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Percezione visiva e cognizione - cap.

1
La progettazione, produzione e fruizione di un oggetto, o nel complesso l'insieme di tutte quelle operazioni
che comprendono ogni tipo di relazione tra l'uomo e l'oggetto vengono condotte sulla base di processi
psichici della mente umana, che in psicologia vengono divisi in due gruppi:

Processi cognitivi: processi psichici relativi al modo in cui conosciamo il mondo esterno, compreso il proprio
corpo. Contribuiscono all'elaborazione dell'informazione proveniente dall'esterno dalla ricezione degli
stimoli ambientali, alla produzione del pensiero e alla sua classificazione, classificandosi in ordine in:
sensazione, percezione, attenzioni, memoria, immaginazione, pensiero, comunicazione e linguaggio
verbale.
La base teorica dei processi cognitivi si è sviluppata nel secondo Novecento ed è il cognitivismo, cioè quella disciplina
che si occupa di come un organismo acquisisce informazioni dall'ambiente, le elabora ed esercita su di esse un
controllo.

Processi dinamici: processi psichici relativi ai bisogni e alle motivazioni che ci spingono ad attivare
determinate forme di comportamento, per reagire a stimoli esterni o interagire con l'ambiente o persone e
agli effetti, alle relazioni fisiologiche(pulsioni) e psicologiche (le emozioni) che queste interazioni generano
in noi.
L'orientamento teorico più influente dei processi dinamici è stato la psicoanalisi, relativa ai processi psichici inconsci
che intervengono nei processi mentali e nel comportamento.

I processi psichici di maggiore rilevanza per il design in base alla componenti principali di un oggetto( la
forma, la funzione, la componente emotiva e cognitiva) sono:
- la percezione
- la prassia: la capacità di compiere correttamente gesti coordinati e diretti a un determinato fine
- la categorizzazione
- valutazione emozionale e estetica

Neuroscienze: un complesso insieme di ricerche e studi, avviato negli anni Sessanta e Settata del
Novecento sul comportamento del cervello e dei processi psichici (attività mentali) implicati nella relazione
tra l'uomo e l'ambiente che lo circonda, nella produzione e fruizione di un oggetto , reperendo i
meccanismi cerebrali che ne sono alla base.

1. Il cervello umano
Gli stimoli presenti nel mondo esterno vengono colti dai nostri organi di senso e trasmessi ad aree
specifiche del cervello, dove hanno luogo l'analisi, l'integrazione e la coordinazione dell'informazione
sensoriale.

I neuroni : sono le cellulose nervose di cui è composto il cervello umano. Si presentano con un numero
estremamente alto (circa 100 miliardi). Si tratta di cellule specializzate la cui funzione consiste
nell'analizzare e trasmettere informazioni. Infatti ciascun neurone è connesso a un numero grandissimo di
altri neuroni, che, nel cervello umano, raggiungono un ordine di grandezza compreso tra 1000 e 10000
contatti.
Essi sono formati da:
- corpo cellulare o soma: contiene l'apparato metabolico che regola la funzione vitale del neurone,
trasforma le sostanze nutritive in energia ed elimina i materiali di rifiuto
- dendriti : prolungamenti ramificati che partono da corpo cellulare e servono per ricevere informazioni da
altri neuroni
- assone : trasmette impulsi ad altri neuroni. Parte anch'esso dal corpo cellulare e si ramifica nella sua
estremità terminando con rigonfiamento denominati terminazioni assoniche o bottoni terminali.

Sinapsi: è la connessione che avviene tra due neuroni ed è attraverso la trasmissione sinaptica che
l'impulso nervoso viaggia da un neurone all'altro, rilasciando neurotrasmettitori.

L’architettura anatomica del cervello ha una prima divisione fondamentale in strutture corticali e strutture
sottocorticali.

Strutture corticali

Le strutture corticali costituiscono la corteccia celebrale , che è costituita prevalentemente da corpi


cellulari di neuroni e presenta un colore grigiastro ( motivo per cui viene denominata "sostanza grigia").
È divisa, a sua volta, in due emisferi simmetrici separati dalla scissura longitudinale, che si estende lungo la
linea mediana.
La superficie degli emisferi celebrali è caratterizzata da una formazione circonvoluta con numerosi solchi e
giri.
I due emisferi sono connessi dal corpo calloso, la più grande commessura cerebrale che non solo trasferisce
informazioni da un emisfero all’altro, ma integra anche l’attività svolta dai due emisferi.
Ciascun emisfero riceve informazioni da parti distinte del corpo:
l'emisfero sinistro riceve informazioni dalla parte destra del corpo e a essa manda i suoi comandi; viceversa
l'emisfero destro nei confronti della parte sinistra del corpo.
L’emisfero sinistro è specializzato per informazioni di tipo verbale ;
l’emisfero destro per informazioni di tipo visuo-spaziale. Tuttavia l'elaborazione compiuta in un emisfero
si integra con quella dell'altro emisfero.
Ciascun emisfero cerebrale si suddivide in quattro regioni principali o lobi: lobo occipitale, lobo temporale,
lobo parietale e lobo frontale, che sono anatomicamente divisi da solchi.
Possono essere suddivisi in aree in base alla microanatomia dei neuroni e alla loro organizzazione. Il neuroanatomista
K.Brodmann, agli inizi del Novecento, identificò nella corteccia cerebrale 52 aree distinte e classificate.

Un processo mentale solitamente non coinvolge in modo selettivo e univoco un unico lobo, ma è affidato a
circuiti neurali, o sistemi celebrali che possono comprendere più lobi. Tuttavia, sebbene un lobo possa
essere più importante di altri per un determinato processo, complessivamente questo stesso processo
necessita dell'integrazione funzionale tra più lobi.

1) Il lobo frontale, è la parte più anteriore del cervello.


Contiene la corteccia motoria , che è direttamente implicata nel controllo del movimento.
L'area motoria di un emisfero controlla il lato opposto del corpo (controlaterale) e in misura minore lo
stesso lato (ipsilaterale)

L’homunculus è una rappresentazione dell’organizzazione somatotopica del cervello, per cui ad aree
adiacenti dello spazio recettivo nel mondo esterno corrispondono gruppi di neuroni adiacenti in un nucleo
cerebrale o in un’area corticale.
Il termine homunculus è dovuto al fatto che la rappresentazione del corpo umano appare grottesca e
sproporzionata. Nell'homunculus motorio mano e volto sono ingranditi proporzionalmente al grado di
controllo motorio.

Davanti alla corteccia motoria nell’emisfero sinistro si trova una zona deputata al controllo delle capacità
linguistiche, denominata “ area di Broca “ ( dal nome dello studioso francese Paul Broca).

La parte più anteriore del lobo frontale, la corteccia prefrontale, è coinvolta in molte funzioni complesse (
alcune delle quali sono una prerogativa esclusiva dell’uomo).
- media la capacità di pensiero astratto
- è coinvolta nella programmazione e pianificazione delle risposte a stimoli
- organizza le azioni in sequenza logiche e in serie temporali
- gestisce una connotazione spazio- temporale e organizza le informazioni nella memoria.

La parte mediale del lobo frontale, in particolare la corteccia orbitofrontale:


- svolge un ruolo importante nell’elaborazione delle emozioni;
-prevede e valuta le conseguenze negative del proprio comportamento

2) Il lobo parietale è localizzato tra il solco centrale e il lobo occipitale.


Contiene la corteccia somatosensoriale, un’area che elabora le informazioni sensoriali riguardanti la
posizione e i movimenti del corpo nonché le informazioni sensoriali di tipo tattile, termiche e dolorifiche.
Analogamente alla corteccia motoria , la corteccia somatosensoriale ha un’organizzazione controlaterale ed
è rappresentata dall’homunculus sensoriale, in cui alcune regioni, soprattutto la mano, il piede e la bocca,
sono ingrandite, perché la grandezza di una regione è proporzionale al numero di recettori cutanei in essa
presenti.
- Nel lobo parietale sono localizzate le aree associative, cioè quelle aree che integrano le informazioni
provenienti da più sistemi sensoriali e consentono, per esempio, di riconoscere un oggetto mediante il
tatto;
- ha inoltre funzioni attentive
- è implicato nel movimento e nella coordinazione visuo-motoria, nell’integrazione simbolica;
- è coinvolto nei processi che sono alla base dell'autonsapevolezza.

3) Nel lobo temporale si trova la corteccia uditiva, che elabora le informazioni appunto uditive.

Vi è inoltre la sede del centro corticale, impegnato nella comprensione del linguaggio, denominata “ area di
Wernicke “( dal nome dello studioso tedesco Carl Wernicke, che la individuò alla fine dell’Ottocento).

La parte inferiore della corteccia temporale è coinvolta :


-nel riconoscimento visivo di stimoli familiari;
- in alcuni processi di memoria

4) Il lobo occipitale occupa la parte più posteriore del cervello ed è specializzato nell’elaborazione di
stimoli visivi.

Strutture sottocorticali

Sono localizzate sotto la corteccia cerebrale e nella profondità del cervello.


Una rete di strutture corticali, il sistema limbico, è specializzato:
- nell'elaborazione delle emozioni, e delle motivazioni (comportamento sessuale e aggressività)
- in alcuni processi di memoria
Tra queste strutture corticali particolare importanza hanno l’amigdala e la formazione ippocampale.

L’amigdala è una struttura molto importante per l’elaborazione delle emozioni.


- Essa riceve informazioni da tutte le modalità sensoriali ( visive, uditive, olfattive, tattili, gustative) e si
attiva in presenza di stimoli che producono un'emozione ( stimoli emotigeni )
- E' implicata nell'elaborazione della paura e dell'ansia.
È particolarmente interconnessa con la parte mediale della corteccia prefrontale, in particolare con la
regione orbito-frontale.

La formazione ippocampale è localizzata nella parte interna del lobo temporale e contribuisce a formare
il lobo temporale mediale.
E' un sistema di strutture che svolgono un ruolo decisivo nei processi di memoria.
Una lesione a questo livello causa una perdita di memoria o un deficit nell'acquisizione di nuove
informazioni.

I tre lobi posteriori del cervello sono connessi dalle rispettive fibre nervose a specifici organi di senso,con i
relativi recettori che catturano informazioni dal mondo esterno, che vengono poi elaborate.

Il lobo occipitale è connesso all’occhio , (percezione visiva);


il lobo temporale è connesso all’orecchio ( percezione uditiva)
il lobo parietale ai vari recettori distribuiti sulla pelle (percezione tattile e termica).
L’informazione olfattiva è ricevuta da recettori posti nella cavità nasale e quella gustativa da recettori posti
nella lingua. Entrambe le percezioni sono elaborate da strutture sottocorticali a loro volta connesse per una
successiva elaborazione cognitiva a strutture corticali.

2. Percezione visiva

La modalità sensoriale implicata particolarmente nei processi mentali relativi al design è quella visiva.
La percezione visiva gioca un ruolo fondamentale. Essa fa da perno ai processi di identificazione e fruizione
di un oggetto.
La percezione visiva è il risultato di una serie di processi complessi che si realizzano nel nostro cervello in
modo automatico e implicito. Attraverso una rapida occhiata siamo in grado di cogliere i vari aspetti di uno
oggetto.
Vi sono sistemi distinti che sono specializzati per l'analisi delle varie proprietà contenute nell'informazione
visiva. Il termine “ sistema “ si riferisce a una costellazione di reti cerebrali che coinvolgono specifiche aree
corticali le quali a loro volta mediano lo svolgimento di determinati processi mentali.
Gli oggetti sottoposti al processo di identificazione devono essere innanzitutto isolati rispetto ad altre
informazioni presenti nell’ambiente. La selezione e l’elaborazione avvengono in relazione alle aspettative e
agli interessi dell’osservatore.
La selezione è attuata dal processo cognitivo distinto come attenzione. Una volta selezionato lo stimolo da
analizzare, il sistema percettivo dev’essere in grado di fornire informazioni sulla localizzazione spaziale e
sulla sua identità.

3. Il sistema visivo

La visione può essere studiata sotto molteplici aspetti: fisico ( le radiazioni elettromagnetiche che
compongono la luce visibile), fisiologico (l'occhio e il cervello nello loro varie strutture che analizzano in
modo specializzato gli stimoli visivi), psicologico (il riconoscimento degli stimoli visivi, la loro denominazione
, la loro valenza emozionale ed estetica).

Per “luce” si intende la porzione di radiazioni elettromagnetiche che possono attivare i recettori dell’organo
di senso della visione (occhio).
Le radiazioni elettromagnetiche visibili ( spettro visibile) hanno una frequenza compresa circa tra 4x1014 e
7x 1014 Hz. Le altre radiazioni elettromagnetiche con valori inferiori o superiori, come le radiazioni
ultraviolette o quelle infrarosse, non sono visibili.

Il processo percettivo inizia con l’energia luminosa ricevuta dai recettori localizzati nell’occhio: viene
elaborata dalle varie cellule poste nell’occhio stesso, poi nelle strutture sottocorticali e infine nelle aree
visive della corteccia cerebrale.
Nel corso dell’evoluzione degli animali si sono sviluppati due tipi fondamentali di occhio: l’occhio
composto, proprio degli artropodi, costituito da numerosi sensori od ommatidi; e l’occhio a camera,
proprio dei vertebrati.
Nella specie umana l’occhio è una struttura sferica rivestita da tre membrane.
La più esterna è la sclera ,(il bianco dell'occhio) nella parte anteriore dell’occhio la sclera diventa
trasparente e prende il nome di cornea.
La membrana intermedia è costituita dalla coroide, che ha il ruolo di ossigenare e nutrire l’occhio. L
a membrana interna dell’occhio, la retina, contiene numerose cellule specializzate ( i recettori) implicate
nella ricezione dello stimolo visivo e nella prima elaborazione delle sue caratteristiche.
Dietro la cornea vi è una membrana (l’iride), costituita da una serie di fibre muscolari. La sua funzione è
quella di restringersi o dilatarsi, in presenza rispettivamente di forte o debole illuminazione, diminuendo o
allargando il foro centrale detto pupilla. L’iride può essere di colore diverso.
Dietro l’apertura pupillare si trova il cristallino, una lente che ha la funzione di mettere a fuoco l’immagine
deviando i raggi luminosi che entrano nell’occhio in modo che cadano esattamente sulla retina.

1)Il primo stadio di elaborazione dello stimolo luminoso avviene a livello della retina.
La retina si trova nella parte posteriore dell’occhio ed è costituita da uno strato di fotorecettori, distinti in
base alla loro forma ( i coni e i bastoncelli ), e da neuroni.
I fotorecettori sono sensibili alla luce, grazie ad una sostanza colorata, un pigmento, contenuta in essi.
Quando la luce colpisce il pigmento dei fotorecettori , si verificano una serie di reazioni chimiche, che a loro
volta generano una variazione elettrica, la quale genera l'impulso nervoso trasmesso alle varie cellule
retiniche e , da queste, ai neuroni delle strutture sottocorticali e corticali.

Nei fotorecettori si distinguono vi sono varie differenze funzionali tra i coni e i bastoncelli.
In primo luogo, questi due tipi di recettori hanno una diversa localizzazione nella retina.
I coni sono addensati verso il centro della retina, in una zona chiamata fovea, mentre scarseggiano nelle
regioni periferiche. Sono sensibili a livelli più alti di luminanza ( nella cosiddetta visione diurna o fotopica ).
Inoltre sono molto sensibili ai dettagli , sono capaci di distinguere uno stimolo molto piccolo dagli altri e
sono sensibili alla forma degli stimoli.
I coni, a differenza dei bastoncelli, hanno un’ alta specializzazione per l’analisi della lunghezza d’onda, per
cui sono considerati sinteticamente come i recettori dei colori.

I bastoncelli sono molto più numerosi dei coni e si distribuiscono sulla retina con una maggiore densità
nelle parti periferiche. Sono sensibili a bassi livelli di luminanza ( sono quindi molto attivi quando si passa
dalla luce diurna alla luce notturna, in ambienti poco illuminati), visione scototipa( quando sono attivi solo
questi fotorecettori).
Inoltre sono molto più sensibili al movimento, agli stimoli che si muovono nello spazio anche a velocità
relativamente alte.

L’oggetto viene osservato tramite la regione della retina che si chiama fovea, e in cui sono addensati i coni,
che permettono di distinguere i dettagli e i colori. La grandezza della fovea dipende dalla distanza tra
l'osservatore e l'oggetto osservato.
Le parti laterali ai bordi del campo visivo stimolano le regioni periferiche della retina, dove sono addensati i
bastoncelli, poco sensibili ai dettagli e ai colori.

Un' altra nozione importante è quella di campo recettivo, in cui ogni sottoparte invia uno stimolo distinto
ad un recettore specifico della retina. Ogni cono e bastoncello ha quindi il proprio campo recettivo.
Questi fotorecettori sono connessi alle altre cellule della retina, cui trasmettono l’informazione sulla
stimolazione ricevuta. Tra queste cellule , accenniamo solo alle cellule gangliari.
Le cellule gangliari son di due tipi: le cellule ON rispondono alla comparsa di uno stile luminoso (ON) al centro del
proprio campo recettivo; le cellule OFF rispondono alla comparsa di uno stimolo luminoso (ON) nelle parti periferiche
del campo recettivo e alla sua scomparsa (OFF) al centro.
I prolungamenti nervosi , gli assoni, che partono dalle cellule gangliari, formano nel loro insieme il nervo
ottico.

2)Gli assoni che provengono dalle cellule gangliari delle regioni retiniche nasali vanno a costituire il ramo
nasale del nervo ottico, quelli che provengono dalle regioni retiniche temporali generano invece il ramo
temporale. I due rami nasali (dall'occhio destro e dal sinistro) si incrociano nel chiasma ottico e si dirigono
ciascuno all’emisfero controlaterale (lato opposto), mentre ciascun ramo temporale si dirige all'emisfero
ipsilaterale ( del medesimo lato).
Quindi ciascuno dei due emisferi celebrali riceve informazioni dall'occhio ipsilaterale (ramo temporale) e
dall'occhio controlaterale ( ramo nasale).
Una presentazione periferica di uno stimolo produce una sistemazione che attiva direttamente l’emisfero
controlaterale.

3)Dopo la biforcazione del nervo ottico nel chiasma ottico, si formano due rami principali di vie fibre
nervose che si dirigono verso strutture sottocorticali e da queste alle aree visive della corteccia cerebrale.
Questo percorso che va dal chiasma ottico alle strutture sottocorticali è denominato tratto ottico, mentre
il percorso che va dalle strutture sottocorticali alla corteccia cerebrale è denominato radiazione ottica.

4) Nella corteccia cerebrale vi sono varie aree specializzate per l’elaborazione dell’informazione visiva.
La prima area alla quale arrivano le fibre nervose provenienti dal corpo genicolato laterale è l’area V1
(visiva primaria), in cui vengono elaborate le caratteristiche fisiche dello stimolo, come la frequenza
spaziale, l’orientamento e il colore. A questo livello ha inizio la percezione della forma, con l’analisi dei
margini dello stimoli. La segregazione tra il sistema magnocellulare e il sistema parvocellulare è mantenuta
anche nella corteccia.

5) Si distinguono due sistemi di trasmissione dell'informazione visiva, che hanno inizio nella retina, passano
attraverso il corpo genicolato e terminano nella corteccia celebrale:
il sistema magnocellulare è specializzato nell’analisi del movimento, del contrasto e delle relazioni spaziali;
la sua stazione terminale è l'area V5
il sistema parvocellulare è specializzato nell’analisi della forma e del colore; la sua stazione terminale è
l'area V4.

L’informazione elaborata nei lobi occipitali verrebbe trasmessa ad altre aree corticali lungo due vie di fibre
nervose distinte sul piano funzionale.
La via ventrale ( via occipitotemporale) corre lungo il fascicolo nervose longitudinale inferiore e congiunge
le aree occipitali con i livelli inferiori del lobo temporale, includendo le aree corticali in cui avviene l'analisi
di quegli attributi che servono alla percezione e al riconoscimento dello stimolo (“what system”)
Quest’ultimo processo coinvolge la via dorsale (occipito-parietale), che connette , tramite il fascicolo
longitudinale superiore, le aree occipitali con il lobulo parietale superiore. Le aree coinvolte in questo
processo sono specializzate nella percezione spaziale per determinare la posizione e il movimento di un
oggetto, (“where system”) ma non è sensibile al colore e alla forma.
Pazienti con danno cerebrale a livello della via ventrale hanno difficoltà a riconoscere gli oggetti benchè
riescano a raggiungerli e afferrarli , mentre pazienti con lezioni a livello della via dorsale hanno difficoltà a
indicare la localizzazione o a raggiungere l’oggetto , pur sapendo riconoscere che cosa sia quell’oggetto.
Si ritiene che la via ventrale sia responsabile della percezione consapevole degli stimoli , mentre la via
dorsale sarebbe coinvolta nella percezione inconsapevole e automatica dell’azione.
Entrambe le vie dirigono poi verso le altre aree corticali, in particolare verso corteccia prefrontale, che
come abbiamo detto è specializzata nella gestione e organizzazione delle informazioni della memoria, che
devono essere richiamate per identificare lo stimolo.

4. La percezione della forma

Lo studio del processo che permette di riconoscere figure da un insieme di stimoli che arrivano
separatamente ai nostri occhi è stato oggetto di numerose ricerche a partire dalla fine dell'Ottocento.
Questi studi sono stati orientati da due tipi principali di orientamento teorico.
La teoria della forma, nota anche teoria della Gestalt fu avviata nei primi anni Dieci del Novecento da
psicologi tedeschi. Il motto dei gestaltisti era: “Il tutto è più della somma delle singole parti” ; infatti
sostenevano che la totalità del percepito è caratterizzato non solo dalla somma dalle singole attivazioni
sensoriali, ma da qualcosa di più che permette di comprendere la forma nella sua totalità.

A partire dagli anni Sessanta sempre del Novecento , una nuova teoria , il cognitivismo , evidenziò come
nel riconoscimento di un oggetto intervengono altri processi cognitivi, quali la memoria e il linguaggio.

La teoria della Gestalt ha avuto una larga influenza sulle arti e sul design e illustrò le leggi
dell’organizzazione percettiva, relative cioè alla modalità di “raggruppamento “ dei singoli stimoli in
configurazioni che vengono percepite come unitarie, staccandosi dal resto degli altri stimoli e
rappresentando appunto una figura significativa, rispetto allo sfondo indistinto degli altri stimoli:
- Vicinanza: gli elementi più vicini tra loro tendono a raggrupparsi in unità percettive distinte.
- Somiglianza: gli elementi simili per forma o colore tendono a raggrupparsi in unità percettive distinte.
-Destino comune: gli elementi che si muovono simultaneamente sono percepiti come appartenenti a uno
stesso insieme.
-Buona continuazione: gli elementi che sono allineati vengono percepiti come la continuazione l’uno
dell’altro.
-Chiusura: gli elementi che danno origine ad una figura chiusa tendono ad essere raggruppati assieme,
dando luogo alla percezione di una figura completa, sebbene manchino alcuni elementi. Uno degli esempi
più famosi è il triangolo di Kanizsa.
-Buona forma o pregnanza: gli elementi che danno origine a una figura semplice, regolare, simmetrica con
un’impressione di stabilità ed equilibrio tra gli stessi elementi componenti, vengono raggruppati assieme.

Per la teoria della forma le leggi dell’organizzazione percettiva sono innate.


Gli psicologi di questa teoria , furono Wertheimer, Kohler e Koffka, che avanzarono l’ipotesi che tali
organizzazioni innate degli stimoli esterni siano proprietà funzionali della corteccia visiva.

La differenza di luminanza tra un’area e l’altra è denominata contrasto(più propriamente, il contrasto è


dato dalla differenza tra la luminanza massima d un’area e la luminanza minima di un’area adiacente, in
rapporto alla somma dei due valori di luminanza).Ed è proprio una sufficiente differenza di luminanza a
permettere che uno stimolo diventi tale per il sistema visivo.

La frequenza spaziale è la frequenza di variazioni di luminanza in uno spazio dato ed è misurata calcolando
il numero di variazioni complete chiaro-scuro ( cicli, c) nell’unità di angolo visivo (grado,g) ..

Gli elementi di dettaglio di una figura corrispondono a frequenze spaziali alte, mentre la figura nel suo
complesso globale è data da variazioni di luminanza a bassa frequenza spaziale.

Secondo il modello delle frequenze spaziali, fondato sulla specializzazione dei neuroni del sistemo visivo
per gamme delle frequenze spaziali sempre più ristrette man mano che ci si avvicina alla corteccia visiva,
la prima caratteristica elaborata in uno stimolo visivo riguarda il contenuto in frequenze spaziali. Nella
corteccia visiva ha luogo l’integrazione finale tra le elaborazioni compiute dai neuroni specializzati nelle
alte frequenze, dando luogo alla percezione della figura completa.

Il modello computazionale chiamato dallo psicologo e neuroscienziato David Marr sull'analisi delle
proprietà fisiche degli stimoli, prevede tre stadi di elaborazione organizzati gerarchicamente.
1) Nel primo stadio, definito “abbozzo primario bidimensionale” ( 2D), sono analizzate le caratteristiche
fisiche di base dello stimolo (distribuzione di luminanza, frequenza spaziali, contrasto, ecc).
2) Nel secondo stadio , definito “ abbozzo a due dimensioni e mezzo” (2.5D) sono aggiunte le informazioni
relative alla profondità e al movimento in base al punto di vista dell'osservatore.
3) Nel terzo stadio, definito “ a tre dimensioni” (3D), l’oggetto è identificato completamente nella sua
forma tridimensionale, integrando pure le sue varie descrizioni in funzione del punto di vista.

Gibson identifica un processo chiamato “ percezione diretta”, secondo cui gli stimoli vengono rilevanti
senza che debbano intervenire altri processi, come la memoria. Lo stimolo visivo possiede un'estensione
spaziale che si pone come "invito", "opportunità" al suo riconoscimento, che viene definita affordance.
L’affordance sarebbe ciò che permette all’osservatore di estrarre direttamente le caratteristiche che
suggeriscono dei possibili utilizzi e finalità dell’oggetto, che consente quindi un rapido adattamento
all'ambiente.
Donald Norman ha specificato però che più propriamente si deve parlare di affordance percepita e non di
affordance in assoluto. Ciò che determina l'interazione tra l'osservatore è l'oggetto infatti non è la reale
affordance dell'oggetto ma quella percepita dall'osservatore e in funzione della quale risponderà con
specifiche azioni.
Il designer deve quindi realizzare prodotti che rendano più percepibile l'affordance reale dell'oggetto.
Il contrasto simultaneo è un fenomeno visivo che si determina ponendo un colore con una data luminosità
in rapporto con altri colori ("colori circostanti") di altrettanta luminosità, in modo che questi ne influenzino
l'aspetto; inoltre consente anche di svolgere una riflessione sulla distinzione tra “realtà fisica” e “realtà
fenomenica o ( psichica)”.

5. La costanza percettiva degli oggetti

Con costanza percettiva si intende il fenomeno per cui percepiamo gli oggetti come dotati di caratteristiche
costanti e stabili nel tempo e nello spazio, entro certi limiti, nonostante il continuo mutare delle
stimolazioni visive che essi producono al loro variare nel mondo esterno.

I fenomeni principali della costanza percettiva riguardano la forma, la grandezza e la profondità.

Costanza della forma: fenomeno del sistema percettivo grazie a cui il nostro sistema percettivo permette di
riconoscere uno stesso oggetto visto da una gamma infinita di possibili prospettive e orientamenti,
nonostante i diversi punti di osservazione causino diverse stimolazioni al livello retinico.
Questo fenomeno viene spiegato secondo due approcci teorici:
La teoria vista-dipendente, sostiene che la percezione dipende direttamente dal riconoscimento
dell’oggetto visto in una determinata prospettiva, attingendo alla nostra memoria tra tutte le possibili
rappresentazioni dell'oggetto quanti siano i punti di vista.
La teoria vista-indipendente , invece più veritiera afferma che il riconoscimento avviene in relazione a uno
schema generale dell’oggetto. Questo schema costituirebbe un riferimento. Il riconoscimento si baserebbe
sull’analisi delle sole proprietà fondamentali dello stimolo, che verrebbero confrontate con le proprietà
invarianti contenute nella memoria.

Costanza della profondità: fenomeno del sistema percettivo che elabora le informazioni in modo da fornire
un percetto tridimensionale ( caratterizzato da lunghezza, larghezza e profondità), malgrado gli stimoli visivi
proiettati sulla retina siano bidimensionali.
Per lo studio della profondità vanno distinti due tipi di distanza che sono valutati dal sistema visivo:
- Distanza assoluta tra l’osservatore e l’oggetto
- Distanza relativa tra un oggetto e l’altro o tra due punti del medesimo oggetto.
Gli indizi di profondità possono essere divisi in varie categorie:
- indizi fondati sull’informazione cinestetica, data dal movimento degli occhi per fissare un oggetto
- indizi fondati su dati prettamente visivi, dati dal mondo esterno
- indizi cinestetico-oculomotori, che sono fondati sui meccanismi di accomodazione e convergenza degli
occhi
- indizi visivi binoculari , che si basano sulla disparità binoculare, cioè sulla differenza che è presente tra le
immagini retiniche prodotte separatamente nei due occhi. Le due immagini vengono integrate dal cervello,
grazie ai neuroni binoculari, attraverso un processo di integrazione che è detto stereopsi, creando un
percetto di cui viene riconosciuta la profondità.
Disparità retinica: più l’oggetto è lontano, minore è la disparità tra le due immagini retiniche, cioè la
distanza che percepiamo tra le due immagini che ci appaiono dello stesso oggetto guardandolo prima con
un occhio e poi con l'altro.
- inidizi monoculari , che forniscono informazioni sulla profondità quando un oggetto viene osservato con
un solo occhio, che analizza l'oggetto attraverso il rapporto distanza-grandezza, attingendo al fenomeno
Altri indizi sono:
-trasparenza: un oggetto coperto da un altro, trasparente, appare più lontano rispetto all’osservatore. Altri
- ombra
- tessitura
- prospettiva lineare e prospettiva aerea
- parallasse di movimento, che si attiva quando ci muoviamo nello spazio, oppure quando stiamo fermi e
oggetti esterni si muovono verso di noi o quando noi ci muoviamo contemporaneamente ad altri oggetti
che si muovono verso di noi. Gli oggetti più vicini a noi sembrano muoversi più velocemente di oggetti che
si trovano lontani.

6. Illusioni visive

Con illusione visiva si intende il fenomeno per cui il percetto non corrisponde allo stimolo fisico che
attivano i recettori retinici , o meglio la differenza tra le realtà fisica e ciò che percepiamo.
Per spiegare le illusioni visive sono state proposte varie teorie.
La teoria della forma ha sostenuto che gli stimoli sono “modificati” dal sistema visivo in funzione della
disposizione spaziale che essi hanno nel campo visivo e sebbene questi percetti appaiono anomali, le leggi
dell’organizzazione percettiva risultano rispettate. Le illusioni ottico-geometriche o tutte le immagini che
giocano sul rapporto figura sfondo, sono state interpretate come l’effetto di particolari “forze” che
agiscono tra le varie componenti dello stimolo visivo.
Le teorie fisiologiche, fondate sulla dinamica ON/OFF dei neuroni visivi. L’illusione di riferimento è, la
griglia di Hermann, per la cui spiegazione è stato accolto per decenni il fenomeno dell’inibizione laterale,
che determina la prevalenza di uno stimolo forte, rispetto ad altri deboli applicati a zone che possiedono
più campi recettivi in comune. In questo modo, l'organismo, è informato dello stimolo in modo più preciso
giacché i campi laterali poco sollecitati, vengono silenziati.
Un neurone al centro ON stimolato dall'accensione di una luce limitatamente al centro, risponde con una
maggiore frequenza di scarica rispetto a quando sono illuminate anche le sue ragioni periferiche OFF: la
stimolazione del centro inibisce le aree laterali.
Le teorie empiristiche e cognitive, sostengono che la percezione di configurazioni ambigue o anomale è
guidata dalle tracce in memoria relative a esperienze precedenti con configurazioni, da schemi che si
“sovrappongono” ai dati sensoriali o li integrano, dando luogo a percetti che non corrispondono ai dati
reali.
Questa integrazione dei dati sensoriali incompleti è compiuta in primo luogo dai neuroni dell'area corticale
V2.

7.Percezione del colore

ll colore è la percezione visiva generata dai segnali nervosi inviati al cervello, prodotti dai fotorecettori
della retina che assorbono le radiazioni elettromagnetiche prodotte dagli oggetti di determinate lunghezze
d'onda e intensità nel cosiddetto spettro visibile o luce.
Il colore degli oggetti è il prodotto di vari fattori:
1)le radiazioni elettromagnetiche che sono riflesse dagli oggetti e stimolano i fotorecettori retinici;
2) l'elaborazione di questa stimolazione ai vari livelli del sistema visivo ( dalla retina, al corpo genicolato alla
corteccia celebrale visiva);
3) l'elaborazione cognitiva (attribuzione di un nome alla sensazione cromatica e la sua valutazione estetica.
Newton dimostrò che per ogni colore ce ne fosse uno complementare, la cui combinazione avrebbe
prodotto la sensazione del colore grigio.
La luce, nella sua composizione di radiazioni elettromagnetiche distinte, viene denominata “spettro
visibile”. A seconda delle radiazioni dello spettro che vengono riflesse da un oggetto, si hanno tre
sensazioni cromatiche diverse,
a) l’intero spettro viene riflesso e allora l’oggetto appare bianco ;
b) l’intero spettro viene assorbito e allora l’oggetto appare nero;
c) una parte dello spettro viene assorbita e l’altra parte viene riflessa, e allora l’oggetto appare del colore
della parte riflessa.
Quando viene riflessa una radiazione di una specifica lunghezza d'onda, si ha la percezione di uno specifico
colore (motivo per cui questa radiazione viene detta monocromatica.
Una radiazione monocromatica è detta tonalità o tinta. Quando si combinano più tinte, si produce un
colore diverso. A seconda delle proporzioni, una tinta varia nel suo grado di saturazione. L’intensità della
luce determina infine la luminosità o brillanza.

Quando si vuole combinare radiazioni di lunghezza diversa emesse da una sorgente luminosa, si procede
secondo il processo o modello di addizione RGB dei tre colori primari, rosso ,verde e blu
Il metodo di sottrazione invece si basa sulla sottrazione, o assorbimento da un pigmento di una data
gamma di lunghezze d'onda dalla luce che incide su di esso, mentre fa riflettere una lunghezza d'onda che
corrisponde al colore percepito. E' usato per produrre colori mediante pigmenti, come nella pittura o nella
stampa a colori.

La prima teoria delle basi fisiologiche della percezione dei colori fu avanzata nell’ Ottocento dall’inglese
Thomas Young e dal tedesco Hermann Von Hemholtz.
La teoria tricromatica si fondava sul processo di addizione dei tre colori primari (rosso, verde, blu)
“emessi” dalla parte di luce riflessa. Infatti secondo i due scienziati nell'occhio ci sono tre tipi di sostanze o
fibre nervose, ciascuna specializzata nell'analisi di una fra le tre principali radiazioni elettromagnetiche ,
corrispondenti ai cosiddetti colori primari.

Nel 1872 il fisiologo tedesco Hewald Hering propose invece la teoria dei processi opponenti. Fondava la
sua teoria sul fenomeno delle immagini cromatiche postume, per cui nella retina ci sono sostazne diverse,
ciascuna delle quali è sensibile alla coppia di colori opposti o antagonisti rosso/verde, giallo/blu,
bianco/nero.

Lo spettro visibile per la retina dell'occhio umano è compreso tra le lunghezze d'onda 400-700nm.
Questo spettro è analizzato a un primo livello dalla retina, nella quale vi sono effettivamente tre tipi di coni
con pigmenti sensibili a specifiche lunghezze d'onda:
- un primo tipo risponde a lunghezze d'onda corte( percezione del blu-violetto);
- un secondo tipo risponde a lunghezze d'onda medie ( percezione del verde-giallo );
- un terzo tipo risponde a lunghezze d'onda lunghe ( percezione del rosso )
La percezione dei colori è possibile specialmente durante il giorno, quando sono attivi i fotorecettori coni ,
che consentono un'analisi differenziata delle lunghezze d'onda. Al contrario ciò non accade nelle ore
diurne, quando invece sono attivi i fotorecettori bastoncelli (visione scotopica).
L'informazione cromatica elaborata dai coni viene trasmessa alle altre cellule retiniche e nelle cellule
gangliari si attua un processo di confronto e opposizione.
-Alcune cellule gangliari oppongono l'informazione in arrivo dai coni-onde lunghe con quella in arrivo dai
coni-onde medie (opposizione, in generale rosso-verde)
-Altre cellule gangliari oppongono invece l'informazione in arrivo dai coni onde corte rispetto
all'informazione pervenuta dai coni-onde medie e dai coni onde-lunghe ( opposizione, in generale
blu/giallo).
I risultati di queste opposizioni sono trasmesse alle cellule del corpo genicolato laterale lungo la via
parvocellulare, e dopo un'ulteriore elaborazione in questa struttura sottocorticale arrivano alla corteccia
celebrale ( area V1 ). In questa area, come hanno dimostrato Livingstone e Hubel, vi sono neuroni con
un'organizzazione opponente rosso/verde, giallo/blu.
L'elaborazione continua poi in altre aree visive ( V2 e V4) , per poi essere trasmessa al di fuori della
corteccia occipitale, nella corteccia temporale, qui integrandosi con l'informazione relativa alla forma
dell'oggetto percepito. Si completa così l'elaborazione della via ventrale finalizzata all'identificazione
dell'oggetto.

Questo processo finale di identificazione e denominazione dell’oggetto implica, un’integrazione tra


l’informazione visiva, le tracce depositate in memoria e il linguaggio.
Berline e Kay ( 1969 ) dimostrarono che esiste un numero limitato di nomi fondamentali dei colori, che
sono presenti in tutte le lingue da loro esaminate, circa una ventina. Questi nomi fondamentali compaiono
in un ordine costante. A un primo livello vi sono due soli termini, “scuro e luminoso”. In una tre: “bianco,
nero e rosso”. In lingue evolute come l'inglese e l'italiano , i termini basic sono 11 per l'inglese e 2 per
l'italiano.

8.Percezione e attenzione

L’espressione “prestare attenzione” significa concentrare le risorse cognitive verso un stimolo esterno da
elaborare e nello stesso tempo ignorare altri stimoli, irrilevanti o distraenti.
L'attenzione spaziale è l’atto di dirigere l’attenzione su un punto dello stesso spazio.
L’attenzione covert (cioè implicita),è l'atto di rivolgere l'attenzione ad un processo interno alla mente,
attingendo alla memoria per reperire delle informazioni, manifestandosi quindi in una forma non visibile
all'esterno: non si spostano né gli occhi né la testa , ma ci si concentra internamente su un oggetto o su
aspetti dell’ambiente esterno.

L’attenzione può manifestarsi in due forme:


a) Automatica o riflessa, quando un evento che si presenta inaspettatamente cattura la nostra attenzione
senza alcun intervento volontario da parte nostra;
b) Volontaria, quando si presta attenzione intenzionalmente.

L’elaborazione può essere condotta di volta in volta su un numero limitato di elementi; l'occhio umano può
fissare con precisione soltanto una porzione ristretta dello spazio, e per fissare uno altro settore deve
muoversi verso di esso.
In presenza di una scena visiva complessa il riconoscimento dei vari elementi richiede l'esplorazione della
scena, grazie al movimento degli occhi nello spazio in maniera da focalizzare a turno tutte le componenti
della scena stessa.
Nella comprensione dei fattori che rendono più complesso un compito di attenzione, avvenne una svolta
decisiva negli anni Ottanta del secolo scorso, quando fu proposto il modello di Treisman e Gelade (1980) sui
meccanismi della ricerca visiva. Il modello prevede due stadi.
- Nello stadio preattentivo, le caratteristiche fisiche di base presenti (colore, orientamento,movimento)
sono analizzate simultaneamente.
La caratteristica che definisce il target risalta visivamente, sembra balzare fuori (pop out) rispetto alle
caratteristiche degli stimoli vicini(distrattori) .
I processi preattentivi possono dipendere da analisi percettive che segnalano una semplice differenza nella
scena visiva, piuttosto che dal contributo dell’attenzione focalizzata e intenzionale.

- I meccanismi attentivi invece si attivano in funzione di un’elaborazione seriale(uno alla volta) e rapida
degli stimoli, nel caso in cui target e distrattori contengano le stesse caratteristiche di base.
Ciò implica che con l’aumentare dei distrattori aumenti il tempo impiegato per la ricerca.

Nella percezione di un prodotto il coinvolgimento di meccanismi preattentivi e attentivi può condizionare il


suo apprezzamento rispetto ad un altro.
Se si vuole impreziosire un oggetto di design è necessario attivare i meccanismi preattentivi, magari
aggiungendo di particolari isolati e contrastati rispetto al resto, in modo da risultare più visibili.
In questo modo si attivano risposte automatiche e inconsce che possono influenzare direttamente il
giudizio dell'osservatore, mentre la presenza di dettagli ravvicinati richiede una ricerca visiva sostenuta e
cosciente che innesca criteri diversi di valutazione.

Inattentional blindess : fenomeno di cecità inattenzionale , che si verifica quando l'attenzione viene
focalizzata interente su degli elementi della scena, tanto da ignorare un nuovo elemento introdotto nella
scena .

Un ruolo cruciale nel controllo dell’attenzione viene svolto da un circuito comprendente il lobo parietale, il
lobo temporale, la corteccia prefrontale e alcune strutture sottocorticali.

9. Il riconoscimento visivo di oggetti

Il riconoscimento di un’oggetto avviene attraverso un'interazione ( matching) fra il risultato dell’analisi delle
caratteristiche fisiche dello stimolo esterno, selezionato e distinto dagli altri stimoli intorno e il recupero
delle sue informazioni conservate nella memoria , ciò che vien detto traccia mnestica e in cui è anche
associato il nome relativo all’oggetto riconosciuto, selezionato tra il reticolo di altri nomi conservati nella
memoria.

La percezione non è quindi data da una ricezione passiva di informazioni sensoriali, bensì è un processo
attivo guidato dalle aspettative, dagli interessi dell'osservatore e dal contesto in cui si trova.

Il matching non viene effettuato solo dopo aver completato l’analisi fisica dello stimolo in tutte le sue
caratteristiche : il matching viene già attivato sulla base dei primi risultati dell’analisi primaria delle
caratteristiche fisiche.
Il processo di riconoscimento segue un percorso diverso.
1) In un primo stadio, il sistema visivo analizza la configurazione globale dello stimolo, che corrisponde alle
frequenze spaziali basse.
2) Dopo l’analisi della configurazione globale sono analizzate i dettagli.
3) L’identificazione a livello globale è orientata dal contesto o dagli indizi che sono a disposizione
dell’osservatore.

Il priming può consistere in una parola o in un’ informazione che facilita l’identificazione prima che lo
stimolo venga presentato.
L'identificazione può avvenire anche a bassi livelli di informazione fisica dello stimoli , presentati nelle loro frequenze
spaziali basse, poiché è orientata e guidata da ipotesi che l'osservatore compie sulla base degli indizi forniti e sulle sue
conoscenze pregresse depositate nella memoria.

L’informazione fisica a disposizione fornisce gli elementi per l’analisi detta “bottom-up” ( cioè dal basso
verso l’alto), per cui dai dati di livello inferiore sul piano cognitivo (le proprietà fisiche) si arriva
all’identificazione cognitiva ( livello superiore).
L’informazione di contesto, le tracce in memoria permettono invece l’analisi inversa, detta “top-down”
(cioè dall’alto verso il basso).

Se il livello dell'informazione fisica e le conoscenze a disposizione non sono sufficienti per l'identificazione, allora si
continua l'analisi, esplorando da una parte con maggiore attenzione i dettagli e dall'altra, cercando di ottenere più
informazioni sul contesto per confrontarle con le tracce in memoria.

La teoria del “confronto di sagoma”( template matching). Secondo tale teoria, alla base dell’identificazione
di uno stimolo vi sarebbe un confronto diretto tra lo stimolo e le rappresentazioni di esso conservate in
memoria. Ciò presumerebbe la presenza in memoria di tante immagini quante sono le variazioni che uno
stimolo può assumere. Il limite di questa teoria perciò consiste nella necessità di memorizzare un numero
molto elevato di punti di vista per lo stesso stimolo e nell'impossibilità dunque di riconoscere lo stesso
stimolo in una configurazione diversa, che non sia stata immagazzinata nella nostra memoria.

La teoria dell’analisi delle caratteristiche ( featuring matching) mirò a risolvere il problema della variazione
dei parametri fisici dello stimolo. Essa si basò sull’assunto che lo stimolo visivo è costituito da un insieme di
caratteristiche, proprietà e attributi essenziali che lo distinguono rispetto a un altro. Sulla base di questa
teoria, Selfridge formulò un modello che aveva come scopo quello di descrivere il processo di
identificazione di pattern visivi. Il modello fu chiamato, metaforicamente, “pandemonium” perché
prevedeva l’esistenza di “demoni” specializzati per riconoscere caratteristiche specifiche, questi demoni
sarebbero i neuroni, ognuno con la propria funzione e organizzati gerarchicamente in stadi.

Questo modello ispirò Eleanor Gibson che elaborò un sistema di identificazione delle lettere dell’alfabeto
basato sull’analisi delle componenti. Identificò 12 caratteristiche in base alle quali si sarebbe realizzato il
riconoscimento di una lettera.
10. Tipi di memoria

Una prima distinzione fra i vari tipi di memoria riguarda la sua dimensione temporale: la memoria a breve
termine e la memoria a lungo termine, indicano due sistemi di memorizzazione e conservazione delle
tracce che differiscono in primo luogo per la durata temporale.
- Nella memoria a breve termine non può essere immagazzinata una quantità elevata di unità di
informazione. Il numero medio di unità è 7
- Nella memoria a lungo termine si distinguono:
a) memoria dichiarativa, in cui l’informazione conservata in tale sistema può essere richiamata ed espressa
sotto forma di un linguaggio. La memoria dichiarativa ha un'ulteriore suddivisione in
-memoria semantica : comprende tutte le informazioni raccolte dell’arco della vita e sono di carattere
universale, quindi accessibili a tutti.
-memoria episodica : è individuale,in alcuni casi può essere reperita solo da noi e può riguardaew anche
fatti noti, depositati nella memoria semantica.
b)memoria non dichiarativa: riguarda soprattutto lo svolgimento di azioni complesse, come guidare l’auto
o suonare il pianoforte. Si ricordano le procedure da adottare, che avvengono automaticamente ma non si
riesce a verbalizzarle compiutamente.

Un’altra distinzione generale è tra memoria esplicita e implicita.


La memoria esplicita è tipica della memoria semantica: si sa di aver memorizzato un certa informazione e
la si richiama consapevolmente dalla memoria.
La memoria implicita è tipica della memoria procedurale: si esegue un’azione anche complessa, senza
esserne coscienti. La memoria implicita può manifestarsi anche quando, pur non avendo avuto
un'intenzione esplicita di ricordare una data informazione, la sua traccia mnestica riemerge dalla memoria
o influenza il nostro comportamento.
Ad esempio gli avvisi pubblicitari espliciti alla televisione o su internet abbiano un minore effetto di avvisi
nascosti su cui non viene richiamata alcuna attenzione diretta dell'osservatore.

11. Appartenenza categoriale

Il riconoscimento di uno stimolo richiede , che venga assegnato ad una determinata classe o categoria di
stimoli, attraverso un processo di categorizzazione.
Si distinguono tre tipi di categorie, a seconda del livello di generalità e di specificità dell'oggetto:
-La categoria di base o di entrata è di fatto l’oggetto che vediamo, ma per essere riconosciuta viene messa
in rapporto con l categoria sovraordinata e con quella subordinata
- La categoria superiore o sovraordinata
-La categoria inferiore subordinata

Questa organizzazione delle categorie – dette anche “ semantiche” prevede che alcuni esemplari siano più
tipici di altri rispetto a una categoria sovraordinata.
Gli stimoli visivi, che si costituiscono come oggetti distinti di cui vi sono tracce nella nostra memoria,
appartengono a due principali categorie semantiche:
-cose animate , che coinvolgono maggiormente le aree posteriori del cervello
- cose non animate, per cui invece prevalgono le aree anteriori.
Questo dato empirico è stato interpretato facendo riferimento alla teoria percettivofunzionale proposta
per la spiegazione del processo di categorizzazione. In base a tale teoria, il riconoscimento degli stimoli
presenti nell’ambiente richiede fondamentalmente sia un’elaborazione percettiva, cioè un’analisi degli
attributi fisico-percettivi dello stimolo, sia un’analisi degli aspetti funzionali dello stimolo stesso.
Un risultato molto interessante degli studi di neuroimmagine è che vi è un coinvolgimento delle aree
motorie del lobo frontale , sia quando viene chiesto di riconoscere gli oggetti che mentre gli adoperiamo.

Altri aspetti che potrebbero influenzare il processo i riconoscimento sono il significato adattivo e la valenza
emotiva veicolati dallo stimolo.

La teoria del dominio-specifico invece si basa su sistemi neuronali specifici di riconoscimento per le facce.

Prototipo e design: il prototipo si impone come l’esemplare standard. Queste classificazioni, fondate sulle
scelte di un campione di soggetti, possono essere utili ai fini espositivi dei prodotti, in modo da facilitare il
cliente in una valutazione comparata.
La psicologia dell’arte- cap 2

1. L’esperienza estetica: caratteristiche, condizioni e conseguenze

Non esiste una definizione univoca di ciò che è l’esperienza estetica.


Freud scriveva che questa esperienza può essere considerata “ ineffabile”. Stokes mise in risalto le difficoltà
che si pongono quando si voglia definire tale esperienza. Sul piano psicologico, l’estetica ha a che fare con
l’infusione di sentimenti, di cui scriveva Wundt: essa può caratterizzarsi per la presenza di un piacere
estetico determinato e può attivare anche altre emozioni. La conoscenza sensibile non ha a che fare
necessariamente con il bello o l’arte, ma li può comprendere. Ai tentativi di definizione e descrizione delle
sue caratteristiche possiamo aggiungere il fatto che l’esperienza estetica si presenta in prevalenza con il
carattere di un plesso di emozioni globalmente positive o comunque collegate a un piacere specifico.
(Duncker, 1941; Hevner, 1937; Metzger, 1963).
L’immagine artistica in grado di suscitare il complesso di emozioni di cui sopra, polarizza l’attenzione
proprio in virtù delle valenze affettive che è in grado di attivare e stimola il
desiderio di mantenere il contatto per tutto il tempo necessario allo svolgimento del ciclo estetico di cui si
dirà avanti. Produce un altro interessante effetto: il vissuto di sospensione del tempo. Tale effetto era stato
magistralmente descritto da Dante nel IV canto del purgatorio.
L’esperienza estetica ,ha una sua fase di attivazione che ha luogo con la percezione dell’opera, prosegue in
una fase di contemplazione caratterizzata da un assoluto coinvolgimento ed eventualmente da un vissuto
di sospensione del tempo. Le condotte di conservazione e collezione delle opere d’arte richiamano il
legame affettivo e conoscitivo che il fruitore stabilisce direttamente con l’opera e indirettamente con
l’artista. Gillo Dorfles spiega molto bene quali meccanismi portano a un percorso assai strano, come quello
che da un meraviglioso originale può indurre a un meccanismo sostitutivo apparentemente ingenuo e nella
sostanza privo di gusto. Dorfles identifica accuratamente le caratteristiche degli oggetti di cattivo gusto: la
multifunzionalità, la vistosa assenza di originalità, la scarsa cura di esecuzione, l’impiego dell’immagine
artistica in contesti inappropriati o incongrui ecc.
Dunque sul piano dei parametri che costituiscono un possibile frame dell’esperienza estetica troviamo:
1. Gli aspetti relativi all’artista
2. Gli aspetti relativi all’opera
3. Gli aspetti relativi al fruitore
Gli effetti o conseguenze dell’esperienza estetica e delle emozioni estetiche si riscontrano a vari livelli.

2.Un approccio centrato sull’opera d’arte

Il filosofo e psicologo tedesco Guustav T. Fechner sulla “sezione aurea”. Cercò di determinare quale
tipologia di proporzione fosse più favorevole ai giudizi estetici nel seno della bellezza. Chiese ai partecipanti
all’esperimento di scegliere fra dieci rettangoli che variavano rispetto alle proporzioni tra i lati.
Graves studiò i modi di dividere in parti distinte un rettangolo, ottenendo la migliore soluzione estetica.
Inoltre possiamo citare gli articoli di Holger Hoge, attuale presidente della international association of
empirical aesthetics ( IAEA) e muoveva una serie di critiche all’utilizzo come principio assoluto della sezione
aurea e delle proporzioni auree, invocando la complessità di fattori che concorrono a favorire le emozioni e
i vissuti legati all’esperienza estetica. Nell’arte moderna e contemporanea possiamo riscontrare dinamiche
decisamente molto complesse quando esaminiamo le strutture e gli aspetti formali. In parecchi casi si va
ben oltre il rispetto delle proporzioni auree.
L’analisi delle condizioni formali e strutturali che favoriscono l’esperienza estetica ha interessato molto gli
psicologi di orientamento gestaltista, in particolare Birkhoff e Koffka, essi hanno ritenuto che il bello si
ottiene quando nelle configurazioni artistiche prevalgono l’ordine, la simmetria , la pregnanza,
l’omogeneità. Birkhoff giunse a elaborare una formula che poteva descrivere e predire compiutamente il
piacere estetico : E=O/C Dove E sta per “ estetica” , O sta per “ordine” e C per “complessità”. Berlyne
studiando la complessità e l’interesse esplorativo per le figure bizzarre sottolineava che la complessità
attrae, e che quindi la formula in questo caso poteva essere : E=C/O Qui, il crescere della complessità,
abbiamo maggiore possibilità di incontrare il bello. Per Barron, Eysenck, Moles e Fechner , la formula
potrebbe essere riproposta in questi termini: E= OxC
A queste formule si aggiunge la proposta da Bonaiuto ,che sottolinea la rilevanza dei processi di saturazione
e sostiene quindi potersi avere l’esperienza estetica in presenza di prevalente ordine.
Metzger, in particolare ha posto in risalto l’importante aspetto dell’ autenticità come qualità irrinunciabile
ne determinare l’apprezzamento estetico.
Arnheim e Lipps hanno studiato un tema caro anche a Metzger : l’espressività emotiva e dunque la capacità
delle strutture, che possono essere letti. Arnheim distingue le qualità strutturali, le qualità costitutive, le
qualità espressive, le qualità ponte o valenze, significati convenzionali, significati non convenzionali. Le
qualità strutturali e costitutive rappresentano la base per la lettura dei significati, che vengono però
elaborati attraverso le qualità espressive e le qualità ponte. Arnheim mette in luce che le potenzialità
espressive costituiscono un fattore rilevante in tutti li aspetti della comunicazione tra l’opera e il fruitore, e
si pongono come il fondamento per la possibilità di attivazione del piacere estetico.
Sulla linea dell’analisi delle qualità formali e strutturali si collocano anche gli studi di Locher, focalizzati sul
tema del “balancing”, ossia sulle dimensioni di bilanciamento tra i vari aspetti dei fattori formali. Per Locher
sono importanti gli equilibri tra forme, colori e uso degli spazi. Ci appare evidente che in determinate
scelte, soprattutto nell’arte moderna e contemporanea, gli effetti sono guidati da una notevole
complessità, talvolta d veri e propri sovvertimenti delle regole e degli schemi. Un altro rilevante filone di
studi è quello che concerne i rapporti tra i processi percettivi e i meccanismi di lettura dell’opera.
Si tratta di osservazioni che si focalizzano sul fatto che la percezione della forma è l’unità primaria dal punto
di vista percettivo.
Wertheimer , koffka e Koohler , studiarono i cosiddetti “ fattori formarli “, individuandoli come fattori che
consentono la segregazione di una figura dallo sfondo. Secondo i gestaltisti, i fattori formali guidano la
percezione a partire dall’organizzazione figurale e consentono alle forme di stagliarsi dallo sfondo ed
essere percepite nei loro significati.
Secondo i gestaltisti , la cosiddetta “tendenza alla Gestalt”, guida l’atto percettivo e privilegia le forme
regolari. Elenchiamo di seguito i principali meccanismi:
a) Il completamento: un processo che si basa sulla presenza di una configurazione con una parte mancante
ma intuibile. Attraverso il completamento si ricostruisce la figura intera. Esiste anche un’altra tipologia di
completamento : i cosiddetti contorni o superfici illusorie, tali perché non rappresentate graficamente ,
eppure perfettamente visibili.
b) L’ambiguità : si tratta un processo che vede un equilibrio tra i fattori formali presenti, tale da non
consentire l’emergere di una solo figura, bensi da creare un bilanciamento che possa dar luogo almeno a
due soluzioni percettive.
c) Le tassellazioni: sono chiamate cosi perché , al contrario dell’ambiguità , fanno coesistere in una perfetta
e matematica quadratura dello spazio, signifiacati diversi ma presenti nello stesso momento.
d) L’incongruità o contraddizione: in tal caso siamo di fronte a una vera e propria contraddizione degli
schemi mentali, attraverso elementi che non possono esistere nella realtà, ma che sono rappresentabili a
livello percettivo.
e) Il mascheramento: è un processo che presuppone elementi nascosti in una configurazione, che tuttavia
possono essere individuati in una ricerca attiva, soprattutto dai soggetti aventi uno stile cognitivo analitico.
f) Il risalto: processo opposto al mascheramento, viene impiegato per evidenziare un elemento o una figura
che si vuole porre al centro dell’attenzione dell’osservatore. La condotta di esplorazione implica molteplici
aspetti: i fattori formali, la presenza di processi come il completamento, l’ambiguità o il mascheramento
consentiranno un livello di elaborazione che viene poi integrato dall’attività degli schemi mentali
attraverso i quali il fruitore può compiere operazioni di comparazione. La fruizione è pertanto un atto
complesso che comprende diversi livelli e li integra , facendo ricordo a vari processi.

3.Un approccio centrato sull’artista

Tra i primi metodi di studio nella psicologia dell’arte troviamo senz’altro gli studi psicoanalitici di Freud. È
interessante l’analisi dell’opera attraverso la comprensione e l’interpretazione delle intenzioni consce o
inconsce dell’artista. Il tutto è analizzato tramite le griglie e le matrici costituite da meccanismi difensivi,
come l’identificazione, la proiezione, lo spostamento, la condensazione.
La creazione artistica costituirebbe un’interessante modalità di elaborazione, addirittura di catarsi, per
alcuni contenuti profondi. La peculiarità dell’artista consisterebbe proprio nel trovare tale percorso e
attraversarlo mediate le proprie energie creative. In questa direzione si collocano anche gli studi della
Wolfenstein, che attinse alle note biografiche che riguardavano Magritte e interpretò l’episodio che ne
segnò la vita – il suicidio della madre. La Wolfenstein interpretò la scoperta surrealista di Magritte come un
tentativo di recupero dell’impossibile. Sempre seguendo le tracce delle biografie , troviamo le stimolanti
osservazioni condotte sulla pittura di Picasso, del quale era noto l’interesse per il genere femminile. Sono
molto interessanti le osservazioni che mirano a sostenere che, durante le sue relazioni con le modelle,
Picasso le ritraeva con forme e colori armonici, mentre nel momento in cui la relazione s’interrompeva o
attraversava fasi conflittuali , venivano ritratte con la famosa tecnica cubista per cui Picasso è più noto.
Secondo Giannini e Bonaiuto, questa nuova dimensione avrebbe a che fare con una modalità i esprimere
l’aggressività o gli elementi del conflitto attraverso un vero e proprio sovvertimento delle regole di
rappresentazione del volto. Un altro approccio interessante, nell’ambito di tale filone, riguarda l’interesse
per la cosiddetta “follia” degli artisti. È il caso di Van Gogh , di cui è nota una patologia psichica che lo portò
ad automutilarsi.
Bartoli , analizza i criteri di studio delle opere d’arte mettendo in guardia il rischio di adottare soltanto il
metodo autobiografico. Sostiene l’utilità del paradigma indiziario, ossia l’utilizzo di vari indicatori che
convergono nelle medesime direzioni. L’indagine deve centrarsi sull’opera d’arte e bisogna considerare la
presenza di eventuali ambiguità come di indicatori di significati latenti.
A tali aspetti possiamo aggiungere: gli apporti che gli psicologi che studiano la visione e anche gli apporti di
storici e critici d’arte, nonché lo studio di diverse opere e scritti dell’artista unitariamente, se esistenti, a
scritti su di lui/lei o sulle sue opere. I vantaggi di un metodo che si avvale di indicatori e fattori, aiuta a
trovare possibili punti in comune utili a svolgere una vera comprensione dell’arte.
Non vi è dunque possibilità di astrarre criteri di analisi slegati dalla realtà e dal contesto che circond
l’opera. L’arte è comunicazione , sviluppa linguaggi che percorrono gli elementi del reale e che appunto,
non sono analizzabili o leggibili fuori da detti parametri.
4. Un approccio centrato sul fruitore

Mentre coloro che studiano la psicologia dell’arte considerano i fruitori come un “pubblico omogeneo”,
altri studiosi della disciplina si sono posti interrogativi relativi alle diversità di chi si colloca di fronte a
un’opera d’arte e hanno considerato tali differenze sotto il profilo psicologico, analizzandole pure con
strumenti sperimentali.
1) Preferenze dei soggetti introversi ed estroversi: i gusti degli introversi, orientati verso specifiche
preferenze, come paesaggi, forme astratte, colori cupi, a quelli degli estroversi, che preferiscono invece
soggetti umani o animali, rappresentazioni realistiche, colori caldi.
2) La tolleranza della complessità: sono maggiormente orientati alla possibilità di godimento estetico i
soggetti non rigidi, che tollerano elementi di complessità e che sono in grado di sorprendere il reperimento
di una soluzione percettiva immediata e chiara. In particolare questa tipologia di persone ha maggiori
possibilità di fruire di opere diverse e soprattutto di quelle caratterizzate da modalità surrealiste o
concettuali.
3) La tolleranza dell’ambiguità: questa tipologia di variabile è stata studiata da Chil , Machotka e
Raychaudhuri. Con essa si fa riferimento all’essere tolleranti rispetto a qualità strutturali e formali che
possono presentarsi come organizzazioni ambigue, oppure rispetto ad ambiguità a livello di significato.
4) La tolleranza dell’irrealtà: le persone che hanno difficoltà ad accedere ai livelli della fantasia e del sogno
e che non riescono, come si dice a £lasciarsi andare”, presumibilmente trovano difficoltà con proposte
artistiche che richiedono un distacco dalla realtà dell’immediato e un immersione in dimensioni distanti.
5) La tolleranza dell’incongruità: in tema dell’incongruità sono stati effettuati alcuni stadi sudi che hanno
messo in relazione questa variabile con il gradimento estetico.
6) La struttura motivazionale: per child una struttura motivazionale orientata prevalentemente sul bisogno
di esplorazione facilità il godimento artistico, anche mediante la possibilità di spaziare tra soggetti , scuole
e periodi diversi.
7) L’indipendenza di giudizio: essere anticonformisti e avere la capacità di non dipendere dai giudizi altrui o
dagli orientamenti di critica o di scuola porta a una possibilità più ampia di godimento estetico.
8) Capacità di identificarsi con l’artista: l’apprezzamento estetico sarebbe favorito dalla comunione emotiva
e comporterebbe l’istituirsi di collegamenti forti con l’opera d’arte a cui viene attribuito valore, rispetto alla
quale si attivano condotte di protezione, riparazione ,riproduzione o acquisto.
9) Forme di training specifico: questa dimensione , legata all’educazione artistica in generale e all’expertise
in particolare.
Il problema del training viene affrontato in due modi:
- Training come supporto all’esperienza estetica
- Training come ostacolo , si preferisce la spontaneità naif come facilitatore dell’apprezzamento.

5. Psicologia della fruizione museale

Questo settore , che riguarda le varie tecniche utilizzabili per rendere più efficace e fluida la fruizione dei
musei. L’apporto della psicologia concerne lo studio degli effetti prodotti dalle varie condizioni espositive in
ordine a variabili. In tempi più moderni , sono nati invece i luoghi deputati alle esposizioni. Si tratta di
gallerie d’arte, come le gallerie d’arte moderna, costituite da saloni e corridoi la cui fruizione è
esclusivamente espositiva. La politica espositiva di una galleria o di un museo , siano essi pubblici o privati,
è importantissima, poiché legata all’effetto della frequentazione della mostra stessa. Dato che le opere
sono fruite in condizioni di svincolo da un contesto previsto dall’artista stesso, assume rilevanza la necessità
di creare condizioni favorevoli sul piano della collocazione.
La didattica museale, disciplina che oggi studia come avvicinare correttamente i bambini al mondo
dell’arte. Il bambino è assai più vicino alla sensibilità dell’artista rispetto ad un adulto, ha minori resistenze
all’immersione nella diegesi , insomma presenta tante possibilità di buona fruizione.
La psicologia dell’arte può offrire contributi interessanti nell’ambito della museologia, nel senso appunto di
studiare le condizioni ottimali di fruizione, ma anche sul versante dell’analisi dei risultati di alcune scelte
espositive.
L’indagine psicologica ha riguardato i possibili effetti e risultati di una scelta importante , come quella di
ospitare esposizioni temporanee all’interno di una galleria storicamente dedicata a esporre le opere ivi
contenute e collezionate in modo permanente. Sono stati impiegati i metodi dell’intervista , dei focus
groups, del questionario, dell’osservazione diretta. Si è trattato di un indagine multilivello e piuttosto
complessa. La psicologia dell’arte studia le condizioni ottimali e i risultati delle scelte espositive.

6. Arte come comunicazione

L’arte preistorica costituisce uno dei primi esempi del raggiungimento di una specifica competenza
dell’uomo nel rappresentare i contenuti del suo pensiero attraverso segni grafici. Possiamo dunque
concludere che l’uomo fin da epoche cosi lontane sentiva il bisogno di esprimersi attraverso le riproduzioni
grafiche e il bisogno di esprimere il suo desiderio del “bello” mediante la tecnica dell’ornamento, della
decorazione. Dall’uomo primitivo che incideva la sagoma lineare , si è passati a modi e tecniche più raffinati
, sempre più articolati. La dimensione celebrativa, ha accompagnato le forme artistiche , nei secoli, fino a
giungere alle opere d’arte realizzate su commissione , per abbellire chiese, case aristocratiche, importanti
luoghi di ritrovo.
La funzione della rappresentazione artistica complessa, realizzata con segni e colori, è quella di celebrare il
divino e di raccontarlo nel suo essere unico ed eccezionale, magnificandolo nella scenografia attraverso la
maestria e la tecnica. Agli artisti veniva richiesto pure di raffigurare gesta, imprese ,operazioni militari e di
guerra. I pittori e gli scultori trovavano nella possibilità di trattare queste tematiche la possibilità di
esprimere emozioni legate alla rabbia, al rancore, all’esplicitazione del sen di frustrazione legato alle
difficoltà o alle coercizioni. Si vedrà che nell’arte moderna tale linguaggio troverà altre strade. Nelle
espressioni artistiche dell’epoca paleolitica, l’uomo traduceva direttamente in segni i contenuti del suo
pensiero. Col passare del tempo invece , come si è visto , il linguaggio artistico assume valenze sempre più
complesse e il rapporto non è più soltanto tra chi compie l’opera e la base di esecuzione. Gli attori in gioco
si moltiplicano. Si tratta di una realtà multiforme che pone tutta una serie di implicazioni e talvolta anche di
vincoli.
Nel linguaggio artistico cambiano e si evolvono pure le tecniche e dai primi segni “margini “ o “ contorno”
dell’arte preistorica arriviamo a rappresentazioni assai curate e complesse, con sapiente uso delle leggi
prospettiche gia con Giotto, Piero della Francesca, Mantegna e più avanti nei secoli, con Piranesi ecc. si
amplia anche la gamma di temi rappresentati , includendo paesaggi , nature morte e oggetti.
Parallelamente si possono condurre alcune riflessioni sul tema delle emozioni nel mondo delle arti visive. In
presenza di fori vincoli tematici e tecnici, gli artisti offrivano opere molto pregnanti sul piano estetico,
rispetto alla forma, al colore ,agli usi dello spazio e dei simboli interpretati , con ridotte possibilità riguardo
alla comunicazione emotiva diretta. Nella modalità narrativa e celebrativa si rappresentava il pathos dei
personaggi.
Le emozioni erano fissate nelle espressioni con modalità accurate, ma mediate, non erano il frutto della
immediatezza. Nel tempo , gli artisti si impegnarono sempre più nelle ricerche di linguaggi , tecniche,
filosofie della rappresentazione artistica e quelle che inizialmente erano posteriori: si para di filoni artistici,
di movimenti, di accademie. Affrancati dagli obblighi imposti dai mecenati e dalla chiesa, gli artisti
dipingevano o scolpivano sull’onda di una personale esigenza espressiva, non vi era più necessariamente
un committente : l’opera poteva essere realizzata anche senza un acquirente o qualcuno che l’avesse
richiesta per uno scopo specifico.
Questa nuova modalità, da un lato, favoriva la ricerca espressiva, dall’altro , non garantiva che poi il
prodotto potesse essere di fatto acquistato e quindi chi si dedicava all’arte andava incontro a rischio di
povertà e condizioni di vita difficili.
1) L’impressionismo: trasferi l’attenzione sul mondo interno di chi dipingeva e l’atto creativo perse la
necessità di fedeltà rappresentativa, orientandosi piuttosto verso la costruzione degli stimoli che si
sarebbero dovuti organizzare nell’impressione di ciò che si intendeva rappresentare e che doveva giungere
all’osservatore.
2) L’espressionismo: è con l’espressionismo che ci accostiamo a cambiamenti ancor più sostanziali. Le
emozioni e i loro canoni rappresentativi conquistano la scena : diviene importante esprimere lo stato
affettivo, la forma si de-forma. Conta ciò che esprimono, conta la loro salienza emotiva ed espressiva. Gli
espressionisti erano accomunati dall’idea che l’arte debba comunicare gli stati interni, che il suo corpo non
sia la bellezza ma il passaggio di moti forti , di correnti passionali. Allontanandosi da criteri più restrittivi, si
evidenza la difficoltà di definire l’opera d’arte, che non è più quella di un maestro riconosciuto come tale
per il suo talento nel porre in opera quanto richiestogli e nell’interpretarlo in modo unico.
3) Il movimento astrattista: che si sviluppa ai primi del Novecento. Si tratta di un movimento che giunge a
negare l’importanza dei soggetti e si orienta che giunge a negare l’importanza dei soggetti e si orienta
completamente verso forme prive di un significato corrispondente al reale.
4) Surrealismo: con il quale la realtà si destruttura, si piega alla contraddizione degli schemi mentali
consolidati, offrendo alla visione oggetti impossibili, illuminazioni impossibili, persone pietrificate, immagini
contraddette da una didascalia.
Dal punto di vista psicologico e dei significati, tutto ciò si legge nelle trasformazioni tecniche e nella scelta
dei soggetti. L’arte visiva perde il legame con il classico e con la purezza delle forme e si nutre di simbolismi,
di rappresentazioni “ per opposti di “negazione” dei soggetti e della “materia”.
In tempi più vicini a noi i linguaggi sono divenuti ancora più complessi ed eterogenei. Un esempio
emblematico è dato dal movimento graffista, che non è mai stato un vero movimento, quanto un
fenomeno creato dal mondo della critica e del mercato dell’arte. Un vero e proprio modo di comunicare di
vivere ai margini , di dormire spesso all’aperto e con pochi messi e di avanzare l’espressione delle proprie
istanze all’attenzione di tutti ponendosi fuori dalle regole e talvolta agendo addirittura in modo illegale. I
canoni delle rappresentazioni sono andati perduti e nuove scelte si sono imposte.

7. I parametri dell’arte

Uno dei parametri principali sembra legato alla


1) funzione di rappresentare. Dunque l’arte si presta a una forma di rappresentazione, sotto forma di
equivalenza, vale a dire essa struttura codici che offrono letture e si pone come
veicolo di conoscenza. Per rappresentare , l’arte visiva si serve di codici. La rappresentazione può avvenire
per continuità, come nel caso della verosimiglianza o della copia, della riproduzione.
Le rappresentazioni possono però avvenire anche per distacco dal modello dato dalla realtà , e allora i
codici si orienteranno verso la contraddizione, l’incongruità, la sfida agli schemi mentali.
In alcuni casi si irride ai classici operando vere e proprie dissacrazioni.
Infine abbiamo le funzioni che rappresentano mediante il cosiddetto distacco dal modello e dunque fanno
perdere le tracce dell’originale d’ispirazione. Sono appunto rappresentazioni che non consentono di
rintracciare legami con la realtà e si collocano a livelli completamente diversi. Si tratta di forme di
rappresentazione complesse in cui la narrazione sceglie codici altrettanto complessi e la fruizione si orienta
su criteri differenti.
Per alcuni la riuscita di un’opera sarebbe proprio il risultato della capacità dell’artista di porre le condizioni
per la riuscita sintonica di una traduzione bidirezionale.
Nella libertà espressiva, nell’assenza di vincoli , invece, l’artista creerebbe per necessità personale , su base
intuitiva e di immediatezza, distante dalla previsione degli effetti o dalla preoccupazione di risultati in tema
di successo di pubblico.
Un altro parametro può essere individuato nello,
2) stile, che può caratterizzare un autore, una scuola, un movimento. Può essere condiviso, oppure
assolutamente soggettivo.

Arnheim ha descritto tre tipi di segno:


- Segno lineare, usato per tracciare i contorni ed far si che le figure emergono dallo sfondo
- Segno oggetto, che può rappresentare in un semplice tratto, un intero oggetto
- Segno tessitura, che serve a riempire ,a dare l’idea dei volumi e delle consistenze.
Queste tipologie di segni possono essere utilizzate in molteplici gradazioni, fino a produrre
rappresentazioni alquanto complesse.
Lo stile è impresso dai movimenti esecutivi, oltre che dalle scelte tecniche e dunque reca informazioni
implicite di diversa natura. Quando si parla di “pennellate eseguite di getto” oppure di “tecnica accurata
attenta al dettaglio”, ci si riferisce a modalità differenti. Alcuni pittori eseguono disegni preparatori prima
di agire in grande.
Hochberg, ha descritto le canonical form, quelle forme di rappresentazione stilisticamente coerente e
piuttosto completa, differenziandole dalle forme di fumetti, caricature e rappresentazioni stilizzate che
utilizzano pochi segni per riprodurre un significato più ampio, senza introdurre ambiguità o forme di
incertezza.
Massironi ,osserva che con l’arte moderna e contemporanea la divaricazione tra bello e brutto si restringe
sempre più.
Una delle funzioni dell’arte è quella di veicolare disagio e protesta sociale, non è più quella di generare un
olimpico piacere estetico attraverso il bello. Vi è un recupero del brutto, ma anche del repellente.
L’obbiettivo sembra essere quello di suscitare emozioni di vari natura. Il tranello sta nel ritenere arte solo
ciò che deriva da elevatissime abilità tecniche e rappresentative o da innovazioni stilistiche in esse
inscritte.
La scelta del prodotto: emozioni, decisioni e neuroestetica - cap3

1. La nuova scienza della mente: immagini dal cervello

Neuroscienze cognitive: è una disciplina che integra approcci diversi (neurosceinze, psicologia cognitiva,
scienze cognitive, neuropsicologia) e che si occupa del rapporto mente-cervello usufruendo delle nuove
tecniche di neurovisualizzazione (neuroimmagine) , come la risonanza magnetica funzionale (fMRI),
visualizzando le risposte celebrali durante lo svolgimento delle attività mentali e facendo luce sulle basi
neurali e biologiche della percezione, della memoria, della coscienza e delle emozioni.
Lo scopo principale delle tecniche di neuroimmagine è di individuare le aree che si attivano selettivamente
durante lo svolgimento di un compito.
La teoria di base di queste sperimentazioni spiega come le funzioni mentali dipendono da particolari
strutture cerebrali che in parte sono localizzabili e visualizzabili solo dopo determinate analisi statistiche.
Ogni funzione mentale del cervello è eseguita da circuiti specializzati che hanno sede in differenti regioni
cerebrali.
Quando un determinato processo mentale viene attivato ,l’area o le aree cerebrali in esso coinvolte si
attivano. Questa attivazione è dovuta al fatto che un'area implicata in una data funzione richiede un
maggior afflusso di sangue . Il maggior afflusso sanguigno in una particolare area coinvolta è poi visualizzato
dopo l'implementazione di procedure statistiche e costituisce l'evidenza che quella particolare area è
implicata nel processo mentale posto in atto dal soggetto.

2. Le emozioni

Le emozioni sono capaci di influenzare il nostro comportamento, il nostro pensiero e la nostra memoria,
inoltre hanno un’importante funzione di controllo motivazionale e ci permettono di prendere scelte a noi
vantaggiose.
Darwin gettò le basi per quel campo di ricerca che oggi chiamiamo "neuroscienze affettive",che favorisce
un approccio biologico e neurofisiologico per lo studio delle emozioni.
Darwin si propose si spiegare le emozioni come "risposte fisiche evolutesi grazie alla lotta per la
sopravvivenza per favorire l'adattamento all'ambiente".
Successivamente James sottolineò l’importanza della componente fisiologica delle emozioni. James intese
le emozioni come" la percezione di un cambiamento fisiologico ( es. aumento del battito cardiaco) attivato
a sua volta da uno stimolo emotivo ( es. vedo un orso)".
L’emozione non può essere definita precisamente si può dire però che è in generale un’esperienza
positiva o negativa a cui è associata un insieme di attività fisiologiche.
L'utilizzo di vari approcci metodologici ha favorito pure un ampio quadro che riguarda i processi più di base
-fisiologici - fino all'intreccio tra emozione , motivazione e processi cognitivi.
Vi sono numerosi dati sperimentali che dimostrano come le emozioni influenzino i processi cognitivi.

Gli stimoli ad alto contenuto emotivo catturano l’attenzione e vengono elaborati dalla corteccia visiva e in
maniera rapida e automatica l'informazione viene trasmessa all’amigdala: il nucleo centrale delle
emozioni, dove ha luogo la valutazione del loro significato emozionale. L'amigdala procede a compiere una
valutazione implicita ( non consapevole) e innesca meccanismi di risposta immediata.
Le informazioni dall'amigdala sono poi inviate anche alla corteccia prefrontale, dove avviene
un'elaborazione più consapevole dello stimolo.
Queste strutture neurali interagiscono e cooperano al fine di attivare un'azione adeguata al determinato
contesto.
Le emozioni ci fanno percepire anche il pericolo e se una situazione è positiva o meno e ci permettono di
comportarci di conseguenza. Le emozioni sono fondamentali per il riconoscimento degli stimoli, senza di
loro non è possibile capire cosa succede; nel cervello c’è infatti un collegamento tra visione e emozioni.
Non annebbiano la cognizione, ma spesso l'arricchiscono.

3.Il cervello emotivo


L’amigdala è una piccola struttura situata nel lobo temporale mediale adiacente alla porzione anteriore
dell'ippocampo. E' coinvolta di una grande varietà di processi:
- è una delle strutture cerebrali fondamentali che collaborano nell’interpretare le risposte emotive, ma
anche nell’elaborazione di stimoli sociali;
- è importante anche per l'apprendimento e la memoria per stimoli emotigeni , che suscitano l'esperienza
e l'espressione emotiva;
- è fondamentale per il condizionamento alla paura
- contribuisce alle risposte sociali, a stimoli positivi, come l'apprendimento di rinforzi.
L'amigdala nel corso delle sue valutazioni ed elaborazione di risposte interagisce con altre aree neurali, che
costituiscono il fulcro del cervello emotivo: la corteccia del cingolo, la corteccia orbitofrontale OFC e
l'insula. ( L'amigdala e OFC sono forse le aree che offrono una rapida valutazione agli stimoli emozionali)
Tutti i circuiti sottocorticali sono responsabili delle risposte emotive rapide e automatiche. Analisi più
approfondite avvengono invece a livello frontale.
Lesioni all'amigdala potrebbero provocare l'incapacità di riconoscere le espressioni facciali o la mancata
reazione emotiva di fronte a stimoli negativi.

Il solco temporale superiore è un'altra struttura che partecipa all'elaborazione emotiva.


E' coinvolto in particolare nell'analisi e nel riconoscimento delle espressioni facciali e della direzione dello
sguardo.
4. Il cervello sociale
Neuroscienze sociali: lo scopo di questa disciplina emergente è di studiare le basi cerebrali che si attivano
durante le interazioni sociali e dell'interpretazione delle informazioni che ci provengono da altri,
integrandole con le motivazioni, le emozioni e un comportamento adattivo.

I volti sono stati frequente oggetto di studio proprio per la loro grande importante capacità di veicolare
informazioni con una grande valenza emotiva e sociale.
Quando percepiamo e riconosciamo un volto , gli aspetti fisici e strutturali( identità, genere ecc) vengono
elaborati a livello della corteccia visiva, in particolare nell’area fusifome delle facce FFA, posta nel giro
fusiforme (nella via ventrale, tra lobo occipitale e lobo temporale) adibita al riconoscimento dei volti.

Un volto può comunicare anche segnali emotivi e sociali che vengono elaborati a livello neurale in altre
aree del cervello.
Quando troviamo attraente un volto, per esempio, si attiva la corteccia orbifrontale; quando non ci fidiamo
si attiva l’amigdala , quando vediamo una faccia felice o arrabbiata o impaurita si attiva il solco temporale
superiore.
La comprensione degli stati d'animo , delle intenzioni e dei sentimenti degli altri sembra attivare aree come
l'amigdala e la corteccia mediale prefrontale, una regione che risulta implicata nei processi relativi al senso
morale, alla cooperazione e all'empatia.
Il fatto di essere visti e forse giudicati fa si che il nostro comportamento sia condizionato.

5. Emozione e cognizione

Per cognizione si intende l’insieme di processi mentali come percezione, attenzione , ecc.
A seguito di numerose ricerche sta emergendo la convinzione che cognizione ed emozione interagiscano in
un complesso e dinamico scambio di informazioni tra circuiti neurali.
Cognizione e emozione si incontrano ai livelli dei lobi frontali:
- La corteccia prefrontale situata nella parte anteriore del cervello, riceve informazioni da tutte le aree
sensoriali, è inoltre capace di integrare informazioni per generare comportamenti complessi. Le cortecce
prefrontali ricevono segnali da tutte le regioni sensoriali ,è collegata all'ipotalamo e all'amigdala ed è in
grado di integrare informazioni per generare comportamenti complessi.
- I lobi frontali svolgono inoltre la funzione di selezionare delle informazione e di contribuire alla presa di
decisione.
La corteccia orbitofrontale OFC, situata alla base del lobo frontale, è fondamentale per prendere decisioni
in situazioni emotive e sociali, guidato da un lato, dalla ragion e dalla cognizione, dall'altro, dalle emozioni.
La OFC interpreta i segnali e decide quale è il comportamento più consono da mettere in atto.
Un punto d’incontro tra cognizione e emozione è proprio l’OFC.
Inoltre secondo Rolls la corteccia orbifrontale è necessaria per una valutazione delle assocazioni stimolo-
rinforzo. Prenderebbe parte ai processi di apprendimento secondo cui uno stimolo o un comportamento è
legato alla proprietà di rinforzo e ricompensa (reward).
6.Il potere delle emozioni nel design

È importante valutare il contenuto emotivo anche nel design.


Norman approda ad una nuova concezione del design in cui la componente funzionale deve essere
affiancata anche dalla capacità di evocare emozioni.
La psicologia cognitiva applicata al design, ha sottolineato l’importanza della funzionalità , usabilità, e della
forma e della funzione.
Usabilità e utilità , sono due qualità irrinunciabili, ma sono affiancate dal piacere e dall’emozioni, che
influiscono enormemente nella vita quotidiana , nelle nostre scelte e nelle nostre decisioni e che possono
avere un ruolo decisivo per la scelta di un prodotto tra tanti con parimenti qualità funzionali.
Norman sostiene che se un oggetto è esteticamente piacevole ,svolge meglio la sua funzione: l’utilizzo di
un oggetto risulta più facile se viene considerato bello da parte dell’utente.
C’è quindi una connessione diretta tra estetica e usabilità.

Alice Isen afferma che gli oggetti che piacciono inducono uno stato d'animo positivo che favorisce il
pensiero creativo e la soluzione cognitiva di problemi.

Norman distingue tre livelli di elaborazione:


1) Viscerale: ci permette di valutare in maniera rapida e automatica (incoscia) ciò che è positivo o negativo,
inviando segnali al nostro sistema motorio e allertando il resto del cervello. E' il più primitivo livello di
elaborazione. Nel design viscerale contano forma, bellezza, la piacevolezza, l'aspetto creativo, innovativo e
divertente dell'oggetto.
2) Comportamentale: è associato al piacere di usare efficacemente un oggetto ben costruito. Il design che
stimola questo livello di elaborazione, tende ad evidenziare caratteristiche come prestazione, funzionalità,
comprensibilità, usabilità ecc. Anche il livello comportamentale agisce a livello inconscio.
3) Riflessivo: è il livello di elaborazione che si basa solo su processi cognitivi cognizione, pensiero e
conoscenza del mondo. Questo tipo di design è legato al significato di un prodotto, al suo impiego e alla sua
bellezza estetica. La bellezza deriva dalla riflessione, dalla conoscenza e dall’esperienza e ci permette di
dare una valutazione estetica consapevole.

La pubblicità, secondo Norman, può funzionare a livello sia viscerale che riflessivo: il primo viene stimolato
da immagini accattivanti ed attraenti; il secondo da aspetti più funzionali come il prestigio, l'esclusività, la
buona qualità e la conoscenza.

Per emotional design si intende un design che ha come obbiettivo il coinvolgimento emotivo e che induce
ad attribuire un valore personale agli oggetti oltre alla loro reale utilità.
7. Il piacere nel design

Secondo il designer industriale giapponese , Ekuan, la progettazione dei prodotti oltre che alla bellezza deve
mirare anche al divertimento e al piacere.

Jordan: identifica alcuni tipi di piacere prodotti dagli oggetti:


1) Piacere fisico: indotto dai sensi (tatto, vista, odore)
2) Piacere sociale : legato alle relazioni sociali e al potere di comunicazione
3) Piacere psicologico: riguarda lo stato psicologico che si attiva mentre si usa un oggetto
4) Piacere ideologico: legato alla conoscenza e al valore che l’oggetto rappresenta.

Demirbilek ritiene che i “winning products” , cioè i prodotti vincenti debbano essere ideati in modo da
coinvogliare un’insieme di caratteristiche: devono essere piacevoli ai sensi, divertenti, facili da utilizzare,
colorati e associati ad un messaggio positivo.

Leader e Carbon sono approdati alla conclusione che in generale oggetti tondeggianti o curvilinei con
forme tondeggianti, poco innovative e tradizionali sollecitano maggiormente emozioni positive e un
apprezzamento estetico più rilevante. La forma tonda viene , infatti, associata a qualcosa di tenero, buono
e positivo, mentre un design più squadrato è legato ad aspetti più tecnici e analitici.

In un tempo molto breve , 50 msec, riusciamo a formarci delle prime impressioni, basandoci solo
sull'aspetto fisico. Infatti in maniera automatica il nostro cervello elabora informazioni visive, indizi emotivi
e forma delle preferenze.
Bar e Neta hanno ipotizzato che alla base delle prime impressioni ci sono degli stimoli fisici-visivi che aiutino
nel formulare un giudizio. Riprendendo lo studio di Leader, i due ricercatori hanno capito che forme più
squadrate sono meno apprezzate rispetto a oggetti rotondi. Forme più appuntite possono evocare a livello
conscio o inconscio immagini legate a oggetti pericolosi, come una lama o un coltello.

Gli elementi che inducono reazioni negative vengono estratti rapidamente dalla corteccia visiva.
Gli oggetti più appuntiti attivano maggiormente l’amigdala rispetto a forme più addolcite, dimostrando una
risposta emotiva di attivazione per potenziali oggetti nocivi.

8. Decisioni ed emozioni

Dietro ogni decisione c’è un’aspettativa basata su ciò che potremmo ottenere. Prendere una decisione
implica processi mentali e emozioni che sono interconnesse dalla motivazione.
Motivazione: è ciò che spinge ad agire , ottenere una ricompensa, o evitare una punizione ma anche
l’autorealizzazione. Essa si riferisce duqneu alla finalità o alla causa di un'azione.

La possibilità di compiere una scelta determina un maggior coinvolgimento emotivo.


E' stato dimostrato che si tende a fornire una valutazione migliore di un'attività fastidiosa se si è conviti di
averla scelta autonomamente, rispetto a quando riteniamo che vi sia stata un'imposizione esterna.
Damasio ha proposto l’esistenza di un “marcatore somatico” che , in base alle risposte emotive scaturite o
dalla memoria di esperienze passate, o da particolari situazioni, aiuta la cognizione dei processi di scelta e
decisione.
Il nostro cervello analizza tutte le possibili conseguenze delle varie scelte.
Tuttavia nel corso dell'elaborazione di una decisione ci affidiamo da un lato alla ragione e dall'altro al
"marcatore somantico".
Una scelta esclusivamente razionale prevede un ragionamento sui costi , benefici e conseguenze delle varie
opzioni di scelta, rischiando di provocare una perdita di tempo nell'analisi di tutte le troppo alternative
possibili.

Inoltre Tversky e Kahneman: hanno dimostrato che il ragionamento umano , soprattutto il calcolo delle
probabilità è meno efficace e corretto di quello che pensiamo.
Questi tipi di errore vengono chiamati: “euristica di disponibilità” , secondo cui si intende la tendenza ad
assegnare maggiori probabilità ad eventi molto improbabili, ma che richiamano maggiormente la nostra
attenzione. Infatti una serie di immagini, soprattutto se negative, generano una pregiudizio.

Il marcatore somatico di Damasio, descrive quello che lui chiamo stato somatico: è una risposta emotiva
implicita che indirizza all’esito positivo o negativo a cui può portare una determinata scelta o azione. Esso
agisce come un segnale automatico che ci avvertono di potenziali pericoli o di potenziali situazioni
piacevoli.
Influenza le nostre scelte a livello sia conscio che inconscio mediante gli stati somatici, che marcano gli
esito delle risposte come positive o negative.

Il meccanismo del marcatore somatico agisce a livello inconscio. È anche la fonte dell’intuizione ,ossia quel
processo mentale che ci porta a risolvere un problema.
Damasio ha dimostrato che lesioni alla corteccia orbifrontale elimina la capacità di elaborazione emotiva.
L’assenza di emozioni lascia inalterata la capacità di elaborazione dei contenuti ma questi ultimi vengono
elaborati in modo apatico e quindi senza una valenza sociale.
La maggioranza dei marcatori somatici impiegati per decidere vengono elaborati durante lo sviluppo
dell'esistenza e con l'accumulo di esperienze.

9. Processi decisionali, emozioni e reward

Il nostro cervello è dotato del cosiddetto “sistema della ricompensa”, un insieme di aree cerebrali
responsabili dell'importanza dell'incentivo e della gratificazione, ricompensa come cause dei processi
decisionali.
Si tratta di un sistema di preferenze orientato a evitare il dolore e a cercare il piacere.

Quando si deve decidere tra due scelte uguali, i il contesto che fa la differenza. Siamo molto influenzati da
come le varie scelte e opzioni ci vengono presentare.
I ricercatori hanno proposto il fenomeno del “frame effect” (effetto cornice).

E' stato verificato che inducendo ad uno stato positivo, ad esempio regalando dei doni, si ottengano
prestazioni superiori in tanti compiti cognitivi e di presa di decisione.
Una disposizione di umore positivo ha una forte influenza sulle capacità cognitive, rendendo il pensiero più
creativo e i processi di ragionamento più flessibili ed efficienti.
Il fenomeno del reward dipende da circuiti neurali in cui interviene il neurotrasmettitore dopamina , che
aumenta e viene rilasciata in risposta a stimoli di appagamento e positività.
Le aree connesse all’ elaborazioni del reward interagiscono con l’ippocampo, struttura fondamentale per
l’immagazzinamento di nuove informazioni e il consolidamento delle informazioni in memoria.

Secondo un recentissimo studio, quando siamo messi di fronte ad una scelta rischiosa, due tipi di processi
devono integrarsi: elaborazione emotiva ed elaborazione cognitiva.
- Dal lato emotivo, una rapida valutazione del “rischio” viene condotta nella parte anteriore dell’insula
- Dal lato cognitivo , l'elaborazione di costi, benefici, viene effettuata in una parte della corteccia
prefrontale.

In sitesi:
Nella presa di decisione sono coinvolti tre tipi di processi cn relativi sistemi cerebrali:
1)un sistema di codifica e valutazione dello stimolo, per cui sono particolarmente rilevanti l'OFC, il nucleus
accumbens Nac e i circuiti della dopamina.
2) un sistema per la selezione di una scelta, che serve al monitoraggio e al controllo degli errori ed è
correlato all'attività della corteccia anteriore del cingolo
3) un sistema basato sull'aspettativa del guadagno/ di ricompensa, che è particolarmente associato
all'amigdala, all'insula e anche all'OFC.

10. I centri neurali del piacere

Principio edonico ( di piacere) : teoria secondo cui le persone sono motivate a provare piacere e a evitare il
dolore.
Olds e Miller: scoprono un centro cerebrale che produce l’esperienza del piacere. L’attivazione di un’ area
del cervello specifica, fa si che il soggetto provi piacere, agendo come una ricompensa.
Uno di questi centri del piacere è il nucleo accumbens , una struttura che rilascia la dopamina, sostanza
responsabile della sensazione di piacere. I circuiti dopaminergici sono responsabili per percepire ma anche
per anticipare un esperienza di piacere (meccanismo comune a mote droghe)

Un altro centro di piacere è l’ippotalamo, che si trova nella zona centrale interna ai due emisferi cerebrali.
- Controlla molte funzioni somatiche come la termoregolazione , il sonno e l’assunzione di cibo. E'
considerato il centro della fame e della seta ;
- ed è inoltre in grado di regolare emozioni, umore e comportamento sessuale.

L’insula è anch’essa legata a questi circuiti. È situata profondamente tra il lobo temporale e quello frontale.
- Controlla le sensazioni viscerali, la sensazione di dolore
- è implicata nelle dipendenza da droga, alcool e nicotina.
- E' coinvolta anche nell'emotività sociale, nell'empatia e nel disgusto
La corteccia anteriore del cingolo: si trova addosso alla corteccia prefrontale a cui è connessa e comunica
con a corteccia motoria e parietale . La parte inferiore è connessa all’amigdala , all’nucleo accumbens,
all’ippotalamo e all’insula
- È una stazione di scambio di informazioni bottom-up e top-down;
- è coinvolta nel valutare l’importanza degli stimoli emotivi e nell’ associarli a bisogni e motivazioni;
- è responsabile del rilevamento dei propri errori e dell’elaborazione
- in generale monitora e controlla il comportamento
- è la sede della corteccia celebrale dove sono elaborati a livello inconscio pericoli e problemi.

L'OFC:
- Rappresenta il punto di incontro tra l'informazione sensoriale , le reazioni emotive e i processi cognitivi;
- valuta sia gli stimoli provenienti dai nostri sensi, sia il piacere del rinforzo che quelli ci possono procurare.

11. Oggetti che piacciono

Kawabat e Zeki cercarono di trovare i correlati neurali del desiderio, definito come quell’impulso volitivo al
possesso diretto di un oggetto dal quale si prevede di ottenere piacere.
Nei loro esperimenti il compito dei soggetti era di classificare varie categorie di stimoli in base alla
desiderabilità, non tanto alla preferenza.
La desiderabilità: veniva rilevata a livello della OFC e una maggiore attivazione dell’area corrispondeva ad
una maggior desiderabilità. L’OFC risponde anche in funzione del genere e delle preferenze sessuali.
Le strutture neurali del reward quali il Nac o l'OFC sono associate alla percezione di immagini attraenti e
desiderabili. Tali aree non rispondono alla salienza emotiva degli stimoli, ma proprio alla piacevolezza
soggettiva.
I processi cerebrali legati ai bisogni primarie sono noti, a differenza delle opere legate ai rinforzi sociali. Il
sistema deputato a valutare ricompense e piacere è stimolato anche da oggetti che intrinsecamente non
hanno un valore di rinforzo, ma che indirettamente possono segnalare un rinforzo sociale.

12. Fare shooping con il cervello

Gli stati d’animo influenzano i nostri acquisti.


Il nucleus accumbens si attiva nell’anticipazione della scelta d'acquisto mentre l’insula (area
dell'elaborazione del disgusto e del dolore) si attiva quando pensiamo che il costo di un prodotto sia
eccessivo.
Knutson: afferma che l'impatto emotivo, che attiva le aree cerebrali associati al piacere, si può riflettere
anche sulla presa di decisione e sulla ricerca del rischio.
Una maggiore attivazione cerebrale corrisponde ad una maggior disposizione al rischio. Al contrario,
immagini negative inducono uno stato emotivo negativo, segnalato dall'attivazione dell'insula e una
conseguente minor disposizione al rischio.

Nello shoopping la nostra attività cerebrale deve fare affidamento su due circuiti importanti:
nucleus accumbens e OFC, per il piacere, e insula per il disgusto e la potenziale anticipazione di situazioni di
sofferenza.
Il nucleus accumbens è stato spesso associato anche ad alcune forme di dipendenza. La mania e la
compulsione per lo shoopping potrebbero rientrare in questa categoria.
Anche il contesto di presentazione dei prodotti è fondamentale e può influenzare le scelte e incidere sullo
stato emotivo del compratore.
La shopping experience : rappresenta una nuova frontiera del consumo. Si crea un coinvolgimento
sensoriale totale, è un’esperienza completa in cui si coniugano aspetti commerciali, culturali e ricreativi.
L’acquisto non è più lo scopo finale ma solo il punto di partenza di un’esperienza completa e varia. Nascono
cosi luoghi “ibridi“ dove trascorrere il proprio tempo, potendo comprare un prodotto, leggere , mangiare
,ecc.

13. Il Neuromarketing

Il neuromarketing: è una disciplina recente che cerca di svelare le basi neurali dei processi decisionali di
acquisto. Questa disciplina utilizza le nuove scoperte delle neuroscienze per individuare i canoni dei
processi d’acquisto
Gli strumenti del marketing si basano sulle intenzioni e impressioni dei consumatori, mediante indagini di
mercato, le preferenze espresse sono però date da un filtro razionale e cosciente delle persone.
Il neuromarketing studia e monitora, direttamente ,le immagini delle attività cerebrali dei soggetti,
ottenute mediante la tecnica della risonanza magnetica, a cui vengono proposte immagini di un prodotto.
Secondo Ariely e Berns, il neruromarketing potrebbe arrivare anche alla formulazione di cosa piace alla
gente, di cosa sarebbero disposti a comprare e anche a predire se un prodotto avrà successo o meno.

willingness to pay: (disponibilità di pagare)è il fenomeno per cui il valoredi denaro che si è disposti a
pagare per un determinato prodotto, dipende da quanto ci risulta accattivante e piacevole.

1.Secondo vari studi, alcuni espedienti di marketing, come l'aumento di prezzo di un prodotto, possano
influenzare la rappresentazione di piacevolezza di un oggetto e quindi la sua selezione.
Infatti i soggetti attribuiscono un prezzo più altro a un prodotto di migliore qualità e dunque a un gusto più
piacevole.

2. Anche la pubblicità e l'aspettativa che ci creiamo in base ai commenti favorevoli, infuiscono molto
positivamente sul suo giudizio.

3. Secondo la ricerca di Shiv, Carmon e Ariely si potrebbe verificare un "effetto placebo delle strategie di
mercato" , secondo cui a livello inconscio si attivano aspettative sugli effetti benefici di un prodotto che in
realtà non ha alcuni effetti.

4. La conoscenza del marchio potrebbe influenzare la percezione fisica di uno stimolo e aumenta la
sensazione di gradimento, attivandosi l'ippocampo ( regione importante per l'immagazzinamento delle
informazioni e la memoria), che consente di integrare le informazioni sensoriali con le conoscenze
pregresse e gli aspetti culturali.

Questi risultati dimostrano come le nostre esperienze percettive sono determinate dall'interazione di
processi bottom-up, che riflettono le caratteristiche fisiche degli stimoli,e processi top-down, che derivano
dalle conoscenze, dalle aspettative e dai desideri.
Questo fenomeno viene definito come “influenza culturale sulla percezione fisica”.
14. Decisioni inconsce

La coscienza è stata definita come la capacità che la nostra mente ha di integrare tutte le esperienze che
abbiamo raccolto dal mondo esterno e a noi stessi e di pianificare , mediante esse , comportamenti
presenti e futuri.
Il più delle volte però prendiamo delle decisioni senza riflettere. Questo fenomeno è denominato “pop into
conciousness” ( salto nella coscienza). Da molti studi è emerso che le decisioni più vantaggiose per noi sono
quelle prese a livello inconscio, senza ragionare e valutare tutte le conseguenza delle nostre scelte.
Questo fenomeno è chiamato (deliberation-without-attention effect), effetto della decisione senza
attenzione.
Tuttavia, per le decisioni più semplici invece, sembra più soddisfacente una decisione presa
consapevolmente.

Secondo Haynes , si può predire che cosa una persona stia pensando o quale tipo di azione o decisione stia
pianificando, tramite un nuovo metodo di analisi dei dati della risonanza magnetica funzionale, attraverso
algoritmi che associano gli eventi mentali a specifici modelli di attività cerebrale.
Ciascuna attività di pensiero attiva una specifica attività neurale, che può essere considerata come indizio di
un pensiero particolare.
È stato dimostrato che il nostro cervello decide molto prima che noi ne abbiamo una reale
consapevolezza, infatti Libet dimostrò con un esperimento che la corteccia premotoria si attivava mezzo
secondo prima che i soggetti decidessero di eseguire un'azione.

Gli autori Tushe, Bode e Haynes sono riusciti per la prima volta a prevedere, osservando il funzionamento
dei circuiti cerebrali, se un soggetto avrebbe acquistato o meno un dato prodotto.

15. Messaggi subliminali

Le persone sono fortemente suscettibili all'influenza di elementi ambientali e di fattori sociali.


Queste influenze vengono elaborate da un insieme di processi inconsci che nel loro complesso sono
denominati “inconscio cognitivo”. Gran parte delle nostre attività mentali avviene al di fuori del nostro
controllo. Anche se alcune informazioni non accedono alla nostra coscienza, hanno il potere di influenzare i
nostri giudizi e il modo in cui percepiamo il mondo.
La percezione subliminale è la situazione per cui il pensiero o il comportamento di una persona è
influenzato da stimoli esterni senza che lei ne sia consapevole.
L'influenza subliminale si avvale spesso di stimoli visivi presentati per un brevissimo lasso di tempo o a
un'intensità inferiore alla soglia di identificazione.
16. Arte e cervello: l'approccio delle neuroscienze
Il cervello reagisce allo stesso modo sia di fronte a un’opera d’arte sia davanti a qualsiasi oggetto che ci
piace.
Una questione cruciale che resta ancora dibattuta è se i nostri concetti di bello e brutto hanno un riscontro
biologico, se sono governati da leggi percettive universali o se invece sono costruzioni culturali.

Numerosi dati scientifici hanno dimostrato come vi siano dei precisi criteri fisici che rendono un volto
"universalmente" attraente, come ad esempio la simmetria. Giudichiamo come più attraenti i volti
simmetrici rispetto ai volti asimmetrici.
Questa preferenza si registra a livello percettivo ancor prima che vi sia qualsiasi forma d’influenza
culturale e pertanto può far pensare che siano degli schemi percettivi innati.
Queste preferenze hanno una base biologica dovuta al fatto che simmetria e media sono correlate alla
qualità genetica di un individuo, quindi corrispondono a “buoni geni”.

Secondo le neuroscienze, fermo restando che la creazione o l'apprezzamento per un'opera d'arte rientra
nella sensibilità soggettiva,culturale e storica, qualsiasi attività umana è il prodotto dell’organizzazione del
cervello ed è soggetta alle sue leggi.

Zeki: è stato uno dei primi sostenitori dell'approccio neuroscientifico all'arte e quindi ad occuparsi di
neuroestetica, una disciplina che studia i meccanismi neurali all’esperienza estetica, ossia in che modo
reagisce il cervello di fronte ad un’opera d’arte.

Nel cervello ci sono zone specializzate deputate all’elaborazione di aspetti diversi come il colore , la forma e
il movimento. L'integrazione dei processi posti in atto nelle varie aree celebrali consente in seguito di
giungere a una percezione unica.
Per esempio gli stimoli visivi provenienti da parti del corpo attivano l’extrastriate body-area (EBA) mentre i
luoghi vengono elaborati dalla Parahippocampal lace Area (PPA).
L’arte è concepita dall’artista e apprezzata dal suo pubblico proprio perché si basa su una serie di
operazioni mentali e di leggi percettive che evocano una particolare risposta neurale.
Secondo Mondrian la bellezza si ritrova in una grammatica della forma molto semplice e in una sintassi
cromatica minima.

Ramachandran fu un altro neuroscienziato che si occupoò di neuroesteica.


Nonostante le varietà di stili artistci esistenti nel mondo e il suosseguirsi di varie epoche, egli sosteneva che
fosse possibile rilevare la presenza di tratti, leggi e principi universali sull'organizzazione percettiva
dell'opera d'arte e ne propose diverse:
1. Peak shift principle ( principio dell’esagerazione, dell'iperbole): gli elementi esagerati ,portati
all’eccesso, sono considerati attraenti. L'essenza, il messaggio che si vuole trasmettere viene enfatizzato
accentuandone le caratteristiche salienti,come per esempio nelle caricature.
Un esempio in arte è l’astrazione: è il procedimento mentale attraverso cui si sostituisce un insieme di
elementi con un concetti più generale.
2. Perceptual grouping (raggruppamento percettivo): di fronte al caos percettivo , il nostro cervello cerca
di dare un significato a ciò che vuole in base alle proprie conoscenze e a principi di organizzazione
percettiva. Tesi condivisa anche dalla Gestalt, che insisteva sull'esistenza di leggi percettive che
dimostravano l'esistenza di regole ben precise nell'ordinamento delle nostre percezioni .
In una situazione di ambiguità (illusioni ottiche) o di scarsa informazione sensoriale (immagini degradate o
poco nitide) si cerca di risolvere l'enigma percettivo mettendo insieme gli elementi, raggruppandoli per
dare forma ad un percetto con un significato. Il fenomeno potrebbe introdurre una terza legge;

3. Risoluzione di enigmi percettivi: la risoluzione di problemi percettivi e lo stesso atto di cercare e trovare
soluzioni ,sono piacevoli per il nostro cervello.
L' ambiguità percettiva è un fenomeno molto presente nell'arte, con cui si intende l’abilità di rappresentare
in simultanea tane verità tutte ugualmente valide. L'informazione fisica è sempre la stessa (l'immagine non
cambia); ciò che cambia è invece il percetto, il risultato di quei processi di trasformazione mentale che
portano alla percezione visiva.
Quando percepiamo i volti si attiva l’area fusiforme delle facce;
quando percepiamo degli oggetti si attivano le regioni corticali;
nelle illusioni ottiche si attiva una terza area localizzata nel il lobo frontale che ci fa spostare da un percetto
all'altro. Grazie alla corteccia frontale diventiamo consapevoli di volta in volta di una delle due possibili
interpretazioni percettive.

4. Simmetria: le forme simmetriche sono considerate più piacevoli. L’importanza della simmetria è stata
rilevata anche a livello cerebrale dove viene attivata la parte anteriore dell’insula.

5. Metafora: consiste nel sostituire a un oggetto un concetto la cui “essenza” o funzione si sovrappone alla
funzione dell’oggetto-concetto originario, creando cosi immagini forti ed espressive.

17. La rappresentazione cerebrale della bellezza

Zeki e Kawabata: grazie all’utilizzo di tecniche di visualizzazione dell’attività mentale hanno potuto
registrare cosa succede nel cervello mentre una persona sta guardando un dipinto famoso.
La prima conclusione a cui sono giunti è che le varie categorie di dipinti fanno attivare aree cerebrali
diverse.
- Un’immagine giudicata bella fa attivare, per esempio , l’OFC , mentre è meno attiva quando i giudizi sono
negativi.
- Un’ altre area che risponde alla bellezza è il lobo parietale, il quale svolge la funzione di attenzione
spaziale, un processo che probabilmente è posto in atto maggiormente quando si esplora un'immagine
considerata bella.
- Le immagini giudicate brutte attivano la corteccia motoria, che viene stimolata a causa probabilmente
della tendenza a rifuggire lo stimolo.
- Per i quadri giudicati belli vengono attivate le regioni parietali , ma con differenze di percezione tra
uomini e donne: infatti negli uomini si attiva solo l’emisfero destro mentre per le donne entrambi gli
emisferi. Gli uomini si basano più su un’elaborazione globale della scena mentre le donne privilegiano più i
dettagli.

L'expertise (la competenza): la conoscenza e l'esperienza sul giudizio estetico e sulle risposte cerebrali,
tendono a modificare le percezioni delle aree cerebrali responsabili dei processi percettivi e di memoria.
18. "Rispecchiarsi" in un'opera d'arte

L’arte si è evoluta come simulazione virtuale di eventi e oggetti reali.


Con la ricerca si è scoperto che immaginando un’azione si attivano gli stessi circuiti neurali che si attivano
quando compiamo veramente l’azione, offrendoci una specie di "simulazione interna" di ciò che vediamo.
Questo fenomeno avviene a causa dei cosiddetti “mirror neurons", neuroni specchio:
L'osservazione di un’azione induce l'attivazione dello stesso circuito nervoso deputato all'azione.

I neuroni specchio sono stati individuati inizialmente nella corteccia premotoria delle scimmie, ma vi sono
molteplici dati che indicano che un "sistema specchio può esistere anche nell'uomo e può essere coinvolto
in numerosi aspetti della nostra capacità di comprendere la mente degli altri individui.

Infatti ciò ci permetterebbe di immedesimarci nella mente altrui, comprendendone i pensieri, le intenzioni
e le emozioni, conferendoci dunque una la capacità dell'empatica, fondamentale per la vita sociale.
La capacità di empatizzare si basa su una serie di meccanismi di risonanza interna che consentono di
simulare e imitare gli aspetti emotivi di chi osserviamo.

Vischer e Lipps, studioso e filosofo, furono tra i primi ad associare il concetto di empatia all'ambito
dell'esperienza estetica.
La risposta del nostro cervello a un’opera d’arte potrebbe essere associata ad un’immedesimazione
(cognitiva, emotiva e motoria). Questa immedesimazione ci permetterebbe di capire e apprezzare ciò che
viene raffigurato, in quanto rivissuto mentalmente, a livello sia emotivo che corporeo.

Immagini von un forte potere di suscitare il fenomento dell'embodiment, suscitano nell'osservatore una
simulazione incarnata, incorporata, ovvero la percezione a livello corporeo, ad forte contenuto emotivo, del
contenuto di ciò che si sta vedendo, cosi che il fruitore viva a pieno l’opera.

In linea con tali considerazioni anche Damasio affermava che quando vediamo un'immagine in cui vi sia un
grande contenuto emotivo , il cervello riproduce in una "modalità simulativa" la rappresentazione
osservata, come se il suo corpo vi partecipasse fisicamente. Questo fenomeno è molto evidente per il
dolore, per cui si attiva solo la componente affettiva e non anche quella sensoriale che viene stimolata solo
durante l'esperienza dolorosa diretta.

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