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L’ ”educabilità” e il futuro della pedagogia

Abstract

Lo scopo di questo lavoro è quello di cercare di capire se vi sia, per quanto riguarda la pedagogia, la

possibilità di costruire un ponte che connetta la dimensione umanista e postumanista, dopo

l’avvento delle neuroscienze cognitive.

La crisi delle scienze umane e della pedagogia di impianto cognitivista, trova una deriva biologista

all’inizio del XXI nella transizione dalle scienze umane alle neuroscienze cognitive, come base

dello sviluppo che assorbe la quasi totalità della classica educazione, creando un abisso tra la

dimensione umanista e postumanista. E’ possibile colmarlo?

Se l’oggetto della pedagogia è il l’individuo in formazione, in un processo che il termine latino e-

ducere descrive come un venir fuori, in una prospettiva dialettica e mai statica, la pedagogia non

può ignorare i risultati della ricerca sperimentale e arroccarsi su proposte didattiche consolidate

dalla prassi quotidiana, a costo di imbattersi in una dissonanza cognitiva nella relazione con un

mondo in perenne cambiamento, che reclama processi adeguati e un metodo basato sulla

scientificità dell'esperienza. Sarebbe impensabile, oggi, addentrarsi in questioni pedagogiche,

facendo a meno dei risultati provenienti dal campo neuroscientifico. In particolar modo le indagini

sul cervello, aspirando a poter riscrivere la storia dei processi cognitivi ed emotivi, hanno

inaugurato un dialogo fra le neuroscienze e le scienze umane, costruendo “ponti” fra discipline

considerate incompatibili verso nuove discipline ibride (Bruer, 1997). La pedagogia e la biologia

vengono viste sotto una nuova luce, fatta di intrecci e vincoli reciproci, dove scompaiono i

dogmatismi.

Grazie alla ricerca umanistica è possibile arricchire le neuroscienze, proporre ipotesi sui correlati

neurali, cioè l'insieme minimo di eventi e meccanismi neuronali sufficienti per una specifica

percezione cosciente. Solo dopo aver messo in relazione una esperienza cognitiva con una data

attività neurale, quest'ultima diventa intellegibile come correlato neurale, e quindi utilizzabile come

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indicatore per le successive indagini. La pedagogia potrà godere, quindi, di uno sguardo di insieme

realizzando studi che relazionino le pratiche educative con le modificazioni della struttura e del

funzionamento del cervello, in cui i risultati degli studi sul cervello saranno fruibili per la pratica

educativa.

A tal proposito Elisa Frauenfelder, pedagogista italiana, si è occupata di trovare il nesso tra

apprendimento ed educazione, considerati momenti diversi di un unico processo, passando dal

concetto tradizionale di educazione a quello, perdurante in tutto l'arco della vita del soggetto, di

educabilità:

“l’educabilità umana è una potenzialità concreta che trova i suoi strumenti proprio nei processi di

comunicazione e negli scambi esperienziali interattivi che garantiscono il rapporto con l'ambiente e con gli

altri individui” (Frauenfelder, 2018 p.3).

Ciò che diviene fondamentale non è quanto un ambiente di formazione strutturato possa dare in

termini di possibilità di apprendimento, ma come queste possibilità vengono gestite a livello

personale, anche in considerazione delle variabili esperienziali e sociali che interagiscono con lo

sviluppo degli apprendimenti. L'apprendimento, dunque, per Frauenfelder (1983), consiste nelle

possibilità di ciascun individuo di modificarsi attraverso il proprio agire, più specificamente nella

capacità del cervello di reagire in maniera adattiva, plastica, all'ambiente alterando le proprie

strutture, e quindi modificando il comportamento e le facoltà cognitive. In ultima analisi l'individuo

si trasforma, modificando il suo sistema cognitivo nel tempo, grazie a quel processo di maturazione,

che lo accompagna per tutta la sua vita e che viene definito educabilità.

Conclusioni

Grazie al concetto di educabilità (Frauenfelder 2018) abbiamo creato un ponte tra l’aspetto

umanista e postumanista delle scienze dell’educazione, capendo che la dimensione propriamente

umana non prescinde dalla base genetica, ma ne è guida e interprete. Infatti senza l’interpretazione

della mente a cosa servirebbe un’immagine del funzionamento del cervello? La funzione dell’uomo

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è ancora fondamentale nelle scienze che riguardano l’uomo. Per difendere quel che resta

dell’umanesimo e della connessa disciplina definita pedagogia occorre dare un orizzonte di senso

grazie all’importanza attribuita all‘educabilità, affermando l’autonomia dell’educazione e

conseguentemente della pedagogia generale. Per raggiungere tale obbiettivo lo studio

neuroscientifico sull'apprendimento necessita di diventare ricerca su campo, cioè deve avvenire

direttamente nell'ambiente di apprendimento al fine di raggiungere una prospettiva condivisa sul

rapporto tra mente e cervello. Ciò sarà fondamentale affinché una disciplina umanistica, che si

occupa degli aspetti mentali, la pedagogia, e una disciplina scientifica, che indaga aspetti cerebrali,

la neurobiologia, riescano a collaborare facendo convergere i propri risultati e superando le proprie

ristrettezze.

Bibliografia

Bruer, J. T., “Education and the Brain: A Bridge Too Far”, Educational Reasearcher, 1997.

Frauenfelder, E., La prospettiva educativa tra biologia e cultura, Liguori Editore, Napoli, 1983

Frauenfelder E., Perché una relazione tra pedagogia e biologia?, Research Trends in Humanities

2018

Geake J, Neuromythologies in education, Educational Research, 2008.

Santoianni F., “Teorie emergente in ámbito bioeducativo”, Research Trends in Humanities, 2018

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