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La concezione dello sport nell’antica Roma era completamente diversa rispetto

a quella della civiltà ellenica, la prima più legata allo spettacolo e al


divertimento, la seconda invece alla spiritualità e alla gloria dell’atleta.
I Romani non tolleravano la nudità degli atleti greci e ritenevano le loro
esibizioni prive di finalità pratiche. Inoltre lo sport dai Romani veniva
interpretato in forma cruenta e spettacolare; questo si evince con la famosa
espressione “panem et circenses“: il pane e gli spettacoli erano gli elementi che
tenevano quieta la “folla” dell’età romana. Se da una parte i poveri chiedevano
da mangiare e, quindi, pane, dall’altra gli spettacoli, quali feste, giochi,
celebrazioni, servivano a vincere la noia del popolo e a soffocare eventuali
rivolte contro l’Impero. Importante era anche il tifo che in epoca imperiale
divenne un fenomeno di grande rilevanza sociale
L’ideale greco che rappresentava l’atleta pieno di armonia fu sostituito dalla
figura romana del tutto diversa, più violenta e dall’aspetto sicuramente meno
aggraziato.
Tanto che nei mosaici romani vengono raffigurati gli atleti con un corpo tozzo e
sgraziato nella muscolatura.
I principali sport nell’antica Roma erano: il pancrazio, la lotta, il pugilato, la
corsa, il lancio del giavellotto, il lancio del disco, il lancio del peso, le gare dei
cocchi, solo per i più ricchi e le cacce dove gli uomini armati combattevano
animali feroci.
Particolarmente apprezzato dai romani era il pancrazio, sport di combattimento
di origine greca che consisteva in un misto di lotta e pugilato.
Le corse dei cavalli si suddividevano anche in bighe, trighe e quadrighe a
seconda del numero di cavalli. La gara terminava dopo che ogni concorrente
aveva percorso 7 giri e tagliato il traguardo.
Per quanto riguarda gli spettacoli dei gladiatori all’origine si trattava di sacrifici
umani di prigionieri di guerra, immolati durante il funerale di un eroe.
Dal 105 a.C. I gladiatori si scontravano a coppie, combattendo e difendendosi
lealmente, tanto che un gladiatore vinto ,ma che si era battuto con onore,
veniva graziato dal pubblico, appassionato soprattutto dall’aspetto sportivo.
Anche le finte battaglie navali erano molto apprezzate, ma costano molto ed
erano poco igieniche.
Le donne non partecipavano a delle vere e proprie gare, ma si usava la
ginnastica nelle palestre annesse alle terme. La palestra era solitamente
circondata da portici, aveva stanze adibite a bagni, spogliatoi. In seguito la sua
funzione si estese e divenne sede di conversazioni e di scuola. Nelle terme le
donne Romane erano solite fare anche giochi con la palla in locali appositi per
favorire la traspirazione e apprezzare poi ancor più gli effetti ristoratori del
bagno.
Sorano, un ginecologo greco che esercitava la professione a Roma in età
traianea, si accorse che le ragazze romane erano precocemente puberi, per cui
prescrisse loro il gioco della palla, la danza e il canto nei cori.
Nell’antica Roma le donne combattevano negli anfiteatri di tutto l’Impero
Romano, proprio come i loro più famosi colleghi maschi. Ma, a differenza degli
uomini, la maggior parte delle gladiatrici non era formata da schiave, straniere
o cittadine poverissime costrette a imbracciare le armi per soldi o per
costrizione. Alcune donne svilupparono una tale passione per i combattimenti
da decidere volontariamente di scendere nell’arena.
La più convincente prova dell’esistenza di gladiatrici è un bassorilievo
marmoreo del I o del II secolo trovato ad Alicarnasso e attualmente in mostra al
British Museum di Londra. Il bassorilievo, in cui sono rappresentate due
gladiatrici in combattimento.
Testimonia che alcune donne hanno combattuto con armature pesanti.
L’iscrizione ci indica i loro pseudonimi, rispettivamente Amazon e Achillia e ci
dice che venne concessa loro la missio ossia la sospensione, avendo ambedue
combattuto valorosamente nello scontro.

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