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510 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

del seminario, pp. 216-226); una ricchissima Bibliografia (pp. 227-246) e due
pratici repertori (Indice delle cose notevoli; Indice dei passi discussi, pp. 247-255)
chiudono infine la raccolta.

Dip. di Filologia, Letteratura e Linguistica PATRIZIA MUREDDU


Via Is Mirrionis 1, I ñ 09123 Cagliari pmureddu@unica.it

1
Cf. per es. la sua nota ad Op. 524: «it seems possible that this was one version that Hesiod
recited, and that making his written text he conflated it with another, longer one, destroying
some of the organic connections» (M.L. W., Hesiod. Works and Days, Oxford 1978, 289).
2
Sarebbe stato opportuno il riferimento a Eratosthenesí Geography, fragments collected
and trasl. by Duane W. Roller, Princeton-Oxford 2010.
3
Il nome di Lilah Grace Canevaro [ abbreviato in bibliografia come ëCanevaroí, forse in
s^guito ad uníerronea lettura del surname Grace come first name.

P. Artemid. e i suoi avvocati

CLAUDIO GALLAZZI-B1RBEL KRAMER-SALVATORE SETTIS (edd.), Intorno al Papiro di


Artemidoro, II. Geografia e Cartografia. «Atti del convegno internazionale del 27
novembre 2009 presso la Societa Geografica Italiana, Villa Celimontana, Roma»
(«Colloquium»), Milano (LED) 2012, € 38,00, ISBN 9788879165082.

GIANFRANCO ADORNATO (ed.), Intorno al Papiro di Artemidoro, III. I disegni. «Atti


del convegno internazionale del 4 febbraio 2011 presso il Gabinetto Disegni e
Stampe degli Uffizi, Firenze» («Colloquium»), Milano (LED) 2016, € 34,00, ISBN
9788879167574.

La questione artemidorea, a quanto pare, [ chiusa: il papiro [ autentico, secondo


una communis opinio ormai conclamata e ormai globale, in un quadro sorprendente
che vedrebbe «líItalia schierata contro il resto del mondo». Cosg annunciava, nella
primavera del 2013, un informato reportage giornalistico inteso ad accompagnare,
con qualche clamore, líuscita del primo dei due volumi qui discussi (díora in poi,
rispettivamente, Int. P. Artemid. II e III) 1. Insieme, esso dava conto dei saggi editi
in «Historia» del 2012, per le cure di J. Elsner2, nonch^ dei contributi forniti da
D. Rathbone in «CR» n.s. LXII (2012) 442-448. Gli stessi sottintesi del reporta-
ge j questione acclarata, autenticita manifesta, residui dubbi pressoch^ risibili j
trapelano a ogni riga della recensione che a Int. P. Artemid. II ha dedicato, pochi
mesi dopo, I. Paykn Leyra, «BMCR» (2013.9.15)3.
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Nello stesso periodo, tuttavia, altro accadeva. Innanzitutto, ad affinare la nostra


conoscenza di Costantino Simonidis intervenivano due importanti pubblicazioni,
utilissime per precisare líidentikit culturale del falsario che a P. Artemid. = piaccia
o no ñ lega ormai indissolubilmente il suo nome4. Poi, proprio nel lasso di tempo
intercorrente fra i due convegni di cui Int. P. Artemid. II e III raccolgono gli atti,
contro líautenticitB del reperto si esprimevano sia R. Janko, sia il Brill New Jacoby,
dove líedizione dei frammenti artemidorei F a firma di T. Banchich5. Intanto, un
esperto di falsificazioni come A. Grafton aveva aperto sul nome di Simonidis, e
chiuso sul P. Artemid., la voce Forgery di un importante reference work co-edito
proprio con S. Settis6. Di lN a poco, nellíottobre del 2014, il travagliato P. Arte-
mid. = respinto a suo tempo dal Museo Egizio di Torino ñ avrebbe trovato albergo
presso il Museo delle AntichitB della stessa cittB, dove tuttora gode di una riservata
e assai sontuosa sede espositiva; ma le didascalie ivi esibite lasciano del tutto im-
pregiudicata la paternitB dellíopera, concedendo pari spazio e pari probabilitB alle
attribuzioni in gara (Artemidoro di Efeso, Costantino Simonidis). Una scelta che
si giudicherB, a piacere, pilatesca o salomonica; una scelta che dice bene, in ogni
caso, quanto sia prematuro e unilaterale evocare un consolante consensus doctorum.
E a proposito di scelte improntate a saggia cautela, merita díessere ricordata
quella compiuta per la terza edizione del Vocabolario della lingua greca di F. Mon-
tanari (GI3), che ha visto la luce nel 2013. Pur arricchito di ca. 750 nuovi lemmi,
il GI3 non include nemmeno uno dei nova verba elargiti da P. Artemid., n[ prende
in considerazione come ci si attenderebbe i suoi numerosi proton legomena, bench[
in molti casi essi retrodatino di secoli ñ se si crede allíautenticitB del reperto ñ
terminologia fin qui attestata esclusivamente da autori patristici o bizantini: ma nel
vocabolario il papiro F messo a frutto solo per i lemmi ]^_`__`aÌc/]^_`__`aÔc
(dove P. Artemid. I 22s. compare accanto a Erone) e ]_fg^]`hf_iÛkc (dove F
menzionato solo P. Artemid. I 37, e non le occorrenze eustaziane di Serm. 11,23,
p. 66,7s. T. e 13,34, p. 96,79 T.). Di poco pim generoso, del resto, F il Supple-
mentary Lexicon of Ancient Greek del progetto WiP (Words in Progress, <http://
www.aristarchus.unige.net/Wordsinprogress/it-IT/Home>), dove da P. Artemid. si
traggono anche i lemmi stfuvwicx, ]fyz{Ô_`{afx e ]_f]y|gi^˜c. Tali scelte
colpiscono in modo particolare, perch[ proprio al meritorio editore di GI1-3 e di
WiP si deve un meticoloso esame delle novitB lessicali offerte da P. Artemid.:
novitB da lui considerate pienamente fededegne7.
La questione F aperta, dunque, pim che mai; F aperta sul piano scientifico e
non solo, visto che nel novembre 2015 al papiro e al suo acquisto ha dedicato
non un saggio, bensN un fascicolo díindagine, la Procura di Torino; indagine poi
archiviata per intercorsa prescrizione dei reati ipotizzati8.
Ma stiamo alla scienza ñ al cui fianco P. Artemid. invita a gza|€caÛg|gv|`
(I 12s.) = e vediamo in che modo vi contribuiscano i due volumi che completano, a
distanza di otto anni, la serie dei convegni che gli editori principi vollero dedicati
al controverso reperto9.
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Iniziamo dal primo e pi0 ricco, Int. P. Artemid. II.

Nella Premessa (pp. 7-10) i tre Curatori registrano con asciutta obiettivitA il moltipli-
carsi delle ipotesi che, su buone e spesso ottime basi, mettono in crisi líunitarietA tematica
del papiro, la sua natura di prodotto librario de luxe, líintero assetto ricostruttivo proposto
nellíe.p., a cominciare dallíordinamento dei frammenti di cui il manufatto consta: oggi lío-
pinione largamente dominante F che le cc. IV e V, con relativo corredo di disegni anatomici,
debbano precedere e non seguire le cc. I-III, con relativo corredo di volti barbati, sicchH
avremmo una singolarissima suite formata da una ëmappaí, un estratto ëartemidoreoí (cc.
IVs.), plurimi disegni a soggetto umano, un testo geografico di tonalitA proemiale (cc. I-III)10.
Di fronte a una simile rivoluzione del volumen K che di fatto demolisce anche la teoria delle
ëtre viteí toccate al papiro K i Curatori enfatizzano ora «il carattere volutamente, nettamente
sperimentale» dellíe.p. (p. 8, corsivo loro), i cui pilastri appaiono in effetti ormai minati,
per non dire crollati. Appena due anni prima, nel 2010, C. Gallazzi e B. Kramer (F5nfzehn
Monate Diskussion 5ber den Artemidor-Papyrus, in Gallazzi-Kramer-Settis-Soldati, Intorno
al Papiro cit. 169-242) si mostravano assai meno arrendevoli di fronte alle ricostruzioni
alternative, e ideavano complesse contro-ipotesi per salvare il salvabile: in particolare, sup-
ponevano che il papiro potesse essere stato smontato e rimontato pi0 volte, con ondivaga
ricollocazione delle sue sezioni; e reagivano con energia a chiunque vedesse in P. Artemid.
un florilegio di excerpta pi0 o meno stravaganti, di diversa origine e paternitA. Oggi invece
si ammette con serenitA che il papiro possa avere un «carattere di antologia miscellanea o di
composita prova editoriale» (p. 9). La sobrietA non inganni: la concessione F notevolissima.
Apre la serie dei contributi il saggio di D. M(arcotte) (Dal testo alla mappa. Che cosa
leggiamo di Artemidoro nel papiro?, pp. 21-31), che F in parte la riproposizione, in lingua
italiana, di un importante e problematico saggio edito nel 201011. Per lo studioso i dubbi
prevalgono di gran lunga sulle certezze. M. non crede che P. Artemid. possa essere consi-
derato un libro di lusso (p. 22): vieta di pensarlo, a suo avviso, la disinvoltura con cui il
copista varia numero e lunghezza dei righi nelle cc. IV-V, per ridurre líingombro del testo.
Egli rinuncia a comprendere le indicazioni numeriche poste (da mano diversa da quella del
recto) in basso a sinistra rispetto alla mappa, nellíerratico ëfr. bí (p. 23), ma non si sente
di escludere líeventualitA che «un editore del tempo di Strabone o di Plinio» concepisse il
progetto, apparentemente anacronistico, di un testo geografico inframmezzato da mappe, non
relegate ñ come sarA ancora ovvio per Tolemeo ñ in un apposito rotolo a parte (pp. 26s.).
E tuttavia, circa il contenuto delle cc. IV-V, la cauta ipotesi cui M. perviene F che esse
non siano nH líesordio, nH un estratto dal II libro dei Geographoumena artemidorei, bensa
una compendiosa scheda volta ad accompagnare, a guisa di didascalia, la relativa mappa,
sul tipo della Õcdefgh jkhglgm˘opq (Ptol. Geogr. VIII 1,2) attestata per la tradizione
tolemaica ad accompagnamento dei pinakes cartografici. In questa prospettiva, ipotizza
M., «conviene rovesciare il rapporto tra la carta e il testo e ritenere questíultimo la nota
esplicativa di quella» (p. 31). Solo che non avremmo qui una Õcdefgh jkhglgm˘opq
díautore, ma «un compendio nella forma di schede, che negli ultimi decennr avanti Cristo
o nei primi decennr della nostra era circolava giA accanto allíArtemidoro completo» (p.
30). Non solo: se va accolta ñ come M. inclina a credere ñ la dispositio dei frammenti
suggerita da Nisbet, Bastianini e DíAlessio (oo.cc.) avremmo qui la ëscheda riassuntivaí
di una mappa a noi non pervenuta, che doveva seguire le attuali cc. IV-V e occupare lo
spazio ora riempito dai disegni anatomici. E il contenuto delle attuali cc. I-II, a loro volta
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dislocate verso il fondo del rotolo? Si tratterebbe di «un compendio del libro I di Artemi-
doro» sollecitato dalla ëscheda riassuntivaí allegata alla mappa (p. 31). In sostanza, ecco la
forma originaria del reperto che cosE si delinea: una scheda riassuntiva perduta a commento
della mappa superstite; la mappa superstite, a soggetto ignoto; le attuali cc. IV-V, scheda
riassuntiva di una mappa perduta o mai disegnata (evidentemente assai estesa, se essa
corrispondeva allo spazio bianco ora occupato dagli schizzi anatomici). Questa sequela di
schede-didascalie avrebbe ispirato líattuale ëproemioí, in realtK compendio del l. I, anche se
non L chiaro dove M. lo collocherebbe: se si segue DíAlessio, dopo il sunto del l. II, il che
appare assai difficile da spiegare. La stesura di un consimile, abnorme manufatto sarebbe
«stata interrotta per qualche ragione che converrebbe capire» (p. 31), L la circospetta (o
lapalissiana) conclusione di M., che cosE, pur non escludendo la teoria dei multipli riusi,
demolisce per via aporetica quasi ogni certezza sancita dallíe.p.
Di passaggio, lo studioso si sofferma su uno dei luoghi che piP hanno impegnato le
fazioni in lotta sul terreno artemidoreo: P. Artemid. IV 13s., dove si includono nella seconda
provincia iberica (líUlterior) QÏ STQÏ UVWXQTYÛTY [ÌYQT. Come si sa, su questo punto
il papiro introduce uníonerosa addizione al testo artemidoreo (fr. 21 St.) noto via Const.
Porph. Adm. imp. 23, dove ci si limita a includere nellíHispania Ulterior QÏ `ÔbcX Ö Qef
UVWXQTYÛTf. Canfora ha notoriamente riscontrato qui un rovinoso anacronismo del ënuovo
Artemidoroí, che configurerebbe una conquista totale della Lusitania non avvenuta, in realtK,
prima dellíetK augustea12. In risposta a Canfora, líanacronismo L stato attenuato sul piano
linguistico (Artemidoro si esprimerebbe in termini generici, senza implicare alcuna conquista
generalizzata dei territori lusitanici) o negato sul piano storico (la penetrazione romana in
Lusitania fu assai avanzata ben prima di Augusto, e celebrata dalle fonti romane come un
assoggettamento sostanziale di tutta líarea)13. M., da parte sua, persevera sulla via dellíat-
tenuazione linguistica, e traduce «tutto il paese dalla parte della Lusitania» (p. 28), «tutto
cih che L dalla parte della Lusitania» (p. 29), precisando che «il paese in questione non L
designato come una entitK ben distinta (non troviamo líespressione ìtutta la Lusitaniaî)»
(ibid.). Con cih, perh, M. entra in contraddizione con la traduzione da lui stesso fornita per
líaffine lmf QnY STQÏ oÌpqXcT Qı[mY (IV 1s.), «alla regione di Gadeira» (p. 27). Ben
difficile che, a distanza di poche righe, la stessa perifrasi designi ora un certo luogo nel suo
insieme, ora indeterminate aree prossime a (o ëdalla parte dií) un certo luogo; QÏ STQÌ +
toponimo L perifrasi spesso equivalente al toponimo stesso (cf. per es. Polybios-Lexikon, I/3,
bearb. v. A. Mauersberger, 2 verb. Aufl. v. H. Helms, Berlin 2006, 1280 s.v. STQÌ), sicch{
QÏ STQÏ UVWXQTYÛTY dovrK «indicare nullíaltro che la semplice Lusitania» (Porciani, o.c.
222). «La Lusitania tutta», perh: «toute lí{tendue de la Lusitanie», come intende Moret in
questo stesso volume (p. 48). A quanto pare, il passo continuerK a dare del filo da torcere
ai suoi interpreti, e cih per una ragione alquanto banale: se ne puh attenuare o sfumare
il senso quanto si vuole, ma rimane il fatto che esso pone problemi non suscitati, invece,
dal suo presunto estratto o abreg; riemergente, molti secoli dopo, nella compilazione del
Porfirogenito. In casi simili, la domanda che si impone L naturalmente: utrum in alterum?
Ancor piP scettico il contributo di P. M(oret) (La figure de líIb;rie díapr@s le papyrus
díArt;midore. Entre tradition hell;nistique et mise en place díun sch;ma romain, pp. 33-84).
Dopo aver chiarito che lí«{loge amphigourique» della geografia (c. I-III) non puh essere
di Artemidoro, e che le cc. IV-V potrebbero essere attribuite tanto ad Artemidoro, quanto
a un suo «abr{viateur» (p. 34), M. non risparmia la discussa ëmappaí: non una rappresen-
tazione dellíIberia, n{ díaltre macro-aree dellíecumene, ma al piP una mappa regionale o
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locale, forse eternante il delta del Nilo (pp. 40-43). Dunque, «force est [Ö] díadmettre que
le papyrus est un document composite, hDtDrogFne, y compris dans sa partie gDographique,
et que la carte nía pas de rapport direct avec le texte qui le suit» (p. 44). Non F ammettere
poco. Nel sDguito, M. si misura con notori punti dolenti della questione artemidorea: perchD
líautore del papiro fa giungere il ëmare nostroí ben oltre lo stretto di Gibilterra, fino al
luogo (Cadice) dove Artemidoro collocava le Colonne díErcole (IV 32-37)? «Il y a lW une
vraie difficultD», ammette M. E perchD la somma degli stadiasmoi parziali forniti dal papiro
contraddice, talora sonoramente, le misure totali riferite come artemidoree per via indiretta?
Particolarmente sensibile, fra tali discrasie, quella relativa alla distanza Pirenei-Cadice: 7084
stadi per il papiro, ma solo 6700 ca. per líArtemidoro noto a Plinio e ad Agatemero (fr. 1
St.). I problemi appaiono ben posti, ma le soluzioni deludono. Nel primo caso, M. pensa a
una veniale brachilogia (pp. 58s.); nel secondo, egli ipotizza uníibrida, tacita mistione di
misurazioni ora marittime, ora terrestri, e ñ entro questíultime ñ fra misurazioni condotte
ora su strade dellíentroterra, ora su strade costiere (pp. 63-66)14; e pazienza se Artemidoro
parla espressamente di paraplous (V 14s.): il termine sarebbe impiegato «par inertie du
vocabulaire gDographique» (p. 65). Certo, si stenta a credere che un simile pasticcione
abbia potuto godere, per secoli, di tanto credito: forse per questo M. fa sua, da ultimo,
líidea di Marcotte, secondo cui avremmo qui una ëscheda riassuntivaí estratta dal l. II e
volta ad accompagnare una carta del territorio (pp. 68s.). Inevitabile chiedersi: queste e
altre sommarietW espositive non risultano ancor meno comprensibili in un sunto di carattere
didascalico e funzionale? O forse si sottintende che la scheda non vada imputata allíautore,
bens` al suo disinvolto abbreviatore? Cos` sembra pensare M., che pure non si esprime con
chiarezza, ma nel papiro riconosce «un reflet fiable (quoique probablement condensD et
sDlectif) du contenu du livre II des Geographoumena» (p. 69). Dobbiamo dunque ipotiz-
zare un epitomatore assai scadente, che avrebbe tralasciato líessenziale (per es. le misure
complessive della penisola e delle sue province!) e selezionato assai confusamente il resto
(generando ambiguitW, per es., circa lo stesso confine fra lato mediterraneo e lato atlantico).
Ma le manchevolezze del papiro c di Artemidoro, del suo «abrDviateur», di altri in-
termediari c non sono finite. Ulteriori e non meno gravi ne ipotizza M. Paz Garcea-Bellido
(Presencias y ausencias en el Papiro de Artemidoro. Un error de copista, pp. 85-101), che
legittimamente si interroga sulle troppe omissioni che contrassegnano il «rgpido periplo»
della costa ispanica: omissioni di cittW talora rilevantissime che ñ argomenta líautrice c si
conciliano soltanto con «un corte, una seleccihn» dellíArtemidoro autentico (pp. 88s.),
piuttosto raffazzonata nei contenuti e piuttosto scadente nella forma. Il terzo incomodo
(líepitomatore) gode di un certo credito, come si vede: resta da spiegare come mai una
presunta epitome cos` prossima allíakme dellíautore mostrerebbe tante analogie, e spesso
totale identitW, con quella realizzata da Marciano diversi secoli dopo; un felice caso di
poligenesi indipendente, forse, reso ancora pii strabiliante dal fatto che il sunto antico si
trovi esattamente a inizio di colonna, e anzi ñ rimontati ormai i frammenti in altro modo ñ
a inizio di papiro. Ma supporre un epitomatore non basta, e non mancherebbero, secondo
líautrice, guasti meccanici: nel descrivere la costa dopo il fiume Baetis (V 29-31), il copista
sarebbe incorso in un saut du m8me au m8me che avrebbe inghiottito, fra Onoba e Mainoba,
le cittW di Balsa e Ossonoba, oltre alle foci dellíAnas. Ipotesi a suo modo ingegnosa, ma F
bene ricordare che líautore di P. Artemid. potrebbe essere stato ingannato dalle sue fonti:
contrariamente a quanto suggerisce la non limpida sinossi di Paz Garcea-Bellido (p. 91), nD
Strabone, nD Pomponio Mela, nD Tolemeo potevano dargli certezze sulla sequenza Onoba-
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Balsa-Ossonoba-Mainoba. Strab. III 2,5 reca infatti 89Ú ;<=>9 89Ú Ü@ı<=>9Ü 89Ú B9Û<=>9,
mentre Pomp. Mel. 3,7, Plin. Nat. IV 116 e Ptol. Geogr. II 5,2 menzionano insieme Balsa
e Ossonoba, ma senza porle in immediata relazione di contiguitO con Onoba (ricordata a
parte da Ptol. Geogr. II 4) o con Mainoba, ricordata solo nel citato passo straboniano. In
questíultimo, <∆@>@ı<=>9 X sicuro restauro di Vossius sulla base del toponimo fornito da
Mela, Plinio e Tolemeo, e nessun editore odierno esita ad accoglierlo15. Líespunzione del
corrotto 89Ú Ü@ı<=>9Ü era per[ sostenuta da Adamantios Korais, il cui Strabone (1815-
1819) fu un rilevantissimo prodotto di quella renaissance neoellenica della geografia che
tanto influenz[ Simonidis16.
Quanto alla ratio della selezione che interesserebbe (con o senza omissioni di copisti)
questa sezione del papiro, Paz Garcda-Bellido ritiene che líautore-redattore di P. Artemid.
abbia inteso privilegiare centri urbani di consistente peso commerciale: ipotesi alquanto
aleatoria, dal momento che di alcune cittO omesse non si pu[ certo negare il rilievo eco-
nomico, di alcune incluse ñ minime o altrimenti sconosciute, come Mainoba, Ipsa o Cilibe
ñ non si pu[ affermarlo. Non molti, temo, riconosceranno a cuor leggero in P. Artemid.
una sorta di brochure per mercanti (egiziani?), curiosamente interessati a cittO e cittadine
oltre le colonne díErcole assai pik che a quelle delle coste mediterranee (contro gli ovvi
consigli marittimi e mercantili di Strab. III 2,5); una brochure confezionata per[ da un
copista sbadato, che salt[ diversi chilometri di costa; e ñ chissO perchm ñ impreziosita da
un farneticante elogio della geografia.
Rincara la dose A. Guerra (La documentazione sullíantica geografia della costa
lusitana e il papiro di Artemidoro, pp. 103-114), che ad Artemidoro imputa sorprendenti
confusioni ed errori, inter alia circa le ubicazioni di Ipsa e Kilibe e del fiume Anas. Per
simili svarioni Guerra ammette di non intravedere «una spiegazione soddisfacente»; ma
«gli errori degli autori antichi sono abbondanti e non sempre facili da spiegare», chiosa
bonariamente líautore, e tutto sommato tante «imprecisioni» gli sembrano compatibili con
una «cronologia tardo-repubblicana per il testo in esame»: con uníepoca, cioX, in cui le
aree transgaditane erano ancora poco note (p. 110). Ma Artemidoro poteva vantare una
conoscenza autoptica anche di quelle aree, nonchm della costa atlantica e cantabrica (con
buona pace del P. Artemid., che in V 44s. implicitamente lo nega): cf. C. Schiano, Artemi-
doro di Efeso e la scienza del suo tempo, Bari 2010, 27-33 e 93-139. Quindi gli addebiti di
Guerra appaiono assai seri, visto che egli non invoca ipotetici intermediari (sunteggiatori
o copisti): tutto qui ricade su Artemidoro in persona. Da registrare ñ in questo, come nel
successivo contributo di F. Motta (Valutazione della toponomastica preromana nel Papiro
di Artemidoro, pp. 115-138)17 t líampio spazio concesso alle menzioni di Ipsa e Cilibe
quali argomenti contro la falsificazione: come se il dibattito in merito non fosse stato lungo,
combattuto, complesso, e tale da rendere almeno arrischiato invocare ancora i due toponimi
quali prove patenti di autenticitO18.
Se gran parte dei contributi imputano a P. Artemid. mende gravi, un avvocato ecce-
zionalmente benevolo si rivela J. E(ngels) (Artemidoros of Ephesos and Strabo of Amasia,
pp. 139-155), che non toglie ad Artemidoro nemmeno il cosiddetto ëproemioí, contestato
ñ egli scrive ñ da «some scholars [Ö] albeit in my opinion without convincing arguments»
(p. 144). I «some scholars», come X noto, sono tanti e autorevoli: ormai una consistente
maggioranza, alla quale gli stessi editori principi concedono oggi pik di una ragione (cf.
supra p.  512). Líautore del proemio X stato via via giudicato uno scrittore ëamatorialeí
(P. Parsons), «an aspiring Hellene in the provinces» (S. Colvin), «somebody who is not in
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complete control of correct Greek» (G. DíAlessio), «an ancient non-Greek» (D. Rathbone),
un ëasinoí piB che un ëasianoí ovvero «uno scolaretto alle prime armi, probabilmente non
esperto della lingua greca» (R. Tosi), e cosG via19; in questo stesso volume, la paternitK
artemidorea dello strampalato testo L negata da Marcotte e Moret (cf. supra pp. 512-514),
cosG come da Prontera e Hammerstaedt (cf. infra pp. 517 e 521). Dispiace, quindi, che E.
non riveli i contro-argomenti che egli opporrebbe ai poco convincenti argomenti altrui: il
rinvio alle analisi di Lucarini non serve a nulla, visto che Lucarini si limita a riaffermare,
su esili basi, la legittimitK di un ëproemio al mezzoí20, e visto che piB di recente lo studioso
ha ritrattato la sua opinione sulla paternitK artemidorea del disputato ëproemioí21; ancor
meno utile, se non controproducente, un rinvio alle analisi di D. Sedley, che nella contorta
prosa delle cc. I-III coglie sofisticati concetti di matrice medio-platonica22, laddove E. pensa
invece ñ e non meno incredibilmente ñ a un discorso di carattere divulgativo («written with
a view of a wider audience», p. 144), in barba alle indecifrabili oscuritK del testo: chiaro
che i presupposti dellíuna e dellíaltra tesi fanno a pugni. Purtroppo, líassenza di argomenti
L una cifra generale, nelle compilatorie pagine di E.; e quando egli tocca davvero il tema
annunciato dal titolo ñ ci^ che avviene solo nel finale _ si resta ancor piB delusi. Perch`
Strabone, nei suoi lunghi e impegnati prolegomeni, eviterebbe di misurarsi con Artemidoro
sul tema dei rapporti fra geografia e filosofia? Líincomprensibile silenzio L stato impugnato
da molti come prova della paternitK palesemente non artemidorea di P. Artemid. I-III23.
Engels sbriga la questione cosG: «Strabo [Ö] would not like to share with Artemidoros the
prestige of having dignified geography as a complex and even philosophical discipline» (p.
145). Su questo punto lo studioso sembra dipendere ñ pur tacitamente ñ da una tesi espressa
dubitanter da Lucarini (o.c. 128s.): Strabone avrebbe ritenuto Artemidoro «non [Ö] degno
di stare accanto a Polibio e Posidonio». Ora, si sa che Strabone _ in ci^ influenzato dalle
critiche di Posidonio _ tratta Artemidoro come non filosofo (cf. in sintesi Schiano, o.c.
19-27), ma proprio perci^ líeffuso philosophari di P. Artemid. dK luogo a un problema
formidabile, sia che si invochi il disprezzo (Lucarini), sia che si ipotizzi invidia, come
ora fa E. Al di lK dellíingenua strategia che cosG si attribuisce a Strabone (se si crede a P.
Artemid., non si pu^ pensare che un proemio cosG autorevole si potesse sottacere con tanta
disinvoltura), la tesi genera piB problemi di quanti ne risolva: perch` mai il geografo di
Apamea avrebbe ostentatamente ignorato il predecessore nel suo proemio, per poi citarlo
tanto spesso nel s`guito dellíopera, e talora in termini cosG elogiativi? Per converso, se il
suo atteggiamento era davvero cosG ostile, perch` Strabone non avrebbe colto líoccasione
per polemizzare con il collega di Efeso, come altrove egli fa senza remore (cf. e.g. Strab.
III 5,7 = Artemid. fr. 14 St.,V 2,6 = fr. 48 St., XVII 1,18 = fr. 87 St.)? E se tale era il suo
disprezzo per Artemidoro a paragone di Polibio e Posidonio, perch` altrove egli corregge
via Artemidoro Polibio (cf. e.g. Strab. VIII 8,5 = Artemid. fr. 59a St.) o Posidonio (Strab.
XVII 3,10 = Artemid. fr. 79 St.)? Domande senza risposta: il silenzio di Strabone L e ri-
mane imbarazzante, specie se si pensa al misto di rispetto e supponenza con cui Strabone
tratta di norma tutti i suoi predecessori, mai evitando il confronto24. Del resto, il rapporto
P. Artemid.-Strabone genera almeno uníaltra difficoltK poderosa, che E. non cela ma fret-
tolosamente accantona: «Straboís quotations clearly show the very rich and varied content
of the original version of the Geographoumena», e per^ tanta ricchezza tematica «is not
particularly well illustrated by the new fragmentary text on Iberia in P. Artemid.» (p. 154).
l il meno che si possa dire: líArtemidoro del papiro ha ben poco in comune con líArtemi-
doro letto da Strabone. Ma E. nulla spiega e nulla ne deduce: egli serenamente constata.
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 517

Lo stesso atteggiamento, diciamo cos1, ëconstatativoí, caratterizza anche il saggio di


F. Mittenhuber (Gemeinsamkeiten und Unterschiede in den geographischen Werken des
Artemidor und des Klaudios Ptolemaios, pp. 157-174). La studiosa si limita a passare in
rassegna, senza spiegazioni di sorta, sporadiche somiglianze e consistenti differenze fra P.
Artemid. e Ptol. Geogr. II 4-6 (pp. 167-169). Mittenhuber, del resto, condivide con Engels
la placida accettazione del ëproemioí come testo artemidoreo: esso ñ azzarda la studiosa ñ
potrebbe essere stato rivolto a un pubblico romano, non ancora aduso agli studi geografici
(p. 159). Aduso al greco s1, perL: e il problema non si evita. NN Engels, nN Mittenhuber,
peraltro, sembrano aver preso atto che il ëproemioí ñ in sNguito alla nuova ricostruzione di
Nisbet, Bastianini e DíAlessio (oo.cc.) ñ Q diventato una ëpostfazioneí: sullíordinamento
dei frammenti nessuno dei due si pronuncia, sicchN entrambi sembrano fermi alla vulgata
del 2006-2008. Solo sulla mappa Mittenhuber nutre qualche perplessitW, salvo risolversi per
líipotesi di uníopera tardivamente arricchita del suo corredo cartografico: un caso eccezio-
nale per il quale líautrice adduce esempi di VI sec. (il Dioscuride viennese) o addirittura
di XVI (pp. 172s.).
Di tuttíaltro vigore e rigore il saggio di F. P(rontera) (Carta e testo nel papiro di
Artemidoro, pp. 175-184), certo il piZ severo del volume: il piZ severo e, mea quidem sen-
tentia, il piZ lucido. P. Artemid. sembra a P. un prodotto dilettantesco che racchiude, al piZ,
qualche labile traccia di dottrina artemidorea. Il duro verdetto coinvolge, allo stesso tempo,
mappa, ëproemioí e sezione geografica. La presenza della cosiddetta ëmappaí sembra a P.
ingiustificabile alla luce di tutto ciL che sappiamo del rapporto testo-carte nella geografia
antica: lo studioso, che rifiuta con decisione le pur caute ipotesi di Marcotte (cf. supra
pp.  512s.), invita a dismettere ogni tentativo di identificare líoggetto di una rappresenta-
zione che «non mostra alcun rapporto nN con il testo che la precede nN con il testo che la
segue» (p. 177). Nella ëmappaí ñ o «map-like graphic», come ora la chiama Rathmann (o.c.
351) a sono state a piacere riconosciute la penisola iberica (tutta) o una sua area, la Gallia
meridionale, líisola di Cipro, la foce del Nilo (cf. supra pp. 513s.), addirittura la piantina
di una villa privata (cf. qui sotto)25. Una sorta di ëRorschach cartograficoí, insomma, in cui
ciascuno vede quel che vuole; e bene fa P. a biasimare questa ridda di opinioni gratuite
che egli definisce un «tiro a segno nel buio» (p. 177 n. 5).
Quanto al ëproemioí, P. afferma senza esitazioni che «ogni tentativo di parafrasare in
termini comprensibili il contenuto delle prime colonne si scontra con la lettera del testo
greco» (p. 181); e, per quanto i frammenti artemidorei non lascino riconoscere nel geografo
di Efeso «un grande ingegno», «questo non significa che Artemidoro non sapesse scrivere in
maniera comprensibile» (p. 182); parole che suonano salutari dopo le acritiche accettazioni
del testo su cui ci siamo soffermati (e basti, su ciL, un rinvio alla migliore analisi di dettaglio,
quella impietosa di Tosi, o.c.). Quanto alla sezione geografica, P. non Q disposto a chiudere
un occhio sulla sommarietW complessiva dei dati forniti, nN sulle difformitW fra P. Artemid.
e líArtemidoro noto26; di passaggio, egli ne sottolinea una notevolissima, che merita tutta
líattenzione necessaria. Si tratta di P. Artemid. V 30, giW al centro di aspre discussioni. Nelle
prime letture fornite dagli editori, la somma delle distanze parziali in V 26-36 sembrava
contraddire sonoramente la distanza complessiva fra Cadice e il Promontorio Sacro attribuita
ad Artemidoro da Strab. III 2,11. Il testo canonizzato dallíe.p. riconosce perL uníespunzione
del copista in c. V 30 (hijkl): tale espunzione ñ come si potrW verificare tramite le im-
magini digitali annesse allíe.p. ñ appare frutto di una divinatio pressochN portentosa; certo
essa risulta provvidenziale, perchN, con la sottrazione di ben 600 stadi, i conti sembrano
518 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

finalmente quadrare: otteniamo infatti 1700 stadi, «líesatto importo che Strabone attribuisce
ad Artemidoro» (Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 97)27. Ragionamento fallace, obietta ora P.: il
modo in cui Strabone si esprime (III 2,11 = Artemid. fr. 11 St. MNÙP √R [scil. Eratostene]
VNWXYÛ[\N]P ^RW_`Ôb\R cdÚ WdfWd gXh[iP `ÔbXjkdÛ lmj_R ÕMí dÃW]f cdkÌMXN cdÚ
WÙ ^MÙ qd[XÛN\R rMÚ WÙ sXNÙR ^cN\WtN_]R [_ÌjWmYd ^MÔuX_R vYXNiR MÔRWX M`]fR,
]Ã M`X_ıR\R ƒRW\R ¢ u_`Û\R cdÚ zMWdc]jÛ\R jWd[Û\R) fa chiaramente intendere che Ar-
temidoro non forniva stime esatte, ma valutazioni prudenti: «per Artemidoro ìnon sono pi}
di 1700 stad~î (vale a dire: sono al massimo 1700)» (p. 179, corsivo dellíautore). Dunque,
conclude P., «la nuova lettura delle cifre non pu essere [Ö] portata come prova per attribuire
ad Artemidoro le colonne descrittive del papiro» (ibid.). Esplicitiamo la diagnosi: la «nuova
lettura» attribuisce a P. Artemid. una nuova contraddizione, perchƒ se in V 26-36 avessimo
il passo di Artemidoro noto a Strabone, mai questíultimo avrebbe attribuito al predecessore
una stima sommaria; se invece Artemidoro si esprimeva contro Eratostene in un contesto ben
pi} articolato ñ e tutto porta a crederlo ñ perchƒ mai qui, in un periplo ësinteticoí, sarebbe
giunto a una stima tanto precisa, mentre altrove, in un luogo strategico come una polemica
con líillustre collega, si sarebbe accontentato di una valutazione di massima?
La conclusione di P., ad ogni modo, Œ che in P. Artemid. abbiamo «una maldestra e
impacciata rielaborazione di materiali geografici tardo-ellenistici, rielaborazione che va
collocata in et posteriore a quella proposta dagli editori» (p. 184). Insomma: lo studioso
accoglie tutte o pressochƒ tutte le accuse rivolte al papiro da chi vi riconosce un falso
(cf. p. 182), tranne la diagnosi di falsificazione. Certo, consimili giudizi sul contenuto del
reperto ñ tanto spassionati quanto fondati  continueranno a risultare enormemente proble-
matici se applicati a un documento che non manca di esibire, sul piano della forma, tratti
di sontuosa o pretenziosa fattura28. Questa contraddizione Œ fra le pi} serie, perchƒ essa Œ,
diciamo cos’, strutturale: e ancora attende risposte credibili.
Chiudono questa sezione del volume uno scettico saggio di R. T(albert) sulla natura
della mappa (The unfinished state of the map. What is missing, and why?, pp. 185-196)
e una dotta divagazione planudea di F. Pontani (Esametri nonniani e mappae mundi.
Líepigramma di Massimo Planude per la ìGeografiaî di Tolomeo, pp. 197-217) 29. T.
non pare affatto insensibile al saggio monito di Prontera contro il «tiro a segno nel buio».
Se la mappa Œ davvero incompiuta ñ ragiona lo studioso ñ essa poteva essere destinata
a rappresentare qualsiasi cosa, e nulla possiamo dirne; se invece essa Πquasi compiuta,
e bisognosa soltanto di poche addizioni cromatiche, la carta poteva al massimo ritrarre
una propriet terriera privata, ed essere destinata a qualcuno che ben conosceva lo spazio
ivi rappresentato, senza bisogno di dettagli o didascalie, la cui assenza altrimenti non si
spiegherebbe. T., per, precisa di ridursi a tale «extreme hypothesis» solo «for the sake of
argument» (p. 196): sono ormai accantonate le certezze enunciate nellíe.p. («risulta presso-
chƒ certo che la carta situata fra c. III e c. IV Œ connessa con lo scritto»30). Che la mappa
possa essere un falso ottocentesco non Πa rigori escluso (p. 185), anche se da un falsario
ñ sostiene T. ñ ci attenderemmo qualche anacronismo dipendente da «the modern standard
view of the Mediterranean or part of it» (p. 186). Curiosa osservazione per una mappa il
cui soggetto risulta, agli occhi dello stesso T., del tutto imperscrutabile; osservazione ben
poco pertinente se il principale imputato ΠCostantino Simonidis, la cui annosa confidenza
con opere geografiche e carte antiche Πstata provata da tempo e dovrebbe essere ormai
agli atti. Circa líassenza di didascalie o altri segnali illustrativi, vale la pena ricordare
un episodio imbarazzante, immo inquietante, sul quale nessuno si sofferma nel pur ricco
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 519

volume: secondo la testimonianza di Ludwig Koenen, che a Basilea pot; ispezionare fra
i primi, sul principio degli anni Novanta, il papiro ormai disteso, la mappa recava allora
la didascalia greca ∏@ABÛD. CiG collima benissimo con quanto C. Gallazzi dichiarG nella
sua anteprima a «La Padania» del 7 luglio 2000: nella mappa sarebbero stati «segnati in
modo netto e preciso i confini tra la Spagna e il Portogallo»31. O di Koenen si smentisce
la testimonianza (un falso ricordo?), o essa richiede giustificazioni che editori e proprietari
del papiro dovrebbero essere i primi a pretendere: dal venditore Serop Simonian, beninteso.

Dunque, la Stimmung dominante del volume X la disillusione: sembrano lon-


tanissimi ñ bench; pochi anni siano trascorsi ñ i tempi in cui allíipotesi Simonidis
si poteva opporre la certezza incrollabile di un papiro integralmente artemidoreo.
Se escludiamo i contributi in cui i problemi di P. Artemid. sono sistematicamente
ignorati (J. Engels, F. Mittenhuber) o semplicemente evitati (F. Motta, F. Ponta-
ni), possiamo dire che il sopravvalutato reperto trova ormai solo avvocati scettici,
tanto generosi nel censirne le stranezze quanto cauti nel chiarirne la natura; n;
mancano, come si X visto, demolizioni in tronco. Si comprende bene che gli editori
principi si concedano, in premessa, cedimenti che sarebbero stati impensabili fino
a un lustro fa: che P. Artemid. meriti il suo nome X ormai dubbio per i pia, e ogni
resistenza su questo punto parrebbe inutilmente caparbia.
Forse per riequilibrare la situazione, non certo incoraggiante, il volume offre
una ricca Appendice dedicata a dibattere frontalmente la questione dellíautenticitb.
E su tale Appendice converrb soffermarsi nel dettaglio.

La inaugura il saggio di J. H(ammerstaedt) (The relevance of the dispute about the


photograph of the Konvolut for the debate about the Artemidorus Papyrus, pp. 221-230),
da leggersi insieme alla successiva expertise di H.D. Baumann (The Konvolut photo: a
digital forgery?, pp. 231-255). Serve appena rammentare che la fotografia del cosiddetto
Konvolut ñ cioX del papiro prima del restauro ñ X stata materia di scontro quasi quanto lo
stesso P. Artemid. Comparsa solo nel 2008, e mai nelle numerose pubblicazioni anteriori
allíe.p.32, essa X sembrata sospetta anche ai pia equanimi spettatori della querelle (cf. e.g.
G. Ucciardello, «JHS» CXXIX, 2009, 168s.: 168), per essere poi denunciata come ëfalso nel
falsoí da reiterate indagini il cui merito va in prima istanza a S. Bozzi e alla sua ?quipe33.
H. fu tra i primi a ritenere la vicenda «inquietante»34: di qui il ricorso, da lui propiziato,
alla contro-expertise di Baumann, collaboratore del Bundeskriminalamt di Wiesbaden per
casi di manipolazione digitale a fini criminali. Con líoccasione, egli introduce Baumann
riepilogando alcuni dei pia tradizionali argomenti contro la tesi del falso.
Pp. 222s. Secondo H., Simonidis non avrebbe mai potuto procurarsi tanto papiro ver-
gine, e in ogni caso il confezionamento di P. Artemid. prevede «the knowledge of almost
unknown geographical works». Sul primo argomento si potrebbe sorvolare, perch; X tedioso
ricordare ancora una volta che P. Artemid. non X un unico rotolo di due metri e mezzo,
bensm la somma di (almeno) cinque frammenti35; ma puG essere interessante ricordare che
líargomento del papiro vergine (ëimpossibile trovarne tantoí) in altri tempi fu abilmente
valorizzato, a propria difesa, da Simonidis in persona: cf. C. S., The Periplus of Hannon,
London 1864, 3s. («it has puzzled some persons t o e x p l a i n w h e n c e a s u f f i c i e n t
520 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

q u a n t i t y o f b l a n k P a p y r u s could have been obtained»). Circa il secondo argomento,


@ ormai assodato che i geografi e i falsi geografici furono, per Simonidis, la passione di una
vita, con speciale riguardo per Artemidoro e Marciano36. Diciamo pure che Simonidis @,
sotto questo rispetto, semplicemente il candidato-falsario ideale: nessun sostenitore dellíau-
tenticitJ dovrebbe avventurarsi senza timore su questo terreno. Pp. 226s. Un falsario ñ so-
stiene H. ñ mai si sarebbe azzardato ad arrotolare un materiale delicato come il papiro per
ottenere ad arte líeffetto della ëscrittura a specchioí. Non solo: gli effetti della ëscrittura a
specchioí sono stati davvero conosciuti e messi a frutto solo negli ultimi cinquantíanni; un
falsario ottocentesco non avrebbe mai pensato di simulare un fenomeno cosR poco familiare.
Il primo argomento @ inficiato dal suo fragilissimo (e ben poco realistico) presupposto, e cio@
che per ottenere la Spiegelschrift un falsario si sia preso la briga di riprodurre le condizioni
che avrebbero potuto dar luogo, UVWÏ Y˜[\], al fenomeno^ nessuno líha mai pensato n_ pu`
seriamente pensarlo37. Il secondo argomento @ pib interessante, ma non pib forte: bisogna
guardarsi dal classificare sotto la voce Spiegelschrift qualsiasi caso di migrazione di inchio-
stri fra aree contigue (dello stesso documento, o di documenti diversi, a prescindere da
formato e supporti dei documenti, da esiti ed estensione del fenomeno), come purtroppo da
qualche tempo si tende a fare. Un eloquente esempio del trend: se nellíe.p. ci si limitava a
dire, con cautela estrema, che «casi analoghi di stampigliature su rotoli non sono sconosciu-
ti» (Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 63 n. 11, con rinvio allíisolato P. Yale I 19 [MP3 1528.1]38),
in Gallazzi-Kramer, F5nfzehn Monate cit. 194-197 il bacino dei paralleli si allargava a
comprendere proprio quel papiro di Posidippo (P. Mil. Vogl. VIII 309 [MP3 1435.01]) che
líe.p. escludeva espressamente dal novero: «di origine diversa, sono, invece, le impronte
presenti su molti papiri estratti da cartonnage, come il rotolo di Posidippo etc.» (Gallazzi-
Kramer-Settis, l.c.). Ora H., ancor pib largheggiante, evoca i ësovrappostií e ësottopostií di
Ercolano39, tratteggiando per assurdo líidentikit di un falsario che avrebbe dovuto divinare
metodi díindagine modernissimi. Con ci` si esagera a bella posta il carattere diabolicamen-
te lucido dellíoperazione attribuita a Simonidis; ma congiuntamente si amplia a dismisura lo
spettro dei fenomeni paragonabili. E questo strategico allargamento non conviene, perch_
rende assai facile suggerire che Simonidis avrebbe potuto trarre ispirazione da molteplici
ëcasi parallelií desunti dalla sua esperienza con pergamene medioevali. Un egregio campio-
nario di pseudo-paralleli antichi e bizantini ha offerto, nel citato convegno di Rovereto, B.
Mondrain, per affermare la sostanziale unicitJ delle ëstampigliatureí artemidoree40; unicitJ
su cui giJ insisteva, del resto, Settis (Artemidoro. Un papiro cit. 29). P. 227. Líargomento
del papiro vergine @ qui ribadito, e anzi arricchito di altri argomenti collaterali (mia la nu-
merazione fra quadre): «it would have been virtually impossible to find such a large unwrit-
ten piece of papyrus [1] which the script [2], the documentary texts found together with it
in the Konvolut [3] and 14C analysis [4] would all converge in securely dating to one and
the same period. No forger, not even a Konstantinos Simonides, could have arranged for
these coincidences». «Virtualmente impossibile» non so, ma certo la somma di tante coinci-
denze sarebbe notevole, se fosse fondata; ma non lo @. Dellíargomento 1 abbiamo giJ detto
sopra. Sui presupposti dellíargomento 2 (datazione della grafia) le opinioni sono divise ed @
vano fingere unanimitJ (cf. in sintesi Artemidoro 2006-2011 cit. 209-213), senza dire che
alcuni dettagli paleografici di P. Artemid. continuano a restare senza spiegazione, se non si
lasciano i papiri per frugare nella tradizione medioevale dei geografi (cf. e.g. Canfora, Il
viaggio di Artemidoro cit. 186-194). Líargomento 3 @ fragilissimo: i sospirati documenti
venduti insieme a P. Artemid. hanno iniziato solo ora a vedere la luce, dopo quasi ventíanni
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 521

di attesa (cf. Gallazzi-Kramer, Alexandrinische Ephebenurkunden cit.); essi appartengono


allo stesso lotto di papiri venduto da Simonian alla Fondazione per líArte della Compagnia
di San Paolo: líeffettiva solidarietE di P. Artemid. e papiri documentari, nel presunto Kon-
volut, dipende appunto da quanto riteniamo credibile la foto del Konvolut e fededegno Si-
monian, il che ñ lo si ammetterE ñ lascia ampi margini di scetticismo. Infine, circa líargo-
mento 4, vale la pena ricordare che líanalisi al radiocarbonio ha interessato minimi campio-
ni: due dal fr. C, ma provenienti da kollemata diversi, e uno dal fr. A; le pagine dedicate al
tema, nellíe.p., non sono precise quanto vorremmo41, ma bastano per suggerire la massima
cautela. Se poi si aggiunge il margine díindecisione notoriamente connesso al metodo día-
nalisi e líampia forchetta temporale che ne consegue (il risultato piL affidabile colloca i tre
micro-campioni «fra il 40 a.C. e il 130 d.C.»42), si capisce bene che ñ quandíanche líesito
dellíanalisi fosse confermato per tutti i frammenti di cui consta P. Artemid. Q la coincidenza
sarebbe fra le meno sorprendenti. «I controlli con il Carbonio 14 [Ö] poco ci potranno dire»,
pronosticU R. Pintaudi, con saggezza, fin dal 200643. Dunque, asserire che tutti gli elementi
a disposizione convergerebbero nel datare il reperto «securely [Ö] to one and the same
period» Z solo un modo tendenzioso di presentare dati controversi. Pp. 227s. H. si schiera
ormai, pur con qualche ritrosia, fra coloro che reputano non artemidoreo il proemio («I admit
that the difference between this text and the known Artemidorus fragments is enormous [Ö].
The observations made about these columns probably suffice to deny Artemidorean authorship
to this section»). ` un pronunciamento importante, visto che in passato ñ a mia notizia ñ lo
studioso non si era mai espresso con nettezza sul tema (H., Come fa a essere cit. 103 n. 99
si limitava ad auspicare «nuove indagini [Ö] sulla paternitE delle colonne I-III»). P. 228.
Nel 2011 Canfora ha mostrato che Simonidis conosceva per via autoptica, assai prima della
loro pubblicazione, le epigrafi di Priene che serbano testimonianza del ësampi con moltipli-
catoreí, una delle piL spiccate peculiaritE del papiro, da molti ritenuta prova provata di au-
tenticitE perchd nessun falsario ottocentesco ñ si Z detto e ridetto ñ avrebbe mai potuto an-
tivedere una scoperta avvenuta solo al principio del Novecento44. Ma dal momento che Si-
monidis mostra di conoscere de visu almeno Insch. Priene 37 Hiller v. Gaertringen, prezio-
sa testimonianza su Duride (FGrHist 76 F 25) che egli sfrutta per i suoi falsi fin dal 185045,
Z chiaro che poteva e doveva essergli ugualmente nota líepigrafe consorella dove líatipico
sampi ricorre: anchíessa, allíepoca, inedita, ma esposta nello stesso sito (nr. 118 Hiller v.
Gaertringen). Se a ciU si aggiunge la documentata passione di Simonidis per i numerali
anomali (nella SymaBs [Athenai 1849, 108 n. 1] egli finge di aver scoperto un ësimil-sampií
corredato di moltiplicatore), risulta almeno avventato appellarsi ancora allíanomalo simbolo
come a un baluardo dellíautenticitE. H., tuttavia, insiste sul punto, e dichiara di attendere
«new and convincing arguments». Manca perU qualsiasi contro-argomentazione: uno stile
cosh sbrigativo Q non raro nel volume, come abbiamo appurato Q non giova al progresso
della ricerca, e dispiace particolarmente in uno studioso di norma aperto al confronto. P. 229.
H. annette una certa rilevanza alla questione del Konvolut e della relativa falsa foto, perchd
indubbiamente essa coinvolge «one or more persons who are probably still alive and among
us». Ma lo studioso si premura di chiarire che líonerosa questione «does not regard [Ö] the
alleged forgery of the Artemidorus Papyrus itself». La minimizzazione Z comune46, ma del
tutto indebita: si puU ben dare foto falsa di un reperto autentico, Z ovvio; peccato che senza
quella foto nulla documenti la protostoria del papiro; nulla, cioZ, prova che il papiro non sia
miracolosamente nato cosh comíZ; e nulla ñ lo abbiamo accennato ñ dimostra che i 25 papi-
ri documentari abbiano mai avuto qualcosa a che fare con P. Artemid. Dunque, la questione
522 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

della foto ñ anzi, delle foto, come vedremo fra un attimo ñ riguarda eccome «the alleged
forgery of the Artemidorus Papyrus itself». P. 230. Nel 2010, líesame autoptico della foto-
grafia, conservata presso il Centro ìAchille Voglianoî dellíUniversitH di Milano e messa a
disposizione di Bozzi dallo stesso Gallazzi, ha portato alla luce un dettaglio cruciale: essa M
stampata su una carta Fujicolor prodotta soltanto dopo il 1988; chiaro che ciS contrasta
frontalmente con il terminus ante quem del 1981, quando il Konvolut fu smontato. Si ammi-
ra la maestria con cui H. tenta di tramutare in argomento pro Konvolut questa gigantesca
prova a carico: «what reason would there have been at the beginning of the 1990s to make
such a forgery? Was there anyone able to anticipate the later Artemidorus debate, before the
Artemidorus text was even identified?». Fin troppo facile rispondere: chi avesse avuto sotto
gli occhi il papiro disteso o sue larghe sezioni distese (non il Konvolut, la cui esistenza M
appunto in questione!), non avrebbe certo dovuto attendere líidentificazione di Artemidoro
da parte di Gallazzi e Kramer; quanto alle motivazioni (promozionali) per produrre un sedu-
cente ritratto del presunto Ur-papiro, esse sono ovvie. Proprio negli anni Novanta il papiro
M in cerca díacquirenti: difficile, dunque, immaginare un periodo pia consono alla produzio-
ne di un eventuale falso fotografico47.

E veniamo cose al contributo di B(aumann). Líautore M presentato da H. come


«the greatest specialist» (p. 230) nel campo della manipolazione digitale di imma-
gini, e la sua perizia era attesa da tempo48. Ma occorre avvisare subito che resterH
deluso chiunque cerchi qui una fondata confutazione degli argomenti che hanno
condannato ñ per ora senza appello ñ líintempestivo reperto fotografico.

P. 231. La foto del Konvolut ñ scrive B. in esordio h rappresenterebbe «the Artemido-


rus Papyrus in the state in which it was found or, rather, the state in which it was given to
the studio where is was dismantled». La formulazione M vaga. Quanto sappiamo (dagli
editori principi, che lo sanno a loro volta da Simonian) M che il Konvolut sarebbe arrivato
«in Germania nel 1971» e che «dieci anni dopo» sarebbe stato «smontato a Stoccarda»
(Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 54); gli editori stessi precisano che la foto ritrarrebbe il Kon-
volut «giH parzialmente smontato» (ibid. 60), non in «the state in which it was given to the
studio where is was dismantled». Importa tenere a mente che il 1981 M il terminus ante quem
per lo scatto, almeno secondo la versione dei fatti fin qui avvalorata: dopo il 1981 il Kon-
volut, semplicemente, non esiste pia, a meno di non pensare che circa 200 frammenti di
papiro siano stati ricomposti e messi in posa per la solenne occasione. Da notare, al propo-
sito, che mai B. si interroga su uno degli aspetti pia inverosimili di tutta la vicenda: al
Konvolut ñ nientemeno che il papiro nel suo stato ëoriginaleí o ëquasi originaleí ñ sarebbe
stata s c a t t a t a u n í u n i c a f o t o g r a f i a da colui che lo ha acquistato, fatto restaurare,
proposto per anni ai pia vari acquirenti potenziali e infine piazzato alla Fondazione per
líArte della Compagnia di San Paolo49. La cosa parrebbe inverosimile anche se il Konvolut
non rivelasse alla sua ësuperficieí h cose come la foto lo eterna h líimmensitH dei tesori che
racchiude. Ma visto che il Konvolut ci M stato mostrato cose, pomposamente arricchito di
prelibati dettagli, chi puS credere che esso abbia meritato una sola, svogliata fotografia? O
dobbiamo pensare che solo quel lato del cospicuo oggetto ñ dal quale sarebbero usciti i due
metri e mezzo del P. Artemid. e ben 25 papiri documentari ñ lasciasse ëemergereí per mi-
racolo un campionario assortito del contenuto? E anche in tal caso una sola foto si spiega?
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 523

Peraltro, essa si spiega ancor meno se crediamo al dettaglio ñ evidentemente riferito agli
editori da Simonian ñ secondo cui la foto ritrarrebbe líoggetto «g i < p a r z i a l m e n t e
s m o n t a t o »50. Lo scopo di questa chiosa si intuisce: giustificare la miracolosa ëemersione
alla superficieí del materiale custodito nel Konvolut; peccato che ciG renda ancor piH incre-
dibile líunicit< dello scatto di fronte a qualcosa che andava palesando J a smontaggio ini-
ziato ñ tutta la sua straordinariet<51. Ma il pruriginoso punto M evitato da B., come gi< da
H., e tale silenzio dice bene líenormit< del problema. Pp. 232s. e passim. Come gi< fece lo
storico della fotografia P. Morello, in un precedente e non riuscito tentativo di replica a
Bozzi52, B. insiste platonicamente sulle molte ëriproduzioni di riproduzionií attraverso cui
líoggetto díanalisi M dovuto passare: foto originale, adattamenti per la stampa, immagini
digitali tratte dalla stampa, etc. Questo vuol essere ñ pare di cogliere ñ un invito alla cau-
tela, ma rischia di invalidare molte delle conclusioni cui perviene lo stesso B. (cf. infra
pp.  523s.), e di rafforzare per contro quelle di Bozzi, come gi< accadde a Morello: poichU
la dimostrazione di Bozzi ha uno dei suoi pilastri nelle troppo puntuali somiglianze fra testi
e/o immagini del papiro disteso e testi e/o immagini visibili sul Konvolut ñ la cui confor-
mazione dobbiamo credere ben piH irregolare, scabra, irta di dislivelli ñ M del tutto contro-
producente enfatizzare le deformazioni subite dallíimmagine: a maggior ragione stupisce e
inquieta la sovrapponibilit< fra gli specimina di papiro trapelanti dal Konvolut e le corri-
spondenti sezioni ñ testuali o pittoriche ñ del papiro disteso. Pp. 233-241. B. si sofferma
sulle incongrue ombreggiature ñ analizzate e impugnate da Bozzi J visibili nella riproduzio-
ne che della fotografia fornisce líe.p. Quanto alla presenza di due fonti di luce che sembra-
no incidere indipendentemente líuna dallíaltra su aree diverse dellíoggetto, B. si limita a
negare il problema facendo appello allíignota consistenza fisica del Konvolut (p. 234). Di-
verse stranezze sussistono ñ egli ammette ñ ma andranno imputate al fotoritocco operato in
vista della stampa (p. 236). In generale, perG, B. preferisce tentare una reductio ad absurdum
per via sperimentale: poteva una manipolazione digitale produrre gli effetti riscontrabili
sulla fotografia del Konvolut? A suo dire, no; essa avrebbe prodotto aloni assai piH artifi-
ciosi, mentre appaiono apprezzabili i variabili gradi di nitore che caratterizzano le micro-
ombreggiature contornanti certe propaggini del Konvolut: alcune assai nette e scure, altre
piH chiare e sfocate, ciG che evidentemente si spiega con le differenti distanze delle relative
propaggini dal piano díappoggio (p. 237). PerchU tutto ciG appaia a B. rasserenante non M
dato capire. Ombre piH nitide e scure suggeriscono che líoggetto sia piH vicino allo sfondo,
ossia piH lontano dalla sorgente di luce: e dunque? Líelementare assunto si puG ben attribu-
ire a un falsario di media intelligenza, visto che la fotografia deve rappresentare un oggetto
«alto allíincirca [sic] cm. 33»53. Del resto, chi ha mai dubitato che il Konvolut sia stato un
oggetto a tre dimensioni? Líipotesi con cui B. deve confrontarsi M che sullíimmagine di un
oggetto a tre dimensioni siano state artificialmente trasferite immagini prelevate dal papiro
disteso, le quali ñ benchU líimmagine sia stata piH volte ëdeformataí, come lo stesso B.
imprudentemente sottolinea J insistono a non rispettare le leggi della deformazione prospet-
tica. Quanto allíimpossibilit< di ottenere certi effetti per via digitale, videant doctiores:
anche un incompetente, perG, osserver< che nemmeno il piH ingenuo dei falsari produrrebbe
ombreggiature vistosamente artificiose come quelle che B. confeziona (figg. 4 e 5, pp. 238s.)
onde mostrarci quanto risulti plausibile, al paragone, la foto del Konvolut. Il ragionamento
nel suo insieme M ulteriormente indebolito dal fatto che in Gallazzi-Kramer-Settis-Adornato
(o.c. 273) sia stata pubblicata uníaltra riproduzione a stampa della fotografia, epurata dai
ritocchi apportati (a fini estetici?) per la prima riproduzione nellíe.p. Di questa «unmasked
524 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

photo», come egli la chiama, B. ha avuto contezza solo dopo aver svolto le sue perizie (p.
232), e purtroppo nel suo contributo si trascorre dallíuna allíaltra riproduzione senza suffi-
ciente chiarezza. Queste «multiple reproductions», deve riconoscere B., «make precise
judgment difficult» (p. 241): caveat evasivo o aperta resa. Pp. 241-244. Veniamo alla se-
zione piH succulenta della contro-expertise. Ancora una volta B. procede per via ësperimen-
taleí: egli simula, cioK, líëeffetto-trasferelloí attribuito al falsario, resecando porzioni del
papiro disteso per sovrapporle alle corrispondenti aree del Konvolut. E il risultato, a suo
dire, K rilevante e dirimente: le coincidenze riescono appieno solo a) se si considerano se-
quenze intere di caratteri, non singoli grafemi, come ha preferito fare Bozzi; b) se tali se-
quenze si deformano con metodi di manipolazione digitale praticati solo in tempi assai re-
centi. Altrimenti, le coincidenze non risultano mai perfette, diciamo, pixel a pixel. Qui in
particolare, come si intuisce, rischiano di risultare controproducenti le proemiali considera-
zioni di B. sulle deformazioni a catena subite dal reperto in discussione. Ma anche senza
tener conto di tali incognite, le obiezioni non convincono: esse danno immotivatamente per
assodato che si debba procedere ñ cioK, che líeventuale falsario abbia proceduto ñ per arti-
colate sequenze di caratteri, e tramite manipolazione digitale. Se cadono tali assunti, i pro-
blemi evidenziati da Bozzi rimangono: il Konvolut continua a comportarsi come un oggetto
singolarmente piatto, e líëeffetto-trasferelloí ñ che le stesse analisi di B. finiscono per evi-
denziare senza risparmio ñ risulta incomprensibile. Come poi esso sia stato ottenuto, e con
quale grado di infallibile aderenza fra campioni del papiro disteso e campioni del Konvolut,
rimane sub iudice: manipolazione digitale o ëanalogicaí? Per singoli grafemi, o per serie di
consistenza variabile? Ma queste sono ipotesi supplementari che si potranno formulare, con
prudenza, una volta che si sia preso atto del consistente problema-base: non K certo da tali
ipotesi che occorre partire, nel tentativo di invalidarle, come se ciU risolvesse la questione
di partenza. Con un paralogismo analogo, in altri tempi, si K tentato il salvataggio di P.
Artemid.: ënon puU essere di Simonidis, ergo K autenticoí54. Ma líergo non tiene, e il para-
logismo resta tale anche se applicato, in chiave minore, al ritratto del P. Artemid. nascente.
V poi notevole che B. si soffermi su uno solo dei casi trattati da Bozzi ñ quello del settore
1: la protuberanza collocata in cima al Konvolut, con prelievo testuale da P. Artemid. V 1-6
ñ e ignori invece tutti gli altri. La replica, oltre che debole, risulta cosY largamente incom-
pleta. Pp. 249-251. Bozzi ha mostrato che le sgraziate zampe di giraffa eternate sul Konvo-
lut (settore 6; si tratta dellíimmagine V21 di P. Artemid.) soffrono di plurime incongruenze:
líimmagine K deformata, sY, ma le sue deformazioni sono incoerenti, perchZ riguardano solo
le dimensioni e la distanza reciproca delle zampe, senza intaccare minimamente la loro
lunghezza; K dunque impossibile pensare a una inclinazione della superficie (che avrebbe
deformato líoggetto anche nel senso della lunghezza) o ad altre irregolarit[, che la perfetta
assenza di ombre non evidenzia. B. replica asserendo che, a suo avviso, la deformazione K
lieve e «can easily be explained by the curvature of the K(onvolut)» (p. 251); ma la ëcur-
vaturaí K evidentemente un atto di fede. Inoltre, B. aggiunge ` anche in tal caso ` che una
deformazione consimile si sarebbe potuta ottenere solo con mezzi tecnici molto sofisticati,
ciU che ai suoi occhi K evidentemente impossibile, come si ribadisce nelle stringate conclu-
sioni (p. 252): «such a photomontage is theoretically possible if conducted by an expert who
has access to appropriate technical equipment». Ancora una volta, dunque, si preferisce
divagare sul ëcomeí anzichZ stare al quia. P. 254. In un tardivo Addendum, B. prende atto
dellíimportante analisi svolta da S. Granata (La stampa fotografica riproducente il Konvolut
del Papiro di Artemidoro, in Canfora, La vera storia cit. 89-106; non citata la versione
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 525

maior edita in Canfora et al., Fotografia e falsificazione cit. 31-46). B. confessa «lack of
appropriate specialist knowledge» e rifiuta di pronunciarsi sui pi@ consistenti apporti di tale
analisi, che meritano díessere qui ricordati: la grana dellíimmagine (i cui campioni sono
stati tratti direttamente dalla menzionata stampa fotografica messa a disposizione da Gallaz-
zi) mostra che la pellicola appartiene a un periodo del tutto congruente con líobiettiva da-
tazione della carta di stampa utilizzata, come cíera da attendersi; dunque, tutto suggerisce
che la foto (non solo la sua stampa) sia di almeno un decennio posteriore alla scomparsa del
Konvolut. E cíM altro ancora: le sezioni ëvuoteí e le sezioni scritte mostrano gradi di defi-
nizione diversi, sicchO Granata ipotizza che líimmagine di un ëKonvolut vergineí sia stata
secondariamente arricchita, tramite fotoritocco, di elementi desunti dal papiro disteso (dal
papiro, cioM, quale fu sempre). P un colpo esiziale per la foto; ma B. ñ come si M detto ñ
evita líargomento. In compenso, egli fornisce uníosservazione supplementare: nellíunica
sezione sottoposta ad analisi (la nr. 1, come si M detto) la foto pare riprodurre, pur in ma-
niera assai accennata, le stesse spaccature presenti sul papiro disteso. Ora, ammesso e non
concesso che ciT sia vero ñ la riproduzione di fig. 12, p. 255, consente di appurarlo solo in
minima parte U non si vede come il dettaglio giovi alle tesi di B.: che il Konvolut si adegui
anche in ciT al papiro restaurato e disteso parrV semmai un problema in pi@. Molti di tali
dettagli potrebbero ricevere luce ñ e restituire serenitV ñ se fosse stata adeguatamente docu-
mentata almeno la fase di restauro che risulta condotta in prima persona dagli editori prin-
cipi; ma nemmeno questo, come vedremo fra poco, accade.

Dunque, la povera foto U una foto «heftig kriminalisiert», protestT a suo tem-
po B. Kramer55 U continua a meritare tutta la diffidenza possibile: e continua a
rappresentare, con buona pace di H., un serissimo argomento contro la credibilitV
di un papiro senza storia certa nO acclarati natali.
A questo proposito, un punto non andrV sottaciuto: destano inquietudini anche
le fotografie che assai pi@ discretamente hanno accompagnato, fra il 2008 e il
2009, la clamorosa esibizione del Konvolut. Ci si riferisce ai tre scatti pubblicati in
Settis (Artemidoro. Un papiro cit. 11-13), rappresentanti «il Papiro di Artemidoro
prima della ricomposizione», «durante le fasi di smontaggio» e durante quelle di
«ricomposizione», come suonano le rispettive didascalie. Esse meritano un indu-
gio, al solo scopo di sottolineare ulteriormente quanto converrebbe U in primis ai
sostenitori dellíautenticitV U fare chiarezza sullíenigmatica protostoria del reperto,
o pretenderla da chi ha informazioni in merito.

Chi abbia fornito tali fotografie Settis non dice, anche se M logico credere che proven-
gano anchíesse dal venditore, S. Simonian; non sappiamo a quando risalgono, fatto salvo
líovvio terminus post quem, cioM lo smontaggio del Konvolut (1981), di cui dovrebbero
rappresentare le fasi di restauro in quel di Stoccarda56. Del resto, M bene ricordare che la
stessa e.p. menziona pi@ volte in apparato, con una vaghezza difficile da accettare, misteriose
«immagini díarchivio», «prime riproduzioni», vel simm., che in diversi casi aiuterebbero
addirittura nella constitutio textus: cf. Galazzi-Kramer-Settis, 151 (ad II 8), 156 (ad II 23,
24, 26), 157 (ad II 27 e 28), 158 (ad II 29), 173 (ad IV 14), 189 (ad V 33), 190 (ad V
34), 194 (ad V 43). Immagini mai viste da alcuno.
526 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

Ma accontentiamoci delle citate fotografie edite in Settis (Artemidoro. Un papiro cit.


11-13). Se osservate con il dovuto grado di zoom, esse mostrano fenomeni non diversi da
quelli che caratterizzano ñ macroscopicamente ñ il ritratto del Konvolut. Basti evocarne
qualcuno. Si veda ad es. la fig. 1 nel dossier di immagini che accompagna il presente
contributo: in fotografia, il B che inaugura la sequenza BC DEFGBHIJ in P. Artemid. I 12 M
incomparabilmente piN completo di quello che troviamo, a restauro finito, sul papiro disteso;
una deformazione della lettera, un logoramento del tessuto fibraceo che la ospita, finanche
una sua lacerazione per líintervento di una micro-lacuna, sono fenomeni che si capirebbero,
o per i quali si potrebbe invocare líinsieme di traumi subiti fra smontaggio del Konvolut e
montaggio dei frammenti, come ora fanno gli editori, pur un poí confusamente, di fronte
ad altri casi problematici (cf. infra p. 529); il fatto M che il ërisultato finaleí U cioM quanto
appare sul papiro ñ costringe a registrare non solo la volatilizzazione del tratto verticale di
B (inghiottito nella frapposta lacuna?), ma anche un notevole spazio bianco fra la lacuna
e ciW che del B rimane.
Ancora: una lacerazione prodottasi durante il restauro, con perdita di un micro-
frammento, puW forse spiegare la parziale scomparsa dellíY finale in Z[\Z]Y^ÛY (sic)
di P. Artemid. I 16, lettera che pure si vedeva chiarissima U ancorcha pasticciata U nella
fotografia riprodotta da Settis (cf. fig. 2). b invece piN difficile spiegare un altro ordine
di fenomeni, ampiamente testimoniato da tali fotografie, e qui rappresentato dalle figg. 3,
4, 5, 6. In tutti questi casi, pur con variabili gradi di vistositd, possiamo apprezzare come
diverse sequenze testuali del papiro appaiano pressocha indifferenti
a l l a p r o g r e s s i v a d i s t e n s i o n e d e l s u p p o r t o s u c u i r i p o s a n o : quando una
pronunciata piega ñ denunciata dallo spessore dellíombra U attraversa P. Artemid. I 13 e
14 (GeYF di GfgYZhgÛGYGeYF e ie[F di BC e[F\BÌBJ, figg. 3 e 4), oppure P. Artemid. I 16
e 17 (Y]G di [∞ ZÏ] GFhEn e IY di oıZIYGFg, fig. 5), o ancora P. Artemid. I 20 (il g di
B\g in E]Ùs BÙg Z[g[ıI[g\g], fig. 6), ci attenderemmo, secondo natura e secondo logica,
che i grafemi interessati dal fenomeno subissero consistenti deformazioni; in particolare,
ci aspetteremmo di vedere turbata, e in maniera non trascurabile, continuitd della riga di
scrittura e distanza fra le lettere. Invece no: talora i grafemi U a mano a mano che il papiro
si distende U guadagnano in completezza; ma la riga di scrittura M sempre quella, regolare e
continua; talvolta, M sempre quella anche la forma della lettera, in tutti i suoi singoli tratti,
bencha líipotetica piegatura del papiro la spaccasse a metd (si veda il caso, particolarmente
conturbante, del g rappresentato in fig. 6).
Come spiegare questi fenomeni? E a chi in particolare spetta e insieme giova spiegarli,
se non agli editori principi e ai sostenitori dellíautenticitd? Altrimenti, alla luce di quanto
emerso in merito al Konvolut, si penserd inevitabilmente ad altri casi di ëeffetto-trasferelloí,
ossia a sequenze testuali del papiro disteso trapiantate in qualche modo su (fotografie di)
superfici increspate e piene di asperitd. Le operazioni di restauro ñ finalmente documentate
o almeno descritte nel dettaglio U possono giustificare simili stranezze? Oggi, in alcuni
casi, gli editori sperimentano questa via, ma non senza oscuritd residue (cf. infra pp. 529s.).
In alternativa, se queste e altre stranezze rimontano a una fase in cui gli editori principi
non avevano accesso al reperto, percha non pretendere chiarezza di chi, almeno in teoria,
potrebbe fornirla? E percha non fornire le fotografie ëdíarchivioí che U come abbiamo
ricordato U sono cosz frequentemente ma genericamente evocate nellíapparato dellíe.p.,
e addirittura messe a frutto per stabilire il testo ëartemidoreoí? A quanto pare, esse non
coincidono con le foto pubblicate da Settis, percha interessano in gran parte altre aree del
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 527

reperto. A tal proposito, non pu2 non colpire un dettaglio: tutte le micro-sequenze testuali
che gli editori dicono visibili su imprecisate ëfoto díarchivioí A ne abbiamo fornito sopra
líelenco A risultano contemporaneamente testimoniate dalle stampigliature in Spiegelschrift.
La coincidenza C almeno singolare. Anche in questo caso, non converrebbe ñ onde fugare
ogni dubbio A esibire, descrivere, datare tutto il materiale fotografico a disposizione? Tutte
queste sono domande che si pongono A e si devono porre A al di lG dellíadesione allíuna
o allíaltra ipotesi in campo.

Ma lasciamo il terreno ñ impervio, come si C appurato ñ delle riproduzioni


fotografiche, e torniamo al nostro papiro con il contributo che corona questi epi-
legomeni di Int. P. Artemid. II: quello di C. G(allazzi) e B. K(ramer) (Sui buchi
del P. Artemid., ovvero, su alcune interpretazioni soggettive di dati oggettivi, pp.
257-281), che in esordio precisano díessersi risolti a un ulteriore intervento sul
tema dellíautenticitG solo perchQ sollecitati, in particolare, dalla pubblicazione di
Canfora, Pseudo-Artemidoro. Epitome cit. Questa ësimulazione di malavogliaí A
glorioso topos dellíoratoria attica A C evidentemente intesa a suggerire la scarsa
rilevanza del tema, secondo una linea diversiva da tempo praticata (la discussa
autenticitG come «falso problema» che «sposta líattenzione dai problemi veri»57);
ma lunghezza e impegno del contributo smentiscono líassunto. Vediamone i pun-
ti salienti, trascurando la riproposizione di argomenti A da Ipsa al simil-sampi
numerale, dal ëpapiro biancoí impossibile da trovare alla ëscrittura a specchioí
impossibile da imitare A che giG abbiamo evocato.

Pp. 258, 260s. e passim. Piuttosto impressionante líinsistenza sullíidea che solo la
ëscienzaí possa dirimere questioni di autenticitG; la filologia, dicono gli autori, dovrebbe
intervenire «dopo che si sia dimostrato su altre basi (fisiche, chimiche, microscopiche) che
il pezzo non C autentico» (p. 258). GiG ad altri recensori «la radicalitQ de cette position» C
parsa «contestable» (Hausalter, o.c. 278). Meglio, essa C contestata da una secolare storia
di falsi smascherati per via esclusivamente filologica: cosZ tanti che nemmeno mette conto
enumerarli. La volontG difensiva, pur comprensibile, non dovrebbe indurre a simili demo-
lizioni della filologia in sQ; e non C mai indizio di attitudine scientifica A ebbe a osservare
una volta G. Calogero A la scienza evocata «come pericolosa stregoneria o come ancor pi[
pericolosa rivelazione di arcane veritG»58. Pp. 259s. G. e K. elencano casi di papiri che
hanno confermato congetture moderne, e ridicolizzano chi ha contestato su questa base
líautenticitG di P. Artemid. Il gioco C piuttosto facile, e nessuno ñ naturalmente ñ ha mai
contestato alcunchQ su questa base. La domanda ovvia C: le congetture ëconfermateí da P.
Artemid. (IV 1-14), rispetto al fr. 21 St. (ap. Const. Porph. Adm. imp. 23), sono o no buone
congetture? Non si riprenderG qui il dibattuto punto59, ma sarebbe opportuno non banalizzare
a tal segno gli argomenti in discussione. Pp. 260s. G. e K. rinviano a studi ñ come i citati
di Montanari-Muratore, Sedley, Cassio A che a loro dire avrebbero definitivamente chiarito
le oscuritG del ëproemioí. Solo che in tali studi si dG ancora per assodata la paternitG arte-
midorea del testo, mentre ora gli stessi G. e K. parrebbero inclini a ritenere diversamente
(cf. p. 9 e supra p. 512). Inoltre, laddove Sedley attribuisce al suo Artemidoro-filosofo pen-
samenti sopraffini, per Cassio «Artemidoro [Ö] non era certo un filosofo, ma un dilettante
528 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

entusiasta» (Cultura ellenistica cit. 90), autore di enunciati che altrove lo stesso studioso ha
giudicato, con pi; rudezza, «idiozie ridicole» (A.C. C. ap. L. Canfora, Un proemio risibile
gabellato per ìfilosoficoî, «QS» XXXV/69, 2009, 265-278: 278). Non pare agevole tenere
insieme vedute cosM diverse, e anche in tal caso la sensazione N che si preferisca evitare o
minimizzare i problemi in gioco. Pp. 262-266. La parte pi; robusta del saggio N dedicata
a contestare un singolo, rilevante argomento che ñ pur non nuovo Q ha trovato in Canfora
(Pseudo-Artemidoro. Epitome cit. 8) una formulazione particolarmente netta, ovvero: «la
pratica di questo ragguardevole artigiano [scil. Simonidis] di scrivere (e disegnare) intorno
alle lacune che il supporto papiraceo da lui adoperato giU presentava. Lo sconcertante fe-
nomeno si osserva nelle colonne I (rigo 43) e IV (righi 24 e 25), nonchY in larga parte dei
disegni che pullulano sul recto di questi frammenti papiracei». A ciZ G. e K. oppongono: 1)
il carattere per nulla anomalo dei fatti segnalati da Canfora; 2) líeffetto distorsivo che, nei
casi in apparenza pi; problematici, si deve imputare alle operazioni di restauro, effettuate
in base allíobiettivo stato del papiro estratto dal Konvolut; 3) la totale assenza di tracce di
inchiostro allíinterno delle lacune o di spazi bianchi in prossimitU delle lacune, i due pi;
tipici indizi di scrittura vergata su un supporto giU lacerato60.
Ora, delle indagini al microscopio che dovrebbero dimostrare il punto 3 non cíN docu-
mentazione qui, come non cíera nellíe.p., dove ci si limitava a d a s s e r i r e il dato, e per
di pi; con riferimento ai soli disegni: «se [Ö] si guardano i disegni al microscopio, si vede
agevolmente che essi furono tracciati su un supporto perfettamente integro, giacchY non ci
sono sbavature di inchiostro nei fori, nY segni stesi su fibre scomposte, nY tratti interrotti
prima dei buchi, che sono indizi chiari di contraffazione» (Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 59).
Va da sY che su un papiro di proprietU privata difficilmente si potranno effettuare indagini
di controparti o terze parti, nY del resto sono in discussione competenza e buona fede di chi
ha esplorato il papiro al microscopio; solo una cosa cíN da sperare: che si sia trattato di
analisi davvero sistematiche, e non effettuate per campioni; solo le prime rassicurerebbero,
e si auspicano senzíaltro dettagli chiarificatori in merito. Intanto, chi non ha accesso allíi-
spezione microscopica del reperto puZ affidarsi alle immagini, peraltro sofisticatissime,
messe a disposizione dallíe.p. e dallíannesso DVD, come gli stessi G. e K. consigliano di
fare (p. 266). Purtroppo, per questa via ci imbattiamo in casi che non rassicurano affatto. Si
veda in figg. 7 e 8 la parola ‰efghıh (cosM líe.p., senza segnalazioni di stranezze nY a testo,
nY in apparato) di P. Artemid. IV 23: il generoso ingrandimento consentito dalle riproduzio-
ni a corredo dellíe.p. mostra proprio un esempio del fenomeno («tratti interrotti prima dei
buchi») che gli editori censiscono fra «gli indizi chiari di contraffazione», in prossimitU
dellíocchiello inferiore di epsilon. Questíultimo, in parte svanito o smangiato, difficilmente
troverU il suo complemento ideale nello spesso tratto díinchiostro visibile in basso a sinistra
prima della lacuna, benchY non lo si possa escludere del tutto. Stress delle fibre, effetti di
restauro? PuZ essere. Certo, a occhio nudo, il fenomeno colpisce, sia osservato in riprodu-
zione, sia dal vivo61. Un caso simile abbiamo giU toccato sopra, a proposito di P. Artemid.
I 12 (cf. p. 526 e fig. 1), dove il ëtratto interrottoí N vistoso. Ma colpisce ancor di pi;, una
riga sotto ‰efghıh, il caso di opqrÔrtuvgw (fig. 9). Qui líe.p. si concede un sottopunto
per il tau, ma Q come ciascuno vede ñ líestremo tratto destro dellíasta orizzontale dovrebbe
bastare a colmare una lacuna spropositata; N dunque con indiscutibile obiettivitU, e con
piena aderenza a quanto visibile con occhi umani, che nella sua contro-edizione del papiro
Canfora trascrive opqrÔrtux[..]gw62. Forse perchY il caso N cosM bizzarro, G. e K. sentono
ora il bisogno di soffermarvisi a lungo, e lo spiegano a questo modo (tutti miei gli spaziati):
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 529

«il ' ha perso la met1 destra dellíasta orizzontale a causa della spaccatura che lo divide dal
successivo 9. Tale lacuna p o t r e b b e a p p a r i r e e c c e s s i v a m e n t e a m p i a per un solo
pezzo di '; ma in realt1 essa > o r a p i ? l a r g a d i q u a n t o d o v r e b b e , perchC il lem-
bo di papiro, che porta le ultime sillabe delle linee 18-26 di c. IV, si > marcatamente defor-
mato dopo la spaccatura, a causa delle tensioni cui > stato sottoposto allíinterno del Konvo-
lut, e con le successive operazioni di restauro non si > voluto ricomporre la continuit1
delle fibre su tutto il bordo della frattura, per non provocare ulteriori distorsioni del suppor-
to. Per questi motivi l a l a c u n a > r i m a s t a p i ? a p e r t a d e l d o v u t o in basso [Ö].
Per contro, la frattura > stata chiusa in alto, in corrispondenza delle linee 18-21» (p. 263).
Non possiamo che credere sulla parola alle complesse operazioni qui descritte, in verit1
piuttosto tortuosamente: del resto, n o n e s i s t e d o c u m e n t a z i o n e f o t o g r a f i c a o
d e s c r i z i o n e d e t t a g l i a t a n e m m e n o d i t a l i o p e r a z i o n i , nemmeno dei loro
momenti salienti, e in questo caso nulla va imputato alla singolare ritrosia o parsimonia di
Simonian in materia fotografica, che gi1 abbiamo dovuto sottolineare (cf. supra pp. 522s.).
In questo caso, almeno se stiamo alla versione ufficiale, il deficit informativo si deve agli
editori principi: sarebbero stati loro, infatti, a rimontare i frammenti estorti al Konvolut.
Anche se va detto che il punto non > mai stato chiarito a sufficienza nei suoi dettagli: se-
condo líe.p., un primo tentativo di montaggio sarebbe avvenuto, ma in maniera molto som-
maria e in soli «tre giorni di lavoro», «negli ultimi mesi del 1998» (Gallazzi-Kramer-Settis,
o.c. 53), in vista dellíanticipazione fornita da Gallazzi-Kramer (Artemidor in Zeichensaal
cit.); poi, «alla fine del luglio 2004, il papiro fu portato in Italia e depositato presso il La-
boratorio di Papirologia dellíUniversit1 di Milano, dove ne fu avviato il restauro» (ibid. 54).
Il Vorbericht del citato Artemidor in Zeichensaal non consente di capire fino a che punto
fosse stato ricomposto il papiro: certo, la descrizione che se ne d1 > completa; della c. IV
si editano le ll. 1-14, ma si anticipa ñ come specimen di grafia ñ la l. 38, líultima (che per`
appartiene a uníarea fra le pi? sane del papiro). Non liquet, anche se tutto porta a credere
che operazioni complesse come quelle evocate ora da G. e K. possano essere avvenute solo
nella comoda sede del Laboratorio di Papirologia dellíUniversit1 di Milano. Forse la docu-
mentazione fotografica ñ che non mancher1 ñ sar1 prima o poi prodotta, e giover1 su pi? di
un punto, c o m e g i o v e r 1 u n a d e s c r i z i o n e f i n a l m e n t e c h i a r a d e l l e d i v e r s e
f a s i d i r e s t a u r o a t t r a v e r s a t e d a l p a p i r o , che le fotografie rese note da Settis
(cf. supra pp.  525-527) rendono ancor pi? ingarbugliate. Per es., per stare a un altro pas-
saggio discusso da Canfora, ossia P. Artemid. I 43, G. e K. dichiarano con forza di non
vedere nulla di strano: «il d di ef9dÔ'hij > [Ö] spaccato in due e ha la parte inferiore sul
bordo sinistro e la curva superiore sul bordo destro di una lacuna oblunga, che danneggia
in maniera analoga il primo k del sovrastante lmhkdmkmn'Ì'pf» (p. 263). La descrizione
pare condivisibile, ma merita díessere sottolineato un dettaglio per il quale ci soccorrono
ancora le fotografie dello ësmontaggio in corsoí pubblicate da Settis (Artemidoro. Un papi-
ro cit. 12s.), dove si immortalano fasi successive di intervento proprio sulla c. I. Come si
pu` vedere in fig. 10, il d di ef9dÔ'hij non sembra derivare da un semplice accostamento
parziale dei lembi divisi dalla frattura, previa distensione della superficie, e fra lo stadio
ëfotografatoí da Settis e lo stadio finale sembra mancare allíappello un micro-frammento
contenente proprio «la parte inferiore» del rho; anche in tal caso, per il poco che ci > dato
appurare, viene da pensare a operazioni di restauro tanto chirurgiche quanto laboriose. Do-
cumentarle, o almeno descriverle, gioverebbe alla tranquillit1 di tutti. In attesa che chiari-
menti ulteriori intervengano, si osserver1 a margine che l í i n s e r z i o n e d i l a c u n e
530 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

t r o p p o a m p i e per il testo da esse presupposto, cos2 come líinnaturale adattamento della


grafia alle lacune, sono caratteristiche ricorrenti dei falsi papirologici di Simonidis: un suo
vezzo o vizio ampiamente verificabile grazie ai papiri della collezione Mayer63. Pp. 264s.
Se le allegate motivazioni relative agli effetti collaterali del restauro lasciano, se non per-
plessi, almeno impazienti di piB dettagliate delucidazioni, non sembrano piB persuasivi i
paralleli papirologici addotti da G. e K. per dimostrare ciE che, a dire il vero, non richiede-
va dimostrazioni, ossia che «resti di lettere sopravvissuti sui bordi di una lacuna o su fibre
sfilacciate si incontrano dovunque, come ben sa chiunque trascriva papiri. Similmente si
trovano con una certa frequenza anche lettere spezzate sui bordi di una frattura o lettere
adiacenti che appaiono distanziate, perchH i lembi delle spaccature [Ö] non sono piB ricon-
giungibili» (p. 264). Seguono oltre quaranta esempi dei fenomeni Q che sarebbe stato op-
portuno distinguere per tipologie, piB che accumulare alla rinfusa Q attinti fra líaltro a P.
Mil. Vogl. VIII (Posidippo), P. Lille inv. 73 + 76a + 111 (Stesicoro), P. Tebt. II 265 (Ome-
ro), etc. Chi abbia la pazienza di percorrerli tutti si imbatterZ ora in singoli grafemi, e ora
in coppie di grafemi, attraversati da una frattura; si imbatterZ ora in lettere inghiottite da
una lacuna, e ora in lettere deformate in sHguito allíimperfetto ricongiungimento dei bordi;
si imbatterZ in lunghe lacerazioni verticali che affliggono plurime righe, e cos2 via. Quel
che non si incontra sono perE lacune smisurate a paragone del testo che esse presuppongo-
no, e tali da interessare una riga e non le righe adiacenti (il caso di ]^_`Ô`bcdef in fig. 9),
o lettere che, inabissandosi in una frattura, carsicamente riemergono intatte al di lZ di quel-
la frattura (il caso di ‰ijekık in figg. 7 e 8). Il profluvio di esempi portati da G. e K. rischia
dunque di convincere líosservatore spassionato che qualcosa di strano, in P. Artemid., ef-
fettivamente accade, nonostante la cautela che esige líosservazione tramite riproduzioni
(ancorchH ottime come quelle allegate allíe.p.). Peraltro, nellíandare a caccia di fenomeni
anomali lungo la superficie del P. Artemid., molto altro si trova oltre ai casi evidenziati da
Canfora; per limitarsi a due soli esempi, si veda in fig. 11 P. Artemid. I 13 enokf (di
pqkenokÛpepsef): qui lío t inconsuetamente ridotto nel modulo e elevato sopra la riga di
scrittura, cos2 da trovare il suo posto ñ mirabilmente completo in ogni dettaglio ñ nonostan-
te la lacuna che si apre al di sotto della lettera. Oppure, si veda in fig. 12 la distanza tuttíal-
tro che consueta fra j e e di veqdw in P. Artemid. I 38: un tale effetto di ëstaccatoí con-
sente alle lettere di risultare integre pur in presenza di frapposte micro-fratture della super-
ficie. Ora, in questi e in tanti altri casi che sarebbe facile censire (il papiro ne abbonda), la
domanda si impone: i traumi subiti dal supporto spiegano le anomalie della grafia, o la
grafia t anomala onde assecondare preesistenti traumi? Inutile cercare di fugare i sospetti
menzionando casi di fenomeni del tutto ovvi. Ancor una volta, quel che serve t una docu-
mentazione o descrizione dettagliata delle diverse fasi di restauro attraversate dal papiro: di
quanti e quali frammenti constava una volta giunto sul tavolo degli editori principi? Quan-
do e come sono stati rimontati? In quanti casi integritZ e continuitZ del supporto sono illu-
sorie, perchH frutto di aggiustamenti complessi? FinchH non si chiariranno questi e analoghi
punti, i dubbi resteranno forti e fondati.

Fin qui Int. P. Artemid. II, che disegna il quadro di una critica autenticistica
via via piB dubbiosa e piB cauta, perchH le aporie e le ammissioni díinesplicabilitZ
superano di gran lunga le certezze. E ciE t ampiamente suffragato da Int. P. Artemid.
III, sui cui contributi possiamo soffermarci in breve, anche perchH il testo occupa
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 531

meno della met, del volume (in gran parte costituito da immagini, spesso ripetute).

Nella sua Premessa (pp. 7-9), A(dornato) ricorda che «il reperto [Ö] C oggi esposto al
pubblico, con ricchezza di dettagli e di informazioni sulle molteplici vite e funzioni di questo
incredibile reperto archeologico» (p. 9). La notizia, oltre a sorvolare sullo spazio opportu-
namente concesso dal Museo delle Antichit, di Torino alla tesi del falso (cf. supra p. 511),
rinverdisce la tesi delle «molteplici vite» alla quale in pochi, oggi, sembrano credere ancora.
Lo stesso A. apre il volume (P. Artemid. and C. Simonidesí original drawings, pp. 11-35)
con uno dei contributi piM battaglieri: suo scopo C negare tutte le somiglianze fra i disegni
esibiti dal papiro e un gran numero di opere moderne via via richiamate, fra gli altri, da M.
Calvesi e A. Ottani Cavina. Si tratta di opinioni impressionistiche, sostiene A., enunciate da
studiosi per i quali «the difference between style and iconography is not very clear» (p. 11);
giudizio piuttosto severo, dati gli storici dellíarte coinvolti, e dato che lo stesso A., nelle sue
argomentazioni, insiste a iosa sulle differenze di tecnica artistica (pp. 12, 15s.), ben poco o
quasi nulla sulle differenze di stile. Ovviamente, il fatto che «at Simonidesí time no drawing
on papyri were published and known!» (p. 16, esclamativo dellíautore) non significa nulla
per chi conosce le spericolate invenzioni del falsario, capace di inventarsi un Esiodo in
scrittura bustrofedica, un Omero in scrittura pelasgica, o un altro Omero [ quello di Ales-
sandro, nientemeno ñ scritto su una «sottilissima pergamena» incredibilmente datata al IV
sec. a.C.64; o capace di sfogare la sua passione per inscriptiones e subscriptiones in scrittura
figurata anche su supporti inconciliabili, per datazione dichiarata, con tale particolarit,65. Ma
il principale obiettivo polemico di A. C Janko (o.c. 407-410), colpevole di aver sottolineato
le analogie fra il primo dei volti barbati di P. Artemid. (R1) e il ritratto di S. Matteo che
impreziosisce il frontespizio di Simonidis, Fac-Simile cit. (pl. 1, fig. 1). Su questo punto A.
C netto: il ritratto non C attribuibile a Simonidis. Per questa perentoria diagnosi lo studioso
non si affida a considerazioni ëdi stileí, ma a un dato contestuale: Simonidis (Fac-Simile cit.
79) protesta contro il litografo che, in sua assenza, avrebbe arricchito di fronzoli e bellurie
líoriginario disegno, non trovandolo «handsome enough, according to his modern ideas of
taste». Invece ñ prosegue A. [ un disegno sicuramente attribuibile a Simonidis, perche da
lui firmato, C la tavola che chiude la Syma;s cit., la cui legnosa rozzezza dimostrerebbe che
il falsario non puf essere líautore dei disegni recati da P. Artemid. (p. 19), ne ebbe mai le
capacit, pittoriche da lui millantate (p. 20). Ora, la debolezza di questo ragionare C lampante:
anche a sospendere il giudizio sulla qualit, dei disegni inclusi in P. Artemid. [ gli esperti
ondeggiano e hanno i pareri piM vari (cf. infra p.  533) [ come non sospettare civetteria, e
insieme guardinga prudenza, nei depistanti improperi che Simonidis rivolge allíanonimo (e
certo immaginario) litografo66? Niente di piM normale per un abilissimo manipolatore pronto
a dichiarare autentico il falso e falso líautentico, onde accreditarsi ñ con sovrana improntitu-
dine ñ quale indefesso cacciatore di contraffazioni67. E allora precisiamo [ poiche A. sorvola
e parla di «unsigned drawing of St. Matthew» (p. 19) [ che il ritratto C e s p r e s s a m e n t e
a t t r i b u i t o d a S i m o n i d i s a s e s t e s s o («the copy is given was taken [Ö] by C.S.»,
recita líinequivocabile didascalia ad l.); il falsario non manca nemmeno di riportare le misure
dellíoriginale («the figure of the original is oval 2½ English feet in height by 2 in width»,
ibid.): tale originale consisterebbe in un affresco atonita di V sec., eseguito da Hierotheus
(cf. ibid. 32), allievo di quel Panselenos di Tessalonica (XIII-XIV sec.) che Simonidis data
al V-VI sec. e al quale attribuisce di tutto, ivi compresa la precocissima invenzione della
fotografia vel ëeliotipiaí (sic! Cf. ibid. 8s. e relative note: qui C somma la sfacciataggine del
532 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

falsario che, da buon misogallo, contrappone il genio di Panselenus alle tardive invenzioni
di Daguerre)68. Bisogna dunque essere grati ad A. per aver sottolineato la giocosa postilla di
p. 79, che ci consente di capire meglio la mentalitD di Simonidis: da un lato, egli enfatizza
líinterrotta continuitD fra líarte classica e líarte bizantina, di cui Panselenos H líemblema
(cf. ibid. 32), secondo un ideale di ëgrecitD perenneí che fu tipico del falsario-patriota69; dal
lato opposto, egli rimarca il contrasto fra tale ideale e la corrotta modernitD (le aggiunte del
litografo), mostrandosi peraltro ben conscio di offrire ai lettori una riproduzione del tutto
anacronistica. Il suo, dunque, H un singolare misto di consapevolezza e inconsapevolezza
storica; se la sua testarda fiducia in un Griechentum perpetuo fa di lui un candidato ideale per
il progetto grafico di P. Artemid., la sua capacitD imitativa e il suo ëpluri-stilismoí mettono
in guardia contro i giudizi, tanto schematici quanto ingenui, di chi vorrebbe riconoscere o
misconoscere a colpo sicuro la mano del versatile Simonidis.
Del contributo di J. Elsner (Backgrounds and shadows in the Artemidorus Papyrus, pp.
37-76) colpiscono le proemiali lagnanze sullíimpossibile accesso allíoriginale, corredate da
nutriti dubbi sullíaffidabilitD delle riproduzioni rese disponibili via DVD (p. 38). Pur con
queste premesse, Elsner identifica in P. Artemid. tre «very different strategies of graphic
representation» (p. 49), esemplificate rispettivamente dalla mappa, dai disegni del recto e
da quelli del verso; lo studioso ñ con uníidea di cui si ammira líaudacia ñ sembra credere
comunque a un progetto unitario comprensivo di testi e disegni, entro il quale líesuberante
inventiva del verso serve forse a bilanciare líessenzialitD grafica della mappa (p. 46); di
piV: forse «the verso symbolically alludes to the difficulties of the human world, which the
map elides» (ibid.). Il disegnatore del verso sarebbe dunque una sorta di antico dadaista
che, di fronte alla troppo asettica mappa, avrebbe reagito disegnando sul verso un serraglio
di bestie e bestiole, fra cui oche, polli e pesci-palla (senzíaltro alludenti «to the difficulties
of the human world»). Fortunatamente, líidea H espressa con qualche cautela; ma, se non
mi sbaglio, senza ironia alcuna.
I. PajZn Leyra (Paradossografia visiva sul papiro di Artemidoro, pp. 77-92) censisce
presunte somiglianze fra il genere della paradossografia e lo stile grafico del P. Artemid.:
somiglianze, purtroppo, tanto generiche quanto inconsistenti (due caratteristici esempi: i
paradossografi, come líartista di P. Artemid., prediligono la «raccolta discontinua di elementi
indipendenti», p. 80; «si potrebbe forse parlare nel caso dei disegni del Papiro di Artemidoro
di materiale di carattere ìpara-artisticoî, come si parla di materiale ìparaletterarioî [Ö]; la
paradossografia, díaltra parte, H un genere molto vicino allíambito paraletterario», p. 89).
Come Elsner, anche PajZn Leyra immagina un progetto unitario, e valorizza le ipotesi di
S. Micunco (Figure di animali: il verso del Papiro di Artemidoro, «QS» XXXII/64, 2006,
5-43: 9-15) sulla probabile ispirazione artemidorea (cf. Strab. XVI 4,15s.) di alcuni fra gli
animaletti immortalati sul verso del papiro; ipotesi ñ tocca ricordarlo ñ che fu tra i primi atti
díaccusa contro líautenticitD del reperto. Ora essa H piegata a suffragare la coerenza profonda
del papiro, come giD fece ñ pur di passaggio i DíAlessio (o.c. 42)70. Nk DíAlessio, nk PajZn
Leyra sembrano turbati allíidea di un monstrum librario cosiffatto, che la teoria delle ëmultiple
viteí aveva almeno il vantaggio di non attribuire a una sola (diabolica?) intenzione díautore71.
Il breve saggio di E.M. Moormann (Linee di contorno e disegni nella pittura greco-
romana. Collegamenti con i disegni del Papiro di Artemidoro, pp. 93-104) contraddice gran
parte dei giudizi o impressioni che precedono: egli giudica difficile da appurare, e in ultima
analisi «vago» (p. 98), il rapporto con la pittura antica; e nega líunitarietD progettuale del
papiro sotto il profilo grafico (ibid.). Quot capita, tot sententiae.
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 533

Sul carattere eccezionale del reperto insiste anche H. Whitehouse (Birds, beasts, and
a unicorn at Oxyrhynchus, pp. 105-127), che in pi> sottolinea ñ contro Elsner ñ il carattere
abborracciato e dilettantesco di molti disegni (pp. 110s.). Del papiro quasi non si occupano,
se non per vaghissimi cenni, A. Schmidt-Colinet (The reconstruction and distribution of
pattern books in the Roman empire. Some archeological evidence from Palmyra, pp. 129-
146) e A. Stauffer (Zum Gebrauch von MusterblBttern in der antiken Textilherstellung,
pp. 147-164).

Tiriamo le somme. Imprudentemente celebrato come reperto ormai al riparo da


ogni sospetto, P. Artemid. ñ stando alle argomentazioni di quasi tutti i suoi avvo-
cati ñ si rivela per ciO che P: un oggetto misterioso, ancora in attesa di spiegazioni
convincenti, nelle sue singole sezioni (testi, mappa, disegni) e nel suo insieme.
Si puO ben dire che dei quattro rilevanti metadati forniti per il nostro papiro dal
LDAB («Artemidorus of Ephesus [Ö] Geographia 02, with map of Spain; dra-
wings») solo «drawings» non richiede correzioni: il resto P tutto da riformulare.
Il testo ëproemialeí non P di Artemidoro, e la sua natura resta incomprensibile; lo
stesso ëArtemidoroí della c. IV (con le colonne seguenti) sarebbe Artemidoro per
modo di dire: estratto, manipolato, sfigurato o copiato male, nella migliore delle
ipotesi; la ëmappaí non si intende in nessun modo, e i disegni sparsamente disse-
minati sul recto e sul verso si giudicano e si classificano come a ciascuno piace; in
generale, che cosa il papiro sia, chi líabbia voluto o ridotto cos_, per quali ragioni
e in quante fasi, nessuno osa dire. Come se non bastasse, le fotografie a corredo
e a sostegno del papiro ñ non solo quella del famigerato Konvolut ñ continuano a
risultare sospette o manifestamente inverosimili. Le ipotesi canonizzate dallíe.p.,
e da tanti altri successivi contributi di tenore apologetico, sono ormai abbandonate
dalla maggior parte degli studiosi; ipotesi alternative, del resto, non si intravedono.
Tra avvocati scettici e fuoco amico, líeccezionalit` del reperto si impone or-
mai chiara, ma P sempre pi> difficile intenderla in bonam partem. Dieci anni fa ci
fu chi scrisse che líattribuzione a Simonidis «involves a great deal of altogether
fantastic ad hoc hypothetical constructions»72. Líaffermazione P pressochb ribaltata
dallíimponente, frastornante sequenza di ëipotesi ad hocí testimoniata dai contributi
qui discussi. Alcune di tali ipotesi, come si P visto, sono decisamente «fantastic»;
altre sono studiatamente evasive; altre ancora rappresentano desolanti rinunce a
capire o confessano, pi> onestamente, líimpossibilit` di capire. Tutto ciO ispira
una domanda semplice, chiara, non evitabile: a l l o s t a t o d e i f a t t i , q u a l P
líipotesi pi> economica?

Dip. di Filologia Classica e Italianistica FEDERICO CONDELLO


Via Zamboni 32 ñ I-40126 Bologna federico.condello@unibo.it

1
A. Codacci-Spisanelli, La disfida del Papiro, «LíEspresso» (4.4.2013) 84-87, con interventi
di G.B. DíAlessio, J. Hammerstaedt e altri: un confortante esempio di giornalismo dotto, che mi
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piace citare in esordio perch0 non condivido il sottile disprezzo manifestato da Hammerstaedt
(Int. P. Artemid. II p. 221) e da Gallazzi-Kramer (ibid. 258 n. 4) per ci@ che si pubblica in
«quotidiani o periodici popolari». Ma tale disprezzo, evidentemente, non H condiviso nemmeno
da chi ha sollecitato il servizio su «LíEspresso».
2
J. Elsner (ed.), New studies on the Artemidorus Papyrus, «Historia» LXI (2012).
3
Tra le recensioni a me note, una piQ equilibrata valutazione di Int. P. Artemid. II si
deve a A. Hausalter («M0langes de la Casa de VelVsquez» n.s. XLIV, 2014, 277-280), che ñ
pur schierato per líautenticitY del papiro ñ evidenzia le molte domande che gli editori principi
continuano a lasciare senza risposta.
4
Mi riferisco a C. Simonidis, Opere greche I. Eulyros di Cefalonia, >?@ABÌ / E@?F˘HA@I.
Liste di manoscritti greci (1848-1864), a c. di L. Canfora-M.R. Acquafredda-M. Caratozzolo-V.
Cuomo, Bari 2012 (volume discusso in Costantino Simonidis, o la pietas del falsario, «Eika-
sm^s» XXIV, 2013, 491-503) e a R. Schaper, LíOdissea del falsario. Storia avventurosa di
Costantino Simonidis, intr. di L. Canfora, con un saggio di L. Bossina, trad. it. Bologna 2013.
Líimportante saggio storico-biografico di Bossina (Il falsario conservatore. Simonidis e líorto-
dossia, tra Russia e Stati Uniti, ibid. 185-294) si pu@ leggere ora, in forma aggiornata, in Id.,
Konstantinos Simonides, die Vereinigten Staaten und der Ñgriechische Lutherì, in A.E. M`ller-
L. DiamantopoulouñC. GastgeberñA. Katsiakiori-Rankl (edd.), Die get\uschte Wissenschaft.
Ein Genie betr_gt Europa - Konstantinos Simonides, Wien 2017, 143-186. Ma tutto il volume
viennese H di enorme utilitY per meglio comprendere questa eccezionale figura di falsario, che
ha ormai riguadagnato un posto di riguardo nella storia degli studi classici.
5
R. Janko, The Artemidorusí Papyrus, «CR» LIX (2009) 403-410; T.M. Banchich, Arte-
midorus of Ephesus (438) (2010), in I. Worthington (ed.), Brillís New Jacoby, <http://dx.doi.
org/10.1163/1873-5363_bnj_a438> (ultimo accesso: 13.6.2018). Nettamente incline allíipotesi
del falso anche J.A. Delgado Delgado, rec. L. Canfora, El viaje de Artemidoro. Vida y aventuras
de un gran explorador de la Antig_edad, Madrid 2011 (ed. or. Il viaggio di Artemidoro. Vita
e avventure di un grande esploratore dellíantichitf, Milano 2010), «Fortunatae» XXIII (2012)
151-154.
6
A. Grafton, Forgery, in A. G.-G.W. Most-S. Settis (edd.), The Classical Tradition,
Cambridge, Mass.-London 2010, 361-364: 361s. e 364. Si veda ibid. 170-175, a firma dello
stesso Grafton, la voce Cartography, dove allo stesso modo si ricorda la querelle artemidorea
e si osserva che nulla si pu@ ricavare, circa la storia della cartografia antica, dalla ëmappaí del
sospetto papiro (pp. 170s.). Come vedremo, líopinione H largamente condivisa.
7
Cf. F. Montanari-D. Muratore, Parole del Papiro di Artemidoro, in C. Gallazzi-B. Kramer-
S. Settis, con A. Soldati (edd.), Intorno al Papiro di Artemidoro, I. Contesto culturale, lingua,
stile e tradizione. «Atti del convegno internazionale del 15 novembre 2008 presso la Scuola
Normale Superiore di Pisa», Milano 2010, 117-138. Un altro esempio di atteggiamento nel com-
plesso cauto H offerto da S. BianchettiñM.R. CataudellañH.-J. Gehrke (edd.), Brillís companion
to Ancient Geography. The Inhabited World in Greek and Roman Tradition, Leiden-Boston
2015, dove i richiami al P. Artemid. sono sorprendentemente scarsi: vi fanno ricorso solo G.
Cruz Andreotti, Rome and Iberia. The making of a cultural geography, 274-297: 285-289 (con
un giudizio assai sfumato sulla piena attribuzione ad Artemidoro) e M. Rathmann, The Tabula
Peutingeriana and antique cartography, 337-362: 351s. (ben piQ netto; cf. p. 351 n. 56: «the
debate on the authenticity of the papyrus may be considered settled»).
8
Cf. O. Giustetti, Non solo Artemidoro: i papiri misteriosi finiscono in Procura, «Il Venerds
di Repubblica» (18.11.2015) 41; Ead., La Procura indaga ora sul papiro, «La Repubblica ñ To-
rino» (30.11.2015) III; M. Bardesono, Papiro di Artemidoro, síindaga per ricettazione, «Corriere
della Sera» (03.12.2015) 41. In occasione degli interrogatori a numerose persone informate dei
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 535

fatti ' riferiscono le citate cronache ' 0 emerso che líesorbitante cifra pagata per il papiro (€
2.750.000) avrebbe compreso, per líammontare di € 250.000, i 25 papiri documentari che la
versione ufficiale vuole conviventi con P. Artemid. allíinterno dellíormai leggendario Konvolut
(su cui supra p.  521). Per le ultime notizie, relative allíarchiviazione dellíinchiesta, cf. S. Lo-
renzetti, Papiro di Artemidoro allíesame dellíinchiostro, «La Stampa ñ Torino» (10.8.2017) 47.
9
Tale serie iniziN proprio nel 2008, ad una con líuscita dellíe.p. (Il papiro di Artemidoro
(P. Artemid.), edito da C. Gallazzi-B. Kramer-S. Settis, con la collab. di G. Adornato-A.C.
Cassio-A. Soldati, Milano 2008), ma anche nel momento piU intenso della querelle suscitata da
L. Canfora. Gli atti di quel primo convegno sono in Gallazzi-Kramer-Settis-Soldati (o.c.) e sono
stati discussi in Artemidoro come vero, «EikasmYs» XXI (2010) 491-524.
10
Un contributo decisivo 0 venuto da G.B. DíAlessio (On the ìArtemidorusî papyrus,
«ZPE» CLXXI, 2009, 27-43), dopo le premonitorie proposte di G. Nisbet (P. Artemid. The
sequence of the fragments, in K. Brodersen-J. Elsner [edd.], Images and Texts on the Artemi-
dorus Papyrus. «Working Papers on P. Artemid. [St. Johnís College Oxford, 2008]», Stuttgart
2009, 19-22); pressochg contemporaneamente, a conclusioni analoghe giungeva G. Bastianini
(Sullíavvolgimento del rotolo di Artemidoro, «APF» LV, 2009, 215-221). Líanticipazione delle
cc. IV e V rispetto alle cc. I-III 0 del tutto indifferente alla questione dellíautenticitj, e la rece-
pisce anche L. Canfora ([ed.], Pseudo-Artemidoro. Epitome: Spagna. Il geografo come filosofo,
Roma-Padova 2012).
11
D. M., Le papyrus díArtGmidore: le livre, le texte, le dGbat, «RHT» V (2010) 333-371.
12
Cf. L. Canfora, Il papiro di Artemidoro, con contributi di L. Bossina-L. Capponi-
G.  Carlucci-V. Maraglino-S. Micunco-R. Otranto-C. Schiano e un saggio del nuovo papiro,
Roma-Bari 2008, 265-275. Líaddebito 0 stato ripetuto in numerose altre sedi.
13
Per qualche contro-argomentazione del primo tipo, cf. per es. Gallazzi-Kramer-Settis,
o.c. 219s.; S. Settis, Artemidoro. Un papiro dal I secolo al XXI, Torino 2008, 47-49 («il termine
Lusitania, gij usato da Polibio, ha manifestamente nel nostro contesto un valore meramente
geografico e non politico-amministrativo. Indica la regione, dai confini assai fluidi, occupata dai
Lusitani, che ebbero scontri coi Romani dal 194 a.C. allíetj di Cesare»); M. West, All Iberia
is divided into two parts, in Brodersen-Elsner, o.c. 95-101: 99 («a vague expression that may
only mean ìwhat is on the Lusitanian sideî»; la spiegazione 0 ora sposata, in Int. P. Artemid.
II, da J. Engels, p. 148). Per una difesa del papiro sul piano storico, P. Moret, La Lusitanie
díArtGmidore, «Palaeohispanica» X (2010) 113-131; L. Porciani, La Lusitania nel II secolo A.C.
Nota a P. Artemid., col. IV, 11-14, «RFIC» CXLI (2013) 218-226.
14
A una spiegazione analoga ricorrevano Gallazzi-Kramer-Settis (o.c. 120) per giustificare
le discrasie fra P. Artemid. e le altri fonti; ben piU oneroso 0 ipotizzare che i criteri di misura-
zione mutassero, tacitamente, entro la stessa fonte.
15
Esitano perN Gallazzi-Kramer-Settis (o.c. 252), che prendono seriamente in considera-
zione la possibilitj di emendare Strabone, liquidando ogni traccia di Ossonoba e garantendo
coss líaccordo con P. Artemid. t un buon esempio dei danni collaterali che, sul piano critico-
testuale, puN comportare il rifiuto di considerare almeno dubbio P. Artemid., quanto a paternitj
o credibilitj complessiva.
16
Su Korais e sul relativo contesto ideologico-culturale 0 da vedere L. Bossina, Geografia
e patriottismo neogreco tra Sette e Ottocento, in Canfora, Il papiro di Artemidoro cit. 390-420,
in part. 403-407. Ma si legga anche L. Droulia, The classics in the service of renascent Greece:
Adamantios Korais and his editorial works, «Humanitas» XLIX (1997) 245-261.
17
Sul contributo qui si sorvola, perchg nulla aggiunge in termini storico-filologici la sua
natura di disquisizione linguistica su toponimi che in gran parte prescindono dalla testimonianza
di P. Artemid.
536 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

18
Molto si , scritto, pro P. Artemid., muovendo da Ipsa e Kilibe (c. V 32 e 34), toponimi
noti solo per via numismatica; «Ipsa», in particolare, scoperto nel 1986, , parso agli autenticisti
un argomento formidabile contro la diagnosi di falsitG (cf. e.g. Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 252;
DíAlessio, o.c. 32s.). Ma anche ammesso che le legende monetali «Cilpes» e «Ipses» abbiano
a che fare con quanto attestato da P. Artemid. (nel primo caso ne dubitano anche gli editori
principi: cf. Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 256), le plausibili fonti antiche dei due toponimi ñ fa-
cilmente attingibili per Simonidis ñ sono state da tempo riconosciute: cf. e.g. Canfora, Il papiro
di Artemidoro cit. 313-315; G. Carlucci, 123Û56, «QS» XXXIV/68 (2008) 263s.; Id., LíIpsa dello
Pseudo-Artemidoro, «QS» XXXV/70 (2009) 387-407; L. Canfora (ed.), Artemidorus Ephesius.
P. Artemid. sive Artemidorus personatus, Bari 2009, 28 e 30-32. Dichiarare poco persuasive tali
agnizioni, senza dire perch[, , via díuscita un poí troppo facile; cos\ fa per] I. Paj`n Leyra, Ipsa:
Hispaniae fluvius. Bocaccio y el Papiro de Artemidoro, «Palaeohispanica» X (2010) 591-600.
19
Si vedano rispettivamente: P. Parsons, P.Artemid.: a papyrologistís view, in Brodersen-
Elsner, o.c. 27-33; Id., The Artemidorus papyrus in Graeco-Egyptian context, in Gallazzi-Kramer-
Settis-Soldati, o.c. 19-28; S. Colvin, P. Artemid.: text, proem, koinK, ibid. 69-78: 77s.; DíAlessio,
o.c. 34 e 41; Rathbone, o.c. 445; R. Tosi, Non Asiani, sed asini, in L. Canfora (ed.), Il papiro
di Artemidoro. «Convegno internazionale di studio. Rovereto, 29-30 aprile 2009», Rovereto,
TN 2009 = «AARov», s. 8 IX (2009) 35-54: 37s. Ma non sono che alcuni fra i tanti giudizi di
condanna espressi sul verbiage delle cc. I-III.
20
C.M. Lucarini, Il nuovo Artemidoro, «Philologus» CLIII (2009) 109-134: 111-113. Circa
lo stile del ëproemioí, lo studioso si limita a far sua la tesi asiana di A.C. Cassio, Lingua e stile
nel testo del rotolo, in Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 134-139 (e quindi, con maggior cautela, Id.,
Cultura ellenistica e linguaggio religioso in Artemidoro, in Gallazzi-Kramer-Settis-Soldati, o.c.
79-90). Il cuore del suo argomento , invece nel confronto con Strab. II 5,1 hijÚ lÓ nopq irÙq
htjÛvowq xızo{q |wvj}~q h|n{v  hz}jÛr€|{q nq ‚jnÔr„q Õio|}Ô|j†q, x„‡ıvnjq ˆr}v
ŠnÔr„v xÔz†‚jv, ≈n{ ljp nÙv }†rozr„Œjpv hi{}j{rovn„ ioxxÏ nv Œw|{tq nj t„Ú
‚„€‚„n{tq xjzo‚Ôv†v ÕioÔ|„{, t„Ú irÙq nv htjÛv†v Õiıvo{Ìv nj t„Ú iÛ|n{v nÏ Š’q
ir„z‚„nj˜j|„{. j”r€n„{ zÌr, ≈n{ oÃlí o∞tolı‚oq, oÃlí ˆr}{nÔtn†v o∞tۄv ¢ iıx{v ˜lr|„{
t„xq o∑ıq nj zÔvo{ní šv ˆirovo~n†q ›}†v tx{‚Ìn†v nj nv t„nÏ nÙv oÃr„vÙv t„Ú |}€‚Ìn†v
nj t„Ú ‚jzjv t„Ú Ìxiowq t„Ú œ˜}owq t„Ú xx†v no{o˜n†v, ‚~ nÛ zj nv ≈x€v o∞tow‚Ôv€v
noiojnv tnx. Il confronto non regge ñ e anzi finisce per enfatizzare le intollerabili stranezze
di P. Artemid. ž perch[ Strabone denuncia espressamente di volersi soffermare, in una sorta di
secondo incipit, su alcuni concetti chiave (x„‡ıvnjq ˆr}v ŠnÔr„v xÔz†‚jv tnx.): niente a che
vedere con líattacco ex abrupto del presunto ësecondo proemioí artemidoreo. Non solo: Strabone
non riepiloga i concetti generalissimi forniti in I 1-II 4, ma si sofferma su quanto gli serve per
introdurre la specifica trattazione che segue (líimportanza del modello astronomico-geometrico
per il geografo che deve stabilire le partizioni basilari della terra), non senza un esplicito nesso
analettico rispetto a quanto precede (le critiche ai predecessori: nopq irÙq htjÛvowq xızo{q tnx.).
Niente a che fare con il ëproemioí di P. Artemid., il cui autore peraltro ž come lo stesso Lucarini
ammette (o.c. 113) ž parla indiscutibilmente nei termini di un annuncio o preannuncio ambizioso
(I 2s. nq ≈x€q hi{|n~‚€q hiÛlj{’{v io{jp|„{, 7 hi„zzjxۄv n„˜n€v) al quale nulla segue.
21
Durante il convegno «Verleugnete Rezeption. F lschungen antiker Texte», Freiburg,
22-24 settembre 2011. Cf. L. Bossina, Epistula ad Wolfgangum Koflerum de papyro quae falso
Artemidoro adscribitur, in W. Kofler-A. Novokhatko (edd.), Verleugnete Rezeption. FVlschungen
antiker Texte, Freiburg-Berlin-Wien 2017, 365-372: 366.
22
D. Sedley, Philosophy in the Artemidorus papyrus, in Gallazzi-Kramer-Settis-Soldati,
o.c. 29-53. Lo studioso tenta di dimostrare il carattere filosofico del proemio tramite lo stra-
tegico prelievo di isolate parole-chiave, piuttosto aleatoriamente confrontate con scampoli di
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 537

terminologia medio-platonica, fra Carneade e Filone di Larissa; il procedimento 9 assai debole


e consentirebbe di attribuire carattere filosofico finanche alle tavolette micenee. Rinvio ad Ar-
temidoro come vero cit. 492s., 500-503 per una discussione dei singoli argomenti.
23
Si veda, uno per tutti, L. Bossina, Riconosciuto che non 1 Artemidoro, che cosí1? Tre
osservazioni e uníipotesi, in Canfora, Il papiro di Artemidoro cit. 133-147: 135-137.
24
Bastino, su ciH, le pagine ormai classiche di G. Aujac (Strabon et la science de son
temps. Les sciences du monde, Paris 1966, 50-82).
25
Per una rassegna delle opinioni in merito, cf. F. Condello, Artemidoro 2006-2011: líul-
tima vita, in breve, «QS» XXXVII/74 (2011) 161-256: 203-205.
26
Chi voglia avere un impietoso regesto delle difformitX fra P. Artemid. e i dati artemi-
dorei fin qui noti per via indiretta puH ricorrere ora anche al lavoro di M. Albaladejo Vivero,
Acerca del contorno costero de la Iberia de Artemidoro, in F.J. Gonz]lez Ponce et al. (edd.), La
letra y la carta. DescripciGn verbal y representaciGn grIfica. «Estudios en honor de P. Janni»,
Sevilla 2016, 119-130.
27
Di fronte al carattere un poí troppo tempestivo di questa nuova agnizione 9 inevitabile
sentirsi a disagio: cf. L. Canfora, Truccare numeri, «QS» XXXIV/68 (2008) 259s.
28
Mescolati, si intende, a tratti di grossolanitX e incuria indubitabili; e proprio perciH
sulla natura effettivamente ëdi lussoí del reperto le valutazioni sono oscillanti: cf. in sintesi
Artemidoro 2006-2011 cit. 211-213. Le tesi contrapposte ñ libro di pregio o grossolano eser-
cizio ñ hanno avuto una compromissoria sintesi in L. Porciani (Il Papiro di Artemidoro: per
uníinterpretazione della sequenza testuale, «APF» LVI, 2010, 207-231), che giunge a ipotizzare
una ëbozza di libro di lussoí.
29
Il tema qui non interessa, anche se il contributo si apprezza per finezza esegetica (e
speriamo non sfugga, data líinattesa sede, agli studiosi planudei). Pontani commenta, traduce e
arricchisce di un nuovo testimone manoscritto il componimento esametrico di Planude, in lode
di Tolemeo, da lui giX edito in F. P., The world on a fingernail. An unknown Byzantine map,
Planudes, and Ptolemy, «Traditio» LXV (2010) 177-201 (una precedente edizione in A. Ste-
ckelberger, Planudes und die Geographia des Ptolemaios, «MH» LIII, 1996, 197-205). Il testo
planudeo porta qualche argomento per uníorigine non bizantina, ma tardo-antica, delle mappe
che accompagnano la tradizione manoscritta di Tolemeo. Niente a che fare con Artemidoro: la
legittimitX di immaginare un composito insieme di testo e mappe per il I sec. a.C. 9, come ab-
biamo visto, al centro di valutazioni opposte, e in ogni caso non 9 sostenuta da documentazione
alcuna. Non ne porta ñ ovviamente ñ líeventuale possibilitX che le mappe tolemaiche derivino
da un esemplare perduto di V/VI secolo. Lo stesso Pontani, in effetti, non puH esprimersi che
in termini molto generici e prudenti: «sarX da pensare [Ö] che n e i p r i m i s e c o l i d e l l í 9 r a
c r i s t i a n a circolassero codici ben equipaggiati con mappe regionali e generali, f o r s e e r e -
d i t a n d o una tradizione precedente oggi del tutto scomparsa» (p. 205, spaziati miei).
30
Gallazzi-Kramer-Settis, Il papiro di Artemidoro (P. Artemid.) cit. 78. Da questo assunto
ñ con conseguente ipotesi di una mappa incompiuta ñ muove ancora Rathmann (o.c. 351s. e
354): ma si tratta ormai di un punto di vista residuale.
31
Per le due dichiarazioni a confronto ñ quella di L. Koenen fu comunicata per litteras a
L. Canfora il 19 ottobre 2010 ñ cf. Canfora, La meravigliosa storia cit. 45s.
32
La si 9 ammirata per la prima volta in Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 61, e poco dopo in
S. Settis, Artemidoro. Un papiro dal I secolo al XXI, Torino 2009, 8.
33
La bibliografia essenziale sul tema comprende almeno S. Bozzi et al., Indagine tecnica
sul Konvolut. Nuove prospettive di analisi sul Papiro di Artemidoro, «QS» XXXV/70 (2009)
273-316; Id., Il gioco delle tre stelle, in L. Canfora, La vera storia del papiro di Artemidoro,
Catania 2010, 107-111; líinsieme dei contributi raccolti in L. Canfora et al., Fotografia e falsi-
538 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

ficazione, San Marino 2011. Per un quadro pi6 ampio, cf. Artemidoro 2006-2011 cit. 221-229.
Oggi sappiamo che sulla falsitB della fotografia ebbero a convergere i sospetti del Ministero
dei Beni Culturali: consenso di una certa portata, anche sul piano legale; di ciI ha dato pubbli-
ca testimonianza a Bologna, nel luglio del 2013, líallora sovrintendente dei Beni archeologici
dellíEmilia Romagna, F. Gambari (cf. F. Condello, Il papiro di Artemidoro e líenigma della
ìfalsa fotoî, «Corriere della Sera» 13.7.2013, 51).
34
Fin dalla prima denuncia di Bozzi e della sua ;quipe: cf. J. Hammerstaedt, Come fa a
essere un papiro falsato?, in Canfora, Il papiro di Artemidoro. «Convegno internazionale [Ö]»
cit. 83-103: 103 n. 100.
35
Per stare alle pi6 vistose macropartizioni del papiro; in veritB, ne contava ancor di pi6
la proekdosis di C. Gallazzi-B. Kramer (Artemidor in Zeichensaal. Eine Papyrusrolle mit Text,
Landkarte und SkizzenbMchern aus spNthellenistischer Zeit, «APF» XLIV, 1998, 189-208: 191-
194). E sparsi frammenti galleggianti mostra una delle fotografie edite in Settis, Artemidoro. Un
papiro cit. 11. Difficile, del resto, dire il numero esatto dei frammenti, visto che siamo di fronte
a un «caleidoscopio di pezzi e pezzetti di varia tonalitB cromatica [Ö], variamente incollati e
talora rabberciati con disinvolte sovrapposizioni di lembi e una spericolata sarabanda di fibre»
(Canfora, La meravigliosa cit. 173); e visto che ñ non dimentichiamo líincredibile dettaglio ñ un
frammento si sarebbe addirittura perso in fase di restauro: esso compare solo sulla famigerata
fotografia del Konvolut (settore nr. 5). Su questo inquietante smarrimento cf. per es. R. Otranto,
Sullíanatomia dellíArtemidoro, «QS» XXXIV/68 (2008) 221-235: 223; liquidano líepisodio come
normale Gallazzi-Kramer, FMnfzehn Monate cit. 192.
36
Il miglior profilo ëin epitomeí g Canfora, La meravigliosa cit. 119-127. Molto altro si
trova ora in Mhller et al., o.c.
37
O meglio: líha pensato Settis, in un suo vivace tentativo di mettere in burla líipotesi
avversa; cf. Artemidoro, ecco perch; quel papiro T autentico, «La Repubblica» (13.3.2008) 50:
«compilato il suo papiro, [Simonidis] lo arrotolI e lo bagnI delicatamente, in modo che tracce di
scrittura e di disegno si imprimessero sui punti di contatto dei fogli lasciandovi tracce non visibili
ad occhio nudo, ma che sarebbero state scoperte centíanni dopo con líanalisi riflettografica agli
infrarossi ad altissima definizione (ma le foto agli infrarossi sono in uso dal 1942). A questo
punto, il falsario si accani sulla sua creazione, strappandola, appallottolandola e buttandone via dei
pezzi sostanziali per inserirla in un cartonnage (ma per quasi tutto líOttocento non si sapeva come
smontare un cartonnage). Anzi, per rendere ancor pi6 complessa la truffa, inseri nel cartonnage 25
papiri documentari, scritti da altrettante mani (o tutti falsificati da lui? Si attendono lumi da Bari),
avendo cura di strappare anche questi in minuti pezzetti (ma si sa che i falsi di Simonidis hanno
tutti la sua riconoscibile grafia). Coi frammenti fabbricI un cartonnage-trappola, pregustando il
momento in cui sarebbe stato smontato e avrebbe rivelato a qualche gonzo testi e immagini». Il
pezzo g brillante, ma manca il bersaglio, perchk tenta di inficiare ipotesi mai formulate da alcuno
e decisamente non necessarie, visto che non sappiamo ñ e non sanno nemmeno gli editori ñ in che
forma si presentasse il papiro prima del suo presunto ësmontaggioí. Tutto, notoriamente, dipende
dalla famigerata fotografia del Konvolut e dai racconti di Simonian.
38
Cf. R.G. Babcock-S. Emmel, A mirror text of Thucydides VII 33-35, «APF» XLIII (1997)
239-245. Vanno aggiunti ora gli esempi di ëscrittura a specchioí registrati sui papiri documentari
che ñ secondo la vulgata del venditore e degli editori principi n avrebbero condiviso con P. Ar-
temid. la permanenza nel Konvolut: cf. C. Gallazzi-B. Kramer, Alexandrinische Ephebenurkunden
aus dem Konvolut des Artemidorpapyrus (P.Alex. Epheb.), «APF» LX (2014) 117-153.
39
M.L. Nardelli, Ripristino topografico di sovrapposti e sottoposti in alcuni papiri erco-
lanensi, «CErc» III (1973) 104-115.
40
Líimportante intervento, purtroppo, non ha visto la luce nei relativi atti; se ne puI leg-
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 539

gere una sintesi in Cronaca del Convegno ìIl papiro di Artemidoroî, «QS» XXXV/70 (2009)
321-330: 324.
41
Cf. M. Fedi et al., in Gallazzi-Kramer-Settis-Adornato, o.c. 66-71, in part. p. 69 per il
prelievo dei campioni. Purtroppo essi sono designati con vaghezza estrema («cm. 6 da col. IV» del
«pezzo c», «sezione destra» del «pezzo c», «bordo inferiore» del «pezzo a»); nessuna immagine
a corredo aiuta. Di fatto, non sappiamo di dove esattamente siano stati tratti i micro-campioni.
42
Cf. M. Fedi et al., in Gallazzi-Kramer-Settis-Adornato, o.c. 70.
43
R. P. ap. D. Messina, Artemidoro, il papiro della discordia, «Corriere della Sera»
(15.9.2006) 57.
44
Cf. L. Canfora, Simonidis conosceva direttamente, ricopiava e metteva a frutto le epigrafi
di Priene (a proposito del sampi con moltiplicatore), «QS» XXXVII/73 (2011) 199-204. La tesi
secondo cui líanomalo numerale vieterebbe ogni diagnosi di falsitX ñ o almeno líattribuzione a
Simonidis ñ ha uno sviluppo esemplare in J. Hammerstaedt, Warum Simonides den Artemidor-
Papyrus nicht hAtte fAlschen kCnnen. Eine seltene Schreibung fFr Tausender in Inschriften und
Papyri, «Chiron» XXIX (2009) 323-337. Proprio perci\ stupisce che H. non replichi alle repliche.
45
Cf. Simonidis, Opere greche cit. 17-19, 84s.
46
Cf. e.g. Rathbone, o.c. 443: «even if the Konvolut were a recent dealerís creation or inven-
tion to facilitate or justify export of the texts, that would prove nothing about their authenticity».
47
H., inoltre, trascura qui una variabile rilevante: «abbiamo appreso dalla Fujifilm tedesca
che la carta in argomento c stata commercializzata addirittura fino al 1996 in tutto il mondo, e
che se ben conservata (meno di 10°C) pu\ essere usata senza decadimento cromatico anche 5/6
anni dopo la produzione. Potenzialmente, la fotografia originale potrebbe essere stata stampata
anche nel 2002» (C. De Simoni, Il negativo fantasma, in Canfora et al., Fotografia e falsifi-
cazione cit. 23-29: 26). Altri rilievi ñ su cui fra poco ñ guidano comunque agli anni Novanta.
Ma certo non si possono escludere scenari pif complessi e interventi stratificati: líinevitabile
oscuritX che regna sulla vicenda g potrebbe essere altrimenti? g non deve indurre a minimizzare
i problemi in campo con divagazioni fuori tema.
48
Va per\ ricordato che, durante la conferenza a Kiln da cui trae origine il contributo
(29.9.2010), B. si c rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda sul negativo della fotografia,
dichiarandosi inesperto della materia: cf. S. Bozzi, Konvolut, ovvero elogio filosofico di un falso,
in Canfora et al., Fotografia e falsificazione cit. 77-90: 86s. Líonesta ammissione c ribadita qui
a pif riprese. La perizia di B. era stata annunciata come risolutiva da C. Gallazzi-B. Kramer, Il
P.Artemid. e i sacchi di papiro bianco di J. de M. Johnson, «APF» LVI (2010) 232-238: 237
n. 15. Il concetto c ribadito in Gallazzi-Kramer, Alexandrinische Ephebenurkunden cit. 117s.
n. 2: «schlieklich wurde die Theorie der Photomontage von dem ausgewiesenen Experten fnr
digitale Bildbearbeitung H.D. Baumann [Ö] ad absurdum gefnhrt und gilt seither als beerdigt».
49
Peggio ancora: il negativo della foto-hapax sarebbe conservato da Simonian fra scatti
privati o comunque di natura allotria. Lo ha testimoniato lui stesso: «interpellato al telefono,
il Simonian dichiar\ di possedere effettivamente quel negativo, ma di non volerlo inviare per
posta (quantunque raccomandata). Ebbe per\ il garbo di descriverlo. Si tratterebbe dunque g a
stare alla sua descrizione g di una striscia di 4 fotogrammi, uno solo dei quali riguarderebbe il
ìKonvolutî [Ö], gli altri raffigurerebbero tuttíaltro (paesaggi o simili)Ö Líinverosimiglianza di
un tale stato di cose salta allíocchio. Neanche il pif inesperto mercante farebbe un solo scatto
per documentare un importante e costoso reperto» (L. Canfora, PerchO questo convegno, in
Canfora et al., Fotografia e falsificazione cit. 9-14: 13).
50
Ovvero, come si esprimono (forse ancor pif fumosamente) Gallazzi-Kramer (Alexan-
drinische Ephebenurkunden cit. 117 n. 1): «die Abbildung zeigt das Konvolut am Beginn und
vor dem Abschluss der Restaurierung».
540 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

51
% quindi del tutto fuori luogo la giustificazione addotta da Settis (Artemidoro. Un papiro
cit. 9): «nessuno [Ö] poteva immaginare a quello stadio che dal Konvolut emergessero frammenti
di tanta importanza». E come no? Non si poteva immaginare altro. Si veda, per contro, come
si esprimono gli editori principi descrivendo i frammenti che furono loro mostrati, molto fret-
tolosamente, «nel corso degli anni Novanta» (Gallazzi-Kramer-Settis, o.c. 53): «davanti a quel
coacervo di frammenti [Ö] non avevamo potuto far altro che cercare di leggere qualche riga del
testo, contemplare i disegni non consueti e c o n s t a t a r e l í e c c e z i o n a l i t N d e l l í o g g e t t o»
(spaziato mio). Ma il campionario dei frammenti ñ disegni, carta, testo ñ sul Konvolut appare
giN splendidamente completo: e quindi chiunque «poteva [e doveva!] immaginare», constatando
la conclamata «eccezionalitN dellíoggetto». Specialmente il venditore.
52
P. Morello, Osservazioni in margine ad uníindagine sulla fotografia del Konvolut, in
Gallazzi-Kramer-Settis-Adornato, o.c. 259-273; sulla debolezza della sua argomentazione ñ un
boomerang, a dire il vero ñ cf. Artemidoro come vero cit. 509; Bozzi, Elogio filosofico cit. 84.
53
Cos[ riferiscono Gallazzi-Kramer-Settis (o.c. 60). Si tratta ] ovviamente ] di dati che
gli editori principi non possono aver appurato di persona.
54
Cf. in sintesi Artemidoro 2006-2011 cit. 184, 229s., con relativa bibl. Oggi che la nostra
conoscenza di Simonidis _ tanto avanzata líargomento sembra passato in secondo piano, ma non
senza qualche tardiva riproposizione (cf. supra pp.  519s.).
55
B. K., Luciano Canforas phantastische Papyruswelt, «Frankfurter Allgemeine» (2.7.2009) 36.
56
Che tali fotografie circolassero da tempo presso i possibili acquirenti del papiro _
uníinformazione importante di cui _ testimone L. Canfora (Artemidoro e «il tigre»: cosI nel
papiro spuntJ uno strano francesismo, «Corriere della Sera», 2.12.2008, 42). Non mi risultano
chiarimenti forniti dagli editori su origine e datazione di questi scatti.
57
Cos[, ormai dieci anni fa, S. Settis (ap. C. Dal Maso, Il vero Artemidoro, «Il Sole-24
Ore ] Domenica» LXVIII, 9.3.2008, 49).
58
G. Calogero, Scuola sotto inchiesta, Torino 1965, 33.
59
Il contributo pii articolato, sul tema, _ quello di J. Hammerstaedt (Artemidoro di Efeso
nella tradizione indiretta e nel papiro di Torino, in Gallazzi-Kramer-Settis-Soldati, o.c. 55-68),
con strenua difesa di tutte le ëlezionií offerte dal papiro; per qualche obiezione cf. Artemidoro
come vero cit. 504-507. Hammerstaedt promette qui (p. 229 n. 20) una futura replica. Intanto,
sul tema _ tornato, con importanti contro-argomenti ulteriori, L. Bossina (Il cosiddetto ëPapiro
di Artemidoroí. Dalla parte degli scettici, in I. Velmsquez-J. Martnnez [edd.], Realidad, ficciRn
y autenticidad en el Mundo Antiguo. La investigaciRn ante documentos sospechosos, Murcia
2012 [2014] = «Antig. Crist.» XXIX, 2012, 285-320: 291-298).
Cf. R.A. Coles-C. Gallazzi, Papyri and Ostraka. Alterations and Counterfeits, in E. Bre-
sciani-G. Geraci-S. Pernigotti-G. Susini, «Scritti in onore di Orsolina Montevecchi», Bologna
1981, 99-105: 102s. Un interessante case study si deve a C. Gallazzi (Un papiro falso con un
frammento di Bione, «ZPE» XXXIV, 1979, 55-58).
61
Come ho potuto verificare recentemente (aprile 2018) presso il Museo delle AntichitN
di Torino.
62
Canfora, Pseudo-Artemidoro. Epitome cit. 50.
63
Cf. e.g. Simonidis, Fac-simile cit. 44, c. I r. 7 del falso Matteo, da confrontarsi con la
tavola a seguire; oppure, ibid. 48, c. I r. 4 del falso Matteo, e tavola a seguire; oppure ibid.
57, c. I rr. 7s. del falso Giacomo, con tavola precedente; ibid. 79, r. 5 del falso Tucidide, con
tavola precedente; etc.: gli esempi del fenomeno sono moltissimi.
64
Cito assortiti mirabilia librari che Simonidis tents di piazzare allíAccademia delle Scienze
di S. Pietroburgo: cf. Simonidis, Opere greche I cit. 221, 223, 235.
65
Cf. per es. L. Canfora-M. Pinto, Il falso Eschilo di Simonidis, in G. Bastianini-A. Casa-
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 541

nova (edd.), I papiri di Eschilo e di Sofocle. «Atti del convegno internazionale di studi. Firenze,
14-15 giugno 2012», Firenze 2013, 65-79: 76.
66
Un litografo provetto fu Simonidis stesso: cf. le testimonianze díepoche raccolte in
L.  Canfora-L. Bossina, Wie kann das ein Artemidor-Papyrus sein? / Ma come fa a essere un
papiro di Artemidoro, Bari 2008, 138 e 190; Canfora, Il viaggio di Artemidoro cit. 256-260.
67
«How many learned works of antiquity and the middle ages lie unknown in the Bri-
tish Museum and elsewhere in western Europe? And again, how many of these are vilified as
counterfeits; and on the other hand, how many that are really counterfeit and falsely-titled, are
considered to be genuine and correctly inscribed?» (Simonidis, Fac-Simile cit. 34).
68
Su Panselenos e Simonidis, cf. Canfora, La meravigliosa storia cit. 182s.; A. Esposito,
I dipinti di Manuel Panselinos e i disegni sul recto del ëPapiro di Artemidoroí, «QS» XLI/81
(2015) 305-315.
69
Cf. Simonidis, o la pietas del falsario cit. 496s.
70
La tesi ^ un progetto unitario comprendente altres_ il bestiario del verso ^ ` enunciata
dalla studiosa anche in Vicisitudes de un geCgrafo: El papiro de Artemidoro y la discusiCn
acerca de su autenticidad, in Velbsquez-Martcnez, o.c. 353-370: 365s. Nemmeno in tale sede
ci si interroga sullíeventuale funzione di un simile manufatto.
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Ovviamente le ipotesi gratuite si possono moltiplicare a piacere. Per es., insoddisfatto
ñ comprensibilmente ñ di fronte allíidea di una scuola o atelier dove si producessero realtg
testuali e pittoriche cos_ disparate, che mostrano peraltro una cos_ balbettante conoscenza del
greco, Rathbone ha immaginato un «Egyptian temple in whose priestly milieu, as we know
happened at Tebtunis, was an interest in acquiring the literary and artistic techniques of the
ruling culture partly for their intrinsic usefulness but also to preserve and propagate their own
traditions» (o.c. 448).
72
DíAlessio, o.c. 33.
542 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

Fig. 1. A sinistra in alto e, ingrandito a destra, 12345 (78 945:7;<=) in P. Artemid. I 12,
cosC come visibile nel papiro disteso. A sinistra in basso lo stesso tratto come riprodotto nella
fotografia resa nota da Settis, Artemidoro. Un papiro cit. 13, con «frammenti del Papiro di Ar-
temidoro durante le fasi di [Ö] ricomposizione». Chiaro che líasta verticale del tau e la parte
sinistra della sua asta orizzontale sono scomparse senza lasciare traccia alcuna. PuW darsi che
anche in tal caso le complicate operazioni avvenute durante il restauro si possano invocare per
giustificare alcuni aspetti del fenomeno (cf. supra p.  526); rimane perW da spiegare la totale
sparizione dellíinchiostro, con conseguente spazio vuoto, fra la lacuna e ciW che rimane dellíasta
orizzontale, come ancor meglio visibile nellíingrandimento a destra.

Fig. 2. A sinistra, [5\ (]3^]_\[Û\ [sic]) in P. Artemid. I 16, cosC come visibile nel papiro disteso.
A destra, lo stesso tratto come riprodotto nella fotografia resa nota da Settis (Artemidoro. Un
papiro cit. 13), con «frammenti del Papiro di Artemidoro durante le fasi di [Ö] ricomposizione».
Si noti líalpha robustamente tracciato nella seconda immagine, in buona parte inghiottito dalla
lacuna nella prima. Danni di minore entitb ha subito lo iota.

Fig. 3. A sinistra, area del P. Artemid. comprendente I 12-14, come riprodotto nella fotografia
resa nota da Settis (Artemidoro. Un papiro cit. 12), con «frammenti del Papiro di Artemidoro
durante le fasi di smontaggio». A destra, due ingrandimenti (con rotazione) delle ll. 13 e 14
(:c\5 di :de\]feÛ:\:c\5 e 2c35 di 78 c35^7Ì7=). Líampia ombreggiatura che attraversa le
righe mostra che siamo di fronte a una piegatura molto pronunciata del papiro, che questa foto
vuole rappresentare a uno stadio assai poco avanzato della sua distensione. Eppure le lettere
sembrano in gran parte indifferenti a tale piegatura, e procedono come adagiate su una linea
che la scavalca; una volta distesa la piegatura, le lettere mutano, ma assai poco, e solo per la
completezza: cf. fig. seguente.
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 543

Fig. 4. La sequenza ritratta nella fig. precedente (da P. Artemid. I 13s.): a sinistra, cos< come
visibile nella fotografia resa nota da Settis, Artemidoro. Un papiro cit. 13, con «frammenti del
Papiro di Artemidoro durante le fasi di [Ö] ricomposizione» (e dunque a un grado piH avanzato
di distensione del papiro); a destra, cos< come visibile nel papiro finalmente disteso e restaurato.
Il K di LMNOPQNÛLOLKOS guadagna poco a poco la sua forma completa, ma continuitT e linearitT
della riga di scrittura non mutano, perchV giT perfette (cf. fig. precedente) pur in presenza di
una piega pronunciata. La stessa distanza fra le lettere, del resto, non sembra subire mutazioni
rilevanti.

Fig. 5. Un altro esempio di progressiva distensione del papiro, ovvero P. Artemid. I 16s., inizi
delle righe: Y∞ PÏ\ LSQ]^, _ıPaOLSN b(ObYc). In alto, la sequenza come visibile nella fotografia
resa nota da Settis, Artemidoro. Un papiro cit. 12, con «frammenti del Papiro di Artemidoro
durante le fasi di smontaggio» (immagine ruotata per facilitare il confronto). Al centro, la
sequenza come visibile nella fotografia resa nota ibid. 13, con «frammenti del Papiro di Ar-
temidoro durante le fasi di [Ö] ricomposizione». In basso, la sequenza sul papiro a restauro
finito, completamente disteso. Anche in tal caso continuitT e linearitT della riga di scrittura non
subiscono variazioni apprezzabili, benchV nel frattempo una piega molto pronunciata ñ come
líombra rivela ñ sia stata appianata. Nel caso di _ıPaOLSN líinvariabilitT colpisce in maniera
particolare: nemmeno la distanza fra le lettere sembra minimamente influenzata dallo stato della
superficie su cui esse riposano.
544 «EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI

Fig. 6. Un altro luminoso esempio di progressiva distensione del papiro, che mostra P. Artemid. I
20 9:Ù< =Ù> ?@>(ıC@>D>) nelle sue varie fasi di recupero. Dallíalto in basso: la sequenza secon-
do la fotografia resa nota da Settis (Artemidoro. Un papiro cit. 12), con «frammenti del Papiro
di Artemidoro durante le fasi di smontaggio» (immagine ruotata per facilitare il confronto); la
sequenza secondo la fotografia resa nota (ibid. 13), con «frammenti del Papiro di Artemidoro
durante le fasi di [Ö] ricomposizione»; infine, la sequenza come visibile sul papiro disteso.
Si noti in particolare il > di =ı>, giZ perfettamente riconoscibile, e integro in tutti i suoi tratti,
quando in teoria una piega lo attraversa.

Fig. 7. La sequenza \]@^ (‰]@^>ı>) in P. Artemid. IV 23, cosa come visibile tramite il DVD
a corredo dellíe.p.
«EIKASMOS» XXIX (2018) - RECENSIONI 545

Fig. 8. La stessa sequenza della figura precedente, con massimo ingrandimento e allíinfrarosso.

Fig. 9. La sequenza 9:;< di =>?@Ô@B9:;< in P. Artemid. IV 24, come visibile tramite il DVD a
corredo dellíe.p. Il meno che si possa dire J che siamo di fronte a una lacuna che «po t r e b b e
a p p a r i r e e c c e s s i v a m e n t e a m p i a per un solo pezzo di :» (cosN Gallazzi e Kramer, citati
supra pp.  528s., spaziato mio), specie perchT il «pezzo di :» si deve limitare alla parte destra
del suo tratto orizzontale.

Fig. 10. A sinistra, dettaglio di P. Artemid. I 42-44, e in particolare (spazieggio per comoditW
le lettere visibili in questo zoom) XY?=>Y=YZ:Ì:\], ^];>Ô:?<_, µ]; :Ù XY?=>Y=Ô_. A destra,
dettaglio della stessa area derivante dalla fotografia resa nota da Settis (Artemidoro. Un papiro
cit. 12), con «frammenti del Papiro di Artemidoro durante le fasi di smontaggio». In questa
foto, i due lembi separati dalla frattura appaiono ancora disallineati, perchT ñ si puf facilmente
credere g la superficie non J stata ancora distesa: occorre infatti scalare di una linea (come in-
dicano le frecce oblique nella seconda immagine) per giungere alla situazione testuale visibile
a sinistra. Chiaro perf che parte della sequenza ;> in ^];>Ô:?<_, e cioJ il tratto discendente
sinistro di alpha e il tratto discendente di rho, sono stati ricavati da operazioni pij articolate
della semplice distensione della superficie o accostamento dei lembi: forse dalla ricollocazione
di un micro-frammento non ancora riconoscibile nella foto edita da Settis, che puf aver a che
fare con la confusa sequenza di tratti che in essa si vede a ridosso di :Ù XY?. Se queste ope-
razioni ñ compiute quando e da chi? ñ fossero state documentate o almeno meglio descritte, si
potrebbero accantonare i dubbi su cui ci siamo ampiamente soffermati nel testo.
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Fig. 11. La sequenza ,-./0 di 34/,-./Û3,36,0 in P. Artemid. I 13. Si noti il modulo assai
ridotto di ., quasi ëinnalzatoí sopra la riga di scrittura dalla lacuna sottostante; e si noti líi n -
t e g r i t I p e r f e t t a d e l l a l e t t e r a. Nessuna delle micro-lacerazioni, del resto, compromette
seriamente lettera alcuna: e ciM N tipico del nostro manufatto.

Fig. 12. A destra, la sequenza P,4 di Q,4RS in P. Artemid. I 38: si noti líinconsueto distanziamento
fra le lettere (in particolar modo fra P e ,). A destra in alto, un ingrandimento (allíinfrarosso)
delle due lettere; in basso, P, di Q,4RX/ in P. Artemid. I 19, onde apprezzare la differenza
quanto a spaziatura fra le due lettere contigue.

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