Un progetto «civile»
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1. g. ferroni, Storia e testi della letteratura italiana: Verso una civiltà planetaria (1968-2005), in
id., Storia e testi della letteratura italiana, Einaudi, Torino 2005, vol. xi, p. v.
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2. m. foucault, L’archeologia del sapere. Una metodologia per la storia della cultura (1969); trad. it. di
G. Bogliolo, Rizzoli, Milano 1999 (1971). I passi citati sono alle pp. 185 e???. Avverto preliminarmente
che le informazioni bibliografiche successive si limiteranno a fornire gli strumenti di ricostruzione
del quadro complessivo, senza proporre indagini al microscopio, perché lo strumento che si applica
qui è il telescopio, col suo sguardo a distanza. Della relazione orale presentata al convegno questo
scritto conserverà l’andamento rabdomantico e gli scopi problematici, rimandando ad altre sedi più
puntuali ricognizioni testuali.
3. f. de sanctis, Epistolario (1863-1869), a cura di A. Marinari, G. Paoloni, G. Talamo, in id., Opere,
a cura di C. Muscetta, Einaudi, Torino 1993, vol. xxii, p. 667.
4. Il contesto storico e culturale della Storia desanctisiana è stato più volte ricostruito e ampiamente
dibattuto: cfr., per un’introduzione, soltanto r. mordenti, La “Storia della letteratura italiana” di
Francesco De Sanctis, in a. asor rosa (dir.), Letteratura italiana, Einaudi, Torino 1995, Le Opere, iii,
Dall’Ottocento al Novecento, pp. 573-665.
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Non però si creda che tutta la vita umana noi vogliamo considerare, che sarebbe ar-
gomento sterminato, e maggiore delle nostre forze, e forse non possibile a trattare
compiutamente. Noi ci proponiamo di ragionare della letteratura nazionale italiana:
vogliamo considerare che ha pensato, che ha sentito, che ha operato questo popolo, e
come ha espresso tutta la sua vita nell’arte della parola.
5. Cfr. f. de sanctis, Una “Storia della letteratura italiana” di Cesare Cantù, in «Rendiconti della
R. Accademia delle Scienze morali e politiche di Napoli», 1865, pp. 139-55; ID. Settembrini e i suoi
critici, in «Nuova Antologia», x, 1869, pp. 439-59.
6. Resta classico, sull’argomento, c. dionisotti, Chierici e laici, in id., Geografia e storia della
letteratura italiana, Einaudi, Torino 1967, pp. 55-88.
7. l. settembrini, Lezioni di Letteratura Italiana, Sansoni, Firenze 1964, p. 6.
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Proprio della coltura è suscitare nuove idee e bisogni meno materiali, formare una
classe di cittadini più educata e civile, metterla in comunicazione con la coltura stra-
niera, avvicinare e accomunare le lingue, sviluppando in esse non quello che è locale,
ma quello che è comune.
8. b. croce, Come fu scritta la «Storia della letteratura italiana», in id., Una famiglia di patrioti ed
altri saggi storici e critici (1919), Laterza, Bari 19493, p. 267.
9. f. de sanctis, Storia della letteratura italiana, a cura di N. Gallo, con introduzione di G. Ficara,
Einaudi-Gallimard, Torino 1996, p.
10. La riflessione su «classe», «classico» e «classicismo» è una linea che guida da anni riflessione gli
studi di Amedeo Quondam, cui senz’altro rimando per un approfondimento storico e critico: cfr.
almeno a. quondam, Morfologia e metamorfosi del Classicismo: la tipologia culturale di Antico regime,
in ID. (a cura di), Classicismo e culture di antico regime, Bulzoni, Roma 2010, pp.
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11. A sua volta, alle spalle di Foscolo c’è tutta la recente tradizione di impegno civile e politico della
cultura illuministica tra Sette e Ottocento, col suo campione letterario fondante nel Discorso sulle
vicende di ogni letteratura di c. denina (nella Stamperia Reale, Torino 1760).
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è in quelle che alla nostra gioventù parlano pur sempre le grandi voci dei padri, che
promossero e accompagnarono il risorgimento della patria; è in quelle che non prevale
ancora, e, speriamo, non prevarrà, per il bene dell’Italia nostra, quella mortificazione
degli ingegni e degli animi, a cui i giovani sono costretti nelle aule universitarie, divenute
palestre d’infeconde ed inutili disputazioni e indagini filologiche ed erudite.
12. n. tommaseo, Storia civile nella letteratura. Studii, Loescher, Torino 1872, p.
13. t. casini, recensione a Poesie di Vincenzo Monti scelte e commentate ad uso delle scuole classiche
da Giuseppe Piergili, Barbera, Firenze 1889, in «Rivista critica della letteratura italiana», vi, 1, 1890,
col. 5-10.
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Cessino, dunque, non dirò con dantesca superbia i sectatores ignorantiae, ma i predi-
catori di decadenza dal gridare contro le scuole classiche, come se ad insegnare vi si
fossero rifuggiti tutti i peggiori; e badino alle loro quisquilie erudite, né si attentino di
censurare i maestri, cui già dà da fare abbastanza il governo, lusingandoli con promesse
mai mantenute e caricandoli di lavoro indegnamente retribuito. Cessino dal gridare, e,
se vogliono che gli studi letterari rifioriscano davvero, si adoperino, ciascuno secondo
l’ufficio suo, a dare un più civile carattere al loro insegnamento e a imprimere un av-
viamento più razionale al lavoro dei loro discepoli: ed invece di gingillarsi eternamente
con Jacopone da Todi e con Giovanni Sercambi, si provino un po’ a spiegare, se gli è
possibile, l’Alfieri e il Foscolo.
Che nello insegnamento della letteratura classica i professori alla lettera del program-
ma infondano quello spirito, che vien solo dal nobile entusiasmo, che si eccita nella
14. f. brioschi, c. di girolamo, Elementi di teoria letteraria, Principato, Milano 1984, p. 53.
15. g. bonetta, Storia della scuola e delle istituzioni educative. Scuola e processi formativi in Italia
dal xviii al xx secolo, Giunti, Firenze 1997, p. 88.
16. Citato in t. cornacchioli, g. spadafora (a cura di), Pasquale Rossi e il problema della folla:
socialismo, Mezzogiorno, educazione, Armando, Roma 2000, p. 514.
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Il De Sanctis non prese verso la letteratura italiana il semplice atteggiamento del filo-
sofo che mira a conoscere il vero, e in questa conoscenza esclusivamente si travaglia
e in essa a pieno si soddisfa; e neppure quello soltanto del filosofo-artista che gode e
vuol intendere il suo godimento ed esprime la sua gioia e le meditazioni che vi ha fatte
sopra: né è dominante in lui (salvo che nella prima serie dei Saggi critici, che sono
quasi propedeutici ai lavori posteriori) il motivo teorico e metodico, con le congiunte
polemiche contro gl’indirizzi che si stimano fallaci o insufficienti. Egli, simile in ciò ad
altri scrittori di quel nobile periodo nel quale l’Italia si venne rigenerando ed educando
moralmente, simile al Manzoni e al Mazzini, al Gioberti e al Tommaseo, si sentì sempre
maestro di vita morale.
17. a. scotto di luzio, Il liceo classico. La scuola della classe dirigente italiana, il Mulino, Bologna
1999, p. 65.
18. b. croce, La letteratura italiana, a cura di M. Sansone, Laterza, Bari 1963, pp. 314-315. Il saggio
è del 1911.
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Il primo e più grosso di tali problemi, che ora travagliano le menti degli studiosi, si
riferisce alla costruzione della storia letteraria, la quale, accettato il principio dell’arte
come liricità, non è più dato intendere, come già nel periodo romantico, quale «storia
sociale» («la letteratura espressione della società») o «storia civile nella letteraria»,
perché il poeta esprime nient’altro che sé stesso nell’universo e l’universo in sé stesso,
cioè la poesia stessa.
O poesia come impegno civile o poesia come arte pura: non c’è spazio per
mediazioni di sorta. Croce ribadiva il concetto a oltre vent’anni di distanza21:
La struttura stessa della storia della poesia è stata cangiata, rigettandosi quella alla quale
il De Sanctis ancora si atteneva e che egli aveva derivata dall’idealismo filosofico e dal
romanticismo, della storia civile nella letteraria, che è schema estrinseco alla poesia e
atto a premere e deformare l’opera d’arte e a sviarne il sentimento e il giudizio, e sugge-
rendo in sua vece l’altro metodo di costruzione, che è esteticamente individualizzante
e passa liberamente, come la poesia passa, da opera a opera, da personalità poetica a
personalità poetica, nessuna a pieno riconducibile all’altra.
Alcuni anni dopo, infine, Croce dichiarava di non essere persuaso che «la
storia letteraria potesse accompagnare e seguire la storia politica e morale»22.
Mentre elaborava una separazione tra l’arte e la morale, con continui slittamenti,
ma al fondo un sostanziale rifiuto dell’uso pubblico dell’arte23, Croce sanciva
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24. Le radici storiche della formula andranno approfondite altrove. Qui mi limito a ricordare che
Memorie per servire alla storia letteraria e civile era già il titolo di una rivista pubblicata a Venezia
prima da Antonio Fortunato Stella e poi da Giovan Battista Pasquali tra il 1793 e il 1800.
25. Sul pensiero civile di Croce, con particolare riferimento all’uso pedagogico della letteratura, si
vedano almeno e. giammattei, Retorica e idealismo. Croce nel primo Novecento, il Mulino, Bologna
1987; s. cingari, Alle origini del pensiero “civile” di Benedetto Croce. Modernismo e conservazione nei
primi vent’anni dell’opera (1882-1902), Editoriale Scientifica, Napoli 2002; g. cacciatore, Filosofia
pratica e filosofia civile nel pensiero di Benedetto Croce, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005.
26. g.a. borgese, Storia della critica romantica in Italia, in de sanctis, Storia della letteratura
italiana, cit., p. 820.
27. Cfr. g. gentile, Torniamo a De Sanctis!, in «Quadrivio», i, n. 1, 6 agosto 1933, p. 3, e a. gramsci,
Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 1975, q 23, p. 2185. La comunanza non
andrà certo presa come sintonia ideologica, vista la puntuale presa di distanza di Gramsci da Gentile
in q 17, p. 1941. Per un’introduzione, cfr. solo il contributo più recente: v. santoro, Francesco De
Sanctis: letterato e «uomo di Stato», in a. d’orsi (a cura di), Il nostro Gramsci. Antonio Gramsci a
colloquio con i protagonisti della storia d’Italia, Viella, Roma 2011, pp. 137-146.
28. q 4, 5, p. 426.
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Un giudizio del De Sanctis: «Manca la fibra perché manca la fede. E manca la fede perché
manca la cultura». Ma cosa significa «cultura» in questo caso? Significa indubbiamente
una coerente, unitaria e di diffusione nazionale «concezione della vita e dell’uomo», una
«religione laica», una filosofia che sia diventata appunto «cultura», cioè abbia generato
un’etica, un modo di vivere, una condotta civile e individuale. Ciò domandava innanzi
tutto l’unificazione della «classe colta».
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Contro il politico che obbedisce alla ragion di stato, l’uomo di cultura è il devoto in-
terprete della coscienza morale. Queste antitesi appaiono continuamente, or l’una or
l’altra, nel dissidio tra i diritti della cultura e quelli della politica e colorano in varia
misura il dissenso tra intellettuali e politici.
Fin qui nulla di strano. Che la letteratura venisse assoldata, quasi una reclu-
ta, sia durante il Risorgimento sia all’inizio della Repubblica, nei due percorsi
fondativi dello Stato italiano, a garantire una comunità linguistica e civile, è
fatto scontato, oltre che notissimo. Meno scontato è che il discorso pubblico sia
ancora oggi affidato alla letteratura, con la sua stessa centralità morale e civile.
Oltre De Sanctis?
1) «La letteratura italiana non può essere associata alla storia etica e civile della nazione
italiana (anche se ovviamente ha con essa rapporti)»;
2) «Non necessariamente la grande letteratura nasce da una grande vita morale».
33. r. mordenti, L’altra critica. La nuova critica della letteratura fra studi culturali, didattica e in-
formatica, Meltemi, Roma 2007, p. 108.
34. n. bobbio, Intellettuali e vita politica in Italia (1954), in id., Politica e cultura, Einaudi, Torino
1955, pp. 121-138, a p. 131.
35. a. asor rosa, Letteratura, testo, società, in id. (dir.), Letteratura italiana, Einaudi, Torino 1982,
vol. I Il letterato e le istituzioni, pp. 3-29, a p. 23.
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Se si nega questo, o anche una sola parte di questo sistema [cioè «l’importanza enorme
che la «letteratura italiana» ha rivestito sul nostro «essere italiani», e sul nostro «modo
di esserlo»], destinato poi a trascinare tutti gli altri, si nega tutto il resto: non c’è più
letteratura italiana, non ci sono gli italiani e dunque non c’è l’Italia. Speriamo di non
dover assistere a questo retrogrado crepuscolo, anche se qualche pericolo si è già vi-
stosamente manifestato». (p. xiii)
Con questo proclama apocalittico, Asor Rosa non esce, infine, dall’orizzon-
te nazionalistico e civile della storiografia letteraria italiana: il suo obiettivo è
insegnare un «essere italiani» che è innanzitutto letterario, di una letteratura
fatta d’impegno civile e di tensione conoscitiva.
Dal canto loro, Romano Luperini e Pietro Cataldi scrivevano, nell’intro-
duzione alla prima edizione del loro manuale scolastico La scrittura e l’inter-
pretazione (1999), che la storiografia letteraria è giustificata «non da ragioni
contingenti d’ordine didattico e pratico, ma da motivi più profondi d’ordine
pragmatico, antropologico e storico»: «Bisogna probabilmente arrivare alla
conclusione che la storiografia letteraria trova il suo fondamento nel bisogno
che ogni comunità avverte di definire la propria memoria storica»38. Si tratta
quindi di riconoscere che comunità civile e storiografia letteraria procedono
di pari passo. Luperini e Cataldi, però, si propongono di fuoriuscire dalla pro-
spettiva desanctisiana, «in cui il valore dell’identità nazionale veniva trasmesso
soprattutto dalla esperienza letteraria e artistica perché in essa il nostro paese
poteva vantare qualche «primato»», e riconoscono «la riduzione della funzione
e dell’importanza civile della letteratura». Comunità non nazionale, quindi, sarà
quella che Luperini e Cataldi si propongono di edificare, ma politica, fondata
sulla pratica costante dell’interpretazione, dell’esercizio critico, della lettura e
rilettura dei classici.
Più recentemente, lo stesso Luperini, in un intervento su Insegnamento
della letteratura e democrazia, disponibile online sul suo blog presso l’editore
Palumbo39, ha sottolineato che «il docente di materie umanistiche è oggi inve-
stito di una profonda crisi di identità e di funzione sociale, perché le discipline
che insegna hanno perduto l’autorità e la legittimazione che avevano un tempo
quando costituivano il fondamento della vita civile del paese». Le origini del
38. r. luperini, p. cataldi, La scrittura e l’interpretazione: storia della letteratura italiana nel quadro
della civiltà e della letteratura dell’Occidente, Palumbo, Palermo 1999, p.
39. http://luperini.palumbomultimedia.com/download/DemocraziaInsegnamentoLetteratura.pdf.
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La letteratura stessa sempre di meno interessa per il suo contenuto identitario in senso
patriottico e nazionale e sempre di più invece come repertorio di situazioni civili ed
etiche, mitiche antropologiche che riguardano l’intero genere umano.
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41. r. perrelli, Letteratura e democrazia, in p. bevilacqua (a cura di), A che serve la storia? I saperi
umanistici, Donzelli, Roma 2011, p. 84.
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