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PREFAZIONE

La ricerca di conoscenza e identità ha da sempre segnato l’occidente. Questa ossessione per l’identità
creato a un modello ideale, a cultura e pensiero. La sotria dell’occidente alla ricerca dell’unità e della
totalità, dell’identico (identico cioè unico) (es.l’utopia racconta un sistema chiuso definito e unico-io).

Sono state molte le utopie dell’occidente. E’ come un ossessione per l’armonioso, ricomposto e ordinato
quella dell’uomo occidentale. Lo straniero, l’altro, ciò che è diverso è stato ricercato e visitato nei viaggi e
nelle scoperte per trovare conferma di se e dei propri saperi. Ora invece il diverso ci raggiunge e lo
straniero è tra noi questo cambia tutto (con la migrazione, la tecnologia che porta saperi di ogni dove ecc).
Tutto ciò cambia sentimenti e forme di appartenenza e processi di costruzione della identità e del
riconoscimento (chi siamo e a cosa apparteniamo a quale terra cultura ecc) modi e regole del prorpio
popolo di appartenenza, rapporto con la memoria e la cultura. Tutti in qualche misura viviamo sdradicati
deterritorializzati come dicono gli antropologi siamo resi stranieri.

La diversità è un esperienza che ci attraversa mostrando la nostra identità molteplice e aperta mostrandola
incerta tanto più la vogliamo chiudere (questa identità) nell’unità e nella compiutezza di una tradizione (le
tradizioni hanno un sistema di organizzazione regole ecc chiuso e limitato con regole che si ripetono dove la
personalità viene definita ini un sistema come questo, invece se usciamo da questo limite scopriamo una
moltitudine di saperi che ci fa perdere la nostra identità e ci mostra stranieri di noi stessi non sappiamo a
cosa apparteniamo cosa sia giusto ecc). Quessta diversità si è fatta vicina a noi oggi mentre in passato era
più lontana. Sentiamo questa diversità che ci attraversa creandoci inquetudini e smarrimenti (perché ci
sentiamo sdradicati). Forse solo i bambini sanno costruire i primi paesaggi interiori (sanno costruire la loro
interiorità) aperti e ospitali di diversità accogliendo ogni cosa ogni sapere. I bambini non cercano di avere
conoscenza o di capire qualcosa da fuori ma si lasciano formare dalla conoscenza lasciandosi prendere un
poco e non totalmente. Come da qualcosa che è dato, che arriva come una sorpresa. Il sapere non è un
sapere ma un affidarsi.

Nella vicinanza la diversità (es. quando culture e popoli diversi sono in contato) ci prova. L’estrema
vicinanza produce come conseguenza una maggiore ricerca di sicurezza gli uni CONTRO gli altri; quindi
ognuno eleva delle barriere interiori ed esteriori, coglie nell’altro il male. Questa diversità che ci attraversa
nell’estrema vicinanza è una prova perché ci obbliga a fare i conti con ciò che portiamo nel cuore, con il
nostro fondo oscuro di timore e di male che teniamo in noi e che avvertiamo anche nel vicino.

Quello che donne e uomini e popoli e gruppi e tradizioni devono vivere è una dura prova che chiede un
continuo lavoro su di se, sulal propria interiorità, sulle proprie culture e forme di pensiero e chiede una
continua trasformazione dei conflitti (es popoli e individui con diversi pensieri tradizioni culture ecc si
incontrano si espandono e quindi uniscono i territori allora nasce un conflittuo tra queste culture che
chiede nuova traformazione, così come quando un individuo con credenze ne incontra un altro con altre
credenze magari più realistiche ed il primo individuo si fa trasformare dalle credenze del secondo
individuo, avviene cosi una trasformazione, non siamo soli ma viviamo nello stesso mondo e le culture
chiuse entrando in contatto chiedono poi una trasformazione es. OSHO che dice occc e oriente si stanno
unendo-io). Quindi non basta nelal vicinanza il riconoscimento dell’eguaglianza. I muri che dividevano
l’Europa sono crollati ed ora ci troviamo all’aperto esposti: i popoli, le storie, i paesaggi interiori e le
psicologie di noi umani e donne europei sono scossi. Tutto ciò si vive mentre è in corso una costruzione
nuova e urgente.

NEL VENTRE DEL PESCE

Dare corpo ad una comunità di strnieri chiede dunque fraternità e obbligazione verso l’altro. Chiede una
declinazione dei diritti al duale non piu al singolare. E questa declinazione al duale è più complicata perché
ha a che fare con il comportamento di tutti noi e si deve fare nella “comunità delle pratiche” (CIOè NELLA
PRATICA) perché NON RIESCE AD ESSERE SOSTENUTA SOLO DA CODICI (LEGGI E NORME).

Che queste comunità di pratiche (dove i diversi si uniscono) ove si anticipano dei principi universali ad
essere i luoghi (queste comunità di pratiche) dove ha trovato riparo lo spirito dell’utopia?

L’evolversi dell’esperienza della diversità modifica pure i modi dell’agire collettivo. Persone, comunità
esperienze e movimenti cercano e tratteggiano gli orizzonti futuri che desiderano e la salvaguardia della
vita sulla terra nella pratica e nella coscienza. Un delicato sociologo come Alberto Melucci scriveva:

“ La società coincide col pianeta e il pianeta si socializza interamente, è nella struttura profonda dell’azione
individuale che si formano le dinamiche macrosociali e reciprocamente i grandi (le società) processi
strutturali operano fino nelle fibre più concervate (accantonate) della vita individuale”.

Le grandi scelte nella globalizzazione dei poteri operano per strutturare uil mondo delle persone. Come
contrastare l’odio, la diffusioni delle culture del disprezzo e dell’inamicizia, l’imperialismo (stato che vuole
estendere il suo domini conquistando altri popoli e terre con guerre) globale? Siamo tutti nel ventre dello
stesso pesce con i nostri cuori, menti e memorie e proprio questa consapevolezza nel sapere che viviamo
tutti nello stesso ventre nelal stessa casa potrebbe farci vivere questo ventre come una possibilità di una
nuova rinascita. Eì questo mondo che deve poter essere “ALTRO” questo “MONDO POSSIBILE” chiamato ad
essere sostenibile. LA privatizzazine del mondo produce conflitti e tensioni sempre più estese e profonde,
violenti dissesti ecologici e cruda povertà (tutto ciò alimenta l’odio, l’inamicizia ecc quindi per vivere in pace
tutti dobbiamo capire che viviamo nello stesso mondo o ventre e dobbiamo rispettarci e cercare di
costruire un mondo migliore di equità per un si alla vita e ad un mondo futuro). Collegare le attese di vita
nuova di giustizia ed equità di riespetto e legame è alimentare la speranza storica perché il sentimento del
nulla e la paura non pieghi verso il disprezzo e non produca grandi ondate di rifiuto. O quel rifiuto che nelle
stesse o altri parti del pianeta radica la violenza e il terrorismo suicida.

UN MESSIANISMO CAPOVOLTO

Da sempre gli uomini abitano immagini e raprpesentazioni. Queste sono le raprpesentazioni della speranza
o della rinascita, le raprpesentazioni degli uomini però hanno anche hanno però anche rinchiuso il mondo
riportandolo continuamente ad un “origine” (di cui si parla sotto è quell’origine a cui tutti dobbiamo
tornare, la nostra vita quindi si vive per aspirare a tornare a quell’origine che ci purifica) che include il noi
ed esclude gli altri (cioè i diversi quelli che non aderiscono a quel modo di pensare a quella
rappresentazione, i diversi). Queste sono le rappresentazioni della totalità che include il noi e nega l’altro e
la comunità dei diversi (cioè le comunità diverse da “noi”).

Noi ci troviamo esposti al gioco prepotente di chi usa senza pudore immagini di forza e rappresentazioni
mitiche per intimorire o sedurre per fornire illusori sensi di potenza. Il mito svela allora tutta la sua forza, la
sua capacità di pietrificazione. Gli uomini (infatti) divengono pietre all’interno delle architetture (segno che
con rappresentazioni di grandezza o di entità potenti come i miti vengono tenuti a bada gli umani). Ci dice
Simon Weil in L’illiade : il poema della forza: la storia diviene storia sacrificale, luogo di vittime e idoli:
sacrificati i primi sugli altari dei secondi.

Ad un organizzazione, ad una società ovvero fedele disciplinata e gerarchica se questa non si verifica vi è
come conseguenza la paura di una società frammentata e divisa ha effetti particolari: morde (cioè attacca)
individui privi di legame, soggetti che si celano dietro a spazi e affetti privati, nei mondi delle preferenze,
questi tipi di individui hanno in comune questa paura, questo è il terrore totalitario o nazionalismo
terroristico (cioè la costante paura che la nazione o la totalità si frammenti e si perdano molte sicurezze
leggi ecc).

Quello che da terrore e fa paura è un modernissimo “autismo collettivo (cioè un gruppo un collettivo che si
crea una realtà interiore che non è quella vera nel mondo reale. es- milleranismi. allora in quest’ottica il
libro dice.”Abitiamo raprpesentazioni mondi un poco sempre distanti dai mondi reali”) (autismo: perdita di
contatto con la realtà a cui corrisponde la costruzione di una propria vita interiore che sostituisce la realtà):

Le utopie non si rivolgono verso il passato mentre i millenarismi (Credenza e attesa del regno di Cristo in
terra, prima del giudizio finale, riservato ai soli giusti e destinato a durare mille anni.) al rovescio si e lo
fanno per scagliare il loro giudizio sul presente e sui suoi fermenti. Con un intento di annichilimento
(distruggere, perdere la capacità di reazione): è il costo di una “purificazione”(cioè si deve avere un certo
comportamento in vita per tornare alla tua origine per ritornare purificato). Con loro non si deve vivere con
un avvenire aperto al proprio fianco (cioè non si sperimenta la vita). Ma la storia va chiusa nel ritorno e
nella ripetizione. E’ un sacrificare ogni vita, senza storia, senza “spirito dell’utopia” resta la sacrificalità (Es-
bibbia-io). Allora come indica Maria Zambraano a noi occorre rifare la nostra nasciata siamo qui a rimettere
al mondo il mondo (cioè a rimettere a nuovo a farlo rinascere). Dis-nascere significa nuovo essere al mondo
diverso modo di costruire e pensare la storia, dis-nascere perché non sia più cosi (ma per un cambiamento).

SIAMO ED INDICHIAMO

“Le utopie sono dei mondi degli altrove creati dalla mente. La gran parte di questi mondi è caratterizzata
dal limite” così Redeker coglie lo spirito dell’utopia questo deisderio di armonia ed equilibrio contro ogni
hybris (eccesso) o dismisura. Questo desisderio è affidato aalla mente con la sua capacità di creare mondi.
Molto preziosa è l’indicazionde di Redeker circa la vera forza dell’utopia: “la sua potenza di irradiare la
realtà”. Non è la realizzabilità o la rappresentazione di un programma per il reale, pe rla storia che
caratterizza il rapporto dell’utopia con la realtà. Così come l’utopia non si radica nell’avvenire proprio
perché annulla il tempo stesso. Un compimento che mette dine anche alla storia proprio perché ne chiude
il sogno cioè chiude i sogni di uomini edonne, mette fine a tutto con il suo istaurarsi (tutto si stabilizza-io).

IRRADIANTE, l’utopia LASCIA TRACCE. Si da irradiamento delle tracce di parole che danno l’anticipo,
l’annuncio in cui serba la novità di nuovi cieli e nuove terre (con l’utopi ac’è un arinascita).l’utopia è la
vita reale di donne e uomini (che sognano e pensano razionalmente un mondo migliore
sperimentandolo) di esperienze e movimenti che irradia i sogni , tiene viva la speranza mantiene aperte
le promesse. Rilasciando “La potenza di sognare”.

Le utopie emanano una vita che le fa nascere, magari nella forma della nostalgia di una promessa di
un’attesa. Desiderio e attesa oggi atrofizzati e ripiegati.

Il MARRONAGE, il rinsevatichimento (processo di inselvaticare di piante e animali che si trovano nella


condizione domestica o coltivata. Quelli che ritornano più difficilmente riescono a sopravvivere alla
natura.) avviene nella vita nelle esperienze che portano con se una consegna per le generazioni future
(trasmetttere saperi e conoscenze)che hanno il carattere di metaforevive capaci di mettere in semina (le
nuove generazioni). Come lo spirito dell’utopia noi SIAMO ED INDICHIAMO.

RISERVA E RISERBO

1) Come annota Gauchet per il pensiero utopico della modernità occidentale “la società altra” è prima
di tutto quella che ci viene promessa dall’avvenire (grazie al potere generatore che viene
riconosciuto nel divenire), in quest’ottica la vita presente la società presente rischia di non esserne
che il parto o il materiale per la fusione (per un nuovo avvenire o una società altra che dovrà
venire). Quindi tutto è molto dolore e scarto e poco valore in se.
2) Oggi la crisi dell’avvenire si svela. Perché oggi la coscienza utopica è espulsa dal futuro, nascosta
soffocata o invisibilizzata. Ma la si ritrova anche come traccia che fermenta carica di dare
indicazione.

3) E’ recente l’apparire di una nuova idea: l’idea di VULNERABILITA’ (facilmente attaccabile,


contrastabile). Il linguaggio della vulnerbilità è capace di aprire delle brecce (aperture,ferite) nelle
barriere dell’autonomia (cioè la vulnerabilità apre nuove vie, se tutto è facilemnte attaccabile ogni
pensiero puiò essere rivalutato può trasformarsi e non sarà più autonomo e inattaccabile). Il
pensiero attorno a cui si è costruita la modernità ha ridotto la vulnerabilità a qualcosa non ierente
la condizione umana. La riflessione contemporanea sulla vulnerabilità ne rivela invece il carattere
originario da cui ne prende le mopsse l’etica (cioè l’etica nasce grazie al porsi domande ad attacare
concetti e pensieri che i più ritenevano invulnerabili così l’etica si è potuta sviluppare aprendo
nuove brecce). Sono trame di riflessione che provano ad assumere la grande questione della
mutata natua dell’agire umano e della continuità della vita della specie umana e della biosfera.

4) Nel ridurre l’utopia ad idea marginale e stravgante e inconsistenze (così fanno i moderni) v’è forse
una società che non produce più utopie. Una società dove la storia è finita ed il tempo è ripetizione,
così c’è (un illusoria) chiusura del tempo e una vittoria su ogni paura. Come disegnavano e volevano
le utopie del passato. Ma allora “l’avvenire” nel senso di un altro mondo è qualcosa da lasciare
aperto (perché deve avvenire e non si chiude mai ma rimane aperto per l’avvenire appunto). Per
quel che riguarda la domanda del: futuro, umanità e vita le utopie del passato non paiono molto
utili. Non solo perché sono mistificate ma anche perché sono state manovrave da un elites e non
hanno spinto spinto le “vittime” verso un traguardo positivo. Non tanto per il fallimento. Piuttosto
non ci è utile la forma del pensiero e dell’agire che le ha ospitate. Se il futuro è quindi da tenere
APERTO da PRESERVARE (potremmo di re che è cura) il presente deve ospitare una RISERVA
(accantonare per usi futuri) e RISERBO (cautela) della vita (far continuare la vita per il futuro
conservandola cioè accudendola per il futuro e avendo cautela verso essa sempre per il futuro).

Riserva e riserbo: il futuro e il passato abitano nel tempo presente ne sono la speranza. In esse la
condizione umana viene abitata come dalla promessa di bontà e giustizia. E’ l’utopia di una
riconciliazione con la nostra umanità da ritrovare in una “concreta opera”.

UTOPIA E MODERNITA’: REDEKER (inizio libro)

Utopia è un termine apparso all’inizio del sedicesimo secolo (1500) negli scritti di Tommaso Moro.

L’utopia: è un sistema filosofico per definire uno stato ideale. Tale definizione permette di raggruppare
in uno stesso insieme “La Repubblica” di Platone, le concezioni di Tommaso Moro, il comunismo di
Marx, i falansteri di Fourier ecc. Questo insieme da l’impressione di una specie di scrigno delle utopie
ove troviamo ogni sorta di elaborazione dalla più razionale alla più assurda. (L’utopia si presenta a noi
sotto due aspetti: da un lato come qualcosa collegata alla realtà come i sistemi filosofici e politici;
dall’altro come qualcosa di difficile da definire -facoltativo da dire).

Esiste in effetti un qualcosa che accompagna tutti questi modelli diversi tra loro che chiamiamo
“utopie” è uno “spirito dell’utopia” cosi lo chiama E. Bloch, per quanto seducente però una tale
espressione si rivela fuorviante (che allontana dal vero, che distrae). Le utopie sono dei mondi, degli
altrove creati dalla mente. La gran parte di questi mondi è caratterizzata dal LIMITE, l’utopia è di norma
limitata, circoscritta. Non solo ma anche il luogo dell’utopia di solito è uno spazio chiuso delineato ed in
questo spazio anche le attività umane sono marcate dal limite. Spieghiamo perché questi limiti di
spazio e tempo nelle prossime pagine (io).
La HYBRIS (eccesso), la dismisura vi sono impossibili all’interno dell’utopia. Quest’ultima è ossessionata
dal limite e fugge da tutto ciò che è indefinito e illimitato e che non ha confini. (Nell’utopia regna
l’equilibrio, è un sistema chiuso equilibrato e razionale, per esempio nell’utopia di marx le persone si
devono comportare in un determinato modo con dei limiti le loro azioni sono specificate e quello stato
ideale deve funzionare secondo regole e cose circoscritte razionalizzate e definite non c’è la libertà
dell’illimitato-io). L’utopia è un dispositivo rivolto contro la HYBRIS. In Fourier tutte le passioni sono
accettate ma per il fatto che si regolano reciprocamente esse non prendono mai la via della dismisura.

RAPPORTO TRA UTOPIA E REALTA’: presenta due diversi aspetti : alcune utopie sono irrealizzavili
essendo destinate a rimanere sospese nell’irreale (es. stato ideale di Platone). Mentre altre possono di
diritto incarnarsi, in quanto nella storia esiste la “leva” per tali incarnazioni es. il proletariato era la leva
(che esisteva) che secondo Marx deve assicurare la guida dell’umanità verso il comunismo e questa leva
esiste davvero). La realizzabilità esiste (es per il marxismo) ma solamente di DIRITTO, perché TUTTI I
TENTATIVI DI FAR PASSARE L’UTOPIA DAL DIRITTO (CIOè DALLA TEORIA) al fatto si sono tutti conclusi in
modo angoscioso. In sintesi esiste una realizzabilità del marxismo ma nella misura in cui, facendo il
paragone con la realtà, occore distinguere tra il diritto e il fatto cioè tra ciò che è reale di diritto e di
fatto e una tale realizzabilità (es.marxismo) sussiste solo di diritto (cioè in teoria). Concluendo diciamo
che accanto alle utopie irrealizzabili (tipo Platone) vi sono quelle la cui realizzabilità non è impossibile
pur dovendo esse rimanere utopie di DIRITTO. Quindi il comunismo di MARX è UN ALTROVE
REALIZZABILE SOLO IN TEORIA mentre l’isola utopica di Tommaso Moro è un altrove assoluto in quanto
è assolutamente irrealizzabile.

Le utopie vengono percepite come un insieme di progetti eprogrammi di cui in effetti esse brulicano
(cioè in effetti sono dei programmi o progetti). Allora occorrerebbe porre in modo diverso la questione
della realtà? La risposta è si perché un utopia non deve necessariamente tradursi completamente nella
realtà per produrre un effetto sul piano socio-storico. Sembra anzi che la vera forza dell’utopia risieda
nella sua capacità di sviluppare un influenza sulla realtà che non sia dell’ordine della realizzazione
programmatica. Un utopia quidni diciamo che non è mai un programma nel vero e proprio senso del
termine ma ogni utopia forte possiede la potenza di irrasiare la realtà a partire dall’idea (dell’utopia).
Quindi un utopia è concepita per irradiare la realtà con la sua potenza generatrice allora sotto questo
aspetto diciamo che l’utopia si iscrive nell’ambito della POTENZA e non del POTERE. Un utopia dunque
irradia o in altre parole bombarda, brucia, fa rinascere, vivifica.

Alcuni scritti giocano sui due registri dell’utopia e del programma: Si può dire aproposito che la società
di cui parla Lenin in “Stato e Rivoluzione” sia un utopia? Allora se l’utopia viene concepita per non
essere mai realizzata (quindi appunto un programam e non un utopia) come un bel sogno ma come
qualcosa da attuarsi nella realtà allora il comunismo leninista non può rientrare in questa categoria,
ovvero quella dell’utopia. Se invece viene concepita come disegno e programma di società perfetta,
una società che sia possibile costruire allora questo comunismo leninista è un utopia. (Quini in base
all’intenzione: siccome Lenin aveva l’intenzione di attuarla come programma non è un utopia-io).

La seguente formula di Lenin si presenta nel più puro stile utopista: “Lo stato ppotrà estinguersi
completamente quando la società avrà realizzato il principio <<ognuno secondo le sue capacità, a
ognuno secondo i suoi bisogni>> cioè quando gli uomini si saranno talmente abituati a osservare le
regole fondamentali della convivenza sociale e il lavoro sarà diventato talmente produttivo cbe loro
volontariamente lavoreranno secondo le loro capacità.”

Con queste parole che descrivono una sorta di altrove proiettato nel futuro Lenin porta avanti un
discorso del tutto simile a quello di Tommaso Morso quando traccia i contorni di quel paese
meraviglioso che ha immaginato. Si tratta di quel principio che diverrà centrale nei totalitarismi (
Sistema politico autoritario, in cui tutti i poteri sono concentrati in un partito unico, nel suo capo o in
un ristretto gruppo dirigente, che tende a dominare l’intera società grazie al controllo centralizzato
dell’economia, della politica, della cultura, e alla repressione poliziesca) generati dal leninismo: il
principio della “società giusta”.

L’autore D.H. Lawrence da parte sua ha insistito sulla possibilità di stabilire un legame tra Lenin e
l’apocalizze di San Giovanni il quale credeva fermamente nella imminente venuta del Cristo.
L’imminente apocalisse e la rivoluzione (di Lenin) costituisono uno stesso concetto, indica un identico
rapporto con il tempo (ovvero sia con l’apocalisse che con la rivoluzione di lenin tutto cambia tutto ciò
che appartiene al passato verrà trasformato si attuerà nel caso di lenin lil programam dell’utopia e il
tempo finirà, in parallelo la rivoluzione di lenin corrisponde alla venuta del cristo che rivoluzionerà la
società) Questa questione del regno eternamente sospeso o detto in altro modo irrealizzabile oppure di
un imminente avvento pone il problem a dell’AVVENIRE nell’utopia. QUAL È IL RAPPORTO DELL’UTOPIA
CON L’AVVENIRE? Di certo non quello che comunemente si credo ovvero l’opinione (o DOXA) che
l’utopia consiste in speculazioni (Riflessione filosofica e teoretica che non si attueranno mai) piu o
meno inutili, sull’avvenire su ciò che dovrà venire (e non verrà mai, perché appunto rimangono sempre
teoriche). L’opinione pubblica la pensa che l’utopia lascia sempre L’AVVENIRE A VENIRE (cioè lascia
l’avvenire sempre a doversi compiere in un futuro senza mai attuarsi, ma restando in questo stato di
avvenire che un giorno dovrà attuarsi), la pensa che l’utopia non è null’altro che un idealismo
dell’avvenire. Anoi invece sembra che sia vero il contrario ovvero: L’UTOPIA ELIMINA IL TERMINE
DELL’AVVENIRE. L’utopia priva l’avvenire di ogni conclusione che possa procurargli delle radici per
essere. L’utopia sdradica l’avvenire lasciandolo sospeso in un avvenire che non sarà mai a venire, un
avvenire che non verrà mai. L’utopia è piuttosto la fine di qualsiasi avvenire in quanto trionfa
sull’entropia (una trasformazione che porti il sistema da uno stato iniziale A ad uno finale B) e
tramite tale vittoria elimina il tempo (cioè l’utopia ha quel progetto finito e limitato ben definito nel
suoi limiti e non può esserci un avvenire dopo che l’utopia si realizza essa infatti annulla il tempo,
appena quindi l’utopia si concretizza non c’è piu avenire perché gia è avvenuto e rimarrà così ciò
porta un annullamento del tempo e della storia.

SIGN. ENTROPIA: (Il secondo principio della termodinamica afferma che l’energia termica (il calore)
fluisce sempre da un corpo più caldo a uno meno caldo e mai in direzione contraria. L’energia, cioè, si
ridistribuisce finché il sistema costituito dai due corpi raggiunge un equilibrio completo, entrambi
hanno la stessa temperatura e non è più possibile il passaggio di calore dall’uno all’altro. L’entropia può
essere definita proprio come la misura del grado di equilibrio raggiunto da un sistema in un dato
momento. A ogni trasformazione del sistema che provoca un trasferimento di energia (ovviamente
senza aggiungere altra energia dall’esterno), l’entropia aumenta, perché l’equilibrio può solo crescere.
In teoria, si può considerare un “sistema” anche l’intero universo e allora la conclusione è: anche nel
cosmo l’energia tende a distribuirsi dai corpi più caldi a quelli meno caldi e l’entropia aumenta. Quando
tutto l’universo si troverà alla stessa temperatura (gli scienziati ipotizzano a pochi gradi al di sopra dello
zero assoluto), l’entropia sarà massima e nessuna trasformazione sarà più possibile. Sarà la cosiddetta
morte fredda dell’universo).

Questo è l’aspetto del TEMPO (Chronos) dell’utopia ora parliamo del luogo (topos) dell’utopia. Il luogo
(topia) dell’utopia è un luogo in cui il tempo non esiste o non esiste più. L’utopia determina una doppia
chiusura quindi: quella dello spazio chiuso circoscritto come l’isola di Moro (luogo chiuso perché
l’utopia crea un luogo o sistema chiuso e già definito nella sua struttura e nelle sue dinamiche quindi
non si può evolvere-io) e quella del tempo bloccato, fermo che non si apre su alcun avvenire.

L’utopia realizzata è la fine dei tempi e la fine del tempo, ma oltre all’annullamento del tempo un altro
se ne profila: l’annullamento della storia. Nello stato utopico non c’è più storia. Quindi niente tempo e
niente storia L’UTOPIA E’ IL REGNO DELLA RIPETIZIONE. La storia è terminata, la vita umana ridiviene
tanto armoniosa quanto quella delle api o delle formiche. La vita ritorna a quell’esistenza propia dei
pastori dell’Arcadia. Kant dice che nell’Arcadia gli uomini non possono essere umani, la concordia
l’amore, la pace alla base di una tale situazione paradisiaca (arcadica e utopica), impediscono agli
uomini di sviluppare la loro umanità. (ARCADIA: regione greca favoleggiata da poeti con paesaggi di vita
idilliaca lontana dalla realtà- SIGN IDILLIACO: Relativo agli idillî: cioè un tipo di poesia o componimento
idilliaco. Più spesso con riferimento all’ambiente, all’atmosfera, agli ideali vagheggiati negli idillî quindi
tranquillo, sereno, privo di drammi e di ansie, in un intimo contatto con la natura dove regna l’armonia
pace e serenità tipici caratteri utopici). Mentre un puro stato di natura come quello di Thomas Hobbes
sarebbe uno stato di LICANTROPIA(UOMO LUPO, LUPO MANNARO) IN CUI GLI UOMINI SAREBBERO
COSTRETTI ad essere lupi. Gli uomini di Hobbes hanno molti ostacoli davanti a loro e quindi sarebbero
agnelli gli uni per gli altri. Nulla sorprende nell’armonia di Fourier che è sotto quyìesto aspetto simile
all’Arcadia presa in giro da Kant (perché dice che quelli che vivono in quella terra sicuramente non sono
umani, gli uomini fanno schifo in confronto). WUINDI ASSENZA DI AVVENIRE, RIPETIZIONE: nulla di
nuovo può accadere nello stato utopico. Il tempo è nella sua essenza è BERGSONIANO (cioè bergson
dice che il tempo scientifico è diverso da quello del nostro spirito quello scientifico è comme una eprla
sempre identico ed a intervalli regolari non cambia la sua durata, mentre il tempo dello spirito quello
nostro è una somma di eventi si crea con il tempo aumentando gli eventi è come creare un gomitolo
con un filo dove il filo è il tempo e il gomitolo si fa più grande perché si riempie di esperienze fatte nel
tempo, poi il tempo scientifico ha una durata stabile ogni secondo è uguale a ll’altro in quello dello
spirito alcuni attimi possono durare di piu altri di meno). Il tempo non è quell’ambiente neutro (cioè
come il tempo della scienza dove ogni secondo minuto e ora sono scorrono ad intervalli uguali) in cui le
cose si evolvono (cioè le cose si evolvono mentre il tempo scorre uguale) ma esso è la sostanza delle
cose, si crea con esse (gomitolo): il tempo è creazione, il tempo è novità.

L’utopia teme la creazione e rifiuta la novità, l’utopia è ripetitiva e rifiuta il tempo. Ogni utopia celebra
l’unione tra sogno e ragione. Sogno di perfezione e armonia e di Arcadia. E’ di certo un unione rischiosa
di cui il totalitarismo potrebbe essere il figlio di tale unione (sogno e ragione) nel caso in cui la realtà
socio-storica venisse presa tropo seriamente imponendosi come qualcosa da trasformare ad ogni costo
la realtà seguendo un programma stabilito. Un altro rischio accompagna quest’unione ovvero che il
sogno richiedeun armatura razionale finendo (l’utopia) per nascondersi dietro un razionalismo al fine di
farsi passare come scienza (così l’utopia marxista si opponeva alla sua stessa utopicità aspirando alla
scinetificità). Quindi per imporsi l’onirico si nasconde ditro al razionale, quindi la ragione è una
maschera e ciò che essa trasporta è il sogno. Questa tirannia (violenza0perchè la ragione si impone con
violenza mascherando il sogno) è inaugurata da Platone. Il lettore sarà probabilmente sorpreso nel
vedere tra i nomi degli utopisti quello di Leibniz. Ecco un paio di righe tratte dalle ultime pagine della
“Monadologia”, l’opera più celebra di Leibniz: “L’unione di tutti gli Spitriti deve formare la città di Dio,
cioè lo Stato più perfetto che sia possibile, sotto il più perfetto dei monarchi”. Non è questa una
democrazia spirituale perché gli spiriti sono i sudditi, non e non si trovano sullo stesso piano di Dio è
piuttosto una monarchia perfetta. Non si tratta qui di realizzare qualcosa per mezzo della volotnà degli
uomini dato che questo contenuto di leibniz non costituisce un programma tuttavia se non si tratta di
utopia con un programma politico terreno da realizzare si tratta comunque di un utopia su una
comunità ideale. Dal punto di vista di Leibniz questa monarchia non può costituire una utopia in
quanto i suoi propositi sono per lui una formulazione della realtà (quindi si può realizare). Ma dal punto
di vista dei lettori Leibniz ci porpone un utopia nel senso di “ definizione di una comunità ideale in una
forma di altrove”. Egli forgia con la sua perfezione i contorni di un altro mondo utopico che è il migliore
dei mondi possibili. L’utopia di Leibniz è un utopia e può avere valore non come qualcosa da realizzarsi
ma come un ordine al quale le realizzazioni umane devono compararsi. Non come modxello da
duplicare ma bensì come criterio normativo. Si deve pensare inoltre che l’opera di Leibniz vuole
richiamare l’attenzione delle monarchie del tempo mostrando loro una perfezione che esse dovrebbero
a loro volta ricalcare. La repubblica di Leibniz rappresenta quindi un modello.

Quasi sempre la raionalità quindi fa scudo all’onirico , il contenuto (l’onirico) vuole somigliare alla
forma (il razionale) per imporsi come verità. La legge dei tre stadi che prende corpo negli scritti ci
Auguste Comte è un idea ben più profonda di quanto la nostra epoca ritenga. Il passaaggio dallo stadio
teologico a quello metafisico come lo concepisce Comte corrisponde a questa trasformazione che va
dal predominio dell’elemento onirico al predominio dello stadio razionale. Se Comte vede questo
passaggio dal teologico (in cui domina l’immaginazione al metafisico (in cui domina la razionalità) un
progresso, una purificazione noi abbiamo da parte nostra tutti i motivi per intravedervi una perdita: la
perdita della visibilità dell’onirico.

L’utopia è sempre il prodotto dell’incrocio tra sogno e ragione è un iper.ragione come avviene oltre che
per Platone in altri metafisici di grande stile come Leibniz e poi un tutti gli utopisti.

Politica e utopia si combinano solo nella discordia (nel disaccordo). La politica è sempre alle prese con
la complessità (e vastità) dei problemi (reali) e si sviluppa in una dimensione empirica (che si basa
sull’esperienza, sulal realtà, dui dati della pratica, del mondo sensibile), la politica è pe forza di cose un
ANTI-UTOPIA, anche se talvolta l’utopia diviene per essa fonte di energia. Si può in questa prospettiva
concepire la politica come un attività che fa da sbarramento all’utopia ed ai suoi pericoli, e l’utopia
viceversa vuole farla finita con la politica e sopprimerla (perché l’utopia nella sua perfezione non ha
bisogno più dell’utopia e di contro la politica con l’esistenza dell’utopia non esisterebbe più una volta
che un sistema ideale e perfetto si è affermato-io). Di fatto nella realtà ci sono due concezioni della
politica: 1) una trae la sua forza da valori (e regole e principi) stabiliti in passato come base per l’azione
politica 2) e l’altra trae la sua forza non già da un fondamento stabilito una volta per tutte nel passato,
ma da un orizzonte sospeso nell’avvenire (cioè il voler attualizzare un piano politico in futuro per una
società migliore) che fa della politica l’espressione anticipata dell’UTOPIA REALIZZATA (cioè la politica
diventa un concretizzarsi nel presente dei semi gettati dall’utopia che si vbede un po realizzata). La
complessità del pensiero di Jaques Rousseau deriva dal fatto che questi due approcci tra di loro
contraddittori si uniscono (c’è il mondo del passato “stato di natura” con le sue leggi e il volerlo
concretizzare nell’avvenire- cosi come Platone ha attinto a entrambi gli aspetti abbiamo la città ideale
possibile solo in futuro che corrisponde nel passato all’Atlantide). L’utopia è stata oggetto, nel corso dei
secoli di svariate interpretazioni. Nella filosofia kantiana si forgia la nozione di ideale regolatore, di quel
massimo irraggiungibile su cui occorre tuttavia modellarsi è così che Kant interpreta il disegno di una
città ideale descritta da Platone in “La Repubblica”. L’idea di una città ideale precisa Kant per quanto
storicamente irraggiungibile costituisce un IDEA NECESSARIA <<che prende questo massimo come
archetipo e che su di esso si modella>>. Secondo Rousseau un tale stato (di natura nel suo caso) non è
forse mai esistito e mai esisterà probabilemtne, è tuttavia essenziale farsene un idea precisa al fine di
comprendere al meglio lo stato civile. Quando la descrizione di una tale società è rivolta verso
l’avvenire si parla nel linguaggio comune di utopia. Quando essa è rivolta al pasato di parla invece di
PARADISO PERDUTO o di EPOCA D’ORO. A suo modo, lo stato di natura di Rousseau si colloca in quel
paradiso perduto.

ERNST BLOCH ha riconosciuto Karl Marx come utopista e addirittura comeil più realizzato degli utopisti
colui che è riuscito a oltrepassre il carattere astratto delle utopie. In questo gioco utopico che vede
Rousseau e Hobbes agli antipodi (cioè all’opposto l’uno dell’altro):la dimensione dello spazio però ha
uguale importanza in entrambi. Lo stato di natura in Rousseau come in Hobbes esiste nello spazio nei
vasti spazi verdi in cui vivono gli indiani d’america. Hobbes e poi Rousseau trasferiscono nella filosofia
quello spazio aperto alle conquiste chiamato “stato di natura”.
ALCUNE TERRE PRIMA ANCORA DI ESSERE SCOPERTE COLONIZZATE E I LORO ABITANTI DEPREDATI E
MASSACRATI HANNO AVUTO INIZIO NELL’UTOPIA. Per esempio: cosi nacquero gli stati uniti d’america.
L’utopia navigò sull’atlantico a bordo della “May Flower” (nave)e di decine di altre imbarcazioni simili
prima di divenire terra di farsi territorio, nazione, stato. Utopia strana forte e bella quella dei
conquistatori che mollarono gli ormeggi dall’europa come fecero un tempo gli ebrei dall’egitto
aprendosi all’atlantico come gli ebrei si aprirono al mar rosso e trovando alla fine del loro viaggio come
gli ebrei la terra promessa, Come se l’america fosse il nuovo isdraele, il vero israele ed essi quegli
europei imbarcati fossero il nuovo popolo eletto. Quella loro utpia era rivolta al tempo stesso verso il
passato e verso l’avvenire. Verso il passato: essi navigano con la bibbia attraversando l’atlantivo come
gli ebrei il mar rosso con il nuo v omondo che si apriva, Verso l’avvenire invece perché la società non
corrotta verrà da essi costruira sull’altra sponda di quell’Atlantico. La vecchia europa che quegli europei
stavano abbandonando non era nulla di piu per loro di cui che l’egitto era stato per il primo popolo
eletto: il corrotto vecchio mondo.

L’utopia può essere altresi osservata sotto un'altra angolatura: IL MITO-MOTORE , il mito che mette in
movimento folle e individui. Georges Sorel ha sfruttato in tal modo il mito dello sciopero generale del
proletariato. Lo sciopero generale rende presente una forma sociale che fa parte di un avvenire: il
socialismo.

UTOPIA E TEMPO SONO IN GUERRA RECIPROCA SONO INCOMPATIBILI: L’utopia (prendendo il caso di
Sorel-io) gioca sui tempi: in questo caso l’incarnazione nel presente di un idea futura. Il futuro viaggia
fino al presente. Esso si distacca da quell’avvenire (che non si sa quando verrà) che esiste soltanto
nell’idea e si attacca al presente. Ne deriva una situazione contraddittoria: nel momento stesso in cui
(l’utopia) si incarna nel presente, allora l’utopia che una volta realizzata è la fine di ogni futuro convive
con un avvenire che è destinato a negarla (l’utopia). Facciamo un esempio con lo sciopero generale:
Quando si dovrà terminare lo sciopero quando la polizia avrà evaquato i locali delal fabbrica occupata, il
tempo sarà di ritorno, negando così l’utopia (cioè tutto ritorna alla normalità, come prima) quindi=
UTOPIA E TEMPO SONO IN GUERRA RECIPROCA SONO INCOMPATIBILI. La differenza tra
l’incarnazione provvisoria dell’utopia e la sua futura e definitiva sognata realizzazione si trova qui nello
sciopero generale: L’UTOPIA NON SI INCARNA CHE PER SCOMPARIRE LASCIANDOSI DIETRO SOLO
TRACCE, LA NOSTALGIA E LA SPERANZA.

L’utopia è aggrappata a due idoli IL POTERE DELL’IDEA E L’AUTONOMIA DELLAVOLONTA’. Le utopie


politiche si sono propagate in seno a questo importante movimento idealista e volontarista in seno a
questa grande fede NELLA VOLONTA’ e questa stessa volontà quella nata nell’opera di Cartesio che ha
permesso l’economismo, l’espansione planetaria del capitalismo, le dottrine rivoluzionarie e le
rivoluzioni stesse. La volontà forgia l’equivalente di ciò che in epoche precedenti era stata la fede:
bisogna volere questo è la cosa più importante.

Allora a partire dal diciassettesimo secolo, l’utopia è sempre stata una maniera di vivere con UN
AVVENIRe es. i marxisti hanno vissuto il loro presente con l’imminenza di un avvenire costantemente al
proprio fianco. Per lungo tempo l’utopia è stata un modo di vivere con un passato favoloso e mitico
(come l’eden perduto nella bibbia). Si trattava delle a possibilità di appoggiare solidamente la prorpia
vita ad un passato. La nasciata della storia (con Kant che nasce nel diciottesimo secolo 1724) nel
diciottesimo secolo ha determinato la condanna a morte di quel passato utopico e mitico. La nascita
della storia (le cui condizioni di sviluppo per la prima volta nella storia del pensiero vengono proposte
da Kant) e il “capovolgimento futurologico” del tempo descritto da Pierre Andrè Taguief (forse questo
capovolgimento è il voler portare l’avvenire futuristico dell’utopia nel presente facendo si che l’utopia
si possa realizzare-io).

C’è stato bisogno di strappare il mito dell’umanità ideale al lontano passato per proiettarlo in un futuro
tanto indeterminato quanto irraggiungibile, per farne una promessa offerta alla nostra volontà. E’ così
che l’utopia migra dal passato al futuro, ad un futuro si indeterminato ma certo. L’utopia oltrepassa le
utopie (cioè l’utopia si manifesta quando le utopie sono state superate cioè quando nesuno crede che
si possono realizzare allora quelle utopie irradiano anche in questo senso il loro spirito oltrepassa il
contenuto cioè primeggia lo spirito dell’utopia cioè la sua scintilla che genera e non il contenuto cioè
quello che l’utopia stabilisce e che spera che si realizzi), il suo spirito oltrepassa il loro contenuto. La
parte migliore dell’utopia si rivela solo dopo la scomparsa delle utopie (definiamo scomparsa di un
utopia il momento in cui nessuno crede più possibile una sua realizzazione). Intendiamo dire. Il tesoro
utopico non si svela che dopo aver smesso di prendere sul serio le utopie.

Ma in ogni caso l’utoppia consiste nell’andare LA DOVE NON SI E’ e d NELL’ESSERE LADDOVE NON SI E’.
Che significa? lo spieghiamo… questa situazione (nell’essere e andare laddove non si è) lega l’utopia
nella veste di u-EGO-topia (togliendo ego rimane utopia) (EGO= dal lat. ĕgo «io»]. – In psicanalisi,
forma usata spesso con lo stesso sign. specifico di io) alla scrittura e alla letteratura, SE L’UTOPIA NON
Può APPARTENERE allapolitica essa trova la sua strada nello scrivere e leggre che possono permettere
di vivere ciò che l’utopia ha di più intimo, lo spostamento nel tempo e nello spazio verso un non luogo e
un non tempo (questo significa che ego= io significa che io vivo l’utopia io in prima persona). Facciamo
alcuni esempi di formule utopiche: io sono nella poesia sono nei colori sono nei movimenti. La formula
u-ego-topica di Rimbaud “io è un altro” deve essere così interpretata: io sono in un altro luogo in cui
non sono (cioè dove in realtà non esisto), sono in un altro tempo in cui non sono, sono in un altro
essere in cui non sono dove queste tre possibilità sono rese possibili dalal poesia, dalla pittura e dalla
danza.

Parliamo invece dell’UCRONIA. Compare quando dico “io sono in questo libro e nel passato dove io non
sono” (ad esempio quando leggo memorie del sottosuolo di dovstoevskj) per il fatto di non essere ne
nell’uno (in questo libro) ne nell’altro (nel passato- riferito al passato in cui si svolge la storia del libro)
la mia formula ha sia dell’utopia che delll’ucronia.

L’utopia crea quindi la reversivilità (tornare indietro) nel tempo e l’ubiquità (facoltà di essere in ogni
luogo) nello spazio e di conseguenza essa consiste nell’annullamento del principio di identità (di cui la
formula di Rimbaud la piu utopica di tutte le formule: “io è un altro”. (cioè dicendo io è un altro e
dicendo che nell’utopia si vive iin un altro personaggio tempo e spazio si perde la propria vera identità).

L’utopia può esssere intesa come lo sdradicamento da un luogo.La parola utopia lascia intendere nalla
sua enunciazione altre parole: “distaccamento” “deterritorializzazione”. L’utopia è altresì lo
sdradicamento da un tempo, il passaggio in un altro tempo, tramite cui si passa a visitare un altro
tempo insieme realie e imamginario. In quest’ottica si rende necessario considerare come l’utopia è la
dimostrazione della nostra capacità di diventare FANTASMI IN VISITA AD ALTRI TEMPI, fantasmi che
abitano altre epoche. L’UTOPIA E’ QUINDI UNA POTENZA DI SPIRITUALIZZAZIONE DELL’UMANO ESSA CI
TRASFORMA IN ESSERI DI VIAGGI SPIRITICI.

Il valore dell’utopia è dunque da ricercare altrove e non nel ruolo che ad essa si vuole tradizionalmente
attribuire (ovvero che deve realizzarsi nella realtà). Ci si è illusi sull’utopia e le prime vittime di questa
illusione sono gli utopisti stessi, immaginando che essa fosse qualcosa che occorreva realizzare
ponendosi nell’ottica del riformatore sociale (l’utopista) allo stesso modo in cui ci si è illusi nel supporre
che l’utopia fosse indice di un mondo migliore o che fosse destinata a tracciare il disegno di un mondo
migliore. Peraltro il punto di vista di Marx ed Engels non meritano alcun altra stima che quella di essere
stata una critica di tutte le fondamenta della società esistente. L’utopia no né come affermano Marx e
Engels “critica” e neanche come afferma Kant “modellizzante” essa è IRRADIANTE. Le idee di Marx che
voleva oltrepassare ed elevare l’utopia hanno finito per dar vita esse stessa ad un magma (massa)
utopico. Ed è certo che l’opera di Marx e Engels non può che essere destinata ad unirsi a quel magma di
altre opere che essi credevano di aver superato, quelle la cui funzione si limita ad irradiare (niente di
più come volevano marx e engels) il pensiero e le zioni dell’uomo. L’utopia èdunque una realtà
intellettuale e e filosofica descrittiva di modelli di società e ancora più importante essa è irradiante.

Occorre modificare il pensiero di Ernst Bloch che così com’è non è soddisfacente: lo spirito dell’utopia
non è nient’altro che la sua potenza nient’altro che la potenza dell’utopia, lontano dall’esseere come
suppone Bloch lo spirito dell’utopia è piuttosto una potenza LA POTENZA DI IRRADIAZIONE propria
delle utopie.

Ma al di la di questo lo spirito dell’utopia è altro ancora. L’interessante nell’utopia naviga oltre lontano
dai piani di riforma della società (Fourie ecc) o della carica critica (Marx. Irradiante, l’utopia lascia tracce
e ciò l’accomuna alla poesia: “un poeta deve lasciare tracce, non prove le tracce solamente fanno
sognare” ha scritto Rene Char (poeta) il quale aveva icompreso che nel nostro mondo LA POTENZA DI
SOGNARE (cosi forte nell’antichità) era somparsa. Cartesio alle origini del razionalismo moderno ha
voluto costituire la conoscenza del reale come priva di qualsiasi traccia onirica. Supponendo che il
sogno si avvicina alla follia, che il sogno sia in fondo portatore di maggiori pericoli della follia stessa che
il sogno sia piu folle della follia. Cartesio inaugura con questo gesto deciso id esclusione dell’onirico
(mondo del sogno) il mondo moderno come un mondo rivolto contro il sogno. Cartesio suggerisce
infatti che la follia è più vicina alla ragione di quanto lo sia il sia il sogno quindi il sogno è più folle della
follia.

L’ordinamento per grado ddi Cartesio è duqneu: ragione, follia, sogno. Cartesio mette in scena il gesto
di esclusione del sogno. Il sogno più che follia è il grande tabù (proibito) del mondo moderno nato da
Cartesio.

Non soltanto dopo il passaggio dei sogni permangono le tracce, essendo queste il segno tangibile
dell’efficacia dei sogni significando il perdurare dei sogni nella veglia ma in più queste tracce fanno
sognare: le tracce utopiche sono testimoni dell’utopia di ucui esse costituiscono gli EFFETTI e la
continuità dell’utopia. LO SPIRITO DELL’UTOPIA ed è ciò che Bloch non aveva colto E’ UNO SPIRITO
ONIRICO. Così poesia e utopia stringono un patto fondato su due condizioni (irradiazione e traccia) il
cui unico obbiettivo è quello di salvareciò che vi è ormai (a partire da Cartesio) di più smarrito al
mondo: IL SOGNO.

(Marronage si dice di una particolare condizione riferita ad animali (o piante) che tornano dalla
domesticità allo stato selvaggio trasportando in questa ritrovata dimensione selvaggia atteggiamenti
comparsi nell’ambito della domesticità. SNO)

L’UTOPIA MANIFESTA UNA RESISTENZA ALLA MODERNITA’

Cos’è dunque l’utopia se non il marronage, il rimetter ein libertà questa potenza di sognare in una
civiltà che non è adatta a lei?

MARCEL GAUCHET (i volti dell’altro, la traiettoria della coscienza utopica)


<<avremmo bisogno dell’utopia>> alcuni dicono, <<attenzione all’utopia>> dicono altri. Bisogna
disingannare (deludere gli altri che non è come dicono loro) tutti quanti. Bisogna attenuare le speranze
dei primi: è assai poco probabile che si vedrà mai rinascere l’aspettativa utopica nel suo splendore
passato. Ma ciò non significa che si debba rassicurare gli ultimi. Bisogna al contrario far percepire a loro
un pericolo immediato (ovvero che in realtà l’utopia si muove in silenzio-io) Essi temono nel futuro un
pericolo che non sanno vedere nel presente. Perché l’utopia è all’opera tra di noi sotto una forma
anonima essa si esprime sotto questa forma ed è in atto. Gli utopisti hanno un utopia e la ignorano; i
nemici dell’utopia sono alle prese con essa e non se ne rendono conto (tutto ciò dimostra che l’utopia
non è scomparsa ma nascosta essa agisce per riaffiorare-io). Il proposito delle pagine che seguono è
quello di ricostruire la traettoria della storia della nascita di una coscienza utopica dal suo sorgere
all’inizio del cinquecento fino alla sua falsa scomparsa alla fine del novecento che è in realtà un
nascondersi nelle pieghe dell’azione storica. Sembra possibile distinguere allora 5 tappe che vanno
dall’”Utopia” di Tommaso Moro (nel classicismo-rinascimento) del 1516 all “ Anno 2440” di Louis
Sebastien Mercier del 1770.

La coscienza utopica di fonde con la coscienza rivoluzionaria (la rivoluzione che porta all’avvenire-la
rivoluzione fa attualizzare l’avvenire). In questo inizio del ventunesimo secolo l’avvenire rivoluzionario è
scomparso dal nostro orizzonte, l’avvenire nella sua totalità è diventato per noi inimmaginabile, ma la
coscienza utopica non è tuttavia totalmente svanita ESSA ASSILLA INVISIBILMENTE IL PRESENTE.

1
La tappa iniziale del percorso. Essa implica l’apparire dell “utopia” non soltanto come termine ma anche
come fenomeno moderno (nel senso che diventa un genere di scrittura pensiero ecc-io). Prima dell’inizio
del sedicesimo secolo (1500) c’è stato il mito dell’età dell’oro comè noto aci sono state delle csocietà
immaginate di cui “La Repubblica” di Platone costituisce l’esempio più illustre. Ciò non toglie che la
pubblicazioen de “L’utopi” di Tommaso Moro del 1516 costituisce una rottura rispetto ai DISCORSI
PRECENDENTI: ESSA RAPRPESENTA L’INVENZIONE DI UN GENERE LETTERARIO E FILOSOFICO E
ATTRAVERSO DI ESSO L’APPARIZIONE DI UNA MANIERA DI TRATTARE LA SOCIETA’ (di discuttere di essa)
(questo porta l’opera di Moro come innovazione ecambiamento rispetto alle utopie del parssato). L’utopia
racconta al presente il funzionamento concreto di una società anche se sappiamo che essa è immaginata, è
una società totalmente diversa da quelle a noi famigliari addirittura il loro esatto opposto.

Da dove può scaturire questo nuovo discorso? Cosa spiega il suo nascere? Qual è il suo significato?
Esso è figlio un quarto di secolo dopo il 1492, dell’ampliamento del mondo (America scomeprta nel
1492 un quarto di secolo dopo si riferisce a 25 anni dopo la sua scoperta perché un secolo è 100 anni
un quarto è 25 anni) Sull’esempio dell’America. Il discorso utopico testimonia il NUOVO SGUARDO
DELL’EUROPA SU SE STESSA dovuto all’apertura planertari (cioè l’europa scopre altri popoli, culture e
luoghi e la sua identità ne viene influenzata, cambia e si pone delle domande).Esistono altri mondi, altri
costumi e modi d’essere o di fare oltre ai nostri (questo pensa l’Europa). Ma se allora fa una tale lettura
di se dall’esterno, IL RACCONTO UTOPICO SCATURISCE INVECE DA UNA RICONSIDERAZIONE DI SE
DALL’INTERNO (di quest’europa conquistatrice ed esploratrice). E una delle espressioni della
rivoluzione mentale che comincia appunto all’inizio del sedicesimo secolo sarà la rivoluzione del
RAPPORTO CON DIO. A qualche mese dalla pubblicazione dell’isola di UTOPIA (di Moro) ma anche del
“Nuovo Testamento” di Erasmo (Erasmo ha tradotto il nuovo testamento) l’amico di Tommaso Moro,
Lutero affligge le sue novantacinque tesi. Anche Dio proviene da altrove, al di la dei suoi preti delal
chiasa mediatrice. Ma nello stesso momento viene rivoluzionata anche l’idea della comunità umana.

A questo proposito l’altro grande contemporaneo di Tommaso Moro è il fiorentino NICCOLO’


MACHIAVELLI che ha appena scritto “Il Principe”. Il discorso sulla politica che nasce con Machiavelli
(realista) è inverso a quello che appare con Tommaso Moro (ideale). Machiavelli svela la realtà del
potere così com’è (senza filtri) al di la di ogni idealizzazione del principe. Tommaso Moro immagina i
tratti di una comunità politica (ideale9 così come essa potrebbe essere al di la di ogni città eisstente.
L’uno ci insegna a vedere LA NUDA VERITA’ dell’esistenza politica, l’altro ci invita a concepire una
società ordinata in tutt’altro modo (IDEALE). Quindi l’implacabile REALE e L’EVASIONE ( dalal realtà
cruda e brutta) entrano insieme nella coscienza europea.

9Quindi abbiamo una visione DI CRUDO REALISMO di machiavelli e una UTPICA di Moro). Forse allora
bisogna far intervenire uun terzo termne (forse una via di mezzo tra i due-io- perché prende la realtà
cruda e la vuole migliorare nel possibile in prospettiva di un vicino futuro migliore e da migliorare ora
nel presente-io quindì c’è un po di utopia e il realismo ma non è crudo come quelo di Machiavelli). A
poca distanza di tempo nel 1519 appare con “La Monarchia di Francia” di Claude de Seyssel un altro
discorso politico ne appunto UTOPISTICO (Moro) ne PURAMENTE REALISTICO (Machiavelli- ono
puramente realistico, ma semplicemente realistico nel senso che è reale ma mescolandosi all’utopia
vede nel possibile del reale un miglioramento invece machiavelli che è un puro realista vede la cruda e
perfida realtà e applic al principe dei codici da applicare alla cruda realtà per dominarla,migliorandola si
ma avendo comportamenti non giustissimi). E’ questo un discorso ragionevole e attento agli equilibri e
freni del potere. Esso non definisce un ordine ideale ma piu sobriamente un ordine rispettoso del
diritto. La città dell’uomo deve trovare da se la chiave del suo ordine fattibile (eun buon ordine che sia
applicabile e non un ottimo ordine perfetto che non avverrà mai, quella è utopia- per questo questop
terzo putno di vista è per metà utopico e per metà realista). Ciò presuppone la conoscenza delle
necessità che ha bisogno un governo.

Machiavelli indica le necessità che ha bisogno un governo le indica ai magistrati, ai principi e ai popoli.
Ma il governo della città non si basa solo sulla forza ma si svolge secondo delle regole e passa
attraverso il diritto e la misura del legale.

Parlando del terzo punto di vista, la scienza del reale e del praticabile invita ai sogni (cioè la scienza del
reale invita a sognare un sistema migliore sognando o imamginando regole migliori però che si possano
applicare e che non restino nell’avvenire come nell’utopia), invita ad immaginare un mondo definito
secondo leggi diverse da quelle che si impongono al presente. La conquista del realismo apre lo spazio
al suo opposto: IL SOGNO (l’utopia) dove la determinazione del meglio invita ad ipotizzare perfino
l’ottimo. L’utopia quidni è figlia di questa ridefinizione di questi limiti (di questi tre punti di vista).
Rispetto ai due putni di vista (puramente realistico Machiavelli e realistico+utopico= Seyssel) l’utopia
incarna un altro punto di vista (il terzo). Essa confronta l’ordine realmente esistente ad uno
immaginario e finto. L aproduzione di utpie resterà fedele ai canonni fissti dall’opera INAUGURALE
(dell’utopia come ramo) di tommaso moro. Ciò avviene mentre le altre due prospettive di riflessione
cui essa è associata conosceranno considerevoli sviluppi. LA VIA APERTA DA Machiavelli avev
anticipato la trasformazione delle grandi monarchie. Con l’altra via (Seyssel) la riflessione sui
fondamenti del diritto non cessa di apliarsi all’interno degli staiti con sovrani e in funzione dei problemi
posti dai loro recispoci rapporti. Nel mentre l’utopia rimane identica a se stessa (non cambia e non si
evolve) E’ verso la metà del diciottesimo secolo (1700) che si mette a sua volta in movimento con la
presenza di un nuovo elemento che sconvolge le condizioni dell’immaginario sociale: IL PROGRESSO
(industrializzazione ecc). L’utopia navigava fino ad allora in terre ignote (pensiamo la repubblica ao
l’isola di moro adesso l’utopia naviga in uno spazio più realistico quello sociale di quei tempi del
progresso dal 1750 in poi-io).

2
“Il codice della natura” di Morelly (scritto in seguito alla pubblicazione della “Basiliade” come risposta a
questa) indica nettamente il cambiamento di direzione, descrive un paese felice senza ne Stato ne
proprietà privata. Questa opera contraddice le visioni ottimistiche del progresso (di quel periodo che in
realtà portavano dietro monti aspetti negaticvi, sfruttamento, il proletario, salari bassi, il potere
detenuto dalla borghesia ecc) con uno spirito simile a quello di Rousseau. Il percorso delle società
umane non mostra altro che una degradazione continua contro la quale si può sperare solo in un
rinnovamento con delle leggi conformi alle intenzioni della natura. Una volta compreso che la società si
forgia secondo il divenire è possibile considerare un altro percorso (capendo che la società si forma
secondo il divenire delle cose allora cambiando il divenire delle cose cambia anche il risultato finale
ovvero la società che verrà). Diventa allora concepibile un ri-cominciare, un ristabilire su basi differenti.
Ma il fattore più significativo risiede negli strumenti intellettuali (cioè nelle menti in grado di progettare
questo ri-cominciare). Mentre la finzione utopica voleva giungere alla società perfetta senza passaggio
ragionato da una tappa all’altra (cioè non calcolava tutti i cambiamenti che passo dopo passo dovevano
farsi ed i cambiamenti politici come dovevano avvenire in tutte le sue fasi per arrivare all’obbiettivo
finale). La figura della società felice nasce dalla comprensione delle condizioni che hanno portato
all’infelicità. In verità con Morelly non siamo ancora a questo punto nei quali i vari passaggi del
processo sono oscuri (ilustra quindi solo come dovrebbe esseere e non come si deve fare per
raggiungere quel “come dovrebbe essere”-io). Con L’anno 2440 di Sebastien Mercier la società perfetta
immaginaria si sposta nel futuro a sette secoli di distanza già qui la coscienza della progressività del
tempo si è impossessata dell’utopia. Non la abbandonerà più.

Le condizioni per definire una società felice sono quelle che troviamo all’opera tra noi. Basta calcolare i
risultati di quelle condizioni che sono all’opera tra di noi per una rivoluzione che liberi le forze del
progresso abbattendo le resistenze del passato (cioè calcolare quello che avviene nel presente per
cercare di ottenere dei dati che porteranno all’evoluzione e progresso verso il futuro) disse Mercier.
Perché LA SOCIETA’ altra (quella perfetta) è quella che ci viene promessa dall’avvenire e quindi SI
INSERISCE IN QUELLA STESSA STORIA CHE CI TRASPORTA. Abbiamo i mezzi per intuire questa storia che
avanza a partire dai fattori che portano all’avanzare attuale (e passato) delle società. PERCHE’ ALLORA
NON DOVREMMO ACCEDERE AI MEZZI PER PRODURRE QUESTA SOCIETA’? (se questi mezzi li possiamo
conoscere e per di piu li abbiamo nelle nostre mani e li possiamo utilizzare).

3
IL SOCIALISMO UTOPICO consiste nel congiungere tale facoltà di costruzione (della società
perfetta) con la facoltà di anticipazione liberata grazie alla scoperta del progresso. Non solo ma in ciò è
possibile immaginare la città futura in germe nelle fatiche del presente, è possibile edificarla. Il
falansterio di Fourier o l’Icaria di Cabet sono delle utopie di un GENERE NUOVO in quanto concepite
PER IL REALE in quanto hanno un PROGRAMMA ( cioè manifestano una descrizione delle varie fasi che
si devono attraversare per ottenere la società perfetta, quello che come detto sopra prima di anno
2440 non c’era-io). Questo tipo di utopie contengono in se più il concetto di storia che di progresso. Il
progresso è il risultato dell’accomulazione degli sforzi fatti dalla ragione per trasformare le cose e le
leggi. In termini di azioni non richiede altro che di contribuire al proprio accrescimento. La storia al
contrario introduce la prospettiva di uno scopo (cioè si pone di raggiungere un FINE) verso il quale
tendere dirigendo le forze in grado di farlo realizzare e indica una PRESA DI COSCIENZA PROGRESSIVA
DEL PROPRIO CORSO con una credenza che l’umanità possa tornare definitivamente in possesso di se
stessa. La sotir aè ancora più vicina all’utopia di quanto lo sia il progresso perché la storia incoraggia
l’attivismo in quanto ha la particolarità di offrire i mezzi per realizzare l’utopia che disegna. L’UTOPIA
SOCIALISTA NEL SUO ORIGINARIO MOMENTO DI CRISTALLIZZAZIONE VA DAL 1815 AL 1848. Se essa
mira all’isolamento del genere umano nella sua totalità (cioè se si pensa che tutta l’umanità intsieeme
nella totalità debba cambiare ciò è impossibile si parte da un picoclo gruppo che diventa modello e poi
viene seguito) essa non può pensare di realizzarla essa non può pensare di realizzarla (la società
perfetta) invece per realizzarla deve partire dall’isolamento di un istituzione modello che si estenderà al
resto del mondo.

4
E’ questo isolarsi e conquistare gli spiriti con l’esempio che sarà oggetto di critiche del “SOCIALISMO
SCIENTIFICO” (contro il socialismo utopico) nato dopo il 1848. Il socialismo scientifico ha un
atteggiamento realista nei confronti della trasformazione sociale globale. Il socialismo utopico si
tormenta per il raggiungimento dello scopo senza preoccuparsi davvero dello scopo senza preoccuparsi
davvero delle condizioni che permetterebbero di realizzarlo su vasta scala. Ma (al socialismo utopico) si
può riconoscere il merito di aver chiarito l’avvenire, indicando i fini cui la storia deve tendere senza
però aver saputo definire I MEZZI PER CONSEGUIRLI. Si tratta quindi della scomparsa di un modo di
pensare (quello del socialismo utopico). Quindi per l’utopismo scientifico il problema non è quello di
precipitarsi sulla fase terminale del processo (come fa l’utopismo utopico) ma è quello di misurarsi con
gli ostacoli giganteschi che ce ne separano. Il progetto di rivoluzione sociale richiede di immergersi nelle
profodità sociali che coinvolgono il mondo intero. Esso esige di affrontarla direttamente e di mobilitare
una forza politica che sia alla sua altezza. Ciò vuol dire allora che l’esclusione dell’immaginario utopico
cosi come lo aveva concepito Tommaso Moro tre secoli e mezzo prima significhi la scomparsa della
coscienza utopica dissolta dalla coscienza storica? No. La coscienza utopica viene riassorbita
nell’elemento del divenire e in esso cambia forma. Essi si trasfonde nell’idea di rivoluzione che
acquisisce un carattere utopico, tra la fine del 19 sec e l’inizio del 20 sec. (cioè cambia il concetto di
utpia e si allontana sempre piu dalla concezione di Moro ma con questo non significa che l’utopia
scompaia ma essa si trasforma).

Nello spirito di questi teorici dell’imminenza rivoluzionaria (Marx, Engels) non si trattava affatto di
utopia ma al contrario di un arrivo infallibile sulla base delle tendenze derivate dall’analisi materialista
del presente. Ma il fatto è che possiamo chiamarla utopia perché è avvenuto che la previsione
scientifica e l’immaginazione sono state chiate ad unirsi (cioè marx analizza larealtà dirà quali saranno
le conseguenze che avverranno ovvero che ilcapitalismo collasserà per troppa produzione epoca
domanda, e altri meccanismi e allo stesso tempo usa l’utopia pensando ad uno stato comunista come
dovrà esere e funzionare- es ci deve essere un aprtito comunista ecc..). La congiunzione non era
destinata a durare. Ben presto si manifesteranno degli spiriti contrari a queste profezie scientifiche. Il
fatto è che il lavoro della coscienza storica (che si evolve sempre e cambia) mal si adatta alla fissità cui
la coscienza utopica vuole poter giungere e in cui vuole potersi riposare. LA COSCIENZA STORICA TENDE
A CONFERIRE DEI TRATTI MENO DETERMINATI DELL’AVVENIRE, NE SVISCERA L’IGNOTO (sconosciuto,
perché la coscienza storica significa che la storia si muove sempre e il divenire cambia sempre mentre
l’utopia blocca il tempo, per questo sopra si dice qche quella congiunzione non era destinata a durare
perché poi coscienza storica o scienza e utopia o immaginazione si scinderanno).

Nel novecento nessuno ha sentito ed espresso questo rinnovamento dellidea rivoluzionaria meglio di
Georges Sorel (sciopero generale) Si intuisce ciò che cerca di dire: la figura di una sovversione
dell’ordine capitalista, questa sovversione ci sarà ma non vi è una rappresentazione dell’aldilà (ovvero
di quello che avverrà nell’avvenire). L’avvenire è pregno di una discontinuità (cambia sempre l’avvenire
quando verrà sarà presente che cambierà in vista del futuro allora questa è coscienza storica e
l’avvenire cambia è discontinuo) rispetto alle condizioni del presente ci farà precipitare in una società
ALTRA talmente altra che sarebbe vano volerne definire i tratti o valutarne il carattere (cioè è
impossibile definire l’avvenire perché cambia sempre). E senz’altro qui la novità. L’utopia ella sua
espressione CLASSICA (come in pasato) era invece concreta e spesso dettagliata (definiva l’avvenire
come doveva essere per poi nn cambiare più per sempre-tempo bloccato- no coscienza storica).
Costruiva architetture, sistemi e stabiliva programmi era minuziosa in questo. Quindi questa
dimensione ALTRA (ovvero che la società è altra rispetto al presente cambierà ancora e ancora) è un
tale capovolgimento dei riferimenti a noi familiari che è insensato volerne immaginare i termini. La
coscienza utopica allora diventa quella coscienza che ha il potere di portare la società esistente (del
presente) ad una società altra rispetto a se. Tale potere si è dapprima incarnato in un realismo
immaginario (cioè una realtà immaginaria talmente descritta nei dettagli che sembrava reae in questo
senso realismo immaginario) pe poi assumere l’aspetto di una speranzarivoluzionario dell’immaginale
(cioè una speranza di cambiamento che porti all’immaginale o meglio una speranza di fare una
rivoluzione per arrivare a quellimmaginale della societa perfetta).

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L’inimmaginabile che è dopo la rivoluzione ha costituito un primo passo in direzione
dell’IRAPPRESENTABILE DELL’AVVENIRE. In questa visione dove non si conosce il divenire nulla ci
assicura che la dinamica del divenire ci conduca verso il MEGLIO. LA VISIONE PROGRESSISTA E’
DUNQUE SCIOCCA. L’avvenire sarà altro in effetti e non sarà per questo (e per forza) quel perfetto
contrario del presente. Poiché il non figurabile dell’avvenire viveva nella certezza che quello che
avrebbe ottenuto era l’opposto esatto dell’attuale. Proprio INI Ciò ESSO ERA UTOPICO ANCHE SE
SPROVVISTO DI CONTORNI DEFINITI ( quindi l’utopia c e ancora nella fase in cui non si conosce
l’avvenire e non per forza sarà quel sistema che si decide all’inizio che avverrà e quindi quest’avvenire
non si saprà mai. Pero nonostante ciò l’utoppia c’era perché quello che si voleva otternere era
l’opposto di quello che c’era nel presente infatti loro proprio per cambiare il presente lottavano). Se
l’avvenire è totalmente imprevedibile lo è proprio in quanto non fornirà la risposta alle domande che ci
poniamo sul destino del collettivo (di tutti noi). Questa è una CRISI DELL’AVVENIRE. Le nostre società
sono diventate ancor più società del cambiamento (cioè ogni epoca o generazione o periodo è diverso
da quello di prima ci sono cambiamenti continui dovuti a scoperte o altri fattori viviamo in un epoca
dove il cambiamento è ancora piu evidente perché piu veloce e perché ci vediamo una società in
progresso) L’intellegibilità (che non ha natura sensibile che non si puo quindi toccare) della dinamica
delle società nel tempo ne è sconvolta equindi queste società non possono piu credere di andare verso
un termine. L’idea di storia è ormai incompatibile con quella prospettiva di una totalizzazione finale
(cioè la coscienza stoica ovvero dove tutto è in cambiamento nel tempo è ora incompatibile o
inconciliabile con l’idea che ci sarà una totalizzazione ti tutta l’umanità verso una fine conclusiva e
pacifica e del perfetto compimento di TUTTO il mondo).Senz’altro conosciamo meglio con la distanza la
storia che noi stessi facciamo. Ma ciò vuol dire che non avremmo mai finito d’imparare (perché la storia
cambia sempre) e che lenti accederemo alla conoscenza di tutto ciò che riguarda noi stessi. Impossibile
quindi credere che possiamo tornare ad un identità tradizionale cioè impossibile dopo tutti questi
pensieri è impossibile tornare a come eravamo e pensavamo nel passato. Tale è la frattura che ha
espulso la loogica utopica dal futuro voe aveva ritrovato rifugio. Ma per questo non abbiamo più nulla a
che fare con la coscienza utopica? Niente affatto., Allontanata dal suo feudo (terreno) nel futuro essa
è emigrata nel presente. Vi si nasconde o piuttosto vi è invisibile (nel presente) condannata come a
non poter più assumere dei tratti positivamente determinati (cioè condannata a non poter assumere
delle caratteeistiche con dei limiti che dicono come sarà il risultato della rivoluzione nell’avvenire ecc).
La sua ispirazione (dell’utopia) assilla quella attualità collettiva (del presente). Sotto certi aspetti senza
alcuna utopia formata (o formabile) siamo in un momento intensamente utopico. La conoscenza
utopica ha raggiunto le sue fondamenta originarie. La conosenza utopica ha raggiunto le sue
fondamenta originarie. E’ ritornata nel grembo del diritto naturale da cui era uscita all’epoca di
Tommaso Moro ovvero quel fatto di creare l’immagine di ciò che dovrebbe essere una libera e giusta
comunità di individui (cioè all’epoca di tommaso moro quando si sviluppa l’utopia essa pone l’idea di
come dovrebbe essere la società giusta perfetta e libera e lo stesso ora inizia a fare l’utopia di oggi non
ci sono più quegli sviamenti dalla teoria originaria di Moro di cui si parla in precedenza). C’ anche il fatto
che il diritto naturale (ciioè che di natura dobbiamo avere delle cose, regole, diritti ecc) ha
abbandonato il rango di finzione teorica (cioè come qualcosa da ottenere ma di cui se ne parla in
teoria) per diventare un qualcosa di PRATICO NELLE NOSTRE SOCIETA’. UN AZIONE PRATICA CHE VA
DALLA REALTA’ E IL SUO FUNZIONAMENTO (NEL PRESENTE) AI PRINCIPI A CUI QUESTE SOCIETA’ SI
RIVOLGONO (cioè ai principi che vogliono che sognano che si ottengononella pratica della vita) E’
proprio in quest’intervallo che la coscienza utopica si è ora insediata (perché tra la realtà dei fatti nel
mezzo c’è l’utopia che aspira a qualcosa e ciò porta alla fine a volere dei principi nella pratica) Essa
alimenta una denuncia infinita: IL FUNZIONAMENTO DELLE NOSTRE SOCIETA’ CHE DOVREBBE ESSERE
TUTT’ALTRO DA QUELLO CHE E’ (ora nel presente) questo è l’aspetto DELLA NEGAZIONE (questa è la
prima cosa il punto 1) e parallelamente a questa negazione vi è misto un sorprendente ottimismo
obbligatorio (questo è il secondo punto) cioè per esempio “va tutto molto bene da quando le nostre
società sono quel che dicono di esssre cioè un armoniosa coesistenza di indivisui liberi”. Cosi noi
OSCILLIAMO TRA LO SCANDALO (punto 1) e l’apologia (elogio-punto 2) cosi siamo rinviati
continuamente dalla frustazione all’autosoddisfazione. L’aspirazione a rifiutare la realtà (punto uno)
esistente non p quindi affatto scomparsa essa è legata semplicemente legata a ciò che giustifica questa
realtà ai nostri occhi e ce la rende insuperabile (punto due). La coscienza utopica ci tormenta piu che
mai attraverso questa oscillazione senza tregua. La storia iniziata ormai da cinque secoli continua.

FINEEEEE

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