L'uomo vitruviano, disegno a penna, 1490 circa, conservato nel Gabinetto dei
Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Fotografia di
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Sappiamo da Giorgio Vasari che in gioventù frequentò per qualche mese la scuola
dell'abaco, dove apprese le basi dell'aritmetica e della geometria e che se ne
allontanò perché l'insegnante non soddisfaceva le sue richieste di spiegazioni. Non
vi sono dubbi sul fatto che abbia abbandonato la scuola, ma certamente non lo fece
perché era troppo bravo, come vedremo nel seguito.
lettura dei suoi appunti, emerge chiaramente come all'epoca non si trovasse a suo
agio con i numeri.
Nei Codici, che aveva cominciato a scrivere quando si era trasferito all'età di
trent'anni a Milano alle dipendenze di Ludovico il Moro, non è infrequente trovare
errori. Ad esempio, moltiplicando 4096 per due, ottiene 8092 anziché 8192 (ma si
tratta certamente di una svista); altri sono più pesanti, come la semplificazione di
12/12 in 1/0; oppure, dovendo trovare la somma di 13/12 + 7/6 + 3/2 arriva al
risultato di 216/78, anziché 45/12, individuando nel numero 78, invece che nel 12,
il minimo comune multiplo delle tre frazioni; infine effettua la moltiplicazione 2/2
x 2/2 = 4/2, ottenendo 2 anziché 1.
Dopo qualche tempo anche il Pacioli si stabilì a Milano e conobbe Leonardo. Tra i
due si instaurò subito un clima di stima reciproca tanto che Leonardo usufruì delle
sue lezioni quando il frate fu incaricato dell'insegnamento della matematica
pubblicamente. Leonardo ne trasse grande giovamento e fu attratto soprattutto
dalla geometria e da alcune tipologie di problemi ad essa collegabili, che
presentavano un interesse anche da un punto di vista pittorico e architettonico.
Problemi ricorrenti negli appunti di Leonardo sono quelli legati allo studio delle
proporzioni esistenti tra le parti del corpo umano, degli animali e delle figure in
generale. Egli era fortemente attratto dalla cosiddetta sezione aurea (si divide un
segmento in due parti e si calcola la divisione tra la lunghezza dell'intero segmento
e la parte più lunga, poi la divisione tra il pezzo più lungo e il più corto; se il
risultato delle due divisioni è lo stesso, allora si dice che le due parti del segmento
sono in rapporto aureo tra di loro; se i due pezzi in cui è diviso il segmento aureo
vengono poi utilizzati come lunghezze dei lati di un rettangolo, questo viene detto
rettangolo aureo).
Secondo molti studiosi, Leonardo usò ripetutamente le misure auree (che il suo
maestro Pacioli chiamava la divina proporzione) nelle sue opere più famose. Ad
esempio, nell'Ultima Cena raffigurò Cristo al centro del dipinto e racchiuse in
rettangoli aurei il suo corpo, il tavolo e la stanza, nella quadro della Gioconda vi
racchiuse il viso di Monna Lisa e le parti del corpo che vanno da un gomito
all'altro. Secondo Dan Brown, l'autore del thriller Il Codice da Vinci, la sezione
aurea rappresenta la chiave di volta per comprendere la pittura di Leonardo.
Egli però non è un teorico e il suo uso della matematica è sempre pragmatico. In
essa convivono grandi difficoltà e grandi intuizioni, mancando una sintesi teorica
delle ricerche. Se si considera allora la capacità di produrre grandi sintesi astratte o
di manipolare numeri, certamente Leonardo non fu un matematico; se si
considerano invece i problemi ai quali si appassionò, nel campo che gli era più
congeniale della geometria e della visione pittorica, allora il discorso cambia. È qui
che, osservando la matematica moderna, si riesce a vedere come alcuni dei risultati
attuali erano già stati ottenuti graficamente da Leonardo, solo con l'aiuto della riga
e del compasso.
(26 aprile 2019)
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