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Carboidrati

Chiamati anche glicidi o saccaridi sono le biomolecole più abbondanti sulla Terra. Le sole piante
producono una quantità importante di queste molecole, siano esse semplici come il saccarosio, o
più complesse come la cellulosa e l’amido, trasformando CO2 e H2O con la fotosintesi. La cellulosa
è la biomolecola più diffusa. I carboidrati svolgono funzioni di riserva energetica, di struttura e
altre funzioni che appartengono per lo più ad altri tipi di molecole.
Le funzioni più complesse di carboidrati vengono svolte da molecole più complesse, formate con
l’associazione con molecole di altro tipo, in questo caso si parla di glicoconiugati. Quelli più diffusi
sono le glicoproteine, proteoglicani e glicolipidi.
Le loro funzioni sono riferibili al fatto che la maggiore eterogeneità strutturale consente di
partecipare a dei meccanismi di riconoscimento che avvengono
sulla faccia esterna della membrana cellulare.

Monosaccaridi
Sono i carboidrati più semplici e, da un punto di vista chimico, si
tratta di molecole organiche che presentano più di un gruppo
funzionale. Al loro interno troviamo un gruppo carbonilico
(C=O) che può essere inserito all’interno di un gruppo aldeidico
(aldosi) o chetonico (chetosi); ma questo tipo di gruppo funzionale
non è mai da solo perché si possono trovare anche dei gruppi
ossidrilici -OH.
La formula generale di un monosaccaride è (CH2O)n, dove n>3 e spesso <6.
Il termine “carboidrati” deriva dal fatto che, osservando la formula semplice di un carboidrato, per
ciascun atomo di carbonio è presente una molecola di acqua, anche se questa accezione non può
sempre essere considerata corretta.

Quando una molecola contiene un centro chirale (che viene rappresentato da un atomo di
carbonio legato a quattro sostituenti diversi), se proiettiamo la sua struttura ad uno specchio,
l’immagine speculare non sarà sovrapponibile all’immagine di partenza. Quindi le due strutture
verranno soprannominate enantiomeri.
Osservando lo zucchero aldoso più semplice, la gliceraldeide, ci si rende conto che disponendo i
tre atomi di carbonio su un asse verticale, è possibile scrivere due forme di gliceraldeide, la D-
gliceraldeide (gruppo -OH a destra) e la L-gliceraldeide (gruppo -OH a sinistra). Tra i due
enantiomeri, però, soltanto la D-gliceraldeide viene usata nel mondo vivente e considerata nello
studio della biochimica di queste molecole.
Per quanto riguarda gli aldosi è sempre presente un gruppo aldeidico a livello del carbonio 1,
mentre tutti gli altri atomi di carbonio portano una funzione ossidrilica, per questo motivo gli
aldosi sono definiti come poliidrossialdeidi.
Monosaccaridi aldrotriosi
Sono aldosi con tre atomi di carbonio, a questa classe appartiene soltanto la gliceraldeide di cui
esistono due forme. Il carbonio 1 è un carbonio aldeidico, il carbonio 2 lega un atomo di idrogeno
e un gruppo -OH, il carbonio 3 lega un gruppo -OH e due atomi di idrogeno. Il carbonio 3 NON è un
carbonio chirale perché si lega a due atomi di idrogeno.

Aldotetrosi
Quando prendiamo in esame i monosaccaridi aldosi costituiti da 4 atomi di carbonio il discorso si
complica, perché il quarto atomo di carbonio sarà anch’esso un carbonio chirale. Nel caso del D-
eritrosio i carboni chirali sono due; il carbonio 3, in questo caso, è il centro chirale che definisce la
serie di appartenenza di questo zucchero. All’aumentare del numero di carbonio della catena,
aumenta quindi il numero di carboni chirali e di conseguenza il numero degli isomeri. Per esempio
l’isomero del D-eritrosio è il D-treosio.

Aldopentosi
Quando la catena carboniosa viene ulteriormente allungata, passando a cinque atomi di carbonio,
si ha la comparsa di un altro carbonio chirale. Quello più lontano dal gruppo aldeidico è quello che
definisce l’appartenenza dello zucchero alla serie D. Le quattro molecole si differenziano una
dall’altra per la disposizione dei sostituenti a livello degli altri carboni chirali, il 2 e il 3; e nei
quattro isomeri ottenuti, le disposizioni a livello di questi atomi di carbonio sono diverse. Fra
questi quattro il più importante è il D-ribosio, perché costituisce l’RNA.

Aldoesosi
L’analisi delle molecole monosaccaridiche con sei atomi di carbonio ci mostra come il numero di
atomi di carbonio chirali salga a quattro. Anche qui il centro chirale più lontano dal gruppo
aldeidico definisce l’appartenenza alla serie D.
Gli otto isomeri si differenziano per la disposizione dei sostituenti attorno agli altri carboni chirali.
Come detto prima il numero di isomeri aumenta con l’aumentare dei centri chirali, perciò si può
sapere in anticipo quanti isomeri può avere una determinata molecola usando la formula 2 n, dove
n è il numero di carboni chirali presenti nella molecola. Quindi per gli aldoesosi 2 4=16 isomeri
possibili.
Da questa serie si può notare che il glucosio e il galattosio differiscono l’una dall’altra solo per la
diversa disposizione dei gruppi sul carbonio 4, per questo vengono detti epimeri.

Chetosi
Quando si parla di monosaccaridi chetosi la situazione si semplifica, perché il gruppo carbonile è
sempre posizionato al livello del carbonio 2 ed è minore il numero degli isomeri possibili.
Il diidrossiacetone è la molecola più semplice, infatti non contiene neanche un centro chirale. Ma
la situazione cambia quando si considera il chetoso a 4 atomi di carbonio, l’eritrulosio, dove
compare un carbonio chirale in posizione 3 e possiede un enantiomero della serie L.
Chetopentosi
Qui gli atomi di carbonio chirali sono due, il 3 e il 4. Anche in questo caso il carbonio più lontano al
gruppo chetonico è quello che definisce la molecola appartenente alla serie D. Qui gli epimeri
differiscono per la diversa disposizione dei gruppi -H e -OH legati al carbonio 3, come mostrato in
figura.
Chetoesosi
Valgono gli stessi discorsi di prima. Le quattro molecole si distinguono tra loro per la differenza di
disposizione dei gruppi legati ai carboni 3 e 4. Il più importante tra questi è il D-fruttosio dove la

disposizione dei sostituenti sui carboni chirali è esattamente la stessa del D-glucosio, esse
differiscono solo per il gruppo carbonile in posizione 2 per il fruttosio e in posizione 1 per il
glucosio.

Emiacetali ed emichetali
Quando un gruppo aldeidico o chetonico si trova in presenza di un gruppo alcolico, può accadere
qualcosa di molto particolare. Il gruppo carbonile è fortemente polarizzato, l’atomo di carbonio è
molto meno elettronegativo dell’atomo di ossigeno, per cui il gruppo è polarizzato con un
addensamento di carica positiva sul carbonio e negativa sull’ossigeno. Se è presente nei dintorni
un gruppo -OH, l’atomo di ossigeno può agire come nucleofilo andando ad attaccare il carbonio
carbonilico. Se questa funzione alcolica reagisce con un gruppo aldeidico si forma un emiacetale,
se reagisce con un gruppo chetonico si forma un emichetale. L’atomo di carbonio che portava il
gruppo carbonile in questa nuova molecola diventa tetraedrico e presenta quattro sostituenti
diversi. In questo tipo di reazione, con la formazione di un emiacetale o un emichetale, si genera
un nuovo centro chirale.

Nel glucosio sono presenti numerosi gruppi -OH, questa molecola in soluzione tende a ripiegarsi
per assumere una struttura ciclica e accade che questo gruppo legato al carbonio 5 si trovi nelle
vicinanze del gruppo aldeidico. A questo punto l’atomo di ossigeno del gruppo -OH può dare luogo
ad un attacco nucleofilo sul carbonio carbonilico per formare un emiacetale. Esso possiede una
struttura ciclica, un anello a 6 atomi di cui cinque sono atomi di carbonio e il sesto è l’atomo di

ossigeno del gruppo ossidrile che ha compiuto l’attacco nucleofilo sul carbonio. A questo punto il
carbonio 1 non è più aldeidico ma diventa tetraedrico.
Nel caso di uno zucchero chetoso, prendendo come esempio il D-fruttosio, l’attacco nucleofilo
viene compiuto dal gruppo -OH sul carbonio carbonilico che si trova in posizione 2. La chiusura
dell’anello porta alla formazione di una struttura ciclica a 5 atomi di cui 4 sono atomi di carbonio, e
un atomo di ossigeno coinvolto nell’attacco nucleofilo. Il carbonio 1 e 6 rimangono fuori dalla
struttura ciclica. Anche in questo caso si possono generare due isomeri diversi perché il carbonio 2,
che non era un carbonio chirale, nel momento in cui subisce l’attacco nucleofilo lo diventa.
Per quanto riguarda la nomenclatura le desinenze Piranosio e Furanosio sono termini che si
riferiscono a due eteri ciclici Pirano e Furano, rispettivamente a 6 e a 5 atomi di carbonio. Le

lettere α e β, invece, si riferiscono al nuovo centro chirale che si genera e ciascuna lettera si
riferisce ad ogni isomero. Quindi si dirà che l’α-D-glucopiranosio sarà l’anomero α del glucosio in
forma ciclica (l’-OH legato al carbonio 1 sta sotto al piano dell’anello); il β-D-glucopiranosio sarà
l’anomero β del glucosio in forma ciclica (l’-OH legato al carbonio 1 sta sopra il piano dell’anello).

Quelle in figura vengono chiamate formule prospettiche di Haworth che però non rendono
totalmente l’idea sulla reale struttura degli anelli, perché gli atomi non giacciono tutti sullo stesso
piano. Questa formula piuttosto ci dà indicazioni sulla tridimensionalità, per esempio nel caso del
glucosio gli atomi 2 e 3 sono collegati da un tratto più marcato che poi si assottiglia per indicare
appunto la tridimensionalità. Inoltre tutto ciò che nella formula lineare si rappresenta a destra
della catena carboniosa finisce sotto il piano dell’anello, mentre quello che stava a sinistra finisce
sopra il piano.
I monosaccaridi non sono importanti come tali, ma in natura troviamo dei derivati che possono
svolgere delle funzioni importanti. Talvolta sono sufficienti delle reazioni più semplici per cui alcuni
gruppi, già presenti nel monosaccaride, vengono trasformati mediante aggiunta di altri gruppi
chimici. Alcuni dei derivati più importanti sono i fosfozuccheri, gli amminozuccheri, deossizuccheri
o gli zuccheri acidi.

Fosfozuccheri
Nei fosfozuccheri il monosaccaride reagisce con un gruppo fosfato per dare uno zucchero fosfato
nel quale troviamo un legame fosfoestere tra lo zucchero e il gruppo fosfato. La fosforilazione di
un monosaccaride è una reazione che implica la presenza di un donatore, di solito una molecola di
ATP che cede un gruppo fosfato che viene trasferito e legato allo zucchero fino a formare il
derivato fosforilato dove è presente il gruppo fosfoestere.
La fosforilazione di uno zucchero rappresenta un modo per intrappolare la molecola all’interno

della cellula. Negli amminozuccheri il gruppo ossidrile viene sostituito da un gruppo amminico. La
glucosammina può trasformarsi ulteriormente legando un gruppo acetile a livello del gruppo
amminico e si forma la N-acetilglucosammina.
Amminozuccheri
Un gruppo ossidrile è di norma sostituito da un gruppo
amminico. Gli amminozuccheri si trovano molto spesso nei glicoconiugati. L’esempio più tipico è la
glucosammina, una molecola di glucosio in cui il gruppo -OH legato al carbonio 2 viene sostituito
da un gruppo amminico -NH2. La glucosammina però può trasformarsi ulteriormente in N-acetil-
glucosammina legando un gruppo acetile al gruppo amminico.

Deossizuccheri
L’esempio più noto è il 2-desossi-ribosio, componente fondamentale del DNA. Questa molecola si
ottiene dal ribosio con una reazione che avviene nelle cellule, dove l’-OH in posizione 2 del ribosio
viene sostituito da un atomo di idrogeno.
Esse hanno un certo ruolo nelle cellule del nostro organismo e uno di questi, il fucosio, manca di
un atomo di ossigeno e sono importanti perché si possono trovare nei glicoconiugati.

Zuccheri acidi
Uno zucchero acido può essere formato in due modi. Il primo è che il gruppo aldeidico in posizione
1, di quella piccolissima parte di molecola che non è in forma ciclica in soluzione, può essere
ossidato a gruppo carbossile, così da glucosio si passa ad acido gluconico. Se si ossida invece si
ottiene un estere detto lattone.
Il secondo modo è l’ossidazione a livello del carbonio 6 dove troviamo il gruppo CH 2OH, per questo
c’è bisogno di una doppia ossidazione: la prima per passare ad un carbonio aldeidico e la seconda
per diventare carbossile. In questo caso si forma l’acido glucuronico, che ha molta importanza a
livello del fegato ed essendo molto idrofila può legarsi a molecole idrofobe difficili da eliminare.

Derivati importanti dei monosaccaridi


L’acido N-acetilneuramminico può esistere nella forma lineare e nella forma ciclica. La catena
lineare è a sei atomi di carbonio e la ciclizzazione avviene grazie alla reazione di addizione
nucleofila tra l’-OH del carbonio 6 e il gruppo chetonico del residuo di acido piruvico, quello che si
genera è la forma piranosica. Quindi l’acido N-acetilneuramminico è un doppio derivato perché si
forma sia un amminozucchero che uno zucchero acido, perché contiene un gruppo carbossile
derivato dall’acido piruvico. Questa molecola la troviamo spesso nei glicoconiuati soprattutto nei
glicolipidi, negli sfingolipidi e giocano un ruolo molto importante anche nella caratterizzazione
della superficie cellulare. L’acido N-acetilneuraminico e i suoi derivati sono anche chiamati acidi
sialici.
Oligosaccaridi
Quando due molecole di monosaccaridi, in precise condizioni, reagiscono tra loro il gruppo
ossidrile di una molecola reagisce con il gruppo ossidrile di un’altra e si forma, attraverso una
reazione di condensazione, un legame O-glicosidico. La molecola che si genera e un disaccaride.
Poiché di gruppi -OH ce ne sono tanti è fondamentale indicare la posizione dei gruppi che

reagiscono.
Gli oligosaccaridi più importanti in figura.

Polisaccaridi
Possono essere suddivisi in due grandi classi:
1. Omopolisaccaridi: se sono costituiti da un solo tipo di unità
2. Eteropolisaccaridi: se sono costituiti da due o più tipi di unità
Le due principali funzioni dei polisaccaridi sono quelle di riserva energetica (come l’amido e il
glicogeno), e strutturale (cellulosa e chitina).
Gli eteropolisaccaridi, in particolare i glicosamminoglicani possono avere delle funzioni diverse, si
trovano a livello della matrice extracellulare e sono associati a molecole di natura proteica dove
svolgono un’azione lubrificante o di accrescimento cellulare. La massa molecolare dei polisaccaridi
è molto variabile perché possono essere costituiti in diversi modi.

Amido e glicogeno
L’amido è contenuto nelle piante e accumulato nelle cellule sotto forma di granuli, mentre il
glicogeno, che si trova nelle cellule animali, viene anch’esso accumulato sottoforma di granuli.
Nell’uomo il glicogeno viene accumulato in particolare nel fegato e anche nelle cellule muscolari.
Per quanto riguarda la struttura queste due molecole sono molto simili; l’amido è costituito da due
tipi di molecole, una è l’amilosio, catena polisaccaridica lineare costituita dal ripetersi da unità di
α-D-glucosio legate tra loro da legami α(1-4) glicosidici (che fanno sì che la molecola assuma un
andamento elicoidale nello spazio), lo stesso legame della molecola del maltosio. Il peso
molecolare dell’amilosio è di qualche migliaio di unità molecolari. La seconda molecola presente
nell’amido è l’amilopectina che può avere un peso molecolare molto elevato. Essa presenta delle
ramificazioni, quindi vi sono delle catene sempre costituite da α-D-glucosio, ma ogni 25-30 residui
troviamo una ramificazione che contiene legami α(1-6) glicosidici. Quindi questa molecola avrà
un’estremità di una catena in cui l’-OH legato al carbonio 1 è libero, chiamata estremità riducente.
All’altro capo della catena anche l’-OH legato al carbonio 4 è libero, perciò avremo l’estremità non
riducente. Tutte le volte che si aggiunge una ramificazione si genera una nuova estremità non
riducente al termine della catena. Quindi più ramificazioni ci sono più estremità non riducenti
saranno presenti. L’amilopectina strutturalmente somiglia molto al glicogeno anche se le
ramificazioni in quest’ultima molecola sono molto più frequenti e la struttura è decisamente più
compatta.
Il motivo per cui nelle cellule il glucosio viene immagazzinato sotto forma di glicogeno è perché in
una molecola di dimensioni medie di glicogeno è presente una quantità di monomeri di glucosio
che, se fossero liberi, darebbero una concentrazione di circa 0,4M. Se invece vengono legati al
glicogeno avranno una concentrazione di 10nM. Inoltre, se tutte le molecole di glicogeno fossero
libere, ci sarebbe un problema con la pressione osmotica che sarebbe talmente alta da non poter
permettere alla cellula di vivere. L’altro aspetto è che quando il glucosio viene immagazzinato nel
glicogeno esso viene coniugato ad una proteina, la glicogenina che in soluzione forma dei dimeri
ed ha la funzione di legare il primer del glicogeno, una sequenza costituita da almeno otto
molecole di α-D-glucosio ed è fondamentale affichè la sintesi del glicogeno possa avvenire.
Al centro della molecola di glicogeno vi è quindi la glicogenina da cui si diparte il primer e poi
diverse file tutte intorno con delle ramificazioni. Ogni catena presenta un numero di residui di
glucosio variabile da 12 a 14 e una ramificazione. Quindi vi sono numerose estremità non
riducenti, cioè i siti in cui viene sintetizzato il glicogeno. Nei batteri e nei lieviti sono presenti degli
omopolisaccaridi molto simili all’amido e al glicogeno. Vengono chiamati destrani e si
caratterizzano per la presenza di catene di D-glucosio in cui i monomeri sono legati con legami α(1-
6). Le ramificazioni hanno legami diversi.

La cellulosa ha una funzione strutturale anche se il suo costituente è sempre il D-glucosio presente
però sottoforma dell’anomero β. Alla luce di questo, quando il polimero forma associazioni tra
diverse molecole di β-D-glucosio, i legami che si formano sono β(1-4) glicosidici. Questo fa
differenza perché una catena costituita da β-d-glucosio non assume una forma elicoidale ma
piuttosto una conformazione allungata, questo perché si formano molti legami a idrogeno
intracatenari fra i residui di β-d-glucosio. Queste catene si associano parallelamente formando dei
foglietti, che a loro volta si impilano in modo sfalsato generando delle fibre molto robuste,
resistenti alla trazione meccanica. La cellulosa, a differenza dell’amido, non è digeribile dall’uomo
perché nei nostri succhi gastrici non è presente un enzima in grado di sciogliere il legame β(1-4)
glicosidico.

Chitina
È un omopolisaccaride di origine animale con una funzione strutturale analoga a quella della
cellulosa. In questo caso il monomero costituente è la N-acetil-D-glucosammina, che forma dei
legami β(1-4)- glicosidico. Essa forma delle fibre robuste che costituiscono l’esoscheletro degli
insetti e dei crostacei.
Eteropolisaccaridi
Di questa classe fanno parte i glisocamminoglicani, dei copolimeri costituiti da almeno due unità
monosaccaridiche diverse. Sono molecole in cui spesso sono contenuti dei derivati acidi di
monosaccaridi. La maggior parte di queste molecole entra nella costituzione della matrice
extracellulare. Tutti questi GAG contengono N-acetilglucosammina e molto spesso anche un
residuo acido derivato da uno zucchero. Il più noto di questi eteropolisaccaridi è l’acido ialuronico
in cui si ha una ripetizione di un’unità disaccaradica costituita da acido glucuronico ed N-acetil-
glucosammina. Questa sequenza si ripete più volte fino a formare una molecola molto grande.
L’acido ialuronico possiamo trovarlo in forma libera all’interno del liquido sinoviale delle
articolazioni, nell’umor vitreo dell’occhio o nella matrice extracellulare dove svolge funzione
strutturale.
Oltre all’acido ialuronico ci sono altri GAG più piccoli che sono sempre associati a proteine.
Il condroitinsolfato per esempio, che troviamo a livello delle cartilagini dove conferisce resistenza
ai tendini, è formato da un dimero formato da glucuronato e da N-acetilagalattosammina-solfato.
Analogamente il dermatansolfato lo troviamo più spesso nella pelle, in questo caso il glucuronato
è sostituito da iduronato.
Abbiamo poi il cheratansolfato dove non è presente lo zucchero acido; lo ritroviamo nella cornea,
nella cartilagine e nelle ossa.
Altri GAG sono l’eparansolfato che contiene quantità variabili di zuccheri solfonati e l’eparina.

Eparina
E l’unico GAG che si trova all’interno delle cellule, a differenza degli altri che si trovano nella
matrice extracellulare. In particolare si trova a livello dei mastociti, essa è costituita da un dimero
di iduronatosolfato e acetilglucosammina-3P. Quindi ogni dimero porta cinque cariche negative
che assume una forma a bastoncello. Il ruolo dell’eparina non è noto ma viene usata in
farmacologia come anticoagulante. Questo perché facilita l’interazione tra l’antitrombina, un
inibitore che agisce sulla trombina. L’eparina quindi stabilizza il contatto fra antitrombina e
trombina, questo perché avendo tutte queste cariche negative facilita la formazione di
un’interfaccia tra queste due molecole, perciò la trombina non funzionerà più e la trombina non
riuscirà a formare il coagulo.
Le mucopolisaccaridosi sono patologie ereditarie in cui i mucopolisaccaridi non vengono
correttamente degradati. Fra queste quella più nota è la Sindrome di Hurler o gargoilismo che
causa un deficit di un enzima lisosomiale che è l’alfa-iduronidasi, questa malattia determina
l’accumulo di polisaccaridi. I bambini colpiti sono affetti da nanismo, ritardi mentali, ingrossamenti
di fegato e milza, patologie cardiache e aspetto particolare del volto.

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