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LE FINALITA' DELLA F.A.S.I.

Le finalità della F.A.S.I., che non ha scopo di lucro, si possono sintetizzare nei seguenti punti:

• Coordinamento di tutta l'attività agonistica di ogni livello riconosciuta dalla Federazione;

• Promozione, in collaborazione con gli Istituti di Medicina dello Sport, di studi e ricerche rivolte allo sviluppo
della scienza dell'allenamento per l'arrampicata sportiva;

• Svolgimento, tramite le Società Sportive affiliate, di corsi di insegnamento e di approfondimento dell'arrampicata


sportiva e stages di allenamento per atleti;

• Inserimento dell'arrampicata sportiva nei programmi di educazione fisica delle scuole elementari, medie,
superiori ed Istituti Superiori di Educazione Fisica;

• Consulenza tecnica per la realizzazione si strutture ed impianti per l'arrampicata sportiva;

• Protezione dell'ambiente in cui si trovano le strutture naturali attrezzate per l'arrampicata sportiva, in collaborazione
con il Ministero dell'Ambiente e le sue emanazioni regionali e le altre associazioni naturalistiche interessate;

• Partecipazione della rappresentativa nazionale italiana - giovanile, femminile e maschile - alle competizioni
internazionali;

• Organizzazione dei corsi per la formazione dei tecnici federali: istruttori, allenatori, tracciatori e giudici di gara.

DEFINIZIONI ED AMBITI DELL'ARRAMPICATA SPORTIVA

• Viene definita Arrampicata Sportiva con finalità olimpiche l'arrampicata naturale (cioè senza l'ausilio di mezzi
artificiali utilizzati per la progressione) a scopo agonistico, amatoriale, di educazione motoria e di spettacolo, svolta
sia su pareti naturali o artificiali lungo itinerari controllati dalla base, sia su blocchi opportunamente attrezzati.

• La protezione con la corda e rinvii in parete (falesia o artificiale) è obbligatoria e deve rispondere a regole di
assoluta sicurezza per l'incolumità dei praticanti. Nella attività sui blocchi, la cui altezza non deve superare quella
stabilita dalle norme internazionali, la sicurezza deve essere garantita da materassi paracadute, posti alla base dei
singoli tracciati.

• I limiti di sviluppo in altezza degli itinerari attrezzati tracciati in parete, sia in gara che in allenamento e per la
didattica, sono definiti dalla possibilità di assicurazione dell'atleta, amatore o allievo, da parte di un assistente
(compagno o istruttore) che ha il compito di controllarne la progressione rimanendo alla base della parete sia nella
arrampicata da primo di cordata (corda dal basso) sia in quella in moulinette (corda dall'alto). Ai fini didattici e di
allenamento, è ammessa l'assicurazione con recupero diretto dall'alto limitatamente al termine del primo tiro di corda
come definito al punto seguente.

• Lo sviluppo del tiro di corda unico è vincolato alla lunghezza standard delle corde per arrampicata sportiva esistenti
in commercio e omologate; tale lunghezza deve comunque sempre consentire la calata con assicurazione dal basso
oppure la calata in doppia per una sola lunghezza.

• Ogni itinerario in parete dovrà offrire, nel caso della progressione da primo di cordata, tutti gli ancoraggi di
protezione - placchette e catene - in posto, in modo da permettere all'atleta l'aggancio della corda di sicurezza
mediante i rinvii. La distanza tra gli ancoraggi fissati alla parete (sia essa naturale o artificiale) deve essere tale da
non consentire, nella progressione da primo di cordata, cadute libere di lunghezza maggiore di quelle previste per
l'omologazione dei percorsi di gara.

• Ai fini delle prestazioni sportive e della attività amatoriale e didattica, le condizioni relative all'ambiente e alla quota
devono essere ininfluenti.

• L'attrezzatura degli itinerari tracciati sulle pareti per l'arrampicata sportiva deve avvenire prevalent emente dall'alto,
ove questo non fosse possibile è ammessa l'attrezzatura dal basso secondo i criteri di sicurezza dell'arrampicata
sportiva.

• Tutte le altre forme di arrampicata oltre il primo tiro di corda, comunque definite e praticate, anche se svolte su
itinerari attrezzati con i criteri dell'arrampicata sportiva (cioè preventivamente protetti), non rientrano nelle finalità
e nelle competenze della F.A.S.I. ed altrettanto ne' sono esclusi quegli itinerari, anche monotiri attrezzati che
richiedono un approccio ed una esperienza tecnico-alpinistica.

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LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEGLI ITINERARI OMOLOGATI
• Gli itinerari di gara devono essere alti almeno 10 metri e sviluppare almeno 12 metri.
• La parete di gara deve essere larga almeno 6 metri e poter ospitare almeno due itinerari da percorrersi
contemporaneamente.

• Ciascun itinerario deve avere una larghezza minima di 3 metri.


• La parete di gara deve limitare al minimo i tratti verticali.
• La distanza tra gli ancoraggi - o protezioni - o spit - deve essere tale da garantire la completa sicurezza dell'atleta
in qualsiasi punto dell'itinerario secondo le metodologie di assicurazione dinamica in uso nella disciplina sportiva.

• La parete artificiale di arrampicata deve essere corredata dai seguent i documenti firmati da un tecnico abilitato ed
iscritto ad un albo professionale: a) Certificato di collaudo statico; b) Certificato di corretto montaggio. c)
descrizione particolareggiata dei materiali che la compongono.

• La parete artificiale deve essere assicurata contro danni arrecati accidentalmente a chiunque e deve essere in
regola con le vigenti norme antinfortunistiche.

• Le parti sporgenti della struttura artificiale devono essere protette adeguatamente per evitare contatti fortuiti o
accidentali con gli utenti.

• Gli Ufficiali di Gara (Giudici e Tracciatori) devono essere in regola con le normative Federali.

LE CATEGORIE
L'attività sportiva è suddivisa nelle seguenti categorie:

Categorie Promozionali:

• Giovanissimi "C" dai 6 agli 8 anni

• Giovanissimi "B" dai 9 ai 10 anni

• Giovanissimi "A" dagli 11 ai 13 anni

Categorie Agonistiche:

• Ragnetti: dai 14 ai 15 anni

• Allievi: dai 16 ai 17 anni

• Juniores: dai 18 ai 19 anni

• Seniores: oltre i 19 anni.

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Le REGOLE di uno SPORT in SICUREZZA !

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L’Arrampicata Sportiva: tre SPECIALITA’ ... una passione !

Molti tra i moderni sport comuni hanno avuto origine dalla canonizzazione e modernizzazione di antichi “giochi
popolari” o dall’utilizzo “sportivo” di attrezzi o mezzi più o meno moderni.
Così non è stato invece per la nascita dell’attuale “Sport Arrampicata”.
L’arrampicata in falesia è stata per molto tempo considerata come un metodo di allenamento per l'alpinismo:
oggi è invece una nuova ed emergente realtà sportiva distinta nelle sue specialità !

La primogenita: la Difficoltà. La regina tra le


specialità di questo sport si è formata da un
allenamento fatto di continua ricerca della difficoltà
massima su nuovi itinerari, dall’incremento della
propria forza, dallo sviluppo della resistenza
specifica, la ricerca della tecnica, dello stile,
dell’abilità motoria e dell’agilità; come per i nostri
capostipiti, vince chi arriva più in alto, chi conquista
la “vetta”.

Tra quelli che invece si sono concentrati ed


allenati nella soluzione di singoli irrisolti passaggi
atletici, su massi e blocchi rocciosi di fondovalle, a
pochi centimetri da terra e svincolati così anche
dagli impacci delle attrezzature di sicurezza,
guardando solo all’estrema esasperazione del
gesto atletico, alla massima precisione tecnica di
pochi movimenti estremi, alla concentrazione
della forza pura: il Boulder, l’esplosione delle
componenti più specifiche del nostro sport; vince
chi risolve tutti i problemi.

Il richiamo sportivo della materia “arrampicata” si è poi


anche sviluppato, questo principalmente nei paesi dell’est
europeo, secondo il criterio senz’altro più classico e
tradizionale tra gli sport comuni; il rappresentante primo
delle capacità atletiche umane: la Velocità, nel nostro sport
un vero concentrato di agilità, tecnica e forza veloce; vince
chi arriva primo nella lotta contro il cronometro.

Difficoltà. Boulder e Velocità; destrezza, forza e velocità: le definizioni agonistiche per eccellenza.

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I FONDAMENTALI DELL’ARRAMPICATA SPORTIVA

PREMESSA:

L’informazione.
Se arrampicare come gesto motorio riflette una sua chiara natura spontanea, l'arrampicata vista come disciplina sportiva risulta
invece tutt’altro che semplice e immediata da interpretare.

Quando si tenta di approfondire la conoscenza dei suoi molteplici aspetti, ci si trova di fronte a non pochi p unti oscuri e ogni
approfondimento diventa difficile per varie ragioni.
Una di queste consiste nel fatto che l’arrampicata sportiva e' una disciplina relativamente giovane e sull'argomento non si
trovano quindi facilmente documenti dettagliati ed esaustivi basati su criteri scientifici, cinesiologici ecc.. La documentazione
disponibile è rappresentata da manuali che affrontano il tema in modo abbastanza generico, spesso descrivendo vari aspetti di
altrettanti argomenti, con il rischio di confondere le idee al lettore tra varie tendenze e differenti modi di interpretare questo
sport.

Come vedremo in modo dettagliato anche in seguito, ad esempio, viene fatta confusione tra il concetto di movimento
“fondamentale dell'arrampicata” e il concetto di “tecnica”. Com e se tra i due termini non ci fosse nessuna differenza.

L’informazione, sul tema dell’arrampicata, ancora oggi non dispone di un archivio informativo consultabile e quindi non è
possibile esaminare e confrontare studi e approfondimenti fatti in passato con quelli più recenti.

La caratterizzazione.
Sicuramente, come accade in altri sport di destrezza quali ad esempio le arti marziali, anche l'arrampicata viene caratterizz ata
da una complessa matrice di principi che la compongono. E' una forma di espressione psicofisica risultante da molti fattori che
riguardano l'uomo nella sua interezza. Componenti puramente strutturali si intrecciano ad aspetti chimici e biologici
dell'organismo e a complicati meccanismi collegati alle emozioni.

Quindi si può senz’altro dire che fattori psichici, chimici e strutturali uniti e coordinati tra loro all'unisono affrontano il campo
d'azione adattandosi ad esso e quindi, in altre parole, sviluppano l'assetto migliore del corpo in funzione del “fattore ambi entale”.
Questo fattore viene determinato dalle caratteristiche della parete d'arrampicata che puo' essere naturale o sintetica. A tal
proposito e' logico supporre che gli impianti sportivi artificiali, saranno nel tempo sempre più sofisticati fino alla realiz zazione di
pareti sintetiche cosi' avanzate e articolate da riprodurre perfettamente la gestualità tipica delle falesie naturali .

Ora dopo aver considerato la notevole complessità dell'argomento da trattare, apparirà ovvia la nostra scelta di basare quest o
manuale su esperienze consolidate e su ricerche concrete.
Infatti solo riferendosi al lavoro che si svolge quotidianamente sul campo nei centri di avviamento all'arrampicata sportiva, dalle
esperienze acquisite nel tempo e dall’opera di una specifica commissione fede rale formata da istruttori societari e federali,
insegnanti diplomati “isef” e tecnici federali, si è potuti arrivare a elaborare la completa stesura di questo manuale.

Il linguaggio.
Il lavoro di questa commissione si è concentrato principalmente nella fo rmazione di un approccio didattico nuovo, supportato
anche da strumenti di lavoro efficaci quali ad esempio l’alfabetizzazione di una gestualità specifica per trasmettere i movim enti
fondamentali dell'arrampicata sportiva.
La creazione quindi di un linguaggio comune specifico che possa facilmente trasformarsi in fraseggio motorio.

Anche questa scelta e' risultata importante e ha infatti permesso di uniformare la terminologia didattica, verificando poi ch e i
ragazzi impostati sin dall' inizio sui movimenti fondamentali con questo tipo di linguaggio codificato, recepiscono
immediatamente questo sistema di comunicazione e lo utilizzano fin da subito per correggersi e per consigliarsi tra loro dura nte
l'arrampicata e naturalmente per ricevere dagli istruttori i suggerimenti opportuni, i quali tra l’altro, potranno così anche eliminare
i tempi morti dovuti a un modo di comunicare poco chiaro e poco efficace come: " fai così il movimento, metti il piede là, ec c ".

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Tecnica e fondamentali

Introduzione:

L' introduzione dei movimenti fondamentali dell'arrampicata sportiva costituisce una svolta decisiva per la nostra disciplina .
Questa innovazione sarà determinante per molti motivi e probabilmente susciterà anche qualche atteggiamento critico .

I fondamentali sono caratterizzati da un linguaggio proprio e specifico che come abbiamo visto rende la comunicazione efficace
e immediata. La nomenclatura esplicita e concisa corrisponde a delle proposte motorie analitiche; dando la priorità a element i
arrampicatori di chiaro stampo sportivo.

Secondo noi il discorso sui "fondamentali" non può essere veramente chiaro senza distinguere il concetto di "tecnica" da quel lo
di "fondamentale".
Mentre la tecnica si basa su dei movimenti fondamentali che la costituiscono il movimento fondamentale puo' esistere come
singola espressione motoria.
Si parla ad esempio di tecnica in diedro, di tecnica in aderenza o in fessura, considerandole tutte fondamentali rispetto ad un
determinato ambito, ma l’analisi attenta dell'argomento mette in evidenza che la tecnica di arrampicata in diedro non può essere
considerata "un fondamentale" ma come detto precedentemente una tecnica costituita da movimenti o posizioni (come la
divaricata in questo caso), che noi invece consideriamo dei movimenti fondamentali o delle figure fondamentali.

Esistono infatti movimenti come il "cambio di piede", o il "caricamento laterale" e altri ancora, che non rappresentano nessu na
tecnica in particolare ma vengono considerati "fondamentali" .

In questo testo abbiamo tralasciato alcuni argomenti riferiti ad ambiti che si possono considerare slegati da quello sportivo e
agonistico. Le eventuali mancanze contenute nel manuale dovranno essere affrontate dagli istruttori della Federazione
attraverso la loro personale esperienza e dedizione.

Questo manuale non ha la pretesa di soddisfare tutti gli aspetti, ma di circoscriverne alcuni riguardanti la pura arrampicata
sportiva.

Approccio didattico al movimenti fondamentali.

Prima di affrontare la spiegazione dei "fondamentali", considereremo alcuni aspetti che riguardano I'arrampicata di rilevante
importanza didattica.

Gli argomenti da trattare sono:


il concetto di SPOSTAMENTO DEL PESO (il baricentro),
l’INDIPENDENZA DEI PIEDI, la RESPIRAZIONE, il
RILASSAMENTO, e il concetto di PUNTO MORTO .

Spostamento del peso.


Arrampicare e' soprattutto un fatto di sensazioni e di emozioni. Le informazioni esterne che vengono captate dai recettori
sensoriali (mani, piedi, occhi) sviluppano una serie di di reazioni interne. Esse producono il cosiddetto adattamento alla
situazione, che sarà più o meno intelligente.
Risulta quindi importante educare gli allievi all’autocontrollo e ad imparare ad ascoltare le varie sensazioni che vengono da te dal
campo d'azione sul quale ci si sta muovendo, oppure si sta fermi.

Partendo dalle facili pareti cercheremo di far percepire le sensazioni che lo spostamento del peso corporeo offre spostandosi da
una parte all'altra, da destra a sinistra.
Ad esempio stando con il corpo in posizione comoda: su buoni appoggi e buoni appigli con le braccia estese possiamo proporre
ad un allievo di spostare il peso del corpo verso destra andando a caricare maggiormente l'arto inferiore destro e poi di rip eterlo
dall'altra parte. La stessa cosa si può fare con gli arti superiori.
Un altro esercizio che si propone e' quello di eseguire una attraversata sulla parete, prima facendola con gli arti superiori e
inferiori tenuti in posizione estesa e successivamente ripetendola con il corpo in posizione raccolta. Nel primo caso la
sensazione principale sarà quella di avere il peso corporeo distribuito in modo uniforme su appoggi e appigli, mentre nel
secondo caso il caricamento e il peso sulle braccia aumenterà notevolmente.

Il numero di esercizi didatticamente validi sullo spostamento del peso può essere infinito. Tutte le strade possono essere valide
se permettono di raggiungere l'obbiettivo programmato.
Anche senza l'utilizzo della parete si possono creare esercizi; ad esempio realizzando un traverso co n appoggi per i piedi
costituiti da cubi di legno distanziati tra loro.

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Indipendenza dei piedi.
Altro aspetto riferito alla sensibilità di un arrampicatore, riguarda la capacità di saper ascoltare e sentire i propri piedi . I piedi non
possono essere considerati solo degli "optional" da posizionare qua o la' dove capita, ma sono invece così importanti che noi
istruttori diciamo spesso ai principianti di sforzarsi a "ragionare con i piedi".

I piedi hanno una importanza tale e quale alle braccia. Svolgono delle funzioni proprie e autonome. Oltre a sostenere il corpo, i
piedi facilitano l'azione motoria in arrampicata, la rendono fluida e armoniosa, permettono di collegare i diversi movimenti
fondamentali tra loro, oppure di svolgere in successione un solo fondamentale.
Per indipendenza intendiamo che i piedi si muovono in modo autonomo come delle sonde saggiando e analizzando il campo
d'azione in modo sistematico e in funzione del loro sondaggio tutto il corpo si muove adattandosi al segnale che e' venuto dai
piedi. Per fare un esempio: "i piedi scelgono una certa posizione ruotando verso destra; ecco allora che il bacino li segue e così
pure il tronco e poi tutto il busto compreso il capo".

Principalmente i piedi si usano con la parte anteriore della scarpetta e in tre posizioni:
FRONTALMENTE (di punta)
INTERNAMENTE (zona mediale)
LATERALMENTE (zona laterale o esterna)

Gli appoggi possono essere sondati dai piedi "macinando" (cioè sfregando la suola della punta della scarp etta) la loro superficie
e così facendo si avrà prima o poi la sensazione (andando per esclusione), di aver scelto la posizione di caricamento più
vantaggiosa.
E' meglio spiegare e sottolineare al principiante di non precludersi mai l’opportunità di economizzare la sua arrampicata
ricercando il modo migliore di caricare di un appoggio.

Questo si potrà ottenere solo con l’esercizio e arrampicando con la massima concentrazione sui piedi. Fino a quando questi no n
“ragioneranno” veramente in modo autonomo e automatico scegliendo immediatamente la soluzione migliore.

Movimenti del bacino.


Un terzo aspetto si riferisce a un distretto corporeo del quale e' meglio far prendere subito coscienza all’allievo: il bacin o.
A questo proposito possiamo cominciare dimostrando che il bacino esiste e fa da punto di collegamento tra la parte bassa e
quella alta del corpo. Con dei semplici esercizi di traslazione, rotazione, antero e retroversione, anca che sale e anca che
scende.

Si potrà quindi passare all’esecuzione di esercizi in par ete proponendo di fare delle rotazioni con i piedi sugli appoggi, seguiti ed
assecondati dall’azione del bacino.
Così facendo la rotazione dei piedi, assecondata dal bacino e successivamente da tutto il tronco, porta ad una posizione del
corpo rispetto alla parete diversa da quella iniziale. Infatti partendo dai piedi e passando per il bacino si finisce per assumere
una posizione non più frontale ma laterale del corpo rispetto alla parete. L'istruttore a questo punto potrà dire che
frequentemente la posizione del corpo in arrampicata cambia passando proprio da frontale a laterale.
Tutto ciò e' possibile soltanto se viene assimilata dal principiante l'importanza che ha il bacino. Risultato che può essere
ottenuto facendo fare le precedenti esercitazioni anche sulla parete (antero, retroversione, rotazioni, ecc). La retroversione per
esempio costituirà motivo di avvicinamento del bacino verso la parete con la conseguente sensazione di caricare maggiormente
i piedi. Invece facendo semplicemente traslare il bacino verso destra o sinistra permetteremo al principiante di scaricare del
peso da uno all’altro arto inferiore.
Prima di concludere ci sembra importante definire cosa si intende con il termine RETROVERSIONE . La retroversione del
bacino e' il basculamento verso dietro con inversione della curva lombare del rachide. Arrampicando la retroversione favorisce
l’azione motoria permettendo di scaricare maggiore peso sugli arti inferiori e facilitando la ricerca continua del punto mort o in
varie posizioni. Spesso e' proprio con il bacino e con la retroversione che si apre la strada verso il raggiungimento del punto
morto.
Un aspetto da ricordare e' che durante la retroversione intervengono in modo sistematico i muscoli glutei e addominali;
stabilizzando e mantenendo questa fondamentale postura .
Da parte nostra non possiamo trascurare il fatto che l’arrampicata prima di essere una disciplina sportiva sia essenzialmente
un'ARTE e la parete qualunque essa sia, può essere così paragonata ad una tela sulla quale dipinger e trasferendo la propria
espressività e imprimendo così su di essa la propria personalità.
Per questo motivo continueremo a sottolineare che l’arrampicata non si esaurisce in una attività puramente fisica di destrezz a,
ma si definisce in forma globale e complessa di attività psicofisica e creativa.
Sulla base di ciò, assumono una importanza fondamentale anche altri aspetti legati alla coordinazione del movimento.

La respirazione.
Mentre si sta arrampicando bisogna imparare ad ascoltarsi. Concentrandosi per esempio sull'aria che entra e su quella che
esce dai nostri polmoni, cercando di evitare di muoversi sulla parete stando in apnea (a bocca chiusa). Durante l'arrampicata
ricorderemo quindi ad un allievo di espirare durante le fasi di maggiore contrazione m uscolare, ad esempio durante un "lancio"
e di recuperare lo sforzo fisico controllando la respirazione.

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Anche nelle lezioni di arrampicata giocata con i bambini si dovrebbero inserire esercizi di ginnastica respiratoria. Facendo capire
ciò che avviene durante gli atti respiratori e abituando a sentire il muscolo diaframma sbloccato e reattivo. Faremo fare ai
bambini (oppure agli adulti), un gioco di questo tipo: immaginate di riempire con l'aria il vostro corpo come con l’acqua si riempie
una bottiglia. Si parte prima dal fondo, e piano piano si arriva all'estremità più alta. Questi esercizi per essere resi anco ra giù
efficaci si possono fare anche a terra proni. In questa posizione sarà giù evidente la sensazione di aria che entra e di aria che
esce.

Il rilassamento.
Come si diceva in precedenza e' essenziale arrampicando saper ascoltare il proprio corpo.
Questo permette di avere un rapporto continuo e diretto con i vari distretti corporei e muscolari. L'obiettivo e' quello di i nsegnare
ad ascoltare e sentire il proprio corpo; anche quando ci sono delle parti inutilmente contratte che spendono inutilmente dell e
energie fisiche e nervose.
Arrampicando, nei vari movimenti degli arti superiori, c'è sempre la possibilità di economizzare l'azione muscolare con delle
pause di rilassamento più o meno lunghe; ad esempio eseguendo un "movimento" con la mano, tra lo spostamento da una
presa ad un'altra è possibile favorire un rilassamento anche solo parziale delle dita e della mano stessa conc entrando la propria
attenzione su quella mano e richiamando a livello nervoso una detensione muscolare.
E’ evidente che lo stesso discorso, riferito ora agli arti superiori, vale anche per tutti gli altri distretti corporei.
Anche se tra un movimento e l'altro non e' sempre possibile un vero e proprio rilassamento con una lunga pausa, è sufficiente
comunque imparare a richiamare una detensione anche solo per pochissimi istanti, ad esempio durante il tempo impiegato per
raggiungere l’appiglio successivo.
Alla fine di un itinerario o di un circuito di arrampicata, le brevissime pause, che chiameremo “pause parziali dl rilassamento” ,
assumeranno nel bilancio complessivo dello sforzo un valore molto più ampio di quanto non si possa supporre. Si può anche
arrivare a dire che alla fine di ogni itinerario arriverà meglio colui che non solo risulterà fisicamente e tecnicamente più forte, ma
anche chi riuscirà al meglio a gestire il rilassamento nelle sue infinitesime parti.

Il punto morto.
Immaginiamo di essere sulla parete strapiombante con il corpo in posizione frontale rispetto ad essa e di dovere fare un
movimento verso destra con la mano destra;
se stiamo con il corpo in fuori (con il bacino esposto in fuori), il baricentro del corpo non cadrà fra i piedi e l’ine vitabile
conseguenza è un maggior caricamento e sforzo sulle braccia,
se invece di stare con il bacino esposto in fuori, I'arrampicatore cambia la sua posizione rispetto alla parete mettendosi co n il
bacino in retroversione automaticamente il baricentro ricadrà fra i piedi sgravando il peso dalle braccia e favorendo
notevolmente l'arrampicatore.

Ora, se abbiamo stabilito di fare questo movimento verso destra con la mano destra, un indubbio vantaggio sarà quello di
cercare il “punto morto” della situazione che ci permette di economizzarne l’esecuzione.
Con uno slancio (movimento dinamico), favorito dall’azione dinamica dalle braccia e dalle gambe si fà avvicinare Il baricentr o
alla parete. Il bacino e tutto il corpo vengono spinti verso la parete e questa azi one avrà una sua intensità che progressivamente
diminuisce man mano che il corpo si accosta alla parete. Tra il momento di avvicinamento e quello di ritorno verso il basso; c'e'
un momento di pausa, una situazione di stasi; un momento "morto".
Quel momento viene appunto definito come il PUNTO MORTO. Quando il corpo non ha peso, non ha nessuna influenza
negativa sul movimento che si compie.
Durante questa fase dovrà avvenire il movimento, da una presa all'altra e questo proprio perché in quel preciso istante sarà più
facile ed economica l'esecuzione.

Per esercitarsi nella ricerca del punto morto noi possiamo utilizzare delle strategie didattiche partendo da attrezzi come le
spalliere oppure il quadro svedese. Situazioni nelle quali sia molto semplice applicar e la forza di slancio e raggiungere appigli
decisamente evidenti. Da questi attrezzi si partirà per poi passare sulle pareti più o meno strapiombanti e ricercare il punt o
morto passando in rassegna un fondamentale dopo l'altro.
Così facendo abitueremo il nostro allievo a ricercare questa situazione (che è la più vantaggiosa) al fine di economizzare
l'azione motoria durante l’arrampicata.

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I FONDAMENTALI

Spostamenti frontali: spostamento laterale; spostamento verticale .

Spostamento laterale (traverso):


su una fila di appoggi messi sulla stessa linea ne scegliamo tre non troppo distanti fra loro e li chiameremo appoggi A, B, e C .
Ora appoggiando i piedi uno su A. e l'altro su B e gli arti superiori saranno su buoni appigli in posizio ne estesa. Questa sarà la
nostra posizione di partenza. Il piede sull’appoggio B viene spostato in C e il piede che stava in A viene spostato in B.

La successione di movimenti sopracitati costituisce lo spostamento frontale laterale sulla parete. Durante l o spostamento
laterale gli arti superiori seguiranno la stessa direzione di quelli inferiori, le braccia saranno mantenute distese sugli ap pigli più
evidenti.

Spostamento verticale:
innanzitutto definiamo la POSIZIONE Dl BASE rispetto alla parete. Questa si ottiene mantenendo il corpo frontale con le gambe
leggermente divaricate e i piedi ben appoggiati sugli appoggi.

Le braccia saranno distese e verranno rilassate in modo alternato facilitando i recuperi tra i vari movimenti.
Il bacino sarà mantenuto in retroversione per facilitare la posizione di base caricando maggiormente il peso sui piedi. La
posizione di base deve anche permettere la massima visuale del campo d'azione sul quale ci si muove, quindi il busto e il capo
saranno mantenuti in una posizione leggermente allontanata in fuori rispetto alla parete stessa.

Lo spostamento frontale verticale prevede poi una successione di movimen ti coordinati tra arti inferiori e arti superiori. Il corpo
muovendosi verso l'alto sfrutta con i piedi gli appoggi disponibili e più adatti, rendendo l'arrampicata economica e fluida, le
braccia si spostano sugli appigli più evidenti man mano che si sale rimanendo in posizione distesa.

Un esercizio che riteniamo valido per imparare ad arrampicare frontalmente e' di eseguire (sulla parete predisposta con molte
prese ravvicinate) in successione, tre movimenti con i piedi (formando un triangolo) e due movimen ti con le braccia.

In pratica si tratta di formare ad ogni sequenza un triangolo con i piedi. Seguendo precisamente il seguente schema: uno, due ,
tre, movimenti con i piedi. Seguiti da: uno, due, movimenti con le braccia.
Cosi' facendo l’arrampicatore viene impostato e abituato a guardare sempre in anticipo ciò che può sfruttare con i piedi e ad
esaminare verso il basso gli appoggi disponibili, questo per non trovarsi, quando ormai e' troppo tardi, troppo in alto con l e
braccia in una situazione che non permette di verificare con lo sguardo, ormai troppo accostato alla parete, la situazione degli
appoggi a disposizione.
Oltre a ciò non si dimentichi di ricordare al principiante l’importanza di saper leggere, capire e interpretare il campo d'az ione che
si apre in tutte le direzioni.
Per questo motivo le braccia sono tenute distese e il bacino retroverso, le spalle e il capo sono spostate in fuori rispetto alla
parete; favorendo la migliore visibilità e la lettura del campo d' azione sul quale ci si muove.

Un'ultima cosa da dire riguarda il baricentro. Quando si arrampica bisogna che la sua verticale cada il più possibile fra i piedi ;
quindi occorrerà abituarsi ad andare con il bacino in retroversione contro la parete, portando appena possibile le braccia es tese
in posizione di recupero.

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Cambio di piede: con saltello; con strisciata; entrando con il tallone.

Con saltello. Il piede che appoggia viene sostituito dall'altro mediante un saltello. Con questo metodo, anche se per una
frazione limitata di tempo, il peso del corpo graviterà solo sulle braccia.

Con strisciata. Il piede in appoggio viene


sostituito dall'altro dopo aver frenato e guidato il
cambio facendo aderire e strisciare contro la
parete la suola della scarpetta con la sua punta; o
frontalmente o lateralmente o internamente.

Entrando con il tallone. Significa sostituire il piede in appoggio, che


e' posto frontalmente alla parete, con l’altro piede che si fa spazio
entrando con il tallone tra la parete e la gamba in appoggio. In
questo modo si favorisce il cambio di piede attraverso un
compromesso tra strisciata, macinata e sovrapposizione che
avvengono in contemporanea.

Nel cambio piede comunque l’arrampicatore e' meglio che anticipi


sempre il fondamentale, creando uno spazio libero sull’ appoggio che
faciliti l’esecuzione.

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Incroci di piedi: incrocio interno; incrocio esterno.

Incrocio interno: si parte con il corpo in posizione frontale. Per spostarsi verso destra si incrocia la gamba sinistra che passa
davanti a quella destra, il corpo può passare da una posizione frontale a una laterale per poi ritornare di nuovo frontale a
incrocio ultimato. Naturalmente gli incroci di piede come avviene per altri fondamentali sono favoriti dalla rotazione dei piedi nel
senso in cui gli incroci avvengono.

Incrocio esterno: si parte con il corpo in posizione frontale. Per spostarsi verso sinistra si incrocia la gamba destra che passa
dietro alla gamba sinistra.
Il corpo durante l’incrocio esterno può assumere diverse posizioni. Se l’appoggio che viene utilizzato dalla gamba che incrocia e'
abbastanza vicino, l’incrocio avviene mantenendo una posizione frontale rispetto alla parete, se invece e' molto distante all ora si
può ruotare con tutto il corpo per assecondare la direzione dell'incrocio e raggiungere l'appoggio caricandolo nel modo più
economico possibile.
In questo stesso caso è anche possibile raggiungere l’appoggio lontano mantenendo una posizione frontale; basterà piegare la
gamba sulla quale si appoggia il piede e permettere così un i ncrocio giù ampio.

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Cambio di mano
Si effettua sostituendo la mano posta sull'appiglio con l’altra lasciando gradualmente lo spazio necessario alle dita della mano
che deve aderire e caricare l’appiglio stesso. Anche in questo caso e' fondamentale anticipare il cambio di mano lasciando un o
spazio libero sull'appiglio che sarà occupato dalle altre dita che man man o effettuano il fondamentale.

Incrocio di mano
L'incrocio di mano può avvenire in due modi.
Con la mano che incrocia che passa sopra all'altra, oppure con la mano che incrocia che passa sotto all'altra. Generalmente
diremo che se l’appiglio da prendere per effettuare l’incrocio si trova in una posizione più in alta rispetto alla mano ferma , la
mano che incrocia passa sopra. Mentre se l’appiglio da raggiungere si trova al di sotto di quello tenuto, la mano che incrocia
passa sotto.

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Manopiede.
In certi casi la mancanza dl appoggi obbliga l'arrampicatore a utilizzare con i piedi ciò che sta usando come appigli per la mani.
Questa situazione porta inevitabilmente al fondamentale manopiede.
La mano che tiene l'appiglio deve permettere al piede di occupare progressivamente lo spazio necessario per un efficace
appoggio. Anche in questo caso questo e' possibile anticipando il manopiede e lasciando un piccolo spazio per il piede. In
pratica avviene la stessa cosa che abbiamo detto a proposito del movimento fondamentale cambio dl mano. Il manopiede
presuppone una notevole mobilita' articolare dell' anca, infatti spesso l'appiglio che viene utilizzato dal piede come appoggio si
trova in una posizione abbastanza alta.

Un esercizio che facilita l'apprendimento e l'esecuzione del fondamentale manopiede è quello di arrampicare nel "diedro";
ancora più semplice se viene predisposto con buoni appigli.

Arrampicata “per due punti”

Come vedremo e come abbiamo già anticipato, non sempre una


arrampicata “economica” si svolge seguendo la regole dei tre punti.

Ad esempio, volendo proseguire la sequenza delle immagini qui


sopra dopo il “manopiede” sarà anche possibile abbandonare
l’appoggio del piede sinistro e, rimanendo in posizione frontale solo
su due punti (mano sinistra e piede destro: sempre ad arti
contrapposti), sposteremo il baricentro sempre più caricando il piede
destro fino a raggiungere un appiglio ancora più lontano con la mano
destra.
Il piede sinistro, anche rimanendo nel vuoto, svolgerà un’importante
azione equilibrante.

Sarà possibile applicare questo fondamentale anche quando


l’appiglio per la mano sarà solo verticale e rivolto verso di noi, in
modo da poter essere “caricato” solo spingendo verso l’esterno con
la spalla; è in questo caso che l’effetto “spallata” verrà maggiormente
esaltato.

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I Bilanciamenti. bilanciamento interno; bilanciamento esterno

Bilanciamento interno: anche in questo caso l’arrampicata si avvarrà di una posizione di equilibrio basata non più su tre punti
ma invece solo su due, e nemmeno per arti contrapposti; la stabilità sarà comunque garantita grazie ad una rotazione del busto
che porterà il corpo in una posizione laterale rispetto la parete creando in ogni modo un triangolo di equilibrio con un appo ggio
virtuale, ma comunque efficace.

Esecuzione del gesto:


Immaginiamo di avere a disposizione sulla parete una fila verticale di prese. Saliamo con un piede (es. il destro) su un appo ggio
e teniamo un appiglio con la mano corrispondente (la destra). Ruotando con il piede ch e appoggia (il destro), verso l’interno
(quindi verso sinistra), eseguiamo un incrocio interno con gamba sinistra.
Il corpo ruota da una posizione inizialmente frontale a una posizione laterale, la gamba sinistra che incrocia si trova in po sizione
estesa, con la punta del piede che spinge contro la parete favorendo il bilanciamento, le cosce e le ginocchia sono a stretto
contatto fra loro per favorire anch'esse l’esecuzione del fondamentale e la mano sinistra quindi, allungandosi verso l’appigl io
successivo, disegna il naturale prolungamento alla gamba che sta incrociando.

Bilanciamento esterno: nelle stesse condizioni precedenti con una fila verticale di prese a disposizione eseguiamo il
bilanciamento esterno.
La mano e il piede destro sono in azione, ma in questo caso la gamba sinistra incrocia dietro alla gamba destra. Il corpo nei
confronti della parete rimane frontale e la punta del piede sinistro (quello che incrocia dietro) spinge verso la parete con le cosce
serrate tra loro per favorire il bilanciamento.

A volte il fondamentale bilanciamento esterno, conviene eseguirlo tenendo l’arto inferiore che appoggia (il destro in questo
caso), in posizione estesa, altre volte invece viene favorito dal piegamento dell'arto che appoggia, con la gamba che sta
incrociando dietro in una posizione più alta di come si trovava nel caso precedente. Questo modo di eseguire il bilanciamento
esterno viene anche chiamato "sbandierata", una posizione che risulta abbastanza consueta sulle pareti strapiombanti.

Questo fondamentale nella sua duplice veste (bilanciamento interno od esterno) viene molto utilizzato durante i moschettonaggi;
oppure anche nella progressione, specie nel traverso.

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Caricamento laterale.
Il caricamento laterale lo si impara utilizzando una parete con due file verticali di prese parallele .
La distanza che intercorre tra una fila e l'altra può essere di circa 60, 70 cm circa e la distanza in altezza tra una presa e l'altra e'
di circa 30 o 40 cm .
Si parte con il corpo in posizione frontale rispetto alla parete, con le mani che tengono due appigli comodi alla stessa altezza e i
piedi che caricano due appoggi che si trovano anch’essi circa alla stessa altezza.
Da questa posizione di partenza immaginiamo di eseguire un caricamento laterale co n il piede sinistro che, passando all'interno,
incrocia davanti alla gamba destra.
Si carica quindi, in posizione laterale-esterna, con il piede sinistro l’appoggio che si trova sopra a quello del piede destro, con
quest’ultimo che asseconda il movimento fondamentale ruotando leggermente verso l’interno.

A questo punto il corpo non si trova più in posizione frontale ma laterale, e il piede sinistro che effettua il caricamento l aterale,
spinge verso l'alto aiutato da tutto l’arto inferiore. Durante la spinta l’arto inferiore destro viene esteso con uno slancio e poi
mantenuto contro la parete.
Quindi il braccio destro che ha contribuito anch'esso a spingere il corpo verso l’alto si trova piegato e invece l’arto superiore
sinistro è proteso ed allungato alla ricerca dell'appiglio successivo da raggiungere.

Un errore comune che si commette eseguendo il caricamento laterale è quello di non riuscire ad assumere la posizione esatta
durante il fondamentale. Infatti in molti casi il caricamento viene eseguito con p oca convinzione e non facendo lavorare al
massimo l'arto sul quale si carica e si spinge. Solo invece con un corretto caricamento siamo in grado di raggiungere appigli
molto alti e rendiamo il fondamentale realmente efficace.

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Fondamentale “Lolotte”.
Come abbiamo già specificato nella spiegazione del fondamentale "caricamento laterale", questo viene impiegato per poter
consentire un maggior allungamento del corpo in direzione dell'appiglio; oltre a consentire un miglior avvicinamento del baci no
contro la parete.

Se osserviamo bene la meccanica del "caricamento laterale", risulta realizzabile solo in certe condizion i, o meglio, e' possibile
solo se appoggi e appigli sono disposti in un certo modo.
Infatti per eseguire un caricamento laterale, ad esempio con il piede sinistro, tenendo quindi un appiglio con la mano destra , è
necessario l'appoggio sia disposto al di sotto dell'appiglio o comunque oltre la sua verticale in direzione della mano che lo tiene
(nel caso verso destra). Se così non fosse, (quindi se l'appoggio fosse disposto in direzione opposta all'appiglio), risulter ebbe
molto difficile volgere il fianco destro alla parete per consentire un maggior allungamento del corpo.

Nei casi in cui questa condizione del caricamento laterale non può essere rispettata, per allungarsi verso l'appiglio e mantenere
il bacino vicino alla parete, si prospettano due sole soluzioni tecniche:

a) caricamento frontale. (che in caso di forte strapiombo determina un notevole impiego di forza).
b) Fondamentale ”Lolotte”. (questa risulta essere molte volte la soluzione motoria più efficace consentendo una
rotazione del corpo che permette un avvicinamento maggiore alla parete e un allungamento in direzione
dell'appiglio successivo limitando notevolmente la flessione del braccio sollecitato per la progressione - braccio
che effettua il bloccaggio).

Con i giovani allievi possiamo spiegare la "lolotte" dimostrando innanzitutto che la posizione frontale del corpo rispetto al la
parete non e' sempre la più vantaggiosa.
La dimostrazione può essere esposta di fronte ad un muro verticale o ad una spalliera facendo vedere che se si fanno ruotare i
piedi verso destra o sinistra, assecondando il movimento con tutto il busto, la posizione del corpo cambia passando d a frontale
a laterale; quindi raggiungiamo due buoni appigli per le mani e con i piedi, anche appoggiati a terra, leggermente divaricati fra
loro, dalla posizione frontale facciamo ruotare i piedi verso destra (le punte rivolte verso sinistra) e il busto c he segue il
movimento dei piedi permette al corpo di passare in posizione laterale giungendo a stretto contatto con la parete.
In questa posizione allungando il braccio destro verso l'alto mettiamo ora in evidenza il fatto che, pur rimanendo con il
baricentro del corpo che cade tra i piedi in appoggio, questo arto superiore può salire più in alto di prima. Ogni allievo arriva
all'esecuzione esatta del movimento passando per tappe progressive: in modo spontaneo scopre con suoi tempi e suoi ritmi gli
elementi fondamentali di un gesto motorio poco congenito a molti.

Si tratta quindi di accompagnarlo con pazienza a ricomporre le fasi percorse e certamente devono essere scontati alcuni
presupposti come l'attenzione e l'indipendenza sui piedi; la retroversione e r otazione del bacino, ecc.
Al bambini più giovani (di 8-9 anni, dipende dai casi), questo fondamentale può essere insegnato solo parzialmente, oppure si
può richiedere di eseguire una rotazione dei piedi sugli appoggi dicendo: "ruotando con i piedi sugli appoggi; la punta dei piedi
guarda a destra (o a sinistra) e la mano che batte due colpi in alto sulla parete è quella opposta alla direzione in cui vien e rivolta
la punta dei piedi.
E' chiaro che questo fondamentale deve essere provato (specialmente dai b ambini) prima su pareti verticali o addirittura
appoggiate, successivamente si passerà su piani leggermente strapiombanti o strapiombanti.

Ci teniamo a dire che le proposte didattiche devono considerare in ogni istante il soggetto sul quale avviene l'azion e didattica.
Quando si parla ad esempio di pareti strapiombanti con i bambini, ci si riferisce a pareti predisposte con appigli adeguati: appigli
antitrauma, prese possibilmente ergonomiche, grandi e rotonde.

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Esecuzione del gesto:
consideriamo un caso di lolotte verso un appiglio da raggiungere con mano sinistra (quindi con una rotazione del corpo verso
destra). Con entrambe le mani in presa sugli appigli ci si trova in posizione di base sullo strapiombo cioè in posizione fron tale,
ora spostiamo il piede sinistro verso l'appoggio considerato trovandoci sempre in posizione dl caricamento frontale.
Da questa posizione facciamo ruotare internamente la gamba sinistra rivolgendo il ginocchio corrispondente verso il basso, il
piede che prima appoggiava con la superficie interna, man mano che il ginocchio ruota verso l’interno andrà pian piano a
prendere contatto con la superficie esterna della scarpetta (azione di macinamento del piede). tutto ciò consente una rotazio ne
totale del corpo avvicinandolo alla parete e limitando contemporaneamente la flessione del braccio che deve eseguire il
bloccaggio.
A questo punto non rimane che spostare la mano sinistra in direzione dell'appiglio da raggiungere.

L’azione della gamba destra che deve iniziare l'allungamento del corpo, può avere due ruoli differenti:
a) di spinta. (caricando internamente a sua volta un appoggio e distendendosi in direzione dell'appiglio).
b) di bilanciamento. (ciondolando nel vuoto).

Quest’ultima soluzione è da preferire alla precedente nella quale tutti e due i piedi appoggiano, quando l'appoggio che potrebbe
essere utilizzato determinerebbe uno spostamento del bacino in fuori verso l'esterno e di conseguenza non provocherebbe una
spinta verso l'alto ma piuttosto verso fuori e verso l’alto.

Il risultato, come possiamo notare, sarà ancora la creazione di un triangolo di equilibrio su tre punti, ma con
un’importantissima differenza: la posizione del corpo appare ora laterale rispetto alla parete e il braccio che tiene l’appig lio non
deve eseguire alcun bloccaccio chiuso ma invece, pur rimando disteso e con il corpo stabilizzato dall’azione contrapposta degli
arti inferiori, ci permette di raggiungere più facilmente e con un notevole minor dispendio energetico, l’appiglio successivo . E
questa maggior economia della scalata verrà soprattutto evidenziata nelle condizioni in cui la parete diviene anche molto
strapiombante.

Concludendo ripercorriamo per maggiore chiarezza le fasi più importanti che costituiscono questo gesto motorio chiamato
"Lolotte".

• Sulla parete strapiombante in posizione di base, gambe e braccia leggermente divaricate, ruotiamo i piedi verso sinistra
(quindi le punte dei piedi sono rivolte verso destra in modo più o meno evidente dipende dal tipo di appoggio), rotazione del
piede destro interna e rotazione del piede sinistro esterna;
• il ginocchio sinistro si muove facendo una rotazione interna;
• il busto e tutto il tronco si adattano ruotando anch'essi verso sinistra;
• i piedi ruotando sugli appoggi producono una opposizione molto accentuata, uno spinge in avanti -alto per favorire
l'allungamento del corpo verso l'alto, mentre l'altro oltre a spingere vers o il dietro, esegue una azione di macinamento per
accrescere la spinta del bacino verso la parete (in alcuni casi di lolotte infatti si ha la sensazione di essere completament e
bloccati e stabilizzati sulla parete dalla forza impressa dai piedi e da entram be le gambe).
• il ginocchio quindi ruota ancora maggiormente verso l'interno, la sua azione rotatoria interna non e' semplice, è una azione
accentuata, a volte esasperata, (attenzione ai legamenti dell'articolazione) ma e' molto produttiva dal punto di vista
dell'economia gestuale, più si ruota il ginocchio verso l'interno e maggiore sarà l'incidenza del corpo che viene schiacciato
contro la parete;
• così mentre la mano destra tiene l'appiglio con il braccio esteso, quella sinistra rimane libera di andare verso l'appiglio da
raggiungere.

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Il lancio.
E' il gesto più dinamico che un arrampicatore può affrontare ed è un'azione motoria che può essere guidata durante tutta la s ua
esecuzione.
Caratterizzandola possiamo scomporla principalmente in tre fasi distinte: preparazione, esecuzione e riequilibrio.

• La prima e' una fase di preparazione; nella quale gli arti inferiori e superiori si preparano accumulando energia elastica da
sprigionare durante l’esecuzione.
• La seconda è quella di spinta verso la presa da raggiungere calibrando e controllando l’andamento del gesto.
• La terza ed ultima fase e' la tenuta della presa raggiunta e il riequilibrio di tutto il corpo in funzione della nuova posizi one.

Spesso si pensa che il lancio si azzardi soprattutto su terreni di arrampicata atletici; strapiombi a grandi prese o a grandi buchi;
sulle vie che comunemente vengono chiamate di continuità e meno frequentemente si usi (il lancio) su vie verticali o
leggermente strapiombanti caratterizzate da appigli di dimensioni ridotte.

A questo proposito secondo noi e' necessario non confondere l'impossibilità di una azione motoria con la sua difficoltà di
esecuzione.
L'arrampicata sportiva e' una disciplina agonistica che si auspica il raggiungimento dei massimi livelli in arrampicata: cioè
presuppone problemi motori estremamente difficili da risolvere e quindi se questi sono i punti di partenza della disciplina
sportiva, il lancio deve essere considerato un fondamentale abitualmente utilizzato come gli altri.
Riteniamo che l'arrampicata possa essere considerata come una successione di movimenti più e meno dinamici, quindi
costituita da tanti lanci (a volte poco evidenti), che si susseguono tra di loro uno dopo l'altro; attuabili su tutti i terre ni dl gioco;
dallo strapiombo al muro verticale.

Partendo da questi presupposti questi sono i problema da risolvere; la preparazione specifica dell'atleta a questo fondamentale,
l’allenamento e l’adattamento al gesto; lo sviluppo delle capacita' coordinative e condizionali in funzione del movimento
dinamico.
Problemi di non facile risoluzione che stanno alla r adice della arrampicata stessa. Arrampicare rendendo il movimento sempre
al limite del dinamismo non e' facile; sicuramente muoversi in velocità risulta essere più economico ma e' anche più difficil e e
rischioso.
Il lancio può essere eseguito in modi differenti e a seconda che ci si trovi su terreno strapiombante o su un muro verticale.
Infatti un campo d'azione differente da un altro presuppone un modo diverso di gestire il movimento fondamentale.

Noi possiamo suggerire alcuni consigli pratici:


• far prendere confidenza e coscienza del lancio come per gli altri fondamentali in forma progressiva, con esercitazioni
stimolanti come quella di far raggiungere degli appigli grandi e rotondi messi a distanze progressivamente crescenti l’uno
dall'altro;
• oppure su una parete predisposta a grandi appigli, fare arrampicare con una sola mano in modo alternato;
• ancora, accentuando la spinta degli arti inferiori, fare eseguire un lancio con i piedi nel vuoto, raggiungendo con le mani
una presa-appiglio immaginaria sul muro molto in alto. In questo caso bisognerà predisporre per atterrare sopra ad un
materasso.
• infine anche imparare a lanciare frenando la propria corsa verso l'alto facendo strisciare sulla parete il piede che non sta
sull'appoggio caricato. Questo sistema ci permetterà di calibrare meglio l’esecuzione del gesto, il piede strisciando con la
punta sulla parete frena più o meno lo spostamento del corpo e permette alla mano che deve raggiungere l'appiglio di
arrivare sulla presa con la giusta coordinazione.

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Le figure.
Abbiamo chiamato “figure” dell'arrampicata alcune posizioni che, anche a livello giovanile, pur non essendo classificate tra i
movimenti fondamentali, sono senz’altro utilizzate nelle varie tecniche come situazioni statich e di equilibrio e una volta
osservate e analizzate possono favorire l'apprendimento di un codice motorio e del suo linguaggio specifico: la rana, la rana
allungata, la divaricata e il gancio di piede..
Queste figure corrispondono a posizioni fattibili sia sulla spalliera, che sulla parete, oppure semplicemente a terra, quindi
riteniamo sia utile proporle nell'arco di una lezione come esercitazione coordinativa o sotto forma di prova stilistica; dand o cioè
priorità all'aspetto stilistico.

La rana:
è una posizione da effettuare in parete su un solo
appoggio e presuppone molta mobilità articolare. Si
traduce anche in un valido espediente per migliorare
la mobilità dei bambini più piccoli.
Può essere eseguita a terra da proni (a pancia in
giù) e si trasforma facilmente in posizione della
farfalla quando si esegue a terra stando seduti,
oppure in parete verticale o leggermente appoggiata.
Importante soffermarsi ed allenare la capacità di
saper mantenere questa posizione non
necessariamente su un solo appoggio ma anche su
due abbastanza ravvicinati; questo permette di
abituare a distribuire meglio il peso corporeo sugli
arti inferiori.

La rana allungata:
E' una posizione che permette di stabilizzare il corpo su un solo appoggio e a
volte di riposare.
Si ottiene con il contributo dell'altro arto inferiore che svolge una azione di
spinta verso la parete, il tallone del piede che appoggia può essere mantenuto
rivolto verso l'alto, dipenderà dalla grandezza dell'appoggio.
A volte i glutei si trovano anch'essi appoggiati sul tallone e aiutano a
comprimere il bacino contro la parete per favorire l'esecuzione della figura.

La divaricata:
la consideriamo anche una posizione
fondamentale che ci permette il
mantenimento di una posizione statica e
di riposo su due appoggi molto distanti tra loro, oppure come nel caso di
arrampicata in "diedro", permettere degli spostamenti (in divaricata)
verso l'alto, utilizzando in modo coordinato anche i diversi tipi di
opposizione effettuati con le mani.

Gancio di piede (Foot - hook), di tallone o di dorso:


sono anche queste delle posizioni che permettono delle situazioni di riposo, oppure in altre condizioni che possono acconsent ire
di far procedere l'arrampicatore e quindi con una funzione attiva (pareti molto strapiomba nti o tetti orizzontali). Un esempio può
essere fatto riferendosi a ciò che succede se si effettua il gancio di piede con il tallone. incastrando il piede un grande b uco; il
gancio può essere mantenuto per un certo tempo come situazione temporanea di ripos o, oppure può essere caricato in modo
attivo permettendo la progressione verso l’appiglio successivo.

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Per la parte metodologica: Prof.
Marco Venturoli
Prof. Andrea Ceciliani

Per la parte operativa:


prof. Gianfranco Ranzato
Maria Letizia Grasso

Per i disegni:
Michela Del Degan

Per i regolamenti:
Claudio Frontali

Ideazione grafica:

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GIOCHIAMO AD ARRAMPICARE?

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PREMESSA

Questo capitolo introduttivo ha lo scopo di fornire una traccia orientativa sui temi ed i concetti fondamentali della
motricità, anche se trattati per linee generali e sinteticamente; vuole inoltre fissare i contenuti ed i criteri basilari su cui fondare
una corretta attività motorio-sportiva.
Si ritiene indispensabile che chiunque voglia intraprendere la delicata esperienza di operatore sportivo, a qualsiasi
livello, conosca in modo chiaro ed inequivocabile le basi teorico-scientifiche del movimento, sulle quali fondare ed elaborare
la propria metodologia operativa.
Tra i diversi aspetti del complesso processo < insegnamento-apprendimento > emergono le seguenti
problematiche metodologiche:

COSA insegnare ? COME insegnare ?

I FATTORI DELLA PRESTAZIONE MOTORIO-SPORTIVA

Con il termine “prestazione motorio-sportiva” si vuole intendere l’esplicitazione dell’insieme delle capacità psico-fisiche
individuali, in riferimento all’unità fra l’esecuzione e il risultato di una o più azioni motorie.

Qualsiasi forma di prestazione motoria, da quella più semplice (salire le scale, attraversare la strada, afferrare un oggetto che
sta per cadere, ... azioni e attività legate alla nostra vita quotidiana) a quella più complessa (un tiro in sospensione nel basket, una schiacciata
nel volley, una rovesciata nel calcio, un flik- flak nella ginnastica artistica, una salita in strapiombo nell’arrampicata, ... insomma i gesti tecnici
delle diverse discipline sportive) è sempre riconducibile a uno o più movimenti elementari detti schemi motori e posturali di base, e,
per essere realizzati, necessitano degli stessi fondamenti: le capacità motorie.
Questi elementi sono variamente concatenati fra loro, attivati con modalità esecutive particolari, combinati in
sequenze più o meno articolate nelle diverse prestazioni; è proprio tale possibilità di differenziazione nelle modalità di
esecuzione di questi elementi strutturali a determinare la specificità e la peculiarità di ogni singola prestazione.

1. GLI SCHEMI MOTORI E POSTURALI DI BASE

Camminare, correre, afferrare, lanciare, saltare, strisciare, rotolare, colpire, spingere, arrampicarsi, appendersi,
dondolarsi, ..., sono alcune delle forme più elementari di movimento, le prime forme di attività motoria intenzionale e
strutturata che compaiono nello sviluppo dell’individuo dopo la nascita e dopo che questi ha a mano a mano conquistato la
postura in stazione seduta, quindi la quadrupedia, poi la stazione eretta, ..
Ogni atto motorio intenzionale di un individuo, complesso o meno che sia, è sempre scomponibile in unità semplici
che possono essere relative ai diversi segmenti corporei (flessione del busto, rotazione del

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capo, piegamento di un arto inferiore, estensione di un arto superiore, . ) e quindi, intese come assetto delle varie parti del corpo: esse
vengono dette schemi posturali di base; oppure implicare in forma dinamica il corpo nella sua globalità e si definiscono in tal
caso schemi motori di base.
Gli schemi moto-posturali nascono come forme spontanee e semplici di movimento, come si può facilmente
comprendere osservando un bambino nei suoi primi mesi di vita, divengono poi sempre meno grezze a mano a mano che il
bambino cresce ed acquistano in intenzionalità e quindi in precisione.

L’evoluzione degli schemi moto-posturali procede poi spontaneamente grazie alla maturazione del sistema nervoso
centrale e periferico e alla normale vita di relazione la quale, con le differenti stimolazioni che offre, e soprattutto il gioco,
permette l’esercizio continuo di tali gesti. Tali gesti e azioni vengono poi variamente concatenati tra loro per produrre
sequenze motorie sempre più articolate e complesse a seconda delle esigenze e delle curiosità che si manifestano nel
bambino in rapporto con il suo ambiente.
Lo sviluppo degli schemi moto-posturali di base segue un processo continuo, senza salti, anche se poi in base all’età
è possibile individuare dei livelli indicativi di maturazione, il ritmo di tale sviluppo, differente da individuo a individuo, segue
periodi individuali di apprendimento e maturazione.

2. LE CAPACITÀ MOTORIE

Sono elementi essenziali della prestazione motorio-sportiva, in quanto rappresentano il presupposto per
l’apprendimento e per l’esecuzione di tutte le azioni motorie.
Le capacità motorie sono le disposizioni di ogni individuo a conseguire un determinato scopo. Esse si evidenziano in
ciascuna persona a livelli differenti determinati essenzialmente da:

- dotazione genetica del soggetto


- stadio di maturazione individuale
- esperienze pregresse

Nell’ambito di una maggior chiarezza si tende a suddividere l’insieme delle capacità motorie in questi gruppi
fondamentali:

CAPACITÀ SENSO-PERCETTIVE CAPACITÀ COORDINATIVE CAPACITÀ CONDIZIONALI


MOBILITÀ ARTICOLARE e FLESSIBILITÀ

Capacità senso-percettive: attraverso i recettori (organi di senso) e gli analizzatori l’individuo è in grado di stabilire un
rapporto con l’ambiente esterno e di ricevere e comprendere, in maniera corretta, le informazioni provenienti dall’interno
del suo corpo. Sono capacità perlopiù innate che si evolvono con il normale sviluppo dell’individuo e si avvalgono dei
sistemi sensopercettivi: esterocettivi (visivo, uditivo, tattile) e propriocettivi (labirintico, tendineo, muscolare):

a. Capacità di discriminazione VISIVA


b. Capacità di discriminazione UDITIVA
c. Capacità di discriminazione TATTILE
d. Capacità di discriminazione CINESTESICO-SOMATOGNOSICA

Capacità coordinative: possono essere definite come capacità di organizzare, controllare e regolare il movimento e
condizionano l’apprendimento motorio: dipendono dallo sviluppo e consolidamento delle capacità sensopercettive e
della funzionalità del Sistema Nervoso Centrale.
Di seguito riportiamo una classificazione delle capacità coordinative; tale suddivisione è funzionale alla comodità di
esposizione: in realtà esistono strette correlazioni ed interazioni tra i vari aspetti coordinativi che rendono impossibile
stabilire delle nette linee di demarcazione tra una capacità e l’altra se non da un punto di vista strettamente teorico.

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A. Capacità Capacità di adattamento e trasformazione dei movimenti Capacità
coordinative di controllo motorio Capacità di apprendimento motorio
generali

B. Capacità - Destrezza fine


coordinative - Cap. di equilibrio
speciali - Cap. di combinazione motoria
- Elasticità di movimento
- Cap. di orientamento
- Cap. di differenziazione spazio-temporale
- Cap. di differenziazione cinestesica
- Cap. di anticipazione motoria
- Cap. di ritmizzazione
- Cap. ideo-senso-motoria
- Fantasia motoria

Capacità condizionali: sono quell’insieme di capacità determinate da fattori metabolici, bioenergetici e plastici,
dipendono cioè dalle disponibilità di energia e sono quindi collegate agli aspetti morfo-funzionali dell’organismo e a
fattori quali sesso, età, statura, massa muscolare, ... .

Rapidità di reazione
di singoli movimenti o di azione di
massima frequenza di movimento

Forza massimale
rapida
resistente

Resistenza generale
locale

Mobilità articolare / flessibilità: è una capacità non classificabile né fra le coordinative né fra le condizionali, in quanto
presenta caratteristiche intermedie. E’ la capacità di eseguire in modo coordinato movimenti con la massima ampiezza
ed escursione articolare (in particolare, la flessibilità è riferita alla mobilità della colonna vertebrale).

3. ABILITÀ MOTORIE

Sono forme di movimento derivate dalla combinazione tra schemi motori e capacità motorie, che attraverso la
ripetizione, anche se in modi variati dal punto di vista qualitativo e quantitativo, si sono consolidate ed in parte automatizzate,
e non richiedono per la loro effettuazione l’intervento costante della volontà.
Le abilità si identificano quindi con la parte “visibile” del movimento e rappresentano il risultato finale di un
apprendimento (per apprendimento possiamo intendere un processo che porta come risultato finale a una modificazione stabile del
comportamento).
Gli elementi che caratterizzano l’apprendimento delle abilità risultano di fondamentale importanza per comprendere
lo sviluppo della motricità. La realizzazione di nuovi movimenti, infatti, avviene sulla base della rielaborazione di quelli già
acquisiti precedentemente. Di conseguenza, quanto più risulta elevato il numero di esperienze motorie già vissute, e quindi di
abilità padroneggiate, tanto maggiore sarà la capacità di costruirne di nuove e più raffinate. Non solo: i tempi di
apprendimento diminuiscono e viene favorita la capacità di adattamento a situazioni nuove o impreviste.

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Un criterio di classificazione delle abilità è in funzione della situazione in cui si realizza il movimento:

abilità chiuse : sono attività caratterizzate da un programma che decorre in modo automatizzato e senza
variazioni; una volta dato inizio al movimento, questo decorre senza che vi sia bisogno dell’intervento della
coscienza (sono tipiche delle discipline dell’atletica, della ginnastica, del nuoto)
abilità aperte : sono attività che si svolgono in modo variabile, a seconda di mutevoli situazioni ambientali (sono
tipiche degli sport di situazione o di squadra, dove è costante l’esigenza di adattare il movimento alle diverse
condizioni tecniche e tattiche)

4. ABILITÀ SPORTIVE

Sono abilità motorie specializzate; per arrivare all’acquisizione delle quali è necessario, comunque, partire dal
sistema senso-motorio, sviluppando gli schemi motori e gli schemi posturali sui quali si costruiscono le capacità coordinative
e condizionali, che interagendo fra di loro permettono l’acquisizione di abilità motorie generali e di seguito tecnico-sportive.

5. CAPACITÀ TATTICHE

Capacità di impiegare con astuzia mezzi ed accorgimenti tecnici per battere l’avversario e/o raggiungere lo scopo.
Si basano sulle esperienze pregresse e sullo sviluppo delle capacità motorie e abilità tecnicosportive.

6. CAPACITÀ COGNITIVE

Ovvero la capacità di risolvere problemi attraverso l’attivazione dei processi percettivi (...che sono le basi del
pensiero):

- percezione
- analisi (programmazione)
- decisione (scelta del programma)
- valutazione (feedback)

7. ALTRO

FATTORI PSICOLOGICI: interesse per l’attività - volontà

MOTIVAZIONE: soddisfazione di bisogni: … rapporti umani, emozioni significative, allegria, piacere,


raggiungimento di un risultato, appagamento, autorealizzazione, stima …

FATTORI BIOLOGICI: funzionalità e capacità cardiocircolatoria, funzionalità e capacità respiratoria,


dotazione genetica del soggetto

FATTORI STRUTTURALI e AUXOLOGICI: maturazione del S. N. C., misure antropometriche,


stadio di accrescimento …

a. Sintesi dei fattori che determinano la prestazione motorio-sportiva:

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METODI DIDATTICI nelle attività motorie

Come cioè organizzare ed attuare tutte le proposte che serviranno a raggiungere l’obiettivo proposto; quale
atteggiamento adottare; quando e come intervenire nelle correzioni; ecc.

Gli attuali metodi d’insegnamento dell’educazione motorio-sportiva trovano la loro origine nelle due forme
classiche della deduzione e dell’induzione.

Proponiamo questa classificazione dei due metodi:

□ METODI DI TIPO DEDUTTIVO


il metodo prescrittivo - direttivo il metodo misto
(sintetico-analitico-sintetico) il metodo
dell’assegnazione dei compiti

Danno grande importanza al ruolo dell’insegnante (allenatore - istruttore) che non solo propone ma indica la
soluzione del compito motorio da risolvere.

vantaggi
possono facilitare il controllo dello svolgimento del programma riducendo i tempi dell’apprendimento, rendendo
le correzioni più mirate alle singole azioni e/o al singolo gesto.

svantaggi
è presente una eccessiva prescrittività e direttività che limita e spesso inibisce la creatività degli allievi.

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□ METODI DI TIPO INDUTTIVO

il metodo della risoluzione dei problemi il metodo


della scoperta guidata il metodo della libera
esplorazione

Si caratterizzano per la libertà lasciata agli allievi nella ricerca della soluzione del compito motorio (scoprire
autonomamente le conoscenze e fare esperienze) sia pure con una guida che l’istruttore può dare, ma non inibendo
l’impegno intellettivo-creativo.

vantaggi

si esalta la creatività degli allievi

svantaggi
non è facile controllare lo svolgimento del programma e i tempi di apprendimento sono abbastanza lunghi.

Prendiamo ora brevemente in esame ciascun metodo didattico:

1. Metodo prescrittivo-direttivo
dà rilevanza estrema al ruolo dell’insegnante ed è incentrato sull’ipotesi che esso possieda conoscenze ed esperienze da
trasmettere ai propri atleti.
Comporta generalmente 4 fasi: Esplicazione-Dimostrazione-Esecuzione-Correzione

2. Metodo misto (sintesi-analisi-sintesi)


fa riferimento a due tradizionali momenti deduttivi, la sintesi e l’analisi, integrandoli e combinandoli.
L’allenatore offre agli atleti una visione di insieme del gioco o dell’esercizio, quindi analizza le singole parti e poi
ricompone il tutto.
Consente di acquisire in tempi brevi le tecniche sportive e facilita l’individualizzazione e la correzione degli errori.

3. Metodo dell'assegnazione dei compiti


consiste nell’assegnare agli atleti, sia singolarmente che in piccoli gruppi, determinati compiti motori che vengono
eseguiti autonomamente una volta stabilite le modalità di esecuzione. Implica una spiegazione di ciò che dovrà essere
realizzato, una dimostrazione dell’attività da svolgere e l’esecuzione da parte degli atleti, in forma autonoma, dei compiti
assegnati. Vi sono rischi di approssimazione esecutiva se lasciata molto libera, di scarsa spontaneità degli atleti ed
eccessiva ripetitività.

4. Metodo della risoluzione dei problemi


consiste generalmente nella predisposizione, da parte dell’insegnante, di situazioni motorie non ben definite o
incomplete sul piano esecutivo, che dovranno essere affrontate dagli alunni. Potrà accadere che i bambini troveranno
soluzioni diverse rispetto ad una medesima situazione problematica;
l’insegnante inoltre non dovrà fornire alcun modello esecutivo; il suo intervento sarà teso ad una intensa e significativa
interazione verbale con gli alunni.
Le domande che l’istruttore rivolgerà ai propri bambini acquistano rilevanza in funzione dei processi induttivi propri del
metodo:
- in che modo possiamo fare per ... ?
- chi è capace di ... ?
- chi vuol provare a ... ?
- in quale altro modo si può ... ?
Il metodo è particolarmente indicato per i bambini delle fasce d’età della scuola materna e del primo ciclo elementare;
può comunque essere usato con bambini di età superiore, soprattutto nelle attività riferibili ai giochi sportivi, in vista di
soluzioni di problemi tattici e di strategia di gioco o di gara.

5. Metodo della scoperta guidata

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presenta notevoli somiglianze con il metodo della risoluzione dei problemi dal quale si differenzia per la “delimitazione”
delle ipotesi risolutive delle situazioni motorie poste.
Le delimitazioni vengono poste dall’insegnante nel quadro di una serie di obiettivi che intende perseguire. I problemi
posti saranno pertanto determinati dagli obiettivi da conseguire; saranno invece lasciate alla creatività, alla fantasia, alla
elaborazione dei bambini le esecuzioni delle azioni utili a conseguire gli obiettivi posti.

6. Metodo della libera esplorazione


i bambini sono protagonisti principali di tale metodo di tipo induttivo, che consiste essenzialmente nella libera ricerca di
esperienze motorie.
L’insegnante rischia, se non è in grado di gestirne le conseguenze, di ricoprire un ruolo quasi ininfluente; il suo compito è
quello di indirizzare di volta in volta l’attenzione e l’interesse degli alunni verso una determinata situazione motoria.
C’è un forte rischio di attivare anarchia motoria e comportamentale.

Se è vero che non esistono risposte assolute, in quanto il discorso è legato alle diverse situazioni e contesti, agli
obiettivi, ai contenuti e ai mezzi, è altrettanto vero che nessun metodo in assoluto è da preferire e prevaricherà gli altri; ...
forse questa è la vera, unica, corretta scelta metodologica.

c. Interazione tra i metodi:

Nella scelta dei metodi e delle attività, nel “far fare”, occorre anche tener presente e rispettare alcuni principi:

■ principio dell’adeguamento alle caratteristiche biologiche e psicologiche dell’atleta

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■ principio dell’ individualizzazione
■ principio della globalità-analiticità
■ principio della continuità (sistematicità)
■ principio della gradualità (dal facile al difficile)
■ principio della progressività (dal poco al tanto - quantità/intensità)
■ principio della polivalenza (riferito agli aspetti metodologici dell’insegnamento)
■ principio della multilateralità (riferito agli aspetti didattici: contenuti-mezzi-organizzazione)

UN APPROCCIO PER FASCE D’ETÀ

L’APPRENDIMENTO MOTORIO

L’apprendimento motorio può essere definito come l’acquisizione, il consolidamento, il perfezionamento e


l’utilizzazione di abilità motorie.

L’apprendimento non è un fenomeno limitato solo a pochi momenti favorevoli nella vita di un individuo, ma può
avvenire a qualunque età.
Anche se un atleta già da tempo ha appreso un’abilità il suo perfezionamento può proseguire per periodi
particolarmente lunghi. Inoltre l’apprendimento motorio non è generalmente un processo continuo, ma può attraversare varie
fasi con velocità assai variabili. A periodi d’intensi miglioramenti, fanno poi spesso seguito fasi di stasi e talvolta anche di
involuzione.

In una visione unitaria, si può parlare di un continuum di apprendimenti di schemi motori semplici e/o complessi,
cioè di abilità motorie, inteso come costruzione, adattamento e perfezionamento di forme, di comportamenti e di azioni che
hanno come contenuto principale le attività motorie.
Il processo di costruzione e genesi delle abilità motorie si basa principalmente sulla coordinazione motoria; questo
non vuole assolutamente dire che ad essi non afferiscano altre funzioni.

Esistono due tipologie di presupposti per l’apprendimento delle abilità motorie:

1. condizioni esterne:

l’ambiente (stimoli)
il linguaggio (codici comunicativi)
il feedback (i risultati dell’attività)

2. condizioni interne:

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il livello motorio le motivazioni
la comprensione del compito

Tutto ciò al fine di comprendere come l’aspetto esecutivo motorio di un qualsiasi comportamento finalizzato ad uno
scopo, esplicitato attraverso abilità motorie, non è altro che il frutto della espressione della personalità unitaria, unica e
irripetibile di ciascun individuo.

FASI SENSIBILI

Nello sviluppo delle capacità motorie e delle abilità esistono dei periodi, detti “sensibili’, durante i quali, le capacità e le
abilità, migliorano notevolmente se adeguatamente sollecitate.
È strettamente collegato allo sviluppo auxologico-biologico dell’individuo, allo sviluppo del suo sistema nervoso
centrale e periferico, allo sviluppo cognitivo e psicologico e da altri fattori già visti in precedenza.
Ciò non significa che non vi siano miglioramenti al di fuori di queste fasi (prima o dopo).

d. Fasi sensibili delle capacità motorie e delle abilità:

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e. Alcuni esempi di “Fasi Sensibili” delle capacità coordinative:

Avendo sempre presente la finalità educativa generale, che l’allenatore/istruttore sportivo deve perseguire
costantemente nella sua attività, è necessario sottolineare come la sua azione di “formazione motorio-sportiva” debba sempre
realizzarsi come procedimento controllato mirante allo sviluppo dell’individuo nella sua totalità.
Il lavoro dell’allenatore/istruttore sportivo acquista valore e significato positivo, produce quindi risultati utili, se
mirato specificatamente alla sua “utenza” e se per i suoi “fruitori” è giustamente dosato, regolato, organizzato e condotto; se
all’attenzione all’individuo e all’analisi di tutte le sue caratteristiche sono subordinate tutte le scelte didattiche e
metodologiche.

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IL RISCALDAMENTO
Nello sport, così come nella vita, si trascurano gli aspetti mentali ed emotivi che potrebbero contribuire non solo alla buona
riuscita della performance, ma anche al benessere dell’uomo- atleta: allenare le abilità mentali quindi non serve solo agli
atleti di altissimo livello, ma a tutti.
Se è vero che le fasce di età sensibili per le abilità mentali è quello delle capacità coordinative, è anche vero che con i bambini
più piccoli posso fare un lavoro propedeutico, sempre mediante il gioco e il “lavoro” con il corpo. L’importante rispettare i
tempi dei nostri giovani allievi: esempio, se un gioco richiede una grande attenzione, non potrà durare che pochi minuti se
lavoro con dei bimbi di 5- 6 anni, e poi posso aumentare i tempi con l’aumentare dell’età dei bambini.
Il momento ideale per questo tipo di lavoro è la fase di riscaldamento, momento fondamentale della seduta di allenamento.
Gli effetti del riscaldamento sono molteplici e non devono essere sottovalutati neanche in giovanissima età:
- Le funzioni muscolari, respiratorie e cardiocircolatorie vengono preparate al lavoro (si ha il raggiungimento dei regimi
ottimali di O2 necessario).
- L’aumento della temperatura interna migliora la funzionalità e l’elasticità muscolare, mentre diminuisce la viscosità
muscolare .
- L’aumento della frequenza cardiaca migliora l’irrorazione sanguigna.
- Si ha il miglioramento degli scambi gassosi (02/ CO2) periferici
- Si accelerano le reazioni biochimiche che generano energia.
- Si sollecita il sistema nervoso centrale e periferico, con conseguente: miglioramento della coordinazione
accelerazione dei tempi di reazione a stimoli interni ed esterni miglioramento della destrezza.
In generale diminuisce quindi la possibilità di traumi
Il riscaldamento rappresenta infatti un importante momento di passaggio tra tutto quello che succede “prima” (la scuola, il
gioco, ecc.) e la seduta di allenamento stesso: è per mezzo del riscaldamento che il bambino prima e l’atleta evoluto
successivamente entrano nell’ordine delle idee di lasciare tutte le attività precedenti e cominciare invece a focalizzare
l’attenzione a ciò che dovranno affrontare nella seduta di allenamento (Modulazione dell’ “arousal”, ovvero dell’attivazione o
energia psichica).
Anche la scelta dei giochi da proporre per riscaldamento non dovrebbe essere casuale ma deve tenere presente l’argomento
della lezione.

Eccovi alcune proposte:

- Camminare e/o correre in ogni direzione e prendendo tutto lo spazio a disposizione (si possono mettere per es. delle
sedie o qualche altro punto di riferimento per stringere o allargare lo spazio)
- Lo stesso seguendo il ritmo di una musica
- Lo stesso e incontrando un compagno dire il proprio nome, oppure dargli la mano, oppure fare un saltello insieme, oppure
fare una piroetta, oppure sedersi e alzarsi, ecc.)
- L’istruttore dice “scappiamo da quelli che.. .(hanno la maglia bianca, o i capelli lunghi, o gli occhi azzurri, ecc) e i bimbi così
identificati devono cercare di prendere i compagni.
- Un bambino, a turno, esegue un percorso superando attrezzi opportunamente predisposti. Gli altri seguono imitando le
soluzioni e le caratteristiche esecutive del dimostrante.
- L’istruttore dice “andiamo a prendere quelli che.” e quelli identificati devono scappare dai compagni che cercheranno di
prenderli.
- Corsa libera. Al segnale correre a coppie, poi a gruppi di 3- 4- 5, ecc.
Corsa libera. Al segnale i gruppi devono correre in fila, in riga, eseguendo un’andatura particolare (ogni gruppo sceglie la
propria)

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- Corsa libera. Al segnale devono formare gruppi con la caratteristica della stessa iniziale del nome
o del cognome.
- Corsa libera. Al segnale disporsi in fila in ordine alfabetico (iniziare la fila da lettere sempre diverse).
- Al segnale convenuto tutti devono seguire la persona indicata imitandola (es. coda di cavallo e maglia rossa indica che
tutti i bambini devono seguire la loro compagna con queste caratteristiche e fare tutto quello che lei propone).
- Camminare per la stanza e al segnale trovare un compagno e mettersi in contatto con lui/lei con le parti del corpo
chiamate da chi dirige (es. spalla contro gomito, mano contro ginocchio, ecc.)
- Lo stesso, ma al segnale toccare terra con una o più parti in contatto (che deciderà il direttore del gioco), poi a coppie.
- Mettersi a terra nella posizione voluta e rimanere “incollati”: l’istruttore controllerà la “qualità della colla”.
- Lo stesso a coppie.
- Camminare o correre cercando di immedesimarsi in diverse situazioni suggerite dall’istruttore (es. pavimento scivoloso,
sabbie mobili, salita, discesa, ecc.).

- In fila proni. L’ultimo della fila si porta in testa, saltando i compagni a destra e a sinistra e si pone prono a sua volta.
- Come prima, ma supini.
- In riga, proni a intervallo di 50- 60 cm. L’ultimo si porta in testa scavalcando i compagni
- Come prima, ma supini.
- Seduti in fila, braccia in fuori. L’ultimo della fila saltando le braccia dei compagni si porta in testa.
- In fila in quadrupedia, braccia e gambe divaricati. Sottopassaggio strisciando senza urtare i compagni.
A squadre:
- Il serpentone: una squadra all’inseguimento dell’altra. In ogni squadra i bambini sono seduti per
terra agambe piegate, stando in contatto con il compagno che precede.
Al via il bambino che siede in fondo alla fila si alza e si porta correndo in testa alla fila e si siede davanti al compagno. A
questo punto può partire il secondo, e così via. Una squadra insegue mentre l’altra deve scappare. Al segno “CAMBIO” si
invertono i ruoli. Vince la squadra che riesce a “prendere” l’altra.
- Cacciatori e lepri: le due squadre (una di “cacciatori” e l’altra di “lepri”) sono una di fronte all’altra, separate da uno
spazio adeguato e ben delimitato. Al via parte la prima lepre e il primo cacciatore cerca di prenderlo. Quando la
lepre è presa (o in ogni caso dopo un minuto) lepre e cacciatore vanno a dare il cambio ad un altro compagno. Si
cronometra il tempo impiegato dai cacciatori per prendere le lepri, poi i ruoli delle squadre si invertono. Vince la
squadra più veloce.

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AD OCCHI CHIUSI

- Valutazione delle distanze: dare un punto di arrivo e cercare di raggiungerlo tenendo gli
occhi chiusi (fermarsi quando si pensa di essere arrivati).
- Percorso ad ostacoli: osservare il compagno che lo propone e poi cercare di rifarlo tenendo
chiusi gli occhi
- Rotolando: cercare di mantenere la giusta traiettoria.
Lo stesso, però ogni 4-5 rotolamenti alzarsi in piedi e sdraiarsi subito dopo riprendendo a rotolare.
- Rotolare a coppie.

A coppie:
- Uno dei bambini chiude gli occhi e l’altro assume una posizione particolare. Quando è pronto, il compagno ad occhi
chiusi deve cercare di capire la posizione assunta dal compagno tastandolo con le mani e poi, sempre ad occhi chiusi,
cerca di assumere la stessa posizione.
- Un bambino guida per la stanza, con contatto diretto, il compagno che ha gli occhi chiusi, camminando in ogni direzione
e prendendo tutto lo spazio disponibile. Prima di riaprire gli occhi il compagno deve dire in quale punto della stanza pensa
di essere. Si possono porre anche altre domande (quante finestre, o quante porte ci sono, se ci sono - e in caso positivo
dove sono- alcuni attrezzi e così via).
- Il bambino ad occhi chiusi deve seguire il compagno che lo guida mediante un suono prestabilito prima insieme.
A coppie. Uno bendato. Situati ad una certa distanza chi vede guida a voce il compagno per farlo arrivare fino a lui, senza
urtarsi con gli altri compagni
- Predisporre un percorso obbligato, usando attrezzi che prevedano scavalcamenti e sottopassaggi. Fare eseguire il
percorso al compagno con gli occhi bendati guidandolo con la voce.

A piccoli gruppi:
Un bambino in centro con gli occhi chiusi viene fatto oscillare dai compagni, (rimanendo rigido e senza spostare i piedi)
fino a perdere l’equilibrio: i compagni lo devono sostenere, impedendogli di cadere per terra.

CON LA FUNICELLA
A gruppi: 2 tengono le due estremità della corda e la fanno girare: i bambini devono passare sotto la corda senza essere
presi. Farli passare da soli, poi a coppie, poi tre alla volta: contare quanti passaggi consecutivi riescono a fare prima che
qualcuno rimanga impigliato.
Come sopra, ma, una volta “entrati”, devono fermarsi a saltare e poi riuscire dalla corda senza rimanere impigliati.
Una funicella per ogni bambino: devono tirare in alto la funicella e fare quanti più salti possibili prima di riprenderla.
Lo stesso di prima, ma battere le mani più volte possibile prima di riprendere la funicella.

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CON LA PALLA (la palla può essere sostituita in molti casi da una semplice felpa)

- Lanciare le palle e far disporre i bambini lungo una linea di fondo campo. Far identificare la propria felpa ai
bambini e chiedere loro di dichiarare con quanti passi normali (lunghi, corti, quanti palmi, quanti piedi, quante
lunghezze del proprio corpo, ecc.) potranno raggiungerla
- Camminare stringendo una palla con le mani, i gomiti, avambracci, ascelle, tra addome e cosce, tra le cosce, le
ginocchia, i polpacci, i piedi.
- Staffetta del cameriere: correre tenendo la palla prima nel palmo della mano e successivamente
sul dorso.
- I bambini sono in possesso di palle di colore diverso. La richiesta è quella di muoversi in palestra giocando con la
palla e, a un segnale stabilito, fermare la palla e formare tanti gruppi quanti sono i colori (lo stesso esercizio può
essere proposto con palloni di dimensioni diverse)
- Variante: al posto dei palloni si possono usare piccoli attrezzi diversi (bacchette, cerchi, funicelle). La consegna è
quella di muoversi in palestra utilizzando liberamente gli attrezzi: al segnale fermare gli attrezzi e formare tanti
gruppi quanti sono gli attrezzi
- I bambini giocano con palloni di colore diverso. Il “direttore del gioco” indica una successione di colori (es. bianco,
giallo, rosso, rosso, giallo, ecc., ovvero tutti i gialli, tutti i rossi, tutti i verdi) che i bambini, al segnale convenuto,
dovranno riprodurre appoggiando il pallone a terra (rispettando la sequenza di colori richiesta) o tenendo in alto i
palloni con le mani, disponendosi in fila o in cerchio, in ginocchio, seduti, ecc.
- Lo stesso con palloni di diverse dimensioni
- Lo stesso con dei piccoli attrezzi (la successione dei piccoli attrezzi appoggiati a terra può costituire di volta in
volta un percorso che i bambini eseguiranno in forma creativa e spontanea)
- Ai bambini viene assegnato un numero di palloni inferiore di 3- 4 unità rispetto al loro numero. I bambini
senza palla chiamando per nome un compagno ottengono da questi il passaggio.
- I bambini in possesso di palla si muovono giocando. Al segnale devono scambiare la palla con un compagno dopo
averlo chiamato per nome
- A coppie. Ogni coppia dispone di una palla. Al segnale che è in possesso di palla cerca un compagno senza palla e
riprende il gioco a coppie. Non si ritorna mai a giocare con lo stesso compagno.
- Passare la palla senza momenti di pausa e senza mai farla cadere per almeno un minuto. Passaggi solo maschio-
femmina, oppure alternare colori chiari- colori scuri, ecc.
- Passare la palla a ritmo di una musica
- Introdurre altre palle, possibilmente di dimensioni e pesi diversi
- Camminare per la stanza giocando con la palla senza farla mai fermare
- Come prima, ma se si incontra un compagno ci si scambia la palla
- A coppie: continuare a passarsi la palla continuando a camminare o a correre in tutte le direzioni e occupando
tutto lo spazio
- Passarsi la palla e prenderla nel punto più alto possibile (o nel punto più basso possibile)
- Ogni coppia a turno deve proporre un modo “originale” per passarsi la palla e tutti gli altri
devono imitare.
- Gioco dei 10 tocchi: si gioca a squadre. Ogni squadra cerca di effettuare 10 passaggi consecutivi, senza far cadere la palla
(in caso di caduta la conta ricomincia da capo).
Come varianti si possono vietare passaggi al compagno che ha appena passato la palla, e/o effettuare più di 3 passi, ecc.

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CON LE SEDIE

- Disporre le sedie in ordine sparso. Camminare tra le sedie. Al segnale sedersi - il più
lentamente possibile - il più velocemente possibile, alzarsi- il più lentamente possibile - il
più velocemente possibile.
- Camminare superando le sedie in tutti i modi possibili.
- Camminare, al segnale sedersi sulla sedia più vicina (questa è la posizione 1), continuare al
nuovo segnale fare altrettanto (posizione 2), e di nuovo (posizione 3). Camminare, al segnale il direttore del
gioco dice in che posizione andare a sedersi.
- A coppie: un bambino “crea” un circuito tra le sedie (sedendosi) e l’altro deve rifarlo.

CONTRAZIONE - RILASSAMENTO

- Camminare sulle punte dei piedi senza piegare le ginocchia.


- Camminare sui talloni senza piegare le ginocchia.
- Camminare con gli arti inferiori flessi -
Vediamo che riesce a fare meglio il.
- l’albero e l’albero mosso dal vento.
- periscopio del sottomarino che spia e torna giù ( da seduti, estendere dorso e collo, ruotare il capo a destra e a sinistra)
- tartaruga nel guscio che si guarda attorno e poi torna dentro
- l’aereo che decolla e poi atterra
- soldatini che marciano a gambe tese e gli ubriaconi
- il bruco che striscia
- supini: cercare di sprofondare nel terreno schiacciando tutto il corpo al suolo
- come sopra: schiacciare al suolo o il capo, le spalle e le braccia, il dorso e le gambe alternativamente.
- proni: stessa successione
- la marionetta: tagliare i fili e lasciare quindi cadere il capo, le braccia, il busto, le gambe, ecc.
- chi pesa di più sulla bilancia .
- chi occupa più spazio possibile e meno spazio possibile A coppie:
- omino di plastilina: uno dei due fa il blocco di plastilina e l’altro lo “ammorbidisce” e lo “modella”.
-lo svenimento: uno dei due sta ritto e rigido e l’altro lo tiene; poi il primo “sviene” e si affloscia e l’altro cerca di sostenerlo.
- il surgelato: uno dei due fa il surgelato (prono e rigido) e l’altro cerca di sollevarlo. Pian piano il primo si scongela e l’altro
riesce a muovere un segmento alla volta.
- l’omino di molla: uno dei due rimane ritto e rigido, l’altro cerca di spostare uno degli arti, ma l’altro si oppone
tornando nella posizione di partenza.
- il rodeo: uno dei due fa il “vitello” del rodeo e si pone in quadrupedia prona e l’altro cerca di rovesciarlo. Il vitello si
lascia andare mentre sta cadendo.

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PER L’EQUILIBRIO
- Ritti, gambe divaricate. Oscillare a destra e sinistra aumentando man mano l’ampiezza, poi diminuire fino a
fermarsi nella posizione intermedia.
- Come sopra. Oscillare avanti e indietro.
- Gli stessi esercizi, ma ritti su un ceppo
- Ritti su un ceppo, flettere gli arti inferiore e ritorno
- Ritti su un ceppo, flettere il busto in avanti e ritorno
- Ritti su un ceppo, flettere il busto in avanti e recuperare un oggetto posto davanti al ceppo
- Ritti su un ceppo flettere il busto in avanti sollevando un arto inferiore.
A coppie
- Un bambino in ginocchio, con gli arti inferiori uniti e tesi, piedi flessi dorsalmente. L’altro bambino con leggere
spinte sul dorso cerca di sbilanciare il compagno.
- Di fronte in posizione raccolta, braccia in avanti, palme quasi a contatto con quelle del compagno, i due bambini cercano
di sbilanciarsi con spinte delle mani
- I due bambini ritti uno di fronte all’altro. Uno dei due solleva da terra un arto inferiore, l’altro lo impugna e fa girare il
compagno verso destra e verso sinistra.

- Ritti su una panca: saltare in avanti, indietro, a destra, a sinistra senza far rumore
- Traslocare lateralmente su una panca

- Lo stesso, ma ad occhi chiusi

LA COLLABORAZIONE A coppie:
- Sei ceppi a disposizione. Uno cammina in equilibrio (o in quadrupedia) sui ceppi e l’altro recupera
i ceppi e li ridispone in modo da permettere di continuare la traslocazione.
- Entrambi all’interno di un cerchio. Trasportare il cerchio, tenendolo all’altezza del bacino, senza usare le mani.
- Lo stesso ma all’esterno del cerchio
- Trasporto del compagno in vario modo (a carriola, a cavallo sul dorso, trascinandolo su un materassino, ecc.)
Gruppi di tre:
- In palestra sono stati predisposti in numero sufficiente materassini, panche e cerchi. Al segnale ogni
gruppo deve entrare nei cerchi, o salire sui materassini o sulle panche e rimanerci per il tempo stabilito.
- Come prima, ma una volta sugli attrezzi: cerchi: sfilare il cerchio dal basso verso l’alto; materassino: eseguire
una capovolta ciascuno senza scendere dallo stesso; panca: saltare simultaneamente in modo da arrivare a
terra con un unico rumore.
- Trasporto a “seggiolino” di un compagno
- Due in quadrupedia trasportano il terzo in diverse posizioni (prono, supino, in ginocchio, in piedi, ecc)
- Con il bastone: trasportare il compagno seduto sul bastone, oppure in appoggio sul bastone. In due tengono il
bastone e il terzo esegue una capovolta in avanti ruotando sul bastone, una capovolta all’indietro, capovolta
all’indietro dalla posizione “a pipistrello”, ecc.
Gruppi di quattro:
- Seduti a squadra, piedi al centro. Allacciarsi con le mani ed eseguire i movimenti del vogatore.
- Come prima. Appoggiare a terra il fianco destro e poi il sinistro
- Supini, teste al centro. Allacciarsi con le mani ed eseguire “il fiore che si chiude e sboccia”
- Due seduti di fronte, due in piedi di fronte allacciati con le mani. I due in piedi aiutano i due seduti ad alzarsi e
contemporaneamente vanno seduti.

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- Supini, gambe piegate rivolte al centro, un pallone posato al centro. Sollevare il pallone più in alto possibile usando
solo i piedi.
- In ginocchio, fronte al centro, un pallone al centro a terra. Sollevare il pallone e portarsi in piedi usando la testa

LA RESPIRAZIONE

La respirazione è, fisiologicamente parlando, il processo mediante il quale l’organismo assume ossigeno (O2) dall’ambiente,
lo trasporta mediante il sistema cardiocircolatorio a tutto l’organismo, da cui preleva l’anidride carbonica (CO2), che con un
percorso inverso sarà eliminata nell’ambiente esterno.
La respirazione è una delle componenti essenziali per la costruzione dello schema corporeo, ovvero, l’immagine
tridimensionale che ognuno ha di sé; inoltre, essendo un “ponte” tra corpo e mente è anche la base su cui costruire le future
abilità mentali.
Emissione di suoni (espirazione orale):
- pronunciare, espirando, la lettera O per la durata del movimento eseguito dall’insegnante (che porterà per es. le
braccia in alto lentamente, normalmente, velocemente).
- Contare il più a lungo possibile durante una espirazione completa (ad alta voce).
- Contare ad alta voce fino a 10 il più velocemente possibile
- Contare ad alta voce fino a 5 il più lentamente possibile.
- Vediamo chi riesce a pronunciare per il tempo maggiore la lettera A con una sola espirazione
Con le palline da ping- pong:
- soffiare sulla pallina facendola correre liberamente
- in quadrupedia prona:
- soffiare sulla pallina e farla passare tra 2 clavette (variare lo spazio tra le clavette) soffiare sulla pallina e
farla rotolare lungo le righe
- della palestra

- A coppie:
- proni, uno di fronte all’altro ad un metro di distanza: rimandarsi a vicenda la pallina soffiandoci sopra (la
pallina corre tra 2 bastoni)
- come prima, si cerca di mantenere la pallina sempre dalla parte del compagno
- uno dei due, supino, inspira al massimo contraendosi, poi si rilassa durante l’espirazione; l’altro intanto gli tiene le mani
sul petto.
- i due bambini sono seduti uno di fronte all’altro e tenendosi per mano, si gonfiano e si afflosciano alternativamente.
- uno di fronte all’altro tenendosi per mano: salire insieme inspirando, scendere insieme espirando
- schiena contro schiena: salire insieme inspirando, scendere insieme espirando.

Esercizi di sincronizzazione:
- in posizione ritta, inspirare e portare gli arti superiori in alto, espirare e tornare alla posizione di
partenza.
- Lo stesso di prima ma da seduti
- Posizione di partenza in raccolta, mani a terra: inspirare e portarsi ritti con le braccia in alto,
espirare e tornare in posizione di partenza.
- Seduti, gambe incrociate: espirare rilasciando le spalle, inspirare tornando in posizione di
partenza a spalle estese.
- Posizione di partenza supini con braccia in alto: espirare e abbracciare le ginocchia, inspirare e tornare in
posizione di partenza
- Posizione di partenza: ritti, gambe leggermente divaricate., Scendere piegando le ginocchia espirando, alzarsi
inspirando.

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- Lo stesso ma ad occhi chiusi
- Come prima: piegare alternativamente le ginocchia, associando la respirazione (es. piego a destra e inspiro, piego
a sinistra ed espiro).

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NODI, AUTOBLOCCANTI, FRENI

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