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Appunti Sociologia COMPLETI Vaira + Ceravolo

Sociologia (Università degli Studi di Pavia)

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VAIRA
COS’E’ LA SOCIOLOGIA?
Definizione iniziale di sociologia: STUDIO SCIENTIFICO DELLA SOCIETA E DEI
FENOMENI CHE IN ESSA PRENDONO FORMA.
Cosa studia? -> come la società è organizzata, funziona, si mantiene e cambia nel
tempo.
Cerca di spiegare come gli aspetti sociali producono determinati effetti e fenomeni
che ci condizionano ad agire nel modo in cui agiamo.
LA SOCIOLOGIA E' L'AGIRE DEI SOGGETTI DI UNA DETERMINATA SOCIETA IN UN
DATO MOMENTO STORICO.
Gli oggetti di studio sociologici sono società e fenomeni sociali.
Possono essere:
1. COLLETTIVITA MOLTO AMPIE
strutture di organizzazione sociale, politiche economiche, culturali
2. COLLETTIVITA MOLTO RIDOTTE
azioni di vita quotidiana
A questo punto la frase <<studio della società>> puo essere meglio interpretata
come <<STUDIO DELLA VITA ASSOCIATA ALLE COLLETTIVITA>>
Cioè la vita umana si svolge in, e in relazione a, gruppi piu o meno ampi di individui
legati da vincoli sociali che costituiscono un particolare modo di vita che condiziona il
pensiero e l'azione di ciascuno.
Anche quando un individuo è in perfetta solitudine la dimensione sociale non
sparisce (è nei pensieri)
Non esiste alcun aspetto che non sia sociale e che non possa essere studiato
sociologicamente. --> tutta la nostra vita è costituita da sociale
(non esiste la psiche perché non puo essere mostrato un processo psichico)
(la coscienza non è altro che il fatto di aver interiorizzato una serie di norme)
Anche la tecnologia e i suoi prodotti sono intrisi di elementi sociali e producono
effetti sociali.
Definizione finale di sociologia: LA SOCIOLOGIA è LO STUDIO DELLA VITA ASSOCIATA
DELLE COLLETTIVITA E DEI FENOMENI CHE IN ESSA PRENDONO FORMA E SI
CONCRETIZZANO.

LA SOCIOLOGIA COME SCIENZA


Sociologia--> studio scientifico delle società

Cos'è la scienza?

Attività umana che genera una conoscenza del mondo e dei suoi fenomeni attraverso
la loro osservazione empirica della realtà.
-si descrive il fenomeno

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-lo si osserva nei suoi stadi di evoluzione


-si cerca di dare una spiegazione.
Cio non è diverso da quello che fa il senso comune: tramite esso le persone
osservano, descrivono e spiegano come il mondo funziona.

La differenza tra scienza e senso comune:


 Senso comune: produce spiegazioni fondate da COSTRUTTI DI PRIMO GRADO
(fondati sull'esperienza e l'osservazione pratica del mondo) che si affermano
come ovvi e scontati. Finiscono per cadere nell'autoevidenza in base al quale i
soggetti sospendono il dubbio per il mondo potrebbe essere diverso da come lo
si vede.
 Scienza: va al di là del senso comune. produce spiegazioni fondate da
COSTRUTTI DI SECONDO GRADO (basati non solo sull'esperienza) che vogliono
offrire una spiegazione del mondo che va oltre le speigazioni del senso comune.
Mette in discussione ciò che è ovvio e scontato. La scienza cerca di prevedere le
cause dei fenomeni che studiamo, fornendo spiegazioni non convenzionali,
basati sul ragionamento logico e sul metodo sperimentale-

Scienza e metodo scientifico in senso stretto:


Al vertice del metodo scientifico c'è la fisica.
La fisica è l'osservazione dei fenomeni, ricerca delle loro cause attraverso il metodo
sperimentale, formulazioni di leggi che spiegano il meccanismo che crea i fenomeni,
conferma o sconferma della teoria usata ed eventualmente formulazione di altra
teoria.
Due caratteristiche:
1. PARADIGMA il suo fondarsi su una teoria che fino ad un certo momento viene
considerata valida dagli scienziati
2. Il suo procedere in MODO CUMULATIVO
Il paradigma è stato introdotto da Thomas Khun e genera la matrice disciplinare
entro cui una comunità scientifica definisce il mondo e il suo funzionamento.
Il paradigma è un insieme di teorie e leggi in cui i parametri di ricerca sono accettati
universalmente dagli scienziati appartenenti ad una data disciplina in un certo lasso
di tempo.
IL PARADIGMA FONDE E ORDINA IL MODO IN CUI VIENE REALIZZATA LA RICERCA
SCIENTIFICA.
Quando un paradigma riesce a spiegare i fenomeni di cui si occupa in quel momento,
viene definita scienza normale.
Quando non riesce a spiegarli, collassa e viene superato da un nuovo paradigma,
definito rivoluzionario.

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Esempio classico: rivoluzione copernicana --> si passa da una visione geocentrica


(sole e pianeti che girano attorno alla terra) a una visione eliocentrica (sole al
centro).
La cumulatività è la caratteristica della scienza in basa alla quale le conoscenze
acquisite nel passato costituiscono la base per i suoi sviluppi nel futuro (le
conoscenze sono come mattoni che fanno da base ad altri mattoni).
La cumulazione delle conoscenze scientifiche avviene solo all'interno del paradigma
nella fase normale.
Quando il paradigma entra in crisi, il processo cumulativo precedente si interrompe
per far si che si avvii un nuovo processo cumulativo --> IL RPGRESSO DELLA SCIENZA
NON è LINEARE
La sociologia quindi offre spiegazioni dei fenomeni indagati non convenzionali.
Ha tre caratteristiche peculiari:
1. APPARATO TEORICO E METODOLOGICO
2. GLI OGGETTI STESSI DELLA SOCIOLOGIA
3. IMPLICAZIONI DELLE SUE ANALISI CHE VANNO OLTRE QUELLE SCIENTIFICHE
Per quanto riguarda apparato teorico la sociologia è diversa dalle scienze fisico
naturali perché queste ultime dispongono di un paradigma unico.
Sociologia --> scienza MULTIPARADIGMATICA: tanti paradigmi convivono a volte in
competizione, senza che nessuno riesca ad imporsi sugli altri.
Non esiste un metodo unico.
Tra la fine degli anni 30 e l’inizio degli anni 60 , la disciplina si sviluppò laddove un
paradigma riuscì ad emergere e ad imporsi -> PARADIGMA STRUTTURAL-
FUNZIONALISTA (non riuscì mai ad essere un paradigma in senso stretto capace di
unificare la teoria e il metodo sociologico).
Questo paradigma si trovava di fronte un paradigma sfidante, costituito dalla
sociologia d’ispirazione e orientamento marxista. Dovette affrontare una sfida
teorica costituita da una revisione piuttosto radicale dei suoi teorici fondamentali e
così si sviluppò il cosiddetto funzionalismo debole.

La metodologia in sociologia si caratterizza tramite la divisione/opposizione tra


metodo quantitativo e metodo qualitativo.

QUANTITATIVO
L'analisi deve mirare a produrre spiegazioni CAUSALI e GENERALIZZANTI
Causali: basate sulla relazione tra causa-effetto e variabili
Generalizzanti: in grado di arrivare a qualche forma di legge generale che sta alla
base del fenomeno indagato.
Per fare ciò si fa riferimento al metodo statistico: si fanno rilevazioni su un grande
numero di casi ottenuto tramite procedure di campionamento, si definiscono le

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variabili dipendenti e indipendenti trattate attraverso tecniche matematico-


statistiche per misurare le relazioni tra le variabili facendo emergere le cause e i
fattori che spiegano il fenomeno preso in esame.
Il metodo si fonda su:
1. Un numero grande di casi i quali
2. Vengono tradotti nel linguaggio delle variabili numeriche, permettendone
3. La misurazione in tecniche matematico-statistiche
Esempio: la relazione tra classe sociale di appartenenza (indipendente) e la quantita
di libri letti (dipendente). La lettura dipende daòòa collocazione della classe in modo
tale che piu è elevata la classe sociale e piu libri vengono letti.

QUALITATIVO
Non si vogliono trovare leggi piu o meno generali di causa-effetto con cui spiegare i
fenomeni
Si vuole comprendere come le persone giungono a pensare, dire, agire certe cose.
Con questo metodo si cerca una comprensione profonda della vita sociale,
sacrificando il processo di analisi.
Ci si interessa di capire come un fenomeno è stato prodotto in determinate
condizioni e non per quali fattori si è verificato.
Differenza con quantitativo: i numeri presi ad esame da un qualitativo sono molto
meno, piccoli gruppi (membri di bande, attivisti politici..) perche è impossibile
parlare con migliaia di soggetti.

Questa opposizione tra i metodi è andata attenuandosi con la creazione di una


sintesi

QUALIQUANTITATIVO
Si riconosce che entrambi i metodi hanno buoni strumenti utili all'analisi e ci si sforza
di combinarli assieme.
Due modi di combinazione:
1. I sociologi quantitativi utilizzano i metodi qualitativi come strumento esplorativo
per farsi un idea del fenomeno che vogliono analizzare. Poi tornano al loro
metodo.
2. I sociologi qualitativi utilizzano dati quantitativi per aspetti da loro ritenuti
rilevanti.
Questa opposizione tra i metodi è infondata in quanto tutto dipende dalla domanda
di ricerca che il ricercatore si pone.
La scienza multiparadigmatica ha altri due aspetti
 La cumulatività delle conoscenze è piu debole e vaga rispetto a quelle delle
scienze fisico-matematiche. Essendoci molti metodi in compdetizione, cio che
viene elaborato all’interno di uno non ha conseguenze sugli altri.

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 Lo stesso fenomeno studiato, riceve spiegazioni diverse a seconda del metodo


che si utilizza. Cambiando prospettiva teorica e metodologica con cui viene
studiato un fenomeno, cambiano anche la forma e le caratteristiche del
fenomeno stesso.

La sociologia studia i fenomeni sociali --> sono molto difficili da utilizzare


1. Perché sono fenomeni umani, sono prodotti culturalmente dagli uomini e sono
storicamente determinanti. Sono caratterizzati dal fatto che gli uomini si
pongono domande sul mondo. La spiegazione di un fenomeno è quindi legata al
tempo e al luogo del fenomeno. Non ha una portata universale.
2. Perche quando si verifica un fenomeno spesso c'è una pluralità di cause che
generano certe condizioni. Spesso l'analisi prende in considerazione solo alcune
delle cause per spiegare il fenomeno e cio genera spiegazioni diverse e a volte
constrastanti.

Implicazioni delle analisi sociologiche.


La sociologia è una scienza riflessiva e critica, cioè autocomprensiva della società.
Significa che le analisi fanno emergere i meccanismi con cui le società e i gruppi
umani sono organizzati all'interno.
Questi meccanismi sono quasi sempre dati per scontato dagi individui che li attivano
in maniera riflessiva e non intenzionale.
La sociologia e il sociologo sono parte integrante del processo di sviluppo della
società. La sociologia non è esterna al suo oggetto di ricerca ma ne è parte
integrante: viene quindi definita SCIENZA IN SITUAZIONE --> la sociologia non è
neutrale rispetto ai suoi oggetti di studio.
KARL MARX

Filosofo, critico/studioso economia capitalistica.


Non considerato sociologo in senso stretto. Insieme ad engles ha continuito a creare
teorie e concetti per lo sviluppo del pensiero sociologico. Pensiero sviluppato tra la
prima metà e la fine dell'800.
Principale oggetto: origine, affermazione, sviluppo e caratteristiche della società
capitalistica (moderna). Concetto di classe --> non sono in armonia ma lottano tra
loro --> la società evolve attraverso le lotte (ùdimensione prettamente sociale)
Quattro aspetti della sua teoria
1. CONCEZIONE DELL'INDIVIDUO COME ESSERE SOCIALE E I SUOI RAPPORTI CON
LA SOCIETà (concezione del materialismo storico)
2. CONCETTI DI STRUTTURA (modi di produzione + rapporti di produzione) E
SOVRASTRUTTURA (cultura + politica)

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3. CONCETTO DI CLASSE SOCIALE E LOTTA (classe dominante + classe dominata,


classe in sé + classe per sé)
4. DINAMICHE DEL CAMBIAMENTO SOCIALE

1. "NON è LA COSCIENZA DEGLI UOMINI CHE DETERMINA IL LORO ESSERE MA è IL


LORO ESSERE SOCIALE CHE DETERMINA LA LORO COSCIENZA". Con questa frase
Marx segna una rottura radicale con la filosofia metafisica e apre la
CONCEZIONE MATERIALISTICA DELLA STORIA E DELLA SOCIETà definita come
MATERIALISMO STORICO --> le idee che gli uomini si fanno della realtà non
derivano da una ragione suprema trascendente, al di là del mondo concreto
(Dio), ma derivano da modo in cui essi organizzano la loro vita materiale in
determinati momenti storici e luoghi. Però il modo in cui gli uomini organizzano
la loro vita, produce determinati rapporti tra gli uomini e questi rapporti a loro
volta determinano le particolari idee che gli uomini hanno di sé stessi e del
mondo --> il modo con cui le persone descrivono il mondo in cui vivono.
Questi modi di organizzazione della vita sociale sono definiti STORICAMENTE
DETERMINATI.
La società non è un'entità astratta ma è un prodotto concreto che assume forme
particolari a seconda del tempo e del luogo.
 L'uomo nasce come essere sociale e ciò significa che individuo e società sono
una cosa sola. Gli esseri umani non possono esistere se non in società. La
coscienza di sé passa attraverso le relazioni sociali che a loro volta hanno base
nel LINGUAGGIO. ll linguaggio è assolutamente sociale.
 Le condizioni di esistenza sono prodotte attraverso l'organizzazione sociale
degli uomini, cioè attraverso lo SVILUPPO DELLE FORZE PRODUTTIVE E DELLA
DIVISIONE DEL LAVORO. Diversi individui si specializzano nel fare cose diverse e
questa organizzazione produce determinati rapporti tra gli uomini. Le persone
svolgono dei ruoli nella società particolari e ben definiti i quali si strutturano
gerarchicamente (caratterizzati da gradi di prestigio o potere) e danno vita a
relazioni sociali con rapporti tra dominanti e dominati.
 Gli uomini producendo le loro condizioni di esistenza diventano i produttori
della loro storia. Lo sviluppo storico però dipende dalle condizioni materiali,
sociali e culturali in cui un gruppo sociale si trova in quel momento.
"la storia è il prodotto di produttori prodotti dallo stesso prodotto"

2. La struttura è costituita dal modo di produzione --> sviluppo economico-


materiale che una società raggiunge in un determinato momento.
La sovrastruttura è l'insieme degli elementi culturali (religione, diritto, politica,
filosofia, arte..) che determinano la società in un determinato momento di
sviluppo economico-sociale.

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 "modo di produzione" --> è l'insieme dei mezzi (mterie prime, fonti


energetiche, forza-lavoro umana..) e delle tecniche di produzione (tecnologie,
conoscenze scientifiche, modi di organizzazione del lavoro..)
 "rapporti di produzione" --> rapporti generati dalla divisione del lavoro e della
proprietà basati sulla distinzione tra chi possiede i mezzi di produzione e chi non
li possiede. Questi rapporti di produzione basati sulla divisione del lavoro sono
sempre stati caratterizzati da una diseguaglianza e quindi dai rapporti di
dominio che producono --> divisione della società in CLASSI.

La struttura coincide con l'economia, quindi l'economia è l'anatomia della


società (marx). Ciò comporta:
 Per comprendere come è organizzata una società in un particolare momento
si deve analizzare la sua struttura economica.
 La struttura economica quindi determina tutti gli aspetti (culturali, politici,
istutuzionali, religiosi..) della società, i quali costituiscono la sovrastruttura
culturale. Ciò vuol dire che la sovrastruttura corrisponde con la base economica
--> la sovrastruttura non è separata dalla struttura, non è autonoma, ma cambia
al cambiare di quest'ultima.
Secondo marx questo rapporto tra struttura e sovrastruttura appare come
meccanico e deterministico --> la struttura determina meccanicamente la
sovrastruttura
Engles invece pone le cose in modo diverso--> la struttura determina alla fine la
sovrastruttura. Non vi è un processo meccanico nel rapporto struttura-
sovrastruttura perche quest'ultima ha una certa autonomia di sviluppo e una
capacità di influenza sulla struttura e sul modo in cui essa opera.

Gli elementi culturali della sovrastruttura costituiscono la visione del mondo


che una società e gli individui che in essa vivono hanno di sé. Marx questo lo
definisce IDEOLOGIA (ha un ruolo fondamentale nella teoria marxiana delle
classi).
Con ideologia si intende un INSIEME DI PROPOSIZIONI CHE RAPPRESENTANO IL
MONDO IN MANIERA PARZIALMENTE MISTIFICATA E DUNQUE FALSIFICATA. Ciò
descrive e occulta le condizioni reali del mondo e della vita degli individui che ci
vivono, giustificandole.
Descrizione + occultamento + giustificazione = processi attraverso i quali
l'ideologia nasconde le contraddizioni sociali, neutralizzando i conflitti che
potrebbero da essi crearsi e degenerare. L'ideologia è il prodotto della classe
dominante --> è la forma con cui il pensiero della classe dominante si espande e
si impone a tutta la società, divantando la visione che il mondo condivide. È un
punto di vista particolare che si impone come universale.

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La classe dominante, che quindi dispone di mezzi di produzione materiale,


dispone anche dei mezzi di produzione culturale producendo e imponendo le
proprie idee alla società.
"LE IDEE DELLA CLASSE DOMINANTE SONO IN OGNI EPOCA LE IDEE
DOMINANTI"
Il concetto di PROPRIETà PRIVATA è stata assunta come una caratteristica
naturale della società; al contrario è il prodotto ideologico della classe
dominante (in questo caso la borghesia capitalistica) che ha dei mezzi di
produzione e quindi il potere economico, politico e culturale.

L'ideologia può diventare il mezzo attraverso cui una classe dominata prende
coscienza della realtà e sviluppa una particolare azione politica per sovvertire i
rapporti di potere esistenti. Introduciamo quindi il concetto di classi sociali.

3. Aspetti importanti della teoria delle classi:


 Ogni società che raggiunge un certo grado di complessità è una società
STRATIFICATA --> caratterizzata da un sistema di posizioni sociali diseguali che
definisce i rapporti di potere tra dominante e dominato.
 La base delle classi è data dalla struttura economica. Le classi si definiscono in
termini economici: la classe è un INSIEME DI INDIVIDUI CHE OCCUPANO UNA
STESSA POSIZIONE ALL'INTERNO DEI RAPPORTI DI PRODUZIONE TIPICI DI UN
DATO MODO DI PRODUZIONE
 Le classi in determinati momenti dello sviluppo economico entrano in lotta tra
loro.
Due fondamentali momenti nello sviluppo delle classi. Per prima cosa una
classe può essere identificata solo in base alla sua posizione all'interno dei
rapporti di produzione. Concetto di CLASSE IN SE --> classe in cui gli individui
non riconoscono chiaramente i propri interessi di classe come comuni, opposti e
antagonistici rispetto a quello della classe dominante.
In secondo luogo lo sviluppo si ha quando i membri riconoscono i propri
interessi come opposti a quelli della classe dominante, sviluppano una loro
ideologia, un proprio sistema di pensiero e visione del mondo che rende chiari
gli interessi, le proprie condizioni, che riconosce il fatto di essere dominati, per
poi sostituirsi alla classe dominante e diventare la nuova classe dominante. È il
concetto di CLASSE PER SE --> la classe acquisisce una coscienza.
Solo passando dalla classe in se alla classe per se, una classe può sviluppare
un'azione politica per imporre i propri interessi. La coscienza si acquisisce
gradualmente attraverso le lotte che una classe dominata intraprende contro
una classe dominante.

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Il concetto di classe sociale è UN SOGGETTO COLLETTIVO CHE OCCUPA UNA


DATA POSIZIONE NELLA STRUTTURA ECONOMICA E SOCIALE, DOTATO DI UNA
PROPRIA VISIONE DEL MONDO (IDEOLOGIA) CAPACE DI INTRAPRENDERE
AZIONI CONGRUENTI CON I PROPRI INTERESSI FONDATI SULLA SUA
CONDIZIONE E POSIZIONE OGGETTIVA NELLA STRUTTURA E SULLA COSCIENZA
CHE NE HA.

4. Il conflitto e la lotta tra classi sono il motore della storia --> del mutamento
economico e sociale.
La classe emergente (portatrice della nuova ideologia, dei nuovi rapporti di
proprietà, dei nuovi metodi di produzione) percepisce
?

EMILE DURKHEIM

Sociologo francese, pensiero sviluppato tra la fine dell'8oo e l'inizio del 9oo. E il
primo sociologo in senso stretto. A lui si deve la definizione della sociologia come
scienza distinta e autonoma dalle altre scienze sociali (psicologia, economia..). Egli
considera la società una REALTA SUI GENERIS --> realtà particolare dotata di logica e
modi di funzionamento propri. La società non puo essere interpertata in termini
psicologici (effetto di stati mentali delle persone).
La società è un prodotto umano particolare che va studiato con modi particolari -->
attraverso un'analisi socio-strutturale e funzionale.
Cinque modi per spiegare gli aspetti fondamentali della sociologia di Durkheim:
1. I FATTI SOCIALI COME OGGETTO DELLA SOCIOLOGIA.
2. LA SPIEGAZIONE FUNZIONALE COME MODO DI ANALISI DELLA SOCIETA E DEI
FENOMENI SOCIALI.
3. DIVISIONE DEL LAVORO, I TIPI DI SOLIDARIETA SOCIALE E I TIPI DI SOLIDARIETA
CORRISPONDENTI.
4. IL CONCETTO DI ANOMIA.
5. LA RICERCA SUL SUICIDIO COME ESEMPIO DI ANALISI SOCIOLOGICA DI UN
FENOMENO APPARENTEMENTE INDIVIDUALE CHE HA ALLA BASE CAUSE
SOCIALI.

1. L'oggetto della sociologia sono i fatti sociali che secondo Durkheim sono:

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"modi di agire, pensare e sentire esteriori rispetto all'individuo. Questi fatti sono
provvisti di un potere di coercizione con il quale riescono ad imporsi sul
singolo".
Sono quindi fatti esterni all'individuo che hanno origine, carattere ed effetti
sociali.
La causa di un fatto sociale deve essere ricercata in altri fatti sociali antecedenti
ad esso.
Nella sua prima formulazione nel libro Regole del metodo sociologico del 1895,
egli definisce i fatti sociali come NORME di comportamento e azione degli
individui che derivano da una serie di PRESCRIZIONI MORALI, ovvero doveri a
cui essi si devono attenere nei diversi ruoli sociali che ricoprono.
Gli individui si attengono a questi doveri perche essi sono esterni a loro e si
impongono a loro obbligatoriamente.
La società e la vita sociale sono concepiti come fenomeni morali che producono
delle pressioni sugli individui volte a rendere le loro azioni attenenti alle norme
e ai valori che caratterizzano la vita sociale. I fatti sociali vengono analizzati
come fossero COSE.
L'esempio principale è costituito dal linguaggio. È un prodotto umano ma che
una volta creato assume un'esistenza separata Dalle persone che lo trovano gia
dato e non possono cambiarlo. Per cambiarlo serve un accordo tra gli individui e
se anche si raggiungesse questo accordo comunque successivamente il nuovo
linguaggio verrebbe imposto a tutti. Il linguaggio quindi è un fatto sociale.
Attraverso il linguaggio noi parliamo, pensiamo, definiamo, giudichiamo noi
stessi, gli altri e il mondo in cui viviamo. Senza linguaggio ciò non sarebbe
possibile e quindi non sarebbe possibile neanche la realtà sociale.
'LA CAUSA DI UN FATTO SOCIALE DEVE ESSER RICERCATA IN ALTRI FATTI SOCIALI
A ESSO ANTECEDENTI' --> il fatto sociale 'linguaggio' sta alla base della
produzione di altri fatti sociali.
Nella seconda edizione delle Regole del metodo sociologico 1901 durkheim
ritorna sull'argomento di fatto sociale PERCHÉ si era reso conto della sua
debolezza teorica e, cercando di precisarlo meglio, arriva a sostituirlo con il
concetto di ISTITUZIONE.
Con istruzione intendeva qualsiasi prodotto umano che, una volta prodotto,
assume un'esistenza indipendente da quella dei suoi produttori, con la capacita
di regolare la vita sociale degli individui imponendosi a essi.
Questo cambiamento concettuale comporta che le istituzioni non si impongono
obbligatoriamente agli uomini, come invece avveniva per i fatti sociali, ma si
impongono attraverso l'INTERIORIZZAZIONE come dovere morale nelle
coscienze degli uomini.
Le istituzioni in sostanza hanno una doppia vita: una esterna agli individui e una
interna alle loro coscienze. Esse sono indubbiamente dei prodotti umani, che si

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rendono autonomi dai loro produttori per poi ritornare a loro sotto forma di
norme --> quindi il soggetto si sentirà obbligato ad agire in determinati modi e
ad escludere dei comportamenti che non sono conformi a queste norme da lui
interiorizzate.

2. La sociologia è la scienza delle istituzioni, quindi analizziamo il modo in cui le


studia.
Innanzitutto per Durkheim la società è una realtà sui generis. Ogni parte che
compone questa società partecipa e contribuisce al mantenimento e
all'evoluzione della società stessa --> cioè ogni parte di un organismo fa
l'organismo stesso.
È una METAFORA ORGANICISTICA --> la società viene assimilata in un organismo
in cui tutte le parti collaborano tra loro. Questa metafora rimanda ad un
approccio OLISTICO: una parte non può essere spiegata se non a partire dal
complesso in cui è inserita.
Per spiegare un fenomeno sociologico bisogna in primis analizzare la funzione
che esso svolge all'interno del sistema sociale; c iò implica che l'analisi debba
essere di tipo FUNZIONALISTA.
Questa analisi si basa sull'individuare la funzione che un fenomeno svolge nella
società. A questo punto l'analisi funzionalista sembra sia volta a individuare una
prospettiva finalista, cioè che per forza ogni fenomeno sociale conduce a un
qualche fine prestabilito --> non è cosi perché bisogna considerare il fenomeno
della DEVIANZA.
La devianza è un qualsiasi spostamento o trasgressione delle norme morali che
vigono in una data società che viene percepito come anormale. (abbigliamento
contrario alla "decenza" o atto criminale)
La devianza svolge due funzioni sociali importanti:
a. Rinsalda e rafforza l'ordine sociale e la coscienza collettiva della società quando i
suoi membri la sanzionano --> emarginazione dal gruppo, processo e
condanna..
b. Permette l'innovazione sociale delle norme e delle pratiche --> un movimento
che si propone di dare nuovi valori e norme rispetto a quelle stabilite può avere
successo e cambiare la struttura delle norme sociali vigenti nella società.
In questi casi la devianza è un fenomeno utile per l'innovazione e l'evoluzione
della società.

3. La realtà sui generis si applica a qualsiasi raggruppamento sociale; tuttavia i


raggruppamenti sociali e le società non sono tutte uguali. Anche se le società si
raffigurano come un insieme di leggi morali nelle istituzioni, il contenuto di
queste società dipende dallo spazio e dal tempo in cui sono inserite. Ciò implica
che vi siano diversi tipi di società fondate su diversi tipi di morali.

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Durkheim distingue due tipi di società fondate sullo sviluppo della divisione del
lavoro, che a loro volta generano due tipi di solidarietà sociale tra i membri.
 Il primo tipo si società è quella in cui la divisione del lavoro è minima, ciòè
ogni membro è in grado di fare tutto il necessario per il mantenimento della
società. Ciò coincide con le società primitive definite SEMPLICI O SEGMENTARIE,
costituite da un gruppo ristretto di individui. La morale che tiene unita questo
gruppo è detta SOLIDARIETà MECCANICA, caratterizzata per un forte
attaccamento e consenso dei membri alle norme della società. Questo
consenso si basa sul fatto che essi risultano essere tutti uguali e interscambiabili
nei compiti da svolgere e condividono tutti gli stessi principi.
 Il secondo tipo di società è quella in cui la divisione del lavoro è molto
complessa e sviluppata, in cui i membri fanno cose diverse ed è basata sulla
differenziazione sociale dei ruoli e delle posizioni occupate dagli stessi membri.
È definita società COMPLESSA in cui la morale che tiene unita il gruppo è detta
SOLIDARIETà ORGANICA, che lega individui diversi attraverso rapporti di
scambio e collaborazione. Ciascuno dipende dagli altri e coopera con gli altri
producendo rapporti di solidarietà.

4. I sistemi sociali spiegati nei precedenti punti, sono molto spersso esposti a rischi
di collasso a causa della diffusione di una patologia sociale, definita da
Durkheim ANOMIA.
È un rischio a cui sono esposte soprattutto le società complesse (moderne) e
consiste nel fatto che la società e le norme in essa vigenti, non sono in grado di
creare della solidarietà tra i membri per far si che aderiscano a un sistema
condiviso di valori. Così gli indivifui perdono l'orientamento e non sono piu in
grado di riconoscere quello che è giusto e quello che è sbagliato.
L'anomia si crea con la complessificazione della società --> cioè quando la
solidarietà organica che dpvrebbe caratterizzare la società è ad uno stadio
incompleto di sviluppo.
Può sorgere nei momenti di grave crisi sociale durante la quale gli uomini
perdono i punti di riferimento fino ad allora avuti e cominciano ad agire sulla
base di impulsi che non sono piu in grado di contenere.
Una crisi economica RECESSIVA, spinge un gruppo di persone che occupavano
una certa posizione sociale, verso una inferiore, creando un grado elevato di
incertezza e disorientamento perché hanno perso il loro riferimento morale.
Anche una crisi economica ESPANSIVA spinge le persone che hanno avuto un
certo slancio sociale improvviso (arricchimento) a generare un nuovo stile di
vita a cui non sono preparati. Anche loro perdono i loro punti di riferimento e
generano comportamenti anti-sociali come un acceso individualismo.
L'anomia però non è uno stato mentale delle persone ma è una proprietà
strutturale della società prodotta dal suo sviluppo.

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5. La ricerca sul suicidio è stata pubblicata sul libro omonimo da Durkheim e il suo
obiettivo è spiegare sociologicamente un fenomeno che è comunemente
rappresentato come individuale, quindi non è considerato sociale.
Per lui se si riesce a dimostrare che il suicidio dipende da altri fatti sociali, allora
la sociologia stessa verrebbe rafforzata.
Durkheim sposta l'attenzione dal suicidio in sé come atto individuale, a una
visione che comprende il tasso complessivo dei suicidi che si riscontra in una
data società in date condizioni sociali.
Comparando una decina di nazioni, egli dimostra che il tasso di suicidi
complessivi che caratterizzano quelle nazioni in un certo lasso di tempo è
costante. Durkheim a questo punto si chiede perché il numero del tasso di
suicidi non cambi: se il suicidio fosse un fatto prettamente individuale
dovremmo notare delle oscillazioni significative nel numero dei suicidi, invece
ciò non avviene.
Egli definisce quindi che le società sono caratterizzate da diverse tendenze
suicidogene (condizioni che favoriscono o meno il suicidio). In particxolare
individua la condizione di GRADO DI INTEGRAZIONE SOCIALE presente in
determinate società. Le sue statistiche mostrano che nelle società dove vige il
credo cristiano-protestante il tasso di suicidi è più alto rispetto a quelle con
credi cristiano-cattolico e ebraico. Il fatto che il tasso di suicidi non varia nel
tempo conduce durkheim a trovare un legame tra tipo di religione e suicidio.
Questo perché il protestantesimo da a chi ne fa parte una scarsa integrazione
sociale perché non xc'è la mediazione né di chiesa e né di sacerdote tra il testo
sacro e il rapporto con dio. L'individuo viene lasciato solo davanti a dio e sta a
lui interpretare i segni della sua volontà divina. I protestanti sono soli anche
davanti al peccato dato che questo deve essere risolto nella loro coscienza. I
cattolici, al contrario, hanno alle spalle la chiesa e i sacerdoti che fanno da
mediatori tra loro e dio, offrono le interpretazioni divine codificate e fondate sui
testi sacri, interpretano del volere di dio e in particolare alleggeriscono la
coscienza di fronte al peccato tramite le confessioni e la conseguente
assoluzione.
La religione cattolica ed ebraica danno granze spazio alle cerimonie collettive
che legano di più i membri della comunità tra loro.
Il protestantesimo produce individui fortemente individualizzati che hanno un
basso grado di solidarietà e integrazione sociale e quindi sono più inclini al
suicidio. In questo caso Durkheim parla di SUICIDIO EGOISTICO, nel senso di
individualistico, prodotto da un tipo di religione o etica che non da spazio alla
dimensione colletiva.
Si piò parlare anche di SUICIDIO ALTRUISTICO nel caso in cui una situazione
sociale è caratterizzata da legami e coesioni fortissime tra i membri di un

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gruppo che fa si che ogni individuo si immedesimi nella causa e nei valori che
questo gruppo ha, conducendo i membri stessi anche a togliersi la vita. Questo
è il caso dei kamikaze giapponesi o dei suicide bombers musulmani, di sette
religiose.., dove il suicida compie un gesto di favore alla comunità per affermare
la sua devozione alla causa di essa.
Il suicidio piò essere provocato anche da condizioni sociali particolari come la
crisi economica recessiva o espansiva (anomia). Davanti alle impennate negative
o positive dell'economia, gli uomini perdono i valori che avevano acquisito e di
conseguenza possono arrivare a compiere gesti estremi. È il caso del SUICIDIO
ANOMICO.

GEORG SIMMEL

Le sue elaborazioni sociologiche si collocano a cavallo tra la fine del 1800 e l'inizio
del 1900. non è considerato un sociologo come Durkheim dato che prima di tutto
egli si considerò filosofo. La sua importanza in sociologia è dovuta al fatto che una
parte della sua teoria era rivolta a cercare di fondare la sociologia come scienza
autonoma.
La base della sua sociologia consiste nel fatto che la società è un intreccio/tessuto
prodotto dalle interazioni sociali degli individui che assumono diverse forme.
Il compito della sociologia è studiare queste forme di relazione e interazione, per cui
la sua sociologia viene definita come FORMALE.
La sociologia è come la geometria, quest'ultima analizza le forme a prescindere dal
contenuto, la sociologia analizza le forma che i diversi rapporti di interazione hanno
a prescindere dagli interessi e dagli scopi.
L'analisi che bisogna adottare consiste nell'isolare certe caratteristiche strutturali
delle relazioni e interazioni umane. Questa operazione implica che l'analisi conduce
alla costruzione di una forma pura di una data interazione --> è un'astrazione
rispetto alla realtà completa.
Nella realtà non esistono interazioni pure, perché in esse vi sono sempre una
molteplicità di fenomeni che si intrecciano e si sovrappongono. Esempio: in una
relazione conflittuale o cooperativa, il conflitto e la cooperazione non si danno in
modo puro/assoluto/perfetto. Nel conflitto c'è sempre la cooperazione (ci si allea
con qualcuno contro qualcun altro) e nella cooperazione ci può essere conflitto (in
una coppia di fidanzati (cooperativo) si litiga (conflitto) ma ci si sforza per trovare una
soluzione attraverso la negoziazione (cooperativo)).
Le forma pure sono solo frutto mentale del ricercatore a fini di ricerca.

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Proprietà e processi delle relazioni sociali vengono analizzati dall'analisi. Le forme


tipiche ricorrenti in cui questi processi si cristallizzano costituiscono la struttura delle
relazioni sociali (esempio: il saluto è diverso per conoscenti ed estranei).
Le forme, quindi, costituiscono modi relativamente stabili attraverso cui gli individui
organizzano e realizzano le loro interazioni nella vita.
Relativamente stabili --> da un lato le forme di interazione si cristallizano e si fissano
in un certo modo, dall'altro, dato che gli esseri umani sono gli artefici di queste
forme e della loro cristallizzazione, sono anche artefici del loro cambiamento e della
loro innovazione.
La vita è un continuo fluire di produzione di forme che si fissano, ma questo
incessante flusso porta al superamento delle forme oggettivate e alla creazione di
nuove.
La sociologia ha una particolare visione della società: per certi versi la società è una
realtà a se stante e autonoma (lato configurazioni relativamente stabili) e, per altri
non esiste (non si puo toccare o vedere: vediamo persone e relazioni tra persone).
È una posizione opposta a quella di Marx e Durkheim.
Simmel fa notare che se ci guardiamo attorno non vediamo la società (ovvero una
realtà oggettiva, visibile, tangibile e autonoma) ma vediamo interazioni e relazioni
tra individui reali. "società è il nome che diamo ad un'astrazione del pensiero che
guarda da lontano l'insieme delle interazioni, le definisce e le ricompone sotto il
nome società.
SOCIETà è UN OGGETTO DEL PENSIERO CHE EMERGE DALL'OSSERVAZIONE A
DISTANZA DI UN'INSIEME DI INDIVIDUI CHE INTERAGISCONO TRA LORO.
Esempio: come osservare una città dall'alto, io vedo un'immagine complessiva e
omogenea ma, non appena mi avvicino la città nel complesso sparisce per lasciare
spazio a vicoli, scorci, particolari differenti tra loro.
Lo stesso vale per i gruppi di persone. Come gruppo, certi individui hanno
caratteristiche omogenee (esempio: studenti) ma, se ci avviciniamo notiamo che nel
gruppo le persone fanno cose diverse le une dalle altre.
Parliamo quindi di raggruppamenti sovra-individuali (partito politico, uno stato, una
civiltà..) e compiamo un processo di astrazione rispetto alle qualità individuali delle
persone che compongono quei gruppi.
Le persone interagiscono tra loro, si trovano in rapporti di reciprocità, agiscono gli
uni sugli altri e orientano il loro agire in base agli altri: rete di relazioni di influenza
reciproca. Questo insieme di relazioni specifiche costituisce la società.
SOCIETà è IL NOME CON CUI SI DEFINISCE UNA CERCHIA DI INDIVIDUI TRA LORO
LEGATI DA VARIE FORME DI RECIPROCITà.
Le forme di azione reciproche vanno incontro a un processo di consolidamento,
assumendo varie forme sempre piu stabili nel tempo. Ciò implica che nel momento
in cui esse si consolidano, va da se che altre forme vengano escluse.

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Gli individui non sono cosi innovativi e creativi dappertutto e in ogni tempo, dipende
dalla complessità della società, data dalla autonomizzazione e specializzazione delle
sfere sociali. Tanto piu numerose sono le sfere, tanto piu le persone abitano sfere
diverse. Una sociosfera nell'epoca primitiva, poi si sviluppa in piu sociosfere.
L'innovazione è molto piu probabile in una società complessa. Le sfere sono
chiamate cerchie sociali, che a volte sono separate e a volte sovrapposte.
Esempio della sfera lavorativa: non è da escludere che le relazioni al suo interno
possano essere rapporti di amicizia o amore, sfera lavorativa e affettiva si
intersecano.
I modelli di condotta diversi sono alla base dell'inovazione.
Società primitiva: la sfera dominante è quella religiosa.
Società contemporanea: la sfera dominante è quella economica.
Gli individui partecipano alle cerchie sociali quotidianamente e ciò sviluppa la
consapevolezza del proprio "io" e della propria lobertà, contribuendo allo sviluppo
dell'individualismo
Fenomeno della moda (?)

MARX WEBER

Coevo di Simmel, il suo pensiero nasce tra la fine dell'800 e il primo ventennio del
900. padre fondatore della sociologia, figura del gigante. Tutta la sociologia dopo di
lui si è ispirata alla sua opera. La sua sociologia è rivolta in primis alla realtà sociale
che viene spiegata a partire dagli individui che attraverso le loro azioni e interazioni
costituiscono la società stessa; in secondo luogo sviluppa in parallelo una sociologia
strutturale con cui spiegare dei fenomeni macro-sociali come il capitalismo, le
religioni, le società occidentali. La spiegazione di questi fenomeno non è per
l'appunto individualistico ma strutturale o meglio istituzionale (si fonda sull'analisi
dei fattori e dei processi culturali, politici ed economici e delle interazioni che hanno
prodotto i fenomeni stessi).
Prendiamo in considerazione cinque fenomeni della sua opera:
1. DEFINIZIONE DI SOCIOLOGIA COME STUDIO DELL'AGIRE SOCIALE DOTATO DI
SENSO
2. CONCETTO DI TIPO-IDEALE COME STRUMENTO FONDAMENTALE DELL'ANALISI
SOCIOLOGICA
3. LA TIPOLOGIA DELL'AGIRE SOCIALE
4. LA TIPOLOGIA DEL POTERE
5. LA TEORIA DELLA STRATIFICAZIONE SOCIALE

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1. <<la sociologia è una scienza la quale si propone di intendere in virtù di un


procedimento interpretativo l'agire sociale, e quindi di spiegarlo causalmente
nel suo corso e nei suoi effetti>>
L'oggetto di questa frase è L'AGIRE SOCIALE: è riferito all'agire in base ad altri
individui (camminare non è un'agire sociale, ma diventa tale quando cerchiamo
di camminare senza urtare altre persone) ed è orientato in base al contenuto di
senso che il soggetto attribuisce al proprio agire ( il contenuto di senso
dell'evitare di urtare altre persone consiste nell'orientare il proprio agire in base
alla norma di buona educazione).
Connessione di senso: le persone fanno cose per certi motivi sociali,
pubblici,esprimibili, analizzabili.
Un agire è sociale perche prende come riferimento gli altri e perche ha come
base un criterio di condotta socia
Il metodo --> intendere interpretativamente l'agire sociale e spiegarlo
causalmente (comprenderlo/renderlo comprensibile).
Ci sono due momenti distinti della comprensione:
 INTENDERE ATTUALE --> comprensione immediata dell'agire. Vedo uomo che
spacca legna, il suo agire è spaccare la legna. Ciò non basta per dare una
spiegazione completa perché devo comprendere il senso per cui spacca la
legna, quindi in base a quale criterio orienta questa azione e lo posso fare col
metodo esplicativo.
 INTENDERE ESPLICATIVO --> si possono fare delle ipotesi sul perché l'uomo
spacca la legna, ma sarebbero insoddisfacenti. Ci sono due mdi per intendere
esplicativamente l'agire: a) si osserva l'individuo a seguito di un'attenta
osservazione. b) lo si intervista tenendo conto che potrebbe non dire la verità.
La verità non ha molta importanza per il sociologo perche egli non è un giudice
e si accontenta di ciò che gli viene detto, potrà sempre verificare in seguito.
Una volta che l'agire è stato spiegato, automaticamente viene spiegata la causa
di questo agire --> il concetto di causa viene inteso come motivo o connessione
di senso.
Comprendere l'agire significa comprendere il motivo.
Abbiamo un attore (A) che compie la propria azione; (X) è l'azione compiuta e (C
) è la connessione di senso costituita dal motivo. Gli attori non orientano
sempre la loro azione esclusivamente in base a un unico motivo, ma spesso la
fondano su più motivi.
Supponiamo che l'azione sociale di ogni individuo sia A --> X
Invece è cosi A --> C --> X
Weber propone l'esempio di due duellanti in cui emergono diversi criteri che
orientano le loro azioni: criterio dell'onore + criterio della legge che vieta i
duelli.

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Weber per spiegare invece i fenomeni macro-sociali come il capitalismo utilizza


il metodo causale per comprenderne la genesi e lo sviluppo. Non puo farlo col
metodo che usava per spiegare le connessioni di senso tra gli individui, ma con
quello basato sui fenomeni storico-sociali.
La spiegazione causale quindi si fonda sull'individuazione di un numero di cause
fondamentali per la nascita di quel determinato fenomeno, le quali
costituiscono un insieme di fattori/condizioni. La causalità e detta CAUSALITA
CONDIZIONALE.
La condizionale mira a definire e selezionare un gruppo di condizioni che hanno
reso possibile quel fenomeno.

2. Il concetto di tipo-ideale è connesso al concetto di sociologia come scienza.


Weber ritiene che la spiegazione sociologia debba essere diversa da quella di
storia.
Storia: spiega i fenomeni come se fossero unici e individuali
Sociologia: deve mettere il luce gli aspetti che accomunano i fenomeni

Tre dittatori: Hitler, Stalin, Mussolini. Per gli storici la loro ascesa ha avuto delle
traiettorie uniche e i loro regimi hanno avuto delle caratteristiche uniche. I
sociologi sono piu orientati a guardare il quadro generale della situazione:
guardano alle caratteristiche tipiche di un qualsiasi dittatore, a come
conquistano il potere e al modo in cui lo esercitano. L'aggettivo tipico è usato
perche rimanda al tipo-ideale.
Il tipo-ideal eè un concetto astratto, un frutto mentale del sociologo che attinge
dalla realtà per poi estremizzare le caratteristiche che accomunano un certo
fenomeno. Ci sono delle uniformità tipiche dei fenomeni osservati. Il tipo-ideale
non esiste nella realtà ma è un concetto estremizzato.
Tre proprietà del tipo-ideale:
 Non è una media statistica che deriva dall'osservazione e dall'analisi di un
fenomeno.
 Non serve a scopi classificatori, ma serve a paragonare i fenomeni tra loro e ad
approfondirne la conoscenza.
 Non è un modello morale a cui tendere per la condotta o realtà. Ideale non va
inteso in senso etico ma in senso logico.
Diverse specie di tipi ideali:
 Fenomeni storico-sociali di grande portata (capitalismo, feudalesimo,
capitalismo industriale/finanziario/di concorrenza o monopolistico, società dei
consumi, società dell'informazione..). Ciascuno di questi fenomeni si realizza in
modi e contenuti differenti in base ai luoghi e ai momenti e hanno
caratteristiche tipiche.

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 Tipi ideali relativi a concetti come burocrazia e classe sociale, potere che non
si fissano su un fenomeno storico in particolare ma una classe di fenomeni che
si presentano in modi diversi ma accomunati da tratti tipici.
 Tipi ideali molto generali relativi ai tipi di agire sociale e ai tipi di potere.

3. Ci sono quattro tipi generali di azione sociale:


 Agire razionale rispetto allo scopo --> si ha quando l'azione di un attore si
orienta in base a una valutazione e a un calcolo razionali di: i) diverse
alternative di azione che potrebbe intraprendere; ii) diversi modi per realizzare
questa azione; iii) le diverse conseguenze, i diversi modi per raggiungere lo
scopo previsto; iv)gli scopi che potrebbe avere.
Se devo andare da milano a roma per lavoro (scopo) valuto se andarci in aereo,
in treno o in auto (comparazione dei mezzi); considero sse una volta a roma
fermarmi un giorno in piu oppure se tornare subito a milano (comparazione
degli scopi); considero le diverse conseguenze che le mie scelte implicano
(comparazione delle conseguenze).
 Agire razionale rispetto al valore --> (è un agire razionale) l'attore orienta il suo
agire in base ad una credenza (religiosa, politica, morale) e alla giustezza di agire
in quel determinato modo. Il soggetto agisce in maniera tale da testimoniare la
sua aderenza a quella credenza e ai valori su cui essa si fonda. L'attore è
consapevole dei valori di quella credenza, è consapevole delle conseguenze che
derivano dalla sua azione e le accetta.
È diverso dall'agire razionale rispetto allo scopo perché esclude ogni alternativa
di azione che non sia quella della credenza scelta; accetta le conseguenze che la
credenza produce senza considerare altre conseguenze (magari piu favorevoli)
che l'agire in base ad altri criteri comporterebbe.
 Agire tradizionale --> comincia ad essere al limite dell'agire sociale. Si fonda su
un'abitudine, non su una chiara consapevolezza dell'attore. Si fonda su
un'oscura reazione a stimoli abitudinari (routine). Non si conosce il motivo di
questo agire, si agisce in un determinato modo solo perché tutti fanno così. La
consapevolezza si manifesta solo di fronte a una domanda o una crisi di
quell'agire. Va in automatico e non richiede riflessione. L'agire tradizonale è
comunque sociale perche si fonda su qualche criterio (tradizione, abitudine,
costume, usanza, imitazione) e perche si orienta verso gli altri (saluto,
imitazione di altri).
 Agire affettivo --> è un agire determinato da impulsi e emozioni (rabbia, gioia,
amore, vendetta..) è compreso nell'agire sociale perché si orienta verso altri ( la
rabbia verso qualcuno) e produce effetti sociali (risposta da parte di chi è
oggetto della rabbia del soggetto), e perché l'attore può produrre delle

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spiegazioni e giustificazioni delle sue azioni (schiaffo dato in un momento di


rabbia serve a fine educativo).

Ci sono in più altri aspetti importanti dei quattro tipi di agire dotato di senso.
Non sono classificazioni rigide e chiuse e nessun tipo di agire esclude l'altro.
Nella realtà l'agire è un intreccio di più tipi di agire. Le distinzioni servono solo a
determinare quale aspetto prevale rispetto agli altri.
I primi due tipi di agire razionale spesso sono in tensione tra loro. L'agire
razionale rispetto allo scopo puo essere irrazionale rispetto al valore e viceversa.
Il senso dell'agire è sempre quello che l'attore attribuisce alla sua azione, non è
quello che attribuisce l'osservatore all'attore.

4. Weber elabora anche una tipologia di potere, analoga alla tipologia dell'agire
dotato di senso.
Premessa: due caratteristiche importanti del potere.
 Distinzione tra potere e potenza: la potenza non è un potere perche agisce
basandosi sulla coercizione, minaccia, forza fisica.
 Ogni potere è innanzitutto una pretesa di potere verso qualcuno, una richiesta
o un ordine di fare qualcosa. La richiesta deve essere legittimata sia da parte di
chi avanza la pretesa, che di chi obbedisce a essa. Finchè non viene obbedito,
quell'ordine è una pretesa di potere che richiede ancora una legittimazione per
diventare potere.

Il potere non è una qualita che si attribuisce a qualcuno, ma si forma da una


doppia relazione tra 1- chi avanza la pretesa e colui a cui è rivolta e 2- tra loro e
il criterio di legittimazione.
Schema
A (colui che avanza la pretesa di potere verso) --> B (colui a cui è rivolta la
pretesa)
A --> C (criterio di legittimazione su cui si fondano la pretesa e l'eventuale
obbedienza) <-- B
La relazione tra A e B è mediata da C.

Ci sono tre tipi di potere legittimo:


 POTERE LEGALE RAZIONALE: fondato sulla credenza nella legalità
dell'ordinamento e sul diritto di comandare di chi ricopre un ruolo più elevato.
Questo tipo di potere presuppone che si comandi e si obbedisca in modo
impersonale (in base a leggi, regole e norme stabilite) e non invece alle persone.
 POTERE TRADIZIONALE: si fonda sulla credenza in modo sacro delle tradizioni
da sempre in vigore. Caso delle monarchie dinastiche e assolute.

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Obbedienza al potere divino. È un misto tra potere personale (il monarca


assoluto) e impersonale ( la tradizione che deriva dalla divinità).
 POTERE CARISMATICO: carisma=qualità eccezionale attribuita a qualcuno da
parte di altri. Il potere è sempre solo un potere personale (il carisma non puo
essere tramesso ad altri). I seguaci di un individu carismatico lo seguono per via
del uo carisma, per cui la relazione tra capo e seguaci è anch'essa perosnale. È
un potere irrazionale (non ci sono regole e si fonda sulla volontà del capo) e
rivoluzionario (va contro gli ordinamenti stabiliti).
Il potere carismatico si manifesta nella sfera religiosa (Gesù) e politica (Hitler,
Martin Luther King..).

5. La teoria della stratificazione sociale di Weber attinge da quella di Marx, ma la


completa a causa dei cambiamenti sociali avvenuti durante il periodo che li
separa.
Secondo weber la societàmoderna è costituita da tente sfere, ciascuna con
proprietà logiche e valori di vita (sfera economica, politica, religiosa, del lavoro,
familiare..). Queste sfere possono a volte intersecarsi e sovrapporsi, ma posso
anche entrare in tensione tra loro. Da questa visione conflittuale weber
individua tre sfere in cui i grupi sociali si strutturano tra dominanti e dominati:
 ORDINAMENTO ECONOMICO: criterio di divisione per classi (come Marx). La
classe è un insieme di individui che condivide possibilità simili di procurarsi beni
(es reddito). Ne derivano comunque lotte che sono piu complicate rispetto a
come le definiva Marx: il conflitto non si riduce solo alla polarizzazione tra
capitalisti e lavoratori, ma vi è una pluralità di sottigliezze nel mezzo. Weber ci
aggiunge la lotta tra chi detiene i capitale finanziario e quelli che chiedono i
prestiti e tra i commercianti e i compratori. La stratificazione nella sfera
economica dipende anche dalla posizione che le classi e frazioni occupano
all'interno di un mercato. Il controllo dipende da chi monopolizza i diversi
mercati (del credito, del commercio, delle professioni..).
Le classi dominanti sono riuscite a monopolizzare un mercato; ci sono anche
classi che hanno ottenuto monopoli parziali; infine classi che non hanno nessun
controllo.
 ORDINAMENTO CULTURALE: il conflitto riguarda i ceti. I ceti si distinguono in
base al prestigio che gli viene attribuito per lo stile di vita. Lo stile di vita
riguarda i consumi di un certo ceto e le concezioni che questi hanno del mondo.
Ceti e classi sono connessi: una classe dienta classe solo se sviluppa una cultura
di ceto e se si organizza come ceto. L'elemento culturale è decisivo per i ceti. Le
professioni sono dei gruppi in base alla cultura e alla posizione economica.
 ORDINAMENTO POLITICO: i gruppi sono formati dai partiti e dai gruppi di
potere. Si scontrano sul piano politico. Sono gruppi interessati alla conquista del
potere politico.

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La teoria della stratificazione di weber è piu complessa rispetto a quella


marxiana che è fondata solo sulla dimensione economica e sull'opposizione di
due sole classi.

IL FUNZIONALISMO.
TALCOTT PARSON E ROBERT K. MERTON

IL FONDAMENTO DELLA TEORIA: L’ANTROPOLOGIA STRUTTURAL-


FUNZIONALISTA
Tra la fine degli anni 30 e la seconda metà degli anni 60 il funzionalismo era la
teoria a cui faceva capo la sociologia. Si definisce come paradigma. Anni 50
Davis sostenne che sociologia fosse uguale ad analisi funzionalista.
Grazie alle Opere principali di Malinowski e Radcliffe-Brown lo struttural-
funzionalismo ha avuto una grande influenza nelle scienze sociali. Questi due
autori hanno avuto influenze durkheimiane.
Caratteristiche teoriche dello struttural-funzionalismo:
a. La cultura di un gruppo sociale è costituita da aspetti IDEATIVI (norme, valori,
usanze, credenze) e aspetti PRATICI (divisione del lavoro, soddisfacimento dei
bisogni, produzione e consumo). L'insieme di questi aspetti costituisce la
struttura sociale di un gruppo. (radcliffe Brown)
b. I bisogni del gruppo hanno sia origine BIOLOGICA ( malinowski parla di
nutrizione, igiene riproduzione) che origine CULTURALE (Radcliffe dice che i
bisogni e il loro soddisfacimento dipendono dalla cultura del gruppo. I bisogni
non sono solo di tipo strumentale (nutrizione, riparo…) ma anche ESPRESSIVI
legati alla concezione che un determinato gruppo ha del mondo.
c. Radcliffe definisce il concetto di funzione come il contributo che una certa
attività parziale da o offre all'attività generale di cui fa parte (se qualcosa svolge
una funzione, allora questa funzione è necessaria al funzionamento e alla
stabilità del sistema generale in cui è inserita).

TALCOTT PARSONS: LA TEORIA FUNZIONALISTICA DEL SISTEMA SOCIALE


Parsons principale esponente del funzionalismo sociologico.
Voleva elaborare una TEORIA GENERALE E ONNICOMPRENSIVA della società.
Una teoria è GENERALE quando spiega un grande numero di fenomeni. In questo
caso la teoria ha lo scopo di spiegare tutti i fenomeni sociali ( culturali, politici,
economici, comportamentali).

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Una teoria è ONNICOMPRENSIVA quando ogni fenomeno o elemento viene


ricondotto agli elementi della teoria. In questo caso ogni aspetto sociale trova
collocazione e spiegazione dentro il quadro storico elaborato.
Il funzionalismo parsoniano è una TEORIA COMPLETA o TOTALE della società.
E’ anche una teoria CONSENSUALISTA, fondata sul fatto che le norme, i valori e le
istituzioni non siano per forza sempre condivisi da tutti.
E’ una teoria ARMONICA, tutti gli aspetti culturali, sociali e comportamentali
contribuiscono positivamente all’equilibrio sociale attraverso la sua riproduzione e al
suo cambiamento.
Si fonda su una VISIONE ORGANICISTICA della società, è un organismo in cui ogni
parte/individuo contribuisce positivamente a mantenerlo, riprodurlo e cambiarlo a
causa delle condizioni ambientali mutate.

GENERALITA+ONNICOMPRENSIVITA+CONSENSUALITA+ARMONICITA+ORGANICISMO
 rispondono ad un importante quesito:
come è possibile mantenere l’ordine sociale dopo che è cambiato, senza disgregarlo?
Ciò è il programma teorico di Durkhiem.
L’influenza durkheimiana è forte nel programma parsoniano.
Durkheim attribuisce alla devianza delle funzioni positive per il sistema sociale, ma
quando diventa una caratteristica preponderante in esso, il sistema sociale viene
disgregato.
Parsons=Durkheim nella sua teoria la devianza è una PATOLOGIA del sistema e
questo, per mantenersi e non crollare, deve combattere ogni deviazione dai principi
del sistema.
L’ordine sociale va mantenuto con l’apparato culturale e istituzionale che le società
creano questi apparati devono essere condivisi dai membri che interiorizzano le
norme e i valori culturali e istituzionali.
L’interiorizzazione si realizza con processi di socializzazione tra i membri:
 Socializzazione primaria (ricevuta dalla famiglia)
 Socializzazione secondaria (ricevuta nelle agenzie di socializzazione come la
scuola)
L’ordine sociale non è automatico dato che nell’ambiente generale ci possono essere
cambiamenti che destabilizzano l’equilibrio del sistema.
Parsons tratta poco di questi aspetti problematici nella teoria: essendo una teoria di
ordine sociale si ritiene che le crisi vengano risolte grazie al mantenimento
dell’ordine.  se un sistema ha una crisi, risponde stabilendo un nuovo ordine con
processi di adattamento e cambiamento consenso sociale ripristinato.
Se la crisi passa un certo livello il sistema collassa, rendendo impossibile la vita
associata.

STRUTTURA DEL SISTEMA SOCIALE: IL MODELLO AGIL

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Modello teorico su cui si fonda la teoria di Parsons. E’ un modello astratto e


generale.
Aadattamento (adaptation)
Gconseguimento dello scopo (goal-attainment)
Iintegrazione (integration)
Llatenza (latency)
4 funzioni fondamentali dei sistemi sociali che costituiscono 4 prerequisiti funzionali:
 1.ADATTAMENTO rapporti tra sistema e ambiente esterno come colui che
fornisce risorse (input) per il sistema stesso. Destinatario di scambi tra i due.
 2.CONSEGUIMENTO DELLO SCOPO indirizza il sistema verso obiettivi utili
alla sua sopravvivenza, selezionandoli e gerarchizzandoli in base alla loro
importanza.
 3.LATENZA stabilizza norme e valori del sistema in modo che siano giusti al
suo mantenimento
 4.INTEGRAZIONE equilibra e armonizza i diversi elementi del sistema in
modo coerente

Sistema sociale secondo il modello AGIL:


AZIONI STRUMENTALI a AZIONI FINALI g
ECONOMIA 1 POLITICA 2
Reperimento e adattamento risorse Determinazione e perseguimento scopi
(imprese e attività economiche) (istituzioni politiche e amministrative)
CULTURA 3 l SOCIETA 4 i
Mantenimento sistema culturale Parsons la chiama “comunità societaria”
(istituzioni, norme, valori, agenzie di Istituzioni sociali integrative, di controllo
socializzazione, famiglia, scuole) sociale e mantenimento ordine
(giustizia, partiti politici, sindacati)

Prima riga: esterno


Seconda riga: interno
Asse orizzontale: distingue tra azioni orientate all’esterno o all’interno del sistema.
Asse verticale: distingue azioni strumentali da quelle finali.
Incrocio degli assi= 4 celle che corrispondono ai 4 prerequisiti funzionali

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CELLA 1
Azioni strumentali verso l’esterno tramite le quali attingere per adattare e scambiare
risorse necessarie al sistema. Le attività economiche fanno ciò.
CELLA 2
Azioni finali verso l’esterno con cui gli scopi del sistema sono selezionati e
organizzati. Le attività politiche fanno ciò.
CELLA 3
Azioni strumentali verso l’interno con cui si assicura il mantenimento delle
istituzioni, norme e valori del sistema, necessari per l’interiorizzazione degli
individui. Famiglia scuola religione mass media sono le principali agenzie che
svolgono funzioni.
CELLA 4
Azioni finali verso l’interno per garantire l’integrazione tra le parti del sistema.
Apparato giudiziario e organizzazioni politico-sindacali + associazioni fanno ciò.

Il modello di Parsons ha una portata molto ampia e puo essere applicato in ogni
ambito la teoria è stata quindi definita GENERALE o ONNICOMPRENSIVA.
Il fatto che sia estendibile ad ogni ambito è anche il suo svantaggio finisce per
essere troppo astratto e incapace di spiegare empiricamente il vero funzionamento
del sistema sociale e dei suoi fenomeni.
Il modello essendo teorico non da strumenti analitici per affrontare fenomeni sociali
empirici.

IL MODELLO AGIL APPLICATO AL SISTEMA DELL’AZIONE


Il modello AGIL del sistema sociale è applicabile anche ad altri sistemi (personalità,
azione) e anche a ciascun sub-sistema le caselle possono essere suddivise in altre
4 sotto caselle sulla base degli stessi prerequisiti funzionali.
OGNI sistema deve rispondere degli STESSI prerequisiti.
 SISTEMA DELLL’AZIONE
ORGANISMO BIOLOGICO a PERSONALITA g
CULTURA l SISTEMA SOCIALE i
Sono sottosistemi in reciproco rapporto. Non tutti contribuiscono all’azone in modo
uguale.
ORGANISMO BIOLOGICO
È in rapporto con il mondo fisico e si adatta ad esso. Successivamente lo adatta ai
bisogni dell’azione tramite la trasformazione e la manipolazione.
PERSONALITA
“sistema psichico” da Parsons. Definisce gli obiettivi, combina le risorse disponibili e
mobilita le energie che sono necessarie all’azione.
SISTEMA SOCIALE
Produce solidarietà, fissa limiti. Impone obblighi che l’azione deve rispettare.

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CULTURA
Da agli attori la motivazione e il sostegno all’azione tramite norme, ideali, valori,
ideologie che essa propone/impone attraverso i processi di interiorizzazione.

Non partecipano tutti in modo uguale


Organismo biologico solo con attività proprie del comportamento dell’attore, non
con attività biologiche come circolazione del sangue o respirare.
Cultura il piu statico, partecipa dall’esterno all’azione
Personalità + sistema sociale i più attivi perche sono la sede dell’azione.

ROBERT MERTON E IL FUNZIONALISMO DEBOLE


Merton sviluppa una critica e una revisione teorica della teoria funzionalista
parsoniana, dall’interno dello stesso paradigma funzionalista.
Merton non è al di fuori del paradigma.
Obiettivo: andare oltre l’astrattismo tipico della teoria parsoniana per fondare un
approccio funzionalista piu aderente alla realtà empirica. Questo approccio deve
permettere un’analisi della realtà partendo da fenomeni empirici gia riscontrati su
cui poi si possa costruire un apparato concettuale e teorico in grado di spiegarli.
Aspetti generali della teoria la teoria è definita FUNZIONALISMO DEBOLE O
CRITICO, significa:
 Il concetto di funzione è centrale nella teoria
 Il concetto di funzione è uno strumento utile all’analisi e non ciò che fonda la
teoria per questo l’analisi mertoniana è un’analisi funzionale della società
Tre argomenti generali da cui sviluppa la sua revisione:
 Le istituzioni non svolgono sempre una funzione necessaria dentro un sistema
sociale. Possono non svolgerle perche riescono a sopravvivere per inerzia.
 Istituzioni + funzioni non hanno sempre un ruolo positivo nel mantenimento
dell’ordine sociale. Possono essere negative e disfunzionali
 La società non è un sistema omogeneo e unitario, ma è differenziato

Questi tre argomenti generali vengono sviluppati in una CRITICA AI POSTULATI DEL
FUNZIONALISMO che sono
-unità funzionale della società
-funzionalismo universale
-indispensabilità funzionale
Caratteristiche e critiche a loro rivolte:
POSTULATO UNITA FUNZIONALE DELLA SOCIETA ogni società ha una sua unità
funzionale su cui si basa l’integrazione del sistema. Svolge sempre una funzione utile
al sistema stesso. Merton dice che l’integrazione della società è una variabile

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empirica e che quindi cambia nel tempo, nello spazio e nei diversi ambiti sociali. Le
società devono avere un certo grado di integrazione, invece ogni attività e aspetto
culturale non devono per forza essere funzionali alla società.
POSTULATO FUNZIONALISMO UNIVERSALE ogni forma culturale istituzionalizzata
ha una funzione vitale. Cioè anche le forme culturali che non svolgono piu le
funzioni, ma che sopravvivono, hanno una funzione positiva.
POSTULATO INDISPENSABILITA FUNZIONALE fondato sul fatto che tra certe
istituzioni e certe funzioni esista una corrispondenza biunivoca, necessaria e
perfetta. Cioè se certe funzioni sono indispensabili per il mantenimento del sistema
sociale allora ci sono altrettante istituzioni indispensabili all’assolvimento di queste
funzioni. Merton dice che è un postulato insostenibile perche presuppone che ad
ogni funzione corrisponda un’istituzione insostituibile, cosa non vera
empiricamente. Ci sono diverse funzioni svolte da un'unica istituzione e viceversa. Le
strutture sociali sono caratterizzate da elementi istituzionali che costruiscono delle
alternative funzionali (diverse istituzioni x 1 funzione), degli equivalenti funzionali (1
istituzione x diverse funzioni) e dei sostitutivi funzionali (+istituzioni x + funzioni).

IL CONCETTO DI FUNZIONE LATENTE


Merton sviluppa il concetto di funzione latente dopo la revisione del funzionalismo.
Mostra che c’è la possibilità che funzioni e istituzioni operino in modi diversi e con
effetti diversi sul sistema sociale possono prodursi effetti positivi (funzionali) o
negativi (disfunzionali) e anche paradossali (inattesi).
Esempio: il consumofunzione latente= attribuisce il prestigio delle persone*
 Funzione manifesta = soddisfacimento dei bisogni
*produce effetti negativi e disfunzionali (sciupo di beni e risorse, indebitamento per
mantenere un certo standard)
Si deve distinguere tra funzione latente e manifesta perche:
1. Permette di comprendere azioni o comportamenti sociali irrazionali
2. Dirige l’attenzione verso fenomeni non scontati (effetti non previsti delle
azioni)
3. Permette di far emergere effetti o fenomeni paradossali (consumo)
4. Evita di dare spiegazioni basate su giudizi morali di certi fenomeni, i quali si
fermano davanti agli aspetti manifesti e non si interrogano sulle cause reali
(funzioni latenti)

RILETTURA DEI CONCETTI DI ANOMIA E DEVIANZA

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Per Parsons anomia e devianza erano patologia che il sistema sociale doveva
combattere per tenere l’ordine. Per merton la devianza puo riferirsi ai mezzi o ai fini
dell’azione.
-mezzi l’attore o gli attori adottano mezzi che le norme sanzionano
-azione l’attore o gli attori si ispirano a valori considerati divergenti dalle norme
Incronciando le due dimensioni abbiamo 4 tipi di soggetti devianti che costituiscono
il comportamento deviante.
CONFORMITA INNOVAZIONE
RITUALISMO RINUNCIA
Sono obiettivi culturali
RIBELLIONE  NUOVO OBIETTIVO
Sono mezzi istituzionalizzati, ovvero ritenuti illegittimi per fare determinate cose.
Obiettivi culturaliscopi ritenuti legittimi e desiderabili.
Gli individui possono accettare o meno gli scopi e i mezzi e da cio derivano 5
configurazioni di comportamento:
 Conformisti  accettano sia i mezzi che gli obiettivi stabili e legittimi. Sono
non-devianti. Hanno un comportamento congruente alle norme.
 Innovatori  accettano i fini ma li raggiungono con mezzi non leciti. Sono
devianti. Adottano mezzi nuovi e diversi per raggiungere gli obiettivi
 Ritualisti  fedeli ai mezzi ma non condividono i fini per i quali quei mezzi
dovrebbero servire. Devianti rispetto agli scopi.
 Rinunciatari rifiutano i mezzi e gli scopi per perseguirli. Devianti su
entrambe le dimensioni. Comportamento di alienazione passiva dalla società.
 Ribelli rifiutano mezzi e fini normali ma poi lottano per cambiarli con mezzi
e fini diversi.
Per l’anomia revisiona il concetto durkheimiano.
Per durk l’anomia è lo stato della società in cui le norme sociali collassano e creano
disorientamento negli individui.
Per merton l’anomia puo emergere non a causa di crisi di valori e norme sociali, ma
anche a causa dell’ordine sociale stesso. Avviene quando in una società si verifica
una disgiunzione o scollamento tra i fini del sistema di valori e le possibilità reali di
realizzare quei valori utilizzando mezzi leciti.

LE MICROSOCIOLOGIE
FENOMENOLOGIA SOCIALE E ETNOMETODOLOGIA, INTERAZIONISMO SIMBOLICO,
APPROCCIO DRAMMATURGICO
Microsociologia = particolare approccio analitico che ha come oggetto di analisi
AZIONI e INTERAZIONI che avvengono nei diversi contesti della vita quotidiana.
Centro dell’analisi sono:
-soggetti e le loro pratiche
-le loro modalità di rappresentazione e descrizione della realtà

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-i loro modi di dare senso a ciò che gli sta attorno


Si parla di microsociologie al plurale perché esistono varie teorie di analisi:
-insieme costituiscono una reazione al funzionalismo, in particolare a quello
parsoniano
-si oppongono alle teorie oggettivistiche della società e dell’azione, le quali si
fondano sul fatto che la società e le strutture siano realtà oggettive e indipendenti e
determinano l’agire dei soggetti  gli fanno da contrasto altre teorie soggettivistiche
della realtà come il prodotto delle interazioni, negoziazioni..
Punto di partenza  l’ordine sociale non è mantenuto ne dalle strutture istituzionali
e dalle loro funzioni ne attraverso i processi di interiorizzazione dei valori da parte
dei soggetti, ma L’ORDINE SOCIALE E LA SOCIETA SI REALIZZANO
PRAGMATICAMENTE NELLE INTERAZIONI TRA INDIVIDUI E ATTRAVERSO I NEGOZIATI
CHE IN ESSE AVVENGONO.
Ordine sociale + società= costruzioni prodotte dagli individui nelle loro interazioni 
il fuoco si sposta dalle grandi strutture sociale alle micro-interazioni della vita
quotidiana.
Microsociologie costituite da 3 famiglie:
1. FENOMENOLOGIA SOCIALE E ETNOMETODOLOGIA
2. INTERAZIONISMO SIMBOLICO (Blumer)
3. APPROCCIO DRAMMATURGICO (Goffman)
Questi tre punti sono accomunati dall’attenzione che danno alle interazioni
quotidiane e dall’idea che queste costituiscano il mondo sociale.

1.1 ALFRED SCHUTZ E LA FENOMENOLOGIA SOCIALE


Esponente della fenomenologia= Alfred Schutz
Recupera da Weber i concetti di agire, senso e comprensione interpretativa e li
combina con la FENOMENOLOGICA di Husserl secondo la quale L’UOMO
COSTITUISCE, FONDA E PRODUCE IL MONDO IN CUI VIVE ATTRAVERSO LE
CATEGORIE E I CONCETTI CON CUI LO DEFINISCE.  Il mondo è ciò che le categorie e
i concetti usati dall’osservatore per definirlo lo fanno essere.
Schutz si concentra sul mondo della vita quotidiana: il mondo che viviamo
abitualmente.
Gli attori che agiscono in questo mondo sospendono il dubbio sulla loro realtà e sulle
azioni che compiono, ovvero le considerano naturali e le danno per scontate.
Solo quando si sospende il dubbio sul fatto che il mondo potrebbe non essere quello
che è, allora si può iniziare ad agire ed interagire.
Se invece si mettesse in dubbio tutto sarebbe impossibile interagire.
Noi diamo per scontata la realtà tramite la produzione di tipizzazioni che, usate
spesso dagli attori, producono il SENSO COMUNE.
-Cosa sono e come si formano le tipizzazioni?

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Concetto che deriva dal tipo ideale di Weber, solo che Schutz non lo concepisce
come uno strumento solo ad uso scientifico dato che, nella realtà quotidiana, l’uomo
comune usufruisce di costruzioni tipico ideali per muoversi in essa.
Ogni persona usa quotidianamente dei tipi ideali attraverso cui le cose che accadono
vengono ricomprese trovando spiegazioni convincenti, sensate e naturali.
Tipizzare significa  compiere un’astrazione in base alla quale la complessità della
realtà viene ridotta a:
-tipi di cose che possono accadere
-tipi di situazioni in cui ci si può trovare
-tipi di persone che si possono incontrare
-tipi di azioni che si possono compiere
LE TIPIZZAZIONI QUINDI SONO RAPPRESENTAZIONI DEI DIVERSO FENOMENI DELLA
REALTA.
Schutz dice che è l’uomo comune + lo scienziato sociale che per interpretare la realtà
utilizza queste rappresentazioni  COSTRUISCONO TIPIZZAZIONI
UOMO COMUNE  le sue tipizzazioni hanno un valore pratico e quindi possono
esserci incoerenze interne e approssimazioni (stereotipi)
SCIENZIATO SOCIALE  le sue tipizzazioni cercano di realizzare la coerenza logica e
sono sottoposte ad una valutazione di adeguatezza di quello che cercano di
descrivere. Sono tipizzazioni TIPI DI TIPI ovvero COSTRUTTI DI II GRADO derivati dagli
attori nella loro vita quotidiana.
Un attore dovrebbe poter interpretare come vuole una situazione, ma ciò non
accade  perche gli attori interpretano la realtà e costruiscono tipizzazioni secondo
come sono definite dalla società o nel gruppo sociale di cui l’attore fa parte.
Gli attori imparano a tipizzare attraverso i processi di socializzazione e si trovano a
condividere tra loro quelle tipizzazioni.
Tipizzazioni + interpretazioni sono attività di routine e i loro contenuti sono condivisi
e dati per scontati, ovvero attivati in modo naturale e automatico.  rimanda al
concetto di SENSO COMUNE.
Il senso comune:
 È il pensiero in cui siamo immersi e che usiamo quotidianamente
 È il pensiero dell’ovvio, del naturale
 Opera con automatismo della realtà e ci risparmia dal compito di definire ogni
volta ciò che accade attorno utilizzando delle interpretazioni gia “pronte”
 << E CIO CHE OGNUNO SA CHE TUTTI SANNO>>
 È il “pensare come al solito” e permette la sospensione del dubbio
 Naturalizza il mondo
 Il senso comune e i suoi contenuti li impariamo tramite la socializzazione che
ci insegna e ci fa imparare attraverso gli esempi pratici delle persone che ci
stanno attorno

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 È un insieme di ricette pratiche per vivere. Si fonda su credenze condivise. La


realtà quindi è una costruzione sociale.

1.2 ETNOMETODOLOGIA
Fondatore = Harold Garfinkel
Il termine si riferisce allo studio (logia) dei modi (metodo) con i quali i soggetti (etno)
in un dato contesto danno senso alla propria esperienza e collaborano nella
costruzione del mondo sociale in cui vivono.
Studia i modi attraverso cui si organizza la conoscenza che i soggetti usano nella
quotidianità.
Si fonda sulla teoria di Schutz ma la radicalizza, ovvero:
-se i soggetti sospendono il dubbio significa che il DUBBIO E SEMPRE IN AGGUATO, e
il pensiero ne viene sempre minacciato.
-a sua volta viene minacciato anche l’ordine sociale attraverso l’ESPERIMENTO DI
ROTTURA DELLA ROUTINE che dimostra:
 L’ordine sociale non è saldo
 L’ordine sociale si fonda su un TACITO ACCORDO continuamente NEGOZIATO
IN BASE ALLE SITUAZIONI DI INTERAZIONE IN CUI SI E’ COINVOLTI
-i soggetti in interazione sono chiamati a interpretare il mondo circostante
continuamente e ad agire in base a norme contestuali valide in certe situazioni ma
non in altre.
La contestualità delle norme viene definita da Garfinkel INDESSICABILITA la
riconoscibilità e l’oggettività delle azioni e interazioni sono DIPENDENTI DALLE
OCCASIONI E DAI CONTESTI IN CUI AVVENGONO.
-il mondo sociale è una costruzione inconsapevole di soggetti tramite le diverse
interazioni nei contesti diversi  la realtà sociale non si costruisce su fatti oggettivi
assoluti, ma è il prodotto delle attività pratiche degli individui.

2.1 INTERAZIONISMO SIMBOLICO (Blumer + Becker)


Alla base c’è la teoria di George Mead secondo cui gli individui sviluppano il senso
del loro sé (self), ovvero il senso della loro identità in relazione con gli altri attraverso
il linguaggio. Linguaggio inteso come sistema si simboli condiviso dai membri di una
società con cui essi definiscono il mondo.
Il sé è un prodotto sociale delle interazioni tra gli individui mediate dal linguaggio.
Il nome interazionismo simbolico deriva dal fatto che pone al centro dell’analisi le
INTERAZIONI UMANE che sono mediate simbolicamente.
La mediazione simbolica è prodotta dall’interpretazione degli attori.
Secondo Blumer  società = semplice cornice entro cui ha luogo l’azione sociale.
Quindi la società non determina l’azione ma offre solo il contesto entro cui essa
avviene.

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Secondo questa teoria, il linguaggio ha ruolo cruciale nel produrre la realtà e


influenzare la percezione che i soggetti hanno di loro stessi.
Con le parole si interpreta il mondo.
Interpretare = definire.
Quindi l’interazionismo simbolico non è diverso dalla fenomenologia (etichettare è
un modo per tipizzare) e dalla entnometodologia (larealtà emerge dalla negoziazione
degli attori in situazione).
Differenza: interazionisti interessati nell’analizzare come l’identità dei soggetti
prenda forma.
L’identità è il processo co produttivo in cui il soggetto si confronta con le definizioni
che gli attori danno di lui, le elabora agendo in base ad esse.
Questo etichettamento va al di la della tipizzazione di Schutz perché non si limita a
definire qualcuno in termini di tipo, ma produce effetti sulla sua identità e sulla sua
azione.

La teoria dell’etichettamento (Becker) dice che i vari tipi di comportamento sociale


danno luogo a fenomeni come la DEVIANZA (giovani che si comportano in modo anti
convenzionale) e stabilisce che non siano fenomeni oggettivi ma il prodotto di
processi di interpretazioni sociali con cui si attribuisce un etichetta a chi si comporta
in un determinato modo.
Un comportamento deviante è tale solo perché più persone lo definiscono cosi.
Due conseguenze:
- Tramite interpretazione e etichettamento la realtà sociale viene
costruita in un processo conflittuale, dato che i soggetti hanno
diverse risorse per imporre una certa definizione della realtà
- Il processo di costruzione della realtà costruisce cio che vuole
descrivere, cioè produce le PROFEZIE AUTOADEMPIENTI che è
un’interiorizzazione dell’etichetta data.
Quando un’etichetta viene applicata cambia la vita del soggetto che ne è portatore:
le persone si comportano con lui in base all’etichetta datagli + il soggetto tenerà a
comportarsi in base alle aspettative dell’etichetta.
L’ETICHETTA PRODUCE IDENTITA.

3.1 APPROCCIO DRAMMATURGICO DI GOFFMAN


Secondo Goffman l’interazione non può essere deddotta ne dalla struttura, ne dalle
pratiche contingenti attivate dagli individui interagenti.
L’interazione è un ordine sociale a se stante, autonomo dalla struttura e dagli
individui.
Il termine approccio drammaturgico è perche Goffman concepisce la vita quotidiana
e le sue interazioni uguali ad una rappresentazione teatrale.
Ci sono attori che agiscono in due contesti:

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-REALTTA’ QUOTIDIANA  organizzati in una scena pubblica in analogia col


palcoscenico (finzione)
-RETROSCENA  il privato, quello che a teatro non si vede (autenticità)
L’attore interpreta una parte con cui riproduce certe impressioni su un pubblico fatto
di altri attori che faranno la stessa cosa con lui.
L’attore recita una parte di un copione fornito di norme e regole di comportamento
sociale. Ci sono anche momenti in cui si ritira dalla scena entrando nel retroscena.
Qui si abbandona il ruolo sociale e si allenta la tensione della performance. In altre
parole si torna ad essere se stessi.
Scena = luogo di finzione
Si indossano maschere che definiscono la nostra indentità.
Retroscena = realtà
Luogo dell’autenticità in cui l’attore è libero da copioni e maschere e ritrova la sua
identità.
Goffman mostra che nella realtà quotidiana c’è un mutuo accordo implicito tra le
persone per definire la situazione in corso, la quale diventa il FRAME delle azioni.
Non diverso da etnometodologia solo per gli attori che sono alle prese con la
costruzione della situazione e regole.
Differenza: il frame in cui si svolgono le interazioni sono possibili.
ORDINE SOCIALE TRA GLI ATTORI E’ MOLTO FRAGILE (presenza di gaffe) in cui
interviene la strategia di riparazione per porre rimedio.

STRUTTURAL COSTRUTTIVISMO
PETER BERGER; THOMAS LUCKMANN; GIDDENS; PIERRE BOUDIEU
Lo struttural costruttivismo sono una serie di approcci teorici che condividono alcuni
punti base come:
1. La realtà è costruzione sociale prodotta dagli uomini. E’ un costrutto
oggettivato, cioè rappresentato come se fosse qualcosa di oggettivo.
2. Gli individui tramite le loro azioni riproducono la struttura sociale oggettivata
oppure la cambiano.
3. Gli individui danno senso alla realtà e alle loro azioni a partire dalle condizioni
di pensabilità della struttura sociale, cioè in base ai repertori culturali
disponibili.
4. Struttura + azione si costituiscono vicendevolmente.
Due scopi:
1. Superamento dei dualismi (struttura + azione, micro vs macro)
2. Mostrare che la realtà sociale è il prodotto delle interazioni e retroazioni tra
struttura e azione.
Influenza di tre teorie:

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-Marx  gli uomini sono produttori della società ma essi la producono a partire da
condizioni determinate. E’ quindi una costruzione sociale mediata dagli attori.
-Durkheim la società è realtà oggettivata
-Weber e Microsociologie gli uomini agiscono dando senso e significato al proprio
agire. Azioni umane di interpretazione per cambiare o mantenere la struttura.

Tre teorie principali:


>COSTRUTTIVISMO DI BERGER E LUCKMANN
>STRUTTURAZIONE DI GIDDENS
>STRUTTURALISMO COSTRUTTIVISTA DI BOUDIEU

BERGER E LUCKMANN
La loro teoria fu esposta in “la realtà come costruzione sociale”. Entrambi hanno
studiato con Alfred Schutz.
Analizzano:
-processi di oggettivazione
-processi di interiorizzazione soggettiva
1. Il processo di oggettivazione implica che gli uomini interagiscano sviluppando
modalità e pratiche di interazione ripetute.
La ripetizione di queste soluzioni produce modi tipici e ricorrenti di fare le
cose, di relazione, di definizione della realtà… che alla fine diventano
abitudini.
L’abitudine produce modalità di azione e pensiero routinizzate e con ciò i
significati dell’agire vengono sempre più dati per scontati dagli individui.
Al crescere della ripetizione, abitudine, routine le modalità di relazione, agire
e pensare si istituzionalizzano, cioè diventano oggettivate e quindi percepite
come naturali. L’istituzione è il più alto punto del processo di oggettivazione. Si
parla di fatto sociale (Durkheim) perché si impone ai membri della società
perché è data per scontata, naturale.
Gradini del processo:
-abitudini
-routine
-istituzione
Realtà sociale: è un prodotto degli uomini che, tramite i tre gradi, diventa una
realtà esterna e oggettiva rispetto ai suoi produttori, i quali tramite la
socializzazione la interiorizzano.
2. Come avviene il cambiamento sociale se tutto si oggettivizza, quindi si
stabilizza?
Avviene per due fattori:

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-nelle società complesse abbiamo una pluralità di ambiti sociali diversi con
diversi repertori culturali (valori, norme, pratiche).
-movimenti sociali che sorgono in società in cui le sfere sociali sono
differenziate e permettono la combinazione nuova di repertori culturali e
quindi di nuove visioni del mondo.
TEORIA DELLA STRUTTURAZIONE DI GIDDENS
Base: gli attori attraverso le loro azioni e pratiche riproducono e cambiano le
istituzioni della struttura sociale stessa.
La struttura sociale però limita e vincola le azioni, cosi come le rende possibili.
Esempio linguaggio: lingua come struttura grazie alla quale si può comunicare ma
allo stesso tempo è vincolata dalla sua struttura stessa (il parlare). Nello stesso
tempo però il parlare permette il cambiamento della struttura stessa.
Tre punti della teoria:
-le strutture non possono essere separate dalle azioni degli attori
-attori e le loro azioni sono vincolati alla struttura che li rende possibili e limita
l’azione degli attori stessi
-struttura + azione = elementi uniti che costituiscono una dualità
Le proprietà strutturali dei sistemi sociali esistono fino a quando le azioni sociali
sono riprodotte costantemente nel tempo. Queste azioni sono TRASFORMATIVE dato
che continuano ad esistere perché cambiano sempre  struttur-azione è mezzo e
risultato del modo con cui avvengono le interazioni.
Giddens si concentra su “vita quotidiana routinizzata”
-routine provoca ricorsività
-ricorsività produce una riduzione dell’incertezza e necessità degli attori di dover
dare sempre significato + stabilizzazione dell’organizzazione sociale più ampia.
Agire in modo intenzionale per Giddens no vuol dire avere coscienza di se o
consapevolezza ma solo saper monitorare la su azione e quella degli altri.
Il monitoraggio presuppone che gli attori abbiamo una conoscenza delle regole e
delle pratiche del vivere sociale.
La conoscenza porta a due forme di coscienza:
-coscienza pratica gli attori sanno fare certe cose ma non si spiegano il perché se
non sulla base dell’abitudine/routine
-coscienza discorsiva gli attori sanno spiegare il perché delle cose che fanno
Queste due forme implicano che l’azione individuale non è separata dalla struttura
sociale.

BOUDIEU: STRUTTURALISMO COSTRUTTIVISTA E SOCIOLOGIA RELAZIONALE


Boudieu sociologo più originale e produttivo.
Interessi in analisi strutture politiche e economiche, istruzione, arte, antropologia,
mass media, scienza.

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Non semplice ricostruire la sua teoria dato che non ha mai prodotto un’opera.
Serie di punti fermi emergono insieme al suo oggetto di studio potere come
relazione tra dominanti e dominati e le lotte che ne derivano.
Quattro basi teoriche:
1. Durkheim  prende l’idea che la società e le strutture siano oggettivate
e interiorizzate
2. Marx e Weber dimensione del confitto e delle lotte di potere che
sono alla base della sua visione
3. Microsociologie l’azione è attuata in modo irriflesso dagli agenti,
attraverso cui riproduce le strutture
4. Superamento delle dicotomie soggettivismo-oggettivismo, micro-
macro, struttura-azione, materiale-simbolico
Due dinamiche per superlarle:
-logica del dominio = riproduzione
-logica delle lotte = trasformazione
Tre concetti fondamentali della teoria:
1. CAMPO o spazio sociale. Spazi sociali con propria autonomia e organizzazione,
con struttura derivata dalle lotte di potere tra agenti o gruppi sociali che
cercano di imporre la loro visione del mondo contro quella di altri. Il gruppo
che vince sarà quello che determinerà la vita nel campo definendo la sua
struttura. Ogni campo è strutturato da posizioni differenziate e stratificate
occupate dagli agenti. Queste sono il volume complessivo del capitale. Le
posizioni stratificate definiscono i rapporti di potere dominante/dominati.
2. HABITUS. Insieme di orientamenti, gusti, modi di essere che vengono
interiorizzati dagli individui e ne condizionano il modo di pensare e agire. Si
forma in base alla storia dell’individuo, quindi è un prodotto storico e come
tale cambia nel tempo. Si acquisisce con processi di socializzazione. Definita
come “struttura strutturata e strutturante”.
Struttura strutturata= nasce dalla struttura sociale
Strutturante= organizza pratiche sociali che producono effetti sulla struttura
sociale.
Dipende dalla posizione di classe occupata dagli individui habitus di classe.
3. FORME DI CAPITALE. Deriva da Marx e Weber: capitale economico (Marx,
reddito e proprietà) + capitale culturale (conoscenze scolastiche) e sociale
(relazioni sociali, conoscenze personali) (Weber).
La posizione di classe di un individuo è data dal volume complessivo di
capitale (economico + culturale + sociale) e dalla composizione di questo
capitale (quantità di ricchezza, conoscenze e relazioni). Ciò diventa quindi
molto complicato in termini di stratificazione di classe.
Nelle società industriali capitalistiche la classe dominante ha la maggiore quantità e
qualità delle tre forme di capitale. Ogni forma di capitale è convertibile nelle altre.

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RELAZIONE CAMPO-HABITUS-CAPITALE-PRATICHE SOCIALI:

CAMPO PRATICA
HABITUS+CAPITALE ( modi di pensare, agire,
( posizione sociale ) percepire, giudicare )

[(habitus)(capitale)] + campo= pratica

“teoria del gusto”  il gusto è una pratica culturale attraverso cui si combattono
lotte quotidiane per la distinzione (prestigio) gli oggetti di consumo sono segni di
distinzione di classe.
Visione conflittuale di partenza: tutti i campi, essendo stratificati, sono arene di lotta
tra classi vicine al vertice, cioè al potere.
Violenza simbolica: forma di violenza sottile e invisibile che domina la classe debole
tramite pratiche simboliche e inconsapevole complicità del soggetto vittima del
mancato riconoscimento dell’arbitrio culturale.
Arbitrio culturale è un qualsiasi costrutto prodotto dalla classe dominante che essa
riesce ad affermare a tutti. I costrutti dei dominanti vengono assunti come naturali
dai dominati che vi si sottomettono. I rapporti tra generi uomo-donna sono la forma
per eccellenza di violenza simbolica  il dominio maschile si esercita attraverso una
visione androcentrica del mondo fatta propria anche dalla donna.

CERAVOLO
I METODI QUANTITATIVI E QUALITATIVI NEL DISEGNO DELLA RICERCA SOCIALE
>PERCHE’ STUDIARE IL METODO?
Lo scopo dell’indagine scientifica NON è la verità.

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LA REALTA’ NON SI RAGGIUNGE MAI perché è troppo complessa per farla nostra.
La scienza usa dei protocolli di metodo per illuminarne alcuni punti in modo da
poterla conoscere in qualche modo.
I sociologi si occupano di studiare il comportamento dell’uomo.

NOI SIAMO SCIENZA


>COSA IDENTIFICA LA RICERCA SCIENTIFICA RISPETTO ALLA CONOSCENZA IN
GENERALE?
La ricerca scientifica è un processo creativo (serve a spostare più avanti il confine
della conoscenza, serve a renderci capaci di conoscere qualcosa di nuovo)
formalizzato da regole condivise all’interno di una comunità.
La cosa piu importante nella ricerca scientific è l’intuito del ricercatore. Il processo di
ricerca nasce dalla curiosità, uno scienziato non può non essere curioso.
Le idee che scaturiscono dai ricercatori costituiscono il meccanismo per costruire
una nuova conoscenza.
La ricerca è un processo formalizzato da regole che consentono di dire se le cose che
abbiamo scoperto sono attendibili o no e sono condivise dalla comunità.
Le regole nascono dalla comunità scientifica: insieme di tutti i ricercatori che hanno
fatto della scienza il proprio interesse. La comunità condivide linguaggi, valori e
costruisce regole che servono ad aumentare la nostra capacità di conoscere la realtà
in maniera attendibile.
La ricerca ha come scopo COSTRUIRE UN’
SAPERE CONTROLLATO dalla comunità scientifica.
>COME FARE UNA RICERCA SCIENTIFICA
Due schieramenti: chi diceva che la ricerca serve a giustificare intuizioni che il
ricercatore ha avuto, e chi diceva che la ricerca dovrebbe limitarsi alla pura
esasperazione.
Lo scopo vero è quello di guardare la realtà eda ciò definireuna conoscenza con una
prospettiva induttiva.
Questi due approcci sono veritieri in quanto la ricerca scientidica è un po
giustificazione e un po scoperta.
Ogni ricerca ha il dovere di definire quali sono i limiti della creatività del ricercatore e
deve farlo in funzione al tipo di approccio che vuole usare.
-IL CONTESTO DELLA SCOPERTA entro a contatto con la realtà, la esploro senza
dare giudizi.
-IL CONTESTO DELLA GIUSTIFICAZIONE parto da un’idea e la voglio giustificare
confrontandola con la realtà.
Terminologia di base:
 Metodologia = metodo + logia:
 Non è ne un metodo ne una tecnica.

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(metodos + logos  discorso sul metodo, riflessione che facciamo sul


metodo).
Significa letteralmente discorso sul metodo e non “metodo”, quindi è
una disciplina che studia l’utilizzo dei metodi e come devono essere
implementati nella ricerca sociale.
 Metodo è un ragionamento che sta dietro alle scelte che facciamo e bilancia
mezzi e fini da raggiungere identificando vantaggi e svantaggi delle tecniche
che devo applicare per raggiungere un obiettivo. È il processo mentale che
governa il percorso di ricerca, consentendo di scegliere tra le alternative
disponibili o di proporne di nuove. È perciò lo scegliere tra tecniche di analisi
diverse, oppure tra strumenti di rilevazione delle informazioni, oppure ancora
tra modi alternativi di costruire il campione degli intervistati;
 Tecnica è uno strumento che applichiamo sulla base di scelte di metodo.
“Tecniche” sono le specifiche procedure operative di cui ci si serve per
acquistare e controllare i risultati di ricerca empirica (Esempio: per andare a
Roma decidiamo di utilizzare la tecnica ferroviaria perché a livello di metodo
abbiamo valutato che è la più conveniente per raggiungere i nostri scopi).
Vi sono le competenze metodologiche che si compongono di due aspetti:
 Saper fare, cioè costruire in modo corretto gli strumenti di rilevazione dei dati,
analizzarli nel modo più adatto, presentare i risultati ottenuti, ricollegare
questi ultimi alle ipotesi da cui la ricerca ha preso avvio;
 Saper valutare il lavoro di ricerca empirica fatto da altri, capire se una ricerca è
fatta bene o meno, se le conclusioni tratte di dati sono giustificate o no, se i
grafici con cui viene presentato un risultato sono fatti in modo corretto, se ci
sono stati errori nella scelta delle persone da intervistare ecc.

COSA CI DISTINGUE DAL SENSO COMUNE?


Sapere che crediamo di avere, prodotto
SENSO COMUNE dalla cultura di riferimento e che non ha
riscontri empirici

Insieme di ragionamenti e conoscenze, esperienze personali che non sottostano alle


regole scientifiche.
 STEREOTIPO è un esempio di senso comune:
-è un modello pregiudizievole
-permette di definire azioni e persone frutto del semplice sentito dire
-si fonda su saperi non adeguatamente definiti  ci da conoscenze imperfette
-risultato  verità inesistente

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Ci distingue:
 Rigore linguistico (termini corretti, proprietà di linguaggio)
Le idee che stanno dietro le parole e i concetti devono essere identificati con i
termini corretti
 Rigore logico (fondato sull’attenzione con la quale mettiamo in connessione
pezzi diversi di ragionamento)
Se usiamo una logica deduttiva, da una frase generale ne deduciamo una più
specifica. Tramite le scale di generalità il rigore logico è essenziale per non
fare errori
 Rigore nel controllo empirico
1. Scegliere nel discorso di metodo che facciamo tecniche appropriate;
2. Ispezionabilità una buona ricerca scientifica richiede di essere
ispezionabile, dobbiamo permettere a chi ci controlla di sapere come
abbiamo costruito la nostra conoscenza.
3. Ripetibilità  la nostra ricerca deve essere riprodotta in modo che sia
ripetibile da altri in altri momenti e luoghi.
Il problema della competenza metodologica:
 Capacità professionali di costruzione del disegno della ricerca e fare delle
scelte essenziali per arrivare dalle ipotesi al loro controllo (competenza di
metodo: ricercatori);
 Capacità professionali di progettazione e gestione di specifiche tecniche per
costruire e analizzare i dati (competenza tecnica: ricercatori e tecnici
specialisti);
 Capacità di valutazione prima o dopo di processi di ricerca empirica svolto
da altri (competenza valutativa: ricercatori e decision making di ricerca).
Il nemico peggiore si chiama SENSO COMUNE:
L’insieme delle conoscenze che ci permette di sopravvivere nella vita di tutti i giorni è
il “senso comune”, ovvero ciò che sappiamo in relazione alle faccende che
sbrighiamo ed ai ruoli che ricopriamo nella vita quotidiana. La sua principale
funzione è di fare in modo che possiamo dare per scontata la maggior parte delle
cose che ci succedono quotidianamente e la sua caratteristica fondamentale è che è
molto difficile definire i contenuti o le regole proprio perché si compone di ciò che si
sa. Le credenze, ovvero ciò che si sa che è vero, ma che non siamo in grado di
provare o dimostrare, sono parte del senso comune, così come gli stereotipi. Questi
ultimi sono categorie del pensiero che ci servono per organizzare ciò che percepiamo
del mondo, senza di essi il mondo stesso ci apparirebbe come un flusso vago e
indistinto di percezioni cui non sapremmo dare un significato. La loro funzione, che è
quella di renderci adatti al nostro ambiente, è fondamentale così com’è
fondamentale il fatto che essi operano senza che noi ce ne accorgiamo.

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Problemi epistemologici: tradizioni differenti e metodi differenti.


Durkheim sosteneva che si dovessero studiare i fatti sociali e che essi dovessero
essere trattati come cose. Weber sosteneva che ciò che ci interessa dei fenomeni
sociali è la loro unicità e individualità, che deve essere studiata facendo ricorso allo
strumento dei tipi ideali. Durkheim e Weber si comportano in maniera assai simile
poiché entrambi seguono da vicino il metodo della differenza consistente in una
regola per individuare la causa di un fenomeno.
Epistemologico  discorso sulla conoscenza
Due tradizioni spesso fronteggiate:
 La prospettiva positivista, che tutti fanno risalire a Durkheim; tradizione dei
sondaggi, ricerca quantitativa. Si fonda sulla statistica
 La prospettiva ermeneutica, che tutti fanno risalire a Weber; ricerca
qualitativa, scientifica che si usa per studiare le società degli strumenti
discorsivi.
Le due ricerche non si escludono a vicenda, ci danno comunque strumenti utili.

NASCITA DEL METODO SCIENTIFICO


La scienza moderna nasce tra il 500 e il 600 come reazione alla filosofia aristotelica.
La principale caratteristica di quest’ultimo consisteva nel fatto che la conoscenza del
mondo non si basava sull’osservazione diretta, ma veniva dedotta dai principi
filosofici che Aristotele aveva fissato molti secoli prima.
Secondo Aristotele a ogni fenomeno corrispondente una causa, che può essere di
quattro tipi: materiale, formale, efficiente, finale.
Compito dello “scienziato” è capire quale dei quattro tipi di causa era quello
adeguato al fenomeno studiato. In questo modo non c’era bisogno di cofrontarsi con
la realtà perché l’esercizio della ragione era sufficiente a conoscere quello che si
studiava.
>COME NASCE LA SCIENZA?
Nel medioevo lo studio era solo opera della Chiesa e i monasteri erano i soli centri
del sapere, fondato sulla trasmissione letteraria.
Tra il 500 e il 600 entra in scena Galileo , considerato il fondatore della scienza
moderna, che propone di studiare la natura attraverso l’osservazione diretta senza
ricorrere alla filosofia aristotelica.
Propone che le operazioni di osservazione e misurazione vengano sistematizzate
all’interno dell’esperimento (da qui chiamata appunto scienza sperimentale), che
costituisce il momento cruciale per controllare le ipotesi di ricerca e le teorie ad esse
collegate.
La logica sperimentale di compone di:
1. Osservare la convariazione di una o più cause e di uno o più effetti;
2. Controllare se la direzione della convariazione è proprio quella ipotizzata;
3. Tenere sotto controllo le possibili fonti di disturbo della convariazione.

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 Reazione alla filosofia aristotelica (fondata sull’ identificazione di cause di


ogni fenomeno fra 4 tipi: materiale, formale, efficiente, finale);
 Galileo: la scienza si fonda sull’osservazione sperimentale.
Logica sperimentale di Galileo:
 Convariazione di una o più cause e uno o più effetti;
 Controllo della direzione di causalità;
 Controllo delle possibili fonti di disturbo.

Induzione e deduzione:
>La DEDUZIONE è quel ragionamento che
parte da premesse generali per poi
giungere a conclusioni particolari.
Era un ragionamento utilizzato nella
filosofia aristotelica nel medioevo.
(PREMESSA GENERALE: tutti gli uomini
sono mortali
DATO DI FATTO: Aristotele è un uomo
CONCLUSIONE PARTICOLARE: Aristotele è mortale)

>L’INDUZIONE parte da Gelileo e svolge un ruolo molto importante. Procede


inversamente rispetto alla deduzione: da premesse particolari vengono derivate
conclusioni generali.
Dopo aver fatto molti esperimenti, si possono trarre alcune conclusioni generali
dall’osservazione di questi casi particolari.

Il metodo galileiano consiste nel:


-osservare direttamente la realtà per conoscere le info.
-estendere i risultati dal caso particolare a quello generale col metodo induttivo.
-formulare dalle ipotesi le conseguenze e controllarle empiricamente.

Positivismo:
Il positivismo è una corrente di pensiero filosofico.
Nasce in inghilterra e francia tra la prima metà dell’800.

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Tentativo di superamento dell’Illuminismo.


L’illuminismo voleva eliminare le distorsioni prodotte dai pregiudizi della
superstizione religiosa e dell’astrattezza metafisica. La ragione, in sostanza, avrebbe
guidato l’umanità verso un assetto sociale migliore di quello spazzato via dalla
Rivoluzione Francese a patto che si fosse dato modo alla ragione stessa di emergere
e di operare.
Proposta positivista: la fede nella ragione va sostituita con la fiducia nella scienza.
I positivisti considerano quindi l’illuminismo un’epoca che ha avuto la utile al
progresso della scienza, ma ancora negativa: si tratta ora di fondare un’epoca
positiva in cui il progresso non sia disgiunto dall’ordine, la scienza è ciò che serve per
tenere uniti gli aspetti razionali ed irrazionali e per disciplinare entrambi sulla via del
progresso senza fine.
Il positivismo propone una concezione della scienza come sapere totalizzante, un
collante per aspetti razionali e irrazionali. La scienza è un unico edificio in cui
coabitano le varie discipline, che si differenziano in base al grado di maturità
raggiunto.
Vi sono tre caratteristiche principali nel positivismo:
1. Il monismo metodologico, ovvero l’idea che il metodo scientifico sia unico,
indipendentemente dall’oggetto di ricerca;
2. L’opinione che le scienze naturali esatte forniscano un ideale modello
metodologico, in base al quale misurare il grado di sviluppo e di perfezione di
tutte le altre scienze, comprese quelle dell’uomo;
3. L’importanza attribuita alla spiegazione dei fenomeni osservati tramite il
ricorso a leggi generali.
La nascita della sociologia è quindi fortemente condizionata dal pensiero
positivista.
Prima metà dell’800. Termine sociologia coniato da Auguste Conte. Indica la
disciplina che si occupa di studiare il cambiamento e l’evoluzione delle forme sociali.
Accoglie l’idea del monismo metodologico e della concezione di oggettività della
scienza e modello progressista/evoluzionista.
Per oggettività della scienza si ipotizza l’esistenza di una realtà oggettiva e che
l’indagine scientifica porti alla conoscenza oggettività di quella realtà. Il lavoro dello
scienziato è mostrare il vero volto della realtà.
Per modello progressista/evoluzionista si intende che la scienza si muove verso un
futuro necessario in un processo che prevede una meta finale che è considerata
migliore del presente.
Durkheim
È il primo sociologo in senso stretto, uno degli obiettivi metodologici della sua
attività di ricerca è isolare la neonata sociologia da altre scienze sociali come la
psicologia e l’economia, per mostrare che l’indagine sociologica ha una propria
ragion d’essere. Per giungere a questo risultato egli si concentra su due concetti

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fondamentali: l’oggetto di indagine della sociologia e il metodo con cui tale oggetto
deve essere studiato. Il metodo è la sua principale preoccupazione, egli afferma che
prima di creare il metodo occorre sapere quali siano i fatti che lo denominiamo in tal
modo. Egli sceglie di occuparsi di un tema particolare, ovvero il suicidio: la sua
analisi, basata su dati già commentati da altri studiosi o raccolti da lui
personalmente, dimostra che il fattore – chiave che influenza e consente di
prevedere il numero dei suicidi è l’integrazione dell’individuo nella società. Più essa
è elevata, meno l’individuo si sente libero da vincoli sociali e meno è propenso al
suicidio; è il caso delle società a religione cattolica, che esercitano un controllo
sociale più elevato che quelle a religione protestante o ebraica, entrambe
caratterizzate da un maggior tasso di suicidi.
Oggetto e metodo
OGGETTO  nonostante il metodo sia la principale preoccupazione di Durkheim,
egli costruisce una disciplina il cui oggetto sono i FATTI SOCIALI il cui metodo è
L’IDENTIFICAZIONE DI LEGGI.
Fatto sociale: qualsiasi elemento di comportamento che ha la proprietà di esistere al
di fuori delle coscienze individuali.
Durkheim dice che la sociologia deve occuparsi di un particolare tipo di fatti che
sono i fatti sociali.
Per lui la realtà sociale esiste oggettivamente al di fuori dell’individuo, infatti
l’individuo la trova gia esistente al momento della nascita. Non può cambiarla di
propria iniziativa e anzi incontra parecchie resistenze se tenta di farlo.
IL METODO una volta definito qual è l’oggetto di studio della sociologia, Durkheim
passa a definire il modo in cui tale oggetto deve essere studiato. Nel fare ciò egli
insiste su due punti fondamentali che appartengono all’atteggiamento metodologico
con cui il sociologo deve osservare la realtà sociale. Il primo è che i fatti sociali
devono essere trattati come cose: è una cosa tutto ciò che si offre o si impone
all’osservazione, i fatti sociali sono appunto i dati a disposizione del sociologo. In
questo modo Durkheim apre la via all’applicazione del metodo scientifico impiegato
dalle scienze naturali: se i fatti sociali sono in tutto eguali a cose, possono essere
studiati come si studiano normalmente le cose che appartengono al mondo
sensibile. Il secondo è il principio di causalità: il sociologo deve investigare le cause
dei fatti sociali, ma la causa dei fatti sociali può essere cercata e trovata solo in altri
fatti sociali e non in fatti di altra natura.

In Germania: la prospettiva ermeneutica


La nascita della sociologia e la conseguente riflessione sul metodo sociologico segue
percorsi diversi a seconda del contesto culturale entro il quale si sviluppa. La cultura
tedesca respinge l’idea che le scienze sociali debbano applicare al proprio oggetto di
studio gli stessi metodi delle scienze naturali. Volendo dimostrare la distanza che

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separa le scienze della natura dalle scienze sociali, gli studiosi individuano tre punti
di forte discontinuità:
1. L’oggetto: viene sottolineata la distanza fondamentale che separa l’oggetto di
studio delle scienze sociali da quello delle scienze naturali. Gli individui o le
società non sono eguali tra loro, non possono essere scambiati come se si
trattasse di molecole chimiche poiché ognuno di essi è unico. Se le scienze
della natura possono descrivere il mondo come un luogo ove valgono leggi
astratte e necessarie, le scienze umane prestano invece attenzione alla
singolarità e all’individualità.
2. Il metodo: date queste diversità profonde dell’oggetto di studio, per forza di
cose le scienze sociali non potranno applicare i metodi impiegati dalle scienze
naturali. Dilthey sostiene che gli eventi storici e sociali debbono essere studiati
tramite l’identificazione empatica; nel caso della storia, ad esempio, la
comprensione si basa sulla capacità dello storico di rivivere l’esperienza dei
soggetti che studia. Weber sostiene invece che la comprensione empatica è
inadeguata e che è necessario formulare rigorosamente ipotesi interpretative
da sottoporre a controllo empirico.
3. Lo scopo: l’obiettivo delle scienze naturali è spiegare i fenomeni osservati
riducendoli ad esempi particolari di leggi generali. Lo scopo delle scienze
sociali è del tutto diverso: non la spiegazione, bensì la comprensione dei
fenomeni e degli eventi osservati sono al centro della riflessione.

Weber
Secondo lui le scienze sociali non possono adottare lo stesso metodo delle scienze
naturali perché è diverso lo scopo conoscitivo. Per arrivare alla comprensione di un
evento o fenomeno sociale è necessario considerarlo in tutta la sua interezza. Lo
scienziato sociale positivista sceglie di occuparsi di un evento, un fenomeno o un
processo sociale perché esso gli appare come un esempio di una regolarità più vasta,
riassumibile sotto una regola generale o legge. Secondo Weber scegliamo di
occuparci di un particolare oggetto di studio sulla base del significato che esso
riveste in relazione al nostro modo di vedere il mondo, ai nostri valori, alla nostra
interpretazione di ciò che è importante o no e così via. Ciò non significa tuttavia che
le scienze sociali siano il regno della soggettività: se infatti il punto di partenza
dell’indagine nelle scienze storico – sociali è soggettivo, ciò non significa che i
risultati cui esse pervengono siano allo stesso modo soggettivi. È infatti il metodo
che esse adottano a garantire che tali risultati siano oggettivi, quindi scientifici. Egli
propone un approccio metodologico diverso, caratterizzato da alcuni elementi:
l’avalutatività della scienza, i giudizi di possibilità oggettiva e la costruzione di tipi
ideali.

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L’avalutatività: quando si è scelto l’oggetto di studio, questo non deve essere


influenzato da giudizi di valore dello scienziato. Nel metodo proposto da Weber essa
svolge un ruolo ancora più cruciale poiché egli riconosce apertamente che all’inizio
del lavoro scientifico la soggettività e i valori del ricercatore giocano un ruolo
rilevante. In questo contesto diviene ancora più importante sottolineare che
l’influenza dei valori deve fermarsi sulla soglia della stanza in cui il lavoro scientifico
viene condotto.
I giudizi di possibilità oggettiva: se l’obiettivo è comprendere l’oggetto di studio,
rivolgersi a leggi generali perde di importanza, più una legge è generale ed astratta
meno è interessante per lo scienziato sociale perché è proprio astraendo che egli si
allontana dal suo oggetto di studio e quindi la possibilità di comprenderlo. In
sostanza quando si studia un fenomeno dobbiamo cercare di comprendere la
concreta rete di relazioni, di cause ed effetti, di condizioni che hanno reso possibile
questo fenomeno in particolare. Nel fare ciò si compie un processo di imputazione
causale, ovvero di individuazione e scelta degli elementi che ne hanno determinato
l’accadere. Come individuare gli elementi chiave per l’imputazione causale? Dopo
aver costruito dei riquadri fantastici e dopo averi simulato cosa sarebbe accaduto se
uno o più elementi si fossero presentati in maniera diversa, lo studioso giunge a
formulare un giudizio di possibilità oggettiva, cioè un giudizio basato sulle regole
dell’esperienza in merito a cosa sarebbe potuto accadere. Il procedimento di Weber
è quindi chiaro:
1. Lo studioso sceglie un argomento in base al significato che esso riveste per lui;
2. Volendo comprenderlo nella sua interezza, esamina l’insieme di elementi che
lo compongono e lo accompagnano;
3. Costruisce quadri fantastici, in cui simula mentalmente cosa sarebbe accaduto
se ciascuno degli elementi si fosse presentato in maniera diversa o non si fosse
presentato affatto;
4. Individua quindi gli elementi essenziali per l’accadere del fenomeno e formula
un giudizio di possibilità oggettiva, che riassume le cause che hanno
determinato l’evento così come lo conosciamo.
L’ultimo tassello sono i tipi ideali che sono costituiti da astrazioni o modelli ai quali
comparare la realtà che si osserva. I tipi ideali sono uno strumento di analisi che
aiutano lo scienziato sociale a chiarire agli altri e a se stesso le categorie concettuali
che impiega nel corso dell’analisi stessa. Questa definizione è necessaria allo
scienziato sociale per rendersi conto di qual è il proprio punto di vista sulla realtà
osservata, senza questo chiarimento per Weber siamo al limite o al di fuori della
scienza.

Il neo positivismo

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In seguito al periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale il positivismo


acquistò nuovo vigore, rinnovandosi nel movimento del neo – positivismo sostenuto
tra gli studiosi che facevano capo al cosiddetto Circolo di Vienna. Il circolo era
formato da un insieme di pensatori (filosofi, matematici, economisti, fisici…) che si
riunivano sotto la figura del fisico teorico e filosofo Schlick e discutevano di questioni
scientifiche. La proposta metodologica del circolo di Vienna consiste nel dare
fondamento logico – matematico al metodo adottato dalle discipline scientifiche,
metodo che è applicabile sia alle scienze naturali sia alle scienze sociali. Il neo –
positivismo individua nel cosiddetto criterio di verificazione lo strumento per
distinguere ciò che è scientifico da ciò ce non lo è. Solo ciò che si può dimostrare
essere logicamnete vero è da considerare scientifico. Dato che tutto gira attorno alle
regole logico matematiche, anche la verificazione ha basi logiche grazie al principio
di induzione.
Il caposaldo della fondazione logica del metodo neo – positivista è il principio di
induzione, come afferma Reichenbach questo principio determina la verità delle
teorie scientifiche.
Due punti fondamentali del principio di induzione:
-importanza che si assegna alla logica come arbitro delle questioni scientifiche. La
logica decide cosa è vero da cosa non lo è. Il principio di induzione è il fondamento e
la garanzia della scientificità delle teorie. È il criterio di demarcazione tra scienza e
non scienza.
-legame tra le osservazioni empiriche e la teoria. L’induzione si fonda
sull’osservazione della realtà che è un’osservazione incerta per definizione. Dopo
aver osservato molti oggetti che cadono in condizioni diverse, posso affermare che
esiste una forza che fa sì che gli oggetti siano attratti verso il basso.
Eliminarlo dalla scienza significherebbe nientemeno che privare la scienza del potere
di decidere la verità o la falsità delle sue teorie.

Popper
Karl Popper fa del principio di induzione l’oggetto della sua critica afferma che
questo principio non garantisce la scientificità delle conclusioni e delle teorie tramite
solo delle constatazioni (non si può affermare in assoluto che tutti i cigni sono
bianchi solo perché abbiamo visto solo quelli).
L’induzione richiede che le teorie per essere scientifiche vengano verificate, ma è
impossibile perché può accadere che i fatti le smentiscano.
Popper quindi dice che impiegare il principio come criterio espone la scienza a rischi
perché tutte le sue teorie possono essere non scientifiche.
Popper propone un criterio di demarcazione: invece di affermare che le teorie
devono essere verificate è sufficiente affermare che una teoria, per essere
scientifica, deve poter essere falsificata, cioè deve essere formulata in modo tale da
poter essere smentita dai dati. Si dirà quindi che una teoria è non falsificata, cioè che

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non è stata smentita o messa in crisi da dati. Se i dati non vanno nella direzione
indicata dalla teoria, si dirà che questa è stata falsificata e dunque non sarà valida in
quella situazione e in quelle circostanza in cui l’ho messa alla prova.
IL PRINCIPIO DI FALSIFICAZIONE E’ IL CRITERIO DI DEMARCAZIONE FRA CIO’ CHE E’
SCIENZA E CIO’ CHE NON LO E’.
Il lavoro scientifico non consisterà più nel cercare prove positive orientate alla verità
di una teoria, ma nel cercare prove negative per mettere in luce la sua non falsità. Lo
scopo del ricercatore è quello di provare che ha torto.
Se affermo che una teoria è verificata, significa che escludo che possa rivelarsi falsa;
questa prova di verità costringerebbe lo scienziato a controlli empirici possibili,
quindi lascia la scienza sguarnita di teorie. Se invece affermo che una teoria è non
falsificata significa che per il momento, secondo le prove condotte e i dati disponibili,
essa non è falsa, non escludendo che in futuro possa essere messa in crisi da qualche
prova empirica di cui ora non dispongo. Verificare quindi significa introdurre nella
scienza degli elementi dogmatici, quindi non scientifici, perché è impossibile
affermare che una teoria è vera in assoluto.
La proposta metodologica di Popper costituisce un rovesciamento completo di
prospettiva ed implica automaticamente che la realtà oggettiva non è più il garante
della verità delle teorie, anzi non c’è più una realtà oggettiva con la quale
confrontare le nostre teorie per dire che esse sono risultate non falsificate, cioè non
smentite. Quindi le teorie devono essere controllate dalla comunità scientifica. Nella
proposta popperiana compare anche il relativismo, ovvero: se tutte le asserzioni
scientifiche devono poter essere sottoposte a controlli intersoggettivi, ne segue che
non possono esserci nella scienza asserzioni definitive ovvero asserzioni che non
possano essere sottoposte a controllo.

QUALITÀ O QUANTITÀ?
La ricerca sociale è caratterizzata dalla presenza di due approcci non
necessariamente antagonisti ma che di fatto lo sono diventati. Le due tradizioni
metodologiche che si ispirano a Durkheim e Weber hanno dato vita a due stili
differenti di ricerca empirica, che vanno sotto il nome di ricerca qualitativa e
quantitativa. Dobbiamo a Ricolfi una proposta di sistematizzazione delle differenze
tra le due tradizioni di ricerca e la conseguente chiarificazione di ciò che possiamo
trovare nell’uno e nell’altro ambito.
Vengono utilizzati due tipi di approcci:
 Approccio qualitativo: non fa uso della matrice dati. È un approccio induttivo.
Il problema principale è costituito dal fatto che le tecniche osservative
adottate nella ricerca qualitativa non consentono di costruire una base
empirica ispezionabile, ma questo problema si può ovviare facendo delle
registrazioni audio/video dell’intervista in modo tale da renderle disponibili al

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controllo altrui. Anche l’utilizzo di documenti è una buona base ispezionabile.


Infine rimane l’etnografia che è l’osservazione partecipante, ma si conducono
anche interviste discorsive. Questa ricerca si orienta sull’analisi dei significati e
delle loro relazioni, con l’obiettivo di creare delle mappe concettuali. Qui si ha
una continua interazione ricercatore-campo e riconfigurazione del percorso di
ricerca e la teoria può essere sia antecedente che posteriore. Vengono
utilizzati strumenti di costruzione non standardizzati. Vi è un rapporto attivo
ricercatore oggetto, con un approccio osservativo. Viene selezionato un
campione non probabilistico, con una generalizzabilità sostantiva. I dati
vengono analizzati tramite tre fasi: casi (profili individuali), comprensione e tipi
ideali. Vengono prodotti dei risultati come testi, classificazioni con una logica
ideografica. Questa ricerca ha però dei limiti: le considerazioni sulla
generalizzabilità, le considerazioni sull’effetto ricercatore e l’ispezionabilità e la
non replicabilità.
 Approccio quantitativo, che fa uso della matrice dati standard. È un approccio
deduttivo che esamina la relazione tra variabili che vengono misurate
numericamente con l’ausilio di tecniche statistiche tramite una survey o
database o fonti statistiche. Una parte importante della costruzione della base
empirica nella ricerca quantitativa consiste nella stesura delle definizioni
operative delle proprietà che si intende studiare. L’insieme di queste decisioni
dà luogo alla definizione operativa della proprietà che si intende studiare,
tuttavia in alcuni tipi di ricerca quantitativa non lo è, o è presente in odo
incompleto o controverso. Qui si ha una successione ordinata di fasi ed
un’antecedenza logica della teoria. Vengono utilizzati strumenti di costruzione
standard. Si ha un distacco dall’oggetto, con un approccio logico-formale.
Viene effettuata una selezione di un campione probabilistico, con una
generalizzabilità statistica. L’analisi dei dati viene effettuata tramite: il
linguaggio delle variabili, la spiegazione della varianza del fenomeno e
tecniche statistiche e matematiche. Questi passaggi hanno come risultati le
relazione fra le variabili, le leggi di convariazione e la logica nomotetica. La
ricerca quantitativa è caratterizzata da un approccio più formalizzato, una
maggiore rigidità dell’itinerario di ricerca e un’obbligatoria antecedenza logica
della teoria.
Il percorso che conduce al controllo empirico di una teoria è suddiviso da Ricolfi in
cinque livelli:
1. Disegno della ricerca: vengono qui precisati gli interrogativi cui la ricerca
intende dare risposta, quali sono i concetti su cui si intende lavorare e di cui
verrà data traduzione empirica;
2. Costruzione della base empirica: si decide quali sono le informazioni che
serviranno per mettere alla prova teorie ed ipotesi, in quale modo esse
verranno rilevate oppure dove saranno reperite;

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3. Organizzazione dei dati: una volta raccolte/reperite le informazioni, esse


vengono organizzate in strutture più o meno formalizzate, in questo modo le
informazioni vengono interpretate e trasformate in dati;
4. Analisi dei dati: i dati vengono trattati con procedure più o meno formali al
fine di produrre asserti e nessi tra asserti che verranno poi messi a confronto
con la teoria e le ipotesi da cui ha preso avvio la ricerca;
5. Esposizione dei risultati: al termine del percorso di ricerca è necessario
sintetizzare i risultati ottenuti in modo tale da renderli comunicabili ad altri.
Ricolfi individua tre obiettivi di questo livello della ricerca:
 Ripercorrere l’itinerario di ricerca per renderlo trasparente e
controllabile da parte di altri ricercatori;
 Comunicare i risultati più interessanti;
 Collegare questi ultimi con la letteratura sull’argomento studiato ed
eventualmente proporre nuove direzioni di ricerca.
Questi cinque livelli descrivono il percorso ideale che dalla teoria conduce al
controllo empirico e raramente esso viene messo in pratica in questa esatta
sequenza. Questi cinque livelli caratterizzano qualsiasi buona ricerca empirica, ciò
implica che non è possibile basarsi sulla loro presenza o assenza per descrivere le
differenze tra ricerca qualitativa e quantitativa. In altri termini se una ricerca non
presenta uno o più di questi livelli possiamo affermare che è una cattiva ricerca, ma
questo non può darci nessuna informazione sul tipo di ricerca condotta.

La generalizzabilità dei risultati:


 Il tipo di meccanismo di
selezione delle unità di
rilevazione determina la
possibilità di
generalizzare i risultati
in senso statisticamente
significativo;

 Nella ricerca qualitativa non investighiamo l’incidenza di


un fenomeno rispetto a un campione, ma rivolgiamo
l’attenzione alla dotazione di senso che l’oggetto di
ricerca custodisce e ci impegniamo in un operazione di
tipo ermeneutico;
 Il ricercatore può essere direttamente coinvolto nel
setting di ricerca e, a volte, è chiamato a compiere scelte
drammatiche fra il mantenimento della distanza necessaria

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per l’osservazione del fenomeno e la vicinanza indispensabile a mantenere


viva la relazione sociale con l’oggetto di studio.

Elementi essenziali del discorso scientifico:


I concetti sono unità del pensiero che ci servono per organizzare percezioni, pensieri
o sensazioni. Ne facciamo largo uso nella vita quotidiana. Un concetto individua dei
referenti, cioè oggetti, eventi o stati d’animo, senza affermare nulla su di essi, può
avere bisogno di molti termini per essere espresso, e non tutti i concetti individuano
referenti concreti e tangibili. Se non raggruppassimo eventi, oggetti, persone e
pensieri in insiemi concettuali, non potremmo istituire confronti, notare differenze,
affermare o pensare che ciò che vediamo è un albero o un’auto e così via, quindi ci
consentono di rendere meno problematica l’esperienza quotidiana. I concetti non
sono entità fisse nel pensiero, sono anzi sottoposti a variazioni sia da società a
società, sia all’interno di una stessa società, sia infine da individuo a individuo. I
concetti variano nel tempo, all’interno di una società stessa, a seconda degli strati
sociali, dei gruppi professionali, delle generazioni e così via. Infine i concetti variano
anche da individuo a individuo, non abbiamo nessuna garanzia che il concetto di
albero sia identico per tutti e che nemmeno sia lo stesso albero a cui sto pensando
io. Schutz afferma che alla nostra nascita il mondo della vita quotidiana ci pre –
esiste in quanto mondo organizzato e interpretato, dotato di una rete di significati
elaborati da chi ci ha preceduto e che ci vengono trasmessi. Il fatto che i concetti
siano prodotti socialmente non significa che l’individuo li recepisca passivamente:
ciascuno di noi interpreta i concetti in maniera diversa, contribuendo così a
plasmarne il significato, in uno scambio tra la dimensione individuale e quella
sociale. I concetti ed i termini non sono la stessa cosa: il dominio dei concetti è
molto più vasto del dominio dei termini, per due ragioni:
1. Esistono concetti non associati ad alcun termine, infatti il concetto svolge il suo
compito di organizzazione mentale indipendentemente dal fatto di aver
ricevuto un’etichetta linguistica che lo rende comunicabile;
2. Non è vero che a ogni concetto corrisponde sempre e solo un termine , concetti
anche non particolarmente complessi necessitano di più di un termine per
essere comunicati.
L’insieme dei referenti di un concetto viene detto estensione. Per diminuire
l’estensione di un concetto è necessario derivare da esso più concetti specifici.
L’insieme delle caratteristiche pertinenti ad un concetto viene detto intensione.
Intensione ed estensione sono collegate tra loro: se aumento gli aspetti tipici di un
concetto, cioè le caratteristiche che formano l’intensione e che mi servono per
individuare un certo insieme di referenti, diminuisco l’estensione. Così aggiungendo
specificazioni diminuisco il numero dei referenti a cui posso pensare. Naturalmente è
vero anche l’inverso: se diminuisco l’intensione aumenta l’estensione.

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Un asserto è una proposizione che lega più concetti secondo un ordine semantico e
predica qualcosa sul mondo. È un’affermazione circa i referenti di un concetto che
viene costruita combinando concetti in modo semanticamente adeguato cioè in
modo ce la proposizione abbia un significato. La differenza tra concetti e asserti è
data proprio dal fatto che un concetto non afferma o nega nulla a proposito dei
propri referenti, invece un asserto afferma o nega e quindi può essere pensato come
vero o falso.
Tutti questi elementi contribuiscono a chiarire il concetto di scala di generalità e
servono per chiarire due mattoni ulteriori Teoria, ipotesi e legge.
 La teoria: una teoria è un sistema di asserti caratterizzati da un elevato livello
di astrazione e generalizzabilità, è un insieme di asserti connessi in modo
organico che si pongono ad un elevato livello di astrazione e generalizzazione
rispetto alla realtà. Gli asserti di cui si compone possono essere derivati da
regolarità osservate e sulla loro base possono essere fatte previsioni
empiriche. Dal punto di vista logico il tratto fondamentale di una teoria è il suo
porsi ad un livello di astrazione e generalità elevato, tale per cui sia ben
sottoposta direttamente a controllo empirico così com’è, ma deve affrontare
alcuni passaggi per essere formulata in modo tale da poter essere messa a
confronto dei dati osservati.
 Le ipotesi: un’ipotesi è un asserto che lega uno o più concetti secondo una
relazione di causazione o di associazione. Esso ha minore generalità rispetto
alla teoria e per questa ragione è empiricamente controllabile. È un asserto
che implica una relazione tra due o più concetti, concepito per essere
sottoposto a controllo empirico. Si colloca perciò a un livello inferiore di
generalità e astrazione rispetto alla teoria. L'ipotesi è il primo dei passi che
permettono la traduzione della teoria in termini empiricamente controllabili.
L'ipotesi si pone ad un livello a un astrazione inferiore rispetto alla teoria e va
nella direzione di rendere possibile il controllo empirico.
 Legge: esprime una relazione tra concetti, solitamente di natura causale, nella
forma di una regola che asserisce la presenza di un legame costante fra classi
ed eventi, la cui validità non ha delimitazioni di spazio o di tempo. Una legge è
quindi un asserto di portata universale valido sempre e ovunque senza
limitazioni spazio temporali.
Il terzo elemento di cui si compone il discorso metodo logico è costituito dai nessi
tra asserti, ovvero da relazioni tra due o più asserti. Si sviluppano così due tipi di
ipotesi:
 Causali: identificano un nesso causale fra un fatto (o la sua variazione) e un
altro (o la sua variazione) in termini di risultato (esempio di nesso causale).
Esempio: Sono arrivato in ritardo a causa del malfunzionamento del treno;

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 Teleologiche: identificano un nesso di finalità che può essere attribuito a


uno o più attori intenzionali. (Esempio di nesso teleologico). Esempio: Sono
arrivato in ritardo per non essere costretto a fare convenevoli.
Livelli di generalità:
Per passare da un concetto generale a uno specifico o viceversa è quindi sufficiente
lavorare sull'intensione del concetto: aumentandola, ci muoviamo verso concetti più
specifici, diminuendola invece passiamo a concetti più generali. Il fatto che è un
concetto sia più o meno generale non va confuso con il fatto che un concetto abbia
un referente astratto. Un concetto è generale quando la sua intensione si compone di
aspetti che individuano un vasto insieme di referenti, mentre è specifico quando la
sua intensione si compone di aspetti che individuano un insieme ristretto di referenti.
Questo non ha nulla a che fare con l'astrattezza o la concretezza dei suoi referenti.
Le scale di generalità:
Il legame tra intensione ed estensione ci consente di costruire la cosiddetta scala di
generalità che consiste dei vari passaggi che dobbiamo compiere per arrivare ad un
concetto specifico partendo da un concetto generale e viceversa. La scala di
generalità è uno strumento fondamentale per la ricerca empirica, poiché i concetti
che consideriamo sociologicamente interessanti si pongono spesso a un elevato
livello di generalità, ed è quindi necessario declinarli in modo più specifico per
poterli tradurre. La scala di generalità ci aiuta a dare una risposta a questi
interrogativi: lavorando sull'estensione del concetto generale e derivando concetti
specifici, essa ci consente di stabilire un legame tra conflitto sociale e conflitto sui
luoghi di lavoro, mentre esclude il legame diretto tra conflitto sociale e partito votato
alle ultime elezioni, perché i due concetti non stanno sulla stessa scala di generalità.
Da un concetto possono partire più scale di generalità e questo vale sia che si vada
verso concetti più generali, sia che si scenda verso concetti più specifici.

Induzione e deduzione:

Linguaggio

Qualsiasi operazione induttiva o deduttiva si fonda sull’utilizzo di scale di generalità,


e solo concetti o asserti allo stesso livello di generalità possono essere confrontati. La
costruzione degli indicatori utilizza le scale di generalità.
DALLA TEORIA ALLA BASE EMPIRICA
Le fasi tipiche della ricerca quantitativa:

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Le tecniche quantitative:
Nel primo di questi cinque livelli abbiamo individuato l’oggetto del nostro studio,
precisando i concetti di cui intendiamo occuparci e formulato ipotesi di ricerca. La
scelta dell’argomento e le ipotesi formulate condizionano la raccolta delle
informazioni: se intendiamo studiare i valori dei giovani la fonte delle informazioni
sono appunto i giovani, ovvero individui compresi in una determinata fascia d’età. Le
unità sono tipi di referenti sui quali si raccolgono le informazioni, stabilire di quale
unità ci occuperemo è il primo passo necessario alla costruzione della base empirica:
dobbiamo infatti sapere innanzitutto qual è la fonte delle informazioni che ci
servono per dare risposta ai nostri interrogativi di ricerca. Se consideriamo l’insieme
di oggetti che sono esempio di una data unità otteniamo la popolazione. Non
sempre è però possibile rilevare informazioni su tutta la popolazione che
corrisponde all’unità scelta, in molti casi perciò si sceglie un campione che è un sotto
insieme della popolazione individuato in base a particolari regole. Il passaggio dalle
unità di rilevamento a quelle di analisi avviene a livello dell’organizzazione dei dati,
una volta cioè che la base empirica è stata costruita e prima di analizzare le
informazioni raccolte. Questo passaggio non è automatico poiché solo in alcuni casi
e ricerche esso si rende necessario. Spesso quindi unità di rilevamento e di analisi
coincidono. Il secondo passo della costruzione della base empirica è dato dalla scelta
delle informazioni che intendiamo raccogliere. Nella ricerca occorre specificare
l’argomento generale della ricerca stessa traducendo le nostre domande in ipotesi
che riguardano fenomeni precisi. Leggendo gli studi condotti da altri ricercatori si
ottengono preziose informazioni su quali sono gli ambiti collegati a quello che ci
interessa, come sono stati studiati e così via, queste indicazioni sono preziose perché
consentono di stilare una lista di informazioni che dobbiamo procurarci. Una volta
individuata l'unità e scelte le informazioni utili alla ricerca, non resta che mettere
insieme questi due elementi, cioè attribuire a queste informazioni a degli oggetti, e
precisamente quelli individuati dall'unità. Tra un concetto e la corrispondente
proprietà passa la stessa differenza che c'è tra il colore rosso astratto, è il colore della
mia tazzina del caffè: nel primo caso intendo il colore rosso in se, mentre nel
secondo sto parlando del rosso che caratterizza questa tazzina. Qualsiasi oggetto può

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essere caratterizzato da un insieme praticamente indefinito di proprietà. Una ricerca


non può riguardare tutte le proprietà che caratterizzano un dato oggetto. Nel
disegno della ricerca la precisazione degli argomenti serve proprio a questo scopo,
ovvero limitare il numero e il tipo di informazioni o proprietà che vogliamo studiare.
Le proprietà non sono osservabili in quanto tali, ma lo sono i loro stati, cioè il modo
in cui la proprietà stessa può presentarsi. Il percorso che consente di tradurre
anticamente una teoria ha inizio con l'individuazione dei concetti sui quali il
ricercatore intende lavorare e si conclude con la costruzione della matrice dei dati,
ovvero dello strumento che rende possibile l'analisi sistematico matematica delle
informazioni raccolte. Tale percorso prevede due tappe intermedie: la
trasformazione dei concetti in proprietà e la trasformazione delle proprietà
invariabili. Quest'ultimo passaggio avviene grazie alla definizione operativa che a
quell'insieme di regole e convenzioni che stabiliscono come una determinata
proprietà possa essere rilevate costruita. Essa ci permette di:
1. Definire la lista degli stati su una certa proprietà effettivamente distinguibili e
rilevabili che vengono quindi detti modalità;
2. Assegnare a ciascuna modalità un codice che la identifichi in modo chiaro e
univoco;
3. Definire quali procedure saranno adottate per assegnare ogni referente a una
sola modalità tra quelle individuate, e quindi associare ogni referente un solo
codice per ogni proprietà.
L'esito dell'applicazione di questo complesso di regole e convenzioni è la variabile,
che non è altro che la proprietà operativizzata i cui stati cioè sono espressi in forma
di numero o di codici numerici. Grazie alla definizione operativa stabiliscono quali
stati della proprietà sono trasformabili modalità della corrispondente variabile. La
differenza fondamentale tra una proprietà e la corrispondente variabile è che la
proprietà non può far parte della matrice dei casi x variabili: è necessario dare una
definizione operativa per trasformarla in una variabile che possa essere inserita
come una delle colonne della matrice dati. La definizione operativa si compone dei
seguenti passi:
1. Identificare un insieme di stati che si ritengono significativamente distinti gli
uni dagli altri;
2. Assegnare a ciascuno Stato un codice identificativo, così da trasformarlo in una
modalità della variabile corrispondente. Nel caso in cui la proprietà in
questione è già espressa il numeri questo passaggio non è necessario;
3. Definire un insieme di regole per attribuire alle varie modalità i casi osservati,
tre vedendo come trattare i casi dubbi;
4. Formulare il testo della domanda da porre agli intervistati.
È necessaria una precisazione a proposito del primo punto: "stati significativamente
distinti" vuol dire che l'insieme degli stati di una proprietà varia a seconda degli scopi

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del ricercatore. La definizione operativa dipende fortemente dagli obiettivi del


ricercatore, dalle esigenze dell'analisi, dall'accuratezza con cui pensiamo che gli
intervistati possono fornirci le informazioni e così via. Vi è un ulteriore importante
elemento: gli stati distinti individuati della definizione operativa devono essere
almeno due, in caso contrario non potremmo affermare che la proprietà varia a
seconda dei casi, e quindi non potrebbe essere considerato il nuovo a una variabile.
Il terzo requisito è quello che distingue la ricerca empirica dalla cattiva ricerca. Come
afferma Popper il controllo intersoggettivo è l'unica garanzia di oggettività scientifica.
Per questa ragione è necessario esplicitare quali regole abbiamo seguito per
trasformare le proprietà in variabili, in modo da consentire ad altri studiosi di seguire
il percorso da noi compiuta nel fare ricerca, di controllarlo, criticarlo, replicando e
così via. Gli stati di una proprietà e il modo in cui casi vengono assegnati ad essi
vengono decisi dal ricercatore in relazione ai propri obiettivi di ricerca. Di
conseguenza, se non rendessimo trasparente percorso seguito, non renderanno
possibile il controllo intersoggettivo. Per stabilire se un'affermazione è vera o falsa è
necessario che l'affermazione si riferisca qualcosa che siamo in grado di provare che
è accaduto o no, che esiste o no è così via. Allo stesso modo per stabilire se una
definizione operativa è vera o falsa dovremmo essere in grado di fare riferimento alla
realtà e di capire se la definizione data corrisponde ad essa o no. Tuttavia ciò non è
possibile per alcuni motivi:
1. La crisi del positivismo e le critiche cui è stato sottoposto ci mettono in
guardia dal ipotizzare che esista una realtà oggettiva, e che noi siamo in
grado di conoscerla per come è, nella sua oggettività. Per affermare che è
una definizione operativa è vero falsa dovremmo poterla confrontare con
la proprietà reale cui essa si riferisce, e poter stabilire che la definizione
consente di cogliere nella sua realtà oppure no;
2. Non ci permette di affermare che è una definizione operativa è vera o falsa
e che i concetti possono essere tradotti empiricamente in modi diversi.
Questa pluralità di traduzioni non può essere giudicata con il criterio della
verità o falsità, ma più adeguatamente col criterio della sua utilità nel
contesto della ricerca che si sta conducendo. L'essenziale è che le scelte del
ricercatore vengano rese note possono essere valutate discusse dalla
comunità scientifica, cioè che sia possibile il controllo intersoggettivo.
Nella definizione operativa fanno implicitamente parte anche le procedure per il
controllo degli errori nella rilevazione della proprietà, o per evitare di commettere.
In sintesi la definizione operativa è soggetta a distorsioni ed errori che possono
modificare più o meno pesantemente l'esito della rilevazione delle informazioni, e
quindi la qualità dei dati che teniamo. Non dobbiamo dimenticare che la definizione
operativa serve per passare dalle proprietà alle variabili, cioè per costruire la matrice
dei dati da impiegare nelle successive analisi. La definizione operativa è uno dei passi
necessari per tradurre empiricamente una teoria. Essa riguarda la trasformazione

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delle proprietà invariabile in modo da consentire la costruzione della matrice CxV.


C'è tuttavia un passo precedente a questo, che riguarda l'individuazione dei concetti
su cui verte l'interesse del ricercatore, che può presentare alcune difficoltà. Spesso i
concetti al centro di una ricerca empirica sono assai generali: il conflitto sociale, il
mutamento sociale, la trasmissione di valori e così via. Il rapporto che lega il
concetto generale libertà politica o libertà di stampa e il concetto specifico tempo
totale trascorse in carcere si dice rapporto di indicazione, perché è il secondo
concetto indica, ovvero rimanda, il concetto generale. Il concetto specifico viene
quindi detto indicatore del concetto generale. Il rapporto di indicazione rende quindi
possibile l'operazione di un concetto generale, cioè la costruzione di una definizione
operativa. Essa svolge un ruolo fondamentale nella ricerca empirica, poiché senza di
essa non potremmo raggiungere a rilevare informazioni riguardanti i concetti troppo
generali per essere operativizzati. Il rapporto tra indicatore concetto generale viene
stabilito dal ricercatore sulla base del significato sociale di due concetti, della propria
esperienza di quella di altri studiosi, delle proprie intuizioni degli obiettivi di ricerca.
È perciò essenziale che rapporto di indicazione sia esplicitata inserito nella
definizione operativa. Come nella definizione operativa nel suo insieme, anche nel
rapporto di indicazione non possiamo dire che sia vero o falso: non esiste infatti un
solo modo per tradurre empiricamente un concetto complesso. Ciò avviene per
almeno due ragioni:
1. Da un concetto generale si dipartono normalmente più scale di generalità;
2. La seconda ragione è che quest'ultimo è un concetto più specifico del primo
e proprio per questa ragione naturale non potrà mai esaurire tutti gli aspetti
dell'intensione del concetto generale. Inoltre, un concetto specifico può
essere indicatore di più concetti generali.
Riassumendo ogni indicatore è costituito da una parte indicante da una parte
estranea. La prima identifica l'area semantica che l'indicatore ha in comune con il
concetto generale, mentre la seconda identifica l'area semantica dell'indicatore che
non si sovrappone al concetto e della quale non possiamo disfarsi anche se non ci
serve.
Gli indicatori di un concetto generale coprono differenti aree semantiche del
concetto stesso, alcuni avranno perciò una parte indicante più estesa, altre meno
estesa. Naturalmente è preferibile individuare e scegliere indicatori validi con una
parte indicante estesa, in modo tale che loro significato si sovrapponga il più
possibile a quello del concetto generale. La validità è quindi una proprietà del
rapporto di indicazione che si istituisce tra un concetto generale e indicatore,
l'attendibilità è invece una proprietà del rapporto fra il concetto che ha suggerito la
definizione operativa, cioè l'indicatore, e gli esiti effettivi delle operazioni che tale
definizione prevede. L'attendibilità è quindi il grado con cui posso attendermi che la
procedura di rilevazione descritta dalla definizione operativa porti alla rilevazione
degli stati affettivi della proprietà in questione. Il problema legato sia alla validità sia

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all'attendibilità è che è piuttosto complesso stabilire se un indicatore è più o meno


valido di un altro o se è una certa procedura è più attendibile di altre. Per valutare la
validità disponiamo di due procedure: la validazione per criterio e la validazione per
la relazione ad altri concetti. In sintesi si pone a confronto il nuovo indicatore con
altri, se le relazioni tra loro vanno nel senso che ci aspettiamo possiamo trarre
conclusioni circa la validità sia del nuovo, sia degli altri indicatori. L'attendibilità viene
spesso valutata tramite la procedura test – retest che consiste nel mettere in atto
almeno due volte successive la procedura di rilevazione descritta dalla definizione
operativa, se i risultati delle misurazioni indipendenti sono simili, si conclude che la
definizione operativa è attendibile, mentre in caso contrario non lo è. Se tuttavia la
valutazione dell'attendibilità con questo metodo dà buoni risultati nel caso di
strumenti come una bilancia il suo utilizzo non è tanto indicato nelle scienze sociali.
C'è da dire che il fatto che due rilevazioni sullo stesso oggetto condotta una distanza
di tempo determinata siano diverse da loro implica che lo strumento di rilevazione
sia per forza poco attendibile. Entrambe queste proprietà sono di fondamentale
importanza per la ricerca empirica, poiché senza indicatori validi non saremo in
grado di operativizzare concetti complessi, senza definizioni operative attendibili
finiremo per rilevare informazioni che realtà non hanno a che fare con ciò che
vogliamo studiare. L'ultima precisazione è che esse sono del tutto indipendenti
quindi possiamo avere un indicatore validissimo, ma rilevato con una procedura
inattendibile. Possiamo anche avere un indicatore per nulla valido, ma rilevato alla
perfezione.
L'operativizzazione dei concetti complessi richiede più di un indicatore dato che
l'area semantica del concetto generale non può essere esaurita da un solo
indicatore. Dato un oggetto generale lo si frammenta scomponendolo via via nelle
sue parti elementare riducendone la complessità, a questa fase analitica però deve
succedere una fase sintetica: se ci limitiamo alla scomposizione del concetto
complesso senza avere una regola per ricomporre i frammenti l’averlo scomposto
negli elementi di base ci sarà servito a poco. La fase di sintesi ha luogo con la
costruzione di un indice, cioè di una nuova variabile che sintetizza le informazioni
espresse dai vari indicatori. Possiamo costruire un indice per via analitica oppure per
vi matematica. Nel primo caso ci affidiamo alle nostre conoscenze del fenomeno che
stiamo studiando per creare l’indice sotto forma di una nuova variabile; nel secondo
invece ci affidiamo a procedure statistico – matematiche che sintetizzano le
informazioni dei vari indicatori in una o più variabili. Questa procedura è molto utile
quando si hanno pochi indicatori per concetto, tuttavia se abbiamo quattro o più
indicatori diventa difficile trovare criteri univoci e chiari per costruire l’indice In
sintesi si tratta di una procedura statistico – matematica che crea uno o più fattori
ovvero nuove variabili che diventano i nostri indici. L’indice che abbiamo appena
costruito è una tipologia, frutto di un’operazione di classificazione basata su almeno
due criteri.

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 Tecniche: Indagine campionaria, Analisi secondaria di banche dati esistenti


(es. ISTAT, Eurostat, OECD, Statistiche del Comune di Milano);
 Tipo di dato: numeri e variabili;
 Prerequisito per i dati primari: una lista nota e facilmente accessibile di
tutta la popolazione di riferimento;
 Analisi: Negli approcci di questo tipo non si studia la persona nella sua
interezza, ma si prende in considerazione caratteristica per caratteristica
(genere, condizione occupazionale, tipologia di titolo di studio) e si vede
come questi influenzino l’andamento di alcune variabili d’interesse;
 L’obiettivo è individuare delle relazioni causali che possano spiegare un
determinato fenomeno. Esempio: un individuo con titolo di studio basso ha
più probabilità di essere inattivo (se donna) o disoccupato (se uomo).
Che cos’è un’indagine campionaria?
In qualunque indagine è molto difficile essere in grado di intervistare tutta la
popolazione interessata da un fenomeno (eccezione: il censimento), salvo che voi
stessi non abbiate scelto una popolazione di riferimento molto piccola. Perciò si
definisce indagine campionaria un’indagine che fa ricorso a tecniche statistiche e
matematiche per inferire da un piccolo campione della popolazione scelto con
metodi probabilistici informazioni sul totale della popolazione presa in esame. Ci
sono diversi tipi di campioni probabilistici:
 Campionamento casuale semplice;
 Campionamento sistematico;
 Campionamento stratificato;
 Campionamento a grappoli;
 Campionamento a due o più stadi.
Per fare questo si chiede a un numero ristretto di persone appartenenti al vostro
gruppo sociale di riferimento di rispondere a un’intervista di tipo particolare:
un’intervista strutturata attraverso un questionario.
Le unità di analisi:
 Individuali  Mario, Luisa;
 Collettive  Capofamiglia, responsabile risorse umane;
 Eventi  organizzatore di eventi;
 Ecologiche  uffici statistici locali.
Che cos’è un dato e perché viene costruito?
Un dato è un’informazione che ha subito un processo di organizzazione da parte del
soggetto conoscente. Le operazioni che trasformano le informazioni in dati sono
agite sotto la responsabilità del soggetto conoscente. Il soggetto conoscente compie
scelte che influiscono sulla natura stessa del dato e, di conseguenza, ne costruiscono
i confini semantici.
Per costruire una base dati occorrono tre processi:

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1. Definire: in questo caso significa ritagliare i contorni semantici dei concetti che
vogliamo indagare e procurarne una sistemazione certa, analiticamente non
ambigua. Ovviamente appare cruciale il ruolo dei segni linguistici;
2. Rilevare: significa progettare e porre in essere tutte le operazioni tecniche
necessarie alla raccolta delle informazioni. In questo caso possono essere
invocate alcune competenze tecniche che la pratica scientifica ha consolidato
per via empirica, ma questo non è sufficiente;
3. Organizzare: significa predisporre tutte gli strumenti che ci consentiranno di
costruire la base dati e di consolidarla prima dell’analisi. Anche in questo caso
possono essere invocate alcune competenze tecniche che la pratica scientifica
ha consolidato per via empirica, ma, ancora una volta questo non è
sufficiente.
Il rapporto fra questi tre processi non è consequenziale, ma di connessione sistemico
–cibernetica, ed ogni parte del sistema ha bisogno dell’altra in ogni momento della
sua esistenza.
Proprietà
Qui i concetti sono insiemi di significato e questi insiemi
di significato possono veicolare significati complessi. Le
proprietà sono un concetto di qualificazione per un
referente (quindi di un referente). Per esempio “blu” è
un concetto, diventa proprietà se è riferito al mio
maglione, ma attenzione: non si può ancora metterlo in
matrice dati. Per effettuare questo processo si scelgono e costruiscono le proprietà
che ci interessano e si operativizzano i concetti in variabili.
PROPRIETÀ E VARIABILI:
Una variabile è una proprietà di cui è stata data una definizione operativa, essa
costituisce l’ultima tappa del percorso di operativizzazione dei concetti, quindi del
passaggio dal livello astratto della teoria a quello empirico della ricerca. Non tutte le
proprietà sono uguali tra loro e le differenze che riscontriamo tra le proprietà si
riflettono naturalmente sulle variabili. Possiamo distinguere queste ultime sulla base
di cinque criteri:
1. Tipo di unità cui si riferiscono;
2. La loro manipolabilità da parte del ricercatore;
3. La posizione nella relazione causa – effetto;
4. La loro osservabilità;

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5. Le operazioni logico – matematiche consentite sui loro valori.


Quando una variabile si riferisce all’unità – individuo, viene detta proprietà
individuale. Vi sono invece variabili che si riferiscono a soggetti collettivi come la
famiglia, il comune, la sezione di partito ecc. Alcune di queste variabili risultano
dall’aggregazione di variabili individuali e si dicono appunto aggregate. In altri casi si
tratta di variabili collettive, poiché riguardano un soggetto collettivo senza alcun
riferimento ai soggetti individuali. Vi sono variabili che non possono essere
manipolate dal ricercatore: genere, età, etnia, regione di nascita, classe sociale dei
genitori e dell’intervistato, il suo titolo di studio e così via, sono esempi di variabili
non manipolabili, che cioè non possono essere influenzate in alcun modo da ciò che
può fare il ricercatore. La posizione di una variabile nella relazione causa – effetto
determina se la variabile stessa è considerata dipendente, oppure indipendente.
Sono necessarie due precisazioni:
1. Grazie all’individuazione di variabili dipendenti ed indipendenti è possibile
sottoporre a controllo ipotesi di ricerca formulate in maniera precisa. Esse
possono venire tradotte in modelli, il modello però non si limita ad affermare
che le variabili indipendenti influiscono sulla dipendente, ma stabilisce anche
che alcune variabili sono sia causa sia effetto;
2. La posizione nella relazione causa – effetto non è stabilita una volta per tutte
per ogni variabile, ma viene decisa di volta in volta dal ricercatore a seconda
del modello che formula. Una variabile può svolgere il ruolo sia di causa sì di
effetto nello stesso modello. Ciò vale con l’eccezione delle variabili non
manipolabili che non possono mai essere effetto di altre variabili, poiché esse
precedono temporalmente e logicamente qualsiasi altra variabile di un
modello.
I concetti generali non sono direttamente operativizzabili, ma lo diventano grazie a
uno o più indicatori che vengono poi sintetizzati in un indice, ed è osservabile. Al
contrario, la variabile relativa all’indice non è osservabile, dato che non siamo in
grado di procurarci informazioni relative ad essa, ma dobbiamo ricorrere alla
mediazione degli indicatori. Le variabili non osservabili sono anche dette lenti, il
significato è il medesimo, e il termine viene spesso impiegato nell’analisi dei dati nel
contesto di tecniche quali l’analisi fattoriale e altre tecniche simili.
L’ultima tipologia di variabili è più complessa ed è di fondamentale importanza nella
ricerca empirica, poiché grazie ad essa è possibile stabilire quali operazioni logico –
matematiche è possibile applicare e a quali variabili, dunque quali tipi di analisi dei
dati è possibile effettuare. Ciò ha naturalmente ripercussioni sul tipo di ipotesi di
ricerca che possono essere sottoposte a controllo. Gli studiosi si sono occupai della
teoria della misurazione, a partire da Stevens che propose la teoria dei livelli di scala
cioè dei livelli di misurazioni delle variabili, che venne ampiamente impiegata e che
ha segnato l’inizio di una riflessione sull’argomento. Le differenze tra variabili

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dipendono dalle differenze che percepiamo nel modo in cui si presentano le


proprietà: la proprietà genere si presenta con due stati di cui si può dire solo che
sono diversi, ma non che uno viene prima dell’altro e tantomeno che è possibile
sommare l’uno all’altro. La proprietà “età” si presenta invece come un continuum
formato da infiniti stati tra due stati intermedi qualsiasi, poiché tra 10 e 11 anni
posso individuare diversi stati intermedi “10 anni e 1 mese” ecc. per stabilire a quale
tipo di proprietà ci troviamo di fronte e quindi a quale tipo di variabile essa dà luogo
e quali tipi di analisi dei dati sono consentiti, consideriamo due criteri:
1. La presenza di un ordine tra gli stati della proprietà;
2. La possibilità di determinare la distanza esatta tra questi stati.
Su questa base otteniamo la tipologia delle proprietà e delle corrispondenti variabili.
Se gli stati di una proprietà sono ordinati ed è possibile stabilire la distanza tra due
stati successivi, la proprietà dà luogo a una variabile cardinale. Se gli stati sono
ordinati, ma non conosciamo la distanza tra loro, la proprietà dà luogo a una
variabile categoriale ordinata, se infine gli stati non sono ordinati la proprietà dà
luogo a una variabile categoriale non ordinata.
La definizione operativa di una proprietà individua gli stati logicamente distinti in cui
essa si presenta. La definizione operativa di una proprietà categoriale non ordinata
descrive la procedura di classificazione che darà origine alla variabile corrispondente
la quale sarà detta anch’essa categoriale non ordinata. Vi sono proprietà i cui stati si
presentano in maniera ordinata, e vengono dette categoriale ordinata, nella sua
definizione si deve fare in modo che l’ordine dei codici assegnati a ciascuna modalità
non contraddica l’ordine degli stati della proprietà. Deve comprendere le istruzioni
per attuare la procedura ordinamento attraverso cui si dà origine alla variabile
corrispondente, detta anch’essa categoriale ordinata. L’ordinamento è infatti
l’operazione con cui ripartiamo gli intervistati tra i diversi gruppi ordinati assegnando
a ciascuno di essi il codice numerico corrispondente al gruppo cui appartiene e
creando così la variabile. In pratica questa definizione operativa può essere espressa
come segue:
1. Chiedere all’intervistato di quale titolo di studio è in possesso;
2. Assegnare l’intervistato a uno dei gruppi ordinati;
3. Registrare il codice numerico corrispondente.
La differenza tra le variabili ordinate e non è nel fatto che possiamo variare l’ordine
degli stati e dei corrispondenti codici numerici perché tale ordine è arbitrario. Nel
primo caso invece la definizione operativa deve preservare l’ordine con cui gli stati si
presentano perché cambiandolo si snatura la proprietà. Bisognerebbe assegnare dei
codici numerici in modo da rispettare queste distanze diseguali. Questa proprietà è
detta a stati enumerabili, esiste cioè un’unità di misura cosiddetta naturale, costruita
dai numeri interi e dai loro multipli. Gli stati di questo tipo di proprietà si definiscono

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contando effettuando così un’operazione di conteggio. La definizione operativa è


semplice:
1. Contare il numero di oggetti relativi al caso in esame;
2. Registrare il numero ottenuto, che è un numero vero e proprio e non un
codice numerico. Si possono quindi applicare ad esso tutte le operazioni
matematiche che si applicano ai numeri cardinali.
Per questo motivo questo tipo di variabili viene detta cardinale, più precisamente si
tratta di variabili cardinali discrete, poiché l’unità di misura non ammette decimali e
la corrispondente proprietà varia appunto per stati discreti. L’ultimo tipo è costituito
dalle proprietà cardinali continue per le quali è possibile concepire infiniti stati
intermedi tra due strati comunque scelti. Come per le proprietà a stati enumerabili
conosciamo sia l’ordine sia la distanza tra gli stati, ma l’unità di misura è
convenzionale e non esiste uno zero assoluto. La definizione operativa di questa
proprietà deve specificare la procedura di misurazione che dà luogo a variabili
cardinali continue. Poiché l’unità di misura prevede cifre decimali, deve stabilire le
procedure di arrotondamento che dovranno essere attuate quando si registra lo
stato di un caso. In sintesi la procedura di misurazione consiste in:
1. Stabilire l’unità di misura (anni o mesi, centimetri o metri);
2. Decidere quante cifre registrare e come arrotondarle;
3. Confrontare l’unità di misura con l’ammontare della proprietà nel singolo caso;
4. Trasformare l’esito della fase precedente nel numero registrabile
corrispondente.
Riassumendo:
La definizione operativa costituisce le regole per la
traduzione empirica dei concetti in variabili passando
dallo stadio intermedio (concettuale) di proprietà. Una
proprietà non è altro che un concetto riferito a un altro
concetto che individua uno specifico referente empirico.
Un indicatore è un concetto più specifico e
immediatamente utilizzabile per le operazioni di
controllo empirico che si riferisce in qualche
termine al concetto che vorrei analizzare. Gli
indicatori sono legati al concetto generale
attraverso un “rapporto d’indicazione”. Il rapporto
d’indicazione non è esaustivo del concetto
indicato e può introdurre distorsione. Per passare da un concetto ad una variabile
bisogna effettuare una scelta e costruzione degli indicatori (atteggiamento o
comportamento) e l’operativizzazione dei concetti in variabili.
La validità segnala quanto una determinata procedura di traduzione di un concetto è
efficace nel rappresentarlo (rapporto di indicazione):

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 Validità di contenuto;
 Validità per criterio (esterno);
 Validità predittiva;
 Validità concomitante;
 Validità per gruppi noti.
L’attendibilità segnala il grado con cui una certa procedura di traduzione di un
concetto in variabile produce gli stessi risultati in prove ripetute con lo stesso
strumento di rilevazione (stabilità) o con strumenti equivalenti (equivalenza):
 Test e retest;
 Split half ;
 Coerenza interna.
La raccolta dati: operazioni di rilevazione primaria
La ricerca quantitativa ha a sua disposizione una formidabile modalità di
organizzazione dei dati, vale a dire la matrice dati “casi x variabili” (CxV), che consiste
in un insieme di celle ordinato per righe e colonne, sulle righe sono posti i casi,
ovvero i nostri intervistati, mentre sulle colonne sono poste le variabili, ovvero le
informazioni che abbiamo chiesto agli intervistati, già espresse in codici e numeri.
L’incrocio tra una riga e una colonna riporta il codice numerico o il numero
corrispondente alla risposta data dall’intervistato a una delle domande. La
trasformazione delle informazioni in codici numerici consente di applicare ai dati le
tecniche di analisi statistica. La matrice dati consente di sottoporre a controllo
empirico le ipotesi della ricerca che avvicina idealmente la sociologia all’idea di
scienza per eccellenza, ovvero alle scienze naturali. Nella ricerca empirica non vi è
nulla di simile alla matrice dati: le informazioni sono raccolte in modo on
standardizzato e non riconducibile a un medesimo formato di organizzazione. Ciò è
conseguenza dell’obiettivo che questo tipo di ricerca si propone che non è quello di
ritrovare ei casi esaminati le regolarità e le invarianze, ma di studiare a fondo ciascun
caso.
La raccolta dati: operazioni di rilevazione secondaria
1. Gestione della operazioni di rilevazione:
 Classificazione delle fonti;
 Costruzione di bibliografie tematiche;
 Raccolta di banche dati disponibili;
 Costruzione di strumenti di interfaccia delle informazioni (meta-banche
dati, meta-matrici [procedure di merging delle informazioni]).
2. Analisi dei dati
 Scelta degli strumenti di analisi: le tecniche;
 Identificazione di modelli esplicativi;
 Valutazione della bontà di adattamento.
3. Presentazione dei risultati

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 Costruzione del modello di giustificazione delle ipotesi;


 Interpretazione;
 Comunicazione dei risultati: costruzione del rapporto di ricerca.
Gli errori:
Valore vero = valore osservato + errore sistematico + errore accidentale
1. Errore nella fase di indicazione;
2. Errore nella fase di selezione del campione:
 Copertura;
 Campionamento;
 Non risposta.
3. Errore nella fase di osservazione:
 Intevistatore;
 Intervistato (menzogna);
 Strumento;
 Modo di somministrazione.
4. Errore nella fase di trattamento dei dati;
5. Valore vero = valore osservato + errore sistematico + errore accidentale;
6. Errore nella fase di indicazione;
7. Errore nella fase di selezione del campione:
 Copertura;
 Campionamento;
 Non risposta.
LA COSTRUZIONE DELLA BASE EMPIRICA
I livelli di scala, una questione semplice:
 Variabili CARDINALI continue (Età), permettono di fare operazioni di
misurazione e conteggio;
 Variabili CARDINALI discrete (Numero di figli);
 Variabili ORDINALI (Titolo di studio);
 Variabili CATEGORIALI (Religione).

Trasformazione di variabili:
Posso effettuare ricodifiche o trasformazioni di variabili seguendo questa “scala”,
non posso effettuare l’operazione inversa.
LA COSTRUZIONE DEL QUESTIONARIO
Quando usare il questionario?
 Se il tipo di domanda di ricerca è facilmente adattabile allo strumento di
indagine: non si richiedono domande troppo lunghe e complesse, le
domande e lo strumento sono facilmente comprensibili a tutta la
popolazione che effettivamente lo compilerà, se il nostro scopo si adatta ad
essere indagato con strumenti di analisi statistica;

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 Se i costi della somministrazione di un così elevato numero di interviste sono


sostenibili date le risorse di denaro e personale che abbiamo. Per ottenere
risultati significativi, i questionari devono essere sottoposti ad almeno 100
persone.
I limiti
 Un questionario produce un database di informazioni analizzabili con
tecniche statistiche;
 Occorre seguire regole stringenti per comprimere l’informazione in un solo
numero. Si tratta di un’operazione violenta non sempre desiderabile e non
sempre opportuna. Peraltro dobbiamo stare attenti a farla molto bene,
altrimenti induciamo ulteriori problemi.
Esempio: Come chiedere l’età?
 Se chiedo l’età in anni compiuti (0-100) o l’anno di nascita posso senz’altro
ex-post creare delle ‘classi’ di età trasformando di fatto una variabile
cardinale in ordinale. Se però la domanda nel questionario prevede già le
fasce di età (es. 0-18, 19-36 e così via) mi sarà impossibile risalire all’età
esatta degli intervistati;
 Naturalmente posso decidere a priori quale livello mi interessa (e quindi
può essere sufficiente ai miei scopi prevedere classi di età) ma è buona
norma, specialmente per variabili che non richiedono in fase di
somministrazione del questionario un aggravio di tempo per l’intervistato,
rilevare al livello di scala più elevato la proprietà in questione.
QUESTIONARIO PER LA RICERCA QUANTITATIVA: successione di domande che
vengono poste nello stesso ordine a meno di una scelta precisa del ricercatore
sempre con le stesse parole e che prevedono una risposta standardizzata -> si può
articolare seguendo differenti modelli ma prevede che alla fine del processo sia
sempre prodotto un numero che può essere articolato sulla base di diversi tipi di
campo semantico (può significare cose diverse).
L’intervista
Il primo elemento da considerare è che l’intervista è un’interazione: l’intervistatore e
l’intervistato di norma non si conoscono, si incontrano per un tempo limitato ma non
troppo breve, consapevoli di non incontrarsi probabilmente più in futuro, per parlare
di argomenti di cui forse l’intervistato non avrebbe parlato spontaneamente.
L’intervistatore sollecita e guida la conversazione e pone le domande, mentre
l’intervistato svolge il ruolo di colui che fornisce informazioni. Il fine di questa
conversazione è conoscitivo: il ricercatore vuole infatti conoscere qual è il punto di
vista dell’intervistato su una serie di temi, quali sono le sue opinioni, i suoi interessi, i
suoi comportamenti. La definizione di intervista afferma che l’intervistatore svolge il
proprio ruolo di guida della conversazione sulla base di uno schema di
interrogazione. Lo schema viene posto in maniera standardizzata quando

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l’intervistatore formula le domande nello stesso ordine a tutti gli intervistati, è


direttivo quando l’intervistato non è libero di dare la risposta che vuole, ma viene
invitato a scegliere una delle alternative proposte.
Sulla base di questi tre criteri vengono proposti tre tipi di interviste:
1. L’intervista strutturata, che viene condotta sulla base di uno strumento
altamente strutturato, cioè il questionario, che viene proposto in maniera
standardizzata, poiché le domande si succedono nel medesimo ordine per
tutti gli intervistati. È uno strumento direttivo, poiché l’intervistato ha di fronte
risposte prestabilite tra le quali deve limitarsi a scegliere;
2. L’intervista semi – strutturata, che si colloca invece ai gradi intermedi di
direttività e di standardizzazione, mentre presenta uno schema scarsamente
strutturato. Si tratta di una conversazione basata su una traccia di argomento
formulati dall’intervistatore in termini di domande, però egli è libero di
adattare ai singoli intervistati sia le domande sia l’ordine in cui si pongono
l’intervistato può rispondere in maniera libera proprio come in una normale
conversazione;
3. L’intervista biografica, che è basato su uno schema ben strutturato ma non
standardizzato. Si tratta di una conversazione in cui gli argomenti vengono
affrontati a mano a mano che emergono seguendo gli interessi, i bisogni e gli
stati d’animo dell’intervistato, mentre l’intervistatore si pone in una
condizione di ascolto. Le domande seguono il flusso della conversazione.
Le interviste strutturate vengono di norma proposte a campioni assai numerosi
perché lo scopo di questo tipo di rilevazione non è solo quello di sottoporre a
controllo le ipotesi di ricerca riguardanti le relazioni tra individui, ma anche di
generalizzare i risultati ottenuti su base campionaria a tutta la popolazione di
riferimento. All’opposto le interviste biografiche riguardano pochi casi, sia perché
sarebbe troppo faticoso e costoso intervistare in maniera approfondita centinaia o
migliaia di persone, sia perché l’analisi di un’intervista biografica richiede tempo, sia
perché l’obiettivo è diverso.
Il questionario
Il questionario è uno strumento di rilevazione estremamente formalizzato che lascia
relativamente poco spazio espressivo sia agli intervistati sia all’intervistatore:
quest’ultimo deve porre le domande nella sequenza in cui compaiono nel
questionario, possibilmente leggendole e non campionandone la formulazione e
invitando l’intervistato a scegliere un’alternativa di risposta. Le domande del
questionario costituiscono una parte della definizione operativa di ciascuna delle
proprietà che si ritengono rilevanti in una data ricerca. Le alternative di risposta
coincidono solitamente con le modalità della variabile in cui la proprietà è stata
operativizzata. A ciascuna domanda corrisponde una variabile, vi sono però
domande le cui alternative di risposta dando luogo ciascuna ad una variabile. La
standardizzazione e la rigidità del questionario sono dovute a due ragioni:

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1. La prima consiste nel fatto che il suo obiettivo è consentire la costruzione della
matrice dati, cioè quello strumento di organizzazione delle informazioni che
permette l'analisi dei dati tramite tecniche statistico matematiche;
2. La seconda ragione è costituita dal fatto che i dati della matrice CxV devono
poter essere considerati compatibili tra loro.
Il questionario è uno strumento tipicamente comportamentista: domande e risposte
standardizzate e lo avvicinano all'ideale di uno strumento di rilevazione oggettiva
della realtà. L'intervistato viene considerato come una semplice fonte di
informazioni, che l'intervistatore ha il compito di prelevare tramite il questionario.
Un questionario presenta solitamente una struttura ben definita: all'inizio troviamo
le domande di argomento socio anagrafico, che sono le domande più neutre poiché
riguardano le caratteristiche sociali di base dell'individuo. Il corpo centrale del
questionario è costituito dalle domande riguardanti l'oggetto della ricerca. A volte è
presente una sezione di chiusura in cui vengono raccolte le domande cui è più
probabile che l'intervistato abbia difficoltà a rispondere e che quindi potrebbero
portarlo a interrompere l'intervista. Il questionario è uno strumento massimamente
direttivo poiché gran parte delle domande prevede una serie limitata di alternative
di risposta tra cui scegliere. È però possibile formulare anche domande a risposta
chiusa, alle quali l'intervistato può rispondere liberamente. In un'indagine focalizzato
sul lavoro degli intervistati è preferibile lasciare che l'intervistato spieghi
esattamente cosa fa. I vantaggi di questo tipo di domande sono almeno quattro:
1. Forniscono uno stesso quadro di riferimento alla risposta dell'intervistato;
2. L'elenco delle risposte funziona da promemoria per l'intervistato mostrando
possibilità cui magari non aveva pensato;
3. Le alternative di risposta spingono l'intervistato a riflettere E precisare il
proprio giudizio, opinione, ricordo e ciò è particolarmente importante quando
l'argomento delle domande complesso;
4. La presenza di un elenco di risposte minimizza il tempo necessario
all'intervistato per rispondere, ciò costituisce un vantaggio non tanto per
l'intervistato quanto per l'intervistatore e per la ricerca nel complesso che può
mantenere i tempi della rilevazione entro limiti ragionevoli.
A questi vantaggi però corrispondono alcuni svantaggi:
1. Per quanto accurato il piano di chiusura della risposta potrebbe non te ne
racconto di una o più alternative. Ciò può accadere anche con domande che ci
appaiono banali e di routine;
2. Nel formulare la lista delle alternative di risposta il ricercatore cerca di
individuare tutti gli Stati rilevanti in cui può presentarsi quella data proprietà.
Tuttavia questo orizzonte concettuale può differire in varie misure da quello
degli intervistati;

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3. Il significato delle modalità di risposta può differire sia tra ricercatore e


intervistati sia da intervistato ha intervistato.
In sintesi le domande a risposta chiusa offrono il vantaggio di indirizzare l'intervistato
verso alternative predefinite che possono essere velocemente trasformate in codici
numerici e messe nella matrice dei dati. Tuttavia non bisogna dare per scontato che
il piano di chiusura sia esaustivo, se ho formulato chiaramente ed infine se sia
percepito dall'intervistato con lo stesso significato con cui l'ha pensato il ricercatore.
Le domande a risposta aperta hanno un vantaggio principale che è la spontaneità e
la ricchezza delle risposte: lasciando l'intervistato libero di rispondere nei termini che
gli sono più congeniali abbiamo maggiori possibilità di cogliere quali sono gli aspetti
che ritiene più importanti dell'argomento trattato, che non cessa ovviamente sono
quelli attorno ai quali il ricercatore avrebbe costruito le alternative di risposta.
Inoltre l'intervistatore può accorgersi se l'intervistato ha compreso il senso della
domanda, se la risposta non è pertinente o si discosta sensibilmente da quella che
l'intervistatore è stato istruito a considerare appropriata, egli può intervenire e
chiedere una precisazione all'intervistato, riformulare la domanda e così via. Questo
tipo di risposte inoltre utile quando non si sa molto dell'argomento delle domande, e
sarebbe quindi difficile mettere a punto un piano di chiusura chiaro esaustivo.
D'altro canto la domanda risposta aperta comporta alcuni svantaggi:
1. Il primo è dovuto proprio alla sua apertura, se la risposta chiusa è quasi
immediatamente e pronta per essere trasformate in codice numerico la
risposta aperta deve essere sottoposta una fase di codifica;
2. Le domande a risposta aperta costituiscono una risorsa importante e si
preferisce impiegarle quando un argomento è poco noto, oppure quando si
necessita di informazioni il più possibile precise, oppure ancora nelle fasi
iniziali di costruzione del questionario.
I problemi dell'intervista strutturata: l'intervista non è uno strumento neutro poiché
ha le proprie regole, alcune delle quali condivise con altri tipi di interazione verbale
non verbale, mentre altre sono proprie. Ciò significa che l'uso di questo strumento
presenta una serie di problemi. Sul versante delle regole del comportamento verbale
vi sono ad esempio le cosiddette norme convenzionali. Oltre alle regole che
governano il comportamento verbale, vi sono molte altre regole, spesso implicite,
che leggono le interazioni in generale. Alcune di queste regole sono quelle studiate
da Goffman e riguardano l'immagine che si ha di sé, il modo in cui ciascuno presenta
se stesso gli altri, il modo di preservare la vuole immagine di noi presso gli altri e così
via. Tutte queste regole hanno o possono avere una profonda influenza
sull'interazione intervista. Purtroppo per gli scopi scientifici di una ricerca il mezzo
attraverso il quale le informazioni passano da una parte all'altra e altamente
manipolabile da parte di chi fornisce informazioni. Sistematizzando si evince che:

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 L'intervista è una situazione interattiva, ed è quindi governata dalle regole


che sottendono qualsiasi tipo di interazione;
 I linguaggi impiegati sono sia quello verbale sia quella non verbale;
 Gli obiettivi comunicativi dei due partecipanti non sono gli stessi.
L'intervistatore vuole instaurare un clima positivo che incoraggi
l'intervistato a fornire informazioni a portare a termine l'intervista.
L'intervistato è disponibile a fornire informazioni, tuttavia è più o meno
consapevolmente impegnato anche nel compito di presentare
un'immagine socialmente accettabile di sé;
 I ruoli interattivi di intervistatore e intervistato non hanno lo stesso peso.
L'intervistatore in possesso di maggiori informazioni rispetto
all'intervistato. Inoltre egli che lo voglia o no svolge il ruolo di emanazione
della società con tutto ciò che comporta in termini di pressioni implicite
sull'intervistato.
Tutto ciò fa sì che l'intervista sia una situazione interattiva non solo complessa ma di
tipo particolare, che le informazioni fornite dall'intervistato siano esposte a più fonti
di influenza e che quindi l'esito dell'intervista stessa sia anche il prodotto
dell'interazione tra intervistatore e intervistato. I principali problemi relativi
all'intervistato sono due: la desiderabilità sociale delle risposte e la mancanza di
opinioni. Le persone tendono a presentarsi in una luce positiva mettendo a volte in
secondo piano l'esigenza di risposte sincere, per questo motivo l'intervistato può
dare risposte non veritiere su tutti gli argomenti su cui pensa che la società abbia
una posizione precisa. Il secondo problema attribuibile al comportamento
dell'intervistato riguarda la mancanza di opinioni. A volte si richiede all'intervistato di
esprimere un giudizio su argomenti sui quali è disinformato o che non lo interessano
è così via. Vi sono alcuni rimedi a questo problema: innanzitutto si può evitare di
dare per scontato che l'intervistato sia informato sul tema, oppure è possibile
inserire nel questionario a domande su fatti inesistenti così da smascherare ex post
coloro che esprimono un'opinione non informata senza tuttavia compromettere
l'intervista interazione.
In una normale interazione tra partecipanti che non si conoscono preventivamente
l'aspetto esteriore viene considerato una fonte di informazioni per capire chi sia di
fronte, che tipo di persona è, a quale classe sociale appartiene, in sintesi qual è il
comportamento appropriato con la situazione e a quella persona. Anche il modo di
leggere le domande, la velocità di lettura, il tono della voce possono avere influenza
sulla comprensione delle domande stesse quindi sulle risposte dell'intervistato. La
soluzione a questi problemi è che l'intervistatore non dovrebbe comunicare né
troppa distanza è troppo coinvolgimento, inoltre è importante leggere le domande in
modo chiaro volume di voce adeguato al contesto in cui all'luogo l'intervista, senza
comunicare fretta o disinteresse per le risposte sollecitate e così via.

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Anche il questionario può avere influenza sulle risposte dell’intervistato: la


completezza delle alternative di risposta previste, la loro chiarezza, la lunghezza
dell’elenco proposto sono fattori che possono indurre l’intervistato a rispondere con
maggiore o minore precisione. Vi sono una serie di regole da seguire per porre le
domande:
1. Le domande devono essere espresse in linguaggio semplice e chiaro;
2. Le domande non devono prevedere una lista di risposte troppo estesa;
3. Le domande non dovrebbero contenere espressioni in gergo, perché una parte
degli intervistati potrebbe non capirle e coloro che le capiscono potrebbero
irritarsi vedendole usate da un estraneo;
4. È necessario chiarire le espressioni potenzialmente ambigue;
5. Si dovrebbero evitare termini connotati negativamente dal punto di vista
morale;
6. Vanno evitate espressioni sintatticamente complesse,
7. Vanno evitate le domande con risposte non univoche;
8. Le domande che riguardano azioni, comportamenti o situazioni collocate nel
tempo richiedono particolare cautela;
9. Porre limiti temporali agevola il ricordo;
10.Le domande dovrebbero preferibilmente riferirsi a casi concreti anziché a
principi generali astratti;
11.Bisognerebbe evitare di fare molte domande con lo stesso formato di risposta.
In conclusione si può affermare che la costruzione di un buon questionario è
un’operazione complessa, lunga e delicata. Le indicazioni date non pretendono certo
di essere esaustive degli argomenti trattati, esse conducono il lettore appena oltre la
soglia della consapevolezza metodologica necessaria per affrontare una ricerca
condotta con interviste strutturate.
DAL QUESTIONARIO ALLA MATRICE DATI
È buona norma, nel progettare il questionario, avere già in mente come le
informazioni raccolte andranno ad organizzarsi in una matrice dei dati, in tale modo,
sarà più agevole il lavoro di inserimento e di codifica, e risulterà di conseguenza
anche più veloce il processo di analisi dei dati. In caso contrario, prima di avere una
matrice ‘pronta’ può passare molto tempo.

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Esempio di una
matrice dati
Immaginiamo di voler condurre una ricerca quantitativa sull’orientamento politico –
elettorale degli italiani. Nella costruzione della base empirica decidiamo che
vogliamo costruire un questionario da somministrare ad un campione di 1000
italiani, rappresentativo per genere, età, area geografica di residenza. L’unità della
ricerca è perciò costruita dal cittadino italiano, mentre i casi sono i 1000 italiani che
entreranno a far parte del campione. Prima di arrivare al questionario occorre
individuare quali sono gli argomenti su cui vogliamo interrogare i nostri intervistati.
A ciascuna delle domande che verranno poste corrisponderà un indicatore, cioè un
concetto più specifico del concetto generale orientamento politico – elettorale e
ciascuno di essi corrisponde a una proprietà di cui vogliamo rilevare gli stati. Dando
una definizione operativa di ciascuna proprietà otteniamo le variabili, cioè appunto
le proprietà operativizzate. Una volta fatto questo possiamo organizzare le risposte
nella matrice CxV o matrice dati. Si tratta del modo in cui la ricerca quantitativa di
tipo MAT organizza i dati. È formata da colonne, o vettori colonna, e righe, o vettori
riga. Queste ultime si riferiscono ai casi, mentre le colonne si riferiscono alle variabili.
Vengono attribuiti dei codici numerici agli stati delle proprietà e questa attribuzione
viene raccolta nel libro codice (codebook), non si tratta di un vero e proprio libro, ma
dell’elenco dei nomi delle variabili presenti nella matrice, complicati dal codice
numerico e dal nome delle modalità di ciascuna variabile.
ALERT: non c’è una seconda possibilità con i questionari
 Lo strumento di rilevazione è deciso prima del campo e non può più essere
modificato (per il suo legame con la matrice dati);
 C’è una sola possibilità: molto difficilmente una persona si lascerà
intervistare nuovamente;
 Tutto va pianificato in anticipo e con precisazione: quali dati rilevare, come
fare l’analisi;
 Va deciso EX-ANTE l’ordine, la formulazione delle domande e risposte, la
relazione che si pensa possa esserci tra le variabili.
I problemi più comuni:

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 Il gioco dei 7 items e la soluzione della torre;


 Paletti temporali;
 Il “non so”;
 Il response set;
 Affidabilità del comportamento verbale, la menzogna;
 Comportamenti vs atteggiamenti;
 Definizioni in gergo;
 Definizioni ambigue;
 Curvilinearità (domanda non discriminante);
 Espressioni dialettali;
 Definizioni ambigue (curvilinearità e multi response);
 Reazione all’oggetto e desiderabilità sociale della risposta.

Che cosa possiamo studiare?


 OPINIONI: come un individuo la pensa su un certo argomento o quali emozioni
muovo o ancora quello che crede giusto/sbagliato. Il ricercatore non si
concentra su comportamenti concreti;
 COMPORTAMENTI: sono dati su quello che individui (o organizzazioni) hanno
fatto in passato, oggi o in futuro;
 ATTRIBUTI: dati sulle caratteristiche delle persone intervistate.
Tipi di domande e modalità di ‘trascrizione’ sulla matrice:
1. Domande a risposta singola:
 Può dirci il Suo titolo di studio?
 Elementari
 Medie inferiori
 Medie superiori
 Laurea

2. Domande a risposta multipla:

3. Domande con ordinazione di preferenze:

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4. Domande aperte:

La categoria ‘non so’:

La categoria ‘Altro’:
L’uso della categoria ‘Altro’ permette a chi non si riconosce nelle modalità previste
dal piano di chiusura di esprimere comunque una scelta. Inoltre permette al
ricercatore di ‘recuperare’ eventuali dimenticanze (analisi delle risposte aperte e
post-codifica).

PRO e CONTRO
Domande chiuse:
 P: Stesso frame a tutti gli individui;
 P: Aiutano la memoria e stimolano analisi e riflessione sull’argomento;
 C: lasciano tutto fuori tutto quello che non hai pianificato in anticipo;
 C: le risposte possono influenzare l’intervistato;
 C: le risposte possono avere un significato diverso per ciascuno.

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Domande aperte:
 P: consentono di rispondere liberamente e spontaneamente;
 C: richiedono un lavoro aggiuntivo per la loro codifica;
 C: le risposte possono essere generiche o difficili da interpretare, dando
spazio ad ambiguità o problemi di comprensione.
Impostazione grafica e compilazione:
 Per rendere più facile la codifica conviene che i codici siano
immediatamente precedenti le modalità di risposta;
 È utile a fianco di ogni domanda una casellina in cui riportare la scelta
effettuata;
 In alternativa (e/o contemporaneamente) si può cerchiare la modalità
scelta. Meglio evitare crocette.

Le relazioni tra variabili:

Ipotesi sulla relazione tra variabili:


 Variabile dipendente: cambia in risposta ai cambiamenti delle altre variabili
e rappresenta il fenomeno che vogliamo studiare;
 Variabile indipendente: causa cambiamenti nella variabile che vogliamo
studiare;
 Variabile interveniente: trasmette l’effetto di una variabile indipendente a
quella dipendente (ovvero non tutte le indipendenti solo davvero tali).
Variabile antecedente: precede la relazione causale tra variabili.
LE TECNICHE DENOMINATE SCALE:
Le scale: a cosa ci servono
 Principalmente sono utilizzate per indagare atteggiamenti del rispondente
rispetto a uno o più fenomeni;

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 La valutazione individuale viene semplificata in uno schema graduato di


numeri o di ancore semantiche.
Il problema dell’autonomia semantica delle risposte:
 Una modalità di risposta è semanticamente autonoma quando essa ha un
suo intrinseco significato;
 Esistono modelli a totale autonomia semantica e a parziale autonomia
semantica.
Totale autonomia semantica:
 Quante volte è andato al cinema nell’ultimo anno:
1. Mai
2. Raramente (1-2 volte all’anno)
3. Episodicamente (5-6 volte all’anno)
4. Occasionalmente (più o meno 1 volta al mese)
5. Spesso (più volte in un mese)
6. Molto spesso (più volte alla settimana)
Sono a parziale autonomia semantica:
 Tutte le scale in cui una ancora numerica o semantica acquisisce senso solo
in presenza di tutte le altre;
 Proviamo a classificare in questi due gruppi tutte le scale che incontreremo
da qui in poi.

Le scale codificate più usate:


1. Scale autoancoranti:

2. Scale di valutazione Cantrell:

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3. Scale Likert:
 Sono in assoluto le più utilizzate per la rilevazione degli atteggiamenti;
 Di solito si presentano in graduazioni di 5 o 7 livelli con un “indifferente” al
centro. Meglio evitare questa formulazione perché gli intervistati vi si
rifugiano;
 Non necessariamente la scala è simmetrica; dipende dalle caratteristiche
del contesto sociale in cui viene somministrata. In Italia funziona bene la
versione a 4 gradi riportata nella slide;
 Il problema della categoria “abbastanza”. Significa la stessa cosa dovunque
in Italia?

4. Differenziale semantico:
Attenzione le coppie di attributi devono essere polari (cioè opposte). Tuttavia alcuni
sostengono che l’opposizione può essere forzata. Dal ricercatore perché sia chiara
semanticamente. È accettabile l’uso di segni di graduazione perché simmetrici e non
unidimensionali.

5. Scalogramma di Guttman:
Viene costruito un percorso di domande dicotomiche che rappresentano un grado
crescente di accordo o disaccordo con un dato fenomeno. Ogni nuova domanda
costituisce un bivio. Se si risponde affermativamente si continua con la domanda

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successiva, se si risponde negativamente ci si ferma e il proprio punteggio sulla scala


è costituito dal numero di domande a cui si è risposto.
Scalogramma esempio:
 Ti siederesti in un locale pubblico vicino a un ner*? 1.si 0.no
 Parleresti in un locale pubblico con un ner*?
 1.sì 0.no
 Usciresti con un ner*?
 1.Si 0 no
 Sposeresti con un ner*?
 1.Si 0 no
NON SOLO DATI PRIMARI: LE FONTI STASTICHE
Quali tipi di dati?
Dati primari:
 Sono raccolti direttamente dal ricercatore durante la ricerca sul campo;
 Vantaggi: possono essere personalizzati sulla base delle esigenze di ricerca;
 Svantaggi: Richiedono tempo e risorse per la raccolta e la preparazione
all’analisi.
Dati secondari:
 Sono stati raccolti da enti orientati a questo fine (i.e. ISTAT, Eurostat) –
spesso offrono la possibilità di essere comparabili. Oppure possono essere
liberamente trovati sul web come documenti;
 Vantaggi: sono già stati raccolti, spesso l’accesso è gratuito tramite il sito
web e offrono garanzie sulla loro affidabilità;
 Svantaggi: sono scarsamente personalizzabili.
Quali sono le possibili fonti statistiche che posso utilizzare?
 Fonti internazionali comparabili;
 Fonti nazionali, i.e. ISTAT;
 Fonti locali, i.e. Regione Lombardia;
 Fonti tematiche, i.e. ISMUM;
 Un utile esempio per il nostro questionario.
L’ANALISI E LA PRESENTAZIONE DEI DATI
Per fare ricerca con la matrice dati:
Dobbiamo utilizzare tecniche statistiche:
 Monovariate: cioè studiamo la variazione di una variabile per volta;
 Bivariate: cioè studiamo la covariazione di due variabili;
 Multivariate: cioè studiamo la covariazione di più variabili.

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La statistica monovariata:
Ci sono molte tecniche di analisi monovariata e la scelta dipende sostanzialmente
dal livello di scala:
 Cardinali;
 Ordinali;
 Categoriali.
Quali misure possiamo usare:
Indici di tendenza centrale servono per studiare come una variabile si distribuisce
attorno a un valore tipico:
 Media per le variabili cardinali;
 Mediana per le variabili cardinali e ordinali;
 Moda per le variabili cardinali, ordinali e categoriali.
La media:
 Individua il punto medio nella distribuzione probabilistica di un fenomeno;
 Si calcola sommando i valori della variabile fra loro e dividendoli per il
numero di casi;
 In realtà esistono molti tipi di media che hanno caratteristiche fra loro
differiscono.
La mediana:
 Individua il valore che viene assunto dal caso che divide a metà la
distribuzione probabilistica di un fenomeno;
 Si calcola cercando il caso che si trova sul 50 percentile della distribuzione;
 La mediana è meno sensibile della media a valori che si scostano molto
dagli altri e quindi molto utile anche per le variabili cardinali.
La moda:
 Individua il valore che ricorre più spesso nella distribuzione probabilistica di
un fenomeno;
 Si calcola cercando il caso che ha una maggiore frequenza;
 È un indice molto debole.
Gli indici di dispersione:
 Servono a calcolare quanto un fenomeno è disperso attorno a un valore
tipico;
 Per la media si calcolano la deviazione standard e la varianza (che è il
quadrato della deviazione standard);
 Più il valore di queste due è elevato e più il fenomeno è disperso, meno è
elevato e più il fenomeno si concentra tutto attorno alla media;

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 Ci sono indici di dispersione anche per le variabili ordinali e categoriali: il


più comune è l’indice di concentrazione.
La distribuzione di frequenza:
 Servono a rappresentare la distribuzione
di probabilità di un fenomeno;
 Si calcola contano la numerosità di
gruppi di uguali;
 Le frequenze assolute sono il numero
assoluto derivante dai conteggi;
 Le frequenze relative sono la percentualizzazione sul totale dei casi dei
conteggi assoluti;
 Per le variabili cardinali e ordinali è utile calcolare le frequenze cumulate
(non per le categoriali) che si calcolano sommando progressivamente le
frequenze ordinate a ogni step.

La statistica bivariata:
Ovviamente tutti i tipi di variabile possono essere incrociati tra loro. Non possiamo
studiare tutte le possibili tecniche. Ci concentriamo su una tecnica specifica che
consente di incrociare due variabili categoriali perché sappiamo che tutti gli altri tipi
di variabile sono riconducibili a questo.
La tavola di contingenza:
 Studia la distribuzione incrociata di due variabili categoriali;
 Si calcolano frequenze di cella:
1. Assolute;
2. Percentuali sul totale;
3. Percentuali sulla variabili di riga;
4. Percentuali sulla variabile di colonna.
Le percentuali di riga e colonna:
 Servono a capire come il fenomeno si distribuisce in una variabile al netto
dell’altra;
 Le frequenze di riga si calcolano per ogni cella: numerosità di cella : totale di
riga = X:100;
 Le frequenze di colonna si calcolano per ogni cella: numerosità di cella : totale
di colonna = X:100.
Un esempio:

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