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e l’economia
Atti del ciclo di incontri tra giudici
costituzionali, economisti e giuristi
Parte seconda
Di prossima pubblicazione
L. Brunetti, Autodichia delle Camere
A. Occhino, Volontariato, diritto ed enti del terzo settore
Parte seconda
RICERCHE
VITA E PENSIERO DIRITTO
www.vitaepensiero.it
ISBN 978-88-343-3657-1
parte seconda
Illustrazione e analisi della giurisprudenza
CAMILLA BUZZACCHI
La Corte costituzionale e le questioni con rilevanza economica 5
YLENIA GUERRA
La Corte costituzionale, i diritti sociali e il welfare 22
ELIO SPARACINO
La Corte costituzionale tra autonomie territoriali,
coordinamento finanziario e garanzia dei diritti 62
GIOVANNI SAVOIA
La Corte costituzionale e la conformazione pubblica
delle attività economiche private 83
ALESSANDRO CANDIDO
La Corte costituzionale e la concorrenza 105
GIOVANNI BOGGERO
La giurisprudenza di alcune corti costituzionali europee 133
la tutela della concorrenza costituisce una delle leve della politica economica
statale e pertanto non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia
di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in
quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure
pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente svi
luppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali.
chi ha segnalato che “sul versante della tutela dei diritti l’obiettivo è si
curamente mancato, dato che il sacrificio imposto ai contribuenti, pur
dichiarato illegittimo addirittura ab origine, non può essere ristorato con
la restituzione delle somme già versate: i ricorrenti hanno dunque ragio
ne, ma si dovranno accontentare della ‘parziale soddisfazione’ di non pa
gare più in futuro” (Bergonzini 2015, p. 3).
Il modello costituzionale dell’imposizione fiscale appare così ritrovar
si stretto tra opposte pressioni, che si può dubitare che possano condur
re a un’applicazione fedele e coerente rispetto al modello stesso. Da un
lato sembra ormai necessaria una revisione del sistema tributario affin
ché esso sia più rispondente alle direttive che discendono dalle norme
costituzionali: incidendo possibilmente sull’equità della distribuzione del
prelievo, sulla sua effettiva progressività e sulla sua capacità di promuo
vere eguaglianza sostanziale (Gallo 2012, p. 296). Tutto ciò dovrebbe pro
durre un diverso carico nei confronti delle varie fonti di ricchezza, ma
soprattutto dovrebbe compiersi all’insegna di un allentamento del livel
lo di tassazione.
D’altro canto le regole sempre più severe in tema di indebitamento
pubblico potrebbero sospingere nuovamente l’indirizzo politico eco
nomico-finanziario verso le riserve di risparmio dei cittadini, attingendo
da esse le crescenti risorse necessarie per finanziare una spesa pubblica
che, malgrado programmi di tagli virtuosi, si dimostra tuttora faticosa da
sostenere e sempre più spesso di qualità insoddisfacente (Gallo 2013,
p. 338).
È stato osservato che l’argomento forte utilizzato dalla Corte sembra rin
venibile nella finalità solidaristica sancita dall’art. 2 Cost. e che indica la
via repubblicana all’unità politica, essa sembra favorire, se non imporre,
la fattiva collaborazione fra i poteri dello Stato (Pedullà 2016, p. 5). E an
cora, si è segnalato che al fondo si percepisce l’obiettivo dei giudici di
mantenere e, anzi, valorizzare l’assai fruttuosa collaborazione tra poteri
e organi dello Stato per il raggiungimento (anche) di un ragionevole bi
lanciamento tra i diritti di prestazione sociale e l’ineludibile equilibrio
economico-finanziario (Morrone 2014).
Così facendo la decisione mira alla protezione e alla valorizzazione
del welfare State, quale “fine” di una Costituzione attenta alle esigenze non
nostalgiche o meramente previsionali, bensì reali della societas (Caruso
2015).
indicare gli obiettivi di contenimento delle spese degli enti locali: e in tal
guisa essa vincola senz’altro anche i Comuni, dal momento che “come
già ripetutamente affermato da questa Corte (sentenze n. 65 e n. 1 del
2016, n. 88 e n. 36 del 2014, n. 376 del 2003), le politiche statali di ridu
zione delle spese pubbliche possono incidere anche sull’autonomia fi
nanziaria degli enti territoriali”.
Tuttavia, la Corte riconosce che questa rilevante compressione dell’au
tonomia finanziaria debba essere mitigata attraverso la garanzia del coin
volgimento dei Comuni
nella fase di distribuzione del sacrificio e nella decisione sulle relative dimensio
ni quantitative, e non può essere tale da rendere impossibile lo svolgimento del
le funzioni degli enti in questione (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015 e
n. 241 del 2012). Vero è che i procedimenti di collaborazione tra enti debbono
sempre essere corredati da strumenti di chiusura che consentano allo Stato di
addivenire alla determinazione delle riduzioni dei trasferimenti, anche eventual
mente sulla base di una sua decisione unilaterale, al fine di assicurare che l’o
biettivo del contenimento della spesa pubblica sia raggiunto pur nella inerzia
degli enti territoriali (ex multis, sentenze n. 82 e n. 19 del 2015). Ma tale condi
zione non può giustificare l’esclusione sin dall’inizio di ogni forma di coinvolgi
mento degli enti interessati.
È come se la Corte dovesse agire con una vista strabica: con un occhio miope,
che guarda agli effetti nel caso concreto e nel breve termine; e un occhio presbite
che deve guardare lontano, perché le sue decisioni hanno anche questo secondo
volto. Non può ignorare il caso, non può ignorare la contingenza, specie se la
contingenza ha natura di crisi ed eccezionalità; ma non può nemmeno agire con
un impulso di reattività dettato soltanto dalla urgenza del momento. Le sue de
cisioni si proiettano naturalmente nel tempo: oltre a decidere casi, elabora
principi, che hanno funzione di guida non solo negli eventuali sviluppi della
singola fattispecie concreta esaminata, ma anche in quelle simili che si verifichino
in futuro. Più precisamente, la Corte espande, sviluppa, dà corpo ai principi
costituzionali che sono destinati a guidare casi ulteriori e ulteriori filoni giuri
sprudenziali. Come può essa rispondere adeguatamente alle esigenze che ven
gono poste a un giudice delle leggi chiamato ad agire in tempo di crisi economica?
(Cartabia, trascrizione 2016).
Riferimenti bibliografici
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stituzionali, 1.
De Ioanna P. (2013), Fiscal compact tra istituzioni ed economia, in Rivista giuri-
dica del Mezzogiorno, 1-2.
1
A. Baldassarre, Diritti sociali, in Enc. giur., Roma, 1989, p. 2; L. Mengoni, I diritti sociali, in
Arg. dir. lav., 1998, pp. 1-15 (= Scritti, I, Metodo e teoria giuridica, Milano, Giuffrè, 2011, pp.
123-138, da cui si cita) e S. Pugliatti, Diritto pubblico e privato, in Enc. dir., XII, Milano, Giuf
frè, pp. 696-746 (= Diritto pubblico e privato, in Scritti giuridici, IV, 1958-1964, Milano, Giuf
frè, 2011, pp. 724-728).
2
M. Mazziotti di Celso, Diritti sociali, in Enc. dir., XII, 1964, Milano, Giuffrè, pp. 802-807.
Sul punto si veda anche J. Habermas, Fatti e norme, Contributi a una teoria discorsiva del dirit-
to e della democrazia, Milano, Ed. Angelo Guerini e Associati s.r.l., 1996, p. 9. Nell’opera
l’Autore ricorda come la filosofia pratica dell’età moderna si fondi “sull’ipotesi che gli in
dividui che a loro provengono dalla natura della società che stringono insieme apparten
gano alla società proprio come le parti appartengono al tutto (anche quando il tutto pos
sa costituirsi solo a partire dal collegarsi delle sue parti)”.
3
Per una consultazione dei dibattiti parlamentari relativi alla Rivoluzione francese si veda
il sito ufficiale Archives numériques de la Révolution française, in collaborazione tra la bibliote
ca dell’Università di Stanford e la Bibliothèque nationale de France, frda.stanford.edu/fr. Si ve
dano inoltre gli artt. 23 e 34 della Declaration des droits de l’homme et du citoyen, del 1793.
4
“Mentre i diritti di libertà sono diritti prestatali riconosciuti come mezzi di difesa dell’in
dividuo contro il potere politico, i diritti sociali sono diritti positivi a prestazioni pubbli
che, discrezionalmente concessi in risposta a pretese emergenti dalla società civile di un
intervento dello Stato ridistributivo del prodotto sociale, e in questo senso sono stati de
nominati ‘diritti di ripartizione’ (Teilnahmerechte)”, così Mengoni, I diritti sociali, in Scritti,
I, Metodo e teoria giuridica, cit., p. 124.
5
Baldassarre, Diritti sociali, cit., p. 2.
6
Sul punto si veda A. Supiot, Homo juridicus. Saggio sulla funzione antropologica del Diritto,
Milano, Mondadori editore, 2006, p. 182 e Baldassarre, Diritti sociali, cit., p. 3.
7
Sulla dimensione europea del diritto sociale si veda S. Sciarra, Diritto del lavoro e diritto so-
ciale europeo. Un’analisi delle fonti, in S. Sciarra (a cura di), Manuale di diritto sociale europeo,
Torino, Giappichelli, 2010, pp. 1-28.
8
Habermas, Fatti e norme, Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, cit.,
p. 159. Con questo sintagma l’Autore definisce l’idea di un’associazione di consociati
liberi ed eguali.
9
G. Rolla, La tutela costituzionale dei diritti, III, Milano, Giuffrè, 2003, p. 11.
10
Sul passaggio storico che porta all’affermazione formale dei diritti sociali si veda P. Co
sta, Cittadinanza sociale e diritto del lavoro nell’Italia repubblicana, in G.G. Balaldi e G. Cazzet
ta, Diritti e lavoro nell’Italia repubblicana. Materiali dell’incontro di studio. Ferrara, 24 ottobre 2008,
Milano, Giuffrè, 2009, pp. 33 ss.
11
Mengoni, I diritti sociali, in Scritti, I, Metodo e teoria giuridica, cit., p. 125 descrive l’elenca
zione dei diritti sociali nella Costituzione italiana, che segue il modello della Costituzio
ne di Weimar, come ipertrofica (p. 125), a differenza di altre costituzioni come quella fran
cese del 1946 (seguita dalla Costituzione del 1958), quella greca del 1975 e quella spagno
la del 1978.
12
Giorgio La Pira, nella sua “Relazione sui principii relativi ai rapporti civili”, s’interroga
su quali diritti debbano essere tutelati e quindi descritti nel testo costituzionale: “Bisogna
limitarsi alla riaffermazione di quei diritti naturali di eguaglianza e di libertà (civili e po
litiche) contenuti nelle Carte costituzionali americane e francesi? O, invece, accanto a
questi diritti, cosiddetti individuali, bisogna affermare i cosiddetti diritti sociali che sono
per la persona altrettanto essenziali quanto i primi? La risposta è evidente: la grave lacu
na che si trova nelle Costituzioni precedenti va eliminata. Senza la tutela dei diritti socia
li − diritto al lavoro, al riposo, all’assistenza, ecc. − la libertà e l’indipendenza della perso
na non sono effettivamente garantite”. Per una consultazione completa dei lavori prepa
ratori alla Costituzione italiana si veda www.nascitacostituzione.it.
13
Cfr. A. Barbera e C. Fusaro, Corso di diritto costituzionale, II ed., Bologna, Il Mulino, 2014,
pp. 157-159. Sul percorso storico che ha portato alla previsione costituzionale e positiva
dei diritti si rinvia a L. Mengoni, Fondata sul lavoro: la Repubblica tra diritti inviolabili dell’uo-
mo e doveri inderogabili di solidarietà, in M. Napoli (a cura di), Costituzione, lavoro, pluralismo
sociale, Milano, Vita e Pensiero, 1998, pp. 3-8 e M.S. Giannini, Stato sociale: una nozione inu-
tile, in Il Pol., 1977, 2, pp. 205-227, in particolare si vedano le pp. 218-223. Sottolinea gli
aspetti critici di questa classificazione – peraltro evidenziati già dallo stesso Mengoni – A.
Occhino, I diritti sociali nell’interpretazione costituzionale, in RDSS, 2017, 1, pp. 3-4. L’Autrice
sostiene che “si può dubitare che esista una categoria terza di diritti, sociali, che si diffe
renzino per struttura e funzione rispetto ai cdd. diritti civili e politici, benché questa con
cettualizzazione sia molto diffusa. Si tratta piuttosto di una modalità nuova, effettiva, poi
ché sostanzialmente egualitaria, di considerare le garanzie costituzionali, che va ad appli
carsi alle stesse libertà civili […] e politiche […] come diritto di partecipazione, quindi
nel suo aspetto di diritto ad esercizio collettivo – e qui intese le libertà politiche in senso
ampio – con l’effetto di modificarne a ritroso la struttura per renderle coerenti alla fun
zione, questa sì sociale, dello Stato, che esattamente prende il nome di Stato social-demo
cratico”.
14
Cfr. G.F. Mancini, Art. 4, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione italiana,
Bologna, Zanichelli, 1978, pp. 199-219.
15
Si veda M. Persiani, Diritto alla sicurezza sociale, in Enc. dir., IV, Milano, Giuffrè, 2011, pp.
447-467.
16
Per un’introduzione alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea si veda F.
Pappalardo, Preambolo, in S. Allegrezza, R. Mastroianni, F. Pappalardo, O. Pollicino, O.
Razzolini (a cura di), Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Milano, Giuffrè, 2017,
pp. 4-14.
17
L’articolo sancisce il riconoscimento e il rispetto “del diritto di accesso alle prestazioni
di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali la maternità,
la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di per
dita del posto di lavoro […]”. Si veda il commento di G. Orlandini e W. Chiaromonte, Art.
34, in Allegrezza, Mastroianni, Pappalardo, Pollicino, Razzolini (a cura di), Carta dei dirit-
ti fondamentali dell’Unione Europea, cit., pp. 644-650.
18
Per una lettura storico-evolutiva della Costituzione nel contesto globale si veda A. Bar
bera, Costituzione della Repubblica italiana, in Enc. dir., VIII, Milano, Giuffrè, 2015, pp. 298-
301. Si veda anche S. Sciarra, Trusting Judges to Deliver Changes: Italy, the EU and Labour Law,
Jean Monnet Working Paper, 2008, 1, in jeanmonnetprogram.org/wp-content/up
loads/2014/12/080101.pdf (= in C. Barnard (edited by), The Cambridge Yearbook of Europe-
an Legal Studies, 2006/2007, 9, Oxford, Hart Publishing, 2007, pp. 441-464).
19
Sulla declinazione dell’eguaglianza formale si veda A.S. Agrò, Il principio di eguaglianza
formale, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione italiana, Bologna, Zanichel
li, 1978, pp. 123-198 e A. Celotto, Art. 3, 1° comma, in A. Celotto, M. Olivetti, R. Bifulco (a
cura di), Commentario alla Costituzione, I, Torino, Utet, 2006, pp. 65-87. Sull’evoluzione del
la giurisprudenza costituzionale in materia di diritti sociali e principio di eguaglianza si
veda S. Bartole, Giustizia costituzionale (linee evolutive), in Enc. dir., VII, Milano, Giuffrè, 2014,
pp. 502-504.
20
Sull’importanza di garantire un adeguato welfare state in tempo di crisi si veda M. Ci
nelli, Competitività, flessibilità delle tutele, diritti fondamentali, in Riv. it. dir. lav., 2009, 3, pp.
299 ss.
21
Per un’analisi storica delle fasi di sviluppo della crisi si veda Ka. Tuori, Kl. Tuori, The Eu-
rozone Crisis. A Constitutional Analysis, Cambridge, Cambridge University Press, 2014, pp.
85-116; L. Tsoukalis, In defence of Europe. Can European Project Be Saved?, Oxford, Oxford
University Press, 2016, pp. 55-76. Per una ricostruzione delle misure adottate dall’Unio
ne europea durante la crisi economico-finanziaria si veda M. Ruffert, The European debt cri-
sis and European Union law, in CMLRev, 2011, 48, pp. 1777-1806. Infine, per una lettura co
stituzionalistica del fenomeno nello spazio europeo si veda B. De Witte, Euro Crisis Respon-
ses and the EU Legal Order: Increased Institutional Variation or Constitution al Mutation?, in Eu-
Const, 2015, 11, pp. 436-444. A p. 444 l’Autore parla di una vera e propria “institutional
metamorphosis”.
22
Per un’analisi delle conseguenze della crisi finanziaria in Italia si veda M. Luciani, Uni-
tà nazionale e struttura economica. La prospettiva della Costituzione repubblicana, Relazione ora
le al convegno annuale AIC su Costituzionalismo e Costituzione nella vicenda unitaria ita
liana, Torino, 28 ottobre 2011, in www.associazionedeicostituzionalisti.it. Dello stesso sag
gio si veda, in particolare, le pp. 64-66 in relazione alla nota lettera della BCE. L’Autore
analizza in senso critico la forma, la (non) divulgazione e i contenuti stessi del documen
to. Sulle ricadute in senso sociale della crisi si veda I. Ciolli, I diritti sociali al tempo della cri-
si economica, in Costituzionalismo.it, 2012, 3; S. Giubboni, I diritti sociali alla prova della crisi:
l’Italia nel quadro europeo, in Dir. lav. rel. ind., 2014, 142, pp. 269-277 e D. Tega, Welfare e cri-
si davanti alla Corte costituzionale, in Dir. lav. rel. ind., 2014, 142, pp. 303-325. Infine, per una
lettura storica delle crisi si veda P. Frascani, Crisi economiche in Italia: Dall’Ottocento a oggi,
Bari, Laterza, 2012.
23
La crisi finanziaria del 2008 incide e profondamente modifica l’assetto costituzionale
dell’Unione europea, al punto che in dottrina si parla di nuova trasformazione dell’Eu
ropa. Si veda M. Ioannidis, Europe’s new transformations: How the EU economic constitution
changed during the Eurozone crisis, in CMLRev, 2016, 53, pp. 1237-1248. La dimensione eu
ropea è enfatizzata in T. Beukers, B. De Witte, C. Kilpatrick, Constitutional Change through
Euro-Crisis Law: Taking Stock, New Perspectives and Looking Ahead, in T. Beukers, B. de Witte,
C. Kilpatrick, Constitutional Change through Euro-Crisis Law, Cambridge, Cambridge Univer
sity Press, 2017, pp. 23-24.
24
Cfr. V. Ruiz Almendral, The European Fiscal Consolidation Legal Fretwork: Its Impact on Na-
tional Fiscal Constitution and Parliamentary Democracy, in Beukers, de Witte, Kilpatrick, Con-
stitutional Change through Euro-Crisis Law, cit., pp. 60-65.
25
New Pact for Europe Initiative, Re-energising Europe. A package deal for the EU27, Third Re
port, November 2017, in www.newpactforeurope.eu/, p. 53.
26
Una buona sintesi delle differenti classificazioni dottrinali si trova in F. Bertocchi, L’e-
quità intergenerazionale: alcune linee di intervento possibili, in Studi di Sociologia, 2004, 4, pp.
433-463. Si veda anche la definizione di B.M. Frischmann, Some Thoughts on Shortsighted-
ness and Intergenerational Equity, in Loyola University Chicago Law Journal, 2005, 36, p. 460:
“What is intergenerational equity? Intergenerational equity is a principle of distributive justice. It
concerns the relationship among past, present, and future generations”.
27
Si vedano i dati elaborati in OECD Ministerial Meeting on Social Policy, Session 3, Paying
for the Past, Providing for the Future Intergenerational Solidarity, Paris, 2-3 May 2011, in www.
oecd.org. Denuncia chiaramente i fattori di disequilibrio tra le differenti generazioni A.M.
Ponzellini, Problemi e prospettive dell’occupazione giovanile: un quadro comparato. Il rapporto tra
generazioni nel lavoro. Disuguaglianza senza conflitto?, in Dir. relaz. ind., 2009, 3, pp. 537 ss.
Nello studio l’Autore richiama anche la Comunicazione della Commissione europea, Gre-
en Paper “Confronting demographic change: a new solidarity between the generations”, COM(2005)
94 final. Del documento si veda in particolare il punto 2, pp. 6 ss.
28
Cfr. B. Barabaschi, Intergenerational Solidarity in the Workplace: Can It Solve Europe’s Labor
Market and Social Welfare Crises?, in Journal of Workplace Rights, October 2015, pp. 3, 11.
29
Ibidem, p. 11.
30
Si veda anche l’analisi fatta da S. Sciarra, I diritti sociali e i dilemmi della giurisprudenza co-
stituzionale, in Riv. it. dir. lav., 2017, 1, pp. 347 ss.
31
Recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pub
blici”.
32
Sugli effetti della crisi economico-finanziaria sui diritti sociali si veda l’opera di B. Ca
ruso e G. Fontana (a cura di), Lavoro e diritti sociali nella crisi europea. Un confronto fra costi-
tuzionalisti e giuslavoristi, Bologna, Il Mulino, 2015. In particolare, per una comprensione
introduttiva della questione si veda A. Spadaro, La crisi, i diritti sociali e le risposte dell’Euro-
pa, in Caruso e Fontana (a cura di), Lavoro e diritti sociali nella crisi europea. Un confronto fra
costituzionalisti e giuslavoristi, cit., pp. 15-45.
33
B. Caruso, Nuove traiettorie del diritto del lavoro nella crisi europea. Il caso italiano, in Caruso
e Fontana (a cura di), Lavoro e diritti sociali nella crisi europea. Un confronto fra costituzionali-
sti e giuslavoristi, cit., p. 60.
34
Il comma recita: “In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivaluta
zione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’artico
lo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 è riconosciuta per gli anni 2012 e 2013
esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il tratta
mento minimo INPS, nella misura del 100 per cento. Per le pensioni di importo superiore
a tre volte il trattamento minimo INPS e inferiore a tale limite, incrementato della quota di
rivalutazione automatica spettante ai sensi del presente comma, l’aumento di rivalutazione
è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato. L’articolo 18,
netaria dei trattamenti pensionistici nella misura del 100 per cento esclu
sivamente per le pensioni di importo complessivo fino a tre volte il mini
mo INPS e solo per gli anni 2012 e 2013 si pone in contrasto con gli artt.
2, 3, 23, 36, primo comma, 38, secondo comma, 53 e 117, primo comma
della Costituzione, quest’ultimo articolo in relazione alla Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fonda
mentali (CEDU)35.
La dimensione della questione, nell’individuazione della norma og
getto e della norma parametro, richiede di procedere con ordine e di
partire dalla precisa definizione dell’oggetto. Anzitutto con il sintagma
“rivalutazione automatica delle pensioni” si intende indicare l’istituto
giuridico che stabilisce un meccanismo di rivalutazione delle pensioni a
cura degli enti previdenziali italiani36. In generale, la perequazione au
tomatica delle pensioni si applica sulla base dell’adeguamento al costo
della vita e con cadenza annuale. L’istituto della perequazione è risalen
te nel tempo, la prima previsione positiva del sistema della rivalutazione
automatica si ha nel 1965, con la legge 21 luglio 1965, n. 90337. Nel tem
po la legge ha subito diverse modifiche, “con la finalità di fronteggiare
la svalutazione che le prestazioni previdenziali subiscono per il loro ca
rattere continuativo”.
L’interpretazione del testo normativo va fatta nel contesto storico in cui esso ope
ra […]. Occorre una ricerca sulla genesi delle disposizioni censurate e quindi
sul susseguirsi delle fonti, ma anche sul dibattito parlamentare, spesso rivelato
re del clima non soltanto politico ma anche economico che è dietro le norme39.
comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni e integrazioni, è abrogato”.
35
Firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 4 ago
sto 1955, n. 848.
36
Per qualche approfondimento si veda R. Fabozzi, Perequazione, contributo di solidarietà ed
esigenze di bilancio, un difficile equilibrio, in Giur. cost., 2016, 5, pp. 1847 ss.
37
Recante “Avviamento alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della
previdenza sociale”.
38
L’approccio si trova nei punti 5 e 6 del considerato in diritto.
39
Si veda, nella prima parte del volume, S. Sciarra all’incontro La Corte costituzionale, i di-
ritti sociali e il welfare.
Tuttavia, l’art. 69, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 […], con rife
rimento al meccanismo appena illustrato di aumento della perequazione auto
matica, prevede che esso spetti per intero soltanto per le fasce di importo dei
trattamenti pensionistici fino a tre volte il trattamento minimo INPS. Spetta nel
la misura del 90 per cento per le fasce di importo da tre a cinque volte il tratta
mento minimo INPS ed è ridotto al 75 per cento per i trattamenti eccedenti il
quintuplo del predetto importo minimo. Questa impostazione fu seguita dal le
gislatore in successivi interventi, a conferma di un orientamento che predilige
la tutela delle fasce più deboli41.
40
Recante “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e
pubblici, a norma dell’art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
41
Come scritto nel corpo del testo, l’orientamento della normativa è alla tutela delle fa
sce più deboli, così l’art. 5, comma 6, del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 (Disposizioni
urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, della
legge 3 agosto 2007, n. 127, prevede, per il triennio 2008-2010, una perequazione al 100
per cento per le fasce di importo tra tre e cinque volte il trattamento minimo INPS.
nimento della spesa”42. Anzitutto, deve farsi riferimento all’art. 2 del de
creto-legge 19 settembre 1992, n. 38443 che ha disposto una sospensione
dell’applicazione di ogni aumento a titolo di perequazione automatica
delle pensioni previdenziali e assistenziali, pubbliche e private. In sede
di conversione di tale decreto44, tuttavia si sono mitigati gli effetti della
disposizione “che dunque operò non come provvedimento di blocco del
la perequazione, bensì quale misura di contenimento della rivalutazione,
alla stregua di percentuali predefinite dal legislatore in riferimento al tas
so di inflazione programmata”. A questa disposizione fa seguito l’art. 11,
comma 5, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 attraverso il quale si è di
sposta una generale conversione del meccanismo “in una forma meno
gravosa di raffreddamento parziale della dinamica perequativa”. Dopo
l’entrata in vigore del sistema contributivo45, il legislatore ha imposto un
azzeramento della perequazione automatica per l’anno 1998. Tale nor
ma, ritenuta legittima dalla Corte con ordinanza n. 256 del 2001, ha li
mitato il proprio campo di applicazione ai soli trattamenti di importo
medio-alto, superiori a cinque volte il trattamento minimo. Infine, la
Corte fa riferimento all’art. 1, comma 19, della legge 24 dicembre 2007,
n. 24746. Tale disposizione si limita ad azzerare, in via temporanea, la ri
valutazione ai trattamenti particolarmente elevati, superiori a otto volte
il trattamento minimo INPS. È importante sottolineare che la finalità di
questo azzeramento temporaneo della rivalutazione automatica delle
pensioni per i trattamenti particolarmente elevati risponde al principio
solidaristico47. Tale azzeramento della perequazione
42
Si veda L. Carlassare, Diritti di prestazione e vincoli di bilancio, in Costituzionalismo.it, 2015, 3
e A. Poggi, Crisi economica e crisi dei diritti sociali nell’Unione europea, in Rivista AIC, 2017, 1.
43
Recante “Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, non
ché disposizioni fiscali”.
44
Si fa riferimento all’art. 2, comma 1-bis, della legge 14 novembre 1992, n. 438 (conver
sione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, recante
misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposi
zioni fiscali).
45
Sinteticamente può dirsi che per metodo contributivo s’intende indicare la modalità
di calcolo della pensione che fa riferimento alle contribuzioni accreditabili al soggetto
nel corso della sua vita, e non già alle retribuzioni, come invece avviene con il metodo
retributivo. Per un approfondimento dell’istituto si rinvia a P. Lambertucci (a cura di),
Diritto del lavoro, in Dizionari di diritto privato promossi da Natalino Irti, Milano, Giuffrè,
2010, pp. 562-577.
46
Recante “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro
e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in ma
teria di lavoro e previdenza sociale”.
47
Scrive la Corte che la misura è “finalizzata a concorrere solidaristicamente al finanzia
mento di interventi sulle pensioni di anzianità, a seguito, dell’innalzamento della soglia
di accesso al trattamento pensionistico”. Punto 6, par. 6 del considerato in diritto.
è stato sottoposto al vaglio di questa Corte, che ha deciso la questione con sen
tenza n. 316 del 2010. In tale pronuncia questa Corte ha posto in evidenza la di
screzionalità di cui gode il legislatore, sia pure nell’osservare il principio costi
tuzionale di proporzionalità e adeguatezza delle pensioni, e ha reputato non il
legittimo l’azzeramento, per il solo anno 2008, dei trattamenti pensionistici di
importo elevato (superiore ad otto volte il trattamento minimo INPS).
48
Sul principio di ragionevolezza si vedano V. Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale,
L’ordinamento costituzionale (La Corte costituzionale), II, 2, V ed., Padova, Cedam, 1984, pp.
280-293; A. Morrone, Il custode della ragionevolezza, Milano, Guffrè, 2001, pp. 1-36 e S.
Sciarra, Prove di razionalità per il diritto del lavoro della crisi, in Arg. Dir. Lav., 2016, 1, pp.
5-15. Si veda anche la definizione di ragionevolezza di A. Cerri, Spunti e riflessioni sulla
ragionevolezza nel diritto, in Dir. Pubbl., 2016, 2, pp. 625-626: “[…] nel linguaggio comu
ne, attiene alle giustificazioni di una azione umana: giustificazioni non suscettibili di es
ser dimostrate rigorosamente ma neppure tali da esser rifiutate. L’azione può essere la
più varia: quella di gestire la propria esistenza quotidiana, quella di assumersi la respon
sabilità di un’affermazione, quella di vagliare questa affermazione in base ad un crite
rio di verità, quella di porre in essere atti giuridicamente efficaci per sé o, addirittura,
unilateralmente per i terzi od altro ancora. Perché una giustificazione deve esser rifiu
tata? Perché la sua base cognitiva non è compatibile con una metodologia generalmen
te accolta o perché essa medesima supera i limiti massimi di accettabilità, secondo ge
nerali convincimenti”.
49
Punto 4 del considerato in diritto, sentenza n. 316 del 2010.
50
Il giudice delle leggi fa riferimento all’interrogazione parlamentare presentata presso
il Senato della Repubblica, seduta n. 93, dell’8 agosto 2013, n. 3 – 00321, per una consul
tazione del documento si veda il seguente link: www.senato.it/service/PDF/PDFServer/
BGT/713801.pdf a p. 160.
51
Punto 7, parr. 8, 9. “L’art. 1, comma 483, lettera e), della legge di stabilità per l’anno
2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante “Disposizioni per la formazione del bilan
cio annuale e pluriennale dello Stato-legge di stabilità”) ha previsto, per il triennio 2014-
2016, una rimodulazione nell’applicazione della percentuale di perequazione automati
ca sul complesso dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo di cui all’art. 34,
comma 1, della legge n. 448 del 1998, con l’azzeramento per le sole fasce di importo su
periore a sei volte il trattamento minimo INPS e per il solo anno 2014. Rispetto al dise
gno di legge originario le percentuali sono state, peraltro, parzialmente modificate. Nel
triennio in oggetto la perequazione si applica nella misura del 100 per cento per i tratta
menti pensionistici di importo fino a tre volte il trattamento minimo, del 95 per cento per
i trattamenti di importo superiore a tre volte il trattamento minimo e pari o inferiori a
quattro volte il trattamento minimo del 75 per cento per i trattamenti oltre quattro volte
e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo, del 50 per cento per i trattamenti
oltre cinque volte e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS. Soltanto per il
2014 il blocco integrale della perequazione ha riguardato le fasce di importo superiore a
sei volte il trattamento minimo”.
52
Si veda, nella prima parte del volume, S. Sciarra all’incontro La Corte costituzionale, i
diritti sociali e il welfare.
53
Si veda U. Romagnoli, Il principio d’uguaglianza sostanziale, in Branca (a cura di), Com-
mentario della Costituzione, cit., pp. 162-198.
54
Si veda la sentenza n. 501 del 1988.
55
Sulla definizione di bilanciamento si veda A. Morrone, Bilanciamento (giustizia costituzio-
nale), in Enc. giur., II, 2, Milano, Giuffrè, 2008, pp. 185-193; per quanto concerne la tecni
ca del bilanciamento tra diritti sociali e risorse finanziarie a seguito dell’irrompere della
crisi economico-finanziaria si veda M. Massa, Discrezionalità, sostenibilità, responsabilità nella
giurisprudenza costituzionale sui diritti sociali, in Quad. cost., 2017, 2, pp. 73-93.
56
Sentenza n. 316 del 2010.
pentino a sessanta anni a decorrere dal 1° gennaio 2008, dell’età minima già pre
vista per l’accesso alla pensione di anzianità” […] con “lo scopo […] di contri
buire al finanziamento solidale degli interventi sulle pensioni di anzianità”57.
In quell’occasione la Corte
non ha ritenuto che fossero stati violati i parametri di cui agli artt. 3, 36, primo
comma, e 38, secondo comma, Cost. Le pensioni incise per un solo anno dalla
norma allora impugnata, di importo piuttosto elevato, presentavano “margini di
resistenza all’erosione determinata dal fenomeno inflattivo”. L’esigenza di una
rivalutazione costante del correlativo valore monetario è apparsa per esse meno
pressante.
poiché il blocco della perequazione automatica per l’anno 2008, operato esclu
sivamente sulle pensioni superiori ad un limite d’importo di sicura rilevanza, rea
lizzava “un trattamento differenziato di situazioni obiettivamente diverse rispetto
a quelle, non incise dalla norma impugnata, dei titolari di pensioni più modeste”58.
57
Disposti dall’art. 1, commi 1 e 2, della medesima legge 23 agosto 2004, n. 243. Si veda
il punto 9 del considerato in diritto.
58
L’allora Giudice delle leggi ha definito la previsione generale della perequazione au
tomatica “a regime”, proprio perché “prevede una copertura decrescente, a mano a ma
no che aumenta il valore della prestazione”. Così al punto 9, par. 3 del considerato in
diritto.
dell’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 […] nella par
te in cui prevede che “In considerazione della contingente situazione finanzia
ria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, […], è riconosciu
ta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di impor
to complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100
per cento”.
59
Questo principio si trova esplicato nella sentenza n. 349 del 1985.
60
Legge 22 dicembre 2011, n. 214.
61
Su tale disposizione si veda la sentenza n. 26 del 2013, che interpreta il citato art. 17
c. In conclusione,
quale “puntualizzazione tecnica” dell’art. 81 Cost. Secondo l’art. 17, comma 3, della leg
ge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), i disegni di legge
(compresi naturalmente i disegni di legge di conversione di decreti-legge), gli schemi di
decreto legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguen
ze finanziarie devono essere corredati di una relazione tecnica sulla quantificazione del
le entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione (nonché, nel caso di disposizioni
onerose, delle relative coperture finanziarie).
62
Sul principio costituzionale di solidarietà si rinvia a Mengoni, Fondata sul lavoro: la Re-
pubblica tra diritti inviolabili dell’uomo e doveri inderogabili di solidarietà, cit., pp. 10 ss.
63
Si veda, nella prima parte del volume, l’intervento di S. Sciarra.
64
L’istruttoria è il procedimento attraverso il quale la Corte costituzionale richiede, in via
formale, atti o documenti a soggetti pubblici e privati, esperibile previa delibera collegia
le e nella forma dell’ordinanza. L’istruttoria non formalizzata si caratterizza per una man
canza di elementi formali, essa è compiuta dal giudice relatore della pronuncia e dai suoi
assistenti.
65
In via generale e per una lettura introduttiva sui Fiscal Councils si rinvia a AA.VV., Prin-
ciples for Independent Fiscal Institutions and Country Notes, 7th Annual meeting of OECD Par-
liamentary Budget Officials and Independent Fiscal Institutions, 2015 in www.oecd.org; L.
Calmfors e S. Wrlewis, What should fiscal councils do?, in www.fiscalcouncil.ie, 2011; Inter
national Monetary Fund, The functions and impact of Fiscal Councils, in www.imf.org, July
2013. Recentemente anche la Commissione europea (DG Economic and Financial Af
fairs) ha pubblicato un discussion paper: L. Jankovics e M. Sherwood, Independent Fiscal
Institutions in the EU Member States. The Early Years, Discussion Paper n. 067, July 2017, in
//ec.europa.eu/. Per una lettura europea dei Fiscal Councils si veda D. Fromage, Cre-
ation and Reform pf Independent Fiscal Institutions in EU member States: Incomplete and Insuf-
ficient Work in Progress?, in Beukers, de Witte, Kilpatrick, Constitutional Change through Eu-
ro-Crisis Law, cit., pp. 108-142.
66
Gli Independent Fiscal Institutions sono istituiti dall’art. 6(1)(b) della Direttiva 2011/85/
EU e sviluppati poi dall’art. 2(1)(a) del Regolamento(EU) n. 473/2013, parte del cd. Two
Pack e dall’art. 3(2) del Treaty on Stability, Coordination and Governance (TSCG).
67
La disciplina nazionale è contenuta nell’art. 5, lettera f); negli artt. 16-19 della legge 24
dicembre 2012, n. 243 “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilan
cio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione”. Per ulteriori informazioni
si veda www.upbilancio.it/normative/.
68
Si veda, nella prima parte del volume, l’intervento di S. Sciarra.
69
Lo stesso problema, sebbene con differenze, si pone per la Corte di Giustizia. Si veda
sul punto J. Kokott e C. Sobotta, Judicial review and institutional balance with regard to Euro-
pean monetary policy, in European Central Bank, ECB Legal Conference 2017, Shaping a new
legal order for Europe: a tale of crises and opportunities, 4-5 September 2017, European Central
Bank, Frankfurt, 2017, pp. 104-111.
70
La legge reca “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e
per l’efficienza degli uffici giudiziari”.
71
Recante “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e
pubblici, a norma dell’articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
72
Punto 1 del considerato in diritto, sentenza n. 133 del 2016.
73
Recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la compe
titività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.
74
Il periodo riportato si riferisce a una decisione del Consiglio di Stato, Consiglio di Sta
to, sezione sesta, sentenze 30 maggio 2014, n. 2816 e 24 ottobre 2013, n. 5147.
75
Per una sintesi della questione si rinvia a Occhino, I diritti sociali nell’interpretazione costi-
tuzionale, cit., pp. 4-6.
76
Sul requisito della rilevanza della questione di legittimità si rinvia a Crisafulli, Lezioni di
diritto costituzionale, L’ordinamento costituzionale (La Corte costituzionale), cit., pp. 280-293.
77
La direttiva reca “Direttiva del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la pari
tà di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”.
78
Per un approfondimento del tema si veda G. D’Alessio e M.C. Coviello, “Prepensionamen-
to progressivo” e “ricambio generazionale” nel lavoro privato e nel lavoro pubblico. I principi del di-
ritto europeo e i recenti interventi legislativi italiani, in Lav. pubbl. amm., 2015, 5, pp. 611 ss.
79
La direttiva citata, all’art. 6, par. 1 stabilisce che “Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli
Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non
costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giu
stificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati
obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i
mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari”. L’art. 2, par. 2,
sostegno delle pensioni più basse”. Per una consultazione diretta degli atti citati si veda il
sito ufficiale della legislazione europea: eur-lex.europa.eu.
82
In generale si veda M. Luciani, Generazioni future, distribuzione temporale della spesa pubbli-
ca e vincoli costituzionali, in Dir. soc., 2008, 2, pp. 147-167 e M. Luciani, Diritti sociali e livelli
essenziali delle prestazioni pubbliche nei sessant’anni della Corte costituzionale, in Rivista AIC, 2016,
3, pp. 13-14.
83
Lo studio e lo sviluppo del concetto di equità intergenerazionale sono riconducibili agli
studi del filosofo H. Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino,
Einaudi, 1979 (trad. it. a cura di P.P. Portinaro). In Italia, gli studi sono soprattutto appar
tenenti alla scienza sociologica, alla statistica e all’economia. Per quel che concerne la
scienza giuridica si veda R. Bifulco, Le generazioni future come nuovo paradigma del diritto co-
stituzionale, in R. Bifulco e A. D’Aloia (a cura di), Un diritto per il futuro: teorie e modelli dello
sviluppo sostenibile e della responsabilità intergenerazionale, Napoli, Jovene, 2008, pp. IX-XXXII.
In generale si rinvia a P. Pertile, V. Polin, P. Rizza, M. Romanelli, L’equità intergenerazionale
delle politiche di bilancio, in A. Schizzerotto, U. Trivellato, N. Sartor (a cura di), Generazioni
diseguali. Le condizioni di vita dei giovani di ieri e di oggi: un confronto, Bologna, Il Mulino,
2011, pp. 407-435.
84
Intervento del professore C. Lucifora all’incontro “La Corte costituzionale, i diritti so
ciali e il welfare”, nel ciclo di incontri “La Corte costituzionale e l’economia”, organizza
ti dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Economia, Dipartimento di Dirit
to privato e pubblico dell’economia e Dipartimento di Economia e finanza, Milano, 24 ot
tobre 2016.
In questa prospettiva, la legge n. 196 del 2009, nella parte in cui prescri
ve, all’art. 17, quale presupposto per la copertura finanziaria, la previa
quantificazione della spesa o dell’onere, lo fa per “l’evidente motivo che
non può essere assoggettata a copertura un’entità indefinita”87.
Come risulta sia dai lavori preparatori della legge di conversione sia dalla Nota
di lettura n. 57, redatta dal Servizio del bilancio del Senato, dedicata all’impu
gnato art. 1, tali indicazioni sono state rispettate. L’adozione delle misure con
tenute nell’art. 1 del d.l. n. 90 del 2014, come convertito, è corredata dalla rela
zione tecnica […] e contiene anche il quadro analitico delle proiezioni finan
ziarie almeno decennali […]. A margine della tabella relativa agli anni 2014-
2018, è chiaramente indicato che, dopo l’anno 2018, gli oneri mostrano un an
damento decrescente, per il progressivo venir meno delle maggiori erogazioni
dovute all’anticipo delle liquidazioni per trattamenti di fine servizio. Inoltre, dal
la relazione tecnica risulta che le modifiche apportate dalla legge di conversio
ne non incidono sugli oneri indicati dal comma 6 dell’art. 1 del medesimo de
creto-legge88.
85
La disciplina della corretta previsione degli oneri finanziari è prevista dall’art. 17, com
ma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza).
86
Sentenza n. 224 del 2014.
87
Sentenza n. 181 del 2013.
88
In particolare, nella sentenza in esame, la Corte costituzionale descrive e riporta il da
to economico al quale fare riferimento: “I minori oneri correlati, con riferimento al pe
“Poiché gli adempimenti prescritti dall’art. 17 della legge n. 196 del 2009
sono stati soddisfatti [e] i conteggi svolti in relazione alla spesa e le pre
visioni effettuate non appaiono implausibili”, è possibile escludere la vio
lazione dell’obbligo di copertura finanziaria.
Successivamente, il giudice delle leggi è chiamato a risolvere il dub
bio di legittimità riguardante la presunta violazione dell’art. 97, primo
comma, Cost. e del criterio di economicità ivi introdotto per effetto del
la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 189. Tale criterio “pone un vin
colo ineludibile sulla capacità e sulla condizione della spesa delle am
ministrazioni pubbliche”, al fine di non eccedere le risorse effettiva
mente disponibili. Anche per questo profilo, la Corte dichiara non fon
data la questione di legittimità. Le ragioni sono semplici: proprio la leg
ge costituzionale n. 1 del 2012 modifica l’art. 97 della Costituzione, in
troducendo un nuovo primo comma all’art. 97 Cost. In sostanza, que
sto nuovo comma vincola le pubbliche amministrazioni al rispetto dell’e
quilibrio di bilancio.
riodo indicato, alla mancata abolizione del trattenimento in servizio dei magistrati, i cui
provvedimenti di mantenimento in servizio non risultavano perfezionati, sono idonei a
compensare i maggiori oneri discendenti dalle modifiche che hanno interessato gli avvo
cati dello Stato, la cui consistenza numerica è, peraltro, piuttosto contenuta nell’ambito
del comparto di riferimento”, punto 4.3.1, par. 3 del considerato in diritto.
89
Legge recante “Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costitu
zionale”.
e quindi meno costoso”. Tale risultato è atteso nel lungo periodo […]. Come in
dicato nella relazione tecnica […], l’attuazione delle misure in esame appare
idonea a agevolare risparmi da cessazione capaci di liberare risorse nuove spen
dibili per l’auspicato ricambio generazionale in un lasso temporale più ampio.
90
Ordinanza n. 195 del 2000.
91
La Corte afferma che “L’eliminazione del trattenimento in servizio ha portato a compi
mento un percorso già avviato, per agevolare, nel tempo, il ricambio generazionale e con
sentire un risparmio di spesa, anche con riguardo all’amministrazione universitaria, in at
tuazione dei principi di buon andamento e efficienza dell’amministrazione, senza alcuna
lesione dell’affidamento, in linea con l’evoluzione normativa e con la giurisprudenza del
la Corte di Giustizia (ex plurimis, sentenza 7 giugno 2005, in causa C-17/03, VEMW e altri
contro Directeur van de Dienst uitvoering en toezicht energiea)”.
92
Per i ricorrenti, l’art. 3, in materia di blocco delle assunzioni, contraddirebbe il prete
so perseguimento del ricambio generazionale mediante l’abolizione del trattenimento in
servizio.
sa sia pari al 20 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’an
no precedente. Negli anni successivi tale limitazione si riduce fino a consentire
il completo “sblocco” delle assunzioni alla data del 2018.
Per la Corte, “questa disciplina risulta […] coerente con l’obiettivo del
ricambio generazionale sotteso all’abolizione del trattenimento in servi
zio, all’interno di una programmazione articolata nel tempo”. In sostan
za, non può definirsi contraddittoria rispetto al blocco delle assunzioni,
così come descritto in precedenza, una disposizione che prevede, attra
verso il collocamento a riposo del personale beneficiario del trattenimen
to in servizio, politiche di ricambio generazionale a fronte della crisi eco
nomica, al fine di “realizzare progressivi risparmi da cessazione che, in
relazione al regime del turn over, alimenterebbero le risorse utilizzabili
per le nuove assunzioni”.
93
Si veda, nella prima parte del volume, l’intervento di C. Lucifora.
94
Richiama questo punto A. Occhino, si veda la prima parte del presente volume. La vi
sione intergenerazionale dell’organizzazione del lavoro e del sistema previdenziale com
porta un’attenzione non limitata al tempo presente, bensì estesa al tempo futuro, attra
verso la considerazione delle generazioni future.
95
Nota di lettura n. 57, agosto 2014 al disegno di legge A.S. 1582: Conversione in legge,
con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante “Misure urgenti per
la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”
(Approvato dalla Camera dei deputati). Si veda in particolare pp. 3 ss., e le relative tabel
le previsionali riportate. Per S. Sciarra “Questi documenti chiariscono la scelta del legisla
tore di sostituire lavoratori anziani, più costosi, con personale di nuova assunzione; que
sta scelta si muove in un arco temporale ampio che, secondo la relazione tecnica, fa par
tire dal 2018 (al termine del blocco del turn over del personale) la riduzione degli oneri
connessi alla nuova disciplina, liberando risorse nel tempo per l’auspicato ricambio gene
razionale. Vi è dunque la ricerca di una ponderata armonia tra entrate e uscite dal mon
do del lavoro pubblico. È soprattutto questo che ha colpito e convinto la Corte costituzio
nale”. Si veda la prima parte del presente volume.
96
In questi termini è chiaro che “La valutazione di impatto economico, che entra come
punto di vista nel ragionamento sulla legittimità di ogni intervento attuativo già su diritti
civili e politici, a maggior ragione interessa le questioni direttamente legate ai diritti altri,
detti sociali”, così Occhino, I diritti sociali nell’interpretazione costituzionale, cit., p. 9.
97
Recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività eco
nomica”.
98
Recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”.
99
Punto 1 del considerato in diritto, sentenza n. 178 del 2015. L’art. 9, comma 1, stabi
lisce che: “Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei sin
goli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio,
previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto
economico consolidato della pubblica amministrazione, […] non può superare […] il
trattamento in godimento nell’anno 2010 […]”. Il comma 17 esclude: “[…] le proce
dure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all’arti
colo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 successive mo
dificazioni”.
100
Il comma 2-bis recita: “A decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2014 l’am
montare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del
personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni […] non può
superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è […] automaticamente ridotto in
misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. A decorrere dal 1° gennaio
2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio sono decur
tate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del precedente periodo”. L’ulti
mo periodo del comma 21 dell’art. 9 recita: “Per il personale contrattualizzato le progres
sioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte
negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giu
ridici”.
101
Occhino, I diritti sociali nell’interpretazione costituzionale, cit., p. 7.
102
Art. 53 Cost.: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della lo
ro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
103
Con l’espressione ‘interpretazione teleologica’ si indica quel tipo di interpretazione
orientata ai fini ovvero all’intenzione del legislatore. Si veda, sul punto, A. Barbera e C.
Fusaro, Corso di diritto costituzionale, II ed., Bologna, Il Mulino, 2014, p. 111.
104
Per la definizione di prestazione patrimoniale imposta si rinvia a G. Falsitta, Corso isti-
tuzionale di diritto tributario, III ed., Padova, Cedam, 2009, pp. 64-66.
105
Sul rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni si rinvia a
V. Cerulli Irelli, Lineamenti del diritto amministrativo, II ed., Torino, Giappichelli, 2011,
pp. 208-213.
106
Si vedano le sentenze n. 120 del 2012 e n. 146 del 2008.
107
Tale principio, che prevede un rapporto di equilibrio tra le entrate e le spese dello Sta
to, è stato introdotto dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 “Introduzione del principio
del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale”. Il primo comma dell’art. 81 Cost. re
cita: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo
conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”.
108
Tutto questo “in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione
e di bilancio di cui all’articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modifi
cazioni e integrazioni” (art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001).
109
La Corte richiama la sentenza n. 310 del 2013.
110
Così come stabilito, riporta la Corte, nell’“Intesa per l’applicazione dell’Accordo qua
dro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 ai comparti contrattuali
del settore pubblico”, siglata a Roma il 30 aprile 2009 dai ministri competenti e da alcu
ne organizzazioni sindacali (si veda, in particolare, art. 2, lettera a).
111
Così come prescritto dall’art. 11, comma 3, lettera g), della legge n. 196 del 2009, ai
sensi dell’art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001.
112
La Corte costituzionale fa riferimento al Rapporto semestrale ARAN sulle retribuzioni
dei pubblici dipendenti, giugno 2010. Il Rapporto è consultabile al seguente link, www.
aranagenzia.it. I riferimenti alla crisi si trovano alle pagine 3, 6, 8 del documento.
113
Il dibattito al Senato polarizza l’attenzione sulla “particolare gravità della situazione
economica e finanziaria internazionale” e sulle “ripercussioni sull’economia nazionale”
(seduta della Quinta Commissione del Senato – Commissione Bilancio – del 16 giugno
2010).
114
Il riferimento è a due rapporti: Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, rap
porto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica (consultabile sul sito ufficiale della
Corte dei conti, www.corteconti.it), e Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo,
rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica (consultabile al seguente link:
www.corteconti.it).
115
Il richiamo è al già citato Rapporto semestrale ARAN, giugno 2010.
116
La Corte richiama la seduta della Quinta Commissione del Senato (Commissione Bi
lancio), tenutasi il 16 giugno 2010.
di violazione degli artt. 36, primo comma, e 39, primo comma, Cost., in
quanto il sacrificio del diritto alla retribuzione commisurata al lavoro
svolto e del diritto di accedere alla contrattazione collettiva non è né ir
ragionevole, né sproporzionato.
Per quel che concerne la presunta violazione del criterio della pro
porzionalità della retribuzione al lavoro prestato, in forza della determi
nazione del blocco della dinamica negoziale, la Corte dichiara la non
fondatezza delle questioni prospettate dalle parti. Tale criterio è stretta
mente correlato “alla valorizzazione del merito, affidata alla contrattazio
ne collettiva, destinato a proiettarsi positivamente nell’orbita del buon
andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.)”. Sotto que
sto specifico profilo la Corte afferma che “l’emergenza economica, pur
potendo giustificare la stasi della contrattazione collettiva, non può avva
lorare un irragionevole protrarsi del ‘blocco’ delle retribuzioni [poiché
si] finirebbe, in tal modo, per oscurare il criterio di proporzionalità del
la retribuzione” richiamato dalle parti ricorrenti. Vero è che
il giudizio sulla conformità al parametro dell’art. 36 Cost. non può essere svolto
in relazione a singoli istituti, né limitatamente a periodi brevi, poiché si deve va
lutare l’insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavo
ratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza, alla luce del
canone della onnicomprensività […]117.
117
Si veda la sentenza n. 154 del 2014.
118
Art. 39, primo comma, Cost.: “L’organizzazione sindacale è libera”.
119
Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, sentenza 8 ottobre 2013, António
Augusto da Conceiçao Mateus e Lino Jesus Santos Januário contro Portogallo, punti 23
ss. del considerato in diritto. Per un’analisi della giurisprudenza portoghese di crisi si rin
via a M. Canotilho, T. Violante, R. Lanceiro, Austerity measures under judicial scrutiny: the Por-
tuguese constitutional case-law, in EuConst, 2015, 11, pp. 155-183 (in particolare si vedano le
pp. 160-171). Evidenzia profili critici R. Repasi, A. Court of Justice Judicial protection against
austerity measures in the euro area: Ledra and Mallis, in CMLRev, 2017, 4, p. 1140, che scrive:
“In principle, austerity measures affect individuals in the form of national law implement
ing MoUs. Individuals could therefore seek judicial protection at national courts review
ing austerity measures against national constitutions. This path was taken by several claim
ants in Portugal, Cyprus and Greece. Some of these actions were successful; for instance,
the Portuguese Constitutional Court struck down a 10 per cent cut of former public work
ers’ pensions, and the Greek Council of State declared the privatization of the water sup
ply of the cities of Athens and Thessaloniki void. In other cases, however, the national
courts were conscious, when assessing the constitutionality of a national measure, of the
risk of sovereign default as a consequence of the ‘conditionality mechanism’ described
above. Most prominently, the Portuguese Constitutional Court considered in its ruling on
the suspension of bonuses for public employees in 2012 that ‘the consequences of an un
qualified declaration of unconstitutionality could endanger the maintenance of the agreed
financing and thus the State’s solvency’”.
bilanciamento irragionevole tra libertà sindacale (art. 39, primo comma, Cost.),
[…] ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa,
all’interno di una coerente programmazione finanziaria (art. 81, primo comma,
Cost.). Il sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall’art. 39 Cost., proprio
per questo, non è più tollerabile120.
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120
Sul ruolo della contrattazione collettiva alla luce della crisi economico-finanziaria
nel contesto europeo si veda S. Sciarra, Ci sarà una solidarietà europea?, in RDSS, 2016, 1,
pp. 9-15.
121
La dichiarazione di illegittimità costituzionale sopravvenuta prevede una modulazione
degli effetti delle decisioni di accoglimento per il passato. In questo caso la Corte limita
gli effetti retroattivi della dichiarazione di incostituzionalità. Si veda M. Bellocci e T. Gio
vannetti (a cura di), Il quadro delle tipologie decisorie nelle pronunce della Corte costituzionale,
Quaderno predisposto in occasione dell’incontro di studio con la Corte costituzionale di
Ungheria, Palazzo della Consulta, 11 giugno 2010, in www.cortecostituzionale.it.
122
Il regime di sospensione si ricava dalle seguenti norme: art. 16, comma 1, lettera b),
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo
periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122; art. 1, comma 453, della legge 27 dicembre
2013, n. 147 e art. 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
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va e per l’efficienza degli uffici giudiziari” (Approvato dalla Camera dei deputati),
www.senato.it.
Premessa
La riforma costituzionale del 2012 ha, poi, fatto sì che il tema della fi
nanza pubblica e, in particolare, del rapporto tra la legislazione statale e
quella regionale in materia finanziaria, assumesse un ruolo significativo
nell’ambito delle questioni trattate dalla Corte costituzionale.
Tale intervento di revisione, modificando l’art. 81 Cost., ha reso, inol
tre, ancor più chiara la necessità di un continuo dialogo tra gli studiosi
delle scienze economiche e la dottrina costituzionalistica (Chessa 2016);
è noto come i principi costituzionali riguardanti la materia economica,
siano essi espressamente previsti dalla Costituzione o riconosciuti da con
venzioni internazionali che assumono efficacia para-costituzionale, sono
considerati particolarmente ampi e rappresentano, sul piano della gerar
chia delle fonti, uno dei vertici della scala valoriale del nostro ordina
mento giuridico. Tuttavia, questi non possono essere considerati assolu
ti ma devono convivere con altri valori fondanti del nostro ordinamen
to; la necessità di un bilanciamento si presenta soprattutto a coloro i qua
li sono preposti a regolare il concorso tra i diversi principi: in primo luo
go il legislatore nell’emanare le leggi ma, sicuramente, anche il giudice
costituzionale che sarà chiamato a pronunciarsi sulla correttezza dell’o
perato del legislatore (statale o regionale).
Tutto ciò ha avuto un decisivo riscontro nel periodo immediatamen
te successivo alla riforma del 2012; in un primo momento, alcuna parte
degli studiosi di diritto costituzionale aveva ritenuto, come visto in pre
cedenza, che quanto previsto dall’art. 81 Cost. difficilmente avrebbe po
tuto essere strumento di sindacato costituzionale delle leggi; tale assun
to è stato, tuttavia, smentito dal numero rilevante di questioni che sono
pervenute alla Corte costituzionale sia in via incidentale sia, soprattutto,
in via principale con cui lo Stato ha rilevato l’illegittimità di alcune voci
del bilancio di singole regioni proprio per contrasto con i principi deri
vanti dall’interpretazione dell’art. 81 Cost.
In seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione per effetto della
legge costituzionale n. 3 del 2001 il contenzioso tra lo Stato e le Regioni,
per quanto attiene alle rispettive competenze, ha occupato buona parte
dell’attività della Corte costituzionale.
Nell’ambito delle molteplici questioni in merito al riparto della com
petenza legislativa primaria, particolarmente rilevante è lo studio della
giurisprudenza della Corte con riguardo ai diritti fondamentali e al rap
porto tra la tutela di tali diritti e il rispetto dei limiti imposti alla finanza
pubblica; ciò in quanto è possibile notare come insieme a una tendenza
sempre più accentuata alla garanzia dei diritti fondamentali con tutto ciò
che comporta, ivi compreso il necessario stanziamento di risorse finan
sindacato sulla materia sia riconosciuto in Costituzione “non può avere altro si
gnificato che affermare che esso rientra nella tavola complessiva dei valori costi
tuzionali”, cosicché “non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bi
lancio o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca
sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità, dal momento che
non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa essere rite
nuta esente dalla inviolabile garanzia rappresentata dal giudizio di legittimità co
stituzionale” (sentenza n. 260 del 1990). Sul punto è opportuno anche ricorda
re “come sul tema della condizione giuridica del portatore di handicaps conflui
scono un complesso di valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del
disegno costituzionale; e che, conseguentemente, il canone ermeneutico da im
piegare in siffatta materia è essenzialmente dato dall’interrelazione e integrazio
ne tra i precetti in cui quei valori trovano espressione e tutela” (sentenza n. 215
del 1987).
[…]
16. Infine, non è condivisibile l’argomento secondo cui le scelte adottate in se
de di bilancio non avverrebbero in modo generico, bensì con apposita istrutto
ria ricavata dall’acquisizione dei piani preventivi di intervento predisposti dalle
Province sulla base delle necessità riscontrate nell’anno scolastico in corso e di
quelle dichiarate dal genitore dello studente che si iscrive per la prima volta al
grado di istruzione secondaria superiore. È proprio la disattenzione alle risul
tanze del piano il vizio genetico della norma contestata, che consente di prescin
derne al di là di ogni ragionevole argomento: condizionare il finanziamento del
50% delle spese già quantificate dalle Province (in conformità alla pianificazio
ne disciplinata dallo stesso legislatore regionale) a generiche ed indefinite pre
visioni di bilancio realizza una situazione di aleatorietà ed incertezza, dipenden
te da scelte finanziarie che la Regione può svolgere con semplici operazioni nu
meriche, senza alcun onere di motivazione in ordine alla scala di valori che con
le risorse del bilancio stesso si intende sorreggere.
La sentenza citata, dunque, stabilisce, tra l’altro, che una volta fissati i li
velli minimi delle prestazioni cui hanno diritto gli studenti disabili que
sti non possono essere oggetto di tagli basati su criteri che non consen
tano di determinare preventivamente l’entità dei finanziamenti stessi; se
condo una lettura della sentenza questa sembra affermare che, fermo il
principio del necessario equilibrio finanziario, vi è un nucleo di diritti
fondamentali in cui la spesa pubblica è da considerarsi costituzionalmen
te doverosa (Carlassare 2015; Longo 2017). Se ciò appare non facilmen
te contestabile, va detto che nella sentenza si afferma che la legge regio
nale oggetto della questione di legittimità costituzionale è stata emana
ta in violazione della carta fondamentale non perché volta a prevedere
una riduzione dei finanziamenti quanto per il fatto che l’entità di tale ri
duzione non sia preventivabile da parte della Provincia che è chiamata a
svolgere il servizio a favore degli studenti disabili.
[…] È acclarato dalla lettura dei bilanci della Regione e già accertato nei giudizi
a quibus che – malgrado la Regione Piemonte eccepisca, in modo generico e non
documentato, che le poste contabili oggetto di impugnazione non siano esausti
ve delle risorse assegnate per funzioni conferite alle Province ricorrenti – l’enti
tà degli stanziamenti contenuti nella specifica posta del bilancio della Regione,
ti livelli di prestazione dei servizi nelle leggi regionali di settore, si verifica – per
effetto delle disposizioni sproporzionatamente riduttive delle risorse – una rile
vante compressione dei servizi resi alla collettività […]
apparire, per certi versi, forzato; ciò in quanto in tale pronuncia si vuo
le colpire l’illegittima reiterazione del blocco all’adeguamento delle pen
sioni e, nella motivazione, la Corte espressamente fa riferimento alla vio
lazione delle regole volte a disciplinare l’istruttoria finanziaria così da far
ritenere compromesso anche il rispetto del principio di trasparenza e di
proporzionalità.
Naturalmente il legislatore sarà chiamato a emanare una normativa
che, nel rispetto di quanto statuito dalla Corte costituzionale, rimedi al
le violazioni riconosciute e, allo stesso tempo, agisca per il futuro al fine
di garantire il rispetto dei diritti fondamentali; la considerazione secon
do cui tale passaggio andrà a incidere sulla finanza pubblica sembra po
tersi ricollegare più al principio del necessario rispetto delle pronunce
del giudice delle leggi piuttosto che all’applicazione del principio dell’e
quilibrio dinamico del bilancio.
È possibile costatare, tuttavia, come tale principio sia stato al centro
di alcune pronunce della Corte costituzionale in materia tributaria (Pa
dula 2015); si vuole fare riferimento, in particolare, alla pronuncia n. 155
del 2015 con cui la Corte ha riconosciuto che:
[…] In ogni caso, anche ad ammettere l’ipotesi che l’impugnato comma 6 com
porti, nell’insieme, una riduzione di gettito, detto comma non violerebbe, co
tate negli ultimi anni dallo Stato abbiano causato degli stravolgimenti an
che per quanto attiene alle responsabilità politiche dei soggetti chiama
ti a svolgere determinate funzioni nei diversi livelli territoriali.
La Corte costituzionale è stata, dunque, chiamata a intervenire nel
procedimento di individuazione dei criteri da applicare al fine di stabili
re la sussistenza o meno della responsabilità, sia amministrativa sia poli
tica, dei soggetti preposti alla resa delle prestazioni sociali nelle singole
amministrazioni locali (Carosi 2017); da qui il riemergere nella giurispru
denza della Corte costituzionale più recente della cd. “contabilità di man
dato”, termine volto a individuare la prassi di illustrare, in via preventiva
e successiva, sia gli obiettivi perseguiti sia le risorse impiegate.
L’atto in cui avviene tale illustrazione è il bilancio nel quale le ammi
nistrazioni potranno indicare, alle diverse voci, le risorse impiegate e le
diverse attività svolte; tanto che la Corte costituzionale è arrivata a defi
nire il bilancio come un “bene pubblico” dato che è proprio mediante
l’approvazione di tale documento che gli organi politici rendono acces
sibili a tutti le notizie in merito alle risorse impiegate nelle varie attività
volte a realizzare gli obiettivi oggetto dei programmi elettorali (Gallo
2017; Delledonne 2016).
Nella sentenza n. 184 del 2016 il giudice delle leggi ha, infatti, espres
samente riconosciuto che:
Riferimenti bibliografici
Nel corso dell’incontro sono state prese in esame talune pronunce signi
ficative della Corte, attraverso le quali si riesce a comprendere il metodo
seguito dai giudici costituzionali nell’affrontare il tema del rapporto tra
decisione pubblica e attività private.
2016, pp. 566 ss.; Diotallevi 2016, pp. 183 ss.), avente a oggetto la legge
della Regione Piemonte n. 22 del 2006 (“Norme in materia di trasporto
di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente”),
secondo cui gli incrementi del parco autobus successivi al rilascio dell’au
torizzazione dovevano essere effettuati attraverso l’acquisto di autobus
nuovi (art. 12, comma 3). La disposizione contestata costituiva un’indub
bia limitazione per le imprese del settore dei trasporti stabilite nella Re
gione Piemonte, vincolate ad ampliare il parco autobus unicamente me
diante mezzi nuovi. La materia, tuttavia, era stata oggetto di disciplina
statale per effetto della legge n. 218 del 2003. Ed è proprio su tale pre
supposto che la Corte costituzionale fonda la propria decisione.
Il nucleo della questione può essere sintetizzato nei seguenti termini: se la Re
gione, che è titolare di competenza legislativa residuale in materia di trasporto
pubblico locale (di linea e non di linea: sentenza n. 452 del 2007), possa preve
dere o meno – nell’esercizio di tale competenza – un limite all’iniziativa econo
mica privata, in presenza della legge n. 218 del 2003.
Con la legge n. 218 del 2003, il legislatore statale ha dunque inteso definire il pun
to di equilibrio fra il libero esercizio dell’attività di trasporto e gli interessi pubbli
ci interferenti con tale libertà (art. 1, comma 4, della legge n. 218 del 2003). Il bi
lanciamento così operato – fra la libertà di iniziativa economica e gli altri interes
si costituzionali –, costituendo espressione della potestà legislativa statale nella ma
teria della “tutela della concorrenza”, definisce un assetto degli interessi che il le
gislatore regionale non è legittimato ad alterare (sentenza n. 80 del 2006).
Questa Corte ha chiarito che “[l]’eventuale esigenza di contemperare la libera
lizzazione del commercio con quelle di una maggiore tutela della salute, del la
voro, dell’ambiente e dei beni culturali deve essere intesa sempre in senso siste
mico, complessivo e non frazionato (sentenze n. 85 del 2013 e n. 264 del 2012),
all’esito di un bilanciamento che deve compiere il soggetto competente nelle
materie implicate, le quali nella specie afferiscono ad ambiti di competenza sta
tale, tenendo conto che la tutela della concorrenza, attesa la sua natura trasver
sale, assume carattere prevalente e funge, quindi, da limite alla disciplina che le
Regioni possono dettare in forza della competenza in materia di commercio
(sentenze n. 38 del 2013 e n. 299 del 2012) o in altre materie” (sentenza n. 165
del 2014).
blico locale, dato che fra tali limiti vi è quello del rispetto del bilanciamento ope
rato dal legislatore statale nella materia trasversale e prevalente, ad esso affidata
in via esclusiva, della “tutela della concorrenza”.
In altri casi, quello che, almeno in prima analisi, può apparire come un
problema di riparto di competenze è invece affrontato dalla Corte co
stituzionale entrando nel merito della ragionevolezza e proporzionali
tà delle scelte del legislatore (questa l’interpretazione di Mauro Renna
nel suo intervento all’incontro). Si pensi alla sentenza n. 272 del 2015
sui tempi di pagamento delle amministrazioni pubbliche (su cui Scara
bel 2016).
La questione di legittimità era stata sollevata in via principale dalla
Regione Veneto nei confronti dell’art. 41, comma 2, del decreto-legge
n. 66 del 2014, convertito in legge n. 89 del 2014. La norma stabiliva il
divieto di procedere ad assunzioni di personale per le amministrazioni
che superassero di 90 giorni nel 2014 e di 60 giorni nel 2015 i tempi di
pagamento previsti dal decreto legislativo n. 231 del 2002. Secondo la
Regione Veneto la norma avrebbe violato, da un lato, gli artt. 3, 97 e 117,
quarto comma, Cost., poiché lesiva di principi di ragionevolezza, propor
zionalità e buon andamento, oltre che della competenza regionale in ma
teria di organizzazione amministrativa; dall’altro lato, gli artt. 117, com
mi primo e terzo, e 119 Cost., in quanto non costituirebbe un principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ma configure
rebbe una disposizione puntuale e dettagliata.
Dopo aver ricordato che, di per sé, la finalità perseguita dal legislato
re statale di contenere i tempi di pagamento delle amministrazioni, an
che di quelle regionali, non si pone in contrasto con l’autonomia costi
tuzionale delle Regioni, e che la norma impugnata può essere conside
rata un principio di coordinamento della finanza pubblica (in quanto
avente “lo scopo di incentivare una più corretta gestione della spesa pub
blica”), la Corte ne dichiara comunque l’illegittimità costituzionale per
violazione del principio di proporzionalità.
L’art. 41, comma 2, del d.l. n. 66 del 2014, là dove prevede che qualsiasi viola
zione dei tempi medi di pagamento da parte di un’amministrazione debitrice,
a prescindere dall’entità dell’inadempimento e dalle sue cause, sia sanzionata
con una misura a sua volta rigida e senza eccezioni come il blocco totale delle
assunzioni per l’amministrazione inadempiente (con l’unica esclusione degli en
ti del Servizio sanitario nazionale e dei casi di cui all’art. 4, comma 1, e all’art. 6,
comma 7, del già citato d.l. n. 78 del 2015), non supera il test di proporziona
lità, il quale “richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la mi
sura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al consegui
mento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appro
priate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca one
Come questa Corte ha più volte affermato, il valore del legittimo affidamento, il
quale trova copertura costituzionale nell’art. 3 Cost., non esclude che il legisla
tore possa assumere disposizioni che modifichino in senso sfavorevole agli inte
ressati la disciplina di rapporti giuridici “anche se l’oggetto di questi sia costitui
to da diritti soggettivi perfetti”, ma esige che ciò avvenga alla condizione “che ta
li disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con
riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei
cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale
dello Stato di diritto” (sentenze n. 56 del 2015, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206
del 2009). Solo in presenza di posizioni giuridiche non adeguatamente consoli
date, dunque, ovvero in seguito alla sopravvenienza di interessi pubblici che esi
gano interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente su di esse, ma
sempre nei limiti della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di in
teresse pubblico perseguiti, è consentito alla legge di intervenire in senso sfavo
revole su assetti regolatori precedentemente definiti (ex plurimis, sentenza n. 56
del 2015).
Non è dubitabile che il quadro normativo preesistente alla disposizione denun
ciata di incostituzionalità, come descritto in precedenza, fosse tale da far sorge
re nei possessori di banconote in lire la ragionevole fiducia nel mantenimento
del termine fino alla sua prevista scadenza decennale, come disposto, sia dalla
norma sulla prescrizione delle banconote cessate dal corso legale (art. 3, com
ma 1, della legge n. 96 del 1997), sia dalla norma che prevede il diritto di con
vertire le banconote in euro presso le filiali della Banca d’Italia (art. 3, comma
1-bis, della legge n. 96 del 1997, introdotto dall’art. 87 della legge n. 289 del
2002). […]
Proprio con riguardo alla fissazione del termine di prescrizione dei singoli dirit
ti, questa Corte ha costantemente affermato che “il legislatore gode di ampia di
screzionalità, con l’unico limite dell’eventuale irragionevolezza, qualora ‘esso
venga determinato in modo da non rendere effettiva la possibilità di esercizio
del diritto cui si riferisce, e di conseguenza inoperante la tutela voluta accorda
re al cittadino leso’ (ex plurimis, ordinanze n. 16 del 2006 e n. 153 del 2000)”
(sentenza n. 234 del 2008; nello stesso senso, sentenza n. 10 del 1970).
Nemmeno la sopravvenienza dell’interesse dello Stato alla riduzione del debi
to pubblico, alla cui tutela è diretto l’intervento legislativo nell’ambito del qua
le si colloca anche la norma denunciata, può costituire adeguata giustificazio
ne di un intervento così radicale in danno ai possessori della vecchia valuta, ai
quali era stato concesso un termine di ragionevole durata per convertirla nel
la nuova.
Nel caso in esame non risulta operato alcun bilanciamento fra l’interesse pub
blico perseguito dal legislatore e il grave sacrificio imposto ai possessori di ban
conote in lire, dal momento che l’incisione con effetto immediato delle posizio
ni consolidate di questi ultimi appare radicale e irreversibile, nel senso che la di
sposizione non lascia alcun termine residuo, fosse anche minimo, per la conver
sione. […]
La lesione dell’affidamento risulta tanto più grave e intollerabile in quanto la
norma censurata, sebbene si presenti formalmente diretta a ridurre il termine
di prescrizione in corso, in realtà estingue ex abrupto il diritto a cui si riferisce,
senza lasciare alcun residuo margine temporale per il suo esercizio, sia pure ri
dotto rispetto al termine originario decennale e della cui durata si potesse in ipo
tesi valutare la ragionevolezza.
sprudenza di questa Corte (in consonanza anche con quella della Corte EDU) –
la tutela dell’affidamento non comporta che, nel nostro sistema costituzionale,
sia assolutamente interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali mo
difichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, e ciò “anche se il
loro oggetto sia costituito dai diritti soggettivi perfetti, salvo, qualora si tratti di
disposizioni retroattive, il limite costituzionale della materia penale (art. 25, se
condo comma, Cost.)”, fermo restando tuttavia che dette disposizioni, “al pari
di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento ir
razionale e arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere
da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del cittadino nella si
curezza pubblica [recte: giuridica]” (sentenza n. 822 del 1988; in senso analogo,
ex plurimis, sentenze n. 203 del 2016; n. 64 del 2014; n. 1 del 2011; n. 302 del
2010; n. 236, n. 206 e n. 24 del 2009; n. 409 e n. 264 del 2005; n. 446 del 2002;
n. 416 del 1999).
8.2. − L’esame della ratio e del contenuto della norma impugnata induce ad
escludere che questa abbia inciso all’interno dei rapporti di durata, riconduci
bili alle convenzioni stipulate dai fruitori degli incentivi di che trattasi con il GSE,
in modo irragionevole, arbitrario e imprevedibile, così da ledere – come si de
nuncia – il principio evocato. […]
È, dunque, quello in esame un intervento che risponde ad un interesse pubblico,
in termini di equo bilanciamento degli opposti interessi in gioco, volto a coniu
gare la politica di supporto alla produzione di energia da fonte rinnovabile con
la maggiore sostenibilità dei costi correlativi a carico degli utenti finali dell’energia
elettrica. […]
Tutto ciò induce ad escludere che la rimodulazione degli incentivi attivata dalla
disposizione impugnata presenti gli asseriti caratteri di “imprevedibilità”, risul
tando la stessa anzi, in qualche modo, preannunciata e finalizzata proprio ad as
sicurare la “stabilità” presa in considerazione dalle leggi istitutive degli incentivi
al fotovoltaico, come caratteristica dell’intero sistema e non del singolo incenti
vo; oltre a costituire (nel quadro di un mercato “regolato” di settore, come quel
lo di cui si discute) un elemento fisiologicamente riconducibile al rischio nor
mativo di impresa. […]
Il principio di “protezione della proprietà”, esteso ai diritti di credito, di cui al ci
tato art. 1 del Protocollo CEDU, non è di ostacolo infatti, ad interferenze da par
te della pubblica autorità in presenza di un interesse generale (Corte EDU, sen
tenza 14 febbraio 2012, Arras e altri c. Italia) e, al fine della verifica di sussistenza
di un tale interesse e della congruità delle sue modalità attuative, è riconosciuto,
a ciascuno Stato membro, un ampio margine di apprezzamento (Corte EDU, sen
tenza della Grande Camera, 29 marzo 2010, Depalle c. Francia; Corte EDU, sen
tenza della Grande Camera, 26 giugno 2012, Herrmann c. Germania).
A sua volta, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, nella nota sentenza Plan
tanol GmbH & Co KG c. Hauptzollamt Darmstadt (C-201/08 del 10 settembre
2009), citata anche nelle ordinanze di rimessione, ha riconosciuto che l’aboli
zione anticipata di un regime di favore rientra nel potere discrezionale delle Au
torità nazionali, incontrando ostacolo solo nell’affidamento che nel manteni
mento dello stesso potrebbe porre l’“operatore economico prudente e accorto”.
[…]
Lo stesso atto, peraltro, non può essere contestato nel merito delle scelte com
piute dalle amministrazioni competenti, che non possono essere sostituite da al
tre nella valutazione discrezionale delle misure idonee a tutelare l’ambiente ed
a prevenire futuri inquinamenti, quando l’esercizio di tale discrezionalità non
trasmodi in un vizio denunciabile nelle sedi giurisdizionali competenti. Il pun
to di equilibrio contenuto nell’a.i.a. non è necessariamente il migliore in asso
luto – essendo ben possibile nutrire altre opinioni sui mezzi più efficaci per con
seguire i risultati voluti – ma deve presumersi ragionevole, avuto riguardo alle
garanzie predisposte dall’ordinamento quanto all’intervento di organi tecnici e
del personale competente; all’individuazione delle migliori tecnologie disponi
bili; alla partecipazione di enti e soggetti diversi nel procedimento preparatorio
e alla pubblicità dell’iter formativo, che mette cittadini e comunità nelle condi
zioni di far valere, con mezzi comunicativi, politici ed anche giudiziari, nelle ipo
tesi di illegittimità, i loro punti di vista.
1
Sul punto, tra gli altri, Vivaldi 2013; Boni 2014; in particolare, sul rapporto tra bi
lanciamento e principio di precauzione, Di Cosimo 2015.
La norma si presta […] a essere interpretata nel senso che essa incide sì sui
contratti già stipulati, ma con decorrenza successiva alla sua entrata in vigore,
ovvero con esclusivo riguardo alle prestazioni sanitarie non ancora eseguite dai
soggetti accreditati. Secondo questo significato essa produce effetti solo ex nunc
(il credito nei confronti del Servizio sanitario nazionale sorge in capo all’ope
ratore privato solo dopo che la prestazione sanitaria è stata concretamente ero
gata), anche se con riferimento a contratti stipulati in precedenza e operanti
nel 2012.
Nel senso dell’interpretazione proposta depone innanzitutto il tenore letterale
della disposizione, la quale parla di “riduzione dell’importo e dei corrisponden
ti volumi d’acquisto”. La previsione della “riduzione” dei volumi di “acquisto”
consente di considerare riferito l’ambito di operatività della riduzione stessa al
le prestazioni ancora da erogare, che saranno conseguentemente ridotte, e non
alle prestazioni già erogate, per le quali soltanto si potrebbe parlare propriamen
te di retroattività. Una volta erogata nei limiti dei tetti di spesa determinati nel
contratto, infatti, la prestazione fa sorgere l’obbligazione del SSN di corrispon
derne il prezzo concordato. E un intervento retroattivo sull’obbligazione è esclu
so dal fatto che la previsione parla appunto di “riduzione” (riferendola ai volu
mi di acquisto) e non di “estinzione” – eventualmente parziale – ex lege, come sa
rebbe stato necessario, se essa avesse inteso incidere anche sulle obbligazioni già
sorte.
ta deve ritenersi illegittima quando incide sugli stessi in modo “improvviso e im
prevedibile” (sentenze n. 64 del 2014 e n. 302 del 2010, entrambe relative alla
incidenza sui rapporti in corso dei nuovi criteri di determinazione dei canoni
concessori di beni demaniali), va rilevato che la disposizione censurata non si
presta a tale rilievo.
Per un verso, infatti, si deve considerare che, nel contesto del mercato “ammini
strato” delle prestazioni sanitarie, “la sopravvenienza dell’atto determinativo del
la spesa solo in epoca successiva all’inizio di erogazione del servizio” ha caratte
re “fisiologico” (ex plurimis, Consiglio di Stato, sezione terza, 30 gennaio 2013, n.
598; Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenze 12 aprile 2012, n. 3 e n. 4;
Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 2 maggio 2006, n. 8), con la con
seguenza che l’operatore prudente e accorto non può non sapere di essere espo
sto a correttivi dei contenuti economici del contratto imposti in corso d’anno.
Per altro verso, va sottolineato che, come ricordato, l’art. 15, comma 14, è entra
to in vigore il 6 luglio 2012, in un momento dunque nel quale, nel corso dell’an
no di riferimento, era ancora a disposizione degli operatori privati il tempo ne
cessario per porre in essere tutte le misure organizzative e strategiche necessa
rie a evitare o attenuare, nell’arco temporale dello stesso anno, le conseguenze
negative dell’intervento legislativo, mentre non può essere dato rilievo in que
sta sede, nello scrutinio di costituzionalità della norma contestata dal rimetten
te, ai tempi dei provvedimenti amministrativi di attuazione successivamente adot
tati dalle amministrazioni competenti.
Riferimenti bibliografici
Pace 1979, pp. 1217 ss.); una libertà che, in virtù della predetta norma
costituzionale, avrebbe trovato esplicazione tanto nei confronti dei pote
ri pubblici, quanto dei soggetti privati, essendo idonea – al ricorrere di
determinate condizioni e con l’obiettivo dell’utilità sociale e dell’interes
se generale – a garantire la possibilità di competere ad armi pari sul mer
cato (Irti 1998, p. 18). Nondimeno, siffatta norma era letta in combina
to disposto con i principi di cui all’art. 43 della Costituzione, che preve
de il potere statale di pubblicizzazione delle imprese private, sia pure en
tro determinati limiti (Ghidini 1976, p. 794).
Sulla spinta delle norme comunitarie che impongono la tutela della
libertà di concorrenza, la legge n. 287 del 1990 per la prima volta ha in
trodotto in Italia una legislazione antitrust, stabilendo una serie di limi
ti alle attività delle imprese (intese, abusi di posizione dominante, con
centrazioni ecc.) volti a evitare effetti distorsivi del mercato e, al contem
po, ha affidato il rispetto di siffatti vincoli a un’autorità amministrativa
indipendente: l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (cfr.
Amato 2014, pp. 341 ss.). Così facendo, grazie al diritto dell’Unione eu
ropea e all’operato dell’Authority, è stato superato l’originario approccio
interventista, favorendo una reinterpretazione dei limiti alla libertà di
iniziativa economica da parte della giurisprudenza costituzionale; in par
ticolare, ci si riferisce al concetto di utilità sociale di cui all’art. 41 della
Costituzione, declinato sempre più dal giudice delle leggi in relazione
ad altri principi costituzionali, quali ad esempio la tutela della salute, del
lavoro, dei beni culturali, dell’ambiente (cfr. Lanza 2016, pp. 89 ss.).
Come poc’anzi anticipato, nel disegnare un sistema misto in cui ini
ziativa economica pubblica e privata coesistono, all’art. 43 la Costituzio
ne ammette che in alcuni casi l’attività economica pubblica possa essere
svolta in condizioni di riserva; ciò del resto non è incompatibile con il di
ritto dell’Unione europea, che all’art. 106, comma 1, TFUE riconosce il
potere degli Stati di conferire “diritti esclusivi” allo svolgimento di attivi
tà economiche. Tuttavia, la riserva dell’attività economica rappresenta
pur sempre una deroga rispetto ai principi di concorrenza affermati nel
Titolo VII del menzionato Trattato comunitario, che vieta determinati
comportamenti delle imprese e degli Stati quando distorsivi della con
correnza; al contempo, non va dimenticato il criterio dell’indifferenza
del diritto dell’Unione europea rispetto al regime proprietario (pubbli
co o privato) delle imprese, con il medesimo fine di realizzare la parità
nel confronto competitivo tra queste ultime.
Il dibattito sul rapporto tra la Costituzione economica (Cassese 2015,
pp. 3 ss.; Guarino 1992, pp. 21 ss.) e la disciplina (interna e comunita
ria) della concorrenza si è notevolmente attenuato (quantomeno con
riferimento alla ricerca del fondamento costituzionale della libertà di
concorrenza) nel momento in cui la legge costituzionale n. 3 del 2001
4. Dal punto di vista del diritto interno, la nozione di concorrenza non può non
riflettere quella operante in ambito comunitario, che comprende interventi re
golativi, la disciplina antitrust e misure destinate a promuovere un mercato aper
to e in libera concorrenza. Quando l’art. 117, secondo comma, lettera e), affida
alla potestà legislativa esclusiva statale la tutela della concorrenza, non intende
certo limitarne la portata ad una sola delle sue declinazioni di significato. Al con
trario, proprio l’aver accorpato, nel medesimo titolo di competenza, la moneta,
la tutela del risparmio e dei mercati finanziari, il sistema valutario, i sistemi tri
butario e contabile dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e, ap
punto, la tutela della concorrenza, rende palese che quest’ultima costituisce una
delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere intesa sol
tanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di
un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al dirit
to comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favo
rire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti
concorrenziali.
Una volta riconosciuto che la nozione di tutela della concorrenza abbraccia nel
loro complesso i rapporti concorrenziali sul mercato e non esclude interventi
promozionali dello Stato, si deve tuttavia precisare che una dilatazione massima
di tale competenza, che non presenta i caratteri di una materia di estensione cer
ta, ma quelli di una funzione esercitabile sui più diversi oggetti, rischierebbe di
vanificare lo schema di riparto dell’art. 117 Cost., che vede attribuite alla pote
stà legislativa residuale e concorrente delle Regioni materie la cui disciplina in
cide innegabilmente sullo sviluppo economico. Si tratta allora di stabilire fino a
qual punto la riserva allo Stato della predetta competenza trasversale sia in sin
tonia con l’ampliamento delle attribuzioni regionali disposto dalla revisione del
Titolo V.
È il criterio sistematico che occorre utilizzare al fine di tracciare la linea di confine
tra il principio autonomistico e quello della riserva allo Stato della tutela della
concorrenza.
In tale prospettiva, proprio l’inclusione di questa competenza statale nella lette
ra e) dell’art. 117, secondo comma, Cost., evidenzia l’intendimento del legisla
tore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica
economica che attengono allo sviluppo dell’intero Paese; strumenti che, in de
finitiva, esprimono un carattere unitario e, interpretati gli uni per mezzo degli
altri, risultano tutti finalizzati ad equilibrare il volume di risorse finanziarie inse
rite nel circuito economico. L’intervento statale si giustifica, dunque, per la sua
rilevanza macroeconomica: solo in tale quadro è mantenuta allo Stato la facoltà
di adottare sia specifiche misure di rilevante entità, sia regimi di aiuto ammessi
dall’ordinamento comunitario (fra i quali gli aiuti de minimis), purché siano in
ogni caso idonei, quanto ad accessibilità a tutti gli operatori ed impatto comples
sivo, ad incidere sull’equilibrio economico generale.
Appartengono, invece, alla competenza legislativa concorrente o residuale del
le Regioni gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva regionale tali comun
que da non creare ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose fra
le Regioni e da non limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte
del territorio nazionale (art. 120, primo comma, Cost.). Non può essere trascu
rato che sullo sfondo degli aiuti pubblici alle imprese vi è la figura dell’impren
ditore con le relative situazioni di libertà di iniziativa economica, che postulano
eguali chances di accesso al mercato e, nell’ipotesi di aiuti pubblici, standard mi
nimi di sostegno (Corte cost., n. 14 del 2004, n. 4 Considerato in diritto).
[l]a disciplina in esame non appare riferibile […] né alla competenza legislati
va statale in tema di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni con
cernenti i diritti civili e sociali” (art. 117 della Costituzione, secondo comma, let
tera m), giacché riguarda precipuamente servizi di rilevanza economica e co
munque non attiene alla determinazione di livelli essenziali, né a quella in tema
di “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117
Cost., secondo comma, lettera p), giacché la gestione dei predetti servizi non
può certo considerarsi esplicazione di una funzione propria ed indefettibile del
l’ente locale. Viceversa, in relazione ai riferimenti testuali e soprattutto ai carat
teri funzionali e strutturali della regolazione prevista, la medesima disciplina può
essere agevolmente ricondotta nell’ambito della materia “tutela della concorren
za”, riservata dall’art. 117 Cost., secondo comma, lettera e), alla competenza le
gislativa esclusiva dello Stato.
Non appare però condivisibile la prospettazione della Regione ricorrente, secon
do cui il regime in oggetto, incidendo su situazioni di non concorrenzialità del
mercato per la presenza di diffuse condizioni di monopolio naturale e riguar
dando interventi propriamente di “promozione” e non già di “tutela” della con
correnza, sarebbe estraneo, in quanto tale, all’ambito della potestà legislativa
esclusiva dello Stato e pertinente invece alla competenza regionale in tema di
servizi pubblici locali. Secondo l’interpretazione di questa Corte, la tutela della
concorrenza “non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di
interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in
quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure
pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente svi
luppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali” (sentenza n. 14 del
2004). In altri termini, la tutela della concorrenza riguarda nel loro complesso
i rapporti concorrenziali sul mercato e non esclude perciò anche interventi pro
mozionali dello Stato. Alla stregua dei principi espressi da questo indirizzo giu
risprudenziale, dunque, non può essere accolta la tesi della ricorrente su una
pretesa distinzione di competenze legislative tra Stato e Regioni in ordine rispet
tivamente a misure di “tutela” o a misure di “promozione” della concorrenza,
dal momento che la indicata configurazione della tutela della concorrenza ha
una portata così ampia da legittimare interventi dello Stato volti sia a promuo
vere, sia a proteggere l’assetto concorrenziale del mercato (Corte cost., n. 272
del 2004, n. 3 Considerato in diritto).
Sul piano interno, l’osservanza di tali principi costituisce, tra l’altro, attuazione
delle stesse regole costituzionali della imparzialità e del buon andamento, che
devono guidare l’azione della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost.
ad affermare – senza piena consapevolezza, a quanto sembra, dell’originalità
dell’assunto – l’interferenza del principio di tutela della concorrenza con i prin
cipi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, san
citi dall’art. 97 Cost.
In questa sede viene, però, soprattutto in rilievo l’aspetto della tutela della con
correnza che si concretizza, in primo luogo, nell’esigenza di assicurare la più am
pia apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore in ossequio
ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libertà di sta
bilimento e della libera prestazione dei servizi (articoli 3, paragrafo 1, lettere c
e g; 4, paragrafo 1; da 23 a 31; da 39 a 60 del Trattato che istituisce la Comunità
europea, del 25 marzo 1957).
Si tratta di assicurare l’adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica
nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei
principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e
di trasparenza.
Sul piano interno, l’osservanza di tali principi costituisce, tra l’altro, attuazione
delle stesse regole costituzionali della imparzialità e del buon andamento, che
devono guidare l’azione della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost.
Deve, anzi, rilevarsi come sia stata proprio l’esigenza di uniformare la normati
va interna a quella comunitaria, sul piano della disciplina del procedimento di
scelta del contraente, che ha determinato il definitivo superamento della cosid
detta concezione contabilistica, che qualificava tale normativa interna come po
sta esclusivamente nell’interesse dell’amministrazione, anche ai fini della corret
ta formazione della sua volontà negoziale.
Va, inoltre, precisato che l’osservanza delle prescrizioni comunitarie ed interne
di evidenza pubblica garantisce il rispetto delle regole dell’efficacia e dell’effi
cienza dell’attività dei pubblici poteri: la selezione della migliore offerta assicu
ra, infatti, la piena attuazione degli interessi pubblici in relazione al bene o al
servizio oggetto dell’aggiudicazione.
In sintesi, la nozione comunitaria di concorrenza, che viene in rilievo in questa
sede e che si riflette su quella di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
è definita come concorrenza “per” il mercato, la quale impone che il contraen
te venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto dei va
lori comunitari e costituzionali sopra indicati. Ciò ovviamente non significa che
nello stesso settore degli appalti, soprattutto relativi ai servizi a rete, non sussi
stano concomitanti esigenze di assicurare la cosiddetta concorrenza “nel” mer
cato attraverso la liberalizzazione dei mercati stessi, che si realizza, tra l’altro, me
diante l’eliminazione di diritti speciali o esclusivi concessi alle imprese (vedi con
siderando n. 3 della direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/17/CE).
In relazione al secondo profilo, concernente la natura della materia in esame,
deve rilevarsi come la tutela della concorrenza – se si eccettuano, in particolare,
gli aspetti della specifica normativa antitrust diretta a reprimere i comportamen
ti anticoncorrenziali delle imprese – abbia natura trasversale, non presentando
i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di “una funzione eserci
tabile sui più diversi oggetti” (sentenza numero 14 del 2004; si vedano, altresì,
le sentenze numeri 29 del 2006; 336 del 2005 e 272 del 2004). Nello specifico
settore degli appalti deve, però, ritenersi che la interferenza con competenze re
gionali si atteggia, in modo peculiare, non realizzandosi normalmente un intrec
cio in senso stretto con ambiti materiali di pertinenza regionale, bensì la preva
lenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa.
Ne consegue che la fase della procedura di evidenza pubblica, riconducibile al
la tutela della concorrenza, potrà essere interamente disciplinata, nei limiti e se
condo le modalità di seguito precisati, dal legislatore statale.
Infine, per quanto attiene ai limiti interni, deve sottolinearsi come, pur non
[l]a disciplina del controllo delle concentrazioni stabilita dalla legge n. 287 del
1990, che fa espressa applicazione dell’art. 41 Cost., è caratterizzata dall’attribu
zione in via generale all’Autorità del compito di valutare se esse comportino la
costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazio
nale tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza,
stabilendo le misure necessarie per porvi rimedio. Inoltre, l’art. 25 della legge
n. 287 del 1990 contempla uno specifico meccanismo per tutelare interessi di
versi dalla concorrenza. Tale disciplina, tuttavia, non è a contenuto costituzio
nalmente vincolato. Il legislatore ordinario può, infatti, prevedere la possibilità
di autorizzare operazioni di concentrazione in vista del contemperamento con
altri interessi costituzionalmente rilevanti, diversi da quelli inerenti all’assetto
concorrenziale del mercato.
Nel caso in esame, peraltro, il legislatore è intervenuto con una norma provve
dimento, sì che lo scrutinio di ragionevolezza al quale questa va sottoposta ri
chiede di accertare in maniera stringente se siano identificabili interessi in gra
do di giustificarla, desumibili anche in via interpretativa, e se sia stata realizzata
una scelta proporzionata ed adeguata, fermo restando che tale scrutinio di co
stituzionalità non può spingersi sino a valutare autonomamente gli elementi di
fatto posti a base della scelta. Tale verifica ha esito positivo. […]
Nella specie occorreva fronteggiare una situazione di gravissima crisi di un’im
presa (come dimostra la sottoposizione della medesima all’amministrazione stra
ordinaria), che svolgeva un servizio pubblico essenziale del quale doveva essere
garantita la continuità (circostanza, quest’ultima, espressamente condivisa dai
rimettenti), peraltro in un settore particolare, notoriamente di importanza stra
tegica per l’economia nazionale, meritevole di distinta considerazione, che esi
geva di scongiurare distorsioni ed interruzioni suscettibili di ricadute sistemiche
in ulteriori comparti. Il legislatore ordinario ha dunque inteso realizzare un in
tervento diretto a garantirne la continuità ed a permettere la conservazione del
rilevante valore dell’azienda (costituita da una pluralità di beni e rapporti, di va
ria natura), al fine di scongiurare, in tal modo, anche una grave crisi occupazio
nale (Corte cost., n. 270 del 2010, n. 9 Considerato in diritto).
nei primi tre anni dall’ottenimento della licenza. Secondo il giudice del
le leggi, l’introduzione di una limitazione temporale alla cessione di at
tività commerciali violerebbe la competenza esclusiva statale in materia
di tutela della concorrenza, restringendo la possibilità di accesso di nuo
vi operatori sul mercato.
3.1. − L’art. 15-bis, comma 4, della legge della Regione autonoma Sardegna n. 5
del 2006 stabilisce che la cessione dell’attività commerciale su suolo pubblico
non può essere effettuata “prima che siano decorsi tre anni dalla data del rila
scio del titolo abilitativo all’esercizio dell’attività stessa”. Tale norma, imponen
do una limitazione temporale alla cessione di attività commerciali, restringe la
possibilità di accesso di nuovi operatori, con conseguente violazione dell’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost. (“tutela della concorrenza”).
La circostanza che la restrizione riguardi il commercio “su aree pubbliche” non
modifica questa conclusione. L’esercizio dell’attività è, in ogni caso, consentito
solo in base a un titolo abilitativo, il cui rilascio dipende dalla disponibilità di
aree specificamente adibite. L’art. 15, comma 1, della legge regionale n. 5 del
2006 prevede, infatti, che il commercio può essere svolto “su posteggi dati in con
cessione” oppure “su qualsiasi area, negli spazi appositamente definiti da ogni
singolo comune, purché in forma itinerante e sui posteggi liberi”. Anche in un
contesto nel quale il numero complessivo delle autorizzazioni all’esercizio del
commercio è condizionato dalla disponibilità di “spazi appositamente definiti”,
una limitazione temporale alla cessione dell’attività si traduce inevitabilmente
in una barriera all’entrata di nuovi operatori.
3.2. − L’art. 16 della direttiva CE 12 dicembre 2006, n. 123 (Direttiva del Parla
mento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno), recepita
nell’ordinamento italiano con decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attua
zione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno), sta
bilisce che una deroga al principio della libera circolazione dei servizi può rite
nersi necessaria – e dunque ammissibile – solo quando sia giustificata “da ragio
ni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’am
biente”. Nessuna di tali ragioni può essere addotta a fondamento della norma
impugnata.
Come rilevato dalla difesa regionale, l’art. 15-bis, comma 4, della legge regiona
le n. 5 del 2006 persegue fini di utilità sociale (quali la garanzia della “serietà”
dell’esercizio del commercio, la qualità dei servizi resi, la produttività della rete
distributiva e la solidità dell’intera filiera produttiva), in quanto mira “ad evita
re la spinta all’acquisizione dei titoli abilitativi e all’apertura dell’attività com
merciale al solo fine di ricavarne, immediatamente, un profitto attraverso l’alie
nazione, con l’evidente conseguenza del possibile svuotamento dell’ordinario
procedimento amministrativo che deve essere seguito al fine dell’apertura di
un’impresa commerciale (procedimento che prevede la richiesta dell’interessa
to e la verifica dei suoi requisiti)”. Tali fini di utilità sociale – già adeguatamen
te tutelati, in caso di trasferimento dell’attività, mediante l’accertamento del pos
sesso dei requisiti soggettivi effettuato dall’amministrazione ex art. 15-bis, com
ma 2, della medesima legge regionale n. 5 del 2006 – non rientrano tra le ragio
per quanto l’autoqualificazione offerta dal legislatore non sia mai di per sé riso
lutiva (ex multis, sentenze n. 164 del 2012, n. 182 del 2011 e n. 247 del 2010), in
questo caso appare corretto inquadrare il principio della liberalizzazione delle
attività economiche nell’ambito della competenza statale in tema di “tutela del
la concorrenza”. Quest’ultimo concetto, la concorrenza, ha un contenuto com
plesso in quanto ricomprende non solo l’insieme delle misure antitrust, ma an
che azioni di liberalizzazione, che mirano ad assicurare e a promuovere la con
correnza “nel mercato” e “per il mercato”, secondo gli sviluppi ormai consolida
ti nell’ordinamento europeo e internazionale e più volte ribaditi dalla giurispru
denza di questa Corte (ex multis, sentenze n. 45 e n. 270 del 2010, n. 160 del 2009,
n. 430 e n. 401 del 2007). Pertanto, la liberalizzazione, intesa come razionalizza
zione della regolazione, costituisce uno degli strumenti di promozione della con
correnza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico. Una poli
tica di “ri-regolazione” tende ad aumentare il livello di concorrenzialità dei mer
cati e permette ad un maggior numero di operatori economici di competere, va
lorizzando le proprie risorse e competenze. D’altra parte, l’efficienza e la com
petitività del sistema economico risentono della qualità della regolazione, la qua
le condiziona l’agire degli operatori sul mercato: una regolazione delle attività
economiche ingiustificatamente intrusiva – cioè non necessaria e sproporzionata
rispetto alla tutela di beni costituzionalmente protetti (sentenze n. 247 e n. 152
del 2010, n. 167 del 2009) – genera inutili ostacoli alle dinamiche economiche,
a detrimento degli interessi degli operatori economici, dei consumatori e degli
stessi lavoratori e, dunque, in definitiva reca danno alla stessa utilità sociale.
L’eliminazione degli inutili oneri regolamentari, mantenendo però quelli neces
sari alla tutela di superiori beni costituzionali, è funzionale alla tutela della con
correnza e rientra a questo titolo nelle competenze del legislatore statale.
7.5. − Inquadrato, dunque, l’intervento statale censurato nel campo delle com
petenze statali di portata trasversale relative alla tutela della concorrenza, occor
re ancora osservare il particolare tenore normativo della disposizione impugna
ta: in questo caso il legislatore statale non si è sovrapposto ai legislatori regiona
li dettando una propria compiuta disciplina delle attività economiche, destina
ta a sostituirsi alle leggi regionali in vigore. L’atto impugnato, infatti, non stabi
lisce regole, ma piuttosto introduce disposizioni di principio, le quali, per otte
nere piena applicazione, richiedono ulteriori sviluppi normativi, da parte sia del
legislatore statale, sia di quello regionale, ciascuno nel proprio ambito di com
petenza. In virtù della tecnica normativa utilizzata, basata su principi e non su
regole, il legislatore nazionale non ha occupato gli spazi riservati a quello regio
nale, ma ha agito presupponendo invece che le singole Regioni continuino ad
esercitare le loro competenze, conformandosi tuttavia ai principi stabiliti a livel
lo statale. L’intervento del legislatore, statale e regionale, di attuazione del prin
cipio della liberalizzazione è tanto più necessario alla luce della considerazione
che tale principio non è stato affermato in termini assoluti, né avrebbe potuto
esserlo in virtù dei vincoli costituzionali, ma richiede di essere modulato per per
seguire gli altri principi indicati dallo stesso legislatore, in attuazione delle pre
visioni costituzionali. Di conseguenza, per rispondere ad alcune precise osserva
zioni delle ricorrenti, le discipline della vendita al pubblico di farmaci da banco
o automedicazione, dell’apertura di strutture di media e grande distribuzione,
o dell’organizzazione sanitaria, non vengono assorbite nella competenza legisla
tiva dello Stato relativa alla concorrenza, ma richiedono di essere regolate dal
legislatore regionale, tenendo conto dei principi indicati nel censurato art. 3,
comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011 (Corte cost., n. 200 del 2012, nn. 7.4
e 7.5 Considerato in diritto).
Occorre al riguardo considerare che il profilo degli orari e dei giorni di apertu
ra e chiusura degli esercizi commerciali è disciplinato dall’art. 3, comma 1, let
tera d-bis) del d.l. n. 223 del 2006, come modificato dall’art. 31 del d.l. n. 201 del
2011, il quale stabilisce che “al fine di garantire la libertà di concorrenza [...] le
attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 114”, sono svolte senza il rispetto – tra l’altro – di orari di apertura e chiusu
ra, dell’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché di quello della mez
za giornata di chiusura infrasettimanale.
Nell’interpretare la citata normativa, questa Corte ha ritenuto “che essa attui un
principio di liberalizzazione, rimuovendo vincoli e limiti alle modalità di eserci
zio delle attività economiche, e ha così proseguito: ‘L’eliminazione dei limiti agli
orari e ai giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali favorisce, a
beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato più dinamico e più aper
to all’ingresso di nuovi operatori e amplia la possibilità di scelta del consumato
re. Si tratta, dunque, di misure coerenti con l’obiettivo di promuovere la con
correnza, risultando proporzionate allo scopo di garantire l’assetto concorren
ziale del mercato di riferimento relativo alla distribuzione commerciale’ (sen
tenza n. 299 del 2012 [...])” (sentenza n. 38 del 2013).
Ora, tra le attività commerciali disciplinate dal d.lgs. n. 114 del 1998, cui l’art. 3
del d.l. n. 223 del 2006 fa riferimento, vi è anche quella che si svolge su aree pub
bliche (artt. 27 e seguenti) di tal che, anche per queste il legislatore statale ha
inteso espressamente eliminare vincoli in ordine agli orari di apertura e chiusu
ra dell’attività.
Le uniche limitazioni che è possibile porre allo svolgimento dell’attività di com
mercio su area pubblica sono quelle individuate dall’art. 28, comma 13, del
d.lgs. n. 114 del 1998, come modificato dal d.lgs. n. 59 del 2010, riconducibili
ad esigenze di sostenibilità ambientale e sociale, a finalità di tutela delle zone di
pregio artistico, storico, architettonico e ambientale, nonché quelle individuate
dall’art. 31 del d.l. n. 201 del 2011.
L’art. 4 della legge reg. n. 5 del 2013, pur eliminando i vincoli alla apertura de
gli esercizi commerciali, eccettua espressamente dal suo ambito di applicazione
le attività di commercio su area pubblica. Il chiaro tenore letterale della dispo
sizione consente di ritenere che il principio di liberalizzazione degli orari in es
sa affermato non si applichi all’attività commerciale su area pubblica. In tal mo
do però, essa si presta a reintrodurre limiti e vincoli in contrasto con la norma
tiva statale di liberalizzazione, così invadendo la potestà legislativa esclusiva del
lo Stato in materia di tutela della concorrenza e violando, quindi, l’art. 117, se
condo comma, lettera e), Cost.
Risulta evidente, pertanto, che la norma impugnata introduce nuovi vincoli all’a
pertura degli esercizi commerciali ponendosi in contrasto, tra l’altro, con i prin
cipi di liberalizzazione posti: 1) dall’art. 31, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011 se
condo cui: “costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà
di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti limiti
territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tu
tela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e
dei beni culturali”; 2) dall’art. 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Dispo
sizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competi
tività), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo
2012, n. 27, che ha stabilito, in attuazione del principio di libertà di iniziativa
economica sancito dall’art. 41 Cost. e del principio di concorrenza sancito dal
Trattato dell’Unione europea, che sono abrogate “a) le norme che prevedono
limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso
dell’amministrazione comunque denominati per l’avvio di un’attività economi
ca non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e com
patibile con l’ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzio
nalità; b) le norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non
adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le di
sposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autori
tativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che
pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ov
vero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in parti
colare impediscono, condizionano o ritardano l’avvio di nuove attività economi
L’art. 3 della legge n. 97 del 2013 – rubricato “Disposizioni relative alla libera
prestazione e all’esercizio stabile dell’attività di guida turistica da parte di citta
dini dell’Unione europea. Caso EU Pilot 4277/12/MARK” – prevede che “1. L’a
bilitazione alla professione di guida turistica è valida su tutto il territorio nazio
nale. Ai fini dell’esercizio stabile in Italia dell’attività di guida turistica, il ricono
scimento ai sensi del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, della qualifica
professionale conseguita da un cittadino dell’Unione europea in un altro Stato
membro ha efficacia su tutto il territorio nazionale. 2. Fermo restando quanto
previsto dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, i cittadini dell’Unione
europea abilitati allo svolgimento dell’attività di guida turistica nell’ambito del
l’ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime di libera
prestazione dei servizi senza necessità di alcuna autorizzazione né abilitazione,
sia essa generale o specifica [...]”.
Questa Corte, in più occasioni, ha ricondotto le misure legislative di liberalizza
zione di attività economiche alla materia “tutela della concorrenza” che l’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost. riserva alla competenza legislativa esclusiva del
lo Stato. In particolare si è detto che: “la liberalizzazione, intesa come raziona
lizzazione della regolazione, costituisce uno degli strumenti di promozione del
la concorrenza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico. Una
politica di ‘ri-regolazione’ tende ad aumentare il livello di concorrenzialità dei
mercati e permette ad un maggior numero di operatori economici di compete
re, valorizzando le proprie risorse e competenze. D’altra parte, l’efficienza e la
competitività del sistema economico risentono della qualità della regolazione,
la quale condiziona l’agire degli operatori sul mercato: una regolazione delle at
tività economiche ingiustificatamente intrusiva – cioè non necessaria e spropor
zionata rispetto alla tutela di beni costituzionalmente protetti (sentenze n. 247
e n. 152 del 2010, n. 167 del 2009) – genera inutili ostacoli alle dinamiche eco
nomiche, a detrimento degli interessi degli operatori economici, dei consuma
tori e degli stessi lavoratori e, dunque, in definitiva reca danno alla stessa utilità
sociale. L’eliminazione degli inutili oneri regolamentari, mantenendo però quel
li necessari alla tutela di superiori beni costituzionali, è funzionale alla tutela del
la concorrenza e rientra a questo titolo nelle competenze del legislatore statale”
(sentenza n. 200 del 2012).
Nel caso in esame è evidente il contrasto tra l’art. 3 della legge n. 97 del 2013 se
condo cui l’abilitazione alla professione di guida turistica è valida su tutto il ter
ritorio nazionale e l’art. 73, comma 4, della legge reg. n. 13 del 2013 che, inve
ce, subordina la possibilità di svolgere la suddetta attività, per le guide turistiche
che hanno conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione presso altre
Regioni e che intendono svolgere la propria attività nella Regione Umbria, all’ac
certamento, da parte della Provincia, della conoscenza del territorio, con le mo
dalità stabilite dalla Giunta regionale. La norma impugnata, pertanto, introdu
ce una barriera all’ingresso nel mercato, in contrasto con il principio di libera
lizzazione introdotto dal legislatore statale.
Per quanto detto, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 73,
comma 4, della legge reg. n. 13 del 2013 per violazione dell’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost. con assorbimento dell’altro profilo di censura (Corte
cost., n. 178 del 2014, n. 5 Considerato in diritto).
Degna di nota è infine la decisione n. 216 del 2014, nella quale ci si è in
terrogati – alla luce degli artt. 3 e 41 della Costituzione – sulla legittimi
tà costituzionale della norma che non consente alle cdd. parafarmacie la
vendita dei medicinali di “fascia C” soggetti a prescrizione medica. Ri
chiamando una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea,
il giudice delle leggi ha giustificato siffatta previsione, affermando che
una liberalizzazione incondizionata della categoria dei prodotti farma
ceutici da banco potrebbe incidere sulla distribuzione territoriale delle
parafarmacie, producendo effetti negativi sul mercato.
3. Una conclusione
nente” (si rinvia ancora una volta alla relazione presente nella prima
parte del volume), consentendo alla concorrenza di giovarsi (anche)
del contributo delle autonomie, le quali tuttavia dovrebbero essere la
sciate finalmente libere di esprimersi, in una logica di sana e proficua
differenziazione.
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1. Introduzione
ghese, in particolar modo la n. 353 del 5 luglio 2012 e la n. 187 del 5 apri
le 2013 in tema di riduzione e sospensione del pagamento delle tredice
sime, delle quattordicesime e delle ferie dei pubblici funzionari e in te
ma di aumento dell’imposizione fiscale e/o contributiva sulle pensioni
e sugli stipendi dei medesimi dipendenti da parte delle leggi sul bilan
cio dello Stato.
A ben vedere, si tratta di questioni di legittimità costituzionale
dall’oggetto alquanto eterogeneo, in ordine alle quali due delle tre cor
ti citate si sono pronunciate con dispositivi di parziale fondatezza, in
conseguenza dei quali il margine di discrezionalità attribuito al Parla
mento nazionale nell’esercizio della funzione legislativa e di bilancio
in contesti di necessità e urgenza nazionale o internazionale ne è risul
tato variamente ridotto. In tal modo, i giudici costituzionali di Germa
nia e Portogallo, ciascuno con l’impiego di diverse tecniche decisorie,
talune delle quali recuperate e fatte proprie allo stesso tempo anche
dalla Corte costituzionale italiana, hanno caducato leggi per la loro na
tura arbitraria, più che per la lesione diretta di diritti soggettivi pubbli
ci, come il diritto al lavoro, di proprietà o all’assistenza sociale. A tal ri
guardo, giova rilevare come esse abbiano frequentemente scrutinato le
disposizioni oggetto alla luce del principio di eguaglianza, declinato se
condo i diversi canoni della razionalità e della ragionevolezza o propor
zionalità.
Diverso, invece, da ultimo, il caso spagnolo, preso in esame per segna
lare l’esistenza di forti contrasti interni a un organo di giustizia costitu
zionale tradizionalmente favorevole a preservare un ampio margine di
discrezionalità del legislatore nelle scelte di politica sociale. Come si ve
drà, invero, anche nelle sentenze portoghesi e tedesche convivono, ac
canto a forti tracce di attivismo giudiziario, significativi elementi di judi-
cial self-restraint.
os tipos de trabalho e de funções que são exercidos no setor público não são de
modo nenhum necessariamente iguais aos do setor privado.
Tali soluzioni alternative, incidenti sia sul lato della spesa, sia sul lato del
le entrate, avrebbero potuto realizzare ugualmente l’interesse pubblico,
sgravando al contempo i lavoratori del pubblico impiego. Di contro, lad
dove le misure pesino in misura preponderante su questi ultimi, la diffe
renza nel grado di sacrificio non può non essere circondata da alcuni li
miti improntati al canone dell’equità, atteso che
1
Il sindacato sulla legge di bilancio in via preventiva su iniziativa del Presidente della Re
pubblica avrebbe, infatti, il difetto di ostacolare l’entrata in vigore della legge di bilancio
stessa, costringendo il Parlamento ad autorizzare il Governo all’esercizio provvisorio. Il
controllo in via preventiva è stato però alla fine esercitato sul progetto di legge recante il
bilancio dello Stato per l’anno 2013, che ha poi dato origine alla decisione n. 187/2013
del Tribunale costituzionale.
ritto di cui all’art. 2 Cost. portoghese, ma, stante il cumulo con la decur
tazione delle retribuzioni dei lavoratori del pubblico impiego di impor
to uguale o superiore ai 1.500 euro lordi mensili di cui all’art. 27, di per
sé ritenuta non illegittima costituzionalmente, violasse invece il predet
to principio di uguaglianza proporzionale nella ripartizione degli oneri
pubblici di cui all’art. 13 Cost. portoghese,
pelo efeito cumulado do conjunto das medidas que foram aplicadas [tra cui il
contributo straordinario di solidarietà e la tassa aggiuntiva del 3,5% sui redditi]
os pensionistas sofreram agora uma penalização superior à dos trabalhadores do setor públi-
co. [Per tale ragione, la sospensione dell’indennità è un provvedimento] exces
sivamente gravoso e justificativo de um juízo de inconstitucionalidade por vio
lação do princípio da igualdade proporcional.
sura del 6 per cento per i soggetti percettori di sussidio di disoccupazione e del 5
per cento per i soggetti percettori di indennità di malattia” (art. 117, comma 1).
A tal proposito, il Tribunale ha, innanzitutto, deciso che l’onere contri
butivo introdotto dal legislatore
Tuttavia, in concreto l’importo dei due tipi di indennità, così come ridot
to sulla base dell’onere contributivo oggetto del ricorso, rischia di resta
re al di sotto del
nível mínimo que foi já objeto de concretização legislativa e que se encontra se
dimentado por referência a uma certa percentagem da retribuição mínima men
sal, no caso do subsídio por doença, ou ao indexante dos apoios sociais, no ca
so do subsídio de desemprego.
[la disposizione non è né idonea, né necessaria] para a prossecução dos fins vi
sados pela lei, [ossia al fine di] reforçar o financiamento da segurança social, [at
teso che si tratta di] uma medida que atinja aqueles beneficiários cujas prestações
Infine, per quanto riguarda la tassa aggiuntiva del 3,5% sui redditi delle per-
sone fisiche prevista dall’art. 187 della legge di bilancio, essa non viola il
principio di unità del reddito di cui all’art. 104, comma 1, Cost., consi
derato che esso
In altre parole, il diritto alla salute è inquadrato tra i diritti del Capo III,
Titolo I della Costituzione spagnola che godono della garanzia di cui
all’art. 53, comma 3, Cost., secondo il quale essi “ispireranno il diritto po
sitivo, la prassi giudiziaria e l’azione dei poteri pubblici”. A differenza dei
diritti del Capo I – diritti di libertà – non sussiste quindi in tal caso una
riserva di legge parlamentare alla conformazione del diritto alla salute,
ma potrà eventualmente essere limitato anche da decreti-legge del Go
verno. Per il resto, tale diritto, ai sensi della medesima disposizione co
stituzionale, può essere difeso davanti alla giurisdizione ordinaria soltan
to “in conformità alle leggi che lo regolano”, ragione per la quale il di
ritto alla salute non ha un contenuto essenziale, ma può essere libera
mente modellato dal legislatore.
Tanto premesso, il giudice costituzionale non può poi che raggiunge
re le medesime conclusioni con riferimento alla questione della violazio
ne del diritto in questione. Infatti, pur negando che il diritto alla salute
sia soltanto una norma programmatica e affermando che, al contrario,
esso deve essere considerato “como un principio rector constitucional
dirigido a orientar y determinar la actuación de los poderes públicos”, il
Tribunale costituzionale ricorda come il fatto
que los poderes públicos deban organizar las prestaciones y servicios necesarios
para garantizar la protección de la salud, no significa que estas prestaciones hayan de
ser necesariamente gratuitas para todos sus potenciales destinatarios. Será la legislación
la que en cada momento determine el alcance y la graduación de esa gratuidad,
así como de las bonificaciones económicas en las prestaciones sanitarias de acuer
do con las exigencias derivadas de las circunstancias cambiantes, respetando los
límites constitucionales.
the relevant factor for adherence to the principles of democracy is whether the
German Bundestag remains the place in which autonomous decisions on revenue
and expenditure are made, including those with regard to international and Eu
ropean liabilities. [Altrimenti,] Parliament would find itself in the role of mere
subsequent enforcement and could no longer exercise its overall budgetary re
sponsibility as part of its right to decide on the budget. [Perciò,] the German Bun-
destag may not deliver itself up to any mechanisms with financial effect which – whether
by reason of their overall conception or by reason of an overall evaluation of the
individual measures – may result in incalculable burdens with budget significance without
prior mandatory consent, whether these are expenses or losses of revenue.
2
Traduzione ufficiale dal tedesco in inglese. BVerfG, Judgment of the Second Senate of
12 September 2012 - 2 BvR 1390/12, reperibile all’indirizzo: www.bverfg.de/e/
rs20120912_2bvr139012en.html
incidano sul bilancio, senza poter delegare tali scelte a organi interna
zionali di natura inter-governamentale. Non possono, quindi, essere
creati meccanismi che, in via automatica, comportino oneri finanziari
ingenti per il bilancio federale senza un previo coinvolgimento del Bun-
destag. Allo stesso modo, il Bundestag non potrà autorizzare una volta
per tutte l’adesione della Federazione a meccanismi permanenti di di
ritto internazionale, se il loro funzionamento dovesse essere idoneo a
provocare conseguenze difficilmente calcolabili per il bilancio federa
le. Al contrario, il Bundestag dovrà sempre essere chiamato a votare su
ciascuna misura federale di aiuto che abbia un effetto di maggiore spe
sa per il bilancio pubblico.
Per svolgere questo compito, tuttavia, il Parlamento dovrà ottenere
In conclusione, se è vero che, con la ratifica del trattato istitutivo del cd.
MES, la Camera bassa del Parlamento federale tedesco
does not transfer any budgetary authorisations to other actors [e che, quindi,]
there is no danger that the Federal Republic of Germany will, without the prior
mandatory consent of the German Bundestag, be placed at the mercy of a mech
anism with financial effect which is capable of resulting in complex burdens with
budgetary significance or in unavoidably accepting liability for decisions of oth
er states, [tuttavia, è altrettanto vero che sino ad allora] certain interpretations
of the provisions of the Treaty establishing the European Stability Mechanism
might violate the Bundestag’s overall budgetary responsibility. This must be ef
fectively precluded by declarations under international law made upon ratifica
tion of the Treaty.
3
Traduzione ufficiale dal tedesco in inglese. BVerfG, Judgment of the First Senate of 06
December 2016 - 1 BvR 2821/11, recuperabile all’indirizzo: www.bverfg.de/e/
rs20161206_1bvr282111en.html
[da un lato,] that the the volumes of electricity allocated to the nuclear power
plants under Appendix 3 column 2 of the Atomic Energy Act can be used up
completely or almost completely [e, dall’altro,] does not provide for appropria
te settlement.
tion capacity than they need in order to use up their residual electricity
volumes from 2002”.
Al riguardo, la limitazione del diritto di proprietà è stata così ritenu
ta sproporzionata rispetto ai pur rilevanti motivi di interesse pubblico “in
light of the legal background of the residual electricity volumes alloca
ted in 2002 and the unequal treatment in comparison to competing en
terprises”. Infatti, nell’impedire la produzione dei volumi energetici re
sidui, oggetto del precedente accordo tra il governo e le società, la leg
ge federale ha frustrato e quindi leso il legittimo affidamento (in tedesco
Vertrauensschutz) di queste ultime per aver esse confidato nella stabilità
del quadro normativo, basato fino ad allora su una “temporally unlimi
ted and generally undiminished possibility of using the residual electri
city volumes from 2002”. L’art. 14, comma 1, secondo periodo LF tutela,
infatti, anche le aspettative degli operatori economici che il quadro nor
mativo su cui si fonda il diritto di investire e utilizzare beni di proprietà
non muti con il passare del tempo. A tale riguardo, allora, il legislatore
“must provide adequate compensation, a prolongation of operational
lifetimes, or some other form of settlement that also appears adequate,
from the viewpoint of proportionality, as compensation also for frustrat
ed investments”.
In secondo luogo, la lesione del principio di tutela dell’affidamento
si è prodotta anche laddove la legge federale del 2011 non ha previsto
“any transitional periods, compensation clauses or other settlement pro
visions for cases in which investments in nuclear power plants were de
valued through the revocation of the additional electricity output allow
ances allocated in 2010”. Un’adeguata forma di compensazione (in tede
sco angemessene Entschädigung) avrebbe quindi dovuto essere prevista per
gli investimenti eventualmente programmati dalle società nel periodo in
tercorso tra l’ottobre 2010, mese in cui la vita operativa delle centrali era
stata nuovamente estesa e il marzo 2011, mese di adozione della morato
ria sull’estensione del ciclo operativo delle centrali.
Non tocca, però, al Tribunale costituzionale federale fissare misura e
limiti della compensazione, bensì al contrario
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