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LA PERSONALITA’ DA PAG.

201 A 230
ART. 27 cost. sancisce il c.d. principio di personalità, si tratta di una norma
costituzionale sulla responsabilità, di fatti sancisce che la responsabilità penale è
personale.

Personale è da intendersi in due modi:

- Come sinonimo di individuale

- Come sinonimo di colpevole, lo stesso art. 27 Cost. definisce il principio di


colpevolezza o divieto di responsabilità oggettiva, nulla poena sine culpa.

Sotto entrambi i significati sussiste una relazione evidente tra il comma 1 e il


comma 3 dell’art. 27 Cost, che sancisce il teologismo rieducativo della pena, di
fatti non avrebbe senso tendere a rieducare qualcuno con la pena, se non è al
corrente del fatto per il quale deve essere rieducato, o per cui è incolpevole.

Inoltre questo articolo sancisce quella che è la retribuzione, ovvero non è


ammissibile infliggere la pena a chi non ha nulla a che vedere con il fatto oggetto
di giudizio, o comunque non ha alcuna colpa. Vi è un limite, quindi, all’intervento
punitivo.

L’art. 27 comma 1 sancisce il principio di proporzionalità tra pena e colpevolezza.


La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo, con sent. N. 236/2016, l’art. 567
comma 2 c.p., sul piano della manifesta proporzione della cornice edittale
rispetto al reale disvalore della condotta punita (sotto il profilo rieducativo della
pena).

RESPONSABILITA’ IN NEGATIVO

Ovvero divieto di responsabilità per fatto altrui o di responsabilità collettiva/ di


posizione. Il principio costituzionale proibisce :

1. Di incriminare tizio per il fatto commesso da caio (resp. Per fatto altrui)
2. Di punire il ge

3. gruppo, la famiglia, il ceto, la corporazione, il partito politico, la comunità


religiosa, la nazione, la razza per il fatto commesso da un suo appartenente o
limitrofo o simpatizzante (resp. Collettiva)

4. di chiamare a rispondere penalmente un soggetto solo per il fatto che ricopra


un determinato ruolo (respo. Di posizione)

5. di far rispondere un sogg. Comunque per avvenimenti a lui estranei (respo.


Per il caso)

RESPONSABILITA’ IN POSITIVO

Ovvero richiede che ciascuno risponda soltanto per il fatto proprio. Si tratta di
definire la relazione tra autore e fatto, col fine di definire quando quest’ultimo
possa dirsi proprio del primo. Per il fatto di reato, risponde l’autore del reato. Ma
la situazione si complica ogni volta che:

1. più soggetti abbiano partecipato alla realizzazione del fatto, con contributi
vari.

2. Un soggetto si limiti a non impedire un fatto lesivo, pur potendolo fare (reato
omissivo improprio)

3. All’interno di un’organizzazione complessa, es. azienda, l’individuazione dei


soggetti responsabili sia pregiudicata dalla dispersione dell’individualità, nel
segno che le decisioni sono riferibili a diversi soggetti, anche lontani tra loro.

Quindi il problema dell’individualità della responsabilità coincide con il problema


dell’imputazione: perché del fatto oggetto di reato risponda un certo soggetto, è
necessario che questo sia ascrivibile.

RELAZIONE TRA FATTO E SOGGETTO:


si tratta di una relazione puramente oggettiva, il divieto di responsabilità per fatto
altrui può dirsi implementato ogni volta che il fatto punibile può dirsi appartenere
oggettivamente all’agente. Il principio di responsabilità individuale è di natura
assiomatica che vincola tanto il legislatore quanto l’interprete.

Criteri di attribuzione del fatto al reo:

1. Assimilazione del principio con la necessità del nesso causale materiale tra
condotta ed evento; tutti gli accadimenti che sono riconducibili alla condotta
posta in essere dal soggetto sulla scorta di una serie causale ininterrotta, sono
a lui ascrivibili, mentre gli eventi che non sono ad essa riconducibili sono da
imputarsi ad altri. Questo criterio criterio garantisce il rispetto del principio.

2. Dominabilità, il principio di responsabilità richiederebbe il dominio personale


da parte dell’agente sul fatto affinché gli sia attribuibile, c.d. evitabilità
dell’evento. Il fatto sarebbe proprio del soggetto del quale rientri nella sfera di
Dominabilità.

3. Responsabilità per i rischi prodotti, in realtà produrre dei pericoli, anche


coscientemente, di per sé non è la ragione per rispondere degli atti lesivi che
ne derivano, anzi in linea di principio, ciascuno è libero di dar luogo a rischi
con la propria attività quotidiana; ha però poi il dovere giuridico di gestirli in
modo tale da non produrre lesioni.

Se si concepisce il principio di responsabilità personale alla stregua di un principio


meramente delimitativo si sottintende l’idea dell’intervento penale come una
prerogativa esclusiva del sovrano, rimessa al suo arbitrio, rispetto alla quale il
principio costituzionale fissa dei limiti invalicabili che circoscrivono l’intervento
stesso. Si tratta della mera previsione dei principi costituzionali, principio a valenza
negativa.
Riconoscere invece al principio di responsabilità la valenza di fondamento della
responsabilità penale significa considerarlo come suo presupposto strutturale
imprescindibile, ovvero che la responsabilità deve essere per forza personale,
principio a valenza positiva.

Il principio di responsabilità individuale mira ad imputare al soggetto soltanto ciò


che può dirsi fatto proprio; infatti si tratta di una questione di imputazione, ovvero
stabilire a chi corrisponde quel fatto. La norma giuridica riconosce i suoi destinatari,
e vi è una relazione tra norma e destinatario, da intendere come una sorta di
riconoscimento tra adulti. Es. nessuna norma penale vieta di lasciare il gas aperto e
di accendere un fiammifero, ma si incrimina come omicidio colposo il fatto di
cagionare la morte di altre persone.

L’art. 27 riconosce in capo a ciascun cittadino un prisma di posizioni che


complessivamente compongono lo status  norma costitutiva dello status di
soggetto di diritto. Il riconoscimento dello status comporta la competenza per la
corretta gestione della propria sfera di libertà e non aggressione della sfera di altri
soggetti. La competenza individua l’ampiezza dell’ambito di responsabilità 
principio dell’autonomia della sfera di responsabilità.

Lo status ha dei limiti dimensionali, segnati dalla competenza: ciascuno risponde


solamente nei limiti della propria sfera di competenza e mai al di là di essi.

L’ordinamento prevede e assegna ad ogni persona specifiche competenze, si pensi


all’appartenenza alle istituzioni, assetti ritenuti irrinunciabili dal sistema sociale:
famiglia, il rapporto di matrimonio ecc.; i soggetti si immedesimano nelle istituzioni.
Chi è titolare di una competenza istituzionale è gravato di doveri giuridici positivi 
prestazione positiva di salvaguardia della sfera altrui.

- Nulla crimen sine peculiari officio  non si dà responsabilità in mancanza di


un dovere giuridico proprio.
Nell'ordinamento giuridico penale italiano si trovano numerose disposizioni in
aperto contrasto con il principio di responsabilità individuale; altri istituti, come il
concorso di persone e l'omissione, vengono interpretati come figure di
responsabilità per fatto altrui.

Concorso di persone: in situazioni di esecuzione plurisoggettiva, il fatto è posto in


essere da un singolo esecutore, ma sono responsabili anche gli altri complici in
quanto la lesione realizzata concretizzi un rischio che rientra nella loro sfera di
competenza, anche se non lo hanno causato. Omissione: quando il fatto viene
commesso da un soggetto, può essere chiamato a rispondere anche altro soggetto
che non lo ha impedito, se per la prevenzione del rischio che si realizza nel fatto
lesivo era competente. Responsabilità all'interno delle persone giuridiche:
all'interno di organizzazioni complesse le competenze, in certe situazioni ed in
presenza di certi presupposti, possono essere anche delegate fino ad esonerare il
delegante.

2) Principio di colpevolezza ("nullum crimen sine culpa")

Il significato "evolutivo" dell'art. 27.1 Cost.: responsabilità personale come


responsabilità colpevole Nel suo significato “evolutivo” il principio di personalità
della responsabilità individuale va inteso come principio di colpevolezza, quindi
come divieto di responsabilità oggettiva. L’importanza costituzionale del principio
nullum crimen sine culpa colpevolezza si è affermata solo di recente. È stata recepita
dalla Corte costituzionale con due sentenze storiche: n. 364/1988 e n. 1085/1988. La
Consulta, partendo dall'analisi dell'art. 27 Cost., ha sostenuto l'esistenza di un nesso
inscindibile tra il comma 1 ed il comma 3, che stabilisce il cosiddetto teleologismo
rieducativo della pena: secondo questa teoria, la responsabilità penale deve essere
colpevole in quanto non avrebbe alcun senso rieducare un soggetto che è estraneo
alla commissione del fatto. Secondo la Corte costituzionale, la responsabilità penale
richiede il dolo o la colpa almeno rispetto agli elementi “più significativi” del fatto,
anzi rispetto a “tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il
disvalore della fattispecie”. Di poco successiva è poi la riforma legislativa delle
circostanze, che ha introdotto il criterio della colpevolezza rispetto all’imputazione
delle stesse. Dolo o colpa sono i requisiti minimi di imputazione di un fatto a un
soggetto, senza i quali il fatto non può venire sottoposto a pena. L’affermazione del
principio nullum crimen, nulla poena sine culpa rappresenta il rifiuto della
responsabilità oggettiva, basata sul puro nesso di causalità materiale. Le residue
ipotesi di responsabilità oggettiva presenti nel nostro ordinamento giuridico - penale
si ricollegano all'idea secondo cui qui in re illicita versatur tenetur etiam pro casu:
chi commette qualcosa che sia riprovato dall'ordinamento deve rispondere di tutte le
conseguenze della sua condotta, anche di quelle da lui non controllabili e dovute al
caso.

Il principio di colpevolezza (quale principio assiomatico e strutturante) ha una


duplice dimensione:

- delimitativa: la punibilità è legittima solo nei limiti di ciò che è almeno prevedibile
ed evitabile da parte del soggetto

- fondativa: la responsabilità penale è soltanto colpevole, mentre qualsiasi forma di


responsabilità estranea al modello della colpevolezza deve ritenersi incompatibile
con quella penale.

Sottesa al principio di personalità traspare l’idea liberalgarantista di tutela del


cittadino, secondo cui ciascuno deve avere la possibilità di pianificare la propria vita
e di compiere scelte libere d’azione senza incorrere in sanzioni penali: in quanto
riconosciuto soggetto di diritto, è chiamato a rispondere solo per fatti da lui
controllabili, non per accadimenti fortuiti. Quindi:
a) in quanto soggetto di diritto, ciascuno può essere chiamato a rispondere soltanto
di quei fatti rispetto ai quali aveva un dovere giuridico, ossia derivanti dalla scorretta
gestione della sua sfera di competenza (responsabilità per fatto proprio);

b) e soltanto di quei fatti rispetto ai quali aveva un potere di controllo, essendo da


lui prevedibili ed evitabili (responsabilità colpevole).

In quanto competente e colpevole, il soggetto è ritenuto dall'ordinamento


meritevole di pena.

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