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Università degli studi di Cagliari

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Laurea Magistrale in

“Scienze delle Professioni Sanitarie Tecniche diagnostiche”

Tirocinio specialistico

Il congedo parentale in Italia: evoluzione storica e misure straordinarie nel


contesto dell’emergenza sanitaria da Covid-19

ANNO DI CORSO 2020/2021

STUDENTE
DI DIO COSIMO

Anno Accademico 2020/2021


“Se avessi la follia di credere ancora alla felicità,
la cercherei nell’abitudine”
François-René de Châteaubriand

I. INTRODUZIONE
L’Italia è stato il primo paese europeo ad esser severamente colpito dalla malattia da
coronavirus 2019 (Covid-19), causata da un virus chiamato SARS-CoV-2, che,
originariamente confinato in una o più specie di animali selvatici, ha subito una serie
di variazioni genetiche fino a compiere il salto di specie che lo ha reso trasmissibile
all’essere umano, alla fine del 2019. Il virus si è rapidamente diffuso in tutto il
mondo determinando una situazione di emergenza sanitaria non ancora risolta e nel
marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’epidemia di
Covid-19 una pandemia.
I.1 Il contagio nella popolazione pediatrica in Italia
Nella pandemia da Covid-19 il numero di infezioni nella popolazione pediatrica
appare largamente inferiore a quanto registrato in altri contesti epidemici. Durante il
primo mese di epidemia in Italia, i bambini rappresentavano soltanto l’1% dei casi
totali identificati con infezione da SARS-CoV-2, percentuale poi costantemente
aumentata fino al 2% intorno a metà del mese di maggio 2020, quando si
registravano 4.244 casi confermati. Questi dati sottostimavano probabilmente l’entità
reale dell’infezione nei bambini; nelle prime settimane dell’epidemia, i caregiver
tendevano a non accompagnare i figli ai servizi sanitari, nonostante questi
manifestassero segni moderati di infezione respiratoria. Inoltre, i test venivano
concentrati sui pazienti sintomatici in ogni gruppo d’età. Dalle prime analisi era
emerso che il periodo di incubazione del virus nei bambini poteva durare fino a 24
giorni e la malattia severa - soprattutto in pazienti con comorbidità - sembrava
svilupparsi solo durante o dopo la terza settimana di malattia. Dalla comparsa della
variante Delta del virus, è stato necessario ricoverare in ospedale un maggior numero
di bambini con Covid-19, dato ulteriormente aumentato con il più recente diffondersi
della variante Omicron. L’ultimo rapporto epidemiologico dell’Istituto Superiore di
Sanità evidenzia come in Italia dall’inizio dell’epidemia fino allo scorso 12 gennaio
nella popolazione 0-19 anni ci sono stati 1.403.640 casi confermati di infezione, con
10.739 ricoveri ospedalieri, 278 ricorsi alla terapia intensiva e 37 decessi.
Nell’ultima settimana, la percentuale dei casi segnalati nella popolazione di età
scolare è stabilmente assestata al 20%. Il 31% dei casi in età scolare è stato
diagnosticato nella fascia d’età 5-11 anni, il 59% nella fascia 12-19 anni e il 10% nei
bambini sotto i 5 anni. Nonostante i dati disponibili, il ruolo dei bambini nella
diffusione della pandemia non è stato ad oggi completamente chiarito. In generale
essi tendono a manifestare meno sintomi, nonostante mostrino una carica virale nei
campioni delle vie respiratorie superiori paragonabile a quella degli adulti.
I.2 Le misure di contenimento e gli effetti sulla salute psico-fisica di bambini e
adolescenti
Per controllare e prevenire la trasmissione della malattia, molti stati tra cui l’Italia
hanno implementato misure di quarantena di massa, finalizzate a contrastare la
diffusione del virus. Nel nostro paese, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza
nel gennaio 2020, con l’aggravarsi dell’epidemia, il 22 febbraio il Consiglio dei
Ministri ha decretato una prima serie di misure in urgenza per limitare l’estensione
del contagio. Il successivo 4 marzo sono state emanate ulteriori misure di
contenimento estese a tutto il territorio nazionale, che includevano la chiusura
cautelativa di tutte le scuole e università e l’interruzione di manifestazioni sportive
ed eventi culturali.
L’epidemia e queste misure di contenimento hanno pertanto costretto genitori e figli
a mettere in atto cambiamenti significativi nella loro routine quotidiana, che,
unitamente all’impatto psicologico della chiusura delle scuole e dell’isolamento
sociale, hanno comportato conseguenze traumatiche nella popolazione pediatrica.
Nello specifico, alcune ricerche hanno dimostrato che bambini e adolescenti soggetti
alla quarantena ed all’isolamento sociale hanno manifestato più alti livelli di disturbo
da stress post-traumatico (PTSD), problemi di insonnia, iperattività, sintomi
esternalizzanti (inattenzione, irritabilità) ed internalizzanti (ansia, depressione), se
confrontati con coetanei non esposti a tali misure. Peraltro, la routine scolastica
rappresenta un importante meccanismo di coping per i bambini, permettendo di
pianificare il loro tempo, di interagire con il gruppo dei pari e di focalizzarsi su
obiettivi sempre più grandi: i cambiamenti in questa routine hanno interferito sul loro
senso di sicurezza e prevedibilità, fattori essenziali per uno sviluppo sano. Infatti,
come evidenziato da Erik Erikson negli anni ’60-’70, abitudini familiari e
comportamenti ripetitivi quotidiani che sanciscono l’appartenenza e la condivisione e
sono parte di quei fattori psico-sociali che, soprattutto nell’infanzia, influenzano lo
sviluppo dell’identità. Le restrizioni hanno invece provocato un periodo prolungato
di stress connesso ai grandi cambiamenti dei ritmi quotidiani di vita ed al senso di
incertezza rispetto al futuro. È ampiamente dimostrato che la reazione dei bambini ad
eventi traumatici di questa entità possa essere influenzata da fattori distanti, come i
cambiamenti sociali e l’imposizione di regole durante la pandemia, ma anche da
fattori prossimali, quali le relazioni tra pari e tra bambino e caregiver. In un quadro
socio-ecologico, la resilienza e la capacità di far fronte in modo adattivo alle
circostanze negative ed avverse dipendono dalla qualità delle interazioni con
l’ambiente, che permettono all’individuo di mantenere il proprio benessere
psicologico, fisico e sociale. Riguardo ai fattori prossimali, il benessere dei bambini è
strettamente correlato alla salute fisica, psicologica e sociale dei genitori, tanto che
uno studio recente ha dimostrato come la presenza uno stato di benessere nei genitori
nei vari ambiti può ridurre i livelli di stress del bambino durante la quarantena. Il
supporto emotivo da parte genitori inoltre è stato dimostrato essere un fattore di
protezione contro l’insorgere di sintomi psicopatologici nei bambini durante le
pandemie.
Queste questioni sono state fin dall’inizio della pandemia di rilevanza critica per le
decisioni che riguardano la riapertura delle scuole e delle strutture di assistenza
all’infanzia, nonché di quelle relative alle misure di attenuazione delle conseguenze
delle chiusure. Sebbene la malattia severa, le sequele e le morti direttamente dovute
al COVID-19 siano rare nei bambini, le conseguenze secondarie o indirette, come
esposto, potrebbero infatti essere di vasta portata. Deriva da queste riflessioni la sfida
di fornire non solo una cura tempestiva alle forme gravi di infezione ma anche una
prevenzione efficace alle conseguenze di prolungate e ricorrenti chiusure delle scuole
e del distanziamento sociale. Appare fondamentale a tal proposito approfondire tutti
gli aspetti di questa pandemia sulla salute dei bambini, sui sistemi sanitari ed anche
sulle società, per potenziare un’efficace prevenzione ed un’attenta resilienza.

II. POLITICHE DI CONCILIAZIONE FAMIGLIA-LAVORO


Le cosiddette politiche di conciliazione “famiglia-lavoro” sono delle misure tese
all’armonizzazione di attività o interessi potenzialmente in competizione,
riducendone i reciproci attriti ed interferenze e permettendo ai diversi tempi nel corso
di vita personale e professionale di uomini e donne di coesistere, garantendo il
benessere della persona e della famiglia. Queste misure coinvolgono molteplici
settori delle politiche sociali, tra cui i servizi per l’infanzia e per gli anziani, le
politiche per il tempo di cura, gli orari di lavoro, i congedi genitoriali e familiari, le
politiche di coordinamento dei tempi della città. Parallelamente alla trasformazione
della società e del mercato del lavoro, si sono infatti sviluppati vari strumenti
finalizzati alla tutela della conciliazione famiglia-lavoro, previsti sia dalla
legislazione nazionale che aziendale: part-time, orario ridotto, flessibilità, congedi
genitoriali, permessi e congedi parentali e per formazione, telelavoro, job-sharing.
L’introduzione di strumenti sempre nuovi rispecchia il progressivo ampliamento
della visione della conciliazione, che include ad oggi il bilanciamento tra impegno
professionale e realizzazione personale nelle relazioni primarie, nel tempo libero e
nella società civile, oltre che negli impegni familiari.
II.1 Il congedo parentale in Italia: normativa attuale ed evoluzione storica
Da un punto di vista tecnico-giuridico, il congedo, uno degli strumenti delle politiche
di conciliazione, rappresenta una sospensione dall’attività lavorativa, garantita ai
singoli lavoratori e lavoratrici, di durata limitata, più o meno retribuita o
indennizzata, imperniata sull’esigenza di salvaguardia della salute propria e altrui,
personale e di comunità.
Il congedo parentale attualmente in vigore in Italia, introdotto dalla legge n. 53 dell’8
marzo 2000 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il
diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città,
meglio nota come Legge sui congedi parentali), rappresenta un periodo di astensione
facoltativo dal lavoro, concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi
primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali. Il congedo
parentale è riconosciuto a lavoratrici o lavoratori dipendenti di datori di lavoro
privati e della Pubblica Amministrazione e disciplina i diritti connessi alla maternità
e paternità di ogni figlio naturale, adottivo e in affidamento (fatte salve condizioni di
maggior favore di leggi, regolamenti, CCNL). Durante il periodo di assenza dal
lavoro, il lavoratore percepisce un’indennità sostitutiva pari al 30% della retribuzione
media giornaliera, per un periodo massimo di 6 mesi totali tra entrambi i genitori, tra
gli 0 e i 6 anni d’età del bambino; lo stesso vale tra i 6 e gli 8 anni, purché il reddito
annuo individuale sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di
pensione, mentre il congedo è previsto senza indennizzo tra gli 8 ed i 12 anni del
figlio. Il congedo può essere fruito da entrambi i genitori, anche
contemporaneamente, fino al compimento dei 12 anni di età del bambino per un
periodo complessivo, tra i due genitori, non superiore a 10 mesi, elevabili ad 11
qualora il padre si astenga dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di
almeno tre mesi. Ai lavoratori dipendenti che siano genitori adottivi o affidatari, il
congedo parentale spetta con le stesse modalità dei genitori naturali, quindi entro i
primi 12 anni dall'ingresso del minore nella famiglia indipendentemente dall'età del
bambino all'atto dell'adozione o affidamento e non oltre il compimento dei 18 anni. Il
congedo parentale può essere frazionato a ore, come disposto dalla legge n. 228 del
24 dicembre 2012, che tuttavia rinvia alla contrattazione collettiva di settore il
compito di stabilire le modalità di fruizione del congedo su base oraria, i criteri di
calcolo e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata
lavorativa.
La forma attuale di quest’istituto rappresenta l’esito di una progressiva evoluzione
nei decenni degli interventi atti a conciliare gli impegni lavorativi con la vita
familiare, parallela alle molteplici variazioni della legislazione italiana che li
normava. Risale ad inizio ‘900 la prima forma di tutela delle lavoratrici subordinate,
prevista dalla legge 19 del giugno 1902, n. 242 (Sul lavoro delle donne e dei fanciulli
o Legge Carcano), che consentiva alle gestanti di astenersi dalle attività lavorative in
un periodo precedente e successivo a quello del parto e prevedeva la possibilità di
allontanarsi dal lavoro in fabbrica per l’allattamento, in locali appositamente
predisposti. Ancora più marcata diventa la tutela della “funzione familiare” della
donna con la successiva emanazione del regio decreto-legge 22 marzo 1934, n.654
(Tutela della maternità delle lavoratrici), convertito, con la legge n. 1347 del 5
luglio 1934, dal nucleo centrale dell’assistenza alle donne lavoratrici, disciplinata
dalla legge 26 aprile 1934, n. 653 (Tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli),
negli anni ’30 del Novecento. Di particolare interesse appare la successiva legge n.
860 del 26 agosto 1950 (Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri), in
quanto introduce il primo intervento strutturato a sostegno della maternità,
garantendo durante la gravidanza e nel periodo del postparto l’astensione per la
donna da “lavori pericolosi, insalubri e attività faticose”. Una forma iniziale di
congedo viene introdotta per la prima volta in Italia dall’emanazione legge n. 1204
del 1971 (Tutela delle lavoratrici madri), sotto la denominazione di “astensione
facoltativa” (Art. 7), finalizzata alla tutela fisica e giuridica della madre lavoratrice,
cui era garantito un adeguato trattamento economico durante il periodo di assenza dal
lavoro. La norma prevedeva infatti la possibilità per la madre biologica lavoratrice di
assentarsi dal lavoro, trascorso il periodo di astensione obbligatoria, per un periodo
di sei mesi anche frazionati, durante il primo anno di vita del bambino, escludendo
fatto il padre lavoratore dal binomio famiglia-lavoro. Ne era presupposto infatti
l’attribuzione del ruolo di cura dei figli unicamente alla madre, che aveva diritto a
un’indennità pari al 30% della retribuzione ed alla conservazione del posto di lavoro.
Qualche anno più tardi è stata emanata una normativa in tema di “Parità di
trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro”, contenuta nella legge n. 903 del
1977, che estendeva il diritto all’astensione facoltativa alle madri adottive o
affidatarie lavoratrici ed ai padri biologici o adottivi/affidatari lavoratori. Il padre
poteva fruire dell’astensione dal lavoro soltanto solo in via sussidiaria o in alternativa
alla madre qualora la madre fosse una lavoratrice subordinata che rinunciava
espressamente a goderne, oppure il figlio fosse affidato al padre in via esclusiva. La
Corte Costituzionale, con la sentenza n. 150/1994, è intervenuta riconoscendo la
legittimità costituzionale dell’art.7 legge 903/1977, nel riconoscere al padre
lavoratore il diritto all’astensione facoltativa dal lavoro per sei mesi durante il primo
anno di vita del bambino soltanto nel caso in cui la madre fosse lavoratrice
subordinata e non lavoratrice autonoma. La dimensione simbolica e culturale che
sottende un tale assetto è che nelle dinamiche familiari la madre fosse il caregiver
principale e il padre secondario. Sulla spinta delle direttive europee, anche in Italia a
partire dagli anni 2000 la conciliazione famiglia-lavoro inizia ad essere inserita tra
gli obiettivi della crescita economica e della lotta alla disoccupazione, in particolare
delle donne. A tal proposito, una decisiva evoluzione formale e sostanziale è stata
introdotta con la già citata legge 53/2000 (confluita nel Testo Unico d.lgs. 151/2001 -
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della
maternità e della paternità), che ha sostituito la nozione di astensione facoltativa con
quella di congedo parentale e segnato un importante punto di svolta nella normativa
italiana, chiamando in causa direttamente il padre nel lavoro di cura. Questa legge
innovativa segna infatti un’apertura verso il coinvolgimento di entrambi i genitori
nelle attività connesse alla cura dei figli minori e supera peraltro il confine del lavoro
subordinato quale condizione per fruire delle relative indennità. Essa si adatta quindi
al principio di conciliazione condivisa secondo il modello del dual career,
affermatosi a partire dagli anni ’90, quando gli uomini iniziano a diventare co-
protagonisti nel nucleo familiare. Introducendo il riconoscimento del congedo
parentale anche per i padri, ne ha infatti formalizzato un diritto-dovere alla cura,
esercitando un ruolo nella modifica delle pratiche di paternità in Italia e mutando il
modo di concepire la questione della conciliazione famiglia-lavoro, che resta ad oggi
ancora oggetto di un acceso dibattito.
II.2 Conciliazione nell’emergenza: congedo parentale straordinario ed altre
misure
Nel periodo dell’emergenza sanitaria da Covid-19 si è reso necessario un vasto
apparato di misure di attenuazione delle conseguenze negative sul piano economico e
sociale dell’isolamento domestico e del blocco delle attività scolastiche, produttive e
ricreative. Il Governo ha infatti accompagnato i provvedimenti di sospensione dei
servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e
grado, disposta con d.P.C.M. il 4 marzo 2020, con specifici ed immediati interventi
per rispondere agli inediti bisogni delle famiglie, sostenendo i lavoratori e le
lavoratrici con figli e consentendo il loro accudimento. Il lavoro agile semplificato,
iniziale risposta alla necessità di fronteggiare a tempo pieno i carichi di cura
familiare determinati dalla chiusura degli istituti scolastici, è stato integrato
attraverso il d.l. n. 18/2020 con norme a sostegno del lavoro (capo II del Titolo II -
Norme speciali in materia di riduzione dell’orario di lavoro e di sostegno ai
lavoratori). Nello specifico, sono state introdotte misure finalizzate a consentire
l’assistenza dei figli (congedi retribuiti e non retribuiti, bonus per l’acquisto di servizi
di baby sitting e, attraverso il d.l. n. 34/2020, per l’iscrizione a centri estivi, a servizi
integrativi per l’infanzia, a servizi socio-educativi territoriali, a centri con funzione
educativa e ricreativa e a servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia) o dei
familiari a carico portatori di handicap (ampliamento del numero di giorni di
permesso retribuito ex l. n. 104/1992). Rientrano nell’ambito delle politiche di
conciliazione famiglia-lavoro ed a sostegno delle famiglie con figli le misure
straordinarie del “congedo Covid” e del “bonus baby-sitting”, introdotte nel 2020 dal
governo Conte, nella cornice della lunga chiusura di servizi e scuola. In risposta
all’emergenza Coronavirus, ai lavoratori con oneri di cura, ma non coinvolti nel
blocco della maggioranza delle attività produttive, sono infatti stati dedicati gli
articoli 23, 24 e 25 del decreto Cura Italia, in seguito integrato con ulteriori forme di
sostegno per i genitori lavoratori con figli da decreto Rilancio. Più nel dettaglio, gli
articoli 23 e 25 del decreto Cura Italia prevedono uno specifico congedo per
lavoratori subordinati o autonomi con figli minori di sedici anni, mentre l’articolo 24
estende la durata dei permessi concessi ex articolo 33, c. 3, l. n. 104/1992. Tale
istituto, denominato “congedo parentale SARS CoV-2” nelle indicazioni operative
dell’INPS, è un tipo di congedo straordinario per i genitori, che essendo stato
introdotto contestualmente alla pandemia da SARS-CoV-2 si distingue dall’istituto
del congedo parentale disciplinato nel decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151,
precedentemente approfondito. Questa nuova forma di congedo parentale è stata per
la prima volta disciplinata dall’articolo 9 del Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146
(DL n. 146/2021, c.d. Decreto fiscale 2022) , poi convertito in Legge, in vigore nella
sua prima versione dal 22 ottobre 2021 fino al 31 dicembre 2021, che introduce
“misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze
indifferibili”. La soluzione di sostegno è stata successivamente prorogata fino al 31
marzo 2022, data collimante con la prevista scadenza dello stato di emergenza,
attraverso il Decreto Legge 221 del 24 dicembre 2021 (DL n. 221/2021, c.d. Decreto
di Natale). Il congedo parentale Covid è destinato ai genitori lavoratori con figli
conviventi minori fino a 14 anni affetti da SARS CoV-2, in quarantena da contatto o
con attività didattica o educativa in presenza sospesa. In caso di figli con disabilità in
situazione di gravità accertata, il diritto è riconosciuto indipendentemente dall’età del
figlio e dalla condizione di convivenza, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 3,
comma 3 della Legge 104/1992 per i quali il congedo straordinario spetterà anche in
caso di chiusura dei centri diurni a carattere assistenziale presso cui il figlio risulta
iscritto. Tale istituto straordinario può essere fruito dai genitori lavoratori dipendenti,
dai lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata o dai lavoratori autonomi
iscritti all’INPS, qualora questi debbano assentarsi dal lavoro e non possano svolgere
l’attività in smart working, come esposto nelle istruzioni amministrative fornite dalla
circolare INPS 17 dicembre 2021, n. 189. L’obiettivo dell’introduzione di questo
congedo è permettere ai genitori che lavorano di potersi prendere cura dei figli
rimasti a casa in una delle suddette condizioni dettate dall’emergenza sanitaria,
astenendosi dal lavoro alternativamente all’altro genitore, per periodi corrispondenti,
in tutto o in parte, alla durata della condizione medesima. Presupposto per la richiesta
di tale forma di congedo è che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore
beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione
dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore. Per tale congedo,
fruito in forma giornaliera od oraria, è riconosciuta un’indennità pari al 50% della
retribuzione o del reddito a seconda della categoria lavorativa di appartenenza del
genitore richiedente, con copertura da contribuzione figurativa. I genitori posso
inoltre chiedere la conversione di eventuali periodi di congedo parentale già fruiti
nell’anno scolastico 2021/2022 in congedo straordinario Covid-19, senza che questi
vengano computati o indennizzati come congedo parentale. Viene previsto anche il
diritto all’astensione dal lavoro per uno dei genitori alternativamente all’altro nel
caso di figli con età tra 14 e 16 anni, senza corresponsione di retribuzione o
indennità, né riconoscimento di contribuzione figurativa, ma con divieto di
licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro. Restano esclusi dal
riconoscimento del congedo Covid, i genitori libero-professionisti, menzionati
dall’art. 23, comma 9, in relazione alla loro possibilità di fruire del bonus baby-
sitting ma subordinatamente alla comunicazione da parte delle rispettive casse
previdenziali del numero dei beneficiari. È infatti prevista per entrambi i settori, ma
con campo di applicazione più limitato nel settore pubblico, anche la possibilità di
fruire, in alternativa al congedo parentale, del bonus fino a 600 euro per l’acquisto
dei servizi di baby-sitting, come previsto dall’art. 23 del decreto-legge 17 marzo
2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza
epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, con legge n. 24 aprile
2020, n. 27 (decreto Cura Italia), per i lavoratori che abbiano figli minori di dodici
anni. Il limite di 600 euro si innalza a 1000 euro per i lavoratori dipendenti del
settore sanitario, pubblico e privato accreditato, medici, infermieri, tecnici di
laboratorio biomedico e di radiologia medica e per gli operatori socio-sanitari (art.
25, c. 3).
Appare utile approfondire come il congedo parentale ordinario rappresenti il tessuto
sul quale si è innestato quello emergenziale disposto dal d.l. n. 18 del 2020. Pur non
essendo tecnicamente identico ad un congedo parentale ordinario, in quanto diverso è
il bisogno cui risponde e diverse sono le regole che ne dettano il funzionamento, è
sicuramente questo il modello che ha ispirato il legislatore del 2020. Si individua
infatti una corrispondenza nell’età massima dei figli considerata per fruire del
congedo (12 anni, innalzati nel 2015 con il d.lgs. n. 80/2015) e nella possibilità di
utilizzazione continuativa o frazionata (con esclusione implicita della frazionabilità
ad ore, non espressamente richiamata nei successivi atti dell’Inps e del Ministro per
la Pubblica amministrazione). Il congedo straordinario introdotto in Italia ha tuttavia
carattere di transitorietà: è stato pertanto prorogato parallelamente all’allungamento
della chiusura delle scuole ed è previsto che decada con la scomparsa del
presupposto che lo legittima. In un confronto con la legislazione dell’emergenza
attuata in Paesi Europei, interventi sul bisogno immediato di cura dei figli rispetto
alla possibilità della normale prosecuzione delle attività lavorative risultano adottati,
oltre che in Italia, solo in Francia, Olanda e Germania, pur con una varietà di
soluzioni, sul modello dell’indennizzo legato all’assenza per infortunio sul lavoro o
malattia professionale, o attraverso un ampliamento del sistema dei permessi e
congedi preesistenti. Il decreto persegue ad ogni modo gli stessi obiettivi della
Direttiva europea n. 1158 approvata il 20 giugno 2019, in relazione all’equiparazione
delle figure genitoriali tramite la distribuzione e riallocazione dei compiti di cura, pur
con il carattere distintivo di urgenza e centralità dettato dalla situazione
emergenziale. Il d.l. n. 18 del 2020 non perimetra l’ambito di applicazione della
misura elencando le tipologie contrattuali, ma identifica i soggetti in considerazione
dell’Ente previdenziale di appartenenza. La strategia adottata in materia di
conciliazione nell’emergenza si muove infatti in Italia principalmente lungo due
binari: nel settore pubblico, congedo e bonus rappresentano un’integrazione alla
prestazione lavorativa svolta in smart-working, su cui si impernia la gestione del
lavoro nella pubblica amministrazione, mentre nel settore privato, è l’integrazione
del reddito di chi lavora in settori in cui l’attività è sospesa, situazioni in cui il
congedo e il bonus non sono dovuti, a costituire il fulcro dell’intervento.

III. CONCLUSIONI
L’introduzione di un congedo parentale straordinario è apparsa indicativa di una
presa di coscienza rispetto all’impatto dell’epidemia da Covid-19 sui bambini ed alle
difficoltà di gestione familiare e si è posta in continuità con la centralità della tutela
della genitorialità, argomento già focale nel nostro ordinamento e in continua
evoluzione legislativa e giurisprudenziale. Il decreto che ne è alla base ha fornito
ulteriori elementi nel dibattito relativo alla conciliazione, suscitando intorno a questo
tema un crescente interesse. Parallelamente ai traguardi raggiunti con questo decreto
legge, sono infatti emerse alcune criticità in merito alla frammentarietà di fruizione
del congedo, al ritardo dell’accesso, alla frantumazione delle tutele della genitorialità
dettata dall’innestarsi della disciplina su quella preesistente senza mutarne le
caratteristiche ed alla complicazione dei divari già esistenti tra lavoratori e
lavoratrici, che sostiene un’idea di conciliazione ancora in parte disancorata da quella
della parità di trattamento e lontana dal modello del dual-career di stampo europeo.

IV. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA


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