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Esame direttore tecnico

Amministrazione agenzia

1.1 ragioneria contabilità aziendale

Costi e ricavi
Il costo , nell'economia, direzione aziendale e contabilità, indica l'espressione in moneta o altro valore
numerario del valore dei beni e servizi utilizzati per la produzione o l'acquisto di un bene o servizio. Può
essere determinato sulla base di valutazioni interne al soggetto economico che lo detiene o in
transazioni economiche con terze economie.
Il costo di un bene esprime il valore dei fattori impiegati per la sua realizzazione. Si può avere un costo di
produzione in senso stretto, così come un costo complessivo che comprende anche i costi di vendita e
distribuzione, i costi generali, i costi di promozione, imposte e altri oneri generali. Il costo del bene, è
quindi distinto dal prezzo che rappresenta invece il valore di mercato del bene, vale a dire il valore al
quale viene ceduto a terzi. La determinazione del costo può avvenire attraverso numerose modalità e
tenendo conto di più variabili, in funzione dello scopo specifico di determinazione di detto valore
economico.
Classificazione dei costi
I costi fissi sono costi che non variano proporzionalmente al crescere del volume della produzione. Il
comportamento di tali costi è quindi, nel breve periodo, indipendente dai livelli di produzione. L'aggettivo
fisso non indica quindi l'invariabilità nel tempo ma la mancanza di relazione di causa effetto tra la
variazione del costo e quella dei livelli di output. Tipici esempi di costi fissi delle somme dovute a titolo
di locazione, il salario dei lavoratori dipendenti, le assicurazioni.
I costi semi variabili sono costi il cui comportamento è in parte influenzato dai livelli della produzione: una
quota del costo si presenta comunque anche in assenza di produzione mentre l'altra quota ha ragione
d'essere e varia solo in funzione dei livelli di output. Esempi di costi semivariabili sono l'energia elettrica,
alcuni costi di manutenzione, costi di logistica.
I costi variabili o incrementali sono costi direttamente influenzati dai livelli della produzione. Questa
tipologia di costi non esiste in assenza di produzione e varia al variare dei livelli della produzione.
Esempio principale di costi variabili sono le materie prime.

Costo unitario
Il costo unitario è il costo medio di ogni singola unità prodotta ed è dato dalla divisione fra costo totale
(C) e quantità di merce (q): all'aumentare della produzione, se il costo totale non varia, il costo unitario
diminuirà e viceversa.

Costi di investimento e costi di gestione


I costi iniziali d'impresa rappresentano i costi o capitali di investimento iniziale cioè i fondi necessari
all'avvio dell'attività, mentre ulteriori costi di investimento in corso di attività dell'impresa sono
detti Capex. I costi di gestione o costi operativi sono detti invece Opex. Tra gli Opex rientrano i costi fissi
(quali gli stipendi dei dipendenti), i costi semivariabili (quali costi di manutenzione e logistica) e i costi
variabili (quali i costi delle materie prime).

Costi diretti e indiretti


Per costo diretto si intende un costo imputabile in maniera certa ed univoca ad un solo oggetto di costo
(ad esempio: un prodotto, un reparto, uno stabilimento, ecc.). Si tratta di costi che hanno una relazione
specifica con l'oggetto di costo considerato e quindi possono essere attribuiti unicamente ad esso nelle
analisi dei costi (ad esempio: costi per Materia Prima "Legno" - Oggetto di costo Prodotto "Scrivania"). Si
riferiscono a beni o risorse di produzione direttamente attribuibili al processo di lavorazione.
I costi indiretti invece sono riconducibili a due o più oggetti di costo. Per questa classe di costi manca
una relazione specifica con l'oggetto di costo considerato; si tratta cioè di costi comuni a più oggetti di
costo (ad esempio i costi delle funzioni generali come amministrazione e contabilità, segreteria,
direzione, i costi dei servizi ausiliari come le spese di manutenzione, di gestione del magazzino, di
pulizia). I costi indiretti possono essere allocati ai vari oggetti di costo da cui scaturiscono assegnando
mediante una ripartizione che consideri possibilmente le cause da cui originano. Le tecniche di
ripartizione più utilizzate nella prassi fanno riferimento al calcolo di parametri quali il coefficiente di
allocazione e il coefficiente di ripartizione.
I costi contabili (o costi storici) rappresentano la somma totale di denaro (o valore monetario dei beni)
speso. È la quantità indicata sulle fatture e registrata nei libri contabili.
Il costo opportunità (indicato anche come costo economico) è invece il valore della migliore alternativa
che non è stata scelta per poter perseguire l'attuale sforzo, ovvero cosa si sarebbe potuto ottenere con le
risorse spese nell'impresa. Esso rappresenta le opportunità passate. Poiché il costo opportunità non è
mai associato ad un esborso di denaro, si dice anche che è un costo "non monetario".

Variabili
Semi variabili

Diretti e indiretti
l ricavi , in economia aziendale, è l'utilità economica che un'impresa crea attraverso l'attuazione del

processo economico imperniato sulla vendita di un quantitativo di beni e servizi.


Dal punto di vista contabile, i ricavi si calcolano in generale moltiplicando la quantità di vendita (o di
prestazione) per il prezzo di vendita netto. Per questo il fatturato, sebbene sia una sola delle componenti
che costituiscono i ricavi (oltre alle vendite possono esservi altre componenti di reddito, quali attività
finanziarie non considerate "fatturato"), è una grandezza di flusso. Essendo misurato da grandezze
finanziarie (denaro o crediti di funzionamento), il ricavo indica quindi solo virtualmente un'entrata di
denaro, che si attuerà solo al reale pagamento da parte dei clienti.
BEP

il Break even point indica il punto esatto nel quale sia il profitto che le perdite aziendali sono pari a zero.
Quando si possiede un’attività commerciale o si desidera avviarne una è fondamentale svolgere
un’analisi dei rischi. L’analisi del Break even point è uno strumento in grado di ridurre notevolmente i
rischi. Permette, infatti, di conoscere quale sia il volume di fatturato minimo che l’azienda deve
raggiungere per non registrare perdite di alcun tipo.

Il BEP non è unicamente uno strumento di previsione dei rischi, rappresenta un valido mezzo di controllo
dell’attività di produzione. Il punto di pareggio consente di monitorare gli utili e le perdite durante la
produzione e di intervenire prontamente in caso di andamento negativo.

Il Break even point è quindi nello specifico un’analisi tecnica che studia la relazione che esiste tra tre
fattori aziendali principali: costi fissi, costi variabili e volumi di produzione (quantità di unità prodotte di
una determinata merce). Lo scopo di questa analisi è l’identificazione del “fatturato break even”, ovvero
la quantità di ricavo necessaria per coprire i costi totali.

break even point formula: come si calcola?

Il Break even point (BEP) si calcola mediante un’analisi specifica chiamata Break even analysis. Lo
svolgimento di questo studio presuppone la conoscenza di costi fissi e costi variabili dell’azienda.

Esistono due metodologie diverse per svolgere la Break even analysis:

• Metodo grafico o diagramma di redditività


Il diagramma di redditività mette in relazione costi variabili, costi fissi, ricavi e volumi di produzione.
Utilizzando questa tipologia di analisi i dati vengono riportati all’interno di un piano cartesiano avente i
volumi di produzione (quantità) come variabile indipendente (asse delle X). Sull’asse delle ordinate sono
invece posizionati i costi dei prodotti. I costi fissi, non essendo relazionati al fatturato, vengono riprodotti
con una retta parallela all’asse delle ascisse; i costi variabili sono raffigurati con una retta inclinata
positivamente poiché variano in relazione al fatturato. Di conseguenza i costi totali sono rappresentati da
una retta inclinata positivamente che incontra l’asse delle ordinate in corrispondenza dei costi fissi totali.

l punto di pareggio o Break even point è quindi determinato dall’intersezione della retta dei costi
totali con la retta dei ricavi totali. Osservando il grafico è quindi chiaro che il BEP, ovvero la quantità di
prodotti da vendere necessaria per coprire i costi, è 300. L’area indicata con il segno “+” è la zona di
profitto, nella quale il fatturato supera i costi e il BEP. Al contrario, l’area indicata con il segno “-” indica
una perdita per l’azienda che non è riuscita a coprire i costi con i propri ricavi. Le due rette potrebbero
anche non incrociarsi: questa eventualità corrisponde ad una situazione con costi variabili troppo alti e
assenza di punto di pareggio.

• Metodo analitico

Il metodo analitico consiste nel trasformare i ricavi dell’azienda e i costi totali in formule matematiche
basate su calcoli specifici. Il Break even point è in questo caso determinabile mediante lo svolgimento di
un’equazione. La formula è utilizzabile per aziende che realizzano uno o più prodotti, ma va applicata ad
ogni prodotto separatamente. I fattori che influiscono sul variare del BEP sono i costi fissi, il prezzo di
vendita e i costi variabili:

BEP = CF / (PV – CVU)

Analizzando la formula si deduce che:

• BEP è il Break even point, ovvero la quantità di unità da produrre per pareggiare i costi;

• CF è il costo fisso

• PV è il prezzo di vendita di una sola unità del prodotto;


• CVU è il costo variabile unitario, ovvero il costo variabile applicato a quella singola unità di
prodotto;
• La formula tra parentesi (PV – CVU) indica il Margine di Contribuzione, ovvero l’incidenza dei
costi fissi sul prezzo di vendita. In altre parole indica la quantità che rimane togliendo al prezzo di
vendita i costi variabili unitari. Questa quantità è quella necessaria a coprire i costi fissi;
• La somma tra costi fissi e costi variabili rappresenta i costi totali: CT = CF + CV.
Quindi, più semplicemente:

BEP = Costi fissi / (Prezzo di vendita del prodotto – Costo variabile unitario)

Break even point calcolo: un esempio pratico

Partendo dalla formula già spiegata BEP = CF / (PV – CVU), ecco un esempio pratico per comprendere
come calcolare il punto di pareggio aziendale.

• Supponendo che i costi fissi siano pari a 100.000 Euro, si ha CF = 100.000


• Il prezzo di vendita di ogni unità di prodotto è 800 Euro, quindi si ha PV = 800
• Il costo variabile unitario di ogni prodotto è 300, si ha CVU = 300

Quindi, se BEP = CF / (PV – CVU), si ha che:

BEP = 100.000 / (800 – 300) = 200

La quantità di unità da produrre necessaria per pareggiare i costi di produzione per quel determinato
prodotto è 200 (BEP). Producendo (e vendendo) 200 unità al prezzo di vendita stabilito (800 Euro),
l’azienda potrà pareggiare i costi di produzione e non registrare perdite

Mark up
Mark up: margine che si aggiunge ai costi di produzione del prodotto per determinarne il prezzo di vendita.
Presuppone un calcolo del margine di profitto desiderato che non tiene necessariamente conto degli aspetti
economici della domanda e dell’offerta. Il mark-up viene solitamente espresso come percentuale sul costo.

Pricing secondo il metodo del mark up o del ricarico


Si parla più propriamente di mark up pricing, o metodo del mark-up, per indicare una delle più diffuse
forme di pricing basate sul costo. Il mark up pricing è molto utilizzato nel commercio al dettaglio, dal
momento che è un metodo di pricing di semplice e rapida applicazione. Nella maggioranza dei casi,
infatti, i prezzi di vendita per specifiche categorie di prodotti in assortimento vengono determinati
pragmaticamente aumentando di una certa percentuale, chiamata appunto ricarico o mark up, il costo
del prodotto. Per tale ragione, il mark-up percentuale praticato a livello di vendita al dettaglio è
generalmente uniforme.
Il mark up può essere espresso come percentuale del prezzo di vendita, oltre che come percentuale del
costo. Così, in concreto, nel caso del dettagliante che, acquistato un litro di latte a 0,85 euro, aggiunge
un ricarico di 0,15 euro sul costo per poter vendere il prodotto al prezzo finale di 1 euro, il mark-up
percentuale può essere calcolato sul prezzo di vendita (15/100=15%) o, più frequentemente, sul costo
totale (15/85=17,6%).

Bilancio d’esercizio
Il bilancio d'esercizio è il documento che rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria dell'azienda
al termine del periodo amministrativo e il risultato economico d'esercizio
Per giungere alla sua determinazione bisogna rispettare alcune fasi:

1. redazione dell'inventario d'esercizio;


2. registrazione delle scritture di assestamento;
3. determinazione del saldo dei conti;
4. redazione della situazione contabile;
5. chiusura dei conti nel conto economico di fine anno e nello stato patrimoniale.
I documenti che devono essere redatti sono:

1. lo stato patrimoniale
2. il conto economico
3. la nota integrativa
4. il rendiconto finanziario (dal 15 agosto 2015)
Un altro documento giudicato di complemento è la relazione sulla gestione.
La redazione del bilancio ha due obiettivi: rispondere agli obblighi contabili e fiscali previsti dal codice
civile e mettere a disposizione di operatori esterni ed interni all'impresa (fornitori, creditori, risparmiatori,
analisti finanziari, Stato, soci, dipendenti) informazioni sull'andamento dell'impresa. Il bilancio può essere
assoggettato o meno a revisione contabile.
La disciplina del bilancio è contenuta agli artt. 2423-2435 ter del codice civile.
Le norme in materia di bilancio (all'art. 2428 c.c.) prevedono che lo stesso sia corredato da
una relazione degli amministratori sulla situazione della società e sull'andamento della gestione, nel suo
complesso e nei vari settori in cui ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare
riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti.
Anche se non è parte integrante del bilancio, la relazione sulla gestione assolve a una funzione
descrittiva ed esplicativa e completa le informazioni desunte dallo stato patrimoniale (SP), dal conto
economico (CE), dalla nota integrativa (NI) e dal rendiconto finanziario (RF).
Le sue funzioni sono di illustrare la situazione complessiva dell'azienda (scenario economico,
competitivo e ambientale in cui opera e con il quale interagisce; compatibilità e coerenza dei programmi
di gestione con il contesto esterno) e l'andamento della gestione, sia passata che in corso, nel suo
insieme e nei vari settori in cui l'azienda ha operato; nonché di illustrare l'andamento della redditività, gli
aspetti finanziari e la loro influenza sulla formazione del risultato economico dell'azienda, con riferimento
alle situazioni patrimoniali e finanziarie già determinatesi ma anche in relazione alle previsioni relative
all'evoluzione della gestione (analisi dei dati che riguardano i costi, i ricavi e gli investimenti).
Un compito degli amministratori è, infatti, di delineare nella relazione sulla gestione le prospettive
di sviluppo della gestione sulla base dei valori di bilancio e attraverso piani e programmi di medio-lungo e
breve periodo.
In particolare, la relazione sulla gestione deve contenere un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente della
situazione della società e dell'andamento e del risultato della gestione, con particolare riguardo ai costi,
ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è
esposta. Deve inoltre contenere indicazioni circa le attività d'investimento in ricerca e sviluppo delle
società; i rapporti con imprese collegate, controllate e controllanti; il numero e il valore nominale
delle azioni proprie, incluse quelle alienate nel corso dell'esercizio; i fatti di rilievo avvenuti dopo la data
di chiusura del bilancio; l'evoluzione prevedibile della gestione.
Quindi, il bilancio d'esercizio non è soltanto un insieme di documenti da redigere secondo gli obblighi di
legge, ma è la fonte principale d'informazione dei dati economici, patrimoniali e finanziari dell'impresa per
tutte le classi di portatori di interesse nei suoi confronti: creditori, dipendenti, clienti e fornitori, organi
statali di controllo, fisco, pubblica amministrazione; soggetto economico e/o management; azionisti di
maggioranza e di minoranza.
È lo strumento fondamentale d'informazione per i terzi e per i soci al fine di giudicare (almeno in prima
approssimazione) la convenienza a mantenere il legame con l'azienda. Nell'ottica di una maggiore
trasparenza, i documenti di bilancio sono pubblici: gli stessi devono essere depositati presso la Camera
di commercio competente per territorio che li archivia e li mette a disposizione di chiunque ne faccia
richiesta, sia in forma cartacea che informatica.
È anche un utile strumento di controllo di gestione per impostare, attraverso opportune comparazioni ed
analisi, un giudizio d'insieme sull'andamento della gestione svolta.
Durante l'esercizio tutte le operazioni di gestione vengono contabilizzate mediante scritture in partita
doppia, i cui valori confluiscono negli appositi conti.
Le operazioni vanno registrate nel libro giornale.
I sottoconti vanno inseriti nel piano dei conti, che a sua volta può essere suddiviso in diversi livelli di
aggregazione/classificazione, ad esempio i sottoconti possono essere raggruppati sotto conti detti
"di mastro"; potendo arrivare sino a una struttura a 4 livelli: Gruppi, Mastri, Conti, Sottoconti.
Piano dei conti
l piano dei conti di un’azienda, o altro soggetto tenuto a registrare le scritture contabili, rappresenta la
base predisposta per assolvere alla funzione di raggruppare le rilevazioni contabili in modo che l’attività
economica e patrimoniale venga espressa in maniera omogenea e sintetica. Esso varia sulla base delle
esigenze dell’impresa, che in un certo senso lo crea su misura, tenuto conto che formalmente non vi
sono criteri restrittivi sul modo in cui dispiegarlo per la normativa fiscale. Di conseguenza, esso muta a
seconda della dimensione e della tipologia aziendale. Lo scopo di un piano dei conti consiste nel fornire
informazioni analitiche, e spesso anche molto dettagliate, attraverso l’utilizzo dei sottoconti, ma al
contempo anche di offrire una sintesi delle attività economiche e patrimoniali grazie ai conti mastro.
Dunque, assolve anche una funzione di tipo gestionale, visto che la contabilità non è solamente un
obbligo ai fini fiscali e civilistici, ma rappresenta anche un adempimento imprescindibile per il
funzionamento dell’impresa, grazie al suo ruolo informativo. Per prima cosa, bisogna predisporre un
piano dei conti in modo che le rilevazioni contabili non vengano duplicate o siano soggetto a errore in
fase di registrazione. Mentre le scritture vengono registrate, diventa possibile aggiungere nuovi conti,
magari perché si materializza per la prima volta un’esigenza prima non avvertita o per una semplice
dimenticanza. In generale, poi, il piano dei conti deve rendere agevole e precisa la redazione del bilancio
di esercizio e la dichiarazione dei redditi. I conti del piano sono raggruppati nelle categorie che andranno
poi a formare il bilancio d’esercizio.

Riepilogando, il piano dei conti serve come base di partenza per effettuare le scritture contabili. Una
volta predisposto, esso non è definitivo, ma può essere variato sulla base delle esigenze di volta in volta
riscontrate, potendosi aggiungere nuove voci, ragione per cui la progressione numerica non avanza da
unità a unità, in modo che si abbia spazio libero nel caso di bisogno tra una categoria e l’altra. Le singole
voci inserite nelle categorie confluiscono, poi, nei conti mastro
.
Al termine del periodo amministrativo occorre redigere il bilancio di esercizio per evidenziare la
composizione del capitale d'impresa; determinare il reddito prodotto dalla gestione.
Principi di redazione
I principi di redazione fissati dal codice civile (art 2423 bis del c.c.) sono:

• continuità;
• prudenza;
• competenza;
• separazione;
• costanza;
• prevalenza della sostanza sulla forma.
Continuità
tutte le valutazioni devono essere effettuate con il presupposto del funzionamento aziendale, nella
prospettiva che l'azienda continui nel tempo la sua attività nonché tenendo conto della funzione
economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato. Tutto questo significa che le
valutazioni non devono essere effettuate come se si volesse liquidare il patrimonio vendendo tutti i
beni, e pagando tutti i debiti, ma tenendo presente le evoluzioni future cui parteciperanno i beni
oggetto di valutazione.
Prudenza

Nella determinazione del reddito:

• contabilizzando le perdite e gli oneri anche se incerti e solo presunti.

• contabilizzare componenti positivi solo se effettivamente realizzati alla chiusura dell'esercizio


• non contabilizzare utili derivanti da incrementi patrimoniali che non siano certi e durevoli
Importante :
si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza anche se conosciuti dopo la chiusura
dell'esercizio
Competenza Economica
riporta al concetto aziendale conosciuto: si deve tener conto degli oneri e dei ricavi, indipendentemente
dal pagamento e dall'incasso, solamente se imputabili economicamente all'esercizio; i costi di
competenza sono quelli maturati nell'esercizio relativi a beni e servizi utilizzati nel periodo considerato; i
ricavi si considerano di competenza quando sono maturati nell'esercizio e hanno avuto il correlativo
costo.
Separazione
affinché l'informazione fornita dal bilancio sia corretta occorre che, se in una voce di bilancio sono
compresi elementi eterogenei, questi vengano valutati separatamente gli uni dagli altri e non compensati.
Costanza
per limitare la possibilità di manovra, (cambiare di anno in anno a seconda della convenienza, i criteri di
valutazione) di coloro che redigono il bilancio e per consentire la comparabilità dei bilanci nel tempo e fra
aziende dello stesso settore, non è consentito, se non in casi eccezionali, di modificare i criteri di
valutazione.
Prevalenza della sostanza sulla forma
Introdotto con D. Lgs. n.6/2003 e diffuso nei principi contabili nei Paesi di diritto anglosassone
(substance over form).

Struttura del bilancio


Il bilancio è composto da
conto economico
è il documento del bilancio che contiene i ricavi e i costi di competenza dell'esercizio, redatto in maniera
a scalare e classificato in base alla natura delle voci. È composto da quattro sezioni: A) Valore della
Produzione, B) Costi della produzione, C) Proventi e Oneri Finanziari, D) Rettifiche di valore di attività
finanziarie e il risultato d'esercizio.
stato patrimoniale
Lo stato patrimoniale è il documento che definisce la situazione patrimoniale di una società in un
determinato momento.
Lo stato patrimoniale è costituito da sezioni contrapposte: a sinistra vi è l'attivo e a destra il passivo.
Nell'attivo vengono inserite le attività o investimenti, nel passivo le fonti di finanziamento, ossia le
passività e il capitale netto.
Nota integrativa Documento che illustra le decisioni prese dagli amministratori dell'impresa nel redigere il
bilancio, in modo da favorirne l'intelligibilità, spiegando dettagliatamente le voci inserite nello stato
patrimoniale e nel conto economico.
La nota integrativa svolge quindi:

• Una funzione descrittiva di voci iscritte nei documenti contabili del bilancio
• Una funzione esplicativa delle decisioni assunte in sede di valutazioni
• Una funzione informativa e integrativa per quei dati che per la loro natura qualitativa o extracontabile
non fanno parte dello stato patrimoniale e del Conto economico.
Rendiconto Finanziario
Con il decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 139 di riforma del bilancio è stato introdotto al comma 1
dell'articolo 2423 del codice civile tra i libri obbligatori il rendiconto finanziario, uno strumento che ha lo
scopo principale di visualizzare l'ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, all'inizio e alla
fine dell'esercizio, ed i flussi finanziari derivanti dall'attività operativa, da quella di investimento, da quella
di finanziamento, ivi comprese, con autonoma indicazione, le operazioni con i soci, secondo quanto
riportato dal nuovo articolo 2425-ter del codice civile introdotto dallo stesso D.Lgs. 139/2015.

Il bilancio di una agenzia di viaggi


Stato patrimoniale
Attività Di norma la voce più importante delle attività di una agenzia di viaggi è l’attivo
circolante che rappresenta circa il 50%-70% del totale delle attività. Un’agenzia di viaggi ha
infatti bisogno di
poche immobilizzazioni per poter operare. Esse sono rappresentate dalle macchine d’ufficio e
dall’arredamento (immobilizzazioni materiali) e dai depositi cauzionali e dalle licenze
(immobilizzazioni immateriali). Difficilmente nel patrimonio delle a.g.v. si osservano
immobilizzazioni finanziare (crediti a m/l termine e partecipazioni).
Nell’ attivo circolante le voci più importanti sono le disponibilità liquide e, in particolare, la voce
banca c/c e i crediti a breve rappresentati soprattutto dai crediti v/clienti: si tratta dei crediti per le
provvigioni dovute all’a.g.v. dai t.o., alberghi, vettori, ecc. Le a.g.v. non hanno elevate rimanenze
rappresentate da cancelleria in magazzino e materiali turistici.
Le passività principali sono rappresentate dai debiti a breve termine
costituiti soprattutto dai debiti v/corrispondenti e dagli anticipi degli utenti.
I debiti v/corrispondenti sono i debiti verso i t.o, alberghi e vettori di importo pari al prezzo del
servizio turistico al netto della provvigione, così come risulta dall’estratto conto, mentre gli anticipi
degli utenti sono rappresentati dalle somme di
denaro pagate dall’utente all’a.g.v. prima di usufruire del servizio turistico.
Le a.g.v. possono avere debiti a m/l termine rappresentati dai mutui passivi. In genere, non
sono
invece rilevanti i debiti per TFR in quanto le a.g.v . non dispongono nella maggior parte dei casi di un
elevato numero di dipendenti.
Conto econimico
I costi
I costi di produzione:
le voci rilevanti dei costi di produzione sono rappresentate dai costi dei
servizi (bollette telefoniche e per l’energia, pubblicità, consulenze) e dagli eventuali affitti passivi.
Di poca importanza hanno in genere il costo del personale, in quanto le a.g.v. non hanno molti
dipendenti, gli ammortamenti, poichè le immobilizzazioni materiali e immateriali sono poche, e gli
acquisti di materie prime e semilavorati rappresentati dagli acquisti di materie turistici.
I costi finanziari: se l’a.g.v. ha debiti, in particolare a m/l termine, si possono avere anche interessi
passivi.
I costi straordinari:
come nelle altre aziende si possono verificare eventi straordinari che generano sopravvenienze passive
(es. ammanchi di cassa) e minusvalenze straordinarie
I ricavi:
Valore della produzione: è rappresentato soprattutto dalle provvigioni dei t.o
alberghi, vettori. Altri ricavi della gestione tipica sono quelli che provengono dai servizi accessori offerti
dall’a.g.v (servizi di prenotazione, telefonate, ecc.) e dalla vendita di servizi turistici acquistati dai
t.o,
alberghi e vettori (riguardano il secondo modo di operare delle a.g.v ovvero la vendita di viaggi e
servizi turistici). Le rimanenze non hanno particolare rilevanza.
Ricavi finanziari:
sono principalmente rappresentati dagli interessi attivi
maturati sul c/c bancario in quanto le a.g.v. di norma non possiedo titoli o azioni.
Ricavi straordinari:
come nelle altre aziende si possono verificare even
ti straordinari che generano sopravvenienze attive (es. indennizzi dall’assicurazione e plusvalenze
straordinarie.

Regime forfettario
Il Regime Forfettario è un regime fiscale agevolato, volto ad incentivare l’apertura e la gestione di attività
commerciali o professionali di dimensioni minori. Per questo motivo prevede minori adempimenti e oneri
da sostenere. Per questi soggetti resta comunque salva la facoltà di adottare i regimi fiscali ordinari con
applicazione dell’IVA

La Legge n. 190/2014, così come modificata dalla Legge n. 208/2015, ha introdotto, a partire dal primo
gennaio 2015, il regime fiscale forfettario. Tale regime è stato modificato a partire dal 1° gennaio
2019 dalla Legge n 145/2018 e dal Ddl di bilancio 2020 (D.L. n 124/2019). Questo per quanto riguarda i
requisiti di accesso e di permanenza nel regime sono cambiati.

Le caratteristiche principali ed i vantaggi del regime forfettario possono essere sintetizzate nel modo
seguente:

• Applicazione del regime di cassa per la determinazione del reddito;

• Determinazione dei costi dell’attività con metodo forfettario (indipendentemente dai costi

sostenuti);
• Esclusione dall’ambito di applicazione di:

o Imposta sul valore aggiunto (IVA);


o Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA);
o Ritenute di acconto.
• Possibilità di applicare (su opzione) la fatturazione elettronica per avere la possibilità di ridurre di

un’annualità i tempi di accertamento.

Vediamo adesso in dettaglio questi vantaggi

Il regime di cassa per il reddito

Il reddito di impresa o di lavoro autonomo viene determinato esclusivamente in base al criterio di cassa.
Ovvero sulla base dei ricavi o compensi percepiti nel periodo di imposta.

A questo reddito è applicato un coefficiente di redditività, che tiene conto delle spese applicate in modo
forfettario. Al reddito imponibile così determinato è applicata un imposta sostitutiva del 5% (per i primi
cinque anni), che poi a regime passa al 15%. Il pagamento delle imposte avviene con la dichiarazione
dei redditi.

Le spese forfettarie

Le spese sostenute per l’esercizio dell’attività non possono essere dedotte analiticamente dal reddito. Ad
eccezione dei contributi previdenziali versati in ciascun periodo di imposta.

Al posto della deduzione analitica dei costi è prevista una deducibilità forfettaria, con una aliquota in
percentuale sul reddito che varia a seconda dell’attività esercitata.
Ulteriori agevolazioni per iva e ritenute

Oltre alla deduzione forfettaria dei costi e alla tassazione con imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle
relative addizionali, ci sono altre agevolazioni.

E’ prevista, infatti:

• L’esclusione dall’applicazione dell’IVA. Di concerto anche l’impossibilità di detrarsi l’IVA in

acquisto. Chi opera in Regime Forfettario ai fini IVA è equiparato ad un “privato“;


• Esclusione dall’applicazione delle ritenute di acconto. Questo per i soggetti che operano come

Professionisti;
• Non è prevista l’applicazione degli indici di sintetici di affidabilità (ISA);

• L’applicazione della Fatturazione Elettronica per le operazioni attive e passive è soltanto

facoltativa.

Gli esercenti attività d’impresa hanno la facoltà di chiedere all’INPS una riduzione contributiva.

Si tratta di una riduzione del 35% dei contributi dovuti annualmente alla Gestione Ivs Artigiani e
commercianti INPS.

. Per poter esercitare in Regime Forfettario è necessario che siano sostenute spese per un ammontare
complessivamente non superiore a 20.000 euro lordi per:

• Lavoro accessorio,

• Lavoratori dipendenti e collaboratori di cui all’art. 50 comma 1 lett. c) e c-bis) del TUIR,

• Gli utili erogati agli associati in partecipazione con apporto costituito da solo lavoro e

• Le somme corrisposte per le prestazioni di lavoro effettuate dall’imprenditore o dai suoi familiari.

1.2 La gestione finanziaria

Finanziamenti interni ed esterni


Il capitale proprio detto anche capitale di proprietà. Esso costituisce i cosiddetti finanziamenti interni.

Il capitale proprio è formato dai mezzi finanziari apportati direttamente dall'imprenditore, nel caso di
un'impresa individuale, o dai soci, nel caso di società.

Il capitale proprio rimane nell'impresa, normalmente, per tutta la sua vita: infatti, per il capitale proprio
non è previsto un termine per il rimborso. A volte, può accadere, che esso venga in parte restituito ai soci
perché si ritiene che sia eccessivo rispetto alle esigenze dell'impresa e a quelli che sono i suoi obiettivi.

l capitale di terzi è detto anche capitale di prestito. Esso costituisce i cosiddetti finanziamenti esterni.
Il capitale di terzi è dato dalle somme prestate dai terzi all'impresa: tali somme rappresentano dei debiti
per l'azienda.

1.3 rapporti con gli istituti di credito

La prima cosa che viene in mente per reperire risorse finanziarie è chiedere un prestito ad una banca.
detto subito che si tratta di una strada:

• non particolarmente economica, dato che gli interessi sono piuttosto elevati;
• non agevole, in quanto gli istituti di credito non concedono prestiti con troppa facilità.

Una volta stabilito il finanziamento necessario per avviare e gestire l’impresa, occorre selezionare, tra i
diversi istituti bancari, quello a cui rivolgersi per il prestito.

Da sempre – e non solo in tempi di crisi come gli attuali – nel concedere prestiti e finanziamenti gli istituti
bancari si tutelano contro il rischio che il debitore non paghi e, di conseguenza, contro la possibilità di
perdere denaro. È per questo motivo che la banca richiede all’imprenditore delle garanzie, le quali
variano a seconda della tipologia di finanziamento.

La garanzia più importante richiesta in genere dalle banche è quella cosiddetta «reale», in cui il
patrimonio del debitore (in beni mobili e immobili) è posto dalla legge a garanzia dei crediti.

Un secondo tipo di garanzia molto richiesta, che rientra nei crediti di firma a cui abbiamo sopra
accennato, è quella «personale», di cui la fidejussione rappresenta il caso più tipico.

il nuovo imprenditore viene valutato anche per il tipo di attività che intende avviare e per il profilo di
rischio associato al progetto. in altri termini è indispensabile presentare un business plan dettagliato e
accurato, con i relativi bilanci preventivi di conto economico, stato patrimoniale e rendiconto finanziario.

I finanziamenti possono essere a breve termine e medio lungo termine

breve termine

• crediti di cassa;
• crediti di firma.

I crediti di cassa

Col credito di cassa la banca mette a disposizione del cliente una somma di denaro stabilita.

I principali crediti di cassa sono:

1 scoperto di conto corrente o apertura di credito in c/c


2 sconto del portafoglio commerciale;
3 anticipo su fatture e su ricevute bancarie.

1 scoperto di conto corrente – o apertura di credito in c/c – la banca tiene a disposizione del cliente
una determinata somma di denaro su un conto corrente; in genere l’accreditato può utilizzare il credito a
più riprese, purché mantenga un certo equilibrio tra i prelevamenti e le rimesse.

L’apertura di credito può essere:

• allo scoperto, cioè senza garanzia: ovviamente viene concessa solo a clienti con una certa consistenza
patrimoniale;
• garantita: viene concessa dalla banca a fronte di una garanzia personale (fidejussione) o reale (pegno,
ipoteca).
2 Lo sconto del portafoglio commerciale consiste nello «smobilizzo» (cioè nella conversione in
denaro) dei crediti legati allo svolgimento dell’attività, purché incorporati in un documento di natura
cambiaria (cambiali tratte e pagherò, che costituiscono titoli di credito).

Con lo sconto di portafoglio commerciale la banca «sconta» – cioè anticipa – al cliente l’importo di un
credito verso terzi non ancora scaduto;3 a sua volta il cliente cede il credito alla banca salvo buon
fine (cioè con l’obbligo di restituire alla banca la somma anticipata in caso di insolvenza del debitore).

3 Gli anticipi su fatture e ricevute bancarie vengono concessi dalla banca dietro presentazione, come
le cambiali, dei relativi documenti. Ma a differenza delle cambiali, le fatture e le ricevute bancarie non
sono titoli di credito ma semplicemente documenti che attestano l’esistenza di un credito e, quindi, di un
diritto alla riscossione di una determinata somma.

I crediti di firma

Col credito di firma la banca si impegna a pagare eventuali debiti del cliente verso terzi. Il cliente che
dispone di un credito di firma viene agevolato nell’acquisto di merci o di servizi, in quanto il terzo sa di
potersi rivolgere comunque alla banca per il pagamento.

I crediti di firma sono principalmente:

1 avallo;
2 fidejussione bancaria;
3 il credito documentario e l’accettazione bancaria.

1 Avallo la banca garantisce un pagherò emesso dal proprio cliente, o una tratta accettata dallo stesso.
La firma della banca garantisce il buon fine dell’effetto, facilitando gli scambi commerciali e l’accesso del
beneficiario allo sconto bancario.

2 fidejussione bancaria costituisce il credito di firma per antonomasia, e consiste in una garanzia che la
banca rilascia «a propria firma» nell’interesse di un cliente e a favore di terzi. Il creditore ha così la
certezza che il proprio credito verrà pagato, se non dal debitore principale, dalla banca che ha
sottoscritto la garanzia.

3 credito documentario riguarda principalmente il commercio con l’estero. Può essere definito come
l’impegno scritto e irrevocabile di una banca (emittente) emesso per ordine di un compratore (ordinante)
a favore di un venditore (beneficiario) ad effettuare un pagamento contro presentazione di determinati
documenti giudicati conformi ai termini e alle condizioni indicate. Assume spesso la forma
dell’accettazione bancaria (vedi sotto).

4 L’accettazione bancaria consiste in una tratta spiccata da un cliente su una banca, e sottoscritta «per
accettazione» da quest’ultima, che assume il ruolo di obbligato principale (sulla base, ovviamente, di
accordi presi precedentemente con il cliente). In tal modo il titolo diventa negoziabile sul mercato
finanziario. È spesso legata, come accennato in precedenza, ad operazioni di commercio internazionale,
in cui la banca assume il ruolo di «garante». In definitiva, questo tipo di strumento risponde sia ad
esigenze di tipo commerciale (garantire un venditore estero), sia di tipo finanziario (possibilità di
negoziare l’effetto).

finanziamenti a medio-lungo termine


il più importante e più conosciuto il mutuo. viene in genere erogato da istituti di credito dietro prestazione
di idonee garanzie. Il rimborso avviene in genere mediante pagamento di rate periodiche (mensili,
semestrali), comprensive sia del rimborso di una quota capitale che degli interessi maturati.
1.4 Legislazione tributaria

IRPEF
Acronimo di Imposta sulle Persone Fisiche, l'IRPEF non è altro che un'imposta diretta, ovverosia
che colpisce direttamente il reddito, e personale (deve essere pagata da tutti coloro che producono
reddito in Italia).

Si tratta di una tassa progressiva: aumenta con l'aumentare del reddito. Per essere esenti da questa
imposizione fiscale, è opportuno o essere dei pensionati al di sopra dei 75 anni con un reddito
complessivo di 8.000 euro all'anno o lavoratori dipendenti con reddito annuo inferiore a 8. 174 euro.

Scaglioni Irpef 2020:

• 1° scaglione: contribuenti con reddito compreso tra 0 e 15 mila euro. L’aliquota Irpef è pari
al 23% e corrisponde, in caso di reddito pari 15.000 euro, ad una tassazione di 3.450 euro. Nulla
è dovuto per i redditi fino ad 8.174,00 euro (no tax area);
• 2° scaglione: reddito tra 15.001 e 28 mila euro. In questo caso l’aliquota Irpef prevista per i
contribuenti è del 27%;
• 3° scaglione, riguarda i redditi compresi tra 28.001 e 55 mila euro. L’aliquota Irpef è pari
al 38%;
• 4° scaglione: reddito da 55.001 a 75 mila euro. In questo caso l’aliquota Irpef da corrispondere
sulla parte eccedente la quota di 55 mila euro è pari al 41%.;
• 5° scaglione: soggetti con reddito oltre i 75 mila euro, per i quali l’aliquota Irpef applicata è
del 43%.

Cos'è l'IRAP?
Si tratta dell'Imposta regionale sulle attività produttive, una vera e proprio tassa proporzionale. Tutti
coloro che producono un fatturato si trovano a doverla pagare. A variare in base al fatturato e al reddito è
l'aliquota..
Le aliquote IRAP applicabili al valore della produzione netta risultano essere le seguenti:

• aliquota ordinaria: 3,9%


• aliquota per le imprese concessionarie diverse da quelle di costruzione e gestione di autostrade e
trafori: 4,20%
• aliquota per banche e società finanziarie: 4,65%
• aliquota per imprese di assicurazione: 5,90%
• aliquota per amministrazioni ed enti pubblici: 8,5%.

Calcolo IRAP

Determinazione della base imponibile


La base imponibile dell’Imposta regionale sulle attività produttive è definita dalla differenza tra il valore
della produzione (lett. A dello schema di conto economico, di cui all’art. 2425 cod.civ.) e i costi della
produzione (lett. B), con esclusione delle voci 9, 10, lettere c) e d), 12 e 13, così come risultanti dal conto
economico dell’esercizio.
Pertanto, la riclassificazione dei ricavi e dei costi rilevanti ai fini IRAP in base allo schema di conto
economico dettato dal codice civile (vedi capitolo sul bilancio) deve essere fatta anche dalle imprese in
regime di contabilità semplificata.
La L. 244/2007 ha introdotto due differenti metodologie di determinazione della base imponibile IRAP:

• una per le società di capitali


• una per gli altri soggetti (ditte individuali e società di persone).

Rimangono comunque - in generale per tutti i soggetti - indeducibili ai fini IRAP le seguenti voci:

• i costi relativi al personale, alle collaborazioni coordinate e continuative/progetto (e, più in


generale, alle prestazioni di lavoro assimilato al lavoro dipendente), fatta eccezione per i premi
INAIL e per le spese relative agli apprendisti;
• i costi sostenuti in relazione ad attività commerciali non esercitate abitualmente e ad attività di
lavoro autonomo occasionali;
• i compensi attribuiti per gli obblighi di fare, non fare o permettere;
• gli utili spettanti agli associati in partecipazione che apportano solo lavoro;
• gli interessi passivi, nonché la quota di interessi compresa nei canoni di leasing;
• le perdite su crediti;
• l’Imposta Municipale propria.

Base imponibile per le società di capitali


Dal periodo d’imposta 2008 vi è una netta “separazione” fra le regole valide per l’IRES e quelle valide ai
fini dell’IRAP.
Società di capitali ed enti commerciali determineranno, infatti, il proprio reddito imponibile utilizzando i
medesimi criteri civilistici che sono posti a fondamento del bilancio d’esercizio, senza più apportare le
variazioni in aumento ed in diminuzione tipiche dell’IRES.
L’art. 3, c. 12 della Finanziaria 2008 prevede che per le società per azioni e in accomandita per azioni, le
società a responsabilità limitata e gli altri soggetti compresi nell’art.73 TUIR, lett. a), non esercenti le
attività di cui agli articoli 6 e 7 (banche, altri enti e società finanziari e imprese di assicurazione), la base
imponibile sia determinata dalla differenza tra il valore ed i costi della produzione di cui al primo comma,
lettere A) e B), dell’art. 2425 cod.civ., con esclusione delle voci 9, 10, lettere c) e d), 12 e 13, così come
risultanti dal conto economico dell’esercizio. Ciò implica, ad esempio, che le spese telefoniche allocate
nella voce B7 - Costi dei servizi - saranno ora integralmente deducibili e non subiranno più il limite fiscale
di deduzione dell’80% previsto dall’art. 102 c. 9 TUIR.
E’ evidente che, pur permanendo le indeducibilità connaturate all’imposta regionale sulle attività
produttive di cui abbiamo detto precedentemente, prevalgono ora, nella determinazione della base
imponibile, principi di natura esclusivamente civilistica.
Base imponibile società di persone e ditte individuali
Per le imprese individuali e le società di persone si tiene ancora conto delle regole fiscali disposte dal
TUIR anche ai fini della determinazione delle voci rilevanti ai fini IRAP.
La norma, art. 5-bis c. 1 DLgs 446/1997, prevede, infatti, che la base imponibile venga determinata dalla
differenza fra:
• l’ammontare dei ricavi di cui all’art. 85, c. 1, lettere a), b), f) e g) TUIR e delle variazioni delle
rimanenze finali di cui agli art. 92 e 93 TUIR, da un lato e
• l’ammontare dei costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci, dell’ammortamento e
dei canoni di locazione anche finanziaria relativi ai beni strumentali materiali ed immateriali

Restano indeducibili, come per le società di capitali, le spese per il personale dipendente e assimilato, i
costi, i compensi e gli utili indicati dall’art. 11, c. 1, lett. B), numeri da 2 a 5, D.Lgs 446/1997, la quota
interessi dei canoni di locazione finanziaria desunta dal contratto, le perdite su crediti e l’Imposta
Municipale propria.
Per le Società di persone e le imprese individuali continua quindi a sussistere la necessità di considerare
rilevanti, ai fini del calcolo dell’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione determinate in
applicazione del TUIR. Per questi soggetti è comunque prevista, ove siano in regime di contabilità
ordinaria, l’opzione per la determinazione della base imponibile IRAP secondo le regole dettate per le
società di capitali.

Regime iva per agenzie di viaggio


- La legge si applica sulla creazione e vendita di pacchetti turistici all’interno dell’unione Europea .
viene certificata con fattura ATTIVA 74TER => una fattura senza IVA, ha un numero solo. Si
fondano sul meccanismo base da base. Non consentono al viaggiatore nessun tipo di vantaggio
fiscale. Non si può recuperare né costo né IVA, non è scaricabile.
E i documenti che ci mandano i fornitori??
Ho contattato albergo, ristorante… per fare la confezione, che cosa mi hanno mandato? Le
fatture PASSIVE che ricevo dai FORNITORI, che sono ordinarie => vengono gestite in maniera
particolare, con il meccanismo base da base, IVA diventa costo.

Per l’applicazione della norma devono esserci tra requisiti :

• Territoriale : Paese all’interno della comunità Europea


• Soggettivo : riguarda i tour organizer che organizzano viaggi
• Oggettivo non riguarda l’essere tour organizer ma riguarda il fare cioè il tipo di pacchetto che ho
venduto .
Tipi di pacchetto che posso vendere:

Pacchetti tailor made cioè pacchetti creati su misura del cliente

Pacchetto di terzi a cascata cioè vendo un pacchetto pre-confezionato al quale aggiungo magari alcuni
servizi extra il cliente non saprà mai che si tratta di un pacchetto pre-confezionato Questi pacchetti sono
dedicati non al cliente ma al tour organizer che vi aggiunge i servizi extra e confeziona il pacchetto su
misura del cliente che ha davanti. Lo pago di meno rispetto al prezzo che applico poi al cliente finale
ricavando così il mio margine di guadagno

Escursioni senza pernottamento da luglio 2018 non piu sogette a iva 74 ter

Il testo della legge specifica che ognuno delle 4 tipologie di pacchetto creato per un paese al’interno
dell’Unione Europea e un costo pari al 22% sul margine di guadagno è piu conveniente creare e
vendere pacchetti extra Unione Europea tutti e tre requisiti devono essere soddisfatti particolarità il
viaggio misto. Non tutti i viaggi sono misti e si dividono in due parti;

• Transito: è uno scalo tecnico che non prevede frizioni di servizi in loco ed il viaggio non è misto;
• Stopover è uno scalo con frizione di servizi a terra
• Buisnes travel da luglio 2018 non più oggetto della legge 74 ter.

Come si fa lo scorporo dell’IVA


Costo iva 74 ter = (ricavi CEE – costi CEE)/122 X 22
Base imponibile lorda
Base imponibile netta ( base imponibile lorda – costo iva 74 ter)
Base imponibile lorda è pari a zero quando costo iva 74 ter è pari a 0 al di fuori delle destinazioni
CEE
Ricavo 30.0000
Costo 20.000
Devo scorporare l’iva perche la nostra destinazione bilbao è in UE
Scorporo (30-20)/122X22 =180.33 costo iva 74 ter sia costi che ricavi li inserisco nel CE valore
della produzione se
Sommo i costi li sottraggo ai ricavi trovo il valore aggiunto che misura il valore dellla richezza
che rimane in azienda per coprire i costi indiretti cioè quelli non commerciali.

La fattura elettronica

indica, in Italia, una fattura in formato digitale. Nello specifico con l'espressione "fatturazione elettronica"
si intende il processo con cui si gestisce emissione, invio, tenuta e conservazione
digitale del documento di fatturazione. Tale processo si ispira sostanzialmente a tre principi
portanti: dematerializzazione (esclude il formato cartaceo), integrazione e collaborazione nella relazione
cliente-fornitore.
Introdotta con la legge finanziaria 2008, nell'ambito delle linee di azione dell'Unione europea («i2010»)
che incoraggia gli Stati membri a dotarsi di un adeguato quadro normativo, organizzativo e tecnologico
per gestire in forma elettronica l'intero ciclo degli acquisti, a partire dal 6 giugno 2014 è obbligatorio
fatturare elettronicamente nei confronti delle pubbliche amministrazioni italiane. La normativa nazionale e
comunitaria prevedono per l'appunto:

• L'apposizione, su ciascuna fattura, della firma elettronica (in Italia si deve parlare di firma digitale,
• L'utilizzo del sistema di Electronic Data Interchange (E.D.I.), a condizione che siano rispettate le
raccomandazioni contenute nella Direttiva CE n. 94/820/CE del 19/10/2004, che in Italia si chiama
SdI (Sistema di Interscambio).
Obblighi amministrativi e fiscali
La fattura elettronica è, da un punto di vista contenutistico, del tutto equivalente a una fattura cartacea e,
come questa, deve essere annotata in appositi registri, secondo le indicazioni fornite dall'art. 21, comma
2, del D.P.R. n. 633/72 e integrate dal D.lgs. n. 52/2004.
Pertanto, l'individuazione esatta della data di emissione della fattura, come nel caso delle tradizionali
fatture cartacee, assume particolare rilievo nelle seguenti tipologie:

• Fatture attive - In riferimento agli obblighi di annotazione entro 15 giorni dalla data di emissione su
apposito registro ai sensi dell'art. 23 del D.P.R. n. 633/1972
• Fatture passive - Per la previsione contenuta nell'art. 1 del D.P.R. n. 100/1998 (IVA);
Data di formazione e data di emissione

• Fatture analogiche: è la data indicata in fattura ai sensi della C.M. 134/E del 5 agosto 1994
• Fatture elettroniche: è la data indicata in fattura che è da ritenersi coincidente, in assenza di ogni
altra specifica indicazione, con la data di trasmissione e ricezione[5], ai sensi dell'art. 21, comma 1 del
D.P.R. n. 633/1972.
La data di emissione della fattura elettronica determinata come indicato sopra ha un impatto significativo
sui sistemi gestionali, in quanto:
• Per l'emittente c'è la necessità di allineare la data di emissione indicata in fattura (data facciale) con
la data di emissione risultante dall'invio elettronico, poiché è da questa che decorrono gli obblighi di
legge.
• Per il ricevente, sussiste la necessità di acquisire la data di ricezione della fattura elettronica.

Esistono tre tipologie di fattura elettronica


Fattura elettronica B2G
L'obbligo di fatturazione elettronica da e verso le Pubbliche Amministrazioni è in vigore dal 31 marzo
2015 anche per le PA locali, oltre per le PA centrali che avevano già recepito l'obbligo a partire dal 6
giugno 2014. In base a tale obbligo è imposta divieto alle amministrazioni pubbliche di emettere o
accettare fatture in formato cartaceo.
Fattura elettronica B2B
L'obbligo di fatturazione elettronica tra soggetti partita iva è in vigore da data 1 gennaio 2019 e riguarda
tutte le imprese e i liberi professionisti.
Fattura elettronica B2C
È l'obbligo di fatturazione elettronica nei confronti dei consumatori finali in tutti i casi di cessione di beni o
servizi, anch'essa in vigore dal 1 gennaio 2020
1.5 Legislazione e organizzazione del lavoro
Il contratto di lavoro
Il contratto di lavoro, nel diritto del lavoro italiano, è un tipo di contratto stipulato tra un datore di
lavoro (persona fisica, giuridica o ente dotato di soggettività) e un lavoratore (necessariamente persona
fisica) per la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato.

Il rapporto di lavoro può essere subordinato o autonomo per far si che sia corretta assunzione, deve
essere subordinato ci si obbliga mediante retribuzione a prestare il proprio lavoro intellettuale o manuale
alle dipendenze di un’azienda; è subordinato quando si hanno obblighi e mansioni, da svolgere c’è una
retribuzione erogata a periodi fissi, c’è la possibilità di provvedimenti disciplinari, ci sono degli orari da
rispettare.

Autonomia: assenza di orari sicuri, organizzazione propria cento per cento di responsabilità, rischio
d’impresa se nel momento di lavoro subordinato svolgo lavoro autonomo posso denunciare perché
non è legale!

il rapporto di lavoro extra : il lavoratore offe il proprio lavoro per servizi extra della durata massima di un
giorno.

I contratti di lavoro devono avere una forma scritta, due specificato il periodo di prova, tre contenuti
obbligatori.

2 per quanto riguarda il periodo di prova non è obbligatorio sia io sia il datore posso decidere di
andarmene se non c’è il periodo di prova, il contratto diventa stabile da primo giorno.

2 contenuti obbligatori nome cognome inizio, fine, tipo di contratto, mansione, livello di retribuzione che
non può essere meno del minimo stabilito dal contratto collettivo del lavoro previsto per quella
categoria.

Forme del contratto


Contratto a tempo indeterminato

Oggi come oggi non è sinonimo di garanzia assoluta prima nel passato sì.
é privilegiato non si interrompe mai se non per licenziamento, pensione, decesso del lavoratore
dimissioni del lavoratore , mancato superamento del periodo di prova .

Contratto a tempo determinato


È in genere il primo contratto che ti è fatto in azienda. Se l’azienda ha meno di cinque dipendenti
solo un tempo determinato se più di cinque fino al 20 % del totale dei dipendenti, no contratto
termine se malato, infortunato o in mobilità . se si è avuto un contratto a termine e poi sono
licenziato ho la precedenza se è riassunta una persona con gli stessi modi . è un contratto a
termine per un massimo di 12 mesi 24 mesi solo in determinati casi
Ragioni sostitutive
Esigenze temporanee e oggettive
Esigenze connesse a incrementi temporanei espressivi e non programmabili dall’attività.
Se accordo con direzione del lavoro territoriale da dodici a ventiquattro.
Se termina, ci può essere la proroga fino a un massimo di quattro volte nell’arco dei ventiquattro
mesi se il numero di proroghe è superiore, diventa indeterminato . proroga si continua a lavorare
senza interruzioni con rinnovo c è un periodo di stacco . anche i rinnovi non più di 4 nell’ ‘arco dei
12 mesi o 24 con causa. Se il contratto di, lavoro è oltre proroga o rinnovo è sufficiente che si sia
un aumento della retribuzione del 10 % per dieci giorni 40% oltre venti giorni se supero i 30 è
tempo indeterminato entro 180 giorni può essere impugnato il contratto a tempo determinato .
Non ci può essere apposizione del contratto per lavoratori in sciopero, se servono meno persone
a livello di ore.
Contratto part imo è un contratto molto diffuso soprattutto negli ultimi sei sette anni sono il
contratto che prevede un numero di ore inferiore a otto su settimana corta o sei ore quaranta
sulla settimana lunga. Ce ne sono varie tipologie orizzontali l’orario giornaliero è ridotto, verticale
lavoro meno giorni misto lavoro meno giorni con meno ore. Il datore deve indicare esattamente
l’orario di lavoro ci possono essere clausole elastiche e flessibili indicate nel contratto. con
quelle elastiche Le parti possono concordare clausole elastiche relative alla variazione in
aumento della durata del contratto. Se è stato stipulato, per esempio, un contratto part time al
50%, l’inserimento di tale clausola, consente di aumentare o diminuire (con l’accordo delle parti)
la suddetta percentuale. Con quelle flessibili Le parti del contratto di lavoro a tempo parziale
possono concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della
prestazione
Se ,per esempio, è stato stipulato un contratto che prevede lo svolgimento della prestazione
lavorativa dalle 08.00 alle 12.00, è possibile ( con l’accordo delle parti), spostare la prestazione
lavorative dalle 10.00 alle 14.00.
Caratteristica originaria del rapporto di lavoro part – time è la definizione dei un orario di lavoro,
cui le parti devono attenersi rigorosamente. Successivamente alcuni CCNL hanno accolto il
principio che l’orario di lavoro concordato può essere superato, dando luogo ad orario di lavoro
supplementare. Quest’orario, finché rimane entro le otto ore giornaliere e le quaranta ore
settimanali non da luogo ad alcuna maggiorazione della retribuzione.

Il rapporto del lavoro part imi incide sulla pensione lavorativa ma non sull’ anzianità job saring
tipo particolare di contratto part ime si dividono le ore fra le due persone .
Il contratto di lavoro part-time può essere stipulato sia a tempo indeterminato sia a tempo
determinato, le agevolazioni sono quelle previste per le due tipologie di contratto.
Contratto di apprendistato
Il rapporto fra professionisti e dipendenti è per ogni professionista un dipendente da 3 a 2 nelle
altre aziende. Per assumere apprendisti oltre il numero deve dimostrare che almeno il 50 % degli
apprendisti è stato assunto nei trentasei mesi precedenti. Si può recedere solo per giusta causa o
giustificato motivo.
Tre tipi
1. 16 /19 esaurisce l’obbligo formativo
2. Apprendistato professionalizzante da diciotto a ventinove anni è un contratto a termine
obiettivo la qualificazione del lavoratore attraverso un percorso formativo ora si può
applicare per tutte le categorie.
3. Contratto di apprendistato per alta formazione.
La formazione si svolge all’interno dell’azienda mediante l’affiancamento e all’esterno tramite
corsi deve essere specificato il tutor dell’apprendista e quali strumenti ha a disposizione.

Il contratto di lavoro autonomo


Contratto di lavoro di somministrazione mediante questo un’agenzia di lavoro interinale mette a
disposizione i propri dipendenti per un'altra impresa. Esempi sono le agenzie interinali tipo
Manpower o obiettivo lavoro.
Contratto a chiamata ci deve essere una discontinuità nelle chiamate e nelle prestazioni chiedo
la tua disponibilità nei miei confronti fra ventiquattro e cinquanta anni continuità non superiore a
trenta giorni non c’è sanzione per il lavoratore non disponibile è stata il surrogato dei voucher.
Contratto di stage
La legge prevede che sia retribuito per euro 400 il mese ci sono gli stage curricolari e quelli extra
curricolari. Quelli curricolari sono collegati al corso di studio di cui sono parte integrante e si
svolgono sotto la responsabilità del soggetto o istituzione che eroga la formazione, che dovrà
provvedere all’assicurazione infortuni presso l’INAIL gli extra curricolari si svolgono al di fuori
del corso di studi o al termine del percorso formativo, con accordo tra Azienda ed aspirante
stagista e si svolgono sotto la responsabilità dell’Azienda che, dopo avere ottenuto
l’autorizzazione dal Centro per l’Impiego competente, deve provvedere alla stipula di una
assicurazione contro gli infortuni con lINAIL e con una Assicurazione privata. Tale accordo non
può essere stipulato, decorso un anno dall’acquisizione del titolo di studio.

Gli elementi della retribuzione : La retribuzione contrattuale


Si definisce contrattuale la retribuzione prevista dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Di
fatto è il trattamento economico minimo che deve essere applicato a tutti i lavoratori dipendenti.
La retribuzione contrattuale varia da un minimo a un massimo in funzione del livello
d’inquadramento previsto dal CCNL di categoria per la qualifica assegnata. Si definiscono
retribuzioni individuali tutte le retribuzioni che, a seguito di contrattazione individuale tra azienda e
lavoratore, prevedono erogazioni economiche eccedenti la retribuzione contrattuale.
Esempi di particolari trattamenti economici:
• “Superminimo” è il trattamento economico individuale erogato al lavoratore in aggiunta alla
retribuzione contrattuale, in genere per motivi oggettivi.
• Assegno ad personam: si definisce la maggiorazione retributiva erogata in aggiunta alla retribuzione
contrattuale per motivi soggettivi. L’uno e l’altro possono essere definiti in occasione della
stipulazione del contratto di assunzione o erogati nel corso del rapporto di lavoro.
• Lo straordinario forfetizzato Questo trattamento economico è erogato, quando la prestazione
lavorativa, per sua natura, comporta la previsione dell’inevitabile superamento del normale orario di
lavoro. In questo caso, tra le parti, si può concordare il riconoscimento di un importo economico
“fisso”, che sarà erogato a prescindere dalle ore effettivamente svolte.

• Scatti di anzianità: Ogni due anni scatti di anzianità di trenta, 40 euro. Si tratta di un automatismo per
il quale ogni due anni e fino a un massimo di sei scatti, la retribuzione contrattuale è incrementata
automaticamente. Gli importi sono erogati in base al livello di inquadramento.

Le mensilità aggiuntive
Sono le mensilità di retribuzione erogate in aggiunta alle “normali” dodici annue. Il CCNL del
Turismo ne prevede due, la tredicesima e la quattordicesima, liquidate rispettivamente a Dicembre
ed a Luglio di ogni anno. Nel caso in cui il rapporto di lavoro cominci o termini in corso d’anno o
mese, gli importi relativi vengono erogati in proporzione ai mesi o ai giorni effettivamente lavorati.
Solo in Italia c'è il TFR, un importo economico che matura mensilmente per periodi lavorativi
superiori a quindici giorni L’ importo suddetto può essere destinato dal lavoratore alla cosiddetta “
previdenza complementare” oppure versato ad un apposito “ fondo” dell’INPS. L’una o l’altra delle
due soluzioni comporta diverse gestioni e fruibilità degli importi accantonati.
Retribuzione lorda retribuzione prima di contributi e tasse. Netta retribuzione post tasse.
Con il termine “fringe benefits” (letteralmente: benefici marginali), s’intendono delle forme di
remunerazione complementari alla retribuzione principale, riconosciute dall’azienda al dipendente
o all’amministratore allo scopo di integrarne la normale retribuzione favorendolo a una maggiore
produttività. Si tratta di compensi corrisposti in natura, a differenza dell’emolumento principale
che è erogato in denaro.
I fringe benefits più comuni sono l’autovettura, lo alloggio le polizze assicurative, i prestiti
agevolati, gli stock options.

La risoluzione del rapporto del lavoro


Risoluzione vuol dire che una delle due parti recide il contratto ci può essere la dimensione volontaria e il
turnover è altissimo nel reparto cucina, ricevimenti, marketing, per giusta causa, per risoluzione
consensuale.

Volontarie cambio azienda per mia volontà è obbligatorio che ci sia un preavviso da sei mesi a quindici
giorni . ci può essere un’azienda che vuole le dimissioni immediate se andiamo via senza preavviso, mi è
trattenuto lo stipendio . trattate col nuovo direttore la possibilità di non dare il preavviso all altra azienda
che poi mi faccio, rimborsate dall’azienda originale. Ce sn persone che chiedono di non avere trattenute
sul preavviso oppure un preavviso ridotto

Dimissioni per giusta causa

Quando una delle due parti viene meno all, accordo preso motivi: mansioni diverse dal contratto,
retribuzioni sbagliate, molestie sessuali, notevole violazione della condizione del lavoro, trasferimento
non giustificato per ragioni tecniche, comportamento ingiurioso da parte del datore di lavoro a questo tipo
di dimissioni fa normalmente seguito il ricorso da parte del lavoratore al giudice del lavoro per il ristoro
dei danni conseguenti ai comportamenti inadempienti. La comunicazione delle dimissioni è rilasciata in
forma scritta da parte del datore di lavoro che entro cinque giorni dalla cessione del rapporto di lavoro
deve dare a sua volta la comunicazione al centro per l’impiego. Il lavoratore deve poi procedere alla
comunicazione telematica, senza la quale la comunicazione del datore di lavoro è inefficace Tale
procedura è stata introdotta per contrastare il fenomeno delle “ Dimissioni in bianco”

Dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro devono
essere fatte in modo esclusivamente telematica. La trasmissione può essere fatta tramite un soggetto
abilitato oppure autonomamente con l’utilizzo del PIN dell’INPS che consente l’accesso alla pratica.
categorie esonerate dall obbligo lavoratore domestico e marittimo, lavoratori in prova. Entro sette giorni
dalle dimissioni il lavoratore può revocarle con l’effetto della riattivazione del posto di lavoro .

IL licenziamento

Il licenziamento è un provvedimento disciplinare deve avere:

• Forma scritta non vale il licenziamento verbale.


• Motivazione non è necessaria indicarla
• Immediatezza il datore di lavoro richiamava a fatti passati non vale va contestato
nell’immediatezza.
• Proporzionalità di fronte a una piccola mancanza il giudice lo considera sproporzionato meglio la
sospensione.

Licenziamento individuale

Giustificato motivo oggettivo, non dipendono dal comportamento del lavoratore.

Raggiunti limiti di età

Superamento del periodo di comporto (si supera l’indennità per malattia dell’INPS.)

per malattia

cessazione dell ‘attività da parte dell’ azienda

soppressione del posto di lavoro

giustificato motivo soggettivo dipendono dal comportamento del lavoratore In generale, si


riportano a questa fattispecie i licenziamenti disciplinari connessi a comportamenti illegittimi del
dipendente, quale la recidiva in comportamenti sanzionati disciplinarmente . La differenza fra uno e
l'altro è il pagamento o non del preavviso

licenziamento per giusta causa

si parla di licenziamento in tronco non c’è il preavviso sono ragioni gravissime . non si paga nemmeno il
preavviso giuste cause:

Nel momento del licenziamento si hanno 60 giorni per reagire al licenziamento e il datore di lavoro deve
essere informato dell impugnazione . Mentre nella precedente disciplina, impugnato il licenziamento nel
termine di 60 giorni, il lavoratore aveva 5 anni di tempo per presentare ricorso al Giudice del lavoro, ora
l'impugnazione è inefficace se, nel successivo termine di 180 giorni, non viene seguita da una delle tre
modalità previste dalla legge per far accertare la legittimità o meno del licenziamento e cioè il deposito
del ricorso in Cancelleria ovvero la richiesta del tentativo di conciliazione (ora facoltativo) o dell'arbitrato.

Normativa di riferimento sui licenziamenti :

Prima 1/04/ 2011 statuto dei lavoratori

1/04 /2011 7 /05/ 2015 riforma Fornero

Successivo al 7 /05 / 2015 decreto Renzi

Licenziamento illegittimo Obbligo di riassunzione vale prima della legge Fornero

Discriminatorio

Per un evento non grave da licenziamento

Riassetto fittizio dell’ azienda

Non si è verificato se il dipendente può avere mansioni alternative nel caso di giustificato motivo
oggettivo

L articolo 18 distingue fra piu 15 e meno 15 dipendenti c’e tolleranza verso le aziende piu piccole se
illieggittimo il datore di lavoro puo decidere se riassunzione o pagamento dell ‘indennità in base all
anzianità. se piu di 15 dipendenti c’è il reintegro cioè il dipendente è considerato ancora parte dell
azienda fino al momento che non ci si presenta davanti al giudice La riforma Fornero, modificando la
precedente disciplina ,che per le Aziende con più di 15 dipendenti ( art. 18 Statuto dei Lavoratori)
prevedeva una unica sanzione, cioè la reintegra nel posto di lavoro ed il pagamento di tutte le
retribuzione ed i contributi relativi al periodo intercorrente tra il licenziamento e la reintegra, ha ora
introdotto quattro diverse sanzioni , in relazione ad altrettante fattispecie di illegittimità, tra le quali il
Giudice incaricato dovrà scegliere quella che è più idonea a sanzionare l’illegittimità.

Indennità risarcitoria totale : Il giudice potrà determinarla in misura compresa tra le 12 e le 24 mensilità,
tenuto conto dell’anzianità del dipendente, del numero dei dipendenti, delle dimensioni dell’azienda e
delle condizioni delle parti. Il rapporto si intende risolto dalla data del licenziamento e l’indennità è
omnicomprensiva, per cui non è dovuto alcun versamento contributivo

Indennità risarcitoria parziale : In questo caso l’indennità è compresa tra le 6 e 12 mensilità ed il Giudice,
tenendo conto delle eventuali condizioni più favorevoli o più disagiate delle parti.

Reintegrazione con risarcimento totale : Pari, cioè, a tutte le mensilità perdute dal licenziamento alla
reintegrazione ,con il minimo di 5 mensilità e l’integrale versamento dei contributi previdenziali

Licenziamento economico : Si definisce licenziamento economico quello comminato per ragioni di


carattere economico ed organizzativo, rientranti nel giustificato motivo oggettivo . Il datore di lavoro che
intende licenziare un dipendente per giustificato motivo oggettivo dovrà inviare alla Dtl del lavoro del
luogo in cui il lavoratore presta la propria opera, ed al lavoratore interessato, una comunicazione nella
quale dichiara l’intenzione di proceder al licenziamento per motivo oggettivo e le relative motivazioni.
Entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione , la Dtl dovrà convocare le parti. La procedura si
conclude entro 20 giorni dalla data di convocazione da parte del datore di lavoro . Il licenziamento può
essere intimato dopo che è decorso il termine di conclusione della procedura o in caso di fallimento del
tentativo. Il licenziamento intimato al termine della procedura ha efficacia dal giorno di avvio della
procedura stessa, salvo il diritto l preavviso o all’indennità sostitutiva.

Con Renzi

Rimane solo il licenziamento illegittimo per discriminazione in tutti gli altri casi è legittimo basta versare le
mensilità

Licenziamento plurimo

Si applica per il licenziamento da 2 a 5 dipendenti

È collettivo per piu di cinque dipendenti.

La procedura per questi tipo di licenziamento è pù complessa rispetto all ‘altra .

1.6 personale dell’agenzia di viaggio

Al suo interno operano le seguenti figure:


Il direttore tecnico è collocato al vertice dell’agenzia di viaggio e si occupa della direzione e della
gestione dell’impresa. I suoi compiti variano a seconda della dimensione, della tipologia e della
specializzazione dell’agenzia di viaggio.
Egli può ricoprire sia funzioni manageriali sia funzioni operative e pertanto il suo livello di responsabilità
può variare significativamente.
L’operatore di agenzia (o banconista) cura i rapporti con i clienti dell’ADV e segue tutta l’attività di front
office: dalla prenotazione di un albergo o di un biglietto ferroviario, aereo, marittimo alla vendita di un
pacchetto di viaggio. Il principale compito del banconista è fornire informazioni ai clienti e offrire
consulenza nella scelta e nell’acquisto dei prodotti.
Gli addetti alle biglietterie (aerea, ferroviaria e marittima) devono possedere competenze specialistiche
e certificazioni rilasciate da vari organismi, quali la IATA per il trasporto aereo internazionale e le
Ferrovie dello Stato per il trasporto ferroviario. L’addetto alla biglietteria aerea gestisce le prenotazioni ed
emette i biglietti definitivi di viaggio, gestisce e controlla la rendicontazione che le agenzie devono
periodicamente effettuare nei confronti dei vettori.
L’addetto alla biglietteria e alla contabilità ferroviaria cura la prenotazione, l’emissione e la
contabilizzazione della biglietteria venduta per conto di Trenitalia, la quale abilita le agenzie attraverso
una concessione di rivendita. L’addetto alla biglietteria marittima e su gomma e agli autonoleggi si
occupa di tutte le operazioni collegate alla prenotazione di traghetti, aliscafi, autopullman di linea e
autonoleggi, in partenza sia dall’Italia sia dall’estero.
L’addetto alla vendita dei package è una figura fondamentale nelle ADV con clientela leisure; egli deve
conoscere approfonditamente le destinazioni e le diverse tipologie di viaggi, in modo da proporre al
cliente il viaggio o il soggiorno più adatto.
Il programmatore turistico gli è richiesta un’accurata conoscenza delle destinazioni del viaggi o da
organizzare. A questo proposito, non è raro che siano gli stessi enti turistici locali a offrire soggiorni
gratuiti al personale dei TO al fine di far conoscere tutte le attrattive turistiche della propria regione.
Il sales promoter o venditore è una figura professionale utilizzata dai tour operator di medie e grandi
dimensioni; ha il compito di contattare le ADV dettaglianti, o altri soggetti potenzialmente interessati
all’acquisto di viaggi organizzati.
Il responsabile marketing delle imprese di viaggio predispone il piano di marketing, lo gestisce sulla
base di un preciso budget e utilizza tutti gli strumenti in suo possesso per migliorare l’immagine
dell’azienda. Si occupa di monitorare il mercato, studiare la concorrenza e collaborare con l’ufficio
personale per curare la comunicazione interna, fondamentale per lo sviluppo della cultura d’impresa e
del senso di appartenenza alla stessa da parte dei dipendenti e dei collaboratori.

2 organizzazione e gestione dell’agenzia di viaggio

2.1 Strutture organizzative dell’ agenzia di Viaggio


2.2 le online travel agency (OTA)
L’OTA Online Travel Agency è l’agenzia di viaggi che opera sul web e funge da intermediario tra i
fornitori dei servizi turistici e i clienti, in cambio di una provvigione.
Le OTA sono infatti agenzie di intermediazione online (IDS) che operano nel settore turistico svolgendo
un ruolo determinante nell’ambito del web marketing turistico. Conosciuti come portali
di prenotazione all’interno dei quali il viaggiatore può consultare le varie proposte, di ospitalità o servizi
turistici, per la destinazione di suo interesse, confrontarle tra di esse, e procedere all’acquisto attraverso
la procedura di prenotazione online.
Quando l’OTA vende un solo servizio (ad es. solo trasporto) è detta “verticale”, quando propone vari
servizi è detta “orizzontale”.

Le OTA possono essere generaliste e proporre più tipologie di hotel e strutture ricettive dislocate su tutto
il mercato globale, oppure essere specifiche per una destinazione o una tipologia di target (viaggiatore) /
destinazione. Prenotare un albergo tramite una OTA significa usare un sistema automatico che invia
all'albergatore le informazioni e le credenziali in riferimento al pernottamento,

La presenza sulle OTA permette alle strutture ricettive di avere maggiore visibilità a livello internazionale
sul web, migliorando la performance del Booking Engine. Le OTA apportano valore aggiunto agli hotel, in
particolar modo a quelli piccoli e indipendenti, ai quali permettono di raggiungere maggiore visibilità, i
quali sottoscrivono un contratto con i portali online e percepiscono una commissione sulla prenotazione
che varia dal 13% al 30%.

Il costante utilizzo del web negli ultimi anni ha accentuato maggiormente il ruolo dei nuovi portali di
vendita per le strutture ricettive.
Le OTA rappresentano una piattaforma fidata per i viaggiatori, i quali desiderano acquistare e
condividere esperienze di viaggio.
Le differenti agenzie di viaggio On-Line soddisfano le esigenze del turista leisure e del turista business, i
quali si affidano a siti specializzati per ricercare strutture ricettive: alcuni dei più importanti sono
Booking.com, Expedia, Venere, Hrs.com, Agoda, Hotels.com e molte altre.
Ma come mai i potenziali clienti di un hotel preferiscono prenotare tramite le OTA piuttosto che
direttamente sul sito dell’hotel? In primis perché gli utenti hanno la sensazione di risparmiare (ma non
sempre è così, anzi), poi perché in alcuni di questi portali viene data la possibilità di commentare e
condividere esperienze di viaggio, oppure di confrontare le tariffe e scegliere quella più conveniente. Per
gli albergatori ci sono vantaggi e svantaggi: da un lato, se le OTA danno maggiore visibilità anche
internazionale soprattutto agli hotel indipendenti o alle catene più piccole, dall’altra richiedono
all’albergatore una commissione che varia dal 13 al 30 per cento del valore della prenotazione.
E’ importante dunque, per riequilibrare il rapporto tra prenotazioni tramite Ota e prenotazioni tramite il
sito della propria struttura, fare un lavoro di disintermediazione. Utilizzando ad esempio i mezzi che
Google Adwords mette a disposizione per aumentare la visibilità del proprio portale sul web, essendo
molto presenti sui social media, utilizzando whatsapp come strumento per fidelizzare i propri ospiti.
Perché di viaggiatori che prenotano direttamente sulla pagina web dell’hotel ce ne sono ancora una
buona fetta: e lo fanno da un lato con la consapevolezza, alla fine, di risparmiare sul serio, e perché
amano avere un rapporto personale con chi li accoglie o di poter usufruire di sconti e punti fedeltà. E’
necessario dunque comunicare ai clienti quali siano i vantaggi di prenotare direttamente in hotel
restando in contatto con loro. In sostanza è necessario creare un rapporto di professionale amicizia tra il
proprio brand e il potenziale ospite.

2.3 forme di collaborazione fra agenzie : networking e franchising


Chi ha intenzione di aprire un’agenzia di viaggio si trova spesso dinanzi l’ardua scelta se portare avanti
la propria attività in modo indipendente o entrare a far parte di un network.

Esistono diverse modalità con le quali un’agenzia viaggi può far parte di un network.
In generale per network di agenzie di viaggio si intende un gruppo di agenzie che si accordano, tramite
un’azienda capofila, per avere un maggior potere contrattuale (prezzi più bassi e commissione più alta)
con i fornitori di servizi come Tour Operator, alberghi, società assicurative. Questo è possibile perchè i
network di agenzie di viaggio possono garantire un fatturato e un giro d’affari più alto rispetto ad una
agenzia di viaggio indipendente
Inoltre, le agenzie di viaggio del network possono usufruire di assistenza contabile e tecnica. un buon
network deve ottimizzare costi e ricavi, ti permette di trovare provvigioni e più alti e ti permette di trovare
piu segmenti, ti permette di trovare le tarife gds a prezzi più bassi rispetto alla singola agenzia il network
non ha nessun potere sul singolo portafoglio clienti dell’agenzia non impatta sulla fee . alcuni esmpi di
network sono : welcome travel group è il network del gruppo Alpitour vende pacchetti da catalogo con
commisione
Altro network si chiama uvet . è un network molto diverso da welcome spinge su prodotto creato dalle
singole agenzie non sulla vendita di pacchetti su commisione uvet per chi vuole fare piu prodotto proprio
( pacchetti sartoriali )
Blu vacanze è un network di finte agenzie diviaggi sono punti vendita dove compri i viaggi ma nn hanno
singolarmente la licenza di agenzia sono agenzie che fanno rifermento a una casa madre

In alcuni casi l’azienda proprietaria di un network dà in gestione le sue filiali ad altri soggetti. Per la
precisione affida le agenzie di viaggio di sua proprietà ad associati in associazione di partecipazione
Quest’ultimi, gestiscono le singole filiali . addossandosi le spese di gestione e dividendo gli utili con
l’azienda proprietaria.
A questo punto vi starete chiedendo quali sono i vantaggi per aprire un’agenzia con questa formula. Chi
decide di affiliarsi non dovrà chiedere l’autorizzazione , non avrà bisogno di un direttore tecnico, della
cauzione, dell’assicurazione, etc.
alcuni marchi che offrono questa soluzione sono : Bluvacanze, Robintur,
Può accadere che una società sia proprietaria di alcune agenzie di viaggio,considerate come punti
privilegiati per la vendita dei propri prodotti. Ad esempio Alpitour World e Costa Crociere sono
proprietarie ( per 50% delle azioni) del gruppo Welcome Travel o Bluvacanze in Mano di MSC Crociere.
Agenzia viaggi in franchising
Chi si appresta ad aprire un’agenzia viaggi oggi, tende sempre di più ad aderire ad un network
con contratto di franchising. Con questo tipo di accordo una parte, (Franchisor), cede ad un
altra, (Franchisee), il proprio nome, assistenza tecnica ed amministrativa, un forte potere contrattuale
con fornitori di servizi, dietro il pagamento di una somma.
In questo caso ogni agenzia che si affilia è indipendente da un punto di vista burocratico e giuridico.
Devono quindi avere un Direttore Tecnico, versare la cauzione, etc.
Esempi di gruppi in franchising sono Pinguino Viaggi , Frigerio Viaggi, Welcome Travel

2.3 Marketing strategico per l ‘agenzia di viaggio

Prima di iniziare con le strategie da mettere in atto per conquistare il cuore dei tuoi possibili
clienti è necessario porre la giusta attenzione ai tuoi competitor e allo scenario attuale.

Lo scopo di questa attività non è quello di individuare i concorrenti per copiare le loro mosse,
quanto piuttosto quello di studiarli approfonditamente per poi cercare di abbatterli.

Il metodo più veloce ed efficiente è quello di utilizzare Google e tutte le sue funzioni. Collegati
alla pagina del motore di ricerca e inizia a digitare delle keywords che potrebbero essere utili al
tuo scopo.

Quello che devi fare è inserire la parola chiave ”agenzia viaggi” seguita dalla località in cui operi.

In questo modo tutti i risultati ti mostreranno gli attori che lavorano nelle tue vicinanze e che
dividono il bacino di utenza con te.

Stila una lista dei nomi che hai individuato e inizia ad analizzarli sotto ogni minimo aspetto,
senza lasciare nulla al caso.

Quello che devi fare studiare attentamente ogni competitor presente in elenco rispetto alla sua
attività online, andando ad analizzare i canali social, il sito web e gli annunci pubblicitari su
Google.

Hanno un canale Instagram, Facebook, You Tube o su Twitter? Se si, che tipologia di contenuti
postano? Con quale frequenza?

Qual è il numero dei loro followers?

I loro seguaci interagiscono?

Stanno facendo advertising sui social?

Hanno un sito web? Utilizzano un blog? Hanno un box dedicato all’iscrizione alla newsletter?

Digitando il loro nome su Google viene fuori un annuncio sponsorizzato? Se si, qual è il testo
utilizzato?

Una volta che avrai risposto a tutte queste domande rispetto ad ogni singolo concorr ente puoi
utilizzare le informazioni raccolte per capire come puoi utilizzarle per promuovere l’agenzia di
viaggi nella maniera più giusta.

Tutti questi dettagli formano parte integrante della strategia di marketing online e offline .
Strategia online
I social network utilizzati più comunemente dai viaggiatori e gli appassionati di viaggi sono Facebook,
Instagram, Pinterest e Twitter.
Devi tener presente che ogni piattaforma di social media è diversa dall’altra, quindi la strategia di
marketing della tua agenzia di viaggi dovrebbe essere ottimizzata per soddisfare ogni social network.
Analizziamo ciascun social network, definendo strategie che funzionino per ciascuno.
Facebook è il social network più utilizzato dalla maggior parte dei viaggiatori, usato per condividere foto
e video, comprensive di geolocalizzazioni.
Prima di tutto basa la tua strategia su un calendario di contenuti, perché se non pubblichi regolarmente
su Facebook, è molto difficile scoprire se funziona o meno per la tua attività.
Realizza contenuti che attirino l’attenzione dei tuoi potenziali clienti, offrendo consigli di viaggio
utili, destinazioni imperdibili e curiosità turistiche.
Usa immagini fantastiche, niente venderà i tuoi viaggi più di una buona foto.
Facebook consente anche di creare un evento che riguardi la vacanza che stai promuovendo.
Puoi chiedere ai clienti che l’hanno prenotata di cliccare sulla partecipazione all’evento, di modo che
questo appaia nelle bacheche dei loro amici e crei visibilità per la tua agenzia di viaggi.
Devi creare fiducia nei tuoi potenziali clienti, di modo che possano essere sicuri di essere nel posto
giusto e le recensioni sono un modo eccellente per stabilirla.
Abilita le recensioni sulla tua pagina Facebook in modo che i tuoi clienti possano venire a valutarla.

Come promuovere la tua agenzia di viaggio con Twitter


Twitter è più una piattaforma di condivisione di notizie che un social network convenzionale.
Non è comunemente usato per la condivisione di foto, ma puoi usarlo per condividere le ultime notizie
nel tuo settore, così come gli aggiornamenti sulla tua ultima offerta di viaggio.
Il primo passo è definire il tuo pubblico, quindi condividere le informazioni pertinenti, utili ai bisogni e agli
interessi della tua nicchia di viaggiatori.
Un consiglio per la scrittura dei tuoi tweet è quello di realizzarli per far capire alle persone qual è la tua
attività senza fare promozione diretta, che potrebbe risultare fastidiosa.
Il modo migliore per farlo è ispirare i tuoi follower.
Tweetta luoghi imperdibili o utili delle destinazioni che proponi, come 5 luoghi inusuali da scoprire a
Barcellona, oppure condividi le foto di viaggio dei tuoi clienti con un copy persuasivo, che racconti
i vantaggi della prenotazione effettuata.

Come promuovere la tua agenzia di viaggio con Instagram


Instagram è il social network per i millennial e le nuove generazioni.
Essendo una piattaforma di condivisione di foto, è il posto migliore per pubblicizzare la tua agenzia di
viaggi: pubblica foto belle esteticamente e accattivanti dei tuoi tour e risveglia la voglia di
viaggiare del futuro viaggiatore.
Raggruppa le tue foto migliori con hashtag popolari, in modo che tu possa essere trovato facilmente dal
tuo pubblico..
Scegli anche un hashtag univoco per ogni vacanza offerta, e chiedi a chi prenota di usarlo per le foto che
posterà online.
Recupera tutte le foto con quell’hashtag e ripostale nell’account della tua agenzia!
In questo modo, avrai un reportage realistico di ciò che offri e fidelizzerai i clienti, che apprezzeranno
la condivisione di foto della loro esperienza del viaggio.
Partecipa alla community di Instagram, creando interazioni oltre che con i clienti, anche con hotel e
resort, tour operator, agenti di viaggio ed enti turistici.
Lascia commenti quando hai qualcosa di positivo da dire e clicca “Mi piace” quando qualcosa ti colpisce.
Realizza delle “stories” per raccontare quotidianamente la tua attività.
Come promuovere la tua agenzia di viaggio con il sito web
Anche essendo presente nei social media, il quartier generale online della tua agenzia di viaggi dovrà
essere il sito web.
I potenziali viaggiatori controlleranno i tuoi social media, ma molti cercheranno anche il tuo sito web per
trovare ulteriori informazioni assenti sulla tua pagina.
Pertanto, è essenziale che il tuo sito web contenga informazioni complete sui servizi che offri oltre che la
storia dell’agenzia
Più del 50% di questi potenziali viaggiatori accederanno al tuo sito web tramite cellulare, quindi è
necessario che sia ottimizzato per i dispositivi mobili.
Gli utenti sono impazienti e se un sito web non viene caricato quasi immediatamente, andranno via in
pochissimo tempo.

L’utilizzo della newsletter

Creare una mailing list fin da subito è fondamentale per iniziare a costruire lo scrigno più prezioso: i dati
di contatto dei potenziali clienti o clienti acquisiti.

Più contatti di persone interessate a te e al tuo prodotto avrai, maggiori possibilità di vendere e rivendere
avrai.

La Newsletter ha il grande pregio di “rinfrescare la memoria” degli utenti e di riuscire a tenere vivo il
ricordo di te e del tuo marchio.

Per questo è fondamentale non essere ossessivi nè stalkerare gli iscritti con frequenti e inutili email. Con
la giusta metodologia di archiviazione delle informazioni per cliente riuscirai a creare una newsletter
efficace perchè avrai segmentato bene la tua audience.

Strategia offline
Offline rimangono le classiche forme di comunicazione, come il catalogo e il volantino, che si basano
su un rapporto uno a uno, accade infatti che con catalogo o volantino il potenziale cliente vada poi a
chiedere informazioni direttamente presso la propria agenzia viaggi di fiducia

2.4 i prodotti dell’agenzia di viaggio, l’organizzazione e la vendita dei servizi turistici e


del pacchetto turistico

un agenzia di viaggio può

• Vendere pachetti di terzi :è una linea di prodotto distributiva l’agenzia fa attività distributiva
prende una percentuale sul prezzo la percentuale di provvigione 10/12è detta percentuale
attiva ,over commission premio per l’agenzia più meritevole che mi ha venduto più pacchetti ,si
documentano con l’autofattura. nel bilancio nel documento chiamato CE nei ricavi finiscono le
provvigioni attive le over commission gli sconti con segno meno non è il distributore che sceglie
il prezzo del pacchetto ma l’organizzatore .non contiene il costo iva 74 TER

Creare pacchetti tailor made (su misura) al cliente è una linea di prodotto Organizzativa (art. 33
dlgs 62/2018)contratto di organizzazione del pacchetto di viaggio allegato A si stampa dal
contratto di viaggio e riporta il nome dell’organizzatore perché il consumatore non deve essere
mai tratto in inganno. il tour organizer in questo caso deve avere competenze diverse rispetto al
semplice distributore di viaggi . le competenze sono di tre tipi : legislative , economiche ,
contrattuali non ci sono provvigioni, over commission, ( commissione aggiuntiva alla quale si fa
ricorso per premiare un intermediario per i risultati raggiunti, oppure per incentivarlo affinché venda di più
una determinata struttura) sconti, FEE( Il reale ricavo percepito dalle agenzie viaggi nelle
operazioni di biglietteria aerea, oggigiorno, è costituito dalle commissioni di intermediazione addebitate al
cliente finale) e segmenti, ma ricavi di vendita nel mercato turistico e nello specifico in questo
caso ( linea organizzativa) il ricavo di vendita coincide con il prezzo => lo inserisco nel conto
economico. Questi ricavi di vendita li chiamiamo ricavi di organizzazione o ricavi di vendita 74
TER (se ci sono i requisiti). Tre fasi principali nell’organizzazione del pacchetto turistico

1 Raccolta delle informazioni sul profilo del cliente


2 Assetto pratico
3 Test di controllo

1 La raccolta delle informazioni: definisci i il target del cliente

dalle informazioni raccolte con meticolosa precisione dipende il tipo di offerta turistica da
proporre. Un’offerta che si fonda su tre dati principali, fondamentali per definire il target del
cliente:
• – età
• – stile di vita
• – nazionalità

Ad ogni età corrisponde una tipologia di viaggio. Stando agli esempi che emergono dai
dati, gli over 60 sono più orientati per una vacanza in pensione completa, a pochi passi dal
mare, nei mesi meno caldi, rientrando nella categoria del turismo accessibile; gli under 30 si
infiammano per le mete del turismo di svago; la fascia 30-50 è la più difficile da definire, poiché
entrano qui in campo stile di vita e interessi. A seconda delle esigenze, i clienti scelgono di
viaggiare per motivi differenti, dall’amore per l’arte, alla voglia d’avventura fino al turismo
professionale. Fondamentale è tenere in considerazione per organizzare il pacchetto turistico i
motivi che spingono l’aspirante turista a partire, il suo status sociale e i suoi hobby. Difficile da
immaginare, ha un peso specifico per la proposta turistica la nazionalità del cliente. Fuor di
banali generalizzazioni, in linea di massima i tedeschi puntano alla “nature adventure” e
viaggiano tutto l’anno; i giapponesi sono intrigati dal turismo enogastronomico e d’arte; i cinesi
sono attratti dallo shopping; i francesi sono allergici all’inglese, prediligendo la madre lingua.
L’arma in più è avere nel proprio data base d’agenzia una categorizzazione
dei luoghi d’interesse, che per essere definiti destinazione turistica devono
essere attrattivi e accessibili.

2 Aspetto pratico: organizza il viaggio nei minimi dettagli

Stabilito il target, va stilato un cronoprogramma dettagliato del tour, dai luoghi da visitare,
compreso il tempo di percorrenza per spostamenti ed escursioni. L’obiettivo è creare
l’incastro perfetto per sfruttare al massimo il tempo a disposizione, attraverso la propria
esperienza e accordi vantaggiosi con i fornitori di servizi, affidabili e professionali. Gli aspetti
fondamentali da gestire, in particolare per i gruppi, sono:
– Un addetto all’accoglienza, di solito l’accompagnatore turistico dall’aeroporto all’intera
durata del viaggio
– un mezzo di trasporto, auto, motorino o minivan per i gruppi
– una struttura ricettiva, hotel, b&B, etc– Per i gruppi, ristorante convenzionato in mezza
pensione o pensione completa, se non ci si appoggia all’hotel scelto

3 Test di controllo: prova il pacchetto prima di offrirlo


Fissata una bozza di prezzo del pacchetto turistico da offrire con i costi base più la cifra stimata
per il proprio lavoro di agente di viaggio, resta solo l’ultima fase, il cosiddetto “test di controllo”.
Il segreto è testare personalmente l’efficacia del prodotto: ascoltare più voci dell’esperienza
vissuta lo renderà ancora più performante.

Da non dimenticare l’ultimo aspetto, fondamentale per la resa del pacchetto turistico che fa
dell’agente di viaggio un problem solver: risolvere l’imprevisto, come un’escursione impossibile
da intraprendere, un mezzo in panne o una stanza poca pulita. Così, il pacchetto turistico
proposto soddisferà di sicuro il cliente.

• vendere ed organizzare servizi singoli sia preacquisiti che non pre costo iva 74 ter il ricavo
corrisponde all’ imponibile perchè fatturazione normale esempio servizi singoli organizzazione di un
transfer , prenotazione di un hotel

2.5 0rganizazione del viaggi struttura e preventivo

Per prima cosa bisogna realizzarlo in modo:

• Dettagliato ,ma senza entrare inargenti troppo tecnici, scrivi l’offerta in modo comprensibile al
cliente.
• Chiaro e trasparente.

All’interno di un preventivo ci devono essere:

• La data del giorno in cui lo spedisci


• La scadenza della tua offerta.
• I dati del clienti e i tuoi dati, comprendente la descrizione della tua attività.
• Gli obiettivi della proposta, scrivi in modo concreto i risultati che otterrà i cliente.
• Il prezzo complessivo di ogni tipo di costo. : nel caso del preventivo di viaggio i costi
riguarderanno : alloggio , escursioni, transfer , biglietti vari etc, assicurazioni, tasse
• Le tempistiche della durata del lavoro.
• Le modalità di pagamento.
• La firma.
2.6 contratto di viaggio
Contratto di viaggio organizzato

Ora, passando ad esaminare la disciplina contenuta nella Convenzione di Bruxelles, si osserva che il contratto di
viaggio è stato per lungo tempo sprovvisto di una disciplina specifica, individuandosi come unico schema negoziale
quello del c.d. contratto di crociera turistica
La necessità di una disciplina omogenea e la sempre crescente dimensione transnazionale del fenomeno, hanno
portato all’individuazione di una normativa uniforme per armonizzare tra loro le legislazioni dei singoli Stati.

Nell’ottica di tale esigenza, è stata stipulata la Convenzione Internazionale sul contratto di viaggio (CCV)
predisposta dall’Unidroit ed approvata a Bruxelles il 23 aprile 1970, che è stata, poi, recepita dall’ordinamento
italiano con la legge 27 dicembre 1977, n. 1084 che è entrata in vigore il 4 ottobre 1979.

La disciplina della Convenzione distingue due principali tipologie di contratto: il contratto di


organizzazione di viaggio ed il contratto di intermediazione di viaggio; la distinzione tra i due tipi
contrattuali è stata individuata più che nell'oggetto del contratto, nella differente veste giuridica in cui i
due operatori agiscono "quando promettono i servizi dai quali il viaggiatore si attende la soddisfazione
del proprio interesse.
L’organizzatore di viaggi, infatti, a norma di quanto sancito nell’art. 1 della Convenzione, è colui che
abitualmente, a titolo di attività principale o meno e a titolo di professionista o meno, si impegna a suo
nome a procurare ad un’altra persona, avvalendosi di un mezzo globale, un insieme di prestazioni
comprendenti il trasporto, il soggiorno separato dal trasporto o qualunque altro servizio che ad essi si
riferisca.

L’intermediario di viaggi, invece, sempre a norma dell’art. 1 della Convenzione, è colui che abitualmente,
a titolo di attività principale o meno e a titolo di professionista o meno, si impegna a procurare ad un’altra
persona, attraverso il pagamento di un prezzo, sia un contratto di organizzazione di viaggio sia i servizi
separati che permettono di effettuare un viaggio o un soggiorno qualsiasi.
Oltre a definire le due differenti figure, la Convenzione disciplina in modo dettagliato anche gli obblighi
generali degli organizzatori ed intermediari di viaggi nonché quelli dei viaggiatori, dettando una normativa
specifica anche in ordine alla responsabilità dell’operatore turistico.

Le aspettative di una regolamentazione uniforme del contratto di viaggio, però, sono state disattese
dall’attuazione pratica della Convenzione.

Infatti, da un punto di vista applicativo la Convenzione ha avuto scarsa incisività pratica in quanto, in
Europa, vi hanno aderito solo due Stati: l’Italia e il Belgio.

Inoltre, il Governo italiano, all’atto della ratifica, avvalendosi della riserva prevista dall’art. 40 lett. a) della
Convenzione, ne ha limitato l’applicabilità ai soli contratti di viaggio internazionale, ossia quei viaggi da
eseguirsi totalmente o parzialmente in uno stato diverso da quello in cui il contratto è stato stipulato o da
dove il viaggiatore è partito (art. 10 CCV) [11].
La disciplina contenuta nella convenzione è orientata ad un equo contemperamento degli opposti
interessi in gioco: come già accennato, vi sono sia norme dettate a favore degli operatori turistici sia
norme che impongono al viaggiatore particolari doveri di informazione o di comportamento, la cui
inosservanza può esporre a responsabilità per danni.
Analizzando nello specifico il regime di responsabilità sancito dalla Convenzione, si osserva che in linea
generale, esso si ispira alla tecnica, di uso sempre più diffuso nei rapporti di massa, che si fonda sul
principio della responsabilità presunta, salvo la possibilità per il debitore di fornire la c.d. prova
liberatoria.

A carico dell’organizzatore di viaggi, la Convenzione prevede una sorta di responsabilità per inadempimento degli
obblighi di organizzazione, così come disposto dall’art. 13 della CCV; tale regime di responsabilità opera sia nel caso
in cui l’inadempimento dipenda da un fatto personale dell’organizzatore, sia quando esso debba imputarsi ad atti e
omissioni compiuti da impiegati o agenti dell’organizzatore, qualora agiscano nell’esercizio delle loro funzioni
L’organizzatore, inoltre, ai sensi dell’art. 14 CCV, è responsabile dei pregiudizi derivanti al viaggiatore dalla
prestazione dei servizi erogati in ragione del viaggio che si differenziano in servizi direttamente effettuati
dall’organizzatore di viaggi (art. 14 CCV) e servizi forniti ad opera di terzi (art. 15 CCV).

Il discrimine tra le due ipotesi di responsabilità si coglie nel differente regime della prova liberatoria: mentre per
esonerarsi dalla responsabilità per pregiudizi causati ai viaggiatori in occasione della prestazione, l’organizzatore di
viaggio deve fornire la prova di essersi comportato da organizzatore di viaggio “diligente”, per i pregiudizi causati al
viaggiatore a causa dell’inadempimento totale o parziale di questi servizi non è prevista la possibilità per
l’organizzatore di fornire la prova contraria[14].

2.7 assicurazioni di viaggio

È il contratto con il quale l'assicuratore, dietro pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato,
entro i limiti convenuti, del danno a esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una
rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana. E' un contratto consensuale, aleatorio,
oneroso, a prestazioni corrispettive, di durata, ad esecuzione continuata, per il quale è richiesta la forma
scritta ad probationem.
L'ordinamento distingue l'assicurazione contro i danni dall'assicurazione sulla vita, prevedendo nel
contempo un nucleo di norme (artt. 1883 ss. c.c.) che dettano una disciplina generale comune a tutti i tipi
di assicurazione.
L'assicurazione contro i danni ha funzione indennitaria: difatti, l'indennizzo corrisposto dall'assicuratore
all'assicurato non può superare l'entità del danno sofferto dall'assicurato (art. 1905 del c.c.).
L'assicurazione sulla vita assolve una funzione diversa: ha carattere di previdenza e di risparmio e non
indennitaria. La somma di denaro o la rendita corrisposta all'assicurato, ai suoi eredi o ad altro soggetto
(chiamato beneficiario), viene stabilita dall'assicurato tenendo conto dei bisogni futuri.

L’assicurazione obbligatoria per agenzie di viaggio è una polizza per la responsabilità civile, che tutela
sia il tour operator e l’agenzia di viaggi sia il cliente; è prevista nel caso in cui subentrino problemi
organizzativi o problematiche non previste, legate allo svolgimento dell’attività professionale
dell’operatore. La copertura subentra quando il cliente viaggiatore avanza una richiesta di
risarcimento per eventuali danni che derivano dalla responsabilità dell’agenzia, danni che hanno di fatto
reso impossibile la fruizione della vacanza. Si tratta dunque di uno strumento che risponde all’esigenza
di proteggere l’attività degli operatori turistici. La copertura assicurativa obbligatoria permette agli
operatori di essere protetti su tutti i fronti:

• responsabilità civile professionale;

• responsabilità civile verso i prestatori di lavoro;

• responsabilità civile per i viaggi di studio;


• responsabilità civile verso terzi.

Da non confondere con la polizza assicurativa obbligatoria responsabilità civile, il Fondo di


Garanzia è una polizza che è diventata obbligatoria a partire dal 1° luglio 2016. È un contratto
assicurativo che tutela il viaggiatore nel caso in cui l’organizzatore o l’agenzia di viaggio fallisca o
sia insolvente. È una garanzia anche per l’agenzia di viaggio, in quanto permette il rientro a
casa del viaggiatore con il contestuale rimborso di tutte le spese.

Fra le polizze non obbligatorie ci sono :

• la polizza annullamento che copre: malattia, infortunio, decesso (dell’assicurato o del compagno
di viaggio, del coniuge/convivente, di figli, genitori, fratelli, suoceri, generi, nuore, del
Socio/Contitolare della Ditta dell’Assicurato); patologie della gravidanza; danni materiali a
seguito di incendio o calamità naturali che colpiscano i beni dell’Assicurato ed impongano la sua
presenza in loco; • impossibilità a raggiungere, a seguito di calamità naturali, il luogo di partenza
del viaggio organizzato;

• La polizza a copertura delle spese mediche è particolarmente utile per i viaggi all’estero. In alcuni
Stati, infatti, l’assistenza medica è particolarmente cara e a volte viene richiesto il possesso di
una carta di credito senza limiti di plafond a garanzia del pagamento. Normalmente, la copertura
assicurativa riguarda i costi sostenuti durante il viaggio, quali: parcelle mediche, ricoveri
ospedalieri, interventi chirurgici, medicinali (se prescritti da un medico), cure dentali a seguito di
infortuni. Inoltre, alcune assicurazioni prevedono la prestazione di assistenza attraverso:
consulenza medica telefonica, invio di un medico in casi di urgenza, segnalazioni di specialisti
all’estero, trasporto sanitario, rientro dei familiari o del compagno di viaggio, rientro del
convalescente, anticipo spese di prima necessità, invio medicinali, etc.

• L’assicurazione bagagli copre in genere i danni materiali e diretti derivanti da furto e scippo, rapina,
incendio e mancata riconsegna da parte del vettore aereo. In alcuni casi sono assicurate anche le
spese documentate che sia stato necessario sostenere per gli acquisti di prima necessità in
conseguenza di un ritardo nella riconsegna del bagaglio per oltre 12 ore da parte del vettore aereo.
In realtà, la maggior parte dei rischi (come lo smarrimento o il danneggiamento del bagaglio in
aeroporto o la sua sottrazione in albergo) sono comunque sotto la responsabilità del Tour Operator.
Ne consegue la minore esigenza di copertura assicurativa da parte del viaggiatore. In ogni caso,
occorre sempre tenere presente che le clausole contrattuali inevitabilmente variano tra una
compagnia e l’altra. Occorre quindi sempre leggere attentamente le condizioni della polizza che
viene proposta.

2.8 la prenotazione dei servizi : convenzioni e accordi internazionali


nei rapporti con le strutture ricettive

I rapporti alberghieri sono regolati dal Codice Civile e, ove applicabile, dalla Convenzione A.I.H.-F.U.A.V
del 1979 (Association International de L’Hótellerie e la Fédération Universelle des Agences de
Voyages ) che regola i rapporti tra agenti di viaggio ed albergatori. La Convenzione non ha valore legale
ed è vincolante solo per gli aderenti alle Federazioni Nazionali che si sono esplicitamente dichiarate
d’accordo, ma costituisce per tutti una base di regolamentazione nei normali rapporti commerciali..

Art. 1 – Parti contraenti


Le parti contraenti sono:
a. l’Associazione internazionale degli albergatori (Association International de L’Hótellerie),
denominata in appresso AIH, con sede a Parigi, rue du Faubourg Saint Honoré, 89;
b. la Federazione universale delle agenzie di viaggio (Fédération Universelle des Agences de
Voyages, FUAV) con sede a Parigi, rue de Faubourg Saint-Honoré, 113 con segretariato generale a
Bruxelles, rue Froissart, 80.
Art. 2 – Obbligo delle parti contraenti
Le parti contraenti si impegnano:
a. ad intervenire presso le associazioni nazionali interessate per far rispettare a livello internazionale
le clausole della presente convenzione;
b. a raccomandare ai loro rispettivi membri ed alle imprese dipendenti di dare la preferenza, per la
conclusione dei loro contratti alberghieri, ai membri dell’altra parte contraente.
Art. 3 – Scopo della convenzione
La convenzione è destinata a regolamentare i contratti denominati alberghieri tra gli agenti di viaggi e
gli albergatori che esplicitamente hanno dichiarato di aderirvi o che vi si conformano implicitamente
con gli usi professionali.
Art. 4 – Carattere esclusivamente internazionale della convenzione
La convenzione si applica a contratti d’albergo di carattere internazionale conclusi tra un albergatore
e un agente di viaggi i cui uffici sono situati in paesi diversi.
Art. 5 – Ruolo complementare ed ausiliario della convenzione
La convenzione si applica:
a. quando nessun contratto particolare è intervenuto tra l’albergatore e l’agenzia di viaggi;
b. per tutte le disposizioni che non figurano in un contratto privato.
Art. 6 – Ruolo sussidiario della convenzione
Le parti contraenti desiderano che la convenzione serva di direttiva per la soluzione di litigi tra
albergatori e agenzie di viaggi, sia a livello privato, sia nella pratica giudiziario che sull’arbitraggio.
Art. 7 – Convenzioni nazionali
Le parti contraenti raccomandano alle associazioni nazionali che istituiscono convenzioni applicabili a
livello nazionale di ispirarsi ai principi della presente convenzione.
Parte Seconda – I contratti d’albergo
Art. 8 – La convenzione tratta due tipi di contratti d’albergo
a. contratti per clienti individuali
b. contratti per clienti in gruppo
Capitolo 1 – Regole comuni ai due tipi di contratti
A. Formazione del contratto d’albergo
Art. 9
Ogni contratto deve essere preceduto da una domanda di prenotazione di servizi compiuta
dall’agenzia di viaggi e indirizzata.
Ogni domanda di prenotazione non scritta deve essere confermata con un documento scritto (lettera,
telegramma, telex, computer, eccetera).
Ogni domanda di prenotazione deve precisare la prestazione da fornire; il controvalore può figurare
sul documento stesso, ma in tal caso il pagamento sarà garantito dall’agente di viaggi nei limiti
dell’importo concordato.
Art. 10
Il contratto alberghiero diviene soltanto con l’accettazione della prenotazione da parte con riserva
delle disposizioni contenute nell’art. 11.
L’accettazione consiste nell’invio di un documento scritto di conferma (telegramma, telex, computer,
eccetera) riferentesi alla richiesta di prenotazione e indicante il prezzo dei servizi richiesti.
La conferma deve avvenire immediatamente o, al più tardi, nei tre giorni successivi al ricevimento da
parte dell’albergatore della prenotazione.
Se l’agente di viaggi esige una risposta telegrafica, deve utilizzare la formula di «risposta pagata».
Art. 11 – Versamenti anticipati
L’albergatore può subordinare la accettazione della prenotazione al versamento c importo anticipato.
Tale importo anticipato ha sempre il carattere di deposito a garanzia a meno che l’albergatore non
specifichi che si tratta di «caparra».
Se l’albergatore ha richiesto un versamento anticipato la conclusione del conti alberghiero diviene
definitiva soltanto quando il versamento dell’importo è effetto è prodotta la prova del versamento.
L’albergatore deve confermare il ricevimento del versamento anticipato al più di 24 ore dopo il
ricevimento del medesimo. L’importo del versamento anticipa abituale è uguale al prezzo dei servizi
prenotati (camere, pasti, eccetera) per un giorno comprendente una notte in bassa stagione e tre
notti in alta stagione.

Art. 12 – Documenti di prenotazione


Accettazione di vouchers. L’albergatore ha facoltà di richiedere il pagamento anticipato totale o
parziale dei servizi prenotati o accettare in sostituzione un voucher. L’agente di viaggi riconosce il
voucher come una garanzia di pagamento da a: vere secondo le norme e i limiti di tempo della
convenzione.
Voucher normale. Le prestazioni alberghiere da fornire che debbono figurare nel voucher in modo
dettagliato, specialmente le date di arrivo e di partenza, riguardar esclusivamente i normali servizi
d’albergo: camere e pasti.
Voucher Full credit. L’emissione di questo tipo di voucher, che può comprende una estensione di
prestazioni oltre i servizi normali; deve essere subordinata ad accordi speciali tra l’albergatore e
l’agente di viaggi: Tuttavia la provvigione pagabile all’agente di viaggi resta limitata agli importi relativi
ai servizi normali (camere e pasti) come indicato nel «principio provvigionale» dell’articolo 17.

B. Retribuzione dovuta all’albergatore


3 Art. 13
I prezzi fissati dall’albergatore all’agente di viaggi per i servizi che sono oggetti contratto d’albergo
non saranno, in nessun caso, superiori a quelli della tariffa alberghiera ad uso dei clienti diretti sia
che la nota sia pagata dall’agente di viaggi o direttamente dal viaggiatore.
Quando l’albergatore ha accordato prezzi speciali non potrà esigere una retribuzione superiore alla
tariffa accordata.
4 Art. 14
L’albergatore è tenuto a rispettare i prezzi convenuti per contratto. In caso di modificazione di prezzi,
è prevista una dilazione di adattamento di 30 (trenta) giorni per l’applicazione dei nuovi prezzi. Le
modifiche di prezzi restano senza effetto per le prenotazioni confermate.

Art. 15
I servizi che l’agente di viaggi deve pagare sono quelli che figurano nel documento di prenotazione
inviato all’albergatore.
5 Art. 16
L’agente di viaggi che ha concluso il contratto alberghiero è debitore dell’importo della fattura salvo
se è stato convenuto che la fattura sia pagata direttamente dal cliente.
Il pagamento della fattura deve avvenire nel periodo di tempo convenuto o, in difetto di stipulazione
contrattuale, nei 30 giorni successivi alla data di ricevimento della fattura. Trascorso il detto periodo,
le somme dovute sono maggiorate dell’interesse fisso dell’1 per cento per ciascun mese di ritardo. In
più l’importo iniziale del debito è maggiorato del 5 per cento a titolo di spese di recupero.
Nel caso di soggiorni di lunga durata l’albergatore potrà richiedere all’agente di viaggi di pagare, nel
caso del soggiorno, le sezioni di servizi già utilizzate.
In caso di prenotazione, da parte dell’agente di viaggi, di servizi alberghieri il pagamento dei quali è
effettuato direttamente dal cliente, l’albergatore è tenuto a garantire la provvigione all’agente stesso,
ma può rifiutare il pagamento a mezzo carte di credito.
6 C. Compenso dovuto all’agente di viaggi

Art. 17 – Principio provvigionale


Ogni contratto alberghiero tutelato dalla presente convenzione darà luogo al pagamento
dall’albergatore all’agente di viaggi di una percentuale sul prezzo dei servizi forniti (camere e pasti).
L’albergatore corrisponderà tale provvigione percentuale ai soli agenti di viaggi escluso qualsiasi altro
contraente.
7 Art. 18
Il tasso provvigionale deve essere fissato di comune accordo dalle parti contraenti. I contraenti della
presente convenzione constatano che tale tasso è abitualmente del 10% sul prezzo delle
prenotazioni escluse tasse e servizi.
8 Art. 19
La provvigione è dovuta anche per ogni prolungamento del soggiorno dall’albergatore o per
prenotazioni concluse per un periodo futuro dal cliente durante il soggiorno prenotato dall’agente di
viaggi.
Se durante un medesimo viaggio il cliente utilizza più volte i servizi del medesimo albergo prenotato
dall’agente di viaggi, ogni nuovo soggiorno è considerato come prolungamento del primo a
condizione che la durata dell’interruzione tra l’ uno e l’ altro soggiorno sia inferiore a 30 (trenta) giorni.
Comunque sia, la provvigione non potrà essere corrisposta per periodi superiori a 60 (sessanta)
giorni, prolungamenti compresi, per il medesimo cliente.
9 Art. 20
L’albergatore deve dedurre dall’importo totale della sua fattura l’importo della provvigione dovuta
all’agente di viaggi.

Art. 21
In caso di pagamento diretto da parte del cliente della nota d’albergo, l’albergatore è tenuto a versare
la provvigione dovuta all’agente di viaggi nei 30 (trenta) giorni successivi alla partenza del cliente.
In caso d’annullamento nei termini consentiti dal contratto o dalla Convenzione, ove sia stato versato
un deposito o vi sia stato un prepagamento dei servizi, l’albergatore è tenuto a rimborsare l’importo
nei 30 (trenta) giorni successivi all’annullamento.
Trascorso tale periodo le somme dovute sono maggiorate d’interesse di mora in conformità delle
disposizioni dell’art. 16.

D. Annullamenti

Art. 22
Principio d’annullamento scritto: ogni annullamento deve essere fatto con uno scritto datato (lettera
raccomandata, telex identificato, eccetera).
Ogni annullamento verbale o telefonico fatto dall’agente di viaggio è soggetto a conferma scritta da
parte di quest’ultimo. Perché tale annullamento prenda effetto dalla data della sua comunicazione
verbale, la conferma scritta deve riferirsi alla data stessa. Ogni scritto effettuato dall’albergatore e
riferentesi all’annullamento verbale, dispensa l’agente di viaggi dall’effettuare una riconferma scritta.
Le condizioni e i termini d’annullamento totale o parziale del contratto d’albergo come anche
dell’importo dell’indennità eventualmente dovuta in caso d’annullamento tardivo sono oggetti di
condizioni speciali per ogni tipo di contratto.
E. Obbligazioni generali reciproche. E.1 Secondo la convenzione
Art. 23
L’agente di viaggi si impegna a fornire le informazioni necessarie complete e dettagliate sulle
prenotazioni richieste.
Art. 24
I servizi dall’albergatore ai clienti d’un agente di viaggi, in conformità del contratto alberghiero (tanto
per i clienti individuali che per gruppo) debbono essere della medesima qualità di quelli che fornisce,
nelle stesse condizioni, ai suoi clienti diretti.
Art. 25
L’albergatore deve tenere a disposizione dei clienti le camere prenotate a partire dalle ore 14.00 del
giorno dell’arrivo fino alle 12.00 del giorno di partenza.
Art. 26
Per ogni prenotazione accettata e confermata nelle dovute forme l’albergatore è tenuto a rispettare
gli impegni contrattuali. Nel caso contrario è tenuto a indennizzare l’agente di viaggi per i danni
realmente subiti.
A titolo eccezionale, e semprechè al momento dell’accettazione della prenotazione ne sia prevista la
possibilità, l’albergatore può sistemare i clienti nell’albergo più vicino di categoria equivalente o
superiore perché ne abbia dato notizia all’agente di viaggi tre settimane in anticipo. In tal caso
l’agente medesimo non può rivendicare alcuna indennità per il solo fatto della citata sostituzione.
L’eventuale differenza di tariffa è a carico dell’albergatore.

Art. 27
Il pagamento delle indennità previste nel precedente articolo 26 deve avvenire in 30 (trenta) giorni a
far tempo dalla domanda fatta dall’agente di viaggi.

Art. 28
Nel caso in cui l’agente di viaggi ha depositato un importo a garanzia con le caratteristiche della
«caparra» precisati nell’allegato 1, l’albergatore è tenuto a rimborsare il doppio di tale importo nello
stesso periodo di tempo.
Il mancato versamento nei 30 (trenta) giorni successivi provoca l’applicazione degli interessi di mora
e delle spese di recupero come previsto all’art. 16b.
Art. 29 – Principio dell’esonero di responsabilità nei casi di forza maggiore
Nel caso in cui una delle parti del contratto di albergo si trovi nell’impossibilità di eseguire le sue
obbligazioni a seguito di casi di forza maggiore, cioè di «avvenimenti imprevedibili, irresistibili e
indipendenti dalla propria volontà» esso si considera esonerato dalle sue obbligazioni senza alcun
versamento di indennizzi.
Art. 30
Quando l’albergatore o l’agente di viaggi si trovi nell’impossibilità di eseguire le sue obbligazioni,
particolarmente in caso di forza maggiore, egli ha l’ obbligo di avvertirne l’altra parte immediatamente
con tutti i mezzi a sua disposizione in modo da limitare i danni.
Art. 31
Se esiste una divergenza di opinione su di un caso invocato di forza maggiore, le parti contraenti
sono tenute a studiare un regolamento amichevole.
In caso di mancato accordo possono adire la commissione di arbitrato prevista all’art. 59 della
presente convenzione.
E2. Secondo l’etica professionale
Art. 32
L’albergatore deve astenersi dall’invitare (con qualsiasi mezzo) il cliente d’un agente di viaggi a
divenire su cliente diretto.
Art. 33
L’agente di viaggi, anche se si è rivolto contemporaneamente a vari alberghi per ottenere la
medesima prenotazione, deve astenersi dal concludere più contratti alberghieri per il medesimo
soggiorno di un cliente col proposito di provvedere ad annullare successivamente nei termini stabiliti
dalla convenzione quelli che non intende utilizzare.
Art. 34
Un contratto alberghiero non può, in nessun caso, e sotto qualsiasi forma, essere subordinato alla
conclusione di un contratto di pubblicità tra le parti contraenti.
Art. 35
L’ albergatore è tenuto a comunicare all’agente di viaggi esatte informazioni sulla categoria,
situazione e qualità dei servizi del suo albergo.
Art. 36
L’agente di viaggi è tenuto a rispettare nei confronti della clientela il tono delle informazioni fornite
dall’albergatore in virtù del precedente art. 35.
Art. 37
L’albergatore e l’agente di viaggi debbono astenersi, nei riguardi della clientela, dal formulare
dichiarazioni che mettono in dubbio la qualità dei servizi forniti dall’altra parte contraente o nuocciano
alla sua reputazione professionale.
F Contratti per clienti individuali
Art. 38 – Definizione
Il contratto per clienti individuali è quello concluso per clienti che non fruiscono delle condizioni di
favore stabilite per i gruppi.
Art. 39 – Annullamenti, termini
Salvo contrarie condizioni contrattuali, i termini minimi da rispettare da parte degli agenti di viaggi per
notificare agli alberghi gli annullamenti sono i seguenti:
a. nelle località dove e quando notoriamente vi è una forte domanda di camere: i medesimi termini
accordati alla clientela diretta, ma, al più tardi, la vigilia del giorno di arrivo;
b. negli alberghi di soggiorno turistico: 30 giorni prima della data di arrivo in alta stagione; 14 giorni
prima della data di arrivo in bassa stagione.

Art. 40
Gli annullamenti fatti dopo i termini indicati danno luogo a indennizzo.
Art. 41
L’indennizzo dovuto può essere fissato a forfait come segue per ogni cliente la cui prenotazione è
stata annullata:
a. prezzo dei servizi prenotati per un soggiorno di una notte se il soggiorno è inferiore a tre notti;
b. prezzo dei servizi per il soggiorno d’una notte in caso di soggiorni superiori a tre notti in bassa
stagione;
c. prezzo di soggiorni prenotati per un soggiorno di tre notti in alta stagione.

Art. 42
In caso di partenza prematura o di non utilizzazione dei servizi prenotati, l’agente di viaggio è tenuto
a indennizzare l’albergatore della perdita che ha realmente subito, salvo nel caso in cui la partenza
prematura o la non utilizzazione dei servizi dipenda dall’albergatore che non ha fornito tali servizi. Se
il versamento anticipato fatto dall’agente di viaggi non copre la totalità della fattura, l’albergatore
potrà incassare il saldo della sua fattura direttamente dal cliente. Queste disposizioni si applicato se
è nell’uso agire in siffatto modo nei riguardi della clientela recuperata direttamente dall’albergatore.
In caso di cliente non presentatosi e la cui prenotazione non è stata oggetto di annullamento anche
se tardivo o di una indicazione di arrivo ritardata, l’agente di viaggi è tenuto a indennizzare
l’albergatore della perdita che ha realmente subita. Tuttavia se l’annullamento, ancorché tardivo, è
arrivato, devesi applicare l’art. 41. L’albergatore deve avvisare immediatamente l’agente di viaggi del
mancato arrivo del cliente.
Il pagamento dell’indennizzo deve avvenire nei 30 giorni. Trascorso il termine, la somma dovuta è
maggiorata degli interessi di mora e delle spese di recupero in conformità del disposto dell’art. 16.

Art. 43
L’agente di viaggi non potrà fatturare ai suoi clienti superiori a quelli che gli sono stati comunicati
dall’albergo e che danno luogo a commissione.
Tuttavia le spese di prenotazione possono essere addebitate al cliente dalla nota d’albergo.
Contratti per clienti in gruppo

Art. 44 – Definizione
Si intende per «gruppo» un numero di persone viaggianti insieme considerate tanto dall’agente di
viaggio quanto dall’albergatore come una entità alla quale l’albergatore accorda tariffe speciali fissate
contrattualmente.
I servizi sono oggetto d’un solo documento di prenotazione e di una unica conferma; ciascun
documento deve precisare le medesime prenotazioni per ogni viaggiatore ad un prezzo globale unico
oggetto di una fattura.

Art. 45
Le tariffe per gruppi indicati nelle «tariffe confidenziali» dell’albergatore non sono vincolanti per gruppi
inferiori a 16 partecipanti.
Art. 46
L’agente di viaggi è tenuto a inviare all’albergatore la lista di ripartizione dei viaggiatori per camera
(rooming-list) almeno 14 giorni (due settimane) prima dell’arrivo dei gruppi in caso contrario egli si
tende responsabile delle difficoltà che potrebbero prodursi per la mancata osservanza di tale obbligo.
L’albergatore, tuttavia, è tenuto ad informare l’agente di viaggi se non ha ricevuto la rooming-list 14
giorni prima dell’arrivo dei clienti.
Art. 47
In caso di applicazione delle disposizioni dell’art. 26, paragrafo 2, l’albergatore è tenuto ad alloggiare
la totalità del gruppo nello stesso albergo.
Art. 48 – Condizioni di pagamento
Le condizioni di pagamento sono normalmente con accordi particolari: a. 50 per cento
dell’ordinamento 30 giorni prima dell’arrivo del gruppo; b. il saldo, al più tardi al momento della
partenza.
Art. 49
È raccomandato all’albergo di accordare una gratuità a un rappresentante dell’agente di viaggi
(corriere, guida, autista, capogruppo, eccetera) che accompagni un gruppo di almeno 15 persone. L’
albergatore può anche accordare una gratuità ogni 20 persone in più.
Art. 50
L’importo del prezzo dei servizi indicato nel contratto alberghiero non deve essere portato a
conoscenza del viaggiatore né dall’agente né dall’albergatore.
Art. 51 – Annullamenti
Salvo condizioni contrarie, i termini che l’agente deve rispettare per notificare gli
annullamenti all’albergatore sono i seguenti:
a. 21 giorni prima della data di arrivo prevista per l’annullamento delle prenotazioni relative a più del 50
per cento dei partecipanti.
b. 14 giorni prima della data di arrivo prevista per l’annullamento delle prenotazioni relative a meno del
50 per cento dei partecipanti.
Art. 52
Gli annullamenti fatti dopo i termini indicati dall’articolo precedente danno luogo a indennizzo.
Nel caso di una prenotazione effettuata ed accettata meno di 14 giorni prima della data di arrivo si
applicano le disposizioni del successivo articolo 53a.
Art. 53
L’indennizzo dovuto può essere fissato per ogni cliente, del quale è stato annullata la prenotazione, sulla
base di un importo:
a. fissato concordemente in anticipo;
b. equivalente a due terzi dell’ordinazione, in mancanza di accordo principato, sulla base delle condizioni
e prezzi.

Art. 54
In caso di arrivo ritardato, i pasti non consumati e i servizi non forniti sono indennizzati per due terzi del
loro valore reale semprechè il responsabile dell’agente di viaggi abbia fatto tutto il possibile per avvertire
l’albergatore dell’arrivo ritardato.
Art. 55
In caso di mancato arrivo, si applicano le disposizioni fissate per i clienti individuali.

Art. 56
L’albergatore che non adempie le sue obbligazioni o non fornisce l’equivalente deve corrispondere un
indennizzo il cui importo non può essere superiore al danno reale subito dall’agente di viaggi, né inferiore
agli importi indicati all’articolo 53.
Art. 57
Il pagamento delle indennità dovute deve avvenire nei 30 giorni dalla data della richiesta. Trascorso tale
termine, si applicano gli interessi di mora e le spese di recupero in conformità al disposto dell’articolo 16.
PARTE TERZA
Art. 58 – Integrazione della convenzione
Il Comitato di collegamento AIH-FUAV, formato da delegati appositamente designati a questo scopo da
ciascun delle due Federazioni contraenti, è il solo interprete delle disposizioni della convenzione.
Il Comitato si riunisce almeno due volte all’anno. Esso può essere sollecitato, in caso di litigio, su una
domanda di interpretazione, sia da un albergatore che da un agente di viaggi.
Art. 59 – Regolamento dei litigi
Ogni litigio relativo all’applicazione della convenzione può essere sottoposto, per al conciliazione ed
arbitraggio, al Comitato di collegamento AIH-FUAV.
In caso di accordo tra le parti di sottoporre il loro litigio ad arbitraggio, la parte più diligente indirizzerà alla
sua federazione internazionale una domanda di arbitraggio facendole pervenire tutta la documentazione
necessaria.
La federazione così interessata è tenuta a compilare un compromesso di arbitrario in doppio esemplare
di cui ciascuna delle parti deve firmare da restituire alla sua federazione internazionale.
L’iter della procedura è fissato nel regolamento d’arbitraggio allegato alla convenzione ma disponibile
soltanto su domanda presso le segretarie delle due parti contraenti firmatarie della convenzione stessa.
Art. 60 – Durata e scioglimento della convenzione
La convenzione è conclusa per la durata di due anni, rinnovata tacitamente per periodi di due anni alla
scadenza di ciascun biennio a meno che una delle parti contraenti non manifesti di porvi termine alla
conclusione del periodo in corso mediante invio della lettera raccomandata sei mesi prima del termine
del periodo stesso.
Le parti contraenti prenderanno le intese necessarie per gli emendamenti da apportare alla convenzione
secondo l’evoluzione degli usi che essa sanziona.
Art. 61 – Data della convenzione
La presente convenzione è entrata in vigore il 15 giugno 1979 a seguito delle parti contraenti. Tuttavia i
contratti alberghieri conclusi prima del 1° gennaio 1979 continueranno ad osservare fino alla loro totale
esecuzione, le prescrizioni della Convenzione 1970, anche per tutte le prestazioni contrattuali compiute
dopo tale data.

2.9 la vendita della biglietteria

un agenzia di viaggio può Prenotare e vendere un servizi di trasporto : è una linea di prodotto
distributiva (non ci sono tour organizer che sono vettori ) che contiene tutte le attività per poter
vendere servizi di trasporto (aria,acqua, gomma, rotaia ) acquistando un biglietto si compra un
servizio turistico di trasporto e un diritto a spostarci nello spazio . Il tour organizer vende e
distribuisce biglietteria erogata e venduta da un terzo vettore (Trenitalia,sardinia ferrieries, italo,
mobylines , rynair) no biglietti navi da crociera. Si vende tramite mandato con
rappresentanza (agevola incontro domanda e offerta) sui biglietti ci sono le provvigioni da 0,1
sul prezzo del biglietto che vendo ci sono over commission , sconti, e fee (somme di denaro
chieste al cliente per il lavoro di intermediazione) per quanto riguarda la biglietteria aerea le
agenzie posssono essere IATA oppure no, vale la pena di essere accreditato dalla International Air
Transport Association (IATA). In qualità di agente di viaggi IATA con licenza, ottieni immediato
riconoscimento come in possesso dei massimi standard di settore per i professionisti dei viaggi. Per
ottenere l'accreditamento dalla IATA, devi prima soddisfare i requisiti.
Prova che stai lavorando per un'agenzia di viaggi legalmente registrata, o se lavori in modo
indipendente, che la tua attività è legale. Invia tutte le licenze commerciali pertinenti, i moduli fiscali e i
registri assicurativi. Includere la documentazione di tutte le licenze locali e statali. L’Agenzia di Viaggi
che si dota di biglietteria IATA viene autorizzata all’emissione di biglietteria aerea di linea. Normalmente
la procedura di accreditamento è onerosa e richiede diversi passaggi burocratici. Il sistema per prenotare
i voli con i codici iata si chiama criptico è sempre un sistema gds ma per usarlo bisogna fare dei corsi .
Non è obbligatorio essere agenzia iata si possono usare anche normali gds per la prenotazione aerea

Formalità doganali e norme valutarie

Non è permesso uscire dal Paese portando con sé


somme che eccedano i 20.000 Dollari USA o il loro
controvalore. Per l'assicurazione dei veicoli non è
valida la carta verde italiana; all'ingresso nel Paese,
ALBANIA direttamente alla frontiera terrestre o marittima, è
necessario stipulare un'assicurazione temporanea
con una compagnia albanese il cui costo medio per
un'autovettura per 15 giorni è di circa 50 Euro.

nessuna in particolare.

Formalità doganali: i viaggiatori che rientrano in


Austria dai Paesi vicini non appartenenti all'Unione
Europea, devono tener presente che vigono limiti di
AUSTRIA
importazione in franchigia su alcuni prodotti quali:
tabacchi, alcolici, profumi, ecc. Le infrazioni
comportano multe severe, oltre al sequestro dei
prodotti in eccesso al limite consentito.

nessuna

Divieti di importazione
- pugnali, coltelli a serramanico, manganelli, armi da
guerra (salvo un permesso speciale) ;
- armi da difesa :l'importazione , anche temporanea,
BELGIO
di una pistola o revolver, che sono considerate armi
da difesa, è subordinata alla esibizione di una
autorizzazione ad importare tale arma, emessa dal
Ministero della Giustizia, dal Procuratore Reale o dal
Commissario di polizia o dal comandante della
Gendarmeria del domicilio dell'acquirente. Questa
autorizzazione non può essere stata rilasciata da più
di 3 mesi dall'importazione.
-stupefacenti ,droghe .
-emblemi, oggetti e scritte contrari all'ordine
pubblico.

Limitazioni all'esportazione
Per esportare oggetti d'arte e antichità verso un
paese non UE, è necessaria una autorizzazione
d'esportazione. Per i paesi UE non serve.

Va sempre effettuata una dichiarazione doganale in


entrata ed in uscita della valuta posseduta, ma solo
se la somma supera l'equivalente di 10000 dollari in
entrata e di 3000 dollari USA in uscita. E'
indispensabile compilare con la massima precisione
la "dichiarazione doganale" riguardante la valuta
posseduta al momento dell'entrata nel Paese. In caso
di mancata dichiarazione di somme particolarmente
elevate, si incorre nel reato di contrabbando di
valuta straniera che può comportare forti ammende,
nonché pene detentive. È necessario, pertanto,
conservare con cura la "dichiarazione doganale e le
ricevute dei pagamenti, per non incorrere, al
momento dell'uscita dal Paese, nella confisca delle
somme eccedenti non dichiarate .
Il rublo bielorusso è l'unica valuta di pagamento
ammessa, con possibilità di convertire agevolmente
euro e dollari presso i numerosi sportelli bancari e
uffici di cambio presenti nella capitale. Diffuso, ma
BIELORUSSIA
assai meno che in Italia, il pagamento con carta di
credito, generalmente ammesso negli hotel e nei
ristoranti di livello. Numerosi nella capitale gli
sportelli bancari automatizzati.Divieto di
importazione: non possono essere importate in
Belarus bevande alcoliche per più di 5 litri, sigarette
per più di 200 pezzi o 200 grammi di tabacco,
pneumatici usati per più di 4 pezzi, oltre ad altri
prodotti la cui importazione sia vietata dalle
convenzioni internazionali.
Esiste inoltre una serie di limiti quantitativi
all'importazione di determinati beni (caviale, articoli
di gioielleria, sigarette, alcolici), in diversi casi con
l'applicazione di dazi di importazione entro quantità
predeterminate.
Per motivi di prevenzione sanitaria le autorità
bielorusse impongono dal mese di agosto 2007
restrizioni temporanee all'importazione di carne e
prodotti derivati.
Per altri beni esiste una limitazione all'importazione
previa autorizzazione speciale (in particolare, ma non
solo: armi, equipaggiamenti sportivi speciali,
componenti medicinali, piante).Limitazione di
esportazione: è vietato esportare clandestinamente
oggetti artistici o di antiquariato (ad es. icone); si
incorre, infatti, nella confisca dei beni, in multe e
nella detenzione.

La valuta nazionale è il marco convertibile (BAM o


KM) introdotto il 22 giugno 1998. Esso gode di parità
fissa con l'Euro (1 BAM = 0,51€ circa). Di norma i
pagamenti vengono effettuati in contanti, ma le più
diffuse carte di credito come Mastercard e Visa sono
solitamente accettate nei principali negozi, strutture
alberghiere e di ristorazione della capitale e delle
altre città di Mostar, Banja Luka, Tuzla e Brcko. Sono
BOSNIA ERZEGOVINA inoltre in uso numerosi distributori automatici
(Bancomat circuito Cirrus) ed alcune banche
effettuano operazioni di anticipo contante dietro
presentazione di carta di credito.
Per coloro che intendono giungere in macchina in
Bosnia Erzegovina, si ricorda che la "Carta verde" per
la copertura assicurativa è accettata anche sul
territorio bosniaco.

L'importazione di valuta da parte degli stranieri è


libera e senza alcuna formalità per importi inferiori
agli 8.000 nuovi leva (BGN) ovvero 4.090 euro circa.
Importi superiori a tale limite devono essere
dichiarati alle autorità doganali sia all'ingresso che
all'uscita dal Paese. L'esportazione di somme
superiori ad un controvalore di 25.000 leva devono
BULGARIA ottenere una specifica autorizzazione della Banca
Nazionale Bulgara.
Il cambio è libero e può essere facilmente effettuato
anche presso i numerosi uffici cambio autorizzati. Si
raccomanda, tuttavia, di diffidare di eventuali offerte
di cambio vantaggiose che vengono proposte per
strada nei pressi delle maggiori zone turistiche.

La normativa locale non prevede un limite minimo o


massimo della somma che un visitatore può
introdurre in Croazia. Si consiglia comunque, sia in
entrata che in uscita dal Paese, di dichiarare alla
CROAZIA
dogana l'eventuale possesso di ingenti somme in
contanti. Le autorità di frontiera possono negare
l'ingresso nel Paese a chi non dimostri di essere in
possesso di mezzi sufficienti a garantire la propria
sussistenza in Croazia, quantificati in 100 euro a
persona al giorno. Carte di credito o travellers'
cheques possono essere utilizzati per dimostrare il
possesso di tali mezzi di sussistenza. L'euro è
frequentemente accettato come valuta di
pagamento.

Nessuna.

Divieti di importazione:
- armi da fuoco e munizioni;
DANIMARCA - alcuni medicinali;
- droghe e narcotici;
- piante con la terra
- carne fresca, surgelata e affumicata.

Non vi sono particolari formalità valutarie.


Le somme importate in valuta straniera eccedenti il
valore di 80.000 Corone (pari a meno di 5.000 euro)
devono essere dichiarate alla frontiera d'ingresso nel
Paese.

Divieto di importazione
Articoli contraffatti, CD e video pirata, diamanti e
ESTONIA pietre preziose (tranne che sotto forma di gioielli),
droghe, opere che rappresentino minori in pose
erotico/pornografiche, specie di piante o animali in
grado di danneggiare gli equilibri economici, nonché
tutte le armi non consentite a scopi civili.Limitazione
di esportazione
È possibile esportare in franchigia articoli acquistati
in Estonia per un valore totale di 5000 EEK.

Nessuna IMPORTAZIONE LIMITATA


Armi: qualsiasi altro tipo di arma è soggetta ad
un'autorizzazione all'importazioneCarne: La carne e
prodotti derivati devono rispondere a determinate
esigenze sanitarie e sono soggetti al controllo presso
l'apposito ufficio ispettivo di frontiera.

Piante: Alcuni vegetali e prodotti derivati devono


FRANCIA
essere accompagnati da un certificato fitosanitario.

Medicine: Un visitatore può importare medicine per


il proprio uso personale. Se si tratta di medicine
stupefacenti e psicotrope che fanno parte di un
trattamento medico, deve essere esibito un
certificato medico o una ricetta. La quantità di
medicine importate non deve superare la quantità
necessaria per la durata del soggiorno. Per i metalli
preziosi, gioielli, oggetti d'arte e oggetti da collezione
è prevista una tassa del 7% (7,5% per i metalli
preziosi) più 0,5% di spese presentando la fattura
d'acquisto. Si consiglia ai visitatori che desiderino
esportare tali oggetti, di contattare i servizi doganali
per ottenere tutte le informazioni sulle formalità in
vigore, soprattutto nei casi di acquisto da privati.
Per i beni culturali (quadri, antichità, ecc.) esistono
delle restrizioni nell'esportazione. Per ulteriori
informazioni rivolgersi ai servizi doganali.

Contraffazioni: E' vietato il possesso o l'esportazione


di qualsiasi contraffazione.

L'Euro è la moneta in uso anche in Grecia dal gennaio


2002. Per i cittadini dell'Unione Europea non sono
pertanto previste particolari formalità valutarie, in
aggiunta alle regolamentazioni vigenti nello stesso
settore in Italia.
Divieti di importazione
È strettamente vietata l'importazione dei seguenti
articoli :
- armi da fuoco di qualsiasi genere, armi da guerra,
GRECIA munizioni, eccetto fucili da caccia , la cui
importazione è regolamentata.
- narcotici e stupefacenti
- piante in vaso
- carburante in contenitori.

Limitazioni all'importazione ed esportazione: Per


l'esportazione di antichità e oggetti d'arte bisogna
ottenere un permesso.

Per quanto concerne le somme da dichiarare si tratta


di quelle previste dall'UE sia in entrata sia in uscita
dal Paese. Tutte le principali carte di credito sono
accettate; sono presenti sportelli bancari
IRLANDA automatizzati.
Divieto di importazione: carni e formaggi possono
essere soggetti a controlli
Limitazione di esportazione: nessuna

Nessuna in particolare. Importazione libera di valuta


estera e islandese sia all'ingresso che in uscita.
Largamente accettate le maggiori carte di credito,
ISLANDA
soprattutto Visa e Mastercard. Esportazione
E' vietata l'esportazione di oggetti di particolare
valore storico ed archeologico, senza speciale
autorizzazione del Museo Islandese di Storia
Naturale. E' vietato esportare, raccogliere e
danneggiare specie protette, animali e vegetali.

In base al Trattato sulle dogane del 29 marzo 1923


con la Svizzera, vale per il Liechtenstein la stessa
normativa vigente nella Confederazione Elvetica. Si
LIECHTENSTEIN
rimanda pertanto a quanto riportato sotto la
medesima voce nella scheda Paese Svizzera

Non esistono restrizioni valutarie. Sono


comunemente accettate le carte di credito VISA e
Mastercard (meno diffusa American Express) e vi è
nel Paese un ampia disponibilità di sportelli bancari
automatizzati.
Normativa: la Lituania non è firmataria delle
convenzioni doganali per il turismo.
Non è prevista alcuna restrizione per le merci
acquistate o trasportate viaggiando all’interno del
LITUANIA territorio dell’UE, se tali merci sono intese per uso
personale e non per la vendita. L’IVA ed i diritti
doganali sono inclusi nel prezzo dei prodotti e
nessun ulteriore pagamento di tasse può essere
richiesto in qualsiasi altro Stato Membro dell’UE.
Una particolare diciplina è prevista per i prodotti a
base di tabacco e per le bevande alcoliche
limitatamente a ciò che concerne il concetto di uso
personale.

Nessuna.
Importazione: i viaggiatori che provengono da un
paese membro dell’Unione Europea possono
portare, in franchigia, a persona, e nelle quantità
indicate, i prodotti seguenti :
LUSSEMBURGO
sigarette 800 pezzi, bevande alcoliche >22% vol. 10
litri; prodotti intermedi 20 litri; sigari 200 pezzi; vini
90 litri; birre 110 litri.
Per altre merci non esistono limitazioni

Le somme in valuta superiori a € 2.000 dovranno


essere dichiarate alla dogana al momento
dell'ingresso nel Paese.
MACEDONIA E’ indispensabile, invece, un permesso speciale per
l’esportazione di oggetti di valore archeologico,
storico, etnico, scientifico, e culturale.

I controlli sul cambio sono stati aboliti, ma chiunque


MALTA entri o esca da Malta portando con sé contanti o
valute per un valore uguale o superiore a 10.000
Euro deve compilare un'apposita dichiarazione
reperibile in dogana. Divieti di importazione
Articoli contraffatti tipo gli orologi da polso, i vestiti,
le cassette video, i "softwares" ecc., nonché qualsiasi
articolo recante la marca contraffatta. Materiale
pornografico (libri, riviste, film, video, ecc.). Armi
quali i coltelli a serramanico, i bastoni animati, i
pugni di ferro e certi arnesi di arti marziali. Sono
vietati anche gli arpioni per la pesca. Le droghe quali
l'eroina, la morfina, la cocaina, la cannabis, le
anfetamine, i barbiturici, ecc. Limitazioni
all'importazione
Armi da fuoco: per l'importazione di armi da fuoco,
munizioni ed esplosivi (compresi fuochi di artificio e
petardi) è necessario ottenere il permesso
rivolgendosi alla Polizia maltese al seguente numero:
Malta Police - Weapons Office - Tel.
00356/22940000 - fax 21247922L’introduzione in
territorio maltese di carni e salumi avviene senza
formalita’ fino alla quantita’ di 1 Kg. Oltre tale soglia,
la merce deve essere accompagnata dalla relativa
fattura, da cui risultino gli estremi del produttore
(regolamento CE n. 599/2004).
Per qualsiasi ulteriore informazione rivolgersi a:
Department of Customs - Custom House - Lascaris
Wharf - Valletta - VLT 2000.
Tel: 25685101/2, 25685250 - Fax: 00356 / 21246150
/ 2568 5300; e-mail: malta.customs@gov.mtMalta fa
parte del C.I.T.E.S. che limita l'importazione di alcune
piante e specie in via di estinzione.
Per maggiori informazioni rivolgersi a:
Environment Protection Department tel.
00356/21231895; fax 00356/21241378 Limitazioni
all'esportazione
E' necessario un permesso rilasciato dal
Dipartimento dei Musei per poter esportare articoli
più vecchi di 50 anni.
Per informazioni rivolgersi a:
Dipartimento dei Musei: 138 Melita Street, Valletta
Tel. 00356 / 21251874

In entrata: è possibile introdurre sino a 5.000 $ ed


occorre denunciare la valuta al momento
dell’ingresso nel Paese.
In uscita: si può esportare valuta non superiore
MOLDOVA
all’importo dichiarato in entrata.
Per quanto concerne l’esportazione di beni a
carattere culturale, storico o artistico, oggetti in
metallo prezioso (con o senza pietre preziose),
occorre ottenere l’ autorizzazione scritta da parte
delle Autorità moldove. L’esportazione non
autorizzata di tali beni è considerata reato e si può
essere perseguiti con la massima severità.

Nessuno
MONACO

Il Montenegro utilizza l'Euro, reperibile facilmente


presso banche e sportelli bancomat; l'uso di carte di
credito è frequente negli esercizi commerciali delle
città più grandi. Le carte di credito più diffuse sono
VISA, Mastercard, Maestro e DINERS, con le quali è
possibile effettuare qualsiasi genere di transazione.
È possibile introdurre in Montenegro valuta fino a
2.000 € senza dichiararla. È invece necessario
dichiarare alla dogana l’ingresso con importi
compresi tra i 2.000 € e i 10.000 €. Oltre i 10.000 € in
valuta, assegni, titoli o metalli/gioielli preziosi
l’autorità doganale segnalerà l’immissione
dell’importo all’Agenzia per la lotta al riciclaggio.
Non è consentito lasciare il Paese con più di 2.000 €
MONTENEGRO in valuta.
LIMITAZIONI DI IMPORTAZIONE
In base alla legge doganale montenegrina è possibile
importare in franchigia effetti personali in quantità
sufficiente per le proprie esigenze tenuto conto della
stagione, scopo e durata del viaggio.
Facilitazioni. I viaggiatori maggiorenni possono
importare in Montenegro prodotti alcolici e tabacchi
senza pagare tasse doganali fino alle seguenti
quantità:
- 200 sigarette o 100 cigarillos (max. 3 gr, a pezzo) o
50 sigari o 250 gr. di tabacco sfuso
- 2 litri di vino e 1 litro di superalcolici
- 50 gr. di profumo o 250 gr di eau de toilette

Nessuna in particolare.
E’ permessa l’importazione libera di valuta estera e
norvegese sotto forma di assegni e lettere di credito.
Per quanto riguarda denaro contante, è permessa
l’introduzione fino al limite massimo di 25.000
corone norvegesi (circa 2800 Euro). Per somme
NORVEGIA superiori alle 25.000 corone, è necessaria la
dichiarazione doganale al momento dell’arrivo in
Norvegia. Sono largamente accettate tutte le
maggiori carte di credito (Visa, Diners, American
Express, Mastercard, ecc...) con le quali è possibile
effettuare prelievi di contante presso gli sportelli
automatici.
Esportazione:
E’ vietata l’esportazione di oggetti di particolare
valore artistico, culturale e storico, senza speciale
autorizzazione del Ministero dell’Ambiente
norvegese
Importazione:
È consentita l’importazione in franchigia di merce
per un valore fino a 6.000 corone (circa 680 Euro).
Molto limitata l’importazione degli alcolici che varia
anche in base all’età del viaggiatore.
E’ vietata l’importazione di superalcolici con una
percentuale di alcool superiore al 60% per volume.
E’ consentita l’importazione di 200 sigarette o 250
grammi di tabacco per viaggiatori superiori a 18
anni.
E’ vietata l’importazione di alcuni specifici beni o
merci senza speciali permessi (medicine, permesse
solo piccole quantità per uso personale, armi e
munizioni, fuochi d’artificio, patate, mammiferi,
uccelli ed animali esotici, piante o parti di piante
destinate alla coltivazione). L’importazione di
prodotti agricoli è sottoposta a particolari restrizioni.
I viaggiatori provenienti dai Paesi UE e SEE possono
liberamente importare, per uso personale, carne,
latte e formaggi, esclusi prodotti alimentari per cani
e gatti, (massimo 10kg), fiori recisi (massimo 25),
frutta, bacche e verdure, escluse le patate, (massimo
10kg.), bulbi e tuberi (massimo 3kg.) e piante in vaso
(massimo 5 pezzi) e bustine di semi (massimo 50).
Informazioni dettagliate sono disponibili nel sito
Internet delle dogane norvegesi (anche in inglese)

Nessuna.
Il Consolato Generale d’Italia in Amsterdam ha
giurisdizione su tutto il territorio dei Paesi Bassi. In
caso di smarrimento di documenti di viaggio o
necessità di assistenza i connazionali dovranno
PAESI BASSI
quindi rivolgersi a tale Ufficio Consolare.
Si fa presente ai connazionali che l’Ambasciata o il
Consolato non possono intervenire sulle compagnie
aeree in caso di mancato imbarco per overbooking

La normativa non prevede limitazioni in sulla


quantità di valuta importabile in Polonia. E'
consentita - senza necessità di dichiarazione -
POLONIA l'esportazione di somme fino a 10.000 Euro; se
l’importo è superiore all'equivalente di 10.000 euro
va dichiarato in forma scritta alla dogana o alla
Polizia di Frontiera. Si consiglia,quindi, al momento
dell'ingresso nel Paese, di dichiarare l'eventuale
possesso di cifre superiori a tale importo.
La normativa polacca prevede la necessità di
un'apposita autorizzazione per l’esportazione di:
beni artistici non iscritti nel registro dei beni
considerati antiquario, ma realizzati da oltre 55 anni;
prodotti tecnici realizzati da più di 25 anni; libri e
stampe prodotti prima del 31 dicembre 1948;
antichità iscritte nel registro dei beni aventi valore
antiquario.

Le Autorità del Paese trattano con particolare


severità i cittadini stranieri che contravvengono alle
norme relative all’acquisto di oggetti di antiquariato
di particolare valore per i quali è necessaria la
certificazione da parte del Ministero della Cultura. Si
consiglia, al riguardo di rivolgersi a negozi fidati e di
REPUBBLICA CECA
farsi rilasciare regolare ricevuta con la descrizione
dell’oggetto. Solo se l’oggetto è munito di tale
certificazione del Ministero della Cultura che ne
attesta il particolare valore artistico può essere
esportato.

In entrata: è possibile introdurre sino a 10.000 Euro o


l’equivalente in qualsiasi valuta. Le somme superiori
a 10.000 euro vanno dichiarate.Far registrare al
momento dell’ingresso i seguenti beni: armi e
munizioni (anche da caccia), materiale esplosivo;
sostanze medicinali stupefacenti e psicotrope,
prodotti chimici e tossici; beni a carattere culturale,
storico o artistico; oggetti in metallo prezioso, con o
senza pietre preziose, oltre a quelli di comune uso
personale. In uscita: è possibile esportare somme
ROMANIA non superiori a quelle indicate dalle disposizioni
valutarie in entrata. I beni dichiarati in entrata si
possono riesportare; i beni a carattere culturale,
storico o artistico, oggetti in metallo prezioso, con o
senza pietre preziose, acquistati in loco devono
avere l’autorizzazione da parte dell’Autorità romene.
L’assenza di predetta autorizzazione e/o
dichiarazione dei beni posseduti in entrata, può
costituire reato, con possibili conseguenze penali e/o
ammende

In materia valutaria le disposizioni locali impongono


l'obbligo di dichiarare - al momento dell'ingresso in
RUSSIA Russia - il possesso di valuta estera (qualora superi
l'ammontare di $ 3000). A tal fine, occorre riempire
l'apposito modulo, reperibile negli aeroporti di arrivo
(e comunque alla frontiera), indicandovi esattamente
la valuta che si porta con sè. Il modulo deve essere
consegnato per la timbratura ai funzionari doganali
russi che sostano all'interno del "red channel", e cioè
nello spazio riservato a chi deve dichiarare beni
soggetti a verifiche doganali.
Il cambio di valuta si effettua presso le Banche o
presso gli uffici di cambio autorizzati. E' opportuno
conservare le ricevute del cambio effettuato nel caso
di eventuali controlli di polizia. Le piu` diffuse carte di
credito sono accettate ma solo nei principali centri
della Russia.
Il modulo valutario, debitamente timbrato, va
conservato con cura. All'uscita dal paese esso va
presentato, su richiesta, alle autorità di frontiera
russe.
Formalità doganali
L'acquisto di articoli di valore (compreso il caviale) dà
luogo al rilascio di una ricevuta, da conservare ed
esibire all'uscita. Se si acquistano quadri, oggetti
d`arte di valore (cio` vale in particolare per le icone)
occorre farsi rilasciare una autorizzazione
all`esportazione da parte del Ministero della Cultura;
senza la prescritta autorizzazione il bene è
suscettibile di sequestro, e si può incorrere in
ulteriori conseguenze (multa, arresto, detenzione,
processo).
L'importazione di armi militari e di munizioni è
vietata. Un fucile da caccia può essere importato a
condizione che sia accompagnato dall`attestazione di
una partita di caccia organizzata da un'agenzia di
viaggi ufficiale.
L'esportazione di articoli soggetti a limitazioni
Alcuni beni sono soggetti a limitazione tra i quali si
annoverano:
- oggetti d'arte e d'antiquariato (salvo il permesso
del Ministero della Cultura e dietro pagamento di
una tassa);
- metalli preziosi e pellicce (salvo che detti articoli,
dichiarati all'arrivo, siano di proprietà del visitatore);
- caviale (si possono esportare fino a 250 grammi con
fattura che attesti la provenienza di detto prodotto
che deve essere acquistato in un negozio autorizzato
alla vendita agli stranieri).

La valuta ufficiale della Repubblica di Serbia è il


nuovo dinaro, che costituisce l'unico mezzo di
SERBIA
pagamento accettato, anche per i pedaggi
autostradali (sono operativi Uffici di cambio al
confine). Dal 1° giugno 2002 il dinaro è convertibile e
può essere richiesto presso gli sportelli di alcune
banche italiane, mentre soprattutto a Belgrado
esistono numerosi uffici di cambio. Sebbene la
situazione sia in netto miglioramento, grazie anche
all'apertura di numerose banche straniere, si
consiglia di munirsi di sufficiente contante prima di
intraprendere un viaggio nel Paese. La valuta dovrà
essere dichiarata poi in frontiera in quanto l'uso di
carte di credito (fuori Belgrado) è ancora limitato. È
comunque possibile ricevere trasferimenti bancari
internazionali tramite la “Western Union”. I principali
alberghi (inclusi i due maggiori hotel di Belgrado,
l’Hyatt e l'Intercontinental) accettano le principali
carte di credito, ma è bene accertarsene prima del
viaggio. A Belgrado vi sono anche alcuni sportelli
Bancomat nei quali è possibile effettuare prelievi su
circuiti Maestro/Cirrus.
La valuta importata superiore a 5.000 Euro deve
essere dichiarata alle Autorità doganali di frontiera al
momento dell'entrata o del transito; a tal fine si deve
compilare l'apposito modulo consegnato
direttamente dal personale di frontiera. In assenza di
tale modulo si rischia la confisca della valuta
all'uscita dalla Serbia. In caso di confisca, occorre
richiedere il verbale di sequestro ed informare per
iscritto l'Ambasciata d'Italia a Belgrado.
FORMALITA’ DOGANALI:
Un visitatore può importare in franchigia effetti
personali in quantità sufficiente alle proprie esigenze
tenuto conto della stagione, scopo e durata del
viaggio.
È vietato importare: armi da guerra, revolver, fucili,
pistole a gas, coltelli a lama fissa, stupefacenti, veleni
Carne: è consentito importare una quantità
ragionevole di carne per il consumo personale
dell'importatore.
Piante: al momento dell'importazione occorre
presentare alle autorità doganali un certificato
fitosanitario
Esportazione: è necessario un permesso di
esportazione per poter esportare articoli aventi
valore archeologico, storico, etnico o artistico e le
monete in oro.

Per quanto concerne l’importazione dai paesi terzi, si


possono importare oltre agli effetti strettamente
SLOVACCHIA
personali, 200 sigarette o 250 gr. di tabacco e due
litri di alcolici. Per le importazioni nell’ambito
dell’UE: 800 sigarette, 1 kg di tabacco, 10 litri di
alcolici.
Le carte di credito vengono generalmente accettate
quale mezzo di pagamento. Si segnala la presenza di
sportelli bancari automatizzati.

Nessuna. È possibile l’uso di carte di credito.Molto


diffusi nel paese sportelli bancari automatizzati.
Nel Paese sono applicate le direttive UE.
- In relazione a recenti episodi che hanno coinvolto
cittadini italiani che hanno attraversato la Slovenia
per attivita’ venatoria in Croazia, si segnala che la
Slovenia ha emanato nel 2000 una legge che regola
la materia e che e’ entrata in vigore alla fine di luglio
del 2004.
- La nuova legge sancisce l’obbligatorietà, ai fini del
transito o permanenza in Slovenia per attivita’
venatoria, della presentazione della carta europea
d’arma da fuoco. Ai connazionali che intendono
SLOVENIA
recarsi in Slovenia o transitarvi durante le stagioni
venatorie si raccomanda di assumere
preventivamente, presso i Consolati o l’Ambasciata
di Slovenia in Italia, tutte le informazioni relative alle
prescrizioni che le Autorita’ slovene hanno posto per
quanto riguarda l’ingresso delle armi, alla specie
degli animali cacciabili ed ogni altra utile
informazione riguardo agli adempimenti sanitari da
espletare ai posti di frontiera. Si sottolinea che le
Autorita’ slovene applicano sanzioni abbastanza
severe per coloro che non osservano le disposizioni
vigenti in materia in vigore in questo Paese.

In entrata: nessuna.
In uscita dal Paese: fino a € 6.010 non viene richiesta
nessuna formalità.
Per importi da 6.010,00 a 30.051,00 euro viene
richiesta la dichiarazione resa in ingresso alle
SPAGNA autorità di frontiera o presso la banca dove si preleva
il denaro; in ogni caso tale operazione deve essere
effettuata prima di partire.
Per importi da 30.051 euro, viene richiesta
l’autorizzazione preventiva del Banco de España.

La normativa elvetica non prevede limiti


al’importazione od esportazione di contanti. E’
prevista l’esenzione da dazi doganali per
SVIZZERA
l’importazione di prodotti ad uso personale per un
valore complessivo di 300 franchi svizzeri.
Prodotti come carni, tabacco e bevande alcoliche
sono invece soggetti a limiti quantitativi ben definiti.
Informazioni dettagliate sono disponibili sul sito
internet dell’Amministrazione Federale delle
Dogane (anche in lingua italiana), alla voce
informazioni doganali per privati

Le somme in denaro aventi controvalore da 3000


USD a 15000 USD devono essere dichiarate in
dogana in entrata. Se superiori a 15000 USD deve
essere presentata anche una dichiarazione bancaria.
L’utilizzo della carte di credito e’ ormai diffuso
tuttavia si registrano numerosi casi di frode o
UCRAINA
clonazione. Sono presenti in gran numero gli sportelli
di cambio valute ed i Bancomat.
Limitazione di esportazione.
È proibita l'esportazione dal Paese di oggetti d'arte o
di antiquariato precedenti al 1945.

Nessuna formalità in particolare. I cittadini


comunitari possono importare e/o esportare Euro o
Fiorini ungheresi in quantità illimitata.
È possibile effettuare il cambio di valuta presso le
banche, presso i cash points o gli uffici di cambio. Le
Banche sono aperte dal lunedì al venerdì, dalle 8.00
alle 16.00. Le carte di credito sono generalmente
accettate, sebbene alcuni esercizi commerciali
esigano ancora solo il pagamento in contanti. Sono in
costante aumento gli sportelli bancomat. I travellers’
cheques e gli Euro cheques si possono cambiare in
banca (la commissione prevista è di circa l’1%).
In generale, i quantitativi ammessi che non
costituiscono oggetto di attività commerciale sono i
UNGHERIA
seguenti:
Tabacchi: 800 sigarette, 200 sigari, 400 piccoli sigari,
1000 grammi di tabacco da fumo
Alcolici: 110 litri di birra, 20 litri di prodotti alcolici
intermedi (liquori ecc.), 10 litri di prodotti alcolici
(superalcolici) , 90 litri di vino (di cui, al massimo, 60
litri di spumante)
L’Ungheria ha limitato il numero di sigarette che i
viaggiatori possono importare dalla Romania. Fino
alla fine del 2009, infatti, coloro che entrano nel
Paese provenienti dalla Romania possono detenere
un massimo di 200 sigarette; oltre tale quantitativo è
previsto il pagamento di una accisa apposita.

Non sono previste formalità particolari. Non si possono


BAHAMAS
introdurre somme superiori a 10.000 US$.
Vi sono numerose restrizioni sui prodotti alimentari in genere e
le medicine. E' vietato importare insaccati, vegetali, semi
anche in piccole quantità.

Alle Barbados i dollari americani (USD) sono accettati. Si può


pagare con le carte di credito nella maggior parte dei negozi,
degli hotels e dei ristoranti. Le carte più accettate sono:
American Express, Visa, Mastercard ed Eurocard. Non vi sono
limiti di valuta che si può introdurre nel Paese. Le banche sono
BARBADOS
aperte dal lunedi al giovedi dalle 8:00 alle 15:00 e il venerdi
dalle 8 alle 17:00.
Divieto di importazione: è vietato introdurre nel Paese carne,
frutta e verdura senza un regolare permesso.

E' consentita al seguito del viaggiatore l'importazione di effetti


personali privi di ogni carattere commerciale (comprese
videocamere, macchine fotografiche, personal computer,
articoli sportivi, ecc). È inoltre consentita l'importazione di 3 litri
tra vini e/o liquori e 500 gr. di sigarette o sigari. È vietata
l'importazione di generi alimentari.
COSTA RICA
Attualmente le banche locali (sia pubbliche sia private) non
sono ancora abilitate al cambio dell'Euro ed il cambio
eventualmente praticato è molto penalizzante. Si consiglia di
continuare ad utilizzare il dollaro USA quale valuta di
riferimento, meglio ancora il bancomat.

E' obbligatorio dichiarare la quantità di


valuta estera che s'introduce nell'Isola
se questa supera i 5.000 dollari USA.
In assenza di tale dichiarazione ci si
espone, all'uscita dal Paese, al
sequestro dell'importo eccedente i
5000 dollari. Si ricorda che, a causa
dell'embargo statunitense nei confronti
di Cuba, l'ingresso di dollari nel Paese
non è autorizzato dalle autorità
americane. Non è possibile, quindi,
inviare tale valuta da e verso Cuba
attraverso il sistema bancario
internazionale, né utilizzare carte di
credito emesse da istituti statunitensi
né traveller cheques in dollari USA. I
viaggiatori diretti a Cuba possono
importare una volta l'anno oggetti,
nuovi od usati fino ad un valore
massimo di 250 dollari. Fino a 50
dollari vi è completa esenzione da
imposte, mentre i restanti 200 dollari
sono gravati da un'imposta del 100%.
Sono esenti da imposte anche i
medicinali fino a 10 chili. E' autorizzata
l'importazione temporanea con obbligo
di riesportazione al termine del
soggiorno di alcuni elettrodomestici ad
uso personale (es. asciugacapelli, rasoi
elettrici, radio, registratori, macchine
fotografiche, ecc). E' ammessa altresì
l'importazione temporanea di computer
portatili e telefoni cellulari. E'
assolutamente vietato importare
apparecchi DVD, frigoriferi, cucine
elettriche, forni, ferri da stiro e tutto ciò
che possa far incrementare il consumo
elettrico nel Paese.Possono essere
esportati:
· fino a 100 pesos in moneta nazionale
e 200 pesos in moneta convertibile;
· sigari fino a 23 unità sfuse (si
consiglia, tuttavia, di munirsi di regolare
fattura per evitare eventuali sequestri
della mercanzia;
· beni appartenenti al patrimonio
culturale, anche quando siano stati
acquistati in negozi o presso rivenditori
privati autorizzati (ad esempio libri,
artigianato e oggetti antichi presenti in
alcune delle zone a grande
concentrazione turistica).
L'esportazione dei suddetti beni è
soggetta a norme doganali rigorose,
pena il sequestro della merce.

L'introduzione di valuta estera o


locale non è soggetta a limiti
quantitativi, ma ogni somma di
denaro deve essere dichiarata al
momento dell'arrivo.
DOMINICA Divieto di importazione: non è
possibile introdurre carne frutta e
verdura senza permessi. E' vietata
l'importazione di qualunque tipo di
droga

All'arrivo nel Paese è obbligatorio


dichiarare solo moneta e merce per
un valore superiore ai 10.000 dollari
USA. In uscita dal Paese, non sono
EL SALVADOR previste formalità doganali a parte il
pagamento delle imposte
aeroportuali.
L'unica valuta straniera accettata da
banche, alberghi ed esercizi
commerciali è il dollaro USA.

Non ci sono restrizioni, né valutarie


né doganali, eccetto per
GIAMAICA
l'importazione del caffé

Nessuna
HONDURAS

All'arrivo nel Paese viene fornito dal


personale di bordo dell'aereo o alle
frontiere terrestri, un formulario nel
quale occorre dichiarare il possesso
di somme superiori a US$10.000. La
tassa di soggiorno è di US$37 (US$ 5
da pagare al momento dell'entrata nel
Paese e US$ 32 all’uscita).
Un dollaro USA, che è l'unica valuta
straniera comunemente accettata
equivale a 18,15 Cordobas circa
(moneta locale). Il Cordoba subisce
una svalutazione ufficiale
programmata del 5% annuo rispetto
al Dollaro USA. Solo alcune banche
NICARAGUA
da poco tempo cambiano l'Euro.
Sono accettate le principali carte di
credito.
Avvertenze: Si consiglia di effettuare i
necessari cambi di valuta presso le
banche locali. È comunque possibile
effettuare cambi anche presso
cambisti autorizzati presenti in alcune
strade della città. I cambisti ufficiali
sono in possesso di una tessera di
riconoscimento esposta in maniera
ben visibile cosa che permette di
distinguerli da quelli abusivi che sono
assolutamente da evitare

La valuta che ha corso legale a


Panama è il dollaro USA. Esiste
ufficialmente una moneta nazionale,
denominata "balboa", con valore
uguale al dollaro USA ma emessa
solo in monete da 5, 10, 25 e 50
PANAMA centesimi (le monete, tranne quella
da 50 cents, sono identiche per
forma, peso e colore a quelle
americane). Al momento dell’arrivo
nel Paese occorre dichiarare alla
dogana il possesso di valuta
superiore ai 10.000 dollari.
Le banche non sono quasi mai
provviste di servizio di cambio valuta;
al momento il cambio euro-dollaro è
effettuato solamente da alcune
banche (BNP, HSBC) con sede solo
nella capitale.
Si consiglia pertanto di viaggiare con
dollari USA in biglietti da 20 e 50
dollari in quanto vengono accettati
con meno difficoltà. Si possono in
genere ritirare contanti dai Bancomat
locali nelle maggiori città con le carte
di credito italiane. All'uscita dal Paese
è previsto il pagamento di una tassa
d'imbarco di 20 dollari a persona, che
di norma viene inclusa nel costo del
biglietto.

Limite di 1000 dollari (per i turisti) e di


10.000 dollari per gli uomini d’affari
(con documentazione attestante
l’attività svolta). ogni persona è
autorizzata a trasportare due litri di
liquore, 200 sigarette e regali per un
valore massimo di 1000 dollari. Le
Carte di Credito accettate sono:
American Express - Mastercard -
Visa.

TASSA D’INGRESSO: USD$ 10 in


valuta americana per l’acquisto di una
REPUBBLICA DOMINICANA tessera turistica.

TASSA D’USCITA: USD$ 20 in valuta


americana. Tale tassa è talvolta già
conteggiata dalle compagnie aeree
nel prezzo del biglietto. Gli stranieri
non residenti che superano i 15 giorni
nel paese pagano una tassa
addizionale che va da un minimo di
300 pesos dominicani (per i soggiorni
fino a tre mesi) ad un massimo di
15.000 pesos dominicani (oltre i
cinque anni).

CANADA
Nessuna per importazione di somme inferiori ai Can $ 10.000.
MESSICO
E' consentito introdurre beni per un valore equivalente a 300 US$ a persona. Per i
beni il cui valore eccede tale importo e fino a 1.300 US$, è previsto il pagamento di
una tassa, pagabile in aeroporto, in funzione del Paese di provenienza. Beni di valore
superiore a 1.300 US$ a persona sono trattenuti in deposito presso la dogana. In
questo caso, sarà necessario l’intervento di un agente doganale per avviare la
relativa pratica di importazione.
Non esiste, invece, alcuna restrizione per l’introduzione di somme di denaro fino a
10.000 US$. Somme superiori a 10.000 US$ devono essere dichiarate nell’apposito
formulario relativo all’importazione di valuta che viene fatto compilare al momento
dell’ingresso nel Paese.
STATI UNITI
E' opportuno dichiarare somme superiori a 2.500 Euro al fine di evitare
contestazioni alla partenza

Non sono previste restrizioni. All'uscita dal Paese


ARGENTINA non è consentito il possesso di oltre 10.000 US$.

Nessuna
BOLIVIA

Le somme importate che superano i R$ 10.000,00


(approssimativamente 4.000 euro) vanno dichiarate
su apposito formulario all'entrata nel Paese. Il
BRASILE cambio è libero e si effettua senza problemi presso
gli sportelli di cambio, presenti anche nei maggiori
alberghi e presso le agenzie bancarie.

Nessuna.
La valuta straniera in Cile può essere liberamente
cambiata nel Paese. Il peso è convertibile con tutte
CILE
le monete. Le società commerciali sono sotto il
profilo giuridico simili a quelle italiane.

All'arrivo nel Paese è obbligatorio dichiarare solo le


somme eccedenti i 10.000 dollari USA, compilando
un modulo rilasciato dall'autorità doganale DIAN
(Direcciòn de Impuestos y Aduanas Nacionales). In
caso di mancata denuncia, la somma eccedente i
10.000 dollari USA o moneta equivalente, sarà
confiscata dall'autorità doganale aeroportuale e
restituita solo dopo averne accertato la provenienza
legale e dietro pagamento di una multa pari al 30%
del valore non dichiarato. La moneta estera
COLOMBIA
maggiormente diffusa è il dollaro USA (vengono
accettati in banca anche gli euro). Il cambio della
valuta può essere effettuato presso Agenzie di
cambio private che operano nelle principali città del
Paese dietro presentazione del passaporto. In
uscita dal Paese è previsto il pagamento per tutti i
turisti di una tassa aeroportuale pari a circa 33
dollari US (o l'equivalente in valuta locale); mentre i
residenti, i turisti che permangono oltre 60 giorni e
gli stranieri che sono entrati in Colombia con un
visto per lavoro sono soggetti ad un'ulteriore tassa
pari a circa 29 dollari US. Per evitare il pagamento
dei 29 USD, i turisti che sono rimasti nel Paese
meno di 60 giorni devono chiedere l'esenzione da
questa ulteriore tassa all'apposito sportello sito nella
sala partenza dell'aeroporto.

Nessuna. Nelle maggiori città sono accettate le


carte di credito (VISA, MASTERCARD, DINERS,
ECUADOR
AMERICAN EXPRESS).

All'ingresso nel Paese è obbligatorio dichiarare la


valuta estera posseduta. E' previsto il pagamento in
contanti ed in aeroporto di una tassa d'imbarco del
GUYANA valore di GYD 4 000 al momento della partenza. Si
può pagare sia con la moneta locale sia in dollari o
in sterline.

Non esistono particolari restrizioni valutarie e


doganali, oltre alle limitazioni genericamente comuni
a tutti gli Stati (tabacchi, alcolici, armi, droghe, ecc.).
PARAGUAY
Difficoltà possono incontrarsi nell’importazione di
latticini, salumi e sementi

Non esistono restrizioni valutarie all’ingresso nel


Paese. L’Euro viene cambiato in diverse banche
anche se il cambio non è favorevole. Il dollaro USA
è la valuta corrente anche per le transazioni
commerciali e viene accettato quasi ovunque. Si
PERU'
consiglia di effettuare i cambi esclusivamente nelle
banche o nelle agenzie di cambio al fine di evitare il
rischio di ricevere banconote false dai cambisti
ambulanti

E' prevista una tassa d’imbarco per tutti i visitatori in


partenza da Suriname di 35 dollari USA/ 27 Euro.
La tassa non può essere pagata col Fiorino di
Suriname ma solo con dollari ed euro.
SURINAME
L’Importazione e l’ esportazione di valuta estera è
illimitata mentre per importi superiori a 10 000 USD
è obbligatoria la dichiarazione di valuta

È prevista una tassa di imbarco di TTD 100 per i


turisti con età inferiore a 60 anni. La tassa va
pagata in aeroporto in valuta locale al momento
della partenza. Negli spostamenti fra Trinidad e
TRINIDAD E TOBAGO Tobago non si deve pagare nessuna tassa.
Le banche effettuano il seguente orario: Trinidad -
lun.-giov. 9-14, ven. 9-12, 15-17 a; Tobago lun-giov.
8-11, 12-14, ven. 8-12, 15-17. È possibile pagare in
dollari. Le carte di credito Visa e MasterCard sono
utilizzabili nella maggior parte dei ristoranti, degli
alberghi e dei negozi.

All’atto dell’ingresso nel Paese occorre dichiarare


alla Dogana importi di valuta pari o superiori ai
10.000 (diecimila) dollari USA. Al di sotto di questo
ammontare non è prevista alcuna formalità
valutaria. Si segnala che sono molto rigorosi i
URUGUAY
controlli doganali sull’importazione in Uruguay di
prodotti d’origine animale o vegetale (latticini, carne,
salumi, prodotti ortofrutticoli, eccetera), per i quali è
necessaria la relativa documentazione sanitaria.

Il regime di controllo dei cambi introdotto nel


gennaio 2003 non comporta difficoltá per i visitatori.
Il cambio ufficiale si puó operare nelle banche o
presso gli uffici di cambio al tasso ufficiale di circa
VENEZUELA Bs 2.150 per un dollaro. Cambi di valuta effettuati
sul mercato parallelo sono considerati illegali. In
Venezuela vengono accetate le carte di credito
internazionali ed i Bancomat del circuito “Maestro”.

Le autorità doganali saudite mantengono un rigoroso controllo


sulle importazioni nel paese di articoli proibiti come le bevande
alcoliche, le armi, la carne suina ed altri articoli considerati
contrari ai principi dell'Islam, tra cui il materiale a carattere
pornografico. L'autorità postale e doganale è molto severa
nell'applicazione di tale principio e considera pornografia anche
le normali pubblicazioni occidentali (settimanali, ecc.) o
cataloghi commerciali. Tale materiale può essere pertanto
confiscato ed il viaggiatore può essere multato per il possesso.

Il sistema finanziario e bancario saudita è al livello di quello


ARABIA occidentale.
SAUDITA Il reale saudita è la moneta nazionale, si divide in cento halalas
ed è convertibile in valuta straniera.
La maggior parte delle valute straniere sono convertibili presso
le banche commerciali ed i cambiavalute. Le carte di credito di
maggiore circolazione nel paese sono: Master Card, American
Express, Diners Club e Visa.
Non vi sono restrizioni di valuta, sia locali che straniere,
all'uscita e all'entrata. La valuta israeliana è proibita.
Le banche locali sono aperte: dal sabato al mercoledì dalle 8.30
alle 12.00 e dalle 17.00 alle 19.00 ed il giovedì dalle 8.30 alle
12.00. I cambiavalute sono aperti dalle 8.30 fino a tarda sera.

ARMENIA Il limite per l'esportazione di valuta è di 10.000 $USA.


È prevista una tassa aeroportuale d'imbarco di 10.000 dram o
equivalente in dollari USA.
È opportuno viaggiare con dollari americani o con euro in
banconote in quanto i travellers cheques ed alcune carte di
credito sono accettati solo nei più importanti alberghi.
Entrambe le valute possono essere cambiate in moneta locale
nei numerosi uffici di cambio.
I controlli migratori sono severi. Vi è un'apposita
regolamentazione per l'importazione di gioielli e di valuta. In
caso di acquisto di tappeti o di altri oggetti antichi (oltre i 50
anni), occorre farsi rilasciare la certificazione per l'esportazione
corredata dalla foto dell'oggetto da esportare: il certificato in
questione si richiede al venditore o al Dipartimento per la
Protezione dei Beni Culturali (via Komitas 51, tel. 010 235086-
230231). Tale certificazione deve essere presentata alle autorità
doganali che la richiedono. Nel caso in cui si cerchi di esportare
oggetti d'arte o antichi senza la certificazione in questione si
rischia di incorrere nel reato di contrabbando, con conseguenze
di natura penale.

Non vi sono formalità valutarie. Per somme ingenti è bene


informarsi presso l'Ambasciata italiana a Baku.È vietato
esportare oggetti d'arte e tappeti antichi. Se si acquistano
oggetti di artigianato o tappeti, è buona norma richiedere al
venditore un certificato di autorizzazione all'esportazione,
rilasciato dal Ministero della Cultura, per evitare che i beni
acquistati vengano confiscati alla frontiera. La franchigia
doganale per l'esportazione di caviale è di 250 grammi a
persona.
Si fa infine presente che la pubblicazione turistica della "Lonely
AZERBAIGIAN
Planet" relativa al Caucaso viene sequestrata dalle Autorita' di
Frontiera in quanto ritenuta non politicamente equilibrata. Le
valute straniere possono essere cambiate in moneta locale in
numerosi uffici di cambio o negli stessi negozi. Traveller's
cheques e carte di credito sono accettati soltanto negli alberghi
e ristoranti di categoria elevata.
Nella capitale sono sempre piu' numerosi gli sportelli automatici
presso i quali e' possibile prelevare contanti con la propria carta
di credito VISA o Bancomat (circuito "Maestro").

Non esistono restrizioni o formalità sulla valuta in entrata e in


uscita, mentre i movimenti di capitali sono soggetti a formalità
ispettive sulla loro provenienza. Le merci importate sono
soggette a dazio; talune categorie di oggetti ad uso personale e
BAHRAIN
beni, però, sono esentati dal dazio entro i seguenti limiti: 400
sigarette, 50 sigari, 250 g. di tabacco da pipa, 1 litro di bevande
alcoliche, 8 once fluide di profumo, 6 lattine di birra, regali per
un valore massimo di BHD 250 (circa 600 euro), purché di
natura diversa da quelli sopra elencati.

Non presenti
BANGLADESH

Si consiglia di contattare le Autorità locali qualora si intenda


esportare dal Paese oggetti usati e di farsi rilasciare un
certificato che ne attesti l'origine. L'ordinamento bhutanese è
BHUTAN
infatti particolarmente severo sull'esportazione di oggetti
considerati di antiquariato.

Nessuna. Divieto di importazione: liquori, sigarette,


accendisigari a forma di revolver o pistola, droghe controllate e
sostanze psicotropiche, specie in pericolo di fauna selvatica e
BRUNEI
dei loro sottoprodotti, fuochi d'artificio, articoli e/o
pubblicazioni osceni.

I dollari americani sono la valuta straniera di normale


circolazione. Si consiglia di munirsi di banconote di piccolo
CAMBOGIA
taglio. Gli sportelli ATM (Bancomat) sono molto rari.

Non esistono particolari limitazioni all'importazione di valuta


straniera. Se comunque la somma supera i 5.000 US$, e' bene
dichiararla all'ingresso compilando il formulario doganale in
duplice copia, per poter poi dimostrare - all'uscita dal Paese - il
precedente possesso della somma eventualmente restante, in
CINA
caso di controllo doganale.
Lo Yuan/RMB non e' ancora liberamente convertibile.
Vanno dichiarate le apparecchiature elettroniche di esclusivo
uso personale.

Non esistono limitazioni valutarie, ma è obbligatorio dichiarare


la somma che ecceda i 12.000 €. La valuta cipriota è
difficilmente convertibile al di fuori di Cipro. Il sistema
bancario è buono e gli sportelli bancomat sono numerosi. Le
carte di credito sono accettate nei principali negozi, alberghi e
ristoranti.
CIPRO
- Divieto d'importazione: cibi freschi (carni, verdure, salumi,
formaggi ecc.)
- Divieto d'esportazione: non esportare, se non previa
autorizzazione dei competenti uffici governativi ciprioti, opere
d'arte e resti archeologici

Sono state abolite le quote giornaliere di spesa. Le carte di


credito possono essere utilizzate nella capitale anche se in
COREA DEL modo limitato. Il dollaro statunitense e l'euro sono
NORD
generalmente accettati mentre non lo sono i travellers'
cheques. L'importazione e l'esportazione della moneta locale
sono severamente proibiti.

Occorre compilare la dichiarazione di arrivo e partenza "entry or


departure declaration" da parte di ogni passeggero e/o la
"customs declaration" per ogni nucleo famigliare, nei casi in cui
si trasportino merci da sdoganare, e il "quarantine
questionnaire". È bene informarsi prima presso l'Ambasciata di
Corea a Roma, ovvero visitando anche il sito delle dogane
coreane per avere informazioni aggiornate sui prodotti proibiti.

All'arrivo nella Repubblica di Corea, occorre dichiarare in


dogana:

- le somme superiori ai 10.000 dollari USA inclusi i travellers


cheques, pena la confisca della somma eccedente.
- gli articoli acquistati all'estero il cui valore ecceda i 400 dollari;
- oggetti nuovi mai usati, attrezzature elettriche, elettroniche,
strumenti musicali, ecc.,
- prodotti agricoli, di silvicoltura, di pesca o allevamento inclusi
COREA DEL SUD carni ed erbe medicinali.
- oggetti considerati pericolosi per la pubblica sicurezza quali
armi da fuoco, coltelli, narcotici e psicotropi (di cui e' vietata
l'importazione),
- gli articoli soggetti a dogana (pietre preziose o perle, oggetti in
madreperla, corallo, ambra o avorio od oggetti equivalenti)
- gli oggetti destinati alla vendita, articoli o oggetti pornografici
e osceni (fotografie, film, pubblicazioni, ecc). I beni elettronici
personali (computer, videocamere, ecc.) vanno dichiarati
all'arrivo o alla partenza in modo da poterli riportare con sé
senza pagamento di dogana.

È consentito l'acquisto in esenzione doganale di:


- 200 sigarette (50 sigari o 250 gr. di tabacco),
- 1 bottiglia di alcolici (non più di un litro),
- 2 once di profumo (1 oncia = 28,35g)
- merci in generale per un valore complessivo di 400 dollari USA.

Formalità valutarie: nessuna. È proibita l'importazione di


materiale (giornali, video, riviste ecc.) che potrebbe essere
considerato offensivo della morale islamica, nonché di materiale
audio/video e di software pirata. È consentita l'importazione di
EMIRATI ARABI
UNITI 2000 sigarette, 400 sigari, 2kg di tabacco, 2 litri di liquore e 2
litri di vino; questi ultimi solo per i non musulmani e fatta
eccezione per l'Emirato di Sharjah, dove le bevande alcoliche
sono proibite.

Non si può esportare valuta locale per un ammontare superiore


FILIPPINE a 5.000 pesos. Non vi sono limiti all'introduzione di valuta,
tuttavia per somme superiori ai 10.000 dollari è obbligatorio
denunciarle.
Il visitatore temporaneo non può introdurre nel Paese armi,
prodotti agricoli, cibo e medicinali salvo le quantità concesse
per uso personale

Le somme superiori ai 500 dollari USA devono essere dichiarate


GEORGIA alle Autorità di frontiera. L'Euro è accettato nel paese.

Nessuna in particolare. Non vi è limite all'importazione e


all'esportazione di valuta, ma è obbligatorio dichiarare alla
dogana la somma superiore ad un milione di Yen.
Le maggiori carte di credito sono accettate, mentre i bancomat
potrebbero non essere utilizzabili. Si suggerisce di contattare la
propria banca prima di partire, per evitare spiacevoli
inconvenienti. Attualmente gli unici bancomat utilizzabili sono
GIAPPONE quelli che riportano la dicitura "CIRRUS". È possibile utilizzarli
negli uffici postali locali.
Divieto di importazione: Armi da fuoco e munizioni, insaccati
(ad esclusione di quelli in tetrapack in vendita nei duty free
shops delle aree transito), merci alimentari facilmente deperibili
(quali ad esempio frutta fresca).
Limitazione di esportazione: piante in generale.

Nessuna
GIORDANIA

Somme superiori all'equivalente di 5.000 dollari USA in contanti


e 10.000 dollari USA in travellers cheques sono da dichiarare
alle autorità doganali all'arrivo in aeroporto, mentre per
l'esportazione di oggetti di grande valore o in grandi quantità è
necessario acquisire un'autorizzazione della dogana prima
dell'uscita dal Paese. Sono facilmente convertibili Euro, Dollari e
le altre più importanti valute; è anche possibile usare la carta di
credito, preferibilmente del circuito VISA, sia nei negozi
INDIA
autorizzati sia negli alberghi delle grandi città, dove possono
essere inoltre utilizzati sportelli bancari automatizzati.

Limitazione di esportazione: non è consentito esportare oggetti


antichi di più di 100 anni, e prodotti derivanti da animali protetti
(avorio, pelle di serpente o di altri animali selvatici) inclusi i
prodotti tessili (come lo shatush) derivanti da animali protetti.

nessuna, esiste una libera convertibilità della valuta. A Jakarta e


nei maggiori centri turistici è possibile effettuare sia il cambio
Dollaro USA/Rupia che quello Euro/Rupia, a tassi correnti. Il
cambio con l'Euro è invece ancora poco diffuso nelle zone meno
INDONESIA
turistiche e più remote del Paese. Le principali carte di credito
sono accettate negli esercizi turistici.
La tassa aeroportuale per l'uscita dal Paese ammonta a Rupie
100.000 a persona, mentre per gli spostamenti aerei interni è
necessario pagare una tassa di 30.000 Rupie.

Vi è l'obbligo di dichiarare somme superiori a 1.000 US$ o Euro


onde evitare possibili problemi in uscita dal Paese.
Le carte di credito internazionali non sono, per il momento,
riconosciute come mezzo di pagamento e le valute straniere più
comunemente accettate per il cambio in Rials sono il dollaro
USA, di taglio da 100$ e l'Euro.
IRAN
Ogni visitatore può esportare articoli fino ad un valore di 160 US
$ e tappeti per una superficie complessiva non superiore a 12
mq. L'indirizzo dell' Ufficio doganale è il seguente: Customs of
the Islamic Republic of Iran , Corner of Miremad Street - Shahid
Beheshti Ave. TEHERAN 15875/6834 - Tel.: (98)-21-
88501425/30

Non è consentita l'esportazione dall'Iraq di beni d'arte


(antichità, tappeti di pregio, altre opere d'arte). I trasgressori
rischiano pesanti condanne penali. Si fa presente che carte di
credito e travellers' cheques non sono accettati. Gli alberghi
IRAQ vanno pagati in valuta straniera, preferibilmente in dollari USA.

La settimana lavorativa va dalla domenica al giovedì incluso. I


negozi non osservano orari definiti e la maggioranza rimangono
chiusi nel pomeriggio.

Nessuna in particolare
ISRAELE

Non vi sono limitazioni alla quantità di valuta straniera che il


visitatore può portare con sé in Kazakistan e che dichiara al
momento dell'ingresso nel Paese. Al momento dell'uscita, se
tale somma non supera l'equivalente di 3.000 dollari USA, non
occorre compilare alcuna dichiarazione presso gli organi
doganali. Se lo supera, si dovrà compilare una dichiarazione e
dimostrare come tale somma sia stata introdotta in Kazakistan. I
pagamenti all'interno del Paese vengono effettuati in tenghé.
Euro e dollari possono essere convertiti facilmente. Ad Astana e
Almaty l'uso della carta di credito è abbastanza diffuso e sono
KAZAKISTAN presenti diversi sportelli bancari automatizzati.Divieto di
importazione: sono soggette a severe restrizioni
all'importazione le armi di chi si reca in Kazakistan a scopi
venatori. Per portarle con sé occorre rivolgersi preliminarmente
all'Ambasciata del Kazakistan in Italia che, se del caso, procede
all'avvio della pratica autorizzativa. Limitazione di esportazione:
gli oggetti d'arte acquistati in Kazakistan possono essere portati
in Italia solamente se si è in possesso di un certificato rilasciato
dal Ministero della Cultura e dell'Informazione che attesti che
essi non presentano un valore storico-artistico per il Paese.
Al momento dell’arrivo nel Paese, occorre compilare una
dichiarazione nella quale si indica, fra le altre cose, l’eventuale
possesso d’oggetti preziosi o armi. Il documento dovrà essere
conservato fino al momento dell’uscita dal Paese.
L’importazione e l’esportazione di valuta è libera. Per cifre
consistenti, si consiglia tuttavia di effettuare una dichiarazione
doganale all’arrivo. Per quanto riguarda la permanenza, occorre
tenere presente che euro e dollari USA sono le valute più facili
da convertire in moneta locale (som). E’ opportuno effettuare il
cambio presso i numerosi sportelli ufficiali presenti in molte
KIRGHIZISTAN città. L’uso della carta di credito, sebbene in crescita, è
prevalentemente limitato a Bishkek e, anche nella capitale, solo
negli esercizi commerciali di tipo “occidentale”. Gli sportelli per
il prelievo di valuta sono invece pochissimi, inclusa Bishkek.
- Divieto di importazione: armi e droghe. Le armi da caccia
possono essere importate solo se dichiarate.
- Limitazione di esportazione: oggetti d’antiquariato di oltre 50
anni. Per quadri e altri beni artistici occorre munirsi del relativo
permesso di esportazione rilasciato dall’apposito ufficio del
Ministero della Cultura locale.

Nessuna
KUWAIT

Nessuna. Si fa presente che in Laos non sussistono affidabili


sportelli internazionali ATM. Le principali carte di credito sono
accettate nei grandi alberghi e nelle più importanti strutture
turistiche. Le transazioni sono condotte principalmente in
LAOS
dollari americani, Thai Bath o Lao Kip. Le pene per reati di
importazione e uso illegale di droga sono severe e possono
arrivare alla pena di morte.

Nessuna
Limitazione di esportazione
Armi e munizioni; è necessaria la richiesta preventiva di
permesso d'importazione rilasciata dal Ministero della Difesa e
dell'Interno libanese.
Viaggiatori con animali (cani e gatti)
LIBANO
Se si intendono introdurre cani e gatti nel Paese, si deve essere
in possesso di un certificato di vaccinazione contro la rabbia e di
un certificato di buona salute dell’animale, rilasciato da un
veterinario del Paese di origine. Analogo certificato di buona
salute è necessario per gli altri animali domestici (uccelli, etc.).

All’ingresso in Malaysia, il visitatore deve dichiarare


l’ammontare di valuta estera in suo possesso, sia in contanti che
in “travellers cheques”, qualora esso superi l’equivalente di
MALAYSIA
10.000 Ringgit (pari a circa € 2.200). Si tratta solo di una
dichiarazione, in quanto non sono previsti limiti d’importazione.
All’uscita dalla Malaysia, si dovrà nuovamente effettuare la
dichiarazione valutaria, tenendo presente che non si potrà
esportare valuta estera in misura superiore a quella denunciata
all’ingresso nel Paese. I visitatori temporanei sprovvisti della
relativa autorizzazione non possono importare o esportare più
di 1.000 Ringgit a persona.
E’ severamente proibita l’importazione di armi da fuoco e
munizioni, senza regolare porto d’armi. (Per il possesso
illegittimo di armi può essere inflitta la pena di morte)

Nessuna. Si consiglia di portare con sé dollari USA. L’euro è


comunque accettato nei villaggi turistici e negli alberghi. Le
carte di credito più utilizzate sono: Visa e Master Card; in alcuni
luoghi sono anche accettate American Express, JCB, Diners Club
ed Euro Card.
La legislazione islamica vigente proibisce tassativamente
MALDIVE
l’importazione di: stupefacenti (anche in piccolissime quantità),
alcolici, materiale pornografico, immagini sacre e prodotti di
carne suina.
Divieto di esportazione: sono proibite le esportazioni di coralli ,
conchiglie, oggetti in tartaruga, pesci ed animali.

Non e’ consentito uscire dal Paese con una somma superiore a


quella dichiarata in entrata.
Il dollaro statunitense e l’Euro sono le valute straniere preferite,
accettate nella capitale anche per piccole transazioni
MONGOLIA
commerciali. Le carte di credito hanno una diffusione molto
limitata (grandi alberghi e alcuni ristoranti e negozi), mentre
sono quasi del tutto sconosciute al di fuori della capitale.

E' obbligatorio dichiarare, all’entrata ed all’uscita dal Paese,


qualsiasi valuta straniera il cui ammontare superi il valore di
2.000 Dollari USA. Per coloro che violano dette disposizioni sono
previste pene detentive.
I regolamenti sono restrittivi e rigidamente applicati. I bagagli
dei viaggiatori possono essere sottoposti a controlli accurati.
All’arrivo nel Paese, la dogana può prendere in consegna i
telefoni cellulari ed i computer portatili dei turisti, per restituirli
al termine del loro soggiorno.
È obbligatorio dichiarare all’arrivo:
MYANMAR
a) gioielli (anelli, bracciali, collane, etc.) indicandone il valore.
Gli inadempienti potrebbero, al momento della partenza, essere
sospettati di esportazione illegale di preziosi;
b) qualsiasi apparecchiatura elettronica (computer, telefoni
cellulari, videocamere, macchine fotografiche, etc.),
indicandone il valore.
È illegale l’esportazione di oggetti di culto, di antiquariato e
frammenti di monumenti.
Si raccomanda di evitare di raccogliere frammenti di monumenti
che apparentemente giacciono incustoditi. I controlli doganali
sono particolarmente attenti e severi.
L’acquisto di pietre preziose, gioielli e oggetti di valore deve
essere effettuato esclusivamente presso negozi autorizzati
(generalmente governativi), i quali sono tenuti a rilasciarne
ricevuta, necessaria all’esportazione. L’esportazione illegale di
pietre preziose è sanzionata con pene detentive.

All’ingresso nel Paese vi è l’obbligo di dichiarare il possesso di


valuta oltre i 2000 dollari USA. La mancata dichiarazione è
considerata reato penale. Le Rupie nepalesi non sono
esportabili. Per i viaggiatori provenienti dall’India che
posseggano Rupie indiane si fa presente che sono accettate, e
consentite, le banconote in Rupie indiane di taglio non
NEPAL superiore alle 100 Rupie. Non e’ ammessa l’importazione di
banconote da 500 e da 1.000 Rupie indiane.
Negli alberghi e nei negozi piu’ strutturati della capitale sono
accettate le carte di credito internazionali (visa, ecc.) a
condizione che non siano state rilasciate da un Istituto bancario
indiano.

Di norma non vengono effettuati controlli, sia in entrata che in


uscita dal Paese. È vietata l'importazione di alcolici (sono
consentite solo due bottiglie ai passeggeri non musulmani), di
armi, di droghe e di materiale illustrativo offensivo della morale
e della religione locale.
Il visitatore temporaneo può importare temporaneamente,
esentasse, i suoi effetti personali oltre ad articoli quali la radio,
la videocamera, l'apparecchio fotografico, etc.
Si fa presente che i libri, le cassette audio o video ed i DVD
possono essere trattenuti alla dogana al fine di verificarne il
contenuto, e che la loro importazione può essere proibita.
Limitazione alle importazioni
È richiesto un permesso di importazione per tutte le carni ed i
prodotti derivati. Tale importazione deve essere accompagnata
OMAN da un certificato attestante che la carne è “Halal”.
Divieto all’importazione
È vietata l'importazione di: armi da fuoco e munizioni (salvo
permesso speciale del Ministero della Sicurezza); riproduzioni di
armi da fuoco, comprese le armi giocattolo (salvo il permesso
speciale del Ministero della Sicurezza); articoli infiammabili;
materiale pornografico; coltelli e spade; narcotici; prodotti
alimentari inclusi legumi, la frutta e le bevande analcoliche (ad
eccezione di quelli conservati in scatola) provenienti da un
Paese dove è presente il colera; datteri di tutti i tipi comprese le
radici di palma da datteri; palme ornamentali; noci di cocco. Dal
gennaio 2006 è vietata l'importazione di khanjar (coltelli
tradizionali) prodotti all'estero.
Divieto di esportazione
È vietata l'esportazione di gioielli, mobili, prodotti artigianali
antichi di particolare valore storico. È consigliabile che il
visitatore si informi presso i negozianti prima di effettuare tali
acquisti.
Si ricorda che in Oman è vietato raccogliere coralli e uova di
tartarughe sulle spiagge; pertanto non si possono esportare.

Non vi sono restrizioni all’importazione in Pakistan di valuta


straniera, il cui ammontare deve essere comunque dichiarato al
momento dell’ingresso nel Paese, al fine di poter
eventualmente riesportare lo stesso importo. È vietata
l’esportazione di moneta locale, la rupia pakistana. L’uso delle
carte di credito non è consigliabile dato il rischio di
PAKISTAN
contraffazione, né è molto diffuso, fatta eccezione per i grandi
alberghi e le grandi città. Limitazione di esportazione:
l’esportazione di antichità (oltre i 50 anni) è proibita dalle
disposizioni doganali vigenti, che si applicano a tutti gli oggetti
d’arte ed ai tappeti.

Nessuna.
Si ricorda che è vietato importare alcolici, prodotti alimentari
derivati dal maiale e materiale considerato offensivo per la
legge islamica. Le Autorità doganali esercitano un controllo
QATAR accurato sull’importazione dei prodotti alimentari sopra
menzionati nonche’ su pubblicazioni, videocassette, DVD, che
vengono sottoposti a censura onde evitare rischi di offese per la
morale locale.

Nessuna
Divieto di importazione
Alcolici (sono ammessi al massimo 2 litri di vino con gradazione
inferiore a 15°) e sigarette (ammesso esclusivamente un
pacchetto da 20 a persona); accendisigari a forma di revolver o
SINGAPORE
pistola; droghe controllate e sostanze psicotropiche; specie in
pericolo di fauna selvatica e dei loro sottoprodotti; fuochi
d’artificio; articoli e/o pubblicazioni osceni. Per ulteriori
informazioni consultare questo sito.

Le somme in valuta estera superiori all'equivalente di 5.000


dollari Usa devono essere dichiarate all'ingresso nel Paese. Non
sono consentiti acquisti in valuta estera salvo quelli effettuati in
dollari nei grandi alberghi. I viaggiatori dovranno, quindi,
conservare le ricevute di cambio a dimostrazione che i loro
acquisti siano stati effettuati con moneta locale regolarmente
SIRIA
cambiata.
Non è consentito far uscire dal Paese le lire siriane. Nelle
principali città cominciano ad essere presenti ed in funzione
sportelli automatici bancari (Bancomat, ecc.).
Limitazione di importazione: Armi da fuoco
L'importazione di armi da fuoco è consentita ma è necessario
ottenere preventivamente il permesso del Ministero
dell'Interno: Ministère de l'Intérieur, Place Marjeh Damas.
Carne: Una piccola quantità di carne può essere importata dal
visitatore per il proprio consumo personale.
Piante: E' consentita l'importazione di piante e di mazzi di fiori .
Divieto di importazione
L'importazione dei seguenti articoli è vietata:
-droghe e narcotici ;
-armi da fuoco e munizioni (se non accompagnate da
autorizzazione del Ministero degli Interni siriano) ;
-walkie-talkies .
Gli articoli vietati o importati in quantità eccessiva vengono
temporaneamente confiscati dalla dogana. Essi vengono
restituiti al visitatore al momento in cui lascia il Paese.
Limitazione di esportazione
L'esportazione dei seguenti articoli è vietata:
-oro, argento e oggetti ricavati da tali metalli;
-oggetti di antiquariato, salvo nel caso in cui siano accompagnati
da permesso rilasciato dalla:
Direction Générale des Musées et Antiquités, Rue Rida Said,
Damas
tel.: 00963-112228566 , fax: 00963-112247983

Le somme superiori ai 10.000 dollari Usa devono essere


denunciate alle Autorità di frontiera. Si informa che l'Euro è
generalmente accettato e reperibile nelle maggiori banche di
Colombo. Sono accettati anche i dollari USA in contanti,
travellers' cheques o carta di credito. Si consiglia di conservare
SRI LANKA le ricevute dei cambi, qualora si vogliano ricambiare le rupie in
Euro o dollari al momento dell’uscita dal Paese in quanto sono
richieste dalle autorità locali.
E’ proibita l’esportazione dal Paese di oggetti di antiquariato
vecchi di oltre 50 anni.

In entrata è obbligatorio compilare un formulario dettagliato


con quesiti di ordine valutario e doganale in entrata nel Paese.
Tale formulario, munito dell'apposito timbro delle Autorità
TAGIKISTAN
doganali, dovrà essere conservato fino al momento di lasciare il
Paese

Si può introdurre a Taiwan valuta straniera senza limiti, purchè


dichiarata in frontiera. La valuta straniera da riesportare deve
essere dichiarata in frontiera se supera il controvalore di $USA
5.000.
TAIWAN Si può esportare valuta locale fino ad un limite massimo di
NT$40.000 (1Euro equivale a circa 47 NT$).
Non è consentita a Taiwan la libera introduzione di prodotti
animali o vegetali.
Non sussistono particolari formalità per ragionevoli quantitativi
di valuta
Divieti e limitazioni di importazione
-Armi da fuoco e munizioni: è richiesto un permesso speciale
rilasciato dalla Polizia Nazionale;
THAILANDIA -pezzi di ricambio per veicoli:non possono essere importati in
franchigia:
-oggetti antichi ed oggetti legati alla religione non possono
essere esportati senza un permesso rilasciato dal Dipartimento
dei Musei Nazionali (informazioni tel. 0066 22261661).

Non pervenute
TIMOR LESTE

Per i visitatori temporanei non sono previste restrizioni


all’importazione di valuta straniera.
Al fine di non incorrere in pesanti ammende occorre evitare
l’acquisto, al di fuori dei normali circuiti commerciali di: coralli,
pesci fossili e oggetti di antiquariato.
TURCHIA
Le merci importate nel Paese, via terra o area, devono essere
sdoganate entro 20 giorni; le merci importate via mare devono
essere sdoganate entro 40 giorni. Allo scadere di tali termini le
merci vengono nazionalizzate o vendute all’asta dallo Stato.

La valuta deve essere dichiarata all’ingresso nel Paese; non è


permesso esportare valuta superiore a quella dichiarata in
entrata. E’ vietato cambiare la valuta pregiata al mercato nero.
Limitato l’uso delle carte di credito (solo negli alberghi
internazionali).
Limitazione di esportazione: è vietata l’esportazione di tappeti
antecedenti al 1970; ogni tappeto acquistato deve essere
TURKMENISTAN
accompagnato da un certificato di esportazione rilasciato dal
negoziante e comporta il pagamento dei diritti doganali. Dipinti
o altri oggetti di antiquariato possono essere esportati solo
previa autorizzazione del Ministero della Cultura (da richiedere
con congruo anticipo rispetto alla partenza). Le ispezioni
doganali del bagaglio sono particolarmente accurate.

All'entrata nel Paese, è obbligatorio compilare un formulario


dettagliato con quesiti di ordine valutario e doganale, che deve
essere restituito al momento di lasciare il Paese.
Si raccomanda di conservare le ricevute per il cambio di valuta,
da esibire, a richiesta delle autorita' doganali, al momento di
lasciare il Paese.
UZBEKISTAN
L’esportazione d'oggetti d’antiquariato con più di 40 anni è
sottoposta a stretta regolamentazione: è possibile ottenere
un’autorizzazione all’esportazione da parte del Ministero dei
Beni Culturali. Gli oggetti non in regola vengono sequestrati alla
dogana.
Il cambio parallelo è illegale e, di conseguenza, rischioso. Il
cambio praticato dalle Banche e presso gli sportelli bancari nei
principali Alberghi è attualmente pressoché identico a quello
praticato sul mercato parallelo, vanificando di fatto la
convenienza che si trova rivolgendosi ai cambisti illegali.
In base ad una direttiva del governo tutti i pagamenti
dovrebbero essere effettuati in Sum. Per pagamenti in valuta
forte (USD o Euro) è meglio utilizzare banconote, conservando
sempre le ricevute piuttosto che ricorrere a carte di credito per
evitare il rischio di clonazione (Visa e Master Card sono
generalmente le più usate, raramente accettata l'American
Express).

All’arrivo in Vietnam tutti i viaggiatori sono tenuti a compilare


una dichiarazione doganale su un apposito modulo, consegnato
in genere prima dell’arrivo in aeroporto o disponibile ai posti di
frontiera. Una volta vista e timbrata, tale dichiarazione deve
essere conservata sino al momento dell’uscita del Paese,
quando dovra’ essere riconsegnata alle Autorita’ doganali.
Somme di denaro contante superiori a 7000 USD devono essere
dichiarate. E' necessario dichiarare all’arrivo anche l'eventuale
possesso di metalli preziosi, gioielli, macchine fotografiche e
apparecchiature elettroniche. Il bagaglio può essere ispezionato
senza preavviso e senza autorizzazione. Le autorità doganali
VIETNAM
possono procedere al sequestro di documenti, cassette audio e
video, compact disc, dvd e libri ritenuti di carattere politico,
religioso o pornografico. In quest’ultimo caso puo’ essere
applicata una cospicua sanzione pecuniaria. La legge vietnamita
pone restrizioni all’esportazione di antichità e gli oggetti
acquistati possono essere sequestrati al momento della
partenza. Per tali tipologie di beni occorre richiedere
un’apposita autorizzazione al Ministero della Cultura
vietnamita. E’ vietata l’importazione di qualsiasi tipo di arma o
parte di essa e del relativo munizionamento.

Per brevi soggiorni nel Paese non sussistono particolari


formalita’ valutarie. Le valute facilmente convertibili sono l’Euro
e Dollaro USA. L’uso della carta di credito e’ limitato ai principali
esercizi commerciali. Sono diffusi nelle principali citta’ gli
sportelli bancari automatici.
Divieto di importazione: sono vietati per i precetti della
YEMEN
religione islamica i prodotti contenenti carne suina e suoi
derivati, nonche’ tutti gli alcoolici.
Limitazione di esportazione: sono vietati l'acquisto e
l'esportazione di manufatti artigianali e di tutti gli oggetti tipici
yemeniti che abbiano più di 50 anni.

Le norme sanitarie per l'ingresso di prodotti


AUSTRALIA
alimentari, piante, animali e loro derivati sono
molto rigide.

In entrata ed in uscita dalla Nuova Zelanda ogni


viaggiatore che possiede piu’ di 10.000 NZ$ in
denaro liquido (o l'equivalente di 10.000 NZ$ in
valuta estera) deve compilare il Border Cash
Report come parte delle procedure di entrata o
sdoganamento, (“Financial Transactions Reporting
NUOVA ZELANDA Act 1996”).
La normativa imposta dal Ministero dell’Agricoltura
sull'importazione di prodotti alimentari è molto
severa. Si consiglia, prima della partenza, di
informarsi presso l'Ambasciata neozelandese in
Italia.

3 Tecnica dei trasporti

3.1 il trasporto aereo

Quella del trasporto aereo è una delle industrie di trasporto più regolamentate Sebbene si stia
verificando un cambiamento con l’introduzione di regimi del trasporto aereo mondiale più liberali
Per lungo tempo il trasporto aereo è stato regolamentato da norme nazionali in materia di
concorrenza, senza accesso al libero mercato Monopoli nazionali Tariffe molto elevate La
liberalizzazione del mercato dell’aviazione è avvenuta progressivamente con norme che hanno
eliminato le restrizioni che limitavano il mercato Esiste un sistema complesso di accordi,
principalmente politici, che determinano e stabiliscono se una compagnia aerea può volare da un
paese a un altro Le compagnie aeree ricevono il permesso di volare su determinate destinazioni
attraverso gli ASA (Air Service Agreements) Gli ASA riportano quale servizio aereo può essere
consentito tra due paesi e possono includere indicazioni sul tipo di velivolo, il numero di posti,
orari di arrivo e partenza Possono essere bilaterali tra due paesi o multilaterali tra più paesi. I
servizi aerei sono governati da quelli che vengono definiti “freedoms of the air” cioè diritti
accordati da uno Stato ad un altro di poter utilizzare lo spazio aereo Sono stati introdotti a metà
del ‘900 con l’intenzione di stabilire legislazioni e pratiche comuni per regolare il traffico aereo tra
stati First freedom: diritto di volare attraverso il territorio, Second freedom: diritto di atterraggio
per ragioni tecniche (non è consentito il traffico di passeggeri) , Third freedom: diritto di
trasportare passeggeri in uno stato, Fourth freedom: diritto di trasportare passeggeri da uno
stato, Fifth freedom: diritto di sbarcare e imbarcare passeggeri in un secondo stato e trasportarli
in un terzo, Sixth freedom: combinazione del third e fourth freedoms” Seventh freedom: diritto di
trasportare passeggeri da un paese terzo a un altro paese terzo senza dover passare dal paese
di appartenenza della compagnia Eighth freedom: diritto di trasportare passeggeri all’interno di
un paese terzo con un volo originato dal paese della compagnia Ninth freedom: diritto di
trasportare passeggeri all’interno di un paese.La fornitura di «libertà» nel traffico aereo ha delle
conseguenze in termini di competizione, accessibilità e connettività all’interno delle reti I governi
sono dunque responsabili della gestione dello spazio aereo e delle norme che le compagnie
aeree devono rispettare al fine di operare nello spazio aereo (soprattutto in termini di sicurezza e
imposizione fiscale) .Il governo può decidere di controllare le entrate nel mercato da parte di
operatori stranieri Protezionismo vs liberalizzazione In un contesto di liberalizzazione il
governo può eventualmente permettere a operatori stranieri con scarsa o nulla partecipazione
pubblica di operare anche nel mercato domestico (esempio, Ryanair) Per la maggior parte, molti
paesi si stanno muovendo verso una forma di controllo dei servizi aerei più liberale Una
conseguenza di ciò è l’aumento di accordi «open skies» l delineamento di un ambiente
normativo chiaro e che permette spazi di manovra è essenziale allo sviluppo del settore Questo
soprattutto dopo i periodi di crisi Dalla sua nascita, vi sono state 4 grandi crisi del settore del
trasporto aereo Crisi petrolifera (1979) Guerra del Golfo (1990) 11 settembre (2001) Crisi
finanziaria globale (2008-2009). Il settore è sempre stato in grado di riprendersi dalle crisi .Con il
processo di deregolamentazione e liberalizzazione in corso, negli ultimi anni sono fiorite
numerose alleanze tra compagnie di volo Possono essere globali o locali (con un focus
maggiore sui servizi comuni) Rappresentano delle “scorciatoie” per raggiungere mercati
altrimenti non raggiungibili

Le agenzie di viaggio, in fase di penotazione del biglietto aereo , fanno ricerche per noi,sui principali gds
quindi ci fanno pagare una piccola commissione per questo servizio, costo che fa aumentare il prezzo
del biglietto aereo. Documenti necessari per viaggiare in Aereo . Se viaggiate in Italia e in Europa
all’interno dei paesi che fanno parte dell’area Schengen, avrete bisogno di mostrare la vostra carta di
identità con una validità residua di 6 mesi a partire dalla data del vostro viaggio. Se viaggiate in Europa
verso paesi che non hanno sottoscritto gli accordi Schengen o che non fanno parte dell’Unione Europea,
avrete bisogno del passaporto, eccezione fatta per paesi che hanno stabilito degli accordi bilaterali con
l’Italia. Per tutti i voli verso paesi extra europei è obbligatorio viaggiare con un passaporto con
validità residua di almeno 6 mesi a partire dalla data del vostro viaggio. Alcuni paesi richiedono inoltre un
visto di ingresso che può essere ottenuto presso le ambasciate, attraverso specifiche procedure online o
una volta arrivati a destinazione. -

I passi necessari per prendere l’aereo Prima di addentrarci con la nostra guida sulle varie
operazioni da eseguire per prendere un volo, sintetizziamo velocemente i vari step così che
abbiate un promemoria delle fasi indispensabili. Effettuare il check in (online o in aeroporto)
Molte compagnie richiedono ai propri passeggeri di effettuare il check in online prima di recarsi in
aeroporto, per facilitare le procedure di controllo. Per alcune è facoltativo, ma per molte
compagnie low cost, come ad esempio Ryanair e EasyJet, è necessario se si vogliono evitare
costi aggiuntivi spesso salati. Se viaggiate fuori dalla zona Schengen vi verrà chiesto di inserire
anche i dati del documento di identità. Seguite pure le istruzioni riportate sul sito e, una volta
terminato il check in online, ricordate di stampare la carta di imbarco e consegnarla al cliente
ricordandogli di portarla in aeroporto. -

Imbarcare eventuali bagagli in stiva

Una volta varcato l’ingresso partenze dell’aeroporto, non dovrete fare altro che cercare uno dei
numerosi maxi schermi dove vengono elencati tutti i voli in partenza. Cercate il vostro volo
nell’elenco confrontando numero del volo, compagnia aerea e destinazione e accertatevi
innanzitutto che sia in orario. A fianco troverete indicato anche il Terminal di partenza e il numero
del banco dove è possibile fare il check in. Se avete già fatto il check-in online e non avete
bagaglio da imbarcare, potrete dirigervi direttamente ai controlli di sicurezza, altrimenti recatevi
verso il banco indicato sul tabellone. Una volta giunti davanti al banco del check-in mettetevi in
fila per il rilascio delle carte di imbarco e la spedizione del bagaglio in stiva. Se invece avete già
effettuato il check-in online, dovrete soltanto lasciare il bagaglio da imbarcare, seguite quindi la
fila contrassegnata del termine Bag Drop o Consegna Bagagli. Al personale del check-in dovrete
presentare un documento in corso di validità e preferibilmente una copia del vostro biglietto
aereo. In questo momento, se non lo avete già fatto in fase di prenotazione, potrete
eventualmente modificare il vostro posto sull’aereo (se la compagnia aerea lo consente).

Superare i controlli di sicurezza

Dopo aver effettuato il check in e dopo aver imbarcato il bagaglio è arrivato il momento di
superare i controlli di sicurezza (se, invece, avete solo un bagaglio a mano e avete già effettuato
il check in online, potete dirigervi direttamente verso il controllo sicurezza). Con carta di imbarco
e documenti in mano seguite quindi le indicazioni per gli imbarchi, contraddistinti di solito dal
termine “Gates” o “Imbarchi” negli aeroporti italiani. Normalmente i controlli sicurezza sono
piuttosto affollati; cercate quindi di recarvi in aeroporto con il dovuto anticipo per evitare possibili
contrattempi. Una volta arrivati vi verrà chiesto di far passare il vostro bagaglio a mano e tutti gli
effetti personali dentro un metal detector.

Raggiungere il gate di imbarco

Il gate, ovvero la porta di imbarco dalla quale si accede all’aereo, a volte è indicata sulla carta di
imbarco ma spesso, soprattutto con i voli low cost in cui occorre effettuare il checkin online
anticipato, non è riportato. Qualora questa informazione dovesse mancare – a volte capita che la
porta di imbarco venga cambiata anche all’ultimo minuto – dovrete cercare uno dei tanti maxi
schermi dove vengono annunciate le prossime partenze e scoprire verso quale porta di imbarco
dirigervi. Proprio come avete fatto non appena arrivati in aeroporto, controllate quindi ancora una
volta il numero del vostro volo e l’uscita da dove potervi imbarcare. Spesso gli aeroporti sono
divisi per terminal: assicuratevi quindi di trovarvi nel terminal corretto e di dirigervi verso il
numero di gate assegnato al vostro volo.

Salire sull’aereo

Prima di salire a bordo dell’aereo sarà necessario effettuare un ultimo controllo; preparate quindi
il vostro documento di identità e la vostra carta di imbarco da far vedere allo staff di terra. Questo
controllo è molto più rapido, il più delle volte dura pochissimi secondi, si accerteranno
fondamentalmente che abbiate una carta di imbarco e che stiate salendo sul volo giusto.
Passato il controllo potrete accedere all’aereo. Dopo essere saliti a bordo, cercate il posto
assegnato

In Europa o nei voli interni accade di rado, ma nel caso di voli intercontinentali, prima di
raggiungere la vostra destinazione finale sarà necessario effettuare uno o più scali. Ovviamente
è un’informazione che sarà ben chiara già dal momento della prenotazione e di cui dovrete
tenere conto, soprattutto per considerare quanto tempo avete a vostra disposizione tra un volo e
l’altro e per valutare se prendervela più o meno con calma. Quando si fa uno scalo solitamente
non occorre uscire dall’area imbarchi ed eseguire nuovamente i controlli di sicurezza, ma a volte
potrebbe accadere, soprattutto nel caso di voli intercontinentali. Se quindi il vostro volo prevede
uno scalo, non appena atterrati nel primo aeroporto, dirigetevi verso l’aerea indicata
come transiti (o connecting flights qualora vi troviate in un paese straniero) senza uscire dall’area
degli imbarchi.

Ritirare il bagaglio all’atterraggio


Una volta raggiunta la propria destinazione finale seguite pure le indicazioni che portano verso
l’uscita. Se avete imbarcato un bagaglio da stiva, ricordate di recarvi nell’aria Ritiro Bagagli.
Ancora una volta, non sentitevi spaesati: guardatevi intorno e troverete le indicazioni di cui avete
bisogno. –

Le tariffe aeree

Una prima distinzione delle tariffe si basa su chi le stabilisce:

▪ Specificate: sono stabilite tramite accordi interni della IATA. Si definiscono pubblicate quando
sono presenti sui tariffari delle diverse compagnie aeree.
▪ Non specificate: se stabilite al di fuori della IATA. Sono quelle dei vettori indipendenti non
appartenenti ad essa, tra cui molti vettori low cost.
Tariffe Normali e Speciali
Le tariffe specificate pubblicate possono essere inoltre – Normal Fares (Tariffe Normali) e Special
Fares (Tariffe Speciali) e Tariffe Costruite
Tariffe Normali
Le Normal Fares erano molte più diffuse in passato. Hanno validità di un anno e non vi è applicata
nessuna restrizione.

Ad esempio si possono effettuare cambi di prenotazione anche in seguito ad un eventuale No Show e


sono rimborsabili integralmente se si decide di non usufruire del viaggio.
Sono rappresentate soprattutto dalle tipologie di tariffa:

▪ OW (One Way) = corsa semplice. Questa era una tariffa molto costosa e permetteva grande libertà
▪ RT ( Return) andata e ritorno inferiore di solito al prezzo di 2 OW.
Tariffe Speciali
Nel trasporto aereo vi è una grande diversificazione di prezzi riguardo le tariffe dei biglietti. Può accadere
che 2 passeggeri che viaggiano affianco per la stessa rotta hanno pagato un prezzo diverso.

Le Special Fares sono state istituite per diversificare il più possibile l’offerta dei servizi con obiettivo
principale quello riempire i voli.
Il prezzo di questa tipologia di tariffa è inferiore a quella della Normal Fare perché minori sono i servizi
concessi minore è il prezzo del biglietto .
Oltre ai servizi ci sono anche altre restrizioni che vedremo in seguito. Le tariffe così concepite si
definiscono Fenced Rates ( Tariffe Recintate)
Una Tariffa Speciale è mediamente più economica del 25 – 40% rispetto alla Normal Fare
Sono solo RT (Return)
Si possono distinguere 3 grandi gruppi di Tariffe Speciali:
1. Excursion fare (sigla YE) : sono applicate solo alle classi piùeconomiche.
Questa tariffa è caratterizzata da limitazioni che riguardano:

▪ Periodo di applicabilità (non disponibili in tutti i mesi- periodi dell’anno)


▪ Periodo durata: circa un mese in Europa – 3-4 mesi voli da e per gli USA rispetto alle normal
fares (circa un anno)
▪ Possono prevedere minimum stay ( un minimo di giorni prima che si possa far ritorno). Solitamente
è fissato ad una o due settimane se trattasi di voli intercontinentali, 7 giorni in quelli
continentali.
Si impone la restrizione della minimum stay per evitare che un biglietto con tariffa excursion
fare venga acquistata anche da un passeggero che viaggi per lavoro che solitamente si ferma poco in
un luogo.
Altre restrizioni sono:

▪ Sunday Rule (il viaggio di ritorno non può avvenire prima della domenica successiva a quella di
andata).
▪ Divieto di Stop Over
▪ Solitamente non è obbligatoria la contemporaneità tra prenotazione e acquisto del volo
2. Pex (Purchase excursion – sigla YPX)
Questa tariffa ha le seguenti caratteristiche:

▪ prevede contemporaneità nell’acquisto del biglietto e del volo.


▪ trattasi di una prenotazione dei voli non modificabile e sono solitamente validi fino a tre mesi.
▪ Non è rimnorsabile
▪ disponibile su linee trafficate e hanno anch’esse le restrizioni delle Excusion Fares (Sunday Rule,
Minimum Stay, No Stopover)
A sua volta può essere

– Apex (Advance Purchase Excursion):


Le prenotazione e acquisto del biglietto da 4 giorni a 2 mesi prima dell’effettiva partenza. Solitamente non
consentono modifiche alla prenotazione se non con delle alte penali.
Questa tipologia di tariffa ha delle caratteristiche principali che possono essere riassunti nei seguenti
punti:

▪ anche se solitamente si applicano a tratte di andata e ritorno, a volte, vi è solo una tratta ad un
prezzo esiguo.
▪ l’Open Jaw non è consentito
▪ uno Stop over potrebbe essere garantito pagando un sovrapprezzo.
▪ vi sono altre restrizioni come quelle relative al Minimum Stay e Sunday Rul
-IPEX (Instant Purchase Excursion)
L’ acquisto e prenotazione non prima di 24 – 48 ore della partenza
-SUPERPEX: si può utilizzare solo su alcuni voli in giorni ed orari precisi
3. INCLUSIVE TOURS utilizzata insieme ad altri servizi turistici che vanno a costituire un pacchetto
viaggio. Possono quindi essere emessi solo da t.o
Tariffe Costruite
Sono calcolare secondo le normative della IATA e possono essere:
▪ OW (One Way) = corsa semplice. Questa era una tariffa molto costosa e permetteva grande libertà
▪ RT ( Return) andata e ritorno inferiore di solito al prezzo di 2 OW.
▪ CT: (Circle Trip) Le due tratte hanno un prezzo differente
OJ (Open Jaw) con ritorni da aeroporti diversi da quelli di andata ma sempre nella stessa nazione :
Andata: Milano – Rio de Janeiro Ritorno: San Paolo – Milano

Servizi charter
Un volo charter è un servizio di trasporto aereo, merci o passeggeri, non soggetto ad una
programmazione oraria sistematica, diversamente da quanto avviene per i voli di linea.
Di solito viene stipulato un contratto di noleggio tra due o più contraenti per sfruttare al massimo la
capacità del velivolo. Un volo è definito charter solo se il numero di posti è superiore a 19, altrimenti si
parla di servizio aerotaxi
Nel contesto del turismo di massa i voli charter hanno assunto il significato di voli con il solo ruolo di
trasportare i turisti verso le loro destinazioni; spesso i biglietti non vengono venduti direttamente dalle
compagnie charter ai passeggeri ma dalle agenzie di viaggio che stipulano il contratto con la compagnia,
magari insieme ad altre agenzie. In molti pacchetti di viaggio vengono inclusi il volo, l'alloggio e
altri servizi. In passato, i voli charter erano acquistabili solo attraverso tali pacchetti; oggi invece è
possibile l'acquisto anche da parte di chi vuole usufruire del solo volo.
Sebbene i voli charter vengano spesso usati nel contesto turistico, a volte può capitare che vengano
prenotati da singoli gruppi numerosi, come i dipendenti di una azienda, di una squadra sportiva o a volte
da gruppi di militari.
Buona parte del traffico aereo negli aeroporti medio-piccoli della Gran Bretagna è costituita da voli
charter, e gli introiti economici di questi aeroporti sono proprio le tasse pagate dalle compagnie charter.
Molte grandi compagnie aeree che offrono i voli di linea hanno inaugurato delle compagnie
sussidiarie che operano servizi charter, anche se non sempre si sono dimostrate competitive nei
confronti delle compagnie specializzate. Inoltre alcune compagnie aeree merci trasportano alcuni
passeggeri charter sui loro aerei. Viceversa, alcune compagnie charter hanno avviato i regolari voli di
linea.
I voli charter nascono anche con lo scopo di sfruttare al massimo la capacità del velivolo, anche se
spesso gli standard qualitativi non sono gli stessi dei voli di linea.
Le agenzie di viaggio che comprano posti a bordo hanno spesso acquisito una reputazione di instabilità
finanziaria: questo perché in alcuni casi i turisti hanno lamentato voli cancellati con scarso preavviso (e a
volte perdendo l'intero pacchetto della vacanza senza risarcimento) o non sono potuti tornare indietro a
causa del fallimento della compagnia. Per limitare al massimo questi tipi di danno vengono
stipulate assicurazioni obbligatorie.
La legislazione internazionale prevede che l'orario operativo dei voli charter possa variare fino a 48 ore
prima della partenza prevista.
Le compagnie aeree che effettuano servizi charter passeggeri, solitamente hanno contratti con dei tour
operator per destinazioni di massa o altre stagionali. Molte di queste compagnie sono addirittura di
proprietà dei vari tour operator, come ad asempio TUI Travel, maggiore tour operator europeo, ha
diverse compagnie aeree di sua proprietà come Thomson Airways, la più grande del
gruppo, Corsairfly e Jet4you. Stessa cosa il colosso vacanziero Thomas Cook Group che è a capo
della Thomas Cook Airlines.
Molte compagnie aeree di linea "donano" durante la bassa stagione i propri mezzi ai privati per operare
servizi charter con personale della compagnia aerea oppure le stesse compagnie aeree possiedono una
divisione charter.
Oltre al trasporto dei turisti, come avviene per la maggior parte dei voli charter, con i voli charter si
trasportano anche gruppi di lavoratori: ne sono un esempio le società sportive, che quando competono in
trasferta utilizzano appositi voli con mezzi e personale noleggiati dalle compagnie aeree di linea. Un
esempio per l'italia è proprio Alitalia, che ha contratti con la maggior parte dei club calcistici italiani.

Principali gds

I Global Distribution System nascono nel 1960 con lo sviluppo di Sabre, il primo sistema informatico in
grado di produrre prenotazioni elettroniche per le biglietterie della American Airlines. Nel 1971, una delle
maggiori compagnie statunitensi, la United Airlines, generò Apollo (oggi Galileo), un proprio sistema di
prenotazione utilizzato da tutti gli uffici della propria compagnia. Nel 1987 fu creato Amadeus ad opera di
AirFrance, Iberia, Lufthansa e SAS, come alternativa europea ai GDS americani. Infine, nel 1990 un
consorzio di compagnie creò Worldspan.
Sono, dunque, quattro gli operatori globali principali che raggiungono oltre 600.000 agenzie sparse in
tutto il pianeta: Amadeus, Sabre, Galileo e Worldspan.Un ulteriore sistema chiamato criptico. criptico
come se fosse un gds permette di prenotare i voli tramite i codici iata ma per usarlo bisogna fare dei
corsi.

Inizialmente i GDS erano stati pensati per gli operatori delle compagnie aeree, per diventare in seguito il
principale strumento di biglietteria dell'intero mondo del travel business: hotellerie, noleggio auto, biglietti
dei treni e crociere. I GDS sono sistemi informatici che consentono, quindi, di prenotare voli presso tutti i
principali aerei, alberghi e strutture di intrattenimento, di affittare autovetture presso compagnie di
noleggio, di ottenere biglietti per treni e traghetti.

I sistemi distributivi sono o i gds che offrono una piattaforma di prenotazione agli agenti di viaggio di
tutto il mondo. O i crs (Central Reservation System) = La CRS è essenzialmente un sistema di
distribuzione di database, fornendo i prezzi degli Hotel e disponibilità per molti canali diversi, come i
GDS, siti web terze parti e siti web di marchi ecc Tra le altre funzionalità, la CRS può amministrare
dotazioni delle camere di immobili singoli o a livello della catena alberghiera . Inoltre, aliquote possono
essere controllati e disponibilità nei canali di distribuzione possono essere monitorati.

Che si faccia tramite operatore o personalmente la procedura di prenotazione


• Si verifica sul terminale la disponibilità dei posti
• Si provvede a bloccare i posti richiesti a nome del cliente
• Si consegna una ricevuta detta booking file se l’operazione è andata a buon fine si comunica il
suo PNR ( passenger number of registration) questo codice va poi indicato per richiamare la
prenotazione

Gli operatori che utilizzano il gds galileo in seguito a una prenotazione ricevono lo status di
prenotazione in tre categorie di codici
Leggere un biglietto aereo
Dieci anni fa, tutte le compagnie aeree emettevano biglietti aerei cartacei e ai passeggeri non era
permesso volare senza un biglietto "in mano". Se si perdeva il biglietto, si dovevano pagare supplementi
e c'erano spesso problemi.

Oggi, di norma, tutte le compagnie aeree membri della IATA e non solo emettono solo biglietti aerei
elettronici, il che significa che il biglietto aereo è legato a un numero speciale e il documento che ricevi
da noi è solo una specie di certificato che attesta che il biglietto è stato emesso. Quando vai in
aeroporto, è comunque consigliabile avere questo certificato con te, perché riporta il tuo numero di
biglietto. Questo numero è in ogni caso memorizzato nel sistema, quindi se anche dovessi perdere
questo documento, non è un gran problema. Per la maggior parte delle compagnie aeree e degli
aeroporti, è sufficiente solo un documento di identità personale. Tuttavia, ti consigliamo vivamente di
conservare con cura il biglietto elettronico stampato.

Cosa significano i dati indicati sul mio biglietto aereo?

1 - Indirizzo dell'agenzia emittente - in questo caso siamo noi.


2 - Data di emissione del biglietto aereo.
3 - Nome del passeggero.
4 - Nostro numero di telefono - puoi sempre chiamarci in caso di problemi, domande e/o commenti.
5 - Compagnia aerea che ha emesso il biglietto, il che non significa che i voli siano tutti con questa compagnia aerea. Alcune
compagnie aeree hanno stipulato contratti tra loro, quindi i tuoi voli potrebbero essere con compagnie aeree diverse.
6 - Questo è il numero del tuo biglietto elettronico. Si consiglia di salvarlo sul telefono o sul computer in caso di smarrimento
del biglietto.
7 - Qui viene indicato dapprima il codice a 6 cifre Amadeus o di un altro gds , con cui puoi controllare sul sito check my trip i
dati del tuo volo. A volte viene inoltre aggiunto un codice di 6 cifre per le singole compagnie aeree. Potresti averne bisogno
quando effettui il check-in online.
8 - La prima riga contiene il luogo di partenza di un determinato volo e la seconda riga la destinazione. A volte viene indicato
anche il terminal da cui partirai. Possono essere riportati anche il nome o il codice dell'aeroporto.
9 - Questo è il numero del tuo volo. Inizia con un codice di due lettere che rappresenta la compagnia aerea (JP - Adria
Airways, LH - Lufthansa, ecc.). Segue il numero di volo effettivo della compagnia aerea. Questa informazione è importante,
soprattutto per trovare il posto giusto per l'imbarco in aeroporto, poiché la maggior parte della segnaletica mostra i numeri di
volo.
10 - Data e ora di partenza. Ricorda che devi arrivare all'aeroporto un po' prima (a seconda del volo e dell'aeroporto) - si
consigliano 2-3 ore. ATTENZIONE: Tutti gli orari e le date sono sempre locali. Quindi l'orario di partenza si basa sull'ora
dell'aeroporto di partenza.
11 - Questo è il codice che determina il prezzo e le regole del tuo biglietto.
12 - Orario di arrivo. Di solito è la data è la stessa di quella della partenza; in caso contrario, viene indicato (+1 o data
effettiva). ATTENZIONE: Gli orari e le date sono locali , il che significa che l'orario di arrivo si intende secondo il fuso orario
dell'aeroporto in cui si sta atterrando.
13 - Questo è il periodo di validità del tuo biglietto - questo non significa che puoi salire sull'aereo in un giorno qualsiasi
compreso tra le date indicate, ma che è possibile, pagando un supplemento, cambiare la data di partenza entro tali date, se il
regolamento lo consente.
14 - Questa colonna indica quanti bagagli possono essere registrati per ciascun volo.
15 - Indica lo stato del tuo biglietto - qui viene indicato sempre OK, altrimenti non sarebbe stato possibile emettere il biglietto.
16 - Si tratta della classe di prenotazione - determina il prezzo e le condizioni del tuo biglietto. Di solito le classi inferiori sono
più economiche, ma non consentono molte variazioni. La classe indica anche in quale classe volerai.

Sigle IATA aeroporti https://appuntiturismo.it/elenco-sigle-aeroporti-iata

Principali compagnie aeree IATA


Trasporto ferroviario

Rete Ferroviaria Italiana (RFI) è un’azienda pubblica in forma di società per azioni partecipata al
100% da Ferrovie dello Stato Italiane con funzioni di gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale.
Secondo studi del febbraio 2006, la rete gestita da RFI è composta complessivamente da 15 974
chilometri di linee a scartamento normale, . L'alta velocità (AV) è un sistema di trasporto ferroviario
costituito dall'insieme delle infrastrutture, dei treni, dei sistemi di segnalamento e telecomunicazioni, di
esercizio ferroviario e delle relative regolamentazioni tecniche, implementati per fare circolare treni a una
velocità superiore a quella tradizionale

I paesi che hanno sviluppato linee ad alta velocità sono:

• Unione europea (in Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi
Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia);
• Cina;
• Corea del Sud;
• Giappone;
• Taiwan;
• Svizzera;
• Turchia;
• Marocco

I treni

in Italia, analogamente a quanto accade negli altri Paesi, i treni sono storicamente identificati da una
sigla letterale seguita da un numero che ne indicano la categoria, la classificazione e, in linea generale la
direzione di marcia Le seguenti categorie sono quelle attualmente in vigore e descritte nei quadri orario
murali di stazione così come comunicate dalle diverse imprese ferroviarie interessate e si riferiscono
pertanto alle denominazioni commerciali utilizzate dalle stesse, a prescindere dalle classificazioni in uso
da parte dei gestori dell'infrastruttura.
Treni straordinari

• Corsa prova (CP) - Trenitalia


• Treno storico (TS) - Fondazione FS Italiane
Treni internazionali[modifica | modifica wikitesto]

• EuroCity (EC) - Trenitalia, Thello, Trenord


• EuroNight (EN) - Trenitalia, Thello
• Train à Grande Vitesse (TGV) - SNCF Voyages Italia
• Espresso (EXP) - Vengono classificati "espressi" solo i treni pellegrini, il Riviera Express e il "Treno
della memoria"
Treni a lunga percorrenza[modifica | modifica wikitesto]

• Frecciarossa Alta Velocità (FR AV) - Trenitalia


• Frecciargento Alta Velocità (FA AV) - Trenitalia
• .italo (ITA) - Nuovo Trasporto Viaggiatori
• Frecciabianca (FB) - Trenitalia
• InterCity (IC) - Trenitalia
• InterCity Notte (ICN) - Trenitalia
Treni regionali[modifica | modifica wikitesto]

• Regionale (REG) - Usato dalla quasi totalità delle imprese ferroviarie


• Regionale veloce (RV) - Trenitalia
• Suburbano (S) - Trenord (servizi suburbani di Milano)

• RegioExpress (RE) - Trenord, SAD[1]


• Malpensa Express (MXP) - Trenord
• Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM) - Trenitalia (Servizio ferroviario metropolitano di Salerno) e
Trenitalia, GTT[2] (Servizio ferroviario metropolitano di Torino)
• Treno metropolitano (M) - Trenitalia (servizi metropolitani di Napoli)
• Accelerato (ACC) - Ente Autonomo Volturno (servizi suburbani di Napoli[3])
• Diretto (D) - Ente Autonomo Volturno (servizi suburbani di Napoli[3]) e Società Subalpina Imprese
Ferroviarie[4] (tratta italiana della ferrovia italo-svizzera Domodossola-Locarno)
• Direttissimo (DD) - Ente Autonomo Volturno (servizi suburbani di Napoli[3])
Treni merci
Prenotazione ferroviaria

La prenotazione della biglietteria viene fatta da un portale collegato direttamente con TRENITALIA che
consente di effettuare prenotazioni ed emettere biglietteria nazionale ed internazionale. A tutti i nostri
clienti possiamo sempre garantire una percentuale di sconto sulla tariffa base, treni regionali esclusi.

Come leggere un biglietto ferroviario

come si legge il biglietto del treno. Abbiamo cerchiato le informazioni principali in modo da poterci riferire
più facilmente ad esse. 1. Stazione ferroviaria di Partenza (Da) 2. Stazione ferroviaria di Arrivo (A) 3. La
data prevista per la partenza del treno nel formato GG/MM/AAAA 4. L'ora prevista per la partenza del
treno 5. Il Numero del Treno (9452) 6. Compartimento: in questo caso, trattandosi di un biglietto
EUROSTAR, c'è la prenotazione obbligatoria, quindi ciò comporta che viene sempre riservato un posto a
sedere all'interno del treno. L'informazione del compartimento ha lo scopo di indicare al viaggiatore dove
si trova il suo posto prenotato. (in questo caso è: CORRIDOIO CENTRALE ZONA NON FUMATORI) 7.
Classe. Prima o Seconda classe. Naturalmente la prima classe costa di più, circa il doppio della
seconda. (nell'esempio la classe è la Seconda). 8. Numero della carrozza. ('008') Fate attenzione al
numero della carrozza quando siete sul marciapiede in attesa che il treno che sta entrando in stazione, si
fermi del tutto: il numero della carrozza è solitamente visibile e messo in evidenza sotto forma di un
cartellino quadrangolare all'esterno di ogni carrozza. 9. Numero del posto (84). Attenzione a non
sbagliare carrozza! Potrebbero infatti esserci due posti numero 84 ma in carrozze differenti! 10. Prezzo
del biglietto in Euro (€ 22,72) Questo è il costo effettivo sopportato dal viaggiatore che parte dalla
stazione di Bologna e deve recarsi a Milano con un Eurostar, in seconda classe.
Norme sul trasporto ferroviario

Convenzione di Berna (COTIF) 1980 - 1999


Convenzione relativa al trasporto ferroviario internazionale (COTIF) firmata a Berna il 9 maggio 1980
Per spiegazione https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/20010972/201511190000/0.742.403.12.pdf
Protocollo di Vilnius 1999
Protocollo di modifica alla Convenzione relativa al trasporto ferroviario internazionale (COTIF) firmata a Berna il 9 maggio 1980,
firmato a Vilnius il 3 giugno 1999
per spiegazione http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Pdf/ES0269.pdf
CIM
Regole uniformi sul contratto di trasporto internazionale ferroviario di merce
(CIM - Appendice B alla Convenzione COTIF modificata dal Protocollo di Vilnius 1999)
RID
Regolamento sul trasporto internazionale ferroviario di merci pericolose
(RID - Appendice C alla Convenzione COTIF 1980 modificata dal Protocollo di Vilnius 1999)
(testo in francese | testo in inglese)

CUV
Regole uniformi sui contratti di utilizzazione dei veicoli nel traffico internazionale ferroviario
(CUV - Appendice D alla Convenzione COTIF) 3 giugno 1999
(testo in francese)

Trasporto marittimo
I traghetti formano anche una parte importante del sistema di trasporto pubblico di molte città in riva a
laghi, fiumi e mari, permettendo il transito diretto tra due punti ad un costo molto inferiore rispetto a
quello di un ponte o di un tunnel.
In Italia il più grande e conosciuto punto di traghettamento è lo Stretto di Messina dove operano dei
traghetti per mezzi gommati (società Caronte & Tourist) e ferry-boats delle Ferrovie dello Stato che
provvedono al traghettamento dei convogli ferroviari fra la Sicilia e il continente.
Un traghetto per pedoni o ciclisti, che fa molte fermate, come i vaporetti di Venezia, viene detto anche
"Bus d'acqua".
Traghetti a percorrenza più lunga collegano molte isole costiere con la terraferma. Forse il più notevole
esempio di questo tipo di percorsi è quello attraverso la Manica, che collega la Gran Bretagna con il
resto d'Europa, oppure quello che ad Istanbul (Turchia) collega le due sponde (europea ed asiatica)
del Bosforo, ma ci sono molti altri esempi.
I traghetti prestano inoltre servizio sui principali laghi: Lago di Garda, Lago Maggiore e Lago di Como, ad
esempio. Per l'attraversamento di canali o fiumi si può ad esempio vedere quello del Canale
Candiano (Porto di Ravenna) o quello sul fiume Reno in località Sant'Alberto (Comune di Ravenna)
Una grande varietà di imbarcazioni viene usata come traghetti, a seconda della lunghezza del percorso,
del numero di passeggeri e/o automezzi da trasportare, della velocità che si vuole raggiungere e delle
condizioni delle acque che le imbarcazioni devono affrontare. Gli aliscafi sono stati utilizzati per sfruttare
il vantaggio di una maggiore velocità di crociera, sulle rotte più frequentate, sostituendo ad esempio
gli hovercraft sulla Manica, e competendo con i treni Eurostar che usano l'Eurotunnel.
Distanze molto brevi, possono essere coperte da un "traghetto a cavo", nel quale il traghetto è spinto e
manovrato da cavi collegati a entrambe le sponde. Talvolta il "traghetto a cavo" è azionato dalla forza
muscolare di una persona a bordo dello stesso. Alcuni "traghetti a cavo" sfruttano la forza perpendicolare
della corrente come fonte di propulsione (Reaction ferry).
Traghetti gratuiti operano in alcune parti del mondo, come a Woolwich (Londra, Inghilterra), attraverso
il Tamigi e ad Amsterdam (Paesi Bassi), attraverso il Canale del Mare del Nord.
L'11 ottobre 1811 Juliana, la nave dell'inventore John Stevens, inizio ad operare come primo traghetto a
vapore (prestava servizio tra New York, e Hoboken (New Jersey)).
A quanto si dice, la più breve rotta servita da un regolare traghetto è di 121 metri, attraverso un canale
navigabile, e collega il Toronto City Centre Airport alla terra ferma.
Attraversare un fiume è un'antica metafora per la transizione, il passaggio. La professione
del traghettatore è incarnata nella figura di Caronte, appartenente alla mitologia greca e citato anche
nella Divina Commedia di Dante.
Anche uno dei più famosi inventori di tutti i tempi, Leonardo da Vinci, si impegnò nella creazione di un
particolare tipo di traghetto a mano. Una riproduzione fedele di questo particolare mezzo è tuttora
perfettamente funzionante sul fiume Adda in Lombardia e collega i comuni di Imbersago in provincia di
Lecco e Villa d'Adda in provincia di Bergamo.
Le crociere
Il termine crociera designa sia il viaggio con una nave da crociera utilizzata per scopi ricreativi e turistici,
che l'industria che gestisce lo stesso servizio che tali navi offrono ai viaggiatori. Solitamente sono
impiegate come nave da crociera motonavi di medie-grosse dimensioni, ed il servizio di crociera ha una
durata variabile da una a quattro settimane, durante le quali i clienti vengono intrattenuti a bordo con le
varie strutture presenti, soprattutto di tipo sportivo e ricreativo, ma vengono altresì coinvolti in diversi
scali nei porti toccati dal pacchetto vacanza, con la possibilità di visitare città d'arte e altri luoghi di
richiamo turistico. Il passeggero, comunque, dorme, consuma i pasti e trascorre la maggior parte del
tempo a bordo della nave.
Le navi da crociera su cui si affrontano i lunghi tragitti hanno tipicamente dimensioni molto elevate e al
loro interno si trovano teatri, discoteche, sale da ballo, sale da gioco, negozi e boutique inseriti in veri e
propri centri commerciali. Solitamente una moderna crociera consiste in un viaggio composto da diverse
tappe giornaliere durante le quali è possibile scendere a terra e visitare il luogo in cui si è approdati, per
proseguire nottetempo il viaggio verso la destinazione successiva. In Italia sono molte le società
armatoriali che offrono crociere marittime con partenze dalle città
di Genova, Savona, Livorno, Civitavecchia, Napoli, Salerno, Palermo, Catania, Messina, Bari, Brindisi e
Venezia. Fra esse figurano la MSC Crociere, SilverSea (le prime due sono di armatori
italiani), Carnival, Costa Crociere, Royal Caribbean, Princess Cruises, Crystal Cruises e Celebrity
Cruises.
Recentemente è stata riscoperta anche in Italia la crociera fluviale, come già sulla Loira e sul Nilo, (192
navi e 1,4 milioni di crocieristi previsti nel 2011 sempre secondo i dati CEMAR). In Europa diverse
Compagnie tra le quali A-Rosa, Luftner cruiss, Viking River Cruises e CroisiEurope offrono crociere
sul Danubio, sul Reno, sulla Senna e sul Rodano.
Dal 2005, in Italia la navigazione sul Po è offerta dalla Compagnia CroisiEurope con la motonave
"Michelangelo" (158 passeggeri - 110x11,4 metri) sulla tratta Venezia - Polesella; l'originale arrivo
a Cremona non è più previsto a causa dei lunghi periodi di secca del grande fiume. Sempre sulla stessa
tratta è attiva anche la compagnia tedesca Nicko-Tours con la motonave "Bellissima" (134 passeggeri;
110x11,4 metri). Dal 2009, con l'arrivo in Italia della motonave olandese "Vita Pugna" (21 passeggeri -
36x5,40 metri) crociere con pernottamento sono possibili nella tratta Venezia - Mantova, anche nella
variante con escursioni di trasferimento in bicicletta.

Personale di bordo navi da crociera


Trasporto su gomma

Il trasporto su strada o trasporto su gomma è il movimento di veicoli a motore


(benzina, diesel, elettrico) su percorsi stradali disegnati appositamente.
Questo modo di trasporto è sicuramente il più usato dal XX secolo, sia per i passeggeri che per le merci,
man mano che la tecnologia ha messo a disposizione veicoli più perfezionati, le strade, sono passate dal
fondo della terra a quello in asfalto e che si sono cominciate a diffondere le autostrade.

LA RETE STRADALE

La strada (da strata: strati) è una porzione di territorio, utilizzata dall'uomo per facilitare lo spostamento di
persone e merci fra due luoghi.
Sin dai tempi più antichi la strada è sempre stata di importanza fondamentale per le comunicazioni, un
chiaro segno di evoluzione della civiltà ed ha rappresentato una forte spinta al processo di sviluppo. Nate
nel XX secolo le strade sono passate dal fondo in terra a quello in asfalto. Vi sono 3 tipologie di strade
ordinarie:
-Strade statali: (SS) strade considerate di interesse nazionale, gestite dall'amministrazione dello Stato.
Molte di esse conducono ai confini di Stato, a porti marittimi o aeroporti internazionali, a importanti centri
urbani o località turistiche. I tracciati di alcune statali ricalcano il percorso delle antiche vie consolari
romane.

-Strade provinciali: (SP) si tratta delle strade considerate di interesse regionale o inter-regionale che
solitamente collegano capoluoghi di provincia. Anche se la proprietà di queste strade appartiene alle
singole regioni, la loro gestione spetta alle province.

-Strade comunali: (SC) strade considerate d'importanza comunale. Conducono a città o paesi del
circondario o verso campagne o zone industriali fuori dal centro urbano.

Autostrade: strada, in alcuni paesi a pedaggio, progettata per agevolare la circolazione veloce di grandi
volumi di traffico, in alternativa una strada normale non garantisce la stessa capacità di transiti. Per
definizione l'autostrada può essere a doppia carreggiata, con almeno quattro corsie larghe (due per ogni
senso di marcia). Percorribili soltanto da automobili, camion, autobus e motociclette>150cc. Secondo i
paesi, variano i limiti di velocità, particolarmente severi per i mezzi pesanti, per i quali ci può essere
anche un divieto di circolazione in certi periodi. Recentemente si parla sempre più di un pedaggio per
l'ingresso nelle grandi città (Pedaggio urbano) quale provvedimento contro il traffico e l'inquinamento
atmosferico. Parlando di pedaggio autostradale
*Italia: si paga il pedaggio autostradale su tutto il territorio “autostrada del sole” (tranne nelle Isole).
*Austria: si acquista un bollino con disegno+bollo all’entrata della Nazione (presso le barriere
dell’autostrada).
*Francia: si paga il pedaggio autostradale (che è molto più caro di quello Italiano, in quanto è
proporzionale al potere d’acquisto della moneta).
*Croazia: si paga il pedaggio secondo i km esatti che saranno percorsi, pertanto è opportuno conoscere
l’itinerario.
*Spagna: si paga il pedaggio autostradale.
*Germania: non si paga nessun pedaggio, mentre invece si fa la denuncia IVA.
-diaria dell’autista: quando sono previsti pernottamenti
- a chilometraggio: per poter redigere il preventivo economico del noleggio viene presa in considerazione
la quotazione effettiva:
*lungo chilometraggio: considerando il numero di km che saranno percorsi per giungere a destinazione.

Superstrade: detta anche strada extraurbana principale è classificata come strada di tipo B. Ha delle
limitazioni al transito per i veicoli non a motore (biciclette e similari) e per quelli a motore di bassa
potenza e velocità. Per quanto simili, come configurazione, alle autostrade non sono assimilabili a
queste ultime in fatto di limiti di velocità. In Sardegna abbiamo superstrade come Largo Carlo Felice.

VEICOLI

Noleggio: il cui utilizzo da parte del richiedente avviene dopo aver stipulato un contratto rent-a-car con un
azienda di noleggio auto, per un determinato periodo di tempo. È consegnata al cliente senza libretto di
circolazione ma con l’assicurazione e col pieno di benzina e sarà il cliente stesso il responsabile di
eventuali danni;

Taxi: che effettua servizio di trasporto di passeggeri, urbano o extraurbano in una città con alla guida un
taxista che utilizza un autovettura idonea ed ha in possesso una licenza specifica rilasciata dal Comune
di competenza. Effettua trasporto.

Pullman: A questo gruppo di veicoli appartengono grandi veicoli stradali che servono per il trasporto di
diverse persone. In Italia, il trasporto extraurbano (per lunghe distanze) effettuato per mezzo di autobus
di linea non è molto diffuso. Collegano, a prezzi relativamente modesti, paesi e città distanti anche
migliaia di Km. La nascita di questi servizi si spiega con il fatto che certe località non sono facilmente
raggiungibili, o lo sono con difficoltà, con altri mezzi di trasporto. L’organizzazione più importante che
interessa l’Italia è l’Eurolines, frutto di accordi fra alcune delle maggiori aziende europee di trasporti
stradali (SITA).
Servizio di linea pubblico-giornaliero: effettuato secondo orari e tariffe prefissate stabilite dalla società
competente.
- Interno:
*urbano: con prevalenza di posti in piedi, destinato al trasporto cittadino a breve raggio (Ex: Cagliari-
borgo S.Elia)
*extraurbano: destinato a percorsi di media lunghezza (Ex: Cagliari-Quartu) o lunga distanza tra più
località della regione.
- Nazionale: effettuato all’interno di un’unica Nazione.

- Internazionale: effettuato tra più Nazioni, nel caso in cui dei clienti desiderino spostarsi dalla
propria città verso una città straniera (Ex: Lombardia-Germania). In Sardegna questa tipologia di
trasporto è inesistente.

Servizio charter: pullman che possono essere noleggiati presso un'azienda di trasporto (in
possesso di licenza di noleggio) con o senza autista, dopo aver stipulato con essi un contratto di
noleggio. L’obiettivo, scopo, svolgimento del tragitto viene definito dai noleggianti (Ex:
scolastici,escursionistici…). Non sono autorizzati a fermarsi sulle strade pubbliche e sulle piazze
al fine di far salire i passeggeri. Per viaggi tali si impiegano pullman GT (Gran Turismo) dai 10
sino agli 80 posti, dotati di ogni comfort (sedili reclinabili, climatizzazione, vetri atermici, frigobar,
toilette…). Ha il vantaggio di non costare eccessivamente e il suo sviluppo è in crescita. Le tariffe
di noleggio, sono determinate dal mercato e dipendono anche dal tipo di pullman utilizzato e dal
numero di passeggeri

Da sempre, il principale indicatore della qualità e dei servizi offerti da un hotel è il suo numero di stelle. Al
giorno d’oggi questo sistema sembra aver perso parte della sua importanza, perché molti viaggiatori si
affidano principalmente alle recensioni online di chi ha già soggiornato in una struttura. Tuttavia, il
numero di stelle viene preso ancora in seria considerazione dai viaggiatori alla ricerca del proprio hotel
ideale. Per gli albergatori si tratta inoltre di un modo per farsi pubblicità sfruttando un livello di
qualità già accertato.

Ma cosa significano queste stelle? Chi stabilisce quante stelle debba avere un hotel? La classificazione
degli hotel è la stessa in tutti i Paesi?
In effetti, creare un sistema di classificazione internazionale è stato finora impossibile a causa di
differenze culturali, economiche e normative. Diamo un’occhiata ai sistemi adottati dai principali mercati.
La classificazione degli hotel non è obbligatoria in tutti i Paesi
Forse ti sorprenderà sapere che, delle cinque principali destinazioni turistiche al mondo, solo due
prevedono una classificazione obbligatoria. In Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, classificare
un hotel è un’operazione assolutamente volontaria.
In Italia e in Spagna, al contrario, le norme in fatto di classificazione alberghiera sono di competenza
regionale e le stelle vengono assegnate da ciascuna regione in base a una serie di requisiti minimi.
Tutti i criteri di classificazione sono invece stabiliti a livello nazionale in Francia, Germania, Regno Unito
e Stati Uniti. In Francia, questo compito è affidato ad agenzie di consulenza private autorizzate dalla
commissione di accreditamento francese Cofrac (sito in inglese); nel Regno Unito se ne occupa Quality
Tourism (articolo in inglese), che opera sotto il controllo dell’organizzazione turistica “Visit England”
(questo sistema vale anche per Scozia, Galles e Irlanda del Nord). In Germania e in diversi altri Paesi
europei, la classificazione è a cura dell’HotelStars Union (articolo in inglese) con il patrocinio
dell’organizzazione HOTREC, l’associazione di categoria europea che riunisce hotel, ristoranti e
caffetterie. Negli Stati Uniti, infine, la classificazione degli hotel è stabilita da gruppi indipendenti come
l’American Automobile Association (AAA) (sito in inglese) o siti web di viaggi.
In Grecia, la classificazione degli hotel è basata anche su un sistema di norme statali e nel 2015 un
decreto ministeriale (articolo in inglese) ha introdotto un nuovo sistema per stelle, obbligatorio per tutti gli
hotel del Paese.

Ente normativo Obbligatoria? Classificazione

Agenzie di
consulenza
private
1-5 stelle
autorizzate dal
Francia Cofrac Volontaria

1-5 stelle; per


ogni categoria è
possibile la
HotelStars menzione
Germania Union Volontaria “Superior”

Grecia Governo Obbligatoria 1-5 stelle

Governi
regionali, che
tengono conto
degli standard 1-5 stelle;
minimi nazionali alcune regioni
(ad eccezione di permettono la
Obbligatoria
Trento e menzione “5
Italia Bolzano) stelle lusso”

Regno Unito Quality Tourism Volontaria 1-5 stelle

1-5 stelle;
alcune regioni
permettono la
Governi menzione “Gran
Spagna regionali Obbligatoria Lujo” (“Lusso”)

Gruppi e siti di
viaggi
USA indipendenti Volontaria 1-5 stelle

Tipologie di strutture ricettive


Andiamo ad analizzare ogni singola tipologia di strutturare ricettiva appartenenti alle diverse categorie:
Strutture ricettive alberghiere e paralberghiere
▪ Alberghi:
Si tratta di esercizi ricettivi aperti al pubblico, che, oltre all’alloggio(camere), in uno o più edifici,
possono offrire agli ospiti anche vitto ed altri servizi accessori.
▪ Motels
Si caratterizzano per essere attrezzati alla sosta e assistenza per autovetture ed imbarcazioni
(meccanico, distributore benzina, etc)

▪ Villaggi albergo
Quelli che comunemente vengono denominati villaggi turistici in realtà sono definiti, da un punto di
vista legale, villaggi alberghi.
Sono caratterizzati dalla dislocazione degli alloggi e dei servizi in più stabili facenti parte di uno
stesso complesso.
Generalmente sono situate in aree attrezzate per il soggiorno e lo svago della propria clientela con
organizzazione di attività ricreative.
▪ Residenze turistico alberghieri o alberghi residenziali
Come recita il codice sono esercizi ricettivi aperti al pubblico, a gestione unitaria, ubicate in uno o piu’
stabili o parti di stabili, che offrono alloggio e servizi accessori in unita’ abitative arredate, costituite da
uno o piu’ locali, dotate di servizio autonomo di cucina”. Gli ospiti godono di servizi molto simili a
quelli offerti da una albergo
▪ Alberghi diffusi
Gli alberghi diffusi offrono alloggio e servizi in edifici separati ma vicini tra loro. Solitamente questa
tipologia di fare ricettività è realizzata in borghi avviati ad un rapido spopolamento.

▪ Residenze d’epoca alberghiere


Struttura ricettiva principalmente dedicata a clientela altamente qualificata in cerca di alloggio in immobili
di particolare pregio storico-architettonico, con arredi d’epoca e di particolare livello artistico.
▪ Bed and breakfast organizzati in forma imprenditoriale
Sono strutture ricettive a conduzione familiare, organizzate e gestite direttamente in modo
professionale (Partita IVA). Devono essere presenti spazi familiari di condivisione.
Ogni regione ha diramato criteri differenti affinchè una struttura venda definita B&B. In particolare le
differenze riguardano il numero massimo di camere e dei posti letto
▪ Residenze della salute / beauty farm
Le residenze della salute o beauty farm sono a tutti gli effetti alberghi nei quali spicca come caratteristica
principale o comunque importante, l’offerta di soggiorni con cicli di trattamenti terapeutici, dietetici ed
estetici.
▪ Altre Strutture
In questa categoria fanno parte tutte le altre strutture turistico-ricettive, non precedentemente identificate,
che presentino elementi ricollegabili a uno o più delle sopraelencate categorie.
Strutture ricettive extralberghiere
Sono incluse in questa categoria sia strutture imprenditoriali e quindi iscritte alla Camera di
Commercio, che quelle senza scopo di lucro.
▪ Esercizi di affittacamere
Possono avere al massimo sei camere. Presenza anche servizi complementari (come il ristorante). Tutto
deve essere dislocato nello stesso stabile.

▪ Bed and breakfast (in forma non imprenditoriale)


Si tratta sostanzialmente dei bed and breakfast in forma imprenditoriale, sempre a conduzione ed
organizzazione familiare, ma gestite da privati in forma non imprenditoriale. Offrono alloggio e prima
colazione in parti della stessa unità immobiliare funzionalmente collegate e con spazi familiari destinati
alla condivisione.
▪ Case per ferie
Una casa per ferie è quella struttura ricettiva destinata al soggiorno temporaneo di persone, gestita da
enti o da associazioni. L’elemento indispensabile è che il gestore di una casa per ferie deve
operare senza alcun scopo di lucro ma solo per conseguire finalità sociali, educative, assistenziali,
religiose etc
Le case per ferie più diffuse sono quelle che si inseriscono in un contesto di turismo religioso e di
pellegrinaggi.
▪ Unità abitative ammobiliate ad uso turistico
Sono case o appartamenti offerti in affitto a turisti. Devono essere arredate e avere i servizi igienici e di
cucina autonomi. Può essere gestita sia in forma imprenditoriale che non imprenditoriale
Il contratto deve are la validità non inferiore a sette giorni e non superiore a sei mesi consecutivi.
▪ Strutture ricettive – residence
I Residence sono molto simili alle RTA (residenze turistche alberghiere) sia per i servizi (cambio
biancheria, ricevimento, pulizia alloggio) che per la presenza di una cucina / angolo cottura.
Una RTA, però , si caratterizza per la frequenza maggiore dei servizi la ed è molto assimilabile ad un
piccolo albergo.
▪ Ostelli per la gioventù
Sono strutture ricettive rivolte ai giovani ed ai loro accompagnatori per soggiorni e pernottamenti di breve
durata.
Sono gestite da enti o associazioni senza scopo di lucro.
▪ Attività ricettive in esercizi di ristorazione
Come suggerisce la denominazione trattasi di camere con accesso indipendente, ubicate nello stesso
complesso immobiliare in cui ha sede un esercizio di ristorazione, gestite in modo complementare dal
medesimo titolare.
▪ Alloggi nell’ambito dell’attività agrituristica
Gli alloggi nell’ambito delle attività agrituristiche sono locali destinati ad alloggi, ubicati in fabbricati rurali
gestiti da imprenditori agricoli ai sensi della legge. Ogni regione detta le regole riguardo le peculiarità e
criteri da seguire.
Quello che vorrei sottolineare adesso è che l’attività principale deve essere quella agricola e non
riccettiva-turistica .
▪ Attività ricettive in residenze rurali
Le attività ricettive in residenze rurali, dette anche country house, sono strutture ubicate in ville padronali
o fabbricati rurali, utilizzate per attività sportivo-ricreative, composte da camere con eventuale angolo
cottura e che dispongono di servizio di ristorazione aperto al pubblico.
Sono simili all’attività agrituristica , la differenza principale è che in questa tipologia di struttura prevale
l’aspetto leisure e non quello agricolo.
La country haouse non è riconosciuta dalla legilazione di tutte le Regioni.
▪ Foresterie per turisti
Le foresterie sono strutture attrezzate presso sedi di enti pubblici, associazioni o aziende o presso
impianti di natura turistico sportiva, per ospitare occasionalmente, senza fine di lucro, soci, dipendenti o
partecipanti alle attività.
▪ Centri soggiorno studi
Sono gestite da enti pubblici, associazioni, organizzazioni sindacali, soggetti privati operanti nel settore
della formazione .
Sono strutture attrezzate per l’attività didattica e convegnistica e dotate di camere per il soggiorno degli
ospiti.
▪ Residenze d’epoca extralberghiere
Le residenze d’epoca sono strutture ricettive extralberghiere ubicate in complessi immobiliari di
particolare pregio storico e architettonico, dotate di mobili e arredi d’epoca o di particolare livello artistico,
idonee ad una accoglienza altamente qualificata.
▪ Rifugi alpini
I rifugi alpini sono strutture ricettive ubicate ad alta quota montagna,fuori dai centri urbani e in aree
isolata raggiungibile tramite mulattiere e sentieri. Sono aperti al pubblico per periodi limitati.
Sono destinate al ricovero, al ristoro ed al soccorso alpino. Infatti un locale è sempre aperto, anche nel
periodo di chiusura, e accessibile dall’esterno anche in caso di abbondanti nevicate dedicato per il
ricovero di fortuna.
▪ Rifugi escursionistici
Sono strutture ricettive ubicate ad una quota più bassa rispetto ai rifugi alpini. Si trovano lungo litinerari
escursionistici di interesse nazionale, finalizzati ad offrire loro ospitalità e ristoro
▪ Altre strutture
ogni altra struttura turistico-ricettiva che presenti elementi ricollegabili a uno o più delle precedenti
categorie.
Strutture ricettive all’aperto
▪ Villaggi turistici
Tecnicamente i villaggi turistici, secondo la legislazione, non sono ciò che la maggior parte delle persone
(anche professionisti del settore) pensano.
Sono strutture ricettive collocate in aree recintate destinate alla sosta ed al soggiorno di turisti in
allestimenti minimi. Solitamente ma non sempre. sono destinate ai turisti sprovvisti di propri mezzi mobili
di pernottamento.
Per comprendere meglio di cosa si tratti, pensate ai campeggi con bungalow e roulotte messe a
disposizioni dei turisti.
▪ Campeggi
I campeggi, definiti anche camping, sono strutture ricettive ubicate in aree recintate ed attrezzate per
consentire il soggiorno di turisti in prevalenza provvisti di propri mezzi mobili di pernottamento.
Possono anche disporre di unità abitative mobili, quali tende, roulotte, caravan, mobilhome o
maxicaravan, autocaravan o camper.
▪ Campeggi nell’ambito delle attività agrituristiche
I campeggi nell’ambito delle attività agrituristiche sono aree di ricezione all’aperto gestite da imprenditori
agricoli ai sensi di legge.
▪ Parchi di vacanza
Sono aree camping nelle quali si affitta la piazzola praticato ai turisti, in prevalenza sprovvisti di propri
mezzi mobili di pernottamento.
Strutture ricettive di mero supporto
Infine l’art. 14 del Codice del Turismo, con riferimento alla quarta e ultima sottocategoria, chiarisce che si
definiscono di mero supporto le strutture ricettive allestite dagli enti locali per coadiuvare il campeggio
itinerante, escursionistico e locale.

Regione toscana classificazione tipologica strutture riceetive


La legge regionale 86/2016 (Testo unico del sistema turistico regionale) ha innovato la disciplina del turismo, sostituendo il
precedente "Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo", ossia la legge regionale 42/2000, che risultava ormai
strumento inadeguato, pur essendo stata oggetto di modifiche nel corso degli anni.

Strutture ricettive alberghiere, campeggi e villaggi turistici

Sono le strutture ricettive gestite per la produzione e l'offerta al pubblico di servizi per l'ospitalità:

• alberghi;
• residenze turistico-alberghiere;
• alberghi diffusi;
• condhotel;
• campeggi;
• villaggi turistici;
• marina resort;
• aree di sosta;
• parchi di vacanza.

La legge regionale introduce la definizione di apertura stagionale, con la quale si intende un periodo di
apertura non inferiore a 3 mesi consecutivi e non superiore complessivamente a 9 mesi nell'arco
dell'anno solare.

Per gli alberghi la novità principale è l'ampliamento delle attività erogabili anche ai non alloggiati.

In particolare viene prevista:

• l'attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico;


• l'attività di vendita al dettaglio al pubblico nei limiti di un esercizio di vicinato;
• l'attività di centro benessere.

Per gli alberghi diffusi (già previsti dalla legge regionale n. 71/2013 "Disciplina dell'attività ricettiva di
albergo diffuso", che è stata abrogata) il nuovo Testo unico ridefinisce i criteri per la localizzazione: essi
dovranno essere localizzati nei centri storici, in nuclei insediativi in ambito costiero e nei borghi rurali,
caratterizzati da pregio-ambientale, vitalità e vivibilità dei luoghi, aventi popolazione uguale o inferiore a
5mila abitanti. La classificazione viene abolita. Il Regolamento di attuazione ha poi stabilito gli standard
minimi necessari.

Il condhotel è stato introdotto a livello nazionale con la legge n. 164/2014. Successivamente è stato
adottato il decreto ministeriale attuativo (d.p.c.m. 22/1/2018 n.13). Gli esercizi alberghieri già esistenti
(alberghi e residenze turistico-alberghiere) possono pertanto riqualificarsi - alienando alcune unità
abitative, dotate di servizio autonomo di cucina, che assumono la destinazione d'uso residenziale -
trasformandosi in condhotel: infatti tale nuova tipologia di struttura ricettiva ricomprende sotto un'unica
gestione di tipo alberghiero anche unità abitative di proprietà privata, che fruiscono dei servizi alberghieri.

Per i campeggi, è superata la definizione di struttura temporaneamente ancorata al suolo con il rinvio al
rispetto delle prescrizioni urbanistico-edilizie e, ove previsto, paesaggistiche. Inoltre si consente al
gestore di offrire (oltre al 40% di case mobili) tende e relativi accessori di proprietà del gestore per un
ulteriore 20% delle piazzole. Laddove le strutture a temporaneamente ancorate al suolo siano in
percentuale superiore al 30% delle piazzole, il campeggio può denominarsi "camping village".Per i
campeggi è prevista la possibilità – come per gli alberghi - di esercitare attività anche per i non alloggiati.

La legge regionale definisce i marina resort (introdotti a livello nazionale dalla legge 164/2014) cioè
strutture ricettive organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da
diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato. Il Regolamento di attuazione
dispone sulla loro classificazione.

► Strutture ricettive extra alberghiere

Sono strutture ricettive extra-alberghiere per l'ospitalità collettiva:

• case per ferie; ostelli; rifugi escursionistici; rifugi alpini; bivacchi fissi.
• Sono strutture ricettive extra-alberghiere con le caratteristiche della civile-abitazione:
• affittacamere; bed and breakfast; case e appartamenti per vacanze; residenze d'epoca; i residence.

Case per ferie

La legge regionale precisa meglio i soggetti gestori delle case per ferie: soggetti pubblici, associazioni,
enti ed imprese che operano senza scopo di lucro per il conseguimento di finalità sociali, culturali,
assistenziali, religiose, sportive e ricreative. Vengono poi definiti i soggetti che possono esservi ospitati.
Le case per ferie sono gestite al di fuori dei normali canali commerciali.

Ostelli

Non più solo "per la gioventù" - anche se prevalentemente orientati all'accoglienza di tale segmento
turistico – anche gli ostelli possono essere gestiti solo da soggetti collettivi individuati (che sono gli stessi
previsti per le case per ferie).

Rifugi escursionistici

La legge regionale ribadisce che sono strutture ricettive idonee a offrire ospitalità e ristoro ad
escursionisti e siti lungo percorsi escursionistici riconosciuti di valenza turistico-culturale e
adeguatamente segnalati. Anch'essi possono essere gestiti solo da soggetti collettivi individuati (gli
stessi che per le case per ferie e gli ostelli). E' una tipologia di struttura funzionale ad un segmento
turistico sempre più emergente, quello del turismo itinerante (si pensi, ad esempio, all'ospitalità lungo la
Via Francigena).

Affittacamere e Bed&breakfast

La legge regionale precisa che possono essere esercitati sia in forma imprenditoriale, sia in forma non
professionale. In entrambi sono forniti l'alloggio e i servizi minimi e nei B&B viene anche somministrata la
prima colazione. Nei B&B gestiti in forma imprenditoriale è possibile anche somministrare alimenti e
bevande.
Case e Appartamenti Vacanze

La legge regionale ribadisce che sono gestite esclusivamente in forma imprenditoriale, e che tale forma
di ospitalità non comprende la somministrazione di alimenti e bevande.

Residenze d'epoca

Anche per tali strutture si ribadisce che la gestione è esclusivamente in forma imprenditoriale; le
residenze d'epoca possono somministrare alle persone alloggiate alimenti e bevande.

La prenotazione alberghiera

La prenotazione ( o booking) è il primo atto di stipula del contratto d'albergo e impegna al suo rispetto sia

l'azienda che il cliente.

In pratica il cliente, quando prenota, chiede in anticipo all'esercizio ricettivo la disponibilità di un alloggio.

Le modalità con cui può farlo sono la lettera, il fax, il telefono, un qualsiasi sistema telematico, ecc..

La corretta gestione del booking richiede l'esecuzione scrupolosa delle procedure di compilazione delle

prenotazioni.

I dati occorrenti sono:

- il nome del prenotante (con la specificazione se si tratta di agenzia ecc.);

- la data di arrivo;

- la durata del soggiorno;

- il nome del cliente e il numero delle persone che lo accompagnano;

- il tipo di camera richiesta;

- il tipo di trattamento richiesto ( B&B , HB, FB );

- l'ora di arrivo del cliente;

- il prezzo della camera;


- chi paga e cosa paga qualora non sia un cliente a provvedere direttamente al pagamento alla partenza;

- il tipo di prenotazione ( da allotment, con caparra confirmatoria ecc.);

- le eventuali preferenze del cliente in merito al tipo di camera (tranquilla, con vista ecc);

- la firma dell'operatore che ha ricevuto la prenotazione.

Al momento della rilevazione di questi dati, l'addetto al front desk che riceve la prenotazione deve controllare la

disponibilità del tipo di camera per il periodo richiesto.

In caso di prenotazione da allotment deve verificare che essa rientri ancora nella disponibilità dell'agenzia e

eventuale data di release, e che agenzia e cliente non figurino nella lista nera dei debitori.

Le informazioni vengono registrate sul foglio delle prenotazioni (su supporto cartaceo oppure elettronico);

successivamente si provvede a comunicare al cliente la conferma della prenotazione.

Normalmente con la prenotazione richiesta dal cliente, sia fatta per telefono, mail, fax, on line o tramite
altri mezzi, una struttura ricettiva si obbliga a tenere a sua disposizione un alloggio alle condizioni in parte
discusse tra le parti al momento stesso del contatto, in parte secondo la legge e in parte secondo la prassi
alberghiera. Il viaggiatore, quindi, acquista il diritto di stipulare il contratto definitivo di alloggio, alle
suddette condizioni, al momento del suo arrivo in albergo.
Si può perciò ritenere che la prenotazione alberghiera rientri nell’ambito dei rapporti giuridici preparatori.
Essa è infatti diretta alla conclusione di un futuro contratto di alloggio.
Il contratto di prenotazione alberghiera si può quindi considerare:
– un contratto atipico, in quanto non trova piena e specifica regolazione legislativa, se non per certi
aspetti, ma nasce piuttosto dalla prassi alberghiera;
– un contratto consensuale e a forma libera, in quanto si forma con il consenso negoziale espresso dal
viaggiatore e dall’albergo, senza bisogno di forma scritta, la quale tuttavia potrà essere utile quale
mezzo di prova;
– un contratto unilaterale, in quanto la sola obbligazione che fa nascere è quella dell’albergatore di tenere
a disposizione l’alloggio;
– un contratto tendenzialmente gratuito, in quanto il viaggiatore nulla deve pagare per la mera
prenotazione, salvo le ipotesi di caparra confirmatoria;
– un atto che costituisce un rapporto giuridico preparatorio, teso alla conclusione di un successivo
contratto di alloggio alberghiero;
– un contratto che normalmente contiene un termine essenziale, cioè il giorno e l’ora stabilita per l’arrivo in
albergo. Molti discutono sulla natura unilaterale o bilaterale dell’obbligo. Palese è l’obbligazione che
nasce in capo all’albergatore, ma secondo molti anche il cliente sarebbe vincolato dal contratto in
quanto, se per qualunque ragione non è in grado di giungere in tempo in albergo, dovrebbe darne
notizia all’albergatore. Dovrebbe cioè, secondo il linguaggio comune, cancellare la prenotazione, pena
il risarcimento del danno subito dalla struttura ricettiva per la mancata vendita dell’alloggio.

Generalmente al momento della prenotazione di una camera d’albergo, la struttura ricettiva chiede il versamento da parte del
cliente di una somma di denaro, a conferma della prenotazione.

La caparra, invece, è una somma versata a garanzia di un contratto; a differenza dell’acconto, se è versata una caparra e il
cliente cancella la sua prenotazione, la struttura ricettiva ha il diritto di ritenere la caparra.

Tipologie di Caparra

Analizzando ancora più nello specifico, la caparra, secondo quanto stabilito dagli articoli 1385 e 1386 del codice civile, si può
dividere in due tipi:

• la caparra confirmatoria, ossia una somma versata a fini di garanzia, ex articolo 1385 del codice civile, dove il
cliente versa all’albergatore una cifra liberamente stabilita dalla struttura, al fine di confermare la prenotazione.
Nell’eventualità in cui il cliente dovesse cancellare, non solo andrà a perdere la caparra, ma potrebbe essere costretto a risarcire
interamente l’albergatore per il mancato guadagno. La caparra confirmatoria ha infatti una triplice funzione di prevenzione
del danno, di autotutela e di garanzia dell’obbligazione.

Di contro, nel caso in cui l’albergatore si rivelasse inadempiente a fornire i servizi di alloggio stabiliti, il cliente potrà richiedere il
doppio di quanto versato, fatto salvo che il cliente accetti di essere ricollocato presso una struttura ricettiva limitrofa di uguale o
superiore categoria. In caso di ricollocamento, le spese per il trasferimento ad altra struttura e l’eventuale differenza di prezzo
della stessa sono a carico dell’albergo che non è in grado di fornire i servizi confermati.

2. la caparra penitenziale, prevista dall’articolo 1386 del codice civile, è una somma versata dal cliente a fini di garanzia
che va a confermare la prenotazione. Nel caso in cui il cliente disdica la prenotazione, l’albergatore tratterrà la
somma che il cliente ha versato, senza però richiedere il risarcimento dell’intero guadagno.

Caparra ed Adempimenti Amministrativi

Relativamente agli adempimenti amministrativi e contabili, secondo quanto indicato dall’Agenzia delle
Entrate con la risoluzione n. 411673 del 19.05.1977, non sussiste l’obbligo di emissione di alcun
documento fiscale, pertanto, al momento dell’incasso, non è necessario emettere alcuna
fattura, scontrino o ricevuta. Si può rilasciare una semplice ricevuta (da un blocchetto di quietanze) che
sia prova, per il cliente, dell'esistenza di questo "fondo", applicando una marca da bollo da 2 euro sulla
ricevuta se l'importo della caparra supera i 77,47 euro.

Ai fini delle imposte dirette, poiché trattasi di una sorta di deposito temporaneo e non di un pagamento,
la caparra non genera né ricavi per chi la riceve, né costi per chi la versa.

La responsabilità dell'albergatore per le cose portate in albergo


Cosa fare se soggiornate in un albergo e qualcuno Vi sottrae il portafoglio, il Vostro orologio o altri effetti personali?
Non Vi resta altro che confidare nel buon esito delle indagini della polizia per trovare il colpevole per poter sperare
di recuperare ciò che Vi è stato rubato o in un risarcimento? Non necessariamente, perché la legge prevede che in
questi casi è l'albergatore che ne deve rispondere. Vediamo nel dettaglio in cosa consiste la
cosiddetta responsabilità dell'albergatore ed i suoi i limiti e le sue condizioni.

Gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal
cliente in albergo (secondo quanto previsto dagli artt. 1783 ss. del codice civile).

Sono considerate "cose portate" in albergo:


• le cose che vi si trovano durante il soggiorno del cliente;
• le cose di cui l'albergatore assume la custodia, fuori dell'albergo, durante il soggiorno del cliente;
• le cose di cui l'albergatore assume la custodia sia nell'albergo, sia fuori dell'albergo, durante un periodo di tempo
ragionevole, precedente o successivo al soggiorno.

Sono da considerare "in albergo" anche le cose lasciate nei vari luoghi a disposizione del cliente e, quindi, non
solo nei locali di soggiorno personale o collettivo, ma anche nei locali accessori come magazzini, rimesse, giardini,
parchi, piscine, ma non invece nei locali estranei al complesso alberghiero.

La responsabilità dell'albergatore per le cose portate dal cliente in albergo è limitata al valore di quanto sia
deteriorato, distrutto o sottratto, sino all'equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell'alloggio per
giornata (ad esempio: prezzo dell'alloggio Euro 50; limite massimo del risarcimento = Euro 50 x 100 = Euro 5.000).

Questo limite non vale invece - e l'albergatore risponde quindi illimitatamente - nel caso in cui:

• le cose siano state consegnate all'albergatore (oppure dei membri della sua famiglia o dei suoi ausiliari) in
custodia;
• quando ha rifiutato di ricevere in custodia cose che aveva l'obbligo di accettare;
• se il deterioramento, la distruzione o la sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo sono dovuti a colpa
dell'albergatore stesso.

Sono considerate cose consegnate all'albergatore le cose mobili che il cliente consegna all'albergatore affinché
quest'ultimo le custodisca e le restituisca qualora il cliente le richieda. La legge elenca i beni che l'albergatore ha
il dovere di accettare in custodia: le carte-valori, il denaro contante e gli oggetti di valore.

L'albergatore può rifiutare di ricevere oggetti pericolosi (ad esempio sostanze tossiche, oggetti che possono
infiammarsi, ecc.), nonché quelli che, considerando l'importanza e le condizioni di gestione dell'albergo, abbiano un
valore eccessivo o natura ingombrante.

Infine, l'albergatore può pretendere che gli oggetti gli siano affidati in un involucro chiuso o sigillato.
Il cliente non ha l'obbligo di consegnare gli oggetti di valore portati in albergo all'albergatore affinché questi li
custodisca; tuttavia, in caso di sottrazione di tali cose non consegnate in custodia, egli non potrà godere del
risarcimento integrale del danno, ma solo entro il limite di cento volte il prezzo dell'alloggio per un giorno (si veda
l'esempio precedente).

In ogni caso, il cliente ha l'obbligo di denunciare immediatamente il danno all'albergatore. Oltre a ciò, è
consigliabile anche presentare denuncia per furto presso le Autorità di Polizia.

L'albergatore è esonerato dalla responsabilità nei seguenti casi:

• qualora il deterioramento, la distruzione o la sottrazione delle cose portate in albergo oppure di quelle
consegnate all'albergatore è dovuta al cliente, alle persone che lo accompagnano, a quelle che sono al
suo servizio o a quelle che gli fanno visita, a forza maggiore o alla natura della cosa;
• qualora il cliente, dopo aver verificato il deterioramento, la distruzione o la sottrazione della cosa, denunci
l'avvenimento all'albergatore con un ritardo ingiustificato, sempreché il danno non sia stato causato per colpa
dell'albergatore.

Sono nulli i patto o le dichiarazione destinati ad escludere o limitare in via preventiva la responsabilità
dell'albergatore. Non ha quindi alcun valore, ad esempio, un cartello affisso in una camera d'albergo o al ristorante
contenente la dicitura: "La direzione dell'albergo declina ogni responsabilità nel caso di furto di oggetti preziosi
lasciati in camera".

Automobile parcheggiata nel garage dell'albergo

Il codice civile dispone che la normativa sul deposito in albergo non si applica ai veicoli, alle cose lasciate negli
stessi e agli animali vivi. Quindi, ad esempio, qualora il cliente parcheggi la propria auto nel garage dell'albergo si
applica la disciplina sul deposito in generale (artt. 1766 ss. c.c.).

5) ECONOMIA E MARKETING DEL TURISMO

L’aspetto economico del turismo; il mercato turistico; domanda, offerta e flussi turistici. Il

“turismo” è l’insieme di attività e di servizi a carattere polivalente che si riferiscono al

trasferimento temporaneo di persone dalla località di abituale residenza ad altra località per fini

di svago, riposo, cultura, curiosità, cura, sport ecc.

Il turismo è pertanto trasferimento ciclico: partenza dal domicilio abituale, arrivo ed eventuale

soggiorno nella località di destinazione, ritorno alla località di partenza.

- Turismo culturale: imparare a apprendere qualcosa


Cambia la psicologia del turista a
- Turismo di svago o seconda dei suoi bisogni

Turisti stranieri:

1. Tedeschi

2. Americani

3. Francesi

4. Cinesi viaggiano di più perché sono tanti

5. Giapponesi -> spendono di più di tutti

Il “turista” è colui che si allontana dal luogo di residenza e trascorre almeno una notte (24 ore) ma

meno di un anno nella località di destinazione per vari motivi eccetto quello lo svolgimento di

lavoro remunerato. Turisti di:

- Vacanza breve: pernottamento di 1-3 notti

- Vacanza medio-lunga: pernottamento di almeno 4 notti Gli

elementi che definiscono il turista sono:

- Spazio: Una destinazione turistica è un ambito territoriale nel quale ha sede un complesso di

attrattive che possono soddisfare i bisogni e gli interessi di un determinato segmento di domanda

turistica.

- Tempo

- Motivazione del viaggio: la motivazione turistica comprende ciò che dispone una persona o un gruppo a viaggiare,
racchiudendo naturalmente sia aspetti coscienti che elementi inconsci, sia necessità stabili che bisogni transitori.

o Attività secondarie: cene in ristorante, attività ricreative, shopping, visite turistiche, VFR

(visiting friend and relatives)

• Motivazioni diverse:

- Religione

- Salute
- Parenti

- Studio

o Attività primarie: visite per motivi sanitari, giuridici, religiosi

o Attività secondarie: cene in ristorante, VFR (visiting friend and relatives)

Il sistema turistico è un sistema complesso perché contiene molti elementi. Può essere definito come una
“galassia di settori”, con operatori “eterogenei” molti dei quali in contatto diretto con un mercato internazionale.
È composto da:

• L’elemento umano (le persone):

- Turista/escursionista internazionale

- Turista/escursionista nazionale

• L’elemento geografico (i luoghi):

- L’area generante

- L’area di transito

- L’area di destinazione

• L’elemento industriale (i servizi):

- Settore ricettivo

- Settore di trasporto di persone

- Settore delle attrazioni

- Settore progettazione e organizzazione di viaggi e soggiorni

- Settore dell’intermediazione al dettaglio

- Settore dell’organizzazione e gestione di convegni e congressi

- Comparto dei servizi pubblici di supporto

Il “prodotto turistico” ha una definizione abbastanza complessa perché è costituito da elementi

molto differenti:

- Carattere composito: include servizi offerti da diverse aziende

- Ha due prospettive diverse: quella del fruitore e quella del fornitore

- Prodotti turistici evoluti: concept, mobilità spazio temporale, sistema di prezzi, scelta delle

componenti

Gli elementi che lo definiscono dal lato del fruitore sono:

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- Elementi di attrazione nella destinazione e nelle aree di transito

- Servizi e facilities nella destinazione de nelle aree di transito

- Elementi di accesso alla destinazione

- Immagine della destinazione

- Informazione

Quando si parla di prodotto turistico non ci si riferisce mai ad un prodotto turistico unico, per le

sue due proprietà:

- Eterogeneità: è composto da beni e servizi appartenenti a quattro categorie fondamentali: o

Alloggio

o Ristorazione

o Trasporti

o Attività varie svolte durante il turismo

- Diversificazione: prodotti diversi per turismi diversi e individui differenti Tipi

di turismo particolare:

- Sanitario: attivi sia nel ricevere che ne cercare servizi sanitari. Arrivano arabi e russi

principalmente, con 500 ricoveri esteri ogni anno grazie a convenzioni firmate con i pazienti

che arrivano. Primo contatto via mail, poi viene organizzato il soggiorno con i servizi di hotel,

transfer ecc..

- Turismo scolastico:

o età e livello di istruzione

o turismo nuovo

o non turismo ricco ma molte persone

Il “mercato” è l’insieme di potenziali acquirenti con caratteristiche comuni che potrebbero dare origine ad uno
scambio al fine di soddisfare i propri bisogni. Consapevoli della difficoltà di attrarre e servire tutti i clienti di un
mercato, le imprese si concentrano sull’identificazione del proprio mercato obiettivo attraverso tre fasi:

1. Segmentazione: divisione del mercato in gruppi di acquirenti che necessitano prodotti e

marketing mix differenti;

2. Definizione del mercato obiettivo: valutazione dell’attrattività di ciascun segmento e scelta

dei segmenti da penetrare;

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3. Posizionamento: definizione della posizione competitiva del prodotto e creazione di un

adeguato marketing mix

SEGMENTAZIONE

Creare valore per i clienti obiettivo:

1. Selezione dei clienti da servire:

a. Segmentazione del mercato: dividere il mercato totale in segmenti più piccoli;

b. Definizione del segmento obiettivo: selezionare il segmento o i segmenti in cui

entrare.

2. Scegliere una proposta di valore:

a. Differenziazione: differenziare l’offerta di mercato per creare un valore superiore per il

cliente;

b. Posizionamento: posizionare l’offerta di mercato nelle menti dei clienti obiettivo

Quando si fa markentig va studiato il mercato e va diviso per trovare le caratteristiche che mi permettano di
creare un prodotto che per lui ha valore e per me crea profitto. Online, Facebook permette di segmentare
moltissimo, all'iscrizione forniamo il sesso e l'età, dati fondamentali per chi fa marketing, con tutte le
informazioni che diamo a lui esso gli usa per mandarci pubblicità e usa uno strumento molto potente, sono in
grado di fare advertising per tutti coloro che gli interessano.

Sono varie le segmentazioni:

- Segmentazione geografica (Da dove vengono?)

- Segmentazione demografica (Chi sono?) o

Età

o Sesso

o Reddito

- Segmentazione psicografica (Come vivono?)

o Classe sociale

o Stili di vita

o Personalità

- Segmentazione comportamentale (Cosa scelgono, perché etc.)

o Occasioni (es. viaggi di nozze)


o Vantaggi ricercati (qualità, prezzo, atmosfera...)

o Propensione all’acquisto

o Status dell’utilizzatore

(utilizzatore, ex utilizzatore, nuovo utilizzatore etc.)

o Fedeltà alla marca

o Intensità d’uso (bassi, medi e forti utilizzatori)

Esempi di segmentazione in diversi livelli, se si sbaglia a segmentare e a scegliere si sbaglia tutto.

I pensionati oggi sono un buon target su cui mirare, si portano in giro i nipoti, sono ottimi

per il turismo culturale, escursioni in giornata.

LA TIPOLOGIA DELLE DOMANDE TURISTICHE SECONDO EURISKO

- Liceali, 7.8% - giovani, classe media, vita spensierata viaggiano molto

- Delfini, 3.2% - giovani, classe medio-alta, viaggiano molto all’estero

- Spettatori, 7.2% - giovani, classe medio-bassa viaggiano prevalentemente in Italia

- Organizzati, 4% - adulti in carriera, viaggiano molto all’estero

- Esecutori, 4.8% - adulti famiglia e lavoro, vacanze brevi ed economiche

- Colleghe, 6.4% - donne in carriera viaggiano molto in luoghi alla moda

- Commesse, 4.4% - donne con lavoro poco qualificato, viaggiano poco

- Raffinate, 3% - casalinghe-bene, viaggiano molto

- Massaie, 5.7% - casalinghe e reddito medio-basso, vacanze estive in Italia

- Arrivati, 12.3% - status e reddito elevati, viaggiano molto

- Impegnati, 3.1% - cultura e politica al primo posto, viaggiano molto

- Marginali 34.8% - pensionati e disoccupati

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UNA SEGMENTAZIONE EFFICACE MOLTO IMPORTANTE

1. Misurabile: grado in cui è possibile misurare la dimensione e il potere d’acquisto dei diversi

segmenti/fetta di mercato. Non tutti i target si possono misurare (i minorenni di 16 anni bevono

birra). Deve portare denaro;

2. Accessibile: grado in cui i diversi segmenti possono essere effettivamente raggiunti e serviti,

se non lo è non è profittevole;

3. Rilevante: grado in cui i segmenti presentano un’ampiezza o livelli di assorbimento tali da essere profittevoli, es. I
pensionati rappresentano il 35% del mio mercato ma devono anche essere capaci di sopportare il prezzo del mio
prodotto;

4. Praticabile: grado in cui è possibile impostare programmi di marketing efficaci per attrarre e

servire i segmenti scelti.

La Valutazione dei segmenti di mercato si basa su:

- Dimensione e tasso di crescita -> profittabilità. Deve avere una certa dimensione e un buon tasso di crescita sia
numericamente che economicamente come profitto

- Attrattività strutturale (concorrenti aggressivi, prodotti simili etc.), distinguersi dai concorrenti in più fattori. es..
Negli ultimi anni a Padova sono nati molti hotel però simili e ciò che gli distingue è il prezzo, un grosso problema.

- Obiettivi e risorse dell’impresa: occorre saper tagliare segmenti non in linea con i propri obiettivi aziendali o non
raggiungibili con le proprie risorse.

Strategie di copertura di mercato 

• Marketing indifferenziato/di massa: considera il mercato un unico segmento, ho un

prodotto che può andare bene a tutti, uso un'offerta unica su tutto il mercato

• Marketing differenziato: ci si rivolge a più segmenti di mercato differenti con offerte

specifiche. Es. Accor Hotels. Scelgo uno o più segmenti con offerte diverse

• Marketing concentrato/di nicchia: ci si rivolge ad un’ampia quota di uno o più mercato di

minori dimensioni. Una fetta particoalre, numericamente bassa ma profittevole, solitamente si

sceglie più di una nicchia perchè devo avere diversi prodotti per non

perderla, visto che è piccola è facile che un concorrente possa prendersela con un prodotto

simile al mio

• Marketing biforcato: i segmenti di riferimento sono due. In Italia non si usa, in Cina si; hotel

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per i Cinesi e hotel per gli stranieri. Se il mio prodotto è uniforme io posso fare marketing

indifferenziato, se il mercato è ovviamente omogeneo ma devo anche tenere conto di quello

che vogliono i clienti e tutti gli altri fattori che accadono attorno a noi; concorrenti, politica

ecc.

La strategia di copertura del mercato si basa su tre fattori:

- Grado di omogeneità del prodotto (es. prodotto uniforme -> marketing indifferenziato)

- Omogeneità del mercato

- Strategie dei concorrenti

LA DEFINIZIONE DEL MERCATO OBIETTIVO

La Valutazione dei segmenti di mercato si basa su:

- Dimensione e tasso di crescita -> profittabilità. Deve avere una certa dimensione e un buon tasso di

crescita sia numericamente che economicamente come profitto

- Attrattività strutturale (concorrenti aggressivi, prodotti simili etc.), distinguersi dai concorrenti

in più fattori. es.. Negli ultimi anni a Padova sono nati molti hotel però simili e ciò che gli

distingue è il prezzo, un grosso problema.

- Obiettivi e risorse dell’impresa: occorre saper tagliare segmenti non in linea con i propri

obiettivi aziendali o non raggiungibili con le proprie risorse.

STRATEGIE DI COPERTURA DEL MERCATO

• Marketing indifferenziato/di massa: considera il mercato un unico segmento, ho un

prodotto che può andare bene a tutti, uso un'offerta unica su tutto il mercato

• Marketing differenziato: ci si rivolge a più segmenti di mercato differenti con offerte

specifiche. Es. Accor Hotels. Scelgo uno o più segmenti con offerte diverse

• Marketing concentrato/di nicchia: ci si rivolge ad un’ampia quota di uno o più mercato di

minori dimensioni. Una fetta particoalre, numericamente bassa ma profittevole, solitamente si

sceglie più di una nicchia perchè devo avere diversi prodotti per non

perderla, visto che è piccola è facile che un concorrente possa prendersela con un prodotto

simile al mio

• Marketing biforcato: i segmenti di riferimento sono due. In Italia non si usa, in Cina si; hotel

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per i Cinesi e hotel per gli stranieri. Se il mio prodotto è uniforme io posso fare marketing

indiferenziato, se il mercato è ovviamente omogeneo ma devo anche tenere conto di quello

che vogliono i clieni e tutti gli altri fattori che accadono attorno a noi; concorrenti, politica

ecc.

La strategia di copertura del mercato si basa su tre fattori:

- Grado di omogeneità del prodotto (es. prodotto uniforme -> marketing indifferenziato)

- Omogeneità del mercato

- Strategie dei concorrenti

MARKETING DIFFERENZIATO: ACCORD HOTELS

Un ottimo esempio che ha fatto nascere un sacco di altri servizi; ha cambiato ii prodotto e i servizi

- Catene alberghiere:

o Sofitel

o Pullman

o M-Gallery

o Novotel

o Mercure

o All Seasons

o Ibis

o Suitehotel

o Etap Hotel

o Formule 1]

o Atria (centri congressi)

o Thalassa (centri termali)

o Coralia (hotel specializzati nel turismo)

o Motel6 e Studio6

o RedRoofInn

- Altri servizi:

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o Carlson Wagonlit Travel

o Frantour

o Go Voyages

o Lenôtre

o Compagnie des wagons-lits

o Accor casinos

o Accor Services

Hotel differenti, con offerte differenti in base al target di riferimento: per famiglie, per lunghi

soggiorni, per viaggi di lavoro etc..

Posizionamento: è il modo in cui un prodotto trova collocazione nella mente del potenziale

consumatore. È un vantaggio rilevante per il consumatore target e differenziante dai

vantaggi offerti da altri prodotti o servizi della stessa categoria. Si colloca nella mente

dell'eventuale compratore; legato alla percezione del cliente soggettiva. Vanno individuati

dei vantaggi competitivi del nostro prodotto nel confronto di altri e ne devo scegliere alcuni

perchè normalemte non ho la capacità economiche per fare tutto. Il vantaggio il cliente lo

deve sentire;

Il posizionamento nel mercato obiettivo che ho scelto si basa su:

- Individuazione di una serie vantaggi competitivi possibili per lo sviluppo del posizionamento del prodotto

- Scelta/selezione dei vantaggi più indicati

- Attuazione e comunicazione del posizionamento scelto ad un mercato obiettivo LA

SELEZIONE DEI VANTAGGI COMPETITIVI DEL MERCATO OBIETTIVO

- Scelta quantitativa: quanti vantaggi selezionare? Su quali puntare? Su quali investire?

o Sottoposizionamento: troppe caratteristiche, nessuna rilevanza è un problema;

o Sovraposizionamento: la trasmissione agli acquirenti di una immagine troppo

limitata, poche caratteristiche;

o Posizionamento confuso: la trasmissione di una posizione poco chiara, la più diffusa. Si

interviene cambiando le strategie di marketing.

- Scelta qualitativa: l’attributo deve essere:

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o Significativo (con elevato valore per il cliente), a Milano ora si vendono le camere in

orario diurno, all'uomo daffari interessa una stanza di appoggio per i suoi

appuntamenti gli propongo questo;

o Distintivo (unico o quasi), deve avere una caratteristica che interessi ai clienti:

o Superiore (rispetto ad altri), migliore;

o Comunicabile (e visibile), non solo verso l'esterno, ma anche all'interno della

struttura, tutti i vantaggi vanno detti al cliente altrimenti non riesco a vendere, tutti

i dettagli vanno chiariti. TUTTE LE CARATTERISTICHE VANNO COMINICATE PER FARE

LA DIFFERENZA, NULLA DEVE ESSERE DATO PER SCONTATO. BISOGNA METTERSI

SEMPRE NEI PANNI DEL TURISTA;

o Originale (non copiabile);

o Accessibile (acquistabile) nonostante sia originale deve essere adatto alla tasca del cliente;

o Profittevole (genera profitto) per soddisfare me e il cliente

COMUNICAZIONE E REALIZZAZIONE DEL POSIZIONAMENTO PRESCELTO

Una volta scelte le caratteristiche del posizionamento sul quale puntare, l’azienda deve:

- Realizzarle;

- Sostenerle;

- Comunicarle.

La valutazione del posizionamento può essere fatta tramite le mappe percettive: la

rappresentazione grafica su due dimensioni del posizionamento marketing.

- Imporre limitazioni ragionevoli su una tariffa scontata;

- Applicare prezzi diversi a prodotti percepiti come differenti dal cliente. LE

MODIFICHE DI PREZZO

Le imprese, una volta stabilite le strategie di prezzo, possono trovarsi costrette a ridurre o

aumentare i prezzi nel corso del tempo

- Diminuzione del prezzo;

- L’aumento di prezzo;

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- Reazione degli acquirenti;

- Reazione dei concorrenti;

- Reazione della nostra azienda alla variazione dei prezzi dei concorrenti LA

DISTRIBUZIONE

Un canale distributivo è un insieme di soggetti indipendenti che aiutano a rendere disponibile al consumatore
o a un’impresa un bene o un servizio. Nel settore dell’ospitalità i canali di

distribuzione portano i clienti verso il prodotto/servizio: l’albergo, il ristorante, la nave da crociera o l’aereo.

A seconda del numero di intermediari, esistono diverse tipologie di canale di vendita (o canale distributivo)
attraverso il quale un'azienda propone i propri prodotti sul mercato.

- Canale diretto: nessun intermediario, l'azienda ha venditori propri o punti vendita di

proprietà;

- Canale corto (o breve): attraverso un intermediario (un dettagliante);

- Canale lungo: prevede due o più intermediari (uno o più grossisti e un dettagliante).

Un canale distributivo trasferisce i beni dai produttori ai consumatori consentendo di colmare i

principali gap temporali, spaziali e di proprietà che separano i beni e i servizi dai rispettivi

utilizzatori. Le loro funzioni:

- Informazione, cioè raccolta e distribuzione delle informazioni ottenute tramite ricerca di

marketing in merito alle forze e gli attori dell’ambiente di mercato;

- Promozione, cioè la formulazione e la diffusione di messaggi persuasivi;

- Contatto, cioè l’individuazione dei potenziai acquirenti e la comunicazione con loro;

- Adattamento, cioè la definizione e l’adeguamento dell’offerta in base alle esigenze

dell’acquirente;

- Negoziazione, cioè la ricerca di un accordo sul prezzo e altri termini dell’offerta;

- Distribuzione fisica: trasporto e immagazzinamento dei prodotti;

- Finanziamento, cioè l’acquisizione e l’impiego delle risorse finanziarie necessarie a coprire i costi relativi al canale
distributivo;

- Gestione del rischio, cioè l’assunzione dei rischi dell’attività del canale distributivo.

GLI INTERMEDIARI DEL MARKETING

- Agenzie di viaggio: imprese che esercitano congiuntamente o disgiuntamente attività di

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produzione, organizzazione e intermediazione di viaggi e soggiorni e ogni altra forma di

prestazione turistica a servizio dei clienti, siano esse di incoming che di outgoing;

- Tour Operator: un'impresa commerciale che vende, sviluppa o semplicemente assembla

pacchetti turistici, generalmente inclusivi di pernottamenti

alberghieri e/o trasferimenti (per esempio biglietti aerei), polizze assicurative,

pernottamenti, e altri servizi in loco (nel caso in cui tutti i servizi siano compresi nel

pacchetto, compresi pasti e bevande, si parla in genere di un trattamento all inclusive);

- Rappresentanti degli alberghi;

- Enti del turismo (nazionali, regionali e locali);

- Sistemi di prenotazione e consorzi;

- GDS – Global Disitrbution: è un sistema informatico per la gestione della prenotazione e

acquisto di biglietti aerei, ma anche per la prenotazione di hotel, auto in affitto ecc. ES. Amadeus:

o 75.000 AdV;

o 500 compagnie aeree;

o 78.000 alberghi.

- Concierge: portiere d’albergo o di palazzo;

- Internet

PERCHE’ SI SCEGLIE UN’AGENZIA DI VIAGGI?

- Comodità;

- Tempo;

- Esperienza/Conoscenza;

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- Sicurezza/garanzia;

- Il prezzo.

INTERNET COME CANALE DISTRIBUTIVO

- Canale diretto (Hilton riceve oltre l’80 delle prenotazioni online attraverso i canali diretti del

marchio dell’albergo):

o Nel 2010 il turismo online rappresentava oltre 8 miliardi di euro di transazioni, in

crescita del 19% rispetto al 2009. (Fonte CCM Benchmark);

o Nel 2011 le transazioni hanno raggiunto gli 11 miliardi di euro, un terzo del mercato dell’e-

commerce totale (Fonte Xerfi);

o Nel corso del 2012, 2013 e 2014 il settore ha continuato la sua progressione,

superando i 13 miliardi di euro di transazioni.

- Le prenotazioni tramite Internet interessano circa il 40 delle prenotazioni di viaggi dei

segmenti business o leisure;

- Mi permette di arrivare ad un target potenzialmente mondiale;

- Aperto 7 giorni su 7, 24 ore al giorno;

- Si fa lavorare il cliente;

- Permette le comparazione di prezzi e offerte (Es. Trivago);

- Booking.it etc. - Allotment e channel manager.

CONFLITTI DI CANALE

Persone e imprese interagiscono per raggiungere degli obiettivi, tramite strutture formali o

informali. Il canale dovrebbe “cooperare” lungo tutta la filiera per il bene comune… spesso non è

così.

Conflitti di canale:

- Orizzontale: riguarda le imprese allo stesso livello (es. membri dello stesso franchising);

- Verticale: interessa stadi diversi dello stesso canale.

L’OFFERTA TURISTICA L’offerta turistica è l’insieme di servizi che vengono proposti ai turisti per soddisfare
i propri bisogni. Il cambiamento della domanda turistica ha reso l’offerta più flessibile e destagionalizzata.
L’offerta turistica per soddisfare le varie esigenze è costretta ad aggiornarsi con continuità. Il prodotto turistico

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si può classificare con dei parametri: trasporti, ricettività e ristorazione, servizi complementari, svago,
assistenza. Per trasporto si intendono servizi di trasporto e strutture relative a questo. La ristorazione è
necessaria per garantire al turista un luogo in cui soggiornare. I servizi complementari appartengono
all’obiettivo del viaggio e a quello che il turista spera di trovare nel posto visitato. Lo svago è una delle attrattive
per attirare il maggior numero di turisti. L’assistenza serve a qualificare i prodotti turistici e per indirizzare il
turista verso una meta piuttosto che un’altra.

Il patrimonio turistico; l’intervento pubblico nel turismo; la politica eurounitaria.

La domanda turistica si sta caratterizzando per una crescente complessità. Come rileva l’indagine della Banca
d’Italia sul turismo internazionale, da una parte i viaggi si configurano sempre più spesso come un insieme di
brevi periodi trascorsi in un elevato numero di località; dall’altra le vacanze stanno conoscendo una
progressiva ibridazione, con la contemporanea presenza anche all’interno dello stesso viaggio di motivazioni
molteplici, in cui si associano sia contenuti culturali che di altra natura.

In generale emerge una crescente centralità delle motivazioni culturali nella scelta dei turisti stranieri di visitare
l’Italia: in questa tipologia di viaggio ricade circa il 60 per cento della spesa degli stranieri in vacanza in Italia
(era attorno al 40 nella prima metà degli anni Duemila).

Nello stesso periodo le vacanze rurali e in montagna hanno ristagnato; quelle balneari, pur in ripresa negli
ultimi anni, sono cresciute a tassi inferiori alla media.

Una strategia di sviluppo che punti sull’integrazione dei contenuti può presumibilmente produrre effetti positivi
diffusi a tutte le tipologie di viaggio: quanto maggiore la possibilità di arricchire l’offerta turistica con esperienze
culturali, tanto più facile potrebbe essere anche per le vacanze di tipo naturalistico o balneare di mettersi
parzialmente al riparo dalla concorrenza di paesi con caratteristiche naturali simili a quelle dell’Italia, ma meno
dotati dal punto di vista storicoartistico.

L’unicità del patrimonio culturale italiano – arricchita ad esempio di altri contenuti come la qualità della cucina
e l’eccellenza del made in Italy – è un vero e proprio vantaggio competitivo per il nostro paese, particolarmente
apprezzato soprattutto fra i viaggiatori provenienti dai paesi più lontani, fra quelli che visitano l’Italia per la
prima volta e fra i turisti più giovani.

Le famiglie con figli tendono invece a privilegiare le vacanze al mare o di altro tipo, a testimonianza del fatto
che diverse tipologie di turisti mostrano esigenze non omogenee, e possono essere oggetto di strategie di
promozione diversificate, anche volte a ridurre la pressione turistica sulle località più note e maggiormente a
rischio di sovraffollamento.

Se è vero che il patrimonio culturale ha un peso crescente nel motivare le vacanze in Italia, è evidente che la
capacità di valorizzare e rendere accessibili e conosciute le numerose ricchezze artistiche del Paese è una
leva chiave per promuovere il settore del turismo italiano.

Rispetto ad altre destinazioni, l’Italia si caratterizza per una più ampia diffusione geografica delle città di
potenziale interesse turistico, delle strutture museali e dei siti archeologici. Sebbene ciò si rifletta su una minore
concentrazione dei visitatori rispetto a paesi che – anche per eredità storica – si caratterizzano un modello di
organizzazione dei musei più accentrato (si pensi ad esempio alla Francia con il Louvre), anche in Italia gran
parte dei flussi si indirizzano verso le principali strutture museali e archeologiche del Paese e verso le principali
città d’arte che le ospitano: i primi 20 dei circa 5000 musei italiani raccolgono oltre il 30 per cento delle visite
annuali.

I musei italiani registrano un numero di visitatori mediamente basso nel confronto con i principali paesi europei;
se da un lato questo riflette la capillarità dell’offerta museale italiana, dall’altro suggerisce la presenza di
margini di miglioramento nella gestione delle singole strutture e nella loro organizzazione in rete: spesso offerta
e caratteristiche dei piccoli musei è poco nota ai potenziali visitatori ed è scarsa l’offerta di percorsi di visita
articolati su più siti. I dati a disposizione mettono in luce la buona capacità dei musei italiani di conservare il
patrimonio e renderlo fruibile al pubblico, favorendo opportunità di crescita culturale sia per i residenti sia per
i turisti.

pag. 14
Ciò ha ricadute importanti sull’attrattività e lo sviluppo del territorio, come evidenziato dai flussi di spesa relativi
al turismo culturale.

La capacità di valorizzazione del patrimonio artistico rimane tuttavia contenuta nel confronto internazionale,
nonostante i musei italiani abbiano visto nel tempo crescere fortemente il numero dei visitatori.

Sono inoltre cresciuti sia gli introiti per i biglietti venduti sia quelli per i servizi accessori, anche se questi ultimi
garantiscono ricavi ancora relativamente bassi, soprattutto se confrontati con le principali istituzioni museali
internazionali. Nonostante i musei abbiano ovunque quale principale fonte di finanziamento i trasferimenti
pubblici, i margini di miglioramento per le entrate da servizi sembrano quindi elevati, e potrebbero utilmente
contribuire alla promozione culturale e alla conservazione del patrimonio artistico italiano.

Anche dalla partecipazione diretta dei privati al finanziamento di interventi di conservazione si potrebbero
trarre risorse significative, soprattutto se gli interventi di riforma degli ultimi anni a favore di donazioni e
sponsorizzazioni daranno i frutti sperati.

Nel 2014 è stata varata un’importante riforma dei musei statali, volta a potenziare la capacità delle strutture
museali di promuovere e valorizzare il patrimonio artistico, favorendo la fruibilità delle collezioni e un maggiore
orientamento alle esigenze del visitatore.

La riforma ha previsto un sistema di accreditamento per il complesso del patrimonio museale italiano, ha dato
autonomia gestionale alle principali strutture museali e ai principali parchi archeologici statali e ha accresciuto
il coordinamento territoriale delle altre strutture. Sono stati creati i poli museali regionali, che dovrebbero
favorire economie di scala nella gestione di alcuni servizi e incoraggiare il funzionamento in rete delle strutture
museali presenti sul territorio.

L’evidenza empirica mostra che l’autonomia gestionale delle strutture è positivamente correlata con i risultati
in termini di relazioni con il territorio, promozione e orientamento alle esigenze del visitatore.

Una indagine sul campo presso 40 musei statali conferma tali indicazioni, mostrando come i 20 musei che per
primi sono stati interessati dalla riforma hanno registrato nel biennio 2016-2017 un più alto numero di iniziative
in tutte sfere di attività sondate (cfr. il riquadro: Le recenti innovazioni organizzative nei musei statali: alcune
evidenze da un’indagine della Banca d’Italia).

L’intervento pubblico nel turismo trova spiegazione nei seguenti fattori: 1. IMPORTAZA DEL TURISMO PER
L’ITERO SISTEMA ECOOMICO: il settore turismo e il suo sviluppo fungono da traino per l’intero sistema
economico. 2. PARTICOLARE COMPOSIZIOE DEL PRODOTTO TURISTICO: la destinazione turistica è un
insieme vario di elementi fra i quali: ambiente naturale, patrimonio storico e artistico, infrastrutture, trasporti,
strutture ricettive. 3. ECESSITA’ DI COTROLLARE I FLUSSI TURISTICI: affinché si sviluppino in termini
sostenibili. 4. RICOOSCIMETO CHE IL TURISMO E’ IMPORTATE PER LA CRESCITA CULTURARE E
SOCIALE DELLA PERSOA E DELLA COLLETTIVITA’. Legge quadro sul turismo La Legge n. 135 del 2001
ha determinato profonde innovazioni nell’ordinamento del settore turistico. Gli obbiettivi della legge quadro si
possono cosi riassumere: 1. LA DEFIIZIOE DI U QUADRO ORMATIVO UITARIO CHE HA RIVISTO LE
COMPETEZE TRA STATO E REGIOE EL SETTORE TURISTICO 2. L’ADOZIOE DI ORME A TUTELA DEL
TURISTA Con la legge quadro vengono definiti gli ambiti di competenza delle Regioni e degli Enti Locali in
ambito di materia turistica. In particolare: Le Regioni hanno competenze in materia di turismo e di industria
alberghiera; il ruolo svolto da Province e Comuni riguarda lo sviluppo del turismo nei territori di loro competenza
(presenza di strade, organizzazione di servizi di trasporto locale, parcheggi, organizzazione di manifestazioni
culturali di richiamo). Lo Stato mantiene solamente una funzione di indirizzo. Altri enti pubblici che
intervengono nel turismo 1. ETE AZIOALE ITALIA PER IL TURISMO (EIT): il compito dell’ENIT è quello di
provvedere alla promozione turistica dell’Italia all’estero. Oggetto della promozione e della comunicazione
sono l’immagine dell’Italia e il complessivo prodotto turistico italiano. 2. AUTOMOBIL CLUB D’ITALIA (ACI):
rappresenta e tutela l’automobilismo italiano nel paese, favorendone lo sviluppo. Svolge attività di assistenza
e soccorso per l’automobilisti, riscuote le tasse automobilistiche e tiene il pubblico registro automobilistico
(PRA) 3. CLUB ALPIO ITALIAO (CAI): si occupa di alpinismo e promuove la tutela e il rispetto della natura,
forma le guide alpine, cura la manutenzione dei rifugi e dei sentieri di montagna. 4. LEGA AVALE ITALIAA
(LI): si occupa della promozione e della tutela del mare. 5.AZIEDA PROMOZIOE TURISTICA (APT): sono
organismi con autonomia amministrativa e gestionale strumentali alle Regioni che operano in ambiti
turisticamente rilevanti.

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Politica eurounitaria: Il settore del turismo a livello di Unione europea, nella sua definizione più stretta (in
termini di fornitori tradizionali di viaggi e di servizi turistici), conta 2,3 milioni di imprese, principalmente piccole
e medie (PMI), che danno lavoro a circa 12,3 milioni di persone. Nel 2014 un'impresa su 10 dell'economia
commerciale non finanziaria europea apparteneva all'industria del turismo. Nel 2018 il settore dei viaggi e del
turismo ha contribuito direttamente al PIL dell'Unione per il 3,9%, occupando il 5,1% della popolazione attiva
totale (pari a 11,9 milioni di persone). Se si considerano gli stretti legami con altri settori economici, questo
contributo aumenta ulteriormente (più del 10,3% del prodotto interno lordo (PIL) e almeno l'11,7%
dell'occupazione totale, il che corrisponde a 27,3 milioni di lavoratori).

Nel 2017 il turismo internazionale ha raggiunto un totale di 1,32 miliardi di arrivi nel mondo (+ 7%), di cui 671
milioni in Europa, pari al 51% del mercato (+ 8%). Inoltre, uno studio prospettico a lungo termine
dell'Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO) prevede una più modesta crescita del turismo in Europa
da qui al 2030, stimata a 744 milioni di turisti (+ 1,8%), ossia il 41,1% del mercato globale.

La politica nel settore del turismo consente inoltre all'Unione di perseguire obiettivi di più ampia portata in
materia di occupazione e di crescita. La dimensione ambientale e sostenibile del turismo acquisirà nel tempo
maggiore rilevanza, essendo già presente negli ambiti del turismo sostenibile, responsabile o etico. Il
Parlamento europeo ha di recente pubblicato uno studio dal titolo «Sovraffollamento turistico: impatto e
possibili risposte politiche».

Risultati

A. Politica generale

Dal Consiglio europeo del 21 giugno 1999 sul tema «turismo e occupazione», l'Unione presta maggiore
attenzione al contributo che il turismo dà all'occupazione in Europa. Nella comunicazione dal titolo «Un
approccio di cooperazione per il futuro del turismo europeo» (COM(2001)665), la Commissione proponeva un
quadro di azione e misure volte a stimolare l'industria turistica dell'UE. La risoluzione del Consiglio, del 21
maggio 2002, sul futuro del turismo ha confermato l'approccio dell'esecutivo e ha dato nuovo impulso alla
cooperazione tra soggetti pubblici e privati nel settore turistico dell'UE per rendere l'Europa la principale
destinazione turistica.

Su tale base, la Commissione ha quindi attuato tutta una serie di misure e di azioni. Ad esempio, come
conseguenza diretta di questa strategia, vengono di seguito citati:

• i conti satelliti del turismo (CST) per Stato membro, finalizzati alla presentazione del primo conto satellite
europeo;

• l'apertura del portale per la promozione dell'Europa come destinazione turistica;

• lo svolgimento, dal 2002, di un Forum europeo del turismo (nel 2018 si è tenuto a Vienna il 17 o forum sul
tema «Progettare il turismo per la qualità della vita e il valore aggiunto»).

Dal 2001 la Commissione ha pubblicato diverse comunicazioni, l'ultima delle quali risale al 2014, sui suoi
orientamenti politici per lo sviluppo del settore turistico. Tra queste:

• la comunicazione (COM(2007)0621) del 19 ottobre 2007 — Agenda per un turismo europeo sostenibile e
competitivo — che espone l'opzione dello sviluppo sostenibile per garantire la competitività sul lungo
termine del turismo e annuncia azioni preparatorie triennali;

• la comunicazione (COM(2010)0352) del 30 giugno 2010 — L'Europa, prima destinazione turistica mondiale —
un nuovo quadro politico per il turismo europeo — che analizza i fattori e gli ostacoli per la competitività del
turismo e il suo sviluppo sostenibile;

• la comunicazione (COM(2012)0649) del 7 novembre 2012 — Attuazione e sviluppo della politica comune in
materia di visti per stimolare la crescita nell'UE — che mira a aumentare i flussi dei turisti dei paesi terzi
attraverso la politica comune dei visti;

• la comunicazione (COM(2014)0086) del 20 febbraio 2014 — Strategia europea per una maggiore crescita e
occupazione nel turismo costiero e marittimo — volta a promuovere la crescita sostenibile e la competitività
nel turismo costiero e marittimo.

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B. Misure particolari

1. Nell'interesse dei turisti viaggiatori e/o vacanzieri

Si tratta di misure che facilitano l'attraversamento delle frontiere, proteggendo la salute e la sicurezza nonché
gli interessi materiali dei viaggiatori. Tra queste misure figurano la raccomandazione del Consiglio 86/666/CEE
per la protezione antincendio degli alberghi già esistenti, la direttiva 2008/122/CE relativa all'utilizzo della
multiproprietà e la direttiva (UE) 2015/2302 relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati. A ciò si
aggiunge l'adozione di regolamenti in materia di diritti dei passeggeri in tutti i settori dei trasporti (vedasi
scheda 2.2.3). La direttiva 2006/7/CE del 15 febbraio 2006 relativa alla gestione della qualità delle acque è un
esempio di nesso tra turismo e altri settori di competenza dell'Unione. Ha abrogato la direttiva 76/160/CEE il
31 dicembre 2014, nell'interesse di gruppi mirati o soggetti prioritari.

La Commissione, su richiesta del Parlamento, ha lanciato numerose iniziative su temi di attualità a favore del
turismo europeo.

Tra le altre, l'iniziativa «Eden» incentrata sulla promozione delle destinazioni turistiche europee di eccellenza,
destinazioni emergenti ancora poco conosciute, ma rispettose dei principi della sostenibilità. Il finanziamento
per l'azione preparatoria è scaduto nel 2011, ma la Commissione prosegue nell'attuazione dell'iniziativa
nell'ambito del programma per la competitività delle imprese e delle PMI (COSME).

Un'altra iniziativa volta a promuovere il turismo sociale, «Calypso», è incentrata sul turismo per anziani, giovani
adulti svantaggiati, famiglie indigenti e persone con mobilità ridotta. L'obiettivo è consentire a quante più
persone possibile di andare in vacanza contribuendo nel contempo a lottare contro gli squilibri stagionali. Il
programma ha consentito il cofinanziamento di diversi partenariati transnazionali tesi a promuovere la
cooperazione e i meccanismi di scambio nel settore del turismo sociale. Tra le altre azioni, l'UE ha sostenuto
la creazione di una piattaforma e-Calypso, che collega l'offerta e la domanda di vacanze turistiche socialmente
inclusive.

Il programma «Turismo sostenibile», che include il percorso europeo della cortina di ferro o «The Green Belt»
(6 800 km di percorso che va dal mare di Barents fino al mar Nero), si prefiggeva l'obiettivo di promuovere la
trasformazione dell'antica cortina di ferro in una rete transfrontaliera di piste ciclabili o aree pedonali. Per una
valutazione dei circuiti «Eurovelo» — una rete di 14 «percorsi ciclabili» a lunga distanza gestita dalla
Federazione europea dei ciclisti — si veda l'aggiornamento (2012) dello studio del Parlamento europeo sulla
rete europea degli itinerari in bici.

L'UE cofinanzia inoltre progetti transfrontalieri di turismo sostenibile con l'obiettivo di diversificare l'offerta del
turismo europeo. Ad esempio, è stato lanciato un recente bando di gara (19 luglio 2018) nel quadro del
programma COSME per promuovere e sviluppare prodotti turistici tematici transnazionali sfruttando le sinergie
tra il turismo e i settori culturali e creativi. Sotto l'egida di COSME sono state avviate diverse altre iniziative.
Tra queste:

• sostenere una crescita competitiva e sostenibile nel settore turistico (2017);

• promuovere e sviluppare prodotti e servizi nei settori dello sport e del benessere, nonché sostenere il
patrimonio culturale e industriale europeo (2015);

• facilitare i flussi turistici transnazionali dell'UE per gli anziani e i giovani nella bassa e media stagione (2014) e

• massimizzare le sinergie tra il turismo e le industrie creative e di alta gamma (2014).

2. Nell'interesse del settore turistico e delle regioni e per un turismo responsabile

Le regioni sono le istituzioni nazionali più strategiche per sviluppare in modo sostenibile il turismo e stimolare
la competitività delle destinazioni europee. La Commissione sostiene altresì la creazione di reti tra le principali
regioni turistiche europee. Nel luglio 2009 è stata istituita NECSTouR, una rete aperta delle regioni turistiche
europee, per servire da piattaforma di scambi di conoscenze e soluzioni innovative in materia di turismo
sostenibile e competitivo. Per quanto riguarda il contributo che il turismo apporta allo sviluppo regionale e
all'occupazione, l'Unione offre una serie di fonti di finanziamento: il FESR per il finanziamento di progetti
sostenibili legati al turismo, il programma Interreg, il Fondo di coesione per il finanziamento di infrastrutture nei
settori dell'ambiente e dei trasporti, il FSE per l'occupazione, il programma Leonardo da Vinci per la formazione

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professionale, il FEASR per la diversificazione dell'economia rurale, il FEP per la riconversione in ecoturismo,
il programma quadro per l'innovazione e la competitività (CIP) e il VII programma quadro europeo per la ricerca
(PQRS). A tale riguardo, nel quadro finanziario pluriennale 2014-2020, il programma COSME subentrerà al
CIP e Orizzonte 2020 subentrerà al PQRS.

Nell'ambito del QFP 2014-2020, sono stati stanziati 2,3 miliardi di EUR per il programma COSME. L'effetto
leva di questa dotazione potrebbe quindi mobilitare fino a 25 miliardi di EUR da parte degli intermediari
finanziari in questo periodo di sette anni. Il programma dispone di un bilancio totale per il 2018 pari a 319
milioni di EUR, di cui il 60% è destinato a strumenti finanziari e il 20% circa ad attività volte a promuovere
l'accesso delle imprese ai mercati, due priorità principali del programma. I dati statistici armonizzati relativi al
turismo vengono raccolti nell'Unione sin dal 1996. Il regolamento (UE) 692/2011 del 6 luglio 2011 ha stabilito
un quadro comune per lo sviluppo, la produzione e la diffusione sistematici di informazioni statistiche sul
turismo raccolte negli Stati membri. Nel 2013 la Commissione ha creato un osservatorio del turismo virtuale
per coordinare la raccolta e la conservazione delle informazioni e garantire una maggiore sinergia tra i diversi
livelli politici nel settore del turismo. Con le sue comunicazioni (COM(1996)0547) del 27 novembre 1996 e
(COM(1999)0262) del 26 maggio 1999, la Commissione ha annunciato e sviluppato un'azione comunitaria per
la lotta contro il turismo sessuale che coinvolge l'infanzia (per la prevenzione e le infrazioni vedasi infra).

3. Altre misure mirate

Più di recente, l'Unione europea ha deciso di indire il 2018 come l'Anno del turismo UE-Cina. La Cina è uno
dei mercati in più rapida crescita e uno dei più importanti per l'UE. L'Anno mira a promuovere destinazioni
meno note, a migliorare le esperienze di viaggio e turismo, a favorire la cooperazione economica, nonché a
incoraggiare i progressi in materia di facilitazione per il rilascio dei visti e di connettività aerea.

La Commissione europea ha inoltre organizzato una conferenza sul turismo, tenutasi a Bruxelles il
19 marzo 2019.

Ruolo del Parlamento europeo

Nel dicembre 1996 il Parlamento europeo aveva già sostenuto un'azione comunitaria sul turismo dando parere
favorevole al primo programma pluriennale 1997-2000 «Philoxenia», in seguito abbandonato a causa della
mancanza di unanimità in Consiglio.

Nella risoluzione del 30 marzo 2000 sull'attuazione delle misure di lotta contro il turismo sessuale che
coinvolge l'infanzia (GU C 378 del 29.12.2000, pag. 80), il Parlamento europeo ha chiesto agli Stati membri di
introdurre disposizioni extraterritoriali aventi validità universale, che permettano di indagare, perseguire e
sanzionare quanti abbiano commesso all'estero reati di sfruttamento sessuale dei minori. Il 27 ottobre 2011
ha adottato una risoluzione legislativa (P7_TA(2011)0468) sulla proposta di direttiva relativa allo sfruttamento
e agli abusi sessuali sui minori. Grazie alla direttiva 2011/93/UE del 13 dicembre 2011 (GU L 335 del
17.12.2011, pag. 1) il turismo sessuale che coinvolge minori costituirà un crimine in tutta l'Unione; in
particolare, l'articolo 21 prevede misure nazionali per impedire o vietare l'organizzazione di viaggi finalizzati
alla perpetrazione di questo tipo di reati.

Ben prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento europeo aveva adottato una serie di
risoluzioni sugli orientamenti o le iniziative della Commissione in materia di turismo. Tra le più significative
figurano quella dell'8 settembre 2005 sulle nuove prospettive e sulle nuove sfide per un turismo europeo
sostenibile, quella del 29 novembre 2007 su una nuova politica europea del turismo: Rafforzare il partenariato
per il turismo e quella del 16 dicembre 2008 sull'impatto del turismo nelle regioni costiere e il loro sviluppo. Il
Parlamento ha altresì affrontato gli effetti della politica dei visti sul turismo, sostenendo al contempo la
promozione delle destinazioni turistiche europee.

Ha altresì suggerito di creare un marchio del patrimonio europeo e istituire piste ciclabili lungo la vecchia
cortina di ferro e ha incoraggiato il settore a diversificare l'offerta di servizi per rispondere alla stagionalità del
turismo.

Dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il 27 settembre 2011 il Parlamento ha approvato una risoluzione
(GU C 56 E del 26.2.2013, pag. 41) sulla base della relazione di iniziativa dal titolo «L'Europa, prima
destinazione turistica mondiale». Nel sostenere la strategia politica della Commissione incentrata su 21 azioni,
il Parlamento europeo vuole in particolare rilanciare un turismo competitivo, moderno, di elevata qualità e
sostenibile che poggi sulla dimensione multiculturale dell'Europa e sia accessibile a tutti. I deputati hanno

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posto l'accento sull'importanza delle misure adottate in altri settori che possono avere un impatto determinante
sul turismo, come l'occupazione, le imposte e i diritti dei consumatori.

Tuttavia, la richiesta del Parlamento di istituire un programma specifico per il turismo nell'ambito del QFP 2014-
2020 è stata respinta dal Consiglio. Allo stesso modo, nel dicembre 2014 la Commissione ha dovuto ritirare
una raccomandazione su una serie di principi europei non vincolanti sulla qualità dei servizi turistici, che aveva
presentato al Consiglio nel febbraio 2014. E questo nonostante il fatto che avesse il sostegno del Parlamento
per un «marchio europeo del turismo di qualità» (punto 25 della risoluzione del 17 settembre 2011 e punto 53
della risoluzione del 29 ottobre 2015 su nuove sfide e strategie per promuovere il turismo in Europa (GU C
355 del 20.10.2017, pag. 71).

Il 27 ottobre 2015 il Parlamento ha approvato, in seconda lettura, una risoluzione legislativa in vista
dell'adozione di una nuova direttiva volta a rafforzare la protezione dei passeggeri nel contesto dei viaggi
forfettari e delle prestazioni di viaggio inerenti e che abroga la direttiva 90/314/CEE (P8_TA(2015)0366). Il 29
ottobre 2015 il Parlamento ha approvato una risoluzione su nuove sfide e strategie per la promozione del
turismo in Europa. Si parla, tra l'altro, della digitalizzazione dei canali di distribuzione, dello sviluppo
dell'economia di condivisione, dell'evoluzione del comportamento dei consumatori, della necessità di attrarre
e trattenere il personale qualificato, dell'evoluzione demografica e del carattere stagionale. Il Parlamento invita
peraltro la Commissione a presentare una nuova strategia sul turismo dell'UE, che andrà a sostituire o ad
aggiornare la comunicazione del 30 giugno 2010 sull'Europa, prima destinazione turistica mondiale e auspica
la creazione di una linea di bilancio per il turismo nel prossimo quadro finanziario pluriennale. Incoraggia inoltre
l'esecutivo europeo, in collaborazione con la Commissione europea del turismo, a conservare il primato
dell'Europa nel turismo, eventualmente attraverso la creazione di un marchio «Destinazione Europa 2020»,
mediante una serie di azioni di marketing, di valorizzazione del marchio e di promozione dell'Europa, attuando
così la strategia a lungo termine, respinta al Consiglio, che la Commissione aveva avviato nel mese di febbraio
2014 (vedi sopra).

L'Intergruppo sul turismo e la commissione per i trasporti e il turismo del Parlamento europeo discutono
occasionalmente con rappresentanti di organizzazioni internazionali del turismo. In occasione dell'ultimo
incontro con il Segretario generale dell'UNWTO nel febbraio 2018, il Parlamento ha firmato un protocollo di
cooperazione con l'UNWTO incentrato sulla promozione di un turismo sostenibile in tutta Europa. L'Intergruppo
ha inoltre chiesto una politica turistica più coerente e ha sollevato la questione di una linea specifica per il
turismo nel bilancio dell'Unione europea. In una risoluzione del 2015 sul turismo, il Parlamento ha incoraggiato
la Commissione a continuare ad approfondire la promozione dell'Europa come prima destinazione turistica
mondiale. Ha inoltre sottolineato l'importanza del marchio turistico europeo e ha chiesto una più stretta
collaborazione con le organizzazioni internazionali per sviluppare nuovi prodotti turistici transnazionali e
paneuropei. Il Parlamento europeo ha di recente pubblicato uno studio dal titolo «European tourism:recent
developments and future challenges» (Turismo europeo: sviluppi recenti e sfide future).

Il marketing turistico; gli strumenti del marketing; la politica del prodotto e del prezzo; le strategie
comunicative: promozione, pubblicizzazione del prodotto turistico e dell’immagine turistica, la politica
di commercializzazione del prodotto.

Marketing turistico: definizione ed esempi

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Il Marketing turistico ha rimesso in moto l’intero comparto strategico del turismo che, fino a pochi anni fa,
faceva registrare – almeno in Europa – una stagnazione preoccupante sia nei consumi che nelle attività di
valorizzazione e promozione del territorio.

Marketing turistico definizione

Per Marketing turistico, si intendono tutte le iniziative di marketing e comunicazione quali, ad esempio, eventi,
attività di promozione e pubblicità, che vengono messe in campo dai vari player appartenenti al settore del turismo, con
il fine di attrarre nuovi clienti o mantenere quelli attuali.

I clienti a cui si rivolgono gli operatori di mercato sono i turisti in senso lato e a loro è diretta la comunicazione.

Marketing turistico esempi

Dato che in ogni momento della propria giornata si viene letteralmente bombardati da messaggi pubblicitari
più o meno espliciti, il fenomeno del marketing turistico può forse passare inosservato ma esso è largamente
utilizzato sia da operatori turistici privati, come strutture ricettive
(hotel, Bed & Breakfast, appartamenti per vacanze, ostelli) o agenzie di viaggio, sia da operatori
pubblici, quali associazioni di promozione turistica, Ministeri o altri enti nazionali. In Italia, ad esempio, si
può citare ENIT (Agenzia Nazionale Italiana del turismo) che coordina le attività promozionali pubbliche del
settore sul suolo italiano e svolge attività di ricerca per capire quanto il brand “Italia” o quello relativo alle 21
regioni italiane siano attrattivi sia all’estero che tra i turisti nostrani.

Un esempio lampante dell’efficacia del marketing turistico si riscontra in semplici ricerche di mercato ovvero
in rilevazioni elaborate su base statistica che forniscono informazioni per la corretta elaborazione
di strategie di marketing.

Ad esempio, quando gli operatori italiani chiedono ai turisti stranieri come vedono il brand “Italia” e quali
sono i fattori che li spingono a preferirla ad altri paesi europei, le risposte di solito sono tre:

1) la cucina (turismo enogastronomico);

2) le città d’arte (turismo artistico);

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3) il mare e le spiagge (turismo balneare).

Non si tratta di semplici stereotipi con cui il turista straniero guarda al nostro paese; al contrario, quanto emerge
è il risultato di specifiche strategie di marketing per valorizzare gli elementi più affascinanti e da scoprire della
penisola nostrana: esemplificando, si può così dire che le zone interessate dal turismo enogastronomico, le
agenzie di viaggio, i network di imprese turistiche e i vari Ministeri hanno lavorato molto bene
sull’enogastronomia, sulle città d’arte e sul turismo balneare. D’altro canto, tanto lavoro si sta ancora facendo
per promuovere il turismo alpino, sul turismo ciclabile e su quello termale (dato che di fonti termali l’Italia
è piena). Tutto ciò è marketing turistico.

Web marketing turistico

Uno dei canali principali che hanno contribuito a rilanciare il marketing turistico e a
intraprendere strategie di comunicazione ad esso legate è sicuramente il web. Complici sono state le
caratteristiche di portabilità dei device (ad es. tablet e smarthphone), che consentono di effettuare ricerche da
qualsiasi luogo in qualunque momento.

Data la potenza dello strumento, la promozione di strutture ricettive, attività


turistiche, parchi, riserve, monumenti e percorsi ha sicuramente ancora tanto potenziale inespresso nel
web. Sempre di più sono infatti i turisti di qualsiasi fascia di età, sesso, e profilo culturale che utilizzano la rete
come canale preferenziale, sia nella fase di ricerca delle informazioni (quando la meta non è ancora certa),
che nella valutazione delle alternative (quando la struttura ricettiva non è ancora decisa), nonché nella fase
finale dell’organizzazione e dell’acquisto del viaggio.

Riuscire a farsi trovare dai potenziali clienti è la prima e fondamentale fase per gli operatori turistici che
desiderano ampliare i propri confini della comunicazione grazie al web.

Diverse sono le possibilità offerte dal web, molteplici gli strumenti e portali del settore (es. Booking, Tripadvisor,
Skyscanner, ecc.), a seconda di ciò che si intende promuovere e comunicare nell’ambito del marketing
turistico. Sicuramente, come per tutte le attività di questo tipo, tre elementi fondamentali sono da considerare
anche nel marketing turistico: un piano e una strategia di marketing che trovino corrispondenza in
un Business plan.

Come esempio immediato, tra gli strumenti di partenza per attività di marketing turistico può sicuramente
essere preso in considerazione Google My Business, un tool di Google pensato per le organizzazioni che
hanno una collocazione fisica sul territorio: in pochi e semplici passaggi, permette di aggiungere il
proprio flag – una bandierina – con il nome dell’attività – ad esempio, hotel, ristorante, attrazione turistica, ecc.
– su Google Maps, la mappa digitale che consente di visualizzare cartine geografiche e immagini di tutto il
mondo in svariate modalità. In questo modo, l’utente che effettua la propria ricerca ha la possibilità di
visualizzare immediatamente il punto fisico in cui si trova l’attività del caso,
alcune informazioni e immagini ad essa legate, eventuali recensioni da parte degli utenti e
le indicazioni per raggiungerla. Capita frequentemente di ricercare qualche attività direttamente su Google
Maps – mediante Personal Computer, Tablet o Smartphone – oppure di giungervi dopo aver digitato il nome
dell’attività ricercata sul campo di ricerca di Google. Ecco, ciò avviene grazie alla registrazione dell’azienda su
Google My business.

La realizzazione di un sito web della propria attività con tutte le caratteristiche che consentano una buon
indicizzazione su Google è sicuramente un altro punto di partenza, anche se non indispensabile in questo
settore.

Non meno importante, anche il presidio dei Social network per attività di Social Media Marketing potrebbe
essere utile per stabilire un contatto quotidiano e diretto con i clienti e comunicare con la forza dei post e delle
immagini. Si immagini quanto un video accattivante – girato presso una suggestiva località turistica, creato
utilizzando le opportune tecniche di Viral Marketing, postato con criterio su Youtube e su tutti gli altri Social
Media del caso – possa essere efficace!

Marketing territoriale

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Contrariamente a quanto si possa pensare, marketing turistico e marketing territoriale non sono
propriamente la stessa cosa, o meglio, potrebbero non esserlo.

Il marketing turistico è volto alla elaborazione di una strategia promozionale, comunicativa o


di posizionamento al fine di attrarre turisti che, in genere, ne rappresentano il target principale.

Per marketing territoriale invece si intendono tutte le attività volte a sviluppare sotto molteplici punti di vista
una realtà territoriale, come ben descritto nell’articolo Marketing Territoriale di Marketing e Finanza.

Ragion per cui se il target di riferimento cambia, muta anche l’approccio e la strategia utilizzata.

Il marketing territoriale rappresenta, oggi, un presupposto imprescindibile per lo sviluppo turistico di un


luogo.

Abbiamo aggiunto il riferimento temporale ‘oggi’ non a caso; la realtà attuale pone i territori di fronte a sfide
impegnative che li costringono ad affrontare eventi importanti quali ad esempio la globalizzazione e la
conseguente crescita della concorrenza.
Ai processi di internazionalizzazione si aggiungono: la nascita di centri urbani periferici e lo smembramento
dei centri storici, la riduzione dei fondi pubblici locali, il crescente interesse per la questione ambientale e
l’esigenza di uno sviluppo socio-economico.

Negli ultimi anni è cambiato notevolmente il compito degli enti territoriali; questi ultimi hanno assunto un ruolo
fondamentale nell’ambito delle funzioni amministrative e di tutte le attività che riguardano la programmazione
e la promozione.

Definizioni

Entreremo nel merito della tematica partendo dalla definizione fornita da Wikipedia:

“Per marketing territoriale si intende quel complesso di attività che hanno quale specifica finalità la definizione di
progetti, programmi e strategie volte a garantire lo sviluppo di un comprensorio territoriale nel lungo periodo”

Si tratta, in altre parole, di un insieme di progetti e programmi che mirano allo sviluppo, alla valorizzazione,
alla rivalutazione e alla promozione di una località.
Può essere definito un connubio di attività finalizzate a rendere un territorio più attrattivo e allo stesso tempo
più competitivo.

Comunemente il marketing territoriale è considerato un’insieme di operazioni finalizzate alla promozione del
territorio. Il concetto, in realtà, è estremamente più ampio: la sua sfera di competenze include ricerche e studi
approfonditi il cui obiettivo è individuare le potenzialità del contesto per poi strutturare le adeguate strategie
promozionali.

Lavorare sulla specificità dei territori è il presupposto indispensabile per la realizzazione di programmi e
progetti efficaci e vincenti.

Obiettivi e strategie

Come abbiamo già accennato nel corso del precedente paragrafo, un piano marketing ben strutturato parte
da un accurata analisi del territorio.

Nello studio rientrano innumerevoli e svariati aspetti. I primi elementi ad essere valutati sono le risorse naturali
e gli aspetti urbani (infrastrutture, vie di comunicazione, strutture turistiche ecc).
Dopo aver individuato punti di forza e punti deboli si passa alla fase della progettazione degli interventi che
generalmente prevedono, da un lato la valorizzazione delle potenzialità e dall’altro lo svolgimento di azioni che
mirano a colmare carenze e debolezze.

Altrettanto importanti ai fini della pianificazione di eventuali interventi mirati anche la disponibilità di capitali e
risorse umane, la fiscalità, la domanda di potenziali investitori e i competitor che operano nell’ambito dei
medesimi segmenti.

In linea generale un piano marketing ben strutturato è composto da una collaborazione sinergica tra enti
pubblici e soggetti privati, pianificata sul medio e lungo periodo.
Schematizzando quello che abbiamo appena detto il marketing territoriale è strutturato sulla base delle
seguenti azioni:

o Identificazione delle potenzialità del territorio.

o Analisi della domanda potenzialmente rilevante per le caratteristiche del luogo.

o Creazione di collaborazioni strategiche e sinergiche tra enti pubblici e strutture ricettive private.

o Predisposizione di un piano strategico di comunicazione promozionale.

o Programmazione di iniziative di promozione turistica.

o Identificazione di aspetti distintivi che consentono di differenziare e potenziare l’offerta turistica.

o Rafforzare la competitività di prodotti e servizi sui mercati, sia a livello nazionale che internazionale,
aumentando così la percezione della qualità del territorio.

Tra le strategie di marketing rivolte a sviluppare e/o rilanciare un territorio rientrano anche gli interventi che
a livello locale mirano a coinvolgere nel piano d’azione istituzioni e cittadini.
L’obiettivo in tal senso mira a sviluppare e recuperare le aree che, seppur in possesso di potenzialità a
vocazione turistica sono rimaste indietro nella crescita. Allo stesso modo una strategia identificabile come
vincente mira a trasformare i cittadini in promotori del proprio territorio.

In conclusione, risulta fondamentale aumentare la qualità di percezione del territorio.

L’importanza del web

Un piano marketing ben strutturato, a qualsiasi settore faccia riferimento, non può prescindere dal considerare
l’importanza e le potenzialità del web.

Per comprendere meglio il concetto partiremo da un esempio, semplice e banale.


Pensiamo per un attimo alle foto che ognuno di noi scatta in vacanza.
La capacità di memoria degli attuali dispositivi digitali consente di non lesinare scatti, ma di procedere in
maniera quasi ‘selvaggia’ ad immortalare ogni più piccolo dettaglio del luogo.
Oggi, a differenza di quello che accadeva fino a qualche anno fa, non ci si concentra soltanto panorami e
monumenti ma si tende a fotografare un po’ di tutto, pur di ricordare e condividere ogni singolo momento: la
camera dell’hotel, i cornetti e i cappuccini consumati a colazione, le specialità gastronomiche, le vetrine dei
negozi, i souvenir e addirittura i trasferimenti in autobus e gli spostamenti in taxi.

Ciò che intendiamo evidenziare, con questa premessa, è la diffusione successiva delle immagini
immagazzinate; è giunto quindi il momento di parlare di social network.
La tendenza a condividere sui profili Facebook, Instagram e company coinvolge praticamente tutti: donne,
uomini, giovani e meno giovani.

Cosa significa tutto questo?

Che le immagini che vengono poi postate sui social o inserite all’interno di blog e portali di riferimento si trasformano
in potenti mezzi di diffusione. Foto e video diventano pertanto veri e propri strumenti di promozione del luogo in
grado di raggiungere un immenso bacino di utenti.

Al di là dell’attività di promozione svolta, talvolta in maniera totalmente inconsapevole, da chi condivide foto e
video sul web, le piattaforme social possono essere utilizzate in maniera professionale come leve di
marketing per raggiungere obiettivi ben definiti. Attraverso le funzionalità di Facebook e colleghi è possibile
raggiungere target specifici di persone, selezionati sulla base dell’analisi della domanda turistica.

Un prodotto turistico si differenzia con successo quando

il suo posizionamento è...

chiaro, ossia individua con

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precisione un vantaggio

differenziale per il target

consistente, ossia si basa su

una differenza di valore per il

cliente

credibile, ossia propone un

vantaggio vicino all’idea che il

cliente ha del territorio e della

sua offerta

competitivo, ossia propone

qualcosa di differente e migliore

della concorrenza

Forme del turismo: affari, religioso, congressuale, balneare, montano, d’arte e rurale;

Turismo d’affari:

Il turismo d’affari o il viaggio d’affari è un sottoinsieme più limitato e focalizzato del turismo regolare. Durante
il turismo d’affari (in viaggio), le persone continuano a lavorare e ad essere pagate, ma stanno facendo così
lontano dal loro posto di lavoro e da casa.

Alcune definizioni di turismo escludono i viaggi d’affari. Tuttavia, l’Organizzazione Mondiale del Turismo
(UNWTO) definisce i turisti come persone “che viaggiano e soggiornano in luoghi al di fuori del loro ambiente
abituale per non più di un anno consecutivo per scopi di svago, affari e altri”.

Storicamente, il turismo d’affari prende la forma di viaggiare, spendere soldi e stare all’estero, essere lontano
per un po ‘di tempo, e ha una storia lunga quanto quella del commercio internazionale. Alla fine del 20 ° secolo,
il turismo d’affari era visto come una grande industria.

Secondo i dati del 1998 pubblicati dalla British Tourist Authority e dai National Tourist Boards, il turismo d’affari
rappresentava circa il 14% di tutti i viaggi nel Regno Unito o nel Regno Unito e il 15% del mercato turistico nel
Regno Unito. Una stima del 2005 ha suggerito che tali numeri per il Regno Unito potrebbero essere più vicini
al 30%. Sharma (2004) ha citato un UNWTO ha stimato che il turismo d’affari rappresenta il 30% del turismo
internazionale, attraverso la sua importanza varia significativamente tra i diversi paesi.

Rispetto al turismo regolare, il turismo d’affari coinvolge una parte più piccola della popolazione, con
motivazioni diverse e ulteriori vincoli di libertà di scelta imposti dagli aspetti commerciali. Le destinazioni del
turismo d’affari hanno molte più probabilità di essere aree significativamente sviluppate per scopi commerciali
(città, regioni industriali, ecc.). Un turista medio d’affari è più ricco di un normale turista per il tempo libero e si
prevede che spenda di più.

Il turismo d’affari può essere suddiviso in attività primarie e secondarie. Le primarie sono di tipo commerciale
(lavoro) e includevano attività come consulenze, ispezioni e riunioni di partecipazione. Quelli secondari sono
legati al turismo (tempo libero) e comprendono attività come mangiare fuori, attività ricreative, shopping, visite
turistiche, incontrare altri per attività ricreative e così via. Mentre le primarie tendono ad essere viste come più
importanti, quelle secondarie sono tuttavia spesso descritte come “sostanziali”.

Il turismo d’affari può comportare viaggi individuali e in piccoli gruppi e le destinazioni possono includere
riunioni da piccole a più grandi, tra cui convegni e conferenze, fiere e mostre. Negli Stati Uniti, circa la metà
del turismo d’affari comporta la partecipazione a un grande incontro di qualche tipo.

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La maggior parte delle strutture turistiche, come aeroporti, ristoranti e alberghi, sono condivise tra turisti e
turisti d’affari, attraverso una differenza stagionale è spesso evidente (ad esempio, il turismo d’affari può
utilizzare quelle strutture in periodi meno interessanti per i turisti, come quando il tempo le condizioni sono
meno attraenti).

operazione
Un servizio nel servizio pubblico è un viaggio di lavoro nel luogo di servizio o di residenza. Le azioni possono
essere soggette a procedure di approvazione semplificate, in modo che l’approvazione verbale da parte dei
superiori sia sufficiente, ad esempio.

Occasioni per viaggi d’affari


I viaggi d’affari sono per esempio

Viaggi a clienti o fornitori e a riunioni di servizio esterne


Partecipazione a conferenze professionali, congressi, seminari o sviluppo professionale
Visitare fiere ed esposizioni nell’interesse del datore di lavoro
Escursioni e viaggi di classe da insegnanti
Viaggi con partner di cooperazione o progetti di ricerca
Lavoro sul campo e altri viaggi di ricerca di scienziati
Osservazioni e campagne di misura
altri servizi esterni, ad esempio B. nella costruzione, preparazione di relazioni, sondaggi
distacchi temporanei ad altri funzionari di funzionari o società di altri dipendenti.

Il turismo d’affari può essere suddiviso in:

viaggi di lavoro tradizionali o riunioni – destinati a incontri faccia a faccia con partner commerciali in luoghi
diversi
viaggi incentive – un lavoro perk, finalizzato a motivare i dipendenti (ad esempio, circa un terzo delle aziende
del Regno Unito utilizzano questa strategia per motivare i lavoratori)
viaggi per conferenze ed esposizioni – destinati a partecipare a riunioni su larga scala. In un numero stimato
di 14.000 conferenze in tutto il mondo (per il 1994), le destinazioni principali sono Parigi, Londra, Madrid,
Ginevra, Bruxelles, Washington, New York, Sydney e Singapore
Le parole incontri, incentivi, conferenze e mostre nel contesto del turismo d’affari sono abbreviati in MICE.

Necessità di viaggiatori d’affari e altre soluzioni


Il viaggio d’affari è un modo per incontrare persone – dipendenti attuali e futuri, fornitori, clienti – e vedere di
persona una situazione. Il contatto umano diretto è talvolta importante e la distanza ostacola la comprensione
di una situazione. Il viaggio è diventato ancora più importante in quanto le catene di fornitura e di consegna
sono diventate più lunghe a causa della globalizzazione economica: i fornitori, i clienti, i mercati da prospettare
sono a volte a migliaia di chilometri dal centro decisionale o dalla produzione.

I moderni mezzi di comunicazione possono essere in qualche modo sostitutivi del viaggio: teleconferenza,
condivisione di documenti tramite reti informatiche (in particolare Internet), le firme elettroniche possono
facilitare la risoluzione dei problemi e in una certa misura sostituirsi al contatto umano diretto, ma porre il
problema di sicurezza dei dati (integrità dei dati durante il trasferimento, possibile intercettazione dei dati).

Ma i viaggi di lavoro sono anche un modo per portare la manodopera in un sito bisognoso. Potrebbe essere il
rafforzamento di una squadra sul posto o l’esecuzione di una missione specifica (installazione di una
macchina, manutenzione, visita di ispezione, previsione di un problema particolare …). In generale, non c’è
alternativa allo spostamento. Un’organizzazione territoriale efficace può, tuttavia, limitare i costi e gli
inconvenienti causati; ad esempio, un’organizzazione in agenzie o brigate dedicate a un’area geografica
consente di limitare l’ampiezza degli spostamenti.

I viaggi professionali possono essere una componente importante di alcune posizioni. Ciò vale in particolare
per i rappresentanti dei passeggeri (VRP), le “operazioni esterne” aziendali (installazione e manutenzione in
loco degli apparecchi installati presso il sito del cliente) e i servizi di polizia di tipo mobile Gendarmerie. o
Republican Security Company (CRS), un’unità di sicurezza civile come le unità di istruzione e di intervento
della sicurezza civile (UIISC) …

Rischi e impatto dei viaggi d’affari


La maggior parte dei rischi sono comuni con i viaggi di piacere.

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Per definizione, lo spostamento comporta il trasporto, quindi il primo rischio è legato al trasporto,
principalmente a incidenti stradali e alla sindrome tromboembolica di una seduta prolungata. Va inoltre notato
che gli incidenti stradali sono la principale causa di incidenti sul lavoro in Francia (compresi gli incidenti in
itinere) e la principale causa di morte durante i viaggi all’estero (turismo).

Ci sono rischi legati alla posizione del viaggio. Può essere un rischio professionale legato all’attività
dell’azienda (sito, rischio industriale), un rischio legato a malattie infettive endemiche del luogo visitato
(malaria, virosi, tubercolosi, brucellosi, epatite, febbre tifoide …), un rischio connesso a calamità naturali e
rischio connesso a disordini di sicurezza pubblica (stato di guerra, crimine, terrorismo).

Il fatto di avere differenze temporali (viaggi ripetuti est-ovest su lunghe distanze) provoca stanchezza,
sonnolenza, irritabilità, disturbi digestivi e difficoltà di concentrazione. Infine, stare lontano da casa spesso
causa problemi di sradicamento, comportamenti particolarmente avvincenti e comportamenti sessuali a
rischio.

Allo stesso modo, i viaggi professionali, come ogni viaggio, hanno un impatto ambientale, legato al consumo
di energia prevalentemente fossile (cherosene, benzina, diesel) e alla generazione di emissioni di gas serra.
Il dislocamento può anche avere un impatto sociale sul paese visitato, che può essere positivo, iniettando
valuta nell’economia locale o negativa, promuovendo comportamenti illegali (ad es. Corruzione) o sbilanciando
il mercato locale (il viaggiatore aumenta la domanda e quindi prezzi di fatto); questo indipendentemente
dall’attività commerciale.

La responsabilità della società è impegnata: deve garantire il proprio dovere di protezione del collaboratore in
mobilità 1. È necessario valutare i rischi, informare i dipendenti ed evitare questi rischi.

Preparazione dello spostamento Tutta o parte della preparazione può essere effettuata da un dipartimento
della società, in particolare da un assistente commerciale o esecutivo, un servizio di gestione del viaggio, o
da un fornitore di servizi esterni come un’agenzia di viaggi. Ma sempre di più, sono gli stessi viaggiatori
d’affari a prenotare i propri viaggi. Le evoluzioni tecnologiche semplificano questa pratica e ora i dipendenti
sono abituati a prenotare i viaggi per il loro tempo libero, quindi hanno l’esperienza e i mezzi necessari per
evitare l’uso di un intermediario. In alcuni casi, tuttavia, l’intervento di un agente di viaggio è necessario
soprattutto per i viaggi complessi.

La preparazione comprende in genere diversi passaggi:

preparazione di materiale e informazioni necessarie; organizzazione del viaggio: prenotazione del


trasporto (treno, aereo, pullman, auto a noleggio, taxi), previsioni del trasporto pubblico o uso di veicoli
personali; organizzazione di alloggi,se necessario; preparazione amministrativa: validità dei documenti di
identità (patente di guida se si utilizza un’auto, carta d’identità o passaporto e visto in caso di viaggio
all’estero), qualsiasi informazione da fornire alla struttura visitata (per consentire l’accesso al sito);
preparazione medica in caso di viaggi all’estero, o se il viaggiatore soffre di una malattia (cronica o
occasionale): vaccinazioni, profilassi, repellente per insetti, informazioni sui particolari rischi per la salute,
monitoraggio dell’emogramma (intervento sul sito che comporta un rischio radioattivo) previsione di rimpatrio
(società di assistenza); preparazione della sicurezza in aree che presentano un disordine ricorrente
nell’ordine pubblico: guardia del corpo, chi chiamare in caso di crisi; appuntamenti con le persone visitate
(luogo, data, ora);

Una mossa inaspettata, o l’estensione inaspettata di un turno, può richiedere “improvvisazione”.

Mezzi per i viaggi d’affari Alcuni dipendenti forniscono ai datori di lavoro auto aziendali per viaggi di lavoro,
che a volte possono essere utilizzati in occasioni private. Un’alternativa è concedere un budget per la
mobilità che può essere utilizzato in tutti i modi di trasporto. Se il viaggiatore d’affari non lo fa da sé, le
agenzie interne (ad esempio i segretariati), ma anche i fornitori di servizi esterni (ad esempio i travel
manager) sono incaricati della preparazione e del follow-up del viaggio.

Spese di viaggio

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Rimborso
Il rimborso delle spese di viaggio dei lavoratori è generalmente regolato da contratti collettivi o collettivi o da
un accordo di lavoro. Il dipendente è rimborsato per le spese di viaggio, i costi di alloggio e pasti aggiuntivi
(“spese”), nonché altre spese. Nel servizio civile e in molti altri datori di lavoro, le tariffe giornaliere fisse
(comunemente denominate “diete”) sono definite per i costi aggiuntivi a destinazione, in base allo sforzo medio
in ciascun paese e, in alcuni casi, al servizio. Per dimostrazione, un superamento fondato di questi tassi è
solitamente compensato.

I costi di viaggio sono generalmente addebitati con viaggi in treno di seconda classe o chilometri guidati; Per
i viaggi aerei, tuttavia, i regolamenti sono molto diversi. La fatturazione può anche essere concordata sulla
base delle normative fiscali.

Se gli esborsi previsti sono relativamente alti, il dipendente può chiedere un anticipo sulle spese di viaggio.

Per i dipendenti pubblici, i giudici, i soldati e i dipendenti pubblici (in Germania) le spese di viaggio sono
regolate dalla Legge federale sulle spese di viaggio e dalle leggi sulle spese di viaggio dei singoli Stati federali.

Il rimborso delle spese di viaggio dei freelance in base a un regolamento delle spese legali in Germania è
trattato tra le spese di viaggio (spese).

tassazione
Nel caso di un’attività a lungo termine di esternazione, solo un periodo limitato di tempo è generalmente
riconosciuto come un viaggio d’affari. Dopo la scadenza di questo periodo (tre mesi in Germania, e talvolta più
breve nella legislazione fiscale austriaca), il luogo delle attività esterne è considerato come un nuovo posto di
lavoro regolare e il periodo ricomincia.

In Francia, da un punto di vista fiscale, in caso di dislocamento prolungato, solo i primi tre mesi sono considerati
un viaggio d’affari. Dopo questo periodo di tre mesi, il luogo di destinazione è considerato un nuovo normale
luogo di lavoro e il tempo ricomincia da zero.

Vari paesi (Paesi Bassi, Belgio) hanno implementato regimi fiscali o legali che incoraggiano viaggi meno
inquinanti per il pendolarismo e / o il lavoro (ad esempio corriere) Il ciclismo (per le distanze che lo consentono)
può essere parte di esso, con un chilometraggio consentito e / o benefici fiscali correlati.

Causa “mista”
Con una risoluzione del 21 settembre 2009, il Gran Senato della Corte Fiscale Federale ha quasi
completamente abolito il cosiddetto “divieto di assegnazione” nel caso di detrazioni fiscali per viaggi di lavoro,
quando questi sono stati avviati in maniera mista. Pertanto, è diventato possibile dividere le spese per il viaggio
di ritorno separatamente. Sono interessati sia i lavoratori autonomi che i dipendenti. Il “divieto di assegnazione”
era precedentemente derivato dal n. 1 frase EStG, cfr. Spese aziendali con esempi.

Secondo la decisione della BFH, deve essere possibile dividere le spese tra i periodi del viaggio di lavoro per
la vita privata e l’evento professionale o aziendale. Inoltre, i motivi operativi del viaggio d’affari non possono
essere subordinati ad altri motivi. Deve anche essere possibile specificare criteri oggettivi per la divisione della
missione. Motivi privati e operativi non dovrebbero essere intrecciati troppo strettamente. Oltre alle condivisioni
temporali, sono ipotizzabili anche altre scale di distribuzione.

“Ciò può anche avere un impatto sulla valutazione di altre spese miste”, aggiunge il comunicato stampa di
BFH. In precedenza, era già possibile una ripartizione delle spese nell’uso di automobili, computer e telefoni.
Il divieto di distribuzione per i viaggi di lavoro risale ai tempi del Reichsfinanzhof. La rimozione quasi completa
di questo divieto costituisce pertanto una modifica della giurisprudenza.

La decisione BFH del 21 settembre 2009 si riferiva a un ospite e relatore ospite di una fiera di computer di
quattro giorni a Las Vegas, che trascorse altri tre giorni in città. Il BFH ha permesso di detrarre i quattro setti
dei costi di volo.

Con due sentenze del 21 aprile 2010 sui viaggi di gruppo, il BFH ha affermato la sua nuova giurisprudenza.
Oltre alla formazione specializzata sseminaren e -Vorträgen erano nel caso di un corso di lingua per insegnanti
di inglese in Irlanda una gita di un giorno, un tour della città e eventi culturali serali sul programma, nel caso
della formazione di medicina sportiva sul Lago di Garda ogni giorno erano tra la formazione di alfabetizzazione

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in vari sport in sé, nel primo caso che è stato prima di istanza nell’altro, la decisione del tribunale tributario è
stata confermata per riconoscere la metà delle spese di viaggio come spese legate al reddito.

imprenditoriale
L’imprenditore è obbligato a istruire i dipendenti che viaggiano per affari in questo senso. Questo obbligo
deriva dall’ArchSchG e dal regolamento autonomo BGV A1 (Berufsgenossenschaftliche regulation for safety
and health at work). Le istruzioni devono includere regole di sicurezza che devono essere osservate dal
dipendente prima di iniziare il viaggio, durante la guida e dopo aver completato il viaggio (vedi Sicurezza in
viaggio). Per rischi speciali, ad es. Poiché il trasporto di carichi nell’automobile o nel furgone (parti di ricambio,
materiali, ecc.) È il dipendente in questi particolari aspetti oltre a istruire. L’adempimento dell’obbligo può
essere eseguito mediante istruzioni “sicurezza in viaggio d’affari”, “messa in sicurezza di carichi in auto e
furgoni”. Le istruzioni devono essere documentate per iscritto e non devono essere più vecchie di dodici mesi
per ciascun dipendente. Inoltre, tutti i veicoli aziendali devono essere sottoposti a un controllo annuale UVV in
conformità con BGV D29. I certificati di prova devono essere in forma scritta. Questo può essere fatto nei
laboratori nell’ambito del servizio clienti, se la prova scritta è presente. Inoltre, una valutazione del rischio
determina se il G25 (valutazione della visione della guida,

Il viaggio di lavoro in Francia nell’ambiente salariato Nella comunità salariata, la durata di un viaggio di
lavoro è considerata come orario di lavoro quando tale spostamento cade durante il normale orario di lavoro.

Il rimborso delle spese di viaggio è generalmente regolato in un contratto collettivo o nel contesto di un accordo
aziendale. Le spese di viaggio e alloggio, nonché le spese aggiuntive per i pasti e altre spese sono rimborsate
al dipendente. La liquidazione di questi costi può anche essere concordata sulla base delle direttive fiscali. La
durata di un viaggio di lavoro e la distanza dal luogo di lavoro o dalla casa sono fattori decisivi per il calcolo
delle spese sostenute.

In caso di spese significative, può essere richiesto al datore di lavoro un pagamento anticipato per il pagamento
delle spese di dislocamento.

Turismo religioso

Tra visitatori, pellegrini e appassionati di arte e cultura, un settore ancora in gran parte da esplorare e su cui il
nostro paese può scommettere per la crescita e lo sviluppo dei territori. Occorre comprendere la nuova
esigenza di spiritualità andando oltre le mete devozionali della tradizione. L'offerta può essere ampliata e
promossa per favorire nuovi business. I giovani e i manager sono al centro di questo processo. Le prospettive
per il prossimi anni? Molto buone, a patto che si faccia sinergia e si mettano in relazione luoghi e servizi con
un marketing in grado di promuovere il nostro patrimonio religioso anche all'estero.
La domanda moderna di turismo devozionale si sta trasformando in quella di turismo religioso integrato dalla
cultura. Ma è difficile misurare questa trasformazione. Troppo facile dire che è turismo religioso la visita a una
delle circa 100mila chiese o a uno dei 1.700 santuari italiani e che il dato annuale di presenze sia di oltre 6
milioni. Anche se rilevassimo questo dato nazionale mediante il computo della ricettività, paradossalmente
avremmo difficoltà a capire la motivazione religiosa o meno del viaggio: per gli arrivi dall'estero, tutte le
rilevazioni istituzionali, poi, sono generiche (i moduli chiedono solo se "per vacanza" o "per lavoro"). Questa
difficoltà mi è confermata dal recentissimo e tradizionale XXII Rapporto sul turismo italiano del Cnr-Iccs, del
quale ho assistito alla presentazione nel corso della Bit di Milano, lo scorso febbraio. Esso non include il
turismo religioso tra le sue analisi: i settori sono mare, montagna, città d'arte, terme, laghi, crociere, nautica,
congressi, enogastronomia e sport. Turista e pellegrino si incontrano qualora l’esperienza del turismo religioso
abbini i tratti caratteristici del turismo a quelli della religione, o meglio della spiritualità. È il passaggio dal
turismo religioso a turismo spirituale, del quale non esistono né potranno mai esistere rilevazioni, essendo un
fenomeno sociale e non economico. Possiamo dire solamente che l'attenzione del turista alla ricerca di senso,
all'esperienza, alla fede è in forte incremento: si pensi allo sviluppo negli ultimi anni dei cosiddetti Cammini.
In Italia oggi il turismo religioso è incoming verso le mete devozionali, ma anche outgoing di italiani in Terra
Santa, a Lourdes ecc.
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Il ruolo del management Proprio perché è in atto una trasformazione - non solo per le confessioni cristiane
dal turismo devozionale a quello dei “turisti della fede”, da un punto di vista manageriale occorre
comprendere i bisogni della nuova domanda turistica e organizzare nuovi servizi per soddisfarla. C’è chi
vuole il silenzio e la meditazione (la risposta sono le vacanze di soggiorno in monasteri, eremi, case
d´accoglienza) chi vuole "itinerari spirituali" (l'offerta è dei cammini che prolificano in tutto il territorio nazionale;
chi chiede viaggi leisure con motivi culturali accessori (si organizzano pacchetti tailored di arte sacra, bellezza
del paesaggio, enogastronomia e natura).

Il ruolo del management è decisivo perché deve garantire - specie agli stranieri che ci giudicano
inflessibilmente - il rapporto qualità/prezzo rispetto ad altri paesi concorrenti che in pochi anni ci hanno
sorpassato nelle classifiche mondiali, pur non possedendo il nostro patrimonio storico, artistico, culturale e
soprattutto gestire flussi, il marketing territoriale e garantire un approccio strategico diffuso. Se l'obiettivo è
mantenere il 5° posto, la valorizzazione del "Religious light tourism" italiano potrà contribuire a conseguirlo
integrando l'attuale turismo religioso tradizionale, devozionale, cattolico con altre proposte in linea con la
sensibilità contemporanea.

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Turismo congressuale

Convegni, conferenze, congressi: sono molte le occasioni per prenotare una visita in Italia legata agli affari e
alla promozione di iniziative aziendali. Quello del turismo congressuale è oggi un settore di mercato che
colloca l'Italia al sesto posto nel ranking congressuale mondiale, considerati i tanti fattori di attrattività del
paese, dall'arte, alla cultura, al cibo. Tra gli elementi di successo di questo tipo di turismo vanno
considerati gli ottimi collegamenti nazionali internazionali, aeroporti efficienti e una rete viaria e ferroviaria
veloce e sicura che attraversa tutto il bel paese da nord a sud, da est a ovest.

Le strutture congressuali italiane sono di altissimo livello e nel territorio delle città
maggiori, Roma, Torino, .Milano, Firenze.
La cura offerta nella preparazione di questi congressi è sovente garantita dalla stretta collaborazione tra gli
operatori del settore, le strutture alberghiere e i comuni che ne fanno occasione di promozione del territorio e
delle sue eccellenze.

Il clima mite e la bellezza del paesaggio fanno dell'Italia una meta prediletta per l'organizzazione di convegni
medici, scientifici, sportivi e aziendali. Località balneari famose come Rimini, resort montani sulle Alpi, zone
termali come Fiuggi, offrono centri polifunzionali adatti a ogni evento, sia esso un meeting
internazionale, un simposio, o una convention.

E in effetti il turismo congressuale italiano prevede una crescita esponenziale nel prossimo decennio, con il
suo momento più alto durante l'Expo2015. Inoltre la domanda congressuale nei periodi di bassa stagione,
incontra nel Belpaese condizioni molto favorevoli.

Negli ultimi anni le città d'arte si sono affermate come meta del turismo congressuale proprio per la capacità
di offrire oltre che strutture moderne e attrezzate, la possibilità di visitare le meraviglie storiche e paessagistiche
che l'hanno resa famosa nel mondo. Ed è proprio questo uno dei motivi per cui una città come Firenze ha
collezionato nel solo 2012 più di tre milioni di presenze congressuali.

C'è poi il turismo termalcongressuale, un turismo tipicamente destagionalizzato, che tocca tutta la penisola,
da Bormio a Siena, da Ischia alla Sicilia e che si caratterizza per un breve soggiorno in cui ritemprare il corpo
e lo spirito. Il Palacongressi di Rimini, solo per fare un esempio, è la prima wellness location congressuale
in Italia. Molto gettonate le visite guidate intorno alle date del congresso: i "post congress tour", cioè i
momenti in cui i partecipanti trascorrono alcuni giorni nelle località che li ospitano, rappresentano
un’occasione unica per i viaggiatori intercontinentali di visitare un paese
come l'Italia. Mentre le visite "infra-congresso" sono sovente
l'occasione per riempire i tempi vuoti degli incontri con

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escursioni nei borghi e nelle aree naturali del Belpaese e rappresentano un'opportunità da non perdere proprio
per gli accompagnatori dei congressisti che vi si recano con la famiglia.

Turismo balneare

Il turismo balneare è la forma di turismo che ha come meta preferenziale località marittime situate in
prossimità del mare.

L’Italia, nel nostro caso, vanta circa 7458 km di costa dalla forma svariata e di rara bellezza, con essa ne fa
da cornice il meraviglioso e cristallino mare, rendendolo meta pregiata con un numero crescente di visitatori.

Il turista balneare cerca, assiduamente, lo stretto contatto con il mare, facendone il principale motivo di
vacanza, trascorrendo buona parte delle giornate in riva al mare, alla ricerca del refrigerio necessario per
sopperire al caldo estivo.

Al mare e a seconda delle attrattive che vi presenta il territorio, è possibile alternare lo scopo principale della
vacanza turistica ad altre tipologie di turismo quali: culturale in Toscana, pellegrinaggi a Roma, divertimenti a
Rimini solo per citarne alcune.

Il turismo balneare è praticato in diverse zone d’Italia:

• Liguria: territorio montano che si getta nel mare, ne fanno un paesaggio originale ed unico,con mete
turistiche quali Portovenere, Genoa e le 5 terre,solo per citarne alcune,ed infine Portofino una delle mete
pregiate più conosciute e visitate d’Italia;

• Friuli Venezia Giulia: regione situata a nord-est conta Lignano Sabbiadoro e lido di Grado come principali
mete balneari;

• Emilia Romagna:la riviera romagnola è una delle mete di massa preferite dagli stranieri, contando sul grande
numero di attrattive offerte, dove spiccano città quali Rimini e Ravenna, e comuni dai grandi numeri turistici
quali Riccione e Misano adriatico;

• Toscana: Giglio, Erba, Capraia, Gorgona, Pianosa, Montecristo e Giannutri sono gli arcipelaghi toscani che
hanno un grande impatto turistico per la regione, e senza tralasciare le coste della Versilia, la Maremma,
Viareggio e Isola d’Elba, ne fanno della Toscana, nonostante sia una regione dalla vocazione principalmente
culturale, un territorio che offre un mix di possibilità turistiche diverse;

• Marche: meta di turismo balneare con maggiore affluenza è senza dubbio la Riviera del Conero;

• Campania: ricca di tradizioni culturali e folkloristiche, la Campania presenta una forte presenza di località
balneari dal richiamo turistico, grazie anche alla presenza dell’Isola di Capri, Ischia, Procida, Vivara e Nisidia
oltre ad una serie di isolette minori, mentre lungo la costa è possibile ammirare la Costa Amalfitana.

• Lazio: regione dal forte richiamo turistico,grazie alla presenza dello stato Pontificio ed anche dalla storia che
la città di Roma ha nel mondo, presenta anch’essa una buona affluenza di turismo balneare soprattutto in
prossimità della capitale: Anzio, Gaeta, Ostia, Sabaudia e Sperlonga sono le principali mete.

• Puglia: Il turismo balneare ha preso sopravvento negli ultimi anni,divenendo una delle mete turistiche
preferite dai turisti italiani e non, il turismo balneare è concentrato nella zona più a sud della Puglia
precisamente nel Salento, dove il mare incontaminato e limpido è un fattore di crescita turistica costante:
Gallipoli, Otranto e Santa Maria di Leuca sono le mete più gettonate.

• Calabria: in tale regione la risorsa turistica principale è senza ombra di dubbio il mare con un paesaggio che
alterna scogliere e spiagge,una meta molto conosciuta è Tropea, oltre ad un folto numero di località
minori,ma non di minore bellezza paesaggistica.

• Sicilia: la Sicilia è una delle regioni di maggior caratura nazionale in ambito turistico,è essa un’isola che a sua
volta raggruppa altre isole minori quali Isole Eolie, Egadi, dello Stagnone, Pelagie, Ciclopi, Calipsee che per
rigor di logica ne confermano una vocazione altamente balneare ma anche ricca di storia.

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• Sardegna: è una regione isolana che vede la maggiore affluenza turistica lungo la costa Smeralda e
l’Arcipelago della Maddalena, forte della presenza del mare limpido e dai luoghi famosi di movida ne fanno
una meta visitata da persone illustri e personaggi dello Star system italiano e straniero.

Come è possibile notare esistono diverse zone di richiamo turistico balneare, ogni regione presenta diverse
caratteristiche territoriali ed ambientali, culturali ed artistiche, storiche e moderne, ognuna di esse, o quasi,
bagnata da un mare diverso, permettono una panoramica d’offerta eterogenea, rendendo il nostro paese una
delle principali mete turistiche balneari del mondo.

Turismo montano

Il turismo montano, nato come sfida dell’uomo alla natura, oggi si sta evolvendo in un prodotto turistico
esperienziale aperto a tutti

Gli addetti ai lavori lo chiamano “turismo montano” riferendosi al flusso dei turisti che scelgono la montagna
come destinazione delle proprie vacanze e del proprio svago. I più prediligono la montagna sulla base di un
interesse sportivo-naturalistico – per lo sci in inverno, per il trekking e le escursioni in estate – ma oggi il
fenomeno va molto più al di là di questo.

Tutto ebbe inizio con l’Alpinismo

Questa forma di turismo ha visto una forte trasformazione nel corso del tempo. Gli albori del turismo montano
sono da rintracciare alla fine del XVIII secolo, in concomitanza con l’ascensione alle maggiori cime delle Alpi
(non a caso è stato coniato proprio il termine “alpinismo”) e la nascita del concetto illuminista del rapporto con
la natura visto come agli antipodi della civilizzazione (basti pensare al “ritorno alla natura” e al “mito del buon
selvaggio” di Russeaux).

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Il consolidamento del turismo montano è avvenuto nel XX secolo, con la consacrazione del turismo di
villeggiatura, il boom economico ed edilizio e lo sviluppo in chiave turistica di paesi e valli di montagna. Con
il XXI secolo il turismo montano sta mutando le sue caratteristiche. Lo sfruttamento economico ed edilizio
causato dal turismo di massa ha mutato la percezione dello turismo nei confronti della montagna facendo
sbiadire il mito della naturalezza delle Alpi.

Ma cosa significa andare in montagna?

Per noi di Turismo e Innovazione il turismo montano è anche molto altro, legato a un ambito che si rifà ad
ambiente, natura, paesaggio, ma anche e soprattutto passione, scelte di vita, storie personali, spesso in bilico
tra modernità e tradizione. Tutto ciò si presta benissimo a essere convogliato e raccontato attraverso
lo storytelling turistico. Le possibilità espressive sono molteplici, anche perché il concetto tradizionale di
turismo legato alla montagna sta subendo una notevole evoluzione.

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L’evoluzione è particolarmente interessante e avvincente, motivo per cui abbiamo deciso di dedicare una
sezione specifica del nostro blog al turismo montano. Con questo primo post inauguriamo questa nuova
categoria per addentrarci nell’argomento e sottolineare prospettive e problematiche, sviluppi e opportunità.

Le esperienze in montagna ci regalano emozioni

Dopo il boom dello sci negli anni ’70 e ’80, negli ultimi anni è stato riscontrato un calo di interesse, in
concomitanza con la concorrenza di un’offerta turistica globalizzata, i cambiamenti climatici e il conseguente
problema dell’innevamento artificiale; unitamente a questo, però, ha preso sempre più piede il concetto
di vacanza outdoor all’insegna dell’emozione e di prodotti di nicchia secondo un approccio di tipo
esperienziale unitamente a nuova sensibilità nei confronti del turismo sostenibile, della natura, dell’identità e
dei prodotti locali.

Ciò che il turista montano chiede è un’esperienza personalizzata, la pratica di attività specifiche e il
raggiungimento non solo di un benessere fisico ma anche psicologico.

Il turista oggi è sempre più informato ed esigente e chiede di vivere un’esperienza integrata che non sia più
legata solo alla visita di un luogo.

Non più solo sci in inverno e trekking in estate quindi, ma largo a nuove attività: tra le principali arrampicata,
rafting, canyoning, percorsi in mountain bike, downhill, ciaspolate, nordic walking,
snowboarding, dogsledding (escursioni su slitte trainate da cani da slitta), sci escursionismo (fusione di sci
nordico ed escursionismo), snow bike (mountain bike sulla neve).

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Le sfide del turismo montano

I dati della stagione 2016 (dati di Federalberghi) parlano di un giro d’affari complessivo di circa 6,6 miliardi di
Euro per il “turismo bianco”, con un incremento dell’11,6% rispetto al 2015 e un incremento del 19,6% per le
settimane bianche. Le regioni più gettonate sono il Trentino-Alto Adige – che resta la regione leader con il
25% della domanda -, seguito da Piemonte con il 12,6% (11,5% del 2015), Valle d’Aosta con l’11,9 (7,6%
del 2015) e Lombardia con il 7,2% (6,4% del 2015).

Le sfide che il turismo montano si trova ad affrontare sono molteplici:

• problemi di mobilità e impatto ambientale;

• scarsità dell’innevamento, forte influenza dell’aspetto meteorologico/cambiamenti climatici;

• eccessiva antropizzazione e degrado del territorio;

• turismo di massa e problema della sicurezza in alta montagna;

• competizione con altre destinazioni, anche geograficamente lontane, per via della globalizzazione;

• mancanza di coordinamento degli stakeholder per la costituzione di destinazioni turistiche unitarie;

• bisogno di inventare nuove attività ed esperienza per evitare l’effetto noia.

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L’esperienza di Montagna Futuro in Lombardia

Le dinamiche e le problematiche del turismo montano suscitano interesse e sono sotto i riflettori nell’ultimo
periodo; ne sono la prova alcuni progetti di valorizzazione del territorio montano sorti nel mercato italiano,
come Montagna Futuro, il progetto di Regione Lombardia volto alla definizione di una strategia per lo sviluppo
delle aree montane e la loro promozione.

Con un approccio innovativo, di confronto e dialogo rispetto ai valori e alle criticità di questo articolato contesto,
MontagnaFuturo si propone di guardare al territorio in un’ottica sistemica con l’obiettivo di fare sintesi tra le
molte e differenti dinamiche sociali, economiche e territoriali che animano la montagna.

L’obiettivo è quello di sostenere azioni interdisciplinari, coerenti con le peculiarità territoriali, per fare sinergia
tra gli stakeholder, a favore di tutti coloro che qui vivono, studiano e lavorano, con un occhio di riguardo alle
nuove generazioni.

Il percorso di MontagnaFuturo prevede una serie di eventi e approfondimenti tematici, su questi temi:

• Servizi e comunità locali: vivere la montagna

• Attrattività e turismo: la montagna al centro

• Giovani e start up d’impresa: il futuro della montagna

• Ambiente e natura: motore per lo sviluppo della montagna

• Governance e comunità: una rete per la montagna

Turismo d’arte

Le città d'arte italiane rappresentano una delle mete più ambite del turismo culturale mondiale. Ricche di
monumenti, chiese, castelli, musei, dimore storiche, le città d'arte italiane sono l'obiettivo ideale del turismo
destagionalizzato, di quella voglia di viaggiare e conoscere che può essere soddisfatta durante tutto il corso

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dell'anno.

Le città d'arte italiane sono molte: Torino, Milano, Venezia, Bologna,


Ferrara, Firenze, Perugia, Roma, Napoli, Palermo, per citarne alcune.

Tutte conservano un patrimonio storico, artistico e archittetonico che racconta secoli di storia. Ricche delle
tracce delle vicende umane che le hanno attraversate - le città d'arte italiane sono state spesso sede di
governi e principati e teatro di fatti avvincenti che hanno modificato il corso stesso della storia -, per il loro
peculiare rapporto con il potere sono state a più riprese modificate e abbellite in quanto dimora di principi,
duchi, papi, re e imperatori.

Spesso caratterizzate da un tessuto urbanistico che ne conserva l'impianto originario, si tratti di un castrum o
di un borgo medievale, le città d'arte italiane rappresentano le vestigia dei tempi che furono congelate nelle
loro trasformazioni. Segnate dall'attività di grandi artisti e mecenati queste città non sono solo il contenitore di
espressioni artistiche rilevanti ma sono esse stesse delle opere d'arte.

Musei a cielo aperto che si possono godere a piedi e visitare negli aspetti più moderni e vitali lungo percorsi
che guidano alla scoperta di negozi e botteghe artigiane, mercati e sagre, festival e teatri che coniugano
tradizioni, cultura e divertimento.

Turismo rurale

Il turismo rurale è definito dall’area in cui i turisti svolgono le loro attività piuttosto che dal contenuto dei
compiti che svolgono, così che la base di questo tipo di turismo è l’ambiente rurale in senso lato, ha un
interessante patrimonio naturale, storico-culturale e architettonico che suscita l’interesse di persone che
abitualmente vivono in aree urbane e che sono disposte a “investire” parte del loro tempo libero e risorse in
molti casi per riconnettersi alle proprie origini o semplicemente cercare modi o luoghi di vacanza che vanno
oltre il loro consueto tenore di vita.

Il Turismo Rurale comprende qualsiasi attività che si svolge in aree rurali e aree naturali, compatibili con
lo sviluppo sostenibile, quest’ultimo implica permanenza e utilizzo “ottimale” delle risorse, integrazione della
popolazione locale, conservazione e miglioramento dell’ambiente, al contrario al concetto di massima
redditività.

Molti autori usano come sinonimi i termini “Turismo Rurale“, “Agriturismo“, “Ecoturismo“, tuttavia tutti questi
termini racchiudono una serie di realtà diverse che danno origine a concetti differenti. Il turismo rurale ha
avuto una buona accoglienza tra i turisti poiché la sua offerta è molto ampia e variegata, i suoi prodotti possono
spaziare dal più semplice al più elaborato nei servizi turistici, mentre le condizioni contestuali di ciascuna delle
sue espressioni sono il segreto del loro fascino poiché differiscono sempre radicalmente l’uno dall’altro.

Molti autori usano come sinonimi i termini “Turismo Rurale”, “Agriturismo”, “Ecoturismo”, tuttavia tutti questi
termini racchiudono una serie di realtà diverse che danno origine a concetti differenti.

Agriturismo: è associato alla fornitura di alloggi, servizi di gastronomia locale e / o attività legate all’attività
agricola alle quali il turista può partecipare attivamente. (Es .: fare marmellate, mungitura, raccolta, trebbiatura,
rodeo, ecc.).

Turismo sportivo: la pratica di qualsiasi attività sportiva nelle zone rurali è la base dell’attività. (Es: pesca
sportiva, caccia, ciclismo, ecc.).

Turismo d’avventura: utilizza l’ambiente o l’ambiente naturale come risorsa per produrre sensazioni di
scoperta, quindi il suo obiettivo fondamentale è quello di riuscire a trasmettere queste sensazioni,
necessitando di conseguenza di spazi poco frequentati dai turisti. (Es: parapendio, rafting lungo i fiumi,
escursionismo, ecc.).

Turismo culturale: si basa sull’uso dei costumi culturali, storici, di un territorio come storici e costumisti …
orientati alla conservazione e alla migliore conoscenza di essi. Da città a borgo possono costituire l’ambito di
sviluppo di questa forma di turismo. (Es: studio delle culture indigene, circuiti storici, visite a siti di interesse
architettonico, ecc.).

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Ecoturismo: è una delle forme di turismo rurale, definito come un “segmento turistico in cui la conservazione
dello spazio naturale in cui si svolge è prioritaria, quindi la sua progettazione considera l’ambiente naturale
prima di tutto e quindi la sua conservazione, rispetto a qualsiasi un’altra attività. “(Es: osservazione di uccelli
e flora).

Gli obiettivi del turismo rurale

Nella maggior parte delle comunità, i residenti hanno l’autorità e la partecipazione delle comunità è
incoraggiata, cercando di raggiungere uno sviluppo sostenibile. Il turismo rurale è un’attività economica
complementare all’agricoltura, che consente ai piccoli produttori o alle unità produttive di diversificare ed
espandere la loro fonte di reddito, riducendo così la loro dipendenza dalla monocoltura. Perché lo sviluppo di
questo turismo abbia luogo, è essenziale formare e organizzare gli abitanti di una comunità nella creazione di
posti di lavoro permanenti e di lavoro autonomo.

Il turismo rurale si caratterizza per la pratica consapevole sull’utilizzo delle risorse naturali e culturali di un
territorio, nonché per il rispetto del patrimonio del territorio in cui si sviluppa, è un prodotto a basso impatto
ambientale e socioculturale, che mira a svolgere attività di convivenza e interazione con una comunità rurale,
in modo tale da poterne conoscere le espressioni sociali, culturali e produttive.

Il turismo rurale si caratterizza per essere un turismo voluto e controllato dalle popolazioni locali che lo
sviluppano, è un luogo di incontro e dove si condividono le esperienze di vita della comunità, e quindi è un
turismo che promuove:

• L’iniziativa locale, che si basa sulla capacità dell’abitante rurale di pubblicizzare i propri aspetti culturali e
doganali.

• La gestione locale, dove le aziende di piccoli produttori agricoli possono sviluppare interessanti strategie di
gestione per iniziative di turismo rurale trattandosi di un turismo di piccole o medie imprese, dove l’elemento
centrale ed essenziale è l’uomo stesso.

• diversificazione e aumento del reddito dei piccoli produttori agricoli e delle loro famiglie, oltre a generare
nuove alternative occupazionali, soprattutto per i giovani e le donne rurali.

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• la valorizzazione della cultura locale, rafforzando i legami con i turisti che cercano di conoscere diversi modi
di vivere o usanze a cui sono abituati provoca nella popolazione residente un senso di orgoglio e desiderio di
preservarli, una situazione positiva, soprattutto per le culture tradizionali che rischiano di essere assorbite o
sostituite da pratiche mutuate da altre culture.

• definizione dei paesaggi locali, poiché dispone di un numero variegato di risorse naturali e socio- culturali
come ampi spazi di tranquillità e riposo, paesaggio attraente, importante patrimonio architettonico e urbano,
ecc …

La forza del turismo rurale risiede in gran parte negli aspetti legati alle capacità dell’abitante rurale di
interagire con i turisti, cioè la capacità di comunicare con il visitatore, attraverso le parole, gli atteggiamenti,
attraverso l’ambiente e le proprie attività.

Elementi di statistica turistica.

https://www.slideshare.net/FormazioneTurismo/statistiche-del-turismo

Informatica e telematica del turismo.

https://www.researchgate.net/publication/24136720_L'impatto_di_internet_sulla_struttura_del_merca
to_turistico_leisure

Promozione e commercializzazione dei servizi e pacchetti turistici tramite il web.

Vedi il par.1.

6) Elementi di diritto commerciale

La nozione di imprenditore. L’imprenditore commerciale.

Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla figura dell’imprenditore,
la cui definizione la troviamo nell’art. 2082 del codice civile.
La disciplina non è la medesima per tutti gli imprenditori.
Il codice civile distingue gli imprenditori in base a tre criteri:

1. oggetto: determina la distinzione fra imprenditore agricolo (art. 2135) e imprenditore commerciale (art.
2195);

2. dimensione: determina la distinzione fra piccolo imprenditore (art. 2083) ed imprenditore medio- grande;

3. natura: determina la tripartizione legislativa fra impresa individuale, impresa costituita in forma di società
ed impresa pubblica.

Secondo l’art. 2082 “è imprenditore colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine
della produzione o dello scambio di beni o servizi”.

La nozione si richiama al concetto economico di imprenditore, ma il legislatore fissa i requisiti minimi necessari e
sufficienti che devono ricorrere perché un dato soggetto sia esposto alla disciplina giuridica dell’imprenditore.

L’impresa è l’attività in quanto serie coordinata di atti unificati da una funzione unitaria, caratterizzata da uno
specifico scopo, ossia produzione o scambio di beni o servizi, sia da specifiche modalità di svolgimento che si
concretizzano in:

- organizzazione, L’attività è la serie coordinata di atti finalizzati alla produzione o allo scambio di beni, quindi è
attività produttiva.

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L’attività deve essere organizzata e coordinata impiegando fattori produttivi, quali capitale e lavoro, propri o altrui;

- economicità, L’attività produttiva deve essere condotta con metodo economico, nel senso di tendere al
procacciamento di entrate dei fattori produttivi utilizzati;

- professionalità, Altro carattere è la professionalità dell’attività. Professionale significa esercizio abituale e non
occasionale di una data attività produttiva. L’attività professionale può essere svolta anche in modo non continuativo
(ad esempio attività stagionale), purché non sia occasionale.

Non vi è coincidenza tra nozione civilistica e nozione tributaristica d’impresa, non essendo richiesto
dall’art. 51 il requisito dell’organizzazione per ritenere sussistente l’impresa ai fini tributari. L’impresa può
essere esercitata in forma individuale o collettiva e possono esercitare attività d’impresa anche
le associazioni (riconosciute e non) e le fondazioni.
Possono esercitare attività d’impresa anche gli enti pubblici (v. art. 2093).
Un soggetto può anche essere titolare di più imprese.

E’ possibile che un imprenditore sia minore di età. Per l’impresa del minore emancipato si veda l’art. 397; per
l’impresa del minore inabilitato si veda l’art. 425.

La sopravvenuta incapacità del soggetto non comporta la cessazione dell’impresa individuale allorché questa
continui ad opera di altri soggetti che agiscono in rappresentanza dell’imprenditore.

L’impresa ha sede ove l’imprenditore svolge l’attività direttiva ed amministrativa, restando irrilevante la diversa
ubicazione di stabilimenti o cantieri. Si presume che la sede legale coincida con quella amministrativa.

La legge 14 febbraio 2006, n. 55, ha legittimato l’imprenditore a stipulare il patto di famiglia (v. artt. 768 bis e
seguenti).

Lo scopo di lucro dell’impresa non è espressamente previsto dalla norma, ma è opinione prevalente che il
fine di lucro in senso oggettivo, ovvero l’idoneità in sé dell’impresa a dare un profitto, sia immanente allo stesso
concetto di imprenditore.

Non è ammissibile la figura dell’imprenditore occulto o dell’imprenditore indiretto, che è il soggetto nel cui
interesse e per conto del quale l’impresa viene esercitata da altri, ma che non figura come imprenditore verso
i terzi. È, pertanto, requisito necessario dell’imprenditore la spendita del proprio nome.
La direzione dell’impresa, invece, può essere affidata a persona diversa dall’imprenditore.

Figura a sé stante è quella dell’impresa sociale, disciplinata con il d. lgs. n. 155 del 2006. La finalità
dell’impresa sociale è la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità
di interesse generale.

Si ritiene che l’impresa sociale sia una species del più ampio genus dell’impresa.

Caratteristica fondamentale dell’impresa sociale è l’assenza dello scopo di lucro. La costituzione


dell’impresa sociale deve avvenire per atto pubblico e nella denominazione è obbligatorio l’uso della locuzione
“impresa sociale”.

Il codice civile differenzia anche il piccolo imprenditore dal grande imprenditore. Secondo l’art. 2083 del cod. civ.
“Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano
un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della

famiglia”. La nozione di piccolo imprenditore presume che una persona eserciti professionalmente una attività
economica servendosi di una organizzazione con prevalente lavoro proprio, ancorché non manuale, e dei
componenti della sua famiglia. Oltre alle categorie menzionate, l’ultima parte della norma consente di
ricomprendere nella categoria altre figure di piccoli imprenditori, ad esempio piccoli allevatori di bestiame,
piccoli allevatori.
Il criterio generale per l’individuazione della categoria è la prevalenza del lavoro proprio e familiare.

Per aversi piccola impresa è necessario che:

1. l’imprenditore presti il proprio lavoro nell’impresa;

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2. il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nell’impresa prevalgano sia rispetto al lavoro
altrui sia rispetto al capitale (proprio o altrui) investito nell’impresa.

La piccola impresa agricola e l’impresa artigiana godono di una copiosa ed articolata legislazione speciale di
ausilio e di sostegno.

L’impresa artigiana si caratterizza:

1. per essere esercitata da un imprenditore artigiano;

2. per avere quale scopo prevalente, lo svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di
prestazione di servizi, escluse le attività agricole e commerciali, di intermediazione, di somministrazione al
pubblico di alimenti o bevande, salvo che siano strumentali all’esercizio dell’impresa;

3. per non superare determinati limiti dimensionali (indicati nell’art. 4 della Legge-quadro per l’artigianato, n. 443
del 1985).

Esso gode di alcuni vantaggi rispetto all'imprenditore commerciale:


a) è esonerato dalle scritture contabili;
b) è iscritto in una sezione speciale del registro delle imprese, con funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità
notizia;
c) non può essere sottoposto, in caso d'insolvenza, alla procedura fallimentare né alle altre procedure concorsuali.

L’impresa artigiana può essere costituita anche in forma di società cooperativa o società in nome collettivo, società in
accomandita semplice, società a responsabilità limitata, è esclusa le società per azioni.

L’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane è obbligatoria ed ha efficacia costitutiva.

La piccola impresa non va confusa con l’impresa familiare disciplinata dall’art. 230 bis.

L’IMPRENDITORE COMMERCIALE

Sono “attività commerciali” quelle elencate dall’art. 2195:

1. Un’attività industriale, diretta alla produzione di beni o servizi. L’attività industriale sembrerebbe contrapporsi a
quella commerciale, nel senso che la prima è l’attività produttiva di nuovi beni, mentre la seconda è l’attività di
interposizione nella circolazione dei beni. Tuttavia nel codice civile l’attività industriale è ricompresa fra le attività
commerciali; si considera infatti che l’industriale utilizza beni preesistenti (le materie prime), che acquista sul mercato
e trasforma in nuovi beni (i prodotti finiti), questa sarebbe la “interposizione” che lo rende definibile come
imprenditore commerciale. Ma come la mettiamo, ad esempio, con l’attività estrattiva? Chi estrae sostanze minerali
esercita un’attività produttiva di beni, tuttavia è assente quell’attività contrattuale precedente, come l’acquisto delle
materie prime, che consenta di qualificare l’imprenditore minerario come soggetto che si interpone nella circolazione
dei beni. E l’esempio è valido in molti altri casi; la categoria comprende infatti tutte le attività produttive c.d.
“primarie”, ossia che prevedano la diretta utilizzazione delle risorse naturali (e che non siano agricole). In questi casi si
prescinde allora dall’estremo dell’intermediazione nella circolazione dei beni, e si ammette certamente che tali imprese
rientrino fra le attività industriali, essendo quindi senza dubbio qualificabili anche come “attività commerciali”. 6
Inoltre se si considera l’espressione “attività industriali” nella sua accezione economica, che prevede un processo di
trasformazione della materia, resterebbero fuori dal novero delle attività industriali tutte quelle attività di produzione
di servizi che non abbiano questi caratteri (si pensi ad una casa di cura, ad un albergo, ad un istituto di istruzione
privato…); e resterebbero fuori, di conseguenza, anche dal novero delle “attività commerciali”, non potendo rientrare
nelle tipologie previste dai punti successivi (2,3,4,5) dell’art. 2195. Occorre, perciò, modificare la premessa ed
escludere che l’aggettivo “industriale” sia stato adoperato nel suo significato economico; il suo senso è qui assai più
generico, e vuole esprimere una semplice differenziazione dall’attività agricola.;

2. Un’attività intermediaria nella circolazione dei beni. è la “attività commerciale” nel senso corrente
dell’espressione: l’attività cioè di acquisto e successiva rivendita di beni, senza alcuna trasformazione. ;

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3. Un’attività di trasporto per terra, acqua o aria;

4. Un’attività bancaria o assicurativa. L’attività bancaria si scompone in una duplice funzione: “la raccolta di risparmio
fra il pubblico e l’esercizio del credito”. In questo senso l’attività bancaria si presenta come un’attività di
intermediazione nella circolazione del denaro e, di conseguenza, come un’attività commerciale collocabile all’interno
del n. 2. Si rivela dunque superflua la sua espressa previsione al n. 4 dello stesso articolo. Anche l’attività di
finanziamento può essere collocata all’interno del n. 2. In questo caso non si può parlare di funzione intermediatrice,
perché la società di finanziamenti eroga prestiti attingendo dal proprio patrimonio, senza ricorrere alla raccolta di
risparmio, e quindi senza interporsi nella circolazione del denaro. Tuttavia l’erogazione di prestiti e finanziamenti è una
prestazione di “dare”, che in quanto tale costituisce un atto di scambio permettendo di annoverare questo tipo di
attività al n. 2 dell’art. 2195, nonostante la mancanza di una vera e propria “intermediazione”. ;

5. Altre attività ausiliarie delle precedenti. Sono attività ausiliarie quelle del mediatore, dell’agente di commercio, ma
anche le agenzie di pubblicità, di viaggi, e tutte quelle attività caratterizzate dal fatto di essere esercitate da un
imprenditore a vantaggio di altri imprenditori. La lettera dell’art. 2195 prende in considerazione solo le attività ausiliarie
“delle precedenti”, ma non c’è motivo di ritenere che debba essere escluso dalla qualità di imprenditore commerciale chi
svolga, ad esempio, attività ausiliaria all’imprenditore agricolo. L’attività di agente di commercio o di mediatore non
muta la propria natura per il fatto di riguardare prodotti agricoli piuttosto che industriali, perciò non c’è ragione di
attribuire una condizione giuridica diversa a chi, come agente o mediatore, tratta granaglie, rispetto a chi tratta
prodotti industriali. Anche il punto n. 5 si rivela superfluo, poiché l’attività ausiliare dell’imprenditore commerciale può
essere benissimo considerata un’attività di produzione di servizi, trovando dunque spazio sub n. 1. In conclusione,
delle cinque attività elencate dall’art. 2195, quelle contrassegnate dai n. 3, 4 e 5 non fanno altro che identificare
specifici settori delle attività ai n. 1 e 2. Sarebbero bastati, in realtà, questi primi due numeri: le imprese di trasporti, di
assicurazioni e quelle ausiliarie sono imprese che producono servizi e, perciò, rientrano nel n. 1, la banca svolge
un’attività di intermediazione nella circolazione di denaro, e quindi si colloca sub n. 2. 7

Le holding: Ci si è posti l’interrogativo se possa essere considerata come “attività commerciale d’impresa”
quella consistente nel dirigere in forma organizzata una serie di società, delle quali si ha il controllo azionario.
Nel rispondere affermativamente, si è talvolta addotto che l’attività della holding altro non è se non un’attività
di produzione di servizi; tuttavia poiché questi servizi sono diretti ad “agevolare l’attività di singole imprese
commerciali” (le controllate), si giungerebbe alla paradossale conclusione che la holding sia in realtà nient’altro
che un’ impresa ausiliaria. Per trovare una soluzione più plausibile occorre tener presente che l’oggetto di una
società può essere immediato (società operante), ma anche indiretto e mediato (come nel caso della holding).
Il carattere imprenditoriale della holding, perciò, non deriva dalla sua attività di coordinamento e
organizzazione delle controllate (in questo caso sarebbe classificabile sub n. 5), bensì dalla specifica attività
di produzione o di scambio che forma oggetto delle società operanti.

LE ATTIVITA’ ESSENZIALMENTE AGRICOLE E AGRICOLE PER CONNESSIONE

L’art. 2135 definisce come imprenditore agricolo quello che esercita una delle seguenti attività: “coltivazione
del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”. Le prime tre specie si sogliono definire come
“essenzialmente agricole”: l’esercizio di una sola di esse è sufficiente per attribuire a chi la esercita la qualità
di imprenditore agricolo. Le attività della quarta specie, invece, sono attività agricole solo quando siano
esercitate da chi eserciti, al tempo stesso, una delle attività essenzialmente agricole. La coltivazione del fondo:
La coltivazione del fondo è lo sfruttamento dell’energia genetica della terra. Non basta la mera raccolta dei
frutti naturali del suolo: occorre, perchè vi sia impresa, l’attività di coltivazione, ossia un’attività definibile come
attività di “produzione di beni”.

La silvicoltura: La silvicoltura è la coltivazione del bosco; è l’attività agricola volta alla riduzione di quello
specifico bene che è il legname. Non è silvicoltura l’attività meramente estrattiva del legname, che non preveda
la coltivazione del bosco; quella sarà un’attività industriale. Colture artificiali: L’attività di coltivazione deve
avere per oggetto il “fondo”, tuttavia l’espressione non va presa alla lettera: la coltivazione del fondo infatti,
precisa la norma, consiste nelle attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico vegetale, “che
possono utilizzare o meno il fondo”. Oggi si praticano tecniche che riproducono artificialmente, all’interno di
stabilimenti, le condizioni che permettono ai vegetali di svilupparsi: la pianta affonda le proprie radici, anziché
nella terra, in soluzioni chimiche nutritive, e parametri quali temperatura, umidità e luce sono regolati
artificialmente. All’epoca della codificazione non si conosceva altra possibile coltivazione, se non quella attuata

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sul fondo. Successivamente si è imposta la considerazione che il fattore caratteristico dell’attività agricola non
è tanto la terra in sé, quanto piuttosto la natura: Anche nelle colture 8 artificiali, l’imprenditore si limita a porre
la natura in condizione di esplicare la propria spontanea attitudine produttiva.

Allevamento degli animali: L’ultima attività essenzialmente agricola è l’allevamento degli animali. Prima della
riforma del 2001 la norma si riferiva all’allevamento del “bestiame”, ed erano bestiame gli animali da carne, da
latte, da lana, da lavoro (o, in termini zoologici, i bovini, li equini, i suini, gli ovini, i caprini), le specie, cioè,
tradizionalmente legate al fondo per la loro attitudine ad essere alimentate con i prodotti della terra. La riforma,
che rende solo eventuale l’utilizzazione del fondo, comporta che l’allevamento non cessa di essere attività
agricola quando non sia praticato sul fondo ma “in batteria”. La sostituzione del concetto di bestiame con quello
di “animali” permette anche di ricomprendere nell’ambito dell’impresa agricola quelle attività zootecniche non
riducibili alla nozione di “allevamento del bestiame”, come la bachicoltura, l’apicoltura, gli allevamenti di animali
da cortile. La riforma prevede anche che la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico animale possa utilizzare “le
acque dolci, salmastre o marine”, con la conseguenza che è oggi attività agricola anche l’itticoltura. Le attività
agricole per connessione: Il produttore agricolo esercita non di rado, congiuntamente all’attività agricola,
ulteriori attività che, in sé considerate, hanno natura commerciale. Può accadere, ad esempio, che il viticoltore
provveda egli stesso alla trasformazione dell’uva in vino, e alla vendita di quest’ultimo. Se questa ulteriore
attività può considerarsi “attività connessa” all’agricoltura, l’imprenditore non perde la qualità di imprenditore
agricolo; altrimenti diventa imprenditore commerciale. Sono considerate “connesse” all’agricoltura le attività
dirette alla “manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione, valorizzazione” dei prodotti
agricoli. Occorre, anzitutto, una connessione soggettiva: L’attività commerciale deve essere svolta dal
medesimo soggetto che esercita la coltivazione. (chi trasforma in vino l’uva prodotta da altri non esercite,
ovviamente, una attività agricola per connessione). Occorre poi una connessione oggettiva: l’attività
industriale, per essere connessa all’agricoltura, deve avere per oggetto prodotti ottenuti “prevalentemente”
dalla coltivazione del fondo (o del bosco o dell’allevamento). Alienazione dei prodotti: Nel prevedere la
“connessione all’agricoltura” di quelle attività dirette alla “valorizzazione e commercializzazione” dei prodotti
agricoli, non ci si riferisce all’alienazione in sé, che non rappresenta nemmeno attività ulteriore rispetto
all’attività produttiva, si considera invece l’ipotesi in cui l’imprenditore agricolo organizzi un’ulteriore attività per
la vendita al pubblico dei suoi prodotti, ad esempio allestendo un negozio in centro città.

Agriturismo: L’agriturismo è una vera e propria attività alberghiera, svolta sul fondo utilizzando le costruzioni
ivi esistenti, ed avvalendosi, per la preparazione dei pasti, dei prodotti del fondo. In questo caso è la legge a
qualificare espressamente l’agriturismo come attività connessa all’agricoltura, precisando che esso dà luogo
ad un’impresa agricola se esercitato in connessione con un’attività essenzialmente agricola.

L’ENTE PUBBLICO COME IMPRENDITORE COMMERCIALE

Per l’imprenditore individuale e per le società l’assunzione della qualità di imprenditore commerciale dipende
solo dalla natura dell’attività esercitata (deve trattarsi di un’attività definibile come “commerciale” ex art. 2195),
nel caso degli enti pubblici invece è necessario un ulteriore requisito: che l’esercizio dell’attività commerciale
costituisca l’oggetto esclusivo, o comunque principale, dell’ente. Restano fuori dalla qualifica di “impresa
commerciale” quegli enti che esercitano attività commerciali in via solo accessoria, come nel caso di Stato ed
enti territoriali (le attività commerciali esercitate da questi enti infatti, per quanto vaste e molteplici, sono
comunque accessorie rispetto ai loro compiti istituzionali). Gli enti pubblici per i quali l’esercizio dell’attività
commerciale sia soltanto uno scopo secondario, rivestono la qualifica di imprenditori ma non quella di
imprenditori commerciali, sono sottratti dunque alle norme riguardanti questi ultimi, in particolare all’obbligo di
iscrizione nel registro delle imprese e alla tenuta dei libri contabili.

IL PICCOLO IMPRENDITORE

Il piccolo imprenditore è sottoposto alle norme sull’imprenditore in genere; è invece sottratto (come
l’imprenditore agricolo) all’applicazione delle norme sull’imprenditore commerciale, anche se esercita
un’attività definibile come commerciale. Non è soggetto, in particolare, all’obbligo di iscrizione nel registro delle
imprese, né alla tenuta delle scritture contabili, né al fallimento. A norma dell’art. 2083 sono piccoli imprenditori
“gli artigiani, i piccoli commercianti e tutti coloro che esercitano un’attività professionale organizzata
prevalentemente col lavoro proprio e dei componenti della famiglia”.

L’ARTIGIANO

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Perché un imprenditore sia definito come “artigiano” occorre che eserciti l’impresa “personalmente” e che,
inoltre, il suo lavoro abbia misura prevalente nel processo produttivo. E’ ammesso il ricorso alla “prestazione
d’opera di personale dipendente”, ma a condizione che questo sia “sempre personalmente diretto
dall’imprenditore artigiano”; a condizione altresì che il numero dei dipendenti, compresi i familiari, non superi
determinati limiti: - 18 dipendenti se l’impresa non lavora in serie; - 9 se l’impresa produce in serie; - 8 se
l’impresa presta servizi di trasporto. Per l’impresa che “svolga attività nel settore dei lavori artistici, tradizionali
e dell’abbigliamento su misura” è posto un limite di ben 32 dipendenti; attività di questo genere, tuttavia, sono
essenzialmente fondate sulla destrezza personale dell’artigiano, perciò il numero dei dipendenti, per quanto
elevato, non influisce in questo settore sulla natura artigiana dell’impresa. Il capitale: Oltre che sul lavoro dei
dipendenti, il lavoro personale dell’artigiano deve prevalere sul capitale investito. Questo principio non è
enunciato in modo molto chiaro, solo una norma relativa all’impresa sociale artigiana prevede esplicitamente
che “il lavoro dei soci debba avere 10 funzione preminente sul capitale”. Comunque il principio espresso per
l’ipotesi degli artigiani in società, è chiaramente destinato a valere anche per l’artigiano singolo. L’albo delle
imprese artigiane: La legge prevede e regola un apposito “albo delle imprese artigiane”, l’iscrizione al quale è
“condizione necessaria per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane”, consistenti in
agevolazioni creditizie, contributi a fondo perduto, diverse forme di assistenza tecnica ecc.

Le società.

IL CONCETTO DI SOCIETA’

Le norme sulle società sono poste all’interno del libro V c.c. Nel titolo V si indicano gli elementi che debbono
necessariamente essere presenti nei vari tipi di società, e si configura la chiusura del sistema: “Le società
commerciali devono costituirsi secondo uno dei tipi previsti dal c.c. ”. Le parti dunque non possono dar vita a
tipi di società diversi da quelli espressamente previsti (inammissibilità di società atipiche, in deroga ai principi
generali sull’autonomia contrattuale). E’ ammissibile l’inserimento di clausole atipiche, purché non snaturino
gli elementi essenziali del tipo prescelto. In quel caso la clausola sarà nulla, e la nullità potrà estendersi a tutto
il contratto di società. La società si costituisce, per l’appunto, tramite un contratto, avente un contenuto
specifico determinato dall’art. 2247 che sancisce “Con questo contratto due o più persone 1. conferiscono beni
o servizi 2. per l’esercizio in comune di un’attività economica 3. allo scopo di dividerne gli utili.” Il principio
cardine della plurisoggettività sociale era in principio affermato dal d.lgs. 3 marzo 1993, n. 88 (attuativo della
direttiva CEE 89/667) che, in via generale, riconosceva all'autonomia del privato la possibilità di costituire
tramite atto unilaterale una società a responsabilità limitata con unico socio (c.d. S.r.l. unipersonale). In epoca
successiva, il D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 estese tale autonomia anche alle società per azioni prevedendo
espressamente al primo comma dell'art. 2463 del c.c. la costituzione del vincolo sociale "con contratto o atto
unilaterale".Venuto meno il requisito della necessaria pluralità della compagine sociale, oggi l'esistenza di una
qualunque società richiede il concorso di alcuni elementi essenziali quali: a) i conferimenti; b) l'esercizio di
un'attività economica; c) lo scopo della divisione degli utili (c.d. scopo lucrativo).
Lo scopo del contratto di società costituisce il criterio di distinzione tra società lucrative e società cooperative
(2511), indirizzate queste ultime al soddisfacimento del diverso interesse della mutualità (c.d. scopo
mutualistico). Le imprese cooperative a mutualità prevalente (2512 - 2514) vengono costituite, infatti, con il
precipuo obbiettivo di soddisfare determinati bisogni dei soci, in assenza di fini speculativi. L’elemento
dell’”esercizio di un’attività economica” è anche uno degli elementi proprio della nozione di imprenditore, il
contratto di società si presenta dunque come il vincolo che unisce più persone le quali esercitano,
collettivamente, un’attività d’impresa. I conferimenti sono le prestazioni alle quali le parti si obbligano, e non
paiono dissimili da ogni altra prestazione contrattuale; mentre però nei contratti di scambio la prestazione di
una parte realizza subito ed in modo definitivo l’interesse dell’altra parte, in questo caso le prestazioni (cioè i
conferimenti) sono solo preordinate allo svolgimento di quella attività d’impresa che dovrebbe avere come
risultato la soddisfazione dell’ interesse delle parti, e cioè la divisione degli utili. I conferimenti di servizi sono
un’obbligazione di fare: il socio si impegna a prestare la propria opera lavorativa, quelli di beni sono
obbligazioni di dare: nel termine “beni” rientrano denaro, beni mobili o immobili e, in senso lato, qualsiasi entità
economicamente valutabile che sia utilizzabile per lo svolgimento dell’attività sociale. Chi conferisce dei beni
in società opera una modificazione della loro condizione giuridica. Infatti non potrà più disporne
individualmente secondo le normali regole sulla proprietà (art. 832), ma solo collettivamente, secondo le regole
espressamente previste per ogni tipo di società. L’insieme dei beni conferiti costituisce il “patrimonio sociale”.
La società ha come scopo l’esercizio in comune di un’attività economica; “in comune” significa che più persone
si assumono (dal lato passivo) il rischio d’impresa, dal lato attivo però tutte concorrono al potere di direzione
dell’impresa stessa.

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La società semplice:

E’ negativamente qualificata come “semplice” quella società che non presenta alcun elemento di
identificazione ulteriore rispetto a quelli previsti per la società in genere dall’art. 2247. Una società è regolata
dalle norme sulla società semplice quando le parti non abbiano adottato una specifica forma societaria o
quando, pur avendolo fatto, l’attività economica della società si presenta come non commerciale. Il contratto
di società semplice non deve per forza nascere in una certa forma, può liberamente formarsi anche oralmente,
o addirittura tacitamente, in seguito al comportamento concludente delle parti. Proprio in quest’ultimo caso si
parla di società di fatto. Da questa va tenuta distinta la società occulta, in cui il contratto è di solito stipulato
per iscritto ma viene tenuto segreto. Ancora diversa è la società apparente, che ricorre quando più persone,
non vincolate fra loro da alcun contratto di società, si comportano in modo tale da ingenerare nei terzi l’idea
che siano soci, per indurli a fare affidamento sull’esistenza della società.

I conferimenti

Nelle società di persone “si presume che i soci siano tenuti a conferire in parti uguali quanto è necessario per
il conseguimento dell’oggetto sociale”. Bisogna capire se ci si riferisce a quanto appare necessario nel
momento del contratto, oppure se i soci siano tenuti a effettuare, ogni qualvolta se ne ravvisi la necessità, gli
esborsi necessari per la gestione della società. E’ da preferire quest’ultimo orientamento. Può accadere infatti
che non sia necessario alcun iniziale conferimento di beni all’avvio della società, tuttavia nel contratto i soci
conferiscono la propria responsabilità illimitata. Un conferimento di beni può essere poi in proprietà o in
godimento. Nel primo caso la società acquista sul bene conferito un vero e proprio diritto di proprietà, nel
secondo caso proprietario resta il socio mentre la società acquista un mero diritto di godimento, regolato dalle
norme sulla locazione. Ovviamente conferire in godimento rappresenta un rischio minimo per il socio, poiché
alla peggio avrà perso la rendita del bene per la durata della società, ma nulla di più. Per distinguere fra queste
due modalità, il conferimento dovrà ritenersi in proprietà solo se per il conseguimento dell’oggetto sociale
appaia necessario che quel bene sia parte del patrimonio sociale. Può accadere che alcuni soci effettuino un
conferimento in capitale mentre altri in opera lavorativa. In epoca pre-capitalistica i beni conferiti diventavano
a tutti gli effetti patrimonio comune, perciò allo scioglimento della società il socio d’opera entrava ingiustamente
in possesso di una parte di beni conferiti dal socio i capitale. Oggi si precisa che il socio capitalista ha diritto
all’integrale rimborso del suo conferimento, mentre solo gli eventuali utili sono divisi anche col socio d’opera.

Modificazioni del contratto sociale

A norma dell’art. 2252: “il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non
è convenuto diversamente”. Il requisito richiesto è dunque l’unanimità, tuttavia l’articolo precisa, come si vede,
che è possibile disporre diversamente, e in particolare si potrà convenire che il contratto possa essere
modificato a maggioranza (al contrario, nelle società di capitali il contratto è sempre modificabile a
maggioranza).

Uso personale dei beni sociali

“Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale per
fini estranei a quelli della società” (art. 2256). La norma stupisce più che altro perché in ultima analisi ammette
un uso personale dei beni sociali, pur con il consenso degli altri soci. Ciò si giustifica considerando la struttura
proto-capitalistica delle società di persone, in rapporto alle società di capitali sarebbe una norma inconcepibile.

Invalidità del contratto sociale

Il contratto di società è nullo o annullabile negli stessi casi in cui lo è un normale contratto, più problematico è
individuare le conseguenze che ne derivano. Per quanto riguarda le società di capitali si ritiene pacificamente
che le cause di nullità del contratto siano altrettante cause di scioglimento della società. Per le società di
persone invece è più sensato dare adito alla tesi opposta: il contratto di società nullo non produce particolari
effetti, tranne di mettere in capo a ognuno dei soci il diritto di ritirare i suoi conferimenti. L’opinione tradizionale
poi era nel senso di vietare l’azione di simulazione nel contratto di società. Recentemente tuttavia si è deciso
che la simulazione di una società è ammissibile, e le esigenze di protezione dei terzi sono soddisfatte
semplicemente dai comuni principi validi per ogni contratto. Discorso a parte merita il caso in cui la nullità non
colpisca l’intero contratto, bensì il vincolo relativo ad uno solo dei soci. La nullità che colpisce il vincolo di una
sola parte non importa nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa debba considerarsi essenziale.

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L’amministrazione della società

L’esecuzione del contratto sociale si concreta nell’attività di amministrazione, diretta a realizzare l’interesse
per il quale il contratto sociale è stato concluso. Nelle società di persone, in cui ogni socio è (in quanto tale)
anche amministratore, il potere di amministrazione spetta disgiuntamente a ciascun socio, il che significa che
egli può intraprendere qualsiasi operazione rientri nell’oggetto della società senza bisogno dell’approvazione
degli altri soci. Ad essi è tuttavia possibile opporsi, arrestando così l’iniziativa del singolo e sottoponendola al
giudizio di tutto il gruppo, che a maggioranza deciderà sull’opposizione. Ovviamente se esiste un socio le cui
quote siano maggioritarie egli potrà, con la sua opposizione, impedire agli altri soci il compimento di
determinate azioni sociali, e viceversa non avrà da temere l’opposizione di nessuno contro sue iniziative.
Questo sistema di amministrazione disgiuntiva può essere derogato, si può infatti pattuire una forma di
amministrazione congiuntiva: in questo caso i singoli soci non possono compiere da soli nessun atto, salvo
che vi sia urgenza di evitare un danno alla società, e le decisioni sulle operazioni sociali sono prese
all’unanimità (ma si può anche decidere che sia sufficiente il consenso della maggioranza). In deroga al
principio secondo cui tutti i soci sono anche amministratori, l’atto costitutivo può riservare il potere di
amministrazione soltanto a uno o più soci determinati. In questo caso ci si domanda quale rapporto intercorra
fra i soci amministratori e gli altri: Alcuni concepiscono questo rapporto come un mandato, ma in realtà il socio
amministratore non può essere considerato un mandatario poiché quest’ultimo agisce secondo le istruzioni
del mandante, mentre gli amministratori esercitano con piena autonomia le loro funzioni. I soci hanno il potere
di nominarli e revocarli e hanno un certo controllo sul loro operato, ma non possono impartire loro istruzioni su
atti di gestione. Essi intervengono in modo attivo solo quando, in regime di amministrazione disgiuntiva, un
socio-amministratore si sia opposto all’iniziativa di un altro socio-amministratore sottoponendo così la
questione al giudizio di tutto il gruppo. Ci si chiede poi se sia possibile attribuire compiti di amministrazione
anche a non soci. Per chi considera l’amministratore come un mandatario questa via è senz’altro praticabile,
ma in realtà così facendo si trasferirebbe il potere di direzione d’impresa e la stessa qualifica di “capo
d’impresa” ad un estraneo. E il legislatore in effetti ha ritenuto “non opportuno affidare l’amministrazione a chi
non ha responsabilità personale” considerando che di solito “chi più ha da perdere compie un’amministrazione
più attenta e oculata”; il potere economico infatti deve trovare necessario contrappeso nel rischio economico.
Il non socio al quale sia affidata la gestione dell’impresa sociale, anche se qualificato dalle parti stesse come
amministratore, non sarà tale in senso tecnico: altro non sarà se non un mandatario, privo comunque del
potere di direzione dell’impresa. Per quanto riguarda la nomina e revoca degli amministratori si ritiene che la
regola sia quella dell’unanimità dei consensi, salvo che per contratto non si sia adottato il principio di
maggioranza. Si distingue il caso in cui la facoltà di amministrare sia stata conferita nel contratto sociale da
quello in cui il conferimento sia avvenuto con atto separato. In questo caso sia per la nomina che per la revoca
degli amministratori è necessario il consenso unanime dei soci (nel caso della revoca si esclude, ovviamente,
il consenso del socio-amministratore interessato). Per revocare amministratori nominati per contratto è
necessario ugualmente il consenso unanime dei soci, ma lo si può fare solo in presenza di una giusta causa.
E’ giusta causa ogni evento, anche non imputabile all’amministratore, che renda impossibile l’assolvimento
dei compiti d’amministrazione; la revoca per giusta causa può anche essere chiesta giudizialmente da ciascun
socio: se non tutti i soci sono d’accordo nel riconoscere la giusta causa e deliberare la revoca, ciascuno di
essi può chiedere che lo faccia il giudice.

Il Rendiconto

Pensando alla loro responsabilità illimitata si capisce perché ai soci non amministratori spettano ampi poteri
di controllo sull’operato dell’amministrazione. In particolare essi hanno il diritto di “avere dagli amministratori
notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all’amministrazione e di ottenere
un rendiconto al termine di ogni anno”. Col termine “rendiconto” si vuole in realtà alludere a un vero e proprio
bilancio, che offra un quadro completo della situazione patrimoniale della società. Anzi, per essere più precisi
si tratterà di un progetto di bilancio, da sottoporsi all’approvazione dei soci. Si capisce che l’approvazione
dovrà avvenire all’unanimità; a maggioranza infatti un amministratore che fosse in possesso della maggioranza
delle quote frustrerebbe il diritto dei soci non amministratori all’approvazione del rendiconto.

Formazione delle deliberazioni

Nelle società di persone non è previsto il metodo assembleare per la formazione delle decisioni. Anzi, è perfino
possibile non mettere al corrente tutti i soci, essendo sufficiente ottenere il consenso di quanti bastano a
formare la maggioranza. Anche se la legge prevede come “default” un sistema di amministrazione disgiuntiva,
si può prevedere con una clausola l’adozione del metodo assembleare, per tutte o solo per determinate

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deliberazioni. Molti autori sono dell’avviso che la discussione dei problemi all’interno di un’assemblea offra
notevoli vantaggi, conducendo a deliberazioni più sagge e consentendo di tutelare anche i diritti delle
minoranze.

La responsabilità degli amministratori

Si è detto del potere di controllo che i soci non amministratori hanno sull’operato dell’amministrazione. Questo
potere prevede, oltre alla revoca dall’incarico, una vera e propria azione di responsabilità nei confronti degli
amministratori, attuabile se ricorre un inadempimento degli obblighi imposti loro dalla legge o dal contratto,
collegato ad un danno subito dalla società in conseguenza di quel inadempimento. La responsabilità investe
solidalmente tutti gli amministratori, poiché ciascuno di essi ha il dovere di vigilare sull’operato degli altri,
tuttavia se il singolo amministratore dimostra che il fatto si è verificato nonostante egli avesse diligentemente
vigilato, e dimostra quindi di essere “esente da colpa”, egli è liberato da ogni responsabilità.

La ripartizione di guadagni e perdite

Nelle società di persone ciascun socio ha un vero e proprio diritto alla divisione degli utili, all’opposto nelle
società di capitali è l’assemblea che decide se e in che misura distribuirli. Nelle società di persone è concesso
non distribuire gli utili (conservandoli ad esempio per necessità di autofinanziamento) solo col consenso di tutti
i soci, oppure della maggioranza se previsto da una clausola del contratto. La ripartizione dei guadagni e delle
perdite si presume proporzionale ai conferimenti, tuttavia le parti sono libere di stabilire diversamente,
incontrando il solo limite del divieto di patto leonino: “E’ nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi
da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”. Si discute se la nullità del patto leonino debba estendersi
all’intero contratto di società; è preferibile però negare questa ipotesi e procedere semplicemente
all’automatica sostituzione del patto nullo coi criteri fissati dalla legge. La parte spettante al socio d’opera è
determinata dal giudice secondo equità. Il divieto di patto leonino vale anche in questo caso, il giudice non
potrà quindi escludere del tutto la partecipazione del socio.

La rappresentanza della società

La società “acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci che hanno la rappresentanza”. Essa si
definisce come il potere di agire in nome e per conto della società e non richiede alcun espresso conferimento,
spettando a ciascun socio amministratore. Essa vale anche a livello processuale: la società “sta in giudizio”
nella persona di coloro che ne hanno la rappresentanza (cioè tutti i soci amministratori). Se il contratto ha
instaurato un sistema di amministrazione congiuntivo, anche la rappresentanza deve essere esercitata con le
stesse modalità, cioè con la partecipazione di tutti i soci. Il contratto sociale può dissociare il potere di
rappresentanza da quello di amministrazione, assegnando il primo solo ad uno, o ad alcuni, dei soci
amministratori; può inoltre stabilire che, pur in regime di amministrazione disgiuntiva, il potere di
rappresentanza debba essere esercitato congiuntamente. Le “diverse disposizioni” in materia di
rappresentanza presenti nel contratto non vanno obbligatoriamente portate a conoscenza dei terzi con mezzi
particolari, viceversa le successive modificazioni o estinzioni di poteri di rappresentanza vanno rese note con
mezzi idonei. Possono agire come rappresentanti anche soggetti esterni alla società, come mandatari ad hoc
per singoli affari o dipendenti muniti del potere di rappresentanza. Se normalmente il potere di rappresentanza
si estende a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, in questo caso esisteranno delle limitazioni in virtù
del fatto che ai soggetti esterni non spetta il potere di direzione d’impresa, proprio dei soci amministratori.

Le obbligazioni sociali

Come sappiamo nelle società di persone i creditori possono rifarsi sul patrimonio sociale ma anche
illimitatamente e solidalmente su tutti i soci. Quella dei soci è una responsabilità diretta: il creditore può agire
direttamente nei loro confronti senza doversi prima rivolgere alla società e senza dover dimostrare
l’insufficienza del patrimonio sociale. Il socio può tuttavia chiedere la preventiva escussione del patrimonio
sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi, cioè beni di pronta e facile
convertibilità in denaro. La responsabilità illimitata e solidale incombe su tutti coloro che sono soci al momento
della richiesta del pagamento (anche se non lo erano ancora quando l’obbligazione sorse), o che erano soci
al momento del sorgere dell’obbligazione (anche se non lo sono più quando viene richiesto il pagamento).
Sono obbligazioni sociali ovviamente quelle sorte da contratto, ma anche quelle originate da fatto illecito o da
qualsiasi altro atto o fatto idoneo a produrle. E’ ammesso il patto sociale di limitazione della responsabilità o
di esclusione dalla solidarietà, ma questo patto deve essere messo a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
In ogni caso il patto non vale per i soci che hanno agito in nome e per conto della società.

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Il creditore particolare del socio

Il creditore particolare del socio non può agire sul patrimonio sociale, può però:

- Far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al suo debitore.

- Compiere atti conservativi (fra cui il sequestro conservativo) sulla quota spettante al suo debitore.

- Chiedere la liquidazione della sua quota, se i beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti (non se
siano semplicemente beni inidonei ad una “agevole soddisfazione”, devono proprio essere insufficienti).

Secondo l’art. 2271 non è permesso compensare un debito che un terzo ha verso la società con un credito
che egli vanti nei confronti di un socio. Se così fosse si produrrebbe l’effetto di far pagare alla società il debito
del socio. L’ipotesi inversa, cioè che un debito del terzo nei confronti del socio possa essere compensato da
un credito che egli vanti verso la società, è ammissibile quando si tratti di un socio a responsabilità illimitata.

Lo scioglimento del rapporto sociale di un solo socio

Morte del socio:

“In caso di morte di uno dei soci gli altri devono liquidare la sua quota agli eredi”, cioè versare loro una somma
corrispondente al valore della quota. I soci superstiti possono decidere in alternativa di sciogliere la società
oppure di continuarla con gli eredi se questi acconsentono. (art. 2284) E’ fatta salva la contraria disposizione
del contratto sociale, nel quale si possono inserire specifiche clausole di continuazione della società con gli
eredi:

1. Clausola di continuazione facoltativa: Gli eredi conservano la facoltà, se i soci superstiti desiderano
continuare la società con loro, di decidere se aderire o no al contratto sociale.
2. Clausola di continuazione obbligatoria: Il contratto sociale impone ai soci e anche agli eredi l’obbligo di
continuare la società.
3. Clausola di successione: Simile alla precedente, in questo caso addirittura l’accettazione dell’eredità
comporta l’immediata assunzione della qualità di socio.
Recesso:
Il socio può recedere dalla società solo quando questa sia contratta a tempo indeterminato. Se la società è
contratta a tempo determinato il socio potrà recedere solo per giusta causa o quando ricorra un caso previsto
dal contratto sociale come causa di recesso (tutto questo a tutela della libertà di iniziativa economica e in
deroga al principio generale secondo cui un contratto non può essere sciolto se non per mutuo consenso). Il
recesso per giusta causa si esercita tramite domanda giudiziale: la sussistenza di una giusta causa dovrà
essere accertata dal giudice. Il recesso da una società a tempo indeterminato è invece subordinato al solo
onere del preavviso di almeno 3 mesi. Qualora si vogliano accorciare i tempi si può sempre addurre una giusta
causa e procedere al recesso per via giudiziale, anche nel caso di società a tempo indeterminato.

Esclusione:

L’estromissione di un socio per volontà degli altri e subordinata alla ricorrenza di determinate cause:

1. Gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale. Qui viene in considerazione
anche l’obbligo di collaborazione spettante ai soci. Non è infatti sufficiente che essi conferiscano i beni, devono anche
agire con spirito di collaborazione per consentire l’esercizio dell’attività sociale, quantomeno evitando comportamenti
che la ostacolino, pregiudicando gli scopi della società.

2. L’interdizione o inabilitazione del socio.

3. La sopravvenuta inidoneità del socio a svolgere l’opera conferita, o il perimento della cosa conferita in godimento,
o conferita in proprietà ma non ancora acquistata dalla società. L’esclusione è deliberata dalla maggioranza (calcolata
escludendo il socio interessato), basandosi però sui capi e non sulle quote. La deliberazione produce effetto decorsi 30
giorni dal momento in cui viene comunicata all’interessato. Egli può, entro i 30 giorni, opporsi davanti al tribunale, che
può sospendere l’esecuzione. Si parla di esclusione di diritto in caso di dichiarazione di fallimento del socio e in caso di
liquidazione della quota del socio al suo creditore

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particolare (vedi pagina precedente). In questi casi lo scioglimento del rapporto sociale si determina in modo
automatico senza necessità di una deliberazione degli altri soci.

Liquidazione della quota:

In tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi (o i suoi eredi in caso di morte)
hanno diritto “ad una somma di denaro che rappresenti il valore della loro quota” determinata in base alla
“situazione patrimoniale della società al giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto”. Il socio uscente
non ha perciò diritto alla restituzione materiale dei beni conferiti. La quota dev’essere liquidata entro 6 mesi
dal giorno dello scioglimento.

SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’

Il verificarsi di una causa di scioglimento non determina semplicemente la cessazione del rapporto
contrattuale; dà luogo invece ad un’ulteriore fase di esecuzione del contratto, diretta alla liquidazione del
patrimonio sociale, solo al termine della quale la società potrà dirsi estinta. Sono cause di scioglimento:

1. Il decorso del termine, sempre che i soci non abbiano deliberato una proroga. Questa può essere espressa oppure
tacita, risultante cioè dal comportamento concludente dei soci. Quest’ultima è per sua natura indeterminata, nella
proroga espressa invece può essere indicato un nuovo termine di durata della società.

2. Il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo.

3. La volontà di tutti i soci: sarà sufficiente la volontà della maggioranza quando il contratto sociale abbia introdotto il
principio maggioritario per le sue modificazioni.

4. Il venire a mancare della pluralità dei soci, se entro 6 mesi questa non è ricostituita: Se entro questo termine il socio
superstite trova un nuovo socio, la causa di scioglimento non opera. Ci si chiede: Il penultimo socio (o i suoi eredi in
caso di morte), uscendo dalla società, avrà diritto alla semplice liquidazione della sua quota o potrà invocare lo
scioglimento della società chiedendo di partecipare alla ripartizione dell’attivo sociale? Questa seconda soluzione è più
vantaggiosa per il socio perché gli consente di riacquistare fisicamente la sua parte di patrimonio sociale, e non
semplicemente una somma di denaro che ne rappresenti il valore.

5. Altre cause previste dal contatto sociale: ad esempio la clausola secondo la quale la società si scioglie per morte del
singolo socio.

La liquidazione:

Quando si verifica una causa di scioglimento il vincolo contrattuale fra i soci non si estingue immediatamente;
esso permane ma avrà come oggetto, anziché l’esercizio dell’attività economica, la liquidazione del patrimonio
sociale (che rimane in questa fase ancora autonomo rispetto a quello dei soci). Gli amministratori conservano
il potere di amministrare fino a che non sia avviato il processo di liquidazione, ma limitatamente agli affari
urgenti e solo in vista della conservazione del patrimonio sociale. Se il contratto non indica modalità
determinate di liquidazione si applica il procedimento previsto dal Codice Civile, il quale prevede che i soci
nominino all’unanimità (se non sono d’accordo provvederà il giudice) dei liquidatori, che possono essere soci
o anche gli stessi amministratori. Essi dovranno redigere l’inventario della società, dal quale risulti il quadro
completo delle attività e passività del patrimonio sociale. I liquidatori prendono in pratica il posto degli
amministratori, i loro poteri sono ovviamente limitati agli atti necessari per la liquidazione ed essi rispondono
nei confronti della società: i soci possono revocarli all’unanimità e ciascun socio può chiederne la revoca per
una giusta causa. Gli amministratori decadono anche da ogni potere di rappresentanza; essa, anche in
giudizio, spetterà ancora una volta ai liquidatori. Quando tutti i creditori sociali saranno soddisfatti la società
potrà finalmente dirsi estinta. In quel momento verrà meno l’autonomia del patrimonio sociale e i soci potranno
ripartire i beni rimanenti secondo le norme sulle divisione delle cose comuni. Potranno altresì decidere di
restare comproprietari dei beni superstiti.

LA SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO

Per aversi società in nome collettivo è sufficiente che siano presenti i requisiti di base del contratto di società
richiesti dall’art. 2247, con l’ulteriore elemento dato dallo svolgimento di un’attività economica di natura
commerciale. Anche in questo tipo di società i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le
obbligazioni sociali, ma con una differenza rispetto alla società semplice: il patto di limitazione della
responsabilità o di esclusione dalla solidarietà non ha, in questo caso, effetti nei confronti dei terzi, pur essendo

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valido nei rapporti interni fra i soci. Il socio che goda di questo beneficio potrà essere chiamato dai creditori
sociali a rispondere delle obbligazioni illimitatamente col proprio patrimonio, ma avrà poi azione di regresso
per l’intero nei confronti degli altri soci. La società in nome collettivo, essendo una società commerciale,
sottostà all’obbligo di pubblicità legale tramite iscrizione nel registro delle imprese; il mancato adempimento di
quest’obbligo non influisce sulla validità del contratto sociale e sull’esistenza della società, si parlerà in questo
caso di società in nome collettivo “irregolare”.

SOCIETA’ IRREGOLARE

Società regolare e irregolare sono sottoposte a una medesima disciplina per ciò che attiene ai rapporti interni,
ma a una disciplina differenziata per quanto riguarda i rapporti fra la società e i terzi. Nella società irregolare
questo campo è regolato dalle norme relative alla società semplice, fatta eccezione per:

- La norma che ammette il patto di limitazione della responsabilità o di esclusione della solidarietà con effetti verso
terzi (vedi sopra).

- La disposizione secondo cui i patti di limitazione della rappresentanza sono opponibili a terzi anche se questi non ne
erano a conoscenza. Nella società in nome collettivo le limitazioni della rappresentanza sono inopponibili ai terzi in
buona fede. Sono opponibili solo ai terzi che ne erano a conoscenza. Le società in nome collettivo irregolari sono molto
diffuse. Il contratto di società irregolare può essere, e spesso è, stipulato per iscritto, solo che non viene depositato
presso l’ufficio del registro delle imprese.

SOCIETA’ REGOLARE

La opposta condizione di società in nome collettivo regolare offre un triplice ordine di vantaggi:

1. E’ esclusa la possibilità, per il creditore particolare del socio, di chiedere la liquidazione della sua quota. C’è quindi,
rispetto alla società semplice (e a quella irregolare) una più intensa autonomia patrimoniale.

2. La responsabilità illimitata e solidale dei soci non è diretta, ma sussidiaria. I creditori della società non possono
pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale. Nella società semplice (e
irregolare) il socio aveva una responsabilità diretta e poteva salvaguardare il suo patrimonio personale solo 36
indicando i beni del patrimonio sociale sui quali il creditore avrebbe potuto agevolmente soddisfarsi. In questo caso
invece è il creditore che deve dimostrare l’insufficienza del patrimonio sociale (inversione dell’onere della prova) per
potersi rifare sul singolo socio.

3. Si è detto che nella società in nome collettivo le limitazioni della rappresentanza sono opponibili solo ai terzi che ne
erano a conoscenza, e non ai terzi in buona fede. Ma mentre sulla società irregolare incombe l’onere di portare queste
limitazioni a conoscenza dei terzi, per le società regolari l’iscrizione nel registro delle imprese basta a provare che le
limitazioni erano conoscibili dai terzi.

L’ atto costitutivo:

L’atto costitutivo di società regolare dev’essere redatto in forma di scrittura privata autenticata o di atto
pubblico. Questo requisito è necessario per l’iscrizione al registro delle imprese, è quindi indispensabile per le
società che aspirano ad essere regolari. L’atto costitutivo deve contenere:

1. Le generalità dei soci

2. La ragione sociale, che è il nome della società e consta di almeno due elementi: il nome di almeno un socio la
qualifica di società in nome collettivo, anche espressa dalla dicitura “e C.”; la società può conservare nella ragione
sociale il nome di un socio defunto o receduto,nel caso in cui questo nome funga da collettore di clientela. La società
ha diritto all’uso esclusivo della propria ragione sociale, e può impedire che altri adottino successivamente una ragione
sociale uguale o simile che possa generare confusione.

3. I soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza, nel caso siano riservate a uno o più soci soltanto.

4. La sede della società ed eventuali sedi secondarie. La determinazione della sede è importante per stabilire in quale
ufficio territoriale provvedere all’iscrizione al registro delle imprese e ai fini della determinazione del foro competente.
Per sede della società deve intendersi quella in cui si svolge l’amministrazione. Eventuali sedi secondarie sono quelle
filiali o succursali in cui esista una rappresentanza stabile della società.

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L’istituzione di una sede secondaria comporta la conseguenza che un estratto dell’atto costitutivo deve essere
depositato anche presso l’ufficio del registro delle imprese del luogo in cui si trova la sede secondaria.

5. L’oggetto sociale, ossia il tipo di attività economica che le parti si propongono di esercitare.

6. I conferimenti di ciascun socio e il valore ad essi attribuito.

7. Le prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera, sempre che ve ne siano.

8. Le regole per la ripartizione degli utili e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite. 9. La durata della società

Da quest’ultimo punto della norma si desume che la fissazione di un termine di durata sia indispensabile per
la regolarità della società. D’altra parte l’art. 2307 contraddice questa deduzione prevedendo che la società
possa essere tacitamente prorogata a tempo indeterminato. I poteri dell’ufficio del registro delle imprese sono
limitati alla verifica della regolarità formale e della completezza dell’atto costitutivo.

Il capitale sociale:

Il capitale sociale è il valore in denaro dei conferimenti eseguiti, quale risulta dalla valutazione contenuta
nell’atto costitutivo. E’ una nozione diversa da quella di patrimonio sociale, il quale è formato dai beni e dai
rapporti giuridici attivi (come i crediti) facenti capo alla società. Inizialmente questa due entità coincidono ma
poi nel corso della società il capitale sociale rimane inalterato, mentre il patrimonio sociale varia di giorno in
giorno. Gli artt. 2303 e 2306 tendono ad assicurare che il patrimonio sociale sia sempre superiore al capitale
sociale, poiché di quest’ultimo i creditori hanno conoscenza attraverso il registro delle imprese. E’ vietata la
ripartizione di somme tra i soci se non per utili realmente conseguiti; per attuare una ripartizione a titolo di
rimborso dei conferimenti bisogna operare una riduzione del capitale sociale, tramite una modificazione
dell’atto costitutivo. La deliberazione di riduzione del capitale può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal
giorno dell’iscrizione al registro delle imprese. Se il patrimonio sociale scende al di sotto del capitale sociale
non si può procedere a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato. In alternativa si può operare
una riduzione del capitale sociale (modificando dunque l’atto costitutivo) corrispondente alla perdita.

IL DIVIETO DI CONCORRENZA DEL SOCIO

In applicazione del dovere di collaborazione, è posto al socio il divieto di esercitare un’attività che sia
concorrente con quella della società, per evitare che egli si avvalga delle conoscenze e notizie acquisite
all’interno della società per trarne un profitto personale come concorrente. Il divieto non è inderogabile: gli altri
soci possono consentirgli di esercitare l’attività concorrente. La violazione del divieto comporta un duplice
conseguenza: Il socio può essere condannato a risarcire il danno, e può inoltre essere escluso dalla società.
Inoltre è previsto che chi aliena l’azienda deve astenersi per un periodo di cinque anni dall’iniziare una nuova
impresa che per oggetto, ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. La
Cassazione si è ripetutamente pronunciata in senso contrario a questo assunto.

SCIOGLIMENTO ED ESTINZIONE DELLA SOCIETA’

Lo scioglimento della società in nome collettivo è regolato dalle norme sulla società semplice, integrate da
alcune disposizioni. Si aggiunge ad esempio fra le cause di scioglimento il “provvedimento dell’autorità
governativa nei casi stabiliti dalla legge” (liquidazione coatta amministrativa) e la dichiarazione di fallimento
della società. In caso di proroga della società il creditore particolare del socio (poiché nelle società regolari
non può chiedere la liquidazione della quota del socio suo debitore) può fare opposizione alla proroga della
società entro 3 mesi dalla deliberazione di proroga; il giudice accoglie la richiesta se la proroga della società
rechi effettivamente pregiudizio al creditore particolare.

Liquidazione:

La liquidazione della società in nome collettivo è regolata dalle norme sulla società semplice, integrate dalla
norma che prevede l’iscrizione nel registro delle imprese della nomina dei liquidatori. Conclusa la loro opera
essi devono redigere un rendiconto del loro operato e un piano di riparto, che si intendono approvati se non
sono impugnati entro due mesi dalla comunicazione. L’approvazione determina un duplice effetto: i liquidatori
devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese e allo stesso tempo sono liberati nei
confronti dei soci. In seguito alla cancellazione dal registro delle imprese i beni sociali non costituiranno più un
patrimonio autonomo, ma saranno oggetto di semplice comunione fra i soci, col risultato che i 38 creditori

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sociali verranno a trovarsi sullo stesso piano dei creditori particolari dei soci stessi. A livello giurisprudenziale
si è affermato l’orientamento secondo cui ai creditori sociali è riconosciuto il diritto di agire nei confronti della
società (nella persona dei liquidatori) anche in questa fase, ai liquidatori spetta l’obbligo di ricostruire il
patrimonio sociale distribuito ai soci per permettere ai creditori sociali di soddisfarsi con precedenza rispetto
ai creditori particolari dei soci.

FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ E DEI SINGOLI SOCI

Nelle società di persone la qualifica di imprenditore (e quindi la possibilità di fallire) spetta sia alla società,
ossia al gruppo dei soci, sia a ciascuno di essi singolarmente preso. In particolare la sentenza che dichiara il
fallimento della società con soci a responsabilità illimitata produce automaticamente il fallimento dei singoli
soci. I creditori particolari dei soci potranno rivalersi sul patrimonio personale di ognuno di essi, i creditori della
società invece sia sul patrimonio sociale sia su quello personale dei soci illimitatamente responsabili.

Fallimento del socio cessato: “L’imprenditore che abbia cessato l’esercizio dell’impresa può essere
dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’attività.” (art. 10 legge fall.) Questa norma è senz’altro
applicabile anche alle società, ponendo come momento di cessazione dell’attività quello in cui il bilancio finale
di liquidazione viene approvato. La stessa norma si può applicare inoltre al socio cessato, sicché egli potrà
essere dichiarato fallito entro un anno dalla sua cessazione.

SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE

Questo tipo di società si distingue per la presenza, accanto ad uno o più soci (accomandatari) aventi gli stessi
diritti ed obblighi dei soci in nome collettivo, di uno o più soci accomandanti, la posizione dei quali ha
determinate caratteristiche. Essi:

1. Non partecipano all’amministrazione della società

2. Godono del beneficio della responsabilità limitata

3. Quanto al conferimento, devono per forza essere soci di capitale I soci accomandanti rispondono per le obbligazioni
sociali limitatamente alla quota conferita. In caso di fallimento della società l’unica cosa che il giudice può ingiungere
loro è di eseguire i versamenti ancora dovuti, anche se il termine stabilito per il pagamento non fosse ancora scaduto.
Per ciò che riguarda le sopravvenienze passive i creditori sociali non soddisfatti dalla liquidazione della società
potranno far valere i loro crediti nei confronti dei soci accomandanti limitatamente alla loro quota.

LA RAGIONE SOCIALE DELLA S.A.S.

La ragione sociale dev’essere costituita dal nome di almeno un socio accomandatario, seguito dall’indicazione
di società in accomandita semplice. L’accomandante il quale acconsente che il suo nome compaia nella
ragione sociale, risponde di fronte ai terzi per le obbligazioni sociali, illimitatamente e solidalmente coi soci
accomandatari (il consenso a che il suo nome comparisse è desumibile anche dalla sua tolleranza).
Generalmente si ritiene che questa norma sia posta principalmente a tutela dell’affidamento dei terzi, in realtà
osserviamo che essa opera anche se i terzi sapevano di 39 avere a che fare con un socio accomandante, e
addirittura vale per le obbligazioni sorte da fatto illecito, per le quali il problema dell’affidamento del terzo non
si pone nemmeno. Ciò che la norma si propone dunque è di reprimere l’abuso con cui il socio assume una
posizione corrispondente a quella di un socio in nome collettivo, pur usufruendo del beneficio della
responsabilità limitata, datogli dal contratto nel momento in cui lo indica come socio accomandante. Allo stesso
scopo è prevista una norma che rende illimitatamente responsabile l’accomandante che compia anche un solo
atto di amministrazione. L’accomandante che decade dal beneficio della responsabilità limitata non si
trasforma per questo in accomandatario, formalmente rimane un accomandante. Tuttavia il principio di diritto
comune che svincola il giudice, nell’ interpretazione del contratto, dal nomen iuris deciso dalle parti, gli
consente di trattare come socio accomandatario un sedicente accomandante, o come società in nome
collettivo una apparente società in accomandita semplice.

ACCOMANDANTI ED AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETA’

In fatto di amministrazione tutto ciò che l’atto costitutivo può concedere ai soci accomandanti è la facoltà di
“dare autorizzazione e pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e sorveglianza”. Ove il
contratto permetta ai soci accomandanti una partecipazione all’amministrazione eccedente i limiti fissati, il

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nomen iuris di “accomandante” farà fede fino a un certo punto, dato il principio che svincola il giudice,
nell’interpretare il contratto, dalle indicazioni e denominazioni date dalle parti.

Ingerenza dell’accomandante:

Agli accomandanti è vietato di ingerirsi nell’amministrazione della società, pena la perdita del beneficio di
responsabilità limitata. Il divieto si pone innanzitutto a tutela dell’interesse dei soci a che l’impresa sia
amministrata da chi, esposto a un rischio illimitato, offra la garanzia di un’amministrazione responsabile. Gli
accomandanti possono agire in nome della società solo in forza di una procura speciale per singoli affari, non
gli può venir concessa una procura generale. Ciò si pone a tutela dei terzi, i quali potrebbero l’accomandante
dotato di procura generale per accomandatario, e fare affidamento sulla sua personale responsabilità. Le
limitazioni per i soci accomandanti tutelano infine l’interesse generale ad un responsabile esercizio dell’attività
economica: “se il freno di una corrispondente responsabilità non rendesse oculati coloro che si accingono al
commercio, si vedrebbero ogni giorno le più azzardate imprese porre a rischio l’intero sistema economico”. Il
divieto di ingerirsi nell’amministrazione si estende fino al limite delle modificazioni del vincolo contrattuale: Se
si va a toccare quello la posizione dei soci accomandanti cessa di essere discriminante, essi vengono in
considerazione come parti del rapporto contrattuale di società e partecipano alle deliberazioni su un piede di
parità. Come abbiamo visto l’accomandante che compia anche un solo atto di amministrazione decade dal
beneficio della responsabilità limitata, ma trova invariata la sua posizione contrattuale, che rimane quella di
socio accomandante. Se tuttavia la sua ingerenza nell’amministrazione dell’impresa si manifesti con carattere
e intensità tali da apparire come un vero e proprio dominio della società, allora si porrà anche un problema di
qualificazione del rapporto contrattuale, e il sedicente accomandante potrà essere qualificato dal giudice come
accomandatario.

L’accomandante può operare sotto la direzione degli amministratori, la sua qualità non è incompatibile con
quella di lavoratore subordinato. Egli può inoltre agire in forza di una procura speciale per singoli affari, nel
qual caso gli atti da lui compiuti impegnano la società, gli accomandatari e lo stesso accomandante (nel caso
abbia agito tramite una procura non speciale ma generale, perdendo così il beneficio della responsabilità
limitata). Se l’accomandante ha agito senza procura l’atto da lui compiuto sarà da considerarsi nullo e la
società non ne sarà vincolata, eventualmente ne risponderà l’accomandante a titolo di risarcimento del danno.
Con questa mossa però (come in tutti gli altri casi in cui egli “tratti” affari della società, anche senza che si
producano effetti vincolanti per quest’ultima) l’accomandante si è ingerito a tutti gli effetti nell’amministrazione,
assumendosi responsabilità illimitata per tutte le obbligazioni sociali.

Controllo degli accomandanti: Gli accomandanti non partecipano all’approvazione del bilancio, tuttavia
hanno diritto che questo gli sia comunicato annualmente e possono controllarne l’esattezza, esaminando libri
contabili e documenti della società. Essi possono impugnare il bilancio per falsità o violazione di norme di
legge o disposizioni contrattuali.

Nomina e revoca degli amministratori: Per la nomina e la revoca degli amministratori con atto separato è
necessario “il consenso di tutti gli accomandatari e l’approvazione di tanti accomandanti che rappresentino la
maggioranza del capitale da essi sottoscritto”. La regola poi secondo cui “la revoca per giusta causa può
essere chiesta giudizialmente da ciascun socio” include anche i soci accomandanti.

S.A.S. IRREGOLARE

La S.a.s. che non sia iscritta al registro delle imprese assume la condizione giuridica si Società in accomandita
semplice irregolare; è regolata dalle norme sulla Società in nome collettivo irregolare, con alcune modifiche
per ciò che attiene alla posizione dei soci accomandanti. In questo campo si richiamano le norme sulla S.a.s.
regolare, fra queste l’unica che si può ritenere invalida è quella che consente all’accomandante di agire in
forza di procura speciale per singoli affari conservando il beneficio della responsabilità limitata.

LA QUOTA DEL SOCIO ACCOMANDANTE

(TRASMISSIONE E CESSIONE)

La partecipazione del socio accomandante non viene in considerazione per le sue qualità personali o capacità
imprenditoriali, ma solo in ragione del capitale conferito. Ciò spiega perché il subentrare di una persona ad
un’altra nella posizione di socio accomandante non importi una modificazione del contratto sociale. La quota
del socio accomandante può essere ceduta con il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del
capitale. In caso di morte dell’accomandante invece la trasmissione della sua quota agli eredi è automatica,

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senza necessità di consenso né dei soci superstiti né degli eredi. Occorrerà invece una modificazione del
contratto, e quindi il consenso di tutti i soci, per permettere agli eredi del defunto di occupare ciascuno
un’autonoma posizione di socio accomandante; in caso contrario gli eredi succederanno nella quota come
gruppo unico. Il contratto può derogare a queste disposizioni, ad esempio rendendo intrasmissibile la quota
dell’accomandante o all’opposto rendendola cedibile anche mancando il consenso della maggioranza. Può
infine essere previsto un diritto di prelazione dei soci in caso di cessione della quota dell’accomandante.

SCIOGLIMENTO DELLA S.A.S.

Oltre che per le cause di scioglimento comuni alla società semplice e alla società in nome collettivo la S.a.s.
si scioglie “quando rimangono soltanto soci accomandanti o accomandatari, sempre che entro sei mesi non si
sia trovato un socio dell’altro tipo”. Se sono rimasti solo accomandatari la società può trasformarsi tacitamente
in società in nome collettivo. Se invece rimangono solo accomandanti essi nominano per il periodo di sei mesi
un amministratore provvisorio, che potrà essere uno dei soci accomandanti o un non socio, il quale compirà
solo atti di ordinaria amministrazione, senza assumere la qualità di accomandatario.

LE SOCIETA’ DI CAPITALI. LA S.P.A.

La società per azioni è la tipologia-prototipo di tutti i tipi societari rientranti nella categoria delle società di
capitali. Caratteristica principale della società per azioni è la limitazione della responsabilità dei soci alla
somma o al bene conferiti; un altro carattere consiste nella circostanza che “la partecipazione sociale è
rappresentata da azioni”. Formalmente il beneficio della responsabilità limitata ha carattere di eccezione (“le
limitazioni della responsabilità personale sono ammesse solo nei casi previsti dalla legge”), tuttavia nella realtà
il rapporto fra regola ed eccezione si presenta capovolto: nella maggioranza dei casi il creditore si trova di
fronte debitori che godono del beneficio della responsabilità limitata.

IL CAPITALE MINIMO

Un correttivo della responsabilità limitata, che si pone a garanzia dei creditori, è il capitale sociale minimo
stabilito per legge. Oggi il capitale minimo di una società per azioni è fissato in 120 mila euro, quello della
società a responsabilità limitata è di 10.000 euro. Se si verifica una riduzione del capitale sociale che lo porti
al di sotto di questi limiti, la società è destinata allo scioglimento. Negli ultimi decenni è emersa una tendenza
alla riduzione dei minimi di capitale necessari, che tende a favorire le piccole-medie iniziative economiche e
ad assecondare la propensione dei grandi capitali a frazionare la propria attività in una pluralità di società per
azioni, tante quanti sono i rami o settori dell’impresa, ciascuna delle quali non può avere un elevato capitale.
Così facendo si opera un’efficace diversificazione del rischio: le diverse società, giuridicamente distinte,
risponderanno solo per quello che è il loro patrimonio, cosicché il dissesto di una di esse lascerà indenne le
altre.

LA TRASLAZIONE DEL RISCHIO D’IMPRESA

La responsabilità limitata produce una traslazione del rischio d’impresa, che è corso dai soci solo nel limite del
loro conferimento. Oltre questo limite il rischio si trasferisce sui creditori, i cui crediti possono restare
insoddisfatti. Questo effetto si verifica soprattutto a danno dei creditori economicamente più deboli (come i
piccoli fornitori, i dipendenti ecc.), mentre quelli più forti sono in condizione di esigere forme supplementari di
garanzia, come fideiussioni da parte dei soci o ipoteche sui loro beni.

Società con capitale irrisorio: Fenomeno tipico è quello di alcune società che si costituiscono con un capitale
talmente esiguo da apparire sproporzionato rispetto al tipo di attività oggetto della società. Essa viene
finanziata sistematicamente col prestito dei soci, che le erogano fondi ad ogni necessità. Allo 42 stesso tempo
i soci si rendono garanti dei debiti della società nei confronti dei grandi creditori come banche o imprese.
Questo meccanismo pone in svantaggio i creditori più deboli, che non beneficiano delle ulteriori garanzie
offerte personalmente dai soci ai grossi creditori, e devono così accontentarsi per soddisfare i propri crediti
dell’esiguo patrimonio societario. Nei confronti dei creditori forti i soci vengono a trovarsi in posizione
equivalente a quella di un socio a responsabilità illimitata.

La stessa cosa accade nell’ambito di gruppi di società: la capogruppo presterà denaro alle società controllate
e fungerà da garante per le obbligazioni assunte da queste, ma solo nei confronti dei grandi creditori.

CAPITALE E PATRIMONIO

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Abbiamo già visto la differenza fra patrimonio e capitale sociale (il primo varia nel corso della vita della società,
il secondo è il valore monetario dei conferimenti e si può cambiare solo modificando l’atto costitutivo). Per
costituire validamente una società per azioni occorre che sia stato sottoscritto per intero il capitale sociale,
tuttavia è sufficiente che sia stato versato il 25% dei conferimenti in denaro. Una volta che la società sia stata
costituita gli amministratori effettuano il cosiddetto “richiamo” dei contesimi mancanti, ingiungendo ai soci di
eseguire la restante parte del conferimento. Se il socio non adempie gli amministratori effettueranno la c.d.
“vendita in danno”, liquidando le sue azioni. Se non si trova un acquirente il socio sarà dichiarato decaduto e
si procederà a ridurre il capitale sociale per una quota corrispondente alle sue azioni. In linea di principio il
valore del patrimonio sociale non potrà scendere al di sotto di quello del capitale sociale. La legge prevede
che il primo possa scendere anche al di sotto del secondo, ma per non più di un terzo di quest’ultimo. Il capitale
sociale è dunque la principale garanzia che rassicura i creditori, poiché essi sanno che il patrimonio effettivo
della società sarà, nella peggiore delle ipotesi, corrispondente ai 2/3 del valore di quello.

LE AZIONI

L’azione rappresenta una frazione del capitale sociale, ma è un bene mobile a sé stante che può formare
oggetto di diritti e del quale si può disporre come di un qualsiasi altro bene mobile (la si può vendere,
permutare, donare e quant’altro..). Essa può avere un proprio valore nominale (un euro, dieci euro ecc.),
oppure può non averlo, nel qual caso il suo valore è pari al capitale sociale diviso per il numero delle azioni
circolanti. Il valore dell’azione può variare nel corso della vita della società, in base alle fluttuazioni del
patrimonio sociale, cioè in base all’andamento della società. L’azione “incorpora” la quota di partecipazione
del socio; essa è un titolo di credito, in particolare rientra fra i titoli di credito causali, cioè che fanno menzione
del rapporto causale che ha dato luogo all’emissione del titolo. Per effetto del fenomeno di incorporazione i
diritti derivanti dal contratto di società si presentano come diritti inerenti all’azione: è questa che “attribuisce il
diritto a una parte proporzionale degli utili”, ed è sempre l’azione che “attribuisce il diritto di voto”. Allo stesso
modo anche le obbligazioni derivanti dal contratto si presentano come connesse alle azioni: si parla ad
esempio di “azioni liberate” o “non liberate”, con riferimento alla circostanza che il socio abbia eseguito o non
abbia ancora eseguito il conferimento.

Circolazione: La proprietà dell’azione, e quindi anche la qualità di socio, si acquista secondo i modi di acquisto
dei beni mobili; le quote di partecipazione alla società circolano così secondo la più rapida e sicura legge di
circolazione che l’ordinamento conosca, quella dei beni mobili.

PATRIMONI PER AFFARI SPECIFICI

L’aspirazione alla responsabilità limitata può spingersi fino al punto di desiderare che la responsabilità sia
limitata, per ogni affare intrapreso, allo specifico patrimonio ad esso destinato. Può accadere che una società
si proponga di perseguire la realizzazione di una specifico obiettivo, a cui destinare apposite risorse; può
trattarsi:

1. Di un obiettivo il cui perseguimento espone a rischi elevati.

2. Di un obiettivo perseguibile a costi particolarmente elevati, per cui si debba far ricorso a terzi finanziatori, e offrire
loro adeguate garanzie.

Sub 1. Normalmente in questi casi si procedeva alla costituzione di un’apposita società controllata,
naturalmente con un suo patrimonio autonomo da destinarsi al perseguimento dell’obiettivo in questione. La
riforma del 2003 ha previsto la possibilità di separare, all’interno del proprio patrimonio (e quindi senza bisogno
di creare ulteriori società), uno o più patrimoni particolari “destinati in via esclusiva a specifici affari”, di entità
massima pari al dieci per cento del proprio patrimonio netto. Si realizzano in questo modo effetti equivalenti a
quelli conseguibili con la costituzione di una nuova società, poiché:

- Delle obbligazioni contratte per la realizzazione dello specifico affare risponde solo il patrimonio ad esso destinato,
purché il vincolo di destinazione sia conosciuto ai terzi creditori.

- Viceversa, per rispondere alle obbligazioni sociali non potrà essere intaccato il patrimonio destinato allo specifico
affare. La responsabilità della società è comunque illimitata nei confronti dei creditori involontari le cui ragioni di
credito derivino da fatto illecito della società, anche se compiuto nel perseguimento dell’affare specifico.

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Sub 2. Può essere previsto un accordo fra la società ed un finanziatore, per cui i proventi di un certo affare
siano in tutto o in parte destinati al rimborso del finanziamento. In questo caso il patrimonio separato è formato
dai proventi dell’affare. Ne deriva che:

- I creditori della società, diversi dal finanziatore in parola, non avranno azione sui proventi dell’affare.

- La garanzia del finanziatore è costituita esclusivamente da quei proventi, con esclusione di ogni potere d’azione sul
residuo patrimonio della società.

I CONSORZI

I consorzi sono le uniche entità che, pur costituite in forma societaria, possono esimersi dai requisiti dell’art.
2247, e in particolare da quello che richiede come scopo il profitto e la divisione degli utili. I soci di un consorzio
istituiscono una organizzazione comune per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese, essi
sono al contempo produttori del servizio (collettivamente) e utenti dello stesso (individualmente). Nello statuto
viene indicato l’oggetto consortile, ossia la specie di attività economica che la società svolge a favore dei soci;
può inoltre essere prevista l’esclusione di ogni divisione di utili fra i soci. Appositi regolamenti disciplineranno
le condizioni, i limiti e le modalità di fruizione del servizio prodotto da parte dei singoli soci.

LA FUNZIONE IMPRENDITORIALE NELLE S.P.A.

Come sappiamo nelle società per azioni il socio non è, in quanto tale, amministratore; la qualità di socio gli
conferisce soltanto il potere di concorrere, con il proprio voto, alla nomina degli amministratori. La prerogativa
di “capo d’impresa” non spetta, come nelle società di persone, a ciascun socio, né spetta a tutti i soci per
intero: essa è invece ripartita fra assemblea dei soci e consiglio di amministrazione che la esercitano, ciascuno,
nei limiti della propria competenza. L’assemblea dei soci delibera a maggioranza, beninteso che si tratta di
una maggioranza di capitale: formano maggioranza i soci che detengono una maggior frazione di capitale,
cioè a dire un maggior numero di azioni. Per le deliberazioni ordinarie è sufficiente che voti a favore la
maggioranza del capitale presente in assemblea, questa regola è giustificata da esigenze di funzionalità: si
vuole evitare che l’assenteismo dei soci – frequente e comprensibile in società dal capitale polverizzato in
decine di migliaia di azioni – impedisca il funzionamento dell’assemblea; allo stesso tempo però questa regola
fa sì che anche una frazione esigua di capitale possa trasformarsi, in assemblee semideserte, in una stabile
maggioranza, sufficiente a garantire l’effettivo controllo dell’impresa.

Il capitale di comando: Si pone anche una distinzione di tipo qualitativo e terminologico fra azionisti di
maggioranza e di minoranza: Per quanto riguarda i primi si parla di “capitale di comando”, mentre ai secondi
ci si riferisce parlando di “capitale di risparmio”. Chi sottoscrive azioni infatti lo fa o per esercitare un controllo
sulla società, oppure al solo scopo di effettuare un investimento, ed esistono a seconda dei casi due operazioni
distinte: Nel primo caso si sottoscrivono “pacchetti azionari” di controllo, che assicurano la partecipazione al
controllo della società (ma a fronte di un prezzo per azione notevolmente più alto, che include anche il c.d.
premio di maggioranza). A fini di mero investimento invece si sottoscrivono piccole tranches di azioni, che non
danno la possibilità di accedere all’area di comando della società. Come “terza via” si può decidere di
rastrellare sul mercato quantità molto ingenti di azioni, anche se estranee al “pacchetto” di comando della
società, al fine di tentare una “scalata” e inserirsi nell’area di comando della società. Preordinate a questo
scopo sono le offerte pubbliche di acquisto (c.d. Opa), con cui si dichiara di voler acquistare azioni di una data
società, da chiunque le offra, ad un certo prezzo solitamente superiore a quello di mercato. La distinzione fra
capitale dirigente e monetario non trova riscontro nella legge: la regola infatti è che le azioni sono “di valore
uguale e conferiscono a chi le possiede gli stessi diritti, in particolare il diritto ad una parte proporzionale degli
utili e il diritto di voto”. La distinzione tuttavia, pur su un piano non giuridico – formale ma solo conoscitivo,
assume notevole rilevanza.

LE S.P.A. CHE RICORRONO AL PUBBLICO RISPARMIO

Le Società quotate sui mercati fanno ricorso al pubblico risparmio e al capitale di rischio dei risparmiatori, per
questo è stato proposto (originariamente, in Italia, nel 1974) di adottare una condizione giuridica differenziata
per questo tipo di società. Alcuni modelli (come quello inglese) prescindevano, nell’applicazione della disciplina
differenziata, dalla effettiva quotazione dei titoli basandosi invece sulla scelta statutaria; questa tendenza è
andata rafforzandosi anche in Italia, tanto che la riforma del 2003 include fra le “società che fanno ricorso al
capitale di rischio” non solo le società quotate ma anche quelle le cui azioni, sebbene non quotate, sono

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“diffuse fra il pubblico in misura rilevante”. Rientrano in questa categoria “gli emittenti dotati di un patrimonio
netto non inferiore a cinque milioni di euro e con un numero di azionisti superiore a duecento”.

Tutela del risparmio: Alla base dello statuto speciale c’è l’esigenza di proteggere adeguatamente il risparmio
investito in azioni. Gli interessi protetti appaiono:

- In primo luogo l’interesse dei risparmiatori.

- L’interesse delle imprese ad attingere direttamente dal risparmio, evitando l’onerosa intermediazione delle banche. -
L’interesse generale alla trasformazione del risparmio in capitale produttivo di nuova ricchezza. Le società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio si caratterizzano per i seguenti fattori:

1. Maggior grado di imperatività delle norme rispetto alle società per azioni: ciò che in queste ultime è lasciato
all’autonomia statutaria, non sempre è consentito nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

2. Maggior protezione del diritto all’informazione spettante all’azionista.

3. Maggiore garanzia sulla veridicità dei bilanci e controlli più rigorosi sulla rigorosità della gestione (ad es. controllo
contabile affidato a società di revisione).

4. Previsione di strumenti di tutela delle minoranze, come la legittimazione ad esercitare un’azione di responsabilità
bastando solo un ventesimo del capitale sociale.

5. Adozione, al contrario, di correttivi atti a garantire la funzionalità dell’attività sociale e la certezza e stabilità delle
decisioni, data la presenza di un numero elevato di soci. L’investimento del risparmio in azioni è protetto e incoraggiato
in vario modo.

Si può fare riferimento ad un triplice ordine di strumenti volti a questo scopo:

1. Una informazione più estesa resa agli azionisti e al pubblico in generale

2. Una intensa garanzia di veridicità del bilancio, sottoposti alla vigilanza della Consob e delle società di revisione.

3. La possibilità di emettere azioni di risparmio al portatore: Trattandosi di azioni prive del diritto di voto, inidonee ad
influire sui rapporti di comando della società, viene rimossa una possibile remora del capitale di comando
all’emissione di titoli.

L’INTERESSE DELLA SOCIETA’

Alcune norme del codice civile fanno riferimento all’ “interesse della società”. Sulla definizione di questo
concetto si scontrano da sempre teorie opposte: Quella istituzionalistica e quella contrattualistica.

Teoria istituzionalistica: Per essa l’interesse della società trascende l’interesse personale dei soci e si
identifica nell’interesse dell’impresa vista come entità a sé. Questa teoria prevede che l’azienda sia dotata di
un esecutivo forte, sottratto al potere dell’assemblea e capace di interpretare in modo autonomo le esigenze
di amministrazione volte a perseguire il “superiore interesse” della “impresa in sé”. Questo interesse diventa
perciò comune ai soci e ai dipendenti, e addirittura arriva a riguardare la collettività nazionale. Sotto
quest’aspetto la teoria istituzionalistica riflette una visione dirigistica dell’economia, tuttavia è necessario
precisare che la teoria resta compatibile con una concezione liberista, poiché le scelte aziendali di base sono
ancora rimesse al libero gioco delle forze di mercato. Il controllo pubblico mira soltanto a garantire il rispetto
delle regole di funzionamento del sistema produttivo.

Teoria contrattualistica: La teoria opposta vede l’ “interesse sociale” non come l’interesse dell’impresa in sé,
bensì come l’interesse comune dei soci. Questa dicitura è piuttosto equivoca poiché all’interno di una società
per azioni non esiste un interesse veramente “comune” a tutti i soci, essendo i soci di maggioranza e di
minoranza portatori di interessi molto diversi. Per alcuni autori parlando di interesse comune ci si riferisce
anche all’interesse di lungo termine dei soci attuali, e anche all’interesse di eventuali soci futuri. Così concepita
la teoria contrattualistica conduce agli stessi risultati della teoria istituzionalistica, della quale diventa una mera
variante terminologica. Per altri invece l’interesse sociale va riferito al gruppo dei soci attuale. La maggioranza
è libera di votare a proprio piacimento, scegliendo ad esempio se perseguire una politica di efficienza
produttiva sacrificando i dividendi o viceversa.

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L’INIZIATIVA DEL PUBBLICO MINISTERO

Tracce di accoglimento della versione istituzionalistica nel nostro ordinamento già si rinvengono nel c.c. del
’42, a cominciare dai poteri di iniziativa riconosciuti al pubblico ministero di fronte a “gravi irregolarità”. La
norma mostra come l’interesse al regolare adempimento dei propri doveri da parte degli amministratori non
sia da intendersi come interesse esclusivo dei soci. C’è infatti un generale interesse a che la società per azioni
sia regolarmente amministrata.

L’IMPUGNAZIONE D’AMMINISTRATORI E SINDACI

Un’altra manifestazione “istituzionalistica” presente nel nostro ordinamento è nella norma che legittima ad
impugnare deliberazioni invalide anche gli amministratori e sindaci, oltre che i soci. La norma mostra che
l’interesse alla legalità delle deliberazioni assembleari non riguarda esclusivamente l’interesse dei soci. Anche
se costoro non impugnano una deliberazione, essa 47 può (anzi deve) essere impugnata dagli amministratori
o dai sindaci. Questo dovere è parte dell’obbligo a loro carico di vigilare sull’osservanza delle leggi e dello
statuto da parte dell’assemblea. Si ravvisa dunque un interesse superiore alla legalità delle deliberazioni
assembleari, amministratori e sindaci hanno la funzione di tutori di questo interesse. Bisogna comunque tener
presente che il controllo opera solo in presenza di effettive violazioni di legge o statuto. Amministratori e sindaci
non possono operare sindacati di merito sulla convenienza o opportunità delle deliberazioni, così come il
pubblico ministero può intervenire a carico degli amministratori solo in presenza di gravi irregolarità. Tutto ciò
che l’assemblea e gli amministratori decidono nel rispetto della legge e dell’atto costitutivo è sottratto a ogni
esterna censura.

LA S.P.A. UNIPERSONALE

L’aspirazione alla responsabilità limitata ha condotto all’ammissione legislativa della società per azioni
unipersonale, la cui “assemblea” sarà composta da un unico socio limitatamente responsabile. Egli può essere
il fondatore della società oppure il socio nelle cui mani si concentra, in un secondo momento, la totalità delle
azioni. L’atto unilaterale alla base di questo tipo di società è suscettibile di diventare un contratto, qualora il
fondatore abbia ceduto ad altri parte delle proprie azioni. Perché l’unico azionista possa fruire del beneficio
della personalità limitata occorre:

1. Che siano stati eseguiti per intero i conferimenti in denaro.

2. Che siano depositate all’ufficio del registro delle imprese le generalità dell’unico socio. Anche negli atti e nella
corrispondenza della società dev’essere indicato che si tratta di una società unipersonale, terzi devono essere in grado
di saperlo e di conoscere l’identità dell’unico socio. (questo tipo di società non è, come normalmente la società per
azioni, anonima). Se queste condizioni non vengono adempiute l’unico socio non godrà del beneficio della
responsabilità limitata. I contratti della società con l’unico socio e le operazioni sociali a favore dell’unico socio non
sono opponibili ai creditori, a meno che non risultino da atto scritto avente data certa anteriore all’esecuzione. Su
queste operazioni (che sono in fin dei conti operazioni del socio con sé stesso) grava il sospetto che egli le abbia
artatamente poste in essere per sottrarre beni sociali alle pretese esecutive dei creditori.

LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’

L’ATTO COSTITUTIVO E CONFERIMENTI

Il contratto di società per azioni risulta da due separati documenti: l’atto costitutivo, nel quale è manifestata la
volontà di dar vita al rapporto sociale, e lo statuto, contenente le norme di funzionamento della società. Le
disposizioni dell’uno e dell’altro documento compongono tuttavia un unitario atto giuridico, lo statuto infatti
costituisce parte integrante dell’atto costitutivo. La società per azioni deve costituirsi per atto pubblico. L’atto
costitutivo deve indicare:

1. Le generalità dei soci e il numero di azioni sottoscritte da ognuno di essi.

2. La denominazione della società, i comuni dove sono poste la sede principale ed eventuali sedi secondarie. La
determinazione della sede sociale è importante per stabilire qual è l’ufficio del registro presso il quale iscriversi, e qual
è il tribunale competente per le controversie e per le procedure fallimentari. Infine è importante per determinare gli usi
applicabili nell’interpretazione del contratto. Per “sede della società” deve intendersi quella in cui ha luogo
l’amministrazione della società. Sedi secondarie sono quelle filiali o succursali della

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società nelle quali esista una “rappresentanza stabile”, un estratto dell’atto costitutivo deve essere depositato
presso l’ufficio del registro del luogo in cui è istituita la sede secondaria.

3. L’oggetto sociale, ossia la specie di attività economica che ci si propone di esercitare. La determinazione
dell’oggetto sociale vale a limitare la sfera dei poteri degli amministratori, che devono compiere “le operazioni
necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”, e anche dell’assemblea, la quale non può deliberare su operazioni
estranee all’oggetto sociale.

4. L’ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato. Occorre, come abbiamo visto, che sia sottoscritto tutto il
capitale sociale e che sia versato almeno il 25% dei conferimenti in denaro. Una volta iscritta la società nel registro
delle imprese, gli amministratori potranno prelevare i conferimenti già versati e ingiungere ai soci di versare la restante
parte dei conferimenti. Fino a quando essi non siano stati integralmente versati le azioni, che si dicono “non liberate”,
possono comunque essere vendute ma dovranno recare menzione dell’ammontare dei versamenti effettivamente
eseguiti.

5. Il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, oltre alle modalità di loro emissione e circolazione.

6. Il valore dei crediti e dei beni conferiti. Di regola, nelle società per azioni, il conferimento è da farsi in denaro, tuttavia
conferimenti di beni o di crediti possono essere consentiti dall’atto costitutivo, al quale, in questo caso, si deve
accompagnare una stima giurata di un esperto designato dal tribunale. Fino a quando le valutazioni di questi
conferimenti non siano state controllate, le azioni relative ad essi sono inalienabili. Per quanto riguarda i beni, può
essere conferita qualsiasi entità che sia utile al perseguimento dell’oggetto sociale, poiché oltre al valore di scambio
conta anche il valore d’uso. Quanto al conferimento di crediti, il socio che ha conferito un credito risponde della
insolvenza del debitore.

Prestazioni accessorie: L’atto costitutivo può prevedere delle prestazioni accessorie, ulteriori rispetto al
conferimento, di cui dev’essere determinato il contenuto (somministrazione periodica di beni, prestazione di
determinati servizi), la durata, le modalità e il compenso, le sanzioni in caso di inadempimento. L’obbligazione
di prestazioni accessorie non ha carattere personale, ma è inerente alle azioni sottoscritte dal socio, azioni
che sono necessariamente nominative, e possono essere alienate solo col consenso degli amministratori. Si
discute se le prestazioni accessorie formino oggetto di un rapporto contrattuale separato rispetto a quello di
società o se invece ineriscano a quello. Fanno preferire quest’ultima ipotesi il fatto che sia richiesto, per le
modificazioni degli obblighi in questione, il consenso di tutti i soci, e anche il fatto che queste prestazioni siano
direttamente collegate alle azioni. E’ da ritenere perciò:

- Che le modificazioni di questi obblighi siano materia di delibera assembleare.

- Che l’inadempimento da parte del socio agli obblighi in questione(anche per l’impossibilità sopravvenuta) produca
effetti sulla partecipazione sociale, legittimando anche la sua esclusione dalla società.

7. Le norme secondo cui gli utili debbono essere ripartiti; necessarie soltanto se si intende derogare al principio secondo
cui è l’assemblea che approva il bilancio a decidere se e come distribuire gli utili.

8. I benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori. Ai promotori (coloro che hanno assunto
l’iniziativa della costituzione della società) può essere riservato un unico beneficio: una partecipazione privilegiata agli
utili, per non più di cinque anni, la quale comunque dev’essere inferiore a un decimo degli utili netti di bilancio. I soci
fondatori invece (coloro che stipulano l’atto costitutivo) possono riservare a proprio vantaggio anche altri benefici, fra
cui il più consistente è l’attribuzione di più voti per ogni loro azione; anche questo privilegio ha una durata limitata nel
tempo ( Max 10 anni).

9. Il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori, i loro poteri, e l’indicazione di quelli dotati
di potere di rappresentanza.

10. La durata della società o, se essa è a tempo indeterminato, il periodo (che non può essere superiore a un anno)
decorso il quale il socio può recedere.

LA PUBBLICA SOTTOSCRIZIONE

La formazione dell’atto costitutivo può avvenire anche per “pubblica sottoscrizione”. In questo caso l’iniziativa
è assunta dai promotori, i quali firmano e rendono pubblico il programma della costituenda società, programma
che deve indicare l’oggetto, il capitale, le principali disposizioni dello statuto, eventuali privilegi riservati ai
promotori e il termine entro il quale deve essere stipulato l’atto costitutivo. Il contratto poi si va formando

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progressivamente attraverso le successive sottoscrizioni di azioni, effettuate per atto pubblico e contenenti
data, generalità del sottoscrittore e numero di azioni sottoscritte. I promotori non sono, in quanto tali, parti del
contratto, hanno un ruolo simile a quello del mediatore che mette in relazione più persone per la conclusione
di un affare. Diventano parti del contratto solo se, a loro volta, sottoscrivono delle azioni. Quando l’intero
capitale sociale è stato sottoscritto, il contratto potrà dirsi formato: i promotori chiederanno ai sottoscrittori il
versamento del 25% dei conferimenti in denaro e convocheranno l’assemblea.

L’assemblea costituente: Essa è validamente costituita con la presenza di metà dei sottoscrittori e delibera
a maggioranza di numero (non di quote). Se il contenuto del contratto era stato integralmente determinato dal
programma, l’assemblea si limita ad accertare la presenza delle condizioni necessarie per la costituzione della
società, e proclama formalmente che questa si è costituita. E’ tuttavia possibile che il programma si limiti ad
enunciare alcuni elementi del contratto, ed è rimesso all’assemblea decidere su tutti gli altri punti (quelli già
decisi non possono essere messi in discussione dall’assemblea). Qualora l’assemblea vada deserta, o si riveli
impossibile la formazione di una maggioranza, il contratto sarà nullo. La costituzione di una società per
pubblica sottoscrizione è oggi molto rara.

FASI CONCLUSIVE DELLA COSTITUZIONE DELLA SOCIETA’

Il notaio che riceve l’atto costitutivo deve effettuare un controllo di legittimità sulle clausole dell’atto e, entro
venti giorni, provvedere a depositarlo presso l’ufficio del registro delle imprese, allegando i documenti che
provano l’avvenuto versamento del 25% dei conferimenti in denaro, la stima del valore dei beni conferiti in
natura e dei crediti, la sussistenza delle eventuali autorizzazioni necessarie per la costituzione della società.
L’ufficio del registro, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la società nel registro. Mentre
per la società di persone il mancato adempimento dell’obbligo di iscrizione non pregiudica l’esistenza della
società (che nasce comunque in forma irregolare), la società per azioni esiste, giuridicamente, solo se iscritta
nel registro delle imprese; l’iscrizione ha efficacia costitutiva.

I PATTI PARASOCIALI

Atto costitutivo e statuto vanno interpretati secondo i normali criteri di interpretazione dei contratti, tuttavia il
contratto di società per azioni è nel novero di quelli che non hanno solo efficacia fra le parti, ma producono
effetti anche verso terzi. Spesso la stipulazione dell’atto costitutivo è accompagnata dalla formazione di
separati accordi, detti patti parasociali, che hanno invece efficacia limitata ai soli soci stipulanti, con esclusione
anche degli eredi e dei successivi acquirenti delle azioni. Il fine del patto parasociale deve risiedere, a norma
dell’art. 2341 bis, nell’esigenza di “stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società”. Fra i molti tipi
possibili di contratti parasociali assumono importanza:

1. Il sindacato di voto: ha a che fare con la governabilità della società; con esso i contraenti si obbligano a concordare,
prima di ogni assemblea, una posizione di voto comune, attraverso una semplice consultazione o anche ponendo un
vero e proprio vincolo a votare come preventivamente abbia deciso la maggioranza. Il vincolo può anche riguardare
solo determinate materie, come ad esempio la nomina degli amministratori. I contraenti possono altrimenti obbligarsi
a rilasciare un procura irrevocabile ad uno di essi (o ad un terzo) astenendosi così dal partecipare alle assemblee. Al
sindacato di voto si ricorre di solito quando nessun azionista sia in grado di controllare, da solo, l’assemblea: si
formano allora delle coalizioni, analogamente a quanto accade in parlamento fra i partiti politici di dimensioni più
ridotte.

2. Il sindacato di blocco: Concerne la stabilizzazione degli assetti proprietari, è il patto mediante il quale i contraenti si
obbligano a non vendere le proprie azioni o a venderle solo a determinate condizioni. 3. Il patto di concertazione: Si ha
quando più soggetti concordano l’acquisto di partecipazioni di una società, in modo che nessuno di loro possa
esercitarne da solo il controllo, ma allo scopo di guadagnare un’influenza dominante in assemblea. Il fine di stabilizzare
gli assetti proprietari o il governo della società delimita l’ambito di applicazione delle norme relative ai patti
parasociali, queste non si applicano agli accordi fra i soci non riconducibili al fine predetto.

I patti parasociali hanno un limite di durata di cinque anni nelle società non quotate e di tre anni per le società
quotate, essi sottostanno inoltre al principio di trasparenza, specie per quanto riguarda le società che fanno
ricorso al capitale di rischio. Per le società quotate i patti aventi per oggetto l’esercizio del diritto di voto devono
essere comunicati alla Consob, alla stampa quotidiana e al registro delle imprese. In caso di inosservanza i
patti in questione sono nulli, e le deliberazioni prese votando secondo le regole di quei patti saranno annullabili,
anche su iniziativa della Consob. 51 Per le società non quotate invece non sussiste l’obbligo di pubblicità, è

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necessario tuttavia comunicare i patti all’assemblea e agli organi di amministrazione, e dovranno ritenersi nulli
i patti parasociali segreti. Altri patti da ritenersi nulli sono quelli che impegnano i soci a votare a nocumento
dell’interesse sociale e quelli che producono degli effetti al di fuori della cerchia dei contraenti (i patti parasociali
debbono infatti avere, come si è detto, efficacia puramente interna).

LA NULLITA’ DELL’ATTO COSTITUTIVO

L’art. 2332 pone norme particolari per l’ipotesi di nullità dell’atto costitutivo di società per azioni, accertata
successivamente all’iscrizione al registro delle imprese; queste norme in parte derogano ai principi generali:

Solo in tre casi le cause di nullità dell’atto costitutivo si trasformano in cause di scioglimento della società:

1. Mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma di atto pubblico

2. Illiceità dell’oggetto sociale

3. Mancanza nell’atto costitutivo o nello statuto di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i
conferimenti, o l’ammontare del capitale sociale, o l’oggetto sociale. Riguardo all’oggetto sociale, alla “mancanza di
ogni indicazione” che lo riguardi va equiparata l’indicazione presente ma “priva di valore determinativo”, come quella
troppo generica che faccia riferimento all’industria, commercio o agricoltura senza l’indicazione di categorie specifiche.
Ogni anomalia dell’atto costitutivo diversa dalle tre indicate è sanata con l’iscrizione della società nel registro delle
imprese.

S.P.A. E PERSONALITA’ GIURIDICA

Con l’iscrizione nel registro delle imprese la società acquista la “personalità giuridica”. Alla base di questa
norma c’è la distinzione che si suole instaurare fra società di persone, concepite come non aventi personalità
giuridica, e società di capitali, che ne sarebbero dotate. Questo art. 2332 Principi Generali Una volta avvenuta
l’iscrizione della società nel registro delle imprese la dichiarazione di nullità dell’atto costitutivo “non pregiudica
l’efficacia degli atti compiuti in nome della società”. La dichiarazione di nullità del contratto dovrebbe travolgere
i diritti acquistati, anche in buona fede, dai terzi. “I soci non sono liberati dall’obbligo di conferimento fino a
quando non siano soddisfatti i creditori sociali”. Normalmente, essi sarebbero invece sciolti da ogni
obbligazione derivante dal contratto. La nullità non può essere dichiarata quando la causa di questa nullità sia
stata eliminata, e di tale eliminazione sia stata data pubblicità nel registro delle imprese. Normalmente è
escluso che, in questo caso, il contratto possa essere convalidato. modo di vedere si espone in realtà a molte
critiche: effettivamente la condizione delle società di persone non appare sempre coerente con l’idea che esse,
in quanto prive di personalità giuridica, si risolvano nella pluralità dei loro soci; d’altra parte anche la società di
capitali non sempre è regolata in modo da risultare terza rispetto ai soci (basti pensare ai soci accomandatari,
illimitatamente responsabili). Queste antinomie si spiegano tenendo presente che, come ha ribadito anche la
Cassazione, le persone giuridiche sono “persone” solo in senso traslato, la loro condizione giuridica non può

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essere esattamente assimilabile a quella di una persona fisica. In giurisprudenza si è cercato di arginare il
fenomeno della utilizzazione di società di capitali come “meri schermi di copertura” dell’attività imprenditoriale
personale di uno solo dei soci; è il c.d. “socio tiranno”, che usa la società come cosa propria e ne dispone a
suo piacimento perpetrando la c.d. “confusione dei patrimoni”, ossia prelevando dalle casse sociali per spese
personali e, all’opposto, pagando sistematicamente con denaro proprio i debiti sociali. In questo caso è chiaro
che la società –persona giuridica è stata costituita al solo scopo di frapporre fra sé e terzi lo “schermo” di un
nuovo soggetto di diritto, e fruire così del beneficio della responsabilità limitata.

Un altro abuso della personalità giuridica è la c.d. “finzione di gruppo”, con la quale si dà vita a più società, le
cui azioni o quote appartengono ai medesimi soggetti, al solo scopo di eludere norme imperative. Ad esempio
se sono previste norme più restrittive, in materia di licenziamenti, per le società aventi più di un certo numero
di dipendenti, si costituiscono più società e si frazionano i dipendenti fra di esse, sottraendosi alla legge.
Oppure volendo licenziare un dato numero di dipendenti si costituisce una nuova società, cui si cede un ramo
d’azienda con i dipendenti da licenziare, successivamente si delibera lo scioglimento di questa nuova società,
rendendo così possibile il licenziamento in massa di quei dipendenti per cessazione dell’impresa.

LE AZIONI

Come sappiamo l’azione è un titolo di credito che incorpora la partecipazione sociale, ossia la qualità di socio.
Un’azione corrisponde alla frazione minima di capitale sociale che occorre sottoscrivere per acquistare la
qualità di socio, ed è perciò indivisibile. Se più persone sono comproprietarie di una medesima azione, costoro
debbono esercitare i diritti inerenti ad essa mediante un rappresentante comune, e sono solidalmente
responsabili delle obbligazioni derivanti da essa. Possono essere emesse azioni recanti indicazione del loro
valore nominale (un euro, 10 euro ecc.) determinato dallo statuto; in questo caso tutte le azioni debbono essere
emesse per il medesimo valore. Possono anche essere emesse azioni che non riportano il loro valore
nominale, ma indicanti l’entità del capitale sociale e il numero complessivo di azioni emesse, percui il valore
nominale di ciascun azione è facilmente ricavabile. A ciascun socio è assegnato un numero di azioni
proporzionale alla parte di capitale sottoscritta e per un valore non superiore al valore del suo conferimento.
L’azione deve contenere:

1. La denominazione e la sede della società.

2. La data dell’atto costitutivo e della sua iscrizione, e l’indicazione dell’ufficio del registro dove la società è iscritta.

3. Il suo valore nominale o, se sono azioni emesse senza valore nominale, l’ammontare del capitale sociale e il numero
totale di azioni emesse.

4. Se si tratta di azione non interamente liberata, l’ammontare dei versamenti parziali eseguiti. 5. Eventuali diritti ed
obblighi particolari ad essa inerenti, ad esempio se si tratta di azione cui è connesso l’obbligo di prestazioni accessorie.
Le azioni possono essere nominative oppure al portatore. Il Codice Civile, principalmente per ragioni di ordine fiscale,
predilige la nominatività, essa è obbligatoria nella circostanza in cui le azioni non siano completamente liberate e
qualora sia previsto dallo statuto o da leggi speciali. La nominatività obbligatoria non vige invece per quella “nuova”
categoria di azioni che sono le azioni di risparmio, prive di diritto di voto, che la società può emettere anche come azioni
al portatore. Nel caso dei titoli al portatore il possessore del titolo è legittimato all’esercizio del diritto in esso
menzionato in base alla semplice presentazione del titolo. Il possessore di un titolo nominativo invece è legittimato
all’esercizio del diritto in esso menzionato per effetto dell’intestazione a suo favore contenuta nel titolo e nel registro
dell’emittente (nel libro dei soci, se si tratta di azioni nominative). In questo secondo caso la legittimazione si può
conseguire in tre modi: - Mediante annotazione, da parte dell’emittente, del nome dell’acquirente sul titolo stesso e
nel registro.
- Mediante rilascio, da parte dell’emittente, di un nuovo titolo intestato all’acquirente e successiva annotazione del
rilascio nel registro. - Il titolo viene trasferito mediante girata. Il giratario ha poi diritto di ottenere l’annotazione del
trasferimento nel registro dell’emittente, sempre che questo non abbia valide ragioni per eccepire al giratario un
difetto di titolarità. La girata non vale, da sola, ad attribuire la legittimazione, il giratario è investito della legittimazione
solo a seguito dell’iscrizione nel registro dell’emittente.

LA CIRCOLAZIONE DEI TITOLI AZIONARI

Il trasferimento di azioni, e quindi della qualità di socio, si attua liberamente da un soggetto all’altro senza
necessità del consenso della società. L’annotazione del trasferimento nel libro soci è, una volta accertate le

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condizioni di legittimazione dell’acquirente, un atto dovuto da parte della società. Lo statuto però può
sottoporre a “particolari condizioni” il trasferimento di azioni nominative, queste condizioni possono consistere
nella previsione di determinate condizioni personali per l’appartenenza alla società, come una data
cittadinanza, o la residenza in un dato luogo, o l’appartenenza a determinate categorie professionali ecc. Nelle
“particolari condizioni” rientrava la circostanza che l’acquirente fosse gradito alla società (clausola di
gradimento). Gli amministratori esaminavano di volta in volta l’identità dell’acquirente ed esprimevano un
parere; in questo modo il capitale di comando della società teneva sotto controllo i mutamenti nell’azionariato,
assicurando stabilità alla propria posizione di comando. La validità della clausola di gradimento è stata
vivacemente contestata, con la riforma del 2003 la disciplina in proposito è stata temperata prevedendo
l’efficacia di clausole di gradimento solo se prevedono l’obbligo di acquisto a carico della società, oppure il
diritto di recesso in capo all’alienante. Le particolari condizioni per il trasferimento della proprietà dei titoli,
devono essere in realtà riferite all’assunzione della legittimazione da parte dell’acquirente: le azioni infatti
possono essere validamente alienate anche a favore di persone che non rispettino le condizioni richieste. Il
mancato rispetto delle condizioni vale solo ad impedire che l’acquirente ottenga l’iscrizione nel libro dei soci e
quindi la legittimazione ad esercitare i diritti sociali. Si preoccuperà perciò di ottenere il gradimento della società
solo chi sia intenzionato a esercitare i diritti relativi alle azioni acquistate, non avrà problemi invece chi le
acquista al solo scopo di investire risparmio o di speculare.

Clausola d’intransferibilità: L’azione è, per sua natura, destinata alla circolazione; una clausola statutaria
che ne sancisca l’intrasferibilità è inammissibile. E’ ammessa per le azioni nominative solo una clausola di
temporanea intrasferibilità, per un periodo non superiore ai cinque anni. L’effetto e le motivazioni di una
clausola di questo tipo sono simili a quelle del patto parasociale di blocco. Se la clausola viene inserita nello
statuto però diventa anche opponibile ai terzi, il patto parasociale d’altre parte ha il vantaggio di essere
rinnovabile, mentre il rinnovo non è ammesso per la clausola statutaria.

Clausola di prelazione: Altra clausola frequente è quella di prelazione, che impone al socio il quale voglia
vendere le sue azioni di offrirle agli altri soci prima che a terzi, alle stesse condizioni cui il terzo sarebbe
disposto ad acquistarle. La prelazione in questo caso è considerata alla stregua di una prelazione disposta
per legge, ed è perciò opponibile ai terzi (la prelazione disposta per contratto non è solitamente opponibile);
la vendita di azioni ai terzi, in violazione della clausola, è inefficace; e l’avente diritto alla prelazione può
riscattarle presso il terzo acquirente. E’ opportuno fare menzione anche della c.d. prelazione impropria (o con
vincolo di prezzo), che può altresì essere prevista come clausola. Essa prevede che l’offerta ai soci debba
avvenire non alle stesse condizioni previste per i terzi, ma al contrario che sia sufficiente per i soci offrire un
“prezzo congruo”, a fronte del quale devono essere preferiti. Il “prezzo congruo” equivale di solito al valore “di
libro” dell’azione, quale frazione del patrimonio diviso per il numero delle azioni emesse; in questo modo
tuttavia non si tiene conto del maggior valore che le azioni possono assumere sul mercato grazie al contributo
di fattori non presenti in bilancio, 55 come ad esempio l’avviamento. La prelazione con vincolo di prezzo
pregiudica quindi il diritto del socio ad alienare le sue azioni a prezzo di mercato; egli è costretto infatti a
vendere agli altri soci ad un prezzo “calmierato”, inferiore a quello risultante da una libera negoziazione.

DIRITTI ED OBBLIGHI DELL’AZIONISTA

Per quanto riguarda i diritti si suole distinguere fra diritti patrimoniali e diritti amministrativi: - Diritti patrimoniali
sono il diritto agli utili e alla quota di liquidazione, il diritto di opzione, il diritto di recesso. - Diritti amministrativi
sono invece il diritto di intervento in assemblea, il diritto di voto, quello ad impugnare le deliberazioni
assembleari, il diritto di prendere visione del bilancio e del libro dei soci. Unico obbligo inerente all’azione è,
salva la previsione statutaria di prestazioni accessorie, quello di eseguire il conferimento nei modi e nei tempi
stabiliti. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto, ma non gli è interdetto l’esercizio
degli altri diritti sociali.

LE SPECIALI CATEGORIE DI AZIONI

La regola è che “le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti”.
Questa regola, che già assume valore puramente formale (basti pensare al maggior potere che hanno gli
azionisti di maggioranza rispetto agli altri), può essere derogata anche creando “categorie di azioni fornite di
diritti diversi”, col solo vincolo che “le azioni appartenenti alla medesima categoria conferiscono uguali diritti”.
Per queste categorie speciali di azioni vale il principio di atipicità: lo statuto può determinarne liberamente il
contenuto, entro i limiti imposti dalla legge (per esempio è vietata in ogni caso l’emissione di azioni a voto

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plurimo). Le azioni ordinarie attribuiscono, fondamentalmente, il diritto ad una parte proporzionale degli utili,
ed il diritto di voto in assemblea; le azioni appartenenti a categorie speciali possono differenziarsi:

6. Come privilegiate sotto l’aspetto dei diritti patrimoniali: ai loro possessori è riconosciuta una più elevata
partecipazione agli utili oppure una minore incidenza delle eventuali perdite. In quest’ultimo caso si parla di “azioni
postergate”, cioè azioni a cui, in caso di scioglimento della società, viene data precedenza nel rimborso del capitale e
che, in caso di riduzione del capitale sociale, non vengono intaccate fino a quando non siano state annullate tutte le
azioni ordinarie.

7. Come azioni senza diritto di voto, o con diritto di voto limitato a particolari argomenti, o con diritto di voto
subordinato al verificarsi di determinate condizioni. Queste azioni senza diritto di voto, o con diritto di voto limitato,
non possono superare complessivamente la metà del capitale sociale. Se si tratta di società che fanno ricorso al capitale
di rischio, possono essere emesse azioni con diritto di voto limitato se un soggetto possiede più di un certo numero di
azioni (ad es. se non è possibile, quale che sia la quota posseduta, concentrare più del 2% dei voti nelle mani di un
medesimo soggetto, le azioni che gli consentirebbero di andare oltre questa soglia sono rilasciate senza diritto di
voto), oppure si può procedere a scaglioni (ad es. da 5 fino a 100 azioni si ha un voto ogni cinque azioni, da 101 a 300
un voto ogni dieci azioni, e così via…). In questo modo si cerca di instaurare una sorta di democrazia assembleare. 8.
Come azioni che combinano i caratteri di cui sub a) con quelli di cui sub b): ad esempio azioni con privilegio
patrimoniale e senza voto.

Azioni per i dipendenti: Un’altra speciale categoria di azioni può essere quella delle azioni rivolte ai prestatori
di lavoro, con norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento e ai diritti spettanti agli azionisti.
(il trasferimento, ad esempio, può essere ammesso solo a favore di altri prestatori di lavoro, e solo previa
autorizzazione del consiglio di amministrazione).

Le assemblee speciali: L’esistenza di speciali categorie di azioni importa una modificazione della interna
organizzazione della società: gli azionisti appartenenti alle diverse categorie sono organizzati in altrettante
assemblee speciali, che debbono essere convocate ogni qualvolta una deliberazione dell’assemblea generale
pregiudichi i diritti della categoria. Si noti che formano una categoria di azioni anche le azioni ordinarie, perciò
la deliberazione che, ad esempio, aumenti il privilegio riconosciuto alle azioni privilegiate, dovrà essere
approvata dall’assemblea speciale degli azionisti ordinari.

ALTRI STRUMENTI FINANZIARI

Le azioni come sappiamo rappresentano una frazione del capitale sociale, tuttavia la società può emettere
altri strumenti finanziari partecipativi, diversi dalle azioni e slegati da ogni rapporto con il capitale sociale.
Questi strumenti vengono emessi a fronte di un determinato apporto di denaro o di servizi, e attribuiscono ai
loro possessori diritti di ordine patrimoniale o amministrativo; essi non rappresentano la qualità di socio, bensì
quella di associato in partecipazione. I diritti patrimoniali possono consistere in una partecipazione agli utili
genericamente considerati oppure agli utili che la società tragga da uno specifico affare. I diritti amministrativi
possono includere il diritto di voto su argomenti specificamente indicati e, in particolare, per la nomina di un
componente indipendente del consiglio di amministrazione. Lo statuto determina le modalità con le quali i
portatori di questi strumenti esercitano il voto. Le deliberazioni dell’assemblea generale, che pregiudichino i
diritti dei portatori di strumenti finanziari dotati di diritti amministrativi, debbono essere approvate dalla loro
assemblea speciale. Diversi sono gli strumenti finanziari, non partecipativi, che attribuiscono il diritto di
sottoscrivere azioni ad un prezzo determinato, come le c.d. stock options, offerte agli amministratori o ai
dirigenti della società.

L’ASSEMBLEA

L’assemblea dei soci può essere ordinaria o straordinaria. La distinzione non attiene a caratteri propri della
riunione assembleare, né al tempo della sua convocazione, attiene invece alla materia da trattare: l’assemblea
è ordinaria o straordinaria a seconda del carattere, 65 ordinario o straordinario, degli oggetti posti in
deliberazione. Per l’assemblea straordinaria sono previsti quorum costitutivi e deliberativi diversi, inoltre il
verbale deve essere redatto da un notaio. Le competenze dell’assemblea ordinaria variano a seconda che sia
istituito o meno un consiglio di sorveglianza all’interno dell’impresa. L’assemblea ordinaria di società prive del
consiglio di sorveglianza:

• Approva il bilancio. Nomina e revoca gli amministratori.


• Determina il compenso degli amministratori e dei sindaci.

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• Delibera sulla responsabilità di amministratori e sindaci.
• Delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea.

Più ristretta è la competenza dell’assemblea ordinaria nelle società che abbiano optato per il sistema
dualistico, nel quale spetta al consiglio di sorveglianza di nominare e revocare gli amministratori, promuovere
azioni di responsabilità nei loro confronti e approvare il bilancio. In questo caso l’assemblea:

1) Nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza.


2) Determina il compenso ad essi spettante.
3) Delibera sulla loro responsabilità.
4) Delibera sulla distribuzione degli utili.
5) Nomina il revisore. L’assemblea

straordinaria delibera:

- Sulle modificazioni dello statuto.

- Sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori, e su ogni altra materia attribuita dalla legge alla sua
competenza. L’assemblea non è dotata di una competenza generale (in passato lo era). Può deliberare solo nelle
materie che siano espressamente attribuite alla sua competenza, ogni materia che esuli da questo elenco
tassativo è appannaggio degli amministratori. In linea di massima sono riservati all’assemblea solo i supremi atti di
governo della società. Tra assemblea e amministratori si stabilisce una vera e propria divisione di poteri: la
gestione dell’impresa sociale è riservata agli amministratori, l’assemblea non può impartire loro direttive circa il
compimento degli atti di gestione. Gli amministratori, una volta nominati, esercitano dunque in piena autonomia
le proprie funzioni.

Prima della riforma era consentito che lo statuto riservasse alla competenza dell’assemblea materie
attinenti alla gestione della società, e quindi normalmente appannaggio dell’amministrazione. La riforma
ha invece rafforzato l’autonomia degli amministratori, rendendo più rigida la divisione dei poteri fra gli
organi sociali. Ora nemmeno lo statuto può più attribuire compiti di gestione all’assemblea, al massimo
può essere prevista la “autorizzazione” dell’assemblea per determinati atti di gestione. L’autorizzazione
non obbliga gli amministratori a compiere l’atto in questione, esso resta atto proprio degli amministratori
stessi, che ne sono responsabili.

REGOLE DI FUNZIONAMENTO DELL’ASSEMBLEA

La convocazione dell’assemblea spetta agli amministratori. In alcuni casi essi devono convocarla: Almeno
una volta all’anno, quando sia venuta a mancare la maggioranza degli amministratori, quando il capitale
sociale è diminuito di oltre un terzo, quando si è verificato un fatto che determina lo scioglimento della
società. Fuori da questi casi, l’iniziativa della convocazione è rimessa all’apprezzamento degli
amministratori, ma si intende che la mancata convocazione, nel caso in cui era invece opportuna, potrà
essere considerata violazione del dovere di diligenza.

Iniziativa dei soci: Oltre che agli amministratori, l’iniziativa della convocazione è riconosciuta agli
azionisti; occorre però che la richiesta, rivolta all’organo amministrativo, provenga da tanti soci che
rappresentino almeno un decimo del capitale sociale (o la percentuale eventualmente minore prevista
dallo statuto). Inoltre occorre che nella richiesta siano indicati gli argomenti da trattare. Gli amministratori
hanno, in questo caso, l’obbligo di convocare l’assemblea senza ritardo: se essi non provvedono la
convocazione è disposta dal tribunale. La convocazione è fatta mediante avviso pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale, o in almeno un quotidiano indicato nello statuto, con quindici giorni d’anticipo, e deve contenere
indicazione di giorno, ora e luogo dell’adunanza, nonché l’elenco delle materie de trattare. Per le società
che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è ammessa la convocazione mediante avviso
comunicato ai soci. Il rinvio dell’adunanza (non oltre cinque giorni) può essere chiesto dai soci che
rappresentino almeno un terzo del capitale, se ritengono di non essere sufficientemente informati sugli
oggetti posti in deliberazione. Questo diritto può essere esercitato solo una volta per lo stesso oggetto.

Seconda convocazione: Si distingue fra assemblea di prima convocazione e, per l’ipotesi in cui questa
sia andata deserta, assemblea di seconda convocazione; la distinzione rileva per i diversi quorum previsti

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per l’una e per l’altra. E’ consentito che nell’avviso di prima convocazione sia indicato anche il giorno della
seconda convocazione.

L’INTERVENTO IN ASSEMBLEA

Possono intervenire in assemblea solo coloro ai quali spetti il diritto di voto. Non possono intervenire
estranei, come legali o consulenti dei soci, né azionisti privi di diritto di voto. Gli azionisti possono anche
far intervenire in assemblea propri rappresentanti, cui abbiano rilasciato procura scritta. Prima del 1974 la
rappresentanza del socio in assemblea era ammessa senza limiti, ma questo dava luogo a fenomeni
problematici: L’azionista assenteista, di norma, è un risparmiatore che ha acquistato le azioni e le ha,
quindi, depositate presso una banca “in amministrazione”, cioè con l’incarico di esercitare per suo conto i
diritti ad esse inerenti. Fra le condizioni che la banca faceva sottoscrivere al cliente c’era anche la procura
che quest’ultimo conferiva alla banca per il voto in assemblea. La massa di procure, che gli azionisti
disinteressati alla gestione affidavano alle loro banche, si trasformavano così in un enorme serbatoio di
voti a disposizione della banca. 67 Le riforme del ’74 e del 2003 hanno vietato il conferimento di una
rappresentanza generale in assemblea, ossia quella riguardante, senza limiti di tempo e di oggetto, tutte
le riunioni assembleari: la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee. E’, in secondo
luogo, vietata la procura in bianco: il nome del rappresentante deve essere indicato nella delega, non può
essere lasciato in bianco. Infine, per arginare l’incetta di procure, sono stati imposti limiti quantitativi: la
stessa persona non può rappresentare in assemblea più di un certo numero di soci (gli scaglioni dipendono
dal capitale sociale). La rappresentanza non può essere conferita né agli amministratori né a dipendenti
della società; la norma vale anche a prevenire il rischio che gli amministratori possano, con un’incetta di
procure, affrancarsi da ogni controllo dell’assemblea.

IL PRESIDENTE

“L’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto, o eletta dall’assemblea stessa con il voto
della maggioranza dei presenti; il presidente è assistito da un segretario designato allo stesso modo”.
Qualsiasi presidente di assemblea ha il potere di:

- Dichiarare aperta la seduta.

- Porre in discussione le materie all’ordine del giorno.

- Dare la parola, moderare le discussione e, in generale, assicurarne l’ordinato svolgimento. - Proclamare il


risultato delle votazioni.

- Dichiarare chiusa la seduta.

La riforma del 2003 aggiunge poteri più estesi a questo minimum di facoltà, in particolare il presidente
può:

- Verificare qual è la quota di capitale presente in assemblea.

- Accertare l’identità dei presenti e la loro legittimazione all’intervento in assemblea.

- Regola lo svolgimento dell’assemblea, ponendo in discussione e votazione le varie materie all’ordine del giorno,
ed esige il rispetto del regolamento di assemblea.

- Accerta il risultato delle votazioni.

IL VOTO E LA DELIBERAZIONE

Il voto è la dichiarazione unilaterale di volontà espressa dal socio in assemblea sugli oggetti posti in
deliberazione. La deliberazione differisce dai voti che concorrono a formarla quantitativamente, non
qualitativamente; consiste in una molteplicità di dichiarazioni unilaterali, quante occorrono per formare la
maggioranza richiesta. E’ necessaria una distinzione fra quorum costitutivo e deliberativo: il primo è la
quota di capitale che deve essere presente perché l’assemblea possa validamente operare, il secondo è
la quota di capitale rispetto alla quale si calcola la maggioranza richiesta per deliberare. Nel determinare
il quorum costitutivo si conteggiano anche le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto,
queste non vengono invece considerate per determinare il quorum deliberativo. Coloro che, pur potendo

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votare, hanno deciso di astenersi, vengono invece inclusi nel computo del quorum deliberativo, ed
equiparati a chi ha espresso voto contrario.

Tipo di assemblea Quorum costitutivo Maggioranza richiesta


Ordinaria 1° convocazione Metà del capitale sociale Maggioranza assoluta del
quorum deliberativo
Ordinaria 2° convocazione Non richiesto Maggioranza assoluta del
quorum deliberativo
Straordinaria 1° convocazione Non richiesto Maggioranza assoluta del
capitale sociale
Straordinaria 2° convocazione 1/3 del capitale sociale 2/3 del capitale sociale

Il sistema di votazione, se non è stabilito dallo statuto, è deciso volta per volta dall’assemblea stessa o
dal presidente: Si può votare per alzata di mano, per acclamazione, per schede. Si considera che lo
scrutinio segreto non sia permesso, poiché esistono norme che prevedono la manifestazione palese del
voto. Questo può essere esercitato anche per corrispondenza, se l’atto costitutivo lo consente, inoltre,
sempre statuto permettendo, è possibile partecipare all’assemblea per tele o videoconferenza.

Verbale: Le deliberazioni debbono constare di verbale, che dev’essere sottoscritto dal presidente e dal
segretario e, se si tratta di assemblea straordinaria, deve essere redatto dal notaio. Secondo la riforma
del 2003 è nulla la deliberazione presa in assenza del verbale, esso tuttavia non può dirsi mancante se
contiene quantomeno la data della deliberazione, il suo oggetto e la sottoscrizione del presidente
dell’assemblea o del notaio se necessario. La nullità è inoltre sanata se la verbalizzazione viene eseguita
prima della successiva riunione assembleare. Il verbale infine deve essere analitico: deve indicare
l’identità dei partecipanti, il capitale rappresentato da ciascuno, e consentire l’individuazione dei soci
favorevoli, contrari e astenuti.

Voto divergente: Ci si interrogava sull’ammissibilità del cosiddetto voto divergente: può l’azionista votare
con alcune delle sue azioni in un modo, e in modo diverso con altre? Il problema emerge, ad esempio,
nell’ipotesi di azioni intestate ad una società fiduciaria, che abbia ricevuto istruzioni di voto diverse dai vari
sfiducianti. In casi simili la tesi dell’ammissibilità del voto divergente appare convincente.

NULLITA’ ED ANNULLABILITA’ DELLE DELIBERAZIONI ASSEMBLEARI

L’invalidità delle deliberazioni assembleari, come quella degli altri atti giuridici, può essere di due specie:
nullità e annullabilità. Si assiste tuttavia a questa inversione: Se normalmente l’azione di nullità è un’azione
generale, basata sul fatto che l’atto è “contrario a norme imperative”, mentre è speciale l’azione di
annullamento, esperibile solo nei casi stabiliti dalla legge; qui, all’opposto, è generale l’azione di
annullamento e speciale quella di nullità. In caso di nullità l’azione spetta dunque solo a determinati
soggetti: agli amministratori, al consiglio di sorveglianza, al collegio sindacale, al rappresentante comune
degli azionisti di risparmio, ai soci assenti o dissenzienti o astenuti, se posseggono almeno l’uno per mille
del capitale per le società che ricorrono al capitale di rischio, o il cinque per cento nelle altre. L’esercizio
dell’azione di annullamento è sottoposto ad un termine di novanta giorni, trascorsi i quali l’invalidità è
sanata. L’annullamento della deliberazione inoltre non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede.

Impugnazione: L’azione di annullamento si propone con atto di citazione: l’autorità competente è il


tribunale del luogo dove ha sede la società. La società è convenuta in giudizio nella persona degli
amministratori (è chiaro che, se ad impugnare la deliberazione siano stati gli amministratori, sarà
necessario nominare un curatore speciale). Se, nel corso del giudizio, il socio impugnante aliena delle
azioni, facendo venir meno il numero minimo di azioni necessario per impugnare, il giudice non potrà
pronunciare l’annullamento della deliberazione, ma eventualmente la sola condanna della società al
risarcimento del danno.

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Sospensione: L’impugnazione di norma non sospende l’esecuzione della deliberazione, la sospensione
può essere concessa, in caso di eccezionale e motivata urgenza, dal presidente del tribunale, ma il giudice
designato per la causa di merito deve poi pronunciarsi per confermare o revocare il provvedimento. Anche
per le deliberazioni che siano immediatamente operanti, e che quindi al momento del processo abbiano
già procurato i loro effetti, vale la sospensione per quel che riguarda la loro efficacia; così ad esempio
l’amministratore nominato con deliberazione la cui efficacia è stata sospesa perde ogni legittimazione.

Sostituzione e revoca: L’annullamento della deliberazione non può avere luogo se questa è revocata
dall’assemblea, o sostituita con un’altra che sia conforme alla legge e allo statuto.

I casi di nullità: La deliberazione è nulla solo nei tre casi tassativamente indicati: Mancata convocazione
di alcuni soci in assemblea. Mancanza del verbale. La mancata convocazione non può essere fatta valere
da chi abbia, anche successivamente, dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell’assemblea; la
mancanza di verbale può essere sanata da una verbalizzazione successiva, purché anteriore alla
seguente riunione assembleare.

Impossibilità o illiceità dell’oggetto.

Invalidità del voto: L’invalidità della deliberazione può anche derivare da eventi che concernono un
singolo voto, che può essere nullo ad esempio per violenza fisica, inefficace per mancanza di procura del
rappresentante del socio in assemblea e così via. In questi casi la deliberazione regge solo se supera la
c.d. “prova di resistenza”: Essa è invalida solo se, senza il voto affetto da causa di invalidità, non si sarebbe
raggiunta la maggioranza.

Prescrizione dell’azione di nullità: L’azione di nullità è sottoposta al termine di prescrizione di tre anni,
che decorre dall’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o, se questa non è richiesta, dalla
trascrizione nel libro delle adunanze. Le deliberazioni aventi per oggetto l’aumento o la riduzione del
capitale invece non possono essere impugnate dopo che siano trascorsi 180 giorni.

Abuso del diritto di voto, conflitto d’interessi: Normalmente il sindacato giudiziario sulle deliberazioni
si riferisce esclusivamente alla loro legittimità, esclusa ogni valutazione sulla opportunità o convenienza
della deliberazione. Tuttavia il merito della deliberazione può venire in rilievo quando sia collegato alla sua
legittimità: il giudice può ad esempio, in ossequio ad una massima anglosassone, annullare una
deliberazione che “nessuna persona ragionevole potrebbe considerare utile per la società”. Ciò è assunto
presuntivamente come prova di un abuso che è espressione di un principio generale, quello commesso
dalla maggioranza la quale abbia utilizzato la sua posizione di potere per conseguire propri vantaggi
particolari non riferibili, ed anzi opposti, agli interessi della società. Se un socio è portatore di un interesse
personale in conflitto con quello della società, dovrebbe astenersi dal voto. Se vota comunque la
deliberazione è impugnabile, ma solo se:

- Senza il voto di quel socio la maggioranza necessaria sarebbe venuta meno.

- Ne derivi un danno per la società: Se il socio vota sacrificando il suo interesse personale in favore di quello
sociale, la deliberazione non è annullabile.

GLI AMMINISTRATORI

Gli amministratori costituiscono il potere esecutivo della società. Il loro potere, ulteriormente rafforzato
dalla riforma del 2003, ha carattere generale: esso si estende ad ogni sorta di atti i quali non siano
espressamente rimessi alla competenza dell’assemblea. Oltre che autonomi poteri decisionali, gli
amministratori hanno poteri di iniziativa sull’attività dell’assemblea: spetta a loro infatti convocare
l’assemblea e fissarne l’ordine del giorno. Infine hanno il vero e proprio potere esecutivo di dare attuazione
alle deliberazioni assembleari. Quanto alla composizione, l’organo amministrativo può essere formato da
una sola o più persone, soci o non soci, ma che debbono essere necessariamente persone fisiche. La
nomina degli amministratori spetta all’assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che sono
nominati dall’atto costitutivo. Essi sono nominati per un periodo non superiore a tre esercizi, ma sono
rieleggibili alla scadenza del periodo. L’assemblea può in ogni momento revocarli, senza bisogno di
motivare le ragioni della revoca; se tuttavia, questa avviene senza giusta causa, l’amministratore revocato
ha diritto al risarcimento del danno. L’amministratore può in qualsiasi momento rinunciare all’incarico,
dandone comunicazione al consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale.

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Cooptazione: Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più amministratori, ma senza che
venga meno la maggioranza dei consiglieri nominati dall’assemblea, si dà luogo alla c.d. cooptazione, per
cui gli amministratori rimasti sostituiscono i mancanti fino alla successiva assemblea. Se invece viene
meno la maggioranza degli amministratori nominati dall’assemblea, i superstiti devono convocare
immediatamente una nuova seduta affinché l’assemblea provveda alla nomina degli amministratori
mancanti. Per attribuire all’assemblea il potere di rinnovare l’intero consiglio, invece che solo gli
amministratori mancanti, si può prevedere in statuto la clausola “simul stabunt simul cadent”, implicante
la decadenza di tutti gli amministratori superstiti e la ricostituzione dell’intero consiglio. Nel caso in cui
vengano a mancare tutti gli amministratori spetterà al collegio sindacale di convocare l’assemblea e di
compiere, nel frattempo, gli atti di ordinaria amministrazione. La cessazione degli amministratori per
qualsiasi causa deve essere iscritta nel registro delle imprese entro trenta giorni.

Compenso: Il compenso spettante agli amministratori è determinato unilateralmente dall’assemblea,


questo punto dunque non è oggetto di un contratto fra i soci e l’amministratore; egli potrà solo decidere se
accettare o meno l’incarico considerando l’entità dell’offerta, ma non ha voce in capitolo nella sua
determinazione. Il compenso può consistere in una somma fissa corrisposta periodicamente, o in un
“gettone di presenza” per ogni riunione del CdA. Può inoltre essergli riconosciuta una partecipazione agli
utili o possono essergli assegnate stock options, che prevedono la possibilità di sottoscrivere azioni della
società (anche di futura emissione) a un prezzo determinato. Indipendenza degli amministratori: Lo
statuto può richiedere, per l’assunzione della carica di amministratore, il possesso di speciali requisiti di
onorabilità (come la mancanza di precedenti penali), professionalità (il possesso di un certo titolo di studio)
e di indipendenza: rispetto agli azionisti di comando, rispetto alla società controllante o, per gli
amministratori non esecutivi, rispetto agli esecutivi.

La fonte di poteri e doveri degli amministratori: Sappiamo che l’assemblea non può impartire direttive
agli amministratori, né ingerirsi in alcun modo nella loro attività di gestione. E’ chiaro dunque che gli
amministratori non sono vincolati alla società da alcun contratto di mandato, né tanto meno di lavoro
subordinato; i loro poteri, indisponibili da parte dell’assemblea, hanno carattere originario e discendono in
modo diretto dal contratto di società (del quale gli amministratori sono esecutori), allo stesso modo con
cui derivano da esso i poteri dell’assemblea dei soci.

La collegialità dell’organo amministrativo: Il numero dei componenti il consiglio di amministrazione è


determinato dallo statuto o dall’assemblea, il consiglio agisce collegialmente: esso è validamente costituito
se è presente la maggioranza degli amministratori in carica (sempre che lo statuto non richieda un quorum
più elevato), e delibera a maggioranza assoluta dei presenti. La richiesta collegialità dell’organo
amministrativo si giustifica con l’esigenza di ponderare al massimo ciascuna operazione di gestione della
società. La collegialità non è richiesta solo per quelle funzioni che consistono nel vigilare sul generale
andamento della società (ricordiamo infatti che gli amministratori sono i tutori della legalità delle
deliberazioni assembleari); l’esercizio di una simile attribuzione, non implicando scelte discrezionali, non
rende necessaria la ponderazione collegiale.

Poteri individuali: La vigilanza spetta dunque a ciascun amministratore, che è singolarmente


responsabile se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non ha fatto quanto in suo potere per
impedirne il compimento o attenuarne le conseguenze dannose. Si intende che non potrà da solo prendere
i provvedimenti necessari, e non sarà ritenuto responsabile per non averli presi singolarmente, dovrà però
riferire i fatti al consiglio di amministrazione. Eventuali provvedimenti o denunce all’autorità giudiziaria
saranno decise dal consiglio.

Il PRESIDENTE

Il presidente del consiglio di amministrazione ha un minimo di compiti: convoca il consiglio (fissandone


l’ordine del giorno), regola i lavori consiliari, dichiara l’esito delle votazioni, sottoscrive i verbali delle sedute.
Infine spetta al presidente di provvedere, nell’imminenza delle sedute, affinché tutti i consiglieri ricevano
adeguate informazioni sulle materie dell’ordine del giorno. Lo statuto può poi attribuirgli ulteriori poteri, ad
esempio la legale rappresentanza della società, anche in giudizio.

DELEGHE

Nelle grosse società, di solito, il consiglio di amministrazione non attende in modo continuativo alla
gestione sociale: esso può dar vita a un più ristretto comitato esecutivo oppure conferisce ad uno o più

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amministratori la qualità di consiglieri delegati, cui delega appunto le proprie attribuzioni, conservando una
funzione di generale sovrintendenza sull’amministrazione. Questa è una delega globale, comprensiva di
tutti i poteri di amministrazione, eccettuate solo quelle attribuzioni che sono indelegabili: l’emissione di
obbligazioni, la redazione del bilancio, le deliberazioni di aumento del capitale o di riduzione dello stesso
sotto il limite legale, eventuali progetti di fusione o di scissione. La differenza fra il comitato esecutivo e
una pluralità di consiglieri delegati sta nel fatto che il primo è un organo collegiale, mentre gli altri agiscono
svincolati dal metodo collegiale (come amministratori di una società di persone). Il consiglio non è spogliato
delle funzioni che delega: può impartire istruzioni all’organo delegato, revocarne gli atti o sostituirsi ad
esso (l’organo delegato infatti non ha poteri originari come il CdA, ma solo derivati da quest’ultimo)
esamina i piani strategici elaborati dagli organi delegati e valuta il generale andamento della gestione. Gli
amministratori esclusi dall’organo delegato sono, da un lato, esentati da responsabilità per le azioni od
omissioni compiute dall’organo delegato stesso; d’altro canto però sono chiamati a vigilare sul suo operato
e sono responsabili se non fanno quanto possibile per evitare il compiersi di fatti pregiudizievoli.

I DIRETTORI GENERALI

Sono dipendenti della società, investiti di mansioni di alta gestione. Godono di supremazia gerarchica nei
confronti di tutti gli altri dipendenti, ed hanno sopra di sé solo l’autorità del consiglio d’amministrazione.
Essi, in quanto dipendenti, non godono di poteri originari, ma solo derivati dal contratto di lavoro, tuttavia
a volte acquistano un’importanza simile o addirittura superiore a quella degli stessi amministratori.
Rappresentano il management della società, e sono veri e propri tecnici della direzione aziendale.
L’autorità di fatto dei direttori aziendali diventa anche di diritto se essi sono nominati dall’assemblea o per
disposizione dello statuto. In tal caso, sono soggetti alle medesime norme che regolano la responsabilità
degli amministratori.

RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI

A) Verso la società: “Gli amministratori devono adempiere i doveri loro imposti dalla legge e dallo statuto con la
diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalla loro specifica professionalità e competenza”. Dal momento che
gli amministratori sono scelti in base alle loro competenze professionali (avvocati, commercialisti, ingegneri) o
tecniche (chimici, biologi ecc.), il loro grado di diligenza, prudenza, perizia va rapportato alla loro particolare
competenza professionale o tecnica. Ogni amministratore deve dotarsi di una preparazione adeguata alla carica
ricoperta, o altrimenti rinunciarvi anche se fosse il maggiore azionista, poiché sono in gioco ci sono gli interessi
degli altri soci e dei creditori sociali. La responsabilità degli amministratori ha natura di responsabilità
contrattuale, ma non per inadempimento di un inesistente “contratto di amministrazione”, bensì per violazione
dello statuto della società. Perché sorga responsabilità occorre che si sia verificato un danno alla società, che agli
amministratori possa essere imputato un inadempimento di un obbligo derivante dal contratto di società, e che
sussista un nesso di causalità fra l’inadempimento e il danno. La responsabilità investe anche gli amministratori che
non abbiano partecipato direttamente all’atto dannoso, ma che abbiano omesso di fare quanto in loro potere per
impedirne il compimento o evitare il danno. Al fine di liberarsi dalla responsabilità per gli atti o le omissioni degli
altri, un amministratore (che abbia fatto tutto ciò che poteva per evitare o limitare le conseguenze dannose) deve
far annotare il suo dissenso nel libro delle adunanze. L’azione di responsabilità: L’azione sociale di responsabilità è
deliberata dall’assemblea. Questa deliberazione comporta l’automatica revoca degli amministratori (e loro
sostituzione da parte dell’assemblea stessa), solo se presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale
sociale. L’azione è esercitata in giudizio da un curatore o, se i vecchi amministratori sono stati revocati, dai nuovi
amministratori; la società dovrà provare solo l’inadempimento degli amministratori e il danno che ne è
conseguenza immediata e diretta, mentre incombe sugli amministratori l’onere di provare ciò che varrebbe ad
escludere la loro responsabilità. E’ ammessa l’azione di responsabilità della minoranza, promossa da tanti soci che
rappresentino un quinto del capitale sociale (un ventesimo nelle società quotate).

B) Verso i creditori sociali: Gli amministratori sono responsabili nei confronti dei creditori sociali “per
l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale”. A differenza dell’altra, che è
responsabilità contrattuale, questa è responsabilità da fatto illecito: è applicazione del 75 principio enunciato
dall’art. 2043, e il danno ingiusto è la lesione dell’aspettativa di prestazione dei creditori sociali. Gli obblighi degli
amministratori inerenti alla conservazione del patrimonio sociale sono posti a tutela di una duplice serie di
interessi: l’interesse della società, che ha azione contrattuale nel caso di loro violazione, e quello dei creditori,
che al danno ingiusto reagiscono con azione da fatto illecito. La loro è

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un’azione autonoma, non surrogatoria, infatti è chiaramente disposto che “gli amministratori rispondono
verso i creditori sociali” (se si trattasse di azione surrogatoria, la responsabilità degli amministratori
sarebbe ancora nei confronti della società); inoltre lo si evince dal fatto che “la rinuncia all’azione da parte
della società non ne impedisce l’esercizio da parte dei creditori”.

C) Verso singoli soci o terzi: L’azione spetta anche ai soci o terzi che siano stati danneggiati direttamente da atti
dolosi o colposi degli amministratori. Non spetta invece a coloro che siano stati danneggiati di riflesso; cioè che
abbiano subito, sul loro patrimonio, effetti negativi in conseguenza di un danno causato (dagli amministratori) alla
società.

SISTEMI DI CONTROLLO. I SINDACI E LE LORO FUNZIONI

Il collegio sindacale è l’organo di controllo della società, al quale spetta la verifica della legalità ed
efficienza della società. Deve cioè vigilare “sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei
principi di corretta amministrazione”. L’organo è nominato dall’assemblea, si compone di tre o cinque
membri effettivi (più due membri supplenti) e opera collegialmente deliberando a maggioranza assoluta.
Per garantire l’imparzialità del collegio sindacale, sono ineleggibili alla carica di sindaco: Il coniuge, i
parenti e gli affini degli amministratori, entro il quarto grado. Coloro che sono legati o interessati alla società
(o ad altre società con cui abbia vincoli di controllo) da un rapporto di lavoro o da altri rapporti che ne
compromettano l’indipendenza. Non c’è invece motivo di proibire, nei gruppi di società, la contemporanea
carica di sindaco in società del medesimo gruppo. Per assicurare che la carica sia affidata a persone
preparate, almeno uno dei sindaci effettivi e un supplente devono essere scelti fra gli iscritti a determinati
albi professionali (avvocati, commercialisti, ragionieri) o fra professori universitari in materie economico-
giuridiche. Per garantire una certa indipendenza dei sindaci, anche rispetto alla maggioranza assembleare
che li ha nominati, è garantita la stabilità della carica: I sindaci restano in carica minimo per tre esercizi, e
non possono essere revocati dall’assemblea se non per giusta causa. Inoltre la retribuzione dei sindaci
deve essere stabilita all’atto della nomina per l’intero periodo di durata dell’ufficio (per evitare che la
maggioranza possa, promettendo un aumento di retribuzione, indurre i sindaci a tenere sotto silenzio le
irregolarità scoperte). Altre norme mirano a garantire l’effettività della funzione sindacale: il collegio ad
esempio deve riunirsi almeno ogni novanta giorni. Inoltre il sindaco che, senza giustificato motivo, non
partecipi a due riunioni del consiglio, o due assemblee, o adunanze dell’organo amministrativo, decade
dall’ufficio. La decadenza non è, come invece la revoca, rimessa al giudizio dell’assemblea, ma opera
automaticamente.

Le funzioni dei sindaci: I sindaci dispongono di vari strumenti di indagine: Essi devono assistere alle
adunanze del consiglio di amministrazione ed alle assemblee, e hanno diritto di ricevere in anticipo il
bilancio predisposto dagli amministratori, con la loro relazione e i documenti giustificativi; il collegio
sindacale può formulare giudizi di merito sul progetto di bilancio, e anche fare osservazioni e proposte
circa il bilancio stesso e la sua approvazione. I singoli sindaci possono inoltre procedere ad atti di ispezione
e controllo, mentre il “collegio sindacale” può chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle
operazioni sociali, anche con riferimento alle controllate, prendere diretto contatto con i corrispondenti
collegi delle controllate, per scambiare informazioni, e convocare in ogni momento l’assemblea o il
consiglio di amministrazione. I provvedimenti che i sindaci possono assumere, sulla base dei controlli
effettuati, sono di varia portata: essi possono innanzitutto impugnare le deliberazioni di assemblea e
consiglio di amministrazione che siano contrarie alla legge o allo statuto; possono, per fatti di rilevante
gravità, farne denuncia al tribunale per ottenere la revoca degli amministratori e possono convocare
l’assemblea ponendo in ordine del giorno i provvedimenti di cui ravvisano l’urgenza. Fruitrice delle
prestazioni dei sindaci non è tanto la maggioranza assembleare, la quale è in grado di esercitare sugli
amministratori, che sono una sua emanazione, controlli ben più penetranti; piuttosto è la minoranza a
beneficiare dei suoi servizi: essa è infatti priva di strumenti di informazione e controllo sull’operato degli
amministratori (questi strumenti vengono dunque affidati al collegio sindacale), si pensi che i soci di
minoranza non possono nemmeno prendere visione delle scritture contabili, né del libro delle adunanze e
delle deliberazioni del CdA. Nelle S.p.A. infatti, circolando le azioni liberamente fra un elevato numero di
soci, si tende a tutelare il segreto industriale: Sopprimendo ogni diritto di informazione e di controllo del
socio (potrebbe essere un concorrente che ha acquistato azioni solo per carpire informazioni riservate), e
vincolando i sindaci al “segreto sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio”.
Gli azionisti di minoranza debbono quindi confidare nella veridicità di quanto i sindaci riferiscono in
assemblea; peraltro essi sono “responsabili della veridicità delle loro attestazioni”.

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LE RESPONSABILITA’ DEI SINDACI

La diligenza che si richiede ai sindaci è proporzionata alla natura dell’incarico, senza dubbio impegnativo.
Essi sono responsabili verso la società, verso i creditori sociali, e anche verso singoli soci o terzi,
similmente agli amministratori; le azioni di responsabilità nei loro confronti sono regolate dalle
corrispondenti norme relative agli amministratori. I sindaci, in effetti, sono responsabili “solidalmente con
gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi
avessero vigilato conformemente agli loro obblighi”. I sindaci non rispondono per il fatto in sé, ma in quanto
sia configurabile, a loro carico, la violazione di un obbligo inerente alla loro funzione; del danno essi
rispondono solo se c’è rapporto di causalità fra violazione dei loro doveri di vigilanza e fatto dannoso.

IL CONTROLLO CONTABILE

La riforma del 2003 ha separato il controllo contabile da quello di legalità, in precedenza riuniti in capo al
collegio sindacale. Ora il controllo contabile deve essere esercitato da un revisore contabile o da una
società di revisione; tuttavia se si tratta di società che non ricorre al capitale di rischio lo statuto può, come
in passato, attribuire questa funzione al collegio sindacale. Al contrario, per le società che fanno ricorso al
capitale di rischio, il controllo deve essere esercitato sempre da una società di revisione (è escluso il
revisore singolo). Non può essere revisore contabile il sindaco della società, né un sindaco di società che
abbiano rapporti di controllo con quella. Alla revisione contabile inerisce un triplice ordine di funzioni: La
verifica, con cadenza almeno trimestrale, della regolare tenuta della contabilità sociale. La verifica che il
bilancio corrisponda alle risultanze delle scritture contabili. La formulazione di un giudizio sul bilancio.

IL BILANCIO

Il bilancio d’esercizio comprende tre documenti; due di questi sono veri e propri documenti contabili: lo
stato patrimoniale e il conto economico; il terzo è la nota integrativa, ed ha carattere esplicativo dei primi
due. Il bilancio deve essere redatto al termine di ogni esercizio annuale, ed ha la funzione di rappresentare
“la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio”. Il bilancio deve
essere steso con chiarezza, ed in modo veritiero e corretto. 79 Il codice introduce però una serie di
eccezioni, che si traducono in deroghe al principio di verità del bilancio. Così, ad esempio, gli immobili, gli
impianti, i macchinari debbono essere iscritti per il cosiddetto “valore storico”, cioè il prezzo di costo, che
può essere nettamente inferiore al valore attuale (Solo se il valore attuale risulti inferiore al valore storico,
il cespite dovrà essere iscritto per il valore attuale). Si torna invece a privilegiare la verità “reale” su quella
“legale” se, in casi del tutto eccezionali, l’applicazione delle deroghe previste sia del tutto incompatibile
con una rappresentazione veritiera e corretta. Ad esempio, se un terreno agricolo acquistato per dieci ha
assunto un valore di mercato di mille, essendo diventato edificabile, si è in presenza di un eccezionale
caso di incompatibilità fra verità legale e verità reale, eventualità che esige l’adeguamento della prima alla
seconda.

Prudenza, competenza, coerenza: Altri principi generali da tener presente nella redazione del bilancio
sono: Il principio di prudenza nella valutazione delle singole voci: Quando una voce appare suscettibile di
valutazioni diverse la prudenza imporrà, se si tratta di voci all’attivo, di iscriverle per le valutazione più
bassa, se sono voci passive per quella più alta. Il principio di competenza stabilisce che il bilancio deve
rappresentare la situazione patrimoniale della società e il risultato economico quali emergono alla data di
chiusura dell’esercizio annuale, e ciò quantunque il bilancio venga redatto in epoca successiva, quando
le poste di bilancio possono aver subito variazioni. Ad esempio un cespite esistente alla chiusura
dell’esercizio, dovrà essere iscritto anche se non più esistente alla data di redazione del bilancio (e
viceversa). La coerenza esige, infine, che i criteri di valutazione non possono essere modificati da un
esercizio all’altro.

LO STATO PATRIMONIALE

Esso è la rappresentazione della situazione economica e finanziaria della società, deve essere redatto in
conformità dello schema legislativamente predisposto e con la massima chiarezza: L’importo di ogni voce
deve essere accompagnato dall’importo della stessa voce nell’esercizio precedente, inoltre sono illegittime
poste del tipo “partite varie” e simili. E’ vero che simili diciture possono essere chiarificate nella nota
integrativa, tuttavia il principio di chiarezza si riferisce anzitutto ai documenti contabili che devono
consentire il “facile e rapido reperimento dei dati”. La nota ha solo il compito di fornire le “chiavi di lettura”
dei documenti contabili che formano il bilancio.

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Le immobilizzazioni: Questa voce comprende “gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati
durevolmente”, cioè le entità patrimoniali stabilmente destinate all’esercizio dell’impresa sociale. Sono di
tre specie:

- Immobilizzazioni immateriali: comprendono licenze, brevetti, marchi ecc.

- Immobilizzazioni materiali: terreni, edifici, macchinari ecc.

- Immobilizzazioni finanziarie: titoli, obbligazioni, partecipazioni in altre società. Se le partecipazioni sono state
acquistate non per concorrere a gestire l’impresa che le ha emesse, ma come semplici valori i scambio, a fini
speculativi, queste partecipazioni saranno qualificate come “attivo circolante” e collocate sotto la voce “attività
finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni”. Come si è già detto tutte le immobilizzazioni sono valutate in
base al loro costo storico.

Ammortamenti: Molte immobilizzazioni materiali sono suscettibili di progressivo deperimento per l’usura,
oppure di obsolescenza tecnologica e così via. Il loro decremento di valore nel tempo deve essere valutato:
“il costo delle immobilizzazioni la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente
ammortizzato in ogni esercizio, in relazione alla loro residua possibilità di utilizzo. Gli ammortamenti danno
luogo ad apposite voci nel conto economico, ma anche nello stato patrimoniale devono essere considerati,
riducendo in ogni esercizio la valutazione dei cespiti in misura pari alla relativa quota di ammortamento.

Riserva legale: Il codice prevede la costituzione di una riserva legale, accumulata deducendo ogni anno
dagli utili netti un somma pari ad almeno un ventesimo di essi, fino a raggiungere un quinto del capitale
sociale.

Riserve facoltative: Alla riserva legale possono aggiungersi altre riserve: quelle previste dallo statuto, e
quelle facoltative, create con deliberazione assembleare ed eliminabili allo stesso modo. Possono avere
la funzione di salvaguardare il capitale sociale, ma anche funzioni più specifiche, come l’accantonamento
di una quota di utili per scopi determinati (es. ampliamento dello stabilimento).

Fondi: I fondi per rischi ed oneri sono invece destinati a coprire perdite o debiti di determinata natura, che
si prevedono come certi o probabili, ma dei quali non è ancora possibile determinare l’ammontare o la
data di sopravvenienza.

Debiti e crediti: Debbono essere indicati distintamente, nel passivo e nell’attivo, sono infatti vietati i
compensi di partite.

Patrimonio netto: La somma di capitale più riserve più utili conseguiti dà come risultato il patrimonio netto
della società. A questa entità numerica si fa riferimento, oltre che a specifici effetti di legge, ogni qualvolta
si voglia determinare il valore di un pacchetto azionario, dapprima espresso come proporzione rispetto al
patrimonio netto della società.

Valuta: Ricavi, proventi, costi ed oneri relativi ad operazioni in valuta debbono essere determinati al
cambio corrente nella data dell’operazione. Per le attività e passività in valuta bisogna operare con criteri
di assoluta prudenza.

Bilancio in forma abbreviata: Le società non quotate possono redigere il bilancio in forma abbreviata
quando, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due di questi tre limiti:

a) Totale dell’attivo: 3.125.000 euro.

b) Ricavi: 6.250.000 euro.

c) Numero di dipendenti: 50 unità.

L’APPROVAZIONE DEL BILANCIO

Ciò che gli amministratori redigono è solo un progetto di bilancio, perché questo assuma efficacia giuridica
è necessario che sia approvato dall’assemblea. Almeno trenta giorni prima dell’assemblea che dovrà
discuterlo, il bilancio deve essere comunicato al collegio sindacale, il quale deve esaminarlo ed elaborare
osservazioni e proposte da sottoporre all’assemblea. L’assemblea può non approvare il bilancio, nel qual
caso gli amministratori dovranno riformarlo e presentarlo nuovamente all’assemblea per l’approvazione.
E’ dubbio che l’assemblea abbia il potere di modificare essa stessa il bilancio: molti interpreti riconoscono

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all’assemblea il potere di apportarvi modificazioni, Galgano tuttavia ritiene preferibile l’opinione contraria,
sostenendo che l’assemblea non è più, come in passato, l’organo sovrano della società, ma ha
competenza speciale, limitata alle specifiche materie ad essa attribuite. Le è consentito perciò di approvare
o disapprovare in blocco il bilancio proposto dagli amministratori, ma non di perseguire un propria politica
di bilancio. Nelle società che adottano il sistema dualistico, il bilancio predisposto dagli amministratori
viene approvato dal consiglio di sorveglianza, senza che l’assemblea possa pronunciarsi su di esso.

Invalidità: Il bilancio redatto dagli amministratori può essere un bilancio falso, nel quale cioè siano state
inserite fittizie poste attive o passive; in questo caso gli amministratori incorrono in responsabilità penale.
Può essere inoltre un bilancio irregolare, redatto cioè in violazione dei principi che presiedono alla
formazione del bilancio.

LA DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI

La stessa assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci. Utile distribuibile
è l’eventuale eccedenza attiva risultante dal bilancio, cioè la differenza aritmetica risultante dalla
sottrazione fra attivo e passivo. Non si tratta necessariamente di disponibilità liquide, la prevalenza
dell’attivo sul passivo può derivare infatti da altre voci, diverse dall’eccedenza di cassa. In questo caso gli
amministratori si procureranno le somme occorrenti per eseguire la deliberazione facendo ricorso al
credito. L’utile distribuibile diventa dividendo solo nella misura in cui la maggioranza assembleare decida
di ripartirlo tra i soci, un preciso diritto dell’azionista al dividendo nasce solo dalla deliberazione
assembleare che disponga la distribuzione degli utili. La maggioranza non è tenuta a motivare le ragioni
della eventuale mancata distribuzione degli utili, essa si limiterà a deliberare che gli utili o parte di essi
siano “riportati a nuovo”.

Acconti sul dividendo: La possibilità, per gli amministratori, di distribuire ai soci acconti sui futuri
dividendi, è ammessa solo in presenza di particolari condizioni:

- Deve trattarsi di società il cui bilancio è assoggettato a controllo da parte di società di revisione iscritte all’albo
speciale.

- La distribuzione di acconti è subordinata all’approvazione, da parte del revisore, di un prospetto contabile dal
quale risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società ne consente la distribuzione.

- Il bilancio dell’esercizio precedente deve essere già stato approvato, con giudizio positivo della società di
revisione. - Da esso non devono risultare perdite.

Clausole statutarie sulla ripartizione degli utili: Il codice riconosce, da un lato, autonomia statutaria in
fatto di ripartizione degli utili (“l’atto costitutivo deve indicare le norme secondo le quali gli utili devono
essere ripartiti”), d’altro lato attribuisce esplicitamente all’assemblea il potere di disporre dell’utile
annualmente realizzato ed accertato (“l’assemblea delibera sulla distribuzione degli utili ai soci”); di qui il
problema di raccordo fra le due leggi. In realtà le norme statutarie sono necessarie soltanto se si intende
stabilire che una data percentuale degli utili sia sempre destinata alla distribuzione fra i soci, oppure sia
sempre trattenuta nelle casse della società. Per il resto spetta all’assemblea, ogni anno, deliberare il “se”
e il “quanto” distribuire ai soci.

LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’ (riprendi da pag.90 al link http://www.polodicutro.it/wp-


content/uploads/2013/09/Riassunti-di-diritto-commerciale.pdf)

Le cause di scioglimento: Occorre preliminarmente distinguere fra scioglimento ed estinzione della


società: Il verificarsi di una causa di scioglimento non determina senz’altro la cessazione del rapporto
sociale; dà luogo invece ad un’ulteriore fase di esecuzione del contratto, diretta alla liquidazione del
patrimonio sociale, solo al termine della quale la società potrà dirsi estinta. Le cause di scioglimento della
società, previste dall’articolo 2484, sono:

• Il decorso del termine di durata.


• Il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo.
• L’impossibilità di funzionamento o la prolungata inattività dell’assemblea.
• La riduzione del capitale al di sotto del minimo legale.

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• L’incapacità patrimoniale della società di procedere alla liquidazione della quota del socio recedente.
• La deliberazione dell’assemblea di scioglimento anticipato della società.
• Altre cause previste dallo statuto.

Incombe sugli amministratori, una volta che si sia verificata una delle cause di scioglimento, di procedere al
suo accertamento, ed alla iscrizione presso il registro delle imprese di una dichiarazione che la attesti; se gli
amministratori non provvedono, l’accertamento e l’iscrizione sono eseguiti dal tribunale su istanza dei soci o
del collegio sindacale. Dalla data di iscrizione di questa dichiarazione si determinano gli effetti dello
scioglimento, la pubblicità nel registro delle imprese assume quindi un vero e proprio valore costitutivo dello
stato di liquidazione.

Nuove operazioni: I primi effetti dello scioglimento si producono a carico degli amministratori: essi debbono
astenersi dall’intraprendere nuove operazioni e limitare la gestione sociale ai soli fini della “conservazione del
patrimonio sociale”. Per effetto dello scioglimento della società sorge in capo all’azionista il preciso diritto ad
una parte proporzionale del patrimonio da liquidare. Gli amministratori non possono rischiare di pregiudicare
questo diritto con il compimento di nuovi atti d’impresa, suscettibili di esporre a nuovi rischi il patrimonio sociale.

LA LIQUIDAZIONE

I liquidatori sono nominati dall’assemblea straordinaria, che provvede anche a determinarne i poteri e le
modalità di esercizio, essi sono in ogni momento revocabili e sostituibili dalla stessa assemblea straordinaria
o dal tribunale su istanza dei soci o del p.m. Con la nomina dei liquidatori gli amministratori cessano dalla loro
carica e debbono consegnare ai liquidatori i beni sociali. Assemblea e collegio sindacale sopravvivono allo
scioglimento della società, ma con funzioni ridotte a ciò che è compatibile con lo stato di liquidazione
(nominano i liquidatori e regolano il loro operato, approvano le modificazioni dello statuto necessarie ai fini
della liquidazione, deliberano eventualmente sulla responsabilità degli amministratori). Entro i limiti fissati
dall’assemblea straordinaria che li nomina, i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la
liquidazione della società, e rispondono per il loro operato secondo le norme sulla responsabilità degli
amministratori. Se i fondi acquisiti con la vendita dei beni sociali risultano insufficienti a pagare i debiti, i
liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti sulle azioni non liberate; se la società si rivela
insolvente, dovranno chiedere al tribunale che la dichiari fallita. Conclusa la liquidazione, i liquidatori redigono
un bilancio finale del loro operato, che deve essere depositato presso il registro delle imprese, ed è tacitamente
approvato se i soci non sporgono reclamo entro novanta giorni; scaduto il termine i liquidatori sono liberati di
fronte ai soci.

L’ ESTINZIONE

Ultimo adempimento che grava sui liquidatori è la richiesta di cancellazione della società dal registro delle
imprese; la cancellazione segna il momento dell’estinzione della società. Dopo la 92 cancellazione non esiste
più un patrimonio sociale distinto dal patrimonio personale dei soci: i creditori sociali non ancora soddisfatti
non potranno agire nei confronti della società, ma solo nei confronti dei singoli soci (pur se limitatamente alla
loro quota di liquidazione) o dei liquidatori (solo in presenza di una loro colpa).

REVOCA DELLO STATO DI LIQUIDAZIONE

Non di rado accade che i soci, anche a notevole distanza dalla data di scioglimento (non di estinzione,
ovviamente..), decidano di riattivare la società, revocando lo stato di liquidazione; è possibile farlo con una
deliberazione di assemblea straordinaria, previa eliminazione della causa di scioglimento, che ha effetto dopo
60 gg dalla iscrizione al registro delle imprese. Al socio non consenziente è garantito, a fronte del suo interesse
alla liquidazione della sua quota, il diritto di recesso.

LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI (S.A.P.A.)

In questo tipo di società, i soci si dividono in accomandanti ed accomandatari come nella S.A.S. e questi
ultimi sono illimitatamente e solidalmente responsabili per le obbligazioni sociali, in via sussidiaria rispetto alla
società.

I SOCI ACCOMANDATARI

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La qualità di socio accomandatario è, nell’accomandita per azioni, strettamente legata alla carica di
amministratore: non si può essere amministratori senza essere soci accomandatari, né si può essere
accomandatari senza essere amministratori. I nomi dei soci accomandatari sono indicati nello statuto; queste
persone assumono di diritto ed in modo automatico la carica di amministratori, e la conservano fino a quando
l’assemblea straordinaria non li abbia revocati, o non abbiano rinunciato alla carica, oppure abbiano cessato,
per qualsiasi ragione, di appartenere alla società. La nomina dei nuovi amministratori 95 richiede una
modificazione dello statuto, e quindi una deliberazione di assemblea straordinaria, e deve essere una nomina
approvata dai soci accomandatari superstiti (gli accomandatari hanno un generale diritto di veto sulle
deliberazioni modificative della statuto). Per contro gli accomandatari non possono votare nelle deliberazioni
riguardanti la nomina e la revoca dei sindaci, questo per garantire all’organo di controllo un’indipendenza dagli
amministratori maggiore di quella che si ha nelle società per azioni, data la quasi inamovibilità di questi ultimi.
L’accomandatario che, per rinuncia o per revoca, cessa dalla carica di amministratore, conserva la qualità di
socio ma diventa automaticamente socio accomandante.

Responsabilità degli accomandatari: La società in accomandita per azioni è nel novero della società dotate
di personalità giuridica. Ma come si concilia questa personalità con la responsabilità illimitata degli
accomandatari? Si è ritenuto che per gli accomandatari valga lo stesso principio vigente per “l’unico azionista”,
il quale risponde illimitatamente delle sole obbligazioni sorte nel periodo in cui risulta essere stato l’unico socio,
mentre continua a godere di responsabilità limitata per le obbligazioni sorte quando esisteva ancora la pluralità
dei soci (pur se tuttora esigibili). Allo stesso modo gli accomandatari non sono responsabili per “tutte le
obbligazioni sociali” (sono escluse quelle sorte prima della loro nomina), perciò si può dire che la loro non sia
una vera responsabilità illimitata, ma che lo sia solo in senso tecnico.

LE NORME APPLICABILI ALLA S.A.P.A.

“Alla società in accomandita per azioni sono applicabili le norme relative alla società per azioni, se compatibili
con le disposizioni seguenti (artt. 2455-2461)”. Nessun esplicito richiamo è fatto dunque alle norme sulla
società in accomandita semplice, tuttavia alcuni principi vigenti per le società di persone dovranno essere
richiamati di fronte alle lacune non colmabili applicando le norme sulla società per azioni. Problemi di
incompatibilità fra le norme sulle società per azioni e la realtà delle società in accomandita per azioni sorgono,
ad esempio, per quanto riguarda la disciplina degli amministratori. Il consiglio di amministrazione delibera a
maggioranza oppure, vista la responsabilità illimitata di ciascun amministratore, sarà richiesta l’unanimità?
Bisogna ricordare che è richiesta compatibilità solamente fra le norme sulla società per azioni e il contenuto
degli artt. 2455-2461, e in questo caso le norme sulla società per azioni riguardanti le deliberazioni del C.d.A.
a maggioranza non sono incompatibili con nessuna delle disposizioni agli artt. 2455-2461. Le normali regole
relative alla società per azioni devono quindi ritenersi vigenti.

I SOCI ACCOMANDANTI

La posizione dei soci accomandanti risulta in tutto e per tutto equiparata a quella degli azionisti. Ogni
riferimento alle norme relative agli accomandanti di società in accomandita semplice è da escludere.
L’accomandante che si ingerisca nell’amministrazione sistematicamente potrà venire in considerazione quale
amministratore di fatto, perciò, poiché l’amministratore di fatto è equiparato all’amministratore regolarmente
nominato, e poiché in questo tipo di società esiste un nesso necessario fra carica di amministratore e qualità
di socio accomandatario, si potrà qualificare l’amministratore di fatto anche come accomandatario di fatto.

LA S.R.L.

La società a responsabilità limitata si presta ad essere considerata come un tipo intermedio fra le società di
persone e le società per azioni, comunque essa è dotata di personalità giuridica, ha un patrimonio autonomo
e i suoi soci rispondono delle obbligazioni sociali solo nei limiti della loro quota (al pari dell’unico azionista,
l’unico socio di S.r.l. decade dalla responsabilità limitata per le obbligazioni sorte nel periodo in cui è stato
unico socio). Simili alla società per azioni sono anche le norme sul procedimento costitutivo della società,
sull’efficacia dell’iscrizione nel registro delle imprese (efficacia costitutiva), sui soci fondatori. La principale
differenza invece, è che per questo tipo di società viene richiesto un capitale minimo di gran lunga inferiore a
quello di una S.p.A. , e precisamente pari a diecimila euro. Altro elemento di differenziazione sta nel fatto che
“le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate da azioni, né costituire oggetto di
sollecitazione all’investimento”; non potendo emettere azioni, la S.r.l. non può fare ricorso al mercato del
capitale di rischio, il che vale a porre evidenti limiti massimi alle dimensioni di questo tipo di società. E’
ammessa soltanto l’emissione di titoli di debito simili alle obbligazioni, che possono però essere sottoscritti

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esclusivamente da investitori qualificati, i quali a loro volta li collocheranno presso il pubblico dei risparmiatori
rispondendo in prima persona della solvenza della società.

L’ORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETA’

I conferimenti: La costituzione della società e i conferimenti sono regolati da norme sostanzialmente


corrispondenti a quelle della società per azioni. La S.r.l. tuttavia presenta due particolarità: Il versamento
presso una banca del 25% del conferimento può essere sostituito da una fideiussione o da una polizza di
assicurazione; Il conferimento può consistere (come nelle società di persone) in una prestazione d’opera o di
servizi; la relativa obbligazione, tuttavia, deve essere garantita per l’intero valore ad essa assegnato da una
fideiussione o da una polizza d’assicurazione.

Amministrazione: Per l’organizzazione interna della società è attribuita dalla riforma una grande autonomia
allo statuto. L’atto costitutivo può: Concentrare tutti i poteri in capo ai soci ed attribuire ad essi anche
l’amministrazione della società, congiuntiva o disgiuntiva, come è nelle società di persone; Attribuire
l’amministrazione a uno o più soci soltanto, nominati dall’assemblea (alla quale peraltro lo statuto può riservare
competenza su determinate materie). Anche se l’amministrazione è riservata a uno o più soci, lo statuto può
determinare se essi debbano esercitarla congiuntamente o disgiuntamente; nel silenzio dello statuto i soci
designati compongono il consiglio di amministrazione, che delibera collegialmente. Il potere di rappresentanza
è, come nelle società di persone, inerente alla carica di amministratore.

Le decisioni riservate ai soci: Sono riservate in ogni caso ai soci le deliberazioni di approvazione del bilancio
e distribuzione degli utili, le modificazioni dell’atto costitutivo e le decisioni che comportano una sostanziale
modificazione dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci. Le deliberazioni, eccetto quelle modificative dello statuto
che richiedono il metodo assembleare, possono anche essere prese, come nella società di persone, con la
raccolta di adesioni scritte alla proposta di deliberazione. Le decisioni sono prese col voto favorevole dei soci
che rappresentino almeno la metà del capitale sociale.

Soci non amministratori: I soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritti analoghi a quelli dei
soci non amministratori nelle società di persone: hanno diritto di avere notizie dagli amministratori sullo
svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali, possono esercitare l’azione di responsabilità contro
gli amministratori e chiederne, in caso di gravi irregolarità, la revoca con provvedimento cautelare. La
costituzione di un collegio sindacale può essere prevista dallo statuto, ed è anzi obbligatoria se il capitale
sociale è superiore al capitale minimo della società per azioni.

Bilancio: Il progetto di bilancio, da redigere secondo i principi validi per il bilancio delle S.p.A. , deve essere
presentato ai soci entro 120 gg dalla chiusura dell’esercizio; la decisione dei soci che approva il bilancio decide
anche sulla ripartizione degli utili, ma non si possono distribuire utili se il capitale è in perdita. Almeno fino a
quando non sia stato reintegrato.

LA QUOTA SOCIALE

A differenza di quanto accade nelle S.p.A. , dove le quote sono rappresentate da azioni, qui la qualità di socio
non è incorporata in un titolo di credito idoneo a circolare come cosa mobile, tuttavia la riforma del 2003
considera espressamente la quota alla stregua di un bene mobile, ammettendo anche che possa costituire
oggetto di pegno, usufrutto o sequestro. Mentre le azioni sono tutte di uguale valore, e la potenza di ciascun
socio dipende dal numero delle azioni possedute, qui le quote possono essere di diverso ammontare, ciascun
socio è titolare di una sola quota e la sua potenza è determinata dalla consistenza di questa in rapporto al
capitale. Le quote dei soci, proprio perché non esprimono altro se non la percentuale di partecipazione alla
società, si adattano automaticamente, nel caso di aumento o di riduzione del capitale, in proporzione ad esso.

Recesso del socio: Le quote, in linea di principio, sono trasferibili, ma lo statuto può vietarne il trasferimento,
accentuando il carattere personalistico di questo tipo di società ed elevando l’identità del socio ad elemento
determinante, come accade nelle società di persone. La possibilità di prevedere questo divieto, e la difficoltà
nel trovare compratori anche laddove il divieto non sussista, possono generare una sorta di perpetuità
soffocante del vincolo societario, tenendo il socio “prigioniero” della propria quota per tutta la durata della
società. A ciò ha ovviato la riforma del 2003, prevedendo nuove e più agevoli cause di recesso: Se la società
è stata contratta a tempo indeterminato, il socio può in ogni momento recedere con un preavviso di centottanta
giorni. Se la società è contratta a tempo determinato, e il trasferimento delle quote è vietato o subordinato al

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gradimento degli organi sociali, il socio ha diritto di recedere in qualsiasi momento. Il socio ha comunque diritto
di recedere nelle ipotesi previste dall’atto costitutivo.

Liquidazione della quota: L’ampliamento dei casi si recesso pone problemi di tutela dell’integrità del capitale,
che costituisce la sola garanzia per i creditori sociali. Di qui una serie di cautele: Innanzitutto è previsto il
rimborso della quota mediante acquisto da parte degli altri soci o di un terzo; se poi ciò non fosse possibile le
somme necessarie vengono prelevate da riserve disponibili, e infine, se anche queste non siano sufficienti, si
riduce il capitale sociale, sempre che nessun creditore si opponga. In quest’ultimo caso la società è messa in
liquidazione. In nessun caso la società può acquistare proprie quote (diversamente dalle S.p.A.), né può
(questa volta similmente alle S.p.A.) riceverle in pegno o dare garanzie o accordare prestiti per la loro
sottoscrizione.

Esclusione del socio: L’affinità con le società di persone, per quanto riguarda i rapporti interni, emerge anche
dalla possibilità di esclusione di un socio per giusta causa. L’esclusione non può però essere deliberata se,
per rimborsare la quota del socio escluso, occorrerebbe ridurre il capitale sociale.

Il trasferimento della quota: Il trasferimento della quota si attua tramite documento scritto, con firme
autenticate dal notaio, il quale deve provvedere, entro trenta giorni, all’iscrizione dell’atto presso il registro
delle imprese. Perché il trasferimento acquisti efficacia nei confronti della società, ossia perché l’acquirente
sia a tutti gli effetti considerato socio, occorre l’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci. Altro problema
sorge nel caso di doppia alienazione della medesima quota; in questo caso fra i due acquirenti prevale quello
che abbia per primo effettuato, in buona fede, l’iscrizione del proprio acquisto nel registro delle imprese. Il
criterio è differente da quello valido per i trasferimenti immobiliari: mentre in quel caso ha la meglio il primo
che trascrive, anche se in mala fede, in questo chi ha iscritto per primo prevale solo se è in buona fede.

Espropriazione forzata: i creditori particolari del socio possono espropriare la sua quota, che viene sottoposta
alla vendita forzata o viene assegnata al creditore procedente, il quale subentra all’espropriato nella qualità di
socio. Le cose si complicano nel caso in cui la quota sia trasferibile con il gradimento della società o previa
offerta in prelazione agli altri soci: in questo caso creditore, debitore e società devono tentare un accordo sulla
vendita della quota, altrimenti essa verrà venduta all’asta, e la società potrà annullare l’aggiudicazione
presentando un altro acquirente disposto a pagare lo stesso prezzo.

La s.r.l. unipersonale

La società a responsabilità limitata con un unico socio è ammessa. A tutela dei terzi, la fruizione della
responsabilità limitata da parte dell’unico socio è subordinata a specifiche condizioni: Le generalità dell’unico
socio devono essere rese pubbliche mediante iscrizione nel registro delle imprese, e dagli atti e dalla
corrispondenza della società deve risultare che si tratta di società con un unico socio; I conferimenti in denaro
dell’unico socio devono essere interamente versati. 99 Se queste condizioni non vengono adempiute opera il
principio secondo il quale l’unico socio risponde illimitatamente delle obbligazioni sociali sorte nel periodo in
cui l’intero capitale si è trovato nelle sue mani.

TRASFORMAZIONE, FUSIONE, SCISSIONE

TRASFORMAZIONE:

Trasformazione omogenea: E’ omogenea la trasformazione da un tipo all’altro di società di persone, o di


capitali, e anche da una società di persone a una di capitali e viceversa. In tutti questi casi infatti la
trasformazione si attua entro l’unità della causa del contratto di società: la funzione economico sociale del
contratto resta sempre quella descritta nell’art. 2247. La più rilevante fra queste trasformazioni è quella di una
società di persone in una società per azioni, che si attua mediante una deliberazione modificativa dell’atto
costitutivo, adottata a maggioranza; la deliberazione dovrà risultare da atto pubblico e contenere le indicazioni
prescritte dalla legge per l’atto costitutivo della società per azioni, e dovrà essere iscritta al registro delle
imprese con le forme prescritte per l’atto costitutivo di società per azioni. I soci a responsabilità illimitata non
sono liberati dalla responsabilità per le obbligazioni anteriori alla trasformazione, e in ogni caso i creditori
sociali devono acconsentire alla trasformazione (anche tacitamente, non opponendosi alla trasformazione
entro 60 giorni). Quando invece sia una società di capitali a trasformarsi in una società di persone, varranno

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le maggioranze previste per le modificazioni statutarie e occorrerà il consenso dei soci che, a seguito della
trasformazione, assumeranno responsabilità illimitata. Si dovrà fare capo alle indicazioni e forme prescritte
per il tipo di società di persone scelto, e la trasformazione non troverà ostacolo nel fatto che la società abbia
perduto il capitale giacché i soci assumeranno responsabilità illimitata anche per i debiti anteriori alla
trasformazione.

Trasformazione eterogenea: In origine, il codice civile non conosceva altro se non la trasformazione
endosocietaria, da un tipo all’altro di società. La trasformazione da società lucrativa ad associazione, ad
esempio, o a società cooperativa, era ritenuta inammissibile, valendo ad escluderla la differenza di causa fra
i due tipi di contratto (scopo di lucro per le società, scopi mutualistici per le altre tipologie). La riforma del 2003,
superando ogni ostacolo, ha introdotto la figura della trasformazione eterogenea, che è stata prevista a tutto
campo: Perciò una società, di persone o di capitali, può trasformarsi in un consorzio, in una cooperativa, in
un’associazione non riconosciuta, in una fondazione. Occorre però una maggioranza qualificata, superiore a
quella richiesta per la trasformazione omogenea, pari ai due terzi degli aventi diritto al voto. Occorre inoltre il
consenso dei soci che assumeranno responsabilità illimitata. Si noti che una società di capitali non può
trasformarsi direttamente in associazione riconosciuta, poiché non è detto che abbia “un patrimonio congruo
al conseguimento dello scopo statutario”; potrà diventare associazione non riconosciuta e in seguito chiedere
il riconoscimento. Al contrario un’associazione che voglia trasformarsi in società di capitali dovrà essere per
forza riconosciuta, per poter offrire la garanzia di una accertata consistenza 100 patrimoniale; in questo caso,
se non è riconosciuta, dovrà prima chiedere il riconoscimento e poi operare la trasformazione. La
trasformazione eterogenea ha effetto trascorsi sessanta giorni dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari
previsti, entro questo termine i creditori possono fare opposizione.

LA FUSIONE

La fusione è il fenomeno per il quale una società prende vita da due o più società preesistenti, può avvenire
in due modi: o mediante la costituzione di una nuova società, oppure mediante incorporazione in una società
di una o più altre società. Il procedimento di fusione si attua mediante una triplice fase: Gli amministratori delle
società che partecipano alla fusione redigono un progetto di fusione, dal quale risulti l’atto costitutivo della
nuova società e il rapporto di cambio delle azioni o quote, inoltre, redigeranno una relazione che illustri e
giustifichi il progetto di fusione, accompagnata da una relazione di esperti sulla congruità dei rapporti di
cambio. Le assemblee delle società partecipanti approvano il progetto di fusione, con le maggioranze richieste
per le modifiche statutarie. Le relative deliberazioni devono essere depositate presso il registro delle imprese,
e la fusione non può essere attuata prima che siano trascorsi sessanta giorni dall’ultima iscrizione, in questo
periodo i creditori hanno la facoltà di opporsi. gli amministratori, congiuntamente, redigono l’atto di fusione,
per il quale è richiesta la forma dell’atto pubblico, oltre che l’iscrizione nel registro delle imprese. I diritti e gli
obblighi delle società partecipanti alla fusione non si estinguono: “la società che risulta dalla fusione (o quella
incorporante) assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro
rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”. Si è con ciò voluto escludere che la fusione comporti
un’interruzione del processo in cui sia parte una società partecipante alla fusione stessa, ed escludere
l’assimilazione della fusione alla morte della parte persone fisica.

Natura della fusione: Il fenomeno della fusione non è descrivibile come un contratto fra società, dal quale
prenda vita una nuova società, piuttosto si riferisce al rapporto intercorrente fra i soci delle società partecipanti:
Essi modificano i rispettivi contratti sociali in modo da portarli a coincidere con il contenuto del contratto sociale
risultante dalla fusione. A questa configurazione del fenomeno si può pervenire solo se si cessa di considerare
la fusione come vicenda inerente alle società come soggetti di diritto, ma come vicenda che riguarda i
contraenti delle società partecipanti. Si tratta in effetti di una integrazione reciproca dei contratti preesistenti
(che, lungi dall’estinguersi, conservano intatta la loro efficacia) e non di un nuovo contratto. Dal momento che
non c’è costituzione di un nuovo contratto di società, ma solo unificazione di quelli che originariamente erano
contratti separati, nessun trasferimento della posizione di socio appare configurabile: chi era parte degli
originari contratti di società conserverà questa qualità nel contratto risultante dalla loro unificazione.
Incorporazione di società controllata: Più semplificate sono le procedure nel caso in cui una società avente
il controllo di un’altra incorpori quest’ultima: Sarà superfluo che il progetto di fusione menzioni il rapporto di
cambio, saranno superflue le relazioni degli amministratori e degli esperti. La fusione potrà inoltre essere
deliberata dai rispettivi organi amministrativi, salvo che il cinque percento del capitale della incorporante non
richieda una deliberazione assembleare.

LA SCISSIONE

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Anche la scissione può attuarsi in due forme: mediante il trasferimento del patrimonio (o di parte di esso) di
una società ad una o più società preesistenti, oppure mediante il suo trasferimento a società di nuova
costituzione. In ogni caso si assiste alla contemporanea e proporzionale assegnazione delle nuove
partecipazioni ai soci della società che si scinde. La scissione opera su un duplice piano: in senso oggettivo
scinde un unico patrimonio in due o più patrimoni sociali, sul piano soggettivo moltiplica una società in due o
più società. La scissione è possibile, al pari della fusione, anche per le società in liquidazione, purché non sia
iniziata la distribuzione dell’attivo. La scissione, così come la fusione, è vicenda che agisce sul rapporto
contrattuale costituito dall’originario contratto di società; essa non estingue l’originario contratto per dare vita
a contratti nuovi, bensì modifica il primo attuando una ramificazione in più rapporti contrattuali del rapporto
contrattuale originariamente unitario. La scissione soddisfa l’esigenza di una più razionale organizzazione
aziendale, per le società che esercitano, mediante distinti rami d’azienda, una pluralità di attività economiche.
Con la scissione ciascun ramo d’azienda farà capo ad una distinta società, con il conseguente vantaggio della
diversificazione dei rischi delle diverse attività economiche.

L’OFFERTA PUBBLICA D’ACQUISTO (OPA)

Secondo l’ordinamento le azioni “sono tutte di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti”.
Questo uguale valore è il valore nominale delle azioni, quale frazione del capitale sociale, diverso può essere
il valore di mercato delle azioni

IL PREMIO DI MAGGIORANZA

Dal punto di vista del valore di mercato, le azioni non sono tutte di uguale valore. Quelle che compongono il
“pacchetto” di comando della società hanno un valore di mercato superiore a quello delle altre azioni. Il
pacchetto dell’azionista di maggioranza vale di più perché attribuisce al compratore il controllo della società,
e questo surplus di prezzo, definito come premio di maggioranza, è proprio il prezzo del controllo della società.
Per le società con azioni diffuse fra il grande pubblico si può operare questa tripartizione: Da un lato c’è il
capitale di comando; Dal lato opposto c’è il c.d. capitale flottante, suddiviso fra una moltitudine di piccoli
azionisti; 102 In una posizione intermedia possono esserci consistenti pacchetti azionari, che rappresentano
una frazione apprezzabile del capitale sociale, ma che appartengono ad azionisti estranei al gruppo di
comando. Questi pacchetti sono spesso il frutto di operazioni di “rastrellamento” in borsa dei titoli disseminati
fra i piccoli risparmiatori, e sono formati in vista di un più ambizioso obiettivo, la “scalata” al comando della
società. Per indicare i detentori di questi pacchetti si usa l’espressione “azionisti di riferimento”.

OPA OBBLIGATORIA

In tempi recenti è maturato il convincimento che il principio dell’uguale diritto di tutti gli azionisti debba essere
imposto anche in sede di negoziazione dei titoli, prevedendo che il maggior prezzo che è disposto a sborsare
chi intende impossessarsi di un pacchetto di controllo, o di riferimento, vada a vantaggio di tutti gli azionisti. Il
mezzo attraverso cui questo principio si attua è l’offerta pubblica di acquisto obbligatoria, per la quale sono
previste due ipotesi:

Opa totalitaria: Chi abbia conseguito una partecipazione superiore alla soglia del trenta percento deve
promuovere una offerta pubblica di acquisto sulla totalità delle azioni quotate, per un prezzo non inferiore alla
media aritmetica fra il prezzo medio di mercato degli ultimi 12 mesi e quello più elevato pattuito nello stesso
periodo per azioni della medesima categoria. Tutto ciò costituisce un incentivo all’Opa preventiva: chi voglia
acquistare una partecipazione rilevante in una società quotata, effettuerà un’offerta pubblica di acquisto per la
totalità delle azioni ordinarie; altrimenti potrà trovarsi costretto, ad acquisto effettuato, a procedere ad ulteriori
acquisti in sede di Opa obbligatoria.

Opa residuale: Ricorre nell’ipotesi di chi abbia acquistato il controllo di una società provocando l’effetto di
ridurre il flottante ad una misura inferiore al 10%: in tal caso egli deve promuovere un’Opa sulla totalità dei
titoli al prezzo fissato dalla Consob, se non ripristina entro quattro mesi un flottante sufficiente ad assicurare il
regolare andamento delle negoziazioni. Qui l’offerta pubblica è giustificata dalla considerazione che l’acquisto
di un controllo esteso oltre il 90% del capitale riduce considerevolmente gli spazi di negoziazione del titolo;
perciò ai piccoli azionisti è riconosciuto il diritto di realizzare il controvalore in denaro della loro, difficilmente
negoziabile, partecipazione.

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L’azienda; l’avviamento commerciale.
I termini “impresa” e “azienda” assumono nel linguaggio giuridico significati nettamente differenti. L’impresa è
un’attività, è “l’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi”;
l’azienda è invece un complesso di beni, in particolare “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per
l’esercizio dell’impresa”; il concetto identifica dunque dei fattori di produzione. Tra azienda e impresa c’è perciò
un rapporto da mezzo a fine. L’imprenditore non è necessariamente proprietario degli strumenti di produzione:
la semplice proprietà di questi dà luogo alla figura del “capitalista”, l’imprenditore è colui che utilizza a proprio
rischio gli strumenti di produzione (propri o altrui) per creare o scambiare beni o servizi.

LA CIRCOLAZIONE DELL’AZIENDA

L’azienda è presa in considerazione dal codice essenzialmente in vista della sua circolazione, ossia per le
ipotesi in cui l’imprenditore ceda ad altri la propria azienda, o la dia in usufrutto o in affitto: secondo l’art. 2556:
“per le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento dell’azienda devono
essere provati per iscritto; le forme da osservare sono quelle stabilite per il trasferimento dei singoli beni che
compongono l’azienda”. La forma scritta è dunque richiesta solo per la prova del contratto, e non per la sua
validità, ed è richiesta solo per le imprese soggette a registrazione, con esclusione cioè delle imprese agricole
e delle piccole imprese. Le forme richieste per la validità del trasferimento sono quelle necessarie, secondo i
principi generali, per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda. Questo significa, in primo
luogo, che l’azienda non ha, giuridicamente, una propria “legge di circolazione”; ma significa anche che il
termine “azienda” non designa un bene a sé stante, distinto dai singoli beni aziendali, bensì una semplice
pluralità di beni. Trasferire un’azienda non significa altro se non trasferire una somma di beni. Non occorre la
specificazione dei singoli beni che si vogliono trasferire: i beni che si trasferiscono sono quelli identificabili
come “beni aziendali” (essi costituiscono l’oggetto – determinabile- del contratto). E’ invece necessaria la
menzione espressa di quei beni aziendali che vengano esclusi dal trasferimento per volontà delle parti: in
difetto di una espressa esclusione, l’intero complesso aziendale si trasferisce all’acquirente. La possibilità di
escludere singoli beni dal trasferimento dell’azienda sottostà ad un preciso limite: il trasferimento infatti può
essere qualificato come “trasferimento d’azienda” solo quando il complesso dei beni trasferiti “possa essere,
di per sé solo, idoneo ad un esercizio d’impresa”; al di sotto di questo limite la vicenda traslativa non può
essere qualificata come “trasferimento d’azienda”, e si presenta come trasferimento di una mera pluralità di
beni.

LA SUCCESSIONE DEI CONTRATTI RELATIVI ALL’AZIENDA CEDUTA

L’imprenditore può anche utilizzare beni dei quali non abbia la proprietà, ma soltanto il godimento. Il
trasferimento dell’azienda importa anche la cessione di quei contratti che assicuravano all’imprenditore il
godimento di quei beni aziendali, dei quali non era proprietario. Secondo l’art. 2558: “se non è pattuito
diversamente, l’acquirente subentra in tutti i contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa, che non abbiano
carattere personale”; questa formula è comprensiva di altri contratti oltre a quelli che assicurano il godimento
dei beni di cui l’imprenditore non è proprietario; la successione nei contratti perciò, si presenta come un
fenomeno più ampio del trasferimento d’azienda, che opera una generale sostituzione dell’acquirente nelle
posizioni contrattuali dell’imprenditore alienante.

Contratti di lavoro: Applicazione specifica di questo fenomeno è quella relativa ai contratti di lavoro: “in caso
di trasferimento dell’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario, ed il lavoratore conserva tutti i
diritti che ne derivano”.

Contratti aziendali e contratti d’impresa: Rientrano nell’ampia formula, prevista dall’art. 2558, dei “contratti
stipulati per l’esercizio dell’impresa”, da un lato i “contratti aziendali”, che hanno per oggetto il godimento di
beni aziendali non di proprietà dall’imprenditore; dall’altro i contratti che non hanno per oggetto beni aziendali
ma attengono ai rapporti con fornitori, concessionari, agenti di commercio, definibili come “contratti d’impresa”.

Il contratto di locazione: Come previsto dall’art. 2558 la successione nei contratti può essere esclusa dalle
parti, tuttavia questa possibilità illimitata vale solo per i “contratti d’impresa”, non per i “contratti aziendali”. La
successione in questi ultimi è parte integrante del trasferimento dell’azienda, perciò la possibilità di escludere
la loro successione è subordinata alla medesima condizione cui è subordinata la possibilità di escludere il
trasferimento dei singoli beni aziendali.

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Superfluità del consenso del contraente ceduto: La cessione del contratto è permessa, secondo i principi
generali, “purché l’altra parte vi consenta”. A questo principio generale deroga la disciplina dell’azienda: qui la
successione nei contratti si attua indipendentemente dalla volontà del terzo contraente; quest’ultimo potrà
“recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, ma solo in presenza di una giusta causa.
In poche parole egli si troverà ad essere vincolato, indipendentemente dalla sua volontà, ad un soggetto
diverso dall’originario contraente. Le esigenze di protezione dell’autonomia individuale vengono in questo caso
sacrificate di fronte ad altre esigenze, legislativamente giudicate come prevalenti.

I contratti personali: “L’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda
stessa, che non abbiano carattere personale”. La successione nei contratti è dunque esclusa nei casi in cui,
ad esempio, l’imprenditore alienante si fosse assicurata la consulenza stabile di un esperto tributario, o si
avvalesse in modo continuativo di uno psicologo per la selezione del personale; questi contratti non passano
all’acquirente dell’azienda, cui deve ritenersi garantita la facoltà 12 di poter scegliere un professionista di sua
fiducia. Assumono qui rilievo la “identità” e le “qualità personali” del terzo contraente (il consulente, lo psicologo
ecc.), determinanti per il consenso dell’imprenditore alienante.

Recesso del terzo contraente: Se invece sono l’identità o le qualità personali dell’imprenditore a dimostrarsi
determinanti per il consenso del terzo contraente, quest’ultimo è tutelato e, se non voglia trovarsi legato al
nuovo imprenditore (sulle cui qualità personali può anche dubitare), ha il diritto di recedere dal contratto entro
tre mesi dal trasferimento.

CESSIONE DI CREDITI E DEBITI

Crediti: La cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta è automatica, e si verifica per il solo fatto della
cessione dell’azienda, indipendentemente da un’espressa pattuizione delle parti sulla sorte di quei crediti. La
cessione ha effetto dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese.

Debiti: L’accollo, da parte dell’acquirente, dei debiti relativi all’azienda ceduta è previsto anch’esso come
conseguenza automatica della cessione, ma solo per i debiti che “risultano dai libri contabili obbligatori”.

L’AVVIAMENTO ED IL DIVIETO DI CONCORRENZA

L’avviamento: L’avviamento è, in linea generale, l’attitudine del complesso aziendale a produrre un reddito,
la sua capacità di profitto. E’ avviamento oggettivo quello intrinseco all’azienda: l’acquirente lo consegue
automaticamente, per il solo fatto di aver acquistato l’azienda. L’avviamento soggettivo invece dipende dalle
doti personali dell’imprenditore: dal rapporto di fiducia che lega i consumatori a quel dato imprenditore, dalla
conoscenza che questi ha delle loro abitudini e dei loro gusti, dalla sua capacità, insomma, di attirare la
clientela. Questo avviamento l’acquirente non lo può conseguire per il solo fatto di aver acquistato il complesso
aziendale: occorre che l’alienante si astenga, per un certo periodo, dal fare concorrenza all’azienda ceduta,
come gli impone l’art. 2557: “Chi aliena l’azienda deve attenersi, per il periodo di cinque anni, dall’iniziare una
nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dall’azienda
ceduta”. Nel caso di usufrutto o di affitto dell’azienda, il divieto vale “per la durata dell’usufrutto o dell’affitto”.
A tutela dell’avviamento commerciale infine, per le attività che abbiano rapporti diretti con il pubblico (e per le
quali dunque assume grande importanza l’ubicazione) è prevista una particolare tutela nel caso in cui il
locatore decida di non rinnovare il contratto di affitto all’imprenditore: a quest’ultimo dovrà essere corrisposta,
per la perdita dell’avviamento che l’azienda subisce, una somma pari a 18 mensilità del canone d’affitto;
somma che raddoppia se l’immobile viene nuovamente adibito all’esercizio della medesima attività. Questo
compenso non è dovuto se il contratto non viene rinnovato per volontà dell’imprenditore/locatario.

IL TRASFERIMENTO D’AZIENDA AGRICOLA

Le norme sul trasferimento dell’azienda sono dettate in termini generali, con riferimento ad ogni sorta di
imprese; tuttavia, occorre notare che la possibilità di applicare queste norme risulta notevolmente ridotta in
rapporto all’impresa agricola. L’imprenditore agricolo, che non sia proprietario del fondo che coltiva, non può
trasferire a terzi il contratto di affitto, né dare in subaffitto o subconcessione il fondo. Gli atti di disposizione
dell’azienda agricola diventano ammissibili solo quando l’imprenditore sia anche il proprietario del fondo. Il
diritto di proprietà conserva, nel settore dell’agricoltura, la propria tradizionale posizione di preminenza: nel
rapporto fra proprietà e impresa, in questo campo, prevale ancora la prima.

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LA DITTA E IL MARCHIO (https://www.diritto.it/ditta-insegna-e-marchi-segni-distintivi- da-
tutelare/)
La ditta
La ditta identifica il nome dell’impresa, mentre il marchio ne identifica i prodotti ed i servizi. La ditta è disciplinata
dagli artt. 2563, 2564, 2565 e 2566 del codice civile. L’imprenditore ha il diritto all’uso esclusivo della propria
ditta la quale deve contenere perlomeno il cognome o la sigla dell’imprenditore e questo diritto lo acquista o
con la registrazione della ditta al Registro delle Imprese o con l’uso che dev’essere effettivo o pubblico. Cosa
accade se una ditta è uguale o simile a quella usata da un altro imprenditore e può quindi creare confusione
circa l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui detta attività viene esercitata? La ditta del secondo imprenditore
deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a renderla differente dalla prima. Nell’ipotesi in cui
delle due ditte confondibili una sia stata registrata e l’altra no, tendenzialmente prevale quella registrata su
quella non registrata, tranne se si riesce a provare che la registrazione sia avvenuto in malafede.

1) Art. 2563 “L'imprenditore ha diritto all'uso esclusivo della ditta da lui prescelta. La ditta, comunque
sia formata, deve contenere almeno il cognome o la sigla dell'imprenditore, salvo quanto è disposto
all'articolo 2565”. Il concetto di ditta individua genericamente e unitariamente il nome sotto il quale
l'imprenditore esercita l'impresa. Esso va distinto da altri due segni distintivi che
contraddistinguono ogni attività imprenditoriale e sono:
- il marchio (v. 2569) che contraddistingue una specifica attività o branca di attività tra quelle
esercitate dall'impresa;
- l'insegna (v.2568) che identifica un bene aziendale presso il quale o mediante il quale un prodotto
viene posto in commercio. La ditta, comunque sia formata, deve contenere almeno il cognome o la
sigla dell'imprenditore, salvo quanto e disposto dal successivo art.2565. Tuttavia, in base all'art.
2564, comma 1, allorche la ditta sia uguale o simile a quella usata da un altro imprenditore e possa
creare confusione per l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui questa venga esercitata, essa deve
essere integrata o modificata con indicazione idonee a differenziarla. La formula ricorrente in
giurisprudenza e quella secondo cui la ditta e il nome sotto il quale l'imprenditore, titolare di una
determinata azienda, esercita la propria attivita (Cass. n. 1793/1978). La funzione della ditta e stata
individuata in diretta correlazione con la ricostruzione, oggettiva o soggettiva, di tale segno
distintivo. La giurisprudenza ha precisato che la ditta non ha, come il marchio, funzione di informare
il consumatore finale, ma di individuare il produttore nei rapporti che intrattiene con altri operatori
economici (Cass. n. 1305/1999).
La ditta e un segno distintivo necessario, poiche, in mancanza di una diversa scelta, essa
coincide con il nome civile dell'imprenditore. Titolare della ditta e l'imprenditore. Un
imprenditore puo essere titolare anche di due o piu ditte.
La ditta e oggetto di un diritto assoluto dell'imprenditore imprescrittibile sino a che la ditta
inerisca ad un'impresa in attivita o tale che comunque non la si possa ritenere definitivamente
e per sempre cessata (Cass. n. 1078/1968). Il contenuto di tale diritto e fornito dalla facolta
esclusiva di utilizzazione della ditta, come anche del marchio, e dalle facolta previste
dall'art. 2564. Nell'attuale sistema normativo incentrato sul registro delle imprese, il diritto alla
ditta si acquista con l'adozione, e cioe con l'uso, e con la registrazione, anche se non e
chiaro quale sia il rapporto tra i due elementi e quale efficacia sia attribuita alla registrazione.
L'opinione largamente prevalente in dottrina ritiene che l'uso sia gia di per se sufficiente
all'acquisto. Il diritto assoluto all'utilizzazione della ditta si estingue in seguito alla cessazione
definitiva dell'attivita imprenditoriale (Cass. n. 3847/1976). Tuttavia, la tutela della ditta
perdura comunque anche nella fase della liquidazione e nel corso delle procedure
concorsuali (Cass. n. 2755/1994). La dichiarazione di fallimento non ha effetto estintivo del
diritto sulla ditta ;
2) Art.2564 “Quando la ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e può creare
confusione per l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o
modificata con indicazioni idonee a differenziarla. Per le imprese commerciali l'obbligo
dell'integrazione o modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in
epoca posteriore”. Nella norma è previsto il principio di novità quale limite dell'imprenditore nella
scelta della propria ditta. Secondo tale principio, l'imprenditore che per primo adotta una data ditta
acquista il diritto all'uso esclusivo della stessa e tale diritto gli

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viene attribuito automaticamente per il solo fatto dell'uso della ditta. La norma poi prevede
l'obbligo di differenziazione per chi successivamente adotti una ditta uguale o simile. Il diritto
all'uso esclusivo della ditta e il corrispondente obbligo di differenziazione sussistono però solo
se i due imprenditori sono in rapporto di concorrenza fra loro (es.: producono lo stesso
oggetto). È possibile, perciò, l'omonimia tra ditte che non creano confusione sul mercato.
La ditta, comunque sia formata, deve contenere, a norma dell'art. 2563, comma 2, almeno
il cognome o la sigla dell'imprenditore, salvo quanto e disposto dal successivo art. 2565.
Tuttavia, in base all'art. 2564, comma 1, allorche la ditta sia uguale o simile a quella usata da
un altro imprenditore e possa creare confusione per l'oggetto dell'impresa e per il luogo in cui
questa venga esercitata, essa «deve essere integrata o modificata con indicazione idonee a
differenziarla» (Cass. 12568/2004). Ai fini della rilevanza della confondibilita delle
denominazioni sociali, inoltre, non devono considerarsi tanto le attivita svolte in concreto dalle
societa che abbiano denominazioni simili, quanto la potenziale concorrenzialita fra di esse,
desumibile dall'oggetto sociale, quale espressione dell'ambito complessivo di attivita che le
societa, anche in futuro, potrebbero svolgere nel mercato di riferimento (Cass. n. 7651/2007).
L'accertamento del giudice del merito, sulla confondibilita (o inconfondibilita) di due ditte o
denominazioni sociali adottate da imprese esercenti la medesima attivita — che rappresenta
un apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimita, se congruamente motivato —,
va condotto con riferimento al modo concreto in cui, nella prassi del mercato, l'imprenditore e
designato, senza che assumano rilievo parti marginali della ditta o denominazione (Cass. n.
7601/1993).;
3) Art.2565 “La ditta non può essere trasferita separatamente dall'azienda .Nel trasferimento
dell'azienda per atto tra vivi la ditta non passa all'acquirente senza il consenso dell'alienante (1).Nella
successione nell'azienda per causa di morte la ditta si trasmette al successore, salvo diversa
disposizione testamentaria.” Il divieto di trasferimento della ditta separatamente dall'azienda
presuppone la produttività, anche potenziale dell'azienda, per cui esso non è operante ove non sia
più presente un'organizzazione di beni e servizi. Il divieto di trasferimento della ditta separatamente
dall'azienda previsto dalla norma in commento presuppone la produttivita quanto meno potenziale
dell'azienda, per cui esso non e operante quando non sia o non sia piu ravvisabile la presenza di una
vera e propria organizzazione dei beni e servizi (Cass. n. 4036/1995). L'imprenditore, ha la facolta di
disporre di piu ditte ed ha la possibilita, qualora produca beni o servizi differenziati destinando ad
essi aziende o beni aziendali distinti, di cedere una propria attivita unitamente o disgiuntamente
all'insegna che contraddistingue i beni interessati, insieme o disgiuntamente ad una sua ditta (Cass.
n. 8034/2000). Il trasferimento della ditta, necessariamente collegato a quello dell'azienda, ai sensi
del comma 2, puo aver luogo anche quando sia trasferita non l'intera organizzazione aziendale, ma
solo un ramo di essa suscettibile di un'organica unita (Cass. n. 1256/1959). La denominazione
sociale, investendo la sua funzione distintiva la stessa soggettivita della societa di capitali, non puo
essere oggetto di autonoma circolazione, neppure insieme all'azienda, sia perche la cessione di
quest'ultima non estingue la persona giuridica, la cui continuita ed identita e preservata proprio dal
mantenimento della denominazione, sia perche l'art. 2567, in tema di denominazione sociale, non
richiama l'art. 2565, dettato in tema di impresa individuale, secondo cui la ditta non puo essere
trasferita separatamente dall'azienda.
Ai sensi degli artt. 2563 e 2565, la ditta, che puo continuare ad essere intitolata al nome
dell'imprenditore defunto, si trasmette ai successori unitamente all'azienda, in mancanza di
una diversa disposizione testamentaria. Tale trasferimento comporta la possibilita di
continuare l'esercizio dell'impresa come originariamente denominata, compreso il nome del
titolare non piu in vita, che puo costituire un elemento indispensabile, o quanto meno utile, per
la conservazione dell'avviamento commerciale, perche indice di una continuita operativa, che
vale anche a tutelare coloro che abbiano avuto rapporti con l'originario imprenditore (Cass. n.
5899/2002);
4) Art.2566 “Per le imprese commerciali, l'ufficio del registro delle imprese deve rifiutare l'iscrizione
della ditta , se questa non è conforme a quanto è prescritto dal secondo comma dell'articolo 2563 o,
trattandosi di ditta derivata], se non è depositata copia dell'atto in base al quale ha avuto luogo la
successione nell'azienda.” La registrazione della ditta ha funzione di pubblicità-notizia. I certificati
rilasciati dalle camere di commercio relativamente

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all'individuazione delle ditte individuali e sociali forniscono soltanto elementi di prova in via
di presunzione, tali da poter essere vinti dalle risultanze di prove contrarie assunte in causa.

L'iscrizione del socio di una società di fatto nel registro delle imprese come ditta individuale,
non comporta lo scioglimento o l'estinzione del rapporto sociale, né costituisce mezzo idoneo
ad esteriorizzare la cessazione dell'attività dell'ente (seppure in concreto gestita da uno solo
dei soci) ai fini della decorrenza del termine annuale previsto dal primo comma dell'art. 147
r.d. n. 267/1942 (l. fall.), sicché il fallimento del socio erroneamente ritenuto imprenditore
individuale può essere senz'altro esteso in danno della società e degli altri soci illimitatamente
responsabili, senza che assuma rilevanza il rispetto del predetto termine (Cass. n.
26209/2014). L'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane, in forza del rinvio contenuto nell'art.
5 l. n. 443/1985, deve avvenire «secondo le formalità previste» per il registro delle ditte dagli
artt. 47 ss. r.d. n. 2011/1934, nei soli limiti delle modalità procedurali ivi stabilite, senza
estendersi al conferimento di poteri di iscrizione di ufficio, che, peraltro, mal si conciliano con
le restanti disposizioni della l. n. 443/1985, implicanti chiaramente la necessità di una
domanda dell'interessato. Ne consegue che la predetta iscrizione, seppur obbligatoria, non
può essere eseguita d'ufficio (Cass. n. 12372/2014).
La società incorporante, la quale intenda conservare l'uso delle denominazioni delle società
incorporate come ditte delle aziende di cui viene a comporsi a seguito della fusione, e
soggetta, ai fini del diritto di priorità, all'Obbligo della pubblicazione, come per la ragione
sociale, mediante iscrizione nel registro delle imprese, dato che il preuso vale ad attribuire la
titolarità del diritto di esclusiva solo se non sia stata registrata alcuna ditta, mentre, se una di
esse sia stata registrata, vale, a detto fine, la registrazione o la priorità di questa, per cui, in
caso di confusione, rimane tenuto a provvedere alla integrazione o alla modificazione della
ditta quello, degli utenti, che non ha registrato o ha registrato in epoca posteriore (Cass. n.
225/1965).

Il marchio

Infine, il marchio è un segno distintivo che ha il fine di individuare dei prodotti e dei servizi che vengono
commercializzati o forniti da una o più persone fisiche e/o giuridiche. I prodotti ed i servizi sono raggruppati in
quarantacinque classi indicate nella Classificazione internazionale di Nizza. I marchi sono disciplinati
dal Codice Civile, precisamente dalle seguenti disposizione: dall’articolo 2569 all’articolo 2574 nonché dal
Codice della Proprietà Industriale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 e successive modifiche), nello specifico
dall’articolo 7 all’articolo 28. Per ottenere maggiore tutela i marchi vanno registrati, in Italia è a tal proposito
competente l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. Il marchio viene registrato, innanzi tutto, se ha i seguenti requisiti
necessari: la novità; la capacità distintiva e la liceità. Per evitare conflitti tra marchi, occorre effettuare le
ricerche di anteriorità prima di provvedere al deposito. I marchi infatti possono essere in conflitto tra di loro se
sono uguali o se somigliano (da un punto di vista fonetico, visivo e/o concettuale) in quanto vi è il rischio che
un consumatore possa confonderli associando il marchio di un’azienda o di una persona fisica alla titolarità di
un’altra persona giuridica o fisica.

1) Art. 2569” Chi ha registrato nelle forme stabilite dalla legge un nuovo marchio idoneo a distinguere prodotti o
servizi ha diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato).In
mancanza di registrazione, il marchio è tutelato a norma dell'articolo 2571(2).” La funzione del marchio consiste
nel garantire al consumatore l'identità originale del prodotto contrassegnato dal marchio, consentendogli di
distinguerlo da altri prodotti. Da ciò discendono i requisiti del marchio:
- Novità;
- Capacità distintiva;
- Originalità.

L'ambito oggettivo di efficacia di un marchio d'impresa ed i limiti della sua tutela nei confronti di altri
marchi sono strettamente connessi con la confondibilita dei prodotti, cioe con l'appartenenza dei
prodotti concorrenti alla stessa specie merceologica, ovvero con la loro affinita od omogeneita, la
quale sussiste in presenza o dell'idoneita dei prodotti a soddisfare gli stessi bisogni, o della
destinazione alla medesima clientela, ovvero dell'intrinseca natura, anche sotto il profilo della
ricollegabilita alla medesima fonte produttiva in rapporto con la normale capacita e tendenza
espansiva dell'attivita imprenditoriale. Il divieto di usurpare la denominazione sociale altrui allo scopo

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di contraddistinguere i propri prodotti, in quanto idonea ad ingenerare confusione tra i prodotti,
determina la nullita del marchio in cui sia contenuta quella denominazione, almeno nella sua parte
essenziale e caratterizzante, anche se essa non sia coperta da brevetto (Cass. n. 6244/1983). In tema
di marchi di impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio debole non preclude la tutela
nei confronti della contraffazione in presenza dell'adozione di mere varianti formali, in se inidonee ad
escludere la confondibilita con cio che del marchio imitato costituisce l'aspetto caratterizzante, non
potendosi, invero, limitare la tutela del marchio debole ai casi di imitazione integrale o di somiglianza
prossima all'identita, cioe di sostanziale sovrapponibilita del marchio utilizzato dal concorrente a quello
registrato anteriormente (Cass. n. 1861/2015). In materia di marchi, la distintivita deve essere intesa
come capacita di distinguere un prodotto dall'altro che, come tale, giustifica il monopolio di un segno,
mentre e estranea al nucleo della funzione del marchio la capacita di indicare il produttore; pertanto,
il rifiuto del contitolare del marchio di concertare l'uso comune non compromette di per se la funzione
distintiva del marchio e, seppur puo rendere impossibili adeguate condotte a tutela della distintivita,
cio non puo ritenersi conseguente al solo fatto che il consumatore ignora l'esistenza di una contitolarita
anziche di una titolarita unica (Cass. n. 3444/2001). Il carattere di originalita, ai fini della tutela del
segno distintivo come marchio, non consiste necessariamente nella individuazione e nell'utilizzazione
di un termine o di una espressione del tutto nuovi, potendo, al contrario, ammettersi anche l'uso di
una espressione ricavata dalla storia, dalla letteratura o dalla tradizione popolare, anche se divenuta
di comune conoscenza, purche l'accostamento della espressione al prodotto rappresenti applicazione
di un'idea originale, e non rievochi nel medio consumatore un collegamento con prodotti dello stesso
genere di quello che si intende contrassegnare (Cass. n. 1820/2000). Il marchio puo
essere emblematico o denominativo. Il marchio semplice va distinto dal marchio complesso, quello,
cioe, risultante da piu elementi, in cui l'effetto distintivo deve essere valutato con visione d'insieme e
puo sussistere anche se i vari elementi, considerati singolarmente, sono di uso comune (Cass. n.
1974/3034). L'esclusione, quindi, dalla registrabilita come marchi, dei «segni costituiti esclusivamente
dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere
un risultato tecnico, o dalla forma che da un valore sostanziale al prodotto» si traduce nella tutela del
pubblico interesse ad impedire il perpetuarsi di una esclusiva e si risolve nell'affermazione — i cui
indubbi limiti ai fini del discorso in esame non interessano — che tutte le forme brevettabili non sono
tutelabili come marchio.
Anche un colore puo costituire un marchio brevettabile, purche non abbia una funzione
intrinsecamente descrittiva del prodotto, ma sia collegato ad esso da un accostamento di pure fantasia
con carattere originale ed efficacia individualizzante, occorrendo che il collegamento tra il colore e il
prodotto rappresenti il dispiego di un attivita creativa; ne si pongono in tal caso rischi di monopolio del
nome di un colore che di necessita deve essere adoperato da chiunque produca il medesimo bene,
rischi che invece si presenterebbero allorche si consentisse di ripetere il colore del prodotto nel
marchio.;
2) Art. 2570” I soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati
prodotti o servizi possono ottenere la registrazione di marchi collettivi(1) per concederne l'uso, secondo le norme
dei rispettivi regolamenti, a produttori o commercianti.” In relazione al marchio collettivo opera il diritto di
esclusiva proprio del marchio, con la particolarita che il diritto del titolare e compatibile con l'uso plurimo e
contemporaneo di piu licenziatari. Nel caso in cui una associazione non riconosciuta, quale ente esponenziale
di un determinato gruppo di imprenditori, abbia ottenuto, a norma degli artt. 2570 e art. 11, d.lgs. n.
30/2005, la registrazione di un marchio collettivo utilizzato dagli imprenditori associati, detta associazione,
che non riveste la qualita di imprenditore e non ha lo scopo di tutelare interessi generali di categoria, ove
vengano compiuti da terzi atti di abuso del marchio, mentre puo ottenere ogni tutela di tipo reale nascente
dalla violazione di tale diritto oltre che il risarcimento dei danni eventualmente derivanti da tale violazione,
non e legittimata ad agire con l'azione di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2601 (Cass. n. 9073/1995). Il
marchio di servizio, destinato a contraddistinguere una specifica attivita (e dotato di un campo di produzione
limitato a tale attivita in se considerata) piu che il titolare di essa, si distingue dalla ditta, che designa
genericamente ed unitariamente il nome sotto cui l'imprenditore esercita l'impresa e non ha — salvo che
venga usata anche come marchio — una diretta attinenza con i prodotti da lui fabbricati o venduti, o con i
servizi prestati. Esso si distingue altresi dal vero e proprio marchio collettivo, di cui all'art 2 r.d. n. 929/1942,
(cui e simile il marchio nazionale d'esportazione), che si risolve in un marchio di certificazione o di qualita, e
oggetto di utilizzazione plurima da parte di una serie di imprenditori con modalita proprie di un marchio di
prodotto, e presuppone la Costituzione e il legale riconoscimento di particolari enti o

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associazioni che ne hanno la titolarita .
Oggi qualsiasi soggetto, comprese le persone fisiche, che si proponga di garantire l'origine, la natura
o la qualita di determinati prodotti o servizi potra ottenere la registrazione come marchio
collettivo.Prima della entrata in vigore della novella parte della dottrina era orientata a riconoscere
al marchio collettivo prevalente funzione di garanzia, al contrario di quanto generalmente ritenuto
per i marchi individuali. Ed invero, prima della novella il marchio collettivo proveniva da una collettivita
d'imprenditori, mentre oggi rappresenta il simbolo di una omologazione di un prodotto che
accentua il carattere di certificazione. Il marchio collettivo tutela uno specifico prodotto, non l'attività
produttiva di una determinata impresa, con la conseguenza che la tutela da esso apprestata non si
estende, oltre ai prodotti specificamente contraddistinti, anche ai prodotti affini, i quali, in quanto
riconducibili all'attività di impresa, rientrano solo nell'ambito di protezione del marchio individuale, ai
sensi dell'art. 1 del r.d. 21 giugno 1942, n. 929 ("ratione temporis" applicabile). Ne consegue che se il
marchio collettivo sia costituito da un nome geografico, qualsiasi altro prodotto, sia esso, o no, simile
a quello tutelato dal marchio collettivo, può avvalersi di detta denominazione, purché se ne faccia uso
corretto, ai sensi dell'art. 2, quarto comma, del r.d. menzionato.;
3) Art. 2571” Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la
registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso [2569](1).” Il marchio non registrato
(marchio di fatto) gode di una tutela minore di quello registrato. Chi ottiene la registrazione, infatti, gode della
presunzione assoluta [v. 2727] della titolarità del diritto e di una protezione estesa a tutto il territorio
nazionale. Chi invece vanta solo un preuso, deve innanzitutto provarlo e riceve, come già detto, una tutela
limitata all'ambito entro il quale il preuso è avvenuto. In tema di marchi di impresa, il preuso di un marchio di
fatto, tanto ai sensi dell'art. 18 del r.d. n. 929/1942 (cd. legge marchi) applicabile "rationae temporis", che degli
artt. 12 e 28 del d.lgs. n. 30/2005 (cd. Codice della proprieta industriale) che l'hanno sostituito, comporta che il
preutente abbia il diritto all'uso esclusivo del segno, ossia abbia il potere di avvalersene che e distinto da ogni
successiva registrazione corrispondente alla denominazione da lui usata, la quale si pone su un piano diverso
rispetto al diritto di preuso, sicche ben puo una tale registrazione essere dichiarata nulla, anche per
decettivita, in rapporto ai segni confliggenti. Ne consegue che, ove la registrazione decettiva sia dichiarata
nulla, non per questo il preutente che aveva provveduto a formalizzarla perde il diritto di continuare a far uso
del segno, specie laddove, per la cessata interferenza con i diritti registrati da altro titolare di uno o piu
marchi, sia venuto meno anche il conflitto. Un marchio di fatto e tutelabile quando presenti tutti i requisiti
richiesti per i marchi registrati (Cass. n. 9827/1994). In questa materia il fatto costitutivo del diritto viene
individuato nella priorita d'uso del segno (Cass. n. 3224/1994). Secondo altra opinione, che trova sostegno
nella lettera della legge, l'acquisto del diritto sul marchio non registrato non dipenderebbe dall'uso, ma dalla
notorieta acquisita dal segno, intesa come conoscenza effettiva del marchio da parte del pubblico dei
consumatori interessati, specie nel caso del marchio con notorieta generale. L'uso del marchio deve essere
intenzionale e continuo, non precario ne sperimentale, occasionale o casuale, e cioe un uso che comporti
notorieta (DI CATALDO). L'uso idoneo a far sorgere un diritto sul marchio di fatto puo essere, oltre che diretto,
anche indiretto. Realizzandosi cio attraverso societa collegate, licenziatari con esclusiva, attraverso rivenditori
o distributori autorizzati. L'onere di provare l'uso del marchio incombe al preutente. I segni distintivi di fatto
possono articolarsi in maniera separata, sicché è astrattamente possibile che un imprenditore abbia preusato
del segno per la ditta-denominazione sociale, senza aver fatto uso dello stesso come marchio, per
contraddistinguere merci prodotte o servizi forniti, onde la necessità, in caso di affermazione del possesso di
un marchio di fatto, che colui il quale chieda di affermare il conseguimento di un proprio diritto fornisca, al
riguardo, una prova completa sia della ditta- denominazione sociale sia di quello del segno in funzione di
marchio (e della conseguente notorietà di esso), atteso che l'uso di fatto di un segno in funzione di
ditta/denominazione sociale non ne comporta l'automatica e meccanica estensione in funzione di
marchio e viceversa. La tutela del marchio non registrato (cd. marchio di fatto) trova fondamento nella
funzione distintiva che esso assolve in concreto, per effetto della notorietà presso il pubblico, e, pertanto,
presuppone la sua utilizzazione effettiva, con la conseguenza che la tutela medesima non è esperibile in
rapporto a segni distintivi di un'attività d'impresa mai (o da lungo tempo non) esercitata dal preteso titolare;
4) Art. 2572” Il rivenditore può apporre il proprio marchio ai prodotti che mette in vendita, ma non può
sopprimere il marchio del produttore.” La norma è volta a tutelare il produttore nei suoi rapporti con il
venditore e nei successivi rapporti del rivenditore con i commercianti contro eventuali alterazioni e
contraffazioni. L'art. 12 della legge sui marchi (R. D. 929/1942) richiama il divieto della norma in

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oggetto e lo estende anche al marchio del commerciante da cui il rivenditore abbia ricevuto i prodotti.
Dalla norma risulta la distinzione tra marchio di fabbrica, apposto dal produttore, e marchio di
commercio, apposto dal venditore. Non si desume un divieto per il commerciante di utilizzare il
marchio del produttore in funzione indicativa della provenienza del prodotto richiamandolo nel catalogo
di vendita e nelle vetrine dove i prodotti sono esposti. In base alla norma in commento, il produttore
può imporre al rivenditore la modalità d'uso del marchio. La norma non impone al distributore
di pubblicizzare ovunque il segno, né produce l'effetto di rendere lecito un marchio illegittimo fin
dall'origine;
5) Art. 2573” Il marchio può essere trasferito o concesso in licenza per la totalità o per una parte dei prodotti o
servizi per i quali è stato registrato, purché in ogni caso dal trasferimento o dalla licenza non derivi inganno in
quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico .Quando il marchio è
costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata, si presume che il
diritto all'uso esclusivo di esso sia trasferito insieme con l'azienda.” Il marchio puo essere trasferito solo in
occasione del trasferimento dell'azienda o di un ramo particolare di questa e, in tal caso, non sono
implicitamente trasferiti anche la ditta o la denominazione. In tema di marchio, non comporta violazione del
precetto contenuto nella norma in commento e nell'art. 15 r.d. n. 929/1942 (secondo cui il diritto esclusivo
all'uso del marchio registrato puo essere trasferito soltanto per effetto della contestuale cessione
dell'azienda o di un ramo particolare di essa) la semplice cessione, oltre che dell'uso esclusivo del marchio,
del diritto di fabbricare e vendere in esclusiva il corrispondente prodotto, nonche dei particolari elementi
eventualmente indispensabili per la realizzazione del prodotto medesimo, integrando tutto cio il
trasferimento di una specifica organizzazione produttiva legittimamente qualificabile come «ramo di
azienda» (Cass. n. 1424/2000).
Ai sensi del comma 2, quando il marchio e costituito da un segno figurativo, da una denominazione
di fantasia, si presume che il diritto all'uso esclusivo si esso sia trasferito insieme al trasferimento
dell'azienda;
6) Art. 2574” Le condizioni per la registrazione dei marchi e degli atti di trasferimento dei medesimi, nonché gli
effetti della registrazione sono stabiliti dalle leggi speciali.” La proposizione della domanda di rinnovazione del
brevetto per marchio di impresa spetta solo al titolare del brevetto stesso (o al suo avente causa) e come può
essere delegata ad un terzo solamente per iscritto — con procura generale speciale, o lettera di incarico — e
con funzione rappresentativa, così è insuscettibile di essere attuata mediante gestione di affari non
rappresentativa (Cass. n. 4695/1992). Il divieto di registrazione di un marchio geografico di cui all'art. 18 della
legge marchi subisce una deroga nel caso in cui il segno descrittivo, evocando una delle zone indicate dall'art.
2 della l. n. 26/1990, sia stato utilizzato dall'imprenditore interessato alla registrazione in epoca precedente
all'entrata in vigore della legge n. 506 del 1970, senza che, a tale uso, possa, peraltro, considerarsi
ulteriormente legittimato il suo successore particolare nella titolarità del segno, dovendo la normativa
speciale che disciplina l'uso e la registrazione dei segni descrittivi geografici essere considerata di stretta
applicazione.

LA TUTELA DELLA CONCORRENZA. (https://www.agcm.it/competenze/tutela-della-concorrenza/)

Se le imprese, invece di competere tra loro, si mettono d’accordo e coordinano i loro comportamenti sul
mercato restringono la concorrenza, danneggiando i consumatori o gli altri concorrenti. L’Antitrust vigila perché
questo non accada e sanziona chi viola la legge. L’Autorità interviene anche quando un’azienda abusa del
suo potere di mercato, imponendo ai consumatori prezzi troppo elevati o chiudendo l’accesso ai potenziali
concorrenti o, ancora, attuando politiche che taglino fuori le imprese che competono sullo stesso mercato.
Quando due aziende si fondono, o un’azienda ne compra un’altra, l’Antitrust verifica che la nuova impresa non
abbia un eccessivo potere di mercato. Se ritiene che esistano rischi per la competizione può vietare la fusione
o imporre misure che mitighino gli effetti anticoncorrenziali.

INTESE ED ABUSI

• Le intese restrittive della con concorrenza


Quando le imprese, invece di competere tra loro, si accordano al fine di coordinare i propri
comportamenti sul mercato, violano la normativa sulla concorrenza. La cooperazione tra imprese può
avere per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della
concorrenza. Ciò accade, ad esempio, quando più imprese fissano congiuntamente i prezzi o si

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spartiscono i mercati oppure quando più imprese, che rappresentano una consistente parte del
mercato, sottoscrivono una pluralità di accordi distributivi in esclusiva, tali da pregiudicare la capacità
di accesso al mercato dei propri concorrenti attuali o potenziali. Un’intesa tra imprese è vietata quando
comporta, anche solo potenzialmente, una consistente restrizione della concorrenza all’interno del
mercato nazionale o in una sua parte rilevante (articolo 2 della legge n. 287/90). Se le intese sono
idonee a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri, l’Autorità antitrust è tenuta ad applicare la
normativa comunitaria (articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea).

In conformità all'ordinamento comunitario, l’Autorità, per contrastare i cartelli, ha adottato un proprio


programma di clemenza che si applica alle imprese che si autodenunciano, fornendo gli elementi
probatori per l’accertamento dell’infrazione. In tal caso l’Autorità non applicherà o ridurrà la sanzione
pecuniaria prevista, in funzione della tempestività e della qualità delle informazioni fornite dalle
imprese ai fini della scoperta dell’intesa (Art. 15, comma 2 bis, legge n. 287/90).

• Gli abusi di posizione dominante


Un’impresa detiene una posizione dominante quando può comportarsi in modo significativamente
indipendente dai concorrenti, dai fornitori e dai consumatori. Ciò avviene, in genere, quando detiene
quote elevate in un determinato mercato. Il fatto che un’impresa raggiunga grandi dimensioni non
distorce di per sé il mercato: talvolta, per operare in modo efficiente, è infatti necessario essere attivi
su larga scala o in più mercati. Inoltre, un’impresa può crescere proprio grazie al suo comportamento
“virtuoso”, offrendo prodotti che meglio di altri, per il prezzo e/o per la qualità, soddisfano le esigenze
dei consumatori. La legge non vieta quindi la posizione dominante in quanto tale, ma il suo abuso
(articolo 3 della legge n. 287/90) che si concretizza quando l’impresa sfrutta il proprio potere a danno
dei consumatori ovvero impedisce ai concorrenti di operare sul mercato, causando,
conseguentemente, un danno ai consumatori. Analogamente a quanto avviene per le intese, quando
l’abuso determina un pregiudizio per il commercio tra più Stati membri dell'UE, l’Autorità applica la
normativa comunitaria (articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea). La capacità
dell’impresa di imporre determinate condizioni in uno specifico rapporto contrattuale non determina,
di per sé, una posizione dominante. Tuttavia, lo sfruttamento di questo potere negoziale può
comportare, quando ne ricorrano le condizioni, un abuso di dipendenza economica. Ferma restando
l'applicazione dell'articolo 3 della legge 287/90 in materia di abuso della posizione dominante, l'Autorità
può intervenire qualora ravvisi un abuso di dipendenza economica che abbia rilevanza per la tutela
della concorrenza e del mercato (Art. 11, legge 5 marzo 2001, n. 57). Si ha abuso di dipendenza
economica quando un’impresa è in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra
impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo
conto anche della reale possibilità, per la parte che abbia subìto l'abuso, di reperire sul mercato
alternative soddisfacenti (Art. 9, legge 18 giugno 1998, n.192).

SOGLIE DI FATTURATO

Le soglie di fatturato che rendono obbligatoria la comunicazione di una concentrazione sono state
aggiornate il 23 marzo 2020 e ammontano a 504 milioni di euro per il fatturato realizzato nel territorio
italiano dall'insieme delle imprese interessate e 31 milioni di euro per il fatturato totale realizzato
individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate.

PRENOTIFICA

L’esperienza maturata dall’Autorità nel corso degli anni dimostra come i soggetti interessati avvertano
talvolta l’esigenza di un confronto con gli Uffici dell’Autorità già nella fase precedente alla
comunicazione formale di un’operazione di concentrazione. D’altro canto, a seguito della
comunicazione formale di operazioni di concentrazione, l’Autorità ha dovuto in diverse occasioni
richiedere ai soggetti interessati informazioni integrative rispetto alla comunicazione formale originaria,
con conseguente interruzione del termine di cui all’articolo 16, comma 4 della legge per la relativa
valutazione.
Si ritiene pertanto opportuno individuare una procedura che, da un lato, consenta ai soggetti
interessati di realizzare un confronto proficuo nella fase precedente alla comunicazione formale delle
operazioni di concentrazione, dall’altro, limiti la necessità del ricorso da parte dell’Autorità alla
interruzione del termine di legge con conseguenti vantaggi traducibili in una semplificazione dell’attività
amministrativa ed in una maggiore tempestività del pronunciamento dell’Autorità.

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In quest’ottica, gli Uffici dell’Autorità sono a disposizione dei soggetti interessati per discutere
preliminarmente le eventuali problematiche connesse alla comunicazione formale delle operazioni di
concentrazione, che detti soggetti intendano realizzare, a condizione che risulti superata la
seconda soglia di fatturato di cui all’art. 16, comma 1, della citata legge. I soggetti che intendano
realizzare operazioni come sopra individuate, potranno sottoporre agli Uffici dell’Autorità, almeno
quindici giorni prima della data prevista per la comunicazione formale e in vista della stessa, un
documento informale che contenga preferibilmente le seguenti informazioni:
- Indicazione dei soggetti che procedono all’operazione;
- Breve descrizione delle modalità di realizzazione dell’operazione;
- Indicazione dei mercati interessati dall’operazione;
- Posizione delle parti nei mercati individuati;
- Se l’operazione sia stata o debba essere sottoposta all’attenzione delle autorità competenti di altri
Paesi.
Il documento informale presentato sarà oggetto di confronto con gli Uffici dell’Autorità secondo i tempi
e le modalità da concordare con gli stessi in relazione alle eventuali problematiche connesse alla
predisposizione della successiva comunicazione formale. Gli Uffici, inoltre, potranno già in questa fase
procedere, se del caso, all’acquisizione di ulteriori informazioni.
La fase precedente alla comunicazione formale dell’operazione di concentrazione, con particolare
riguardo ai contenuti del documento informale, sarà improntata alla massima riservatezza.
Al momento della presentazione del documento informale le imprese prendono atto del fatto che il
termine di cui all’art. 16, comma 4 della legge inizierà a decorrere soltanto a partire dal ricevimento
della comunicazione formale dell’operazione ai sensi dell’art. 16, comma 1 della legge, presentata
secondo l’apposito Formulario e corredata di tutte le informazioni necessarie.
Si precisa, inoltre, che, data la natura sperimentale del nuovo sistema, l’attuazione della fase
preliminare sopra descritta non preclude all’Autorità la possibilità di richiedere, laddove necessario,
ulteriori informazioni ai sensi dell’art. 16, comma 7 della legge.

AVVISI AL MERCATO

L’Autorità, in vista dell’adozione delle decisioni di cui all’art. 16, comma 4 della legge, ritiene che debba
essere realizzato un più ampio confronto con il mercato in relazione alle operazioni di concentrazione,
formalmente comunicate ai sensi dell’art. 16 comma 1 della legge, che comportino il superamento di
entrambe le soglie previste per l’obbligo di comunicazione preventiva dall’articolo 16, comma 1 della
legge.
In questa prospettiva l’Autorità provvederà alla pubblicazione sul proprio sito internet (www. agcm. it)
di un avviso relativo all’avvenuta comunicazione ai sensi dell’art. 16, comma 1 della legge, delle
operazioni sopra indicate. A tal fine, sarà necessario che le imprese interessate forniscano, all’atto
della presentazione della comunicazione formale, il preventivo assenso alla pubblicazione dell’avviso.
L’avviso, volto a sollecitare eventuali osservazioni di terzi, conterrà l’indicazione dei nomi e della sede
delle parti dell’operazione, la descrizione sintetica delle modalità di realizzazione della stessa,
l’indicazione dei settori economici interessati e la posizione detenuta dalle parti negli stessi.
I terzi interessati avranno la possibilità di presentare eventuali osservazioni all’Autorità entro cinque
giorni lavorativi dalla data dell’avviso.

SEGNALAZIONI

L’Antitrust può segnalare al Governo, al Parlamento, alle Regioni e agli Enti locali i provvedimenti
normativi e amministrativi già vigenti, o in via di formazione, che introducono restrizioni della
concorrenza. A partire dal 2010 l’Autorità, nella relazione annuale inviata alla Presidenza del
Consiglio, indica tutte le leggi che impediscono la competizione e che vanno dunque eliminate o
riformate. Il Governo presenta alle Camere un disegno di legge, la legge annuale della concorrenza,
con il quale vengono recepite le indicazioni dell’Antitrust, eventualmente indicando i settori nei quali
ha deciso di non dare seguito alle sue osservazioni.
L’articolo 21-bis della legge 287/90, introdotto nel 2012, ha anche attribuito all’Autorità la legittimazione
a impugnare gli atti della pubblica amministrazione che determinano distorsioni della concorrenza.
Il potere di advocacy dell’Autorità è stato sostanzialmente rafforzato nell’ambito della normativa sulle
liberalizzazioni dei mercati, volta a dare maggiore voce alla concorrenza nel sistema regolatorio
nazionale.
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INDAGINI CONOSCITIVE

Quando un mercato o un settore presentano caratteristiche che lasciano presumere l’esistenza di


ostacoli all’operare della concorrenza, l’Autorità può avviare indagini conoscitive di carattere generale
(Art.12 legge n.287/90). Da tali indagini possono scaturire istruttorie o segnalazioni al Governo e
Parlamento qualora gli ostacoli riscontrati siano di natura normativa o regolamentare.

SEPARAZIONI SOCIETARIE

Obbligo di separazione societaria

Al fine di prevenire comportamenti abusivi da parte di imprese che esercitano la gestione di servizi di
interesse economico generale o operano in regime di monopolio sul mercato, la legge ha introdotto
l’istituto della separazione societaria: in particolare, quando tali imprese intendono operare in mercati
diversi, devono costituire una società separata e darne comunicazione preventiva all’Autorità (Art. 8,
comma 2 bis e ss., legge n. 287/90 introdotto dall’art. 11 legge 5 marzo 2001 n. 57).

IL CONTRATTO. REQUISITI DEL CONTRATTO. EFFETTI DEL CONTRATTO. NULLITA’,


ANNULLABILITA’, RESCISSIONE E RISOLUZIONE.

La nozione di contratto è contenuta all’art.1321 del codice civile, che lo definisce l’accordo di due o più parti per
costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. “Il contratto è l'accordo di due o più parti
per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”. Da ciò si ricava che il contratto:

• è un accordo necessariamente bi o plurilaterale (presuppone cioè la presenza di almeno due parti);

• ha sempre natura patrimoniale (non incide quindi su rapporti di carattere personale, come ad esempio quelli
in materia di famiglia);

• ha la funzione di costituire, regolare o estinguere rapporti giuridici (ne crea di nuovi o interviene su rapporti
preesistenti, regolandone il contenuto o estinguendoli).

L’autonomia contrattuale

L’art. 1322 c.c.1 consente alle parti di determinare liberamente il contenuto del contratto, nel rispetto dei limiti
imposti dalla legge.

E’ la cosiddetta autonomia contrattuale, che legittima le parti a:

• concludere contratti “nominati” o tipici, in cui l’assetto di interessi dei contraenti è già previsto e disciplinato
per legge;

• concludere contratti “innominati” o atipici (che esulano cioè dai modelli contrattuali esistenti), purchè siano
diretti a perseguire interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento;

• concludere contratti c.d. “misti”, frutto della commistione di elementi propri di diverse fattispecie
contrattuali tipiche;

• intervenire sul contenuto del contratto, anche tipico, inserendovi i c.d. elementi accessori o accidentali (cfr.
paragrafo 6) in modo da adattarlo ai propri specifici interessi, purchè ciò avvenga nel rispetto dei limiti imposti
per legge (norme imperative, ordine pubblico e buon costume).

1
Art.1322 c.c. “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e
dalle norme corporative. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una
disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento
giuridico.”
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Gli elementi del contratto

Il contratto si inserisce entro la più ampia figura del negozio giuridico, di cui presenta gli elementi tipici, essenziali
ed accessori.

Gli elementi essenziali sono quelli che non possono mancare all’interno del contratto, che altrimenti risulta invalido
e inefficace (o comunque destinato ad essere dichiarato tale).

A norma dell’art. 1325 c.c.2 sono:

• l’accordo;

• la causa;

• l’oggetto;

• la forma, quando è prescritta dalla legge a pena di nullità (c.d. forma ad substantiam).

Gli elementi accessori (su cui torneremo più diffusamente al paragrafo 6 e segg.) sono invece meramente
eventuali, quindi le parti sono libere di inserirli o meno, in forza dell’autonomia contrattuale loro riconosciuta,
senza che ciò pregiudichi la validità del contratto.

I più comuni sono:

• la condizione;

• il termine;

• il modo (o onere).

ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO

1) Accordo  Tra gli elementi essenziali del contratto il primo ad essere menzionato è l’accordo, definito
l’incontro delle manifestazioni di volontà dei contraenti:

• quella di chi propone il contratto (proposta);

• quella di chi accetta (accettazione).

Come vedremo meglio oltre (cfr. paragrafo 4), proposta e accettazione rappresentano le fasi tipiche attraverso
le quali si giunge alla conclusione del contratto, spesso all’esito di trattative più o meno lunghe;

2) Causa  Altro elemento essenziale è la causa, comunemente definita la funzione economico – sociale delcontratto,
ossia una sintesi degli effetti essenziali che questo è in grado di produrre (ad esempio nella compravendita è lo
scambio tra bene e prezzo, nella locazione è il godimento del bene contro un corrispettivo).

La causa va tenuta ben distinta dai motivi (ossia le ragioni soggettive che spingono le parti a contrarre) che di
regola sono irrilevanti.

In base alla causa è possibile distinguere tra:

• contratti tipici o nominati: in cui l’operazione economica perseguita dai contraenti è tradotta in un modello
già previsto e disciplinato per legge;

• contratti atipici o innominati: che esulano dalle tipologie contrattuali tipiche e che le parti sono libere di
concludere in forza dell’autonomia contrattuale, pur con i limiti già menzionati (norme imperative, ordine
pubblico, buon costume e meritevolezza degli interessi perseguiti).

2
Art.1325 c.c. “I requisiti(1) del contratto sono:

1. 1) l'accordo delle parti [1326]); 2.


2) la causa [1343];

3. 3) l'oggetto [1346];
4. 4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità [1350, 1352].”

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La disciplina di questi contratti ha la propria fonte nelle pattuizioni delle parti e, per quanto non espressamente
previsto, nella disciplina legale del contratto in generale;

• contratti misti: in cui all’interno di un unico contratto confluiscono più elementi di fattispecie contrattuali
distinte (ad es. il contratto di parcheggio, in cui vi sono elementi tipici sia della locazione che del deposito) o
più cause tipiche (ad esempio la vendita mista a donazione).

In punto di disciplina dei contratti misti la giurisprudenza propone due criteri:

• assorbimento: se esiste un contratto tipico prevalente, si applica la relativa disciplina;

• combinazione: ciascun elemento del contratto è regolato dalle specifiche norme di riferimento;

• contratti collegati: a differenza dei contratti misti si tratta di più contratti, tipici o atipici, che pur conservando
ciascuno la propria autonomia sono interdipendenti tra loro e appunto collegati nel perseguimento di uno
scopo unitario (è il caso del contratto di compravendita di merci collegato a quello di noleggio del mezzo per
il trasporto dei beni);

3) Oggetto  Si tratta della cosa o del comportamento oggetto dello scambio, della promessa o del
conferimento dell’una all’altra parte.

A norma dell’art. 1346 c.c.3 l’oggetto del contratto dev’essere:

• possibile: se si tratta di una cosa dev’essere esistente o comunque deve poter esistere, mentre se è un
comportamento umano dev’essere compatibile con le caratteristiche di chi è chiamato ad attuarlo. La
possibilità, oltre che naturale dev’essere anche giuridica, cioè legittimamente realizzabile secondo i canoni
dell’ordinamento;

• lecito: l’oggetto non dev’essere contrario a norme imperative, ordine pubblico e buon costume;

• determinato o determinabile: dev’essere certo, individuato o quantomeno individuabile nel momento di


esecuzione del contratto.

Tutti questi requisiti è sufficiente sussistano quando il contratto produce effetti e non necessariamente nel
momento in cui viene concluso;

• Forma  E’ il mezzo con cui si manifesta la volontà negoziale ed è elemento essenziale del contratto (e del
negozio giuridico in generale) in quanto una volontà meramente interna, quindi non manifestata, è
giuridicamente irrilevante. La volontà può manifestarsi in modo:
- espresso, mediante parole, scritti o qualsiasi altro mezzo che renda palese agli altri il proprio
pensiero;
- tacito (c.d. facta concludentia), cioè tramite un comportamento che secondo il comune sentire
sarebbe incompatibile con una volontà diversa.

Nel nostro ordinamento vige il principio di libertà formale, diretta espressione dell’autonomia contrattuale,
secondo cui il dichiarante può manifestare la volontà nella forma che preferisce.In alcuni casi, tuttavia,
l’ordinamento subordina la validità del contratto all’utilizzo della forma scritta (atto pubblico o scrittura privata
autenticata).

La forma scritta può essere richiesta:


- ad substantiam, per richiamare l’attenzione del dichiarante sull’importanza dell’atto e conferirgli
maggior certezza;
- ad probationem, per dar prova del compimento dell’atto.La forma ad substantiam rappresenta un
onere per le parti, in quanto la mancata osservanza del requisito è causa di nullità
dell’atto.L’inosservanza della forma ad probationem non comporta invece la nullità del contratto ma
esclude solo la possibilità di provarlo per testi o per presunzioni semplici.

3
Art. 1346 c.c. “L'oggetto del contratto) deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.”
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LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO

L’art. 1326 c.c.4 prevede che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha
conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, dunque tramite l’incontro delle rispettive manifestazioni di
volontà (c.d. principio consensualistico). Se il contratto è concluso tra persone presenti nello stesso
luogo, la conclusione è istantanea. Se invece le parti si trovano in luoghi diversi, il contratto si intende
concluso non appena il proponente ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. La legge, salvo casi
particolari, consente al proponente di revocare la proposta prima che il contratto sia concluso e
all’accettante di revocare l’accettazione, prima che il proponente ne abbia avuto conoscenza. Proprio in
riferimento ai contratti conclusi a distanza e alla difficoltà, per ciascuna parte, di individuare l’esatto
momento in cui l’altra ha contezza della dichiarazione, l’art. 1335 c.c. introduce una presunzione di
conoscenza. Prevede infatti che la proposta, l’accettazione e la loro eventuale revoca si considerano
conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, salvo che questi provi di esser stato
nell’impossibilità di averne notizia senza sua colpa.

I CONTRATTI REALI ED ALTRE MODALITA’ DI CONCLUSIONE DEL CONTRATTO

Alla regola del principio consensualistico fanno eccezione i contratti reali (mutuo, deposito, pegno...), tutti
rigorosamente tipici, in cui affinchè il contratto possa dirsi concluso è necessario:

• il consenso delle parti;

• la consegna del bene, vero e proprio elemento costitutivo del contratto e non mera obbligazione a carico di
uno dei contraenti.

Oltre che dall’incontro tra proposta e accettazione il contratto può inoltre formarsi secondo altri schemi:

• l’incontro tra proposte equivalenti;

• l’elaborazione di una comune dichiarazione;

• l’adesione ad un contratto aperto, predisposto da un terzo;

• l’adozione di comportamenti concludenti, da cui si desume la volontà inequivocabile delle parti di concludere
l’accordo.

L’INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO

L’interpretazione del contratto è quell’attività finalizzata ad indagare e ricostruire il significato da attribuire


alle dichiarazioni dei contraenti: non è infatti infrequente che queste siano intese in modo diverso dalle
parti e da eventuali terzi interessati.

Proprio a tal fine il codice civile (artt. 1362 - 1371 c.c.) detta una serie di regole cui attenersi
nell’interpretare il contratto.

All’interno di queste regole si individuano:

• criteri di interpretazione soggettiva (artt. 1362-1365 c.c.), da applicare prioritariamente e volti a ricostruire la
reale, comune intenzione delle parti;

• criteri di interpretazione oggettiva (artt. 1366-1370 c.c.), utili per determinare il significato di una specifica
clausola o anche dell’intero contratto, se malgrado l’applicazione dei criteri soggettivi la volontà comune
resta dubbia o incerta;

• norme di chiusura (art. 1371 c.c.), cui ricorrere se nonostante l’applicazione degli altri due criteri il significato
del contratto resta ancora poco chiaro.

4
Art. 1326 c.c. “Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha
conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.

L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la
natura dell'affare o secondo gli usi.”
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ELEMENTI ACCESSORI DEL CONTRATTO

si è detto che le parti, in forza dell’autonomia contrattuale loro riconosciuta, possono inserire nel contratto
elementi ulteriori rispetto a quelli essenziali, in modo da adattarne il contenuto ai propri interessi.

Si tratta dei cosiddetti elementi accessori o accidentali, che quindi possono essere presenti o meno,
senza che ciò pregiudichi validità ed efficacia del contratto.

Dal momento però in cui le parti decidono di includerli, tali elementi diventano parte integrante del contratto
e quindi obbligatori e vincolanti per i contraenti.

I principali elementi accessori del contratto sono:

• la condizione La condizione è un evento:

• futuro;

• incerto

cui le parti subordinano l’inizio (condizione sospensiva) o la cessazione (condizione risolutiva) degli
effetti del contratto. Es. ti pagherò 100,00 euro SE la nave tornerà dall’Asia (non ho certezza che la
nave faccia ritorno). L’evento dedotto in condizione dev’essere possibile e lecito.
La condizione illecita rende infatti nullo il contratto; quella impossibile:

• se risolutiva si considera come non apposta;

• se sospensiva determina la nullità del contratto.

Una volta verificatasi la condizione, la situazione giuridica diventa definitiva con efficacia retroattiva:

• se è sospensiva, gli effetti del contratto si considerano prodotti fin dal momento della sua conclusione;

• se è risolutiva si caducano fin da quel momento;

• il termine Il termine è un evento:

• futuro;

• certo

cui le parti subordinano l’inizio (termine iniziale) o la cessazione (termine finale) di efficacia del contratto. Es. ti
pagherò 100,00 euro QUANDO la nave tornerà dall’Asia (so per certo che la nave farà ritorno, ma non so con
esattezza quando).Trattandosi di un avvenimento certo, il termine, a differenza della condizione, non mette in
dubbio gli effetti del contratto ma li differisce o li fa cessare in un momento successivo;

• il modo  Il modo è un elemento accidentale tipico del negozio giuridico, in particolare (stando alaprevisione
del codice civile) dei soli atti di liberalità (istituzione di erede, legato, donazione). La dottrina prevalente lo
ritiene tuttavia apponibile sia agli atti tra vivi sia a quelli per causa di morte purchè a titolo gratuito, quindi
anche ad alcuni contratti (ad esempio il comodato o il mutuo, se gratuito). E’ definito modo o onere proprio
perché si tratta di un peso imposto al destinatario dell’atto gratuito, allo scopo di limitarne gli effetti. Es. ti
dono/ do in comodato la casa con l’obbligo di ospitarvi i miei parenti ogni estate. Se il modo è impossibile o
illecito si ha per non apposto, salvo il caso in cui sia stato il solo motivo determinante la liberalità.
L’impossibilità sopravvenuta del modo libera l’obbligato, che in ogni caso non è tenuto ad adempiere oltre il
valore di quanto ha ricevuto.

L’efficacia del contratto

A norma dell’art. 1372 c.c. il contratto, una volta concluso, ha forza di legge tra le parti.

Ciò significa che malgrado le parti siano libere di stipularlo o meno, una volta che lo hanno concluso
sono tenute ad osservarlo e restano vincolate al suo contenuto che ne regola i rapporti reciproci al
pari di una norma di legge.

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L’art. 1372 c.c. precisa infatti che il contratto (concluso) non può essere sciolto che per mutuo consenso (cioè
di comune accordo) o per cause ammesse dalla legge.

L’efficacia del contratto si estende anche:

• al successore a titolo universale di ciascun contraente (cioè colui che subentra in tutti i suoi rapporti giuridici,
attivi e passivi, ad esempio l’erede);

• ai suoi aventi causa o successori a titolo particolare (cioè coloro che subentrano solo in specifici rapporti, ad
esempio l’acquirente di uno dei contraenti).

Quanto invece ai terzi (cioè quei soggetti diversi dai contraenti né ad essi equiparati), la norma precisa
che il contratto non ha effetto nei loro confronti se non nei casi previsti per legge.

E’ il c.d. principio di relatività, per cui di regola nessuno può veder pregiudicata la propria sfera
patrimoniale a seguito di un atto concluso da altri.

Il riferimento è ovviamente ai soli effetti diretti, cioè quelli che trovano nel contratto la propria fonte
immediata, mentre il terzo sarà sempre potenzialmente esposto agli effetti riflessi del contratto altrui
(ad esempio nella vendita di immobile locato il conduttore dovrà interfacciarsi suo malgrado con un
altro locatore).

Contratti ad effetti reali ed obbligatori

Gli effetti del contratto sono le conseguenze che questo produce sul rapporto giuridico patrimoniale
di riferimento (creandolo ex novo, regolandolo o estinguendolo).

Oltre agli effetti tipici, previsti per legge, il contratto può eventualmente produrre:

• gli effetti espressamente voluti dalle parti nell’esercizio dell’autonomia contrattuale;

• effetti integrativi, conseguenti all’applicazione di legge, usi o equità, per colmare lacune presenti nel
regolamento negoziale.

In base agli effetti prodotti si è soliti distinguere tra:

• contratti ad effetti reali: che determinano il trasferimento o la costituzione di un diritto reale o il


trasferimento di un altro diritto (ad. es. compravendita, mutuo);

• contratti ad effetti obbligatori: che costituiscono o incidono su un rapporto obbligatorio.

La distinzione su richiamata è particolarmente evidente guardando all’effetto traslativo, che può


conseguire anche ai contratti ad effetti obbligatori.

In questi ultimi l’effetto traslativo è sospeso finchè non si produce uno dei seguenti eventi:

• la specificazione del bene (dunque la sua esatta individuazione tramite pesatura, conteggio o misurazione),
se oggetto della prestazione è una cosa generica;

• la venuta ad esistenza della cosa, se si tratta di cosa futura;

• l’acquisto della proprietà da parte del venditore, se si tratta di cosa altrui.

Nei contratti ad effetti reali l’effetto traslativo o costitutivo è invece immediato: vale il principio
consensualistico di cui all’art. 1376 c.c. per cui la proprietà si acquista (e si trasferisce) tramite il consenso.

Dal punto di vista del perfezionamento i contratti ad effetti reali sono quindi tipicamente
consensuali e vanno tenuti ben distinti dai già menzionati contratti reali, che invece si perfezionano tramite
la complessa fattispecie in cui al consenso delle parti si aggiunge la dazione della cosa, come ulteriore
elemento costitutivo (cfr. paragrafo 4.1.).

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Il recesso

Si è detto che il contratto ha forza di legge tra le parti e non può sciogliersi che per mutuo consenso o
nei casi espressamente previsti per legge.

Tra questi ultimi figura il recesso (art. 1373 c.c.), ossia il diritto di una parte di
sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale, tramite una dichiarazione comunicata all’altra
parte.

Il recesso può essere:

• legale, se è previsto per legge come nel caso di alcuni contratti nominati (locazione, mandato, mutuo…),
solitamente quelli in cui l’esecuzione del contratto si protrae nel tempo senza che sia stabilito in anticipo il
momento di cessazione;

• convenzionale, se invece è previsto dalle parti con apposita clausola. In questi casi l’esercizio del recesso
avviene spesso in cambio di un corrispettivo in favore della parte che subisce lo scioglimento del rapporto
contrattuale (es. multa e caparra penitenziale).

La legge stabilisce che la facoltà di recedere può essere esercitata finchè il contratto non ha avuto
un principio di esecuzione.

Nei contratti ad esecuzione continuata o periodica (ad esempio quello di somministrazione) il recesso può
invece esercitarsi anche successivamente ma non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di
esecuzione.

A differenza del mutuo consenso o della revoca unilaterale, il recesso non fa propriamente venir meno
il contratto ma pone fine al rapporto giuridico che da esso origina con efficacia ex nunc, cioè dal
momento del recesso stesso.

L’esecuzione del contratto

Una volta che il contratto è concluso le prestazioni previste devono essere eseguite. La legge prescrive che
nell’adempimento delle obbligazioni le parti adottino la diligenza del buon padre di famiglia, ossia quello sforzo
comunemente richiesto all’uomo medio per garantire la soddisfazione delle pretese dell’altra parte. Con
specifico riferimento al contratto l’art. 1375 c.c. prevede che questo dev’essere eseguito secondo buona fede,
intesa in senso oggettivo, come reciproca lealtà di condotta, che oltre alla fase di esecuzione deve
presiedere anche a quella di formazione ed interpretazione del contratto. Un vero e proprio dovere
solidaristico, che a prescindere da specifici obblighi contrattuali, impone a ciascuna parte di agire in modo da
preservare gli interessi dell’altra, nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio a suo carico.

Classificazioni

Guardando alla fase di esecuzione del contratto (e dunque al momento di produzione dei suoi effetti) è
possibile distinguere tra:

• contratti ad esecuzione istantanea, che esauriscono i propri effetti in un solo momento;

• contratti di durata, la cui esecuzione è protratta nel tempo per soddisfare bisogni destinati appunto a
sussistere per un certo intervallo temporale.

I contratti ad esecuzione istantanea possono essere:

• ad esecuzione immediata, se questa è contestuale alla costituzione del contratto (come nei contratti reali);

• ad esecuzione differita, se questa è invece successiva (ad esempio nella vendita a termine).

I contratti di durata si distinguono a loro volta in:

• contratti ad esecuzione continuata, in cui la prestazione è unica ma protratta nel tempo (ne è un esempio il
contratto di locazione);

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• contratti ad esecuzione periodica, in cui vi sono più prestazioni, effettuate in date prestabilite (es. rendita o
contratto vitalizio) oppure saltuariamente, su richiesta di una delle parti (es. contratto di conto corrente).

Le patologie del contratto: nullità, annullabilità, rescissione, risoluzione

Il contratto, sia esso tipico o atipico, produce effetti solo se rispetta determinati requisiti previsti
dall’ordinamento. Se uno di questi manca o è viziato, il contratto è invalido e quindi inefficace, o destinato
ad esser dichiarato tale. A seconda del vizio, la patologia contrattuale può essere più o meno grave;
l’ordinamento ha quindi previsto una serie di istituti (nullità, annullabilità, rescissione e risoluzione) che
rappresentano altrettante condizioni giuridiche del contratto viziato, ciascuna con proprie peculiarità.
Mentre nullità e annullabilità si applicano indistintamente a tutte le tipologie di
contratto, rescissione e risoluzione operano solo rispetto ai contratti a prestazioni corrispettive, quelli
cioè in cui le prestazioni sono legate da un nesso di reciprocità tale per cui ciascuna costituisce la ragion
d’essere dell’altra ed ogni anomalia (o anche solo l’inadempimento) dell’una incide inevitabilmente sull’altra e
sulla causa del rapporto. Rescissione e risoluzione presuppongono un difetto del sinallagma contrattuale,
che in caso di rescissione investe il momento di costituzione del vincolo, mentre nella risoluzione si
manifesta successivamente (il contratto nasce valido ma subentra un vizio in corso di svolgimento del
rapporto).

- Nullità  La nullità è la più grave forma di invalidità contrattuale, prevista a tuteladell’interesse


generale. A norma dell’art. 1418 c.c. il contratto è nullo quando:
• è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente;
• manca uno dei requisiti indicati all’art. 1325 c.c. (accordo, causa, oggetto, forma prescritta a pena di nullità);
• la causa è illecita;
• il motivo è illecito, ai sensi dell’art. 1345 c.c.;
• l’oggetto è impossibile, illecito, indeterminato o indeterminabile;
• sussiste uno degli altri casi previsti dalla legge. La

nullità può essere:

- testuale, se è espressamente prevista;


- ·virtuale, se pur in assenza di un’espressa previsione normativa, risulta come conseguenza della
violazione di una norma imperativa;
- totale, se colpisce il contratto nella sua interezza;
- parziale, se ne colpisce solo una parte.

Quest’ultima si distingue a sua volta in oggettiva e soggettiva, a seconda che interessi parte del
contenuto contrattuale o colpisca il vincolo di una delle parti.

La nullità presenta inoltre le seguenti caratteristiche. E’:

o improduttiva di effetti;
o rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio, senza necessità di
una domanda di parte, purchè risulti dagli atti;
o insanabile, né mediante convalida né per prescrizione dell’azione.

L’azione con cui si fa valere la nullità è invece:

• dichiarativa (o di mero accertamento), nel senso che non muta la situazione giuridica già
esistente ma si limita ad accertarla;
• imprescrittibile, fatti salvi solo gli effetti dell’usucapione e la prescrizione delle azioni di ripetizione;
• assoluta, poichè legittimato ad esercitarla è chiunque vi ha interesse (le parti e anche i terzi pregiudicati dal
contratto).

La nullità, una volta dichiarata, fa venir meno il contratto con efficacia retroattiva (c.d. ex tunc),
come se non fosse mai stato posto in essere;

- Annullabilità  L’annullabilità è la condizione giuridica patologica del contratto, affetto da unvizio


non così grave da comportarne la nullità. E’ prevista a tutela del contraente c.d.

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“debole” rispetto all’altra parte, consentendogli di scegliere se mantenere o meno in vita il
contratto. A differenza della nullità l’annullabilità è solo testuale, per cui sussiste solo nei casi
espressamente previsti per legge.
- Sono cause di annullabilità:
- l’incapacità legale o naturale della parte (fa tuttavia eccezione il caso del minore che ha contrattato
occultando dolosamente l’età);
- i vizi del consenso (errore, violenza, dolo).

Sono poi previste ipotesi di annullabilità giustificate da abusi compiuti in danno di una parte (contratto
concluso con sé stesso o dal rappresentante in conflitto d’interessi col rappresentato).

L’annullabilità è:

- produttiva di effetti interinali (o instabili), nel senso che il negozio annullabile produce effetti, che
tuttavia potranno venir meno se viene proposta e accolta la relativa azione;
- irrilevabile d’ufficio dal giudice: di regola, legittimata a chiedere l’annullamento è solo la parte nel
cui interesse è stabilito per legge (annullabilità relativa), tuttavia in certi casi può agire qualsiasi
interessato (annullabilità assoluta), ad esempio per l’annullamento del matrimonio, del testamento
inficiato da vizi della volontà, degli atti dell’interdetto legale;
- sanabile, a seguito di convalida o della prescrizione dell’azione di annullamento.

L’azione di annullamento è:

- costitutiva, poichè modifica la situazione preesistente, in quanto il contratto annullabile aveva


prodotto i suoi effetti e la sentenza li elimina con efficacia retroattiva;
- prescrittibile: è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre giorno in cui è cessata la causa che
ha dato luogo al vizio o da quello in cui il contratto è stato concluso. L’eccezione di annullamento è
invece imprescrittibile: chi è convenuto in giudizio per l’esecuzione di un contratto annullabile può
sempre eccepirne l’annullabilità senza limiti di tempo;
- Rescissione  La rescissione è una forma di invalidità volta a tutelare chi ha concluso il
contratto a condizioni inique, pur di sottrarsi ad una situazione di bisogno o di pericolo.

La legge prevede due ipotesi:

1. rescissione del contratto concluso in stato di pericolo (art. 1447 c.c.);


2. azione generale di rescissione per lesione (art. 1448 c.c.).

Presupposti della prima sono:

o lo stato di pericolo in cui versava uno dei contraenti o un’altra persona (ad esempio un
familiare): il pericolo dev’essere attuale, cioè sussistere al momento della stipula del
contratto, e il danno alla persona grave;
o l’iniquità delle condizioni contrattuali alle quali il contraente si è obbligato per ovviare allo stato di
pericolo in cui versava;
o la conoscenza dello stato di pericolo da parte del contraente che ne ha tratto vantaggio.
Il giudice, nel pronunciare la rescissione può comunque, secondo le circostanze, assegnare un equo
compenso all’altra parte per l’opera prestata. L’azione generale di rescissione per lesione si
caratterizza invece per:

• la sproporzione tra le prestazioni delle parti (c.d. lesione ultra dimidum), per cui il valore
della prestazione chiesta al danneggiato deve eccedere di oltre il doppio quello della
prestazione chiesta all’altra parte. La lesione deve inoltre perdurare fino al momento in cui
è proposta la domanda di rescissione;
• lo stato di bisogno del contraente danneggiato, che dev’essere stata la causa da cui è
dipesa la sproporzione tra le prestazioni delle parti. Lo stato di bisogno è inteso non
necessariamente come indigenza ma anche come semplice difficoltà economica;
• l’approfittamento di tale stato di bisogno da parte dell’altro contraente, che deve aver agito
consapevolmente allo scopo di trarne un’utilità economica. Legittimato ad esercitare
l’azione di rescissione è il solo contraente danneggiato e, analogamente a quanto accade
con l’annullamento, gli effetti del contratto rescindibile permangono
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finchè non è stata proposta la relativa azione e la rescissione accertata con pronuncia
del giudice. L’azione di rescissione si prescrive nel breve termine di un anno, che
una volta trascorso rende inopponibile anche la relativa eccezione. A norma
dell’art. 1448 c.c. la rescissione non è infine invocabile nei contratti aleatori, quelli
cioè in cui l’entità e l’esistenza della prestazione dipendono da un elemento incerto e
quindi il rischio contrattuale, oltre ad essere fisiologicamente più ampio, tanto da
rivestire rilevanza causale, è noto e consapevolmente assunto dalla parte;
- Risoluzione La risoluzione è una forma di invalidità che opera rispetto ad anomalie che si
manifestano dopo la conclusione del contratto. Il codice civile prevede tre ipotesi di
risoluzione:
- per inadempimento (1453 – 1462 c.c.);
- per impossibilità sopravvenuta (1463 – 1466 c.c.);
- per eccessiva onerosità (1467 – 1469 c.c.).

La risoluzione per inadempimento si riferisce all’ipotesi in cui, in un contratto a prestazioni corrispettive, uno
dei contraenti è inadempiente: in tal caso l’altra parte può scegliere di agire per l’adempimento oppure
esercitare il diritto di risolvere il contratto, salvo, in entrambi i casi, il risarcimento del danno. Una volta
chiesta la risoluzione non è più possibile agire per l’adempimento, mentre vale l’opposto. Di regola la
risoluzione necessita di una sentenza del giudice (risoluzione giudiziale) ma ci sono ipotesi tassativamente
previste per legge in cui opera automaticamente (c.d. risoluzione di diritto, cfr. paragrafo 10.4.2.). La
risoluzione per impossibilità sopravvenuta risponde all’esigenza di garantire lo scioglimento del rapporto
quando la prestazione di uno dei contraenti è divenuta impossibile da adempiere per causa a lui non
imputabile. L’art. 1463 c.c. dispone infatti che la parte “liberata” per sopravvenuta impossibilità non può
chiedere la controprestazione e deve restituire quella già ricevuta. Se la prestazione è divenuta
solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto ad una corrispondente riduzione della propria
prestazione e può anche recedere dal contratto se non ha interesse apprezzabile all’adempimento parziale.
La risoluzione per eccessiva onerosità (art. 1467 c.c.) è prevista per ovviare ad un eccessivo squilibrio tra le
prestazioni, purchè sopravvenuto rispetto al momento di conclusione del contratto e conseguente ad eventi
straordinari ed imprevedibili, dunque non imputabili alla parte. La parte che deve la prestazione divenuta
impossibile può domandare la risoluzione del contratto, che però può essere evitata dall’altro contraente, se
si offre di modificare equamente le condizioni del contratto. La risoluzione non può essere domandata se
l’onerosità sopravvenuta rientra nell’alea normale del contratto. Effetto della risoluzione, comune a tutte le
predette ipotesi, è lo scioglimento del contratto con efficacia retroattiva tra le parti, salva solo l’ipotesi
dei contratti ad esecuzione continuata o periodica in cui la risoluzione non pregiudica le prestazioni già
eseguite. Scopo della risoluzione è quello di riequilibrare la posizione economico-patrimoniale dei contraenti
eliminando non il contratto, ma i suoi effetti. La risoluzione non interviene quindi sull’atto (che era valido
quando è stato concluso) ma sul rapporto: lo conferma il fatto che è possibile chiedere anche il risarcimento
del danno, proprio perché il contratto era valido e le obbligazioni da esso derivanti andavano eseguite.

10.4.2. La risoluzione di diritto.

Trattando della risoluzione per inadempimento si è detto che vi sono ipotesi, tassativamente
previste, in cui questa opera di diritto, per effetto del solo inadempimento e della dichiarazione
della parte di volersene avvalere.

Si tratta dei seguenti casi:

- diffida ad adempiere (1454 c.c.);


- clausola risolutiva espressa (1456 c.c.);
- scadenza del termine essenziale (1457 c.c.).

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10.4.1.1. La diffida ad adempiere

L’art. 1454 c.c. prevede che, alla parte inadempiente, l’altra può intimare per iscritto di adempiere entro un
termine congruo, dichiarando che decorso inutilmente tale termine il contratto si intenderà risolto. Il termine
assegnato per l’adempimento non può essere inferiore a quindici giorni, salvo che le parti non abbiano
pattuito diversamente o che, per la natura del contratto o in base agli usi, risulti congruo un termine
inferiore. Una volta decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto questo è risolto di diritto.

La clausola risolutiva espressa

I contraenti possono anche inserire nel contratto un’apposita clausola con cui prevedono espressamente la
risoluzione del contratto se una certa obbligazione non è adempiuta secondo le modalità stabilite. Anche in tal
caso lo scioglimento contrattuale si verifica di diritto, purchè la parte interessata dichiari all’altra che intende
valersi della clausola risolutiva.

Il termine essenziale

L’ultima ipotesi in cui si verifica la risoluzione di diritto è quella in cui le parti hanno convenuto un termine
essenziale per l’adempimento di una delle prestazioni e questo non è stato rispettato. Per termine
essenziale deve intendersi quello decorso il quale l’altra parte non ha più interesse a ricevere la prestazione
(si pensi al vestito da sposa consegnato il giorno successivo a quello del matrimonio). L’art. 1457 c.c. prevede
in proposito che una volta scaduto il termine da ritenersi essenziale il contratto si intende risolto di diritto anche
se non è stata espressamente pattuita la risoluzione.

Forme e mezzi di pagamento nelle transazioni commerciali.


https://www.bancaditalia.it/compiti/sispaga-mercati/strumenti-pagamento/

La Banca d'Italia promuove l'affidabilità e l'efficienza degli strumenti di pagamento per mantenere la fiducia
nella moneta e negli strumenti a essa alternativi. Lo sviluppo di strumenti di pagamento innovativi, in grado di
sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia informatica, consente di modernizzare le abitudini di pagamento
dei cittadini, delle imprese e della Pubblica amministrazione, migliorare la fluidità delle transazioni, sostenere
la crescita economica. Il perseguimento di questi obiettivi è particolarmente importante in Italia dove l'utilizzo
di strumenti di pagamento alternativi al contante è meno diffuso rispetto agli altri paesi europei. Questi obiettivi
sono anche alla base delle iniziative assunte dalle autorità per la creazione di un'Area Unica dei pagamenti in
Euro (Single Euro Payments Area - SEPA) e per definire una cornice giuridica unitaria per l'offerta dei servizi
di pagamento in Europa (Payment Services Directive - PSD). Gli strumenti di pagamento consentono di
trasferire fondi tra soggetti diversi. La distinzione più comune è tra contante e strumenti alternativi, quali
assegni, bonifici, addebiti diretti, carte di debito, di credito e moneta elettronica. Lo sviluppo delle tecnologie
informatiche accresce l'utilizzo di internet e del telefono cellulare per effettuare pagamenti (i cosiddetti e-
payments e m-payments). La disponibilità di un'ampia gamma di strumenti di pagamento offre vantaggi in
termini di flessibilità di utilizzo, minori costi e maggiore sicurezza. Per beneficiare di questi vantaggi è
importante conoscere le regole previste per l'utilizzo degli strumenti e confrontare le diverse offerte presenti
sul mercato. È opportuno prendere visione dei fogli informativi relativi ai prodotti offerti, seguire le indicazioni
d'uso fornite dai prestatori, conoscere i diritti e gli obblighi previsti per l'utente.

Contante

Il contante (banconote e monete) consente un immediato trasferimento di valore tra due soggetti ed è subito
riutilizzabile. Il contante viene in genere utilizzato per effettuare transazioni di importo limitato tra soggetti
fisicamente presenti (face to face); esso garantisce, in via generale, l'anonimato delle operazioni. Il 'corso
legale' di banconote e monete (moneta legale) comporta l'accettazione del contante per regolare qualunque
tipo di transazione, fatti salvi eventuali limiti fissati per legge. La moneta legale in Italia è l'Euro: introdotto il 1°
gennaio 1999, per i primi tre anni è stato una moneta scritturale, (utilizzata unicamente per fini contabili, ad
esempio nei pagamenti elettronici); è entrato in circolazione il 1º gennaio 2002, sostituendo le banconote e le
monete denominate in lire. L'euro può quindi essere utilizzato in Italia per effettuare i pagamenti, ma le
transazioni tra privati di importo superiore a 3000 euro devono essere necessariamente effettuate con
strumenti alternativi al contante (cfr. art. 1, c. 899 L.208/2015 - cosiddetta legge di stabilità 2016). Per il servizio
di rimessa di denaro di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), numero 6), del decreto legislativo 27 gennaio
2010, n. 11, il limite è di 1000 euro.

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Strumenti alternativi al contante

Gli strumenti alternativi al contante sono offerti da intermediari autorizzati (banche, istituti di pagamento, istituti
di moneta elettronica, Poste) e consentono un trasferimento di fondi dal debitore al creditore attraverso un
processo articolato su più fasi: la trasmissione dell'ordine di pagamento, la sua gestione all'interno di un circuito
che consente lo scambio dell'informazione di pagamento tra prestatori di servizi e l'accreditamento al
beneficiario.

Assegno

L'assegno è un titolo di credito cartaceo, ne esistono due tipologie, quello bancario e quello circolare.
L'assegno bancario contiene l'ordine scritto impartito da un correntista alla propria banca di pagare a terzi (o
a se stesso) una somma di denaro. Ad esso sono assimilati, per tutti gli effetti di legge, gli assegni postali. I
moduli di assegni bancari e postali sono rilasciati, rispettivamente, dalle banche e da Poste Italiane S.p.A. e
sono muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente può richiedere, per iscritto, il rilascio di moduli di assegni
bancari (e postali) in forma libera, pagando per ciascuno € 1,50 a titolo di imposta di bollo. L'assegno bancario
(e postale) emesso per importi pari o superiori a 1000 euro deve sempre recare l'indicazione della clausola di
non trasferibilità. L'assegno può essere pagato dalla banca del cliente che lo ha emesso al momento della sua
presentazione. Tuttavia, è necessario che le banche adottino ogni cautela per evitare i pericoli insiti in un uso
non corretto o fraudolento degli assegni: l'insieme di questi controlli – che possono prevedere misure rigorose
per l'identificazione del presentatore del titolo e per l'accertamento dell'integrità dello stesso può rendere
difficoltoso il pagamento in contante di assegni nei confronti di soggetti non correntisti. Se il portatore
dell'assegno è titolare di un conto corrente, può decidere di versare sul proprio conto il relativo importo.
L'assegno circolare è emesso da una banca per somme disponibili presso di essa al momento dell'emissione.
Come per l'assegno bancario, il presentatore può richiederne il pagamento in contante, ma la banca è tenuta
ad adottare ogni cautela per prevenire usi non corretti o fraudolenti del titolo; l'importo dell'assegno può essere
versato su un conto corrente. L'assegno circolare emesso dalla Banca d'Italia prende il nome di vaglia
cambiario.

Bonifico

È l'ordine dato dal debitore di trasferire una somma sul conto di un creditore, di norma con addebito sul proprio
conto corrente. Dal 1° agosto 2014 lo standard utilizzato per i bonifici in Euro è quello del bonifico europeo
(SEPA credit transfer - SCT). Per effettuare un SCT è necessario fornire unicamente e obbligatoriamente il
codice IBAN del beneficiario, che identifica in modo univoco il conto di destinazione dei fondi. Il tempo massimo
di esecuzione dell'operazione è di un giorno lavorativo dopo quello di accettazione dell'ordine da parte
dell'intermediario (per i bonifici disposti con mandato cartaceo tale termine può essere prorogato di un'ulteriore
giornata lavorativa).

Addebito diretto

È un ordine dato dal creditore di trasferire una somma di denaro sul proprio conto, addebitando quello del
debitore; di solito, viene utilizzato per pagamenti di tipo ripetitivo e con scadenza predeterminata (es.
pagamento utenze). Il debitore autorizza preventivamente l'addebito sul proprio conto firmando un contratto
presso l'impresa fornitrice o, in alcuni casi, presso la propria banca. Dal 1° agosto 2014 gli addebiti diretti in
Euro vengono eseguiti nel formato europeo (SEPA direct debit - SDD). Per effettuare un SDD al creditore è
sufficiente disporre del codice IBAN del pagatore, che identifica in modo univoco il conto di addebito dei fondi.
Il debitore può comunicare al proprio intermediario liste di creditori indesiderati (black list) o graditi (white list),
nonché stabilire importi massimi autorizzati ovvero bloccare tutti gli addebiti diretti sul proprio conto di
pagamento.

Carte di pagamento

Sono tradizionalmente tessere plastificate, con un microchip e/o una banda magnetica, emesse da
intermediari autorizzati; esse consentono di prelevare contante da sportelli automatici (ATM) e pagare presso
gli esercenti (tramite POS - Point Of Sale), digitando un codice segreto (PIN) o apponendo la propria firma
sulla ricevuta di pagamento. Per transazioni di importo contenuto alcune carte di pagamento non richiedono
la digitazione del PIN. Se la carta è abilitata alla tecnologia Near Field Communication (NFC), è possibile
pagare tramite il semplice accostamento della tessera all'apparecchiatura di accettazione presente nel negozio
(POS) (c.d. modalità contactless). Le carte di pagamento possono essere utilizzate anche per concludere

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transazioni di commercio elettronico in internet e possono essere di credito, di debito e prepagate (moneta
elettronica). La carta di credito viene rilasciata da una banca o altro intermediario finanziario sulla base di un
contratto; essa consente acquisti presso gli esercenti convenzionati e prelievi di contante presso gli sportelli
automatici; quest'ultima operazione configura un anticipo di contante e prevede il pagamento di un interesse.
Gli importi spesi sono pagati dal titolare della carta in un momento successivo all'utilizzo, generalmente con
cadenza mensile (o più ampia), in un'unica soluzione o a rate; normalmente vengono addebitati su un conto
corrente, ma è possibile anche un pagamento diretto. Se previsto, inoltre, le carte possono essere utilizzate
per effettuare pagamenti di tipo ripetitivo (addebiti diretti). La carta di debito è rilasciata da una banca o altro
intermediario finanziario presso il quale si ha un conto. Consente acquisti presso gli esercenti convenzionati e
prelievi di contante da sportelli automatici; sono previsti limiti di importo mensili per gli acquisti, nonché limiti
mensili e giornalieri per i prelievi di contante. A differenza della carta di credito, le operazioni vengono
addebitate di volta in volta sul conto del debitore; l'esecuzione dell'operazione presuppone la presenza dei
fondi. Presso gli ATM si possono anche pagare bollette, effettuare ricariche telefoniche o accedere ad altri
servizi. La carta prepagata viene rilasciata da una banca o altro intermediario finanziario e consente di
effettuare pagamenti e prelievi a valere su una somma pre-depositata dal titolare presso l’emittente (ai sensi
della vigente normativa, Banche, Poste Italiane o Imel). Per avere una carta prepagata non è necessario
essere titolari di un conto corrente. Questo tipo di carta può essere, ricaricabile o non ricaricabile. I pagamenti
e i prelievi effettuati riducono, di volta in volta, la somma versata dal titolare, fino al suo esaurimento. Se la
carta è ricaricabile la somma disponibile può essere ricostituita, nei limiti consentiti dalla legge e dall'emittente.
Le carte prepagate possono essere dotate di codice IBAN: in questo caso, sono abilitate a ricevere accrediti
ed effettuare pagamenti al pari di un conto tramite, ad esempio, bonifici o addebiti diretti. Esistono anche altri
tipi di carte di pagamento, denominate "a spendibilità limitata", utilizzabili esclusivamente: a) presso l'emittente
per i beni e servizi da lui forniti (es. pedaggi autostradali e gift card); oppure b) presso una rete definita di
esercizi commerciali, ovvero per l'acquisto di una gamma ristretta di beni e servizi (es. carte carburante). Per
questa loro caratteristica tali carte possono essere emesse da soggetti non vigilati, i quali - nei casi in cui il
valore complessivo delle operazioni di pagamento eseguite con tali strumenti superi la soglia di 1 milione di
euro - compaiono nell'apposita appendice dell'albo di vigilanza degli Istituti di pagamento, assieme ai fornitori
di reti o servizi di comunicazione elettronica (che consentono agli utenti di effettuare talune operazioni di
pagamento addebitandole alla relativa fattura o a un conto pre-alimentato). Tale elenco è scaricabile al
seguente link: https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/albi-elenchi/prest-serv-esclusi-psd2/ELENCO-
PRESTATORI-SERVIZI-ESCLUSI-mod-1.pdf.

Servizi di pagamento in Internet (e-payments)

La diffusione delle nuove tecnologie informatiche ha favorito lo sviluppo di servizi di pagamento in Internet (e-
payments), sviluppati soprattutto a supporto del commercio elettronico (e-commerce). Tali servizi includono
un'ampia gamma di soluzioni, che va dall'utilizzo in rete di strumenti tradizionali, quali ad esempio le carte di
pagamento, all'offerta di servizi di pagamento con caratteristiche innovative. Le transazioni avvengono
tipicamente utilizzando le connessioni su rete Internet. Al fine di rafforzare la sicurezza delle operazioni di
pagamento, gli intermediari adottano metodi di autenticazione degli utenti più robusti rispetto all'uso della
semplice password: essi sono basati sull'uso di credenziali a doppio fattore. I fattori sono rappresentati da
qualcosa che l'utente: i) conosce (es. una password), ii) possiede (es. un token o similare), o iii) è
intrinsecamente(es. elementi biometrici ). La presenza del doppio fattore rende più difficile ai frodatori la cattura
delle credenziali e il loro uso successivo per pagamenti non autorizzati. Fra i servizi innovativi vanno
annoverate le piattaforme specializzate per il commercio elettronico presso le quali sia il cliente che il venditore
detengono un conto virtuale. Il gestore della piattaforma può prevedere che il cliente associ al proprio conto
virtuale uno o più strumenti di pagamento.

Pagamenti su dispositivi portatili (m-payments)

È sempre più diffusa l'offerta di servizi per l'effettuazione di operazioni di pagamento tramite telefono cellulare
(smartphone) o altro dispositivo mobile (tablet). Le soluzioni più frequenti prevedono l'utilizzo di una carta di
pagamento virtualmente inserita nel dispositivo (tramite una "app") oppure associata alla sim card ovvero
l'addebito a valere sul credito telefonico. In quest'ultimo caso gli acquisti si riferiscono, prevalentemente, a
beni o servizi digitali fruibili attraverso il dispositivo mobile, nonché - entro determinati limiti di importo - a servizi
di trasporto pubblico e di parcheggio. Le soluzioni consentono, a seconda dei casi, sia pagamenti in presenza
(es. bar, metro) che da canale remoto (es. App-store, Internet shop).

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Se il dispositivo mobile lo consente e la carta di pagamento associata è abilitata alla tecnologia Near Field
Communication (NFC), è possibile pagare anche in modalità contactless, tramite il semplice accostamento del
dispositivo all'apparecchiatura di accettazione presente nel negozio (POS).

Inclusione finanziaria

La promozione dell'utilizzo di strumenti di pagamento alternativi al contante è favorita da politiche di inclusione


finanziaria che garantiscono l'accesso di tutte le categorie di utenti a conti correnti o di pagamento e
favoriscono l'accettazione dei pagamenti elettronici presso un'ampia platea di fornitori di beni e servizi. Il tema
dell'inclusione finanziaria ha un posto importante nella definizione delle politiche globali. In tale contesto, il
Committee on Payments and Market Infrastructures e la World Bank hanno pubblicato un rapporto su Payment
aspects of financial inclusion che esamina i fattori di domanda e di offerta che influenzano l'inclusione
finanziaria nel contesto dei sistemi e dei servizi di pagamento e suggerisce misure per la definizione di politiche
che la promuovano. A questo fine vengono formulati sette principi guida che mirano a: sostenere l'impegno
delle autorità volto ad accrescere l'accesso a conti transattivi e l'utilizzo di servizi di pagamento elettronici;
diffondere la consapevolezza che l'uso di servizi di pagamento affidabili ed efficienti migliora il benessere di
individui, famiglie e imprese; spingere verso una maggiore efficienza, flessibilità, integrità e concorrenza nel
mercato dei servizi per favorire l'inclusione e la stabilità; facilitare la realizzazione di un quadro di regole basato
su un approccio proporzionale al rischio per promuovere l'accesso ai servizi di pagamento.

L’insolvenza e il fallimento.
L'insolvenza costituisce il presupposto oggettivo di tutte le procedure concorsuali, anche se la sua intensità
e le sue manifestazioni possono essere molto diverse. Il vecchio Codice di Commercio del 1882 prevedeva,
all’art. 683, che “il commerciante che cessa di fare i suoi pagamenti per obbligazioni commerciali è in stato di
fallimento”. Uno dei più vistosi inconvenienti che generava tale definizione, sebbene la dottrina ne avesse
ricostruito il senso nei termini poi accolti dal legislatore del 1942 – già Bonelli nel 1926, infatti, pur riducendo il
dissesto ad una serie di inadempimenti, aveva definito l’insolvenza come “lo stato del patrimonio di una
persona per cui questa si rivela impotente a far fronte ai debiti che la gravano”, - era quello di confondere
l’inadempienza con la vera e propria insolvenza. Di dare cioè importanza ad uno stato di fatto pregresso,
afferente ad una mera situazione patrimoniale passata e non, come poi meglio specificato dal legislatore del
1942, dall’intera situazione economica del soggetto, non più commerciante ma imprenditore, e quindi non
statica ma dinamica. Lo stato di insolvenza va inteso, dunque, come “condizione” di insolvenza, come
incapacità cioè non solo passata ma anche e soprattutto futura di pagare i propri debiti. Essa afferisce
tipicamente alla persona dell’imprenditore ed è sganciata dall’analisi di meri dati contabili o di bilancio se
singolarmente intesi: lo stato di insolvenza potrebbe benissimo non sussistere pure in presenza di una
evidente crisi di liquidità qualora la figura centrale dell’imprenditore avesse, per esempio, ancora sufficiente
credito presso le banche ed fosse quindi in grado di ottenere in qualunque momento il denaro necessario per
pagare i propri debiti. L’art. 5 della Legge Fallimentare (R. D. 16 marzo 1942 n. 267) prevede che
“l’imprenditore che si trova in stato di insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato di insolvenza si manifesta con
inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore no è più in grado di soddisfare
regolarmente le proprie obbligazioni.”Come si vede è l’imprenditore, e non più il commerciante, ad essere
dichiarato fallito (presupposto soggettivo del fallimento). E non si tiene solo conto del dato obiettivo degli
inadempimenti, o di altri fatti esteriori pregressi, ma è necessario che il debitore non sia più in grado per il
futuro (e quindi anche se nel passato è stato inadempiente) di soddisfare le proprie obbligazioni con regolarità
(presupposto oggettivo del fallimento). E’ importante chiarire questi aspetti perché lo stato di insolvenza non
costituisce solo il presupposto oggettivo del fallimento ma esso assume rilievo anche nel diritto comune. Si
pensi, solo per fare qualche esempio, alla decorrenza del termine in tema di inadempimento (art. 1186 Cod.
Civ.), all’insolvenza del nuovo debitore (art. 1274 Cod. civ.), all’insolvenza di un condebitore in caso di
rinunzia all’eredità (art. 1313 Cod. Civ.), all’insolvenza del fideiussore (1943 Cod. Civ.), all’insolvenza nel
mandato di credito (art. 1959 Cod. Civ.) e gli esempi potrebbero continuare. In tali norme non è richiesta la
presenza di un imprenditore commerciale ed è sufficiente che il debitore non sia in grado di adempiere (o non
voglia adempiere) in relazione al singolo creditore e non di tutti coloro che hanno avuto rapporti commerciali
con l’imprenditore. Differenze di non poco conto rispetto alla definizione di insolvenza data dalla legge
fallimentare e da questa specificamente definita. Del resto, lo stesso legislatore del codice civile ha eliminato
qualunque richiamo al fallimento e al debitore fallito. Ed è quindi escluso che l’art. 5 della legge fallimentare
possa interpretarsi sulla scorta delle disposizioni del codice civile relative all’insolvenza. E ciò perché mentre
l’insolvenza dell’imprenditore si riflette su tutta l’impresa ed implica l’impossibilità futura di adempiere le proprie

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obbligazioni, l’inadempienza invece è un fatto individuale, a volte volontario, non necessariamente afferente alla
solvibilità del debitore il quale potrebbe sic et simpliciter non voler pagare pur avendo la possibilità di farlo. Abbiamo già
visto la nozione di insolvenza dataci dall’art. 5 della Legge Fallimentare e che il legislatore del 2017, in teme di delega
al Governo per la riforma delle discipline e della crisi di impresa non ha modificato ma ha, anzi, espressamente
salvaguardato: “Lo stato di insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori , i quali dimostrino che il
debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.”Dunque, il sintomo principale
dell’insolvenza non è il semplice inadempimento, ma l’inadempimento consistente nello stato di impotenza
patrimoniale, non transitorio, al regolare adempimento delle proprie obbligazioni, a prescindere dalle cause che lo
hanno provocato (cioè, anche se queste non siano imputabili all’imprenditore commerciale). Già da molto tempo la
Suprema Corte di Cassazione (Sent. n. 3488 del 1969) ha statuito che “l’insolvenza attiene ad una situazione oggettiva
di impotenza economica, determinata dal fatto che l’imprenditore non sia in grado di adempiere regolarmente, e con
mezzi normali, alle proprie obbligazioni ed alle scadenze pattuite. Pertanto, ai fini dell’accertamento di siffatte situazioni
è del tutto irrilevante l’indagine circa l’ammontare dell’attivo dell’impresa, il quale può anche superare l’ammontare
del passivo, senza con ciò escludere l’impossibilità per l’imprenditore di far fronte alle obbligazioni assunte.”. Corollario
di tale principio è quindi che, sebbene la situazione patrimoniale dell’imprenditore e di conseguenza il rapporto tra
poste attive e poste passive sia un fattore concorrente dello stato di insolvenza sul quale il Tribunale dovrà comunque,
a mio parere, compiere concreti accertamenti, esso non è però un fattore decisivo: contrariamente a quanto affermato
da alcuna autorevole dottrina che individua l’insolvenza laddove vi sia uno squilibrio tra attivo e passivo, l’insolvenza
potrebbe – giova ripetere - manifestarsi anche nel caso in cui l’attivo patrimoniale fosse superiore al passivo. Talché, la
Corte di Cassazione, con una decisione tranchant (Sent.

n. 5736/1993), ha statuito che “lo stato di insolvenza (…) è da ravvisarsi nell’incapacità di adempiere le
obbligazioni assunte alle previste scadenze con l’utilizzazione dei mezzi normali di pagamento,
indipendentemente dalle cause che hanno determinato tale stato e dalla circostanza che la situazione
patrimoniale presenti un’eccedenza delle poste attive su quelle passive”. Naturalmente, lo stato di insolvenza
per assumere rilievo non deve solo esistere ma deve esteriorizzarsi: il legislatore specifica infatti che lo stato
di insolvenza “si manifesta” con inadempimenti o altri fatti esteriori ed è quindi ovvio che non vi possa essere
differenza, ai fini del diritto fallimentare, tra il manifestarsi dello stato di insolvenza e l’insolvenza medesima:
l’insolvenza può infatti essere presupposto oggettivo del fallimento solo allorché si manifesti all’esterno. Ultimo,
ma non ultimo, elemento dello stato di insolvenza è la sua irreversibilità. Nel fallimento infatti l’insolvenza è
ormai irreparabile, sicché, più che combattuta essa viene constatata. Diverso è il discorso relativo alla
temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni in cui potrebbe trovarsi un’impresa, quale premessa,
per esempio, dell’amministrazione controllata. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad uno stato di
insolvenza, ma esso è più attenuato, gli inadempimenti hanno un carattere presuntivamente transeunte ed è
ancora reversibile. In questo caso si tende, o quantomeno si tenta di eliminare l’insolvenza in un periodo di
tempo idoneo a restituire all’impresa la sua originaria vitalità. Nel fallimento ciò non sarebbe possibile: per la
sua dichiarazione l’insolvenza è, e deve essere, soltanto irreversibile. Una notazione critica, infine, all’avverbio
“regolarmente” utilizzato da legislatore del 1942: tale avverbio ha creato incertezza poiché ha lasciato, e lascia
tuttora, alla dottrina ed alla giurisprudenza il compito di individuare esattamente l’irregolarità o meno degli
inadempimenti che stanno alla base dello stato di insolvenza. La relazione ministeriale alla legge fallimentare
riteneva che “regolarità” coincidesse con “normalità” e quindi che i mezzi di pagamento dovessero provenire
dalla normale attività di impresa. La dottrina più attenta ha però fatto notare che i pagamenti sarebbero
comunque regolari anche se l’imprenditore reperisse le risorse economiche aliunde sicché, ha suggerito
acutamente il Campisi, forse sarebbe giuridicamente più corretto parlare di regolarità solo quando il patrimonio
dell’imprenditore sia idoneo ad adempiere nel rispetto della regola della par condicio creditorum. La normativa
sul diritto fallimentare è comunque ancora in piena evoluzione. I presupposti del fallimento sono molte volte
intrecciati con i presupposti della crisi di impresa e della sua conservazione e coinvolgono persone terze - si
pensi, ad esempio ai lavoratori dipendenti - spesso vittime incolpevoli del dissesto. Da qui il superamento, si
spera, definitivo dell’istituto fallimentare inteso solamente come una mera contrapposizione tra interessi
dell’imprenditore ed interessi dei creditori, sebbene esso sia stato costruito proprio per la tutela di questi ultimi.
Ebbene, con la Legge delega del 19 ottobre 2017, n. 155 il legislatore, anche sulla spinta della
“Raccomandazione della Commissione Europea su un nuovo approccio al fallimento dell'impresa e
dell'insolvenza” (Raccomandazione 2014/135/UE), proprio per cercare di salvaguardare le imprese con
difficoltà finanziarie ma essenzialmente sane ha predisposto una cornice legislativa che permetta loro di
ristrutturarsi prima che l’insolvenza diventi irreversibile e prima che la dichiarazione di fallimento, chiamato
adesso “liquidazione giudiziale”, diventi inevitabile. Esso ha pertanto delegato il Governo ad introdurre una
definizione dello stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza, anche tenendo conto delle

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elaborazioni della scienza aziendalistica, mantenendo espressamente in vita l’attuale nozione di insolvenza di
cui all’art. 5 del Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942. Sicché, lo stato di crisi viene chiaramente e
risolutivamente inteso come “probabilità di futura insolvenza”, precedendo temporalmente lo stato di
insolvenza il quale, anche oggi, conserva il suo carattere di assoluta irreversibilità.

7) LEGISLAZIONE TURISTICA
La legislazione statale. L’organizzazione pubblica relativa al turismo. L’ Agenzia Nazionale
del Turismo-ENIT.

Gli organi costituzionali

La Parte Seconda della Costituzione è intitolata “Ordinamento della Repubblica”. In questa parte della
Costituzione sono disciplinati gli organi dello Stato: il titolo I è dedicato al Parlamento, il titolo II al Presidente
della Repubblica, il titolo III al Governo e agli organi ausiliari, il titolo IV alla Magistratura, il titolo V alle Regioni,
Province e Comuni, il titolo VI alla Corte costituzionale. Alla base dell’intero sistema costituzionale vi è il
principio democratico. Il popolo partecipa all’esercizio della sovranità direttamente o attraverso l’elezione dei
propri rappresentanti. Il corpo elettorale, infatti, elegge il Parlamento: quest’organo poi, in nome del popolo,
esercita la funzione legislativa, elegge il Presidente della Repubblica (che svolge funzioni di controllo e di
equilibrio verso gli altri organi costituzionali), e instaura un rapporto di fiducia col Governo. Il Governo esercita
la funzione esecutiva ed, entro precisi limiti costituzionali, partecipa anche alla funzione legislativa. Il corpo
elettorale esercita quindi un controllo “indiretto” su tutti gli organi dello Stato. Attraverso il rapporto di fiducia, il
Parlamento può determinare le dimissioni del Governo. Quest’ultimo deve godere continuamente della fiducia
della “maggioranza” dei membri del Parlamento: questo significa concretamente che la maggioranza deve
votare a favore del Governo. Se il Governo perde l’appoggio di almeno il 50%+1 dei membri di una Camera
(e quindi la maggioranza viene a mancare), è costretto a dare le dimissioni. Anche l’ordinamento italiano ha
adottato, con alcune varianti, il principio della divisione dei poteri elaborato dall’illuminista francese
Montesquieu a metà del ‘700, che prevedeva l’esercizio dei tre poteri fondamentali dello Stato (il potere
legislativo, il potere esecutivo e il potere giurisdizionale), da parte di organi separati e indipendenti. Infatti la
nostra Costituzione attribuisce: - il potere legislativo al Parlamento (artt. 55 - 82); - il potere esecutivo al
Governo (artt. 92 - 96); - il potere giurisdizionale alla Magistratura (artt. 101 - 110). Il principio della divisione
dei poteri non è applicato in maniera rigorosa, in quanto i vari organi, soprattutto il Parlamento e il Governo,
esercitano anche altre funzioni, l’uno nei confronti dell’altro: ad esempio il Parlamento esprime la fiducia nei
confronti del Governo e il Governo partecipa alla funzione legislativa. Al Presidente della Repubblica (artt. 83
- 91) sono affidate funzioni di equilibrio e di controllo verso gli altri organi costituzionali e funzioni di rappresentanza
dello Stato.
Il Governo Il Governo è l’organo che esercita il potere esecutivo e rappresenta il vertice della pubblica
amministrazione. Nel rispetto del principio della separazione dei poteri, il Parlamento approva le leggi (e quindi
esercita la funzione legislativa) e il Governo le “esegue”, cioè le mette in pratica e le realizza (infatti il Governo
viene anche chiamato “esecutivo”). Ad esempio se il Parlamento approva una legge con cui dispone
l’innalzamento dell’obbligo scolastico, il Governo attraverso la Pubblica Amministrazione, (in questo caso
attraverso il Ministero dell’istruzione e i suoi organi periferici), provvederà a costruire nuove scuole, ad
assumere nuovi insegnanti, ad informare gli utenti, a controllare che gli studenti frequentino la scuola, e così
via. In realtà nel nostro ordinamento il principio della divisione dei poteri viene applicato in modo non rigoroso:
l’eccezione più evidente al principio è rappresentata dal fatto che, entro i limiti stabiliti dalla Costituzione, anche
il Governo partecipa all’esercizio della funzione legislativa. Funzione legislativa e altre funzioni Funzioni di
controllo e di equilibrio Funzione esecutiva e, con limiti, funzione normativa 4 La sede del Governo è a Palazzo
Chigi a Roma. I vari ministeri di cui si compone il Governo hanno la propria sede centrale in diversi palazzi
nella capitale. La composizione del Governo Il Governo, al pari del Parlamento, è un organo complesso, cioè
a sua volta composto da altri organi: compongono il Governo il Presidente del Consiglio dei ministri (o Capo
del Governo), e i ministri; il Presidente del Consiglio e i Ministri formano il Consiglio dei ministri. Il Governo è
composto dal Presidente del consiglio e dai Ministri che insieme formano il Consiglio dei ministri (art. 92 c. 1
Cost.). PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GOVERNO CONSIGLIO MINISTRI DEI MINISTRI Nella repubblica
parlamentare non c’è un rapporto diretto tra popolo e Governo: il corpo elettorale elegge il Parlamento e poi il
Parlamento vota la fiducia al Governo (rapporto di fiducia). Questo significa che la maggioranza dei membri
del Parlamento deve appoggiare e votare in favore del Governo, altrimenti questo è costretto a dare le
dimissioni. Nel nostro ordinamento il Parlamento è composto da due Camere: nel rispetto del principio del
bicameralismo perfetto, ogni Camera deve votare la fiducia al Governo. Questo significa che per ogni Camera
la maggioranza dei deputati e la maggioranza dei senatori deve votare a favore del Governo: è sufficiente il
voto contrario anche di una sola Camera, perché il Governo sia costretto a rassegnare le dimissioni. Il Governo
è dunque composto dal Presidente del Consiglio dei ministri (cioè il Capo del Governo), dai ministri, che
insieme formano il Consiglio dei ministri. Questi vengono anche chiamati organi necessari del Governo, dal

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momento che se ne viene a mancare uno (ad esempio si dimette il Presidente del Consiglio), il Governo si
scioglie automaticamente. Partecipano a formare il Governo anche organi secondari, quali il Vicepresidente
del Consiglio, i sottosegretari e i viceministri, il Consiglio di gabinetto, i Comitati interministeriali. Analizziamo
le funzioni svolte da ogni organo che forma il Governo. PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI: è il
Capo del Governo e le sue funzioni consistono nel: - formare il Governo e quindi scegliere i Ministri da proporre
al Presidente della Repubblica perché vengano nominati; - ai sensi dell’articolo 95 della Costituzione, dirigere
la “politica generale del Governo”; - presiedere e organizzare i lavori del Consiglio dei Ministri; 5 - predisporre
il programma di Governo che poi verrà presentato dal Consiglio dei Ministri al Parlamento perché venga
approvato; - rappresentare il Governo: quindi quando viene chiamato in causa il Governo, ad esempio dal
Parlamento, è il Presidente del Consiglio che lo rappresenta e parla a nome di esso; - mantenere l’unità di
indirizzo politico, coordinando l’attività dei vari Ministri e risolvendo eventuali contrasti tra di essi; - presiedere
i Comitati interministeriali e il Consiglio di gabinetto. Anche se è il Capo del Governo, in realtà non è un
superiore gerarchico rispetto agli altri Ministri, ma viene definito come un “primus inter pares” (cioè un “primo
tra i pari”, una figura preminente rispetto a cariche equiparate). Infatti non può dare ordini ai Ministri che
riguardino i settori di loro competenza, né può costringerli alle dimissioni, se non minacciando le proprie. Le
sue dimissioni infatti comportano le dimissioni dell’intero Governo. La sede della Presidenza del Consiglio è a
Palazzo Chigi a Roma. VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO: è l’organo che ha il compito di sostituire il
Presidente del Consiglio in caso di suo impedimento temporaneo (viaggio all’estero, malattia, ecc.). Non ha
altre funzioni specifiche, se non quelle che gli vengono delegate dal Presidente del Consiglio. Spesso tale
carica è conferita ad un esponente dei partiti di maggioranza per offrire loro una posizione di prestigio.
MINISTRI: i Ministri sono al vertice di un settore della Pubblica amministrazione che si chiama ministero (o
dicastero), come ad esempio l’istruzione, la sanità, la difesa, ecc. e sono anche membri del Consiglio dei
Ministri. I Ministri generalmente sono scelti all’interno dei partiti di maggioranza che sostengono il Governo. A
volte però vengono nominati anche Ministri “esterni”, scelti per le loro capacità e competenze in settori
determinati, non iscritti a partiti, e quindi non politici di professione: in tal caso si parla di Ministri tecnici.
Collaborano con il Ministro uno o più sottosegretari ed eventualmente i Viceministri, che appunto aiutano il
Ministro ad esercitare le sue funzioni e svolgono gli incarichi che gli sono delegati. I Viceministri possono
sostituire temporaneamente il Ministro e possono rappresentarlo nelle sedi in cui non può essere presente. Il
Ministro svolge dunque due tipi di funzioni: - COME ORGANO DI VERTICE DI UN MINISTERO: il Ministro è
l’organo di vertice di un settore della Pubblica amministrazione, chiamato ministero. In tale ambito è compito
del Ministro compiere atti di “alta amministrazione” e quindi provvedere all’organizzazione generale e al
coordinamento del settore amministrativo di sua competenza; - COME MEMBRO DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI: il Ministro ha il diritto di partecipare alle riunioni del Consiglio dei Ministri e ha il diritto di votare,
contribuendo a definire l’indirizzo politico del Governo. 6 MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO E MINISTRI AD
INTERIM: i ministri senza portafoglio non sono a capo di un Ministero, ma sono a capo di un settore secondario
della Pubblica amministrazione, chiamato Dipartimento, oppure svolgono funzioni specifiche individuate dalla
Presidenza del Consiglio. Questi Ministri sono chiamati ministri senza portafoglio, perché, rispetto a quelli che
sono a capo di un Ministero, hanno una ridotta capacità di spesa. Ad esempio sono Ministri senza portafoglio
quelli che svolgono gli incarichi relativi alle “pari opportunità”, alle “politiche comunitarie”, alla “famiglia”. Può
accadere inoltre che un Ministro dia le dimissioni o sia impossibilitato a continuare a svolgere le sue funzioni:
in tal caso il suo incarico è assunto temporaneamente, appunto “ad interim”, da un altro Ministro o dallo stesso
Presidente del Consiglio, in attesa di nominare un sostituto del Ministro che è venuto a mancare. In tal caso si
parla di ministri ad interim o di incarico ad interim, nell’attesa appunto che il precedente Ministro possa
riprendere a svolgere le sue funzioni oppure venga nominato un nuovo Ministro. CONSIGLIO DEI MINISTRI:
è l’organo più importante del Governo ed è composto da tutti i Ministri ed è presieduto dal Presidente del
Consiglio dei Ministri. Il Consiglio dei Ministri svolge tutte le funzioni più importanti del Governo: - approva i
disegni di legge da presentare al Parlamento; - approva il programma di Governo ed è quindi l’organo che
determina l’indirizzo politico da seguire; - approva gli atti aventi forza di legge (o decreti) del Governo e i
regolamenti governativi; - nomina i più alti funzionari dello Stato. COMITATI INTERMINISTERIALI: sono degli
organi composti da un numero ristretto di Ministri e a volte presieduti dal Presidente del Consiglio, che hanno
una competenza specifica in determinati settori, e svolgono funzioni preparatorie e istruttorie per il Consiglio
dei Ministri. Spesso i disegni di legge e i decreti vengono prima preparati e discussi dal Comitato
interministeriale competente per materia e poi sottoposti all’approvazione definitiva del Consiglio dei ministri.
Fra i Comitati interministeriali più importanti ricordiamo il CIPE (Comitato interministeriale per la
programmazione economica) e il CICR (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio). CONSIGLIO DI
GABINETTO: è un organo presieduto dal Presidente del Consiglio e composto da un numero limitato di
Ministri, di solito coloro che sono a capo dei Ministeri più importanti. Anche tale organo svolge la funzione di
preparare i lavori del Consiglio dei Ministri e di supportare nella sua attività il Presidente del Consiglio. La
formazione del Governo In quali situazioni è necessario formare un nuovo Governo? Quando il Governo deve
dare le dimissioni? Vediamo i vari casi. 7 - FINE LEGISLATURA: abbiamo visto che la legislatura è il periodo
in cui resta in carica il Parlamento. E’ una prassi costituzionale ormai consolidata che il Governo rassegni le
dimissioni prima delle elezioni (in realtà resta in carica solo per l’ordinaria amministrazione, fino a che non

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venga formato il nuovo Governo). Il Governo può dunque restare in carica al massimo per la durata della
legislatura, cioè cinque anni. - CRISI DI GOVERNO: o si parla di crisi parlamentare quando la crisi avviene
all’interno del Parlamento, e quindi quando c’è una votazione per verificare se il Governo goda della fiducia
della maggioranza dei membri di ogni Camera. A sua volta la crisi parlamentare può essere provocata da varie
cause:  in seguito alla mozione di fiducia: quando viene formato un nuovo Governo, questo deve presentarsi
al Parlamento per verificare se disponga della fiducia della maggioranza dei parlamentari. In tale occasione
viene votata la mozione di fiducia;  in seguito alla mozione di sfiducia: tale situazione si verifica nel caso in
cui il Governo sia già in carica e in una Camera venga presentata una mozione di sfiducia. Con questo
strumento si intende revocare, quindi togliere la fiducia, ad un Governo che è già in carica. Se la maggioranza
dei membri di una Camera approva la mozione, il Governo è costretto a dare le dimissioni;  in seguito alla
questione di fiducia: spesso il Governo presenta dei disegni di legge al Parlamento che considera
particolarmente importanti per il proprio indirizzo politico, come la legge di bilancio, la legge di stabilità, ecc.
Per indurre i parlamentari ad un’approvazione celere e senza inconvenienti, può porre la questione di fiducia
sul disegno di legge: questo significa che, nel caso in cui il Parlamento non approvi il disegno di legge, il
Governo automaticamente rassegnerà le dimissioni. Il parlamentare sa, quindi, che votando contro il disegno
di legge, potrebbe contribuire a far cadere il Governo; o si parla, invece, di crisi extraparlamentare, nel caso
in cui la crisi avvenga “fuori” dal Parlamento. E’ questo un tipo di crisi frequente nel nostro sistema politico.
Tale situazione si verifica quando esponenti di un partito di maggioranza dichiarano che non appoggeranno
più il Governo. Se tale partito è fondamentale per raggiungere la maggioranza dei voti in Parlamento, può
accadere che il Governo rassegni automaticamente le dimissioni, senza un voto di sfiducia. Se ad esempio
un Governo gode della 8 fiducia del 55 % dei membri del Parlamento, (quindi della maggioranza), e il capo di
un partito dichiara che i parlamentari iscritti al suo partito non appoggeranno più il Governo (e tali parlamentari
rappresentano ad esempio il 15 % dei membri del Parlamento), si sa già che il Governo non gode più della
fiducia della maggioranza, ma solo del 40 % dei membri del Parlamento. In tal caso, senza presentarsi in
Parlamento (ecco perché si parla di crisi extraparlamentare), il Presidente del Consiglio comunica le proprie
dimissioni e quelle del Governo. SCHEMA RIASSUNTIVO - FORMAZIONE DI UN NUOVO GOVERNO - FINE
LEGISLATURA - CRISI DI GOVERNO: o crisi parlamentare  mozione di fiducia  mozione di sfiducia 
questione di fiducia o crisi extraparlamentare La procedura per la formazione di un nuovo Governo Non
appena si verifica una crisi di Governo o alla fine della legislatura, dopo le elezioni, bisogna procedere alla
formazione di un nuovo Governo. Nel frattempo, poiché il Paese non può restare senza una guida, il Governo
precedente resta in carica per l’ordinaria amministrazione. Vediamo le varie fasi in cui si articola il
procedimento di formazione del Governo. 1) CONSULTAZIONI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA O
INCARICO AL LEADER DELLA COALIZIONE DI PARTITI CHE HA VINTO LE ELEZIONI: in caso di crisi di
Governo, il Presidente della Repubblica inizia degli incontri con le più alte cariche dello Stato (i Presidenti delle
due Camere) e con i rappresentanti dei vari partiti. Tali colloqui sono chiamati “consultazioni”. Lo scopo di tali
incontri è individuare una persona che possa formare il Governo, che a sua volta possa ottenere la fiducia del
Parlamento. E’ chiaro che il Presidente affiderà l’incarico di formare il Governo alla persona che è stata indicata
dai partiti che “controllano” la maggioranza dei membri in Parlamento. Nel caso invece di nuove elezioni, grazie
anche al nuovo sistema elettorale che impone ai partiti di formare delle coalizioni, in base all’esito delle
elezioni, il Presidente conferirà automaticamente l’incarico al leader della coalizione che è uscita vincitrice
dalle elezioni. Tale possibilità dipende dall’esito delle elezioni. 2) NOMINA DEL PRESIDENTE DEL
CONSIGLIO: una volta individuata la persona, il Presidente della Repubblica affida a questa l’incarico di
formare 9 un nuovo Governo e, in base all’articolo 92 della Costituzione, la nomina Presidente del Consiglio.
3) NOMINA DI MINISTRI: l’articolo 92 della Costituzione prevede che il Presidente della Repubblica, su proposta del
Presidente del Consiglio, nomini i Ministri. Infatti, dopo aver ricevuto l’incarico di formare il nuovo Governo, il
Presidente del Consiglio “incaricato” prepara la “lista dei Ministri” (mettendosi d’accordo con i vari partiti che si sono
impegnati a sostenere il Governo), e la comunica al Presidente della Repubblica. 4) IL GIURAMENTO: dopo la nomina
dei Ministri, a norma dell’articolo 93 della Costituzione, il Presidente del Consiglio e i Ministri stessi prestano
giuramento di fedeltà alla Costituzione e alla Repubblica, “nelle mani” del Presidente della Repubblica. Da questo
momento il Governo entra in carica ed inizia ad esercitare le sue funzioni e va quindi a sostituire il precedente
Governo, che era rimasto in carica solo per espletare l’ordinaria amministrazione. 5) LA FIDUCIA DEL PARLAMENTO:
entro 10 giorni dal giuramento, il Governo deve presentarsi davanti al Parlamento per ottenere la fiducia. In questa
occasione il Presidente del Consiglio illustra al Parlamento il programma di Governo (cioè un documento che contiene
tutti gli interventi e i progetti che il Governo intende realizzare nel caso in cui ottenga la fiducia). Il Parlamento vota
quindi la mozione di fiducia: se la maggioranza dei membri di ogni Camera vota in favore del Governo, si dice che il
Governo “ha ottenuto la fiducia dal Parlamento” e può continuare ad esercitare le sue funzioni. Come già detto, il
Governo deve presentarsi davanti ad ogni Camera e ogni Camera deve votare la fiducia al Governo. Che cosa succede
invece se il Parlamento non concede la fiducia al Governo? Il procedimento di formazione del Governo ricomincia da
capo: il Presidente della Repubblica procede con nuove consultazioni nel tentativo di trovare un accordo tra i partiti, e
individuare dunque una persona cui conferire l’incarico di formare un nuovo Governo.

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Dopo vari tentativi, o nel caso in cui il Presidente si renda conto dell’impossibilità di formare un Governo che
possa ottenere la fiducia, il Capo dello Stato potrebbe decidere di procedere allo scioglimento anticipato del
Parlamento. In tal caso si tengono elezioni politiche anticipate. Si spera in questo modo di formare, attraverso
le elezioni, un Parlamento diverso dal precedente, magari più coeso, che possa più facilmente concedere la
fiducia ad un nuovo Governo.

Le funzioni del Governo

FUNZIONE ESECUTIVA E AMMINISTRATIVA: secondo il principio della divisione dei poteri di Montesquieu,
il Parlamento svolge la funzione legislativa e il Governo la funzione esecutiva. Il Parlamento quindi approva le
leggi e il Governo provvede a renderle esecutive e a realizzarle. Se dunque il Parlamento approva una legge,
ad esempio una riforma della maturità, il Governo si occupa, attraverso il Ministro dell’istruzione e il Ministero
dell’istruzione, di applicare e rendere operativa la legge, ad esempio informando e dando istruzioni alle scuole.
Il Governo, organo di vertice della Pubblica amministrazione, provvede dunque ad “eseguire” le leggi
approvate dal Parlamento attraverso i Ministeri: a capo di un Ministero, quindi di un settore della Pubblica
amministrazione, come la giustizia, la difesa e l’istruzione, abbiamo visto che vi è un Ministro. Spesso il
Governo, nell’esercizio della funzione esecutiva, deve provvedere ad emanare norme secondarie rispetto alla
legge, chiamate regolamenti, che integrano la legge approvata dal Parlamento. FUNZIONE DI INDIRIZZO
POLITICO: il Governo, quando si presenta al Parlamento per ottenere la fiducia, presenta anche il programma
di Governo, che abbiamo visto è il documento che contiene tutti gli interventi e le riforme che l’esecutivo ha
intenzione di realizzare. La funzione di indirizzo politico consiste appunto nella preparazione e nella
realizzazione del programma. Siccome il programma di Governo deve essere anche approvato dal
Parlamento, si dice che la funzione di indirizzo politico è esercitata dal Parlamento (che appunto deve
approvare il programma di Governo), e dal Governo (che deve provvedere a preparare e poi a realizzare il
programma di Governo). FUNZIONE NORMATIVA: abbiamo visto che il principio della divisione dei poteri non
viene applicato in maniera rigorosa e l’eccezione più evidente è appunto costituita dal fatto che il Governo
partecipa alla funzione normativo – legislativa, che dovrebbe spettare esclusivamente al Parlamento. Il
Governo può dunque, entro limiti costituzionali ben precisi, approvare atti aventi forza di legge, cioè norme
giuridiche gerarchicamente equiparate ad una legge del Parlamento, e 11 norme secondarie, cioè norme
gerarchicamente subordinate alle leggi e agli atti aventi forza di legge. Gli atti aventi forza di legge approvati
dal Governo sono i decreti-legge e i decreti legislativi; le norme secondarie approvate dal Governo prendono
il nome di regolamenti. FUNZIONE DI INIZIATIVA LEGISLATIVA: il Governo ha anche il potere di presentare
al Parlamento dei progetti di legge, che prendono il nome di disegni di legge. In questo caso il Governo
partecipa alla prima fase dell’ “iter legis”, ha infatti il potere di iniziativa legislativa. I decreti – legge e i decreti
legislativi I DECRETI – LEGGE. L’articolo 77 della Costituzione riconosce al Governo, solo in casi di necessità
e urgenza, il potere di approvare atti aventi forza di legge, detti decreti- legge. In una situazione di urgenza,
quindi, dal momento che il Parlamento ha dei tempi di lavoro e di approvazione lunghissimi, il Governo può
intervenire con un decreto – legge. Supponiamo ad esempio che si verifichi nel nostro Paese una calamità
naturale, come un terremoto o un’alluvione. In tale situazione, oltre agli interventi immediati, il Governo
potrebbe decidere di approvare un decreto – legge, per far fronte alla situazione di emergenza. Il decreto –
legge è approvato dal Consiglio dei ministri ed emanato dal Presidente della Repubblica (sul testo ufficiale vi
sarà la firma del Presidente della Repubblica e la “controfirma” del Presidente del Consiglio o del Ministro che
ha proposto l’atto: in tal modo la responsabilità ricade sul Governo). Il decreto– legge viene dunque pubblicato
sulla Gazzetta ufficiale ed entra in vigore immediatamente, cioè lo stesso giorno della pubblicazione (per i
decreti – legge non è prevista la “vacatio legis”, il periodo di inefficacia di una norma che va dal giorno della
pubblicazione alla sua entrata in vigore: dal momento che il decreto è approvato in una situazione di urgenza,
non avrebbe senso attendere 15 giorni per aspettare l’entrata in vigore del decreto stesso). Il giorno stesso
della pubblicazione il decreto – legge deve essere presentato alle Camere. Infatti il decreto deve essere
convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni, altrimenti decade, cioè perde efficacia fin dall’inizio,
retroattivamente: ogni effetto prodotto dal decreto – legge, nel caso in cui non venga convertito in legge dal
Parlamento, verrà annullato. Nel caso del decreto – legge, dunque, prima entra in gioco il Governo, e poi in
un secondo momento, il Parlamento, solo per convertire il decreto in legge dello Stato. I DECRETI
LEGISLATIVI. L’articolo 76 della Costituzione prevede che, entro certi limiti, il Parlamento possa delegare il
Governo ad approvare un decreto legislativo. I decreti legislativi, come i decreti – legge, sono atti aventi forza
di legge. Quando il Parlamento si trova di fronte a materie molto tecniche o complesse (come ad esempio il
riordino di una materia intera, come un settore del diritto), dal momento che ha dei tempi di lavoro lunghi, può
approvare una legge delega, con cui appunto delega, incarica il Governo ad approvare un decreto legislativo
in quella materia. Nella legge delega vengono specificati l’oggetto di cui dovrà occuparsi il Governo, i limiti e i
principi fondamentali che dovranno essere rispettati, la scadenza temporale entro la quale dovrà essere
approvato il decreto dal Governo. Dopo l’approvazione della legge delega, spetta al Consiglio dei ministri
approvare il decreto – legislativo, che verrà emanato dal Presidente della Repubblica. Il decreto verrà
pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ed entrerà in vigore normalmente dopo 15 giorni dalla pubblicazione,
rispettando il periodo di “vacatio legis”, dal momento che in tali casi non sussistono situazioni di urgenza, come

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avviene per il decreto – legge. Nel caso in cui il Governo, nell’approvare il decreto legislativo, non rispetti i
limiti fissati dalla legge delega del Parlamento, potrebbe essere chiamata ad intervenire la Corte costituzionale
per verificare la legittimità del decreto legislativo ed eventualmente abrogarlo. Nel decreto legislativo lo schema
è quindi ribaltato rispetto al decreto – legge: entra in gioco prima il Parlamento, con l’approvazione della legge
delega, e poi il Governo con l’approvazione del decreto legislativo. I regolamenti Nell’esercizio della funzione
normativa, il Governo può anche emanare norme secondarie chiamate regolamenti. Tali norme sono
gerarchicamente subordinate alle leggi e agli atti aventi forza di legge (questo significa che non possono
modificare o abrogare leggi o decreti), e di solito servono ad integrare e a specificare norme di rango superiore.
Possono essere approvati dal Consiglio dei Ministri (in tal caso si parla di regolamenti governativi), o dal
Presidente del Consiglio (regolamenti del Presidente del Consiglio) o dai singoli Ministri (regolamenti
ministeriali). Si distinguono i regolamenti ad efficacia interna, che 13 producono effetti solo internamente alla
Pubblica amministrazione, senza avere conseguenze sui cittadini (ad esempio una nuova organizzazione della
struttura di un Ministero o di un ufficio), e i regolamenti ad efficacia esterna, che invece esplicano i propri effetti
esternamente alla Pubblica amministrazione e hanno dirette conseguenze sulla vita del cittadino. Si possono
poi distinguere i regolamenti di esecuzione, che provvedono ad eseguire una norma di rango superiore, i
regolamenti integrativi, che provvedono ad aggiungere qualche cosa e a specificare una norma di grado
superiore, e i regolamenti indipendenti, che intervengono in una materia ancora non disciplinata da una legge.
La responsabilità del Governo Si distingue tra responsabilità politica e responsabilità penale. Il Governo è
“politicamente” responsabile di fronte al Parlamento. Questo significa che deve rispettare il programma di
Governo approvato dal Parlamento e in caso di sfiducia, deve rassegnare le dimissioni. Il Parlamento può
anche votare una sfiducia individuale nei confronti di un singolo Ministro: nel caso in cui venga approvata la
sfiducia individuale, dovrà dimettersi solo il Ministro nei confronti del quale la sfiducia è stata approvata. Dal
punto di vista penale, i membri del Governo possono essere chiamati a rispondere per eventuali reati davanti
al giudice ordinario. Nel caso in cui vengano accusati di aver commesso un reato, ne risponderanno
normalmente davanti al giudice ordinario, previa autorizzazione della Camera cui appartengono. Nel caso in
cui il Ministro non sia anche parlamentare, il giudice dovrà richiedere l’autorizzazione a procedere al Senato.
Ai ministri è stata dunque concesso uno status simile a quello dei parlamentari (immunità processuale). LA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Il Governo e la funzione amministrativa Il Governo è al vertice
dell'amministrazione dello Stato e risponde al Parlamento dell'attività che viene svolta dagli organi e dagli uffici
amministrativi che sono a lui sottoposti. Il Governo è formato dal Presidente del consiglio, dai ministri e dal
Consiglio dei ministri. Le funzioni di direzione della pubblica amministrazione sono così ripartite tra gli organi
del Governo: a) ciascun ministro è a capo di un particolare settore dell'amministrazione chiamato ministero ed
è responsabile del suo andamento; b) alcuni atti amministrativi particolarmente importanti sono riservati alla
decisione del Consiglio dei ministri. Tra di essi: - la nomina dei più alti funzionari dello Stato: prefetti,
ambasciatori, capi di stato maggiore, direttori generali dei ministeri o di enti pubblici; - l'approvazione dei
regolamenti governativi. Questi atti vengono adottati sotto forma di "decreto del Presidente della repubblica"
(d.p.r.) e sono quindi firmati ed emanati dal Capo dello Stato (il ruolo del Presidente è di tipo formale trattandosi
di atti sostanzialmente governativi); c) il Presidente del consiglio ha il compito di mantenere l'unità di indirizzo
politico e amministrativo del Governo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri (art. 95), affinchè gli atti
che essi compiono siano coerenti con il programma generale del Governo. Svolge anche compiti di
amministrazione diretta in alcuni settori di rilevanza generale, avvalendosi della Presidenza del Consiglio. La
Presidenza del Consiglio si compone di vari dipartimenti che si occupano delle relazioni con l'Unione europea,
delle relazioni con le Regioni e gli enti locali, delle politiche per le pari opportunità. La direzione politica dei
dipartimenti è spesso affidata ad un ministro senza portafoglio. L'organizzazione centrale dei ministeri I
ministeri hanno una struttura organizzativa fatta a piramide, al cui vertice sta il ministro e in cui gli organi sono
disposti dall'alto verso il basso lungo una scala gerarchica. Accanto a un'organizzazione centrale (con sede a
Roma), che affronta le questioni di competenza del ministero su scala nazionale, esistono, in alcuni ministeri,
organi periferici che hanno una competenza territoriale più limitata. A capo di ogni ministero vi è un ministro.
Egli ha il potere di adottare i regolamenti e i provvedimenti amministrativi più importanti che riguardano la
materia di competenza del ministero, mediante l'adozione di decreti ministeriali. Tali atti sono efficaci verso
l'esterno, in quanto vincolanti anche per i privati. Il ministro può inoltre impartire direttive e istruzioni agli organi
sottoposti, mediante circolari ministeriali. Esse sono efficaci soltanto all'interno del ministero e non vincolano i
cittadini. Il ministro è coadiuvato da uno o più sottosegretari e dai viceministri, anch'essi di nomina politica, e
dal gabinetto del ministro, che si compone di una serie di uffici 15 (ufficio legislativo, ufficio stampa, ecc.), che
operano in stretto collegamento con il ministro stesso. Al di sotto del ministro e dei sottosegretari opera la
struttura burocratica del ministero. Essa può essere organizzata secondo due modelli diversi: - il modello delle
direzioni generali: è il modello tradizionale che attualmente è adottato soltanto in pochi ministeri. L'apparato
del ministero è suddiviso in direzioni generali; ciascuna delle quali si occupa di un particolare settore di
competenza del ministero. L'unità di indirizzo del ministero nel suo complesso è assicurata da un segretario
generale che è un dirigente dello Stato. Tale sistema è stato adottato per quei ministeri che si trovano a dover
agire in settori omogenei e non differenziati; - il modello dei dipartimenti: è il modello più moderno ed è adottato
da quasi tutti i ministeri. L'apparato del ministero è suddiviso in pochi grandi dipartimenti (4 o 5 per ogni

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ministero) che corrispondono alle grandi aree di intervento del ministero, Ciascun dipartimento ha grande
autonomia nella gestione delle proprie politiche e del proprio personale. Non esiste la figura del segretario
generale. I dipartimenti, a loro volta, comprendono gli uffici dirigenziali generali (tale soluzione è stata adottata
ad esempio per qui ministeri come quello dell’Economia che esercitano le proprie funzioni in settori molto
differenziati). Gli uffici dirigenziali generali dipendono gerarchicamente dal Capo dipartimento. Gli incarichi per
le posizioni più rilevanti sono regolati in base al sistema dello spoil system: tale sistema prevede che gli
incarichi siano collegati al mandato del Governo e quindi cessano nel momento in cui il Governo dà le
dimissioni. Presso quasi tutti i ministeri esistono organi consultivi, chiamati consigli superiori o consigli
nazionali, a cui spetta il compito di fornire pareri al ministro. Essi sono composti da dirigenti del ministero, da
esperti esterni e da rappresentanti delle categorie interessate. Gli organi periferici dello Stato Abbiamo
considerato l'amministrazione centrale: il Governo e gli apparati centrali dei ministeri. Ma come viene realizzata
la presenza dello Stato nelle varie zone del Paese? Il PREFETTO. E’ il rappresentante dello Stato nell'ambito
della provincia e risiede nel capoluogo di provincia. Viene designato dal Consiglio dei ministri e nominato con
decreto del Presidente della repubblica. Il governo ha ampia discrezionalità nella destituzione e nei
trasferimenti dei prefetti. Il prefetto è inquadrato nel ministero dell'interno, da cui gerarchicamente dipende, ma
rappresenta il Governo nel suo insieme. In quanto massima autorità nella provincia, il prefetto ha il compito di
coordinare tutte le attività amministrative svolte dallo Stato in quell'ambito territoriale. Ma egli è soprattutto il
massimo responsabile dell'ordine pubblico: da lui dipendono le questure e le forze di polizia della provincia;
può anche disporre l’intervento dell'esercito. in caso di calamità naturali dirige e coordina le operazioni di
soccorso. Ha un potere di intervento sugli organi degli enti locali: nei casi previsti dalla legge può proporre al
Governo lo scioglimento dei Consigli comunali e provinciali. Gli uffici che dipendono dal prefetto costituiscono
la prefettura. Va aggiunto che anche il Sindaco, pur essendo organo del comune e non dello Stato, agisce in
determinati casi come ufficiale del Governo e quindi sotto le dirette dipendenze del Governo stesso o del
prefetto. Tale circostanza si verifica quando egli svolge quelle funzioni statali che lo Stato stesso delega ai
comuni. Gli organi periferici dei ministeri Accanto agli organi periferici dello Stato, che agiscono come
rappresentanti del Governo nel suo insieme, esistono organi periferici che dipendono dai singoli ministeri e
svolgono, a livello locale, le attività specifiche di ciascun ministero. In conseguenza della legge Bassanini che
ha trasferito numerose competenze amministrative dallo Stato alle Regioni (in base al principio di
sussidiarietà), alcuni organi periferici dei ministeri sono stati soppressi e trasferiti alle Regioni. Solo i ministeri
che svolgono funzioni definite di interesse nazionale dalla legge Bassanini conservano propri organi periferici.
Essi agiscono prevalentemente a livello provinciale. Si possono ricordare: - le questure, che dipendono dal
ministero dell'interno, e coordinano le forze di polizia; - le soprintendenze per i beni culturali; - anche il ministero
degli esteri ha propri organi periferici, che si trovano al ai fuori del territorio nazionale: essi sono le ambasciate
e i consolati. Gli organi consultivi Gli organi di amministrazione attiva (Governo, ministeri e organi periferici),
prima di prendere una decisione possono, e talvolta devono, chiedere il parere di appositi organi costituiti
all'interno dell'amministrazione che hanno una particolare competenza in campo, giuridico, amministrativo o
tecnico. Tali organi vengono chiamati consultivi perché il loro compito non è quello di "decidere", ma di
"consigliare"; essi non prendono provvedimenti, ma esprimono pareri. Di regola gli organi di amministrazione
attiva sono liberi di rivolgersi o meno a un organo consultivo per averne il parere: in questo caso il parere viene
detto facoltativo. In casi particolari, però, la legge stabilisce che l’organo di amministrazione attiva debba
necessariamente sentire il parere dell'organo consultivo prima di prendere un provvedimento: in tal caso il
parere viene detto obbligatorio e, se l'atto viene emanato senza che tale parere sia stato acquisito, l'atto stesso
è illegittimo e quindi soggetto ad annullamento. Di regola l'organo di amministrazione attiva non è tenuto a
rispettare, nella sua decisione, il parere (facoltativo od obbligatorio) che gli è stato fornito. In questo caso. il
parere viene detto non vincolante. Quando però la legge prescrive che un determinato parere è vincolante,
l'organo di amministrazione attiva, se vuol prendere quel provvedimento, deve necessariamente attenersi al
parere ricevuto; l'unica libertà che gli è concessa è quella di non adottare quel provvedimento. Gli organi
consultivi sono numerosi. Ve ne sono alcuni presso quasi tutti i ministeri, a livello centrale: sono i consigli
superiori o i consigli nazionali. Due di essi, però, hanno una competenza di carattere generale e sono previsti
dalla stessa Costituzione come "organi ausiliari": sono il Consiglio di Stato (art. 100) e il Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro (art. 99). 17 Amministrazione diretta e amministrazione indiretta Lo Stato può
svolgere le sue funzioni direttamente o attraverso altri enti. In merito all’organizzazione della Pubblica
amministrazione, si distingue tra pubblica amministrazione diretta e pubblica amministrazione indiretta. La
pubblica amministrazione diretta è quella svolta direttamente dallo Stato, con organi propri. A sua volta
l’amministrazione diretta può essere distinta ulteriormente in amministrazione centrale e amministrazione
periferica. La pubblica amministrazione centrale comprende gli organi che operano su tutto il territorio dello
Stato (si pensi al Governo e ai ministeri); la pubblica amministrazione periferica riguarda organi che operano
solo una parte del territorio dello Stato. L'amministrazione indiretta comprende enti e organi autonomi, di cui
lo Stato si serve per perseguire obiettivi pubblici. L’amministrazione indiretta centrale è quella in cui si realizza
autonomia di gestione, ma non il decentramento territoriale. L'amministrazione indiretta periferica è quella in
cui si realizza sia autonomia di gestione, sia decentramento territoriale (si pensi agli enti territoriali, come le
Regioni, le Province e i Comuni). 18 GLI ORGANI AUSILIARI, I CONTROLLI AMMINISTRATIVI E L’ATTIVITA’

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DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Il Consiglio di Stato Il Consiglio di Stato esercita due distinte funzioni:
- una funzione consultiva in materia giuridico-amministrativa; - una funzione giurisdizionale in materia di giurisdizione
amministrativa (si veda il paragrafo sulla giurisdizione amministrativa). I membri del Consiglio di stato (che sono 100)
vengono nominati con decreto del Presidente della repubblica: per metà tra i giudici dei Tar (ossia dei tribunali
amministrativi di primo grado); per un quarto attraverso concorsi pubblici; per un quarto su decisione del Consiglio dei
ministri. La duplicità di funzioni si rispecchia nell'organizzazione; il Consiglio di Stato è infatti diviso in sei sezioni: le
prime tre svolgono funzioni consultive (esprimono pareri), le altre tre svolgono funzioni di giustizia amministrativa
(pronunciano sentenze). Il consiglio dei ministri e i singoli ministri possono chiedere il parere del Consiglio di Stato in
materia giuridica o amministrativa su ogni atto che essi intendano compiere; in linea generale, si tratta di pareri
facoltativi. Tuttavia il parere del Consiglio di Stato deve essere richiesto dal Governo (è quindi un parere obbligatorio),
prima di deliberare alcuni tipi di atti, tra i quali:
- i regolamenti governativi; - i decreti con cui vengono decisi i ricorsi straordinari al Capo dello Stato. I pareri espressi
dal Consiglio di Stato non sono vincolanti. Il Governo è quindi libero di discostarsi dal parere ricevuto, anche se in questo
caso è necessaria una deliberazione del Consiglio dei ministri: il singolo ministro non può, da solo, adottare un
provvedimento difforme dal parere ricevuto. Tuttavia casi di questo genere si verificano, nella pratica, molto
raramente, data l'autorevolezza del Consiglio di Stato. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) Il
Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), introdotto dalla Costituzione repubblicana (art. 99), è un organo
specializzato in materia di politica economica e di legislazione sul lavoro. Il CNEL è composto da 121 membri, di cui 12
esperti nominati dal Governo o dal Presidente della repubblica, 99 rappresentanti delle categorie produttive (lavoratori
dipendenti, lavoratori autonomi e imprenditori) designati dalle rispettive associazioni e 10 scelti dai rappresentanti
delle associazioni di promozione sociale e di volontariato. Il CNEL fornisce pareri sia al Governo sia al Parlamento nelle
materie di sua competenza e contribuisce all'elaborazione della legislazione economica e sociale. E’ anche un organo
con potere di iniziativa legislativa. I controlli amministrativi All'interno della pubblica amministrazione esistono speciali
organi amministrativi (detti organi di controllo), che hanno il compito di controllare l’attività degli organi di
amministrazione attiva. I controlli possono riguardare:
- la legittimità dell'attività amministrativa, ossia la sua conformità alle norme di legge (controlli di legittimità); - il
corretto impiego delle risorse (impiego di denaro e personale: in tal caso si parla di controlli di efficienza) o la qualità
dei risultati conseguiti (in tal caso si parla di controlli di efficacia) (controlli di merito). La Corte dei conti La Corte dei
conti esercita in base alla Costituzione due funzioni: - una funzione di controllo (art. 100 Cost.); - una funzione
giurisdizionale in materia di giustizia amministrativa (art. 103 Cost.). La Corte dei conti è formata da circa 600
magistrati amministrativi in parte nominati in seguito a pubblico concorso e in parte designati discrezionalmente dal
Consiglio dei ministri. Ad essi sono assicurate particolari garanzie di indipendenza rispetto al Governo (ad esempio
l'inamovibilità). La Corte è organizzata, a livello centrale, in varie sezioni, tre delle quali svolgono funzioni di controllo.
Dispone inoltre di sezioni decentrate a livello regionale che svolgono esclusivamente funzioni giurisdizionali. La riforma
del 1994 ha abolito i controlli preventivi di legittimità lasciandoli sussistere soltanto per un numero ristretto di atti di
particolare rilevanza e ha invece ampliato i controlli successivi sulla gestione delle amministrazioni pubbliche, che ora
costituiscono la funzione predominante della Corte. Le principali funzioni della Corte dei conti, dopo la riforma del
1994, sono pertanto le seguenti. a) il controllo preventivo di legittimità. Sono sottoposti al controllo preventivo: - i
provvedimenti emanati su deliberazione del Consiglio dei ministri, con esclusione degli atti aventi forza di legge (decreti-
legge e decreti legislativi); - i decreti dei singoli ministeri che riguardano specifiche materie (per esempio, definizione
delle piante organiche, contratti di appalto superiori a un certo importo, regolamenti ministeriali aventi rilevanza
esterna); - altri atti tassativamente indicati dalla legge (per esempio, i contratti collettivi stipulati dall'Aran e dai
sindacati). Tali atti, una volta deliberati, vengono trasmessi alla Corte che deve valutare entro 30 giorni se non vi sia
contrasto tra l'atto del Governo e le disposizioni di legge. Se non lo fa, l'atto diventa automaticamente efficace: può
essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale e diviene esecutivo. Se invece la Corte ritiene che l'atto sia illegittimo lo rinvia
al ministero che lo ha emanato perché provveda a correggerlo. b) il controllo successivo sulla gestione del bilancio e
del patrimonio delle amministrazioni pubbliche. Il controllo successivo di gestione viene effettuato su tutte le
amministrazioni pubbliche (enti pubblici, enti locali, ecc.). Esso non riguarda i singoli atti, ma l'insieme della gestione
amministrativa. Il controllo successivo può essere esercitato sia al termine dell'esercizio 20 finanziario, sia in corso di
esercizio, e ha lo scopo di verificare la regolarità delle gestioni. Le autorità amministrative indipendenti Negli ultimi
anni numerose leggi hanno istituito nuovi organi amministrativi chiamati a svolgere attività di vigilanza e di
regolazione in particolari settori: le autorità indipendenti. Esse sono poste al di fuori dell'organizzazione dei ministeri
(e della relativa gerarchia), non sono formate da funzionari dello Stato, ma da esperti particolarmente qualificati nei
settori in cui esse operano, i quali esercitano il loro mandato per un periodo di tempo determinato. Si è voluto, per questa
via, affidare la regolazione o il controllo in determinati settori a organi che diano garanzia di indipendenza e di
imparzialità. Tra le più importanti autorità di questo tipo ricordiamo: a) l'Autorità di garanzia per le comunicazioni, che
vigila sul rispetto delle norme sulle emittenti radio-televisive e sulle comunicazioni telefoniche; c) il Garante per la
protezione dei dati personali; d) l'Autorità indipendente per l'energia, che controlla la qualità e le tariffe delle
imprese che producono e distribuiscono l'elettricità e il gas; e) l'Autorità

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garante della concorrenza e del mercato (detta Autorità antitrust); f) la Commissione nazionale per le società
e la borsa (Consob), che vigila sulle società quotate in borsa e sui mercati azionari; g) l'Istituto per la vigilanza
sulle assicurazioni private (Isvap), che vigila sulle imprese di assicurazione. L’attività della pubblica
amministrazione La pubblica amministrazione, nello svolgimento della propria attività, può porre in essere atti
di diritto privato, e in tal caso si trova in una situazione di sostanziale parità con i privati (si pensi ad esempio
ad un contratto della pubblica amministrazione), e atti di diritto pubblico, con cui assume una posizione di
supremazia rispetto ai privati. Gli atti di diritto pubblico vengono definiti atti amministrativi. Gli atti amministrativi
sono dunque atti giuridici provenienti da un’autorità amministrativa, nell’esercizio di una funzione pubblica. La
più importante categoria di atti amministrativi è costituita dai provvedimenti amministrativi, consistenti in
manifestazioni di volontà aventi rilevanza esterna (sono cioè atti che incidono sulle situazioni soggettive dei
privati), provenienti dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di un’attività amministrativa, in grado di
determinare una modifica unilaterale nella sfera giuridica del destinatario. Esempi di provvedimenti
amministrativi sono le autorizzazioni, le concessioni, gli ordini, ecc. L’atto amministrativo viene emanato a
seguito di un particolare iter, comprendente diversi atti e operazioni, che nel loro complesso costituiscono il
procedimento amministrativo. Il procedimento amministrativo si articola in quattro fasi: 1) INIZIATIVA: atti che
mettono in moto il procedimento; 2) ISTRUTTORIA: si acquisiscono e si valutano tutti gli elementi necessari
per l’emanazione dell’atto; 3) DECISORIA: si determina il contenuto dell’atto da adottare e si provvede alla
formazione ed emanazione dello stesso;
4) INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA: può capitare che la legge non reputi sufficienti la perfezione dell’atto richiedendo
ulteriori atti od operazioni (ad esempio operazioni di controllo, di comunicazione, di notificazione, ecc). Il funzionario al
quale è affidata la gestione del procedimento, dalla fase dell’iniziativa a quella conclusiva, è il responsabile del
procedimento. L’atto illegittimo può essere viziato in modo più o meno grave. La forma più grave è la nullità (nei casi di
incompetenza assoluta dell’organo, di oggetto impossibile, di mancanza della forma essenziale); la forma meno grave è
costituita dall’annullabilità (nei casi di incompetenza relativa, di eccesso di potere, di violazione di legge). I principi
dell’attività amministrativa I principi dell'attività amministrativa sono quei principi a cui si deve conformare l'attività
della pubblica amministrazione. Alcuni di questi principi sono previsti direttamente dalla Costituzione; altri sono
stabiliti da leggi successive. Il primo comma dell'art 97 della Costituzione stabilisce che “I pubblici uffici sono
organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità
dell'amministrazione”. In questo articolo si possono individuare tre principi fondamentali che regolano l’attività della
Pubblica amministrazione. Questi sono il principio di legalità, il principio del buon andamento e il principio
dell'imparzialità. L'articolo 118, come è stato modificato dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3, ha
introdotto nel nostro ordinamento altri principi fondamentali. Il primo comma dell'articolo recita: “Le funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”. Dopo aver
introdotto i principi di sussidiarietà, adeguatezza e di differenziazione, il quarto comma dello stesso articolo introduce
l'ulteriore principio di sussidiarietà orizzontale quando stabilisce che: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e
Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse
generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Con quest'ultimo principio il legislatore stabilisce che è comunque
preferibile, soddisfare i bisogni pubblici tramite l'attività dei privati piuttosto che con quella della pubblica
amministrazione. Ulteriori principi presenti nella Costituzione che interessano l'attività amministrativa della pubblica
amministrazione sono: • il principio del decentramento amministrativo, richiamato dall'art. 5, per il quale la Repubblica
deve operare il più ampio decentramento possibile; • il principio del riconoscimento delle autonomie locali, sempre
richiamato dall'art. 5, per il quale la Repubblica anche se indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; • il
principio della responsabilità della pubblica amministrazione, richiamato dall'art. 28, per il quale lo Stato e gli enti
pubblici sono responsabili per i fatti compiuti dai propri dipendenti; 22 • il principio della tutela giurisdizionale del
privato contro atti della pubblica amministrazione, richiamato dall'art. 113, per il quale contro gli atti della pubblica
amministrazione è ammessa sempre la tutela dei propri diritti e dei propri interessi legittimi. 23 GLI ENTI LOCALI – LE
REGIONI Le Regioni La Costituzione prevede una forma di Stato regionale: questo significa che il territorio italiano è
diviso in Regioni e che vi è una suddivisione di competenze tra gli organi centrali, che si trovano nella capitale, e gli enti
locali (Regioni, Province e Comuni). Lo stesso articolo 5 della Costituzione stabilisce che “la Repubblica, una e
indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”. Le Regioni vennero istituite gradualmente. Per andare poi
incontro ad esigenze particolari, di carattere culturale, storico e sociale, a cinque Regioni fu riconosciuta un’autonomia
più accentuata. Il nostro ordinamento prevede dunque due tipi di Regioni: - le Regioni a statuto ordinario, che sono
quindici. La loro organizzazione e le loro funzioni sono disciplinate direttamente dal Titolo V della Costituzione: nel
rispetto delle norme costituzionali, ogni Regione ha un’autonomia statutaria. Questo significa che il Consiglio
regionale, con due approvazioni a distanza di due mesi, può approvare un proprio statuto, con cui regolamentare
l’organizzazione interna della Regione; - le Regioni a statuto speciale: ai sensi dell’art. 116 della Costituzione “il Friuli
Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino - Alto Adige / Südtirol e la Valle d’Aosta / Vallee d’Aoste dispongono
di forme e condizioni

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particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale”. A tali Regioni fu
dunque riconosciuta un’autonomia più accentuata, per varie ragioni di carattere storico – culturale (per andare
incontro alle esigenze di etnie di cultura e lingua diversa o perché in alcune di queste Regioni erano diffusi dei
movimenti di carattere autonomistico – indipendentistico). Lo Statuto di tale Regioni è stato approvato dal
Parlamento con legge costituzionale: ogni Statuto prevede degli spazi di autonomia diversi da Regione a
Regione. Lo Statuto del Trentino prevede anche l’istituzione delle Province autonome di Trento e Bolzano,
che hanno competenza legislativa in determinate materie. Gli organi della Regione La struttura organizzativa
delle Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale è sostanzialmente simile. I vari statuti regionali prevedono
i seguenti organi:: - IL CONSIGLIO REGIONALE; - IL PRESIDENTE DELLA REGIONE; - LA GIUNTA
REGIONALE. La legge costituzionale n. 1 del 1999 ha introdotto l’elezione diretta da parte dei cittadini anche
del Presidente della Regione; quindi attualmente, salvo che lo Statuto non disponga diversamente, i cittadini
maggiorenni della Regione eleggono direttamente il Consiglio regionale e il Presidente della Regione.
Abbiamo visto che si parla di elezioni amministrative riferendosi alle elezioni degli organi delle Regioni, delle
Province e dei Comuni. Le elezioni regionali si tengono ogni cinque anni, salvo elezioni anticipate, e per il
Consiglio regionale è utilizzato un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza: l’80 % dei
membri del Consiglio regionale è eletto con il sistema proporzionale; il restante 20 % dei posti è attribuito come
premio di maggioranza alla coalizione che ha vinto le elezioni. Il leader della coalizione che ha ottenuto la
maggioranza dei voti diventa automaticamente il Presidente della Regione. Lo Statuto regionale può
modificare tale sistema elettorale che è previsto da una legge nazionale. Le regioni a Statuto speciale adottano
un sistema elettorale in parte differente. I membri della Giunta regionale, gli assessori regionali, sono nominati
e revocati dal Presidente della Regione, che è anche Presidente della Giunta regionale. Nel caso di
impossibilità a funzionare o di gravi problemi, il Consiglio regionale può essere sciolto anticipatamente; in tal
caso si tengono elezioni regionali anticipate. Il Consiglio regionale può essere sciolto nel caso approvi una
mozione di sfiducia nei confronti del Presidente e della Giunta, nel caso in cui venga a mancare il Presidente
stesso (per dimissioni, morte, impedimento permanente, ecc.), nel caso in cui il Consiglio compia gravissime
violazioni della Costituzione (ad esempio un atto che miri alla secessione della Regione dal resto del Paese).
Analizziamo ora la composizione e le funzioni svolte da ogni organo della Regione. - IL CONSIGLIO
REGIONALE: tale organo assomiglia al Parlamento, anche se non ha una struttura bicamerale. 
COMPOSIZIONE: il Consiglio regionale ha un numero di membri variabile a seconda della popolazione della
Regione: i consiglieri vanno da 30 a 80. Il Consiglio regionale è organizzato attraverso un proprio regolamento,
e come per il Parlamento, vi sono degli organi interni, come il Presidente del Consiglio regionale, le
commissioni e i gruppi consiliari.  FUNZIONI: • FUNZIONE LEGISLATIVA: il Consiglio regionale approva le
leggi regionali nelle materie di competenza regionale. • FUNZIONE STATUTARIA: il Consiglio regionale nelle
Regioni a statuto ordinario approva lo statuto della Regione. Abbiamo visto che per le Regioni a statuto
speciale, lo statuto è stato approvato con legge costituzionale dal Parlamento. • FUNZIONE DI CONTROLLO
DELLA GIUNTA REGIONALE E DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE: il Consiglio regionale controlla
l’operato del Presidente della Regione e della Giunta. Attraverso una mozione di sfiducia può provocare le
dimissioni del Presidente della Regione e della Giunta. Questo comporta anche lo scioglimento del Consiglio
regionale e quindi nuove elezioni regionali. 25 • FUNZIONE DI INIZIATIVA LEGISLATIVA, DI INIZIATIVA
REFERENDARIA E DI PARTECIPAZIONE ALL’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: il
Consiglio regionale può presentare al Parlamento progetti di legge in materie di interesse regionale perché
vengano approvati. Cinque Consigli regionali possono presentare richiesta di referendum abrogativo o
costituzionale. Infine ogni Consiglio regionale nomina tre rappresentanti che partecipino all’elezione del
Presidente della Repubblica, integrando il Parlamento in seduta comune (la Valle d’Aosta può nominare un
solo rappresentante). - IL PRESIDENTE DELLA REGIONE: se lo Statuto non dispone diversamente, il
Presidente della Regione è eletto direttamente dai cittadini maggiorenni residenti nella Regione. Il Presidente
è anche Presidente della Giunta. Nel caso di dimissioni o di sfiducia nei confronti del Presidente della Regione,
questi non può essere sostituito: in tal caso bisogna ricorrere nuovamente alle elezioni.  FUNZIONI: •
FUNZIONE ESECUTIVA: il Presidente della Regione è anche Presidente della Giunta e in tale veste dirige e
coordina la funzione esecutiva svolta dalla Giunta. Ha il potere di nominare e revocare i membri della Giunta,
gli assessori regionali. • FUNZIONE DI RAPPRESENTANZA: il Presidente rappresenta la Regione nelle
relazioni con organi esterni (Governo, altre Regioni o altri enti locali, rappresentanti diplomatici di altri Stati,
ecc.). • FUNZIONE DI PROMULGAZIONE: il Presidente della Regione cura la promulgazione delle leggi
regionali (quindi verifica che siano state approvate correttamente e che non contengano disposizioni contrarie
a norme costituzionali o a norme statali in materie di competenza statale), e ne cura la loro pubblicazione sul
Bollettino Ufficiale della Regione. • FUNZIONE AMMINISTRATIVA: il Presidente della Regione dirige e
coordina le funzioni amministrative di competenza della Regione e quelle che sono delegate dallo Stato alle
Regioni. - LA GIUNTA REGIONALE:  COMPOSIZIONE: la Giunta è presieduta dal Presidente della Regione,
che è quindi anche Presidente della Giunta, ed è composta da un numero variabile di assessori regionali a
seconda delle Regioni. Ogni Assessore è a capo di un assessorato (assessorato ai trasporti, all’ambiente,
ecc.). Gli assessori sono nominati e revocati dal Presidente della Giunta;  FUNZIONI: • FUNZIONE

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ESECUTIVO – AMMINISTRATIVA: la Giunta, attraverso la direzione e il coordinamento del Presidente e
attraverso gli assessorati, svolge le funzioni amministrative di competenza della Regione e provvede
all’esecuzione delle leggi regionali approvate dal Consiglio regionale. • FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO:
il Presidente della Regione e la Giunta stessa si presentano davanti al Consiglio regionale e ai propri elettori
con un programma da realizzare. La funzione di indirizzo politico consiste nella predisposizione e nella
realizzazione di tale programma. • FUNZIONE REGOLAMENTARE: se il Consiglio regionale approva le leggi
regionali, di solito lo Statuto prevede che l’approvazione dei regolamenti (cioè norme secondarie subordinate
a tutte le norme primarie, e quindi anche alle leggi regionali), spetti alla Giunta. Solitamente i regolamenti
provvedono all’esecuzione e all’integrazione di norme di rango superiore. • FUNZIONE DI INIZIATIVA
LEGISLATIVA A LIVELLO REGIONALE: la Giunta regionale ha il potere infine di presentare progetti di leggi
regionali al Consiglio regionale perché vengano discussi e approvati. Le funzioni legislative e amministrative
delle Regioni La legge costituzionale n. 3 del 2001, modificando l’articolo 117 della Costituzione, ha
profondamente innovato la ripartizione di competenze tra Stato e Regioni per quanto concerne la funzione
legislativa. Sull’esempio di uno Stato federale, ora l’articolo 117 della Costituzione prevede la ripartizione
seguente: - MATERIE DI COMPETENZA ESCLUSIVA DELLO STATO: l’articolo 117 enumera espressamente
17 materie in cui lo Stato ha una competenza esclusiva. Questo significa che in tali materie possono intervenire
solo il Parlamento e il Governo, e non i Consigli regionali. Alcune di queste materie sono la politica estera e i
rapporti internazionali, la difesa, la giurisdizione e le norme processuali. - MATERIE DI COMPETENZA
CONCORRENTE: l’articolo 117 prevede poi un secondo elenco di materie di competenza concorrente. In
queste materie lo Stato interviene fissando attraverso una legge i principi fondamentali. Tale legge viene
spesso chiamata legge – quadro o legge cornice. Ai Consigli 27 regionali spetta poi intervenire con leggi
regionali per disciplinare i contenuti specifici e di interesse locale della materia, sempre però rispettando i
principi fondamentali fissati dalla legge statale. Esempi di tali materie sono l’istruzione, la tutela e la sicurezza
del lavoro, la tutela della salute. - MATERIE DI COMPETENZA ESCLUSIVA DELLE REGIONI: l’articolo 117
prevede poi che ogni materia che non sia esplicitamente menzionata nei due elenchi precedenti spetti in modo
esclusivo alle Regioni. Dice infatti l’articolo 117 che “spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad
ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”. Esempi di tali materie sono la
formazione professionale e la polizia locale. Fino alla riforma del 2001, le Regioni avevano solo una
competenza concorrente in poche materie, che venivano elencate dalla Costituzione. Ora lo schema è stato
ribaltato: le Regioni hanno dunque una competenza residuale, nel senso che possono intervenire nelle materie
che non siano state assegnate allo Stato. Naturalmente, anche nelle materie di competenza esclusiva, le leggi
regionali devono rispettare la Costituzione e le norme internazionali. E’ in corso un acceso dibattito sul
federalismo: vi sono alcuni movimenti politici che sono favorevoli ad aumentare ulteriormente i poteri e le
competenze delle Regioni, fino a modificare la forma di Stato: secondo i sostenitori di tale modello, l’Italia
dovrebbe adottare una forma di Stato federale (anziché regionale, com’è quella attuale), appunto aumentando
le funzioni delle Regioni, e lasciando allo Stato solo ridotte ed enumerate materie di interesse generale. Per
quanto riguarda le funzioni amministrative, queste, prima del 2001, spettavano alle Regioni solo nelle materie
di propria competenza. Con la riforma, invece, è stato stabilito che le funzioni amministrative debbano essere
esercitate dagli enti più vicini ai cittadini (nell’ordine i Comuni, le Province e le Regioni). GLI ENTI LOCALI –
LE PROVINCE Le Province La Costituzione menziona un ente territoriale intermedio tra la Regione e il
Comune: la Provincia. La Provincia è un ente territoriale che esercita le proprie funzioni su un territorio che
comprende più Comuni, ed un capoluogo di Provincia. Le province di Trento e di Bolzano godono di
un’autonomia particolarmente accentuata. Sia le Province che i Comuni possono approvare solo norme di
rango secondario, i regolamenti, e non possono approvare leggi. Le Province esercitano funzioni di interesse
sovracomunale nelle materie loro assegnate (viabilità e trasporti, edilizia scolastica, sanità, cura del territorio
e dell’ambiente ecc.), e nelle materie che sono loro delegate dalle Regioni. Anche le Province godono di
un’autonomia statutaria, nel senso che, nel rispetto della Costituzione e delle norme di rango superiore,
possono approvare un proprio statuto, con cui regolamentare l’organizzazione interna dell’ente. Per le aeree
metropolitane di dimensioni più rilevanti (Roma, Milano, Torino, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e
Napoli), sin dal 1990 era stato previsto di sostituire la Provincia con un diverso ente locale, la città
metropolitana. L'istituzione di tali enti è prevista per il 2015. Tale ente dovrebbe assumere poteri molto più
ampi di quelli riconosciuti attualmente alla Provincia. Per le altre Province è in discussione un progetto di
riforma che dovrebbe cambiare profondamente la composizione e le funzioni di tali enti. Gli organi della
Provincia L’organizzazione della Provincia è simile a quella delle Regioni. Sono organi della Provincia il
Consiglio provinciale, il Presidente della Provincia e la Giunta provinciale. Il Presidente della Provincia è anche
Presidente della Giunta. Il Consiglio provinciale e il Presidente della Provincia sono eletti direttamente dal
corpo elettorale ogni cinque anni, salvo scioglimento anticipato del Consiglio o dimissioni del Presidente. -
ELEZIONI. Il Presidente della Provincia viene eletto direttamente dai cittadini residenti nella Provincia, Viene
utilizzato un sistema maggioritario a doppio turno (o con ballottaggio). Al primo turno si scontrano i vari
candidati: se già al primo turno uno dei candidati ottiene la maggioranza assoluta dei voti, cioè almeno il 50 %
+1 dei voti, viene automaticamente eletto. Se invece nessuno dei candidati ottiene la maggioranza assoluta,

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si tiene un secondo turno di votazioni, il ballottaggio, a cui partecipano però solo i due candidati che al primo
turno hanno ottenuto più voti. Al secondo turno verrà eletto chi ottiene più voti, e quindi la maggioranza
assoluta. Per l’elezione del Consiglio provinciale viene utilizzato un sistema proporzionale con premio di
maggioranza. La coalizione di partiti collegata al candidato eletto Presidente della Provincia ottiene
automaticamente come premio di maggioranza il 60 % dei posti del Consiglio provinciale. 29 - ORGANI DELLA
PROVINCIA E LORO FUNZIONI: - IL CONSIGLIO PROVINCIALE:  COMPOSIZIONE: il Consiglio
provinciale ha un numero di membri variabile in base alla popolazione della Provincia. Il Consiglio provinciale
è organizzato attraverso un proprio regolamento, e anche al suo interno vi sono degli organi che ne
garantiscono il funzionamento, come il Presidente del Consiglio provinciale, le commissioni e i gruppi consiliari.
 FUNZIONI: • FUNZIONE NORMATIVA O REGOLAMENTARE: il Consiglio provinciale non può approvare
leggi, ma solo norme di rango secondario, chiamate regolamenti. Il Consiglio esercita tale funzione solo nelle
materie che gli sono attribuite dalla legge. • FUNZIONE DI CONTROLLO DELLA GIUNTA PROVINCIALE E
DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA: il Consiglio provinciale controlla l’operato del Presidente della
provincia e della Giunta. Attraverso una mozione di sfiducia può provocare le dimissioni del Presidente della
Provincia e della Giunta. Questo comporta anche lo scioglimento del Consiglio provinciale e quindi nuove
elezioni. • FUNZIONE STATUTARIA: il Consiglio provinciale approva lo statuto della Provincia. - IL
PRESIDENTE DELLA PROVINCIA: il Presidente è anche Presidente della Giunta provinciale. Nel caso di
dimissioni o di sfiducia nei confronti del Presidente, questi non può essere sostituito: in tal caso viene sciolto
il Consiglio provinciale e bisogna ricorrere nuovamente alle elezioni.  FUNZIONI: • FUNZIONE ESECUTIVA:
il Presidente della Provincia è anche Presidente della Giunta e in tale veste dirige e coordina la funzione
esecutiva svolta dalla Giunta. Ha il potere di nominare e revocare i membri della Giunta, gli assessori
provinciali. FUNZIONE DI RAPPRESENTANZA: il Presidente rappresenta la Provincia nelle relazioni con
organi esterni (Governo, Regioni, altre Province, Comuni, ecc.). • FUNZIONE AMMINISTRATIVA: il
Presidente della Regione dirige e coordina le funzioni amministrative di competenza della Provincia e quelle
che sono delegate dalla Regione alle Province. - LA GIUNTA PROVINCIALE:  COMPOSIZIONE: la Giunta
è presieduta dal Presidente della Provincia, che è quindi anche Presidente della Giunta, ed è composta da un
numero variabile di assessori provinciali a seconda della popolazione della Provincia. Ogni assessore è a capo
di un assessorato (assessorato ai trasporti, all’istruzione, ecc.). Gli assessori sono nominati e revocati dal
Presidente della Giunta.  FUNZIONI: • FUNZIONE ESECUTIVO – AMMINISTRATIVA: la Giunta, attraverso
la direzione e il coordinamento del Presidente e attraverso gli assessorati, svolge le funzioni amministrative di
competenza delle Provincia e provvede all’esecuzione dei regolamenti approvati dal Consiglio provinciale. •
FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO: il Presidente della Provincia e la Giunta si presentano davanti al
Consiglio provinciale e ai propri elettori con un programma da realizzare. La funzione di indirizzo politico
consiste nella predisposizione e nella realizzazione di tale programma. • FUNZIONE REGOLAMENTARE: la
Giunta può approvare regolamenti su delega del Consiglio provinciale o nelle materie che la legge non riserva
espressamente al Consiglio provinciale. • FUNZIONE DI INIZIATIVA PER I REGOLAMENTI: la Giunta
provinciale ha il potere infine di presentare progetti di regolamenti al Consiglio provinciale perché vengano
discussi e approvati. 31 GLI ENTI LOCALI – I COMUNI I Comuni Il Comune rappresenta l’ente pubblico più
vicino al cittadino. In realtà i Comuni sono molto differenziati: accanto a Comuni di ridotte dimensioni, con una
popolazione limitata, vi sono metropoli immense, con una popolazione rilevante, veri centri nevralgici di
un’intera Regione (si pensi a Roma, Milano, Napoli, ecc.). I Comuni in Italia attualmente sono più di 8.000. Gli
organi del Comune sono il Consiglio comunale, il Sindaco e la Giunta comunale. Restano in carica cinque
anni, però in caso di dimissioni, morte o sfiducia da parte del Consiglio nei confronti del Sindaco, questi non
può essere sostituito, e si ritorna a votare per eleggere un nuovo Consiglio e un nuovo Sindaco. Il Consiglio
comunale e il Sindaco sono eletti dai cittadini maggiorenni residenti nel comune. - ELEZIONI. Dalla riforma del
1993 è stata introdotta l’elezione diretta del Sindaco. Prima i cittadini eleggevano il Consiglio, che a sua volta
doveva eleggere il Sindaco. Dal 1993 è stata introdotta quindi l’elezione diretta da parte dei cittadini sia del
Sindaco che del Consiglio comunale. Attualmente viene applicato un sistema maggioritario per l’elezione del
Sindaco e un sistema proporzionale con premio di maggioranza per l’elezione del Consiglio comunale. Per
quanto riguarda l’elezione del Sindaco, è necessario distinguere tra due tipi di Comuni:  COMUNI CON UNA
POPOLAZIONE FINO A 15.000 ABITANTI: in questi Comuni si utilizza un sistema maggioritario puro o a turno
unico. Si tiene un solo turno di votazioni: il candidato che ottiene più voti (è sufficiente la maggioranza relativa,
quindi anche con lo scarto di un voto), viene eletto Sindaco. Per il Consiglio comunale si segue invece la
seguente procedura: ogni candidato è collegato ad una lista di partiti. Alla lista collegata al candidato che è
stato eletto Sindaco, vengono attribuiti automaticamente i 2/3 dei posti all’interno del Consiglio comunale. Alle
altre liste vengono distribuiti i posti rimanenti.  COMUNI CON UNA POPOLAZIONE SUPERIORE AI 15.000
ABITANTI: in questi Comuni per l’elezione del Sindaco viene applicato un sistema maggioritario a doppio turno
(o con ballottaggio). Al primo turno si scontrano i vari candidati: se già al primo turno uno dei candidati ottiene
la maggioranza assoluta dei voti, cioè almeno il 50 % +1 dei voti, viene automaticamente eletto. Se invece
nessuno dei candidati ottiene la maggioranza assoluta, si tiene un secondo turno di votazioni, il ballottaggio,
a cui partecipano però solo i due candidati che al primo turno hanno ottenuto più voti. Al secondo turno verrà

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eletto chi ottiene più voti, e quindi chi raggiunge la maggioranza assoluta. Alla lista collegata al candidato
eletto Sindaco, viene attribuito automaticamente come premio di maggioranza il 60 % dei posti del Consiglio
comunale. Alle altre liste vengono assegnati i posti rimanenti (il 40 %), in proporzione ai voti ottenuti. - ORGANI
DEL COMUNE E LORO FUNZIONI: - IL CONSIGLIO COMUNALE:  COMPOSIZIONE: ha un numero di
membri variabile in base alla popolazione del Comune. Il numero di membri va da 12 a 60. Nei Comuni con
una popolazione fino a 15.000 aitanti, il Sindaco è anche Presidente del Consiglio comunale; negli altri Comuni
il Consiglio comunale provvede ad eleggere al proprio interno il Presidente del Consiglio comunale. 
FUNZIONI: • FUNZIONE NORMATIVA O REGOLAMENTARE: il Consiglio comunale non può approvare
leggi, ma solo norme di rango secondario, chiamate regolamenti. Il Consiglio esercita tale funzione solo nelle
materie che gli sono attribuite dalla legge (bilancio, tributi comunali, viabilità, ecc.). • FUNZIONE DI
CONTROLLO DELLA GIUNTA COMUNALE E DEL SINDACO: il Consiglio comunale controlla l’operato del
Sindaco e della Giunta. Attraverso una mozione di sfiducia può provocare le dimissioni del Sindaco e della
Giunta. Questo comporta anche lo scioglimento del Consiglio comunale e quindi nuove elezioni. • FUNZIONE
STATUTARIA: al Comune è riconosciuta un’autonomia statutaria; infatti il Consiglio comunale approva lo
statuto del Comune, con cui viene regolamentato il funzionamento interno dell’ente. - IL SINDACO: il Sindaco
presiede la Giunta comunale e ne coordina i lavori. Nel caso di dimissioni o di sfiducia nei confronti del Sindaco,
questi non può essere sostituito: in tal caso viene sciolto il Consiglio comunale e bisogna ricorrere nuovamente
alle elezioni.  FUNZIONI: • FUNZIONE ESECUTIVA: il Sindaco presiede la Giunta e in tale veste dirige e
coordina la funzione esecutiva svolta dalla Giunta stessa. Ha il potere di nominare e 33 revocare i membri
della Giunta, gli assessori comunali; • FUNZIONE DI RAPPRESENTANZA: il Sindaco rappresenta il Comune
nelle relazioni con organi esterni (Governo, Regioni, Province, altri Comuni, ecc.); • FUNZIONE
AMMINISTRATIVA: il Sindaco dirige e coordina le funzioni amministrative di competenza del Comune e quelle
che sono delegate dallo Stato, dalla Regione e dalla Provincia; • NOMINA DEI PIÙ ALTI FUNZIONARI
COMUNALI E DEI DIRIGENTI DEGLI ENTI E DELLE AZIENDE COMUNALI; • UFFICIALE DI GOVERNO:
per alcune funzioni (registri di stato civile, adempimenti in materia elettorale, competenze di ordine pubblico e
pubblica sicurezza), il Sindaco agisce come rappresentante del Governo e, solo in tal caso, può ricevere
direttive dal Governo stesso. - LA GIUNTA COMUNALE:  COMPOSIZIONE: la Giunta è presieduta dal
Sindaco ed è composta da un numero variabile di assessori comunali (da 2 a 16 in base alla popolazione del
Comune). Ogni assessore è a capo di un assessorato. Nei Comuni con una popolazione superiore ai 15.000
abitanti, la carica di assessore è incompatibile con quella di Consigliere comunale. Gli assessori sono nominati
e revocati dal Sindaco.  FUNZIONI: • FUNZIONE ESECUTIVO – AMMINISTRATIVA: la Giunta, attraverso
la direzione e il coordinamento del Sindaco e attraverso gli assessorati, svolge le funzioni amministrative di
competenza del Comune e provvede all’esecuzione dei regolamenti approvati dal Consiglio comunale. Al
Comune sono delegate le funzioni amministrative in tre settori principali che sono: i servizi sociali, l’assetto e
l’utilizzazione del territorio, lo sviluppo economico; • FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO: il Sindaco e la
Giunta si presentano davanti al Consiglio comunale e ai propri elettori con un programma da realizzare. La 34
funzione di indirizzo politico consiste nella predisposizione e nella realizzazione di tale programma; •
FUNZIONE REGOLAMENTARE: la Giunta può approvare regolamenti su delega del Consiglio comunale o
nelle materie che la legge non riserva espressamente al Consiglio comunale. • FUNZIONE DI INIZIATIVA
PER I REGOLAMENTI: la Giunta comunale ha il potere infine di presentare progetti di regolamenti al Consiglio
comunale perché vengano discussi e approvati. - I CONSIGLI DI CIRCOSCRIZIONE: i Comuni con più di
100.000 abitanti devono suddividere il loro territorio in CIRCOSCRIZIONI. In ogni circoscrizione i cittadini
eleggono il CONSIGLIO CIRCOSCRIZIONALE (o Consiglio di zona). Tale organo svolge le funzioni che gli
sono delegate dal Consiglio comunale.

Il turismo (pag. 35 del link https://stefanomonteleone.files.wordpress.com/2014/07/legislazione- turistica3.pdf)

Il turismo è l'insieme delle relazioni che si instaurano in conseguenza dello spostamento temporaneo delle
persone. Vi sono diverse definizioni di “turismo” e di “turista”. I termini “turista” e “turismo” sono stati usati
ufficialmente per la prima volta nel 1937 dalla Società delle Nazioni, (corrispondente alla moderna
Organizzazione delle Nazioni Unite). “Turisti” sono le “genti che viaggiano per periodi di oltre 24 ore”. Il turismo
è quindi la pratica, l'azione svolta da coloro che viaggiano e visitano luoghi a scopo di svago, conoscenza e
istruzione. Secondo la definizione dell'Organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism Organization, un
dipartimento delle Nazioni Unite), un turista è chiunque viaggi in Paesi diversi da quello in cui ha la sua
residenza abituale, al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per un periodo di almeno una notte, ma non
superiore ad un anno e il cui scopo abituale sia diverso dall’esercizio di ogni attività remunerata all’interno del
Paese visitato. Sono dunque inclusi coloro che viaggiano per: svago, riposo e vacanza; per visitare amici e
parenti; per motivi di salute, religiosi o altro. Il settore turistico, in Italia, è fortemente regolamentato. Le agenzie
di viaggio necessitano di licenze regionali. Gli alberghi vengono divisi in categorie previste dalla legge - quadro
sul turismo, che è la legge base del settore. E’ difficile individuare una data di nascita del turismo. La storia
del turismo si intreccia con la storia dell'uomo e del suo desiderio di conoscenza. Già in tempi antichissimi gli

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etruschi ed i romani si spostavano per i pellegrinaggi verso i vari santuari religiosi. Con le invasioni barbariche
questi spostamenti diventano più difficili e pericolosi. Dopo l'anno mille, riprendono i pellegrinaggi, in
particolare intorno ai due poli principali d'attrazione: Roma e Gerusalemme. Verso queste due località si
snodava una rete di santuari, ostelli, ospedali, conventi che assistevano i viandanti ed i pellegrini. In questo
periodo si sviluppano gli spostamenti all’interno dell’Europa, anche in conseguenza della ripresa degli scambi
commerciali. L'epoca dei grandi viaggi incominciò con le prime esplorazioni del XV sec. come la scoperta
dell'America. In realtà il viaggio, come lo intendiamo noi oggi, si diffuse nel corso del Settecento, all'epoca del
Grand Tour. Il Grand Tour era una pratica dei figli della ricca aristocrazia per lo più inglese. Questi giovani
iniziavano il loro viaggio dall'Inghilterra e si recavano in Francia, Spagna, Italia e Germania. L'Italia era una
meta molto apprezzata, anche se spesso nei diari di viaggio si può leggere che i turisti avevano paura e timore
di recarsi nel nostro Paese (a causa del fenomeno del brigantaggio). Non esistevano delle vere e proprie
strutture ricettive, ma esistevano delle locande, osterie e taverne, a volte sporche e adattate alla miglior
maniera, che fungevano da punti di sosta per i viaggiatori ed i loro cavalli. Il turismo organizzato ha invece una
data di origine certa ed un inventore ben determinato: Thoman Cook. Il 5 luglio 1841, Thomas Cook, sfruttando
le nuove possibilità offerte dal treno, organizzò un viaggio da Leicester a Loughborough: vi parteciparono 570
persone, al costo di uno scellino per persona. Il successo fu tale da spingere lo stesso Cook ad inventarsi
pacchetti turistici sempre più completi, dando così inizio all'industria turistica moderna. Molte cose sono
cambiate da allora e la stessa evoluzione del turismo riflette per certi versi l'evoluzione della società: si sono
sviluppati i mezzi di trasporto, diversi 36 gruppi sociali si interessano al fenomeno e i mass media hanno
cambiato l'accesso alle informazioni (si pensi ad internet, alla pubblicità ecc.). Negli ultimi decenni il turismo è
enormemente cresciuto grazie all'evoluzione dei mezzi di trasporto, grazie all'incremento del reddito nel Mondo
e grazie anche ai nuovi mass media che hanno cambiato l'accesso alle informazioni. Oggi i motivi che
spingono le persone a viaggiare sono molto diversi: vacanze, studio, pellegrinaggi, cure, formazione, affari,
attività culturali.
Il turismo e l’economia

Col termine turismo si può intendere anche, a seconda del contesto, il settore industriale e commerciale che
si occupa di fornire servizi come trasporti (in aereo, treno, nave, pullman e così via), servizi di ospitalità (presso
alberghi, pensioni, villaggi turistici e altre strutture ricettive) e altri servizi correlati (guide turistiche; ingressi a
musei, fiere, parchi naturali e altre attrazioni turistiche; servizi di assicurazione per il viaggiatore; servizi di
ristorazione e intrattenimento). A questo settore appartengono i fornitori ultimi di servizi e gli intermediatori
come operatori turistici e agenzie turistiche. Si tratta di un settore economico estremamente ricco, che finanzia
grandi manifestazioni (in Italia, si pensi alle fiere annuali della B.I.T. a Milano e del T.T.G. a Rimini), e il cui
volume d'affari è aumentato quasi costantemente dal dopoguerra in poi. Il turismo è un’importante fonte di
entrate per molti Paesi del mondo e porta denaro alle casse dello Stato attraverso la tassazione dei servizi
correlati al turismo (per esempio le tasse di soggiorno o le tasse aeroportuali), oltre che indirettamente
attraverso gli incassi dei fornitori di servizi. Recentemente, molte organizzazioni non governative hanno iniziato
a occuparsi di turismo come mezzo per favorire lo sviluppo di Nazioni povere; in genere, il turismo in questo
contesto viene configurato come turismo responsabile (ovvero vincolato a requisiti di rispetto per l'ambiente e
per le culture locali). Per l'Italia il settore turistico è un comparto economico di prima grandezza con una
incidenza sul Prodotto Interno Lordo del 7% e due milioni di occupati. Ogni anno le strutture ricettive accolgono
oltre 80 milioni di persone, con circa 350 milioni di pernottamenti. Negli ultimi anni il turismo ha potuto mostrare,
soprattutto dopo la definitiva regolazione dei rapporti tra Stato e Regioni e dopo la recente riforma nazionale
del comparto, la rilevanza fondamentale come attività economica di primaria importanza per molte Regioni
italiane. Complesse dinamiche in atto nella società contemporanea mostrano come il mercato turistico non sia
immune al processo di globalizzazione che, come ogni mercato, tende a caratterizzarsi sempre più con i propri
modelli standardizzati, sia nell’offerta del “prodotto”, che nelle forme organizzative. Assumono quindi primaria
importanza aspetti legati alle diversità dei luoghi, alle specifiche risorse territoriali, che rischiano di veder
scomparire le proprie peculiarità. Per meglio favorire l’offerta locale di un determinato “prodotto”, negli ultimi
anni gli attori interessati, sia pubblici che privati, hanno avviato processi di aggregazione territoriale che si
propongono di utilizzare tali particolarità dell’offerta in risposta alle grandi reti della dimensione globale.

Legislazione turistica

Il settore del turismo è stato oggetto di ripetuti interventi normativi. I vari provvedimenti normativi che si sono
avuti nel tempo sono andati a regolamentare le varie imprese turistiche, i rapporti tra imprese e consumatori,
le competenze degli enti pubblici nel settore turistico. Elenchiamo le principali fonti della legislazione turistica:
• Costituzione, in particolare gli articoli 117 (competenze legislative dello Stato e delle Regioni) e 118 (competenze
amministrative); • Codice civile; • Regio decreto 733/1931: introduzione del documento per alloggiare in albergo con
l’obbligo di essere trasmesso alla pubblica sicurezza; • Convenzione internazionale sul contratto di viaggio (CCV)
firmata a Bruxelles nel 1970, ratificata in Italia con la l. 1084/1977; • Legge quadro sul turismo: l. 217/1983; • Legge
quadro sull’agriturismo: l. 730/1985; • Direttiva comunitaria 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti
tutto compreso, ratificata in Italia con il d. lgs. 111/95;
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• Legge quadro sul turismo: l. 135/2001; • Codice del consumo: d. lgs 206/2005; • Legge quadro sull’agriturismo: l.
96/2006; • Decreto legislativo 23.05.2011 n° 79 (G.U. 06.06.2011): Codice della normativa statale in tema di
ordinamento e mercato del turismo. La riforma del titolo V della Costituzione Il titolo V della Costituzione è stato
riformato dalla legge costituzionale 3/2001. Ai sensi dell’art. 117 Cost., la potestà legislativa statale risulta così distinta
in esclusiva o concorrente. Le Regioni hanno una competenza esclusiva solo nelle materie che non sono di competenza
esclusiva dello Stato o di competenza concorrente. Solamente lo Stato può adottare leggi nelle materie di legislazione
esclusiva, quali la politica estera, i rapporti internazionali dello Stato, l'immigrazione, la difesa e le Forze armate, la
sicurezza dello Stato, le leggi elettorali, l'ordine pubblico e la sicurezza, la cittadinanza, lo stato civile e l’anagrafe, la
giurisdizione e le norme processuali. Le materie che non rientrano tra quelle espressamente attribuite allo Stato,
secondo il criterio della competenza esclusiva o concorrente, sono soggette alla potestà legislativa delle Regioni. Nelle
materie di legislazione concorrente, invece, allo Stato compete la determinazione dei principi fondamentali mentre la
disciplina di dettaglio spetta alle leggi regionali. In sintesi, la riforma quindi prevede che: − le materie espressamente
riservate alla legislazione esclusiva dello Stato possono essere disciplinate solamente con legge dello Stato; − nelle
materie di legislazione concorrente allo Stato compete la determinazione dei principi fondamentali, mentre alle Regioni
spetta l'adozione, nel rispetto dei principi statali, della legislazione di dettaglio; 38 - per le materie non rientranti né tra
quelle riservate alla legislazione esclusiva dello Stato, né tra quelle di legislazione concorrente, la riforma attribuisce la
potestà legislativa esclusiva alle Regioni. La potestà legislativa è quindi esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. La potestà
regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salvo delega alle Regioni. La legge regionale
ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con
individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza, la Regione può concludere accordi con Stati e
intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato. Ai sensi dell’art.
118 Cost., le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, ma possono essere conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le
Province e le Città metropolitane sono quindi titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge
statale o regionale, in base alle loro competenze. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono
l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarietà.

La legge quadro

La legge 135/2001 (“Legge di riforma della legislazione nazionale del turismo”, detta anche legge quadro),
apre a nuove prospettive che accolgono le istanze delle comunità locali, nelle quali individua i soggetti reali
dello sviluppo turistico. La legge definisce i principi fondamentali e gli strumenti della politica del turismo in
attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione. L’art. 1 affida alla Repubblica il compito di fare del turismo
il fattore strategico per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Viene sancita la “regionalità” della materia
turistica: l’applicazione del principio di sussidiarietà introdotto dalla riforma Bassanini, d’altronde, implica che
la Regione sia l’istituzione più adatta a legiferare nel settore, mentre allo Stato sono attribuiti solo alcuni compiti
ben individuati. L’art. 2 attribuisce allo Stato il potere di dettare le linee guida del comparto turistico, d’intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano
(Conferenza Stato-Regioni), e dopo aver sentito le associazioni di categoria degli operatori e dei consumatori.
Quindi, se da un lato si dà ampio spazio alle autonomie locali politiche e funzionali, nel pieno rispetto del
principio di sussidiarietà e della libertà d’impresa, dall’altro vengono salvaguardati l’unitarietà del comparto e
la tutela dei consumatori. Viene ribadita la piena potestà delle Regioni nell’emanare leggi regionali nel settore.
Allo Stato viene invece lasciato un ruolo di coordinamento per garantire uniformità sia nella gestione dell’intero
“sistema turismo” sul territorio nazionale, sia nelle attività promozionali all’estero tese a valorizzare il prodotto
turistico italiano. Sempre in quest'articolo vengono fissati alcuni principi guida che avrebbero dovuto ispirare
le future normative turistiche regionali; tra i principali vi sono: - i criteri e le modalità di esercizio uniformi delle
imprese turistiche su tutto il territorio nazionale; 39 - gli standard minimi di qualità delle camere di albergo,
delle unità abitative delle residenze turistico-alberghiere e delle strutture ricettive in generale; - gli standard
minimi di qualità dei servizi offerti dalle imprese turistiche; su questi si fondano i criteri relativi alla
classificazione delle strutture ricettive; - i requisiti necessari per l'esercizio, su tutto il territorio nazionale, delle
professioni turistiche; - i criteri uniformi per l'espletamento degli esami di abilitazione all'esercizio delle
professioni turistiche. L’art. 3 prevede la costituzione della Conferenza nazionale del turismo, che deve riunirsi
almeno ogni due anni a cura della Presidenza del consiglio dei ministri, d’intesa con la Conferenza Stato-
Regioni, per favorire periodiche occasioni di incontro e confronto fra istituzioni pubbliche e private e sottoporre
a costante verifica, aggiornamento e controllo il documento contenente le linee guida. Il compito della
Conferenza è quello di esprimere pareri per la definizione degli obiettivi da perseguire nella politica turistica e
poi verificarne la concreta attuazione. Partecipano alla Conferenza tutti gli operatori pubblici e privati interessati
al turismo: Regioni, Province, Comuni, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, associazioni

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rappresentative degli imprenditori turistici e dei consumatori, associazioni pro-loco e associazioni
ambientaliste, organizzazioni sindacali dei lavoratori. Una novità è l’introduzione, con l’art. 4 della Carta dei
diritti del turista, uno strumento che si sta diffondendo nel settore da alcuni anni. La Carta dei diritti del turista
introduce un sistema di regole a tutela del consumatore come persona e come fruitore di servizi turistici. In
particolare, si è riconosciuto al turista il diritto a ottenere informazioni per la fruizione dei servizi turistico-
ricettivi, per l'utilizzo dei mezzi di trasporto, sui servizi resi dalle agenzie di viaggio, sulle polizze assicurative,
sul- l'assistenza sanitaria, sulle norme valutarie e doganali. Sono state anche indicate le modalità attraverso
cui procedere a ricorsi, a forme di conciliazione o di arbitrato in caso di controversie per inadempienze in
ambito turistico. La promozione turistica legata al Piano triennale (o annuale) stabilito dalle Regioni e svolta
dalle Apt, ossia dalle Aziende di promozione turistica, non sempre risulta sufficiente per favorire lo sviluppo di
questo settore in tutte le aree previste, alcune delle quali appartengono anche a più Regioni. Per rendere più
efficiente l'attività di promozione turistica e dare maggiore slancio all'offerta locale, l'articolo 5 della legge
quadro prevede la possibilità per enti locali o soggetti privati di promuovere la creazione di Sistemi turistici
locali (Stl) attraverso varie forme di collaborazione. I Sistemi turistici locali sono definiti dalla legge come
“contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a Regioni diverse,
caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e d'attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici
dell'agricoltura e dell'artigianato locale”. Un’altra importante innovazione è contenuta nell’art. 5 che disciplina
i sistemi turistici locali come “contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti
anche a Regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche,
compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese 40
turistiche singole o associate”. L’istituzione dei sistemi turistici locali garantisce nuovi spazi alle autonomie
locali, soprattutto ai Comuni, chiamati a svolgere un ruolo significativo nelle politiche di valorizzazione del
turismo. Le spese e gli investimenti necessari per migliorare e riqualificare il settore turistico vengono sostenuti
con un fondo di cofinanziamento dell'offerta turistica. Introdotto nell'articolo 6 della legge quadro, questo fondo
viene suddiviso tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per un 70%; il restante 30% viene
assegnato con dei bandi di concorso a soggetti che presentino progetti volti a migliorare o riqualificare l'offerta
turistica o alla promozione e lo sviluppo di “Stl”. L’art. 7 regola le imprese turistiche, le associazioni senza
scopo di lucro e le attività professionali. La nuova definizione di impresa turistica risulta ampia e
onnicomprensiva: include ogni attività economica, organizzata per la produzione, la commercializzazione,
l’intermediazione e la gestione di prodotti e servizi turistici. L’esercizio dell’attività turistica viene subordinato
all’iscrizione nel Registro delle imprese mentre non è più richiesta l’iscrizione presso la sezione speciale del
Registro esercenti il commercio (Rec), che viene soppressa. L’art. 7 definisce le professioni turistiche come
quelle che organizzano e forniscono servizi di promozione dell’attività turistica, servizi di assistenza,
accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti. La norma affida alle Regioni il compito di verificare i
requisiti necessari e conseguentemente di autorizzare all’esercizio della professione; tutto questo nel rispetto
di linee guida che abbiano fissato requisiti e modalità di esercizio su tutto il territorio nazionale, profili omogenei
(soprattutto in vista di professionalità emergenti nel settore) e criteri uniformi per l’espletamento degli esami di
abilitazione. Sempre l'art. 7 introduce in modo chiaro il principio di reciprocità: qualora le imprese turistiche o
coloro che esercitano professioni turistiche non appartengano ai paesi membri dell'Unione europea, possono
essere comunque autorizzati a stabilirsi e ad esercitare le loro attività in Italia, a condizione che ciò sia
consentito anche agli operatori italiani nei Paesi di provenienza. Per le imprese turistiche elemento vincolante
sarà l'iscrizione al registro delle imprese; per chi esercita professioni turistiche lo sarà il possesso dei requisiti
richiesti dalle leggi regionali. Gli articoli 8 e 9 riguardano le disposizioni per accertare l’identità delle persone
alloggiate, a cui devono attenersi tutti i gestori delle strutture ricettive, e le disposizioni e autorizzazioni per
aprire e trasferire la sede degli esercizi ricettivi. L’art. 9, inoltre, semplifica le procedure per chi opera nel
comparto turistico, applicando al comparto la normativa relativa allo sportello unico per le attività produttive
gestito dai Comuni singolarmente o in forma associata, o in convenzione con le Camere di commercio. I
Comuni dovranno conformarsi ai principi di speditezza, unicità e semplificazione che caratterizzano il nuovo
corso della pubblica amministrazione, uniformando i procedimenti di autorizzazione per le attività e professioni
turistiche alle procedure previste per le altre attività produttive, se più favorevoli, e attribuendo a un’unica
struttura, lo sportello, la responsabilità dei procedimenti. Nell'articolo 10, infine, la legge quadro prevede la
possibilità che vengano erogati prestiti turistici a tassi agevolati (finanziati da un fondo per il prestito e il
risparmio turistico) a favore delle famiglie e dei singoli che abbiano un reddito inferiore a un determinato limite,
fissato ogni tre anni con un decreto del ministro 41 dello Sviluppo economico. Le agevolazioni mirano a
sostenere l'acquisto di pacchetti vacanza: - relativi al territorio nazionale; - da usufruire preferibilmente in
periodi di bassa stagione, in modo da distribuire il flusso turistico in modo più uniforme nei diversi mesi; - da
utilizzare soprattutto in aree depresse: in tal caso i prestiti godono di una priorità nell'assegnazione.

Confronto tra la legge quadro del 1983 e quella del 2001

La legge del 1983 si caratterizzava come Legge Quadro, dunque come portatrice di principi e indirizzi a cui la
legislazione più specifica doveva uniformarsi. La legge 135/2001 è inserita in un contesto molto più attuale. In
precedenza il turismo era considerato nettamente separato dall’industria alberghiera, ma le tendenza attuali

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vedono l’industria alberghiera come parte integrante del turismo; inoltre la nuova Legge è stata proposta come
promotrice di strumenti per una politica del turismo. Si comincia a promuovere la necessità di una politica
turistica nazionale che in Italia risultava carente. Da sempre era riconosciuta la rilevanza sia economica che
sociale del turismo; con la nuova legge, tuttavia, il concetto di rilevanza si è ampliato e così il turismo ha
assunto un ruolo strategico per lo sviluppo economico ed occupazionale del Paese. Secondo il più recente
testo normativo, sono doveri della Repubblica: favorire lo sviluppo del turismo; valorizzare le comunità locali e
rurali; promuovere l’immagine dell’Italia all’estero (compito che attualmente spetta all’ENIT). La legge 315
favorisce la semplificazione amministrativa e lascia spazio gestionale alle Regioni, mantenendo fermo il
principio di sussidiarietà: rimane quindi fondamentale il ruolo di Comuni e Province nei rispettivi ambiti
territoriali. La funzione di indirizzo generale rimane allo Stato.

Il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo

Il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo è stato approvato con il Decreto
legislativo 23/05/2011 n° 79 (G.U. 06.06.2011). Il decreto riordina e semplifica la normativa statale in materia,
in attuazione della delega prevista dall'articolo 14 della legge n. 246 del 2005. Rientrano fra gli obiettivi della
nuova normativa lo sviluppo del settore turistico e la tutela dei consumatori e degli operatori del settore. Il
Codice riordina e semplifica la normativa statale in materia, intervenendo in particolare nei seguenti settori: •
disciplina delle professioni turistiche, con un’attenzione particolare sui percorsi formativi destinati ai giovani; •
disciplina delle strutture ricettive in un’ottica di garanzia per il turista riguardo agli standard qualitativi e di
semplificazione delle procedure di operatività delle strutture; • introduzione di una normativa particolarmente
innovativa a tutela del turista, inteso come consumatore di tipo speciale, in quanto non attrezzato a risolvere i
problemi che si pongono in un luogo lontano dalla sua dimora, 42 riconoscendogli, in particolare, il diritto al
“risarcimento del danno da vacanza rovinata” sulla base di specifici e puntuali criteri; • rielaborazione del
concetto di impresa turistica, finora limitato alle imprese recettive, per includervi anche settori come agenzie
di viaggio e tour operator; • equiparazione delle imprese turistiche a quelle industriali ai fini del riconoscimento
di contributi, sovvenzioni, agevolazioni di qualsiasi genere.

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E ILTURISMO

Il Ministero del Turismo

Il Ministero del turismo e dello spettacolo è stato istituito con la Legge n. 617 del 31 luglio 1959, dal Governo
Segni II. Il 15 aprile 1993, a seguito di un referendum, il Ministero è stato abrogato e la gestione del settore è
stata trasferita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con la creazione di un Dipartimento, attraverso
il Fondo per la riqualificazione dell'offerta turistica (D.P.C.M. 20 dicembre 1995). Con D.P.C.M. 10 novembre
1998 la gestione del Dipartimento, trasformato in Direzione Generale, è stata trasferita al Ministero
dell'Industria, assetto che rimase tale anche quando il Ministero cambiò nome in "Ministero delle Attività
Produttive" (Legge n. 50/1999). Con la Legge n. 286/2006 è stata decretata l'istituzione del Dipartimento per
lo sviluppo e competitività del turismo presso la Presidenza del Consiglio. Il Dipartimento diventa la struttura
di supporto delle politiche del Governo nell'area funzionale relativa al turismo. Con il Governo Berlusconi IV,
con il D.P.C.M. del 2 luglio 2008, le funzioni sono state delegate al Sottosegretario di Stato alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri. Con D.P.R. dell'8 maggio 2009 le funzioni del turismo sono state delegate ad un
Ministro senza portafoglio. Con il Governo Monti, con il D.P.R. del 16 novembre 2011 e con il D.P.C.M. del 16
novembre, le funzioni del turismo sono state delegate al Ministro senza portafoglio per il Turismo e lo Sport.
Con il Governo Letta, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 giugno 2013, è stata conferita
la delega in materia di turismo al Ministro per i beni e le attività culturali.

La ripartizione delle competenze tra Stato ed enti locali nel settore turistico

Lo schema seguente illustra la ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali nel settore turistico, Funzioni
dello Stato: - rappresentanza unitaria nelle sedi internazionali e nel Consiglio dell’U.E.; - coordinamento delle
iniziative promozionali all’estero; - potere sostitutivo in caso di inerzia delle Regioni; 43 - definizione delle “linee
guida” del settore (leggi – quadro). Lo Stato detta le linee guida del settore, d’intesa con la Conferenza Stato
– Regioni – Province Autonome e sentite le Associazioni di categoria degli operatori turistici e dei consumatori. Le linee
guida indicano: gli standard minimi dei servizi di informazione e di accoglienza turistica; le tipologie di imprese
turistiche, con standard minimi uniformi nazionali; i requisiti necessari per l’esercizio delle professioni turistiche e
ricettive; gli indirizzi generali per la promozione del turismo all’estero; le azioni per lo sviluppo dei sistemi turistici
locali. Funzioni delle Regioni: - funzioni legislative esclusive e amministrative (escluse quelle espressamente riservate
allo Stato): - in particolare:  rilascio delle autorizzazioni;  costituzione delle A.P.T. (Aziende di Promozione Turistica);
 riconoscimento dei Sistemi Turistici Locali;  definizione delle categorie di strutture ricettive;  interventi a
sostegno dello sviluppo del turismo;  partecipazione alla conferenza Stato
- Regioni per l’elaborazione delle “linee – guida”. Funzioni delle Province: - funzioni amministrative (escluse quelle
riservate agli altri Enti); - competenze in materia di difesa del suolo, valorizzazione dell’ambiente, beni

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culturali, viabilità e trasporti, protezione di flora e fauna, salvaguardia di parchi e riserve naturali. - controllo dei
requisiti di legge per l’attività di operatore turistico (su delega delle Regioni); - rilascio dell’autorizzazione per
l’apertura di agenzie di viaggio (su delega delle Regioni); - vigilanza sulle agenzie, sulle professioni turistiche
e sulle associazioni senza scopo di lucro; - classificazione delle imprese alberghiere; - erogazione dei contributi
alle imprese turistiche; - competenza per l’organizzazione di manifestazioni regionali; - raccolta ed
elaborazione di statistiche sul turismo; - in certe Regioni, nomina del Consiglio di Amministrazione delle
Aziende di Promozione Turistica; Funzioni dei Comuni: - funzioni amministrative; - coordinamento con le A.P.T.
(Aziende di Promozione Turistica); - promozione di attività ricreative e sportive; - gestione di impianti e servizi
complementari all’attività turistica; - rilascio di autorizzazioni per agriturismo, licenze per alberghi e professioni
turistiche; 44 - attività di polizia amministrativa per rifugi alpini, campeggi ed altri esercizi extra-alberghieri; -
funzioni eventualmente delegate dalle Regioni (classificazione alberghiera, imposizione di vincoli di
destinazione ecc.);
Sono state istituite inoltre le seguenti Conferenze permanenti: - Conferenza permanente Stato, Regioni e
Province autonome: istituita con L. 23 agosto 1988 n. 400, elabora gli indirizzi di politica generale anche in
materia di turismo; designa i rappresentanti regionali per l’Unione europea. Le funzioni attribuite alla
Conferenza permanente Stato-Regioni sono previste dal d. lgs. n. 281/1997: • funzione consultiva a favore
del Governo, ovvero il compito di fornire pareri. Ciò è obbligatorio su tutte le leggi che regolamentano materie
di interesse regionale o delle province autonome; • attività di raccordo tra l'azione statale e quella regionale.
Si tratta di intese o accordi tra amministrazioni centrali e locali che puntano a realizzare obiettivi di funzionalità,
economicità ed efficacia dell'azione amministrativa su materie di comune interesse; • attività deliberativa nei
casi previsti dalla legge, come per esempio sulla ripartizione delle risorse finanziarie tra le Regioni e le Province
autonome; • attività di verifica e monitoraggio, che consenta di valutare e verificare i risultati ottenuti sia sul
piano economico sia su quello della qualità dei servizi erogati. - Conferenza Stato, Città, Autonomie locali:
istituita con D.p.c.m. 2 lug. 1996 e riordinata con D. lgs. 281/1997, coordina i rapporti tra Stato ed Enti locali;
- Conferenza unificata: istituita con D. lgs. 281/1997, delibera e promuove accordi tra Stato ed Enti locali, favorisce gli
scambi di informazioni, nomina i rappresentanti su temi comuni a tutti gli Enti coinvolti, esprime un parere sul disegno
di Legge di stabilità.

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE TURISTICA INDIRETTA

A livello centrale, la pubblica amministrazione indiretta del settore turistico opera attraverso enti pubblici non
territoriali che adempiono a specifiche funzioni: essi sono l'Enit, l'Aci e il Cai.

ENIT- AGENZIA NAZIONALE DEL TURISMO

L’Enit attua le politiche di promozione dell'immagine turistica dell'Italia all’estero e di supporto alla
commercializzazione dei prodotti turistici italiani nel Mondo. E’ l’ente di riferimento per le azioni in ambito
comunitario ed internazionale. 45 L’Enit (Agenzia nazionale del Turismo, l’ex Ente nazionale italiano per il
Turismo), fu istituito nel 1919. Le ultime riforme (L. 292/1990, L. 203/1995 e L. 14 mag. 2005 n. 80), hanno
riconosciuto all’ente un’ampia autonomia contabile e il potere di convenzionarsi con altri enti e di costituire o
aderire a società miste. L’ente è controllato dal Ministro delle attività produttive e segue gli indirizzi del Comitato
Nazionale per il Turismo. Ha 24 sedi estere, di cui 14 in Europa. Sono compiti dell’Enit: - la promozione turistica
dell’Italia all’estero: l’Enit deve promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana all’estero e deve far
conoscere le risorse turistiche nazionali e locali (la cooperazione con l’ente è obbligatoria se si opera fuori
dall’U.E.); - lo studio delle strategie promozionali che riguardano il turismo e il coordinamento con gli altri settori
economici; - l’attuazione degli indirizzi generali elaborati dal Dipartimento per lo sviluppo del Turismo; - il
supporto tecnico per le imprese italiane all’estero; - l’elaborazione di studi e di ricerche di mercato, in Italia e
all’estero (i risultati dell’attività di ricerca dell’ente sono pubblicati annualmente in un rapporto in collaborazione
con l’Istat); - la consulenza a soggetti pubblici e privati per armonizzare i servizi di accoglienza e informazione
turistica; - la collaborazione con la rete diplomatico – consolare del Ministero degli Esteri; - l’elaborazione del
Piano Promozionale Triennale (PPN), approvato dal Ministro delle attività produttive, e dei Programmi annuali
attuativi (tale Piano contiene le direttive generali, individua gli obiettivi e gli strumenti attuativi, indica le aree
geografiche verso cui agire e fornisce le previsioni di spesa); - la pubblicazione dell’elenco degli alberghi e
delle strutture ricettive italiane; - la pubblicazione dell’elenco delle agenzie di viaggi italiane, elenco pubblicato
annualmente sulla Gazzetta Ufficiale. Sono organi dell’ente: - il Presidente, nominato con D.P.R. su proposta
del Presidente del Consiglio, con funzioni di rappresentanza e vigilanza sull’esecuzione delle delibere; - il
Consiglio di amministrazione, formato dal Presidente, dal Coordinatore degli Assessorati regionali al Turismo,
dal Presidente del Dipartimento per lo sviluppo del turismo, da sei rappresentanti delle Regioni, da tre
rappresentanti delle maggiori associazioni di categoria. Il Consiglio di amministrazione resta in carica 3 anni e
i membri sono rieleggibili sola una volta. La L. 122/2010 riduce a cinque il numero dei membri del Consiglio; -
il Direttore Generale, nominato dal Ministro per lo sviluppo economico, esegue le delibere del Consiglio; - il
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Collegio dei Revisori; - il Comitato tecnico-consultivo, che ha funzioni consultive in merito alle attività
dell'Agenzia, è nominato dal Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza Stato – Regioni.

L’ AUTOMOBILE CLUB D’ITALIA (ACI)

L’Automobile Club d’Italia (ACI) fu istituito nel 1905 ed è disciplinato dalla L.881/1950 e successive modifiche.
L’ente rappresenta la federazione di 106 A.C. locali. L’ACI svolge i seguenti compiti: - cura tutto ciò che
riguarda la circolazione stradale; - gestisce il Pubblico Registro Automobilistico (su delega delle Regioni e
delle Province); - riscuote le Tasse automobilistiche (su delega delle Regioni e delle Province); - promuove il
turismo automobilistico e organizza attività sportive automobilistiche; - elabora studi e ricerche sulla
circolazione stradale e la sicurezza; - fornisce assistenza tecnica, legale e assicurativa ai soci; - predispone
programmi di educazione stradale; - fornisce attività di consulenza in materia di circolazione stradale. Sono
organi dell’ente: - il Presidente, nominato con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio, previa
designazione dell’Assemblea, con funzioni di rappresentanza; - l’Assemblea con funzione deliberativa; - il
Consiglio Generale, che provvede all’attuazione delle decisioni dell’Assemblea; - il Comitato Esecutivo, che
delibera d’urgenza sulle materie indicate dal Consiglio Generale e cura i bilanci degli A.C. locali; - il Collegio
dei Revisori, che controlla la regolarità delle attività amministrative.

IL CLUB ALPINO ITALIANO (CAI)

Il Club Alpino Italiano (CAI) fu fondato nel 1863 come libera associazione privata. Successivamente gli venne
attribuita personalità giuridica e venne classificato tra gli enti pubblici preposti a pubblico servizio. L’ente opera
in autonomia sotto la vigilanza del Ministero delle attività produttive. Le sedi locali sono enti privati, quella
nazionale è un ente pubblico. Il CAI: - promuove il turismo montano; - difende e valorizza l’ambiente montano;
- realizza e gestisce rifugi alpini, bivacchi d’alta quota, sentieri di montagna; - organizza corsi d’addestramento non
professionale per guide alpine; - organizza e gestisce corsi d’addestramento per attività alpinistiche, sciistiche,
speleologiche, escursionistiche, naturalistiche; - si occupa della formazione degli istruttori; - promuove ricerche, anche
in materia di sicurezza e prevenzione infortuni; - organizza attività di soccorso. Sono organi dell’ente: - il Presidente, con
funzioni di rappresentanza; - l’Assemblea, presieduta dal Presidente generale, composta da rappresentanti dei soci
delle sedi locali, con funzione deliberativa; - il Consiglio Centrale, che gestisce l’Ente; - il Comitato di Presidenza, che
delibera d’urgenza su materie indicate dal Consiglio Centrale; 47 - il Collegio dei Revisori, che controlla la regolarità
formale e contabile delle attività; - il Collegio dei Probiviri, che cura i rapporti interni e dirime le controversie di gestione;
- altri organi tecnici, centrali e periferici, per i vari settori di attività.

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE TURISTICA A LIVELLO PERIFERICO

Le competenze delle Regioni in ambito turistico

E’ compito delle Regioni approvare leggi regionali che regolamentino il funzionamento del settore turistico.
Ogni Regione, considerata la differente rilevanza che il settore turistico potrebbe avere dal punto di vista
economico, occupazionale, culturale e sociale, ha emanato apposite disposizioni di legge che hanno validità
sul proprio territorio. Le normative emanate dalle Regioni in tale ambito definiscono innanzitutto responsabilità
e competenze degli enti locali territoriali (Regioni, Province, Comuni) e dei diversi soggetti che operano in
ambito turistico. Compito delle Regioni è sviluppare un'adeguata programmazione turistica nel territorio di
propria competenza. Inoltre in collaborazione con lo Stato, esse devono favorire la promozione (sia in Italia
sia all'estero) dell'offerta turistica regionale nelle sue diverse componenti: ambientali, culturali e imprenditoriali.
L'attività di promozione turistica consiste essenzialmente nel progettare e realizzare iniziative che incrementino
il flusso dei turisti. Tale attività comporta: la valorizzazione delle risorse turistiche disponibili (artistiche,
culturali, paesaggistiche, ecc.) attraverso adeguate campagne pubblicitarie; l’organizzazione di manifestazioni
o congressi di interesse turistico; la pubblicazione di opuscoli e guide che facciano conoscere le località
turistiche. L'attività di promozione turistica regionale dovrebbe essere gestita anche attraverso opportuni
sistemi informatici e, nello stesso tempo, informativi per l'utente. Per esempio, il portale turistico regionale può
rappresentare lo strumento comune per accedere ai servizi offerti e alle attività svolte nella Regione dai
soggetti che operano nel turismo. Il Piano turistico regionale triennale In ogni Regione è essenziale progettare
e pianificare le diverse iniziative promozionali proposte dai soggetti pubblici che operano nel settore. Infatti, in
ogni Regione il turismo può svilupparsi secondo una propria specificità: turismo estivo, invernale, religioso,
termale, sportivo, ecc. Le scelte che la Regione intende effettuare in ambito turistico vengono formalizzate in
un Piano turistico regionale triennale; esso contiene l'indicazione di obiettivi, priorità e progetti da attuare,
l'individuazione delle relative fonti di finanziamento, la definizione di compiti e responsabilità degli organi

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coinvolti nei progetti. Non tutte le Regioni adottano però un piano triennale: in alcune la durata del piano è
soltanto annuale. 48 Gli organi operativi della Regione Le Regioni possono attuare la propria politica turistica
attraverso diversi organi operativi. Tra questi vi sono: - l’Agenzia regionale per la promozione turistica; - le
Aziende di promozione turistica (Apt); - gli Uffici di informazione e accoglienza turistica (lat), che di solito
operano a livello provinciale.

L’Agenzia regionale per la promozione turistica

L'Agenzia regionale per la promozione turistica, nelle Regioni che hanno provveduto ad attivarla, ha la finalità
di promuovere l'offerta turistica della Regione. Tale organo è dotato di autonomia amministrativa, patrimoniale
e gestionale; è infatti un organo con personalità giuridica di diritto pubblico (ossia può prendere decisioni in
autonomia). Tra le principali funzioni svolte ci sono anche: - predisporre un piano di programmazione turistica
annuale, nel rispetto di quanto previsto dalla programmazione turistica regionale; - collaborare alla
preparazione della programmazione turistica regionale triennale; - svolgere attività di supporto e
collaborazione con i Sistemi turistici locali e con soggetti pubblici e privati operanti nel comparto turistico
regionale.

Le APT

Le Aziende di Promozione Turistica (APT) sono enti di diritto pubblico istituiti con L. 217/1983. Sono enti
strumentali, controllati dalle Regioni. Le APT svolgono le seguenti funzioni: − promuovere e propagandare le
risorse turistiche locali; − informare e accogliere i turisti nelle aree di rilevante interesse turistico; − valorizzare
e promuovere il patrimonio turistico, artistico, archeologico e paesaggistico (non all’estero). Per conseguire
tali obiettivi, le APT:  organizzano e promuovono attività turistiche;  istituiscono gli I.A.T. (Uffici di
Informazione e Accoglienza Turistica);  pubblicano materiale informativo e illustrativo;  forniscono
assistenza tecnica a Enti locali e operatori turistici;  raccolgono ed elaborano dati statistici;  forniscono
consulenza in merito alla classificazione delle strutture ricettive e all’autorizzazione delle agenzie di viaggi.
Sono organi dell’ente: - il Presidente, che rappresenta l’ente e presiede il C.d.A.; - il Consiglio di
Amministrazione, che gestisce l’ente; - il Comitato esecutivo (solo in alcune Regioni), con funzioni esecutive
e tecniche; - il Collegio dei Revisori dei conti, che vigila sulla regolarità amministrativa e contabile.

Gli IAT

Gli Uffici di Informazione e Accoglienza Turistica (I.A.T.) sono stati previsti dalla L.217/1983. Sono enti privi di
personalità giuridica e sono organi delle A.P.T. o delle Pro Loco. Sono istituiti dalle A.P.T., previo nullaosta
regionale, o dalle Pro Loco in base a disposizioni regionali. Gli IAT:  svolgono le funzioni delegate dalle APT;
 organizzano e promuovono attività turistiche a livello locale;  diffondono materiale informativo e illustrativo.

GLI ENTI PRIVATI DI RILEVANZA PUBBLICA NEL SETTORE TURISTICO

Il Touring Club Italiano (T.C.I.)

Il Touring Club Italiano (TCI) fu fondato nel 1894 come associazione senza scopo di lucro. L’ente ha la sede
centrale a Milano e persegue i seguenti obiettivi: − promuovere il turismo, in particolare il turismo sociale; −
collaborare alla soluzione dei problemi del turismo e dell’ambiente; − tutelare l’ambiente e il paesaggio; −
assistere i turisti italiani all’estero; − pubblicare riviste, guide e carte geografiche. Sono organi dell’ente: - il
Presidente, che rappresenta e dirige l’ente, insieme con il Direttore generale; - l’Assemblea dei soci, che viene
convocata almeno una volta all’anno per l’approvazione del bilancio, e che ha funzioni deliberative; - il
Consiglio direttivo che amministra e dirige l’ente; - il Comitato esecutivo, nominato dal Consiglio direttivo, che
provvede all’esecuzione delle direttive elaborate dal Consiglio stesso; - il Collegio dei Sindaci, che controlla
l’attività contabile.

Associazione Italiana alberghi per la Gioventù (A.I.G.)

L’Associazione italiana alberghi per la gioventù (A.I.G.) fu istituita nel 1945, come associazione senza scopo
di lucro. La sede centrale è a Roma, opera sotto il patrocinio della Presidenza del Consiglio, e collabora con
vari Ministeri (Istruzione, Esteri, Interni, Beni culturali ecc.). L’associazione è rappresentante italiana
dell’International Youth Hostels Federations (I.Y.H.F.). L’associazione: − organizza e coordina i flussi turistici
giovanili; − contribuisce al miglioramento morale e intellettuale, tramite il turismo e i viaggi individuali e di
gruppo; − istituisce, controlla e gestisce gli alberghi per la gioventù.

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Federazione Italiana Campeggiatori (Confedercampeggio)

La Federazione Italiana Campeggiatori (Confedercampeggio) è nata nel 1950 come associazione senza
scopo di lucro. Rappresenta una federazione di associazioni e ne fanno parte il Campeggio Club d’Italia, il
Caravan Club d’Italia e altre associazioni simili. La Federazione: 50 − promuove iniziative per lo sviluppo
armonico del campeggio nel corretto uso del territorio e dell’ambiente, in base agli interessi locali e nazionali;
− promuove, coordina e tutela l’attività di campeggio; − collabora con i soggetti pubblici e privati del settore; −
promuove programmi di uso del territorio nel rispetto dell’ambiente; − pubblica carte geografiche e guide turistiche; −
sollecita interventi per la promozione e la difesa del campeggio; − realizza e gestisce campeggi su terreni in uso,
locazione, concessione; − promuove studi e ricerche; − organizza corsi professionali per esperti e istruttori del settore;
− partecipa a organizzazioni nazionali e internazionali che operano nei settori dello sport, del turismo, del tempo
libero; − cura i rapporti con organizzazioni straniere e fornisce assistenza ai campeggiatori stranieri.

Le Associazione turistiche Pro Loco

Le Associazioni turistiche pro loco furono istituite ai primi del ‘900 come associazioni private di cittadini, senza
fini di lucro, a livello comunale. Sono riconosciute come associazioni di utilità sociale e, se sono iscritte all’Albo
regionale (una sola per Comune), partecipano al C.d.A delle A.P.T. Se previsto dalla legislazione regionale,
possono istituire I.A.T. Sono condizioni per l’iscrizione all’Albo: la costituzione dell’associazione per atto
pubblico; l’adesione all’associazione deve essere aperta a tutti i cittadini; deve essere prevista la
partecipazione di rappresentanti del Comune. L’associazione turistica pro loco: − favorisce la conoscenza e la
valorizzazione turistica dei luoghi; − promuove flussi turistici verso il suo territorio; − fornisce informazioni e
assistenza ai turisti; − organizza iniziative culturali, ricreative, sportive.

Il Centro turistico studentesco giovanile (C.T.S.)

Il Centro turistico studentesco giovanile (C.T.S.) fu fondato nel 1974 come associazione senza fini di lucro. E’
regolamentato anche dalle leggi 217/1983 e 135/2001. E’ riconosciuto come associazione di rilevanza
culturale e di tutela ambientale in base alla L. 203/1995. Il C.T.S.: − promuove il turismo giovanile, studentesco
e sociale per favorire la conoscenza del patrimonio storico e culturale e i rapporti solidali fra i popoli; − si
impegna per la tutela del patrimonio ambientale, storico e culturale; − promuove i viaggi tra studenti e giovani
in modo da favorire la crescita morale, culturale, sociale e fisica; − organizza attività culturali e sportive; −
interviene per una migliore utilizzazione del tempo libero. Per conseguire tali obiettivi il C.T.S.: − organizza
viaggi e soggiorni in Italia e all’estero; 51 − promuove campagne di sensibilizzazione e raccolte di fondi per la
pace, l’unità europea e il finanziamento di progetti nei Paesi in via di sviluppo; − cura la formazione di animatori
e guide naturalistiche, turistiche e culturali; − gestisce strutture ricettive per i giovani; − utilizza terreni di
interesse naturalistico per lo studio e la conservazione dell’ambiente; − cura attività turistiche studentesche
insieme con enti pubblici, università e istituti scolastici; − fornisce assistenza in Italia e all’estero agli studenti
e ai giovani; − pubblica materiale didattico e informativo. Altri enti privati di rilevanza pubblica nel settore
turistico sono: - la Compagnia Italiana Turismo (C.I.T.); - il Centro di Formazione e Studi per il Mezzogiorno
(FORMEZ); - il Centro Turistico Giovanile (C.T.G.); - l’Associazione Italiana Turismo Responsabile (A.I.T.R.);
- l’Associazione Amici del Trekking; - la Federazione Italiana Escursionismo (F.I.E.); - l’Ente Bilaterale Nazionale
dell’Industria Turistica (E.B.I.T.); - la Federalberghi; - la Federazione Italiana Pubblici Esercizi (F.I.P.E.); - la Federazione
Associazioni Italiane Complessi turistico – ricettivi all’aria aperta (F.A.I.T.A.); - la Federazione Italiana Associazioni
Imprese di Viaggio e Turismo (F.I.A.V.E.T.).

La legislazione della Regione Toscana (Testo unico e Regolamento di attuazione). Le


funzioni degli Enti territoriali e di Toscana Promozione Turistica.
Tra le novità il prodotto turistico omogeneo, l'ampliamento delle attività degli alberghi per i non alloggiati,
l'abolizione della classificazione degli alberghi diffusi e un nuovo criterio per approvarli
La legge regionale 86/2016 (Testo unico del sistema turistico regionale) ha innovato la disciplina del turismo,
sostituendo il precedente "Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo", ossia la legge regionale
42/2000, che risultava ormai strumento inadeguato, pur essendo stata oggetto di modifiche nel corso degli
anni. La nuiva normativa, in virtù delle sue numerose innovazioni, ha attraversato una prima fase applicativa
nella quale si è valutato l'impatto delle nuove disposizioni. Nel corso del 2017 c'è stata una prima revisione,

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sostanzialmente circoscritta alla disciplina di affittacamere e bed and breakfast ed operata con due interventi
modificativi, ovvero:

- Legge regionale 34/2017 (Disposizioni in materia di affittacamere. Modifiche alla legge regionale. 86/2016);

- Legge regionale 58/2017 (Norme in materia di affittacamere, bed and breakfast e obblighi di comunicazione.
Modifiche alla legge regionale 86/2016).

Successivamente, nel corso del 2018, in esito alla composizione del conflitto con il Governo vertente sulla
legittimità costituzionale delle norme sulla locazione turistica e sulla guida ambientale, si è proceduto ad
ulteriori puntuali modifiche con la legge regionale 24/2018 (Disposizioni in materia di sistema organizzativo del
turismo, strutture ricettive, locazioni e professioni turistiche. Modifiche alla legge regionale 86/2016). L'ultimo
intervento emendativo è stato effettuato con la legge di manutenzione 2018, avente sostanzialmente lo scopo
di adeguare la legislazione regionale alla normativa statale sopravvenuta. Alla lucedi questiinterventi, abbiamo
attualmente un complesso normativo organico ed adeguato. Tra le principali novità del Testo unico
registriamo: la divisione del territorio toscano in ambiti turistici di destinazione (vedi allegato A); il prodotto
turistico omogeneo; l'ampliamento delle attività degli alberghi e dei campeggi per i non alloggiati; la rivisitazione
della disciplina degli alberghi diffusi; l'introduzione di nuove tipologie di strutture ricettive, quali i condhotel e i
marina resort; la differenziazione tipologica tra affittacamere e bed and breakfast; la previsione della
comunicazione a fini ricognitivi per chi esercita la locazione turistica; la parificazione delle modalità di accesso
alla professione di accompagnatore turistico a quelle delle altre professioni, quali la guida turistica e quella
ambientale. L'operatività delle disposizioni della legge regionale è stata poi completata nel 2018 con l'adozione
del Regolamento di attuazione: d.p.g.r. 47/R/2018 del 7 agosto 2018 "Regolamento di attuazione della legge
regionale 86/2016 (Testo unico del sistema turistico regionale)".

Indice

• Obiettivi e Finalità della legge

• Turismo accessibile

• La nuova governance

• Strutture ricettive alberghiere, campeggi e villaggi turistici

• Strutture ricettive extra alberghiere

• Locazioni turistiche

• Stabilimenti balneari

• Obblighi di comunicazione dei dati statistici

• Agenzie di viaggio e turismo

• Professioni turistiche

• Contratti di lavoro nel comparto turistico

• Normativa sull'attività agrituristica della Regione Toscana

► Obiettivi e finalità della legge

Gli obiettivi che si prefigge il nuovo Testo unico sono:

• ridisegnare la nuova governance del settore, necessariamente incentrata sui Comuni, dopo lo scioglimento
delle Aziende di promozione turistica (APT) nel 2010 e la cessazione delle competenze in materia da parte
delle province a seguito della 56/2014 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e
fusioni di comuni - cd. legge Delrio), che è divenuta effettiva dal 2016

• migliorare la capacità competitiva delle strutture ricettive di tipo alberghiero attraverso una semplificazione
delle norme e un ampliamento dei servizi offerti

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• chiarire ruolo e funzioni delle strutture ricettive extralberghiere, in particolare per quanto concerne gli
affittacamere ed i B&B, compreso il loro esercizio a livello non professionale

• introdurre alcune disposizioni specifiche per le locazioni turistiche, alla luce dell'esplosione della cosiddetta
sharing economy

• aggiornare le normative in tema di agenzie di viaggio, comprese quelle online, e di professioni turistiche.
Le finalità della legge regionale 86/2016 sono indicate per la prima volta in modo esplicito. Tra
queste, degne di rilievo sono:

• riconoscere il ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico sostenibile, la promozione e la
valorizzazione del territorio;

• promuovere e valorizzare, sul mercato locale, nazionale ed estero, l'immagine unitaria del sistema turistico
toscano e di ciascuna delle sue parti;

• definire e attuare politiche di gestione coordinata delle risorse turistiche, valorizzando anche il patrimonio
storico, monumentale, naturalistico e culturale regionale;

• favorire il miglioramento e l'ampliamento dell'offerta turistico-ricettiva, anche attraverso il sostegno


all'innovazione tecnologica ed organizzativa del settore;

• favorire il rafforzamento strutturale del sistema di offerta turistica anche attraverso azioni di informazione e
qualificazione professionale degli operatori, dei servizi e delle strutture;

• orientare le politiche finalizzate alla realizzazione di un turismo sostenibile sotto il profilo ambientale,
economico e sociale;

• riconoscere, promuovere e valorizzare tutte le forme di turismo tematico o settoriale.


► Turismo accessibile La legge definisce per la prima volta il concetto di "turismo accessibile" precisando
che, al fine di facilitare la fruizione dell'offerta turistica da parte delle persone disabili, le strutture ricettive
alberghiere forniscano le informazioni sull'accessibilità delle strutture medesime. Le informazioni da fornire
sono state poi dettagliate nel Regolamento di attuazione.

► La nuova governance La nuova governance prevede la ripartizione di funzioni tra i vari livelli istituzionali:

Regione

• la programmazione delle politiche a favore dello sviluppo sostenibile e competitivo del turismo

• l'omogeneità dei servizi e delle attività inerenti l'offerta turistica regionale;

• le attività di promozione turistica rivolte alla domanda nazionale ed estera, anche mediante l'utilizzo di
piattaforme digitali;

• il coordinamento delle attività di accoglienza e informazione turistica esercitata dagli enti locali;

• l'attuazione di specifici progetti di interesse regionale

• la formazione e la qualificazione professionale degli operatori turistici

Comuni capoluogo di provincia e Città metropolitana di Firenze

• agenzie di viaggio e turismo;

• classificazione delle strutture ricettive;

• istituzione e tenuta dell'albo delle associazioni pro loco;

• raccolta ed elaborazione dei dati statistici riguardanti il turismo.

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Comuni

• esercizio delle strutture ricettive;

• esercizio delle attività professionali;

• accoglienza e informazione relativa all'offerta turistica del territorio comunale.

Ai comuni, inoltre, è affidata la possibilità di svolgere in forma associata con altri comuni le funzioni di
accoglienza e informazione turistica a carattere sovra comunale. Queste funzioni sono esercitate all'interno di
uno dei 28 ambiti territoriali definiti nell'Allegato alla legge. L'esercizio in forma associata è effettuato
mediante la stipulazione di un'unica convenzione per ambito territoriale. Se un comune non aderisce alla
convenzione, dovrà limitarsi ad esercitare tali funzioni solo a livello del proprio territorio. Gli obblighi che
comporta l'esercizio in forma associata sono:

• la stipula di una convenzione con l'Agenzia regionale di promozione turistica per coordinare le attività di
promozione, che non sono esercitabili dai comuni (la legge conferma che la Regione esercita le attività di
promozione turistica attraverso l'Agenzia regionale di promozione turistica "Toscana Promozione Turistica",
costituita con legge regionale n. 22/2016) ;

• il collegamento con la piattaforma informatica regionale per uniformare e sviluppare le piattaforme di


turismo digitale;

• la programmazione e il monitoraggio delle strategie e delle attività turistiche dei territori di destinazione
mediante l'Osservatorio turistico di destinazione (OTD), quale strumento tecnico, a servizio degli enti locali,
orientato alla valutazione, in modo continuativo, della sostenibilità e competitività delle attività di accoglienza
territoriale. L'OTD è il luogo deputato al dialogo sociale sul territorio.

Cabina di regia del turismo La Regione, al fine di garantire il necessario raccordo fra le esigenze di
promozione turistica a livello locale e quelle di interesse regionale, istituisce una cabina di regia del turismo
composta da:

• l'assessore regionale al turismo

• 5 rappresentanti dei comuni

• 1 membro designato dalla Città metropolitana di Firenze

• 1 membro designato dalle camere di commercio

• 4 membri designati dalle associazioni di categoria delle imprese del turismo

• 3 membri designati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori

• 1 membro designato dalle associazioni agrituristiche.

La cabina di regia del turismo:

• esprime parere consultivo ai fini dell'approvazione degli indirizzi da impartire a Toscana Promozione Turistica
per l'elaborazione del proprio programma operativo;

• esprime parere consultivo sul Regolamento di attuazione dello stesso Testo unico;

• esprime parere consultivo sugli standard minimi individuati dalla Giunta regionale per la realizzazione del
prodotto turistico omogeneo;

• raccoglie le segnalazioni di situazioni rilevate sul territorio relative a fenomeni di abusivismo, partecipandole
agli organi addetti alle funzioni di vigilanza e controllo;

• propone lo svolgimento di analisi, ricerche e valutazioni in materia di turismo;

• effettua con cadenza annuale una valutazione delle attività degli uffici di accoglienza ed informazione
turistica.

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Prodotto turistico omogeneo A completamento del sistema di governance del turismo in Toscana, si
introduce il prodotto turistico omogeneo. Per realizzare un'offerta turistica di qualità, i Comuni possono
associarsi per tipologia di prodotto turistico, mediante la stipula di una convenzione. Per prodotto turistico
omogeneo s'intende l'insieme di beni e di servizi di un territorio che compongono un'offerta in grado di
rispondere alle esigenze di specifici segmenti della domanda turistica. Un esempio di prodotto turistico
omogeneo è la Via Francigena.

► Strutture ricettive alberghiere, campeggi e villaggi turisticiSono le strutture ricettive gestite per la produzione e
l'offerta al pubblico di servizi per l'ospitalità:

• alberghi;

• residenze turistico-alberghiere;

• alberghi diffusi;

• condhotel;

• campeggi;

• villaggi turistici;

• marina resort;

• aree di sosta;

• parchi di vacanza.

La legge regionale introduce la definizione di apertura stagionale, con la quale si intende un periodo di apertura
non inferiore a 3 mesi consecutivi e non superiore complessivamente a 9 mesi nell'arco dell'anno solare. Per
gli alberghi la novità principale è l'ampliamento delle attività erogabili anche ai non alloggiati. In particolare
viene prevista:

• l'attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico;

• l'attività di vendita al dettaglio al pubblico nei limiti di un esercizio di vicinato;

• l'attività di centro benessere.

Per gli alberghi diffusi (già previsti dalla legge regionale n. 71/2013 "Disciplina dell'attività ricettiva di albergo
diffuso", che è stata abrogata) il nuovo Testo unico ridefinisce i criteri per la localizzazione: essi dovranno
essere localizzati nei centri storici, in nuclei insediativi in ambito costiero e nei borghi rurali, caratterizzati da
pregio-ambientale, vitalità e vivibilità dei luoghi, aventi popolazione uguale o inferiore a 5mila abitanti. La
classificazione viene abolita. Il Regolamento di attuazione ha poi stabilito gli standard minimi necessari. Il
condhotel è stato introdotto a livello nazionale con la legge n. 164/2014. Successivamente è stato adottato il
decreto ministeriale attuativo (d.p.c.m. 22/1/2018 n.13). Gli esercizi alberghieri già esistenti (alberghi e
residenze turistico-alberghiere) possono pertanto riqualificarsi - alienando alcune unità abitative, dotate di
servizio autonomo di cucina, che assumono la destinazione d'uso residenziale - trasformandosi in condhotel:
infatti tale nuova tipologia di struttura ricettiva ricomprende sotto un'unica gestione di tipo alberghiero anche
unità abitative di proprietà privata, che fruiscono dei servizi alberghieri. Per i campeggi, è superata la
definizione di struttura temporaneamente ancorata al suolo con il rinvio al rispetto delle prescrizioni urbanistico-
edilizie e, ove previsto, paesaggistiche. Inoltre si consente al gestore di offrire (oltre al 40% di case mobili)
tende e relativi accessori di proprietà del gestore per un ulteriore 20% delle piazzole. Laddove le strutture a
temporaneamente ancorate al suolo siano in percentuale superiore al 30% delle piazzole, il campeggio può
denominarsi "camping village".Per i campeggi è prevista la possibilità – come per gli alberghi - di esercitare
attività anche per i non alloggiati. La legge regionale definisce i marina resort (introdotti a livello nazionale
dalla legge 164/2014) cioè strutture ricettive organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno
delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato. Il Regolamento di
attuazione dispone sulla loro classificazione.

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► Strutture ricettive extra alberghiere Sono strutture ricettive extra-alberghiere per l'ospitalità collettiva:

• case per ferie; ostelli; rifugi escursionistici; rifugi alpini; bivacchi fissi.

• Sono strutture ricettive extra-alberghiere con le caratteristiche della civile-abitazione:

• affittacamere; bed and breakfast; case e appartamenti per vacanze; residenze d'epoca; i residence.

Case per ferie La legge regionale precisa meglio i soggetti gestori delle case per ferie: soggetti pubblici,
associazioni, enti ed imprese che operano senza scopo di lucro per il conseguimento di finalità sociali, culturali,
assistenziali, religiose, sportive e ricreative. Vengono poi definiti i soggetti che possono esservi ospitati. Le
case per ferie sono gestite al di fuori dei normali canali commerciali.

Ostelli Non più solo "per la gioventù" - anche se prevalentemente orientati all'accoglienza di tale segmento
turistico – anche gli ostelli possono essere gestiti solo da soggetti collettivi individuati (che sono gli stessi
previsti per le case per ferie).

Rifugi escursionistici La legge regionale ribadisce che sono strutture ricettive idonee a offrire ospitalità e
ristoro ad escursionisti e siti lungo percorsi escursionistici riconosciuti di valenza turistico-culturale e
adeguatamente segnalati. Anch'essi possono essere gestiti solo da soggetti collettivi individuati (gli stessi che
per le case per ferie e gli ostelli). E' una tipologia di struttura funzionale ad un segmento turistico sempre più
emergente, quello del turismo itinerante (si pensi, ad esempio, all'ospitalità lungo la Via Francigena).

Affittacamere e Bed&breakfast La legge regionale precisa che possono essere esercitati sia in forma
imprenditoriale, sia in forma non professionale. In entrambi sono forniti l'alloggio e i servizi minimi e nei B&B
viene anche somministrata la prima colazione. Nei B&B gestiti in forma imprenditoriale è possibile anche
somministrare alimenti e bevande.

Case e Appartamenti Vacanze La legge regionale ribadisce che sono gestite esclusivamente in forma
imprenditoriale, e che tale forma di ospitalità non comprende la somministrazione di alimenti e bevande.

Residenze d'epoca Anche per tali strutture si ribadisce che la gestione è esclusivamente in forma
imprenditoriale; le residenze d'epoca possono somministrare alle persone alloggiate alimenti e bevande.

► Locazioni turistiche La necessità di stabilire una qualche regolazione delle locazioni turistiche è dovuta al fatto che il
fenomeno ha assunto, negli ultimi anni, dimensioni inimmaginabili anche grazie alle nuove opportunità offerte dalle
piattaforme informatiche. Mentre negli anni passati la locazione turistica costituiva essenzialmente una forma di
integrazione al reddito familiare per chi possedeva uno o pochi appartamenti, oggi essa rappresenta un'offerta di
ospitalità che si pone in diretta concorrenza con le strutture ricettive (alberghiere o meno). La norma regionale precisa
che gli alloggi locati per finalità turistiche devono possedere:

• i requisiti strutturali ed igienico-sanitari previsti per le case di civile abitazione;

• le condizioni di sicurezza e salubrità degli edifici e degli impianti installati ai sensi della normativa vigente.

La novità maggiore della legge riguarda l'obbligo comunicazione al Comune - che sarà effettuata con
modalità telematica nelle forme che la Giunta regionale ha stabilito con delibera 1267 del 19 novembre 2018,
in modo da semplificare l'adempimento per i cittadini – concernente l'eventuale forma imprenditoriale di
esercizio dell'attività e alcune informazioni relative all'attività svolta (quali, ad esempio: il periodo durante il
quale s'intende locare l'alloggio, il numero delle camere e dei posti letto; i siti web su cui si pubblicizza
l'alloggio).

► Stabilimenti balneari Non sono state apportate variazioni significative. Il problema delle concessioni non rientra
nella disciplina del Testo unico del turismo, ma in quella del demanio marittimo. Una novità è la facoltà per gli
stabilimenti balneari di esercitare le attività di centro benessere e le discipline del benessere e bio- naturali. Il
Regolamento di attuazione ha poi definito, in conformità alle prescrizioni statali in materia, le caratteristiche delle
opere da realizzare su aree demaniali marittime oggetto di concessione per finalità turistico-ricettiva.

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► Agenzie di viaggio e turismo Le variazioni introdotte riguardano: una più precisa definizione delle attività e la
riscrittura della norma sulle garanzie assicurative e di quella sull'organizzazione occasionale di viaggi. Tali variazioni
tengono conto sia della soppressione del Fondo di Garanzia Nazionale presso il Ministero del Turismo che, soprattutto,
della normativa statale in vigore dal 1 luglio 2018 (d.lgs. 62/2018, di attuazione della Direttiva 2015/2302 relativa ai
pacchetti turistici) che ha sostituito interamente le norme sui contratti del turismo organizzato del Codice del turismo (di
cui all'Allegato 1 al d.lgs 79/2011). Per le agenzie di viaggio online è stato previsto che non sia necessario disporre di
un locale aperto al pubblico.

► Professioni turistiche E' opportuno ricordare che trattasi di materia concorrente fra Stato e Regioni, per cui spetta
allo Stato individuare i principi secondo i quali la legislazione regionale può articolarsi; in particolare, è compito del
legislatore statale definire i profili delle singole professioni. Sulle guide turistiche si è proceduto ad un semplice
adeguamento alla disposizione di legge statale (articolo 3 della legge 97/2013) che prevede che l'esercizio della
professione è consentito nell'intero territorio nazionale, indipendentemente dall'ambito territoriale in cui è stata
conseguita l'abilitazione. Una novità è l'introduzione dell'esame d'accesso anche per la professione di accompagnatore
turistico, per sanare il disallineamento con la disciplina delle altre professioni che emergeva dalle previgenti disposizioni.
La nostra Regione era, tra l'altro, l'unica tra quelle che hanno disciplinato la professione (tutte, eccetto Sardegna,
Trentino e Alto Adige) che consentiva l'accesso alla professione a chi possedeva determinati titoli di studio con
la sola presentazione della SCIA. La legge regionale non apporta infine modifiche sostanziali alle figure di guida
ambientale, maestro di sci e guida alpina.

► Obblighi di comunicazione dei dati statistici Sono da evidenziare alcune disposizioni per rendere effettivo l'obbligo
di comunicazione dei flussi turistici per finalità statistiche, prevedendo sanzioni pecuniarie per gli inadempienti. ►
Contratti di lavoro nel comparto turistico La legge regionale introduce una norma sui contratti di lavoro del comparto,
che richiama l'obbligo di applicare i relativi contratti collettivi nazionali di lavoro, sottoscritti dalle organizzazioni
sindacali dei lavoratori e delle associazioni dei datori di lavoro, comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale e degli accordi sindacali si secondo livello. Con il Regolamento di attuazione del Testo unico - entrato in
vigore l'11 agosto 2018 - si è completato il quadro normativo concernente la materia del turismo.

Il Regolamento detta le disposizioni attuative in materia di:

• informazione e accoglienza turistica e associazioni pro-loco;

• strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere;

• stabilimenti balneari;

• professioni turistiche.

Da evidenziare anche gli allegati, in particolare quello contenente le informazioni obbligatorie sull'accessibilità
e quelli sui requisiti minimi obbligatori per la classificazione delle strutture ricettive.

TOSCANA PROMOZIONE TURISTICA

La Toscana è oggi una delle mete più richieste dal turismo nazionale ed internazionale. Ma perché questo
primato non sia solo un dato congiunturale, ma elemento strutturale della nostra economia è necessario
andare sempre di più verso una Toscana che sia un vero e proprio prodotto turistico. Una necessità dettata
dalla nostra immensa offerta, ma anche dal bisogno di essere competitivi su un mercato dove sono
presenti competitor sempre più agguerriti. Per questo la Regione ha deciso di dar vita a Toscana Promozione
Turistica. La nuova Agenzia regionale ha il compito di lavorare al fianco dei territori per la costruzione e la
promozione delle destinazioni e dei prodotti turistici territoriali che compongono l’offerta regionale.
Attraverso la partecipazione ai principali eventi fieristici, a workshop B2B e Road show, Toscana Promozione
Turistica favorisce l’incontro tra l’offerta turistica toscana e il trade internazionale. E, allo stesso tempo, dà vita
a campagne di promozione online e offline per portare la Toscana direttamente al consumatore finale: il turista.
Un'attività di promozione pensata per raccontare una Toscana dai mille volti, terre che meritano di essere
scoperte, con le loro storie, le loro culture, le loro tradizioni, i loro prodotti. Operando in questo modo, Toscana
Promozione Turistica sostiene e valorizza la Toscana del Turismo, i suoi territori e le sue imprese perché

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crescano sempre di più. L'Agenzia regionale Toscana Promozione Turistica è stata istituita con la L.R. 22/2016 ed è
ufficialmente operativa dal 1° aprile 2016.

Strategie e strumenti

L'obiettivo principale di Toscana Promozione Turistica è quello di contribuire all’incremento dei flussi turistici
in Toscana e al rafforzamento del sistema turistico regionale. Obiettivo che, a livello di strategia generale, sarà
perseguito come segue:

Le attività promozionali svolte da Toscana Promozione Turistica, in linea con quanto definito a livello di
strategia generale, sono articolate in un programma di interventi, funzionali allo sviluppo dei prodotti turistici
regionali e alla presenza dell’offerta toscana sui mercati target. Al fine di rendere l’azione di promozione più
efficace, il programma di interventi mette in campo un mix di diversi strumenti, da quelli tradizionali, a quelli
più innovativi: fiere, workshop, roadshow, press ed educational tour mirati sono affiancati da eventi che
qualificano l’immagine della Regione e offrono concrete opportunità di business agli operatori, da azioni di co-
marketing e di promozione integrata. Nella realizzazione degli interventi, particolare attenzione sarà dedicata
allo sviluppo di relazioni di sistema e di valorizzazione del territorio. Il tutto con lo scopo di qualificare il territorio
attraverso quegli elementi di attrattività che fanno leva sul concetto di Tuscan Lifestyle, ovverosia di quel
valore immateriale che caratterizza tutto ciò che è toscano, segno distintivo che attribuisce valore tanto ai beni,
quanto ai territori e che li rende quindi desiderabili dai consumatori, dai turisti e dagli investitori di tutto il mondo.

L’impresa turistica. Le strutture ricettive. La disciplina delle strutture alberghiere. La


disciplina delle strutture extra-alberghiere. La classificazione. I prezzi. La disciplina
dell’agriturismo.
L’ IMPRESA TURISTICA

L’imprenditore e l’impresa

Ai sensi dell’art. 2082 del Codice civile, si definisce imprenditore colui che esercita professionalmente
un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Dalla definizione
di imprenditore si ricava quella di impresa: l’impresa è l’attività economica organizzata svolta
professionalmente dall’imprenditore al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Si possono
dunque individuare le seguenti caratteristiche dell’attività dell’imprenditore: 1 – ATTIVITÀ ECONOMICA 2 –
ATTIVITÀ SVOLTA PROFESSIONALMENTE 3 – MEDIANTE UN’ORGANIZZAZIONE 4 – AL FINE DELLA
PRODUZIONE O DELLO SCAMBIO DI BENI O DI SERVIZI 1) ATTIVITÀ ECONOMICA. L’attività di
produzione o di scambio viene definita economica se è idonea a coprire i costi con i ricavi. Il profitto non è un
elemento indispensabile per definire imprenditoriale un'attività. Il criterio dell'economicità si ritiene soddisfatto
se si opera almeno in condizioni di pareggio del bilancio (ricavi = costi). Non tutte le imprese, infatti, hanno
come obiettivo il profitto (ricavi > costi, anche se tale criterio guida l’attività della maggior parte delle imprese
private), ma si limitano a raggiungere il pareggio del bilancio. Per esempio non hanno fine di lucro le imprese
pubbliche (che hanno come obiettivo il perseguimento di un interesse collettivo), le imprese cooperative (che
perseguono vantaggi di vario tipo per i soci), le imprese no-profit. 2) PROFESSIONALITÀ. L’attività
dell’imprenditore deve essere svolta in modo abituale e stabile (non necessariamente in modo continuativo),

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e non in modo occasionale (ad esempio considerato imprenditore l’albergatore che apre la sua struttura
ricettiva sempre e solo nei mesi estivi = attività abituale, cioè ripetuta nel tempo, ma non continuativa). 3)
MEDIANTE ORGANIZZAZIONE. Organizzazione significa coordinamento dei fattori produttivi: T terra =
materie prime …, L lavoro = manodopera, K capitale = azienda, macchinari, stabilimenti, denaro). 4) AL FINE
DELLA PRODUZIONE O DELLO SCAMBIO DI BENI E DI SERVIZI. E’ imprenditore solo chi produce per
scambiare, cioè per il mercato, e non chi produce solo per il soddisfacimento dei bisogni personali o familiari
(autoconsumo).

Le professioni intellettuali

Coloro che esercitano una professione intellettuale senza vincoli di subordinazione sono chiamati liberi
professionisti (medico, avvocato, commercialista, purchè prestino la loro opera senza porsi alle dipendenze di
altri). Gli artisti e i professionisti intellettuali non sono considerati imprenditori, anche se nell'esercizio della loro
professione si avvalgono di una rilevante organizzazione 53 di persone e di mezzi. Sono considerati
imprenditori solo se svolgono anche un'attività d'impresa (medico titolare di una clinica, ingegnere titolare di
un'impresa edile). Ci sono alcune professioni intellettuali (medico, avvocato, ingegnere, geometra) che sono
“protette”: questo significa che nessuno può esercitarle se non soddisfa determinati requisiti (titolo di studio,
superamento di concorsi), e se non ottiene prima l'iscrizione in appositi albi tenuti dagli Ordini Professionali.
Gli Ordini (per i laureati) e i Collegi (per i diplomati) sono associazioni alle quali la legge assegna il compito di:
- accertare l'esistenza di una doverosa competenza - tenere gli albi o elenchi professionali - esercitare il potere
disciplinare sugli iscritti (sanzioni: sospensione, radiazione dall’Albo) Per potersi iscrivere è necessario superare un
esame di Stato. Per l’esercizio abusivo della professione sono previste sanzioni amministrative e penali.

La classificazione delle imprese

Il Codice civile prevede TRE TIPI DI IMPRENDITORI e di imprese:  PICCOLO IMPRENDITORE 


IMPRENDITORE AGRICOLO  IMPRENDITORE COMMERCIALE Altre classificazioni prevedono i seguenti
tipi di imprese: • IMPRESE INDIVIDUALI / IMPRESE COLLETTIVE • IMPRESE PRIVATE / IMPRESE
PUBBLICHE.

L’imprenditore commerciale

Secondo l’art. 2195 è imprenditore commerciale colui che svolge le seguenti attività: - ATTIVITA'
INDUSTRIALE - ATTIVITA' INTERMEDIARIA NELLA CIRCOLAZIONE DEI BENI (es. commercio) - ATTIVITA'
DI TRASPORTO - ATTIVITA' BANCARIA O ASSICURATIVA - ATTIVITA’ AUSILIARIE ALLE PRECEDENTI
(es. marketing, elaborazione dati, spedizione). L’imprenditore commerciale è soggetto ad una disciplina
(statuto dell’imprenditore commerciale), che non è prevista per gli altri imprenditori (ad esempio per gli
imprenditori agricoli e per i piccoli imprenditori), e che è costituita da tre punti essenziali: 1) ISCRIZIONE NEL
REGISTRO DELLE IMPRESE 2) TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI OBBLIGATORIE (LIBRO
GIORNALE, LIBRO DEGLI INVENTARI) 3) SOGGEZIONE ALLE PROCEDURE CONCORSUALI
(FALLIMENTO). L’imprenditore commerciale è obbligato ad iscriversi al registro delle imprese. Per provvedere
all'iscrizione occorre recarsi nell'apposito ufficio istituito presso la Camera di Commercio della provincia nella
quale ha sede l'impresa. Il registro delle imprese è un registro pubblico (chiunque ne abbia interesse può
consultare le informazioni contenute nel registro e queste si presumono a conoscenza di tutti), e
informatizzato. Chi deve iscriversi? Gli imprenditori commerciali, le società commerciali e cooperative. In
sezioni specifiche devono iscriversi gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori, le società semplici. I dati
presenti nel registro delle imprese sono quelli relativi al nome, cittadinanza, oggetto dell'impresa, sede, ditta,
i nomi dei rappresentanti (es. direttore generale). Tali informazioni si presumono a conoscenza dei terzi. Per
la mancata iscrizione, è prevista una sanzione amministrativa. Inoltre i dati dell’impresa non sono opponibili ai
terzi (a meno che si riesca a dimostrare che questi ne fossero a conoscenza). Per i piccoli imprenditori le
conseguenze sono meno gravi: infatti per questi soggetti l'iscrizione ha solo la funzione di certificazione
anagrafica. Le scritture contabili sono un sistema coordinato di annotazioni dalla cui lettura è possibile
determinare il reddito, il patrimonio e la situazione finanziaria dell'impresa. Assolvono alle seguenti finalità: •
FINI FISCALI: ricostruzione della posizione contributiva dell'imprenditore; • FINI CIVILI: in caso dì insolvenza,
determinazione dell'attivo e del passivo; • FINI PENALI (ad esempio si pensi ai reati di bancarotta semplice e
bancarotta fraudolenta). L'imprenditore commerciale è obbligato a tenere: - il libro giornale (nel quale vanno
annotate giornalmente le operazioni relative all'esercizio dell'impresa); - il libro degli inventari (sul quale ogni
anno va redatto un inventario nel quale sono annotate le attività e le passività e il bilancio, il conto profitti e

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perdite); - altre scritture contabili obbligatorie (ad es. a fini fiscali). Le procedure concorsuali sono procedimenti
giudiziari che consentono a tutti i creditori di rivalersi in eguale misura sul patrimonio dell'imprenditore
commerciale che non sia in grado di far fronte ai propri debiti con mezzi normali di pagamento, (stato
d’insolvenza). Il fallimento è la procedura più grave: comporta l'eliminazione dell'impresa, la liquidazione di
tutti i beni del debitore e la distribuzione del ricavato ai creditori. I rappresentanti dell'imprenditore Alcuni
collaboratori dell'imprenditore hanno il compito di rappresentarlo nei confronti dei terzi e di concludere affari in
suo nome. Rappresentare significa che tali collaboratori possono compiere atti giuridici in nome e per conto
dell’imprenditore commerciale, che quindi sarà chiamato a risponderne (se ad 55 esempio un rappresentante
compra della merce da un fornitore, l’imprenditore dovrà pagarne il prezzo). - L'institore (“instare” significa
sovrastare; si pensi al direttore generale) è colui che è preposto dal titolare all'esercizio dell'impresa
commerciale o di una sede secondaria e “sovrasta” per autorità tutti gli altri dipendenti. Ha come superiore
gerarchico solo l’imprenditore, a cui deve rispondere della propria attività. Se l'imprenditore non dispone
diversamente (attraverso una procura più limitata che deve essere iscritta nel registro delle imprese), l'institore
ha il potere di compiere tutti gli atti riguardanti l'esercizio dell'impresa (acquisti, assunzioni ecc.). Non può
compiere atti di straordinaria amministrazione, come l’alienazione di beni immobili. - Il procuratore è un
dirigente (si pensi al direttore di una filiale o di un ufficio) che ha il potere di compiere atti riguardanti l'esercizio
dell'impresa, di solito riguardanti un settore specifico (un ufficio, un reparto ecc.). E’ sottoposto al controllo di
superiori gerarchici, tra cui l’institore, oltre che l’imprenditore. Si deve provvedere alla trascrizione nel registro
delle imprese dei nominativi dei procuratori. - Il commesso è un dipendente privo di funzioni direttive e
rappresenta l'imprenditore unicamente nello svolgimento delle specifiche mansioni (camerieri, cassieri di
banca, impiegati addetti alle vendite ecc.). Risponde della propria attività ai procuratori, all’institore e
all’imprenditore.

L’impresa turistica

In base alla definizione fornita dalla legge quadro n. 135 del 2001, sono considerate imprese turistiche quelle
che esercitano attività economiche destinate alla produzione, alla commercializzazione, all'intermediazione e
alla gestione di prodotti, servizi e infrastrutture turistiche. La legge 135/2001 definisce turistiche le imprese che
esercitano attività economiche organizzate per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione e la
gestione di prodotti, di servizi (tra cui gli stabilimenti balneari), di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di
somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell’offerta turistica. Si
tratta di una definizione assai ampia, essendovi riconducibili la maggior parte delle attività di offerta di servizi
turistici. È infatti la tipologia di attività esercitata a conferire all’impresa il carattere turistico. All’identificazione
delle diverse tipologie di imprese turistiche provvedono le Regioni. La condizione necessaria per l'esercizio
dell'attività turistica è l'iscrizione nel registro delle imprese.

La classificazione delle imprese turistiche Si possono distinguere le seguenti categorie di imprese turistiche:

- le strutture ricettive;

- le imprese che gestiscono il tempo libero (si pensi alle imprese che gestiscono parchi o che si occupano
dell’organizzazione di fiere e convegni);

- le imprese che gestiscono attività correlate alla balneazione (si pensi alle imprese che forniscono servizi per il turismo
nautico e agli stabilimenti balneari);

- i tour operator e le agenzie di viaggio;

- le imprese che gestiscono infrastrutture e forniscono servizi di trasporto turistico.

le strutture ricettive

Una delle categorie più importanti delle imprese turistiche è quella rappresentata delle strutture ricettive. Le
strutture ricettive comprendono tutte quelle imprese turistiche che sono organizzate per l’ospitalità e
l’accoglienza dei turisti. Le Regioni hanno disciplinato le imprese ricettive in modo diverso. In generale,
comunque, tali imprese turistiche possono essere classificate nelle seguenti categorie: - alberghi; - strutture
ricettive paralberghiere; - strutture ricettive extralberghiere; - strutture ricettive senza scopo di lucro o che
forniscono servizi di accoglienza non convenzionale. Le strutture ricettive si classificano anche in base alle
dimensioni, ai requisiti strutturali dei servizi offerti, alla qualificazione degli addetti. Esaminiamo
sommariamente i criteri di classificazione delle diverse strutture ricettive: • per gli alberghi: da 1 a 5 stelle e 5

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stelle lusso; sono previsti standard minimi per essere considerato “albergo”; • per le residenze turistico
alberghiere: da 2 a 4 stelle; • per i villaggi turistici: da 2 a 4 stelle; • per i campeggi: da 1 a 4 stelle. L'ottenimento
della classificazione è un presupposto essenziale per l'esercizio dell'attività ricettiva poiché serve per il rilascio
dell'autorizzazione amministrativa.

L’impresa alberghiera

L’attività alberghiera è l’esercizio di attività economica di natura prevalentemente privata a scopo di lucro.
L’albergo viene definito come una struttura ricettiva aperta al pubblico a gestione unitaria che fornisce alloggio,
eventualmente vitto ed altri 57 servizi accessori, dietro corrispettivo, in camere ubicate in uno o più stabili o
parti di uno stabile. L’esercizio dell’impresa alberghiera è subordinato al rilascio di uno apposito provvedimento
autorizzatorio dell’autorità comunale. Specificamente, la legge dispone che l’apertura e il trasferimento di sede
degli esercizi ricettivi (alberghi, residenze turistico alberghiere, case e appartamenti per vacanze, campeggi,
villaggi turistici, ecc.) sono soggette ad autorizzazione del Sindaco del luogo. Insieme alla prestazione del
servizio ricettivo, l’autorizzazione abilita a somministrare alimenti e bevande alle persone alloggiate ed ai loro
ospiti, oltre che a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di eventi quali manifestazioni e
convegni organizzati, nonché a fornire alle persone alloggiate piccoli beni di consumo quali giornali, riviste,
cartoline, pellicole, ecc. Il rilascio dell’autorizzazione consente anche l’installazione, ad uso esclusivo delle
persone ospitate, di attrezzature e strutture di carattere ricreativo. Nell’esercizio dell’attività ricettiva debbono
essere rispettate le norme, le prescrizioni e le autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico sanitaria,
di pubblica sicurezza e di destinazione d’uso di locali ed edifici. Le legge elenca inoltre le ipotesi di revoca
dell’autorizzazione. I criteri e le modalità di classificazione delle aziende alberghiere sono definite dalla
legislazione regionale.

Le strutture ricettive paralberghiere

Le strutture ricettive paralberghiere sono tipi di albergo che forniscono servizi particolari e possiedono
peculiarità strutturali; inoltre forniscono servizi accessori. I motel sono alberghi per la sosta e l’eventuale
rifornimento – assistenza - riparazione di autovetture o imbarcazioni. I motel, che sono nati negli Stati Uniti,
sono strutture ricettive localizzate in genere lungo un’importante arteria stradale. Sono attrezzati per la sosta
degli automobilisti: infatti assicurano parcheggi con tanti posti auto quante sono le camere degli ospiti e
l'assistenza meccanica agli autoveicoli. Inoltre, danno spesso la possibilità di fare rifornimento di carburante e
di fruire del servizio di ristorante o bar. I villaggi albergo sono strutture ricettive in un’unica area con unità
abitative dislocate e servizi centralizzati. Le residenze turistico alberghiere sono strutture ricettive con servizi
accessori comprensive di locali arredati provvisti di servizi e cucina privata.

Le strutture ricettive extralberghiere

I campeggi sono strutture ricettive aperte al pubblico, recintate ed attrezzate per il soggiorno – sosta di turisti
provvisti di propri mezzi di pernottamento (roulotte, camper, tende ecc.). Un campeggio può disporre anche di
bungalow e miniappartamenti. I villaggi turistici sono strutture ricettive, recintate e attrezzate per il soggiorno
di turisti non provvisti di propri mezzi di pernottamento. Tali strutture ricettive dispongono di bungalow, case
mobili o miniappartamenti destinati all’ospitalità dei turisti. Gli alloggi agrituristici sono locali ubicati in fabbricati
rurali adibiti al vitto e all’alloggio di turisti da parte di imprenditori agrituristici. 58 Gli affittacamere sono strutture
ricettive comprensive di massimo 6 camere ubicate in massimo 2 appartamenti di uno stesso stabile, affittati
ad uso turistico. Tali strutture ricettive forniscono alloggio e servizi minimi di ospitalità (per esempio fornitura
di energia elettrica, acqua e riscaldamento). Devono essere dotati di non più di 6 camere e avere una capacità
ricettiva non superiore a 12 posti letto; le camere, inoltre, devono essere ubicate in non più di due appartamenti
ammobiliati facenti parte di uno stesso stabile. Le abitazioni devono possedere i requisiti previ