Laurea Magistrale in
Tirocinio specialistico
STUDENTE
DI DIO COSIMO
I. INTRODUZIONE
L’Italia è stato il primo paese europeo ad esser severamente colpito dalla malattia da
coronavirus 2019 (Covid-19), causata da un virus chiamato SARS-CoV-2, che,
originariamente confinato in una o più specie di animali selvatici, ha subito una serie
di variazioni genetiche fino a compiere il salto di specie che lo ha reso trasmissibile
all’essere umano, alla fine del 2019. Il virus si è rapidamente diffuso in tutto il
mondo determinando una situazione di emergenza sanitaria non ancora risolta e nel
marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’epidemia di
Covid-19 una pandemia.
I.1 Il contagio nella popolazione pediatrica in Italia
Nella pandemia da Covid-19 il numero di infezioni nella popolazione pediatrica
appare largamente inferiore a quanto registrato in altri contesti epidemici. Durante il
primo mese di epidemia in Italia, i bambini rappresentavano soltanto l’1% dei casi
totali identificati con infezione da SARS-CoV-2, percentuale poi costantemente
aumentata fino al 2% intorno a metà del mese di maggio 2020, quando si
registravano 4.244 casi confermati. Questi dati sottostimavano probabilmente l’entità
reale dell’infezione nei bambini; nelle prime settimane dell’epidemia, i caregiver
tendevano a non accompagnare i figli ai servizi sanitari, nonostante questi
manifestassero segni moderati di infezione respiratoria. Inoltre, i test venivano
concentrati sui pazienti sintomatici in ogni gruppo d’età. Dalle prime analisi era
emerso che il periodo di incubazione del virus nei bambini poteva durare fino a 24
giorni e la malattia severa - soprattutto in pazienti con comorbidità - sembrava
svilupparsi solo durante o dopo la terza settimana di malattia. Dalla comparsa della
variante Delta del virus, è stato necessario ricoverare in ospedale un maggior numero
di bambini con Covid-19, dato ulteriormente aumentato con il più recente diffondersi
della variante Omicron. L’ultimo rapporto epidemiologico dell’Istituto Superiore di
Sanità evidenzia come in Italia dall’inizio dell’epidemia fino allo scorso 12 gennaio
nella popolazione 0-19 anni ci sono stati 1.403.640 casi confermati di infezione, con
10.739 ricoveri ospedalieri, 278 ricorsi alla terapia intensiva e 37 decessi.
Nell’ultima settimana, la percentuale dei casi segnalati nella popolazione di età
scolare è stabilmente assestata al 20%. Il 31% dei casi in età scolare è stato
diagnosticato nella fascia d’età 5-11 anni, il 59% nella fascia 12-19 anni e il 10% nei
bambini sotto i 5 anni. Nonostante i dati disponibili, il ruolo dei bambini nella
diffusione della pandemia non è stato ad oggi completamente chiarito. In generale
essi tendono a manifestare meno sintomi, nonostante mostrino una carica virale nei
campioni delle vie respiratorie superiori paragonabile a quella degli adulti.
I.2 Le misure di contenimento e gli effetti sulla salute psico-fisica di bambini e
adolescenti
Per controllare e prevenire la trasmissione della malattia, molti stati tra cui l’Italia
hanno implementato misure di quarantena di massa, finalizzate a contrastare la
diffusione del virus. Nel nostro paese, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza
nel gennaio 2020, con l’aggravarsi dell’epidemia, il 22 febbraio il Consiglio dei
Ministri ha decretato una prima serie di misure in urgenza per limitare l’estensione
del contagio. Il successivo 4 marzo sono state emanate ulteriori misure di
contenimento estese a tutto il territorio nazionale, che includevano la chiusura
cautelativa di tutte le scuole e università e l’interruzione di manifestazioni sportive
ed eventi culturali.
L’epidemia e queste misure di contenimento hanno pertanto costretto genitori e figli
a mettere in atto cambiamenti significativi nella loro routine quotidiana, che,
unitamente all’impatto psicologico della chiusura delle scuole e dell’isolamento
sociale, hanno comportato conseguenze traumatiche nella popolazione pediatrica.
Nello specifico, alcune ricerche hanno dimostrato che bambini e adolescenti soggetti
alla quarantena ed all’isolamento sociale hanno manifestato più alti livelli di disturbo
da stress post-traumatico (PTSD), problemi di insonnia, iperattività, sintomi
esternalizzanti (inattenzione, irritabilità) ed internalizzanti (ansia, depressione), se
confrontati con coetanei non esposti a tali misure. Peraltro, la routine scolastica
rappresenta un importante meccanismo di coping per i bambini, permettendo di
pianificare il loro tempo, di interagire con il gruppo dei pari e di focalizzarsi su
obiettivi sempre più grandi: i cambiamenti in questa routine hanno interferito sul loro
senso di sicurezza e prevedibilità, fattori essenziali per uno sviluppo sano. Infatti,
come evidenziato da Erik Erikson negli anni ’60-’70, abitudini familiari e
comportamenti ripetitivi quotidiani che sanciscono l’appartenenza e la condivisione e
sono parte di quei fattori psico-sociali che, soprattutto nell’infanzia, influenzano lo
sviluppo dell’identità. Le restrizioni hanno invece provocato un periodo prolungato
di stress connesso ai grandi cambiamenti dei ritmi quotidiani di vita ed al senso di
incertezza rispetto al futuro. È ampiamente dimostrato che la reazione dei bambini ad
eventi traumatici di questa entità possa essere influenzata da fattori distanti, come i
cambiamenti sociali e l’imposizione di regole durante la pandemia, ma anche da
fattori prossimali, quali le relazioni tra pari e tra bambino e caregiver. In un quadro
socio-ecologico, la resilienza e la capacità di far fronte in modo adattivo alle
circostanze negative ed avverse dipendono dalla qualità delle interazioni con
l’ambiente, che permettono all’individuo di mantenere il proprio benessere
psicologico, fisico e sociale. Riguardo ai fattori prossimali, il benessere dei bambini è
strettamente correlato alla salute fisica, psicologica e sociale dei genitori, tanto che
uno studio recente ha dimostrato come la presenza uno stato di benessere nei genitori
nei vari ambiti può ridurre i livelli di stress del bambino durante la quarantena. Il
supporto emotivo da parte genitori inoltre è stato dimostrato essere un fattore di
protezione contro l’insorgere di sintomi psicopatologici nei bambini durante le
pandemie.
Queste questioni sono state fin dall’inizio della pandemia di rilevanza critica per le
decisioni che riguardano la riapertura delle scuole e delle strutture di assistenza
all’infanzia, nonché di quelle relative alle misure di attenuazione delle conseguenze
delle chiusure. Sebbene la malattia severa, le sequele e le morti direttamente dovute
al COVID-19 siano rare nei bambini, le conseguenze secondarie o indirette, come
esposto, potrebbero infatti essere di vasta portata. Deriva da queste riflessioni la sfida
di fornire non solo una cura tempestiva alle forme gravi di infezione ma anche una
prevenzione efficace alle conseguenze di prolungate e ricorrenti chiusure delle scuole
e del distanziamento sociale. Appare fondamentale a tal proposito approfondire tutti
gli aspetti di questa pandemia sulla salute dei bambini, sui sistemi sanitari ed anche
sulle società, per potenziare un’efficace prevenzione ed un’attenta resilienza.
III. CONCLUSIONI
L’introduzione di un congedo parentale straordinario è apparsa indicativa di una
presa di coscienza rispetto all’impatto dell’epidemia da Covid-19 sui bambini ed alle
difficoltà di gestione familiare e si è posta in continuità con la centralità della tutela
della genitorialità, argomento già focale nel nostro ordinamento e in continua
evoluzione legislativa e giurisprudenziale. Il decreto che ne è alla base ha fornito
ulteriori elementi nel dibattito relativo alla conciliazione, suscitando intorno a questo
tema un crescente interesse. Parallelamente ai traguardi raggiunti con questo decreto
legge, sono infatti emerse alcune criticità in merito alla frammentarietà di fruizione
del congedo, al ritardo dell’accesso, alla frantumazione delle tutele della genitorialità
dettata dall’innestarsi della disciplina su quella preesistente senza mutarne le
caratteristiche ed alla complicazione dei divari già esistenti tra lavoratori e
lavoratrici, che sostiene un’idea di conciliazione ancora in parte disancorata da quella
della parità di trattamento e lontana dal modello del dual-career di stampo europeo.
Donini M. Permessi e congedi, in "Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, Rivista
trimestrale" 2/2020, pp. 394-407.
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