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Scolastica, ne V - XIV sec d.

C
Filoso a cristiana “scolastica” medievale

Scolastica = origine e sviluppo collegati all’insegnamento => plasma la


forma, i contenuti e il metodo.

Termine:

- Alto medioevo

Scholasticus = insegnante di arti liberali (trivio e quadrivio)

Trivio: gramatica, retorica, dialettica

Quadrivio: geometria, aritmetica, astronomia, musica ( loso a presocratica)

- Basso medioevo (nascita delle università)

Scholasticus = magister artium o magister in theologia (docente di loso a e


teologia che tiene lezioni nelle università)

Luoghi:

- Scuole monacali o abbaziali = trascrizioni e conservazioni dei classici nelle


abbazie)

- Scuole episcopali = annesse a una cattedrale (istruzione elementare per


accedere al sacerdozio o assolvere compiti di pubblica utilità e
amministrazione)

- Scuole palatine = annesse alla corte (es: Carlo Magno)

- Università (Bologna, Parigi, Oxford)

Bologna: sindacato degli studenti, sotto il controllo imperiale

Parigi: corporazione di studenti e docenti (unità di obiettivi), sotto il


controllo papale

Metodi di insegnamento (in particolare nelle università):

- Leatio = lettura e commento di testi => prima forma di opera loso ca


tipica della scolastica => commentario

- Disputatio = esame di un problema (fatto da studenti e insegnanti) che


considera tutte le argomentazioni pro e contro una soluzione => questio
disputata (registrazione scritta di ciò che accade a queste lezioni)

La scolastica deve riscontrarsi con:

Tradizione religiosa (norma) e tradizione loso ca (strumenti metodologici


concettuali) => schema identico a quello della patristica però declinato e
segnato dalla sua funzione prioritariamente e sostanzialmente educativa
(oltre ai testi canonici, c’è una dottrina che va declinata in base
all’educazione).

Rapporto metodologico tra testo sacro/comunità ecclesiastica e tradizione


loso ca (platonico-agostiniana e dal XIII anche aristotelica).

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Grazie a San Tommaso, la tradizione aristotelica si aggiunge a quella
platonica nella fondazione della dottrina loso ca cristiana. Prima, i libri di
Aristotele erano bruciati (la meta sica non era conosciuta!!).

La loso a è uno strumento della teologia. I concetti loso ci vengono


decontestualizzati e utilizzati con un nuovo scopo.

Problema educativo<problema del rapporto tra la des e ratio.

Tema = rapporto tra fede e ragione.

Tenere insieme posizioni diverse che hanno in comune lo stare dentro la


tensione dialettica tra fede e ragione. Tutte le posizioni, armoniche o meno.

Rapporto tra fede e ragione<problema del rapporto uomo-verità, libertà-


necessità, autonomia-eteronomia.

Periodi:

- Pre-scolastica, inizio VIII secolo = caratterizzata da un’identità di ragione e


fede (visione non problematica del rapporto)

- Alta scolastica, dalla seconda metà dell’XI secolo alla ne del XII secolo =
caratterizzata dall’esplicitazione della problematicità del rapporto ragione
e fede (Anselmo d’Aosta)

- Fioritura della scolastica, XIII secolo = armonizzazione del rapporto fede-


ragione (che rimangono distinte ma iniziano a collaborare) (esponente:
Tommaso d’Aquino — San Tommaso)

- Dissolvimento della scolastica, XIV secolo = convinzione che fede e


ragione abbiano domini eterogenei e non armonici (esponente: Guglielmo
di Occam/Ockham — Umberto Eco si ispira per il personaggio di
Guglielmo nel libro “Il nome della rosa” — padre francescano che rinnega
la meta sica, la loso a va da una parte e la fede in un’altra)

Anselmo d’Aosta: prova (argomento) ontologica dell’esistenza di Dio

San Tommaso: 5 vie classiche per dimostrare l’esistenza di Dio + elementi


chiave della loso a morale e politica

Sant’Anselmo d’Aosta
Monaco benedettino dell’XI secolo proveniente da Aosta.

Opera “Proslogion” [colloquio] = espone una delle prove dell’esistenza di Dio


diventate classiche, ripresa da Cartesio, da Husserl.

Prova a priori: parte dalla de nizione dell’idea di Dio, non si fa riferimento


all’esperienza sensibile (premesse concrete = prova a posteriori).

Assunto ideale = chi crede e chi non crede, condivide l’idea di ciò di cui
parla (se non credo in Dio devo essere in grado di dare un signi cato alla
parola)

De nizione di Dio = ID QUO MAIUS COGITARI NEQUIT [ciò rispetto al quale


non si può pensare il maggiore]. È il concetto del maximum assoluto.

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Esiste realmente o no il “ciò di cui non posso pensare il maggiore"? Esiste
realmente, infatti è necessario che esista realmente, perchè altrimenti io
potrei pensare a qualcosa di maggiore.

Atto di fede = atto di riconoscimento della grazia che Dio fa al pensatore


donandogli la ragione e la capacità di usarla e la luce per usarla.

“Dunque, o Signore, tu che dai l’intelligenza alla fede, concedimi di


comprendere, per quanto sai che mi possa giovare, che tu esisti come
crediamo e che sei quello che noi crediamo”.

Desiderio di comprensione razionale chiesta come dono in un atteggiamento


di umiltà, quindi desiderio di guadagno loso co.

Questa richiesta della visione della verità è molto vicina alla ubris — volontà
del mortale di superare i propri limiti. La creatura ha desiderio di conoscere
la creatura, però deve essere limitato e contenuto nei limiti, quindi prega Dio
che il suo desiderio non sia di comprendere dal punto di vista del creatore.

“E davvero noi crediamo che tu sia qualcosa di cui non si possa pensare
nulla di più grande”

Esplicitazione della de nizione di Dio, data precedentemente da Seneca.

Anche l’insipiente — stolto, quello che non acconsentire all’evidenza


razionale di ciò che si para di fronte agli occhi della mente — quando dice
che Dio non esiste, concepisce e capisce la de nizione, altrimenti non
saprebbe cosa negare.

“Altro, infatti, è che una cosa sia nell’intelletto, e altro è intendere che quella
cosa esista”.

Distinzione tra piano ideale [esistenza come concetto dell’intelletto] e piano


reale [esistenza e ettiva, nella realtà fuori dall’intelletto, non necessariamente
sica, è realtà platonica, meta sica]. L’insipiente quando ode la de nizione,
comprende il signi cato di ciò che ascolta e comprende che questa cosa
esiste nel suo intelletto.

Esempio del pittore. 




“Ma, certamente, ciò di cui non si può pensare qualcosa di più grande non
può essere nel solo intelletto. Se infatti è almeno nel solo intelletto, si può
pensare che esiste anche nella realtà. Il che è maggiore. Se dunque ciò di cui
non si può pensare il maggiore è nel solo intelletto, quello stesso di cui non
si può pensare il maggiore è ciò di cui si può pensare il maggiore. Ma
evidentemente questo non può essere. Dunque ciò di cui non si può pensare
il maggiore esiste, senza dubbio, sia nell’intelletto sia nella realtà”.

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Ammesso che il modo di esistenza reale è maggiore e che Dio non ha
maggiori, allora de nito così, Dio deve esistere nella realtà, altrimenti non
sarebbe ciò di cui non si può pensare maggiore.

Vuole provocare chi non crede a convertirsi mostrandogli razionalmente che


sbagliano.

Principio di non contraddizione: se esistesse solo nell’intelletto, ci sarebbe


qualcosa di maggiore perchè ci sarebbe non solo nell’intelletto bensì anche
nella realtà [ciò di cui non posso pensare il maggiore nella realtà].

Dimostrazione per assurdo della tesi.

L’esistenza è un predicato che appartiene a Dio. Il predicato dell’esistenza è


vista da Anselmo come una perfezione mediante il quale il soggetto viene
completato e perfezionato (come se Dio si completasse con questo
predicato), ma andando avanti nel testo si capisce che l’esistenza è implicita,
non sarà un giudizio sintetico da aggiungere al soggetto, bensì un giudizio
analitico. In Dio l’essenza implica l’esistenza.

“Tutto ciò è talmente vero, che non si può neppure pensare che Dio non
esista. Infatti si può pensare che vi sia qualcosa di cui non si poss pensare
che non esiste; e questo è maggiore di ciò che si può pensare non esistente”

Qualcosa di cui non si può pensare che non esiste = concetto di qualcosa di
ontologicamente necessario. Il pensiero di questo concetto è maggiore di
qualcosa che si può pensare non esistente.

Il concetto dell’essere necessario è maggiore del concetto dell’essere


possibile.

Quindi, se ciò di cui non si può pensare il maggiore può essere

Dunque…

Se ciò di cui non si può pensare il maggiore può essere pensato non
esistente, allora non è ciò di cui non si può pensare il maggiore.

Nel primo ci contraddiciamo nel piano reale, nel secondo ci contraddiciamo


nel piano ideale. Nel primo caso c’è una prima consapevolezza della portata
di Dio, nel secondo capiamo che l’esistenza di dio è implicata nella sua
stessa essenza [pensando dio io colloco la sua necessità reale].

È contraddittorio dire e soprattutto pensare che non esiste realmente.

“E questo sei tu, Signore Dio nostro. Dunque tu esisti così veramente,
Signore Dio mio, che non puoi neppure essere pensato non esistente. E
giustamente. Se infatti una qualche mente potesse pensare qualcosa
migliore di te, la creatura si eleverebbe al di sopra del Creatore e sarebbe
giudice del Creatore, il che sarebbe grandemente assurdo.”

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Conclude il brano con la preghiera. Il ragionamento razionale è abbracciato a
inizio e ne con la fede.

Non esiste qualcosa di migliore, Dio è l’optimum, sul piano del valore
[≠quantità e grandezza] egli è maggiore.

“In verità, di tutto ciò che è, all’infuori di te solo, si può pensare che non sia.
Tu solo dunque hai l’essere nel modo può vero, e perciò massimo, rispetto a
tutte le cose, perchè qualsiasi altra cosa non è in modo così vero e, quindi,
ha un essere minore.

Perché dunque “l’insipiente ha detto in cuor suo: Dio non esiste”, quando è
così evidente ad una mente razionale che tu sei più di tutte le cose? Per
quale motivo, se non perchè è stolto e insipiente?”

L’ammettere che Dio esiste nel piano reale non è fede, è ragione. Diventa
fede nel momento in cui sono stato condotto a raggiungere questa
soluzione.

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