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- La tassatività, l’applicazione delle misure può avvenire solo nei casi e nei
modi previsti dalla legge
I presupposti sono:
- Gravi indizi di colpevolezza, art. 273 c.p.p. che risultano sia dalle indagini
preliminari che in sede dibattimentale; essi possono assurgere a prove
solamente indiziarie. I gravi iondizi di colpevolezza consistono in elementi
indiziari gravi, univoci e concordanti che sono idonei a provocare il
convincimento nel giudice di probabile colpevolezza dell’indagato in ordine
alla commissione del fatto
- Le esigenze cautelari, art. 274 c.p.p. sono alternative tra loro, potendo
essere sufficiente solo la ricorrenza di una di esse per l’applicazione di una
misura cautelare e si distinguono in: pericolo di inquinamento probatorio;
pericolo di fuga; pericolo di reiterazione di reati.
11. I REATI ASSOCIATIVI sono molte le fattispecie associative previste nel nostro
ordinamento: da quelle collocate nel Titolo I, Libro II del codice penale (dedicato ai delitti
contro la personalità dello Stato) , come la cospirazione e la banda armata, a quella del T.U.
309/1990 sugli stupefacenti (art. 74), fino alle più studiate associazione a
delinquere (art. 416 c.p.) e associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416
bis). Si vogliono qui analizzare i rapporti tra i reati associativi (che trovano il loro
paradigma nell’art. 416 c.p.) e i singoli reati-scopo (quelli che non prevedono un
oggetto giuridico) commessi dall’associazione. In particolare, si rileveranno le
differenze tra il reato associativo e il concorso formale di reati, il concorso di
persone e il reato continuato. Sotto il primo aspetto (reato associativo), è necessario
ricordare che elemento fondamentale dell’associazione (termine che ha lo stesso
significato in tutti i reati associativi) è l’organizzazione di mezzi, anche rudimentale,
al fine di commettere delitti. Questo è infatti ciò che giustifica la maggior severità
sanzionatoria che caratterizza i reati associativi rispetto ai reati-scopo in concorso
formale tra loro. D’altro canto, anche se nella pratica l’esistenza di un’associazione
viene desunta dalla commissione di reati da parte degli associati, è costantemente
affermato che, per la sussistenza del reato di associazione, non è richiesta
l’esecuzione dei reati-scopo. La Corte di Cassazione ha puntualizzato inoltre che la
prova del reato associativo non può desumersi dalla circostanza che tre o più
persone abbiano commesso, insieme, una serie di fatti criminosi, in quanto l’accordo
va provato in sé. Per quanto riguarda le differenze con il semplice concorso di
persone, a parte il fatto che viene richiesto un numero minimo di almeno tre
persone per dar vita all’associazione, nel concorso l’accordo è occasionale e
accidentale, cioè limitato alla realizzazione di uno o più reati, e si esaurisce con la
consumazione di questi. Nel reato associativo, invece, l’accordo criminoso rimane
per l’ulteriore attuazione del programma delinquenziale (si parla di carattere di
permanenza dell’associazione). Persiste quindi il pericolo per la collettività, che
giustifica la grave sanzione penale. Analogamente a quanto vale a proposito del
concorso di reati, la responsabilità del singolo associato può essere affermata anche
qualora egli non abbia preso parte ad alcuna delle imprese criminose
dell’associazione. Allo stesso tempo, gli associati non possono ritenersi, solo per
questo, concorrenti nel singolo reato-scopo: la loro specifica responsabilità va
provata, per non incorrere nella violazione dell’art. 27, comma 1, Cost. (personalità
della responsabilità penale).
a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione
superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'art. 4;
e) delitti di contrabbando;
f) reati di ingiuria (594 c.p.), minaccia (612 c.p.), molestia o disturbo alle persone
(660 c.p.) col mezzo del telefono.
f-bis) delitti previsti dall’articolo 600-ter (pornografia minorile), terzo comma, del
codice penale.
13. LE CIRCOSTANZE NEL DIRITTO PENALE nel diritto penale le circostanze, dal
latino circumstantia (circum-stare, stare attorno), sono elementi non costitutivi del
reato che, accedendo a una fattispecie già perfetta, comportano un inasprimento o
una mitigazione della pena edittale. All'interno della categoria delle circostanze
vengono individuate diverse distinzioni: (alcune delle quali sono state accolte nel
codice penale italiano):
Il reato putativo non è quindi punibile e ciò nel rispetto dei principi della legalità e
della materialità che vigono all’interno dell’Ordinamento giuridico.
Il secondo comma dell’art. 49 c.p. (reato impossibile) stabilisce che “la punibilità è
altresì esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di
essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”. Esempio classico è quello
dell’utilizzo di una pistola giocattolo, o della sostanza non velenosa utilizzata per
provocare il decesso di una persona: in questi casi non si può ipotizzare un tentativo
inidoneo ma molto più semplicemente si è in presenza di un reato impossibile per
inidoneità dell’azione (che comprende anche i mezzi di esecuzione della stessa).
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria costituiscono una particolare categoria
di pubblici ufficiali e hanno il potere-dovere di denunciare fatti costituenti reato ed
espletare attivita investigative all’interno del procedimento penale. L’art. 57 del
c.p.p. distingue la figura dell’agente di p.g. da quella di ufficiale di p.g. La
distinzione tra queste due figure è importante sia per quanto riguarda
l'organizzazione interna delle varie unità di polizia giudiziaria sia per quanto riguarda
la competenza a compiere determinati atti.
20. IL SEQUESTRO DI PERSONA dettato dall’art. 605 c.p., recita che chiunque priva
taluno della libertà personale è ounito con la reclusione da sei mesi a otto anni. La
pena è aggravata se in danno di un ascendente, di un discendente o del coniuge,
oppure quando l’autore del reato sia un pubblico ufficiale e abusi delle sue funzioni.
Ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente anche che il soggetto passivo sia
posto nella condizione di non potersi muovere liberamente se non ricorrendo a
mezzi straordinari e non facilmente reperibili. E’ un reato in forma libera in quanto
la condotta può assumere le diverse forme dell’omissione, dell’inganno, della
violenza o della minaccia. Trattasi di un reato permanente, poichè l’offesa al bene
della libertà si protrae per tutta la durata del sequestro.
- violenza sessuale ( art. 609 bis), di cui si rende autore “chiunque con
violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a
compiere o subire atti sessuali”; ovvero, anche senza costrizione vera e
propria, “induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle
condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa”. L’atto
sessuale è da intendere, peraltro, non esclusivamente come congiungimento
carnale, ma come qualunque atto avente una qualsiasi valenza sessuale
(idoneo, cioè, a ledere la sfera di libera autodeterminazione del singolo in
campo sessuale). E’ assolutamente ovvio come la violenza sessuale
compiuta su un minore comporti un aggravamento della pena (art. 609 ter).
- Pedofilia, Nell'accezione comune, al di fuori dall'ambito psichiatrico,
talvolta il termine pedofilia si discosta dal significato letterale e viene
utilizzato per indicare quegli individui che commettono violenza attraverso
la sessualità su di un bambino, o che commettono reati legati alla
pedopornografia.
- Pedopornografia, La pedopornografia è la pornografia (ossia la
rappresentazione di atti sessuali) in cui sono raffigurati soggetti in età pre-
puberale. La pedopornografia viene spesso erroneamente confusa con la
pornografia minorile, ossia il materiale pornografico in cui sono coinvolti
individui che, pur non avendo ancora raggiunto la maggiore età, hanno già
subito le trasformazioni fisiche e mentali proprie della pubertà
- Sfruttamento della prostituzione minorile, l’art. 600 c.p. recita:
“Chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli
anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con
la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da €15.493 a €154.937.
Salvo il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali
con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in
cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione
da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 5.164
2) Detta condotta deve essere reiterata, seriale nel senso che i sopra descritti atti
devono succedersi nel tempo. La continuazione e reiterazione in un certo lasso di
tempo è elemento costitutivo. Pertanto i suddetti singoli atti, se posti in essere in un
unica occasione, non integrano la fattispecie delittuosa ex art 612 bis c.p. ma quelle
più “tradizionali” del tipo “minaccia” o “molestia”, magari continuate se dette
condotte vengano posti in essere più di una singola volta.
3) Infine, tali azioni illecite devono cagionare alla vittima “un grave disagio
psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale
propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il
suo modo di vivere”. Con l'evento del grave disagio psichico, vista la
indeterminatezza della figura, si deve intendere solo ed esclusivamente a forme
patologiche contraddistinte dallo stress, di tipo clinicamente definito grave e
perdurante. Quanto al secondo degli eventi conseguenti alla condotta illecita, ovvero
il timore per la sicurezza personale o propria, tale ipotesi ricorre ogniqualvolta la
vittima, a causa dei comportamenti del reo, abbia “timore” per la propria sicurezza.
Tale stato d'animo deve essere valutato in concreto, in base a tutti gli elementi che
caratterizzano la vicenda, e deve essere tale se riferito ex ante con riguardo alla
valutazione di una persona media. Infine, l'ultimo degli eventi sopra riportati riguarda
il caso in cui, a seguito delle condotte persecutorie, il soggetto leso sia costretto,
contro la sua volontà e non potendo fare altrimenti, a modificare rilevanti e
gratificanti abitudini di vita.
Sulla base di quanto detto, l'illecito in esame sussiste solo quando siano integrati tutti
i succitati elementi obbiettivi.
25. L’ART 109 DELLA COSTITUZIONE E DIPENDENZA FUNZIONALE L’ART 109 DELLA
POLIZIA GIUDIZIARIA l’art 109 della Costituzione italiana recita testualmente:
L'Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. La materia è
disciplinata dagli artt. 55, 56, 57, 58, 59 c.p.p.
art 58 c.p.p.
1. Ogni procura della Repubblica dispone della rispettiva sezione; la procura
generale presso la corte di appello dispone di tutte le sezioni istituite nel distretto.
2. Le attività di polizia giudiziaria per i giudici del distretto sono svolte dalla sezione
istituita presso la corrispondente procura della Repubblica.
3. L'autorità giudiziaria si avvale direttamente del personale delle sezioni a norma
dei commi 1 e 2 e può altresì avvalersi di ogni servizio o altro organo di polizia
giudiziaria.
Note
(1) L'art. 58 specifica il rapporto di dipendenza della p.g. dalla A.G. (art. 56). La regola per cui
ogni Procura della Repubblica dispone della relativa sezione evidenzia il rapporto privilegiato tra
chi dirige le indagini e le sezioni di p.g.; così pure gli uffici della Procura Generale dispongono, in
caso di avocazione, di tutte le sezioni istituite nel distretto di Corte d'Appello.
(2) Qualsiasi A.G. ha una disponibilità, anche se meno intensa, nei confronti delle sezioni, dei
servizi e dei restanti organi di p.g. La formula utilizzata, per cui l'A.G. si avvale direttamente del
personale delle sezioni, mentre può avvalersi di ogni servizio o altro organo di p.g., non comporta
che l'A.G. debba ricorrere in via prioritaria alle sezioni, ma sottolinea il particolare legame che
unisce queste alla magistratura.
Art. 59 c.p.p.
1. Le sezioni di polizia giudiziaria dipendono dai magistrati che dirigono gli uffici
presso i quali sono istituite.
2. L'ufficiale preposto ai servizi di polizia giudiziaria è responsabile verso il
procuratore della Repubblica presso il tribunale dove ha sede il servizio dell'attività
di polizia giudiziaria svolta da lui stesso e dal personale dipendente.
3. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti a eseguire i compiti a essi
affidati. Gli appartenenti alle sezioni non possono essere distolti dall'attività di
polizia giudiziaria se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono a
norma del comma 1.
Note: (1) La dipendenza organizzativa della p.g. varia in considerazione della diversa dipendenza
funzionale (art. 56). Le sezioni, considerate quali unità organiche, si pongono in un rapporto di
subordinazione nei confronti dei rispettivi Procuratori della Repubblica. Al fine di evitare
interferenze con l'amministrazione di appartenenza è previsto il divieto di distogliere i componenti
delle sezioni dall'attività di p.g., se non previa autorizzazione del rispettivo Procuratore. L'esclusiva
destinazione a compiti di p.g. può essere derogata solo in casi eccezionali o per necessità di
istruzione o di addestramento (art. 103 disp. att.). I servizi hanno un rapporto di subordinazione
più attenuato. Essi dipendono sia dal P.M., sia dalle istituzioni di appartenenza e la responsabilità
personale investe unicamente l'ufficiale preposto al servizio, solo nei confronti del Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale.
28. IL REATO DI CORRUZIONE art 318 c.p. il dettato del presente articolo punisce il
pubblico ufficiale che, per compiere un atto conforme ai doveri d’ufficio, riceve per
se o per un terzo una retribuzione in denaro o altra utilità non dovuta o
semplicemente ne accetta la promessa. Questa tipologia di corruzione è denominata
corruzione impropria (per distinguerla da quella propria in cui viene compiuto un
atto contrario ai doveri d’ufficio o vi è un ritardo od un’omissione di un atto dovuto)
e si divide in due categorie:
Nella fattispecie disciplinata dall’art. 319 c.p. (c.d. corruzione propria), si punisce Il
pubblico ufficiale, che riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne
accetta la promessa per omettere o ritardare un atto dovuto (corruzione propria
antecedente). Realizza altresì la fattispecie il pubblico ufficiale che pone in essere la
stessa azione per compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio (corruzione propria
susseguente). Anche in questa ipotesi, come nel caso precedente, non una
posizione di preminenza tra corrotto e corruttore. L’elemento di distinzione rispetto
al precedente reato, che puniva la corruzione impropria, consiste nella tipologia
dell’atto che il pubblico ufficiale si è impegnato a fare come corrispettivo del denaro
o altra utilità ricevuti o promessi.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio,
che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e
non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la
multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta
giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa. »
Bene giuridico tutelato: ciò che si vuole tutelare con tale reato è il buon
andamento della Pubblica Amministrazione che viene assicurato con la
tempestività dell'assolvimento delle pubbliche funzioni.
Sanità: le ragioni di sanità riguardano sia la salute fisica che psichica del soggetto.
Sicurezza pubblica: riguarda l' attività della polizia di sicurezza ossia alla sicurezza
dei cittadini, alla loro incolumità ed alla tutela della proprietà, all' osservanza delle
leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle Province e dei Comuni,
nonché delle ordinanze delle Autorità.
Elemento soggettivo: dolo generico l’elemento psicologico viene rappresentato
dalla coscienza e dalla volontà di rifiutare l’atto che il pubblico ufficiale sapeva
di dover compiere.
Tipo di Reato: Reato proprio di pericolo che si perfeziona ogni qual volta
venga denegato un atto non ritardabile, incidente su beni di valore primario
tutelati dall’ordinamento, indipendentemente dal nocumento che in concreto
possa derivarne.
Esempio di reato di rifiuto d'atti d'ufficio: Commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio
il medico in servizio notturno di guardia all’interno dell’ospedale che dà disposizioni
verbali agli infermieri senza recarsi al letto del paziente che ha bisogno delle sue
cure.
Non è previsto il tentativo di reato poiché il delitto si consuma nel tempo e nel luogo
in cui si è verificata l'omissione.
Per tale reato è necessario stabilire da quando cominciano a decorrere i trenta giorni
per valutare se la condotta del soggetto attivo integri o meno il delitto di cui al
2°comma art. 328 c.p., a tal fine si è pronunciata la giurisprudenza di legittimità che
ha stabilito di dover tenere conto dei termini procedimentali previsti dalla legge
n.241/90 art. 2(procedimento amministrativo)[2], solo una volta trascorsi i termini per
la conclusione del procedimento amministrativo cominceranno a decorrere i trenta
giorni previsti dalla norma penale previa diffida (con richiesta scritta)del pubblico
ufficiale o incaricato di pubblico servizio da parte del soggetto che vi abbia interesse.
Esempio del reato di omissione d'atti d'ufficio: Integra il reato di cui all’art. 328,
comma secondo, c.p., la condotta di un sindaco che omette di rispondere o,
comunque, di fornire congrue giustificazioni nel termine di trenta giorni, a seguito
della richiesta, avanzata da un dipendente comunale, di rimborso delle spese legali
sostenute in un procedimento penale per reati connessi alla sua funzione e dai quali è
stato assolto.
- esercizio del diritto nei limiti consentiti e nel rispetto dei diritti altrui
il fondamento di questa causa di giustificazione va rinvenuto nella considerazione
che l’ordinamento non può cadere in contraddizione con se stesso, riconoscendo
legittimo l’esercizio di un diritto, per considerarlo poi un illecito.
Le indagini preliminari, introdotte nel codice di procedura penale dall'art. 326, sono
una fase del procedimento penale precedente all'eventuale processo. Nelle indagini
preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono le indagini
necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale: ne
consegue che il p.m. e la polizia giudiziaria devono acquisire anche gli elementi a
favore dell'indagato (art. 358) dato che le indagini preliminari servono
esclusivamente a stabilire se ci sono i presupposti per l'esercizio dell'azione penale.
È previsto il segreto per gli atti compiuti durante le indagini.
L’INCIDENTE PROBATORIO è uno di quegli atti non ripetibili che trasmigra nel
fascicolo dibattimentale. Per diversi motivi, il Pubblico Ministero (ma anche la
difesa) può chiedere al GIP di poter "congelare" una particolare prova raccolta nella
fase preliminare (anche un interrogatorio) per poterla presentare con carattere
probatorio nel dibattimento in aula. Di qui il nome di "incidente (perché si tratta di
una eccezione "una tantum" alla norma) probatorio (perché avente valore di
prova)". Il presupposto fondamentale per richiedere l’incidente probatorio davanti
al GIP o al GUP è la necessità o anche l’opportunità di assumere prove non rinviabili
al dibattimento e le esigenze poste alla base di tale mezzo sono:
L’art 51 sancisce che qualora l’ordine sia illegittimo, del reato rispondono sempre il
pubblico ufficiale che lo ha emanato, ma anche colui che lo ha eseguito. Il
subordinato andrà esente da pena solo se avrà esercitato il potere-dovere di
verificare la legittimità dell’ordine impartitogli. In ogni caso, la causa di
giustificazione dell’adempimento di un dovere non trova mai applicazione quando
l’ordine riguarda il compimento di un atto manifestatamente criminoso.
In particolare sia con il rito abbreviato che con l'applicazione della pena a richiesta di
parte o patteggiamento le parti intendono evitare lo svolgimento del processo con il
rito ordinario; mentre con il giudizio direttissimo ed il giudizio immediato si fa in
modo che si giunga al dibattimento, e quindi al processo, prima che con il rito
ordinario.
Il rito abbreviato può essere definito un giudizio allo stato degli atti in quanto si
identifica con la possibilità per l'imputato di chiedere che il giudice investito del
processo decida sulla base delle allegazioni probatorie già acquisite, vale a dire sulla
base di quanto è acquisito nel fascicolo del pubblico ministero, senza procedere ad
un ulteriore istruttoria e soprattutto senza procedere allo svolgimento del
dibattimento.
La scelta di tale rito comporta una riduzione della pena da applicare, quantificata
nella misura di un terzo della pena complessiva.
La richiesta può essere proposta per iscritto, oralmente oppure a mezzo di difensore
munito di procura speciale, nel corso della udienza preliminare o della udienza
dibattimentale e, in ogni caso, fino a quando non siano formulate le conclusioni.
La richiesta può essere condizionata dal richiedente ad una integrazione probatoria
necessaria ai fini della decisione, come ad esempio l'esame di un teste o
l'acquisizione di un documento, e in tal caso il pubblico ministero ha diritto alla
prova contraria.
E' importante sottolineare che, in caso di condanna con le forme del rito abbreviato,
è possibile proporre appello.
Il patteggiamento è un accordo sulla pena che si realizza quando l'imputato ed il
pubblico ministero concordemente chiedono al giudice di applicare una pena
determinata nella specie e nella misura con il vantaggio per l'imputato di ottenere
una riduzione della pena finale quantificata fino ad un terzo della pena complessiva.
Nella determinazione della pena da applicare, la pena finale, tenuto conto di tutte le
circostanze e della diminuzione per la scelta del rito, non può superare il limite di
due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria.
La richiesta di patteggiamento può essere avanzata, nel corso delle indagini
preliminari, o dinanzi il Giudice della Udienza Preliminare, oppure dinanzi il Giudice
del dibattimento, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
Oltre ad una riduzione sulla pena finale, con la sentenza di patteggiamento non
viene pronunciata condanna alle spese processuali, né condanna a sanzioni
accessorie ed il reato è estinto nel termine di 5 anni se si tratta di un delitto e di 2
anni se si tratta di una contravvenzione.
La sentenza di patteggiamento non ha efficacia nei giudizi civili ed amministrativi e
pertanto nell'ipotesi di condanna in sede penale con l'applicazione di tale rito, ove
fossero sottese delle questioni civili o amministrative, queste ultime devono essere
decise indipendentemente dalla pronuncia penale. Per esempio nell'ipotesi di
responsabilità derivante da circolazione stradale, ove l'imputato decidesse di
accedere al patteggiamento, tale scelta non potrà influire sull'eventuale giudizio
civile instaurato per la richiesta di risarcimento del danno.
In ogni caso la sentenza di patteggiamento è equiparata ad una sentenza di
condanna per la quale non può essere proposto appello ma, nei casi previsti, ricorso
per cassazione.
Il giudizio direttissimo viene richiesto dal pubblico ministero nei confronti di chi sia
stato arrestato in flagranza di reato o di chi abbia reso confessione. In tal caso il
pubblico ministero, entro 48 ore, può presentare l'imputato in stato di arresto
dinanzi al giudice competente per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio,
oppure se l'arresto è stato già convalidato, può presentare l'imputato in udienza
entro 15 giorni dall'arresto.
All'udienza l'imputato può chiedere il rito abbreviato o il patteggiamento.
Il giudizio immediato può essere richiesto dal pubblico ministero quando la prova
dei fatti a carico dell'imputato appare evidente e lo stesso sia stato sottoposto ad
interrogatorio per i fatti per cui si procede. Ove ricorrano tali condizioni, il pubblico
ministero, entro 90 giorni dall'iscrizione della notizia nel registro delle notizie di
reato, può formulare al Giudice delle Indagini Preliminari la richiesta di procedersi
con il giudizio immediato.
Nell'ipotesi di accoglimento della richiesta e di fissazione dell'udienza, la stessa si
svolge con il rito ordinario e l'imputato può chiedere il rito abbreviato o il
patteggiamento.
I reati di pericolo riguardano le offese che possono essere recate al bene disciplinato
dalla norma. I reati di pericolo si dividono in:
nel reato di pericolo presunto in cui il pericolo viene presunto su elemti stabiliti
dalla legge, a prescindere da un’analisi obiettiva sulla concreta sussistenza del
pericolo
il reato di pericolo concreto in cui è necessario che il bene sia stato effettivamente
minacciato.
La colpa, prevista nell’art. 43 del codice penale, è una forma meno grave di volontà
colpevole e si ha quando l’evento, anche se preveduto dall’agente, non e da lui voluto
e si verifica a causa di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza delle leggi,
regolamenti, ordini o discipline. Essa sussiste tutte le volte in cui un soggetto, pur
essendo conscio dei pericoli, agisce con superficialità, o avventatezza, senza adottare
quelle precauzioni che avrebbero agevolmente evitato l’evento. Perché un delitto sia
punibile a titolo di colpa, è sempre necessario che sia espressamente previsto dalla
legge. Analizzando la colpa sotto diversi aspetti si ha: la colpa generica, la colpa
specifica, la colpa cosciente e la colpa professionale. Nella tipologia della colpa
generica rientra la realizzazione di un delitto per: negligenza, ossia quando l’agente
commette un reato a causa del suo operare in maniera superficiale e senza
l’attenzione necessaria; imprudenza, quando un reato viene commesso per la
mancanza del buon senso comune e per l’aver agito in maniera avventata; imperizia,
quando il delitto è causato dall’incapacità, dalla scarsa abilita o insufficiente
preparazione a svolgere determinate professioni od attività. La Colpa specifica è,
invece, quella forma di volonta colpevole che ricorre quando l’agente commette un
reato a causa dell’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline e di
qualunque provvedimento amministrativo o disposizione contrattuale. La colpa
cosciente (o colpa con previsione) si ha, per esempio, quando un soggetto pur non
volendo l’evento riesce a prevedere la possibilità del verificarsi del delitto come
conseguenza della sua azione e, ciò nonostante, persiste nella condotta; la colpa
professionale, data la sua particolarità, la dottrina e la giurisprudenza recente,
ritengono che la colpa professionale debba essere valutata alla stregua dei normali
criteri, quando è causata da negligenza o imprudenza. Al fine di stabilire una
gradualità nella colta è conseguentemente provvedere ad una adeguata
commisurazione della pena, il giudice deve valutare i motivi che hanno spinto il
soggetto ad agire, la consapevolezza che dal proprio agire poteva scaturire la
commissione di un illecito penale, la rilevanza delle regole cautelari violate, le
condizioni di vita individuale e sociale del reo, le modalità dell’azione, la gravità del
danno o del pericolo cagionato, la condotta del reo antecedente, contemporanea e
susseguente il fatto.
Preterintenzione. L’art. 43 disciplina un’altra forma che può assumere l’elemento
soggettivo del reato: la preterintenzione. Essa ricorre quando l’agente, con la sua
azione od omissione, commette un evento più grave di quello voluto. Nel delitto
preterintenzionale vi è la volontà di un evento minore ma non di quello
effettivamente realizzato. Nel codice penale l’unico caso di preterintenzione è
costituito dall’omicidio preterintenzionale, art 584 codice penale. Un’altra ipotesi
prevista dal nostro ordinamento è quella dell’aborto preterintenzionale, contemplato
dall’art 18, secondo comma, legge 194/1978, che si ha quando le lesioni ad una
donna finiscono per procurare una interruzione di gravidanza.