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Dopo gli idilli, c’è il periodo delle operette morali, che è un momento dedicato solo alla filosofia, con
un distacco dalla poesia che verrà ripresa nella fase coincidente con i CANTI PISANO-
RECANATESI (1828-1830). Questi canti sono stati scritti tra Pisa e Recanati, dove il poeta tornerà
per l’ultima volta. Leopardi si era recato a Pisa in cerca di un clima confacente alla sua malattia;
qui scrive “il risorgimento” e “a Silvia”, mentre a Recanati nascono “le ricordanze”, il canto notturno
di un pastore errante nell’Asia”, “la quiete dopo la tempesta”, “il sabato del villaggio” e “il passero
solitario”. La critica aveva definito queste opere GRANDI IDILLI, per distinguerli da quelli scritti
precedentemente alla operette morali, i PICCOLI IDILLI; ora questa denominazione non viene più
accettata, perché valorizza solo gli aspetti descrittivi ed emozionali, mentre non considera la novità
di questi nuovi idilli, e cioè la filosofia: in queste ultime opere c’è infatti un punto d’incontro tra il
sentimento emozionale e la filosofia.
A SILVIA: ha la forma metrica di un canzone leopardiana (Leopardi introduce una nuova forma
poetica, la canzone libera). Questo canto è dedicato a una donna, Silvia (uno pseudonimo), che
viene individuata in Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, che muore giovanissima
di tisi il 30 settembre del 1818. Il nome di Silvia nella poesia A Silvia di Leopardi non è casuale, era
la ninfa amata di Aminto nell’opera del Tasso. In alcuni brani dello Zibaldone, Leopardi cita Teresa,
appuntando alcuni avvenimenti della sua vita. Qui c’è la rievocazione appassionata delle
SPERANZE GIOVANILI e la sicurezza dell’INFELICITA’ del genere umano. C’è inoltre un
PARALLELISMO tra Silvia e Leopardi: come le speranze di Silvia per il futuro sono cadute a causa
della morte prematura, così le speranze del poeta sono diventate delusioni; questo parallelismo si
può notare nelle strofe centrali del componimento, già a partire dalla seconda strofa. L’esperienza
dell’io del poeta supera l’esperienza esistenziale tipica degli idilli giovanili, in cui parla in prima
persona. Qui l’IO si sposta e comincia a comparire il NOI, che corrisponde all’io del poeta insieme
all’io del genere umano. In questa poesia, l’esperienza esistenziale di Leopardi si unisce con
quella di Teresa. Andando a Pisa il poeta voleva inaugurare un nuovo momento della sua vita,
lontano dalla prigione di Recanati, dove dopo Pisa tornerà per l’ultima volta.
ANALISI DEL CONTENUTO: 6 strofe di A Silvia sono di diversa lunghezza (canzone libera,
differente dalla canzone petrarchersca, in cui c’era equilibrio tra endecasillabi e settenari (a un
endecasillabo seguiva sempre un settenario); in Leopardi sono più numerosi i settenari (34) degli
endecasillabi (29). 27 versi sono privi di rima, gli altri rimano liberamente. L’ultimo verso di ogni
strofa rima con uno dei versi precedenti ed è sempre un settenario. La STRUTTURA è simmetrica.
La I strofa di A Silvia di Leopardi è il proemio che introduce l’immagine di Silvia; c’è l’invocazione e
l’evocazione delle caratteristiche generali. La II e la III strofa mostrano 2 situazioni parallele, la
prima riguarda Silvia, l’altra Leopardi (si rifanno tutte e due al passato e alle illusioni giovanili). La
IV strofa è un commento dopo la delusione delle speranze. La V e la VI strofa che sono
simmetriche alla II e alla III mostrano il vero parallelismo tra la storia di Silvia e quella di Leopardi.
Leopardi non fu mai innamorato di Teresa, figlia di un cocchiere, c’era un enorme abisso sociale
tra i due. I cocchieri vivevano sopra la rimessa della carrozza. Tra la casa di questi e la villa dei
conti Leopardi c’è la piazzetta del sabato del villaggio (che ricorda appunto l’abisso tra i conti e i
cocchieri).
Dietro a A Silvia non c’è una vicenda d’amore; Teresa e Leopardi condividevano condizioni simili,
che sono parallele = GIOVINEZZA, ILLUSIONI, SPERANZE, SOGNI, DELUSIONI. In un passo
della Zibaldone, Leopardi afferma di non aver mai conosciuto e vissuto la sua giovinezza, mentre
Silvia vive la sua giovinezza.
Il nome Silvia può essere associato alla parola SELVA = è una figura evocativa, perché fa venire
subito in mente una donna scura di capelli, rigogliosa, bella e con molte sfaccettature, come il
bosco, la selva. Non è la donna che il poeta ama, ma è il SIMBOLO DELLA SPERANZA. Questa
lirica è improntata sul linguaggio del VAGO: la figura di Silvia è vaga, non ci sono indicazioni
concrete, Leopardi fa un discorso generico e sfumato, e parla solo degli occhi e dei pensieri della
ragazza. Qui si vede la lampante differenza con Petrarca, che invece descriveva dettagliatamente
le persone. È vago anche l’ambiente: il poeta dice che è primavera, ma non ci sono sensazioni
sensibili; usa aggettivi molto sobri e nomi evocativi, ma non ci sono descrizioni di particolari. Il
mondo esterno è privo di caratteristiche fisiche tangibili (teoria vago e indefinito) La descrizione
della realtà è filtrata, mediante un filtro fisico (la finestra del paterno ostello, che impedisce il
contatto immediato con la realtà fuori dal palazzo); il reale viene percepito nel chiuso del mondo
interiore dell’autore e la finestra è il confine simbolico tra interiore ed esterno, immaginario e reale
(come nell’infinito con la siepe, che è un confine fisico); il secondo filtro è quello
dell’immaginazione a cui corrisponde la doppia visione (doppia vista) = per esempio il canto non è
percepito dai sensi, ma è trasfigurato, viene ricordato (teoria del vago e dell’indefinito: teoria del
suono); il terzo filtro è quello della memoria che rende indefinite e poetiche le cose; ci sono altri
due filtri, quello letterario e quello filosofico; quello letterario consiste nel ricordo di alcuni suoni e
immagini di passi poetici che avevano contribuito alla formazione del poeta, ad esempio “A Silvia”
ricorda il canto di Circe nell’Odissea; infine il filtro filosofico è la presa di coscienza del vero, che
corrisponde quindi al pessimismo.
Al contrario di quanto si pensa, Leopardi non è il poeta della morte e della negatività, ma al
contrario è il POETA DELLA VITA = come dimostra il “dialogo di Plotino e Porfirio”, in cui c’è la
negazione del suicidio, perché per quanto sia infelice bisogna vivere la vita. È quindi il poeta della
pienezza della vita, della gioia. L’IDEA DEL NULLA è una conquista della ragione e lui la accetta.
Nell’ultima strofa di “A Silvia” di Leopardi c’è la visione della FREDDA MORTE = c’è la figura della
speranza che addita una tomba da lontano. Tutta l’opera racchiude quindi IMMAGINI DI VITA. È
quindi una PROTESTA CONTRO LA NATURA che ha negato all’uomo la vita e la gioia.
LESSICO: nella poesia A Silvia sono presenti elementi del vago e dell’indefinito (termini presenti
ai versi 4-7-9-12-13-25-45), come “fuggitivi, quiete, odorosa, da lungi, dolce” ; poi ci sono quelli che
dall’autore sono definiti “termini pellegrini” = v 1 rimembri, v 19 veroni, v 52 giovinezza. Questi
sono termini precisi individuabili anche nello Zibaldone. Ci sono poi i termini della memoria, come
ad esempio “rimembri” (che è anche pellegrino), che è una parola arcaico come “veroni” e
“ostello”. Gran parte delle parole del vago e dell’indefinito ricordano il dolce stil novo.
SINTASSI: piana con periodi brevi e poche subordinate; prevalgono le temporali, perché domina
la dimensione temporale con il flusso della memoria.
STROFE DEL RICORDO: sono la IV e la VI; contengono proposizioni enunciative e una sintassi
più mossa con esclamazioni, invocazioni e anafore. C’è qui una pausa riflessiva.
RETORICA: nella poesia A Silvia ci sono metafore e personificazioni che sono meno presenti ad
esempio nelle canzoni civili.
LIVELLO METRICO-RITMICO: nel testo A Silvia di Leopardi c’è l’innovazione della canzone
libera. Ci sono pochi enjambement, e di solito l’unità metrica corrisponde all’unità sintattica. Gli
enjambement sono presenti nell’ultima strofa e mettono in risalto le parole chiave, e ai versi 7 e 8
per mettere in risalto la parola “quiete”. ALCUNI ENDECASILLABI di A Silvia di Leopardi
contengono all’interno pause che scandiscono settenari come i versi 5 (fino a pensosa), 13-25-29-
42-50.
Tutta l’opera A Silvia è basata sulla presenza di DATI FISICO-SENSORIALI: nella prima strofa ci
sono alcuni dati corporali che riguardano il corpo della donna, anche se la figura è evanescente
(occhi, mani veloci, negre chiome, core, sguardi; del poeta sono nominati gli orecchi. Ci sono poi le
esperienze fisico-sensoriali, come il canto di Silvia, il lavorare al telaio, il paesaggio primaverile
(dato sia visivo che uditivo); “molceva il core”(v 44, che significa accarezzava i sentimenti) è un
dato fisico.
In A Silvia anche la rappresentazione della perdita causata dalla morte è puntata sui dati materiali:
al verso 57 parla dei “diletti, amor, opre ed eventi”, ma anche ai versi 32-35-55 parla di cose molto
materiali (angoscia acerba e sconsolata).
In A Silvia c’è l’affermazione della fisicità delle sensazioni giovanili, affidata a tutti e cinque i sensi:
l’udito (il canto), l’olfatto (il profumo della primavera), il tatto (le sudate carte del poeta e le mani di
Silvia che tessono la faticosa tela), la vista (il paesaggio primaverile), gusto (evocato dal termine
dolce ai versi 45 e 50, sono metafore).
Tanto è più forte la passione dei sensi presente nell’opera, tanto è più terribile e doloroso lo
smarrimento dovuto alle delusioni e alle illusioni; questo è esplicitato al verso 62 = fredda morte,
tomba ignuda (in chiasmo).