LA FILOLOGIA MUSICALE
Antologia di contributi filologici
Si tratta di una serie di saggi di interesse filologico molto diversi tra loro che costituiscono una
campionatura di esperienze di lavoro funzionali allo stimolo della critica e di nuove indicazioni
metodologiche. Il saggio di Jahn, ad esempio, prospettava già nel 1867 la filologia d’autore, la
funzione della critica interna per la valutazione dell’autenticità, l’autonomia dell’opera rispetto
alla biografia del compositore, l’utilità delle testimonianze epistolari e il rifiuto di idee preconcette. I
contributi di Feder, Unverricht e Dahlhaus restano tutt’ora i frutti dei più autorevoli studiosi della
seconda metà del Novecento.
CARL DAHLHAUS
I PRINCIPI DELLE EDIZIONI MUSICALI NEL QUADRO DELLA STORIA DELLE
IDEE
Le tecniche di edizione si basano su principi editoriali che a loro volta dipendono da norme,
orientamenti e strutture di ordine estetico, sociale, pedagogico, politico ed economico:
difficilmente ci si può attendere che un inestricabile intreccio di situazioni proceda in linea
continua e retta. I principi editoriali prefigurano non tanto le tecniche quanto i problemi che con
esse devono essere superati, cercando di capire quali devono essere risolti e quali possono essere
trascurati.
Tali principi diventano realmente comprensibili solo se inseriti nel quadro della storia delle
idee e della storia della cultura, poiché l’editoria non rappresenta una storia isolata e chiusa in sé.
Si tenta in questo scritto di abbozzare alcune idee che stanno dietro ai principi delle edizioni
musicali degli ultimi cento anni, considerando l’entrata in crisi di fondamentali categorie e di
concetti base come opera chiusa, opera omnia o redazione autentica.
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scientifico, riconvertito dagli storici della musica in compromessi con la pratica musicale: in uno
stato in cui l’idea di rappresentanza nazionale non ha presa se non si riesce a rendere plausibile
una tangibile l’utilità della cosa, le edizioni storico-musicali devono legittimassi come edizioni
pratico-scientifiche, fondate cioè sul sapere scientifico ma che mirano alla prassi.
Per evitare di essere guardata con invidia, la scienza è costretta a presentarsi come funziona
della prassi e, per converso, non si può quasi più immaginare una prassi che non si appoggi alla
scienza. Si guarda tuttavia ormai con sospetto alle “edizioni didattiche” che mirano direttamente
alla prassi senza passare per le vie traverse della filologia.
Il concetto di Urtext ha avuto conseguenze proprio per il fatto di essere rimasto nel vago, e
questo l’ha fatto diventare uno slogan. È difficile tracciare una linea di demarcazione tra
un’edizione Urtext e un’edizione storico-critica. Potremmo definire quest’ultima dal fatto che essa
obbedisce alle regole del metodo filologico; il risultato è un testo “il più possibile” autentico.
Un’edizione Urtext è invece un testo “sufficientemente” autentico, vincolato nella sua redazione
ad una situazione delle fonti in qualche modo favorevole. Rimanendo nell’ambito delle norme
sull’integrità filologica o dell’adeguatezza storica, quindi, si può obiettare poco o nulla contro
integrazioni interpretative in un’edizione storico-critica perchè è l’edizione Urtext che si definisce
per il fatto di rinunciare per principio a integrazioni, limitandosi a ciò che è scritto nell’originale -
nonostante un rapido sguardo mostri come il rigorismo non sia mai stato davvero messo in pratica.
Per capire il principio opposto all’Urtex dell’edizione didattica si deve ricostruire il problema
rispetto il quale esso si presentò come soluzione: i sistemi di notazione musicale sono quasi
sempre incompleti; contengono quelli che Roman Ingarden chiamava “punti di
indeterminazione”. L’integrazione del testo originario può essere compito del curatore, della
tradizione o dell’interprete. Un secondo problema a cui le edizioni didattiche intendono offrire
una soluzione è poi quello per cui le opere musicali non sono indifferenti ai mutamenti del
contesto storico che le circonda. La scelta ricade perciò tra tentare di ottenere con mezzi diversi
un risultato analogo a quello del passato oppure limitarsi tramite un Urtext intatto ad ottenere
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Le imprese editoriali più appariscenti degli ultimi decenni sono gli opera omnia realizzati da
istituti grazie a sovvenzioni pubbliche o parzialmente private. Lo spirito dietro a tale complesso
appare come una variante del pathos nazionale che ispirò i Denkmäler der Tonkust all’inizio del
Novecento. L’idea di un’era della musica tedesca (inaugurata da Bach) appare precaria appena si
abbandonano i sentimenti nazionali: dubbia è la concezione che l’epoca a cavallo tra Settecento e
Ottocento sia stata primariamente quella della sinfonia e del quartetto d’archi, così come quella
che vede il dramma musicale di Wagner come eredità della tecnica sinfonica beethoveniana.
Dietro la serie degli opera omnia sta un pensiero che si sottrae a una critica della tradizione
solo grazie all’apparenza di un’ovvietà propria delle idee istituzionalizzate: la concezione per cui
se non si possiede una cosa nella sua totalità non la si possiede affatto o per cui una selezione si
impone come soggettiva e perciò non scientifica. Ma l’affermazione che la somma delle opere di
un compositore equivalga agli opera omnia non è affatto tautologica. A differenza delle opere
tràdite, essa mira ad un’idea, quella per cui l’insieme delle creazioni di un compositore sia
inscindibile e costituisca il contesto primario sul quale è possibile comprendere la singola
creazione (significa ad esempio che le messe di Haydn vanno considerate innanzitutto in relazione
alle sue sinfonie e solo in secondo luogo in relazione alle messe dei suoi contemporanei). La
fondamentale regola dell’ermeneutica secondo cui bisogna creare vie d’accesso al dettaglio nel
contesto dell’opera fu trasferita da Dilthey al rapporto delle opere tra di loro perchè considerate
espressioni di momenti vitali solo nel contesto dell’intera biografia: gli opera omnia appaiono
quindi come l’opera di un’intera vita da cui non si sottrae nulla, legittimando pertanto il principio
editoriale della completezza. In seno a ciò, il momento biografico è abbastanza forte da integrare
anche le opere secondarie, pure quelle più modeste.
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