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STORIA

1.1

La filologia germanica si occupa delle lingue germaniche antiche e delle loro attestazioni scritte; è quindi
una scienza dei testi. Si va dalle origini, situate nella tarda antichità o nell’Alto Medioevo, fino all’inizio
dell’età moderna. Il periodo più importante per la filologia germanica è però quello medievale, che di solito
comprende le fasi antiche e medie delle varie lingue germaniche : inglese, tedesco, olandese, frisone,
danese, svedese, norvegese, islandese e due lingue ormai estinte : il gotico e il longobardo.

Trattandosi di testi antichi, risulta fondamentale anche lo studio delle lingue germaniche antiche. La
filologia è quindi una scienza storica.

La linguistica germanica si occupa delle caratteristiche delle varie lingue e delle relazioni che le legano.
Cerca di classificarle, di definirne la struttura e il funzionamento e segue la loro evoluzione nel tempo.
L’indagine linguistico-filosofica prescinde dal valore artistico o letterario dei testi; qualunque testo è una
testimonianza significativa, anche se apparentemente insignificante.

1.1.1

La filologia Germanica è sorta come scienza nei primi anni dell’Ottocento. La filologia germanica include
tutte le lingue germaniche con i loro dialetti, le loro attestazioni, i loro sistemi di scrittura, le loro letterature
antiche, su un’area che comprende i paesi germanici attuali (dall’Islanda alla Scandinavia fino alle Alpi) e
anche le regioni dove i popoli germanici possono esser migrati nei secoli passati.

1.2

Il territorio originariamente abitato dai popoli germanici nei primi secoli a.C. era limitato alla Scandinavia
meridionale ( Svezia e Norvegia ) e all’attuale Danimarca e Germania settentrionale. La mancanza di
toponimi di origine diversa da quella germanica fa supporre che nessuna altra lingue fosse diffusa in questa
zona precedentemente all’insediamento germanico.

Quando TACITO parla dell’antica suddivisione dei Germani li divide in Ermìnoni, Ingèvoni e Istèvoni. Nel
corso del IV secolo varie tribù germaniche oltrepassano il Reno e si stabiliscono nell’attuale Belgio. Dal IV
secolo d.C. al VI abbiamo l’età delle migrazioni e delle invasioni germaniche.

1.2.1

I Germani orientali sono quelli che han transitato nella Germania orientale e nella Polonia per poi migrare
in varie direzioni. Si dividono in Burgundi, Rugi, Gepidi, Vandali e Goti.

Il regno dei Burgundi ha vita breve perché vengono vinti nel 534 dai vicini Franchi che inglobano il territorio
burgundo nel loro regno.

I Vandali si stanziano in Africa, nelle isole Baleari, in Sardegna e in Corsica, ma il loro regno finisce nel 534 a
causa di una forza militare bizantina.

I Gepidi arrivano lentamente alla riva sinistra del Danubio, dove staranno fino al 570 – anno in cui saranno
sopraffati da nuove invasioni asiatiche.

I Goti, si suddividono il Ostrogoti e Visigoti. Si stanziano nel basso Danubio, ai confini dell’impero d’Oriente.
Wulfila, capo spirituale e vescovo dei Visigoti predica la nuova fede e traduce per il suo popolo il Vangelo in
lingua gotica; praticamente accoglie il Cristianesimo nella versione ariana che dopo poco sarà condannata
come eretica; e trasmettono l’arianesimo anche ad altri popoli germanici. Ma il grosso dei Visigoti si dirige
verso l’Italia, dove arrivano nel V secolo guidati dal re Alarico. Compiono il famoso sacco di Roma nel 410.
Provano a passare in Africa ma Alarico muore nel tragitto. I Visigoti risalgono allora la penisola per passare
alla Gallia ( Francia ) meridionale dove entrano nel 412. Qui si forma un regno visigoto che si estende anche
in Spagna. Il Regno francese però sarà schiacciato, come quello Burgundo, dai Franchi che nel 507
conquistano la Gallia. Nel regno spagnolo di Toledo invece, col tempo, i re goti di Spagna si convertono al
cattolicesimo abbandonando l’eresia ariana; questo regno finirà nel 711 con l’arrivo degli arabi in Spagna.

Nel V secolo gli Ostrogoti sono inviati in Italia dall’imperatore Bizantino; il regno ostrogoto d’Italia dura 60
anni. I primi anni sono di pace, l’unica forma di tensione è l’arianesimo dei Goti, che non li rende ben visti
dalla Chiesa Romana. Ci sarà poi una lunga guerra greco-gotica (535-553) che finisce con la conquista
bizantina.

1.2.2

I Germani settentrionali sono i popoli scandinavi. Durante l’età delle migrazioni questi non partecipano ai
grandi spostamenti di popoli, ma rimangono nelle sedi scandinave originarie. Si espanderanno poi nel VIII
secolo. La società scandinava è statica e segue una lenta evoluzione. I Danesi sono insediati nella Svezia
meridionale e nelle isole danesi e nel V secolo si estendono nella penisola della Jutland. A Nord, nella Svezia
Meridionale, ci sono i Geati; ma i Svìar, predecessori degli Svedesi, vinsero i Geati e allargarono così il loro
regno. I Norvegesi si trovano in Norvegia e i Lapponi, né germani né indoeuropei ma asiatici, stanno al Nord
della Scandinavia.

Nel IX secolo si apre l’Età Vichinga, il periodo della grande espansione marinara degli Scandinavi. Vichinghi
significa ‘navigatori che cercano fortuna oltremare’ . I Norvegesi occuparono l’Islanda, la deserta ‘terra dei
ghiacchi’. I Danesi occupano le regioni orientali dell’Inghilterra e nel X secolo gli Scandinavi trapiantati in
Inghilterra costituiscono un regno con capitale York; col tempo si mescolano e si assimilano con gli
anglosassoni.

I ripetuti attacchi alla Francia hanno costretto il re francese a concedere in feudo ai Vichinghi un’intera
regione : la Normandia – che significa uomini del Nord; Normanni.

Con la fine del XI secolo si chiude l’epoca Vichinga. In Scandinavia si sono consolidati nel frattempo tre regni
: di Norvegia, di Danimarca e di Svezia. L’Islanda rimane una repubblica indipendente fino al 1262.

1.2.3

I Germani Occidentali si trovano tra il Reno e l’Elba.

- I Germani del Reno Weser.

Dominanti fra queste tribù sono i Franchi, che danno il nome alla Franconia tedesca. Si dividono in Salii, che
occupano già dal IV secolo l’attuale Belgio, e Ripuari. Sotto Clodoveo (482-511) il regno Franco si estende a
quasi tutta la Gallia, tranne per il regno burgundo. Il paese prende appunto da loro il nome Francia. Nel 496
il re Clodoveo si converte al cattolicesimo creandosi così buoni rapporti col clero e l’aristocrazia; dopo poco
gli Alamanni a est del Reno vengono inglobati nel regno Franco.

Nonostante le intricate vicende politiche del VI-VII secolo ( epoca merovingia ) il regno Franco si consolida e
mostra una notevole potenza militare; è il maggiore dei Regni barbarici dell’Occidente – include quasi tutta
la Germania e tutta la Francia, anche le parti visigote e burgunde. Nel 768 sale al trono Carlo Magno; batte i
Longobardi in Italia e annette la penisola fino all’Abruzzo e sferra un’offensiva contro gli àvari in Ungheria. A
questo punto l’impero Franco è una delle due grandi potenze mondiali del tempo, e Carlo Magno si pone
da pari a pari rispetto all’imperatore di Bisanzio. Gli succede poi Ludovico il Pio, i quali figli, poi, spartiranno
l’impero nell’843 in tre parti – tedesca francese e italiana. Nonostante la forte penetrazione franca, la
lingua neolatina ha prevalso il Francia e nell’attuale Belgio dove oggi si parla francese.

- I Germani del Mar del Nord.


Sono i Frisoni, gli Angli, gli Iuti e i Sassoni. Verso la metà del V secolo Sassoni, Angli, Iuti e gruppi di Frisoni
cominciano a migrare dalle sedi originarie ( Jutland, Germania e Olanda attuali ) e si stanziano
nell’Inghilterra sud-orientale che prende appunto dagli Angli il nome. Nel VI secolo dalla mistura delle tribù
occupanti si forma il regno degli Anglo-Sassoni. Qui è la lingua germanica degli invasori a prevalere, a
scapito delle lingue celtiche della popolazione locale. Anche dei nomi di luogo si vede che il paese è stato
profondamente anglicizzato. I toponimi di origine anglosassone sono tantissimi.

[ Gli anglosassoni si organizzano in piccoli regni: Kent, Sussex, Essex, Wessex, East Anglia, Mercia e
Northumbria; restano celtici il Galles, la Scozia e la punta di Cornovaglia

Le dinastie regnanti presto si convertono al Cristianesimo e si diffonde nei centri monastici inglesi una
cultura latino-cristiana di buon livello. Nel 1036 sul trono inglese c’è una dinastia anglosassone. L’Inghilterra
è ormai un unico regno con capitale prima a Winchester e poi a Londra; ma non è politicamente solida.
Guglielmo, duca di Normandia, con un’unica battaglia vittoriosa ad Hastings nel 1066 s’impadronisce del
regno mettendo fie al periodo anglosassone della storia inglese; con la dinastia normanno-francese
l’Inghilterra entra in una nuova epoca e non sarà mai più invasa da altri popoli per tutto il resto della sua
storia.

I Frisoni nei primi secoli d.C. sono stanziati nell’attuale Olanda settentrionale e lungo le rive del Mar del
Nord fino alla base dello Jutland, oltre che nelle isole frisoni. Esposti alle incursioni danesi e alla pressione
dei Franchi, riducono progressivamente il loro territorio; non riuscendo a mantenersi come entità politica
autonoma, i Frisoni prima vengono inclusi nell’impero carolingio e poi hanno sempre fatto parte delle più
vaste organizzazioni statali dei popoli vicini : oggi sono sparsi fra Olanda e Germania.

I Sassoni sorgono probabilmente come lega di diverse tribù preesistenti nella Germania, visto che di loro
non si ha notizia prima del II secolo d.C. Nel V secolo migrano in Inghilterra con gli Angli, ma una parte di
loro rimane sul continente dove vengono designati come ‘Antichi Sassoni’. Nell’804, minacciati e deportati
dai Franchi e Carlo Magno, entrano a far parte del loro impero e si piegano al Cristianesimo. Dopo la
divisione dell’impero carolingio nell’ 843 la Sassonia rientra nel regno tedesco.

- I Germani dell’Elba

Comprendono varie tribù, tra cui quella dominante degli Svevi. Una parte di loro – Svevi – costituisce un
breve regno svevo nell’attuale Galizia e Portogallo settentrionale. Ma la maggioranza di loro durante il III
secolo d.C. si stanzia con gli Alamanni nella Germania sud-occidentale.

I Baiuvari occupano l’attuale Baviera e l’Austria. La Germania ad est del Reno in età carolingia è abitata da
popoli diversi : Frisoni e Sassoni a Nord, Franchi e Turingi al centro, e Alamanni e Bavaresi al Sud.

Anche i Longobardi si trovano lungo l’Elba nei primi secoli d.C. e si stabiliscono nel V secolo nell’attuale
Ungheria. S’impadroniscono poi del Nord Italia e il loro dominio dura per due secoli.

1.3

La maggioranza delle fonti storiche riguardanti i popoli germanici nell’Alto Medioevo è in latino, anchese
scritte da storici di nazione germanica. In alcuni casi però come accade talvolta in Inghilterra, Islanda e
Scandinavia la lingua germanica prende il sopravvento.

1.4

L’uso della scrittura e la letteratura scritta si è diffuso in periodi diversi presso ciascun gruppo germanico. E
le modalità con cui il Cristianesimo è stato recepito hanno influito sul carattere stesso delle testimonianze
scritte che sono state lasciate e anche sulla più o meno precoce scomparsa o censura di certe tradizioni
orali autoctone. I primi a convertirsi sono i Goti nel IV secolo per opera del vescovo Wulfila; recepiscono il
Cristianesimo nella forma ariana che trasmettono a Vandali, Burgundi e a parte dei Longobardi. In un primo
momento dunque è l’arianesimo a diffondersi tra i germani dopo il paganesimo.

Poi è il re dei Franchi, Clodoveo a convertirsi nel 496 al Cattolicesimo romano, e così si accattiva le
simpatiche del clero e della popolazione gallo-romana della Francia.

Risale al 597 la conversione degli Anglosassoni. Papa Gregorio Magno invia il missionario Agostino a
predicare presso il re del Kent che si converte con la sua corte. A Canterbury Agostino fonda la prima
diocesi d’Inghilterra e grazie all’atteggiamento cauto dei missionari, il resto del paese accetta pacificamente
la nuova fede.

Nel 600 è il re longobardo Agilulfo a convertirsi al cattolicesimo. Prima i Longobardi erano in parte ariani in
parte ancora pagani; la conversione del re sembra appianare i rapporti con la popolazione italiana.

In Germania il Cristianesimo si diffonde gradualmente, per volontà politica dei sovrani Franchi.

Il nord del paese, la regione dei Sassoni, verrà convertita solo con la violenza, per volontà di Carlo Magno
durante le sue guerre di conquista; mentre la vera conversione dei Frisoni si ebbe con le progressive
annessioni all’impero Franco nel VIII secolo.

Nel X secolo i re danesi accettano il Cristianesimo, anche per calcoli di convenienza politica.

La Norvegia, più lontana dai centri cristiani, viene in contatto con la nuova religione più tardi. L’impulso
della conversione giunge tramite l’Inghilterra, dove il re norvegese Olaf, ex vichingo, aveva ricevuto il
battesimo alla fine del X secolo.

L’Islanda accetta la nuova religione nel 1000 e nel XII secolo c’è l’abbandono di ogni pratica pagana.
Contemporaneamente il Cristianesimo raggiunge anche le lontane colonie della Groenlandia, dove
l’archeologia ha rivelato l’esistenza di piccole chiese nella comunità vichinga.

Ultima ad accogliere la fede Cristiana è la Svezia, dove nel XI era ancora in funzione un tempio pagano.

1.5

La storia del popolamento germanico si riflette nella toponomastica e attraverso l’analisi dei nomi di luogo
si possono ottenere informazioni sull’estensione delle modalità e degli insediamenti dei popoli germanici. In
Scandinavia e Islanda si nota una compattezza linguistica nei toponimi : tutti di origine germanica, senza
mescolanze con altri strati linguistici.

I nomi di paesi e regioni contengono invece spesso il nome del popolo lì originariamente insediato –
Danmark danesi; Jutland Juti. Questa situazione quasi del tutto germanica si riscontra anche nella
toponomastica della Germania settentrionale.

Nella zona renana, cioè anche in Olanda Belgio Germania e Svizzera e Austria, restano accanto ai prevalenti
toponimi germanici anche residui nomi di luogo di origine celtica o latina. Ma gli elementi germanici in
queste regioni sono del tutto prevalenti, e numerosi i nomi di luogo formati con tipici temi germanici come
-burg ‘cittadella’ (salzburg magdeburg, freiburg ); furt ‘ guado, passo’ (Erfurt, Frankfurt).

In Inghilterra l’elemento anglosassone ( nella toponomastica ) è molto forte nelle regioni orientali e si
attenua procedendo verso ovest, dove i toponimi celtici sono numerosi. Anche lo strato latino riaffiora con i
tipici elementi .chester/caster (Winchester, Lancaster). I Toponimi inglesi sono spesso formati con gli
elementi di origine germanica -ham ‘sede’ come Birmigham, Nottingham; -ford ‘guado’ Oxford, Ilford.
Anche qui i piccoli agglomerati rurali hanno spesso origine dal nome del proprietario, e anche alcune città
prendono nome dal capo anglosassone i ci seguaci si insediarono per primi sul posto.
Al di fuori poi degli attuali paesi di lingua germanica si notano tracce di elementi germanici anche nella
toponomastica della Francia, dell’Italia, e della Spagna, tracce dovute al passaggio o allo stanziamento nel
Medioevo di popoli germanici in questi territori. Questi toponimi costituiscono un superstrato germanico
che si impianta sul precedente fondo toponomastico latino o pre-latino. In questi paesi essi costituiscono
naturalmente una minoranza di nomi, che sono però rivelatori. In Francia sono più numerosi nelle regioni
nord orientali, dove è stato rilevante l’elemento franco; più scarsi a Sud dov è passato il rado elemento
visigoto o burgundo.

CHAPTER 2

2.1

Le maggiori famiglie linguistiche che attualmente si estendono in Europa sono quella neolatina ( italiano,
francese, provenzale, catalano, spagnolo, portoghese, romeno, ladino ), quella germanica ( inglese,
tedesco, olandese, frisone, danese, svedese, norvegese, islandese), e quella slava ( russo, polacco, ceco,
slovacco, serbo-croato, sloveno, bulgaro). Altre lingue e gruppi indoeuropei quantitativamente meno
rilevanti sono le lingue celtiche (irlandese, gaelico di Scozia, gallese, bretone ), le lingue baltiche (lituano,
lettone), l’albanese e il greco.

Le lingue indoeuropee sono così dette perché si estendono dall’India all’Europa. Nell’antichità
comprendevano l’antico indiano o sanscrito, l’antico persiano, l’armeno, il greco, il latino, l’umbro e il
venetico, etc.

Le lingue indoeuropee sono flessive, esprimono cioè tramite flessioni (desinenze delle declinazioni e delle
coniugazioni verbali ) la funzione delle parole nella frase; e moltissime parole nelle diverse lingue
indoeuropee hanno radici comuni. La linguistica comparata e storica ha analizzato a fondo i rapporti in cui
si trovano le varie lingue indoeuropee fra loro e ha elaborato il concetto di un ‘indoeuropeo’ comune, una
sorta di lingua madre originaria, da cui sarebbero poi discese le singole lingue attestate. Questo
indoeuropeo non è documentato, ma ricostruito a tavolino dai linguisti mediante la comparazione. Le
lingue indoeuropee di più antica attestazione sono il greco, il sanscrito e l’ittita; e risalgono al massimo al II
millennio a.C.

Ci sono isoglosse ( cioè tratti linguistici uguali ) che uniscono le lingue germaniche e quelle baltiche e slave,
altre che le uniscono a quelle celtiche e al latino, altre solo latino-germaniche.

Le lingue germaniche si collocano comunque nel gruppo indoeuropeo occidentale, caratterizzato dal
mantenimento delle consonanti velari indoeuropee K, G, Kw e Gw, che non si palatizzano come invece
avviene in sanscrito, persiano a balto slavo.

2.2

Gli studiosi di grammatica comparata e linguistica storica ipotizzano dal secolo scorso che, in un’epoca
antecedente ai primi documenti scritti, queste lingue avessero avuto una fase originaria in comune e ancora
indifferenziata – il ‘germanico originario/primitivo/ protogermanico’. Quest’ipotetico protogermanico non è
documentato da nessuna attestazione scritta. Ma più che credere a un germanico concepito come una
singola lingua, si preferisce pensare a una fase preistorica che viene ricostruita raccogliendo i tratti
linguistici presenti in tutte le lingue germaniche.

2.3

Oltre ai tratti di ascendenza indoeuropea, le peculiarità germaniche, sia fonetiche che morfologiche e
lessicali sono riassumibili in sette punti :

- ACCENTO
L’accento germanico è un accento d’intensità, quindi la sillaba accentata è pronunciata con maggior
energia espiratoria. E’ anche fisso sulla sillaba radicale ( fenomeno -> Rizotonia) , non può quindi
trovarsi su prefissi, suffissi e desinenze che son sempre atoni.

Pare invece che l’accento indoeuropeo fosse libero e comportasse un’altezza di tono musicale più che
d’intensità. Tutta una serie di fenomeni fonetici che hanno avuto luogo nel corso dell’evoluzione storica
delle varie lingue germaniche è riconducibile all’azione dell’accento, così la sincope, il frangimento
vocalico, la riduzione delle desinenze e la metafonia (2.4.4.; 5; 2.6.1)

- ESITO DI A, O INDOEUROPEE

Le vocali indoeuropee A e O hanno nel germanico esiti diversi a seconda se sono lunghe o brevi. Le
vocali brevi A, O danno luogo tutte e due ad A breve germanica. Mentre le lunghe A, O producono tutte
e due una O lunga germanica.

( esempio O breve > germanico /a/ nella parola GHOST-IS ‘straniero’ (confronta latino hostis-nemico) >
germanico gast-iz, tedesco Gast ‘ospite, gotico gasts ‘straniero’.) Inversamente (esempio, indoeuropea
A lunga > germanica /o:/ come ad es. indoeuropeo BHA(lunga)G-OS ‘faggio’ (confronta latino fagus –
faggio ) > germanico bo(lunga)k, anglosassone bo(lunga)c ‘faggio’.)

- ESITO DELLE SONANTI INDOEUROPEE

Le liquide e nasali L, R,M,N potevano essere delle sonanti, cioè avere anche funzione vocalica e
sostenere una sillaba. Nel germanico sviluppano sempre la vocale di appoggio u /u/:

ad es indoeuropeo KNTòM ‘cento’ (confronta latino centrum, greco ekatòn; ma gotico hunda;
anglosassone hund ‘cento’). Cosi la particella negativa indoeuropea N produce in latino il previsso in- ,
in greco a-, e nel germanico un-.

- LA PRIMA MUTAZIONE CONSONANTICA (LV)

Il fenomeno fonetico più vistoso che caratterizza il germanico è la 1 mutazione consonantica (LV); nota
anche come ‘ Legge di Grimm’ essendo stato Grimm il primo ad esporla con sistematicità. E’ uno
spostamento delle consonanti occlusive indoeuropee, che producono nel germanico nuove serie di
fonemi consonantici. Si ipotizza per l’indoeuropeo un sistema di consonanti occlusive formato da tre
serie : sorde, sonore e sonore aspirati; in ogni serie si distinguono labiali, dentali, velari e labio-velari

LABIALI DENTALI VELARI LABIOVELARI

SORDE P T K Kw

SONORE B D G Gw

S. ASPIRATE BH DH GH GwH

A questo sistema di occlusive indoeuropee corrisponde nel germanico un sistema diverso: le occlusive
sorde indoeuropee hanno prodotto delle spiranti sorde; le sonore appaiono nel germanico come sorde; le
sonore aspirate come sonore semplici.

Cioè le occlusive sorde ie P> germ./f/

T> /0-/ scritto |p

K> /x/ scritto h


Kw> /xw/ scritto hw (p.55 + esempi)

Le sorde però non si alterano se precedute da S, ad esempio indoeuropeo STER ‘ stella’ > tedesco ‘Stern,
anglosassone steorra, inglese star. Evidentemente i nessi consonantici esercitano una certa protezione sulle
occlusive sorde; così nei nessi PT,KT si muta solo il primo elemento, producendo rispettivamente germanico
ft,ht. Si confronti ad esempio il latino ‘captus’ con gotico ‘hafts’ ‘vincolato; latino noctem (notte) con
tedesco Nacht e gotico nahts.

- Inoltre le occlusive sonore indoeuropee:


B> germanico /p/ p

D> /t/ t

G> /k/ k,c

Gw> /kw/ q, cw,qu

- E le sonore aspirate indoeuropee:

BH> germanico /b/

DH> /d/

GH> /g/

GwH> /gw/

Il sistema di consonanti risultante per il germanico non è dunque più costituito dalle tre serie di occlusive
(sorde, sonore, sonore aspirate) ma è formato da due serie di occlusive (sorde e sonore) e da spiranti.

LABIALI DENTALI VELARI

SPIRANTI SORDE */f 0- x

OCCL. SORDE p t k

OCCL. SONORE b d g/

L’epoca in cui si è prodotta la 1 mutazione consonantica non si conosce, ma è ipotizzabile un periodo tra il
400 e il 200 a.C, cioè nell’epoca non documentata del protogermanico.

-LEGGE DI VERNER

La legge di Verner interferisce nel consonantismo germanico e ne determina gli esiti, in modo
complementare alla legge di Grimm. > Le occlusive sorde indoeuropee P,T,K e la spirante indoeuropea S
quando siano in ambiente sonoro tendono a sonorizzarsi, e passano al germanico [p.58] quando l’accento
originario, quello indoeuropeo, non cada sulla vocale immediatamente precedente

+++++++++++esempi

2.3.5 Nascita dei verbi deboli

Un’importante caratteristica del germanico è la formazione di una nuova categoria di verbi, detti deboli,
che utilizza un tipo di coniugazione diverso da quello degli antichi verbi forti di ascendenza indoeuropea. I
verbi forti germanici sfruttano l’alternanza vocalica indoeuropea per la formazione dei tempi, cioè
l’apofonia della vocale radicale (confronta inglese drink, drank drunk, tedesco trinken, trank, getrunken) I
verbi deboli mantengono inalterata la radice usando per la formazione dei tempi un suffisso dentale (cfr.
inglese live, lived, tedesco leben, lebte).

Questo perché i verbi deboli sono derivati da altri verbi (Deverbali) o da aggettivi e sostantivi (denominali)

2.3.6 Doppia declinazione dell’aggettivo

La seconda caratteristica morfologica del germanico è la doppia declinazione dell’aggettivo. Mentre


l’aggettivo indoeuropeo segue un unico modello di declinazione qualunque sia la sua posizione nella frase,
nelle lingue germaniche l’aggettivo ha due possibilità di flessione, a seconda che il nome cui si riferisce sia
determinato o no. Infatti quando è in qualche modo determinato, o dall’articolo, o da un dimostrativo, o da
un possessivo, l’aggettivo segue il modello di declinazione dei temi in nasale ( la cosiddetta declinazione
debole), si comporta come se fosse sostantivato. ( es tedesco genitivo des blinden Mannes-del cieco)

Se invece non c’è un determinativo, o l’aggettivo è in posizione predicativa, questo segue la flessione
‘forte’, che ha desinenze di tipo pronominale; (tedesco nominativo ein guter Mann)

Alcuni aggettivi comunque come ‘tutto’ ‘altro’ seguono sempre la declinazione forte. Tutti gli aggettivi al
grado superlativo e comparativo poi, seguono invece sempre il modello della declinazione debole in nasale.

2.3.7 Particolarità del lessico

Nelle lingue germaniche c’è una percentuale di parole non riconducibili a radici indoeuropee, termini solo
germanici che non trovano confronti in altre lingue estranee al gruppo.

2.3.8 Il sistema vocalico germanico

Dato l’esito di A lunga e O corta indoeuropee, le vocali germaniche risultano poi essere nella fase iniziale
del germanico comune le seguenti : - vocali brevi A ( <indoeuropeo Alunga O corta Ealcontrario), E, I, U ( U
corta potrà anche produtte Ocorta nelle lingue germaniche storicamente documentate)

P. 61 Vocali lunghe o (< indoeuropee Alunga, O corta), e (<indoeuropeo Elunga) detta E lunga I di timbro
piuttosto aperto forse /:3/(al contrario) o [ae], i (<indoeuropeo i lunga e dal dittongo EI, u. Si riforma poi
anche una a lunga germanica.

++++++++++++++++++++

2.4 Posizione reciproca delle varie lingue germaniche

Tutte le lingue germaniche condividono le caratteristiche sopra elencate. Queste lingue storicamente
attestate hanno tutte una stretta affinità fra di loro, ma alcune sono più vicine, tanto da far pensare che
formino un sottogruppo; in questo caso cioè sono unite da isoglosse comuni ad esse soltanto.

2.4.1 Caratteristiche del gotico

Il gotico occupa una posizione distinta tra le lingue germaniche, non solo per l’antichità della sua
documentazione (IV secolo) ma anche per una serie di peculiarità linguistiche che ha :

- L’esito di E breve indoeuropea che diventa I breve.( anglosassone: etan, norreno eta, alto tedesco
antico ezzan, tedesco essen – gotico itan ).
- L’esito di E lunga indoeuropea in E lunga dal grado allungato. Mantiene quindi la e1 germanica.
- Preterito a raddoppiamento. Il gotico è l’unica lingua germanica che conservi in una classe di verbi
forti l’antico sistema del raddoppiamento di origine indoeuropea per formare il preterito. (haihald
tenne, saislep dormì, lailot lasciò). Le altre lingue germaniche presentano ormai delle forme
contratte in cui il raddoppiamento non è più evidente ma compare invece Elunga2 (anglosassone
slep, dormì).

2.4.2 Isoglosse nord-occidentali

E’ probabile che il gotico si sia dunque staccato per tempo dalla compagnia germanica originaria,
mentre le restanti lingue germaniche hanno continuato ad avere per qualche tempo uno sviluppo
comune, attestato dalle innovazioni comuni sia al gruppo nordico che al gruppo occidentali. Le
isoglosse comuni sono :

- Esito di elunga1 che diventa una a lunga a nord-occ .


- Presenza di *elunga2 nei verbi forti di VII classe.
- Rotacismo: lo sviluppo di S sonora germanica (/z/) che diventa una r, che invece non ha mai agito in
gotico. In gotico wesun ‘erano’ ma in norreno vorom, tedesco waren e inglese were.

Queste innovazioni comuni sono molto significative, perché condividere un’innovazione indica sviluppo
comune , a differenza del condividere una conservazione che può dipendere dal casuale mantenimento
di tratti antichi ed ereditati, anche quando due lingue si siano già allontanate fra loro.

2.4.3 Isoglosse goto-nordiche

Però non si può contrapporre interamente il grosso gruppo nord-occidentale delle lingue germaniche al
gotico, perché esistono anche dei legami che collegano il gotico alle sole lingue nordiche. Queste
isoglosse goto-nordiche devono essere assai antiche, e risalire a un’epoca anteriore al distacco dei Goti
dagli altri Germani; esse mostrano che in una fase antica gotico e nordico dovevano esser stati in
stretto contatto. Tali legami goto-nordici sono:

- La Verscha:rfung; il rafforzamento di *-jj- e *-ww- germanici, che ha avuto luogo sia in gotico che in
nordico. Le due semivocali all’interno di parola si sono rafforzate. ( dal germanico *ajjan uovo >
gotico addi; gotico di Crimea ada; e norreno egg; mentre nelle lingue germaniche occidentali
questo non si è verificato. L’esito di *-ww- è uguale; dal germanico triwwaz ‘fedele’ > gotico
triggws, norreno tryggr ( ma alto tedesco antico triuwu, anglosassone treowe e inglese true).
- La seconda persona singolare del preterito dei verbi forti, solo in gotico e nordico, è formata con la
stessa vocale radicale delle altre persone del preterito singolare e con desinenza -t. (gotico e
norreno ‘bart’ portasti)

2.4.4 Caratteri del nordico

La temporanea unitarietà nord-occidentale non è dunque monolitica. E infatti si possono ben presto
cogliere ulteriori importanti divergenze al suo interno, che permettono di individuare un ramo
settentrionale ( il nordico) con caratteristiche proprie, opposte ad un ramo occidentale che comprende le
lingue restanti (asass. Anglosassone, afris. Alto antico tedesco ) Le caratteristiche del gruppo nordico sono
le seguenti :

- Esito di */j-/ germanica. Questa semivocale germanica in posizione iniziale di parola si dilegua,
qualunque sia la vocale seguente; ad esempio germanico *je(lunga)ran ‘anno’ > gotico jer, alto
tedesco antico ‘jar’ e tedesco ‘Jahr’, afris. Jer, anglosassone gear, inglese year, ma norreno ‘àr’. Cosi
come anche germanico *jukan ‘gioco’ > gotico juk, ata. Joch, asass. Jok, anglosassone geoc, inglese
yoke, ma norreno ‘ok’.
- Esito di */w-/ germanica. Questa semivocale in posizione iniziale di parola si dilegua davanti a
vocale velare ad esempio germanico *wurmiz ‘serpente’ > ingl ‘worm’ ma norreno ‘ormr’
- Sincope. Il forte accento intensivo ha provocato casi di sincope, cioè caduta di sillabe atone interne
alla parola, con conseguente allungamento della vocale tonica. (Fenomeno di questo genere si
verificano anche in anglosassone.)
- Assimilazioni. La naturale tendenza all’assimilazione di gruppi consonantici, presente in tutte le
lingue, nel norreno è particolarmente accentuata;
- Metafonia da -R. La metafonia (alterazione del timbro della vocale radicale tonica per effetto del
contesto fonetico) in norreno è provocata non sono da suoni vocalici, così come accade nelle lingue
occidentali, ma anche da -r seguente. (< runico -R < germanico */z/), ad esempio norreno ‘ker’
recipiente < *kaRa, confrontare con gotico ‘kas’ vaso.

2.4.5

Anche le lingue del ramo occidentale sviluppano ben presto - a partire dal IV secolo d.C.)
caratteristiche proprie che lo distinguono dal nordico e dal gotico; anche se poi il gruppo occidentale è
piuttosto composito e articolato al suo interno. Le isoglosse che individuano il germanico occidentale
sono :

- Geminazione. Le consonanti germaniche davanti a semivocale si raddoppiano, soprattutto davanti


alla semivocale */-j-/. Cosi abbiamo per esempio il gotico ‘bidjan’ pregare, norreno bi/th/ja, ma
asass. Biddjan, anglosassone biddan, antico frisone bidda, antico tedesco alto bittan e tedesco
bitten.
- Esito di germanico /thx/ . Nel germanico occidentale la spirante sonora germanica (variante di */d/
in posizione non iniziale > d. Ad esempio germanico mo(lunga)/th/er ‘madre’> norreno mò/yh/ir,
ma > anglosassone modor, asass. Modar, antico frisone moder.
- Caduta della desinenza germanica *-z. Per esempio germanico *dagaz ‘giorno’ > gotico dags,
norreno dagr e asass. Dag, anglosassone d/ae/g, inglese day, antico frisone dei, antico alto tedesco
tac, tedesco Tag.
- Infinito flesso. L’infinito, specie se preceduto da preposizione si può flettere come un sostantivo,
con un suffisso germanico occidentale *-annja; questa forma è detta anche gerundivo, così ad
esempio anglosassone ‘to nimenne’ /dativo, da niman ‘prendere’, antico alto tedesco zi nemanne
(dat) e nemannes (gen).

2.4.6

Nel ramo occidentale quindi si presentano altre divergenze che individuano a loro volta singole lingue o
gruppi di lingue. Anglosassone, antico sassone e l’antico frisone sono uniti da isoglosse particolari;
queste tre lingue costituiscono la comunità linguistica del germanico del Mar del Nord( si affacciano sul
mar del Nord). Le principali caratteristiche del germanico del mar del Nord son le seguenti:

- Caduta di */n/ davanti a spirante, provocanto l’allungamento della vocale precedente. Così antico
alto tedesco finf, gotico fimf < germanico fenf, finf; ma antico sassone anglosassone e antico
friscone fi(lunga)f, da cui inglese five.
- Monottongazione di germanico *ai. Il dittongo di monottonga in tutte queste lingue, ma in modo
non uniforme.
- Plurale del verbo. Tutte le persone del plurale hanno la stessa desinenza ad esempio anglosassone
> sindon ‘siamo/siete/sono”.

2.4.7.
Questi ‘ingevonismi’ (di su) son particolarmente intensi nel frisone e nell’anglosassone. Anglosassone e
antico frisone sono contraddistinti da ulteriori innovazioni comuni, tanto che si è ipotizzata un’unità anglo-
frisone precedente alla separazione delle due lingue, avvenuta nel V secolo. Le più importanti isoglosse
anglo-frisoni sono :

- Palatizzazione di germanico */a/ breve > /ae/ /e/


- Palatizzazione di germanico occidentale */a:/ lunga > /ae://e:/

2.4.8

La seconda LV, o mutazione consonantica alto-tedesca, è la più vistosa caratteristica dell’alto tedesco,
l’unica lingua germanica che presenti tale peculiare riassetto dei fonemi consonantici germanici.

Sorde */p t k

Sonore b d g/

Queste erano esito della I LV.

- Le sorde /p,t,k/ hanno due esiti : risultano affricate in posizione iniziale o dopo consonante, o
quando geminate :
germ. /p/ > ata. /pf/ pf
/t/> /ts/ z
/k/> /kx/ ch, cch
Esempio, germanico *tehun (dieci) (fotico taihun, antico sassone tehan, anglosassone tien, inglese
ten > antico alto tedesco zehan, tedesco zehn.

- Invece, in posizione mediana, o finale dopo vocale, le occlusive sorde germaniche /p,t,k/ danno
luogo a spiranti sorde e quindi :
germanico /p/ > ata. /f/ f
/t/> /s/ z con cedille
/k/> /x/ h, ch

Esempio germanico * sle(lunga)panan > antico alto tedesco slafan, tedesco schlafen
- Quanto alle sonore germaniche /b,d,g/ diventano sorde in alto tedesco antico.
Germanico /b/ > ata /p/ p
/d/> /t/ t
/g/ /k/ c, ck, k

Si considera alto tedesco antico solo ciò che presenta il fenomeno della II LV. Questa ha iniziato ad agire nel
VI secolo d.C.

2.4.9

L’alto tedesco antico presenta anche altre divergenze dalle altre lingue del gruppo occidentale, e
particolarità che invece lo collegano al gotico. Soprattutto, il pronome personale di 3 persona, sia nel gotico
che nell’antico alto tedesco, utilizza la radice indoeuropea EIS, ID ( confrontare il pronome latino ‘is, ea, id)
germanico *iz (masch) *it (neutro); così got maschile ‘is’ egli, neutro ‘ita’ esso, e antico alto tedesco er
‘egli’, iz (con II LV) e tedesco er, es. Invece le altre lingue germaniche occidentali hanno tutt’altra radice *h-.

Insieme alla II LV, il diverso pronome di terza persona è una delle più importanti differenze che separano
l’alto tedesco dal basso tedesco.
2.4.10

Tabella p 77

Attorno al II secolo d.C. i Germani del Nord erano ancora abbastanza estesi nello Jutland, prima che i Danesi
si spingessero verso ovest. I cosidetti Germani del Reno-Weser sarebbero stati i futuri parlanti dialetti
franconi; mentre i cosiddetti Germani dell’Elba non si erano ancora spostati verso sud, dove daranno vita ai
dialetti del tedesco superiore. I Germani orientali erano ancora presso il Baltico, forse in contatto coi
Germani dell’Elba; è incerto se sia dovuto a questi contatti il legame linguistico fra gotico e alto-tedesco. Poi
i Goti sono migrati verso sud-Est, verso il Mar Nero. Non è sicuro che i Goti a loro volta provenissero dalla
Scandinavia meridionale, come vuole la tradizione; è sicuro invece che a un certo punto erano sulle rive
meridionali del Baltico e lungo la Vistola.

2.5

Il ramo orientale delle lingue germaniche è rappresentato solo dal gotico, lingua di Visigoti e Ostrogoti. Le
altre lingue che si presuppone facessero parte del gruppo orientale non sono infatti sufficientemente note (
dei Burgundi, Vandali, Gepidi e altre tribù minori). Il gotico stesso si è poi estinto. La documentazione più
ampia e sicura è fornita dalla cosiddetta Bibbia di WUlfila. Si tratta in realtà della traduzione dei Vangeli
completata dal vescovo visigoto Wulfilia ( 331-381). Del VI secolo sono i documenti di Napoli e di Arezzo,
due atti di compra vendita in latino, che contengono sottoscrizioni in lingua gotica da parte di testimoni
goti. Questi documenti mostrano la continuità della tradizione di scrivere in lingua gotica anche durante gli
ultimi anni del regno ostrogoto d’Italia, e sono significativi perché rivelano una sostanziale fedeltà della
lingua scritta dalla traduzione wulfiliana nonostante i due secoli intercorsi dalla traduzione della Bibbia.

Documenti minori sono i nomi propri o parole gotiche sparse in testi latini contenuti in antologie. Non è
rimasto nulla della poesia epica gotica, che doveva esistere, e i cui temi si sono diffusi presso le altre tribù
germaniche, dalla Lombardia all’Islanda.

Con la fine del regno ostrogoto d’Italia (553) sembra estinguersi anche il gotico, che lascia tracce solo sotto
forma di prestiti nell’alto tedesco antico. Più recente è il gotico di Crimea.

2.6

Quello settentrionale o nordico è il ramo più omogeneo e unitario; quello dove le divisioni linguistiche
interne sono avvenute più tardi. Ciò è dovuto anche al fatto che i popoli scandinavi sono rimasti a lungo
nelle loro sedi storiche ( parte dello Jutland, isole danesi, Svezia e Norvegia); almeno fino all’età vichinga
che inizia nel IX secolo. E’ dalla Scandinavia che abbiamo la maggior quantità di iscrizioni runiche dal II
secolo d.C. La fase più antica del periodo runico è chiamata proto-nordico.

2.6.1

Il protonordico va dal II al IV secolo. Le iscrizioni runiche mostrano che in questa fase la lingua era
omogenea e sostanzialmente unitaria per tutta la Scandinavia; una lingua molto arcaica che mantiene
ancora piuttosto bene le vocali tematiche e le desinenze. Una famosa iscrizione runica è quella del corno
d’oro di Gallehus risalente al 400; oggi purtroppo scomparsa. Fra il VI e VII secolo il proto-nordico entra in
un periodo di mutamenti, i principali dei quali sono la sincope, quindi la metafonia ( umlaut tedesco),

2.6.2

Nel IX secolo inizia l’età vichinga, epoca in cui la lingua nordica viene esportata oltre i confini originali
21sull’onda dell’espansione vichinga oltremare. Si sviluppano delle innovazioni nel nordico, come la nascita
dell’articolo posposto al nome e la formazione dei verbi riflessivi. La lingua attraversa un periodo di
transizione che sfocerà poi dopo il Mille nel norreno, la lingua classica della letteratura nordica medievale.
In questo periodo di formano le prime discrepanze dialettali.

2.6.3

Il norreno è la lingua letteraria dell’Islanda e della Norvegia medievali, dall’XI al XIV secolo. E’ chiamato
anche Old Norse, antico nordico/islandese. Dopo l’adozione del Cristianesimo come religione ufficiale in
Islanda e in Norvegia nell’anno 1000 fu introdotto in questi paesi l’alfabeto latino e l’usanza di scrivere su
codici di pergamene. I primi manoscritti islandesi risalgono al 1118 con i testi giuridici. Segue poi il Primo
Trattato grammaticale islandese. La letteratura vera e propria inizia con la prima versione della saga di re
Olaf il Santo, e a questa seguono numerose saghe sulla vita dei re di Norvegia.

Nella prima metà del 200 un autore islandese, Snorri Sturluson, 11719/241, raccoglie materiali storici,
rielaborando le saghe dei re di Norvegia. L’opera più famosa di Snorri è l’Edda, un manuale per i poeti di
corte, gli scaldi, in cui viene spiegata la mitologia nordica pre-cristiana, oltre alla tecnica poetica, la metrica,
la ricchezza dei sinonimi del linguaggio poetico, le figure retoriche. Per noi è una delle principali fonti per la
conoscenza dell’antica religione pagana germanica. E’ composto da una trentina di poesia di argomento sia
mitologico che eroico, di varia epoca, le più antiche risalenti al X secolo.

2.6.4

Oggi l’ISLANDESE è la più conservativa delle lingue germaniche. Dal periodo che va dal 1350(peste nera) al
1540 (introduzione della Riforma protestante, con la prima traduzione della Bibbia in islandese moderno)
non comporta di fatto forti mutamenti linguistici, che caso mai si verificano solo nella pronuncia. L’islandese
conserva anche la desinenza -ur del nominativo maschile singolare dei temi forti. L’isolamento geografico
ha impedito che il lessico accogliesse troppi prestiti da altre lingue. La grafia è rimasta quella antica coi
segni Ip e /thx/ per le spiranti interdentali, e l’accento acuto, è tuttora usato per indicare la vocale lunga.

Le Faer O/er, isole situate tra Norvegia e Islanda sono le uniche a conservare la parlata scandinava, fra tutte
le isole occidentali una volta occupate dalle invasioni dei Vichinghi : nelle Shetland, Orcadi, Ebridi ha
prevalso dovunque l’inglese. La varietà di nordico parlato nelle Faeo Oer è detto feroese. Siccome le isole
appartengono da secoli alla Danimarca, il Danese vi è ben conosciuto come seconda lingua; ma ormai dal
1948 il FEROESE è lingua ufficiale.

Il NORVEGESE dal tardo XIV secolo attraversa una serie di semplificazioni girammaticali che non si
verificano invece in Islanda e Faer Oer. La Norvegia viene unificata al regno di Danimarca nel 1389 e resterà
sotto il regno danese fino al 1814. Il Danese dei documenti governativi si impone come modello di lingua
ufficiale, e il norvegese perde la tradizione scritta sopravvivendo solo a livello orale, diviso in vari dialetti
locali. Il Danese di Norvegia non si discosta molto dal danese, viene di fatto pronunciato alla norvegese. Ma
nel secolo scorso c’è stata una reazione purista e nel 1848 venne elaborato una grammatica e poi un
dizionario del Neonorvegese, in quanto genuino discendente dal norvegese antico. Attualmente ambedue
le lingue sono ufficiali, ma solo un sesto dei bambini norvegesi studia il nynorsk.

Il DANESE dal 1300 circa cominciò a differenziarsi dallo svedese, raggiungendo uno stadio in cui le forme
grammaticali sono meno conservative, e sviluppando carattestiche fonetiche proprie. Nel 1550 la Bibbia fu
tradotta in danese moderno dopo l’introduzione della Riforma protestante. Il danese è parlato oggi in
Danimarca e da alcuni residenti in Groenlandia.

A parte una grande quantità di iscrizioni runiche, che perdurano in Svezia addirittura fino al XV secolo, lo
SVEDESE antico non ha documenti scritti fino al 1250, quando vengono raccolte per la prima volta le leggi
della regione dei Geati Occidentali. Lo svedese moderno si sviluppa nel Cinquecento con la traduzione della
Bibbia e la Riforma protestante. Lo svedese è parlato anche in parti della Finlandia e in Svezia si parla anche
il lappone. Eccettuato l’islandese, lo svedese è la più conservativa dal punto di vista morfologico; ha però
accolto molti prestiti basso-tedeschi e francesi. Lo svedese presenta oggi caratteristiche di mutua
comprensibilità col norvegese.

Le lingue scandinave moderne di terraferma sono sostanzialmente tutte reciprocamente comprensibili,


mentre l’islandese e il ferone necessitano una traduzione. Il Finlandese invece non è neanche indoeuropeo;
ma in tutta la Scandinavia tutti studiano anche l’inglese già da piccoli.

2.7.

2.7.1

L’anglosassone è la lingua germanica sviluppatasi in Inghilterra, parlato da Angli Sassoni e Iuti.


L’anglosassone, o inglese antico, inizia dunque nel V secolo con le prime ondate migratorie e termina in
grosso modo alla fine del XI secolo, dopo la conquista dell’Inghilterra da parte di Guglielmo il Conquistatore
che mise fine al regno anglosassone nel 1066. Le prime attestazioni sono brevi iscrizioni runiche del VIII
secolo. Il territorio inglese appare subito diviso in dialetti regionali.

L’anglosasone presenta varie particolarità. Una è la palatalizzazione delle consonanti germaniche /k,g/; che
avviene col contatto con vocali palatali :

germanico occidentale *regen > anglosassone regn /rejn/ pioggia.

In presenza della geminazione germanica occidentale davanti a */j/:

germanico */g/> anglosassone /g con freccetta sopra/; ad es. germanico occidentale *bruggjo-(confronta
antico sassone bruggia)> anglosassone brycg ‘ponte’ > inglese bridge

C’è anche la palatalizzazione di */sk/ in posizione iniziale, davanti a qualunque vocale in nesso germanico
*/sk/> anglosassone /s con freccetta/; ad esempio germanico *skal (confronta antico sassone norreno
skall)> anglosassone schall ‘devo> inglese shall.

Inoltre i dittonghi germanici */ai, eu, au/ hanno spesso questi esiti in anglosassone:

germanico */ai/> anglosassone /a:/; ad es. germ. */haim-/ > ags. ha(lunga)m ‘casa’> inglese home

*/eu/> /eo/ ; ad es. germ. */leud-/(ted. Leute) > ags. leod popolo

*/au/> /aea/ scritto ea; ad es germ */baum-/> ags beam ‘tronco’> inglese beam.

Le prime forme letterarie prendono corpo in dialetto northumbro con l’Inno di Caedmon del VII secolo: una
poesia religiosa sulla creazione del mondo. La letteratura poetica anglosassone è molto ampia, comprende
poesie cristiane di argomento religioso, indovinelli, incantesimi, massime, poesie che celebrano battaglie
storie tra Anglosassoni e Vichinghi, poemi eroici di argomento leggendario come Beowulf. L’eroe Beowulf,
re dei Geati, lotta prima contro il mostro Grendel e poi contro un drago.

La prosa non inizia prima del IX secolo, con traduzioni dal latino re Alfredo del Wessex fece tradurre in
anglosassone varie opere. Fa poi iniziare in anglosassone La Cronaca Anglosassone, una serie di annali che
verranno poi continuati per circa due secoli; è la prima storiografia non latina dell’Occidente Europeo.
L’alglosassone è la prima lingua europea a raggiungere una forma letteraria soprareggionale.

-L’INGLESE MEDIO
L’unitarietà della lingua scritta, precocemente raggiunta già nel periodo anglosassone, si perde dal XII al XV
secolo, epoca dell’inglese medio. Dop la conquista normanna tutta l’aristocrazia è di lingua francese.
L’inglese sopravvive come lingua del popolo, inizialmente quasi solo a livello orale. Di fatto l’inglese medio è
un insieme di parlate diverse, che si evolvono rapidamente sia sul piano fonetico che morfologico e
sintattico. Una rapida riduzione delle flessioni porta all’abolizione della declinazione dell’articolo ( che già
nel XII secolo ha raggiunto la forma invariabile di the) e a una drastica riduzione di quella degli aggettivi.
Degli antichi plurali a metafonia ne sopravvivono solo alcuni, come teeth, feet, men. L’inglese raggiunge
così alla fine della fase media il suo assetto grammaticale attuale : perdita del genere grammaticale,
flessione ridottissima e l’ordine delle parole nella frase si fa sempre più rigido. Accoglie molti prestiti
scandinavi. E la letteratura inglese media è ampia, dal 1350 la lingua scritta comincerà a modellarsi sulla
lingua chauceriana e sul londinese della cancelleria reale, tendendo verso un nuovo standard nazionale più
uniforme. L’introduzione della stampa diffonderà quest’inglese in tutto il paese

-INGLESE MODERNO

Dal 1500 circa la lingua entra nella fase moderna. In quest’epoca si ha il Great Vowel Shift : lo spostamento
a catena delle vocali lunghe, che possono addirittura dittongarsi : mentre le vocali brevi restano
sostanzialmente inalterate, con solo qualche piccolo aggiustamento.

Tabella p 99

Di conseguenza risulta in inglese una forte discrepanza tra grafie e pronunce, la scrittura è rimasta infatti
quella storica, sostanzialmente ancorata alla situazione medievale, mente la pronuncia ha subito forti
mutamenti.

L’inglese nel Rinascimento allarga il suo impiego fino a conquistare il campo della prosa scientifica e
filosofica, fino allora tradizionalmente riservato al latino. Il lessico si amplia enormemente, arricchendosi
anche di numerosi doppioni (freedom liberty, aid help) . Si diffonde l’uso del pronome you ‘voi’ anche per la
seconda persona singolare mentre scompare l’antico singolare ‘thou’. In questi secoli l’inglese si estende
dalla Cornovaglia (dove si estingue il precedente dialetto celtico) alle isole Shetland (dove si estingue la
parlata scandinava) a tutta l’Irlanda. SI diffonde poi anche in Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa e India. In
ciascuno di questi paesi la lingua prende caratteristiche fonetiche proprie, pur mantenendosi
sostanzialmente fedele al modello della madrepatria. All’inizio del Novecento l’inglese è diffuso in tutto
l’impero britannico, almeno come seconda lingua, E’ in questa situazione che troviamo le premesse per far
assurgere oggi l’inglese a lingua franca internazionale.

2.7.2.

Il Frisone ha forti affinità con l’anglosassone e col Nordico. Secondo alcuni studiosi i tratti linguistici che
avvicinano il frisone al nordico sono da attribuire sia alla vicinanza tra Frisoni e Danesi nello Jutland, sia a
contatti commerciali successivi tra Frisoni e Svedesi. Secondo una tradizione recepita dalla poesia
anglosassone il leggendario re dei Frisoni era Finn che fu assalito secondo la saga da una spedizione di
Danesi.

Col tempo il territorio frisone si ridusse e rimase solo la provincia di Frisia in Olanda e nelle isole Frisoni. Il
plurale dei sostantivi maschili non è in S come nell’anglosassone ma in -r come nel nordico. I primi testi in
frisone sono giuridici e contengono il diritto regionale e risalgono alla seconda metà del XIII secolo. Dal XVI
secolo il frisone ha cominciato ad estinguersi e fu sostituito dal basso tedesco. Sopravvive sono nella
provincia olandese di Frisia e nelle isole Frisoni.
2.7.3

Il basso-tedesco antico è comunemente detto antico sassone perché la sua documentazione è quasi
esclusivamente sassone. I Sassoni, o antichi Sassoni (chiamati così per distinguerli da quelli migrati in
Inghilterra) furono sottomessi ai Franchi e costretti da questi a convertirsi al Cristianesimo, e la letteratura
sassone a noi nota è proprio di argomento religioso. La lingua rappresenta un germanico occidentale quasi
allo stato puro, in quanto partecipa in modo non estremo alle caratteristiche ingevoni e non presenta le
alterazioni fonetiche che la II LV ha portato all’alto tedesco antico. I testi più estesi che abbiamo sono i due
poemi Heliand e Genesi. La genesi tratta l’argomento biblico della creazione.

2.7.4

Dopo il mille in Sassone ( e in basso tedesco antico) non si trova nessuna documentazione scritta fino al XIII
secolo. Il btm basso tedesco moderno discende dall’antico sassone ed occupa più o meno la stessa regione.
Esercita una certa influenza come lingua del commercio anche nei paesi scandinavi, dove soprattutto il
danese e lo svedese accolgono svariati prestiti dal basso tedesco. In epoca moderna il basso tedesco in
Germania si trova però ridotto a dialetto, mentre lo standard nazionale si costituisce su basi alto-tedesche.

Il basso francone invece da luogo all’olandese medio dalla fine del XII secolo. Con l’indipendenza delle
province olandesi, l’olandese diviene lingua nazionale dei Paesi Bassi e sfocia nell’attuale olandese. Le
differenze con i vicini dialetti basso tedesco di tipo sassone sono leggere e graduali. La letteratura in
olandese medio è ricca, ma è soprattutto dialettale, non si raggiunge infatti ancora uno standard scritto
unitario.

- Nederlandese e afrikaans

Dal 1550 l’olandese entra nella sua fase moderna. Si preferisce parlare di nederlandese in quanto la
medesima lingua si parla anche il parte di quello che oggi è il Belgio; comunemente il nederlandese
delle province settentrionali del Belgio è noto anche come fiammingo, mentre con olandese s’intende il
nederlandese del regno d’Olanda. In Belgio, regno costituito solo nel 1830, il dialetto locale (fiammingo)
è ancora ben vivo, anche se la lingua standard ufficiale è il nederlandese.

Con l’espansione coloniale il nederlandese si era diffuso anche in Indonesia ( dove oggi però è
abbandonato) e in Sud Africa. Qui ha dato vita all’afrinkaans, una delle lingue ufficiali dell’unione
sudafricana. Si diffuse anche fra i nativi come lingua franca e di scambio fra i lavoratori negri e i coloni
europei. Dalla fine del secolo scorso iniziano le pubblicazioni in afrikaans, ed anche la Bibbia fu tradotta
dal nederlandese in questa lingua.

Rispetto al nederlandese l’afrikaans presenta l’invariabilità dell’aggettivo e dell’articolo, ha forme


verbali ridotte in cui son perdute le desinenze di persona, e il preterito dei verbi è abbandonato,
sostituito da tempi composti. Dal 1926 l’afrikaans è lingua ufficiale del Sud Africa insieme all’inglese. Dai
primi dell’800 erano giunti moltissimi colonizzatori inglesi, e le due lingue entrarono in forte
concorrenza.

2.8

Nell’area meridionale del germanico occidentale ha agito il fenomeno della II LV che ha toccato più o meno
intensamente i dialetti alto-tedeschi, e poi anche la lingua dei Longobardi. Verso il Nord si può tracciare un
confine oltre il quale la II LV non ha agito. E’ la cosiddetta linea di Benrath che divide l’area basso tedesca a
nord dall’area alto tedesca a Sud.

2.8.1
Con il termine alto tedesco antico si comprendono tutti i dialetti tedeschi della Germania centro
meridionale dal VIII secolo, area delle prime attestazioni, fino al 1050. ( Alemanno, bavarese, francone e
turingio – che però non ha nessuna documentazione). Queste aree dialettali sono tutte interessate dalla II
LV ma non in modo omogeneo. In particolare le occlusive sonore germaniche */b, g,d/ hanno esiti
dialettiali variati.

Nel periodo antico è la zona centro meridionale della Germania quella più vivace culturalmente, rispetto
all’area basso tedesca che fu cristianizzata più tardi. I numerosi centri monastici dell’area alto tedesca
producono libri in latino e in tedesco, fungono da centrali della cultura altomedievale come nel nord ancora
non si faceva. Anche a questa differenza iniziale è dovuto in maggior peso culturale dell’alto tedesco che
non a casa darà poi via al tedesco lettelrlario.

La politica religiosa e culturale dei Franchi e dei Carolingi era fortemente repressiva di tutto ciò che non
fosse funzionale alla propaganda cristiana; e il latino puntigliosamente venne coltivato. Anche questo ebbe
ripercussioni sulla nascita della letteratura tedesca. Il termine stesso diotisc (deutsch) non si riferiva a
nessun dialetto preciso, ma alla lingua volgare e popolare in quanto contrapposta al latino. La poesia
inizialmente è scarsa, la prima che sia attestata è la cosiddetta Preghiera di Wessobrunn, in bavarese, dei
primi del IX secolo.

- Alto tedesco Medio

Dopo un periodo di transizione (1050-1150) si apre la fase dell’alto tedesco medio che giunge alla fine del
XV secolo. Si forma una lingua poetica sopraregionale che sfocia poi nel Cinquecento nel tedesco moderno.
La letteratura alta tedesca media è assai ampia. C’è la fioritura del romanzo cortese, che attinge ai temi del
ciclo arturiano. Tra i maggiori poeti c’è Hartmann von Aue autore di Erec e Gregorius.

- Tedesco moderno

La Riforma protestante contribuì alla diffusione dell’alto tedesco anche nelle zone settentrionali. Lutero
aveva tradotto nel Cinquecento il Vangelo e la Bibbia in tedesco centro orientale e la sua traduzione fu il
libro più diffuso e letto in tutta la Germania protestante. In questo modo il tedesco centrale costituì la base
di una lingua nazionale. Nel 1663 esce la prima grammatica diii tedesco che consolida l’uso della lingua
standard. Oggi il tedesco si parla in Germania, Austria, Svizzera, Alto Adige, Lussemburgo.

- Iddisch

E’ la lingua degli Ebrei dell’Europa orientale. Deriva dall’alto tedesco medio parlato in quelle città tedesche
dove nel Medioevo era più consistente la presenza ebraica; si era differenziato come particolare dialetto
della comunità israelita a causa dell’isolamento nei getti e lo si può individuare dal XIII secolo. Con
l’espansione verso oriente gli Ebrei portarono la loro parlata, basata soprattutto su una mescolanza di
dialetti della Germania, fino alle città polacche, lituane, russe, ucraine. Lo jiddisch ha raggiunto uno
standard scritto in cui si è espressa una buona letteratura. Si scrive con le lettere dell’alfabeto ebraico ma
esiste anche una traslitterazione in caratteri latini. Lo jiddisch è stato esportato anche in America,
soprattutto negli Stati Uniti. Con la seconda guerra mondiale è stato virtualmente cancellato dall’Europa
orientale: in Polonia ad esempio ancora nel 1939 c’erano due milioni di parlanti, ma dopo la guerra non ne
è rimasto nessuno. Lo jiddisch sopravvive ancora , parlato da circa 4 milioni di persone.

2.8.2

Anche i Longobardi erano migrati verso Sud per poi spostarsi nell’attuale Ungheria; e nel 568 dierono vita al
regno longobardo in Italia. Della loro lingua si sa pochissimo, le attestazioni sono tutte del periodo italiano
contenute in testi latini come l’Editto di Rotari. Si tratta unicamente di singole parole sparse e citate nei
testi latini. Si sa solo qualcosa del lessico e della fonetica. Le parole longobarde sono spesso latinizzate nella
forma grammaticale, nella fonetica e nella grafia. Ci sono numerosi prestiti longobardi nell’italiano. La
presenza della II LV può aiutare a individuare i longobardismi. Il longobardo si è esinto nel VIII secolo,
assorbito dal latino, o meglio dalla nascente figura della lingua romanda che diventerà italiano.

CHAPTER 3

3.1 Religione

Le nostre conoscenze della mitologia germanica pre-cristiana sono soprattutto relative al mondo
nordico, cioè ai germani settentrionali, gli altri infatti si erano convertiti per tempo al Cristianesimo, e
hanno quindi lasciato trasparire ben poche tracce dell’antico paganesimo. Qualche notizia precedente
all’età delle migrazioni ce la dà TACITO nella sua ‘Germania’. Lo storico latino parla di divinità già
compiutamente ANTROPOMORFE, che vengono equiparate, sulla base della loro funzione e delle loro
PREROGATIVE, alle note divinità romane.

Secondo SNORRI la divinità maggiore è Odino, il ‘padre di tutti’, dio inquietante, che ha ceduto un
occhio in cambio della sapienza, della conoscenza della magia, della preveggenza; anche dio della
poesia. Il dio guida le anime dei morti.

Nonostante che i poeti diano la preminenza a Odino, di fatto il più venerato dalla popolazione
scandinava era Thor, protettore degli uomini e degli dei, Dio del tuono e del fulmine, attraversa le nubi
su un carro tirato da capri.

Gli dei della mitologia nordica avevano stabilito la loro posizione sovrana dopo un patto di pace con i
Vani, altro gruppo di divinità del pantheon germanico. Il patto con i Vani portò la pace e l’ordine.

Tra i Vani spiccano le dee Frigg, che diviene sposa di Odino, il dio del mare Njòrdr e Freyr dio della
fertilità. I Vani sono divinità della natura delle forze terrestri, dell’abbondanza, della fecondità e
dell’amore. Si spartiscono con gli ASI le funzioni principali del potere cosmico : sovranità Odino, forza
Thor e fecondità Freyr.

Le connessioni che la religione ha col mare si colgono anche osservando le pratiche di sepoltura : il
morto veniva abbandonato su una nave alla deriva, come descritto nel poema Beowulf, oppure sepolto
sotto un tumulo con la nave e tutto. E’ grazie a queste pratiche di interramento che si sono conservate
le navi vichinghe. Questo avveniva solo per i grandi personaggi delle famiglie reali; comunemente in
Scandinavia si ricreava solo l’immagine della nave, disponendo sopra la tomba una serie di pietre a
forma di scafo.

Ma, secondo la mitologia eddica, dai tempi del caos primordiale e della vittoria sui giganti, gli dei si
sono man mano corrotti e devono sottostare anch’essi al destino incombente : li attende fatale il
Ragnakokkr, il crepuscolo degli dei.

Il culto e il riturale deve essere stato abbastanza diverso da popolo a popolo. Assai diffuso è il culto
dell’albero sacro, che probabilmente rappresenta l’albero del mondo ricordato nell’Edda; vi erano
quindi boschi sacri, e alberi a cui si appendevano offerte e vittime. Il rituale probabilmente
comprendeva la libagione collettiva, e pasti sacrificali che poi in epoca cristiana vengono vietati dalla
Chiesa. La preveggenza era esercitata soprattutto dalle donne; si credeva a una quantità di segni
premonitori, di superstizioni, alla fortuna, alla magia delle rune; si festeggiavano i giorni del solstizio
estivo e invernale.

Molte di queste forme sopravvivono, deformate, nel folklore. Il culto dell’albero sembra riemergere,
tramutato, nell’usanza tedesca dell’albero di Natale.
3.2 RUNE

I Germani prima di adottare l’alfabeto latino conoscevano un’altra forma di scrittura, anch’essa di tipo
alfabetico ( ad ogni segno quindi corrispondeva un suono ) usata fin dal II secolo d.C. Le rune avevano
però un impiego solamente epigrafico, venivano incise su oggetti, su pietra e usate per comporre brevi
iscrizioni. Diverse iscrizioni runiche restano sparse in quasi tutte le regioni d’Europa dove sono passati i
popoli germanici; ma soprattutto sono numerose in Scandinavia, dove non solo si trovano le più antiche
iscrizioni in caratteri runici, ma l’uso stesso delle rune si è protratto più a lungo.

L’origine dell’alfabeto runico pare sia da ricercare negli alfabeti nord-italici, primo fra tutti l’alfabeto
venetico, in uso per la lingua venetica prima che si diffondesse anche nell’Italia settentrionale la
scrittura latine. Alcune tribù germaniche in contatto con la regione alpina possono aver conosciuto,
adattato e trasmesso verso nord agli altri Germani l’uso di questi caratteri alfabetici, che presso di loro
sono stati modificati e trasformati nei segni runici che conosciamo.

L’alfabeto runico comprendeva 24 segni, disposti in un ordine fisso, che troviamo più volte attestato in
diverse iscrizioni. Dato che l’ordine iniziava con le rune per f, u, |p, a, r , k in successione, questo viene
chiamato fu|pak ( come il nome del nostro viene dalla successione alfa, beta). Le rune erano suddivise
in tre gruppi di otto : f u |P a k g w - h n i j i(umlaut) p R s - t b e m l n (/gn/) o d

Ogni runa ha un nome secondo il criterio acrofonico : il nome inizia col suono che la runa stessa vuole
indicare; perciò la runa per t si chiama in norreno Ty’r ( il dio), quella s sòl ‘sole’ e così via. Fanno
eccezione solo quella per r e n velare (ng) perché questi suoni non si trovano mai ad inizio di parola;
quindi R ha un nome norreno yr ‘tasso’ e ng Yngvi (anglosassone Ing) nome di una divinità vanica. Tra i
nomi delle rune troviamo alcuni nomi di divinità, molti nomi di piante, animali e elementi della natura.

Dai nomi stessi si può cogliere l’antichità delle rune, che del resto il poema eddico Hàvamàl
presuppone già come pre-esistenti allo stesso Odino. Si riferiscono a divinità molto antiche, non agli dei
che furono poi i principali del tardo paganesimo come Odino o Thor; inoltre i riferimenti a piante e
animali fanno pensare a una religiosità primitiva, a una concezione magica della natura.

‘Runa’ in sé significava ‘segreto, mistero, sussurro ‘ , forse ‘comunicazione cifrata’ da usare in un


contesto rituale. Le rune hanno una notevole evoluzione attraverso il tempo e lo spazio. Dal primitivo
centro di irradiazione scandinavo, l’alfabeto runico a 24 segni si è diffuso anche il altre regioni : in Frisia,
Germania e Inghilterra. E ci sono rune anche in Europa orientale, di dove probabilmente sono passate
alcune tribù germaniche.

Presso i Frisoni e in Inghilterra l’antico fupak a 24 segni si è arricchito di ulteriori caratteri, necessari
dopo l’evoluzione fonetica di germanico /a/ che in anglo-frisone si palatizza. Si dovettero allora creare
altre rune per a ed o. Fu necessario anche un nuovo segno per anglosassone /y/, anch’esso prodotto
dalla metafonia. (p.137)

In Scandinavia il sistema di scrittura runico ha avuto una notevole evoluzione, riducendosi nel corso
dell’VIII secolo a soli 16 segni; questo fupark recente è una semplificazione che però comporta qualche
ambiguità fonetica; alcune rune vanno infatti a valere per più suoni; in particolare non si fa più
differenza fra consonanti sorde e sonore. Il nuovo fupark continua ad essere in uso per molto tempo, e
in certe regioni svedesi troviamo rune fino al XVI secolo, ormai in un contesto del tutto cristiano.

Il paese con più iscrizioni runiche in assoluto è la Svezia, poi la Danimarca e la Norvegia. Comunque
dappertutto, prima o poi, l’uso delle rune scomparve più o meno gradualmente dopo l’introduzione
dell’alfabeto latino e della ‘cultura del libro’ che le rendeva superflue.

3.3 GLI ALFABETI


Quando fu il momento di passare da una scrittura epigrafica a una scrittura adatta e funzionale alla
pagina scritta i Germani tralasciarono le rune e si volsero all’esempio delle lingue scritte per eccellenza
del mondo tardo-antico degli alfabeti greco e latino. In genere l’adozione della cultura scritta e degli
alfabeti ha coinciso con l’accettazione della nuova religione cristiana, con tutto ciò che questa
comportava di tradizioni scritte, e di valore dato alla fissazione dei testi. Laddove i Germani si inserirono
nella tradizione latina, scrivendo anche le loro leggi e i loro documenti in latino, come avevano fatto ad
esempio i Franchi in Francia e i Longobardi in Italia, l’adozione dell’alfabeto latino usato sul luogo fu
automatica.

I primi a dover stendere un lungo testo nella propria lungua furono i Goti. Wulfila nel IV secolo per
scrivere la sua traduzione del Vangelo dal greco in gotico ideò un alfabeto esclusivamente gotico,
adattato ai suoni della lingua.

In Inghilterra gli Anglosassoni adottarono l’alfabeto latino nella grafia in uso ai tempi in cui giunse loro il
Cristianesimo (VI secolo). Lo stesso sistema grafico venne introdotto in Islanda e Scandinavia tramite i
missionari anglosassoni. Dai primi manoscritti norreni (XII secolo) entra in uso nei paesi di lingua
nordica un alfabeto latino ricalcato su quello insulare, però leggermente adattato alle esigenze della
fonetica norrena.

Sul continente invece dalla fine del VIII secolo l’alfabeto latino si realizza in un nuovo stile di calligrafia
detta ‘carolina’, perché diffusa dagli eruditi e dagli scribi che facevano capo alla scuola palatina fondata
da Carlo Magno. Questa grafia riformata, chiara e funzionale, si diffuse gradualmente in tutta l’Europa
occidentale, e rimane alla base della nostra scrittura.

La paleografia è la scienza che studia le scritture antiche e medievali, ed è un ausilio indispensabile per i
filologi in quanto permette di datare in base alla grafia i manoscritti e i codici, e di individuarne la
regione di provenienza o addirittura lo scriptorium dove son stati prodotti. Mentre la scrittura runica
era praticata da maestri incisori che lavoravano più che altro per gli ambienti aristocratici, magari su
materiali lussuosi, la stesura di testi su pergamena in alfabeto latino era nell’Alto Medioevo limitata agli
ambienti ecclesiastici, insegnata e praticata nelle officine scrittorie dei monasteri, dove lavoravano
copisti e scrivani di formazione religiosa. I laici in quei secoli erano analfabeti, con solo qualche
eccezione ai vertici sociali.

3.4 La nascita delle letterature e l’antica poesia germanica

3.4.1 Gli inizi

Il momento cruciale dev’esser stato quando sono state messe per la prima volta su pagina lingue che
non avevano avuto fino allora una tradizione di scrittura ( eccettuate le rune ) . Questo momento
iniziale di solito vede per le lingue germaniche la stesura di norme giuridiche del diritto germanico,
oppure il compimento di traduzioni necessarie alla divulgazione della fede cristiana ( così per il gotico o
il tedesco) o la compilazione di glossari o traduzioni di vite dei santi. Gli inizi sono quindi collegati
all’introduzione del Cristianesimo e dell’alfabeto nei paesi di lingua germanica, e la nascita delle
letterature scritte è fortemente influenzata dal modo in cui la nuova fede si impose e si diffuse.

3.4.2 La poesia

Ben presto la scrittura appare come mezzo utile anche a fissare la letteratura nativa fino allora
tramandata oralmente, con le tradizioni autoctone che questa esprimeva.

3.4.3 Generi

La poesia germanica antica è suddivisibile in vari generi. Uno è quello della poesia didascalica, che
tramandava in versi memorizzabili proverbi e sentenze; enigmi, indovinelli, formule di incantesimo. – La
poesia d’encomio era volta invece a celebrare in brevi composizioni d’occasione le imprese di re e alti
personaggi. – La più famosa, la poesia eroico-epica elabora in uno stile particolare, nato dalla
recitazione orale, una serie di temi tradizionali riguardanti le imprese leggendarie di eroi come Beowulf,
Sigfrido, Idelbrando che son trasformati però dalla leggenda e già divenuti figure letterarie.

3.4.4 Tecnica, stile, temi

La poesia anglosassone e quella norrena in particolare sono ricche di speciali metafore dette kennigar.
La kenning era una circonlocuzione figurata per cui ad es. ‘destriero delle onde’ significava nave e ‘
sentiero delle balene’ mare; ‘torrente delle spade’ battaglia. Nella poesia scaldica la quantità di
kenningar è sovrabbondante, tanto che alcune strofe risultano degli indovinelli di difficile risoluzione.

Gli eroi cantati dai poeti sono le figure che appartengono all’età delle invasioni (IV-V secolo) e che
emergono da quei secoli trasfigurati dalla leggenda e dalla celebrazione. Quella che nella realtà storica
era stata l’epoca delle migrazioni dei popoli germanica, diventa nella letteratura l’età eroica per
eccellenza.

3.4.5 Fortuna dell’epica

Queste composizioni erano recitate a voce alta davanti a un pubblico di signori e guerrieri raccolti nella
sala del banchetto, erano apprezzate dalle classi aristocratiche che proteggevano i poeti, e ad esse
erano destinate. I monaci di monasteri inglesi e tedeschi apprezzavano questi cantari tradizionali,
nonostante non avessero nulla a che vedere coi loro doveri religiosi. Infatti è grazie a loro che sono stati
messi per iscritto i poemi eroico-epici che altrimenti sarebbero andati perduti.

Lo stile eroico-epico fu impiegato anche per la divulgazione letteraria del messaggio cristiano.

Nell’insieme, anche lasciando da parte la poesia d’ispirazione cristiana che troviamo presso i Germani
occidentali, non si creda che il genere epico rappresenti sempre e comunque la cultura germanica allo
stato puro, primitiva e genuina. Per l’epoca stessa in cui questa poesia è stata affidata ai manoscritti,
nella sua fase finale essa è comunque frutto di una cultura già parzialmente intrinseca di latinità e
Cristianesimo. Un poema come Beowulf si rivolge a un pubblico ormai cristiano.

3.5 Contatti tra Germani e latini : i prestiti

Se il latino aveva dato e continuerà a dare molti prestiti alle lingue germaniche, ed anche ad
influenzarle nel corso della loro evoluzione ( per esempio incidendo su alcuni aspetti della sintassi) , lo
scambio linguistico avviene anche in senso inverso, in quanto anche le lingue neolatine accolgono a lro
volta parecchi prestiti da quelle germaniche. I vari popoli germanici che si sono succeduti in Italia hanno
lasciato la loro traccia linguistica nell’Italiano per esempio. Alcuni erano antichi prestiti già entrati nel
latino d’età imperiale quindi passati in italiano; sono pochi casi, come sapone e vanga.

In ogni caso, le lingue di tutti questi popoli non si sono conservate autonomamente in terra neolatina,
ma tutte sono state assorbite dalla lingua del luogo; questo non solo per il maggior prestigio del latino,
ma anche per l’ESIGUITA’ numerica dei nuovi venuti rispetto alle popolazioni locali.

Questi prestiti entrano per vari motivi: o con oggetti e tecniche particolari, o vanno a sostituire un
termine latino che era ormai logorato c( come forse latino. Albus ‘bianco’; non conservato ne in italiano
né in francese; o per la loro particolare espressività ( ad es. trincare, grinta, tonfo, tuffare). Altri
germanismi si conservano solo a livello dialettale, soprattutto nei dialetti italiani settentrionali.

Non c’è stata nessun influenza da parte del germanico sulla fonetica italiana. Al contrario sono i
germanismi ad essere fortemente romanizzati e integrati nella fonetica e morfologia dell’italiano.
A volte sono fattori esterni alla lingua, storici culturali e cronologici, che possono aiutare ad attribuire
una data forma a questa o quella lingua germanica. Per es. il nome Carlo è sicuramente venuto di moda
in Italia con Carlo Magno e infatti non è documentato prima del 774, quindi è da attribuire al francone.

1.6 La filologia e gli ambiti culturali con cui s’interseca

La comprensione di un testo, e il suo reale valore e significato sono meglio afferrabili se riusciamo ad
immergerlo al centro di tutte le questioni che lo riguardano, a inquadrarlo il meglio possibile nella
cultura del suo tempo.

E’ chiaro che in questo campo è fondamentale la conoscenza strettamente linguistica, grammaticale,


lessicale. Ma entrano in gioco anche la conoscenza dell’argomento, la capacità di comprendere
eventuali allusioni alla società, alle norme giuridiche, insomma alla civiltà altomedievale germanica, che
possono molto contribuire a una corretta interpretazione del testo.

Ma una volta che paleografici, filologi, editori e linguisti hanno stabilito, datato e interpretato il testo
( anche se non in via del tutto definitiva) restano altri problemi non meno grandi. Infatti il carme
presenta una fonetica del tutto anomala rispetto alle altre attestazioni scritte dell’(ata) alto tedesco
antico.(p.153)+++++

Ogni poema ha almeno due datazioni, quella del contenuto ( per es. l’episodio d’Ildebrando è
ambientato al tempo della conquista ostrogota dell’Italia, fine V secolo), e quella della sua
composizione. Una terza è la datazione della copia scritta che è arrivata a noi ( in questo caso il IX
secolo).

MARCO BATTAGLIA

In Scandinavia, il Cristianesimo si manifestò ufficialmente solo a partire dal X secolo. L’amministrazione


del culto e la politica missionaria restarono a lungo un fattore subordinato al clero straniero,
primariamente anglosassone e tedesco. Tempi ugualmente prolungati richiese l’istituzione di centri
dottrinati e scolastici.

Oggi si studiano le forme intermedie di transizione da oralità a scritturalità insieme alle modalità
attraverso le quali la nuova tecnologia modificò la struttura, il modo di pensare e di relazionarsi con
l’esterno di alcune comunità.

L’abbinamento di scrittura volgare (probabilmente insegnato a fianco del latino nelle scuole cristiane)
ha spesso ricevuto un’interpretazione unilaterale tesa a privilegiare i prodotti della tradizione ritenuti
degni di maggiore attenzione ( come la poesia eddica e scaldica, il genere della saga, etc). La pur lenta
affermazione di una cultura letterata rappresentò un fenomeno attraverso il quale i vettori materiali
della propaganda religiosa e politica ( cioè testi manoscritti) legittimavano al contempo la stessa classe
dei chierici implicata neli meccanismi della cultura chirografica.
+?

Lungi dal rappresentare un semplice fattore di costume, l’attività di traduzione di testi stranieri,
probabilmente raccolti in un repertorio preordinato non registrava la semplice acquisizione
complementare di conoscenze, ma agiva da volano di acculturazione e di ‘colonizzazione culturale’.
Essa rispondeva in modo concreto a esigenze liturgiche e dottrinarie e a un efficace progetto didattico e
politico della Chiesa norvegese nelle relazioni con la corona.

Se la tradizione letteraria danese e svedese ebbe un avvio più tardo e travagliato , ciò è probabilmente
dovuto al territorio nel quale, accanto a un preponderante successo del latino come lingua scritta, si
registra una decisa persistenza della cultura orale e runica, la cui fluidità da conto della redazione di
numerosi documenti epigrafici in caratteri runici ( sia in volgare che in latino) dei secoli XI XII contenenti
invocazioni, preghiere o iscrizioni funerarie di tono cristiano.

Inspiegabile è l’egemonia della produzione letteraria nella colonia islandese che , a quanto risulta dalla
documentazione manoscritta, fino al XIV secolo si distingue viceversa dal deficit scritturale nella
madrepatria norvegese. Le corti danesi, norvegesi e svedesi rappresentano i veri centri d’interesse
economico, politico , religioso e culturale del Nord Europa, verso i quali si rivolse la produzione
culturale islandese in cerca di sponsor adeguati. In queste sedi lontane, il successo decretato agli
artigiani della parola islandesi (gli scaldi) fu determinato dall’abilità di coniugare la materia della
tradizione scandinava con le tendenze, i gusti e le modalità di erogazione e fruizione della cultura scritta
provenienti dal Continente. La nuova letteratura norrena iniziò a manifestare con sempre maggior
successo la propensione per una forma prosastica di taglio storiografico ( le saghe) , influenzata dalla
tradizione agiografica europea abbinata a tendenze cortesi continentali fiorite in Norvegia e sulle isole
Orcadi e spesso imperniate su figure o luoghi di queste regioni. Questa nuova gamma testuale si
affermò rapidamente e fu sorprendentemente dominata dai poeti di corte di origine islandese. I
contatti tra isola e madrepatria non s’interruppero mai, soprattutto dal 1153 quando l’organizzazione e
il coordinamento delle due realtà ecclesiastiche furono ufficialmente attribuite alla sede metropolitana
norvegese di Trondheim. Il continuo spostamento di uomini e testi tra le due sponde del Mare del
Nord. Ciò spiega la consuetudine di trattare la letteratura norrena sotto una voce unica come frutto di
un Commonwealth culturale indiviso, ancorché si tenda ad assegnare generalmente agli Islandesi un
peculiare primato in ambito storiografico e ai Norvegesi larga parte della produzione didattica e della
letteratura cortese.

1.1 DANIMARCA

Area di missione soprattutto del monachesimo anglosassone e, fino al 1104, territorio della diocesi di
Amburgo – Brema, la Danimarca era stata cristianizzata nella seconda metà del X secolo. A fronte
dell’egemonia del latino nelle raccolte annalistiche, nei necrologi e nelle agiografie (talora redatte da
autori stranieri), non corrispose come in Inghilterra o in Islanda – un precoce sviluppo della letteratura
in volgare. Le personalità di spicco infatti non sono accreditare infatti di alcuna opera in volgare.

Il forte radicamento della cultura orale e la vicinanza con i principali centri bassotedeschi di cultura
monastica garantirono a lungo un ruolo centrale al latino, attraverso il quale furono veicolati anche
temi e memorie culturali locali. L’unico terreno dal quele prese avvio il riconoscimento scritto del
volgare fu pertanto quello delle raccolte giuridiche regionali.

Clericus Saxo, principale attore della scena politica locale. E’ autore dei gesta danorum. Nella prefazione
dichiara esplicitamente il proprio debito verso il patrimonio poetico degli scaldi islandesi, dell’antica poesia
latina e dei carmi tradizionali che i danesi erano soliti ‘incidere su sassi e pietre’.. Saxo confeziona un
capolavoro di integrazione culturale nel panorama europeo del secolo XIII. I grsta sono i prodotto di
legittimazione storica, culturale e religiosa della tradizione e della Corona danese. Essi sanciscono
risolutamente le origini scandive dei Danesi. (Danesi prima di Cristo; 2. Storia della danimarca fino
all’avvento del crisdtianesimo; dalla conversione all’istituzione della sede arcivescovile di Lund; racconto
della storia di Amleto, principe danese reso celebre dalla rielaborazione Shakespeariana.

Il lavoro di Saxo, non supera gli eventi locali del 1187.

Il XV secolo segna lo sviluppo di nuovi generi in volgare come la Cronaca danese in rima, nella quale le geste
di re gristiani, di santi e di martiri lasciano spazio a pause narrative di contenuto laico e quotidiano.Questa
contiene una serie di monologhi reali rimati in prima persona, con la successione delle biografie dei re
danesi.

LO sviluppo di nuove aggregazioni sociali intorno a forme innovative di produzione e interscambio


commerciale, tra il XVI e il XVII secolo, segnò il crescente declino degli antichi romanzi epico-cavallereschi,
inevitabilmente destinati a forme di volgarizzamento e rielaborazione con materiale storico, leggendario e
folcloristico eterogeneo, di origine romanza, germanica e scandinava. Tra gli eredi di quel canone narrativo
si segnalano prodotti misti di oralità e di intermittente scritturalità, noti più tardi in forma di raccolte di
argomento vario definite con l appellativo di folkviser ‘ballate popolaresche’, rintracciabili in forme affini
anche nelle Isole britanniche e in area tedescofona- sono composizioni originariamente orali. Abbinate alla
recitazione di cantastorie, alla musica e alla danza sono trasmesse sia attraverso tardi codici manoscritti
dell’aristocrazia femminile che da ambienti laici e borghesi.

1.2 SVEZIA

In Svezia, il rilievo conferito alla tradizione e alle sue modalità di comunicazione per via orale sembra essere
confermato da un patrimonio letterario più tardo, che non manifesta tracce di un dialogo con il passato
pre-cristiano. La Svezia ha il primato di iscrizioni runiche conservate ( circa 3600) frequentemente con
elementi stilistici allusivi alla cristianità. C’è una letteratura in volgare che coincide con l’egemonia dinastica
dei Folkunga (XIII secolo). Dei testi redatti nella prima fase dello svedese i manoscritti conservati sono 28
(1225-1375), 24 dei quali contengono documentazione giuridica. La testimonianza più arcaica è
rappresentata dalla Legge antica del VA:stergo:tland. Anche nel caso della compilazione di una leggendaria
storia di origine, come la saga dei Gotlandesi, questa costituisce la parte conclusiva di un codice di leggi
dell’isola del XIV secolo.

Lo sviluppo locale di una literacy tra il XIII e il XIV secolo restò di pertinenza del latino, specialmente per
opere a carattere liturgico o agiiografico.

Il Legendarium- antico svedese è un testo funzionale alla formazione spirituale nei monasteri femminili. Si
configura come una storia universale in senso cristiano e rielabora le vite di santi e martiri.

La materia arturiana dei grandi romanzi in versi fa il suo ingresso in Svezia nel XIV secolo. E’ una riscrittura
di materiale straniero raccolta in tre canzoni rimate ( Herra Ivan, Flores och Blanzeflor, Hertig Frederik), i
canti trasmettono principi ideologici ed estetici della cultura cortese continentale- qui prevalentemente
indirizzata verso la virtù e l’onorabilità piuttosto che non sul tema amoroso.

Herra Ivan è il paladino più stimato di re Artù. Ingiustamente accusato, è costretto a compiere una serie di
gesita ardimentose e degne di lode recuperando così l’onore. Flores och Blanzeglor è basato sul valore della
gede e della castità. Due giovani innamorati allontanati da eventi drammatici decideranno di santificare il
proprio matrimonio scegliendo la separazione di una vita monastica.

Questi (di sopra) canti di Eufemia danno forma a una serie di aspettative politiche e sociali. Rappresentano
una vera e propriia novità in Scandinavia, che ebbe ripercussioni sia in Danimarca, con una traduzione in
lingua locale, sia in Islanda, con lo sviluppo di alcuni elementi all’interno del sottogenere delle Saghe dei
cavalieri.

Erik Magnusson è il protagonista di una cronaca, ERIKKRONIKA documento ideologico di matrice storica e
narrativa della letteratura medioevale svedese. 4500 versi rimati, opera anonima che ripercorre il
turbolento periodo di guerre civili tra il 1230 e il 1319. Celebra il nuovo e determinante ruolo di
un’aristocrazia ormai assililata a modelli di riferimento continentali. In questo lavoro propagandistico sulla
nobiltà e l’onorabilitàcavalleresca. Erik MAgnusson, duca di So:dermannaland Uppland, celebrato modello
di cavaliere e regnante cristiano, eroe e campione di cortesia, assassinato proditoriamente dal fratello
Birger, re di Svezia. Intensa sintesi di virtù, valori etici cortesi importanti dal Continente, a dispetto del
limitato impatto del Feudalesimo in Scandinavia, la Erikskronika è densa di richiami storici e leggendari ( la
fine dei VOlsunghi, Amleto, la morte di Olafr Tryggvason). Il lavoro denuncia aspettative e istanze
propagandistiche volte alla creazione di un epos in chiave nazionale, pressioni che presero forma nella
reazione delle grandi famiglie svedesi contro l’accentramento della corona e l’ereditarietà del trono,
avviando una guerra civile nella quale l’ambizioso duca restò fatalmente coinvolto.

Nei secoli XVI XVII compaiono manoscritti che raccolgono il grande patrimonio tradizionale scandinavo di
cultura mista – orale e scritta – delle ballate popolaresche e testimonia L’ininterrotta rielaborazione tra gli
strati meno colti di tempi e canti dell’antica tradizione aristocratica incentrata su epica, leggenda storica e
religione, senza disdegnare il ricordo al tema del fantastico.

1.3 NORVEGIA

All’inizio del XII secolo si trovano i primi documenti in prosa volgare in territori ancora privi di una literacy
stabile.

Il livello locale di letterarizzazione, fatta eccezione per contratti , diplomi e atti privati, restò assai
minoritaria rispetto all’Islanda. I codici anteriori al XV secolo conservati sono stati prevalentemente vergati
tra il 1250 e il 1350, per arrestarsi in concomitanza con la grande pestilenza del 1370, la successiva
depressione politico – economica e la progressiva sottomissione alla Danimarca nel XV secolo. Una buona
parte dei manoscritti in volgare però può esser stata composta da Islandesi residenti in Norvegia o qui
trasferitisi.

Dei manoscritti redatti fino al 1350 la maggior parte è costituita da codici di legge. Altri registrano materiale
religioso, storiografico e narrativo e saghe dedicate al re Olafr Haraldsson il Santo, e il Libro di canzoni,
contenente una serie di ballate novelle e canzoni . In questo panorama, il riadattamento di temi desunti da
chansons de geste romanzi cortesi dei cosidetti cicli bretone, troiano e romano assunse la forma di una
rivoluzione letteraria nelle Saghe dei cavalieri e le Saghe del tempo antico, attestate prevalentemente nei
codici islandesi. ( tra cui la saga di Tristano e Isotta, la saga di Carlo Magno).

Tracce di un’attività mirata alla traduzione e alla parafrasi biblica risultano da una compilazione prima di
titolo.

1.3.1

Il periodo che va dal 1180 al 1230 è considerato come epoca aurea della letteratura storiografica
norvegese, sostenuta nel paese, dopo l’avvento di re Sverrir, da un clima-politico dinastico, economico e
religioso appena più disteso.La permanenza di accesi conflitti tra elite antagoniste spiega le comprensibili
esxitazioni a trattare argomenti contemporanei nella gran parte di questa produzione. L’atmosfera instabile
aveva ostacolao la fioritura degli studi locali, a lungo dominate in molte opere da un modesto livello
stilistico del latino, non ancora in grado di rivaleggiare con la ricca tradizione contonentale e
anglonormanna di argomento storiografico. Ciò favorì l’integrazione con il volgare, incoraggiando
l’elaborazione di testi indirizzati ad un pubblico norvegese non limitato ai circoli di corte e all’alto clero. Il
risultato fu la realizzazione di una serie di lavori reciprocamente collegati e dedicati alle biografie dei
sovrani locali al fine di creare una memoria condivisa del passato. -> questo diede vita alle saghe dei re.

Il canone storiografico antico norvegese è costituito da tre opere incentrate sulla vita dei sovrani locali, nel
loro insieme queste sono definite la ‘Sinossi’ norvegese e rappresentano un momento mitopoietico e
fondativo dell’intera tradizione nazionale. LA sINOSSI norvegese si compone delle anonime A’grip e
Historia Norwegie e della Historia de antiquitate regum Norwagiensium ( di un non meglio precisato
Theodericus monachus) . Quest’ultima sicuramente influenzata dal paradigma dei buoni costumi degli
antenati, descrive i principali eventi norvegesi dalla presa di potere di HAraldr Halfdanarson chiomabella
(ca. 930) a Sigurdxr Magnussson il pellegrino di gerusalemme (1120), avviando la tradizione che depriva i
predecessori di Haraldr di qualsiasi rilievo monarchico ed evitando di analizzare le tragedie dell’ultimo
mezzo secolo di guerre civili. Il nucleo di questa historia verte sul parallelelismo tra storia locale e storia
della salvezza, unitamente alla censura della sfrenata ambizione umana. Convinta è inoltre la promozione
ideologia della regalità e dell’appartenenza, della Norvegia al consenso delle nazioni civili e cristianizzate.

A’grip ( compendio di storie di re di Norvegia) è un opera in volgare con una 40ina di pagine ritenuta
risalente all’ultimo decennio del XII secolo; priva dell’inizio e della porzione finale. E’ una serie disarmonica
di storie dei sovrani norvegesi nell’arco di circa due secoli e mezzo, dal padre di Haraldr Chiomabella (Ca
880) a Ingi il Gobbo (ca 1136) la cui elezione anticipò di qualche anno l’inizio della lunga guerra civile
norvegese. Ci sono varie sezioni poetiche in lingua volgare, strofe e semistrofe scaldiche. Il testo mostra
talora incertezze e goffagini. Questo ha portato a pensare che sia un testo propagandistico norvegese,
schierato dalla prte della Chiesa contro la fazione politica dei Birkiheinar e indirizzato a un vasto pubblico.

Historia Noewegie è decisamente l’opera più controversa della Sinossi e trasmessa incompleta. Il lavoro è
modellato su fonti storiografiche latine medioevali di origine non scandinava. E’ un documento della
primissima literacy norvegese (1160-75) Cp,èremde ima vasta introduzione geografica della Norvegia e
delle relative aree egemonizzate nel Mare del Nord (Scozia, ORkney, Shatland) e a est ( il Jamtland svedese)
. Tratta il periodo che intercorre tra la tradizionale epoca legendaria delle origines gentium e
dell’insediamento dei sovrani norvoegesi e il ritorno in Norvegia (1015) del futuro re e santo Olaft
Haraldsson. Centrale è il valore attribuito ai due re Olafr (Tryggvason e Har.) che l’autore contrappone
come modelli cristiani alle aspirazioni delle fazioni anti-cristiane.

1.4 ISLANDA

C’è il prolungato prestigio della tradizione orale e della sua . evidente contiguità con la nuova pratica della
scrittura. Il maggior numero di manoscritti islandesi si colloca tra il XIV e il XV secolo. Non va trascurato
l’effettivo grado di letterizzazione dei sapientes citati nelle fonti ne quello degli scaldi, i versi dei quali sono
registrati in saghe e trattati grammaticali. L’ancora irrisolto rapporto con la cultura della madrepatria
norvegese e il problema del controverso livello culturale delle donne, le quali dimostrano talora di saper
svelare con rara abilità tortuosi meccanismi che governano strofe scaldiche e messaggi runici.

L’orizzonte di una cultura letteraria di ascendenza latino-cristiana abbraccia un campo di opere molto vasto,
comprendente testi storiografici e grammaticali, narrazioni sparse e perfino testimonianze che recuperano
tracce di antichi miti locali a fini antiquari ed eruditi.

Olason : ‘ I primi scrittori islandesi non crearono nuove tipologie letterarie : essi compilarono cataloghi, o
liste e genealogie ( es. elenchi di re, stirpi e di colonizzatori ) , vitae e miracula di santi; scrissero di eventi
storici , cronache, storia nazionale e biografie reali, accanto a gesta di viescovi. Il libro degli islandesi si
configura a tutti gli effetti come una storia, una forma di origo gentis.

2. LETTERATURA E CRISTIANESIMO

Il peso dell’influenza anglosassone almeno fino alla fine del XIII secolo è determinante. Il culto di santi
stranieri fu il precursore di una ‘letteratura agiografica islandese’ il cui successo è comprovato dalla
redazione locale di vitae in latino, come quelle (perdute) del re norvegese Olafr Tryggvason, composte da
monaci nella seconda metà del XII secolo.

Il culto dei santi segnava oltretutto una svolta sociale e politica, laddove si abbinava ai riti del digiuno, alla
limitazione prefestiva del lavoro, al culto di santi laici e in particolare reali, come Olaft Haraldsson. La
santificazione di un sovrano, il cui omicidio fu presto accomunato ideologicamente al martirio, andava a
rafforzare l’alleanza tra Corona e Chiesa. Dopo la Norvegia, anche in Islanda questa tendenza favorì il
precoce sviluppo di due ambiti letterari fi particolare popolarità : le genealogie ( ricordate nel I-TG) e la
letteratura storiografica, due campi della cultura tradizionale che trovarono nella loro applicazione al
genere della saga una potente cassa di risonanza. Il successo acquisito nei XII e XIII secoli dalla letteratura
genealogica, concentrata sulle origini pre-letterarie di popoli e dinastie, sancisce la combinazione e
l’importanza di nuovi equilibri politici e delle realtà dinastiche e territoriali a essi collegati.

2.1 LA LETTERATURA GIURIDICA

Nelle società scandinave, l’importanza del diritto, accanto alla meticolosa determinazione dei suoi ambiti
applicativi, è suffragata da diversi resoconti che ne celebrano le circostanze della codificazione. Come in
tutte le società di recente formazionem, In Islanda la legge assunse un forte valore di identificazione
culturale e politica. Il LIBRO DEGLI ISLANDESI di Ari |porgilsson e l’anonimo LIBRO DEGLI INSEDIAMENTI
ricordano che nella prima metà del X secolo l’immigrato norvoeogese Ulfljorr avrebbe introdotto sull’isola
un compendio delle leggi norvegesi del Gula|ping . A questo presunto corpus si sarebbero aggiunte negli
anni le disposizioni filo-cristiane del potente vescovo Gizurr Isleifsson e la stesura di antiche concessioni
pattuite tra gli Islandesi e il re di Norvegia.

Dopo la sottomissione alla corona norvegese il l codice che avrebbe raccolto le leggi per il protettorato
islandese viene chiamato ‘Oca Grigia’. Al GRAGAS si sarebbe èpo spstotiotp im dosèpsotovp do eleggi di
origine norvegese che aboliva il ruolo delle province e dei propri amministratori, arricchiva il diritto penale
e introduceva una serie di norme e tasse a favore della colrona.

2.2 LA LETTERATURA STORIOGRAFICA

Tra il XII e il XIII secolo, opere che attinsero a fonti islandesi come la SINossi norvegese o i Gesta Danorum di
Saxo riconoscono agli Islandesi un singolare primato storiografico.

Nella fase iniziale della tradizione storiografica dell’isola, Saemundr Sigfussib e Ari |porgilsson sono due
figure preminenti. Il primo originariamente considerato il compilatore dell’antologia nota come EDDA
‘poetica’ fu il maggiore intellettuale dell’epoca poi diventato sacerdote.

Il chierico Ari invece ha scritto dopo il 1120 il piccolo LIBRO DEGLI ISLANDESI composto su modelli
cronachistici latini. Primo autore in lingua volgare. E’ una breve storia dell’Islanda dalle origini al 1118 e
anche l’unica opera attestata tra quelle a lui solitamente attribuite. SI parte dalla storia dell’insediamento
islandese, con i maggiori clan coinvolti, per toccare successivamente l’istituizione dell’Al|pingi e il corpus
delle leggi, fino alla storia della Conversione nell’anno 1000. Poi abbiamo una breve lista di viescovi, alcune
note biografiche di uomini illustri e singoli eventi esteri, dai quali si deduce in parte il debito di Ari verso
fonti di origine orale.

Il lavoro celebra la storia della colonizzazione nei toni di una vera origo gentis, mito di origine autoctono di
una nuova società libera ed equa fondata su leggi pattuite tra i coloni in fuga dalla tirannide. Tuttavia,
l’inserimento di interpretazioni, aneddoti e racconti brevi, come in tutte le opere che si prefiggono di
‘narrare il passato’ , rappresenta probabilmente il punto di partenza del celebrato genere delle Saghe dei
Riie .

2.3. LA LETTERATURA GRAMMATICALE

Intimamente collegata alla tradizione didattica latina e al recupero del vasto patrimonio in versi locale,
l’Islanda registra una straordinaria vitalità nel dibattito concernente la riflessione linguistica e le sue
relazioni con l’arte poetica, interprete di un evoluzione che ne stava modificando la natura – da forme
originariamente orali ad altre sempre più influenzate dalla scrittura. Tra il XII e il XIV si realizzarono un
gruppo di opere il lingua volgare dedicate all’istruzione e a tematiche retorico-grammaticali. Questi sono i
TG Trattati Grammaticali . Per lungo tempo, la grammatica rappresentò la disciplina più importante nel
cursus scolastico dell’Europa medioevale, grazie alla quale poter affrontare lo studio della letteratura dei
classici latini, in primo luogo della poesia.

I TG sono conservati in manoscritti contenenti copie dell’EDDA di Snorri Sturluson , rivelando la stressa
relazione tra arte poetica e grammatica nella cultura islandese coeva.

I TG- L’intento del I TG (1125-75) è di fornire direttive appropriate riguardo all’ortografia, elaborando
sofisticate analisi fonologiche della propria lingua e un alfabeto coerente, codificato su quello anglosassone
usato nell’Inghilterra pre-normanna, con il ripristino della runa |p delle lettere dx /th/ e ae.

II TG- Il secondo TG si colloca tra il 1270 e il 1300 quindi posteriormente alla redazione del III TG (meta XIII
secolo) da parte di Olafr |pordxarson Scaldo-bianco (nipote di Snorri Sturluson). Il testo è incentrato su
aspetti rilevanti dell’ortografia e della fonologia e si aggiungono considerazioni sulla sequenta runica del fu|
pqrk nordico.

III TG- Nel III TG emergono riferimenti originali alla natura dei fonemi olte che ai caratteri della nuova serie
runica scandinava a 16 segni e alla retorica scaldica, pur restando fedele al modello dei due capisaldi della
tradizione grammaticale latina. Sono sette capitoli dedicati alla retorica e all’interpretazione dello stile
poetico.

L’opera di Donato è rivisitata alla ricerca di similitudini e fifferenze tra la poetic a norrena e quella latina
analizzando figure retoriche e parti del discorso in funzione dell’ipotesi di origine classica delle strutture
poetiche locali. Si illustrano le varie figurae atteaverso esempi coerenti con la tradizione classica ma tratti
dal canone scaldico.

IV TG-scritto intorno al 1340 , l’autore è anonimo, è incentrato più direttamente sulla stilistica e sulla
retorica. Varie figure retoriche latine sono oggetto di definizione generale, a cui si abbina una
esemplificazione nella relativa variante scaldica, con commento finale in prosa. C’è un declino della poesia
scaldica in questa fase del XIV secolo. A differenza dei precedenti trattati colpisce il consapevole distacco
dell’autore dai moduli retorici classici; con il significativo ricorso a versi di scaldi cristiani, a segnalare
l’orgogliosa difesa di una tradizione locale non più subalterna alle categorie poetologiche e grammaticali
latine.e,
I POEMETTI RUNICI. Segni runici cominciano a comparire in codici continentlai di epoca carolingia o in più
tardi manoscritti insulari e scandinavi, nei quali, tali segni si manifestano in concomitanza con il loro valore
fonetico o addirittura con un nome (concreto) che teadizionalmente li identicica, secondo un principio
acrofonico. Si parla cosi di poemetti runici. Accanto a un Poemetto runico anglosassone con un fu|porc
locale a 19 caratteri, si segnalano un analogo Poemetto runico antico norvegese, un Poemetto runico antico
islandese e un poemetto runico antico svedese.

Questi documenti, di lunga trasmissione orale ( per quanto riguarda la conoscenza delle rune) e dla valore
letterario talora modesto generano interpretazioni eterogenee. LA trasformazione da testi tecnici di
matrice orale a documenti poetici a vocazione ssapienzale ed enigmatica lascia immaginare una loro
successiva combinazione con una tradizione grammaticale erudita, tardoantica e medioevale, riconoscibile
anche in forme peculiari come i poemi alfabetici e quelli acronistici. Si tratta di componimenti nei quali
ciascun verso ha inizio con fonemi, sillabe o parole che uniti vanno a formare un nome (segreto), un
messaggio o anche solo una sequenza alfabetica.

In tal senso, due opere latine in versi, incentrate su significato della sequenza alfabetica vengono piu
spesso citate come possibili modelli ermeneutici che avrebbero funto da intermediari tra alfabeto latina e
squenza runica.

3. LA TRADIZIONE POETICA

La ragguardevole eredità in versi antico islandese è ordinata in due categorie. La poesia in stile ‘eddico’ e
quella in stile ‘scaldico’. I poemi eddici sono poemi strofici di struttura formulare , anonimi e allitteranti e di
origine largamente orale. Manifestano la preponderanza del metro narrativo impersonale dei ‘racconti’
antichi. Sono principalmente trasmessi da una singola antologia rappresentata dal titolo ‘Edda’(poetica)
conferitole nel XVII per equivolo.

I poemi scaldici sono composizioni di tono encomiastico con evidenti applicazioni politiche e genealogiche,
frutto della creatività di poeti di corte dall’identità nota, gli scaldi. Basate in prevalenza su un canone
ermetico estremamente elaborato, che non disdegna richiami alla tradizione metrica ‘eddica.

La tradizione poetica norrena non sembra manifestare il frutto dell applicazione diffusa di una dottrina
poetica omogenea, elaborata in scuole o trattati canonici analogamente a quello che ebbe luogo ad
esempio in Irlanda. Nella fase successiva alla conversione, l’assoggettamento della Chiesa locale agli
interessi dei clan, l’assenza di un unico centro culturale di riferimento e la formazione straniera di parte
dell’aristocrazia sono alcuni fattori che distinsero la cultura islandese rispetto al resto dell’Europa coeva.
Tali elementi, però, se da un lato favorirono la difesa del volgare, dall’altro lato lasciano largamente insoluti
i nodi dell’eredità culturale pre-cristiana, così come della sua rielaborazione in una veste letteraria e della
creazione di una nuova classe intellettuale in dialogo partecipe con il più vasto circuito europeo.

3.1 Edda Poetica

E’ una racconta di carmi senza la quale la conoscenza della cultura del Medioevo scandinavo sarebbe
gravemente pregiudicata. Durante il XVII secolo il vescovo Skalholt Sveinsson si segnalava come figura
locale di grande rilievo culturale, in contatto con il re danese Frederik III, instancabile promotore della
raccolta di documenti e reperti dell’antichità nordica.

Il Titolo Edda allora contrassegnava una serie eterogenea di opere pedagogiche e raccolte diverse. Ciò
rispecchia il clima culturale e i dibattiti articolati allora in corso, nell’Europa uscita dalla Guerra dei
Trent’anni, sulla ricezione della cultura medioevale, jun clima che in Scandinavia coinvolse, accanto al
grande fascino esercitato dalle rune e dalla mitologia, l’indagine sulle possibili origini di questa raccolta. Nel
poema però si ipotizza un deficit di 800 versi o più, in parte direttamente o indirettamente recuperabili
attraverso la SAGA DEI VOLSU NGHI, IL RACCONTO DI NORNAGESTR E LA SAGA DI TEODORICO DI VERONA.

La collezione comprende 29 carmi allitteranti di argomento soprannaturale, mitologico, didattico ed eroico,


reperti di un’eredità orale. Essi scaturiscono da un processo organico di ibridazione e di cooperazione tra
due tradizioni culturali contemporanee e vitali, quella vocale/orale e quella del testo scritto, coinvolte ed
influenzate in un dialogo in grado di superare i limiti dei rispettivi canali di comunicazione.

Spesso ritenuta di origine pre-cristiana in virtù dei primi dieci/11 carmi mitologici che aprono il manoscritto.

E’ possibile che la copia sia basata su più fascicoli ridotti anteriori al 1240. A confutare il concetto stesso di
poesia eddica sono poi due punti nodali:

-le eccessive incongruenze ortografiche e vari dettagli paleografici e codicologici, che rafforzano l’ipotesi
che il testo di R non rappresenti il codice originale ma una copia ( di copie) di manoscritti di epoca diversa
contenenti gruppi più o meno ampi di poemi riuniti infine nel codice R

-questo codice contiene fra l’altro il III-TG, una sezione dell’EDDA di Snorri e altra documentazione poetica,
a suggerire dunque come il relativo materiale ‘eddico’ qui tradisca intenti meramente mitografici.

Il concetto di ‘poesia eddica’ abbraccia tre tipologie di documenti, correlate benchè distinte : - il primo
gruppo è rappresentato dai poemi contenuti nel codice ‘principale’ dell’Edda ® e citato nel frammento A

- Il secondo è invece un gruppo misto, una sorta di ‘appendice eddica’ connotata da carmi in stile
analogo a quelli di R conservati singolarmente in manoscritti miscellanei più recenti.
- Il terzo, oto attraverso la riduttiva etichetta EDDICA MINORA consta di 25 esemplari di tono per lo
più eroico in metro ‘eddico’, strofe e poemi di lunghezza molto variabile contenuti all’interno di
narrazioni in prosa. Ancora oggi si tende a considerare questo gruppo di carmi come un ibrido.

Oltre che in poemi provenienti da una tradizione manoscritta cartacea e tarda e in talune composizioni di
tono scaldico, tracce di elementi metrici di stile ‘eddico’ si rinvengono infine in una serie ristretta di
testimonianze dell’epigrafia runica.

3.2 I CARMI EDDICI

La modalità di stesura scritta, l’eventuale presenza di elementi cristiani, la tipologia delle circonlocuzioni
poetica, la lingua o la metrica non si sono dimostrate comunque sufficienti a chiarire la nascita e la
sedimentazione di una antologia che nel XIII secolo, a oltre duecento anni dalla cristianizzazione, celebrava
con un indulgente spirito antiquario miti, racconti eroici e narrazioni sapienziali di un lontano passato pre-
cristiano parzialmente recuperati nell’opera omonima e quasi coeva si Snorri Sturluson.

La panoramica di FIdjestol (1999)accetta il ragionevole compromesso ( per origine e datazione dei singoli
carmi non sempre dotati di un titolo) di una sostanziale identità tra il documento conservato e la propria
forma orale, un nodo che più recentemente Rankovic (2007) ha cercato di superare con la nozione di
distributed author. Fidjestol riconosce la validità ai criteri elaborati da Schier (1986 p.378-9) e imperniati
sulla veste attuale di un poema o di alcune sue parti, sull’età del soggetto trattato, di certi oggetti o
istituzioni o sintagmi particolari o di un genere specifico ( il certame, l’invettiva, l’elegia) senza dimenticare
che un poema dalla fisionomia più ‘moderna’ potrebbe sempre celare la riscrittura di testi anteriori.

La successione dei carmi privilegia infatti composizioni mitologiche ordinate in modo coeso e autonomo e
quasi del tutto prive di riscontri poetici al di fuori della Scandinavia. A queste si avvicendano 19 carmi
prevalentemente eroici, riuniti in modo meno coerente e connotati da un impiego massiccio di sezioni
esplicative in prosa.

I primi 11 sono carmi mitologici gli altri EROICI.


1. PROFEZIA DELLA VEGGENTE La prima composizione della raccolta è acefala e deve il suo titolo a
Snorri Sturluson nella cui opera omonima Edda si cita il poema per l’appunto come profezia della
veggente. Su richiesta di Odino una sibilla si produce in un monologo incentrato sulla cosmogonia
pagana e il Grande Vuoto originario, sui nove mondi dell’universo, sui giganti, e sugli dei,
descrivendo la grande guerra tra Asi e Vani, l’uccisione proditoria di Baldr e la cattura di Loki.
Seguono l’avvento dei segni del declino del mondo e dei cortroversi Ragnarok , con la battaglia
finale contro le forze del male, la distruzione dell’antico mondo degli dei e la conseguente rinascita
di una nuova età dell’oro. Benchè la rappresentazione esteriore mantenga una veste
paganeggiante, il carme è testimone dell’impatto cristiano sull’immaginario religioso tradizionale e
ne disegna una versione molto più in linea con i temi dell’Apocalisse cristiana.
2. DIALOGHI DELL ECCELSO E’ una collazione di tre o più poemi di epoche diverse. Qui si osserva
l’inserimento in sequenza di elementi rituali, leggendari ed esoterici e di una lunga serie di consigli
e massime tradizionali, recitate in parte a un uditore silente e indirizzate al piccolo agricoltore-
proprietario, il vero perno della società vichinga. A norme di comportamento quotidiano ( donne,
amici e alcolici , prudenza e fedeltà) si aggiungono il richiamo all’importanza di conquistarsi una
fama duratura e al mito della poesia, diffusamente rielaborato da Snorri Sturluson- Seguono la
parte relativa alla scoperta delle rune e una lista finale di 18 incantesimi.
3. E 4 DIALOGHI DI VAF|prundxnir e di GRIMMIR. Ancora Odino è il protagonista di questi due, il quale
sfida due terribili avversari ( un gigante e un malvagio re). Nel primo carme il dio è impegnato a
rispondere a una serie di domande sul passato e sui destini futuri, vincendo la sfida con una
domanda ingannevole alla quale lui solo piò rispondere, mentre il secondo componimento fornisce
l’occasione per narrare la nascita della Terra dalle spoglie del gigante.
4. 5. VIAGGIO DI SKIRNIR. La storia ha un impostazione decisamente allegorica e si concentra su
Skirnir, servitore del dio Freyr ( famiglia divina dei Vani), impegnato nella conquista amorosa della
gigantessa Gerdxr per conto del proprio signore. Dopo le dolci parole iniziali e i preziosi donativi,
l’irriducibile gigantessa sarà infine piegata soltanto con l’aggressione verbale e le minacce di
incantesimi. Oltretutto la ricompensa della spada personale donata sciaguratamente al servo
priverò Freyr della propria arma nella battaglia finale ai Ragnarok.
5. 6. CANTO MAGICO DI HARBARDXR Seguono quattro carmi dal tono talora grottesco e esilarante,
nei quali |porr , il potente figlio di Odino e di Jordx(la terra), difensore della dimora degli dei,
assume il ruolo di protagonista. Qui Odino rifiuta a PORR di traghettarlo sull’altra sponda
innescando uno scambio di accuse e una forma tipica di duello verbale fatto di vanterie e spavalde
affermazioni nel quale Odio, dio della conoscenza e maestro di retorica, risulta vincitore.
6. 7. CARME DI HYMIR descrive l’impresa di Porr per procurarsi il grande calderone per cuocere la
birra degli dei. Per ottenerlo è costretto a superare una prova di forza e una di pesca, nella quale è
sul punto di catturare e uccidere MIdxgardxsormr. Il tentativo tuttavia fallisce, perché il mostro
viene sciaguratamente liberato, per la paura, proprio dal gigante Hymir. Per portar il calderone
nella dimora degli Asi dovrà poi affrontare una terribile prova affrontando e massacrando un’orda
di giganti scatenatagli contro dallo stesso Hymir.
7. 8. INVETTIVE DI LOKI Queste traggono origine dal mancato invito di questa figura semi divina alla
stessa festa per la quale era stato conquistato il calderone di Hymir. Qui Loki passa in rassegna le
divinità riunite a banchetto, rivolgendo loro accuse infamanti di tradimenti, codardia e
degenerazione morale che in taluni casi alludono a storie di cui si è persa memoria o che sono
tramandate in modo frammentario. Odino inaspettatamente non prende alcun provvedimento e la
situazione è risolta con l’arrivo minaccioso di Porr e la conseguente figa precipitosa di Loki, del
quale, si anticipa la cattura e la terribile detenzione riservatagli in quanto mandante dell omicidio di
Baldr.
8. 9. CARME DI |pRYMR qui è proprio LOki ad accompagnare ed aiutare |Porr nel recupero del
proprio martello magico Mjollnir , sottratogli dal gigante |PRYMR. CoN UNO STRATAGEMMA
CONCEPITO DA loki, |Porr è costretto a recarsi nella dimora del gigante sotto le mentite spoglie di
Freyja, ambito riscatto preteso da |prymr per restituire l’oggetto simbolico del dio, con il quale |
porr riuscirà infine a sterminare tutta la famiglia di giganti presenti. IN questo carme fatto talora
risalire a un epoca tarda e ai luoghi al di fuori della Scandinavia (Inghilterra) si evocano cerimonie di
sessualità e fertilità collegate in parte a Freyja.
9. 10. CARME DI VOLUNDR contiene la tragica storia del provetto fabbro germanico VOlundr e qui
definito principe degli elfi. Questi, dopo esser stato abbandonato dalla moglie-valichiria è
imprigionato e mutilato dall’avido re Nidxudxr con l’obbligo di creare splendidi gioielli. Nelle scene
finali della fuga in volo con ali artificiali, dopo aver consumato la propria vendetta – l’uccisione dei
due figli maschi del re e lo stupro della figlia. Il poema prsenta similitudini significative con i miti di
Efesto e Dedalo, a cui il protagonista in parte si richiama.
10. 11. DIALOGHI DI ALVISS/DEL NANO ONNISCENTE Qui |porr ha un certame sapienzale di natura
verbale con il nano onniscente Alviss( sfida di sinonimi). Questi desidera infatti sposare la figlia del
dio a lui promessa (forse con l’inganno), in analogia con il tema del matrimonio forzato o deluso
trattato nei due carmi precedenti. Il nano si dimostra capace di rispondere a una serie di quesiti
diostrando la conoacenza delle lingue dei viventi e facendo sfoggio dei propri talenti. Con
l’adulazione, egli viene così attirato da |porr nel tranello della vanità fino alle prime luci del sole,
dinanzi alle quali Alviss, abitande del regno dell’oscurità è condannato a morire. Il poema, attestato
solo in R, precede la sezione eroica che prende avvio con i carmi su Helgi .

CARMI EROICI: La sezione successiva dell’Edda rielabora e trasmette elementi della tradizione epico-eroica
con allusioni e metafore formalmente riconducibili alla sfera del mito. Sullo sfondo degli episodi si staglia il
cosidetto periodo delle migrazioni multietniche (375-568), coinvolgendo da una prospettiva scandinava le
gesta di Goti e Unni, Franchi e Burgundi. Il nucleo principale di questa parte è dedicato alla cosidetta
materia ‘nibelungico-volsungica’, dal nome dei rue rami principali della leggenda: quello della vasta epica
tedesca meridionale (rappresentata al meglio nella Canzone dei Nibelunghi e quello della narrativa e del
carme eroico scandinavi.

Un insieme eterogeneo di fonti onomastiche, letterarie, folcloriche( le ballate scandinave) e iconografiche


( pietre runiche) trasmette un filone leggendario di origine orale, che rielabora alcuni drammatici episodi
della storia burgunda e franca del V secolo, con il massacro dell intera corte burgunda e edel re Gundahar
da parte dei mercenari unni dell’impero romano. L’ampia risonanza di quei fatti , trasformati in leggenda
eroica, è misurabile dai numerosi riferimenti che si estendono anche in Islanda e nelle Isole britanniche
dove il più antico documento letterario, Beowulf, riecheggia la leggenda. L’espansione documentaria
testimonia come il nucleo originario dell’epopea si sia arricchito nei secoli di scenari diversi e leggende
collaterali.

Alle figure storicamente riconoscibili si affiana SIgurdxr (Sigfrido), protagonista indiscusso della leggenda
ma privo di qualsiasi riscontro storiografico, fatta salva l’ipotesi che lo ricondurrebbe e Sigibert I rex di
Austrasia, coinvolto in un conflitto interfamiliare della dinastia merovingia. La corrispondente
rappresentazione letteraria oscilla tra un virtuoso principe di sangue di un regno minore, in cerca di fama e
prestigio, e un giovane dalle oscure origini, abbandonato o perseguitato e dai tratti vagamente psicotici,
che dal nulla cercherà di riscattare un pedigree inadeguato attraverso una figura fulminea scalata sociale,
un progetto che si rivelerà causa della sua stessa fine. Se il primo modello è di solito prevalente nella
tradizione tedesca media, il secondo è un tipico prodotto della cultura scandinava. Tra inumerosi dettagli
che compongono l’intera trafizione, dall’esame della docmentazione si segnalano alcuni nuclei tematici
ricorrenti: - contrastanti origini e giovinezza di un eroe – conquista di un favoloso tesoro mai fruibile
custodito da esseri soprannaturali come nani o drago – prove ritualli del giovane per diventare un eroe e
acquisizione di poteri straordinari – storia di due eroine (Brunilde e Crimilde) e del loro amore per l’eroe –
motivo di una conquista amorosa fraudolenta e fatale – conflitto tra due antagoniste e morte dell uomo
conteso (Sigfrido) – vendetta di una donna contro la propria famiglia acquisita (morte di Attila).

- 12, PRIMO CARME DI HELGI UCCISORE DI HUNDINGR L’avvio di questo nucleo è anticipato da tre
carmi di matrice scandinava dedicati al tema della regalità e dedicati alle gesta, all’amore e alla
morte di due eroi omonimi. Il primo e il secondo si concentrano su Helgi figlio di SIgmundr e
Borghildr (quindi fratellastro di Sihurdxr) mentre il protagonista del secondo è il figlio di Hjorvardxr.
Il destino eroico del primo Helgi è preannunciato alla sua nascita da tre Norne, nel primo carme
( ritenuto da Harris una rielaborazione in stile scaldico del secondo carme di helgi). Qui nel primo
carme Helgi uccide Hundingr, il suo clan e il rivale in amore che insidia l’amata valchiria SIgrun.
- 13. CARNE DI HELGI FIGLIO DI HJORVARDXR Qui ci sono analogie con il primo poema ( amore
insidiato e sfortunato per una valchiria). Qui il valoroso eroe è amato e protetto dalla moglie, la
valchiria Svava ( bramata da un condentende, il fratelloHedxin) , la quale non riesce a scongiurarne
la morte in duello. In punto di morte però Helgi destina l’amata proprio a suo fratello, che
pronuncia parole di vendetta per il nobile fratello.
- 14. SECONDO CARME DI HELGI UCCISORE DI HUNDINGR Il nucleo del poema è il grande amore tra
il primo Helgi e Sigrun (riconosciuta esplicitamente come la reincarnazione si Svava), lacerata tra
passione personale e lealtà al proprio clan. La storia del ritorno post-mortem di Helgi dall’amata,
per un ultimo incontro struggente, sarà per la valchiria solo fonte di infinito dolore e infine di
morte. Alla fine c’è un lungo passo in prosa sulla morte dell eroe volsungico Sinfjotili, leggendario
figlio incestuoso di Sigmundr e la sorella Signy nella saga dei Volsunghi.
- 15. PROFEZIA DI GRIPIR Qui l’intera vicenda di Sigurdxr , le ragioni e le conseguenze della sua morte
sono ordinate in una serie di 19 quadri narrativi, passati in rassegna in forma di premonizione da
parte dello zio dell’eroe. Si hanno anche cui riferimenti e corrispondenze con la saga dei volsunghi.
- 16. DIALOGHI DI REGINN Elementi mitologici e sapienzali riaffiorano in un ucleo relativo alla
giovinezza di Sigurdxr nei prossimi tre carmi. I primi due sono incentrati su origini e destini di un
mitico tesoro accumulato dal nnano Andvari, come illustra l Edda di Snorri nella sezione dei dialoghi
sull’arte poetica dedicata alle metafore per ‘oro’. Accanto alla storia della vendetta di Sugurdxr per
l’assassinio del padre si ha la storia dell’educazione del giovane presso il nano Reginn, abile fabbro,
che istruisce l’eroe per la conquista di quelle ricchezze che allo stesso Reginn sarebbero state
trafugate con la forza dal fratello Fafnir.
- 17. DIALOGHI DI FAFNIR La vicenda si vocalizza ancor più sulla brama di Reginn per l’oro e sui piani
per recuperare quell’antico e infausto tesoro ora in possesso di Fafnir, nel frattempo trasformatosi
in drago, e sull’agguato mortale ai danni di quest’ultimo compiuto da SIgurdxr . Con l’acquisizione
dei poteri magici del mostro (attraverso il contatto con il suo sangue) , l’eroe può infine mascherare
le reali intenzioni del nano e ucciderlo, conquistando per sé le ambite ricchezze.
- 18. CONSIGLI/PRECETTI SI SIGRDRIFA Questo introduce il tema della fiaba popolare sulla liberazione
di una fanciulla dall’incantesimo del sonno perenne da parte di un intrepido e nobile giovane. Si
tratta dell a valchiria Sigrdrifa, la giovane , addormentata per punizione nella sua corazza per aver
disubbidito a Odino, viene risvegliata dal maleficio proprio da SIgurdxr, entrato nel castello-prigione
dopo aver superato un muro di fiamme. L’accoglienza gioiosa e la riconoscenza della donna ,
segnate dall’intimità cìpoi condivisa dai due, si traducono in un giuramento di amore.

Il carme poi si interrompe e ci sono dei versi perduti. Riprende un punto imprecisabile del nuovo poema
denominato FRAMMENTO DEL CARME DI SIGURDXR, durante il dialogo tra Gunnarr e Hogni che anticipa
l’assassinio si Sigurdxr. L’entità di tale lacuna è solitamente ritenuta corrispondere alle vicende
rappresentate nella Saga dei Volsunghi.

Nel FRAMMENTO è contenuto inoltre l’anticipazione della fine dei Giucunghi-Nibelunghi, l’istigazione
all’omicizio di Sigurdxr da parte dei cognati è attribuita a Brynhildr, gelosa per le nozze del guerriero con
Gudxrun, che si rifiuta di intrattenere rapporti intimi con il marito di Gunnar. In realtà, l’accusa a Sigurdxr di
aver infranto il giuramento di rispetto della verginità di Brynhildr viene dichiarata falsa dalla stessa regina,
che in un secondo tempo scagiona in lacrime l’eroe ormai defunto.

- IL PRIMO CARME DI GUDRUN, che si ritiene introduca nella letteratura norrena l’elegia come
genere autonomo, è attestato solo in R; i versi si soffermano sul tema dell’amore , sul drammatico
lutto e sulla solitudine della protagonista, incapace di esprimere il dolore fino alla visra del cadavere
del marito nella bara. Il testo prosegue con un raccordo in prosa che informa della fuga di Gudrxrun
in Danimarca per alcuni anni e del suicidio di Brynhildr, incapace di sopravvivere a Sigurdr. Questo
lungo poema ripercorre i patti intercorsi tra il giovane volsungo e i principi burgundi e la conquista,
sotto mentite spoglie, di brynhildr, costretta a un matrimonio non desiderato ( con Gunnarr) e ad
amare un uomo leale e onesto (SIgurdxr, ingannato con una pozione magica dell’oblio per sposare
un'altra donna. L’assassinio si DIgurdxr nel proprio letto, per mano dell’altro principe burgundo
GUt|pormr, rapprsenta quindi l’amara vendetta di Brynhildr, tormentata dalla gelosia e costretta
dal fratello attila a sposare Gunnar con la minaccia di perdere l’eredità. Il carme che sottolinea la
debolezza di Gunnarr, come sovrano e come uomo, si chiude con il suicidio di Brynhildr, che
richiama quelli di Didone o Cleopatra, preceduto dalle parole profetiche sui tragici destini che
incombolo sulla propria famiglia e dalla richiesta di essere deposta sulla stessa pira dell’eroe.
- CARME BREVE DI SUGURDXR cirrusoibde grissi nidi ad alcuni cc. Della saga del Volsunghi. Originato
nel XIII secolo, il canto si incentra sulla storia dell’eroe, dal suo arrivo alla corte giucunga al
frustrato amore con la valchiria, soffermandosi sui contrastanti sentimenti di Brynhildr. La valchiria
richiede al marito la vendetta contro Sigurdxr. La scoperta dell’ingannevole corteggiamento,
l’amore trafito e il dolore della gelosia provocano la disperazione in Brynhildr. La realizzazione
dell’assassinio dell’amato eroe non sarà sufficiente a placare la sua disperazione e decide di
suicidarsi. Nell’agonia, la regina preconizza la riconciliazione di Gudxrun con il fratello e una serie di
sciagure, il ruolo di Attila e la fine di Gunnarr, a proposito del quale preannuncia la fatale storia
d’amore con la cognata Oddrun, sorella di Brynhildr, oggetto di un canto eddico separato. La
leggenda assume così una svolta verso il conflitto familiare. La fine dei GIucunghi è considerata il
risultato delle responsabilità di GUnnar e del suo clan nella morte di Brynhildr.
- Sulla via del regn o dei morti, i versi del breve VIAGGIO DI BRYNHILDR VERSO GLI INFERI descrivono
lo scontro verbale tra Bry e una gigantessa guardiana del luogo, che vorrebbe impedine il transito
verso Hel. L’alterco sembra quasi simulare un processo accusatorio per le azioni di Bry, scaturite
dalla brama del marito di unaltra (Gudrun) e conclusesi con l assassinio si SIgurdr, lo spargimento di
sangue e la distruzione del regno dei Giucunghi, accuse dalle quali la moglie di Gunnar ha occasione
di scagionarsi in un lungo monologo. IL carme è stato perfino accostato a esemplari che ricordano il
discorso allegorico di anima e corpo. La valchiria (esplicitamente riconosciuta in Bry) e la storia
d’amore tra questa e SIgurdr vengono qui riuniti in un'unica narrazzione elegiaca . L’assoluta castità
dei due amanti durante le otto notti trascorse insieme è rimarcata con fermezza dalla protagonista
in risposta alle accuse scagliate dalla gigantessa e soprattutto da Gudrun. SI conclude con una
speranza di unione con l’amato nell’aldilà, allusiva di uno scenario declinato in senso cristiano.
- La narrazione prosegue con il racconto in prosa della STRAGE DEI NIBELUNGHI che racconta di
come Gunnar e Hogni fossero entrati in possesso del tesoro di Fafnir e dell’ostilità sorta con Attila,
convinto della responsabilità dei cognati nella morte della sorella Bry. In segno di riconciliazione,
GUdrun è allora offerta in sposa al re unno, non prima di averle somministrato con dolo una
pozione dell’oblio. Poi si ha la notizia dei due figli nati dall’unione con il re unno, del rifiuto di Attila
di concedere in sposa a Gunnar Oddrun, l’altra sorella, e del suo terribile piano di invitare a corte i
cognati per constringerli a cedere l’oro di SIgurdr.
- Seguono SECONDO CARME DI GUDRUN che rievocano la vita che la vedova di SIgurdr, ora moglie
di Attila, narrate al goto Teodorico, guerriero del seguito del re unno. SI ricorda come essa
GUDRUN sia stata per due volte vittima di inganni e invidie : prima come promessa sposa a SIgurdr
e ignara pedina di uno scambio di ffavori e poi, dopo l assassinio del marito, raggiunta dai familiari
presso la corte danese dove era fuggita e forzatamente persuasa a sposare attila.
- : a conclusione del poema , un passo in prosa informa che una schiava di Attila accusa la regina di
infedeltà con Teodoricom creando così le premesse per il TERZO CARME DI GUDRUN . Per
scagionarsi dall’accusa di infedeltà la regina si sottopone all’ordalia dell’acqua bollente, risultando
non colpevole.
- Un inedita leggenda vede Oddrun correre in aiuto di un amica in doglie e il lungo monologo della
protagonista ricorda come molti anni prima lei fosse stata promessa in sposa a Gunnar dall’anziano
padre ( la sorella di Attila). Morto l’uomo e passata la responsabilità nelle mani del fratello Attila,
questi architetta tuttavia il matrimonio con Gunnarr a favore della sorella Bry. Del suicidio di questa
Attila incolpa però i Giucunghi, scatenando una faida interfamiliare e rifiutando così con decisione
le richieste di FUnnar, rimasto vedovo di avere finalmente in moglie ODdrun, con la quale peraltro è
gia iniziata una relazione clandestina.
- Gudrun è la co-protagonista di due poemi di diversa origine e datazione collegati all’invito sinistro a
cui segue la fine dei Burgundi nel regno di IAttila. Nonostante il preavviso della sorella Gudrun,
Gunnart sovrano di un regno in evidente crisi di identità, dichiara senza timore di accettar el’invito
del cognato Attila, dopo aver opportunamente occultato il tesoro di Sigurdr, per diritto spettante
alla vedova. Giunto alla corte unna egli si lascia catturare senza reagire, concedendo al fratello
Hogni la ribalta pe run comportamento nobile ed eroico dai toni tradizionali. Gunnar tuttavia non
rivelerà il nascondiglio, chiedendo, in un primo momento, la morte del fratello e poi, divenuto
l’unico depositario del segreto lasciandosi gettare nella fossa dei serpenti, quasi a suggerire un
exemplum di elevato valore etico non privo di affinità con la tradizione agiografrica cristiana. La
vendetta di Gudrun non si rivolge però verso il clan di origine; la rappresaglia si abbatterà in un
primo momento sui figli avuti con Attila, uccisi e dati in pasto al marito e poi sullo stesso
deplorevole sovrano, addormentatosi ubriaco al termine dei banchetti nella reggia data alle
fiamme.
- Molto più recente è la riscrittura della CANZONE GROENLANDESE DI ATTILA (epilogo del carme
precedente) di tono realistico. Espansa attraverso l’inserimento di alcuni elementi innovativi : il
sogno premonitore e la sua articolata interpretazione, il lungo viaggio per il mare e un aspro
confronto coniugale dal quale emergono meschinità e risentimenti evocatori di vicende non
sempre note alla leggenda. Dopo la battaglia tra le opposte fazioni- Gudrun partecipa direttamente
alla battaglia, combattendo valorosamente dalla parte dei fratelli e uccidendo alcuni consanguinei
del marito. All’episodio si aggiunge un epilogo che tratteggia la vendetta della vedova si SIgurdr ( su
attila e figli). L’odio però non le impedisce di dare ad Attila la sepoltura degna di un re, in un
imbarcazione presumibilmente inviata alla deriva.
- L’ultima porzione del codice eddico ha ancora per intertprete principale GUdrun che dopo aver
tentato invano il suicidio si sposa nuovamente e partorisce altri due figli maschi (Hamdir e Sorli). Le
disgrazie non la abbandonano : a cominciare dal crudele assassinio della figlia Svanhildr (concepita
con Sigurdr) perpetrato dal vecchio marito di questa sulla base di un falso sospetto di infedeltà. Il
primo dei due carmi è un monologo elagiaco dedicato a SIGURDR , contenente l incitazione ai due
figli di non farsi carico della vendetta della sorellastra.
- DIALOGHI D HAMDIR. Dopo aver ucciso improvvidamente il fraellastro Erpr, a loro giudizio non
meritevole di gloria, Hamdir e Sorli riescono a farsi strada nella reggia di Ermanarico , massacrando
molti Goti e mutilando il perfido sovrano, ma senza potergli impedire di dare l’allarme e finire così
essi stessi vittime.. Qui il tema dell’eroismo sembra essere ridimensionato, così come il significato e
il valore della vendetta.

3.3 LA POESIA SCALDICA


Il genere poetico più distintivo della cultura islandese è la poesia scaldica di encomio, espressione poetica
medioevale d’èlite, vitale per oltre mezzo millennio (IX XV secolo). Nata in un epoca pagana e illetterata,
questa forma si manifesta attraverso un codice convenzionale basato sul virtuosismo tecnico abbinato alla
performance orale, finendo per alimentare – in epoca cristiana – i gusti di elite che attribuivano alla poesia
un particolare prestigio sociale e orientare verso di essa i gruppi in ascesa. Le composizioni scaldiche
rappresentavano cosi una pregiata creazione esclusiva, che nell intento degli autori e nel relativo lessico era
percepita nei termini concreti di artigianato materiale, in grado di produrre concorrenza artistica,
avanzamento sociale e benessere economico. Skald è un termine riferito al poeta; questo arriva ad
autodefinirsi fabbro di versi attraverso immagini note anche dalla poesia omerica, trascorreva periodi
variabili al servizio di nobili padroni e sovrani scandinavi, nelle corti impiantate in territori e insediamenti
della diaspora vichinga ( Irlanda, Groenlandia, Islanda, Inghilterra e Russia), oltre naturalmente che tra re e
Jarl di Norvegia, Danimarca e Svezia e tra i ranghi dell’alto clero.

Questo canone rappresenta il perno sul quale, dal XII sec, andò costruendosi la nuova cultura testuale
islandese, guadagnando consensi sia nella tradizione orale locale sia nel sistema della literacy veicolato
dalla cultura latina ed ecclesiastica, come dimostrato nel canonico saggio di Nordal (2001).

CI sono tuttavia anche esempi illustri di scaldi non professionisti, in grado di poetare, senza intermediazione
di maestri, già in tenera età o per inclinazione familiare, citati soltanto nelle saghe ma ignorati dai trattati
grammaticali o dalle liste di poeti registrati presso le varie corti. Da ciò si può intuire l’ampia diffusione
sociale coperta da quest’arte disciplinata da regole precise che vietavano il plagio e l’attribuzione mendace
di gesta eroiche a patrocinatori, sponsor e destinatari e al cui successo si deve la creazione del sottogenere
delle SAGHE DEGLI SCALDI.

La fioritura di quest’arte, che riconosce lo statuto autoriale dei compositori, rappresenta il risultato di
tendenze composite sul piano sociale, prima ancora che stilistico, nelle quali da ricerca del riconoscimento
pubblico si abbinava all’individuazione di strumenti adeguati ad assolvere alle funzioni tipiche dei media
moderni. Malgrado una lunga tradizione orale (anche extra-scandinava) e una tradizione manoscritta non
autonoma priva di documenti originali e disseminata da incertezze che hanno attirato l’attenzione della
“New Philology”, la poesia scaldica fu comunque in grado di costituirsi in un vero e proprio canone, inteso
nelo senso di un complesso di autori, opere e del relativo processo di diffusione e ricezione presso ambienti
e pubblici coinvolti; uno dei principali avvenimenti culturali tra il XI e il XIII secolo nel Medioevo latino.

Il mancato riferimento alla poesia scaldica tra le forme scritte della cultura islandese nel I TG non deve
trarre in inganno, perché appunto c’è un riferimento agli artigiani.

Fino al XIV secolo sono noti i nomi di oltre 250 scaldi, quasi tutti uomini, benchè ci sono anche molte strofe
anonime. Il più antico rappresentante sembra esser stato Erpr Iutandi (VIII secolo), seguito da Bragi
Boddason nel IX secolo. Questi insieme a |porbjorn Grinfia di corno, Audxunn il Finto scalto, |Pjodxolfr di
Hvinir ed Eyvindr il Plagiario, formano la sparuta pattuglia di scaldi maggiori di origine norvegese, che conta
aristocratici come re Olafr il Santo.

3.3.1 L’arte scaldica si distacca comunque dalle tradizionali forme germaniche di poesia anonima, dal metro
narrativo poco articolato e incline alla paratassi e dai più consueti contenuti mitico-eroici, dei quali fa ricco
sfoggio l’Edda poetica. La poesia scaldica influenzò i poemi eddici dal punto di vista del computo metrico e
sillabico, della struttura strofica e dell’uso dei traslati (p.17). Prima dell’arrivo della scrittura alfabetica
latina, i versi scaldici conobbero una trasmssione orale, assoggettandosi col tempo a un processo di
semplificazione delle strutture e degli stilemi più artificiosi, in linea con le esigenze della sempre pià
radicata cultura cristiana.
E’ un genere basato sull encomio, dunque di poesia eulogistica, genealogica, commemorativa e ecfrastica,
tendenzialmente non epica e ben poco narrativa, ma funzionale alla trasmissione di valori e informazioni
ufficiali.

Destinata generalmente all’aristocrazia nordica, la poesia scaldica era volta alla promozione del consesnso
e del potere politico, producendo compensi orgogliosamente esibiti e ritorni economici tali da alimentare la
costituzione di un nuovo rango sociale strettamente organico con la nobiltà.

La ricerca del primato e del successo personale di uno scaldo passavano attraverso la condivisione della vita
quotidiana, delle fortune e degli insuccessi del proprio signore. Sygtryggr Olafsson Barba di seta, propenso a
premiare il poeta addirittura con 2000 imbarcazioni. Esprimono come l’arte poetica fosse parte integrante
della società nordica al pari di quella irlandese, disciplinata nelle sue più immediate ricadute economiche.

I meccanismi di tariffe e ricompense regolamentate dalla consuetitudine potevano eccezionalmente essere


disattesi da principi e sovrani, producendo di conseguenza anche velate critiche in versi contro l’eccessiva
parsimonia.

La tradizione scaldica, non di rado attestata attraverso singole strofe libere, non esclude esempi di nota
poesia d’infamia e di scherno indirizzata vero i nemici, ma neanche di poesia erotica-amoross, forme
espressive censurate e sporadicamente rinvenute perfino in alcuni frammenti runici. La loro forza
dirompente, a livello sociale e religioso, fu infatti tale da rendere presto necessaria una regolamentazione
giuridica contro i versi dedicati alle donne o lesivi della dignità maschili, analogamente alla trattatistica
poetico-giuridica antico-irlandese , a proposito di incantesimi, e dei casi di laudatio e vituperatio improprie,
generatori di illecite ricompense. E per altro proprio con la tradizione poetica irlandese antica il genere
scaldico sembra condividere importanti affinita (??). p 404

Con l’espansione del Cristianesimo, l’evoluzione della società scandinava produsse ineviitabilmente delle
conseguenze anche sul piano artistico, attraverso l’adeguamento del canone scaldico all’estetica cristiana e
all’ermeneutica biblica. Gli artefici della poesia scaldica subirono pressioni e dovettero adottare l’opportuno
distacco da una tradizione diventata ingombrante. La conversione sancì fino alla seconda metù del XII
secolo una progressiva inversione di ordine formale e si andò perdendo il peculiare afflatto mitologico a
favore di uno stile più sobrio e di un immaginario poetico più limitrofo ai nuovi valori cristiani. Questo è
visibile nei richiami alle analogie tra SIgurdr e San Michele (molto celebrato il Scandinavia), uccisori di
draghi, o anche nelle strofe esplicitamente dedicate al Dio cristiano.

Il primo risultato fu tuttavia limitato all’esclusione di richiami diretti alle antiche divinità, fino almeno alla
‘rinascita’ antiquaria di un immaginario mitologico sul finire del XIII secolo: tra il XI secolo e il XII secolo , la
metamorfosi dell’arte scaldica sembrerebbe dunque testimoniare i caratteri di una tradizione post-pagana
ormai al tramonto, piuttosto che ssere guidata dal fervore di una sostenuta vocazione cristiana.

Il canone ermetico scaldico si presenta fortemente elaborato. Riprova ne è l’impiego contemporaneo di


diversi virtuosismi retorici : allitterazione, rima interna ed esterna, eventuale ritornello e computo sillabico
sono le caratteristiche fondanti di un impianto metrico del tutto innovativo, il cosidetto drottkvaett, nel
quale è stato composto oltre l’80% delll intero corpus scaldico. Probabilmente derivato dal metro ‘eddico’,
esso si fonda su due semistrofe di 4 versi, sintatticamente autonome e ulteriormente suddivise in due
distici. Luogo di elezione di questo genere è la singola strofa, che delimita uno spazio semantico e
autonomo.

La sintassi e’ sovvertita in finzuone dei nuovi equilibri metrici, con sezioni semantiche collegate e interposte
ad altre, a loro volta spezzate, e un processo di formazione lessicale slegato dalle regole grammaticali della
lingua comune. Determinante è l impiego di figure retoriche, attraverso le quali costruire un sofisticato
metalinguaggio fatto di allusioni e conoscenze specifiche, con cui riferirsi a qualcosa senza nominarlo
direttamente, Un simile meccanismo privilegia in primis l accumulazione sinonimica di nomi desueti in
luogo di nomi semplici più comune, edopo, il massiccio impiego di circonlocuzioni poetiche talora
esjtremamente complesse e articolate su piu piani ( LE KENNINGAR) . Queste ultime consistono nella
definizione di un referente ( non inserito nel testo poetico) attraverso il collegamento di due o più elementi
nominali ( l uno legato all altro in forma di genitivo) . Da cio derivano costruzioni talora semanticamente o
logicamente incongrue contrassegnate con il sost. Nykras (obbrobrio) o ispirate al principio dell’antitesi ,
eventualmente attraverso l ingegnosa sostituzione di una parola con il sinonimo di un termine omonimo-
tale da produrre una composizione di carattere enigmatico, che necessita una decodifica.

Brace della palude -> oro

Pesce della brughiera -> serpente

Sci del mare -> nave

Alce dell oceano -> nave

La parabola discendente dal drottkvaett ha inizio a partire dalla metà del XIII secolo, privo di una sintassi
articolata e di kennigar oscure – e connotati dal marcato uso della rima

4. HEITI E KENNING

Nella poesia scaldica si tende a isolare due categorie lessicali peculiari : heiti e kenningar. Il primo gruppo
noto anche alla poesia anglosassone consta di nomi ( comuni o propri), riconosciuti come sinonimi ed
epiteti di un particolare referente : sostantivi spesso arcaici e di uso poetico, prestiti colti stranieri, nomi
tabuizzati, sineddochi e metonimie con i quali puo essere definita e richiamata un unita semantica. Oltre
che nei versi dei singoli scaldi, fonte principale di questi sinonimi poetici sono le |pulur, elenchi metrici di
heiti raccolti nel XII secolo. La funzione di heiti ‘ nome, denominazione, impiegati in un contesot variamente
allargato, come ad esempio ‘onda, fiordo, pelago, abbisso, profondità, corrente, fiume, palude’ che
possono tutti indistintivamente assumere il valore sinonimico di MARE, cosi come i nomi di albero o di dee
per indicare DONNA o le cariche politiche e i teonimi maschili possono alludere a uomo o RE. L’esistenza di
una serie di heiti di dorma bimembre li rende immediatamente associabili alle kenningar, per la loro stessa
natura necessariamente composte, e pertanto essi stessi soggetti a un inatteso processo di decodifica
semantica seppur dai contorni molto meno controversi delle kenningar. E’ si ha anche la condivisione di
una medesima caratteristica da parte di referenti diversi, in molti dei casi, il che complica le cose., c’è la
mancata univocità con il proprio referente di base. SI ha una proprieta polisemica e predicative del geiti,
che ostacola il criterio costitutivo di questa figura retorica.

Il kenning invece è una figura retorica alquanto discussa, composta di un sintagma metaforico o
metonimico a carattere stereotipo, che è noto , in misura non identica, al resto della poesia germanica, e
che l autore del III TG considera alla base della dizione poetica. E unc ircunlocuzione che nel linguaggio
poetica svolge una funzione sostitutiva nei confronti di un elemento del linguaggio comune o del mito,
attraverso meccanismi di denominazione studiati anche in ambito pragmatico e cognitivo. E’ una sorta di
enigma in grado di esercitare un potente stimolo alla tensione interpretativa e all intelligenza umana. I
kennigar sono traslati che per analogia legano tra loro due elementi concettualmente distanti a un terzo.
Esse sono organizzate per attributi e relazioni e sono composte da almeno due elementi nominali,
rendendo possibili innumerevoli variazioni all immaginario e al lessico scaldico fino a formare come detto
dei veri e propri enigmi. Ogni elemento di un traslato puo essere a sua volta espresso da un'altra kenning,
consentendo cosi la creazione di composizioni multiple dall interpretazione ulteriormente elaborata.

Numerose kennigar si richiamano a leggende mitologiche di contenuto precristiano, la cui cimprensione


dipende in larga misura dalle indicazioni fornite dall Edda di Snorri nella sezione degli Skald.; pe ri uquali
Nemico del Lupo o Carico delle braccia di Gunnlodx alludevano al dio Odino. I richiami al paganesimo in una
cultura ormai profondamente cristiana fu il risultato di una nuova temperie culturale, avviata con la
ricezione del pensiero neo-platonico e del concetto di translatio studii, essa fu in grado di promuovere la
ricontestualizzazione dell arte poetica antica ee delle relative categorie attraverso la prospettiva salvifica
compresa nel tradizionale dtema delle età del mondo, preludio all avvento di Cristo.

Lotta politica, religione e tradizione commemorativa trovano nella erte poetica uno strumento privilegiato
tutt altro che imparziale, attraverso cui veicolare messaggi e promuovere comportamenti sociali,
conferendo di conseguenza ai versi un autorevolezza riconducibile ai miti di una nascita divina celebrata
nelle numerose kennigar che la descrivono.

Fragile è la trasmissione manoscritta di questi testi : non esistono infatti codici poetici scaldici – niente di
paragonabile all antologia eddica – ma solo spezzoni e frammenti raramente integrali di composizioni,
residui di un oralita in relazione discontinua con la tradizione letteraria: i singoli poemi oggi sono fruibili
sono il frutto di operazioni di assemblaggio e ricucitura rewlizzate da editori moderni a partire dal XIX
secolo.

Se si eccettuano alcune sporadiche iscrizioni runiche, questi prodotti poetici di attestazione frammentaria
sono contenuti quasi esclusivamente in opere in prosa, come i trattati retorico-grammaticali e soprattutto
le saghe. In queste ultime il significato di alcuni episodi e enfatizzato dall inclusione di strofe saldiche , i n un
alternanza prosa-poesia nota come prosimetro, la quale rappresenta un efficace ampliamento dell
articolazione narrativa e un t ratto che accomuna la saga antico islandese e la letteratura del Medioevo
irlandese.

Accanto al prestigio accordato ad annali, saghe e liste genealogiche, la poesia scaldica riusci ad acquisire la
legittimazione di ustrumento ufficiale di trasmissione, riconosciutogli anche dal coevo I-TG. La poesia degli
scaldi, di argomento religioso come laico, resto strumentalmente legata alla cultura pre-cristiana e forse
proprio lo studio e l impiego della versificazione latina ( con i suoi riferimenti al paganesimo romano) nelle
scuole monastiche islandesi favorì, in una certa misura, la tolleranza nei confronti di quegli elementi
mitologici inseriti con compiacimento nella poesia locale.

A partire dal XIV secolo, nei gusti di un pubblico di corte frequentemente a contatto con ambienti e modelli
culturali stranieri come la poesia di cantastorie e menestrelli, questo fenomeno sempre piu esclusivo e
autoreferenziale conobbe una inevitabile fase di declino, per essere infine sopraffatto dalle piu eccentriche
saghe e da generi poetici piu attuali e facilmente fruibili come rimur e romanze in versi ( x es. le
Eufemiavisor) , prodotti verso i quali si ando necessariamente sviluppando l iniziativa di scaldi e mediatori
culturali a questi associati.

5. L EDDA DI SNORRI STURLUSON

E’ il piu importante trattato teorico dedicato all arte scaldica, attribuito, non senza incertezze, al raffinato
storico, poeta e spregiudicato politico Snorri Sturluson (morto nel 1241), membro del potente clan degli
Sturlungar. Non e’ escluso che tra ritocchi e integrazioni sia stato terminato a metà del XIII secolo,
evidentemente non da SNorri.

L’opera si posiziona in un epoca orientata verso una rinascita antiquaria che accompagnava la crescente
instabilita politica islandese, nella quale la celbrata arte poetica degli scaldi stava vivendo una fase di
trasformazione e deregolamentazione formale, sperimentando fenomeni di estremizzazione che lasciavano
presagire un progressivo declino. In contemporanea, la crescente concorrenza delle saghe si rivelava
attraverso la circolazione ( e le prime redazioni) di un numero sempre piu ampio di esemplari di questo
‘nuovo’ genere di successo approdato alla corte di Norvoegia, dove stava ormai guadagnando il favore dell
aristocrazia, sia in funzione di di intrattenimento sia in quella di documentazione ufficiale di eventi storico-
politici. Oltre alle saghe, alla poesia su argomenti locali e alle agiografie, i gusti delle elite che gravitavao
intorno ai principali centri di potere politico ed economico del paese smebrano avere espresso vivo
apprezzamento anche verso altri generi letterari, come le opere di carattere lirico ed epico di provenienza
francese ( es. Tristano e Isotta) , le chansone de geste delle Crociate, i cicli bretoni dei racconti cavallereschi
o ancora le prime forme di canzoni a ballo.

SI ritiene che Snorri abbia iniziato a dar vita a questo progetti al ritorno dal primo viaggio presso la corte di
Norvegia (1220) partendo probabilmente dal Computo metrico, un encomio rivolto ai suoi nobili anfitrioni
ordinato in forma di compendio metrico.

Si ha lo sforzo di esaltare la cultura letteraria volgare e paragonarne le mature riproduzioni retoriche a


quelle del latino. Snorri ha anche il merito di aver svelato il senso di molti tratti enigmatici della mitologia
locale, allusi nelle kenningar scaliche e nella poesia eddica.

Il contraccolpo sulla cultura locale provocato dalla crescente affermazioni delle traduzioni in volgare dei
romanzi cortesi di tradizione anglo-francese. La nuova letteratura di traduzione ando a intaccare il
complesso sistema norreno di integrazione tra lingua, valori, generi e sottogeneri letterari. La varietà e la
vitalità del nuovo genere letterario di itriaduzione riuscirono a mettere in ombra i tradizionali paradigmi
culturali e politici celati dietro il canone scaldico, amplificando una crisi alla quale Snorri potrebbe aver
cercato di porre rimedio attraverso la composizione di questo singolare lavoro, che si colloga in posizione
intermedia tra il manuale, l antologia e la creazione autonoma.

Non e possibile ignorare l enfasi propagandistica e le auspicabili ricadute politiche personali di un lavoro
schierato verso la fazione aristocratica ostile al giovane Hakon guidata dallo jarl Skuli, che usci sconfitta
dalla guerra civile norvegese provocando tra le varie conseguenze la morte dello stesso Snorri. Completata
in un epoca di forti tensioni sociali, SNE rivela le ambizioni del proprio autore gia a partire dallo stretto
legame con la Norvegia e con la sua monarchia. Vi è motivo quindi per credere che il progetto di Snorri,
improntato al recupero della tradizione scaldica in funzione didattica e ideologica, nascesse gia sconfitto
nelle sue premesse. I Dati sembrano infatti evidenziare che nell idea di monarchia e di rinascita culturale
ocncepita nei circoli di corte norvegesi a favore di iniziative culturali che privilegiavano intenti didattici e
intrattenimento coniugati a favore ecclesiastico e all adeguamento a criteri sociali e giuridici del
ordinamento feudale europeo, simboleggiati ad esempio dalle traduzioni dei romanzi cavallereschi o di
opere etico-politiche come lo Speculum regale.

5.1 TRADIZIONE MANOSCRITTA E STRUTTURA DI SnE

SnE si è conservata in una serie di manoscritti, nessuno dei quali rappresenta l originale.

Nessuna redazione della SnE si è conservata dal 1400 al periodo della Riforma e il drastico declino nella
poesia scaldica durante il XV secolo coincide con la crisi della versificazione, la progressiva semplificazione e
il confinamento di questo canone poetico nella sfera delle rimur, nuovo genere di successo accanto a poemi
religiosi composti nel metro rimato hryhent. Dal XVII secolo, che in Scandinavia coincide con il fenomeno
umanistico del Goticismo, si assiste a un rinnovato interesse verso le antichità locali tra le quali il lavoro di
SNorri, a cominciare dall edizione dell Edda profondamente rimaneggiata e realizzata da Magnus Olafsson,
per proseguire nello stesso secolo con altri 44 manoscritti contenenti questo lavoro, ai quali se ne
aggiunsero circa una novantina nel XVIII secolo. SnE si divide in tre porzioni principali, anticipate da un
PROLOGO . Esso tende a ridimensionare in senso evemeristico la statura delle divinitò e delle loro gesta, a
un tale livello che ne è stata messa ripetutamente in discussione la paternità di Snorri – lasciando dunque
ipotizzare un inserimento posteriore da parte di autori ignoti. In quattro manoscritti, infine, l aggiunta di
liste metriche di sinonimi poetici (le |pulur) , dopo gli SKald da parte di anonimi documenta l elevato
interesse ancora registrato in Islanda da opere di argomento poetologico.
- PROLOGO Dopo l iniziale preambolo che registra gli echi del Genesi biblico, a proposito dell origine
del mondo, Adamo ed Eva e il diluvio, Snorri si sofferma sulla diversita delle lingue e sul mito della
Torre di Babele, ricorrendo al topos dell incapacita di dare un nome all unico vero Dio per l
eccessiva attenzione verso la ricchezza e la mondanità. Seguono la triplice suddivisione del mondo,
con l Asia che rappresenta il centro riconosciuto d bellezza e abbondanza: qui, vivono gli Asi, in
origine re e d eroi apportatori di gloria e benessere, successivamente innalzati al rango di divinità.
Gli Asi ( Saturno, Priamo e i discendenti, |porr, Voden) sono detti risiedere in Turchia, a Troia. Alla
loro migrazione verso Nord Ovest europeo viene ricondotta la nascita del politeismo e dell idolatria
scandinavi, omologati al paganesimo classico e inseriti in una cornice di naturalismo filosofico e
proto-monoteismo, al fine di suscitare un atteggiamento di indulgenza e benevola comprensione
verso la precedente cultura locale. Una lunga sezione genealogica conclusiva è dedicata ai
discendenti dei sei figli di Odino
- -IL PRINCIPIO/LA CREAZIONE SECONDO GYLFI. Titolo controverso di un racconto nel quale la
mitografia norrena diviene occasione per lambire temi di storia e di teologia. Una maga della stirpe
degli Asi viene raggirata ai danni di re Gylfi di Svezia. L’occasione della disputa verbale tra Gylfi e la
triade (Alto, l Ugualmente Alto e il Terzo, atrettanti epiteti di Odino ) è il preludio alla descrizione
dei miti cosmogonici scandinavi, del ordinamento topografico del cosmo, di divinita e di esseri
soprannaturali con relative storie, della decadenza morale del Creato e della sua dissoluzione
catartica tra le fiamme ( i Ragnarok); questi tasseli qui sottointendono il rilancio del ruolo della
monarchia norveogese nel contesto politico e culturale eurropeo. Nella conclusione del capitolo
Snorri denuncia la natura menzognera dei culti tradizionali, con la truffa degli Asi usurpatori dei miti
delle divinita da essi adorate e la clemente condanna di ingenuita verso gli antichi scandinavi.
- DIALOGHI SULL ARTE POETICA Suggerisce una relazione funzionale tra il tema della dizione poetica
e la relativa veste metrica. L analisi d i diverse categorie retoriche, come ad es. heiti, kennigar o i
molto meno chiari fornofn. A cio si aggiunge l interpretazione di un estesa serie di kenningar e heiti
desunti da versi di una settantina di antichi scaldi e suddivisi per campi semantici. Suggerisce uno
scarso adeguamento alla tradizione grammaticale latina oltre all impressione che l opera fosse
ancora in fase di eleborazione al momento della morte di Snorri, ipotesi che si accompagna alla
possibilita di interpolazioni e aggiustamenti successivi operati da autori anonimi.
- COMPUTO METRICO , opera autonoma in forma di poema dal significato culturale. Si suddivide in
tre encomi distinti dedicati allo jard Skuli, consigliere del re di Norvegia, e in misura minore, al
giovane re e genero di Skuli, Hakon IV Hakonarson, entrambi anfitrioni di Snorri nel suo primo
soggiorno norvegese, durante il quale egli riceve dal sovrano l investitura a ‘uomo di fiducia della
tavola reale’. Qui l inevitabile celebrazione propagandistica della monarchia si svolge attraverso
inedita (per Snorri) legittimazione divina del potere politico. A Skuli, all epoca vero mattatore del
regno e al cui tentativo di rovesciare il giovane re Snorri decise di legare il proprio destino, si
rivolgono delle strofe. Da questo si delinea la posizione dell autore che individua nelle irregolarità e
nella maggiore libertà metrica degli scaldi piu antichi la possibilita di nuove varianti. Si parla di : 1-
definizione delle forme 2- regolamentazione semantica sintattica 3- regolamentazione delle
peculiarita fonematiche di ricorrenza 4-metri allitteranti brevi 5- metri rimati 6-metri piu semplici
senza rima.

6. LE RIMUR

Concomitante al declino della poesia di tono scaldico, la fine del XV secolo registra forse la fase piu acuta di
crisi anche del genere della saga, parzialmente tenuto in vita dalle SAGHE DEL TEMPO ANTICO. Il favore del
pubblico sembra allora orientarsi verso un canone poetico innovativo originato verosimilmente gia nella
seconda meta del XIV secolo, come attesta il piu antico esemplare, conservato nel gia citato ms.
Flateyarbok. SI tratta delle RIME (rimur), lunghe canzoni di strofe rimate di tono per lo piu epico e talora
anonime, piu semplici dei versi scaldici e spesso abbinate alla recitazione orale. Quasi un migliaio di
esemplari sono a tutt oggi conservati, 226 dei quali datati fino al XVIII secolo.

Frutto di una tradizione assimilabile ai romanzi metrici di menestretti/giullari del Basso medioevo, queste
creazioni rielavoravano in forma metrica ( di solito settenari e ottonari, come piu tardi nelle ballate) il
materiale in prosa presente nelle saghe, priva di formule poetiche con una sintassi meno articolata.

Con buon anticipo nei confronti del fenomeno della ballata europea, classica , di ispirazione popolare , la
possibilita di essere accompagnate dal canto (musica e danza) da parte di eventuali gruppi di esecutori,
rendeva le rimur particolarmente gradite ad un pubblico piu vasto, liberandolo eventualmente dall esigenza
di leggere le parole da un testo scritto e rendendolo un interessante fenomeno folcloristico, il cui successo
si protrasse addirittura fino al XIX secolo, con centinaia di composizioni.

Il loro andamento è segnato da una scansione precisa degli eventi e delle singole sezioni, ordinati in una
serie di tipologie metriche di provenienza anche straniera ( come l innologia latina), inizialmente semplici
ma progressivamente sviluppatesi nei secoli in forme molto piu articolate degli stessi metri scaldici. L
anarrazione e introdotta da una presentazione formale piu o meno estesa, talvolta indirizzata alle dame in
ascolto, con versi di tono lirico e sentimentale ribattezzati con l antico appellativo di mansongr (canto
amoroso), in quest epoca non piu colpiti dalla censura dei secoli precedenti, l addove l influsso diretto del
Minnesang tedesco resta una suggestione ancora in cerca di conferme. C’è il richiamo a un uditorio
qualificaot, al quale il narratore si rivolge con frequenza in riferimento alla propria creazioni , alle fonti del
racconto o alle proprie opinioni sull accaduto, introducendo in tal modo quell espressione di autorialita gia
presente nelle strofe degli scaldi. La dizione come gia detto è di tipo scaldico ma con una sintassi piu lineare
e con quartine o distici settenari e ottonari, presenti sia nella trazizione europea continentale sia, dopo il XV
secolo nel ricco patrimonio delle ballate di tono popolaresco, diffuse in Islanda e sulle Faeroer fino a Svezia
e Danimarca. Denso è il ricorso a ingredienti della dizione scaldica come heiti e kenningar, sebbene espressi
in una veste generalmente piu intuibile rispetto ai modelli tradizionali.

La quasi totalita del materiale rielabora temi e composizioni precedenti, soprattutto saghe ( IN particolare
SAGHE DEI CAVALIER E SAGHE DEL TEMPO ANTICO) talvolta seguendo il testo quasi integralmente , a
dimostrazione della grande diffusione e popolarità di quel genere narrativo. Non mancano tracce
provenienti dall Edda poetica e dalle SNE. Grandi gesta eroiche e contro mostri, draghi e giganti, atti di roza
e astuzia in battaglia, spesso motivati dalla conquista di una sposa di rango in attesa del pretendente, sono
al centro di queste creazioni, le quali tuttavia non nascondono una certa predilezione per una disincantata
visione ironica, se non addirittura umoristica degli eventi.

7, LE SAGHE

La saga è una composizione in prosa con una collocazione, difficile o contraddittoria , in categorie
tipologiche predefinite. E ancora tutt oggi impossibile stabilire l effettivo periodo di nascita e diffusione di
queste narrazzioni, ne si è d accordo sulle ragioni della estesa popolarita che esse risvossero
prevalentemente in Islanda e in Norvegia.

7.1

E’ presumibile che nelle prime fasi (IX X secolo circa) la circolazione di un numero imprecisato di queste
storie siano state composte e recitate oralmente, come sembra suggerire l etimologia del nome (narrare) ;
anche se quello che lega la prosa all oralità confina il confronto all ambito folcloristico del racconti popolari
(p.429)

Ancora nella metà del XIII secolo infatti il I TG non annovera le ssaghe tra le prime forme di
documentazione scritta, salvo considerare le agiografie e le genealogie e la storia locale.
A un primo impatto, lo stile della maggioranza delle saghe sembra infatti ispirarsi consapevolmente alla
forma orale, solo un po piu elaborata. L’anonimato della stragrande maggioranza delle saghe rappresenta
un enigma non chiarito, suggerendo tra le possibili risposte che l autore di queste opere godesse di un
prestigio minore e di un ruolo subalterno di mero compilatore, rispetto alla condizione di scaldo. Eppure,
queste creazioni sembrano coincidere con il processo di sviluppo economico – sociale e di maturazione
culturale europea registrati tra il XI e il XIV secolo : il miglioramento delle tecniche di sfruttamento agricolo
e l incremento delòle attivita artigianali e degli scambi commerciali su scala estesa produssero un
allargamento delle fasce sociali e delle relative aspirazioni.

Forse nessunaltra creazione letteraria del medioevo occidentale è paragonabile alle saghe quanto alla
precisa descrizione dei rapporti interpersonali e sociali, tanto da indurre mezzo secolo fa, Jorge Luis Borges
ad attribuire agli Islandesi la ‘scoperta’ del moderno genere letterario del romanzo. Per l attenzione quasi
chirurgica al dettaglio a ll intreccio tra microstoria e macrostoria (story e history), esse rappresentano uno
strumento privilegiato per entrare in contatto con la società, la cultura e l ideologia islandesi e norvegesi,
accanto ad agiografie, encomi, materiale devozionale e forme apparentemente estreme e allegoriche dle
fantastico e della superstizione tipiche delle cosidette SAGHE DEL TEMPO ANTICO, Che non smentiscono l
immagine severa e pragmatica della civiltà vichinga e post vichinga.

Se una porzione considerevole di saghe manifesta un radicamento variamente riconducibile alla tradizione
orale locale, ciò non esclude l esibizione tutt altro che limitata di rielaborazioni fantastiche e riadattamenti
eroici del patrimonio letterario europeo di epoca contemporanea : - latino medioevale( dall agiografia al
ciclo troiano di Darete Frigio) – francese, le chansone de geste e le leggende lirico-cortesi di Tristano e
Isotta; - germanico orientale ( con la memoria leggendaria e ideologica di Sigfrido, uccisore del drago, o di
Teodorico il Grande, re dei Goti d Italia).

Il fenomeno della saga prende verosimilmente avvio con materiale attinto dalle traduzioni dal latino di
storie, tradizioni e miracoli piu antichi di santi, martiri e beati della Chiesa Cristiana, dunque cio che era
meritevole di essere letto o declamato almeno fino all avvento della Riforma protestante.

Le vite dei senti e le omelie non rappresentano i documenti migliori o piu invitanti della letteratura
islandese. Solo occasionalmente ssse esprimono le riflessioni o i talenti artistici degli Islandesi e non dicono
poi molto neanche sulle tradizioni e le antichita locali, ma tuttavia rivestivano un peso assai maggiore per gli
Islandesi del XII secolo che non per noi oggi. Queste opere furono le prime bografie scritte note agli
Islandesi, i quali da esse impararono come trascrivere nei libri storie di vite e narrazioni fantastiche. Esse
aiutarono gli Islandesi a sviluppare uno stile letterario nella propria lingua, fornendo loro i mezzi per
esprimere i propri sentimenti in forma scritta. In sostanza, la letteratura erudita non insegno agli Islandesi
cosa pensare o esprimere, ma come dirlo. E improbabile che le saghe dei re e degli Islandesi perfino quelle
degli antichi eroi, sarebbero mai state realizzate nella forma attuale se dfiverse generazioni di islandesi non
fossero entrate in contatto con la narrativa agiografica.

Si tratta di considerazioni espresse forse in termini eccessivamente netti e fiduciosi, non ancora investiti dal
faticoso processo di revisione della memoria collettiva islandese.

Le Vite restano il profotto letterario piu popolare dell Occidente medioevale, come rivela anche in
Scandinavia il numero dei manoscritti che le tramanda, addirittura superiore a quello delle Saghe degli
ilsandesi e delle saghe dei contemporanei. Le agiografie erano oggetto di celebrazione e recitazione nei
refettori monastici, cosi come nei giorni di festa intitolati al singolo santo o patrono, favorendo in
Scandinavia la promozione di biografie di sovrani e membri dell aristocrazia, divenute un genere autonomo
di successo messo in forma scritta dal XIII secolo. Molto popolari anche in Islanda, le vite degli Apostoli
circolavano in manoscritti.
Contadini, santi e sovrani, principi, poeti e pirati islandesi, norvegesi o delle colonie nelle Isole britanniche
sono i protagonisti privilegiati ( singolarmente o con le rispettive famiglie o per singoli distretti) di numerose
storie, piu antiche o coeve, narrate in lingua volgare sia nelle saghe sia in un centinaio circa di piu brevi
storie e anneddoti PATTR, PAETTIR al plurale. Sono dei racconti brevi, interpolati nelle piu ampie saghe al
filone principale per creare intenzionalmente una cesura fonte di eloquenti parallelismi, con finalita
ideologiche di natura storica o religiosa.

I paettir vedono coinvolti uomini liberi ( per lo piu) islandesi e sovrani norvegesi, impegnati in
contrapposizion i e falde, in conflitti religiosi collegati alla conversione e in viaggi esotici o imprese eroiche
accostabili sia alle saghe familiari sia alle saghe del tempo antico, una fisionomia narrativa nella quale Harris
(1972) individuo uno schema ricorrente. Sono dei microtesti prodotti ancora nel XV secolo, tralaltoro in
grado di esprimere strategie comunicative di probabile influsso straniero, come nel caso dei flashback in
forma di racconti retrospettivi in prima persona.

7.2 INTERPRETAZIONE DELLA SAGA

La commissione di una saga tuttavia presentava un operazione di prestigio politico e sociale prima ancora di
un impresa economicamente onerosa. Una simile iniziativa garantiva sicura visibilita ai clan associati in un
regime oligarchico di potentati, i quali, in assenza di una monarchia centralizzata e di un potere esecutivo,
concorrevano al mantenimento del delicato equilibrio politico-giuridico e al controllo territoriale sull isola.
Questi prodotti vengono considerati veri e propri strumenti di solidarieta e di autopromozione politica.

Accanto all informazione e a una esigenza condivisa di difesa della memoria culturale, la narrazione di
storie e anneddotti su eeventi e personaggi non e’ mai venuta meno ai fini dell intrattenimento. Non
stupisce quindi che nel testo di una saga sia possibile rinvenire frammenti, strofe o poemi scaldici. In linea
teorica non si puo comunque escludere che la presenza di segmenti metrici nelle saghe possa trovare una
propria ratio in concomitanza con la nascita stessa di queste creazioni, laddove si considerasse la loro
origine come una dilatazione in prosa di sezioni narrative cantate e trasmesse proprio attraverso i versi o la
prosa ritmica, una veste decisamente piu consona all oralita.

Non tutti i sottogeneri nei quali i moderni hanno ritenuto di classificare le saghe rtrattano i versi allo stesso
modo. Come sottolinea con il consueto acume Jesh (2001) , Le saghe dei re sembrano la categoria
maggiormente interessata a legare con puntualita i versi di scaldi professionisti a determinare vicende
storiche senza introdurre sostanziali novita sul piano biografico o conseguenze a carico della trama .
Viceversa, i compilatori delle saghe degli islandesi sembrano piuttosto inclini a inserire strofe di celebrati
scaldi per finalita che scludono l amplificazione dell onore familiare e l auspicio di ricadute sociali pi o meno
immediate. In questo gruppo si saghe l introduzione di versi e informazioni ivi contenute assolve in modo
forse piu efficace al movimento generale dell azione e della trama al di la del procedimento di costruzione
ideologica di un passato familiare. Anzi , proprio questo sottogruppo finisce per esprimere un filone di
saghe imperniato sulla iografia di altrettanti scaldi e dei relativi rapporti con il potere. Ancora diverso poi è
il caso delle saghe del tempo antico, la cui elevata densita di versi eddici e a l servizio del forte afflato
antiquario che le distingue, con una decisa transizione del loro orizzonte narrativo verso il piano finzionale.

Le saghe hanno uno stile sobrio, spesso arricchito da una fitta componente dialogica, e una tecnica
narrariva lineare e immediata , una caratterizzazione dei personaggi absata pi sulle azioni che sulla
descrizione psicologica e in contatto pragmatico con la quotidianita o il frequente richiamo al topos della
faida con le sue rigorose partizioni I FAIDEMI, o gli ideali e le convenzioni in mezzo ai quali i protagonisti
agivano e morivano.
La catena di azioni e reazioni fornisce cosi la motivazione per altrettante gesta, permettendo alla narrazione
di soffermarsi anche diffusamente su elementi che agiscono da contorno a un personaggi o ai suoi nemici –
un antica vicenda relativa a un antenato o la natura dei vincoli con gli alleati, non disdegnando di
approfondire le genealogie degli immancabili antagonisti ( diretti e indiretti) o del sovrano allora in carica.

Accanto al confronto scaturito dalla struttura interna della saga, un dibattito parallelo che nei decenni ha
talvolta generato aspre contrapposizioni ha inoltre riguardato le tipologie stilistiche fondamentali
comunemente individuate nella letteratura prosastica norrena , a proposito di : - stile semplice,
popolaresco ( talora etichettato come stile della saga) e peculiare delle prime agiografie; - stile colto, piu
tipico della tradizione ecclesiastica o omiletica;; stile cortese / di corte ; accanto ai precedenti è stato
talvolta riconosciuto un quarto e piu raffinato stile ornato o florido.

Da un lato le saghe tradotte, composte in uno stile erudito per influsso del latino, e dall altro quelle
originali, realizzate secondo lo stile del parlto. Piu tardi si affermarono le saghe locali, sviluppatesi in una
lingua e in uno stile influenzati dalla letteratura colta, in particolare dalle agiografie.

Gli esponenti della cosiddetta scuola della teoria della prosa lipera sottolineavano il significato
primariamente orale delle saghe ( sottointeso in modo esplicito in molte narrazioni) , il cui nucleo sarebbe
stato oggetto di una articolata trasmissione attraverso generazion idi cantori, per essere solo piu tardi
registrato in forma scritta. Questo contemplata l ipotesi che alla base della saga vi fosse l unificazione
spransiva di fatti ed eventi limitati ( i gia citati !^|paettir), successivamente riuniti a formare un racconto piu
generale imperniato sulla escalation di un conflitto.

Avversi a questa interpretazione, gli aderenti alla cosiddetta teoria della prosa scritta rintracciavano nelle
saghe il prodotto di una intertestualità

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