi ambiti disciplinari iniziano a indagare il fenomeno radicale. Psicologi, storici,
sociologi e politologi.

Premessa metodologica: fino alla fine degli anni 90’ il concetto chiave per spiegare questi fenomeni radicali
era il Fondamentalismo, che è un tema dominante nel dibattito delle scienze sociali. Questo tipo di
approccio di concentra sulla matrice religiosa del fenomeno e sembra che la religione possa spiegare tutto.
È una teoria mono-causale, ed è per questo che tralascia alcuni degli altri fattori.

All’inizio del ventesimo secolo viene però sostituito con quello di Radicalizzazione.
Il primo autore è Khosrokhavar che è un sociologo francese della religione di origine iraniana. Egli sostiene
che il concetto di Radicalizzazione può essere valido se dimostra la processualità per cui un individuo arriva
a condividere una certa visione del mondo. Lo studioso si concentra sulle motivazioni soggettive degli attori
sociali, che spingono l’individuo a aderire a questa ideologia. Khosrokhavar mette in luce le dimensioni
sociologiche, psicologiche e antropologiche che sono alla base dei processi di radicalizzazione. L’oggetto
d’analisi è quindi il rapporto tra individuo e società. La percezione di rigetto, l’esclusione delle Banlieue e il
desiderio di riscatto sono solo alcuni dei fattori che contribuiscono a produrre radicalizzazione.

Khosrokhavar spiega che i giovani Banlieue hanno sviluppato un forte senso di umiliazione. Qualunque
individuo che vive il disagio sociale si sente umiliato e vittima, e questo non crea una polarizzazione tra
francesi e islamisti, ma tutti i mussulmani sono percepiti come pericolosi. In quel periodo, inoltre, la destra
francese chiamava le Banlieue con l’acronimo “ZUS” ovvero zone urbane pericolose, mentre la sinistra con
l’acronimo “ZEB” ovvero zone di rieducazione prioritaria.

LEZIONE 8 NOVEMBRE:
Il concetto di Radicalizzazione in Khosrokhavar mette l’accento sulla questione della processualità dei
processi di differenziazione. Sono gli atteggiamenti individuali che fanno maturare la scelta radicale, perché
rimandano a situazioni non solo di disagio economico e sociale ma di identità.

Il secondo autore è Gilles Kepel che è un politologo francese. La tesi di Kepel è una tesi che è destinata a
dividere gli studiosi perché secondo lui il radicalismo è il prodotto della crescente influenza della corrente
Salafita nell’Islam. Gli islamisti sono Radicali e Neotradizionalisti ed entrambe sono Salafite. Quello che
viene contestato a Kepel è che non tutti i Salafiti sono Jihadisti, ma Kepel risponde dicendo che tuttavia tutti
i Jihadisti sono Salafiti. Secondo Kepel la radicalizzazione è un fenomeno per cui si giunge a fare una scelta
che implica una totale rottura con la società francese, e ciò porta a forme di terrorismo interno e di
abbandono del paese per recarsi a combattere per lo Stato Islamico. Secondo lo studioso la causa di questo
fenomeno è la religione. È una visione totalmente diversa rispetto a quella di Khosrokhavar che pensava
che fosse causato da un atteggiamento di vittimismo, che si trattasse di un problema d’identità, di non
sentirsi parte di nessuna delle due culture e società, che porta a vivere questa condizione di doppia
assenza.

Il terzo autore è Oliver Roy secondo cui il terrorismo in Francia non deriva dalla radicalizzazione dell’Islam
ma dall’Islamizzazione della radicalità. In questo caso il tema è la radicalità non l’islamizzazione. Ci sono a
monte una serie di fenomeni che producono forme di antagonismo e opposizione nei confronti del sistema
complessivo, politico, economico e culturale, che inducono a un livello di conflitto tale da sfociare nell’uso
dell’Islam radicale come ideologia che serve a spingere questo conflitto.

LEZIONE 9 NOVEMBRE:
Kepel e Roy sono i più importanti studiosi della radicalizzazione francese.

Kepel sposa una tesi essenzialmente religiosa. Secondo lui il Salafismo, ovvero quella corrente dell’Islam
che vorrebbe tornare all’antica fede rifondando lo Stato Islamico, sia nella sua versione neo-tradizionale
che nella sua versione radicale, sarebbe l’origine di questo fenomeno. Mette quindi al centro la definizione
di Religione e il peso che ha.

Roy invece mette al centro la Radicalizzazione dell’Islamità, ovvero l’idea che ci sono delle condizioni
politiche e sociali che hanno prodotto una insoddisfazione generale che viene raccolta da un’ideologia che
sfrutta questa insoddisfazione.

Il quarto autore è Francois Burgat, uno storico, secondo cui tutti questi conflitti sono mossi da un irrisolto
della cultura francese. Questo antagonismo non ci sarebbe se non fosse nutrito dalla memoria di quello che
è successo in passato. Tra i mussulmani autoctoni e francesi c’è un antagonismo per effetto del
colonialismo e del neocolonialismo.

Il quinto autore è Fethi Benslama che è uno psicologo, che ha lavorato molto all’interno delle ospedaliere
occupandosi dei disagi sociali all’interno delle Banlieue. Benslama condivide le tesi di Khosrokhavar sulla
questione della radicalizzazione, perché mette in primo piano la soggettività. La questione secondo lo
studioso è anche psicologica e psicopatologica, perché questo fenomeno diventa quasi possessivo. Le teorie
politologiche e sociologiche hanno completamente rimosso il tema dell’inconscio, cioè come si forma
l’immaginario nella mentre di un giovane radicalizzato, quali sono i fantasmi che lo agitano. In questi
giovani, che lui definisce “Gli Sradicati” rifacendosi al concetto di doppia assenza, c’è desiderio, c’è una
domanda di radicamento non di radicalizzazione. L’Islam radicale gli offre proprio questo. Sono talmente
insicuri e privi d’identità che nel momento in cui trovano un’ideologia che gli indica una strada e che gli dice
cosa è bene e cosa è male, la seguono. È come se fosse il sostituto del papà perduto, in termini psicologici.
Hanno perciò bisogno di non sentirsi costantemente inadeguati. Oltre a questo, gli sradicati provano un
enorme senso di colpa perché si sentono di essere cattivi mussulmani, non praticando. Nel momento in cui
le altre identità non bastano più a dare forma al sé, la religione, la vecchia credenza, riemerge sottoforma di
senso di colpa. La soluzione è quindi di diventare più mussulmano dei mussulmani. La radicalizzazione è un
sintomo di disagio ormai tale che sfocia in modo molto duro. Si passa da un eccesso di sofferenza all’idea
che il sistema debba essere distrutto fino alla morte, cercando così di sedare l’angoscia.

LEZIONE 10 NOVEMBRE:
La questione della radicalizzazione è cambiata dopo la fine dell’Isis, che si è concluso tra il 2016 e il 2017 per
effetto dell’intervento di coalizione delle forze Internazionali che hanno portato al collasso di questo
tentativo di ricostruire lo Stato Islamico, facendo venire meno un centro.

Il contesto oggi è meno problematico rispetto al passato, perché una buona parte dei francesi che sono
andati a combattere in Siria o sono morti o sono prigionieri. Ma il fenomeno del radicalismo non si è
esaurito, anzi assistiamo spesso ad azioni dei così detti “lupi solitari”. Il caso Paty, ad esempio, che era un
insegnante che è stato ucciso decapitato da un islamista radicale perché aveva mostrato durante la lezione
di Educazione Civica le vignette Hebdo. L’Islam ritiene che le immagini che riproducono il profeta siano
illegittime. Infatti, nell’Islam non esiste una dimensione iconografica, anzi si può dire che sia una cultura
ostile al culto delle immagini. Secondo i Mussulmani di Dio non si conosce nemmeno il vero nome. Il loro
rosario, il Dhikr, è composto da 33 così da completare il ciclo per arrivare a 99 (99 perché Dio ha 100 nomi,
ma non consociamo quello vero). Tutto ciò avviene mentre in Francia c’è un acceso dibattuto sul
Separatismo: la corrente islamista neotradizionalista in Europa, opera secondo delle logiche di re-
islamizzazione e cerca di vivere secondo i costumi e i precetti dell’antico Islam, in un contesto in cui non è
maggioritario. I Salafiti, quindi, cercano di orientare il comportamento dei loro connazionali rispettando
l’antica fede, anche se vanno contro la legislazione dello Stato, cercando di vivere in Occidente come se il
contesto fosse re-islamizzato.

La Gran Bretagna a differenza della Francia si rende conto che queste comunità devono essere integrate, e
istituisce sette corti islamiche, dei tribunali civili islamici che trattano il diritto di famiglia. Mentre la Francia
continua a mantenere il modello assimilazionista, la Gran Bretagna adotta un sistema multiculturale che
riconosce il particolarismo culturale, gestendo così un fenomeno che non condivide piuttosto che fare finta
di non vedere e imponendo delle regole. Qui i Salafiti, per le loro questioni, prima delle sette corti, si
rivolgevano alle proprie autorità religiose, non alle istituzioni della regina. Le corti, quindi, funzionano da
filtro perché queste conoscono la dimensione religiosa e culturale. Le corti diventano un passaggio per
tradurre le diverse situazioni. Si parla di separatismo perché queste comunità vivono in Francia come se
non fossero in Francia, adottano regole e stili di vita propri, e questo a causa di una mancata integrazione
culturale.
Secondo il Modello Assimilazionista tutti devono conformarsi alle regole e tutti devono condividere i valori
repubblicani. L’omicidio Paty amplifica il dibattito separatista perché a sollevare la questione era stata una
famiglia salafita neotradizionalista e Macron a questo punto si pronuncia:
“Se la spiritualità appartiene alla sfera di ciascuno, la laicità riguarda tutti noi”, ribadendo così che la Laicità
è alla base dei valori repubblicani. La Francia, dice Macron, vuole affrontare il tema del separatismo (non
del comunitarismo, che indica quindi qualcosa di separato e che perciò rappresenta il nemico). Questa
società è una contro società che si manifesta in diverse forme: abbandonano le scuole, non vogliono le
classi miste, non vogliono che i propri figli siano esposti ad un’educazione laica ecc. Ad esempio, il problema
che i mussulmani non potessero fare il bagno nelle piscine, si voleva risolvere istituendo orari diversi che è
un metodo simile a quando si costruivano edifici per bianchi e per neri, come gli ospedali.
Ma secondo Macron la Francia non è una Nazione di Individui, ma di Cittadini.

LEZIONE 15 NOVEMBRE:

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