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CARLO EMILIO GADDA


Carlo Emilio Gadda era un romanziere e saggista, ed ingegnere, forzato dalla madre per mantenere alto il livello della
famiglia. La narrativa di Gadda parte da un elemento emotivo che poi diventa linguistico: il dolore, l'insofferenza, la
rabbia, il desiderio di vendetta. La vocazione originaria di Gadda era quindi la forma del diario e tutte le sue opere
saranno munite di una carica autobiografica ma che varia ambientazione e mascherata dalla comicità. La sua scrittura
parte da pochi nuclei tematici. Nelle sue opere è presente una struttura discontinua e una tendenza alla divagazione,
quindi tende ad essere un autore di frammenti, proprio per questo firmerà solo romanzi incompiuti: è lo scrittore del caos
(groviglio). Nel 1975 nelle lezioni americane (V) Calvino, paragona Gadda a Joyce, comicità grottesca, dall’oggettività del
mondo alla soggettività esasperata, nel 1960 Calvino pubblica ‘il mare dell’oggettività’ dove riflettere una scrittura che
porta il disordine del mondo sulla pagina, tra gli scrittori che interpretano il mare dell’oggettività c’è anche Gadda. Non
parla male di Gadda, lo cita come un qualcosa di pregevole ma la distanza rimane sempre molto forte. Dato il suo
percorso di studi, la passione per la scienza si noterà nelle sue opere, queste materie lo attraggono e spiccherà tra gli
scrittori proprio per questa formazione non letteraria. Gadda è uno di coloro che insiste nell’entrata dell’Italia in guerra
(Marinetti, D’Annunzio) e si candida per essere arruolato, per lui l’esperienza della prima guerra mondiale è l’esperienza
della vita, come per tanti altri autori del periodo. Gadda scrive che in guerra ha passato alcune delle ore migliori, ‘questo,
anche se trema la terra, si chiama felicità’.
Nel 1955, infatti, pubblica 'Giornale di guerra e di prigionia', per tutti gli anni della guerra riempirà 6 quaderni con il suo
diario dove inizia a mettere alla prova la sua tendenza da scrittore. Gadda non simpatizza per il popolo, non è socialista,
è una buona fonte della borghesia italiana del tempo. In questo suo diario dimostra la sua personale mania dell'ordine
che renderà problematico il suo adattamento nel mondo e questo si proietta sugli altri, la sua descrizione di ciò che lo
circonda è piena di rabbia e realismo. Nella rotta di Caporetto Gadda non vede una tragedia perché sarà fatto
prigioniero, quella sconfitta è segno dell’inefficienza dell’esercito italiano che disprezza e definisce indisciplinato ed
incapace. Essendo un ufficiale non muore ma nella prigionia tedesca passerà degli anni molto difficili, al tempo si trovava
in una baracca con altri due giovani scrittori che erano più conosciuti di lui. Il senso di colpa sarà un sentimento sempre
presente nella narrativa gaddiana e che segna il rapporto tra lo scrittore e la realtà. Avvenimento chiave è il finale di
questo diario, scritto nel gennaio del 1919: la morte del fratello, da qui Gadda si sentirà sempre un sopravvissuto che ha
preso il posto di chi avrebbe più meritato di vivere perchè più adatto alla vita. La vita in famiglia per l'autore è molto
difficile, soprattutto dopo la morte del fratello, per questo farà l’ingegnere in giro per il mondo dopo essersi laureato al
politecnico di Milano, fuggendo sempre dalla famiglia. Si sposta in Argentina dove vivrà fino al 1940; qui lavorerà come
ingegnere e nel tempo libero scrittore (ha conosciuto il Sudamerica e alcuni aspetti dei suoi racconti rispecchiano dei
dettagli di ambientazioni tipiche di questi luoghi). In questi anni (1924) trova un’altra passione che è la filosofia, si iscrive
all’Università di Milano e studierà per anni con ottimi voti, lascia però incompleta la tesi e non si laurea; questi studi però
sono sempre presenti all’interno di tutte le sue opere. Gadda era un lettore appassionato dei grando autori dell'Ottocento,
insiste sull'autenticità della scrittura di Manzoni, ne rivede una deformazione barocca, che poi diventerà presto centrale

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nella narrativa gaddiana: la sua scrittura ferma e sceglie come grandi metafore della vicenda del cosmo delle parvenze
rappresentative della società che muovono il referto al grottesco. Il barocco era un grande tema della critica, Gadda lo
prende come un insulto negando sempre di esserlo, in questo periodo storico (anni 20/30) il barocco è oggetto di molte
pronunce, tra cui Croce, usato come esempio negativo di decadimento di una cultura. ‘Non è barocco il Gadda, è
barocco il mondo’ era la considerazione sbagliata di Gadda. Secondo l'autore infatti, il lettore non sarebbe in grado di
comprendere il suo romanzo, cerca di dare una motivazione alla rabbia del protagonista che critica la società mimando il
disordine del mondo: non lo fa dicendo che è sbagliato ma imitandola.

Nel 1924 prova per la prima volta a scrivere un vero romanzo per un concorso letterario per romanzi inediti, il vincitore
avrebbe potuto pubblicare un romanzo con la Mondadori, casa editrice molto vicina al fascismo. Il suo progetto
‘Racconto italiano dell’ignoto del Novecento’ oggi lo chiamiamo ‘Quaderno di studi’, ma non concluderà questo romanzo,
che verrà pubblicato postumo nel 1983. In questi frammenti Gadda parla della continuità della vita rappresentata dalla
natura e dalla gioventù. Il protagonista è un giovane fascista: possiede tratti ideologici e psicologici del giovane Gadda,
non simpatizzante verso i socialisti ma che critica profondamente la borghesia del tempo, ha un rapporto con il fascismo
non lineare, inizialmente simpatizza ed idealizza le camicie nere (In 'Eros e Priapo presenta una polemica contro il
Duce). Questo suo primo abbozzo di romanzo presenta la nascita del pluristilismo gaddiano: quell'alternanza di registri
che darà poi tono alla sua prosa futura. A questo pluristilismo si contrappone il desiderio (mai realizzato) di Gadda di
scrivere un grande romanzo tradizionale.

Nel 1928 scrive un corposo saggio di filosofia ‘Meditazione Milanese’, una meditazione sulle forme base della
conoscenza gnoseologia prima, questo libro resta inedito e verrà pubblicato solo dopo la sua morte, questa parte di
filosofo verrà abbandonata ma rimarrà importante per definire le sue caratteristiche da scrittore. In questo saggio
riprende Spinoza e Leibniz di cui era appassionato, vuole risalire dai fenomeni alle cause.
Nel 1929 scrive un romanzo intitolato ‘la meccanica’, un tentativo inedito di romanzo abbastanza elaborato che sarà
pubblicato dopo la sua morte, nasce come rappresentazione satirica dell'ambiente milanese, a livello familiare e socio-
politico, rispetto a 'Giornale di guerra' c'è uno sforzo documentario, nella tradizione naturalista.

Nel 1931 grazie a uno dei suoi compagni di prigionia, fa parte di una rivista ‘Solaria’, sulla quale Gadda pubblicherà il suo
primo racconto a 33 anni (esordio molto tardivo): 'La Madonna dei filosofi', alcuni capitoli sono una ripresa dei suoi vecchi
scritti, questa costruzione evoca discontinuità, questa frammentazione investe anche il linguaggio dove è presente un
vortice di espressioni orali e dialettali, tecnicismi etc. La terza sezione del romanzo: 'studi imperfetti' presenta il trauma
della morte del fratello con il timore di non essere adatto alla vita. Come altri romanzi gaddiani, è presente l'elemento
dell'omicidio, tema di cui Gadda si interesserà spesso (topiche moderne).
Esce nel 1934 ‘Il castello di Udine', per le edizioni di Solaria e l'Italia letteraria e gli garantisce una certa notorietà poiché
gli viene conferito il Premio Bagutta, un riconoscimento che gli assicura una fama a livello nazionale. La novità dell'opera
sono le annotazioni Gadda fa, con lo pseudonimo di Feo Averrois (citazione alla Divina Commedia), note di carattere
formale e linguistico per chiarire il suo lessico ma ci sono anche note che ampliano o contraddicono il testo. Il tono
generale è umoristico e critico, questa tendenza metaletteraria è confermata dal pezzo inaugurale 'tendo al mio fine',
espressione lirica della propria amarezza, che diventa un tratto caratteristico della scrittura gaddiana: la vita è deformata
dal male oscuro e la letteratura deve portarla alla luce. In questo romanzo è importante la ripresa della guerra legata
anche alla morte del fratello Enrico.

Tra il ’32 e il ’36 scrive due racconti importanti, ‘gli incendi di Keplero’ e ‘San Giorgio in casa brocchi’, racconti di uno
scrittore che tende al grottesco ma ormai esperto, ha momenti lirici sempre molto rarefatto stilisticamente ma c’è questo
passaggio da risata grottesca a poetica, appaiono molto in sintonia con 'L'Adalgisa'.

per riassumere:
In Gadda sussistono vari approcci letterari: La rappresentazione mimetica del mondo, Gadda
si autodefinisce “l’infimo Zolluzzo di Lombardia” citando il celebre naturalista francese. La
vena scolastica: Gadda, al contrario della maggior parte degli autori e dei letterati a lui
precedenti e contemporanei, non ha una formazione classico-filologica, ma tecnico-scientifica.
Non studia lettere e non si forma sui grandi maestri classici, è un discreto lettore ma non
passa le giornate in biblioteca, frequenta i circoli letterari ma in qualche modo non riesce ad
integrarvisi perfettamente. Il suo approccio alla letteratura è, per la maggior parte della vita,
semi-amatoriale, relegata a passione e subordinata al dovere della professione di ingegnere.

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Questa caratteristica comporta una assai visibile vena scolastica che non abbandona mai del
tutto il suo modus scribendi. La deformazione: portando all’iperbole e all’estrema tensione un
oggetto Gadda è in grado di scomporlo in tutti i suoi livelli e di analizzarlo approfonditamente,
mettendo in luce le sue cause e le sue conseguenze.
Questione della lingua e dello stile: ancora importante all’epoca di Gadda. Rimane aperto il
problema della lingua della letteratura, iniziato già alla fine del Trecento e mai chiuso
definitivamente. Anche Gadda parla di questo problema. Non potendo scegliere una lingua
unica in grado di soddisfare tutte le necessità del caso adotta vari linguaggi (italiano classico,
italiano lirico, italiano letterario, italiano basso, italiano giuridico, italiano tecnico-scientifico,
spagnolismi, francesismi) creando una lingua polimorfica, fatta di più registri e stili amalgamati
insieme. Spesso questa variazione di stile resta disomogenea, e la distinzione tra i vari registri
è spesso segnalata da cesure nette e da un forte attrito stilistico. Un'altra scuola letteraria
sceglierà di utilizzare un solo registro, cercando di evitare disomogeneità linguistiche e
stilistiche e di adottare, al contrario, uno stile perfettamente lineare, priva di salti, di sbalzi
stilistici. A questa scuola appartengono, per esempio, scrittori come Calvino.

Per quale motivo Gadda è uno dei meno letto tra i grandi autori italiani? La sua scrittura non è
mai piatta, per alcuni è fin troppo cesellata ed elaborata a livello del lessico ma soprattutto al
livello della sintassi. Oggi i lettori chiedono ai testi di essere semplici e chiari: se non lo sono
allora non sono belli. La produzione letteraria contemporanea si adatta alle aspettative banali
dei lettori e deve essere in grado di fare concorrenza alle altre forme di intrattenimento.
Noi studiamo letteratura per trovare in essa qualcosa di diverso, non ciò che ci aspettiamo,
non ciò che si adatta ai nostri bisogni. Il mondo della borghesia di Gadda non ha nulla a che
fare con noi. Gadda ce lo riporta attraverso una lente che lo distoglie ma di fatto quella
borghesia autoritaria, moralistica, patriottica e religiosa esisteva davvero. È interessante
andare a scoprire la storia tramite la fonte offertaci dalle opere letterarie, tanto che anche gli
storici ne usufruiscono

Nel 1958 Garzanti pubblica ‘Quer pasticciaccio brutto de via Merulana’, scritto a puntate, è un poliziesco. Romanzo quasi
verghiano presenta una voce che emerge dalla Roma popolare e dialettale dove la vicenda si svolge. Sono presenti
molte divagazioni satiriche e storiche sulla nuova Italia fascista e su Mussolini.

Nel 1955/1963 Einaudi lavora per pubblicare ‘La cognizione del dolore’. I romanzi di questo periodo sono romanzi molto
difficili da leggere e interpretare. Gadda è uno scrittore in ritardo, con uno stile considerato terminato (Proust, Joyce), la
storia del romanzo italiano è una storia di ritardi, come anche Manzoni.

LA COGNIZIONE DEL DOLORE


Nel 1937 dopo la morte della madre, Gadda inizia la stesura della Cognizione del Dolore, come se fosse la
rielaborazione della propria giovinezza e della relazione con la madre, con la quale non ha mai avuto un rapporto sereno,
e proprio in quell’occasione vende la casa d'infanzia. Prende forma una prima bozza de “La cognizione del dolore”,
romanzo che verrà pubblicato sulla rivista “Letteratura” tra il 1938 e il 1941. Oltre alla celebre introduzione di Contini,
l’edizione Einaudi contiene anche una celebre nota editoriale, scritta in forma di dialogo e intitolata L’Editore chiede venia
del recupero chiamando in causa l’Autore, in cui sono narrate le travagliate vicende del romanzo. L’editore in alcuni tratti
interrompe la frase e viene continuata dall’autore, quando il romanzo va in stampa la prefazione viene divisa da Gadda in
un dialogo, spiazza in attesa di chi legge, sperimenta con le forme del dialogo. Sembra un dialogo ma in realtà è un testo
finito. Due sono i temi di questo dialogo preliminare: l'aggressività ricorrente di Gadda contro un mondo inadeguato e il
rapporto problematico con la famiglia. Gadda mette al termine del volume una poesia ‘Autunno’, questo riesce a dare un
certo senso di compiutezza, rappresenta un senso di distacco dalla gioventù e dai traumi passati, possiamo notare come
la Cognizione possa essere stata in un certo senso anche terapeutica per l'autore; si potrebbe definire un Libro-Bilancio
di un’intera vita e di un problematico rapporto con la famiglia, La cognizione del Dolore nasce dai fantasmi gaddiani più

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antichi, dall’ossessione feudale della casa e dal rimorso nei confronti della madre morta. Nel 1970 esce una quarta
riedizione della cognizione del dolore, dove vengono aggiunti gli ultimi due tratti del romanzo che comunque sembrano
lasciare quasi incompiuto il romanzo.
Il titolo è tematico, si parlerà della cognizione del dolore, potrebbe alludere ad un libro famoso del tempo di Paolo
Mantegazza (scienziato): ‘la fisiologia del dolore’. Molti studiosi hanno cercato delle allusioni bibliche da un tratto
dell’antico testamento: colui che accresce la sua conoscenza, accresce il suo dolore, l’esperienza della sua conoscenza
è l’esperienza del suo dolore. Gadda ci da una spiegazione al titolo del romanzo che va interpretato alla lettera:
cognizione è il lento processo cognitivo di avvicinamento alla conoscenza, non c'è progressione, come nel romanzo
stesso. È un romanzo che non racconta nessuna storia (inizio-sviluppo-fine), non dà un senso a ciò che succede come
nella narrazione ma in questo periodo si cerca di rappresentare la progressiva caduta di quella determinata classe
sociale tramite una mancanza di sviluppo narrativo. Questi romanzi non hanno un tempo, ad esempio nell’Ulisse di
Joyce, dove è presente la staticità del racconto. Nella cognizione il tempo c’è, denominato con date, stagioni etc., ma
non si capirà mai bene cosa avviene in quel tempo perché il libro è una grande dichiarazione dell’impossibilità di creare
un romanzo di formazione e anzi, si forma un romanzo di deformazione (progressivamente ci distruggiamo).
La Cognizione del dolore alterna e sovrappone continuamente materiali attinge diverse lingue straniere, ma anche ai
dialetti, sfrutta diversi linguaggi settoriali o tecnici. Questi molteplici materiali sono adibiti dall'autore all'interno di tre
registri principali. Il primo, "umoristico", forma la struttura portante della scrittura gaddiana. Logico-razionalistico che
deriva dalla formazione filosofica dell’Ingegnere e nella Cognizione è legato a riflessioni molto vicine alla psicoanalisi
(cap VI). Questo registro non esclude gli apporti lessicali più diversi, legati alla filosofia, medicina, latino.
Lirico-alto che è definito da Gadda stesso, enfatico, tragico e simbolistico e che in questo romanzo ha un ruolo
importantissimo. Nelle pagine centrali del romanzo, infatti, Gadda usa un registro sublime e lirico, si tratta infatti delle
pagine dedicate al rapporto (tragico) fra Madre e Figlio. (cap V).
Il romanzo ritarda l'entrata in scena del protagonista di un centinaio di pagine e riempie questo spazio lasciato vuoto con
materiali in apparenza non pertinenti: dopo aver accennato alle vicende provinciali di vigilanza per la notte senza
eccezione per i mutilati o i "sordi di guerra": prende poi a raccontare la storia della guardia notturna Pedro Manganones
alias Gaetano Palumbo che si finge sordo per ottenere una pensione di invalidità (Il romanzo accoglie inoltre un richiamo
alla vicenda personale dello stesso Gadda anche nel ruolo dei Nistitúos provinciales de vigilancia para la noche: è qui
contenuto infatti un riferimento satirico e amaro all’insofferenza dell’autore nei confronti della “protezione” squadrista
offerta dal fascismo). Interrompe questa divagazione per inserirne un'altra sulle ville della Brianza; passa da una villa
particolare, dei Bertoloni, già dimora del grande vate nazionale Carlos Caconcellos (parodia di Gabriele D'Annunzio e del
Vittoriale) e ora più volte colpita dal fulmine; per giungere infine al medico del paese, che conosce ulteriori sviluppi della
storia del Manganones e si presta a far visita a Gonzalo. La vicenda del finto sordo, già diviso in 2 frammenti e ora
interrotta per riprendere la trama principale, sarà recuperata in chiusura del capitolo 4, quando il medico racconterà al
suo paziente come Pedro sia stato smascherato dal colonnello medico Di Pasquale. La prima parte del romanzo si
chiude ponendo al centro di questo digressivo labirinto, la figura del protagonista e la sua confessione in forma di dialogo
terapeutico con il dottore.
STRUTTURA
Il romanzo si divide in due parti per un totale di 9 capitoli. Gadda definisce i capitoli come ‘tratti’, la divisione tra un
capitolo e l’altro taglia in due una stessa scena o addirittura uno stesso dialogo, il motivo è che al tempo i tratti erano
pubblicati su riviste. Il romanzo si divide in scene, tratteremo 5 scene: 1) la visita medica 2) pomeriggio in villa 3) la cena
di Gonzalo 4) la minaccia di morte alla madre 5) aggressione della madre.
TRAMA
28 agosto 1834. La cognizione del dolore è ambientato nell'immaginaria repubblica latino-americana del Maradagàl,
appena uscita da una guerra col vicino Stato del Parapagàl. L'ambiente reale che traspare dalle pagine dell'opera è, per
molti versi, quello lombardo della Brianza, durante il fascismo. (paesaggi e come abitudini, vedi il piatto tipico di ossibuchi
col risotto menzionato nelle pagine del libro). A Lukones, il dottor Felipe Higueróa viene avvisato dal peone José che don
Gonzalo Pirobuttirro d'Eltino lo attende nella sua villa per una visita. Egli è il vero protagonista della storia, (nonché alter
ego trasfigurato di Gadda) che vive da solo insieme alla madre. È una figura autobiografica: come Gadda, è un
ingegnere-filosofo, legge gli autori classici e sta componendo un romanzo; ha combattuto in guerra, durante la quale è
morto il fratello aviatore. Lungo la storia
emerge il triste passato di Gonzalo: per esempio, si viene a sapere che odia il padre defunto, perché volle edificare a
ogni costo la villa, solo per non sfigurare davanti ai ricchi del luogo. Quella casa per Gonzalo è l’immagine
dell’irrazionalità del mondo, costruita com’è in una zona troppo solitaria, con un muretto basso e sbilenco, esposta alle

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incursioni dei malintenzionati. Non gode di ottima fama tra i cittadini di Lukones, i quali lo ritengono iracondo, misantropo
e crudele, nonché avido e vorace. Quando il dottor Higueróa giunge alla villa, dopo aver ascoltato lo sfogo della
domestica Battistina, spaventata a morte dagli eccessi d’ira del padrone di casa: la vecchia donna gli racconta una storia
orripilante di soprusi da parte di Gonzalo sulla povera madre, che vivrebbe nel terrore di questo figlio violento con
chiunque. Il dottor Higueróa, tuttavia, lo visita e non riscontra niente di
anomalo ma lo sollecita a distrarsi. Gonzalo, indifferente agli inviti del dottore, si sfoga. Gonzalo viene descritto
esteriormente per rappresentare tratti del suo carattere come la Monaca di Monza descritta da Manzoni. Il dottore è un
bravo borghese, anche nei confronti di Gonzalo, cerca di accoppiarlo con una delle sue figlie ma Gonzalo non ha
interesse, vive recluso a leggere.
La parte seconda si apre con il capitolo primo in cui domina la figura della madre, di cui si adotta il punto di vista:
anch'ella è in preda all'angoscia, per la solitudine, la vecchiaia, il ricordo del figlio morto in guerra, la presenza
inquietante dell'altro figlio, di cui è tracciato un ulteriore, cupo ritratto spirituale. Nel secondo capitolo la madre e il figlio si
incontrano: si approfondiscono i motivi della reciproca incomprensione e dell'incomunicabilità. Egli è infatti preoccupato
per l’eccessiva generosità della madre e teme per la sua incolumità, visto che è spesso fuori per lavoro. Una soluzione ci
sarebbe: Gonzalo potrebbe abbonarsi al “Nistitúo provincial de vigilancia para la
noche”, un gruppo che offre vigilanza notturna alle ville dei ricchi del paese. Ma l’ingegnere proprio non vuole saperne di
affidare la propria sicurezza, quella della madre e della villa a degli sconosciuti che, tra l’altro, non sopporta e si lamenta
anche dei soldi che se ne vanno in mille rivoli; rifiuta seccamente di pagare i soldi dell'abbonamento di vigilanza. Nel
rapporto di Gonzalo con la madre il risentimento e l'aggressività si aggrovigliano con una tenerezza che si esprime in un
senso di colpa, in un'ossessiva preoccupazione per la fragile vecchia signora. Dopo la morte del patriarca e del figlio
maggiore, ucciso in guerra, ‘’la Signora’’ prende la decisone di terminare la costruzione della villa di Lukones per
sopperire al lutto che l’ha colpita, circondandosi così di contadini, bambini e
borghesi. Tuttavia, questo gesto di generosità causa l’ira del figlio, che nella sua dimora vorrebbe trovare pace e
protezione dal mondo esterno destabilizzato dalle battaglie e, soprattutto, l’amore incondizionato della madre, la quale
sembra averlo messo in secondo piano, privandolo delle attenzioni di cui lui ha bisogno. Difatti, sarà proprio questa
gelosia che porterà Gonzalo a minacciarla di morte, spinto presumibilmente da un complesso di Edipo mai superato. Il
giovane, quindi, di fronte all’apparente abbandono materno, inizia ad essere pervaso dai sensi di colpa per essere
sopravvissuto alla guerra e, chiudendosi sempre più in sé stesso,
Gonzalo è spesso lontano da casa per motivi di lavoro, la madre rimane sola a vagare per le stanze e pensare ai figli.
Una sera Gonzalo torna da un viaggio, lei gli prepara la cena e lo studia timorosa, come se avesse soggezione di lui. Il
figlio ha uno slancio e l'abbraccia, ma l'arrivo del servitore interrompe il momento di affetto. Gonzalo, irritato dal suo
sudiciume e dall'aspetto miserando, lo caccia dalla stanza. Si rievocano altre consimili scene di violenza (Gonzalo
calpesta un ritratto del padre). Qualche tempo dopo, Gonzalo sorprende in cucina la madre con diversi abitanti di
Lukones. Non sopporta tale invasione della sua casa, s'infuria con la madre e la minaccia («se ti trovo ancora una volta
nel braco dei maiali, scannerò te e loro»). Preparata la valigia, parte. La riunione di villici nella villa di Gonzalo è sentita
da questi come un intollerabile oltraggio, una profanazione del proprio luogo di solitudine e di dolore.
Questo romanzo rappresenta una vita che si ripete, senza grandi eventi nella vita della madre e di Gonzalo, è una vita in
prigione, ciclica. È presente il ritrovamento del corpo della madre, aggredita e picchiata da qualcuno mentre il figlio era a
Milano per lavoro, l’ultima frase del romanzo fa capire che la madre muoia, ma il romanzo non ci dice chi sarà il
colpevole dell’aggressione, in una pagina di appunti di Gadda si scrive che probabilmente la madre deve pensare che sia
stato il figlio ad ucciderla dopo aver visto la sagoma di un uomo dalla stessa corporatura: lei lo deve pensare nonostante
non sia stato lui. Chi è stato in realtà ce lo dirà solo in un appunto, non nel romanzo vero e proprio. La madre vera di
Gadda morirà di vecchiaia, ma rappresenta un lutto di cui si sentirà in colpa a causa del rapporto teso tra i due, quindi la
morte della madre di Gonzalo è simbolica e rappresenta il lutto dell’autore.
Le scene ripetitive sono una cornice che serve per designare un ambiente, ciò che importa è il contenuto del romanzo (si
focalizza sul pensiero e non sull’ambiente circostante). Gonzalo è paranoico e fantastica sempre, proprio per questo il
romanzo non sembra statico, non succede nulla negli eventi ma la descrizione del mondo intorno alla casa è pieno di
commenti, satira etc. Gonzalo non si abbona all’Instituos, il fatto di sangue finale c’entra con questa sua scelta?
Potrebbe essere stato Gaetano ad aver ucciso la madre.

Il narratore di Gadda sa tutto ed è molto vicino a Gonzalo. Tutte le voci dicono che Gonzalo è affetto da tutti i peccati
capitali, è pigro, violento con la madre, avaro e vorace. Il narratore dall’alto ci spiega chi è Gonzalo, ne pennella alcuni
aspetti: ‘c’era un lui il problema del male’, il male è contenuto dentro Gonzalo. Gadda lascia delle descrizioni delle
persone molto veloci e non nel dettaglio. Gioco del narratore: non si sa quando parla il narratore o quando parla il
dottore, racconto ambientato in un unico giorno (prima parte almeno) cioè il 28 agosto, ultimo tratto prima parte

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ambientato tutto nella mattinata, l’unica manifestazione della vita è il suono delle cicale la mattina. Gonzalo e la madre
sono morti interiormente, in tutte le narrazioni di Gadda non è mai presente l’amore, può essere solo un amore morto
trasformato in rabbia (rapporto madre-figlio). Con il discorso indiretto libero, il narratore usando parole sue ci dice cosa
pensa un gruppo di persone, lo usa anche con un singolo personaggio ma per rappresentare ciò che pensano il
Luconesi di Gonzalo tramite parole di un singolo, il medico per esempio.

UN FULMINE SUL 220 E L'ADALGISA


Scritto tra il 1932 e il 1936 è un romanzo incompiuto e da qui l'autore ritaglia alcuni frammenti dislocandoli e portandoli
allo stato di 'disegni' all'interno dell'Adalgisa: raccolta di racconti o 'disegni milanesi'. Nasce come racconto e presenta la
famiglia di Gian Maria Cavigioli, nobiluomo, è da subito presente il tipico groviglio gaddiano delle parentele che
suggerisce l'idea allargata delle famiglie milanesi. Gian Maria è sposato con Margherita ed è cognato dell'Adalgisa,
vedova del marito Carlo. I Cavigioli assumono come fattorino il giovane Bruno di cui Margherita si infatua da subito, i due
si incontreranno poi nel parco di Milano, commettendo adulterio. La storia pero si conclude in tragedia con la morte dei
due amanti (schemi drammatici dei romanzi dell'800): vengono inceneriti da un fulmine durante un uragano. La notizia si
diffonde e crea scandalo all'interno della famiglia. Già da questi appunti però abbiamo i materiali principali che saranno
ripresi in elaborazioni successive, soprattuto l'Adalgisa che passerà in primo piano nell'omonima raccolta. Nella versione
definitiva, stilisticamente più ricca sono presenti le manie dello scrittore, tra cui la frammentazione e il gusto nella
divagazione: Gadda infatti riscriverà il racconto dividendolo in quattro capitoli ed ampliandolo. Il primo di questi è 'La crisi
domestica' dove descrive la famiglia milanese in maniera più dettagliata fino ad arrivare alla presentazione di Bruno. Al
centro del racconto è presente una descrizione della vecchia Milano, con pagine fitte di allusioni sessuali in chiave
femminile. Nel secondo capitolo 'pane al disoccupato' troviamo Bruno e Elsa (non più Margherita), mettendo in scena la
cognata Adalgisa con i figli e la pettegola signora Vigoni: questi due personaggi prenderanno un ruolo importante solo in
seguito. Il lunghissimo terzo capitolo ' un'orchestra di 120 professori' andrà ad alimentare tutta la sezione finale
dell'Adalgisa, in questa parte inizia a divagare: racconta del nipote di Gian Maria, Valerio, che rappresenta una
controfigura ironizzata di Gadda stesso, dai suoi rapporti con l'ingegneria alle sue manie. Il mondo milanese fa ridere a
Gadda ma in realtà gli piace, non fa davvero il Robespierre della borghesia milanese al contrario di ciò che afferma. La
conclusione di questa prima parte, nell'Adalgisa corrisponde all'inizio del capitolo intitolato 'un concerto di 120 professori'.
La seconda parte del terzo capitolo de 'un fulmine sul 220' corrisponde agli ultimi due capitoli dell'Adalgisa: 'Al parco in
una sera di maggio' e 'l'Adalgisa'.

Non c'è sviluppo, questo racconto viene troncato, questa visione del racconto è quello
fiabesco. Gadda descrive sempre un corpo a pezzi, apparentemente disordinata, ma c'è
sempre un ordine: quello di spezzettare tutto nel dettaglio senza più ricomporlo. Senza questi
intervalli descrittivi non ci sarebbe un racconto, è uno degli elementi tipici della scrittura
gaddiana. Gadda è uno scrittore satirico, ironico però la sua scrittura è fatta in due modi
diversi: da una parte c'è l'esercizio radiografico che è un metodo scientifico, arriva fino
all'atomo→ separa le cose e il phatos si interrompe sempre perchè è un sentimento e nel
mondo di Gadda non sono presenti sentimenti se non l'odio. L'altro modo è quello
giudicante→ ci comunica un'idea in maniera indiretta, con un modo satirico, ad esempio
l'Adalgisa non ha conoscenza propria, agisce. Questi due metodi vanno bene insieme perchè
si completano.

Il narratore è dentro al mondo narrato e riferisce cose sapute da donne della borghesia su
Carlo, è una sorta di narratore della cronaca, introducendosi sempre con “io”→Non ha un
nome, una posizione, non è veramente un personaggio del racconto però è all'interno.

La storia di Carlo e l'Adalgisa interrope quella di Elsa e Bruno squilibrando il progetto originale de 'un fulmine sul 220',
quando tornerà su questi suoi appunti conserverà solo le parti che riteneva migliori separandoli come autonomi disegni
milanesi ma conservando i rimandi che la legavano insieme. Fra i 5 frammenti originari Gadda ne aggiunge altri 5 che
mantengono l'andatura delle parti originali:

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1. 'notte di luna'→prosa lirica, descrizione ambientale-umana. tratta da 'Racconto di anonimo italiano del novecento'.
Alcuni racconti erano estratti da un abbozzo di romanzo. Due tratti sono presi da un romanzo già pubblicato, La
cognizione del dolore. Prova difettiva di romanzo: pseudo romanzo intervallato da prose narrative esterne.

2. 'Quando Girolamo ha smesso...'→ presenta una nota di cinque pagine dedicata all'epopea napoleonica.

3. 'Claudio disimpara a vivere'→ racconto che presenta un quadro della borghesia milanese, con l'ingegnere che ha
fatto crollare un ponte e il ragazzo Claudio Valeri che lo crittica e gode dell'amore di Doralice.

4. 'Quattro figlie ebbe e ciascuna regina'→ rimanendo sullo stile del racconto precedente, questa è una prosa quasi
dantesca che presenta la casa e la vita di un'altra famiglia milanese, un nobile con quattro figlie, e infine un figlio
maschio.

5. 'Strane dicerie contristano i Bertoloni'→ pezzo estratto dal primo capitolo della 'cognizione del dolore' e ripete la
satira della borghesia milanese.

6. 'I ritagli di tempo'

7. 'Navi approdano al parapagal'→ proviene dalla seconda parte della Cognizione ed esibisce un particolare fervore
apocalittico sul motivo del tempo distruttore e della vita degli altri.

8. 'un concerto di 120 professori'→Perché professori? Un tempo si diceva “professori di orchestra” per indicare i
musicisti. Come elemento di continuità abbiamo la mescidazione, il mescolare un linguaggio molto colto e poi
contadino. L’uso dell’antifrasi, una figura retorica che produce l’effetto del contrario (dire oggi “che bella giornata!”,
ma invece piove). La satira è un discorso che usa il comico o addirittura una certa crudele tendenza alla derisione
per suscitare un’idea morale, questo racconto è un racconto satirico (più degli altri). Ci sono battute in milanese, le
battute in dialetto soprattutto sono quelle più naturalistiche. Gianmaria pensa che non sia giusto che Elsa vada al
concerto accompagnata da un altro uomo, ma si convince che vada bene perché si tratta di un parente nonché
coetaneo, ma anche perché ormai è diventato ingegnere. Elsa è un po’ eccitata all’idea di andare senza il marito e di
essere libera la domenica pomeriggio, di avere il diritto di uscire da sola. Ricorda un po’ Madame Bovary, non ha la
stessa ambizione, ma cerca di uscire dalla reclusione in cui vive ed è insoddisfatta dalla sua vita. Inizia dunque una
digressione. In teoria ogni racconto dovrebbe essere autonomo, formalmente infatti si tratta di una raccolta di
racconti. Questa digressione parla di Gianmaria che ha passato una brutta giornata dovuti agli acciacchi della
vecchiaia. Entra in scena Valerio Bruno e ci sono delle descrizioni abbastanza dettagliate. Alla fine arriva da
Gianmaria (che qui viene definito “nobile”, ma chiaramente non lo è). Bruno è stato da poco assunto nella fabbrica di
cioccolato di Gianmaria, è stato assunto come fattorino. Questo furgoncino ha avuto un incidente e quindi l’uomo
rimprovera il più giovane. Bruno si giustifica dicendo che un autista gli è arrivato in contro (qui troviamo un termine in
milanese “strasciacanton” = stracciacantone, marciapiede epiteto per autisti sbadati, la spiegazione è nelle note).
Essendo Valerio un popolano, si lascia scappare del dialetto, ma anche il borghese lo fa senza problemi, per
esempio quando si arrabbia perché il ragazzo ha rovesciato per strada il cioccolato. Il narratore interviene con un
lessico molto preciso. Si descrive dunque in maniera tipicamente gaddiana (un po’ scomposta, un po’ cubista, un po’
difficile e si conclude sempre con un commento ironico) il furgoncino a triciclo (logo, tinta, danni dovuti all’incidente,
ecc). Tutto questo sembra essere superfluo e casuale, ma in realtà non lo è, Gadda ci sta introducendo e spiegando
personaggi e ambiente. Gadda non è interessato a tutto ciò che ha a che fare con i concerti, per questo usa questa
occasione per criticare un comportamento mondano della società dell’epoca (si andava al concerto perché fa figo).
Si racconta tutto il “pigia-pigia” per riuscire ad entrare prima degli altri e prendersi i posti migliori dentro al teatro.
Tutto sarebbe da immaginare come qualcosa di buffo e velocizzato, in cui tutti si muovono in fretta e si spingono per
arrivare all’interno il prima possibile. C’è una lunga e ironica enumerazione di nomi dei “clan”, fatti da “sottoclan” della
borghesia dell’epoca (ritornano spesso nell’Adalgisa e ci sono dei giochi di allitterazione e rima interna per rendere la
cosa più divertente).Gadda inserisce lunghe pagine di descrizione dell’arrivo, masse di gente che parlano e fanno
rumore, le descrive con disprezzo (vengono paragonati a degli uccelli che fanno “cicip e ciciap”). Gadda usa forme
difficili e poi inserisce la nota perché vuole che ci sia una sorta schizofrenia, un distacco tra quello che scrive e la
spiegazione di quello che scrive. Gli uomini sono colpiti da Elsa, donna attraente, si voltano a guardarla e poi
chiedono scusa a Dio (anche se continuano a guardare). Elsa è un po’ arrabbiata per questa situazione. Anche le
donne la guardano, sia per invidia, sia perché è in giro col nipote della sua età, sia perché non esce spesso di casa.
Siamo in un periodo particolare, negli anni 30 la donna doveva essere l’angelo del focolare, la stampella del marito,
doveva stare a casa, quindi il fatto che Elsa sia accompagnata dal nipote non è visto di buon occhio. Intanto entrano
“i 120 professori” (le virgolette sono ironiche e come dice il testo, in giro a Milano c’erano dei manifesti per
promuovere questo concerto). Gadda descrive la disposizione dei musicisti citando tutto gli strumenti (di nuovo

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enumerazione, ma più elaborata delle precedenti, per ogni strumento c’è una piccola descrizione o allusione). Cosa
c’è di comico in questo? Nulla, la marcatura ironica è prodotta dal descrivere ogni gesto nel dettaglia, fare metafore
assurde. Tutto ciò serve a deridere in se la scena, il rituale abitudinario. Gadda lo critica perché il borghese doveva
essere così e doveva fare questo (c’è una sorta di dover essere, viene citato Kant dicendo che c’è un imperativo
categorico che impone di essere in un certo modo, anche se poi i borghesi, come Gianmaria, si annoiano a morte e
non capiscono nulla di quella musica. Si contrappongono quindi la realtà e l’apparenza, ciò che si è davvero e ciò
che si vuole mostrare agli altri. Dietro non c’è niente, c’è solo un’esibizione, ci si vuole mostrare così). A un certo
punto comincia la musica, gli strumenti vengono accordati o forse comincia il concerto vero e proprio (non si capisce
benissimo leggendo, il narratore ha una doppia condizione, critica ma sta anche nei panni del pubblico). Continua la
descrizione, stavolta dei suoni in riferimento ai vari strumenti (metafore, quasi fonosimbolismo ed altre figure
retoriche), poi c’è una sorta di esplosione, suoni discordanti, disorganici, stranianti. Questi frantumi di musica
sembravano ad Elsa le malinconiche rappresentazioni della sua vita e della vita di tutti (tutti battono frequentemente
e freneticamente sulle proprie stesse cose, nessuno suona con gli altri, tutti sono per i fatti suoi). Qui si parla di
musica sperimentale dodecafonica. Fra tutte le critiche di Gadda alla società, questa è quella che risulta ancora
molto attuale. Anche nel finale c’è di nuovo la confusione. Capiamo il perché la parola concerto sia tra virgolette. I
professori non vengono visti positivamente dagli spettatori, che non ci capiscono molto, la musica stessa non viene
apprezzata, quindi alla fine il concerto è un pretesto per descrivere la moltitudine di gente che si trova lì (tra
professori e musicisti). Alla fine, Elsa si avvicina al palco perché deve incontrare una parente, l’Adalgisa, ciò
permette di dare il via al prossimo racconto. Il tema di fondo è quello della donna sottratta al destino comune
dell'amore, il motivo dell'insoddisfatto bisogno di maternità di Gadda si unisce alla figura di due possibili amanti: dopo
la signora borghese e il ragazzo del popolo, la zia ed il nipote ingegnere.

9. 'al parco, in una sera di maggio'→ conserva come tema principale quello della donna giovane che il tempo trascina
via senza concederle amore e maternità, contrapponendo altre due figure femminili: la vecchia Eleonora Vigoni e
l'Adalgisa. Elsa va al parco e ha un appuntamento con la cognata. Prima dell’incontro c’è l’apparizione: c’è la
descrizione di un cavallo, un cocchiere e infine la donna. Leggendo notiamo una tendenza di Gadda: prevale
l’astratto sul concreto (scrive “attacco padronale”, ma intende la carrozza coi cavalli). La scena può in parte ricordare
l’apparizione di Beatrice a Dante in Paradiso, che entra dietro un carro e una processione allegorica. La descrizione
è molto lenta, il primo punto di vista è quello di Elsa che passeggia nel parco. Quando si passa a descrivere il carro,
non si capisce se il punto di vista sia di Elsa o del narratore (i due coesistono, convivono, come l’olio nell’aceto). Un
solo nome poteva legarsi a tanta nobiltà, ovvero donna Eleonora, che poi viene descritta quasi come una regina (è
una forma di paternalismo, guarda un po’ dall’alto il popolo, rilassata e sorridente). Viene descritto anche il cocchiere,
Leopoldo. Si passa poi alla seconda parte. Siamo nell’ambiente dei manichini, la gente va lì per guardarsi e
incontrarsi. Gadda fa una digressione: donna Eleonora aveva notato che Elsa e Valerio passavano tanto tempo
insieme e vicini. Questa donna è la rappresentazione di questo ambiente in cui il pettegolezzo è d’obbligo. A lei
arriva un pensiero coatto (linguaggio tra filosofico e psicologico), che le fa sospettare si tratti di una relazione
adulterina. Dopo aver visto Elsa e Valerio e poi Valerio andarsene da solo, la donna pensa che sia davvero così, ma
si scoprirà che Elsa ha un amante, ma non è Valerio, bensì Bruno. Collegamento alla tragedia Edipidea di Ippolito.
Ovviamente le donne del popolo di cui parla Gadda non conoscono la vicenda di Edipo, ma sono pervase da un
brivido, una sorta di piacere che pervade il loro corpo nell’immaginare questa relazione adulterina. Tutti quindi
pensano che la donna se la faccia con lui e metta le corna a Gianmaria. La diceria era in realtà era un “gambero”=
una sciocchezza di poco valore e non vera. Il gambero fu trasformato in “totem”-> una sciocchezza viene convertita
in dogma (crea un sinonimo tra totem e dogma, entrambi termini del linguaggio religioso). La borghesia milanese era
chiaramente cristiana ma usa il termine totem che rimanda invece a forme di culto tribali→ la borghesia milanese ha
le stesse strutture sociali di un gruppo di selvaggi. Possiamo un po’ paragonare Gadda a Celine, per lo spasmo della
lingua, per il trascinare la lingua e renderla quasi incomprensibile alla fine. (Viene detto “minchia”, quindi Gadda
sfonda il limite del possibile nella lingua letteraria degli anni 40-50, usa lo sproloquio, caratteristica che ritroviamo
anche nella Cognizione del Dolore, in cui i camerieri non si rendono contro di essere degli stupidi). Elsa è spaventata
e inquieta per aver visto donna Eleonora, ma comunque si siede in una panchina del parco. Due bambini si
avvicinano e salutano Elsa (la chiamano zia, inizialmente pensiamo possa essere Valerio perché viene detto “ciao
zia Elsa”). Spesso Gadda usa una tecnica argomentativa, il discorso in media res. La curiosità ovviamente viene
istillata nel lettore, che si ritrova immerso in qualcosa di già iniziato. Gadda cambia qui registro, adesso è più alto e
continua a narrare commentando. I due bambini annunciano dell’arrivo della loro madre e lo fanno come quando a
scuola si risponde alla maestra, sovrapponendo le voci. Anche qui succede la stessa cosa che era successa con il
cavallo, ovvero Gadda fa arrivare L’Adalgisa con molta lentezza, dopo altri elementi, infatti qui prima ci introduce i

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bambini e poi arriva la donna (in marrone). Negli anni 50 Lacan teorizzò che il soggetto ha di se nel proprio corpo
una immagine spezzettata, perché non possiamo guardarci direttamente (se non allo specchio, ma quella è una
visione alienata). Questo riguarda la percezione progressiva del bambino, che vede per intero la mamma ma non se
stesso, finché non si guarda allo specchio. Le descrizioni di Gadda rappresentano sempre corpi spezzettati (le corps
morcelé) e tendono all’astratto. Bruno ha litigato con un altro e i due bambini si spaventano sapendo del suo arrivo
perché avevano assistito al litigio. Questo annuncio di apparizione è importante e non è casuale. Tuttavia la vena
amoroso-erotica viene poi abbandonata. Elsa piange, ha gli occhi lucidi perché ha visto donna Eleonora, sa dei
pettegolezzi e ci rimane male. L'Adalgisa racconta ad Elsa la storia della sua vita parlando delle umiliazioni subite
dalla famiglia del marito defunto (Carlo ha sposato Adalgisa che viene dal popolo e faceva la cantante d’opera e che
ha lasciato l’arte, rimanendo vedova coi figli piccoli). Dietro le figure di Elsa e sua madre appaiono Gadda e Adele
(madre di Gadda), in questo capitolo la figura dell'Adalgisa serve ad esortare Elsa a non sprecare la sua giovinezza.
L'Adalgisa non è una borghese, è un personaggio di transizione che vede due ambienti: quello borghese, in cui vive
ora, e quello in cui viveva prima: i teatri popolari, il narratore ci dice di essere uno dei suoi ammiratori. L'Adalgisa
voleva la famiglia, ha già le caratteristiche di altre donne borghesi del romanzo: il pragma, l'agire subito. L'Adalgisa è
il personaggio più importante perchè l'essere borghesi rappresenta solo quel tipo di mentalità, di recita→ qui Gadda
critica i borghesi: bastano i soldi e una certa mentalità, 'i borghesi sono dei manichini al ristorante'

10. 'L'Adalgisa'→ Nell'ultimo capitolo intitolato appunto 'l'Adalgisa' si passa ad una satira anti-borghese e anti-milanese,
così la storia dell'Adalgisa e del marito Carlo diventa la storia di una famiglia tormentata ma felice. La scena finale
della vedova che raschia le muffe dalla tomba di due vecchi rappresenta parodicamente il tempo che travolge ogni
cosa e la vita che nonostante tutto continua.

L'Adalgisa ci permette di trattare temi tipicamente di Gadda che la Cognizione del dolore non ci permette di fare:
1) IL DIALETTO

Nella Cognizione è poca la presenza del dialetto, mentre nell'Adalgisa è presente. Cos'è il dialetto di Gadda? Il dialetto
per Gadda è lo strumento attraverso cui vuole rappresentare un ambiente sociale nella vera lingua che il popolo usa. 'Un
fulmine sul 220' sono presenti molte delle parti che poi verranno inserite nell'Adalgisa→ Dialetto non solo come materiale
linguistico ma anche come spunto di una classe sociale, al tempo in Lombardia il dialetto veniva parlato da diverse classi
sociali e non solo dal popolo. Con quale significato usa il dialetto?

Ambientale,a vicenda è ambientata a Milano e viene utilizzato il dialetto milanese per comunicare uno specifico
contesto storico-culturale. Manzoni, secondo Gadda, ha fatto parlare la gente comune in italiano colto. Gadda, in
questo caso, vuole dare una caratterizzazione particolare ai borghesi protagonisti del romanzo e per farlo si avvale
del dialetto.

Caratterizzazione del personaggio singolo, certi modi di dire identificano dei determinati personaggi. Tuttavia il
dialetto di Gadda non è mimetico: viene usato in modo iperbolico.

etimologico, il dialetto diventa la scusa per fare metadiscorso e parlare della lingua, giocando con gli strumenti che
ha a disposizione.

sinomia, Gadda si avvale del dialetto per trovare sinonimi, varianti lessicali per parlare dello stesso oggetto.

metanarrativo: a volte il dialetto invade la lingua del narratore e del paratesto. Il dialetto invade anche il titolo→
articolo davanti al nome ha un riferimento dialettale, Gadda vuole identificare già nel titolo il suo ambiente dialettale.

2)LE NOTE A PIE' DI PAGINA


Sin dall’inizio della propria attività letteraria Gadda fa uso delle note: egli autocommenta se stesso. Inizia con un intento
esplicativo-epidittico, ma nel corso del tempo le proprie note divengono più sofisticate e assumono vari valori. Prima nota
del romanzo: spiega la scelta dell’adozione del dialetto, le espressioni utilizzate, siano esse colorite o grette, hanno tutte
lo scopo di aggiungere realismo alla vicenda: intento realistico-mimetico. Tuttavia anche l’autore è stato influenzato
dall’uso del dialetto. La nota è scritta in italiano letterario, quasi tecnico, analitico.

esplicativa tradizionale, deve spiegare certi termini o significati che possono non essere chiari al lettore. Questa
prassi è antieconomica: invece di scrivere in modo chiaro, conciso, privo di ambiguità, l’autore usa un lessico talvolta
poco chiaro che prontamente spiega nella nota.

esplicativa digressiva, la precisazione su un elemento testuale diviene un pretesto per introdurre una digressione.
Talvolta l’autore autocita se stesso e i suoi lavori.

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funzione ironica, Gadda si auto conferisce lo status di “autore monumentale” che detiene il privilegio di essere
commentato, al pari di autori dalla altissima rilevanza culturale come Dante, i filosofi greci, i Patres Ecclesiae, ecc...

Nabokov e Manganelli: pubblicano opere sperimentali→ il commento ad un testo fittizio diviene esso stesso un romanzo,
dotato di una propria struttura narrativa.
Gadda, per lo meno nelle prime opere, non utilizza i commenti con l’intento di creare un effetto sperimentale, e tuttavia
dà inizio ad una moda letteraria che avrà tra i propri massimi esponenti autori sperimentali.
3)LA POSIZIONE DEL NARRATORE
Posizione paradossale del narratore, è ovunque ma anche da nessuna parte. La posizione che l'autore sceglie di dare a
quell'occhio che vede e che racconta (esterna consapevole, esterno che si focalizza solo su un personaggio, narratore
interno che è anche il protagonista del racconto, narratore interno che non è il protagonista), in questo romanzo il
narratore è interno e non appare in nessun momento, è onniscente. Il narratore interpreta, spiega i motivi di alcune azioni
e dichiara molto rapidamente di essere uno dei personaggi di quel mondo lì di cui non sappiamo l'identità. Similitudine
con Proust nella 'Recherche' dove il suo narratore non ha mai un nome e in due punti (V e VI volume) c'è un tentativo di
differenza tra narratore e protagonista. Ne 'L’Adalgisa' il narratore, che non si presenta mai, dichiara di aver ricevuto
informazioni sulla vicenda da alcuni personaggi dell’opera conosciuti personalmente. Pur essendo, in qualche modo,
interno alla vicenda, il narratore sembra essere onnisciente. Egli fa parte del mondo letterario ma al contempo palesa la
sua alterità, che gli rende possibile narrare, esaminare e giudicare la vicenda.
4)L'AMBIENTE SOCIALE

Gadda è fortemente affascinato dallo studio letterario dell’ambiente socio-culturale, il


cosiddetto milieu. Studia abitudini, usi e costumi, passatempi della società che lo circonda.
I personaggi del romanzo sono scelti secondo criteri quasi zolaiani: Elsa è una giovane donna appartenente alla media
borghesia milanese. Bruno: garzoni di macelleria, giovane, è un popolano, non è proprio rappresentato come un umano
con pensieri e desideri.
Lo schema narrativo immediatamente abbozzato viene progressivamente cancellato: Gadda sceglie di descrivere più
approfonditamente il milieu riguardante la borghesia lombarda, tralasciando la parte narrativa in favore di quella
descrittiva. Un personaggio secondario, Adalgisa, vedova, ex cantante d’opera, grazie alla descrizione di Gadda nelle
stesure mature del romanzo guadagna una tale centralità da essere scelta come personaggio eponimo del romanzo. Ne
L’Adalgisa, benché Gadda si reputi il Robespierre della borghesia milanese, non sono presenti la componente critica ed
iconoclasta che si trovano, per esempio, ne 'La cognizione del dolore'.

ALCUNE NOTE DELL'ADALGISA:

Nota 8 dell'ultimo racconto, l'Adalgisa

Partendo dal personaggio di Carlo, Gadda parla di un mondo perso ai suoi occhi (la Milano positivista) ma che ha
conosciuto e gli piaceva. Questa nota è una sorta di lunga pagina di appunti. E' un altro tipo di nota che non è proprio
narrativa ma apre una digressione enorme.→Carlo ha delle radici dell'epoca positivistica, essendo un entomologo, la sua
passione ha radici e sviluppo in questa epoca. C'è l'inizio di questo elenco di istituzioni, circostanze, personaggi del
positivismo milanese. Gadda è forte nella sua formazione culturale positivista.

nota n.10 del secondo racconto. Quando il Girolamo ha smesso

La apre per spiegare la citazione del poeta latino Orazio ma poi parlerà di Napoleone e della moglie. Secondo le fonti,
dice, Napoleone non si curava. Non è chiarissimo perché odiasse Napoleone (anche perché sosteneva invece il
fascismo e inizialmente anche il duce, magari in questo momento era iniziata questa antipatia per Mussolini). È una
generale antipatia per l’uomo vincitore (anche con le donne). A un certo punto viene introdotta la moglie Josephine con
una vena di malizia, cattiveria. Dice poi che Napoleone era riuscito a fare carriera grazie alla rete di contatti della moglie.
Altra ragione dell’odio di Gadda per Napoleone è il periodo di dominio francese su Milano. La nota dura 6/7 pagine. Ad
un certo punto ci chiediamo a cosa serva: essenzialmente non serve a nulla, non è una nota esplicativa. Quale è il
movimento? Apparentemente digressivo ma dotato di una logica. Lui sta descrivendo Napoleone, poi Josephine→per
colpa di Josephine Napoleone ha fatto carriera, diventando imperatore, descrivendo anche il momento in cui si è
incoronato da solo (mossa contro il papa). Per gli uomini di cultura fino agli anni 60 era una figura mitica, è stato una
grande svolta storica. Lui parte da descrivere napoleone fisicamente per poi descrivere la sua storia. Gadda passa a
descrivere Josephine, è una descrizione molto breve. Donna di begli occhi, scuri e fondi, era un po' grassoccia, supplici
nella dolcezza del viso, portamento signoresco, elegante. Evidentemente le sta simpatica a differenza di Napoleone, c'è

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un po' di perfidia sottolineando il fatto che sia un po' grassoccia e con i denti gialli e storti→lei si è cavata dalla
ghigliottina, è diventata amante di un uomo importante.

nota 13 dell’ultimo racconto, L’Adalgisa.

'Le petit perception'. Il narratore del romanzo usa un lemma francese che non è di immediata comprensione. Il
commentatore ci spiega cos’ha fatto il narratore e cita una teoria di Leibniz. Deforma la teoria di Leibniz. Qual’è il motivo
per cui il popolano risulta attraente al borghese? Per la sua vicinanza alla natura. Il borghese è l’essere più evoluto ed è
attratto dal popolo incarnazione della natura. È un passaggio da saggista/filosofo. Il romanzo deve attraversare tutte le
forme letterarie, i registri linguistici, le forme di sapere…Gadda non è l’unico a pensarla così, è il pensiero dei cosiddetti
“modernisti”

Nota 39 dell'ottavo racconto, un concerto di 120 professori

Si parla di Gaetano Negri (Sindaco di Milano). Mima un’enciclopedia popolare nel parlare di Gaetano. La morte è la parte
che più ci interessa. Cita Orazio, poeta molto amato.

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