Annibale, insieme al padre, si diresse in Spagna e dopo la morte del
padre, fu comandante di cavalleria con il fratello Asdrubale, che era oltretutto comandante supremo. Dopo la morte del fratello, i Cartaginesi conferirono ad Annibale il comando supremo. L’autorità di Annibale fu confermata pubblicamente ad Cartagine. Così Annibale, nei successivi tre anni, assoggettò attraverso la guerra le popolazioni della Spagna; espugnò con la forza Sagunto, città alleata; predispose le numerose truppe, una delle quali inviò in Africa, la seconda lasciò la Spagna, la terza portò la portò con sé in Italia. Condusse a itinerari forzati i molti soldati cartaginesi in Italia attraverso i monti Pirenei. Giunse dalle alpi, che separano l’Italia dalla Gallia che nessuno prima di Annibale, eccetto Ercole Graio, aveva mai superato con i soldati. Trucidò gli Alpigiani rese raggiungibili i luoghi inaccessibili e rese sicuri i passaggi attraverso i monti alti per mezzo di fortezze: come risultato condusse al di là le truppe e gli elefanti, animali di notevole corporatura e arrivò in Italia. A Casteggio, nei pressi del Po, si scontrò con il console P.C. Scipione ( contro cui aveva combattuto presso il Rodano) e lasciò andare il console ferito e intimidito. Dopo questo conflitto Scipione, con il collega Tiberio Longo aspettò i Cartaginesi presso il Trebbia e combatté contro Annibale ma fu sconfitto e Annibale marciò in Etruria. Presso il Trasimeno uccise il console C. Flaminio, circondato in un’imboscata e non molto tempo dopo il pretore C. Centenio con dei soldati scelti. Da lì arrivo in Apulia.