sperimentale in cerca di leggi, «ma una scienza interpretativa in cerca di significati» (Clifford Geertz)
Corso di Antropologia Culturale
Educatore sociale e culturale Sede di Rimini Il pensiero di Clifford Geertz
1973, “Interpretazione di culture”
Abbandono di un’idea di cultura come realtà
oggettiva a favore di un concetto di cultura come sistema di simboli e significati che vanno letti e interpretati Dal paradigma positivista (analogia con le scienze naturali) verso un’antropologia simbolica intesa come studio del significato delle azioni sociali L’oggetto è la comprensione dell’azione sociale, dal momento che la cultura che io definisco come un sistema di simboli e di significati ha un ruolo nel determinare tale azione. Riflessione su tre grandi tematiche
“Il punto di vista del nativo” e il problema della
conoscibilità delle culture dall’interno (dimensione emica) Il campo e il problema della traduzione da una cultura all’altra (dimensione etica) Il testo etnografico e il problema della trasmissibilità di tale traduzione al pubblico La cultura è costruita, prodotta, “fabbricata”
Gli uomini senza cultura (..) sarebbero inguaribili
mostruosità con pochissimi istinti utili, ancor meno sentimenti riconoscibili, e nessun intelletto: casi mentali disperati. Le nostre idee, i nostri valori, i nostri atti, perfino le nostre emozioni sono prodotti culturali fabbricati usando tendenze, capacità e disposizioni con cui siamo nati La visione degli uomini come attori sociali
La cultura è fatta di abiti e di costumi, che gli uomini
indossano per recitare e soprattutto per dar forma alla loro vita. Ci si può chiedere se ci sia, o se mai ci potrà essere, un qualche luogo dove la recitazione abbia fine. La risposta di Geertz è chiara: «Non c’è, non può esserci un retroscena dove si possa andare a gettare un’occhiata agli attori [...] come persone reali”». Cultura come “ragnatela di significati”
L’uomo è per lui un animale sospeso tra “ragnatele di
significato” che egli stesso tesse. La cultura è l’insieme di queste tele e l’antropologia si deve prefiggere la loro interpretazione I comportamenti degli individui sono sempre parte costellazioni più ampie di significato, al di fuori delle quali non avrebbero senso (es. tic/ammiccamenti) Attenzione alle variabilità dei significati culturali nella loro complessità contestuale Dunque le pratiche e i comportamenti non sono riducibili agli stati psichici individuali o alle credenze personali, ma sono di natura intersoggettiva (cultura è pubblica) L’analisi culturale come scoperta dei significati che gli attori conferiscono alle loro azioni
Gli uomini interpretano non solo quando contemplano il mondo o
riflettono sulla vita, ma anche quando lavorano, giocano, danzano o altro. l’uomo non può che “interpretare”, l’uomo interpretante agisce nei confronti della sua vita, del flusso delle sue sensazioni, emozioni e sentimenti, ed è questa l’unica procedura per conferire ordine e significato all’esperienza. l’antropologo deve accantonare le sue concezioni dell’esistenza e “leggere” le esperienze degli altri dall’interno, nel quadro della loro concezione, cogliendo il significato delle forme simboliche e dei fatti culturali osservabili La metafora della cultura come testo
Nella ricerca ci si domanda: qual è il “significato” delle azioni sociali? Per
rispondere è necessario mettersi in grado di “vedere le cose dal punto di vista dei nativi” Per Geertz non si tratta di entrare e scavare per nella testa degli individui per cogliere verità, ma “sfogliare uno a uno i significati stratificati nella cultura come fosse un testo” Secondo questa metafora, le attività sociali possono essere “lette” per il loro significato da parte dell’osservatore proprio come lo sono i materiali scritti e parlati. “Non si sa perché le persone agiscano in determinati modi, né quale significato attribuiscano alle loro azioni. L'applicazione di sistemi di significato rappresenta un tentativo di affermare che il nostro compito è soprattutto esplicativo, al fine di scoprire quali sono le intenzioni delle persone. Si ha comunque a disposizione un modello testuale, o un'azione da utilizzare come un'analogia testuale seguendo le ricorrenze. Esso dev'essere compreso per quello che le persone, a livello conscio o inconscio - ma per lo più a livello inconscio - pensano che sia. Il problema quindi è cercare di scoprire non tanto come funzioni una macchina quanto come si debba leggere un testo. Come ho detto è un modello che parte dal concetto secondo cui le cose, quando vengono affrontate per la prima volta, non sono molto chiare, appaiono confuse e indefinite. Quando i balinesi, i marocchini o i giapponesi dicono o fanno qualcosa, non sappiamo da quali motivi siano spinti, cosa ci sia all'origine del loro rituale. Allora si cerca di ridurre il senso di confusione, di mancanza di chiarezza, sforzandosi di capire cosa sta succedendo in termini di significato e di azione simbolica. L'unico modo in cui si può fare questo è quello interpretativo, ascoltando quel che la gente dice, osservando quello che fa e cercando di abbinarlo a una sorta di analogia testuale, come se fosse un gioco o una recita. Se si assiste a una partita di baseball o di calcio, e se non si è americani, nel caso del baseball, o italiani nel caso del calcio, questi sport risultano molto difficili da capire. Per cercare di scoprire come funziona uno di tali giochi, non soltanto si devono scoprire quali sono le regole, ma quali sono i significati e l'importanza di determinati tipi di comportamento: questo, in un certo senso, equivale a leggere la partita come un testo. Questo è ciò che cerco di fare, in senso più generale, per l'antropologia. (intervista a Geertz) Il lavoro dell’antropologo
Fare etnografia è come cercare di leggere (nel senso di “costruire una
lettura di”) un manoscritto straniero, sbiadito, pieno di incongruenze di emendamenti sospetti e di commenti tendenziosi, scritto non in convenzionali caratteri alfabetici, bensì in fugaci esempi di comportamento dotato di forma. Capire un testo significa — ermeneuticamente — elaborare una chiave di lettura per fare emergere le significazioni in esso implicite. E un’impresa costruttiva e aperta in quanto comporta che l’azione sia considerata polisemica, leggibile in molti modi Capire un testo non significa rifarsi alle intenzioni dell’autore, per mezzo di rapporti empatici o identificazioni emotive, entrando nella “sua testa” o “indossando i suoi panni”, ma operare delle “traduzioni” Questo aspetto della comprensione è definito da Geertz come thick description, “descrizione densa»” (opposta alla thin description del passato) La “descrizione densa” consiste nello scoprire e ricostruire i livelli di significato non espliciti delle prospettive degli attori, cioè le molteplicità delle complesse strutture concettuali che le informa. Rappresenta la ricerca di “un contesto” (es. tic involontari e ammiccamenti: i primi sono semplice comportamento, mentre i secondi sono comportamenti significativi, l'oggetto specifico dell'etnografia) Il combattimento dei galli a Bali La descrizione densa In un certo senso il combattimento dei galli è interessante proprio a causa della sua apparente frivolezza. Quando ero a Bali rimasi colpito dal fatto che, a dispetto di tutta la loro probabile frivolezza e sebbene io non ci trovassi nulla d'interessante - gli incontri sono velocissimi e non c'è praticamente nulla da vedere - i combattimenti dei galli venivano organizzati due o tre volte alla settimana e la gente ne era completamente entusiasta. Così mi misi al lavoro, e osservai innanzi tutto che il combattimento dei galli era accompagnato da scommesse: in particolare, c‘era una scommessa centrale tra i due proprietari dei galli. Si trattava di una scommessa ingente, nella quale le due puntate erano sempre identiche (per esempio cinquanta contro cinquanta). Vi erano poi persone che facevano scommesse collaterali e che si scambiavano cenni, dando luogo a un notevole trambusto. Queste ultime scommesse erano sempre impari, e quindi, secondo la teoria delle probabilità, qualcuno sbagliava. Secondo la teoria della azione razionale c'era qualcuno che non agiva in modo corretto: o erano insensate le persone al centro, perché scommettevano somme pari su una situazione impari, oppure lo erano le persone all'esterno, perché scommettevano somme impari su una situazione pari. Mi divenne sempre più chiaro che le quote venivano fissate seguendo determinate linee di condotta proprie della struttura e dei gruppi sociali. Si scommetteva sul gallo del proprio gruppo, anche se i galli arrivati da fuori erano sempre favoriti, perché si pensava che - se qualcuno li aveva portati - dovevano essere fortissimi. Alla fine, il tutto cominciò a delinearsi come una lotta tra diversi gruppi per lo status e il prestigio sociale - e allora le scommesse acquistavano un senso. Non avevano senso, cioè, in termini di teoria delle probabilità o di teoria dell'azione razionale, ma ne avevano in base al modo in cui, a Bali, i gruppi parentali, gli individui, le caste e le classi privilegiate competono tra loro. E’ questo, di fatto, un aspetto importantissimo di quella cultura. Emerse quindi che i combattimenti dei galli, anziché essere avvenimenti frivoli, erano in realtà molto vicini al cuore degli interessi principali dei balinesi. E questo non perché lo status venga determinato dai combattimenti dei galli (esso viene infatti determinato, come al solito, dalla nascita e da altri fattori, come per esempio la ricchezza), ma perché in questa occasione esso viene messo in risalto, viene drammatizzato, trasformandosi così in un testo. E come tale si offre alla lettura dell'antropologo. Con questo non intendo tuttavia affermare che necessariamente i balinesi darebbero questa interpretazione dei combattimenti dei galli, ed anzi impossibile che lo facciano, perché essi si limitano a vivere tali avvenimenti. La comprensione viene quindi “depsicologizzata”
Capire un testo non significa rifarsi alle intenzioni di un autore,
per mezzo dell’empatia e di identificazioni emotive, entrando nella sua “testa” o mettendosi nei suoi “panni” La comprensione è possibile solo attraverso “tracce pubbliche” (Es. combattimento galli) Il circolo ermeneutico La conoscenza non è neutra ma è costruita e “interpretata” - Da un lato, i soggetti agiscono in base a significati e valori - Dall’altro, le discipline sono costituite da modelli interpretativi e costruiscono i loro soggetti
Gli oggetti della conoscenza non sono visti come
dotati di proprietà indipendenti dal punto di vista di chi osserva Superamento del concetto della soggettività e oggettività del comprendere in direzione della reciproca appartenenza fra soggetto e oggetto Incontro etnografico
Una cultura non può essere messa al riparo da influenze esterne
e studiata in laboratorio (rifiuto dell’etnografia come raccolta di dati grezzi, della neutralità dell’osservatore, della descrizione oggettiva dei dati) Il campo è costituito da un incontro dove entrambi gli attori (antropologo e nativo) “mettono in atto” dei significati all’interno di un contesto che non è neutro, ma prodotto dalla loro interazione Le azioni sociali sono inserite in complessi sistemi di significati composta dal contesto culturale dell’azione, quello dell’attore, quello dell’interprete Non vi è separazione tra etnografia e antropologia
il commento descrittivo è già un momento interpretativo
e dunque carico di teoria: l’attività conoscitiva non è semplice riproduzione dei dati, ma un’attività che dà significato e valore ai fenomeni Di conseguenza, le interpretazioni dell’antropologo e del nativo si richiamano l’un l’altro. Le une non possono essere comprese indipendentemente dalle altre I nostri dati sono dunque in realtà le nostre interpretazioni delle interpretazioni dei nostri informatori Una circolarità tra:
Concetti “vicini” all’esperienza (un concetto che
chiunque può utilizzare senza sforzo, naturalmente, per definire ciò che lui e il suo gruppo vedono, sentono, pensano, ecc.) Concetti “distanti” dall’esperienza (un concetto che qualsiasi specialista utilizza per fare avanzare i suoi obiettivi scientifici) Un’opera di traduzione controllata, di spostamento simbolico da una cultura all’altro che consenta di non
Avvicinarsi solo ai concetti “vicini” all’esperienza
(un’etnografia della stregoneria scritta da una strega)
Avvicinarsi solo ai concetti “lontani” all’esperienza
(un’etnografia della stregoneria scritta da un geometra) In definitiva l’etnografo
deve rendere familiare ciò che è estraneo, straniero
deve preservare la sua estraneità “Il cogliere la loro visione con il nostro vocabolario, nel senso di riprodurre la struttura di un discorso alieno all’interno del linguaggio proprio del traduttore” Etnografia come rappresentazione testuale e come processo di comprensione
Le etnografie sono documenti che si collocano ai margini fra
due mondi o sistemi di significato: il mondo dell’etnografo e il mondo dei membri della cultura studiata è un “mondo terzo”, una fusione di orizzonti Attraverso la scrittura, l’antropologo decodifica una cultura per tradurla e renderla comprensibile ai membri di un’altra cultura In quanto descrizione testualizzata essa rappresenta una versione della realtà, una sua “rappresentazione” Il lavoro etnografico è un lungo processo di comprensione che inizia molto prima di andare sul campo e continua dopo che si è lasciato il campo