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Anche il genio di Leonardo aveva un tallone d'Achille

Il gigante del Rinascimento "soffriva" la matematica e aveva difficoltà anche con


semplici calcoli frazionari: una "debolezza" ampiamente compensata dalle
intuizioni geometriche dettate dalle sue straordinarie doti visive
di Francesco La Teana

L'uomo vitruviano, disegno a penna, 1490 circa, conservato nel Gabinetto dei
Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Fotografia di
©WikiCommon
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Leonardo da Vinci, di cui il 2 maggio ricorrono 500 anni dalla morte, è il simbolo
universale della genialità e della creatività nell'arte, nell'ingegneria e di numerosi
altri campi. Eppure anche lui aveva un "tallone d'Achille". Difficilmente il suo
nome viene accostato alla matematica. In effetti Leonardo arrivò in età piuttosto
avanzata allo studio di questa disciplina, che nel corso della sua vita gli procurò più
di un grattacapo.

Sappiamo da Giorgio Vasari che in gioventù frequentò per qualche mese la scuola
dell'abaco, dove apprese le basi dell'aritmetica e della geometria e che se ne
allontanò perché l'insegnante non soddisfaceva le sue richieste di spiegazioni. Non
vi sono dubbi sul fatto che abbia abbandonato la scuola, ma certamente non lo fece
perché era troppo bravo, come vedremo nel seguito.

Nel '500 la matematica si limitava quasi esclusivamente all'aritmetica, alla


geometria e all'algebra. Non risulta che Leonardo avesse conoscenze di algebra,
mentre ne aveva di aritmetica e di geometria, e, dalla

lettura dei suoi appunti, emerge chiaramente come all'epoca non si trovasse a suo
agio con i numeri.

Nei Codici, che aveva cominciato a scrivere quando si era trasferito all'età di
trent'anni a Milano alle dipendenze di Ludovico il Moro, non è infrequente trovare
errori. Ad esempio, moltiplicando 4096 per due, ottiene 8092 anziché 8192 (ma si
tratta certamente di una svista); altri sono più pesanti, come la semplificazione di
12/12 in 1/0; oppure, dovendo trovare la somma di 13/12 + 7/6 + 3/2 arriva al
risultato di 216/78, anziché 45/12, individuando nel numero 78, invece che nel 12,
il minimo comune multiplo delle tre frazioni; infine effettua la moltiplicazione 2/2
x 2/2 = 4/2, ottenendo 2 anziché 1.

Come molti artisti dell'epoca, Leonardo si occupava di pittura, ma anche di


idraulica, ingegneria, architettura ed altro. Per muoversi in tutti questi campi era
necessario conoscere la matematica. Egli era consapevole delle sue carenze, così
decise di acquistare una copia dell'opera Summa de aritmetica, geometria,
proporzioni et proporzionalità del frate francescano e matematico, Luca Pacioli, e
iniziò a studiarla quando aveva ormai superato i 40 anni.

Dopo qualche tempo anche il Pacioli si stabilì a Milano e conobbe Leonardo. Tra i
due si instaurò subito un clima di stima reciproca tanto che Leonardo usufruì delle
sue lezioni quando il frate fu incaricato dell'insegnamento della matematica
pubblicamente. Leonardo ne trasse grande giovamento e fu attratto soprattutto
dalla geometria e da alcune tipologie di problemi ad essa collegabili, che
presentavano un interesse anche da un punto di vista pittorico e architettonico.

Egli lavorò molto sui problemi di tassellatura e di simmetria, importanti nella


matematica moderna, soprattutto per le loro ricadute su molte scienze (fisica,
geologia, biologia, ecc.).

La tassellatura del piano ha l'obiettivo di coprire il piano per mezzo di figure


geometriche posizionate in modo ricorrente, senza parti vuote tra di esse. Leonardo
nei Codici ha lasciato sull'argomento molti disegni con commenti, mai
accompagnati da tentativi di teorizzazione.

Lo studio delle simmetrie nei suoi appunti è sempre collegato a problemi


architettonici come la disposizione simmetrica di cappelle circolari o delle volte di
cupole, e così via. Secondo alcuni matematici, come George E. Martin e Hermann
Weyl, Leonardo arrivò anche ad importanti risultati e gli attribuirono la paternità di
due teoremi sui gruppi finiti di simmetrie, senza fornire indicazioni su dove egli li
avesse dimostrati.

Secondo altri, come Giorgio T. Bagni e Bruno D'Amore, questo atteggiamento si


inserisce nella tradizione di attribuire a Leonardo dei risultati esaltandone la
creatività al di là dei suoi meriti reali. Certo è che Leonardo ha pensato molto a
questi temi ed ha riempito pagine di disegni. È vero che in matematica gli schizzi
non possono essere accettati come dimostrazioni di teoremi, ma è altrettanto
ragionevole che i disegni possano far intuire l'esistenza di regole di simmetria e
anche di teoremi non dimostrati.

Problemi ricorrenti negli appunti di Leonardo sono quelli legati allo studio delle
proporzioni esistenti tra le parti del corpo umano, degli animali e delle figure in
generale. Egli era fortemente attratto dalla cosiddetta sezione aurea (si divide un
segmento in due parti e si calcola la divisione tra la lunghezza dell'intero segmento
e la parte più lunga, poi la divisione tra il pezzo più lungo e il più corto; se il
risultato delle due divisioni è lo stesso, allora si dice che le due parti del segmento
sono in rapporto aureo tra di loro; se i due pezzi in cui è diviso il segmento aureo
vengono poi utilizzati come lunghezze dei lati di un rettangolo, questo viene detto
rettangolo aureo).

Secondo molti studiosi, Leonardo usò ripetutamente le misure auree (che il suo
maestro Pacioli chiamava la divina proporzione) nelle sue opere più famose. Ad
esempio, nell'Ultima Cena raffigurò Cristo al centro del dipinto e racchiuse in
rettangoli aurei il suo corpo, il tavolo e la stanza, nella quadro della Gioconda vi
racchiuse il viso di Monna Lisa e le parti del corpo che vanno da un gomito
all'altro. Secondo Dan Brown, l'autore del thriller Il Codice da Vinci, la sezione
aurea rappresenta la chiave di volta per comprendere la pittura di Leonardo.

L'esempio più classico di studio delle proporzioni è rappresentato dall'Uomo


vitruviano con cui stabilì le misure della perfezione del corpo umano. In questo
disegno egli dimostra, ad esempio, che la lunghezza tra le estremità delle braccia
aperte orizzontalmente è uguale all'altezza dell'uomo e che, con le braccia tese e i
piedi uniti la figura umana risulta inscritta in un quadrato, simbolo della Terra,
mentre con le braccia tese ed alzate più in alto della posizione orizzontale e le
gambe leggermente divaricate, risulta inscritta in un cerchio, simbolo del Cielo.
Idealmente quindi l'uomo era la creatura che meglio raccordava la Terra con il
Cielo. Successivamente studiò l'anatomia degli uccelli e degli animali, annotando
sempre sistematicamente tutte le misure, studiando le proporzioni e cercando le
forme geometriche semplici (cerchi, quadrati ...) che riteneva fossero alla base dei
corpi.

Altro argomento di studio dominante fu quello della quadratura delle figure


curvilinee, cioè del calcolo dell'area di una figura curva trasformandola in un
quadrato avente la stessa area. Lo studio delle cosiddette lunule e soprattutto il
sogno di quadrare il cerchio, accompagnarono Leonardo per tutta la vita.
Inseguendo questi miraggi (poi risolti dal calcolo integrale) pervenne al concetto di
trasformazione, inteso come passaggio graduale da una forma geometrica ad
un'altra (ad esempio dal cerchio al quadrato), con la forma che cambia, ma il
volume o l'area restano uguali e a questo problema dedicò molti schizzi. Nel
Codice di Madrid, Leonardo disegna un intero catalogo di trasformazioni di figure
piane e di corpi solidi e non si compie un gran salto se si vede nelle trasformazioni
di Leonardo, un anticipo della moderna topologia, che si occupa appunto di
trasformazioni topologiche di figure, che lasciano inalterate alcune loro proprietà.

Leonardo si convinse dell'importanza della matematica tanto da affermare che essa


rappresenta il linguaggio usato dalla natura, prima di Galileo Galilei. Però la sua
matematica era fatta fondamentalmente dalla geometria euclidea. Egli cercava di
comprendere la natura osservando i fenomeni più disparati come il volo degli
uccelli, i movimenti dell'acqua di un fiume o la struttura dei vortici, trasformando i
fenomeni in geometria. E, dal momento che tutto forniva un'immagine dinamica
della natura, la sua geometria non poteva essere che dinamica. Egli rappresentava
le varie forme in cui evolve la natura per mezzo della geometria, e affermava che
questa "si fa col moto", mostrando come, con il moto di un punto si ottiene una
linea, con il moto di una linea la superficie e con il moto di una superficie un
volume.

Egli però non è un teorico e il suo uso della matematica è sempre pragmatico. In
essa convivono grandi difficoltà e grandi intuizioni, mancando una sintesi teorica
delle ricerche. Se si considera allora la capacità di produrre grandi sintesi astratte o
di manipolare numeri, certamente Leonardo non fu un matematico; se si
considerano invece i problemi ai quali si appassionò, nel campo che gli era più
congeniale della geometria e della visione pittorica, allora il discorso cambia. È qui
che, osservando la matematica moderna, si riesce a vedere come alcuni dei risultati
attuali erano già stati ottenuti graficamente da Leonardo, solo con l'aiuto della riga
e del compasso.
(26 aprile 2019)
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matematica,  leonardo,  anniversari

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