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Catullo

La vita
Gaio Valerio Catullo proveniva dalla Gallia Cisalpina (ossia dall’’Italia settentrionale
che comprendeva Veneto, Lombardia e così via).
Nacque a Verona da una famiglia di alto rango provinciale, tanto che Cesare,
secondo la testimonianza di Svetonio, ne era a volte ospite durante la sua carica di
governatore di quella provincia.
San Gerolamo indica nell’87 e nel 57 a.C le date di nascita e di morte, aggiungendo
che Catullo morì a 30 anni.
Ma alcuni carmi catulliani rendono attendibile la data della morte, poiché contengono
allusioni al secondo consolato di Pompeo del 55 a.C., e all’invasione cesariana della
Britannia, degli anni 55-54.
Sembra dunque più probabile, accettando la versione di San Gerolamo, fissare le
date di nascita e di morte nell’84 e nel 54 a.C.
Egli giunse a Roma e sì inserì perfettamente nella società mondana della città.
Inoltre formò un sodalizio, ovvero un’associazione, che era anche un cenacolo
letterario, con alcuni brillanti poeti che condividevano i suoi gusti e i suoi
orientamenti (come Licinio Calvo ed Elvio Cinna)
Rimase tuttavia molto legato alla sua terra d’origine: infatti nella villa paterna, sul
lago di Garda, egli tornava,o sognava di tornare, nei momenti di stanchezza e di
malinconia.
Per di più Catullo sicuramente accennò in vari componimenti ad un suo soggiorno in
Asia Minore: da questi testi risulta che il poeta faceva parte della cohors amicorum,
cioè gruppi di amici (ovvero del seguito, dunque persone che ti stanno dietro e ti
seguono) del propretore Gaio Memmio, governatore della Bitinia dal 57 al 56 a.C.
Durante quel viaggio in Bitinia in Oriente egli si recò a rendere un addolorato/mesto
omaggio alla tomba del fratello, sepolto nella regione della Troade e che era morto
prematuramente.
L’evento cruciale della vita di Catullo fu l’incontro con una donna di cui egli si
innamorò perdutamente e che nei suoi versi cantò con lo pseudonimo di Lesbia.
Il suo vero nome era Clodia,da identificare come la celebre sorella di Clodio, tribuno
della plebe nel 58 a.C, alleato e amico di Cesare, nonché mortale nemico di
Cicerone. Clodio aveva organizzato a Roma bande armate e aveva creato dellle
vere e proprie guerriglie contro gli optimates/gli aristocratici e fu ucciso da Milone,
che fu difeso da Cicerone.
Inoltre Cicerone definisce un tiranno, un sanguinario.
Clodia , donna eccezionalmente bella, intelligente, colta e spregiudicata (una donna
amica e amante di tuti) che aveva una decina d’anni in più di Catullo ed era moglie di
Quinto Metello Cèlere;
Per Clodia scrive la maggior parte delle sue poesie più belle
Tra i suoi vari amanti vi fu, oltre al poeta Catullo, anche quel Celio Rufo che
Cicerone difese nel Pro Caelio, in cui rappresentò la donna come una mondana
d’alto rango, viziosa e corrotta: emerge un quadro non molto diverso da quello
descritto nei componimenti catulliani.
La storia d’amore tra Lesbia e il giovane poeta si sviluppò per alcuni anni tra
entusiasmi, depressioni, ingiurie, abbandoni, litigi e rappacificazioni.
L’ultimo messaggio indirizzato da Catullo all’amata è del 55 o 54 a.C, dove il poeta
allude alle campagne di Cesare nelle Gallie e lo sbarco in Britannia Inoltre Catullo
rivolge una preghiera agli dei in cui chiede di liberarlo da questa passione che gli ha
consumato e convolto la mente e rovinato la vita. È un vero e proprio commiato da
Lesbia, ovvero chiede alle divinità di allontanarlo dalla donna, a cui dice di stare
bene con qualcun altro.

Poetae novi
Siamo nell’età di Cesare (78-44 a.C.), ovvero nel I secolo a.C.
I poetae novi, dei quali il più famoso è Catullo, propongono una poesia diversa dalla
tradizione epica che aveva dominato nei secoli precedenti (quelli di Ennio e di
Nevio).
Infatti anziché celebrare le glorie nazionali e lo splendore di Roma, questi letterati si
rivolgono ad una poesia che canti il mondo interiore del poeta. Dunque una poesia
lirica. Questa scelta coincide con il fenomeno dell’individualismo, cioè con
l’emergere di personalità forti nell’ambito della politica, come Pompeo,
Cesare,Antonio o prima di loro come Mario e Silla.
L'individualismo è l'emergere del singolo sulla massa.
Riguardo alla politica , questi poeti si mantengono estranei, dunque non se ne
interessano. Difatti Catullo arriverà a dire che non gli importa e non gli interessa se
Cesame sia bianco o nero.
Catullo pertanto mostra indifferenza e un atteggiamento di distacco dalla politica.
Il termine “poetae novi” fu attribuito a questi letterati da Cicerone con
accezione (ossia con un valore negativo e dispregiativo), perchè per egli erano
persone strane e nella sua ottica erano diversi, poiché parlavano del loro mondo al
posto di parlare delle glorie di Roma.
“Novus” in latino è polisemico, cioè vuol dire sia strano per Cicerone sia
straordinario.
Inoltre Catullo gli dedicò un carmen ironico per svuotarlo di tutte le sue virtù.
Il modello dei poetae novi è il poeta greco Callimaco, il quale fissò i canoni a cui
avrebbero dovuto attingere i poeti e rispettare la poesia.
Secondo Callimaco la poesia deve essere raffinata ed elegante e dunque anche
breve.
Infatti solo una poesia breve può essere sottoposta al lavoro di lima (lavoro di
rifinitura), che in latino si dice “labor limae”.
Lo scopo del poeta non deve essere quello di educare e veicolare dei contenuti
educativi, ma quello di destare ammirazione per l’eleganza del suo prodotto poetico
e deve rilassare e divertire.
I poeta ai novi difendono la poesia erudita e dotta, cioè ricca di nozioni e
informazioni.
I maggiori poeate novi sono Licinio Calvo e Elvio Cinna, in particolare un’opera di
Cinna che si chiama “Smirna” (scritto Zmyrna), che parla dell’amore di smina per il
padre dunque un amore incestuoso che poi tratterà Vittorio Alfieri in una delle sue
più belle tragedie.
La Smirna di Cinna è considerato il manifesto della nuova poetica (una poesia che
dà avvio ad un nuovo movimento), perchè era una poesia che secondo Catullo era
costata a Cinna tantissimi anni di preparazione.

Liber catulliano
Catullo è un autore di una raccolta di poesie chiamata “Liber catulliano”.
Si tratta di 116 carmi divisi in 3 sezioni.
La prima sezione comprende i carmi dall’1 al 60 che vengono chiamati generalmente
“nugae”, cioè inezie e schiocchezze in latino. Le nugae sono un vezzo letterario del
poeta attraverso il quale egli si ridimensiona e sminuisce il suo valore, risultando
modesto e non egocentrico e presuntuoso. Finge di non essere troppo convinto di
se’ e di non aspettare troppi riconoscimenti.
Proprio Catullo usa questo vezzo ( anche Petrarca chiama le sue poesie “nugae”)
La seconda sezione comprende i carmi dal 61 al 68 e si chiamano “carmina docta” e
sono poesie più lunghe ispirate ai modelli greci, ricche di riferimenti eruditi (cioè ci
sono molti accenni al mito).
NOTA BENE: erudizione è un insieme di conoscenze che non hanno tutti quanti,
conoscenze peregrine, obsolete e non comuni con cui riteniamo una persona
particolarmente sapienti.
Sono quelle conoscenze rare che si riferiscono al mito e a nomi strani che nessuno
sa.
Tra questi carmina docta spiccano epitalami (canti per le nozze) ed epilli (canti epici
di dimensioni ridotte, dunque corti e brevi, in cui gli dei e gli eroi sono umanizzati ed
imborghesiti, cioè visti come esseri umani e non sono visti nella loro straordinaria
età).
L’ultima sezione comprende i carmi dal 69 al 116 ed essi sono i cosiddetti
epigrammi, cioè componimenti scritti in distici elegiaci. L’epigramma è un insieme di
tanti distici.
Il distico è un insieme di due versi, dunque un esametro e un pentametro.
La prima e la terza sezione, cioè le nugae e gli epigrammi, contengono gli stessi
temi, con la differenza che gli epigrammi sono scritti in distici e le nugae sono
polimetre, ovvero utilizzano più metri diversi, contengono ad esempio il falecio.
Ci sono tante letture in queste nugiae.
Il tema principale del liber catulliano è l’amore per Lesbia.
Lei è amata da Catullo non come un’amante e quindi non come moglie di un altro,
ma come la donna della sua vita.
In uno dei suoi componenti più famosi il poeta dice di averla amata non come un
uomo ama un’amante, ma come un padre ama i figli (l’ha amata con un amore
paterno) e definisce il loro legame “foedus”, cioè un patto la cui violazione costituisce
un’empietà, un sacrilegio, un’offesa (iniuria in latino).
L’amore per Lesbia è cantato in tutte le fasi del suo decorso. Troviamo l’esultanza
dei primi incontri e l'entusiasmo dell’innamoramento (episodio dei mille baci), poi
l’appagamento dell’amore corrisposto e dopo ci sono i carmi che cantano la
disillusione (quando smetti di illuderti), il disinganno (quando smetti di farti
ingannare) e la delusione di Catullo legati ai molteplici tradimenti della donna.

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