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ANTONELLO MELA

LA LEGGE DEL DENARO

Comprendere, Moltiplicare e
Gestire i Tuoi Soldi

Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


Titolo
“LA LEGGE DEL DENARO”

Autore
Antonello Mela

Editore
Bruno Editore

Sito internet
www.brunoeditore.it

ATTENZIONE: questo ebook contiene i dati criptati al fine


di un riconoscimento in caso di pirateria. Tutti i diritti sono
riservati a norma di legge. Nessuna parte di questo libro può
essere riprodotta con alcun mezzo senza l’autorizzazione scritta
dell’Autore e dell’Editore. È espressamente vietato
trasmettere ad altri il presente libro, né in formato cartaceo né elettronico, né
per denaro né a titolo gratuito. Le strategie riportate in questo libro sono frutto di
anni di studi e specializzazioni, quindi non è garantito il raggiungimento dei
medesimi risultati di crescita personale o professionale. Il lettore si assume piena
responsabilità delle proprie scelte, consapevole dei rischi connessi a qualsiasi
forma di esercizio. Il libro ha esclusivamente scopo formativo e non sostituisce
alcun tipo di trattamento medico o psicologico. Se sospetti o sei a conoscenza di
avere dei problemi o disturbi fisici o psicologici dovrai affidarti a un appropriato
trattamento medico.
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Sommario

Introduzione pag. 5
Giorno 1: Come comprendere i fondamenti del denaro pag. 11
Giorno 2: Quali sono le leggi della produzione pag. 50
Giorno 3: Come scegliere la propria attività pag. 88
Giorno 4: Come espandere i propri orizzonti pag. 127
Giorno 5: Su quali fattori agire per avere più denaro? pag. 163
Giorno 6: Come diventare “domatori” di denaro pag. 202
Giorno 7: Come si gestisce e si investe il denaro pag. 249
Conclusione pag. 297

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Introduzione

Questo ebook è stato scritto perché, anche aiutati dalla nostra


professione come consulenti aziendali e agenti in attività
finanziaria per conto di una prestigiosa banca italiana, abbiamo
visto da tempo che la gran parte delle preoccupazioni delle
persone è fissata sul denaro. Denaro che manca, denaro da
guadagnare, denaro da trovare, denaro da rendere indietro, denaro
da spendere, denaro da incassare...

Molti di noi hanno la sensazione di non possedere abbastanza


denaro. Sappiamo di dover possedere questa cosa ma non
sappiamo come fare. In breve, cominciamo ad avere problemi con
esso. E, sempre in breve, cominciano ad avere anche altri
problemi che non infrequentemente sfociano nelle aree dei
rapporti interpersonali.

I mass media, spesso sull’onda del clamore e dello scoop,


allestiscono servizi giornalistici sul costo della vita, sull’aumento

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dei tassi dei mutui e sugli andamenti dei titoli borsistici. Ma di
risposte concrete e semplici è difficile trovare traccia. Così da far
supporre che le risposte relative alle questioni economiche e
finanziarie non siano semplici o alla portata di tutti ma riservate
solo agli “esperti” economici o ai docenti universitari.

La nostra idea di partenza è che, invece, ogni verità sia


fondamentalmente semplice, e che più si va alla base di una
conoscenza e più questa si mostra comprensibile. La nostra
convinzione è che questa, come qualunque conoscenza, vada
diffusa e condivisa. Invece che continuare a richiedere risposte
agli “esperti”, è preferibile comprendere la materia in prima
persona. Soprattutto se parliamo di un argomento dalle
conseguenze così dirette e importanti nella vita di tutti i giorni di
ciascuno di noi.

Cosa può fare per te questo ebook?


 Ti fornirà l’esatta comprensione di cosa sia il denaro (a cosa
serva, come funzioni, perché esiste, perché è scarso ecc.);
 ti farà capire che il denaro è solo l’effetto e non la causa di
certe scelte o situazioni;

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 ti mostrerà come le false idee e le comprensioni errate sul
denaro siano la vera e unica causa del fatto che molte persone
non ne abbiano a sufficienza;
 ti mostrerà come conoscere i segreti del denaro sia alla portata
di tutti, a prescindere da lauree in economia o master all’estero;
 ti aiuterà a riorganizzare la tua vita in modo da metterti nella
condizione di poter produrre e ottenere più denaro;
 ti mostrerà come molte nostre decisioni, apparentemente
innocue, siano alla base della mancanza di denaro;
 ti insegnerà le nozioni fondamentali per trovare e mantenere un
lavoro;
 ti darà alcuni strumenti per comprendere meglio quali siano le
giuste iniziative di business da scegliere.

Questi risultati sono possibili solo se ci metterete impegno e


determinazione. Dovrete studiare e mettere in atto una strategia.
Non andate avanti alla cieca o mettendo in pratica i consigli o le
istruzioni che riceverete in modo meccanico. Il materiale di
questo ebook non può sostituirsi a voi e non sarà la lettura di
questo testo a creare magicamente continue entrate di denaro sul
vostro conto corrente.

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Ricordiamoci che ogni persona è alla guida della propria vita.
Potremmo immaginare il nostro mondo come un’enorme rete di
strade e autostrade. Il mondo propone direzioni e mete.

Purtroppo, una volta imboccata una certa strada, non è possibile


invertire sempre e immediatamente la rotta, ed essendo ogni
strada dotata di una certa lunghezza e di percorsi obbligati, non è
possibile dirigersi esattamente dove si vuole e quando lo si vuole.
A volte bisogna seguire il percorso evidentemente sbagliato per
un certo tratto, in attesa del corretto svincolo.

Il nostro mondo è esattamente così. La nostra vita è rappresentata


da un’autovettura. Anzi, dalle destinazioni e dal tragitto della
nostra autovettura. Chi è alla guida dell’auto? Noi stessi! Noi
guidiamo l’auto e decidiamo le destinazioni e le mete.

Allo stesso modo, nella vita noi siamo alla guida e decidiamo le
destinazioni e le mete. Purtroppo, non sempre decidiamo noi il
punto di partenza. Su questo fatto non abbiamo potere. Ci sono
alcuni di noi che partono da posizioni più comode, con stazioni di
rifornimento e miriadi di cartelli indicatori, e alcuni di noi che

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devono invece sudare sette camicie solo per raggiungere il punto
di partenza privilegiato di altri.

Il punto fondamentale è che NOI guidiamo la nostra auto. Siamo


noi che stiamo al volante, siamo noi che guardiamo i cartelli
stradali o che, distratti, non li vediamo. Siamo noi che sappiamo o
meno leggere le carte stradali e, soprattutto, siamo noi che
abbiamo o meno le idee chiare su quale sia la meta verso cui
dirigersi. Viviamo in un mondo che è come una rete di strade.

Lungo la strada ci sono ostacoli. Non li poniamo noi ma sta a noi


localizzarli ed evitarli. Non sempre gli incidenti sono dovuti a
nostre negligenze. Capita che guidatori distratti o maldestri ci
vengano addosso distruggendo il nostro mezzo. Succede! Ma
siamo stati noi a immetterci in quella strada e siamo stati noi a
non aver avuto la prontezza di riflessi o la fortuna di sterzare
violentemente per evitare lo scontro.

Il lettore ideale di questo libro è quello che sarebbe disposto a


inoltrarsi in un territorio inesplorato basandosi solo sulla fiducia
nelle sue capacità. Quella sarebbe la persona ideale che

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prenderebbe le informazioni di questo libro e le metterebbe
immediatamente in pratica.

Una persona disposta a gettarsi in una nuova avventura può essere


sprovveduta. Può darsi che abbia sofferto e patito disavventure e
rovesci vari nella vita per la sua mancanza di giudizio. Ma la
mancanza di giudizio si può colmare tramite esperienza e corretta
istruzione, mentre la mancanza del coraggio e della
determinazione di cavalcare l’avventura, no! Questo vuoto
difficilmente può essere colmato. Detto questo, buona lettura.

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GIORNO 1:
Come comprendere i fondamenti del denaro

Il contenuto di questo ebook trova i suoi fondamenti in una legge


tratta dalla fisica che recita: ogni sistema esistente ha bisogno di
energia per sopravvivere. L’uomo, in quanto organismo, ha
bisogno di cibo per andare avanti. Le automobili hanno bisogno di
carburante. Gli asciugacapelli hanno necessità dell’energia
elettrica e così via. La società umana, come qualsiasi sistema, ha
tratto l’energia, di cui necessitava per funzionare, dall’ambiente
circostante.

Diremo subito che in questa nostra società moderna il denaro è


diventato l’energia principale con cui essa funziona. Questo è ciò
che appare a una prima analisi, come vedremo più avanti. In altre
epoche sono state usate come energia altre fonti rispetto al denaro.

Quindi un assunto troppo largamente condiviso, che faremo


cadere e che sostituiremo, è che una società umana per funzionare

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deve necessariamente basarsi su meccanismi che si reggano sul
denaro. Un esempio può essere l’Egitto dei faraoni: che energia
usavano per erigere le piramidi? Solo ed esclusivamente gli
schiavi. Gli schiavi erano l’energia di quella particolare società.

Man mano che la storia si avvicina a noi, vediamo che ogni forma
di energia usata tende a convergere verso il denaro. Questo fatto
prosegue lungo il corso della storia fino a oggi, quando questa
cosa chiamata denaro è talmente importante che assurge quasi a
divinità.

SEGRETO n. 1: il denaro è l’energia che fa muovere la nostra


società moderna.

Ma cos’è il denaro? A prima vista sembra una domanda banale.


Tutti sanno cos’è il denaro, visto che lo usano. Ci viene incontro
una legge sull’apprendimento, che possiamo applicare a
moltissime situazioni della vita. Essa recita: «Se una persona
conoscesse veramente un soggetto e lo padroneggiasse
completamente, egli non avrebbe problemi con quel soggetto».

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Ne deriva un corollario: la situazione in cui qualcuno ha problemi
con un certo soggetto indica che costui, di questo particolare
soggetto, non conosce o padroneggia qualcosa. E la quantità e
gravità dei problemi ci dà una proporzione della quantità e
profondità delle cose non conosciute o non padroneggiate.

SEGRETO n. 2: l’ammontare di difficoltà che abbiamo in


un’area della nostra vita ci indica quanto è grande la nostra
mancanza di conoscenza in quell’ambito.

Di conseguenza, vista la quantità di persone che ha problemi


finanziari, ne deriva che questo soggetto è per lo più sconosciuto
o compreso scorrettamente dalla maggior parte di noi. La prova
che possiamo attuare consiste nel chiedere a qualcuno: “Cos’è il
denaro?” Chiedetegli proprio di spiegarvelo come se lo stesse
spiegando a un bambino. Un’altissima percentuale di persone non
riuscirà a spiegare cosa sia il denaro e la metà di esse andrà
letteralmente in crisi nel provarci.

Cos’è il denaro? Prima di rispondere, occorre spiegare come mai


questo mondo si è ridotto a essere così fissato e dipendente dal

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denaro. Facciamo un passo indietro e introduciamo alcuni nuovi
concetti.

Il primo concetto è quello di sistema vivente, ovvero una


struttura composta da esseri viventi e dalle loro relazioni. Un
sistema vivente nasce, cresce e cerca di autoperpetuarsi. Non
appena cessa di essere idoneo a una sopravvivenza sufficiente,
intraprende una di queste due strade: si rinnova e si adatta alle
nuove esigenze oppure si riproduce trasmettendo al nuovo ente
generato tutte le esperienze e informazioni che ha. Ogni sistema
vivente necessita di energia per sopravvivere. Quindi abbiamo
entità viventi composte di strutture materiali organizzate da una
componente ‘x’ che fa sì che quell’entità diventi viva. Entità che
per sopravvivere necessita di energia.

Il secondo concetto è che qualsiasi struttura composta di a)


materia e b) ‘componente x’ (entità vivente) vive e opera in base
agli schemi fondamentali dei sistemi viventi. Un’azienda,
entrando nel merito del discorso, è anch’essa una struttura
vivente, che risponde ai concetti generali di sopravvivenza tipici
degli organismi viventi.

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Se ben vediamo, anche un’azienda è composta da strutture
materiali dirette da un fattore ‘x’ di razionalità (che sarebbe poi il
fattore umano che la anima), anch’essa cerca di sopravvivere,
anch’essa ha necessità di energia e di padroneggiare i fattori di
cambiamento dell’ambiente circostante.

Compresi questi due concetti, diventa facile vedere che sia


l’uomo come individuo sia i vari gruppi che egli ha creato per
sopravvivere meglio, sono delle strutture cibernetiche. La
cibernetica è una disciplina che studia i meccanismi di
funzionamento degli organismi o macchinari come se fossero
sistemi razionali, così da poterne comprendere le leggi e i
meccanismi di fondo e replicare la struttura o migliorarne il
funzionamento.

Citiamo questo fatto per mostrare solo che un denominatore


comune nel perseguimento della propria sopravvivenza è la
ricerca di energia e risorse con cui far funzionare la struttura
in questione. Gli individui hanno bisogno di energia e risorse. I
gruppi umani hanno bisogno di energia e risorse. Ogni società o
civiltà ha bisogno di energia e risorse.

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Cos’è il denaro? Ora possiamo cominciare a rispondere. Il
denaro è una forma di energia o, meglio, una simbolizzazione
dell’energia.

Molto tempo fa, quando i gruppi umani erano più semplici di


oggi, le risorse necessarie all’uomo erano estremamente basilari:
acqua, carne o pesce, verdure, pelli, legname e così via. In questa
situazione l’energia necessaria alla sopravvivenza non veniva
custodita ma immediatamente trasformata in lavoro e, quindi,
risorse.

Il concetto è evidente. In un piccolo gruppo umano (diciamo un


centinaio di individui) non c’è la necessità di conservare l’energia
delle persone. Esse si conoscono tutte e, tramite la suddivisione
dei compiti, lavorano affinché il gruppo abbia le risorse
necessarie per sopravvivere.

C’è bisogno di cibo? I cacciatori vanno a cacciare! C’è bisogno di


case riparate? Gli artigiani costruiscono le case! C’è bisogno di
tessuti per preparare gli abiti? Gli allevatori raccolgono la lana e
la danno alle donne che la lavorano! Il tutto è immediato e

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l’energia (di fatto l’energia prodotta dai muscoli umani) viene
immediatamente trasformata in risorse. Dopo un po’, nasce – lo
vedremo più avanti – l’esigenza di conservare l’energia e di
spostarla da una parte all’altra. Il denaro nasce a quel punto.

SEGRETO n. 3: il denaro è una simbolizzazione dell’energia


presente in un sistema e nasce dall’esigenza di trasportare con
facilità questa energia da un punto all’altro o da un momento
a un altro.

Il denaro è praticamente una forma di energia. Da solo non può


fare niente. Il denaro ha utilità sempre e solo quando alla fine
permette di procacciare risorse. Da questo punto di vista, e in
maniera più semplificata, possiamo dire che il denaro è un
simbolo.

Il denaro rappresenta sempre:


 un lavoro fatto (energia prodotta da qualcuno che viene
conservata e trasferita da qualche altra parte);
 una risorsa ottenuta (energia che si è tramutata in qualcosa di
scambiabile e di valore).

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Pensare che il denaro non valga niente di per sé potrebbe essere
parzialmente sconvolgente. Sicuramente molti di voi avranno
sentito simili concetti in relazione al denaro. Li avranno sentiti ma
non gli avranno probabilmente assegnato la giusta importanza. E
assegnare la corretta importanza alle informazioni sentite è
l’attività di maggior rilievo di ogni forma di intelligenza.

Il denaro, di per sé, non ha nessun valore. A conferma di questo,


pensate solamente a voi stessi persi in un’isola deserta con una
valigetta contenente milioni e milioni di euro in banconote da
500. Cosa ve ne fareste? Non c’è nessuno che accetterebbe quel
denaro, che quindi non ha valore, se non fosse che quella
montagna di carta potrebbe essere molto utile per accendere del
fuoco e riscaldarsi.

Una risorsa, una reale risorsa ha, invece, reale valore e tale
valore è dato dall’utilità concreta che tale risorsa può dare
all’individuo o al gruppo nelle attività di sopravvivenza. In
un’isola deserta una falce diventerebbe probabilmente più
importante di un orologio d’oro.

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L’errore comune in tutti noi è quello di guardare a queste
banconote colorate e pensare che esse abbiano valore, che esse
siano il denaro. Oggigiorno il denaro appare in moltissime forme
e questo, spesso, porta ancora più confusione nelle persone.
Abbiamo le banconote, le monete, gli assegni, le carte di credito, i
numeri virtuali sullo schermo di un computer e altro ancora.

Il denaro è qualcosa di differente dai mezzi fisici che lo


incorporano e rappresentano. E qualsiasi forma abbia il denaro,
esso non ha valore a parte il simbolismo che dagli uomini gli
viene conferito. Ai tempi delle lire, per esempio, se fossimo
andati in un paese straniero e avessimo provato ad acquistare
qualcosa con quelle banconote (le lire!) ogni negoziante ci
avrebbe guardato storto. Per lui quel simbolo non avrebbe
rappresentato pressoché nulla: sarebbe stato solo carta!

Se si comincia quindi a vedere il denaro non come un bene e non


come una risorsa ma solo come un simbolo che rappresenta
dell’energia, allora si comincerà a rapportarsi con il denaro nel
modo corretto. E si riuscirà a padroneggiarlo. E si riuscirà a
possederne nella quantità desiderata.

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Perché è nato il denaro? Per una questione di comodità nella vita
di tutti i giorni in relazione allo scambio di beni e servizi.
Scambio è il concetto fondamentale dimenticato o sottovalutato.
Un concetto semplice e banale ma di importanza fondamentale.

Diciamo che il denaro è figlio dello scambio. Lo scambio è il


concetto secondo cui qualcuno produce o possiede qualcosa che
può interessare a qualcun altro.

Presupposto dello scambio è che ci siano due persone o parti che


siano, di per sé, interessate a qualcosa che l’altro produce,
consegna o possiede. Agli inizi della nostra storia gli uomini
erano cacciatori e raccoglitori. Cacciavano o raccoglievano. E
sopravvivevano. Finché le cose erano semplici, la gestione delle
risorse era semplice. L’economia era semplice.

E osservando meglio questo concetto possiamo già anticipare la


definizione di una parola tanto usata e abusata quanto ostica per
l’uomo qualunque, ovvero la definizione della parola economia.
Economia può essere intesa semplicemente come “gestione delle
risorse disponibili”.

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Immaginiamo una famiglia di primitivi che viveva da sola in una
caverna. La sua economia era la gestione delle sue risorse. Quali
erano queste risorse? La caverna, la legna per il fuoco, le pelli per
coprirsi, le pietre per lavorare il legno, la carne o altre riserve di
cibo e il territorio di caccia. Inoltre, faceva parte dell’economia il
numero dei figli che potevano aiutare il padre a cacciare e il
numero delle figlie che potevano aiutare la madre a lavorare le
suppellettili e le pelli. Questa era l’economia di quella famiglia:
come possiamo organizzarci per sopravvivere meglio?

Abbiamo tutti i fattori che sono presenti anche nelle attuali società
economiche complesse. Risorse, forza lavoro, tecnologia,
ripartizione dei compiti ecc. Il denaro non ne fa parte. Annotiamo
e ricordiamo la cosa.

Il denaro non è una componente fondamentale di tutte le


economie, di tutti i tipi di economie. In alcune di esse non è
neppure presente. E, con un po’ di studio e attenzione, si possono
concepire molti altri tipi di economia che possano funzionare
senza l’uso del denaro.

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Con il progredire delle società, si scoprì che altri gruppi o villaggi
o regioni avevano qualcosa che poteva interessare o essere utile.
Non tutti i beni e risorse venivano prodotti all’interno di un
micro-sistema. Nasceva l’interazione fra sistemi economici. C’era
il gruppo di cacciatori che possedeva più carne di quanta servisse
loro e che avrebbe voluto mangiare un po’ di verdura e un po’ di
frutta. C’era il gruppo degli agricoltori che possedeva più verdura
e frutta di quanto servisse loro e che avrebbe voluto mangiare un
po’ di carne.

È naturale che se i due gruppi vengono a contatto o in


comunicazione in qualche modo, giungeranno alla felice
conclusione che, attraverso uno scambio, possono entrambi
migliorare la loro condizione. Questo deve essere evidente a tutte
le parti in gioco.

Resta da stabilire quali siano i termini di conversione


verdura/carne da adottare. Su questo punto possono nascere i
problemi, ma si può essere certi che in un modo o nell’altro i due
gruppi giungano ad adottare insieme un qualche criterio: un
esempio potrebbe essere la quantità di energia necessaria per

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produrre i due tipi di prodotti. Cioè si fa il conto di quanta
verdura-frutta si riesce a produrre in una data unità di tempo e di
quanta carne si riesce a produrre nella stessa unità di tempo.

Diciamo che in un mese si producono 100 kg di frutta e 100 kg di


verdura mentre nello stesso mese si riesce a cacciare 50 kg di
carne. Risultato: un kg di carne vale 2 kg di frutta e 2 kg di
verdura (o proporzioni variabili delle stesse).

Questa forma di scambio è conosciuta come baratto.


Comprendere bene i meccanismi fondamentali del baratto è
presupposto imprescindibile per comprendere i meccanismi del
denaro. Perché è nato il denaro? Il denaro è nato perché, con il
continuo progredire dei sistemi di produzione e l’estensione della
quantità di beni e servizi scambiabili, il sistema del baratto
dimostrava tutti i suoi limiti dovuti perlopiù alla sua inesistente
elasticità di utilizzo. Non era facile per una persona girare per un
mercato con chissà quanti chili di carne sottobraccio!

L’idea fu di trovare un’unità di misura largamente condivisa che


“sostituisse” i beni e i servizi per il tempo necessario affinché un

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bene o servizio passasse da una mano all’altra senza troppa fatica.
Così trovata l’unità di misura (immaginiamo, per esempio, che
quest’unità fosse una particolare pietra nera), al gruppo dei
cacciatori bastava dare la propria carne a chicchessia in cambio di
100 pietre nere per poi prendere tutte o una parte di queste pietre
nere e andare dagli agricoltori per farsi dare frutta e verdura.

Nasceva un problema: quale doveva essere l’unità di misura?


Perché non si poteva scegliere qualcosa che fosse troppo
disponibile. Immaginando che l’esempio sia sempre quello delle
pietre nere, scopriamo che queste pietre sono presenti dappertutto
nel territorio che ci interessa. Perché un cacciatore dovrebbe
affaticarsi a cacciare per tutto il mese, quando può andare sulla
riva del fiume, raccogliere in un sol giorno e con grande facilità
100 pietre nere e con queste andare da un agricoltore e acquistare
la frutta e la verdura che gli serve?

È intuitivo che l’unità di misura deve avere una caratteristica


fondamentale: la scarsità. Se essa è scarsa, i lavoratori fanno
prima a produrre qualcosa anziché cercare la scorciatoia del
procurarsi pietre nere (denaro!) senza produrre. Vi preghiamo di

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prendere un appunto di quanto sopra riportato, perché è un
concetto che ci servirà più avanti, quando cercheremo di dipanare
le misteriose azioni dei principali attori di questo teatro chiamato
economia moderna.

Così la scelta del primo denaro andò ben presto a finire sui
metalli, cioè su quel tipo di materiale non facile da trovare che
aveva, inoltre, l’indiscutibile vantaggio di essere maneggevole e
lavorabile per consentire il suo utilizzo in forme adatte e
appropriate alle esigenze.

Ecco le prime forme di denaro: le prime piastre metalliche e le


prime monete. Qualcuno produceva qualcosa e la dava ad altri in
cambio di metallo. Ciò accadeva per un unico e fondamentale
motivo: chi vendeva un prodotto o un servizio aveva la certezza
che quel metallo datogli in scambio sarebbe stato accettato da
qualcun altro.

La risposta alla domanda di questo capitolo è completa. Il denaro


è nato per velocizzare e semplificare gli scambi fra merci,
prodotti e servizi. Non è nato per altri motivi e non ha, di fatto,

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nessun’altra ragione per esistere. Esso è un simbolo che
rappresenta qualcosa che, da qualche altra parte del sistema
economico cui appartiene, è stato fatto. La sua complicazione
nasce solo dal fatto che questa unità di misura non doveva essere
facilmente “creata” dal suo possessore in modo che costui potesse
fabbricare denaro senza in realtà aver fatto niente di concreto.

Ancora più dettagliatamente, il denaro è basato su un accordo


sociale. Accordo che si regge perché vi è fiducia da parte di chi
riceve del denaro che tale “energia” sia accettata anche in un
futuro prossimo quando sarà lui a dare via il denaro in suo
possesso.

SEGRETO n. 4: il denaro è nato per semplificare gli scambi


fra individui. Esso è un simbolo. Deve essere scarso o
difficilmente riproducibile e largamente condiviso dal gruppo
affinché abbia valore.

Come detto, i metalli preziosi (scarsi, di difficile reperibilità,


resistenti e facilmente trasportabili) hanno svolto per secoli questa
funzione. Per gli antichi (diciamo fin quasi alle soglie dell’età

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contemporanea) il denaro era qualcosa di tangibile: oro, argento,
pietre preziose o cose simili.

Qualcuno, per semplificare ancor di più la circolazione del


denaro, inventò la carta moneta. Questa era qualcosa che andava a
sostituire il denaro sotto forma di metallo prezioso. Lentamente le
cose cominciano a complicarsi.

La carta moneta fu introdotta in Cina nel IX secolo, nella forma di


certificati convertibili emessi dai banchieri privati per il governo
della dinastia Tang. Sostenuta dal potere dello stato cinese, questa
moneta poté mantenere il proprio valore in tutto l’impero,
eliminando l’esigenza di trasportare l’argento. La carta moneta
apparve per la prima volta in Occidente nel XVI secolo, sotto
forma di titoli di credito emessi dalle banche a fronte di depositi
in denaro.

Ben presto i titoli di credito cominciarono a non essere più


cambiati con la banca ma semplicemente scambiati tra persone.
Chi riceveva la “nota della banca” (da cui la parola banconota)
sapeva che quel foglio di carta si sarebbe tramutato in oro o

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argento non appena si fosse presentato alla banca che lo aveva
emesso. Non c’era fretta di andare in banca se quel foglio di carta
fosse stato accettato dagli altri.

Da qui cominciò a nascere la circolazione cartacea del denaro.


Circolazione che, visti gli evidenti vantaggi (le banconote
pesavano pochissimo ed erano estremamente maneggevoli),
cominciò a soppiantare gradualmente nel corso dei secoli la
circolazione metallifera.

A questo livello storico, il denaro non era un problema. Il livello


di complicazione dell’argomento era lieve. Le banconote erano un
sostituto di un metallo prezioso conservato da qualche parte. Il
metallo prezioso era un sostituto di ricchezze effettivamente
esistenti. Il mondo non era ancora diventato schiavo del denaro.

Ovviamente esistevano immensi problemi economici; ma questi


erano dovuti principalmente ai bassi livelli di produzione delle
popolazioni e all’incredibile disparità della divisione delle
ricchezze dovuta a privilegi di classe o di titolo nobiliare. I ricchi
erano ricchi e i poveri veramente poveri.

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I poveri non erano tali per motivi inerenti alla “mancanza” di
denaro. Erano poveri perché non avevano terre da coltivare,
animali da allevare, macchinari da utilizzare per la produzione.
Erano poveri perché senza strumenti per produrre non potevano
scambiare niente con il loro prossimo. Questo è un concetto
chiave. Si è poveri quando non si ha niente con cui produrre. Se si
può produrre e se il risultato di tale prodotto non ci viene rubato,
allora potremo ottenere ciò che ci serve. Nessun problema
derivava dal denaro. E la gente ne era, nei suoi termini essenziali,
consapevole. Com’è successo, allora, che il denaro ha cominciato
a diventare un problema?

Il denaro è diventato un problema quando qualcuno lo ha


allontanato dalla sua semplicità e dalla sua relazione diretta con la
produzione reale. In particolare in questo secolo, ci sono state
spinte affinché ciò avvenisse. Con il progredire delle democrazie,
a taluni personaggi dietro le quinte diventava sempre più difficile
poter esercitare il proprio potere con il semplice uso della forza.

Fino al 1800 circa, una soluzione per i despoti, i tiranni o i


criminali era quella di “rubare” innescando guerre e sommosse.

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Per secoli lo si è fatto nelle terre del vicino. Poi si è andati in terre
lontane a rubare tutto ciò che c’era (leggasi colonialismo).

Man mano che i principi democratici prendevano piede nelle


nazioni e nella consapevolezza del singolo individuo, i vecchi
metodi di “dominio” sulle masse e di accumulazione di ricchezza
diventavano meno funzionali allo scopo. Occorreva sviluppare
nuovi e più sottili sistemi.

Nacque da alcune menti geniali l’idea di creare non più tirannie


basate sulla forza delle armi ma sulla forza della costrizione
economica. Forse il vedere il meccanismo di allevamento di una
mucca o di un maiale ha dato loro l’idea.

Così come il fattore alleva la mucca nutrendola per il solo fatto di


poterla mungere a piacimento, così queste personalità criminali
hanno cominciato a costruire la fattoria mondiale che adesso
possiamo ammirare fuori dalle nostre finestre. Noi siamo le
mucche. Veniamo ingrassati da piccole comodità e piccoli
giocattoli e strangolati continuamente da un’economia che non
capiamo. Serviamo perché produciamo il latte. Produciamo molto

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di più di quanto costiamo al fattore. E quando non serviamo più ci
gettano via.

Il modo in cui questo avviene, favorito da vari meccanismi della


finanza e del sistema bancario mondiale, è sganciando il valore
del denaro dalla produzione reale. I passi per far diventare il
denaro un problema sono stati tanti e apparentemente slegati gli
uni dagli altri ma hanno seguito quasi un piano strategicamente
studiato a tavolino.

In un pianeta talmente ricco di risorse, nessuno dovrebbe avere


problemi. E invece ne hanno i paesi poverissimi del mondo, senza
neanche cibo con cui sfamarsi. E invece ne hanno gli altri
individui, sempre spaventati dal loro futuro, strozzati da prestiti e
mutui, insicuri del loro lavoro e timorosi che nuove tasse rubino i
loro pochi risparmi. Neppure chi ha il frigo pieno si sente sereno e
felice. Possibile? Non è evidente che ci sia veramente qualche
cosa che non va in questa scena?

Ed ecco il mondo di oggi. Un mondo dove si produce sempre più


ma dove sempre più persone e popoli ammettono le loro difficoltà

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economiche. E in cui sempre un numero maggiore di persone
ammette che il denaro sia diventato un problema. In questo
contesto è possibile fare qualcosa a riguardo?

È possibile riuscire a sottrarsi ai meccanismi del “criceto nella


ruota” che tutto il giorno fa andare avanti qualcosa, per poi
ritrovarsi sempre al punto di partenza? È possibile comprendere
l’economia e la finanza senza doversi imbarcare in lunghi e
complessi studi universitari? È possibile comprendere i
meccanismi dell’economia per produrre di più o comprendere i
meccanismi della finanza per usare i difetti del sistema per
ottenere più denaro? Lo vedremo nei prossimi capitoli.

Se il denaro è diventato un problema perché le persone sono


“ignoranti” nel campo dell’economia (ignorante deriva da
ignorare che significa non sapere), ne discende che il primo passo
sia imparare i fondamenti di queste due discipline umane:
l’economia e la finanza. Non diamo il rango di scienze a questi
due corpi di conoscenza perché ancora troppe distorsioni di tipo
lobbistico e politico impediscono di elevarsi al livello di scienze
esatte.

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SEGRETO n. 5: il denaro è stato reso molto complesso nei
meccanismi di funzionamento da alcune persone influenti nel
corso dello sviluppo della moderna società industriale: per
evitare il sistema della “ruota del criceto” occorre conoscere i
fondamenti dell’economia e della finanza.

L’economia può essere intesa semplicemente come gestione delle


risorse disponibili. Non a caso la parola economia deriva dal
greco e, nella sua forma originaria, indicava semplicemente
“l’arte di prendersi cura della casa”.

Che cosa intendiamo per risorse? Le risorse sono:


 materie prime;
 forme di energia;
 conoscenza.

L’economia non è solo gestione in senso stretto ma, più


precisamente, è il minimizzare l’uso di materie prime ed energia a
parità di risultati ottenuti. Oppure, parallelamente, il massimizzare
i risultati a parità di materie prime ed energia utilizzate. Quindi
l’economia è qualcosa di semplice: si tratta di applicare la

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conoscenza (esperienza, istruzione, tecnologia, talenti ecc.) del
singolo o del gruppo all’uso dell’energia per modificare materie
prime.

Tali modifiche sono dei cambiamenti e questi cambiamenti


possono essere:
 di spazio (una materia prima o prodotto viene spostato da un
luogo a un altro);
 di tempo (una materia prima o prodotto viene conservato per
essere utilizzato in un altro momento);
 di forma (una materia prima o prodotto viene modellato per
ottenere qualcosa di formalmente diverso);
 di sostanza (una materia prima o prodotto viene modificato
strutturalmente per ottenere qualcosa di chimicamente o
fisicamente diverso);
 di significato (a una materia prima o prodotto viene assegnato
un diverso significato da un punto di vista umano).

Laddove si producono questi cambiamenti abbiamo quella che


definiamo produzione.

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Questa spinta alla produzione ha la sua base nelle motivazioni
biologiche dell’essere umano. Per sopravvivere ogni essere
umano e comunità ha bisogno di certi prodotti e certi servizi. Il
primo tipo di prodotto di cui un singolo e/o un gruppo ha bisogno
è il cibo. Il secondo prodotto di cui ha bisogno è il riparo dalle
intemperie e dai pericoli.

Un essere umano può sopravvivere tutta una vita se ha cibo e


riparo. È una vita sicuramente ben poco desiderabile ma
biologicamente è altresì funzionale, come dimostrano tutti gli altri
esseri viventi di questo pianeta. Senza cibo e riparo un uomo (e
un’intera popolazione) non sopravvive; neppure se circondato da
arte, filosofia, religione, gossip, vacanze e divertimento. Cibo e
riparo sono quindi un livello di produzione primaria.

Non a caso negli studi economici viene chiamata industria


primaria o economia primaria tutta la produzione agricola. Anche
l’industria estrattiva viene collocata in questa categoria.

Successivamente l’uomo (inteso sia come singolo che come


comunità) ha necessità di strumenti. Strumenti per migliorare la

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qualità della sua vita e la qualità e quantità della sua produzione.
Abbiamo così l’industria secondaria o manifatturiera. È
l’industria come semplicemente viene concepita dall’uomo
qualunque. Le attività artigianali, le attività di riparazione dei beni
esistenti, le attività di creazione di strumenti e macchinari, fino
alla costruzione di impianti industriali sono tutte attività di livello
secondario.

A questo punto abbiamo il terzo livello di produzione. Quando la


vita di una società umana progredisce e diventa sempre più
complessa, i suoi membri cominciano sempre più ad avere
l’esigenza di ricevere servizi da parte di altri membri. I servizi
sono un genere di prodotto che non è tangibile, non sono
“oggetti”. Essi non sono un avere ma un fare. Quando una società
progredisce, i suoi bisogni e le sue necessità si indirizzano verso il
fare.

Ovviamente, al di sopra di questi livelli di produzione abbiamo un


ulteriore livello. Esso però non si colloca su un piano
materialistico e, a causa della specificità degli argomenti di questo
libro, non ci avventureremo su quei territori.

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Ci limiteremo solo a dire che, a prescindere dalla complessità
della società umana di cui siamo parlando, da sempre l’uomo ha
dedicato parte della sua giornata, del suo tempo, delle sue energie
e delle sue attenzioni a sfere non materialistiche, decisamente di
natura spirituale.

Parliamo di tutte quelle azioni il cui scopo è saziare lo spirito e


non il corpo. Per spirituale intendiamo ciò che non ha
un’implicazione diretta con la sopravvivenza del corpo come
organismo vivente. È abbastanza naturale osservare che, man
mano che ci allontaniamo dalle esigenze primarie di
sopravvivenza e ci inoltriamo nelle aree produttive dedicate ai
servizi, entriamo in questo campo di necessità spirituali.

Pensiamo alla classica vacanza. Il corpo non ne ha bisogno. Il


corpo, se fosse stanco, avrebbe, al limite, necessità di riposo e
buona nutrizione. Invece la vacanza, così come la intendiamo
comunemente, serve per ritemprare più direttamente lo spirito e,
solo secondariamente, il corpo.

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SEGRETO n. 6: la produzione è il mutamento, in termini di
spazio, tempo, forma, sostanza e significato, di materie prime,
energia o conoscenza. Una società ha tre livelli di produzione
legati alle esigenze biologiche: primaria o agricola, secondaria
o industriale, terziaria o dei servizi.

La produzione può essere anche definita con questi ultimi


concetti e sarebbe tutto l’insieme di prodotti primari, secondari e
terziari ottenuti da un singolo, da un gruppo o da una società. La
produzione ha un valore, un valore che non è fisso e immutabile
nel tempo ma che muta. Ci soffermeremo più avanti sul concetto
di valore.

Quindi l’economia non è qualcosa di complesso o nebuloso. Ci


sono stati economisti che hanno predisposto modelli matematici
per isolare quali comportamenti economici siano o meno virtuosi
e validi. Questo è meritevole e questi studi sono anche
notevolmente interessanti, ma vorremmo sgombrare la scena da
qualsiasi idea che l’economia sia una cosa complicata.

Quest’idea purtroppo si è insediata fortemente nel comune

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cittadino che, ascoltando la TV, viene travolto da concetti
economici complessi e, apparentemente, distanti anni luce da lui e
dalle sue immediate problematiche.

Riportiamo l’economia alla base. Nei prossimi capitoli


esamineremo alcune leggi basilari della produzione, il che può
essere anche letto come leggi basilari dell’economia.

Nel momento in cui la produzione ha cominciato a essere


rappresentata da un simbolo denominato denaro, nasce un’altra
disciplina che prende il nome di finanza. Questa può essere
definita, molto semplicemente, come gestione dei flussi monetari.

Il parallelismo tra le due discipline è evidente. La differenza però


è sostanziale, e risiede nel fatto che, siccome il denaro è un
simbolo della produzione economica, la finanza dipende
dall’economia per la sua sopravvivenza ed espansione.

Una volta stabilito che un certo sistema ha prodotto una X


quantità di ricchezza reale, ovviamente in quel sistema può
circolare solo una quantità Y di ricchezza monetaria. Creare

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nuova ricchezza monetaria senza aumentare la ricchezza reale
significa solo svalutare la quantità circolante di denaro, perché più
denaro si va a distribuire sulla stessa quantità di cose prodotte.

È possibile, come molti cercano di fare, riuscire a ottenere denaro


solo da operazioni finanziarie? Ovviamente è possibile!
Immaginiamo di avere vari investitori di varie nazionalità: Gigi
(italiano), Pablo (spagnolo), George (inglese) e Akira
(giapponese). Se Gigi guadagna del denaro da un’operazione
finanziaria significa che il suo guadagno è denaro che Pablo o
George o Akira hanno perso. Questo non ci deve necessariamente
far sentire in colpa. Se Pablo ha perso del denaro, ciò è successo
perché egli stesso ha accettato di partecipare a un gioco in cui le
regole erano chiare.

Sebbene leggi nazionali e internazionali accettino e regolamentino


questo genere di attività, non possiamo ignorare un fatto fin
troppo evidente, ovvero che tutti i guadagni finanziari di natura
puramente speculativa (la gran parte degli strumenti finanziari
moderni) sono semplicemente denaro che viene spostato da una
parte all’altra dello scacchiere economico mondiale.

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Il problema nasce se in una società iniziano a esserci tantissimi
Gigi, Pablo, George o Akira. In quella società non si farà altro che
cercare di spostare il denaro da una parte all’altra senza una reale
produzione. Questo può durare qualche tempo ma, alla fine,
questi individui si renderanno conto che qualcosa dovranno pur
mangiare. E se nessuno produce cibo, sarà altamente inutile
possedere molto denaro per comprare da mangiare.

Nell’economia e nella finanza ci sono tantissime cose da sapere.


Le cose hanno gradi di importanza. In questo ebook
cercheremo di concentrarci su aspetti basilari e generali delle due
discipline. Pensiamo sia più utile comprendere bene i concetti
base per poi poter approfondire, a scelta, altre tematiche
dell’economia o della finanza. In tal modo è possibile mettere a
fuoco i concetti fondamentali dietro la creazione e conservazione
del denaro. Ogni approfondimento o sviluppo, in seguito, potrà
essere attuato con grande facilità.

L’economia si occupa del portare a esistenza prodotti (beni e


servizi) e gestire nel modo più oculato le risorse. La finanza tiene
una sorta di gestione del valore dei prodotti economici e delle sue

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risorse. La finanza è parimenti semplice come l’economia ma, per
effettuare delle speculazioni con il denaro (una speculazione
finanziaria può essere paragonata a una “scommessa” in cui
semplicemente si cerca di indovinare l’andamento di qualche
parametro economico o finanziario), essa è molto spesso
appesantita con sempre nuove parole o strumenti.

Si arriva così alla situazione, quasi tragicomica, che gli strumenti


finanziari acquisiscono più valore nella misura in cui sono
incomprensibili alla maggior parte delle persone.

SEGRETO n. 7: il denaro ottenuto da operazioni finanziarie


di natura speculativa comporta solo lo spostamento di
ricchezza da un punto all’altro del sistema. Tanto più gli
strumenti finanziari sono complessi e difficilmente
comprensibili, tanto più valore hanno per gli investitori.

Ciò sembra incredibile, e spesso chi ascolta queste informazioni


rimane assolutamente interdetto. Possiamo citare un esempio che
abbiamo osservato nel nostro ambiente immediato di agenti
finanziari. Negli scorsi anni, soprattutto in ambiente

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anglosassone, la concessione dei mutui ipotecari per l’acquisto di
nuove abitazioni è cresciuto a ritmi esponenziali.

Le banche gareggiavano nell’offrire le migliori condizioni


contrattuali e nell’accaparrarsi i clienti. Ciò non accadeva perché
le banche fossero dotate di chissà quali riserve di capitali, bensì
perché chiunque concedeva un mutuo poteva “venderlo” sul
mercato incassando immediatamente la somma meno un
comprensibile costo. Questa cessione di credito avveniva ad altre
banche specializzate, le quali spesso rivendevano ulteriormente
sul mercato questo mutuo. E il mutuo diventava una possibile
fonte di investimento anziché un semplice credito.

Se si prestano 100.000$ a qualcuno che in 30 anni ne deve


rendere 200.000 (le proporzioni, anche con tassi contenuti, sono
queste!), allora qualcuno può ritenere valido acquistare questo
credito per una cifra intorno ai 90.000$. Diventa un
bell’investimento. Così questi mutui venivano impacchettati come
investimenti veri e propri e “presentati” come fondi di
investimento, ovvero come strumenti finanziari in cui chi ha soldi
può investire.

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Così, un ipotetico investitore (esempio Giorgio Rossi) che avesse
avuto in tasca 20.000€ da investire, avrebbe chiesto alla sua banca
come impiegare il suo denaro. La banca gli avrebbe proposto un
fondo che gli avrebbe reso il 3% annuo per 15 anni. Nessuno
spiega al signor Rossi che questo fondo di investimento è formato
dai capitali che verranno restituiti dai mutuatari a cui, in primo
luogo, è stato concesso un mutuo ipotecario.

Quindi, quello che è nato come un debito dei cittadini statunitensi


John, Jack, Frank e così via, si è magicamente trasformato, nel
corso di vari passaggi, in un possibile investimento e in
un’opportunità di guadagno. Per di più, il signor Rossi ha
rivenduto a qualcuno la sua quota di partecipazione al fondo e via
di questo passo, in un accrescere continuo della complessità della
vicenda.

Chi erogava i mutui, in particolar modo negli ambienti


anglosassoni – USA e Inghilterra in testa – ormai cominciava a
non considerare più la capacità di rimborso dei mutuatari. Si tratta
degli ormai famosi – o famigerati – mutui sub-prime, chiamati
così perché concessi a una fascia di clientela con una credibilità

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minore rispetto a quella già considerata come una prima fascia.
Con il prevedibile crollo della capacità di rimborso di migliaia di
clienti sub-prime, la bolla speculativa è scoppiata e il diavolo è
stato visto per quello che è. Molte banche si sono ritrovate a
cancellare dai bilanci voci che erano delle attività e collocarle tra
le passività.

Di altri esempi che dimostrano come la finanza si basi sul non far
comprendere da dove vengono i soldi e dove questi vadano, se ne
potrebbero citare a non finire.

La finanza ha un senso solo se è basata su un’economia sana e


robusta. Viviamo in un sistema che è molto lontano dall’essere il
migliore e sicuramente molto lontano dall’essere equo nella
distribuzione di ricchezza.

Il sistema economico e finanziario mondiale va cambiato, ed è


sotto gli occhi di tutti che i meccanismi attualmente in funzione
debbono cambiare. Questo non avverrà in una notte e,
ovviamente, fintanto che le attuali regole resteranno in vigore,
occorre attenervisi e giocare secondo tali meccanismi.

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Partendo da questo dato di fatto, possiamo contemporaneamente
contribuire a creare una società più equa nella redistribuzione
delle risorse e al contempo usufruire delle potenzialità degli
investimenti finanziari per incrementare il nostro reddito. Ciò non
è vietato dalle legge né si colloca al di fuori di alcun tipo di
regolamento etico.

SEGRETO n. 8: diventare ricchi non è qualcosa di non etico o


disdicevole. Lo si può fare senza rubare niente a nessuno e
contribuendo alla creazione di un’economia più sana e di una
finanza al servizio della produzione e non viceversa.

Naturalmente molti di noi desidererebbero essere ricchi perché si


tende a pensare che questo sia il modo per essere felici. Con un
pizzico di delusione si scopre che la felicità non è uno stato
emotivo fisso ma uno stato dinamico. I momenti in cui siamo stati
bene erano quelli in cui ci avvicinavamo a grandi passi verso i
nostri obiettivi. Quindi si è felici quando si realizzano le cose
piuttosto che quando semplicemente le si ottengono.

Essere ricchi, inoltre, è un concetto abbastanza relativo. Una

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persona che in Italia non è considerata ricca apparirebbe
ricchissima in una nazione povera dell’Africa. Molti ricchi
pensano di non esserlo. A quale cifra posseduta sul conto in banca
possiamo cominciare a definire qualcuno ricco? Quanti beni
immobili deve possedere qualcuno o quale deve essere il suo
guadagno mensile? Come si vede è tutto relativo.

Charles Dickens, lo scrittore di David Copperfield, scrisse che


ricco è colui che possedendo una sterlina spende 19 scellini
mentre povero è colui che possedendo una sterlina spende 21
scellini. Se si specifica che una sterlina corrisponde a 20 scellini,
ecco che si è detto praticamente tutto riguardo alla ricchezza e alla
povertà.

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RIEPILOGO DEL GIORNO 1:
 SEGRETO n. 1: il denaro è l’energia che fa muovere la nostra
società moderna.
 SEGRETO n. 2: l’ammontare di difficoltà che abbiamo in
un’area della nostra vita ci indica quanto è grande la nostra
mancanza di conoscenza in quell’ambito.
 SEGRETO n. 3: il denaro è una simbolizzazione dell’energia
presente in un sistema e nasce dall’esigenza di trasportare con
facilità questa energia da un punto all’altro o da un momento a
un altro.
 SEGRETO n. 4: il denaro è nato per semplificare gli scambi fra
individui. Esso è un simbolo. Deve essere scarso o
difficilmente riproducibile e largamente condiviso dal gruppo
affinché abbia valore.
 SEGRETO n. 5: il denaro è stato reso molto complesso nei
meccanismi di funzionamento da alcune persone influenti nel
corso dello sviluppo della moderna società industriale: per
evitare il sistema della “ruota del criceto” occorre conoscere i
fondamenti dell’economia e della finanza.
 SEGRETO n. 6: la produzione è il mutamento, in termini di
spazio, tempo, forma, sostanza e significato, di materie prime,

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energia o conoscenza. Una società ha tre livelli di produzione
legati alle esigenze biologiche: primaria o agricola, secondaria
o industriale, terziaria o dei servizi.
 SEGRETO n. 7: il denaro ottenuto da operazioni finanziarie di
natura speculativa comporta solo lo spostamento di ricchezza
da un punto all’altro del sistema. Tanto più gli strumenti
finanziari sono complessi e difficilmente comprensibili, tanto
più valore hanno per gli investitori.
 SEGRETO n. 8: diventare ricchi non è qualcosa di non etico o
disdicevole. Lo si può fare senza rubare niente a nessuno e
contribuendo alla creazione di un’economia più sana e di una
finanza al servizio della produzione e non viceversa.

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GIORNO 2:
Quali sono le leggi della produzione

Prima di addentrarci a scoprire i fondamenti della produzione,


chiariamo alcune definizioni e concetti base. L’economia si occupa
di produzione. Se una società (gruppo di persone che vivono
insieme) volesse avere un tenore di vita più alto o, in termini più
semplici, volesse avere più denaro, essa deve semplicemente
produrre. Fare altrimenti significherebbe solo spostare delle risorse
da un punto all’altro del sistema di cui ci stiamo occupando.

La produzione è, quindi, l’unico modo realmente esistente per


incrementare le risorse di una società e garantire un livello
duraturo e desiderabile di sopravvivenza. Per un individuo
abbiamo una situazione simile ma, in quanto unità del sistema, egli
può incrementare il proprio livello di sopravvivenza, sfruttando
alcune potenzialità insite nel sistema economico attraverso un
corretto uso di opportune leve finanziarie.

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Sono da evitare in modo assoluto le soluzioni truffaldine o
criminali. Ogniqualvolta si cerca di ottenere soldi in modi proibiti
dalla legge si è poi costretti a vivere nascondendo qualcosa. E,
senza entrare nel filosofico o nel religioso, questo è ovviamente un
pessimo modo di vivere.

A volte la cronaca riporta casi di persone disoneste che riescono ad


accumulare vistose ricchezze facendosi beffa delle regole. La
verità è che, in percentuale, le attività quali furto, truffa, traffico di
merce proibita o altre iniziative criminali raggiungono il successo
molto meno di quanto appaia. La nostra attenzione quindi si sposta
decisamente sulle domande «Cosa devo produrre?» e «Come lo
posso produrre?»

Esaminiamo ora le leggi della produzione. In primo luogo diamo


alcune definizioni:
 produzione: insieme di operazioni in cui l’impiego di risorse
materiali (materie prime ed energia) e/o immateriali (talento e/o
tecnologia) porta all’ottenimento di maggiori utilità per
l’individuo e la società. Tali maggiori utilità derivano da una
trasformazione di forma, di tempo, di spazio o di significato di

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qualcosa. Il gelato venduto in spiaggia è lo stesso di quello
acquistato al bar o al supermercato ma la sua utilità è maggiore
in quanto, essendo spostato nello spazio, viene consumato in un
contesto di maggiore desiderabilità e quindi comporta
maggiore soddisfazione;
 prodotto: un bene o un servizio che viene ottenuto con una
trasformazione (di forma, di sostanza, di spazio, di tempo o di
significato) di precedenti beni o energie. Caratteristica
fondamentale di un prodotto è la sua capacità di poter essere
scambiato;
 scambio: movimento vicendevole in cui due soggetti si
trasferiscono una proprietà con un incremento dell’utilità o
soddisfazione complessiva delle parti. Il prodotto va da
qualcuno a un altro individuo o gruppo per cui ha un maggior
valore ovvero una maggiore utilità. Lo scambio attualmente
avviene attraverso il pagamento di un prezzo. Quindi si
trasferisce un prodotto contro il movimento di denaro;
 prezzo: la quantità di denaro per cui chi cede un servizio si
ritiene ricompensato di quello che cede. Non è solamente
collegato al valore del prodotto ma anche al potere contrattuale
di chi lo offre. Utilità e prezzo hanno spessissimo apparenti

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incongruenze reciproche. L’acqua è un bene di valore assoluto
e basilare per l’uomo ma costa molto, molto meno di un
diamante. Ma in un deserto, con le riserve agli sgoccioli, il
valore di una bottiglia d’acqua potrebbe aumentare a dismisura
e superare quello di un diamante;
 valore: quantità di utilità (ai fini dell’ottenimento di piacere o
di maggiore sopravvivenza) che si può trarre da qualcosa in un
particolare momento, in un particolare luogo e in una
particolare condizione. Lo stesso prodotto o servizio, in un
altro momento o in un altro luogo o con presupposti diversi
potrebbe avere un valore diverso;
 sottoprodotti: prodotti che, per quanto identificabili e
misurabili, non hanno valore di per sé ma sono solo una parte
di una sequenza che porta all’ottenimento di un prodotto finale.
Per un venditore, fissare degli appuntamenti di vendita è un
sottoprodotto. Cioè è qualcosa da fare per ottenere una vendita
ma non è sufficiente a permettere l’ottenimento di uno
scambio;
 statistica: l’andamento numerico della produzione di qualcosa
misurato in modo appropriato e visualizzato su un grafico. Una
statistica si ottiene mettendo a paragone una misurazione di

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qualcosa con un’ulteriore misurazione della stessa cosa
cadenzata secondo un parametro fisso di tempo. Un esempio
potrebbe essere la quantità di macchine vendute
settimanalmente da una concessionaria;
 promozione: qualunque attività che porti a conoscenza di
qualcuno l’esistenza di un prodotto (bene o servizio) che possa
essere potenzialmente di suo interesse e che possa con lui
essere scambiato;
 domanda: un’esigenza o una necessità che un individuo o
gruppo sentono dover essere soddisfatta per ottenere piacere o
sopravvivenza. La domanda viene soddisfatta da un prodotto
(bene o servizio) che risolve l’esigenza in questione. Una
necessità può essere semplicemente osservata oppure potrebbe
essere ipotizzata anche quando il gruppo esaminato non è, esso
stesso, consapevole della necessità. Il caso del telefono
cellulare è lampante. Prima che venisse offerto nessuno di noi
si strappava i capelli perché il prodotto mancava. Ma una volta
conosciuto è difficile persino concepire la nostra giornata senza
telefonino;
 offerta: un bene o un servizio che soddisfa un’esigenza o
necessità dell’individuo o gruppo. L’offerta può nascere a

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seguito di una domanda o può causare direttamente la nascita
di una domanda anche quando questa non c’era.

Chiarite queste definizioni, e riprendendo il concetto della


produzione come modalità per incrementare la sopravvivenza di
un gruppo, possiamo esporre una legge: l’utilità che vari individui
traggono da uno stesso prodotto e il valore che essi assegnano è
differente. Ancora: spostando e scambiando i prodotti attraverso
il gruppo o sistema di riferimento si otterranno aumenti del
valore dei prodotti.

SEGRETO n. 9: l’individuo può produrre e sfruttare alcune


potenzialità finanziarie del sistema economico. L’utilità che
diversi individui traggono da uno stesso prodotto o servizio è
differente e questo permette di incrementare la soddisfazione
complessiva di un intero gruppo tramite i corretti scambi.

Lo scambio è quindi il fondamento dell’economia. Chiunque di


noi voglia avere più denaro deve comprendere che solo
scambiando qualcosa che si ha e che qualcun altro ritiene
desiderabile, si può ottenere più denaro.

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Ovviamente, per effettuare degli scambi occorre avere o poter
fare qualcosa che altri ritengano di valore. Questo accade anche
quando qualcosa possa essere fatto percepire come di valore.
Perché spesso il fatto di possedere qualcosa di valore non implica
automaticamente che la cosa sia percepita in questo modo da altri.

Qui non parliamo solo di prodotti in senso fisico. Se siamo


particolarmente capaci in un ambito professionale, abbiamo
qualcosa da scambiare e questo qualcosa sono le nostre abilità o
conoscenze. Per poter ottenere del denaro, occorre stabilire cosa
siamo in grado di scambiare con l’ambiente che ci circonda.
Ovvero trovare cosa in nostro possesso (capacità, conoscenza,
professionalità, beni, idee ecc.) possa essere promosso (portato a
conoscenza) e quindi scambiato.

Il denaro non si fa ma si produce. Il modo per produrre più denaro


è produrre e scambiare più beni e/o servizi. Esiste, prima di ciò,
un fattore zero dell’attività di produzione. Sbagliare nel definire
questo fattore è sorgente di fallimenti e difficoltà. Il fattore zero è
la scelta del prodotto da offrire in scambio. Questa scelta viene
fatta dalla persona spesso con troppa poca consapevolezza.

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Accade sovente che l’individuo abbia poco controllo sulla propria
vita. Questo lo porta a subire piuttosto che scegliere le proprie
strade e strategie. Egli così semplicemente “scivola” via nella vita
cadendo di situazione in situazione.

A questo punto, cercherà di scambiare con la società un prodotto


che, magari, non è il migliore che potrebbe scambiare. La scelta
del prodotto da offrire (si può leggere cosa fare da grande) è
troppo spesso determinata da fattori educativi o da fattori estranei
a corrette valutazioni economico-finanziarie.

In aree dove prevale un certo tipo di economia, le persone sono


portate a dedicarsi a lavori o prodotti legati all’economia
prevalente nell’area. Allo stesso modo, ogni persona è portata a
valutare, in primo luogo, tipologie di lavori o attività con cui entra
in contatto diretto tramite la propria esperienza personale.

Fallire nella scelta del prodotto (o servizio) da offrire determina il


fallimento di tutta l’attività o lavoro successivo. Quindi come
possiamo scegliere il prodotto giusto? Risponderemo a questa
importante domanda attraverso i vari capitoli un po’ alla volta.

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SEGRETO n. 10: per poter ottenere del denaro occorre
stabilire cosa siamo in grado di scambiare con l’ambiente che
ci circonda. La scelta del bene o servizio che scambieremo è la
decisione più importante fra le proprie scelte.

Esaminiamo anche un’altra scelta molto basilare che tanti di noi


hanno dovuto fare: la scelta fra lavoro dipendente e lavoro
autonomo. Eviteremo di affrontare questo tema da un punto che
esula dagli scopi di questo ebook, e cioè dal punto di vista
politico e sociologico.

Definiremo lavoro dipendente la situazione in cui qualcuno


lavora (produce) per qualcun altro, con la sensazione che la sua
energia, il suo tempo e le sue abilità vanno a favore della
realizzazione di qualcosa che non lo riguarda. Tutto ciò in cambio
di un premio in denaro stabilito in modo “slegato” dall’effettivo
apporto lavorativo dato.

Definiremo lavoro autonomo o imprenditoriale la situazione in


cui qualcuno lavora (produce) per se stesso o per un gruppo di
cui fa parte, con la sensazione che la sua energia, il suo tempo e

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le sue abilità vanno a favore della realizzazione di qualcosa che lo
riguarda. Tutto ciò in cambio non solo di denaro (completamente
“legato” all’effettivo apporto dato) ma anche di soddisfazione
personale (nelle varie forme in cui essa può realizzarsi).

In realtà la differenza fra il lavoro dipendente e quello


indipendente viene vista nel fine o obiettivo per cui l’opera viene
prestata. Nel nostro discorso porremo, invece, maggiore
attenzione sul modo in cui l’apporto di lavoro viene remunerato.

Il modo proporzionale o non proporzionale all’apporto dato ci dà


la differenza fra le due situazioni. Ne discende che anche un
lavoratore dipendente che lavora per una grande azienda può
trasformarsi in una figura simile all’imprenditore se il suo
guadagno viene agganciato al valore del suo lavoro.

SEGRETO n. 11: la differenza sostanziale fra lavoro


dipendente e lavoro autonomo o imprenditoriale è il modo,
proporzionale al tempo o proporzionale alla produzione, con
cui i due tipi di prestazioni vengono remunerate.

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Per produrre e scambiare qualcosa occorre quindi esaminare quali
necessità ha un particolare gruppo di individui. Si definiscono
l’area e il gruppo di persone che potrebbero essere interessate a
ciò che offriamo (il mercato di riferimento). Dopodiché
bisognerebbe chiedere, tramite sondaggi, cosa le persone
ricercano o desiderano. Anche quando una domanda non esiste e
si ipotizza un’offerta che la possa creare, è opportuno che si studi
a sufficienza quale tipo di domanda si può creare con ciò che si
offre.

Quindi il primo gradino consiste nel capire a quale domanda


esistente noi possiamo, con relativa facilità, rispondere con
un’offerta. Se l’esigenza è energia elettrica a buon mercato e noi
non disponiamo di capitali sufficienti, è meglio dedicarsi a
qualche altra cosa: progettare e costruire una nuova centrale
elettrica non è proprio alla portata di tutti!

Una volta stabilito quale sia il raggio dell’offerta, il secondo


gradino consiste nel decidere quale sia il nostro prodotto finale,
ovvero nel condensare in un bene o servizio l’offerta che soddisfa
l’esigenza trovata.

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Non necessariamente dovremmo produrre qualcosa partendo da
zero. Se ricordiamo la definizione di produzione, essa è
semplicemente un cambiamento di tempo, spazio, forma, sostanza
o significato. Potremmo aver scoperto che nella nostra città o
regione non esistono validi prodotti contro le zanzare. I
supermercati vendono qualcosa ma non è sufficiente.

Potremmo quindi definire che l’esigenza è preservare le persone


dalle punture delle zanzare. L’offerta sarebbe un prodotto o un
servizio che permetta alle persone della città di difendersi dalle
punture delle zanzare. Il prodotto finale potrebbe essere uno
spray che, basandosi su un principio naturale, scaccia le zanzare.

A questo punto abbiamo il mercato, abbiamo la domanda,


l’offerta e il prodotto finale. Da quest’ultimo si elabora, a ritroso,
la sequenza di sotto-prodotti che, uno dietro l’altro, ci portano a
ottenere il nostro prodotto finale. Usando l’esempio precedente,
una sequenza di sottoprodotti potrebbe essere:
1. volantini promozionali distribuiti;
2. inserzioni pubblicitarie effettuate;
3. distributori (personale commerciale) attivati sul territorio;

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4. ordinazioni ottenute;
5. ordinazioni girate al fornitore e ritornate indietro come
confezioni di spray;
6. confezioni di spray consegnate ai clienti.

Ognuno di questi punti è facilmente trasformabile in una statistica.


Avremmo quindi:
1. quantità di volantini distribuiti alla settimana;
2. numero di inserzioni pubblicitarie effettuate alla settimana;
3. numero di distributori contattati, informati e attivati nella
vendita alla settimana;
4. numero cumulativo di distributori attivi settimanalmente;
5. quantità in denaro di ordinazioni ottenute alla settimana;
6. quantità di confezioni ordinate e ottenute dal fornitore alla
settimana;
7. quantità in denaro di vendite fatte alla settimana;
8. numero cumulativo dei clienti soddisfatti del prodotto e delle
consegne.

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SEGRETO n. 12: il primo gradino nella scelta di cosa
produrre è l’analisi della domanda. Il secondo è la definizione
esatta di quale bene o servizio la soddisfa. Stabilito questo
prodotto finale, occorre stabilire la sequenza di prodotti
intermedi e assegnare una statistica a ognuno di essi.

Definito questo schema organizzativo fondamentale (applicabile a


qualunque servizio o bene), è importante anche capire quale sia il
valore del prodotto che si vende e quale il prezzo. In alcuni casi
questo è semplice perché in non pochi lavori o business i prezzi
sono già prefissati e noi non dobbiamo far altro che applicarvi il
nostro margine o intascare la provvigione derivante.

Ricordiamo sempre che il prezzo di qualcosa non è un concetto


assoluto ma un concetto relativo. Moltissime persone che hanno
guadagnato tanto denaro sanno che il prezzo di qualcosa è spesso
determinato da fattori poco facilmente definibili. Un libro, per
esempio, potrebbe valere moltissimo e costare poco. Oppure
valere poco e costare moltissimo.

Ci sono degli aspetti relativi alla produzione che vanno

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ulteriormente illustrati e compresi. Tali aspetti si applicano in
modo specifico a contesti in cui a lavorare siano più persone in
relazione reciproca. Sappiamo che ogni individuo, in una certa
situazione di lavoro, ha un compito. Sia che egli sia un dipendente
o il proprietario della fabbrica, è quasi fisiologico avere un
compito o mansione. Lasciamo perdere che fin troppo spesso tale
compito è confuso o incompleto.

Il dato mancante, di grande importanza per le sue conseguenze


all’interno dell’ottenimento di una produzione, è la definizione di
quale sia il prodotto che quella mansione o compito deve ottenere.
Non ci soffermeremo eccessivamente sul fatto che gran parte
delle inefficienze delle strutture sia pubbliche che private dipende
dalla mancanza di questo accoppiamento mansione-prodotto,
tuttavia menzionarlo è doveroso.

Sapere che si è l’usciere del palazzo non è sufficiente se non si sa


cosa si deve ottenere in termini di prodotto, ovvero in termini di
esatta azione da eseguire o esatto bene. Sapere che si è la
segretaria non ci dice molto su quello che la persona fa all’interno
dell’organizzazione. Nelle strutture pubbliche è ancora più

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evidente il fatto che alcuni dipendenti occupano una posizione
senza un ben chiaro prodotto da ottenere.

Questo ci porta anche a un altro fenomeno che è possibile


incontrare nei gruppi che cercano di ottenere della produzione. In
un contesto, se non si premiano a sufficienza i comportamenti
virtuosi e i buoni conseguimenti, ci sarà una tendenza a non
attuare questi ultimi con evidente danno per chiunque sia
connesso con quel contesto. Otteniamo lo stesso risultato se
invece si validano (accettandoli apertamente o per indolenza) i
comportamenti non produttivi o disonesti oppure l’ottenimento di
pessimi prodotti e risultati.

Quello che si dovrebbe fare è:


 premiare le persone o i comportamenti virtuosi (onesti e
produttivi) che portano al conseguimento di buoni risultati, sia
in termini di quantità sia di qualità;
 penalizzare le persone o i comportamenti non virtuosi
(disonesti o non produttivi) che portano pessimi risultati, sia in
termini di quantità sia di qualità.

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Premiare significa dare un premio nel senso più ampio del
termine, ma anche valorizzare, riconoscere, accettare, mettere in
evidenza ecc. Penalizzare significa assegnare delle penalità a
qualcosa ma anche invalidare, tenere in disparte, disprezzare ecc.
Esistono quindi due comportamenti sbagliati e due
comportamenti corretti.

Comportamento sbagliato:
 penalizzare qualcosa che va bene;
 premiare qualcosa che non va bene.

Comportamento giusto:
 penalizzare qualcosa che non va bene;
 premiare qualcosa che va bene.

SEGRETO n. 13: in un gruppo occorre definire con esattezza


quale mansione abbia ogni membro e quale sia il prodotto
finale da ottenere. Si possono ottenere aumenti di produzione
se si premia la produttività e si penalizza l’improduttività.

Ovviamente dovrebbe esserci un modo per stabilire quando

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qualcosa va bene e quando invece non va bene. Ma questo è
molto meno complicato di quanto si possa a prima vista pensare.

Visto che non ci stiamo addentrando nel campo dei


comportamenti umani o sociali ma stiamo operando nel campo
dell’economia e della produzione, l’indicatore del fatto che
qualcosa va bene è il raggiungimento di un prodotto di valore così
come stabilito nei programmi organizzativi iniziali.

In un negozio di scarpe, è facile stabilire quali siano i


comportamenti che vanno bene e quelli che non vanno bene. Si sa
che bisogna ottenere delle vendite di scarpe con soddisfazione del
cliente. Tutto ciò che contribuisce a questo è positivo, ciò che lo
ostacola è negativo.

Rappresentando numericamente e graficamente la cosa su una


statistica (che è solamente un indicatore, quindi un effetto di
azioni compiute e strategie adottate), si possono esaminare,
momento per momento, quali azioni siano positive (da premiare)
e quali negative (da penalizzare). Possiamo quindi parlare,
genericamente, di statistiche in ascesa e di statistiche in discesa.

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Possiamo fare alcuni esempi. Immaginiamo un ragazzo
estremamente efficiente e produttivo al lavoro presso una ditta.
Nonostante le sue capacità, il giovane viene spostato in un altro
settore difficile o, comunque, lontano dalle sue abilità.
Penalizzare questo lavoratore potrebbe solamente consistere nel
non dare proprio a lui il premio di produzione che invece è andato
a qualcun altro che non lo meritava. Questo è un modo estremo di
penalizzare delle statistiche in ascesa.

Statistica in ascesa significa semplicemente qualcosa che va bene,


che è produttivo, che è allineato agli scopi del gruppo o
dell’organizzazione. È semplicemente una definizione che denota
un miglioramento effettivo, misurabile e/o dimostrabile. Non
significa che qualcuno è spigliato, bravo o che ha delle
potenzialità. Una persona intelligente NON è una statistica in
ascesa. Lo diventa quando realizza qualcosa di buono. Una
persona laureata NON è una statistica in ascesa. Lo diventa
quando comincia a realizzare qualcosa di buono.

Questo è un cambiamento di 180° del punto di vista attuale


presente in questa società. Attualmente qualcuno viene definito

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una sorta di statistica in ascesa per il solo fatto di avere delle
potenzialità o un foglio di carta sul quale c’è scritto che ha una
certa qualifica. Una potenzialità non significa niente fintanto che
rimane una potenzialità. È una buona promessa, è ovvio. Ma la
potenzialità deve essere posta in atto e realizzata attraverso fatti e
prodotti.

Un esempio in cui, invece, si premiano delle statistiche in discesa


sarebbe quello in cui qualcuno, in un’azienda, non fa niente e
ottiene comunque una paga o una ricompensa. Anche trattare
chiunque nella ditta allo stesso modo, con uno stipendio fisso
uguale per tutti, è un premiare delle statistiche in discesa se il
compenso va ugualmente a chi lavora e a chi batte la fiacca.

Statistica in discesa significa semplicemente qualcosa che non va


bene, che non è produttivo, che non è allineato agli scopi del
gruppo o dell’organizzazione. È semplicemente una definizione
che denota un peggioramento effettivo o una non produzione che
porta, alla lunga, a un deterioramento.

Parlando di questa società e lasciando da parte le situazioni

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aziendali, gli esempi di penalizzazione di statistiche in ascesa o di
premiazione di statistiche in discesa si sprecano. I cittadini che si
comportano bene, rispettando le leggi e pagando le tasse, vengono
vessati e mai, nemmeno una volta, valorizzati. Viceversa questa
società sembra privilegiare i furbi, i disonesti e gli scansafatiche.

Cosa si ottiene in questo caso? Otteniamo un peggioramento


della situazione, perché penalizzare chi fa le cose per bene
significa invogliare lui o chi osserva la scena a cambiare
atteggiamento. Se io mi comporto bene e vengo penalizzato mi
dirò “Chi me lo fa fare?” e comincerò a NON comportarmi più
bene. Oppure se anche continuerò a comportarmi bene lo farò con
meno enfasi e meno partecipazione. Alla fine ci sarà meno
creazione. Questo è sicuro.

L’atto di premiare un comportamento negativo si spiega da solo.


Se premio qualcuno che ha un comportamento negativo, per quale
assurdo motivo egli dovrebbe smettere di comportarsi male? Se
un criminale ottiene rispetto e soldi dalle sue azioni, chi mai lo
potrebbe convincere a cambiare vita?

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Applicando questi concetti, ricordiamoci che il buon senso deve
sempre essere un criterio con cui trovare il giusto equilibrio
evitando qualunque eccesso o drammatizzazione di una
situazione. Spesso si viola la regola del premiare chi merita per
semplice mancanza di attenzione. Un bambino che si comporta
bene, un lavoratore che fa il suo lavoro o una persona onesta che
fa fronte ai propri obblighi fanno spesso meno rumore e meno
notizia. Poeticamente si dice che fa più rumore un albero che
cade piuttosto che una foresta che cresce.

Far avanzare coloro che meritano nei fatti è indice di una società
sana e proiettata al futuro. Probabilmente si può misurare
abbastanza scientificamente il futuro di un gruppo umano da
questo semplice fattore. Vivere e lavorare in una società in cui le
persone capaci e meritevoli colgono il frutto della loro capacità e
del loro impegno, è decisamente qualcosa di auspicabile per tutti.

Per quanto riguarda l’aspetto speculare, la penalizzazione,


distinguiamo con attenzione fra penalizzare e punire. L’essere
umano facilmente può cadere nell’errore di vedere le due cose
come sinonimi. Non sono neppure vagamente simili. Ciò che

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porta le persone ad avere fiducia nel mondo o solo nella ditta in
cui lavorano è il semplice fatto che sia chiaro e incontrovertibile
che un comportamento negativo non riceverà premi o
approvazione.

Fondamentalmente questa è l’essenza di un’attività


imprenditoriale, soprattutto se si guida un gruppo organizzato.
Molti di voi che leggono ora avranno sicuramente visto nella loro
esperienza diretta o presso di loro situazioni in cui il lavoro e la
produttività sono stati sviliti a causa del mancato rispetto di
queste regole. Questa, che appare come una vera e propria legge
della produzione, ha un’applicazione praticamente infinita e
occorrerebbe scrivere un intero libro per esaminarne tutte le
implicazioni. A noi interessa solo per capire come ottenere più
produzione.

Chiarito come l’efficienza e la produzione debbano essere trattate,


rimane da capire in modo più dettagliato e operativo cosa sia
l’efficienza. L’efficienza è un’etichetta che possiamo applicare a
qualsiasi struttura, organica o meccanica che essa sia.

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In una macchina possiamo dire che l’efficienza è la capacità di
ottenere un risultato minimizzando l’energia assorbita, le materie
prime richieste per funzionare e il deterioramento della macchina
stessa. In un uomo, l’efficienza è la capacità di tradurre in
risultati utili per la sopravvivenza le proprie intenzioni con il
minimo dispendio di risorse. L’efficienza potrebbe essere tradotta
anche nella capacità di osservare il mondo che ci circonda e trarne
i corretti input, seguita dalla capacità di tramutare in azioni le
proprie elaborazioni di quegli input.

SEGRETO n. 14: nel realizzare qualsiasi iniziativa, chi


organizza o dirige deve creare un sistema di premi e penalità
per i comportamenti produttivi e per quelli non produttivi.
Incrementare l’efficienza di qualcuno è il miglior modo per
aumentare il valore complessivo della sua produzione.

È facile estrapolare i modi in cui qualcuno può non essere


efficiente e cioè:
1. non essendo pienamente capace di osservare il proprio
ambiente diretto e indiretto in modo da trarne informazioni utili
e segnali di potenziali opportunità e potenziali pericoli;

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2. non essendo pienamente capace di analizzare i dati ottenuti in
modo da elaborare le corrette decisioni o strategie;
3. non essendo pienamente capace di tramutare in azione le
decisioni o strategie adottate.

Le categorie di cui sopra sono ovviamente graduali e ci danno


vari spettri di efficienza. Potremmo avere qualcuno che è molto
abile nello scorgere opportunità o potenziali cambiamenti
all’orizzonte ma incredibilmente deficitario nel prendere delle
tempestive decisioni in quanto indeciso sul fare o meno qualcosa.
Oppure potremmo avere una persona molto decisa e molto abile
nel mettersi in moto che tuttavia, avendo una capacità percettiva
decisamente bassa, opera su informazioni scadenti o sbagliate. Le
combinazioni sono molteplici.

Il primo esercizio da attuare consiste nel cercare di individuare


quale di queste tre aree è debole e dovrebbe essere rinforzata. Le
cure da attuare sono diverse a seconda di quale sia l’area da
rafforzare.

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SEGRETO n. 15: per migliorare la propria efficienza, occorre
capire quale delle tre aree (percezione, decisione, azione) è
maggiormente deficitaria e da correggere per prima. Ripetere
con la seconda area deficitaria in modo da avere un rapporto
coerente fra le tre aree di efficienza.

 Se l’area da migliorare è quella della percezione, occorrerà


capire se le nostre linee di comunicazione sono occluse o se le
fonti da cui ci procuriamo le informazioni sono adeguate e
sufficientemente corrette.
 Se l’area da migliorare è la sfera decisionale, occorrerà capire
se soffriamo di una carenza di dati oppure se le nostre decisioni
sono subordinate ad altrui voleri o a idoli mentali sub-coscienti
(pensieri irrazionali di origine ignota, promesse fatte anni
prima legate a situazioni ora inesistenti ecc.).
 Se l’area da migliorare è la sfera dell’azione, occorrerà
comprendere se gli errori passati ci pesano ancora così tanto da
renderci incerti nell’agire anche quando abbiamo le idee chiare.

Ricordiamoci che una persona potrebbe avere difficoltà anche su


più di un’area. Quindi la prima cosa da fare è essere onesti con se

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stessi e dare un voto a queste tre macroaree della nostra efficienza
personale. Evitiamo di pensare, come purtroppo fin troppo spesso
accade, che solamente “imbottendoci” di informazioni, di lettura
di libri e corsi, diventeremo tutti perfetti uomini (o donne) di
successo. Naturalmente è utilissimo avere maggiori informazioni
e maggiori conoscenze, ma queste porteranno al “successo” solo
se si avrà la capacità di decidere in modo rapido e soddisfacente e
si avrà la capacità di tradurre in azioni le proprie decisioni.

Una volta assodate queste premesse su cosa sia l’efficienza, ci


rimane un ultimo aspetto della produzione da esaminare: lo
scambio.

Aver prodotto qualcosa di utile e funzionale non è sufficiente per


ottenere del denaro. Abbiamo detto che l’offerta di un bene o
servizio deve incontrare la domanda dello stesso. La domanda,
sappiamo, può essere creata da chi ha qualcosa da offrire,
attraverso forme promozionali varie e attraverso campagne
pubblicitarie. La pubblicità e la promozione non sono la stessa
cosa ma la prima (la pubblicità) è solo un modo di mettere in
pratica la promozione. Quindi offerta e domanda devono esistere

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e devono essere fatte incontrare.

Questo aspetto è importante e non va trascurato. Si deve dare


l’opportunità che questo punto di contatto esista e sia funzionale
affinché avvenga l’atto conclusivo di ogni tipologia produttiva
ovvero lo scambio fra chi offre e chi domanda. Scambio che vede
passare un bene o servizio da chi lo offre a chi lo richiede con il
contemporaneo passaggio di denaro da chi riceve il prodotto a chi
lo fornisce. Quindi lo scambio ha due facce con due vettori (un
vettore è una direzione nello spazio dotata di forza) invertiti.

SEGRETO n. 16: affinché la produzione porti all’ottenimento


di denaro, deve avvenire uno scambio di natura commerciale.
Quindi l’offerta di un bene o servizio deve incontrare la
domanda.

La creazione di un punto di contatto è qualcosa che nel mondo del


lavoro viene sovente denominato aspetto commerciale.
L’aggettivo “commerciale” viene assegnato, di consueto, a tutte
quelle attività che hanno a che fare con il mettere in contatto
l’offerta e la domanda e fare in modo che avvenga lo scambio.

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È possibile anche dire che l’aspetto commerciale venga associato
con la figura della vendita. Questo non è scorretto ma necessita di
alcune precisazioni. La prima è definire esattamente cosa una
vendita sia.

Per vendita intendiamo l’attività di chiusura e creazione formale


dello scambio fra qualcuno che ha mostrato interessamento per un
prodotto e chi offre quel prodotto. La vendita in realtà è
un’attività tecnicamente molto estesa e non riducibile alla ristretta
figura del “venditore”, che per molte persone è diventato uno
stereotipo da collocare nell’immaginario collettivo.

Potremmo dire che quasi tutte le attività economiche hanno una


vendita alla base o si concludano con un atto di vendita. E che
praticamente chiunque si occupi di lavoro o di affari debba, in un
certo senso, vendere qualcosa o qualcuno… Fosse solo se stesso.

Dinanzi a un datore di lavoro che esamina il nostro curriculum, è


evidente che stiamo cercando di vendere noi stessi o la nostra
professionalità ed esperienza a chi potrebbe assumerci.
Cerchiamo di convincerlo delle nostre capacità e di mostrargli in

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che modo noi potremmo essere vantaggiosi per l’azienda che
assume.

Effettuare questo tipo di colloquio e giungere all’assunzione è, a


tutti gli effetti, un’attività di vendita che si concretizza con uno
scambio: io lavoratore presterò le mie capacità professionali e, in
cambio, otterrò una paga.

Vendita, quindi, è un’attività che comporta molti tipi di


conoscenza: vi è la conoscenza tecnica di ciò che si stia
promuovendo (mandando avanti o spingendo) e vi è la
conoscenza degli aspetti psicologici dell’acquisto o della
sottoscrizione di contratti. I buoni venditori non sono coloro che,
come nell’immaginario collettivo, stressano il cliente affinché
compri qualcosa. Anzi, un buon venditore si riconosce dal fatto
che vende o chiude il contratto con un cliente che è
soddisfattissimo di ciò che ha fatto.

Negli ultimi anni è apparsa sempre più evidente l’importanza di


buoni impiegati, agenti e funzionari commerciali. Di persone che
si occupassero delle vendite, direttamente o indirettamente. Non a

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caso, nei siti di inserzioni ricerca lavoro, gli agenti commerciali o
i venditori in generale, sono sempre tra le figure più ricercate.
Essi hanno molto valore perché permettono che lo scambio fra
offerta e domanda avvenga. Essi creano scambi e, di
conseguenza, ricchezza per tutti. Anche per se stessi.

SEGRETO n. 17: la vendita ha due componenti fondamentali:


una conoscenza tecnica e specialistica di ciò che si vende e una
conoscenza generale dei meccanismi psicologici dell’essere
umano e delle tecniche generali che regolano il
completamento di uno scambio.

Fare il venditore, per alcuni, risulta essere un lavoro difficile o


spaventoso. Per qualcuno non sarebbe neppure una professione
consigliabile o da catalogare nella “serie A” dei lavori. Altri
rimangono particolarmente spaventati dall’idea che un venditore,
molto spesso, non abbia un compenso sicuro ma debba
guadagnarsi i suoi compensi con un’attività di tipo provvigionale
in cui tanto più vende tanto più gli viene riconosciuto.

Ritornando a noi, ricordiamo che non basta produrre. Occorre

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anche promuovere e pubblicizzare quanto si produce. Questo ci
porta all’interessamento delle persone.

A volte la sola pubblicità può creare la vendita. Nel senso che il


comunicare l’esistenza del prodotto porta alla completa chiusura
del ciclo di produzione con l’avvenuto scambio. I casi di questo
tipo sono rari e anche quando ciò avviene vi è sempre un corpo di
collaboratori commerciali che predispone e si occupa della linea
di vendita. Il semplice trovare in un negozio un prodotto
pubblicizzato in TV sta a significare che qualcuno ha lavorato per
convincere il negoziante a collocare nel suo spazio di vendita il
prodotto stesso.

Permettere che uno scambio fra domanda e offerta avvenga può


diventare una vera e propria arte. Ultimamente è nata la
professione del network marketer, ovvero di colui che si occupa
di network marketing. Network sta a significare rete di
collaboratori organizzata. Market sta a indicare un mercato di
qualcosa.

Il network market è un’attività in cui ci si dedica a creare dei

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canali distributivi di qualcosa, canali formati da altre persone che
lavorano insieme formando una vera e propria rete.

La creazione di una rete permette quelle che, in linguaggio


tecnico, si chiamano economie di scala. Ovvero, se vendo 1 pezzo
guadagno 1 mentre se vendo 10 pezzi guadagno 20. Se creo una
rete di vendita e mi occupo di tenerla funzionante, posso
guadagnare su quello che vendo io, in prima linea, ma anche una
parte di quello che l’intera rete sta vendendo. Il mio guadagno, in
questo caso, è dato dal servizio di organizzazione e motivazione
che fornisco. Il network marketing ha avuto un vero boom grazie
a internet e alla facilità con cui ora, grazie alla connessione con il
web, le persone possono creare relazioni e trovare altre persone.

Quindi la sequenza che porta ricchezza è:


1. definire cosa potrebbe essere prodotto (verificare l’esistenza di
una domanda o la possibilità di crearne rapidamente una);
2. avere un prodotto (bene o servizio) di valore;
3. promuoverlo al giusto mercato di riferimento;
4. chiudere lo scambio tramite attività commerciali appropriate.

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SEGRETO n. 18: la sequenza che porta alla ricchezza è:
definire cosa potrebbe essere prodotto, avere quel prodotto,
promuoverlo nel giusto mercato e chiudere lo scambio tramite
attività commerciali appropriate.

Parlando di scambio, sottolineiamo che esso può essere effettuato


in difetto, alla pari o in eccesso. Uno scambio in difetto è quando
si consegna qualcosa che ha un valore minore rispetto al prezzo
pagato. Uno scambio alla pari è quando si consegna qualcosa che
ha un valore coerente con il prezzo pagato. Uno scambio in
eccesso è quando si consegna qualcosa che ha un valore superiore
al prezzo pagato.

Sebbene possa sembrare strano a una prima analisi, è


consigliabile sempre ricercare lo scambio in eccesso. Cioè cercare
di offrire a chi ci sta pagando qualcosa di più di quanto lui si
aspettasse. Questo ci permette di ritagliarci un ruolo da vincenti
da un punto di vista di rapporto con chi compra o chi usufruisce
dei nostri servizi, e ci consentirà di avere di più in futuro. A noi
che offriamo non costerà più di tanto, ma i vantaggi, soprattutto
nel medio e lungo periodo, saranno innegabili.

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SEGRETO n. 19: offrire di più di quanto si aspetta chi chiede
è un’ottima strategia commerciale, in quanto i ritorni di
fedeltà e di promozione sul medio e lungo periodo sono
garantiti.

Abbiamo esaminato in questo capitolo quali siano le leggi


fondamentali della produzione. Sappiamo che producendo
possiamo guadagnare di più. Dobbiamo ancora capire come si
può scegliere una professione o attività che ci permetta di ottenere
una produzione e come poter poi ottenere concretamente più
denaro da quel che andremo a fare. La risposta nei prossimi
capitoli.

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RIEPILOGO DEL GIORNO 2:
 SEGRETO n. 9: L’individuo può produrre e sfruttare alcune
potenzialità finanziarie del sistema economico. L’utilità che
diversi individui traggono da uno stesso prodotto o servizio è
differente e questo permette di incrementare la soddisfazione
complessiva di un intero gruppo tramite i corretti scambi.
 SEGRETO n. 10: per poter ottenere del denaro occorre stabilire
cosa siamo in grado di scambiare con l’ambiente che ci
circonda. La scelta del bene o servizio che scambieremo è la
decisione più importante fra le proprie scelte.
 SEGRETO n. 11: la differenza sostanziale fra lavoro
dipendente e lavoro autonomo o imprenditoriale è il modo,
proporzionale al tempo o proporzionale alla produzione, con
cui i due tipi di prestazioni vengono remunerate.
 SEGRETO n. 12: il primo gradino nella scelta di cosa produrre
è l’analisi della domanda. Il secondo è la definizione esatta di
quale bene o servizio la soddisfa. Stabilito questo prodotto
finale, occorre stabilire la sequenza di prodotti intermedi e
assegnare una statistica a ognuno di essi.
 SEGRETO n. 13: in un gruppo occorre definire con esattezza
quale mansione abbia ogni membro e quale sia il prodotto

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finale da ottenere. Si possono ottenere aumenti di produzione
se si premia la produttività e si penalizza l’improduttività.
 SEGRETO n. 14: nel realizzare qualsiasi iniziativa, chi
organizza o dirige deve creare un sistema di premi e penalità
per i comportamenti produttivi e per quelli non produttivi.
Incrementare l’efficienza di qualcuno è il miglior modo per
aumentare il valore complessivo della sua produzione.
 SEGRETO n. 15: per migliorare la propria efficienza, occorre
capire quale delle tre aree (percezione, decisione, azione) è
maggiormente deficitaria e da correggere per prima. Ripetere
con la seconda area deficitaria in modo da avere un rapporto
coerente fra le tre aree di efficienza.
 SEGRETO n. 16: affinché la produzione porti all’ottenimento
di denaro, deve avvenire uno scambio di natura commerciale.
Quindi l’offerta di un bene o servizio deve incontrare la
domanda.
 SEGRETO n. 17: la vendita ha due componenti fondamentali:
una conoscenza tecnica e specialistica di ciò che si vende e una
conoscenza generale dei meccanismi psicologici dell’essere
umano e delle tecniche generali che regolano il completamento
di uno scambio.

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 SEGRETO n. 18: la sequenza che porta alla ricchezza è:
definire cosa potrebbe essere prodotto, avere quel prodotto,
promuoverlo nel giusto mercato e chiudere lo scambio tramite
attività commerciali appropriate.
 SEGRETO n. 19: offrire di più di quanto si aspetta chi chiede è
un’ottima strategia commerciale, in quanto i ritorni di fedeltà e
di promozione sul medio e lungo periodo sono garantiti.

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GIORNO 3:
Come scegliere la propria attività

Una volta stabiliti i fondamenti della produzione, si dischiudono


le porte su come possiamo ottenere più prodotti, più scambi e più
denaro. Un errore da non commettere è, comunque, quello di
dimenticarsi che tra i fattori della produzione vi è la qualità.

I fattori qualitativi contano e hanno la loro immancabile


importanza. Se rileggiamo a fondo la definizione di valore e
ritorniamo a riflettere sul suo profondo significato, possiamo
comprendere che non è solo lavorando come matti che otterremo
grande valore – e quindi tanto denaro – dalle nostre attività.

Adesso, dopo alcuni fondamenti teorici, è giunto il momento di


cominciare ad apportare cambiamenti alla condizione personale.
La sequenza del cambiamento è decisione-azione-risultato.
Prendere le corrette decisioni è il punto di partenza di ogni piano
o anche di ogni singola azione.

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Nel prendere una decisione, oltre all’ovvio rischio di fare la scelta
sbagliata, si può facilmente commettere anche l’errore di, rinviare
la decisione per troppo tempo. Si rischia, in questo caso, di
commettere uno sbaglio anche se la decisione fosse giusta.

SEGRETO n. 20: il momento in cui si prende una decisione e


il lasso di tempo utilizzato per prenderla sono altrettanto
importanti quanto la decisione stessa.

Dopo le decisioni, le azioni da intraprendere vengono spesso di


conseguenza. E se le azioni sono eseguite in modo corretto, se
sono allineate alle giuste decisioni, i risultati non tarderanno ad
arrivare.

Cominciando a esaminare le varie decisioni che debbono essere


prese, non possiamo che affrontare innanzitutto la scelta se
lavorare per qualcun altro (come dipendenti) o per se stessi
(come autonomi o collaboratori a vario titolo). Può essere
altamente probabile che, nel leggere queste righe, questa scelta sia
già stata effettuata. Potrebbe anche essere stata effettuata in
mancanza di un panorama, di una mappa strategica completa.

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Ricordate: c’è sempre tempo per cambiare le proprie decisioni e
correggere le proprie scelte. Forse non sempre vi è la possibilità
di effettuare dei cambiamenti in pochissimo tempo, ma con
impegno e determinazione si può fare.

Non è possibile rispondere in un modo univoco alla domanda su


quale sia il lavoro migliore per ciascuno. Innanzitutto potrebbero
esistere una pluralità di mansioni che si adattano alle nostre
attitudini o soddisfano i nostri desideri. Sicuramente ci sono dei
fattori emotivi che non vanno trascurati: chi non ha la tenacia o la
costanza di affrontare in modo impetuoso le tempeste della vita
avrà una ben definita indicazione nello scegliere un lavoro che lo
ponga al riparo da pressioni emotive non gestibili.

Il nostro suggerimento è di finire di leggere questo ebook tutto


d’un fiato, tornare da capo e rileggere ogni pagina con un nuovo
punto di vista.

Sicuramente tutti noi vorremmo un lavoro che ci garantisca una


sicurezza finanziaria e una stabilità emotiva. Onestamente, questo
è un gravame di tipo culturale perché la sicurezza della

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sopravvivenza non è qualcosa che le leggi di natura riservano agli
organismi viventi. I nostri antenati non avevano il raccolto o il
bottino di caccia garantito.

Inoltre, come nota conclusiva, non possiamo chiudere gli occhi


sul fatto che gli equilibri economici consolidati dei precedenti
decenni stanno velocemente mutando. Oggi, come mai prima
d’ora, è necessario avere la massima capacità di contare sulle
proprie abilità e trovare soluzioni idonee per superare le difficoltà
che l’ambiente odierno ci pone.

Lasciamo a voi quindi, se ancora non lo avete fatto, l’onere della


scelta fra i due tipi di lavoro. Oppure si può optare per una via
ibrida in cui, mentre si lavora per conseguire il proprio progetto,
si accetta di lavorare per qualche altra struttura. Detto questo,
analizziamo quali azioni possono essere messe in pratica
all’interno di una delle due scelte che abbiamo deciso di porre in
essere.

Scelta 1: lavoro dipendente. Abbiamo sfiorato nel precedente


capitolo questo tema. Ora lo approfondiremo. Cos’è il lavoro

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dipendente? È quel tipo di lavoro in cui si presta il proprio tempo
a qualcun altro e si viene ricompensati per questo. Siccome il
tempo che si offre è prestabilito da un contratto o un accordo
sottostante, il compenso è per lo più fisso. In ogni caso, è slegato
da quanti prodotti si ottengono e/o si scambiano.

SEGRETO n. 21: il lavoro dipendente consiste nel prestare il


proprio tempo e la propria disponibilità a qualcuno in cambio
di un compenso fisso o quasi totalmente fisso.

Un commesso viene assunto per “presidiare” il negozio per un


certo numero di ore e cercare di vendere il più possibile. Ma il suo
compenso sarà in ogni caso di (ad esempio) 1.200€ mensili. In
alcune situazioni vi possono essere premi e incentivi, non
necessariamente di natura finanziaria, ma la situazione generale è
quella descritta.

In Italia il lavoro dipendente ha goduto e gode ancora di un largo


credito ed è una forma di lavoro molto desiderata e appetibile
soprattutto, per non dire unicamente, quando si tratta di un
contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

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I motivi sono vari e sarebbe troppo lungo analizzarli uno per uno.
Alla base vi sono meccanismi culturali tipici della nostra nazione
e legati alla sua storia recente e meno recente. Nonostante i vari
vantaggi che il lavoro dipendente (a tempo indeterminato) offre,
questo tipo di scelta lavorativa crea maggiori problemi rispetto al
lavoro autonomo nell’applicare cambiamenti che ci portino ad
avere più denaro.

Ciò è legato al problema principale del lavoro dipendente in cui


non c’è una relazione diretta e proporzionale tra la quantità e
qualità del proprio lavoro e la remunerazione dello stesso. Il
lavoro dipendente vive sul cosiddetto stipendio o salario (a
seconda che si parli di impiegati o di operai). Si lavora tutto il
mese in vista di un compenso che già si conosce. Le finanziarie
operano prestando soldi ai lavoratori basandosi proprio su questa
quasi assoluta certezza che il lavoratore avrà per tutti i mesi
quell’entrata.

Nella società umana esistono moltissime differenze fra le persone.


C’è chi è portato per qualcosa e chi invece se ne distanzia in
modo deciso. Molte persone hanno piacere nel non essere al

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centro della stanza dei bottoni. Molte persone desiderano vivere
prestando il proprio lavoro senza sentirsi addosso il peso delle
scelte imprenditoriali e dei rischi connessi. Ma anche un
lavoratore dipendente dovrebbe, almeno ideologicamente,
insistere affinché nella ditta in cui lavora si verifichi uno
spostamento, seppur lieve, dalla paga in base al tempo di lavoro
prestato a una paga in base alla produzione effettuata.

L’essere umano produce per vivere. Mettendosi insieme con altre


persone si creano strutture organizzate che producono per vivere.
Non si può pensare che si possa prestare in modo indefinito il
proprio tempo per dare un apporto a una struttura che, in effetti,
non sta producendo per vivere. Prima o poi, tale struttura
collasserà.

Non può esistere nessuna struttura (che sia essa un’azienda, un


ente pubblico o un’associazione di volontariato) che possa
sopravvivere oltre il breve periodo se non produce più di quanto
consuma. L’unica eccezione è rappresentata da un aiuto esterno.
Ma anche questo dovrebbe essere limitato, perché quell’aiuto in
più deve essere prodotto da qualcun altro o da qualche altra

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struttura. E come è facilmente intuibile, in qualsiasi società
solamente un numero limitato di strutture e individui può vivere
alle spalle di strutture o persone produttive.

Quindi, se un lavoratore pensa che la sua responsabilità finisca


solamente nell’apportare il proprio contributo, è in errore. La sua
responsabilità prevede infatti che egli controlli (in un modo o
nell’altro) che anche tutti i colleghi, compresi i superiori o gli
strati manageriali dell’organizzazione, apportino il proprio
contributo. Inoltre la sua responsabilità, condivisa con tutti i
colleghi, si estende fino al far sì che la propria organizzazione
(ente pubblico, azienda, associazione ecc.) sopravviva.

SEGRETO n. 22: la responsabilità di un lavoratore


dipendente comprende il controllare, nei limiti del possibile,
che tutti gli altri membri diano il loro contributo e che
l’azienda vada sempre meglio.

I lavoratori troppo spesso incorrono nell’errore di pensare che essi


non facciano parte dell’organizzazione per cui lavorano. Al
contrario, essi sono l’organizzazione per cui lavorano. Né più né

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meno del presidente o degli amministratori. Né più né meno dei
proprietari. Ognuno ha un ruolo e una mansione. Anche il
fondatore e proprietario di un’azienda sa che quest’ultima è
un’entità diversa e separata da lui. E dove un proprietario si
comporta solo da padrone, presto o tardi scoprirà che qualcosa
nella sua ditta non funziona.

Oltre a questo, un lavoratore dipendente deve compiere anche


altre azioni per poter guadagnare più denaro. La prima consiste
nell’adoperarsi affinché, nella struttura in cui lavora, si introduca
il concetto di premiare chi produce e penalizzare chi non lo fa.

I sistemi possono essere vari e di diversa intensità. Si può iniziare


dando semplicemente dei premi produzione (ben definiti e chiari)
a chi raggiunge determinati budget. Questo dovrebbe essere solo
l’inizio. Si può proseguire ancorando parte del compenso al
lavoratore a una statistica produttiva. Un qualche misuratore
oggettivo, per essere chiari.

Ci saranno degli individui creativi, che creeranno di fatto le


aziende ma che dell’azienda non saranno i padroni. Percepiranno

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compensi proporzionali alla loro creatività, alle proprie capacità
manageriali e al rischio imprenditoriale che si assumono. Ma
saranno una parte dell’azienda, non l’azienda.

Insieme ai creativi, ci saranno degli esecutori. Essi percepiranno


compensi proporzionali alle proprie capacità esecutive e alla
responsabilità che si assumono nella scala gerarchica aziendale.
Saranno una parte dell’azienda, non dei semplici “dipendenti”.

In secondo luogo, ciò che un lavoratore può fare è, comunque,


aumentare la sua produttività all’interno del posto dove lavora.
Forse non subito e probabilmente non sempre, qualcuno noterà
questo incremento di produzione. E forse ancor meno spesso
qualcuno premierà questo incremento di produzione, ma non
possiamo escludere che capiti.

Detto per inciso, l’unico modo sano per avanzare all’interno di


una struttura (sia essa pubblica o privata) è quello di essere bravi,
ovvero onesti, diligenti, responsabili, attivi, competenti, produttivi
e privi di robotismo (atteggiamento privo di responsabilità in cui
si mettono in atto solo azioni pre-determinate o meccaniche).

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Archivieremo con attenzione le situazioni, diffuse fin troppo
spesso dai media a discapito dei comportamenti virtuosi, in cui la
mancanza di talento o onestà viene vigorosamente privilegiata
grazie a “scorciatoie” o appoggi indebiti. Lasceremo questi aspetti
ai margini in quanto sono solo una difficoltà aggiuntiva che
potremmo mettere nell’equazione.

Per portare ordine sulla scena dobbiamo comunque assimilare i


concetti basilari che abbiamo esposto. È facile vedere che le
strutture in cui queste alterazioni del merito professionale
avvengono, sono quasi sempre organizzazioni in cui chi decide le
assunzioni o promozioni è assolutamente disinteressato al buon
funzionamento (sopravvivenza) dell’organizzazione.

Magari parliamo di una grande azienda privata, importantissima


per la nazione. Ma chi decide le assunzioni o le nomine?
Qualcuno che non verrà minimamente colpito dal fatto che, da lì a
qualche anno, quell’azienda andrà in fallimento.

Chiedete a un ristoratore di assumere una cameriera maldestra!


Chiedete a un proprietario di un bar di assumere un barman

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incompetente! Chiedete a un imprenditore edile di assumere un
operaio scansafatiche! Vedrete che risposte avrete da chi ha a
cuore il buon funzionamento e la sopravvivenza di qualcosa.

È doveroso per un lavoratore impegnarsi di più e produrre di più


sul posto di lavoro, anche se il fatto potrebbe passare inosservato.
In ogni caso, egli diventerà più bravo e più veloce, e in futuro tali
abilità gli torneranno utili. Poi, se avrà fatto del suo meglio, avrà
più titoli per richiedere un aumento di stipendio. E un premio o un
aumento di stipendio possono arrivare.

SEGRETO n. 23: gli strumenti che un dipendente ha a


disposizione per incrementare le sue entrate sono: agire in
modo che nel posto di lavoro siano introdotti i meccanismi che
premiano chi produce e aumentare la propria produttività
attraverso un maggiore impegno sul posto di lavoro.

In terzo luogo, e in modo più pertinente, ciò che un lavoratore può


fare per aumentare le sue entrate di denaro, è prendere delle
nuove decisioni di lungo periodo sulla sua vita. Immaginiamo la
quantità sterminata di lavori dipendenti che una persona potrebbe

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fare. Come detto, forse qualcuno ha deciso che il suo futuro è
scalare la gerarchia della ditta per cui lavora. A questo punto egli
dovrebbe focalizzare la sua attenzione sulle sue mete e mettere a
frutto i punti 1 e 2 precedentemente esposti.

Se qualcun altro ha deciso di cambiare lavoro (perché quello


attuale non fa per lui) e il suo sogno è di fare un altro lavoro o
mettersi in proprio (diventare imprenditore) allora dovrebbe
concludere la lettura del presente materiale, in modo da capire
come alcune influenze culturali e alcune pressioni interpersonali
influenzino le nostre decisioni. Riuscirà, a quel punto, a prendere
nuove decisioni sul proprio futuro evitando di cadere nelle
trappole mentali che spesso, a causa di influenze esterne, si
creano.

Il lavoro giusto per ognuno di noi è quello che:


 ci fa stare bene e ci soddisfa;
 ci permette di mostrare le nostre abilità;
 ci consente di guadagnare ciò che riteniamo sia il giusto
compenso per le nostre abilità.

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Un individuo dovrebbe cercare questo lavoro con impegno perché
l’essere umano passa la maggior parte del suo tempo lavorando e
la sua attività non è una scelta minore nella vita.

SEGRETO n. 24: ogni essere umano deve scegliere il giusto


lavoro per lui senza scendere a compromessi con la propria
realtà. Il lavoro deve farlo star bene, permettergli di
esprimersi al meglio e consentirgli di guadagnare quanto egli
vale.

In realtà, come si è potuto desumere, un lavoratore dipendente ha


dei limiti oggettivi riguardo alla sua capacità di guadagnare molti
più soldi. L’unico vero consiglio che si può dare è che un
dipendente riveda per bene gli scopi e le mete della propria vita in
relazione al lavoro. Dovrebbe analizzare se il lavoro che svolge o
intende svolgere lo realizza completamente e se permette di
esprimere tutte le proprie abilità potenziali.

Se al dipendente “signor Rossi” sfiora il dubbio che possa dare al


mondo intero qualcosa di più, sarà meglio che prenda in
considerazione l’idea di cambiare professione e dedicarsi a una

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nuova attività. Il suggerimento più saggio è, per tutti i dipendenti,
quello di avvicinarsi a un’attività parallela al proprio lavoro
principale in modo graduale.

SEGRETO n. 25: è consigliabile, per un dipendente che


intende cambiare lavoro, trovare dei piani di uscita graduali
da ciò che fa in un certo momento a ciò che progetta di fare in
un prossimo futuro.

Non è infrequente che qualcuno possa anche trovare delle buone


strade con un approccio privo dell’ansia di dover subito
guadagnare del denaro. Le iniziative da far partire part-time non
sono poche e alcune di esse possono essere decisamene valide,
anche in una prospettiva di aumento del tempo da dedicare fino
alla sostituzione del vecchio lavoro con la nuova attività.

Scelta 2: lavoro autonomo. Abbiamo definito il lavoratore


autonomo colui che riceve un compenso proporzionale al lavoro
effettuato anziché al solo tempo d’opera prestato. Innanzitutto
esaminiamo i vari tipi di lavoratori autonomi. Abbiamo cinque
macro-categorie, che descriveremo una per una:

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 l’imprenditore;
 l’amministratore;
 il professionista;
 il venditore;
 ogni altro tipo di collaboratore pagato a produzione.

SEGRETO n. 26: esistono cinque fondamentali figure di


lavoratori autonomi e cioè l’imprenditore, l’amministratore, il
professionista, il venditore e ogni altro tipo di collaboratore
pagato a produzione che non ricade nelle precedenti quattro
categorie.

L’imprenditore è un autonomo che decide di intraprendere


un’attività d’impresa (produzione di beni e/o servizi) e che investe
dei propri capitali (mezzi o denaro) nell’iniziativa. La sua attività
è profondamente “creativa” e la sua figura è stata correttamente
indicata come il motore dello sviluppo economico di una società.

L’imprenditore ha il grande merito di creare una struttura


produttiva e raccogliere e organizzare le potenzialità inespresse di
altri lavori e/o di altri mezzi. Una delle sue funzioni è di prendere

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risorse inutilizzate da una parte della società (tipicamente i
risparmi di qualcuno) e permettere che quelle risorse possano
produrre qualcosa di benefico e valido per la collettività o parte di
essa.

SEGRETO n. 27: la principale funzione di un imprenditore è


prendere risorse inutilizzate in una parte della società
(tipicamente i risparmi bancari di qualcuno) e permettere che
quelle risorse diventino produttive.

Scopo dell’imprenditore è massimizzare il profitto ovvero la


differenza fra ricavi (vendite effettuate) e costi (spese fatte per
realizzare il prodotto). L’imprenditore non ha nessun parametro di
riferimento in merito ai suoi guadagni. Sa che non c’è nessun
compenso predefinito. Quanto guadagnerà dipende unicamente da
quanto riuscirà ad aumentare i ricavi tenendo sotto controllo i
costi in modo da avere una forbice che diventerà il suo compenso.

L’amministratore è un autonomo che ha il compito di gestire o


dirigere un’attività. Nelle piccole aziende l’imprenditore e
l’amministratore sono figure che coincidono nella stessa persona.

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Anche quando vengono svolti dalla stessa persona, questi due
ruoli sono completamente distinti. Non a caso, non appena
l’azienda cessa di essere medio-piccola, l’imprenditore cessa di
essere anche l’amministratore e assume una persona che ricopra
questo ruolo. Quindi l’amministratore prende un’attività già
esistente e la “pilota” in modo che funzioni meglio e raggiunga gli
obiettivi concordati.

Anche nel caso dell’amministratore, la bontà del suo operato


viene giudicata in base all’ammontare di profitto prodotto (ricavi
meno costi). Ma, a differenza dell’imprenditore, l’amministratore
non tiene per sé il profitto bensì lo distribuisce ai proprietari
dell’azienda (a meno che l’amministratore non sia anche il
proprietario dell’azienda, cioè l’imprenditore). In quasi tutti i casi,
tuttavia, l’amministratore viene remunerato in proporzione alla
sua bravura, cioè in base alla sua capacità di dirigere bene
l’azienda.

SEGRETO n. 28: l’amministratore è qualcuno che dirige


un’azienda o struttura.

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Nella terza categoria troviamo il professionista. Un
professionista è colui che è preparato a svolgere una determinata
funzione. Tipicamente, un professionista è un esperto di un
qualche fare, cioè fornisce un servizio che è strettamente legato
alla sua individualità e che non può essere facilmente
standardizzato o prodotto in serie.

Esistono tipologie di professionisti (ad esempio i cuochi) che


forniscono alla fine un prodotto. Ma ciò che viene valutata è la
loro capacità di fornire un servizio, cioè un “fare”. Professionisti
sono tutti coloro che sanno fare qualcosa e che si fanno pagare per
eseguire un determinato servizio. Professionisti sono i consulenti,
gli avvocati, gli insegnanti ma anche gli elettricisti, gli idraulici, i
medici ecc.

Il professionista viene pagato in proporzione al servizio fatto e,


nello specifico, in proporzione al grado di necessità del servizio
richiesto e al grado di esclusività del servizio. Più il servizio può
essere fatto da una sola persona e maggiore sarà il suo prezzo.
Rientrano tra i professionisti tutti gli sportivi e gli artisti. Tra
l’altro alcune delle persone maggiormente pagate al mondo sono

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proprio artisti (tipicamente attori o cantanti) o sportivi. E la
motivazione fondamentale dei loro elevati ingaggi è sempre la
loro vera o presunta singolarità.

SEGRETO n. 29: il professionista è colui che fornisce un


servizio legato strettamente alla sua individualità e
conoscenza personale. Viene pagato in proporzione alla
necessità e al grado di esclusività del servizio richiesto.

Il venditore è anch’egli un tipo di professionista. La sua


professionalità e il suo rapporto con il resto del mondo economico
ne fanno una figura talmente peculiare da rendere necessario
inserirlo in una categoria specifica.

Il venditore è la figura di collegamento tra la produzione e


l’effettivo scambio di essa con il mercato (l’insieme dei
consumatori o utilizzatori di beni e/o servizi di un certo contesto).
Il venditore è colui che fa sì che lo scambio avvenga e che questo
si tramuti in soddisfazione per il compratore e in denaro per il
produttore.

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Questo concetto è talmente importante che il dimenticarsi di
entrambe queste due componenti di soddisfazione (la
soddisfazione del compratore e la soddisfazione del produttore)
ha comportato il crearsi di una cattiva fama da parte della figura
del venditore. Spesso (e ingiustamente diremo) il venditore è visto
come qualcuno da cui guardarsi attentamente.

Il luogo comune recita che esso sia mosso solamente dall’intento


malvagio di cercare di “rifilare” sempre e comunque qualcosa al
compratore, senza che questo acquisto sia necessario o con l’idea
che la vendita nasconda qualche trucco o aspetto poco chiaro e
pulito. Molti venditori conoscono questa situazione. Essi sanno
che il semplice presentarsi come venditori (non importa che si
cambi il nome in rappresentanti, promotori, agenti ecc.) comporta
una reazione di diffidenza quasi immediata.

Questa situazione è stata creata da una folta schiera di persone che


non avevano nessuna professionalità vera in qualità di venditori.
Persone che si sono spacciate per venditori sono comparse sul
mercato ingannando molti consumatori o forzando molti
acquirenti a comprare cose di cui non avevano stretta necessità.

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Il venditore è fondamentale per fungere da raccordo tra la
produzione e l’acquirente. Egli porta il prodotto dinanzi al
potenziale compratore, lo illustra e consiglia il compratore su
quale sia la sua migliore decisione. Il venditore viene pagato, di
regola, per “provvigione”. La provvigione è un compenso su base
percentuale del valore del venduto.

Il venditore è la figura che più classicamente si associa al ricevere


un compenso in base alla produzione. Forse proprio per questo
motivo è una figura che sovente viene vista come “dura” o
“difficile”. Fare il venditore è, a detta di molti, una scelta di vita
dura. Sennonché sono proprio i venditori coloro che, grazie alla
loro abilità, guadagnano molti soldi. Classiche figure di venditori
sono l’agente di commercio o l’agente immobiliare.

SEGRETO n. 30: il venditore è una figura di professionista


molto particolare e importante: è colui che fa da collegamento
fra la produzione e il mercato, facendo sì che lo scambio
effettivamente avvenga, con reciproca soddisfazione delle
parti coinvolte.

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Nella quinta categoria inseriamo tutti quei tipi di collaboratori
non immediatamente inquadrabili nelle prime quattro. Essendo
una categoria di collegamento non è possibile dare una maggiore
descrizione. Come sempre, il fattore qualificante è la presenza di
una corrispondenza tra il valore della produzione e il compenso
del collaboratore.

Per un autonomo produrre più denaro è più semplice rispetto a un


lavoratore dipendente. Più semplice perché già nella sua forma di
ricompensa è compreso il concetto di “nessun limite”. Un
autonomo non ha limiti al suo potenziale di guadagno perché egli
non è bloccato dal parametro inamovibile che è rappresentato dal
fattore “tempo”.

Ogni giornata è fatta di 24 ore. Questo dato non può essere


modificato. Se una persona guadagna in base al tempo di lavoro,
egli dovrà per forza limitarsi alla durata fisica della giornata
(comprensiva delle esigenze fisiche e sociali quali dormire,
nutrirsi, lavarsi ecc.). È vero che ci sono dei professionisti che si
fanno pagare per prestazione oraria. In questo caso però vediamo
che non c’è (potenzialmente) un limite al compenso per ora.

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Quindi, anche se questi professionisti non possono aumentare le
loro ore di lavoro giornaliero o settimanale, però possono
aumentare la quantità di compenso per ora. Quindi come gli
autonomi possono produrre più denaro? Riprendiamo le
categorie sopraelencate e vediamo caso per caso.

L’imprenditore. Teniamo distinte la figura dell’imprenditore e


della sua azienda perché potenzialmente la sua azienda non ha
limiti di crescita. Un’azienda può crescere di dimensioni. Questa
crescita avviene con l’aumento del numero o della potenza dei
macchinari; con l’aumento del numero dei collaboratori o della
loro produttività; con l’aumento dei magazzini, dei locali o delle
fabbriche e così via di questo passo. Non c’è attività economica
che non possa crescere in termini di produzione, produttività e
influenza.

L’imprenditore ha due modi per produrre più denaro:


 aumentare la produzione e la vendita di questa produzione
(sottointeso di beni e/o servizi);
 contenere i costi mantenendo costanti i ricavi.

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È anche importante non invertire i due modi sovraesposti. Cercare
di ridurre i costi ancor prima di aver lavorato a sufficienza
sull’aumento della produzione può avere un effetto
controproducente sul medio periodo. Illustrare ora quali metodi si
possano utilizzare per ridurre i costi a parità di ricavi esula da
questo contesto e si rinvia ad altri materiali specializzati
l’approfondimento del tema.

Com’è possibile invece aumentare la produzione della nostra


attività? Per quanto possa essere parzialmente fuorviante ridurre
questo tema in poche righe, possiamo delineare quello che è
l’orizzonte di riferimento in cui ci possiamo muovere. La
produzione va innanzitutto focalizzata. Bisogna porre l’attenzione
su cosa si deve produrre e sui criteri quantitativi che ci possano
mostrare (al di là di ogni valutazione meramente soggettiva)
l’andamento di questa produzione.

Successivamente la produzione va pianificata. Bisogna creare dei


piani scritti in cui sia messa nero su bianco la strategia generale
nei confronti del proprio mercato e i concreti programmi operativi
che daranno un’indicazione degli obiettivi minori e delle mete

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finali da raggiungere, con le relative tempistiche. Una meta e un
obiettivo privi di un preciso target temporale non sono delle mete
né degli obiettivi ma solo delle speranze e dei desideri.

In seguito la produzione va organizzata. Bisogna far sì che le


persone che agiscono in azienda sappiano esattamente cosa
devono fare essi stessi e cosa debbono fare (in linee generali) tutti
gli altri elementi. Questo si raggiunge tramite la creazione di un
“organigramma”. Un organigramma è una rappresentazione
grafica di come le funzioni di un’organizzazione si collegano l’un
l’altra e di come le persone che vi operano all’interno sono in
relazione ai prodotti e sottoprodotti organizzativi.

In un’azienda composta da una sola persona tutte le funzioni


vengono svolte dallo stesso titolare. Se il lavoro aumenta, egli
comincerà ad aver bisogno di aiuto. Aiuto che, con la sola
presenza di uno o due aiutanti, non crea problemi organizzativi.
Ma nel momento in cui c’è bisogno di figure diverse (in
amministrazione, in contabilità, settore vendita e così via), la
confusione potrebbe essere maggiore dei vantaggi portati dalla
presenza di più collaboratori.

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Infine la produzione va monitorata. Bisogna semplicemente
gestire la macchina produttiva attraverso l’analisi delle statistiche
di produzione generali e dei sottoprodotti trovando cosa non va e
spingendo la produzione.

SEGRETO n. 31: l’imprenditore ha due modi per produrre


più denaro: primo, aumentare la produzione e aumentare la
vendita di questa produzione; secondo, contenere i costi
mantenendo inalterati i ricavi. La produzione può essere
aumentata attraverso le fasi di focalizzazione, pianificazione,
organizzazione e monitoraggio.

Per produrre di più, un imprenditore deve migliorare l’efficienza


della sua azienda (dei suoi macchinari e, ancor più importante,
delle persone che nella ditta lavorano). Se applica i punti di cui
sopra (focalizzazione, pianificazione, organizzazione e
monitoraggio) riuscirà ad aumentare la sua produzione.

Un imprenditore con una produzione aumentata deve, in modo


ancor più ovvio, trovare uno sbocco alla propria produzione.
Anche nel caso in cui un imprenditore produca non per il

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magazzino ma su “ordinazione”, le cose non mutano di tanto.
Ovvero capita sovente che la produzione possa esistere solo in
presenza di un cliente: si tratta della produzione su ordinazione. A
parte i parametri temporali sfasati, le due situazioni produttive
sono molto simili e vi si possono applicare le stesse logiche
aziendali.

Senza una corretta pianificazione e organizzazione non basta


avere sempre più clienti o ordini. Anzi, ciò che potrebbe capitare
è che si abbia un eccesso di lavoro rispetto a quello che l’azienda
riesce a gestire, con conseguente declino della qualità del servizio
o del prodotto. Spesso ciò si ritorce anche nei confronti della
produttività o del guadagno aziendale.

SEGRETO n. 32: senza una corretta pianificazione dei costi e


una corretta organizzazione degli ordini, una quantità
maggiore di produzione potrebbe portare a un declino della
qualità del prodotto, a una diminuzione della produttività e,
quindi, del guadagno.

L’amministratore. Per l’amministratore ricalchiamo le

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indicazioni già espresse per l’imprenditore. Il guadagno
dell’amministratore è proporzionale all’aumento di produzione,
all’aumento dei ricavi e alla diminuzione dei costi. Anche
l’amministratore deve mettere in atto tutte le azioni
(focalizzazione, pianificazione, organizzazione e monitoraggio)
che servono per aumentare la produzione aziendale. Non vi è
differenza fra queste due figure per quanto riguarda le leve che
gestiscono gli aumenti di produzione.

Il professionista. Anche il professionista deve aumentare la


produzione. In questo caso però riscontriamo un fattore proprio
che diventa il vero limite del professionista. Un professionista non
ha una propria azienda. Nel momento in cui trasforma la propria
attività in un’azienda, diventa, a tutti gli effetti, un imprenditore e
quindi si applicano tutte le indicazioni e i consigli che abbiamo
delineato nelle pagine precedenti.

Un professionista basa il suo lavoro su delle sue qualità


intrinseche, la sua professione appunto. Il modo in cui egli può
incrementare i suoi guadagni è trasformare la sua professionalità
in qualcosa di commerciabile senza limiti. In particolare, gli artisti

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che creano possono convogliare la loro abilità in beni (libri,
manufatti, dischi ecc.) che possano essere prodotti e venduti in
grandi quantità.

Altri tipi di professionisti (si pensi agli avvocati o agli ingegneri)


non possono far questo. A loro resta quindi cercare di prestare un
lavoro professionale, che per il suo intrinseco valore venga
remunerato il più possibile a parità di impegno temporale. Un
progetto assegnato a un ingegnere prestigioso o un incarico dato a
un famoso avvocato potrebbero arrivare a costare somme
notevoli.

I modi in cui un professionista può incrementare la quantità di


denaro che può guadagnare sono quindi:
 trasformare la propria attività professionale in azienda in modo
che non vi siano limiti di orario e di grandezza nella
produzione. In questo modo l’azienda, sotto la guida del
professionista diventato imprenditore, può crescere all’infinito;
 nel caso in cui il passo precedente non sia realizzabile, il
professionista può cercare di trasformare le sue abilità in
prodotti finiti vendibili senza limiti;

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 nel caso in cui anche questa soluzione non sia realizzabile, il
professionista deve aumentare le sue abilità, la sua esperienza e
l’importanza delle sue conoscenze in modo da aumentare il
valore di mercato di un’unità temporale del suo lavoro (ad
esempio il valore sul mercato di un’ora di una sua prestazione
professionale). È ovvio che questo aumento non deve essere
ingiustificato. Aumentare semplicemente e senza reali
motivazioni la propria parcella non è un’azione consigliata e
sovente ha un effetto boomerang nei confronti dell’individuo.

SEGRETO n. 33: un professionista può aumentare la sua


produzione trasformando la sua attività in azienda e
diventando imprenditore; incorporando le sue conoscenze e
abilità in prodotti finiti producibili senza limiti (es. un libro);
oppure aumentando il costo orario della sua prestazione
professionale.

Il venditore. Nel caso del venditore il suggerimento è


estremamente semplice: diventare sempre più abile nel riuscire a
effettuare la quantità maggiore di vendite.

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Per fare questo deve:
 conoscere sempre meglio gli aspetti tecnici e commerciali di
ciò che vende in un continuo gioco di miglioramento della
propria professionalità;
 diventare sempre più bravo nelle specifiche tecniche di vendita
e nella gestione delle esigenze del consumatore.

Giusto a titolo di completezza, c’è da aggiungere che parte del


successo del venditore è la scelta del bene o servizio da vendere.
Alcune volte, invece che gettarsi come pazzi nel tentativo di
trovare nuovi clienti a cui vendere qualcosa, il venditore dovrebbe
riflettere sulla bontà reale del prodotto/servizio da lui promosso.
Alcune volte l’insuccesso delle sue attività può essere imputato al
tentativo di vendita di prodotti o servizi di nessun o poco valore.

SEGRETO n. 34: il venditore deve aumentare la sua abilità a


vendere, conoscendo sempre meglio ciò che vende e
migliorando le sue tecniche di vendita. Parte del suo successo
dipende dalla natura e dalla qualità del bene o del servizio che
egli vende.

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Una riflessione su questo potrebbe aiutare il venditore ad
aumentare i suoi guadagni attraverso la scelta del miglior prodotto
possibile (o più adatto al contesto etnico in cui egli opera o alla
sua specifica personalità).

Tra l’altro non si può dimenticare che gli scenari di mercato


mutano, e oggigiorno lo fanno piuttosto in fretta. Quindi, ciò che
abbiamo deciso di vendere dieci anni fa e che per tutto questo
tempo è stato un ottimo prodotto, potrebbe non esserlo a breve se
alcuni scenari del mercato di riferimento mutano in fretta.
Abbiamo conosciuto venditori di prodotti di nicchia, come quelli
basati sulla lavorazione del sughero, guadagnare tanti soldi per un
lungo periodo di tempo per ritrovarsi, negli ultimi 2-3 anni, a non
avere quasi più mercato.

Ogni altro tipo di collaboratore pagato a produzione. In questa


categoria possiamo dare il consiglio che, a una prima lettura,
sembrerebbe estremamente banale. Il consiglio è sempre lo stesso:
produrre di più sul proprio lavoro o specifica mansione.

Giusto qualche regola aggiuntiva valida per tutte le categorie ma

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applicabile in particolar modo a quest’ultima che non è ben
definita. Ogni collaboratore pagato a produzione deve aver ben
chiaro quale sia il proprio prodotto finale di valore. Deve sapere
cosa esattamente egli deve ottenere e la cui continua produzione
gli porta un corrispettivo guadagno attraverso lo scambio con chi
necessita di quella produzione. Ogni collaboratore deve conoscere
il suo prodotto e la corrispondente statistica numerica che lo
misura in modo inequivocabile.

SEGRETO n. 35: ogni collaboratore deve sapere con certezza


cosa esattamente deve ottenere e avere una statistica che
misuri la sua produzione da un punto di vista quantitativo o,
comunque, misurabile.

Giunti a questo punto, abbiamo esaminato cosa chi lavora


(dipendente o autonomo) possa fare per incrementare la sua
produzione. La scelta del tipo di lavoro è qualcosa che è lasciato
all’individuo perché troppi parametri, anche e soprattutto di tipo
familiare e culturale, vi sono connessi. Non sarà un ebook a
suggerirvi cosa dovete fare “da grandi”.

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Abbiamo preferito abbinare i vari tipi di lavoro alla causatività
che essi possono avere sull’incremento di produzione. Vi sono
anche altri fattori che altri testi hanno affrontato con completezza.
Questi sono i vantaggi secondari che alcune professioni e attività
possono regalare rispetto a delle altre.

Alcuni lavori permettono di stare a contatto con più persone. E


alcuni permettono di stare a contatto con persone con molte linee
di comunicazione o con persone con una certa influenza e
conoscenza. Questi tipi di aspetti secondari possono molto
frequentemente tramutarsi in input economici o finanziari
importanti. Queste persone o, con una definizione maggiormente
tecnica, queste linee di comunicazione possono aprirci le porte a
possibilità o occasioni che altrimenti ci sarebbero state precluse.

Chiunque abbia l’opportunità di intervistare persone che hanno


fatto grandi affari o sono diventate ricche, vi condenserà il loro
segreto nell’avere potuto conoscere e/o frequentare le persone
giuste. Nello scegliere quale sarà la nostra professione o il nostro
lavoro “da grandi”, questo è un aspetto da non trascurare
assolutamente.

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RIEPILOGO DEL GIORNO 3:
 SEGRETO n. 20: il momento in cui si prende una decisione e il
lasso di tempo utilizzato per prenderla sono altrettanto
importanti quanto la decisione stessa.
 SEGRETO n. 21: il lavoro dipendente consiste nel prestare il
proprio tempo e la propria disponibilità a qualcuno in cambio
di un compenso fisso o quasi totalmente fisso.
 SEGRETO n. 22: la responsabilità di un lavoratore dipendente
comprende il controllare, nei limiti del possibile, che tutti gli
altri membri diano il loro contributo e che l’azienda vada
sempre meglio.
 SEGRETO n. 23: gli strumenti che un dipendente ha a
disposizione per incrementare le sue entrate sono: agire in
modo che nel posto di lavoro siano introdotti i meccanismi che
premiano chi produce e aumentare la propria produttività
attraverso un maggiore impegno sul posto di lavoro.
 SEGRETO n. 24: ogni essere umano deve scegliere il giusto
lavoro per lui senza scendere a compromessi con la propria
realtà. Il lavoro deve farlo star bene, permettergli di esprimersi
al meglio e consentirgli di guadagnare quanto egli vale.
 SEGRETO n. 25: è consigliabile, per un dipendente che

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intende cambiare lavoro, trovare dei piani di uscita graduali da
ciò che fa in un certo momento a ciò che progetta di fare in un
prossimo futuro.
 SEGRETO n. 26: esistono cinque fondamentali figure di
lavoratori autonomi e cioè l’imprenditore, l’amministratore, il
professionista, il venditore e ogni altro tipo di collaboratore
pagato a produzione che non ricade nelle precedenti quattro
categorie.
 SEGRETO n. 27: la principale funzione di un imprenditore è
prendere risorse inutilizzate in una parte della società
(tipicamente i risparmi bancari di qualcuno) e permettere che
quelle risorse diventino produttive.
 SEGRETO n. 28: l’amministratore è qualcuno che dirige
un’azienda o struttura.
 SEGRETO n. 29: il professionista è colui che fornisce un
servizio legato strettamente alla sua individualità e conoscenza
personale. Viene pagato in proporzione alla necessità e al grado
di esclusività del servizio richiesto.
 SEGRETO n. 30: il venditore è una figura di professionista
molto particolare e importante: è colui che fa da collegamento
fra la produzione e il mercato, facendo sì che lo scambio

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effettivamente avvenga, con reciproca soddisfazione delle parti
coinvolte.
 SEGRETO n. 31: l’imprenditore ha due modi per produrre più
denaro: primo, aumentare la produzione e aumentare la vendita
di questa produzione; secondo, contenere i costi mantenendo
inalterati i ricavi. La produzione può essere aumentata
attraverso le fasi di focalizzazione, pianificazione,
organizzazione e monitoraggio.
 SEGRETO n. 32: senza una corretta pianificazione dei costi e
una corretta organizzazione degli ordini, una quantità maggiore
di produzione potrebbe portare a un declino della qualità del
prodotto, a una diminuzione della produttività e, quindi, del
guadagno.
 SEGRETO n. 33: un professionista può aumentare la sua
produzione trasformando la sua attività in azienda e diventando
imprenditore; incorporando le sue conoscenze e abilità in
prodotti finiti producibili senza limiti (es. un libro); oppure
aumentando il costo orario della sua prestazione professionale.
 SEGRETO n. 34: il venditore deve aumentare la sua abilità a
vendere, conoscendo sempre meglio ciò che vende e
migliorando le sue tecniche di vendita. Parte del suo successo

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dipende dalla natura e dalla qualità del bene o del servizio che
egli vende.
 SEGRETO n. 35: ogni collaboratore deve sapere con certezza
cosa esattamente deve ottenere e avere una statistica che misuri
la sua produzione da un punto di vista quantitativo o,
comunque, misurabile.

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GIORNO 4:
Come espandere i propri orizzonti

Ora conosciamo i fondamenti del denaro, sappiamo cosa significa


produrre e quali sono le regole che disciplinano il lavoro o la
produzione. Giunti a questo punto, alcuni di voi avranno tirato
fuori il sogno che avevano nel cassetto e saranno pronti a dargli di
nuovo vita. Altri avranno prestato nuova attenzione a qualche
opportunità che gli si era presentata e che avevano accantonato.
Altri ancora avranno chiarito alcuni dubbi sul loro attuale lavoro e
saranno pronti a metterci anima e corpo per portarlo alle stelle.
Molti altri, invece, saranno ancora in una condizione di dubbio su
cosa fare e quale svolta prendere nella vita.

Per costoro affrontiamo alcuni temi che ci permetteranno di


esaminare nuovi lavori o nuove opportunità. Partiamo dal
presupposto che il mondo economico odierno è diventato
frenetico e psicotico. Questo rappresenta un grande fattore di
destabilizzazione per molti ma, in chiave positiva, dobbiamo

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anche ammettere che si sono moltiplicate a dismisura le
opportunità a disposizione di chiunque.

In questi ultimi anni c’è sicuramente stato qualche meccanismo


finanziario che si è inceppato e che ha portato e sta portando non
pochi problemi negli equilibri del sistema economico. Allo stesso
tempo non possiamo negare che, soprattutto con l’avvento di
internet e della sempre maggiore interconnessione dell’economia
mondiale, sia più semplice per chiunque far partire un’attività di
successo o trovare un lavoro che dia soddisfazione. Il
palcoscenico si è ampliato, questo è certo. E questo ha causato la
rottura di alcuni schemi ormai superati.

Se leggiamo le storie di successo di molti individui che hanno


realizzato qualcosa di importante, rimarremmo sorpresi dalla
semplicità che a volte contraddistingue queste avventure. Un
autore teatrale sudamericano nostro amico una volta disse: «I
soldi si fanno con un’idea. E se l’idea è buona, questa continuerà
a procurarti denaro anche quando tu cominci a fare altro.»
Mostriamo questo pensiero come aforisma ispiratore (non a caso
ideato da un drammaturgo teatrale).

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Detto questo, e ponendoci dal punto di vista di trovare quale idea
possa metterci nella condizione di produrre, una strada
sicuramente virtuosa è quella di ampliare sempre i propri
orizzonti ed espandere sempre le proprie conoscenze e capacità.
Introduciamo una regola: per essere sicuri di continuare ad avere
del denaro, occorre essere capaci di avere entrate da fonti
alternative.

Questa regola è tratta da una legge riguardante la sopravvivenza


che mostra come l’unico atteggiamento valido sia trovare una
strategia vincente ed essere capaci di adattarsi ai mutamenti
ambientali abbastanza rapidamente in modo da sviluppare il
prima possibile una nuova strategia di riserva.

Agire diversamente comporterebbe l’estinzione della specie,


come i dinosauri ci insegnano da un punto di vista biologico.
Dobbiamo sempre chiederci se, nelle attività che svolgiamo,
siamo o meno dei dinosauri. Siamo in grado di trovare una nuova
strada per sopravvivere o i mutamenti ambientali ci possono
spazzar via?

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SEGRETO n. 36: è consigliabile aumentare la quantità delle
fonti di entrate per aumentare le capacità di adattamento a
improvvisi mutamenti dell’ambiente economico.

Oltre a questo, qualsiasi sia la nostra professione, non vi è altra


strada da percorrere che il continuo aggiornamento e
miglioramento della propria competenza professionale,
soprattutto in un mondo produttivo che viaggia ad altissime
velocità come il nostro.

Se abbiamo scelto una professione e la svolgiamo con


competenza e applicazione, occorre:
 continuare a studiare, esercitarsi e aggiornarsi per migliorare;
 aprire i propri canali comunicativi e informarsi continuamente
in modo da recepire dati e tendenze che ci mostrino quali
ipotetici orizzonti attendono il lavoro e l’economia a medio e
lungo periodo nell’area in cui viviamo e, passando a cerchi
concentrici di minore importanza, intorno a noi;
 cercare di ampliare le proprie capacità in altri ambiti lavorativi,
di modo da creare delle professionalità di riserva.

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SEGRETO n. 37: qualunque sia la nostra professione,
dobbiamo continuare a migliorarci, essere sempre informati
sui possibili scenari futuri e crearci delle professionalità di
riserva.

Partendo da queste regole di base, c’è qualcosa da aggiungere in


relazione al miglioramento delle proprie capacità. Ci baseremo su
un assunto, che diventerà una base funzionale per definire la
componente vivente dell’essere umano. Useremo come fattore
esplicativo dell’essere umano la sua capacità di generare e
prestare attenzione.

L’attenzione che un individuo è capace di provare, generare e


spostare è un indice diretto della sua capacità di interagire con il
suo ambiente e con altri individui. Potremmo filosoficamente dire
che l’attenzione che un individuo è capace di suscitare e provare è
un indicatore diretto di quanto egli sia vivo.

L’attenzione non è l’energia, la componente vitale dell’individuo,


quanto piuttosto il suo indicatore. Quest’asserzione è facilmente
sottoponibile a verifica, come ognuno di voi può controllare. Se

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osserviamo le persone intorno a noi possiamo vedere che quando
un individuo non prova più interesse per niente e non suscita più
l’interesse di nessuno, è come se fosse morto.

Una delle paure peggiori delle persone è quella di essere


abbandonate da tutti, ovvero di non ricevere più attenzione dagli
altri. Quando gli altri ci ignorano ci sentiamo vuoti e inutili. Di
riflesso, quando perdiamo la voglia di interessarci a qualcosa,
perché spenti da qualche brutta notizia o fatto della vita, sentiamo
calare su di noi le ombre della morte, travestite da una sorta di
cappa apatica.

Una strada senza manutenzione, dopo un po’, comincerà a non


essere più percorribile, con buche all’interno e sporcizia sui bordi.
Qualunque gruppo o organizzazione che non riceva attenzione
dall’esterno tende a sgretolarsi. Qualunque individuo venga
emarginato, diventa lo spettro di se stesso. Forse gli elementi
naturali e altri ecosistemi possono vivere senza l’attenzione
dell’essere umano. Ma nella società umana ciò non è possibile.
Sta di fatto che usare l’attenzione come indicatore di qualcosa è
un’idea nuova nel contesto in cui l’abbiamo posta.

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Nei meccanismi di sopravvivenza, l’attenzione guida l’organismo
alla ricerca del piacere (fattore che testimonia la presenza di
elementi favorevoli alla sopravvivenza stessa) e alla fuga dal
dolore (fattore che testimonia la presenza di elementi sfavorevoli
alla sopravvivenza). L’attenzione è il punto verso cui sono
concentrati i vettori di forza che causeranno l’azione.

Se in una serata la nostra attenzione viene catturata da una bella


ragazza, essa non rappresenta altro che la premessa di quale sarà
la direzione che prenderanno le nostre azioni. Se nel corso delle
giornate la nostra attenzione continua ad andare verso i problemi
legati al lavoro, non è difficile capire dove si svilupperanno le
nostre azioni.

In molti testi famosi si parla di attenzione. In alcuni di essi si


illustra l’ormai famosa legge dell’attrazione, che altro non fa che
spiegare cosa succede quando la nostra attenzione si fissa su
elementi negativi piuttosto che elementi positivi.

Ricordiamoci che l’attenzione ha due direzioni: una in entrata e


una in uscita. C’è l’attenzione che altri soggetti hanno verso di noi

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e l’attenzione che noi abbiamo verso altri. Entrambi i flussi sono
importanti. E non è possibile ottenere grandi e proficui risultati se
questo equilibrio di flussi è sbilanciato.

SEGRETO n. 38: l’attenzione è composta da due direzioni:


una in entrata e una in uscita. Una generata da noi verso
l’esterno e l’altra generata dagli altri verso di noi. I due flussi
devono avere un coerente equilibrio.

Non è consigliabile mettersi nella condizione di essere solo


oggetto di attenzione altrui. Questo ci collocherebbe al rango di
cose materiali, perché solo le cose possono ricevere attenzione
senza darne. È pure ovvio che questo è un giudizio di tipo
assoluto e nessun essere umano può essere definito un oggetto in
modo totale.

È impossibile che una persona, anche la meno interessata al


mondo, non emetta attenzione verso l’esterno. Allo stesso modo
non è possibile essere interessati a qualcosa o qualcuno senza di
riflesso ottenere attenzione. Schivare l’attenzione altrui in modo
ossessivo è un ottimo modo per ficcarsi nei pasticci.

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Detto questo, e ritornando sui binari del tema fondamentale
dell’ebook, possiamo infine sottolineare che il denaro segue nella
società le stesse regole che disciplinano il funzionamento dei
flussi dell’attenzione. Il denaro è una creazione umana e, più
precisamente, un simbolo che rappresenta qualcosa. Un simbolo
contraddistinto da fiducia. Per questo motivo il denaro è un
indicatore di dove l’attenzione di una società si sposta.

Facciamo degli esempi che ci mostrino la validità di


quest’asserzione. Ogni azienda sa che per ottenere vendite e
incassi deve farsi conoscere, notare e ricordare. In breve, deve
attirare attenzione. L’attenzione porterà vendite e quindi denaro.
Tutta la pubblicità vive su questo dato implicito. Così tanto che
spesso se ne subiscono gli eccessi, eccessi in cui si è quasi
disposti a tutto pur di ottenere attenzione.

L’agente di commercio va dai suoi potenziali clienti e cerca di


attirarne l’attenzione. Lo stesso dicasi per chi cerca lavoro.
Quando un oggetto ottiene attenzione da un vasto pubblico, la sua
redditività è ben presto decisa.

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I grandi esperti di comunicazione lo sanno, visto che oggigiorno
per ogni evento, concerto, personaggio, film e così via si mette in
atto un merchandising spaventoso. Il merchandising consiste nel
monetizzare l’attenzione ricevuta da qualcuno o qualcosa in
piccoli oggetti che verranno poi venduti a simbolo di questa
attenzione.

I personaggi della TV e dello spettacolo sanno che devono essere


sempre sotto i riflettori dell’attenzione del pubblico e fanno tutto
il possibile per raggiungere questo fine. Sanno che la loro carriera
(e i loro guadagni) sono direttamente proporzionali a questo. Non
facciamo nomi ma la cronaca ci racconta di una moltitudine di
personaggi che sono riusciti ad arricchirsi diventando celebri per
motivi che esulano completamente da talenti artistici o
professionalità personali. La loro sola presenza in una discoteca o
raduno era sufficiente per richiamare molte persone all’evento.

Se qualcuno mette a punto un buon prodotto, questo rimarrà


qualcosa di valido ma commercialmente sterile fintanto che non
riuscirà ad attirare l’attenzione di altri. Questo principio è valido
anche per creazioni artistiche e talenti di ogni genere. Siamo

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sicuri che tra i lettori di questo ebook ci siano molti talenti
inespressi. Detto in altri termini, ci sono talenti e qualità che non
sono riusciti ad attirare l’attenzione.

Abbiamo conosciuto persone che hanno preso in gestione ottimi


locali di intrattenimento o ristoranti ma che hanno
commercialmente fallito perché pensavano che la sola
infrastruttura bastasse ad attirare l’attenzione. Di conseguenza
possiamo stilare una piccola legge in proposito: il denaro segue i
canali dell’umana attenzione.

SEGRETO n. 39: per ottenere vendite o un lavoro occorre


attirare attenzione. Tutta l’attività del marketing ha lo scopo
di attirare attenzione: chi riesce a creare intorno a sé l’altrui
attenzione farà tanto denaro in proporzione alla quantità e
qualità dell’attenzione ricevuta.

Abbiamo volutamente aggiunto anche il fattore qualità


dell’attenzione, perché sebbene in altre opere è stato posto
l’accento sui questi fenomeni, si è spesso finito per porre in
rilievo solo i fattori quantitativi.

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


Se produciamo complementi d’arredo di particolare fattura e
qualità per cui è ipotizzabile collocarli solo in un certo tipo di
abitazione e arredamento, non è necessario che tutta la città o tutti
gli abitanti di una certa zona ricevano la nostra promozione e ci
restituiscano la loro attenzione. In questo caso, ricevere
l’attenzione di una rivista specializzata di categoria o di un club
esclusivo di proprietari di ville potrebbe essere più indicato.

Chiudendo l’argomento, quindi, possiamo riassumere le righe


precedenti affermando che l’attenzione è l’indicatore che funge da
bussola per farci capire dove stiamo andando. Il denaro segue le
regole dell’attenzione e circola negli stessi canali.

Ci vuole attenzione che fluisce verso l’esterno per trovare nuove


opportunità, linee di comunicazione, informazioni ecc. Ci vuole
attenzione che fluisce verso di noi per aprire le porte alla vendita,
trovare il giusto lavoro o promuovere qualsiasi cosa sia oggetto
delle nostre attività.

Queste pagine non sono dedicate strettamente al marketing e alla


promozione. Ci sono testi specializzati che contengono ottimi

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consigli su come operare. Piuttosto, il nostro discorso verte
proprio sul meccanismo “dell’estroversione”. Analizzando in
questi ultimi anni le persone che, in misura piccola o grande,
hanno avuto successo, abbiamo potuto trovare un minimo comun
denominatore: tutte queste persone erano estremamente
estroverse.

Per persona estroversa non intendiamo altro che un individuo


spiccatamente interessato all’ambiente circostante e dotato di
un’attitudine a emettere flussi in uscita. Si tratta di persone che
comunicano, persone che hanno qualcosa da dire. Alcuni di essi
sono “piacioni”, come direbbero a Roma, altri potrebbero essere
definiti “intrallazzoni”, come si direbbe con un altro termine
colloquiale di provenienza regionalistica. Usiamo queste
caratterizzazioni perché spesso questi tratti sono un po’ ammirati
e un po’ criticati.

Sta di fatto che il successo in campo finanziario e in campo


lavorativo ha una correlazione diretta e importante con la capacità
di relazionarsi con gli altri, in tutte le varie forme in cui questo
può avvenire.

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SEGRETO n. 40: il minimo comun denominatore delle
persone di successo nel campo del lavoro e finanziario è
l’estroversione, ovvero la capacità di relazionarsi con gli altri.

Il suggerimento è leggere molti libri sulla comunicazione e le


relazioni interpersonali. Alcuni materiali in circolazione sono di
qualità mentre altri sono decisamente banali. Una continua lettura
vi consentirà di padroneggiare una maggiore quantità di
informazioni facendovi trovare la vostra via personale per
migliorare la comunicazione.

È essenziale anche fare continuo esercizio pratico che, al pari


dell’importanza dell’esercizio nell’imparare a suonare uno
strumento musicale, è parte fondamentale per il miglioramento
della propria estroversione. Si possono leggere tutti i libri di teoria
ma poi bisogna passare molte ore a esercitarsi, da soli o con altri,
così come ci si esercita con uno strumento musicale. Alcune
persone sono naturalmente dotate di alcuni talenti, compresa una
spiccata attitudine all’estroversione. Gli altri non si preoccupino:
anche la persona più timida e riservata può, con impegno, studio
ed esercizio, raggiungere le massime vette comunicative.

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Esistono sul mercato anche moltissimi testi che parlano di
tecniche di vendita. Come per la comunicazione, il consiglio è
leggerne tanti ed esercitarvi a metterne in pratica i concetti, anche
se non siete o non intendete essere dei veri e propri venditori.
L’arte di offrire a un altro individuo un’idea e fare in modo che
egli la accetti è qualcosa di magico e, in un modo o nell’altro,
sembra vibrare a un livello molto vicino all’onda portante che è la
vita stessa.

Oggi esiste una frontiera nuova, completamente aperta


all’esplorazione e all’avventura, chiamata internet. Questo nuovo
modo di creare linee di comunicazione ha in parte rivoluzionato il
modo di condurre gli affari in mezzo mondo. E parliamo di un
fenomeno in piena evoluzione che ha appena superato la sua fase
di partenza.

In questi ultimi anni il numero di persone che fa acquisti su


internet è cresciuto esponenzialmente. Le metodologie si affinano
e il commercio elettronico (e-commerce) comincia a
istituzionalizzarsi.

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Internet è la frontiera anche della nuova informazione. Non
abbastanza enfasi è stata data al fatto che recentemente gli
investimenti pubblicitari sul web hanno cominciato a eguagliare o
superare alcuni investimenti in tradizionali forme di pubblicità
come giornali e riviste.

Sistemi come Google Adsense, che permette a chiunque di


guadagnare denaro esponendo caselle con messaggi di altri
inserzionisti, hanno creato ormai dei nuovi modelli di
promozione, nemmeno immaginabili solo dieci anni fa.

Internet non è la panacea di tutti i mali e nemmeno una


scommessa vinta in partenza. È solo un’opportunità, sicuramente
molto più democratica di altre. Provate a mettere in piedi
un’attività commerciale tradizionale… La burocrazia e i costi di
investimento, decisamente alti, non rendono l’iniziativa
accessibile a tutti.

Non dobbiamo dimenticare un ultimo fatto. Rammentando la


divisione dell’economia nelle tre fasi principali (industria
primaria, secondaria e terziaria), è sotto gli occhi di tutti lo

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spostamento delle localizzazioni della prima e, soprattutto, della
seconda fase in nuovi paesi in cui il livello di costo della
produzione è più basso.

È sotto gli occhi di tutti che alcuni paesi emergenti, di cui la Cina
è l’icona rappresentativa indiscussa, siano diventati la fabbrica del
mondo. L’Italia, che della propria industria manifatturiera ha fatto
il pilastro della crescita economica dal dopoguerra in poi, è una di
quelle nazioni che sta vedendo le sue fabbriche chiudere.
Ovviamente non è un fenomeno che possa essere affrontato in
un’ottica locale o di breve periodo, e lo citiamo in queste pagine
solo per dare un panorama dello scenario in cui ci stiamo
muovendo.

Queste chiusure non devono essere viste come un male assoluto,


per quanto sia estremamente importante minimizzare i costi
economici e sociali nel corso della gestione sociale del passaggio.
Laddove si abbandonano le produzioni manifatturiere, possono
crescere le produzioni di tipo terziario, dove la componente del
know-how (il sapere come si fa una cosa) e quella culturale
acquisiscono un peso importante.

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Il nostro suggerimento è quindi di tenere presente questo
panorama mentre si estendono i propri canali comunicativi e si fa
fluire la propria attenzione all’esterno. Le occasioni e le
opportunità arriveranno e, se saremo preparati, le potremo
cogliere al volo.

Per cogliere al volo queste opportunità, i nostri canali


comunicativi devono essere sempre aperti e dobbiamo sapere
come valutare le informazioni che ci giungono. Le informazioni e
i dati sul lavoro, sugli altri, sul denaro e sul mondo in generale
arrivano da due principali fonti: le persone che frequentiamo e i
mass-media.

SEGRETO n. 41: in linea generale, le informazioni che


giungono a un individuo provengono da due canali
fondamentali: le persone che si frequentano e l’insieme
variegato degli strumenti di informazione moderni o mass-
media.

L’uomo vive di certezze. Questo in sé non è un male, ma si


tramuta in qualcosa di negativo quando l’individuo vive di

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certezze acquisite dall’esterno che egli assorbe senza il dovuto
giudizio e poi confonde con le proprie certezze. L’uomo medio, in
realtà, vive di certezze esterne a lui. Assolutamente incerto su
molte cose, si guarda attorno e vede una società che sembra
reggersi su particolari certezze. Così si affida completamente a
queste certezze esterne, convinto del fatto che non sia possibile
che tutti quanti si stiano sbagliando contemporaneamente.

Invece la storia umana è costellata di casi in cui si è verificata


proprio questa possibilità. Quante volte la maggioranza di una
società si è fatta ingannare completamente? Non che tutti fossero
così stolti da essere contemporaneamente nel torto. Piuttosto, ciò
che più spesso la storia ci racconta è che molti hanno visto e
hanno taciuto, timorosi di mettersi contro il resto del gruppo. È
successo nel medioevo, è successo in Germania nel periodo
nazista, è successo in vari periodi storici e luoghi.

L’uomo medio ha spesso una visione ristretta della vita. È


fondamentalmente irresponsabile in quanto non vuole sapere né
occuparsi di niente che sia lontano da lui e dai suoi interessi più
immediati. Vuole la sua casa con il giardino e se ne infischia dei

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problemi degli altri fino a quando questi problemi non irrompono
violentemente nella sua vita per distruggergli o sottrargli
qualcosa.

Cosa sono i dati? I dati sono piccole porzioni di verità complete


in se stesse, autoevidenti e sottoponibili a verifica sperimentale.
Un dato non ha bisogno di mille discorsi o preamboli per essere
compreso. Un dato si differenzia dalla notizia, che può essere
definita come la comunicazione di qualcosa che è successo. Una
notizia non è necessariamente un dato. Una notizia non è sempre
completa, autoevidente o sottoponibile a verifica.

La nostra mente si ciba di dati. E ha necessità di dati per elaborare


delle soluzioni ai problemi del vivere. I problemi sono tali per
incompletezza di dati. Le soluzioni consistono in dati. Per quanto
sia vero che l’uomo vive anche di emozioni e di irrazionalità,
tanto più ci allontaniamo dall’esame e dall’analisi dei dati tanto
meno efficaci siamo nel dirigere la nostra realtà.

I giornali e la televisione di oggi non danno dati. Lo fanno molto


raramente. Essi comunicano notizie. Urlano slogan e pubblicano

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titoloni che sembrano informarci ma che ci disorientano o ci
emozionano solamente. Se prendete un giornale o esaminate un
classico Tg di una qualsiasi rete TV, noterete che non vengono
quasi mai forniti dati.

In ogni articolo di giornale c’è sempre qualche conflitto, come se


l’universo funzionasse solo grazie ai continui conflitti. Per giorni
veniamo bombardati da servizi sul costo petrolio che sale, sui
rapporti di questo o quell’altro politico, su questo o quell’altro
possibile provvedimento, sui rincari di questa o quell’altra
bolletta. Le persone vengono prese da un panico frenetico.

Andiamo dal nostro distributore di fiducia come da un nemico.


Fino a quel giorno eravamo indifferenti al costo della benzina, poi
d’improvviso contiamo i decimi di centesimo di euro. Così,
mentre cerchiamo un distributore che ci faccia risparmiare
qualche euro, guidiamo l’auto con modalità aggressive che ci
fanno “sprecare” molto più carburante di quello “risparmiato”.

Questo comportamento è dettato solo dall’isteria generata da un


bombardamento di notizie. Nessun dato compare sulla scena. Un

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dato potrebbe essere il seguente: «Lo stato italiano ha consumato
nel 2005 x litri di petrolio mentre nel 2004 ne consumava il 10%
in meno». Un dato potrebbe essere: «In Italia ogni anno ci sono
100 morti in più sulle strade rispetto all’anno precedente».

Giusto per presentare dei banali esempi, ecco come potrebbero


essere esposti tali dati in modo che essi appaiano come “notizie”.
Avremo: «Crisi nel settore petrolifero. L’Italia consuma sempre
più petrolio. Problemi per il futuro». Oppure: «Quest’ultimo
weekend strage sulle strade italiane. 4 morti. Tutti giovanissimi. Il
ministro dice basta con le morti dei nostri giovani».

Le persone hanno bisogno di dati. Le notizie sono un tipo di


falsità. Non perché esse contengano falsità in senso stretto, non
necessariamente, ma perché alterano la capacità della nostra
mente di utilizzare quell’informazione in modo corretto. In questa
lettura le notizie appaiono del tutto simili a una falsità.

Un dato è utile nella misura in cui può essere preso e comparato


con altri dati. Un dato da solo non dice molto. Spesso non dice
niente. Valutato (cioè pesato, comparato e catalogato) può dire

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tantissimo. Una notizia è un dato che non serve a niente perché
non riproduce la realtà della cosa ma una sua alterazione o
interpretazione. Il paradosso logico è che la notizia può essere
anche vera ma quella stessa notizia, presentata come dato, non è
più una verità ma una sua alterazione. A quel livello opera come
un dato falso. Un dato falso causa una percezione distorta della
realtà.

Ci sono tanti tipi di dati falsi ma essi sono riconducibili a due


macro-categorie:
1. le menzogne vere e proprie, in cui vengono presentati come
veri parametri inesistenti. In questa categoria ci sono le falsità
grossolane o le alterazioni di tipo quantitativo;
2. le mezze verità, ovvero la presentazione di una parte dei fatti
che sono veri con modalità o accostamenti ad altri fattori che
portano infine a una percezione falsa del fatto.

SEGRETO n. 42: esistono molti modi in cui i dati corretti


possono essere distorti in modo da farli agire come dati falsi.
Due macro-categorie che distinguono i dati falsi sono: le
menzogne in senso stretto e le mezze verità.

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Sebbene possa sembrare strano, è più facile riconoscere e
difendersi dalla prima categoria di falsità. In questa sezione le
bugie sono bugie. La seconda categoria è logicamente più
subdola. Ci sono alcuni approcci logici che studiano il modo in
cui i fatti possono essere alterati al punto da assimilarli a delle
falsità.

Uno di questi approcci è chiamato “studio delle fallacie” ovvero


dei modi in cui si riesce a ingannare la mente umana. È uno studio
molto interessante. Cercando su internet si trovano dei buoni siti
che illustrano ed esemplificano le fallacie. Una di queste, ad
esempio, consiste nel cercare di smontare un pensiero o una tesi
tramite accuse che colpiscano chi sta esponendo il concetto
stesso.

Questo tipo di tecnica retorica, chiamata “l’avvelenamento del


pozzo”, consiste nel togliere validità a un argomento mettendo in
cattiva luce chi lo espone, anche se logicamente la validità
dell’argomento non muta al mutare delle qualità morali di chi lo
espone.

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SEGRETO n. 43: studiare, anche a livello amatoriale, alcuni
materiali che spieghino in che modo gli artifici retorici
(fallacie) possono farci percepire una realtà diversa da quella
che ci circonda, conduce a indubbi vantaggi sulla nostra
futura prosperità finanziaria.

A noi interessa adesso circoscrivere quest’aspetto al mondo


economico e finanziario. I dati falsi sul lavoro e il denaro
proliferano a dismisura e ci vuole molta attenzione a riconoscerli.
Il non riconoscere i dati falsi sul denaro può causarci un’esistenza
povera di ricchezza e soddisfazioni.

Se nasciamo e cresciamo in una famiglia con poca dimestichezza


con il denaro, questa insicurezza ci viene trasmessa in pieno. Se
abbiamo dei genitori che fin da piccoli ci redarguiscono sullo
stare attenti ai soldi, la nostra attitudine rispetto al denaro sarà
sempre velata da un senso di ansietà o paura.

Nessuno qui vuole lasciar intendere che gestire il denaro sia


un’attività da svolgere in modo disinvolto e sconsiderato.
Affermiamo assolutamente il contrario. Ma è come usare un

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macchinario: un uso appropriato e consapevole crea produzione e
ricchezza senza che nessuno si faccia male; un uso disattento,
scialbo e inappropriato può causare gravi danni. Si può anche
morire se non si usano i macchinari con attenzione.

Quali sono i principali dati falsi sul denaro presenti nella nostra
società? L’elenco è lungo e sarebbe un utile esercizio per ognuno
di voi cercare di metterlo per iscritto. Vi aiuterebbe a ragionare
sulle cose che conosciamo e che, troppo spesso, abbiamo
archiviato come certezze o verità fondamentali senza un accurato
esame. Magari abbiamo considerato come verità quelle
informazioni perché avevamo solo 12 anni e da allora non siamo
più tornati sull’argomento. Ma un dato appreso a 12 anni e
rivelatosi falso potrebbe condizionare l’esistenza di qualcuno
anche a 20, 30 o 40 anni.

Dati come i soldi si ottengono con il sudore della fronte oppure


come chi nasce figlio di contadino, morirà coltivando i campi
sono di natura abbastanza popolare e assimilabili a proverbi e
antichi detti, ma ciononostante spesso fungono da base di
ragionamento nelle nostre scelte imprenditoriali o lavorative.

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Un utile esercizio è la catalogazione delle fonti di informazione.
Per quanto sia vero che ogni informazione va esaminata e
giudicata di per sé, può essere una prima discriminante quella di
associare le cose di cui veniamo a conoscenza con la fonte che ce
le ha comunicate. Continuando ad aumentare il numero di
associazioni e verificando di volta in volta la bontà e
l’applicabilità di un’informazione, cominceremo ad avere un
archivio di fonti e della loro attendibilità.

SEGRETO n. 44: la creazione di un archivio in cui le fonti


(siano esse persone o canali di mass-media) vengano
catalogate in base alla validità percentuale delle informazioni
che veicolano, ci permette di avere uno schema semplificato
per giudicare la bontà di nuovi dati o progetti.

Un tempo conoscemmo una persona che, operando nel campo del


marketing e della new economy di internet, sembrava fosse
sempre a conoscenza di nuove incredibili iniziative di business.
Costui sfornava una dietro l’altra sempre nuove incredibili
occasioni per guadagnare denaro. L’entusiasmo era trascinante e
la convinzione assoluta.

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Lui stesso si buttava come uno squalo sulla preda a riprova della
bontà del suo ultimo business. Ma proprio questo eccessivo
entusiasmo, qualsiasi fosse l’iniziativa, ci fece sospettare che il
tizio si lasciasse trascinare da qualsiasi piano di marketing ben
studiato e ben esposto.

Dopo aver valutato con attenzione ciò che egli trasmetteva,


decidemmo di assegnare a questa fonte la caratteristica di “non
attendibile”. Questo senza porre in assoluto che qualsiasi cosa di
cui costui parlasse fosse da gettar via. Ma il tempo è denaro, e
perdere ore o giorni per studiare un nuovo business è qualcosa che
non si può fare in continuazione e talvolta le decisioni debbono
essere prese in fretta.

Internet è un serbatoio quasi inesauribile di ottime iniziative,


soprattutto nella vendita o nel marketing, per fare denaro.
Purtroppo è anche un terreno fertile per moltissimi “furboni” che
usano l’antico sistema della rete del ragno per attirare i meno
smaliziati in una trappola in cui spesso perderanno i loro soldi e il
loro tempo.

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Questo non significa che il web non offra a chiunque, in maniera
molto democratica, la possibilità di guadagnare denaro. Lo fa ma
sempre con i meccanismi tipici delle leggi della produzione e
dello scambio: ovvero occorre competenza, applicazione e la
produzione di qualcosa da scambiare.

Anche le attività puramente speculative come la compravendita di


valuta (forex) o l’attività di investimento su indici di borsa
prevedono grande preparazione e applicazione. Esistono persone
che con il forex riescono a ottenere grandi risultati. Come
ugualmente conosciamo persone che riescono a ottenere grandi
guadagni anche con la vendita del formaggio o con il taglio dei
capelli. Un parrucchiere di nostra conoscenza offre i propri servizi
solo a domicilio e viene chiamato in varie parti d’Europa per
effettuare i propri lavori: con viaggio e spese pagati e compensi
degni di nota.

È possibile ottenere denaro da quasi ogni attività. È possibile


anche mettere il proprio denaro a lavorare per noi o creare dei
meccanismi automatici per cui si hanno guadagni mentre si
trascorre qualche giorno di vacanza.

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Ribaltando il punto di vista, possiamo anche incontrare il caso in
cui i soldi investiti in rendimenti finanziari scompaiano
all’improvviso mentre, al contrario, un dipendente che va in ferie
riesce nell’intento di guadagnare senza far niente.

In questo mondo, ogni cosa ha spesso più chiavi di lettura. Non


facciamoci incantare dalle sirene che si odono, ma neppure
chiudiamo le orecchie alle possibilità che il mondo ci offre. Il
segreto sta proprio nel capire come districarsi in questa forbice e
l’abilità sta nel tenersi sempre in equilibrio fra gli estremi della
scena.

Concludendo questo capitolo dedicato all’espansione dei nostri


orizzonti, e prima di dedicarci ad alcuni fattori personali che sono
alla base del successo di chiunque, possiamo riassumere tutte
queste righe ribadendo il principio di base di questo ebook
esposto nell’introduzione. È possibile comprendere il denaro ed è
possibile guadagnarne di più.

Alcuni di voi guadagneranno un ammontare modesto di denaro


mentre altri ne guadagneranno una quantità invidiabile. Le cose

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non possono che andare così perché gli individui sono diversi. Lo
sono nei talenti, nella determinazione, nella capacità di mettersi in
moto, nella cultura e negli equilibri emotivi.

Non è possibile creare un foglietto delle istruzioni con


suggerimenti operativi precisi fino al dettaglio per una semplice
esecuzione robotica. Un foglio delle istruzioni in cui ci sia un
punto (a): infilo la vite X nel foro F15; un punto (b): aggancio la
sbarra J tra i montanti K e W e così via. Chi ha acquistato questo
materiale convinto di trovarvi soluzioni di business pronte all’uso
nel modo precedente descritto al fine di guadagnare soldi con
l’implementazione meccanica di un qualche magico metodo,
dovrà disilludersi.

Esistono anche dei suggerimenti o interessanti progetti da


illustrare, ma esporli senza le premesse su cui ci stiamo
soffermando farebbe diventare la cosa eccessivamente meccanica
e robotica. E questo modo di affrontare il lavoro o il business è
l’anticamera del fallimento.

Anche la creazione di rendite automatiche (metodi di marketing

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che consentano di guadagnare senza un intervento diretto) tramite
la creazione di reti di business, ha bisogno di competenza e
continuo controllo di qualità. Una soluzione risiede nel fatto che
la qualità soppianta la quantità. Un esempio può essere
illuminante.

Parlando con un imprenditore che ora consegue guadagni annuali


a sei cifre, gli abbiamo chiesto quale fosse il suo segreto. Ci
rispose che per anni aveva lavorato come assistente di un uomo
d’affari e, benché lo pagasse bene, alla fine del mese si ritrovava
sempre senza soldi. Guadagnava mediamente più di uno stipendio
medio ma, per una sua incapacità di gestione del denaro,
spendeva tutto. Spendeva in fretta e male, ritrovandosi spesso nei
pasticci e con addosso la sensazione emotiva di non farcela.

Dopo opportuni corsi di miglioramento personale, comprese la


sua potenzialità: anni passati da assistente gli avevano regalato la
conoscenza di molti aspetti dell’attività che svolgeva per il suo
datore di lavoro. E nel corso di quegli stessi anni, la quantità di
persone che aveva conosciuto era diventata ampia e di qualità.

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Decise di mettersi in proprio nel settore dell’intermediazione
immobiliare. Ma anziché vendere case, decise di vendere lotti
commerciali e poi intere strutture aziendali. Queste le sue parole:
«…vidi che vendere una casa da 200.000€ o un terreno
commerciale di 2.000.000 comportava la stessa fatica e impegno.
Ma il guadagno era profondamente diverso!». Così, con una sola
vendita, guadagnò quanto in un anno di lavoro. E da lì in poi mise
su una rete di agenzie con molte persone che lavoravano per lui.

Questo esempio ci permette di rilevare molti dei segreti illustrati


in questi primi capitoli dell’ebook:
 mettere a frutto la propria conoscenza, scegliendo l’attività che
ci permette di esprimere al meglio le nostre qualità;
 sfruttare le linee di comunicazione che si è riusciti ad aprire;
 trovare qualcosa da scambiare con l’ambiente intorno a sé e
spingere l’aumento quantitativo di questo;
 passare dalla produzione in quantità alla produzione di qualità;
 riuscire a creare delle strutture in cui inserire altri collaboratori
che, spinti da giusti compensi, ci aiutino a sviluppare il
fatturato.

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Molti altri esempi reali di persone che ce l’hanno fatto ricalcano
queste orme. Quali fattori personali occorre, quindi, tener presente
per riuscire ad avere successo finanziario?

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RIEPILOGO DEL GIORNO 4:
 SEGRETO n. 36: è consigliabile aumentare la quantità delle
fonti di entrate per aumentare le capacità di adattamento a
improvvisi mutamenti dell’ambiente economico.
 SEGRETO n. 37: qualunque sia la nostra professione,
dobbiamo continuare a migliorarci, essere sempre informati sui
possibili scenari futuri e crearci delle professionalità di riserva.
 SEGRETO n. 38: l’attenzione è composta da due direzioni: una
in entrata e una in uscita. Una generata da noi verso l’esterno e
l’altra generata dagli altri verso di noi. I due flussi devono
avere un coerente equilibrio.
 SEGRETO n. 39: Per ottenere vendite o un lavoro occorre
attirare attenzione. Tutta l’attività del marketing ha lo scopo di
attirare attenzione: chi riesce a creare intorno a sé l’altrui
attenzione, farà tanto denaro in proporzione alla quantità e
qualità dell’attenzione ricevuta.
 SEGRETO n. 40: il minimo comun denominatore delle persone
di successo nel campo del lavoro e finanziario è l’estroversione,
ovvero la capacità di relazionarsi con gli altri.
 SEGRETO n. 41: in linea generale, le informazioni che
giungono a un individuo provengono da due canali

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fondamentali: le persone che si frequentano e l’insieme
variegato degli strumenti di informazione moderni o mass-
media.
 SEGRETO n. 42: esistono molti modi in cui i dati corretti
possono essere distorti in modo da farli agire come dati falsi.
Due macro-categorie che distinguono i dati falsi sono: le
menzogne in senso stretto e le mezze verità.
 SEGRETO n. 43: studiare, anche a livello amatoriale, alcuni
materiali che spieghino in che modo gli artifici retorici (fallacie)
possono farci percepire una realtà diversa da quella che ci
circonda, conduce a indubbi vantaggi sulla nostra futura
prosperità finanziaria.
 SEGRETO n. 44: la creazione di un archivio in cui le fonti
(siano esse persone o canali di mass-media) vengano catalogate
in base alla validità percentuale delle informazioni che
veicolano, ci permette di avere uno schema semplificato per
giudicare la bontà di nuovi dati o progetti.

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GIORNO 5:
Su quali fattori agire per avere più denaro?

Esistono alcune leve su cui possiamo e dovremmo agire per


aumentare le possibilità di guadagno. Esse sono:
 l’organizzazione;
 la gestione del tempo;
 la scelta del posto dove lavorare.

Per avere denaro dobbiamo avere una produzione di quantità e di


qualità. Un aspetto fondamentale della produzione è
l’organizzazione. Cosa si intende quindi per organizzare?

Semplicemente l’atto di dare una forma ottimale e ordinata al


movimento di qualcosa all’interno di qualche struttura. Abbiamo
uno spazio in cui determinati oggetti o particelle si devono
muovere (tutto ciò che può spostarsi nello spazio, come lettere,
volantini, e-mail, fax, telefonate, contanti, assegni, pagamenti
vari, gli stessi clienti, i prodotti o servizi che l’attività eroga ecc.).

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Organizzare ha a che fare con il predisporre quello spazio nel
modo migliore affinché il movimento complessivo degli oggetti
sia il più veloce e ordinato possibile. Ne deriva che maggiore sarà
la capacità di qualcuno di organizzare la propria produzione e
maggiore sarà la sua capacità di produrre.

Ma organizzare cosa significa concretamente? In realtà


organizzare significa solamente avere chiaro nella propria testa
dove alcune cose devono stare e dove altre cose devono andare.
Ci sono persone che hanno molto ben chiaro nella loro mente
come le cose del proprio lavoro debbano essere. L’organizzare
non è qualcosa di assoluto. E per quanto qualcosa sia chiaro nella
mente di qualcuno, in realtà è sempre possibile organizzare
meglio questo qualcosa.

Studiare la disorganizzazione è il metodo migliore per capire a


fondo l’organizzazione. La disorganizzazione consiste,
fondamentalmente, in uno o più movimenti caotici. Questi
movimenti caotici si scontrano tra loro e sprecano quantità
incredibili di energia.

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Se noi e i nostri amici stessimo preparando una cena tutti insieme
e non ci fosse una distribuzione di ruoli e competenze, quello che
ne risulterebbe sarebbe un vero caos. E il caos spesso prelude a
un’assenza di prodotti o a prodotti di pessima qualità.

SEGRETO n. 45: per meglio comprendere cosa sia


l’organizzazione è più semplice esaminare il modo in cui le
cose si dis-organizzano. Se in un’area abbiamo un’assenza di
prodotti o una bassa quantità e qualità degli stessi, ciò
significa che l’area ha un basso livello di organizzazione.

Esaminiamo brevemente alcuni modi in cui le cose si possono


dis-organizzare:
 non esiste una direzione pianificata del soggetto o area che si
sta organizzando;
 non esiste una perfetta definizione dei ruoli e delle relazioni
reciproche tra i membri del gruppo di cui ci stiamo occupando;
 non esistono una o più linee lungo cui le particelle entranti
arrivano nell’area per essere modificate o non esistono una o
più linee lungo cui le particelle in uscita (tipicamente i prodotti
o i servizi) possano fluire al di fuori dell’organizzazione;

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


 non esiste un elenco di comportamenti pre-determinati che
garantiscono velocità di esecuzione dinanzi alle situazioni che
si presentano;
 non esiste un modo per verificare la produzione e l’attività del
gruppo o area.

Una precisazione è doverosa: tanto più l’area interessata è


composta da più persone tanto maggiormente deve essere
organizzata. Un solo individuo che svolge tutto il lavoro, ad
esempio un idraulico che lavori in proprio, più facilmente eviterà
i problemi della dis-organizzazione poiché fa tutto lui. Lui sa
tutto ciò che serve e deve rendere conto solo a se stesso.

Ma anche per un singolo possono esserci dei problemi. Se


ritorniamo al nostro amico idraulico, vediamo che egli è il
direttore della sua ditta, il responsabile commerciale e venditore.
Si occupa di promuovere la sua attività, di accettare le richieste di
servizio ma anche di realizzarle. Controlla la qualità del suo
lavoro e gestisce le finanze.

Facendo tutto lui non vi è il pericolo che un settore organizzativo

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


della sua ditta non sia a conoscenza di quello che fa un altro
settore. Essendo un individuo può solo correre il rischio di
concentrarsi eccessivamente su alcuni ruoli specifici
dimenticando che per l’equilibrio della sua ditta altre mansioni
dovrebbero essere portate avanti.

Il nostro idraulico potrebbe così esser preso dal realizzare i lavori


richiesti che potrebbe non curare abbastanza l’aspetto finanziario
della sua ditta. Egli non ha un sistema collaudato con cui gestire
le particelle. Le richieste che gli arrivano non vengono
organizzate e opera quanto meglio può cercando di accontentare
tutti. Infine possiamo vedere che il nostro idraulico potrebbe non
avere un sistema di gestione delle finanze o un sistema di
misurazione statistica della produzione.

SEGRETO n. 46: ogni persona facente parte di un gruppo, di


un’organizzazione o di un’azienda dovrebbe sapere, almeno a
grandi linee, quali siano i compiti, i doveri e i prodotti che
deve ottenere ogni altro membro di quel particolare gruppo o
azienda.

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Normalmente in un’attività composta da molte persone non esiste
una corretta ripartizione delle mansioni e dei doveri. Quasi
sempre chi dirige l’attività o chi ne è il proprietario ha la tendenza
a operare con altre persone dimenticandosi di costoro. Cioè il
proprietario vorrebbe che i suoi collaboratori, quasi misticamente,
capissero cosa egli vorrebbe che venisse fatto e lo facessero. Egli
non dà mansioni e non stabilisce linee organizzative ma, spesso,
sbraita vaghe indicazioni che a volte non sono neppure definitive.

Le attività, sia che esse siano economiche oppure di tipo sociale,


difettano di piani e programmi conosciuti da tutti i suoi membri in
modo che ci sia unità di intenti e che gli orizzonti da raggiungere
siano chiari. Solo così tutto il gruppo si dirige compatto verso le
proprie mete.

Queste attività sono spesso composte da persone di buona volontà


che fanno fatica a lavorare fianco a fianco per carenze
organizzative. Ecco perché moltissimi imprenditori preferiscono
rimanere piccoli piuttosto che far crescere le loro attività. E ciò ci
porta alla comparsa del grande problema che affligge gli
autonomi: essere sovraccarichi di lavoro.

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


È ovvio che lo siano. Ogni persona che comincia a sviluppare una
certa quantità di produzione avrà dopo un po’ un certo ritorno dal
suo lavoro. Inizia con poco e se lavora bene il numero dei suoi
clienti aumenterà con il passaparola. Arriveranno presto nuovi
investimenti in materiali e macchinari e il nostro piccolo
imprenditore aumenterà la produzione. Ma, in un modo o
nell’altro, sarà sempre invischiato nella produzione.

Così, man mano che la produzione aumenta, nuove esigenze


cominciano a fare capolino. L’imprenditore deve seguire gli
aumentati movimenti finanziari e deve occuparsi degli impegni
fiscali e bancari; deve smaltire i servizi o prodotti accumulati e
deve occuparsi che i suoi, pochi, collaboratori non lo gabbino o
non ne combinino delle belle.

Sovente il lavoratore attivo, essendo egli stesso colui che dirige e


colui che esegue, non riesce ad avere una visione chiara di questo
passaggio. Egli non si dà degli ordini ma questi fluiscono
praticamente in modo istantaneo da sé a sé. È ovvio che sia così
poiché le due figure (chi dirige e chi esegue) sono fuse nella
stessa persona.

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


Ma quando il lavoro cresce, le due figure devono separarsi.
Infatti:
 occorre specializzazione. È meglio avere qualcuno che sia
estremamente bravo nel dirigere e qualcuno che sia
estremamente bravo nell’eseguire;
 la quantità di cose che una persona può fare in una giornata
lavorativa è limitata.

In questo passaggio, la maggior parte dei bravi lavoratori si


perdono. Perché dirigere e produrre sono due attività distinte. Se
qualcuno ha fatto l’idraulico per dieci anni, imparando un sacco di
cose sul suo lavoro, quando decide di dirigere il lavoro di un altro
idraulico egli sta, di fatto, cambiando lavoro. Non sarà più un
idraulico e quello che ha imparato con sacrifici e sudore non gli
servirà più a granché.

È pur vero che per supervisionare il lavoro altrui bisogna avere


qualche conoscenza diretta della professione di cui si sta facendo
la supervisione. È proprio questa corretta osservazione che porta
le persone fuori strada, facendogli pensare che l’equazione lo so
fare = so farlo fare agli altri sia vera e funzionale.

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Invece l’equazione corretta è lo so fare = ho le carte in regola per
poter supervisionare il lavoro altrui ma ciò non è ancora
sufficiente. Occorre anche:
 conoscere sufficientemente la tecnologia relativa
all’insegnamento;
 conoscere sufficientemente gli aspetti e l’anatomia del
comportamento umano in relazione al fattore “controllo”;
 conoscere sufficientemente la tecnologia relativa
all’organizzazione e alla direzione aziendale.

SEGRETO n. 47: per essere dei bravi dirigenti occorre essere


in grado di fare in prima persona ciò che si deve
supervisionare, sapere come si comunica e si insegna,
conoscere sufficientemente i meccanismi di gestione del
personale o dei collaboratori.

La misura in cui qualcuno diventa “bravo” nel far fare le cose agli
altri ci dà la misura di quanto egli capisca gli altri, sappia
trasmettere informazioni e tecniche, valorizzare le altrui abilità e
tenere sotto controllo un progetto. La massima finale è: far fare le
cose agli altri è molto più difficile che farle noi stessi!

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Organizzare meglio fa guadagnare più denaro perché si riesce a
ottenere più produzione per unità di tempo. Questo è talmente
evidente che non ha necessità di approfondimenti. Occorrerebbe
un intero libro sul soggetto dell’organizzazione e delle sue regole.
La cosa importante è comprendere che organizzare non è qualcosa
che va fatto necessariamente con un computer o che debba
rievocare una scrivania piena di carte o un’immagine statica di
impiegati al lavoro.

Il lavoratore assiduo e l’imprenditore impegnato in genere hanno


una naturale avversione per gli aspetti burocratici della vita e
rifiutano questa immagine di loro stessi immersi nelle carte o
nella compilazione di resoconti. Saper organizzare e saper
dirigere sono attività molto dinamiche che poco hanno a che
spartire con gli scenari delineati in precedenza.

Saper organizzare significa saper fare le cose e avere una visione


chiara del loro funzionamento. Significa avere un progetto in
mente e significa sapere chi deve fare cosa e in che modo. Saper
dirigere significa sapere come si può monitorare il lavoro altrui e
come lo si può migliorare quantitativamente e qualitativamente.

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SEGRETO n. 48: ogni genere di attività è spiegabile in tre
momenti di base: fase A, le idee, la conoscenza e la tecnologia
pertinenti all’attività; fase B, l’effettivo operare in relazione
all’attività; fase C, i risultati concreti (sotto forma di prodotti
e/o servizi) dell’attività.

Essi sono esposti in maniera sequenziale, nel senso che


logicamente l’idea viene prima dell’azione che viene prima del
risultato. In genere le persone d’azione creano con il tempo la fase
A (l’idea) attraverso l’esperienza. Essi creano mentalmente una
serie di pensieri e idee che, derivate dall’osservazione, diventano
l’anima di quell’attività.

Se stessimo parlando del nostro amico idraulico, vedremo che la


sua fase A consiste nell’imparare il mestiere ma anche nel
conoscere le marche dei prodotti, i contatti dei fornitori e in
aggiunta l’andamento del mercato e le leggi pertinenti. In genere
le persone d’azione non trovano un manuale che descriva la loro
attività. Con l’esperienza creano mentalmente questo manuale e
nella propria mente lo conservano.

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Derivante dalla qualità della fase A abbiamo quindi la fase B, in
cui c’è l’effettivo lavorare. Il nostro idraulico conosce il suo
mestiere e sa fare il suo lavoro. Lavora bene. Agisce in un certo
modo e opera con i suoi clienti in un certo modo. Il tutto derivato
dalla fase A di apprendimento. A quel punto, dopo il lavoro,
abbiamo il risultato. L’idraulico ha aggiustato il bagno o ha creato
la struttura idraulica richiesta, nei tempi e nei modi richiesti.

Come possiamo capire se chi abbiamo di fronte è un


professionista? Dal modo di vestire? Dal modo di parlare? Dalle
sue abilità di lusingarci? Certamente dai risultati. In effetti spesso
ci facciamo ingannare giudicando la preparazione di qualcuno da
parametri quali l’abbigliamento, l’apparenza o la comunicazione.
Ma alla fine, diciamocelo pure, sono i risultati che contano.

Come fa il nostro bravo, bravissimo idraulico a far crescere la


sua piccola ditta? Lui è bravo. Ha imparato i trucchi del suo
lavoro e ci sa fare con i clienti. Ha molto lavoro e vorrebbe far
crescere la sua ditta. Prende un aiutante che lo accompagna e una
ragazza che tenga l’amministrazione e fissi gli appuntamenti.

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Alla ragazza delega la responsabilità della gestione
amministrativa e le fa vedere, più o meno, quello che dovrebbe
fare. Il ragazzo lo segue presso i clienti e l’idraulico, di tanto in
tanto, gli mostra come si svolgono i lavori.

Dov’è l’errore? L’errore sta nel fatto che nella testa


dell’idraulico ci sono un sacco di idee in relazione al suo lavoro,
ma nella realtà non c’è la possibilità per i collaboratori di
condividere queste idee. Ci sono i suoi sogni, le sue aspirazioni, la
sua esperienza, le sue conoscenze, i nomi delle marche e dei
fornitori e così via. Questo insieme di idee, tecniche, conoscenze
e progetti futuri non sono a disposizione dei suoi collaboratori, i
quali ne vengono a conoscenza in modo sporadico e spesso
incompleto.

Questi collaboratori diventano “estranei” alla ditta stessa. Sono lì


perché incentivati dalla paga. In realtà non hanno di meglio da
fare e, concretamente, staranno lì solo e unicamente finché
qualcosa di meglio non apparirà all’orizzonte. L’idraulico cerca in
tutti i modi di coinvolgere i due ragazzi (che magari sono anche
volenterosi) nell’attività, ma costoro non riescono a essere alla

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sua altezza. Non fanno bene le cose e l’idraulico deve intervenire
continuamente. Dopo un po’ sarà sovraccarico e arrabbiato perché
vedrà che sta pagano due persone che in realtà non gli rendono
quanto vorrebbe e non partecipano all’azienda come lui si
aspetterebbe.

L’errore, quindi. sta nel fatto che:


 l’idraulico tiene tutta per sé la fase A senza metterla per iscritto
a disposizione dei collaboratori e potenziali collaboratori;
 l’idraulico cerca di controllare e gestire la fase B (l’effettiva
operatività) dei suoi collaboratori con l’intento di creare dei
suoi cloni o doppioni. Questo anziché lasciare liberi i
collaboratori di crearsi una propria fase B, controllandoli
attraverso la fase C, vale a dire attraverso il risultato.

SEGRETO n. 49: molti individui non riescono a condividere


con i loro collaboratori il progetto o la meta aziendale. I
collaboratori, anziché propulsori dell’attività, diventano dei
freni, fino al punto che l’imprenditore preferisce continuare a
lavorare da solo pur se sovraccarico.

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Riassumendo in uno schema quello che andrebbe fatto:
Fornendo le mete aziendali,
assegnando delle precise
mansioni, istruendo e facendo
esercitare i suoi collaboratori
(fase A)
Imprenditore dirige l’azienda
Assegnando un risultato da
raggiungere e controllando la
quantità e qualità di
quest’ultimo (fase C).

Invece questo è quel che di solito avviene:


Non fornendo le mete
aziendali, non assegnando
delle precise mansioni, non
istruendo su materiali scritti e
non facendo esercitare i suoi
collaboratori (fase A).

Imprenditore dirige l’azienda


Controllando in modo
ossessivo che i
comportamenti, le tecniche
usate e i modi di fare dei
collaboratori siano IDENTICI
ai propri (fase B).

Non assegnando nessun


risultato da raggiungere (fase
C).

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L’imprenditore dovrebbe dimenticarsi di controllare in modo
ossessivo l’operato dei suoi collaboratori con l’intento di
verificare se questi stanno agendo come agirebbe lui in situazioni
simili. Il nostro idraulico dovrebbe creare a tavolino un sistema
per misurare l’operato dei suoi collaboratori, ottenere su questo
l’accordo dei suoi collaboratori e quindi, semplicemente, guardare
i risultati. Quanto sopra esposto è, probabilmente, il dato più
importante che possiamo fornire sull’organizzazione.

SEGRETO n. 50: un imprenditore o un dirigente dovrebbe


controllare i propri sottoposti attraverso un controllo dei loro
prodotti e risultati e non attraverso un controllo delle loro
azioni.

L’organizzazione ha a che fare anche con il tempo. E il tempo ha


moltissime correlazioni anche con il denaro. Parlando di tempo, è
necessario definire cosa esso sia. Il tempo è la sensazione che ci
rimane dinanzi al movimento di qualcosa. Il tempo è generato, in
quanto sensazione, dal movimento delle cose.

Fin dalla nascita, l’individuo è portato a credere che il tempo sia

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qualcosa di immutabile e di sovrano rispetto a tutto. Anche
culturalmente questo concetto esiste fin dalla notte dei tempi. Ma
se si osserva in modo schietto da dove il tempo derivi, vediamo
che esso ha una provenienza di tipo prettamente astronomico e
atmosferico.

Sono i movimenti della Terra (attorno al Sole e attorno al proprio


asse) a creare il concetto di tempo. E questo ci riconduce
completamente al concetto di movimento. Abbiamo deciso
arbitrariamente che il movimento rotatorio della Terra avviene in
24 ore, definendo l’ora proprio come la ventiquattresima parte
della giornata. E abbiamo deciso arbitrariamente che un anno
ammonti a 365 giorni, cioè 365 giri intorno all’asse terrestre.

Che la Terra ci metta effettivamente 365 giorni a girare intorno al


sole non cambia il fatto che il tempo sia una percezione. Cioè
basta vedere come ci appare diversa un’ora passata con gli amici
rispetto a un’ora passata lavorando o sul lettino del dentista.
Anche scientificamente è ormai assodato che il tempo non è un
valore assoluto, come dimostrano le verifiche delle teorie
matematiche basate sulla teoria della relatività di Einstein.

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Spesso sentiamo dire da alcune persone che “non hanno tempo”.
Questa frase è, ovviamente, un modo di dire. Ma il suo continuo
uso può creare il rischio che essa assuma un significato letterale.
Sarebbe come dire che “si sta morendo dalla voglia di mangiare
un gelato”. Non è vero che si sta morendo, è solo un modo di dire
per dare enfasi alla frase, per rendere il concetto più forte.

Così, dire “non ho tempo” è un po’ come dire “sto morendo di


fame”. Non sono frasi vere. Ogni persona sulla faccia della terra
ha a disposizione 24 ore al giorno per fare quello che vuole. Il
punto è: come utilizziamo questo tempo?

Per chiarire il concetto, mostriamo alcune frasi che simboleggiano


esempi di situazioni reali che vengono esternate con la frase “non
ho tempo!”:
 non ho voglia di fare la cosa di cui mi parli;
 non ho voglia di cambiare le mie abitudini;
 non ho voglia di cambiare la scala delle mie priorità;
 ho da fare cose che mi dilettano maggiormente;
 vorrei fare la cosa di cui mi parli ma non sono io a decidere del
mio tempo ecc.

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Non c’è niente di male nell’essere molto impegnati, così come
non c’è niente di male nell’essere poco impegnati. Non è questo il
senso del discorso. Ciò su cui vogliamo porre l’accento è come il
normale concetto di tempo degli individui sia sbagliato e basato
su una bugia sostanziale: che il tempo sia qualcosa di assoluto.

Il tempo è relativo. E in questo caso la dimostrazione è che molte


persone passano ore a raccontarvi che non hanno tempo, mentre
altre, attivissime, nello stesso tempo svolgono una miriade di
attività senza neppure fermarsi a lamentarsi di non avere tempo
sufficiente.

Come può accadere che alcuni riescano a concludere così tanto in


una giornata mentre altri fanno così poco? Una grande importanza
risiede nelle modalità di gestione del proprio tempo. Se una
persona pensa di avere tempo, ce l’ha. Se pensa di non averlo,
non ce l’ha. Non è più difficile di così.

E qui comprendiamo anche il modo in cui il tempo influenza il


guadagnare denaro. Abbiamo visto che il tempo è legato al
movimento. Il tempo assoluto, quello dettato dal moto

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astronomico dei pianeti, scorre in modo irreversibile. Noi esseri
umani come possiamo far passare il nostro tempo in modo che
esso si moltiplichi? La risposta è semplice: creando movimento!
Più cose si fanno, più cose si portano a compimento e più tempo
mentale viene creato.

Quando iniziamo a far qualcosa, una parte di noi, cioè una parte
della nostra attenzione, va a fissarsi su quel progetto o azione
specifica. Ogni azione o progetto ha un inizio, uno sviluppo e una
fine. Giunto alla fine, il progetto viene dichiarato concluso e tutto
va bene. Immaginiamo che ci sia un rubinetto che perde. L’azione
sarà quella di aggiustare il rubinetto. Ci sarà un inizio, un lavoro
svolto con la giusta attrezzatura e una conclusione del lavoro. A
lavoro concluso si avrà una sensazione di benessere perché le
cose sono andate come dovevano andare.

Paragoniamo la sensazione di una persona prima e dopo l’azione


di aggiustare un rubinetto. Prima di aggiustarlo, non appena
scopriamo che il rubinetto è rotto o perde acqua, avremo una
sensazione di fastidio dovuta all’immediata diminuzione di
qualcosa.

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Ci sentiamo più poveri di qualcosa. In parole povere, diciamo che
abbiamo una seccatura: in effetti il guasto ci ruba soldi o tempo. E
possiamo dare per assodato che le due cose sono intercambiabili
in gran parte delle situazioni. Diciamo che il rubinetto perde e che
la nostra soluzione sarà di chiamare un idraulico. Anche in questo
caso, nel momento stesso in cui vediamo il rubinetto perdere
vedremo una parte della nostra attenzione libera fissarsi sulla
cosa. Non saremo rilassati finché il rubinetto non verrà aggiustato.

Oltre a questo, c’è sempre da prendersi la briga di chiamare un


professionista. Questo ci ruba tempo. Dovremo verificare che il
lavoro sia stato fatto e pagare l’idraulico. Questo ruba tempo.
All’inizio dell’azione sappiamo questo. Stessa cosa se proviamo
ad aggiustare il rubinetto da soli.

Come ci si sente invece alla fine dell’azione, quando tutto è


concluso? Ci sentiamo bene perché l’attenzione bloccata in quella
cosa da fare è stata liberata. Abbiamo più attenzione libera e
abbiano la sensazione di poterci occupare di altre cose. Abbiamo
la sensazione di poter generare altri movimenti e questo ci dà la
sensazione di avere più tempo.

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Pensiamo invece a certe giornate di festa in cui siamo stati a casa
a non fare niente. Il tempo passa ma noi non sentiamo di avere
tempo. Eppure tutta la giornata è a nostra disposizione. Ma se non
la riempiamo di movimento essa sarà vuota di tempo.

Ovviamente, nello stato attuale delle cose, ci sono degli ovvi


limiti fisici che non è possibile superare. Cioè, per quanto una
persona faccia un sacco di cose, prima o poi la giornata finirà. E,
allo stesso modo, quando una persona fa molte cose può
veramente trovare difficoltà ad aggiungerne immediatamente
un’altra. Ma nel mondo del lavoro circola un detto per cui se vuoi
che qualcosa venga fatta la dovresti assegnare a chi già sta
facendo molte cose. Perché è proprio il fatto che fa molte cose che
ti garantisce che riuscirà a farne un’altra in più.

Se i soldi sono il frutto della produzione, essi sono, alla fine, un


risultato di molti movimenti compiuti. Quindi vediamo che, alla
fine, la percezione del tempo e il denaro hanno in comune
qualcosa di importante. Più cose uno fa, più percepisce di avere
tempo e più produzione porta a termine. E quindi più denaro
guadagna.

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Se si esamina la vita delle persone che si sono fatte da sole o che
hanno avuto successo, si vedrà immancabilmente che erano delle
persone che cercavano di sottomettere il tempo alle loro esigenze
e non il contrario. Avevano un atteggiamento del tipo: «Questa
cosa è da fare entro oggi e, costi quel che costi, la farò». E se si
potesse scrivere una frase che più d’ogni altra distingue i vincenti,
questa potrebbe essere la frase più adatta.

Occorre modificare profondamente il proprio concetto di tempo.


Occorre aumentare la capacità di liberarsi da quei vincoli imposti
dalla società o dall’ambiente che ci circonda. Se si vuole
concludere qualcosa bisogna essere liberi di creare il proprio
spazio e il proprio tempo.

Facciamo un esempio. Abbiamo un impiegato che lavora dalle


8.30 alle 13.15 e dalle 15.30 alle 19.00. Appena uscito dal lavoro
ogni sera va a fare del volontariato per due ore circa. Dopo va a
casa e si dedica alla famiglia. Cosa farebbe costui se volesse
andare in palestra? Quando potrebbe trovare del tempo?

Di certo non può sottrarlo al lavoro. Dovrebbe rinunciare per due

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giorni a settimana alla sua attività di volontariato. Oppure trovare
la seguente soluzione: andare in palestra dalle 13.30 alle 15.00 e
mangiare qualcosa di veloce prima di rientrare in ufficio. Questa
è una buona soluzione ma, per attuarla, occorre molta
determinazione e una certa libertà dall’idea che alle ore 13.30 si
debba pranzare perché tutta la società a quell’ora pranza.

Quello su cui dobbiamo riflettere è: come impieghiamo il tempo


che ogni giornata ci mette a disposizione? Vedremo che molte
cose che facciamo sono poco importanti e poco soddisfacenti.
Vedremo che parte del nostro tempo viene impiegato a rincorrere
le esigenze degli altri senza che questo ci porti un determinato
beneficio.

Non c’è niente di male nel mettere il nostro tempo a disposizione


degli altri se questo è il nostro obiettivo. Ma se intendiamo
raggiungere altri obiettivi, alcune cose che facciamo potrebbero
essere una distrazione o un ostacolo.

Se prendessimo dei fogli di carta e scrivessimo la nostra giornata


tipo potremmo avere un’idea più precisa di questi concetti.

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Scriviamo l’ora in cui ci alziamo, il tempo dedicato a lavarci e a
mangiare. Il tempo dedicato agli spostamenti, il tempo dedicato al
lavoro, al tornare a casa ecc. Senza fare una classifica delle
attività che siano giuste o meno ma facendo una graduatoria di
attività che possono essere maggiormente favorevoli al fatto di
produrre o meno del denaro.

SEGRETO n. 51: la percezione del tempo ci viene trasmessa


dalla quantità di azioni e progetti che portiamo a compimento.
Un utile esercizio è stilare l’elenco quotidiano e settimanale
delle nostre attività e vedere quali tempi morti abbiamo e
quali attività portatrici di benessere o prosperità portiamo a
termine.

In relazione al denaro possiamo vedere come poco tempo venga,


sovente, dedicato al proprio miglioramento personale. Cos’è il
miglioramento personale? È lo studio di nuove cose,
l’acquisizione di nuove abilità o nuove competenze, è imparare di
più dalla vita, è fare nuove esperienze.

Da questo punto di vista è miglioramento personale andare

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qualche giorno in un bar vicino a casa per farsi un’idea di quale
tipo di gente lo frequenti e di quale genere di conoscenze ne
potrebbero nascere. Non è più miglioramento personale
continuare ad andare in quel bar per tutti i giorni della propria vita
quando questo diventasse una mera routine.

Dal punto di vista di acquistare nuove esperienze, l’eccessiva


ripetizione di certe attività è inutile. Dopo qualche giorno, andare
al bar ci ha insegnato tutto quello che poteva. È come leggere lo
stesso libro 500 volte. In quell’arco di tempo avremmo potuto
leggere 500 libri diversi. E per quanto rileggere lo stesso libro ce
lo faccia comprendere meglio, è uno spreco di tempo (l’enfasi è
voluta per mostrare la relazione tra miglioramento personale,
tempo e denaro) leggerlo troppe volte a discapito di altri libri.

Un esempio significativo è quello di un operaio che sa fare il suo


lavoro e nel contempo sfrutta il tempo libero per imparare un
nuovo mestiere. Legge delle dispense acquistate in edicola, studia
un libro, va ad aiutare un amico nella sua bottega, si collega a
internet.

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A un certo punto la sua ditta si trova in difficoltà e licenzia molti
operai, compreso lui. Il nostro operaio sa fare due lavori e decide
di mettersi in proprio. O di lavorare dal suo amico. O chissà
cos’altro. Cosa avrebbe fatto il nostro operaio se avesse passato la
sua vita con gli amici al bar?

Non stiamo discutendo della libertà di una persona di fare del suo
tempo ciò che vuole. Discutiamo degli effetti di un cattivo uso del
tempo in relazione al miglioramento personale o all’aumento di
produzione. Una persona potrebbe, se lo volesse, dedicarsi a
un’altra attività all’uscita dal suo lavoro. Potrebbe. Se non lo fa è
un suo diritto, ma potrebbe. Come potrebbe imparare un nuovo
mestiere che gli consenta di guadagnare la stessa cifra del
precedente lavoro in meno tempo.

In conclusione, non possiamo tralasciare un altro importante


aspetto della relazione tra tempo e denaro. Parliamo
dell’occuparsi di fatti e situazioni che non sono, o non dovrebbero
essere, di nostra competenza ma che ci troviamo ad affrontare per
l’inettitudine o l’indolenza delle persone intorno a noi.

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Molto del nostro tempo (e molto del nostro potenziale guadagno)
è divorato dagli errori dei sottoposti o dei collaboratori o dalle
inefficienze del sistema. Cioè il nostro tempo se ne va nel fare
cose che altri avrebbero dovuto fare e che non hanno fatto o
hanno fatto male.

Questo è fondamentale per tutti i dirigenti, imprenditori o


artigiani. Il loro tempo deve essere diretto a curare la loro attività
e non a coprire le magagne dei collaboratori. Purtroppo, questa
situazione è talmente diffusa che molte persone hanno il terrore di
ingrandire la propria attività (con relativo aumento dei guadagni)
perché sanno che ciò comporterebbe maggiori problemi da parte
dei dipendenti.

Preferiscono guadagnare meno perché non sanno come occuparsi


dei dipendenti. C’è un unico modo per aumentare le ore di
produzione personale di un individuo in un giorno oltre i limiti
fisici: delegare il lavoro a qualcun altro e guadagnare
dall’organizzazione di questo lavoro. Solo così possiamo produrre
per 10, 20, 50 o 100 ore al giorno.

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SEGRETO n. 52: l’unico modo per superare la barriera
assoluta dei limiti stabiliti dal tempo è quella di delegare ad
altri parte del nostro lavoro costruendo un’attività d’impresa
o una rete di collaboratori.

Il nostro tempo è prezioso. In senso assoluto, è il luogo in cui


possiamo generare le azioni che porteranno ai prodotti che si
tramuteranno in denaro. Il nostro tempo è la più grande dotazione
di cui la natura potesse fornirci in termini di materiale da
consumare. Perché sprecarlo tappando i buchi lasciati aperti e
incustoditi da altri?

Ciò non significa che una persona non debba occuparsi delle
situazioni irrisolte che vede intorno a sé. Può e deve. È un dovere
soprattutto quando la loro risoluzione è fondamentale per il
corretto funzionamento delle attività nelle quali si è impegnati.

Tuttavia, non appena si è riusciti a tappare il buco lasciato aperto


da un altro, non appena ci si è accollati il problema generato da un
altro, non appena si è riusciti a rimediare all’errore di un altro,
non appena si è fatto qualcosa che doveva essere fatto da un altro,

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occorre anche occuparsi della persona che ci ha fatto sprecare il
nostro tempo, in modo che la vicenda non si ripeta mai più.

Non vi è lo spazio per sviluppare ulteriormente questo concetto,


ma vorremmo che un piccolo appunto fosse annotato nella vostra
mente in proposito. Il successo di un individuo può dipendere in
misura non piccola da situazioni del genere.

Riassumendo:
 dovremmo modificare il nostro concetto di tempo affinché si
abbia la concezione che noi siamo i padroni del tempo e non il
contrario;
 quando non abbiamo tempo per fare qualcosa che ci piace, ciò
significa solo che dedichiamo tempo ad altre attività che ci
piacciono meno o che reputiamo meno importanti. Non
sentiremmo altrimenti la necessità di fare qualche altra cosa
(quante cose non facciamo ogni giorno? Non stiamo a pensarci
sempre, no?);
 il tempo a disposizione aumenta quando aumentiamo la
quantità di azioni che culminano in un risultato finito e
completo;

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 il tempo a disposizione aumenta quando lo si dedica ad attività
che siano migliori in termini di aumento della propria
sopravvivenza;
 tali attività sono quelle che ci permettono di ottenere prodotti
(o servizi) di maggior valore che possano essere scambiati con
altre persone;
 altre attività da perseguire sono quelle che migliorano la
persona dal punto di vista culturale, professionale, spirituale e
di esperienza di vita;
 il tempo a disposizione aumenta quando impediamo alle
persone intorno a noi di farci sprecare il nostro tempo
occupandoci continuamente delle loro inefficienze, pigrizie ed
errori.

Il tempo ha molto a che fare con il denaro. Se aumentiamo la


nostra velocità nel fare le cose, se aumentiamo il numero di cose
fatte, se insegniamo alle persone a fare il loro lavoro anziché
rimandarcelo addosso, se usiamo il tempo che ci avanza per
migliorare anziché sprecarlo in attività futili di immediato
divertimento ma senza costruzione futura, allora la nostra capacità
di avere denaro aumenterà notevolmente.

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Anche la zona geografica in cui si vive ha molta importanza sulla
capacità di guadagnare denaro. Non sempre bisogna prendersi
tutte le responsabilità quando non si ha successo nella vita. O
meglio, la nostra responsabilità in questo caso risiede nella scelta
del posto in cui vivere.

SEGRETO n. 53: parte della responsabilità di un individuo


nel suo successo personale e finanziario è dovuta al posto in
cui decide di vivere e operare.

È vero che una persona non decide dove nasce, ma decide


sicuramente dove vive o dove risiede. Esistono motivazioni di
tipo personale che portano una persona a rimanere nel posto in cui
nasce o che le impediscono di allontanarsi di molto. Tale scelta è,
per il singolo individuo, perfettamente giusta e, in questo senso,
va difesa, ma il posto in cui si sta vivendo potrebbe non essere il
migliore per le proprie abilità e i propri obiettivi.

È importante non dimenticare questo fatto basilare. La nostra


nazione ha una vitalità economica completamente diversa da zona
a zona. È superfluo ricordarlo e non staremo qui a puntualizzare

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dove l’economia sta viaggiando a ritmi accettabili o dove vi sono
situazioni di emergenza economica. Lasciamo questo compito alla
riflessione personale del lettore. Il concetto generale è che una
persona deve sapere quanto il suo ambiente diretto può aiutarlo o
ostacolarlo in termini di produzione, per quanto abile e capace
possa essere.

SEGRETO n. 54: un luogo privo di infrastrutture e di


mercato può essere una barriera insormontabile per una
persona che intende realizzarvi la propria idea.

In questo caso l’abilità personale deve essere dimostrata anche


nella scelta del luogo in cui è più opportuno vivere e lavorare. In
genere, il luogo più indicato per produrre (e quindi guadagnare) è
quello in cui la condizione economica è migliore.

Anche trovare lavoro può avere gradi di difficoltà profondamente


diversi da regione a regione. Una semplice scorsa alle indicazioni
statistiche recenti può aiutare in tal senso. Uno dei presupposti
con cui scegliere una zona o una città è la vicinanza della sua
componente etnica e culturale al proprio sistema di valori. Se c’è

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troppa differenza fra il sistema di valori e il carattere di una
persona e lo schema dei valori accettato e riconosciuto, è meglio
che la persona inserisca anche questo fatto nella sua valutazione
complessiva del luogo in cui scegliere di vivere e lavorare.

Ci sono zone dove guadagnare denaro onestamente è molto


difficile. Una comunità irrigidita in sistemi extra-legali di
convivenza civile non può essere combattuta da un singolo in una
battaglia alla Don Chisciotte. Affrontiamo quest’argomento
perché, effettuando molteplici consulenze, abbiamo riscontrato
che questo fattore, a prima vista poco importante, rappresenta a
volte uno dei maggiori ostacoli nella scelta di nuove e più
proficue strade.

Un cliente, ottimo tecnico di impianti audio e video specializzato


in servizi ad artisti per la predisposizione di concerti e
manifestazioni, ci comunicò la sua difficoltà a espandere il suo
lavoro e ampliare i suoi guadagni. Aveva un’ottima
professionalità ma la zona in cui lavorava non gli consentiva di
farsi pagare quanto lui reputava giusto.

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La concorrenza di figure improvvisate teneva il prezzo del
servizio basso e molti artisti preferivano risparmiare. Quale
consiglio poteva essere dato a questo cliente? Primo, valutare se
per lui fosse più importante, in quella fase della vita, il luogo in
cui viveva oppure la sua professione.

Secondo, nel caso in cui non avesse scelto di andare a lavorare in


una zona che gli avrebbe permesso di valorizzare al meglio le sue
competenze, il consiglio era quello di lavorare su un’immagine
più professionale di sé, con tanto di archivio di clienti serviti e
prezzo maggiorato rispetto alla media.

Nel precedente capitolo abbiamo parlato delle potenzialità di


internet e, ricollegandoci a quelle righe, possiamo certamente
affermare che il web consente, in grande parte, di risolvere i
problemi che spesso possono colpire alcuni di noi a causa del
proprio ambiente poco incline alle iniziative economiche o alla
disposizione di posti di lavoro.

Internet significa essere connessi con il mondo pur non


spostandosi da casa. Il mercato potenziale è l’intero pianeta. E

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non a caso, anche alcune fra le iniziative imprenditoriali
apparentemente meno affini con internet, stanno sviluppando
soluzioni che tendono a sfruttare al meglio questo mercato
planetario o, comunque, non circoscritto alla propria zona o
regione di residenza.

A titolo di esempio, abbiamo visto nascere iniziative come la


segretaria virtuale (un servizio offerto via telefono di segretariato
per i piccoli uffici) o l’agenzia viaggi online.

Dopo aver affrontato i fondamenti teorici del denaro e della


produzione, abbiamo esaminato le leggi sull’attenzione,
sull’organizzazione e la gestione del tempo. Abbiamo quindi
messo da parte abbastanza materiale per costruire una macchina
produttiva all’altezza delle aspettative e abbiamo sufficienti
argomenti per essere in grado di ottenere più denaro e diventarne
veri “domatori”.

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RIEPILOGO DEL GIORNO 5:
 SEGRETO n. 45: Per meglio comprendere cosa sia
l’organizzazione è più semplice esaminare il modo in cui le
cose si dis-organizzano. Se in un’area abbiamo un’assenza di
prodotti o una bassa quantità e qualità degli stessi, ciò significa
che l’area ha un basso livello di organizzazione.
 SEGRETO n. 46: ogni persona facente parte di un gruppo, di
un’organizzazione o di un’azienda dovrebbe sapere, almeno a
grandi linee, quali siano i compiti, i doveri e i prodotti che deve
ottenere ogni altro membro di quel particolare gruppo o
azienda.
 SEGRETO n. 47: per essere dei bravi dirigenti occorre essere
in grado di fare in prima persona ciò che si deve supervisionare,
sapere come si comunica e si insegna, conoscere
sufficientemente i meccanismi di gestione del personale o dei
collaboratori.
 SEGRETO n. 48: ogni genere di attività è spiegabile in tre
momenti di base: fase A le idee, la conoscenza e la tecnologia
pertinenti all’attività; fase B, l’effettivo operare in relazione
all’attività; fase C, i risultati concreti (sotto forma di prodotti
e/o servizi) dell’attività.

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 SEGRETO n. 49: molti individui non riescono a condividere
con i loro collaboratori il progetto o la meta aziendale. I
collaboratori, anziché propulsori dell’attività, diventano dei
freni, fino al punto che l’imprenditore preferisce continuare a
lavorare da solo pur se sovraccarico.
 SEGRETO n. 50: un imprenditore o un dirigente dovrebbe
controllare i propri sottoposti attraverso un controllo dei loro
prodotti e risultati e non attraverso un controllo delle loro
azioni.
 SEGRETO n. 51: la percezione del tempo ci viene trasmessa
dalla quantità di azioni e progetti che portiamo a compimento.
Un utile esercizio è stilare l’elenco quotidiano e settimanale
delle nostre attività e vedere quali tempi morti abbiamo e quali
attività portatrici di benessere o prosperità portiamo a termine.
 SEGRETO n. 52: l’unico modo per superare la barriera
assoluta dei limiti stabiliti dal tempo è quella di delegare ad
altri parte del nostro lavoro costruendo un’attività d’impresa o
una rete di collaboratori.
 SEGRETO n. 53: parte della responsabilità di un individuo nel
suo successo personale e finanziario è dovuta al posto in cui
decide di vivere e operare.

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 SEGRETO n. 54: un luogo privo di infrastrutture e di mercato
può essere una barriera insormontabile per una persona che
intende realizzarvi la propria idea.

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GIORNO 6:
Come si diventa “domatori” di denaro

Scopo di questo ebook è cambiare il modo di porsi nei confronti


del denaro, mostrando che i soldi non sono altro che un concetto
mentale creato dall’essere umano. Sicuramente la lettura di queste
pagine non farà diventare automaticamente chi legge un
milionario né tantomeno gli consentirà di vivere di rendita con
qualche magico sistema per guadagnare soldi.

Stiamo percorrendo una strada il cui scopo è quello di portarci da


essere prede e vittime del denaro a diventarne i domatori. I
passaggi sono alla fine estremamente semplici. Non conoscendo
quali fondamenti vi siano nell’esistenza del denaro e nella sua
relazione con la produzione, moltissimi individui, pur lavorando,
non riescono a uscire da alcuni meccanismi che chiameremo la
ruota del criceto.

Tale metafora è rappresentativa delle sorti di chi, pur con la

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propria buona volontà e impegno, lavora senza riuscire a superare
quel punto di pareggio (break-even point finanziario) in cui
sentirsi “benestanti” o finanziariamente appagati e lontani dalle
note ansietà di dover far quadrare i conti per arrivare a fine mese.

SEGRETO n. 55: molte persone sono vittime della “ruota del


criceto”, ovvero di un meccanismo per cui lavorano
incessantemente ma riescono a produrre solamente quanto
basta loro per vivere dignitosamente senza alcun accumulo di
capitale.

Diventare dei domatori del denaro non significa diventare ricchi


come un petroliere o come una famosa star di Hollywood.
Significa avere la capacità di sapere come affrontare i problemi
relativi al denaro e avere un atteggiamento di calma mentale e
positività a riguardo.

Non si può giudicare il valore di una persona da quanto denaro


possiede ma dalla sua capacità di ottenerlo e gestirlo. Ci sono
alcune persone che, per motivi di casualità, possono avere la
fortuna di essersi trovate nel posto giusto al momento giusto.

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Abbiamo conosciuto ragazzi all’università i quali avevano già il
proprio futuro preparato e rilucente di prosperità. L’abilità di far
fronte ai problemi della vita è la più alta qualità dell’essere
umano. Impegnarsi per far andar bene le cose è qualcosa da
ammirare e a cui rendere onore. Il fatto che le cose attorno a
qualcuno vadano bene è solo un indice di abilità passivo perché ci
dà un quadro statico della vicenda e non ci dice cosa succederà se
il quadro stesso si dovesse mettere in movimento e diventare
dinamico.

Il peggior errore che si possa commettere nelle difficoltà è


pensare che per quel problema non vi possano essere vie di uscita.
Esiste sempre una via d’uscita per quanto difficile possa apparire.
Generalmente, le persone conoscono le soluzioni ai loro problemi
ma non sempre hanno abbastanza coraggio o forza di volontà per
attuarle.

Il punto di partenza riguardo a questa grande confusione chiamata


denaro, è pensare che comunque ognuno di noi può fare qualcosa.
Se ci fermassimo qualche volta ad ascoltare i concetti base che i
nostri conoscenti esprimono quotidianamente ed esaminassimo a

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fondo a quali conclusioni ci portano quei pensieri, potremmo
rimanere sorpresi. Sentiremo alcune persone parlare e straparlare
di lavoro, produzione, spese e denaro. Il tono medio e ricorrente
sarà di criticismo e di lamentela.

Raramente si ha occasione di sentire qualcuno parlare con


soddisfazione del proprio lavoro, della propria situazione
finanziaria o dell’andamento economico nazionale. Le persone,
nella stragrande maggioranza dei casi, avranno un elenco
completo di lamentele e di insoddisfazioni e un elenco altrettanto
completo e preciso di quali siano i responsabili e le cause di ciò
che non va.

A sentir le persone, sembrerebbe che siano sempre dei fattori


estranei o esterni i responsabili della loro situazione. La vita di
ogni persona è il risultato di decine o centinaia di migliaia di bivi
(alcuni piccoli e altri grandi) presi o non presi. La vita non è
lineare! Appare lineare a un esame superficiale.

Alcune volte ci può far comodo pensare che certe svolte o certi
“tirar dritto” siano obbligati. Ma non lo è mai. Una persona ha

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sempre più scelte. Alcune sono spesso molto difficili da accettare,
per altre è doloroso prendersene la responsabilità. Ogni giorno
una persona, mentre è alla guida del suo veicolo in questa grande
strada che è la vita, incontra bivi, deviazioni, percorsi alternativi.
Spesso, non avendo chiara la direzione e la meta, si percorrono
semplicemente le strade già battute dalla maggioranza o quelle più
strombazzate dai mass-media o dalle corporazioni di potere.

Senza entrare in inutili complessità, diciamo che è osservabile,


all’interno della società umana, la tendenza dei singoli membri di
un gruppo a evitare la ricerca di nuovi itinerari quando altri
membri hanno già battuto strade sconosciute e le hanno presentate
agli altri. Ovvero, i membri di un gruppo hanno la tendenza a
percorrere i sentieri già aperti dai precursori o dai leader di quello
stesso gruppo.

Questo accade per un processo di de-responsabilizzazione in cui


sopravvivere male percorrendo una strada aperta o consigliata da
altri è preferibile a sopravvivere male percorrendo una strada
intrapresa in tutta originalità da noi. Così, mentre cresciamo,
assorbiamo intorno a noi una moltitudine di indicazioni sulle vie

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da seguire. Questo processo è talmente continuo e senza soluzione
di continuità da essere quasi sub-consapevole, ovvero si attua
senza una precisa consapevolezza del soggetto ricevente.

Così, lungi dall’affermare che le strade che altri hanno tracciato e


indicato siano scorrette o banali, viene però a mancare quel
processo di consapevolezza e partecipazione delle informazioni
che riceviamo.

Se poniamo l’attenzione alla quantità di insegnamenti piccoli o


grandi che fin da bambini riceviamo, cominceremo a capire quale
sia la montagna di ciarpame che riempie gli spazi dei nostri
archivi. Queste informazioni predispongono dinanzi a noi dei bivi
che vengono da noi imboccati fin troppo spesso senza alcuna
consapevolezza.

Venendo ad argomenti più vicini alle tematiche finanziarie,


diremo che se in questo momento chi legge queste pagine fa un
determinato lavoro, con grande probabilità lo fa perché ci è
“capitato” dentro, senza una precisa pianificazione e decisione da
parte sua.

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I motivi della scelta del proprio lavoro possano sembrare
consapevoli e definiti. Possiamo rievocare precisi momenti in cui
le decisioni sono state prese. Cionondimeno, quelle scelte si sono
presentate perché molteplici informazioni non pienamente
valutate hanno creato un determinato background
comportamentale e una determinata mappa di valori, che si è
installata con la minima consapevolezza dell’individuo.

Possiamo, da un lato, rammaricarci e spaventarci perché ci


sovviene l’impressione che se guadagniamo pochi soldi la colpa
(o meglio la responsabilità!) non è degli altri ma è nostra.
Dall’altro lato, questo ci apre le porte a una posizione più efficace
nel decidere quale direzione prenderanno le cose.

Siamo noi quelli che hanno predisposto gli incassi che ora
abbiamo e proprio noi stessi siamo coloro che, con un cambio di
mappa mentale e di dati di base su cui operare, possiamo ribaltare
la situazione e fare in modo che più produzione (e quindi più
denaro) possa fluire nelle nostre vite.

Due persone che partono dalla stessa posizione sociale, da uguali

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contesti familiari e, in definitiva, da condizioni di partenza
similari, giungeranno a risultati diversi per quanto riguarda
lavoro, successo e ricchezza. Due persone possono ricevere gli
stessi soprusi o angherie oppure potrebbero avere entrambi dei
genitori poco sensibili che non li ascoltano ma che, al contrario,
continuano a sminuirli e trattarli male.

Si scoprirà che le due persone attueranno dei comportamenti di


risposta ben diversi. Magari uno dei due soccomberà mentre
l’altro userà quel trattamento come molla per una futura rivalsa.

Può essere più facile per alcuni e molto più difficile per altri. Ma
si può fare. Ciò che spesso non consente di osservare i fenomeni
descritti è che gli individui posano la loro attenzione quasi sempre
sui fenomeni attivi della loro vita. Momenti critici, grandi
decisioni, contrasti e grosse occasioni perse. Come detto, la vita è
fatta anche di momenti passivi, momenti in cui avremmo dovuto
fare o agire e non l’abbiamo fatto.

Essendo questi atti di omissione è difficile ricordarseli. Chi si


ricorda gli esatti momenti in cui non si è lavato i denti? Questi

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momenti sono talmente tanti e talmente anonimi che la persona
non fisserà la sua attenzione su qualcosa di preciso e, nel volgere
di breve tempo, nessuna immagine dettagliata e circostanziata
rimarrà nella mente della persona.

Sicuramente, invece, tale persona si ricorderà quando si è lavata i


denti. Ugualmente, non è possibile, a distanza di anni, che una
persona ponga l’attenzione su tutte le cose che non ha fatto e che
invece avrebbe potuto e, forse, dovuto fare. Magari avrebbe
potuto fare altri studi, leggere altri libri, frequentare altra gente,
avere altre curiosità, fare altre esperienze e così via. È difficile
ricordare le cose non fatte (in genere vanno a finire nel
dimenticatoio della memoria) in quanto sono azioni di omissione
e quindi praticamente delle non-azioni o semplicemente delle
non-scelte.

Giunti a questo punto possiamo riassumere tutto quello che


abbiamo detto stilando un elenco di 5 punti.

Punto 1. In primo luogo occorre avere un’idea abbastanza buona


della scena in generale. Ogni persona deve conoscere al meglio il

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mondo dell’economia. Non nei termini matematici dei libri
universitari ma nei termini fondamentali e nelle sue applicazioni
pratiche della vita. L’economia è qualcosa che non ci si può
permettere di non conoscere. Come non è possibile non conoscere
i fondamenti della finanza e del denaro.

Forse qualcuno può sopravvivere senza saper usare un computer e


tutti possiamo sopravvivere senza saper ballare la salsa ma
nessuno ha vita facile senza conoscere i fondamenti di come si
sopravvive e di come ci si procura vitto, alloggio e protezione dai
pericoli.

Quindi, quello che si può fare è impegnarsi nel capire come le


cose funzionano. Occorre spendere un po’ del nostro tempo per
reperire le giuste informazioni. Occorre andare in libreria o in siti
specializzati per chiedere libri e testi specifici sull’argomento.
Occorre conoscere e frequentare persone preparate e competenti
con cui passare anche momenti di svago: le cose che possiamo
apprendere in questo modo ci potrebbero sorprendere.

Se state leggendo questo libro, probabilmente siete avvezzi al

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mondo di internet. In questa stessa collana esistono tantissimi testi
molto pratici e interessanti scritti da persone che hanno potuto
sperimentare di persona quanto scritto. Esistono anche siti che
spiegano come l’economia o la finanza funzionino. Alcuni sono
allineati alle tesi economiche più “ufficiali” mentre altri, sempre
più numerosi tra l’altro, vi possono fornire altre importanti
informazioni, spesso con un incredibile valore di conoscenza.

SEGRETO n. 56: è fondamentale per chiunque aumentare la


propria conoscenza della scena e delle tematiche del lavoro e
dell’economia. Occorre leggere molto e frequentare persone
competenti sull’argomento, anche in contesti non lavorativi o
ufficiali.

Punto 2. Successivamente, occorre definire con esattezza le


proprie mete personali, fare un’accurata stima delle risorse
(abilità, capitali, conoscenza, linee di comunicazione, esperienza
ecc.) disponibili e avere almeno una certa idea dei possibili
ostacoli e difficoltà che si possono incontrare sul percorso.

Questo tipo di lavoro è ottimale se viene svolto da qualcuno

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quando è relativamente giovane. E non parliamo solo di mete
riguardanti il lavoro o la ricchezza. Le proprie mete individuali
sono una categoria generale di cui le mete relative al business o al
lavoro sono una sotto-categoria. Non è mai abbastanza presto per
decidere cosa si voglia fare da grande. In misura egualmente vera,
non è mai abbastanza tardi per decidere cosa si voglia fare da
grandi.

Il raggiungimento di una meta è legato all’energia presente nel


proprio animo e non all’energia fisica del proprio corpo. È
un’affermazione a prima vista scontata e banale ma riteniamo
corretto ribadirla.

Un individuo deve stabilire quali siano le sue mete, quale tipo di


lavoro vorrebbe svolgere o quale progetto vorrebbe realizzare. Se
immerso di già nel groviglio quotidiano dei comuni problemi che
spesso incontriamo, potrebbe essere difficile.

Alcune volte si può cercare di puntare su obiettivi a medio raggio


se ci viene difficile anche solo concepire qualcosa di troppo
lontano nel tempo e nello spazio. Ma senza una precisa mappa

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che ci guidi diventa difficile capire quali opportunità che ci si
presentano sono corrette e quali no.

Punto 3. Un altro passo, basato sulla stima delle risorse


disponibili e sulle proprie mete, è la scelta del lavoro che
intendiamo svolgere. Nella scelta del lavoro è coinvolta anche la
scelta del posto in cui vivere e operare. Difficilmente le due cose
possono essere scisse. Basti pensare ai nostri antenati i quali si
spostavano da un luogo privo di risorse alla ricerca di nuovi
territori pieni di selvaggina, acqua o altre ricchezze.

Basandosi sulle proprie inclinazioni, una persona deve capire se è


un lupo solitario che non riesce a lavorare in gruppo, se è
qualcuno a cui non piace dirigere gli altri, se è incline ad accettare
le pressioni del raggiungimento di un obiettivo di produzione e
così via. Nei precedenti capitoli abbiamo affrontato l’argomento e
crediamo che sia stato possibile dare al lettore molti spunti di
riflessione su questo punto.

C’è da fare la scelta fra lavorare per altri e lavorare come


autonomi. Occorre scegliere il tipo di settore e il tipo di

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professionalità che più ci si addice. Più onestamente facciamo
questa analisi, maggiori riscontri avremo nella realtà. E laddove
volessimo aspirare a un lavoro per cui non abbiamo i titoli o
sufficiente preparazione o caratteristiche, è sempre possibile
impegnarsi e imparare.

Ovviamente non possiamo trascurare il fatto che alcuni lettori


possono trovarsi ora con delle scelte effettuate che magari non li
soddisfano più. Questo può sembrare più complicato, ma non ci
sono molte differenze nella sostanza. Naturalmente per chi ha già
la responsabilità di una famiglia, il cambio di lavoro non è un
passo semplice da fare. Spesso il maggior ostacolo al cambio di
lavoro e, anche se parzialmente, di vita, è il pensiero del periodo
grigio che si colloca fra i due momenti.

Magari prima svolgevamo un lavoro come commesso presso un


centro commerciale e ora vorremmo diventare agenti di
commercio. Oppure abbiamo lavorato per un’officina per anni e
adesso vorremmo avere qualcosa di nostro. Come si fa ad
affrontare questo passaggio?

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È ovvio che ogni situazione è differente e ha una sua precisa
risposta. Possiamo certamente dire che è possibile ritagliarsi dei
tempi aggiuntivi per cominciare a creare qualcosa di nuovo.
Questo comporterà dei sacrifici e del tempo rubato ai propri
momenti di svago o ai rapporti con amici e parenti.

Si tratta di mettere sul piatto della bilancia costi e benefici ed


essere sinceri con noi stessi riguardo alla nostra effettiva voglia di
accettarli entrambi. Un dipendente può avviare sempre un’attività
parallela di tipo imprenditoriale. Un professionista può imparare
una nuova professione.

Punto 4. Stabilito il tipo di lavoro da svolgere, bisogna preparare


un piano operativo che sarà tanto più complesso quanto più sarà
strutturata la meta che in primo luogo si è deciso di raggiungere.
Il fatto di stilare un piano operativo è uno di quei modi per evitare
che nella nostra mente si affastellino idee, progetti, adempimenti,
esigenze e date da rispettare rubandoci molta dell’attenzione che
invece dovrebbe rimanere libera.

Come si predispone un piano? Il piano deve avere una meta

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finale. Deve avere degli obiettivi intermedi. Deve avere una
strategia, che è il modo fondamentale o il comportamento di base
che intendiamo attuare per realizzare il piano. Il piano deve avere
tanti singoli progetti che vadano a realizzare parti del piano
stesso. Un progetto è, semplicemente, un piccolo piano che
realizza il piano generale. Un piano deve avere dei target
temporali, ovvero deve stabilire entro quale data (anche
indicativa) qualcosa debba essere realizzato o raggiunto.

Riassumiamo in uno schema quanto detto e mostriamo degli


esempi:
1. in primo luogo occorre avere un’idea abbastanza buona della
scena in generale;
2. successivamente occorre definire con esattezza le proprie mete
personali, fare un’accurata stima delle risorse (abilità, capitali,
conoscenza, linee di comunicazione, esperienza ecc.)
disponibili e avere almeno una certa idea dei possibili ostacoli
e difficoltà che si possono incontrare sul percorso;
3. un altro passo, basato sulla stima delle risorse disponibili e
sulle proprie mete, è la scelta del lavoro che intendiamo
svolgere;

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4. stabilito il tipo di lavoro da svolgere, bisogna preparare un
piano operativo che sarà tanto più complesso quanto più sarà
strutturata la meta che in primo luogo si è deciso di
raggiungere.

Situazione 1: lavoratore dipendente che intende avviare


un’attività di noleggio DVD.

Meta: creazione di un punto noleggio con robot automatici per


l’erogazione anche notturna di DVD. Possibilità di replicare
l’apertura di altri punti vendita con la collaborazione di altri
piccoli imprenditori.

Obiettivi intermedi:
 adempimenti burocratici per l’inizio attività, comprensivi della
scelta del consulente fiscale;
 identificazione di un locale adatto per l’attività;
 predisposizione dello stesso con acquisto arredamenti;
 ricerca e ottenimento di contratti di fornitura DVD da
noleggiare con fornitori del settore;
 apertura del locale e sua promozione in città.

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Strategia: creazione di un giornalino promozionale delle ultime
novità in fatto di uscite cinematografiche da distribuire nei locali
della città oppure da inviare a indirizzi postali legalmente
acquistati di persone interessate al prodotto. Massima attenzione
al cliente e proposizione di continue novità e proposte. Possibilità
di ottenere sconti particolari in alcuni negozi della città a tutti i
possessori della tessera di noleggio.

Progetti:
 preparazione del giornalino promozionale;
 affiliazione di altre attività commerciali per la concessione di
sconti ai proprietari delle tessere di noleggio.

Target:
 adempimenti burocratici per l’inizio attività, comprensivi della
scelta del consulente fiscale. Entro il mese di dicembre 2010;
 identificazione di un locale adatto per l’attività. Entro dicembre
2010;
 predisposizione dello stesso con acquisto arredamenti. Entro il
15 febbraio 2011;
 ricerca e ottenimento di contratti di fornitura DVD da

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noleggiare con fornitori del settore. Entro il mese di gennaio
2011;
 apertura del locale e sua promozione in città. Entro il 28
febbraio 2011.

Situazione 2: agente di commercio che vuole creare una nuova


società di vendita di software per esercizi commerciali.

Meta: creazione di una rete nazionale di venditori che


distribuiscano un software di nicchia per la gestione del
magazzino di negozi commerciali.

Obiettivi intermedi:
 apertura di una società con il programmatore di software;
 realizzazione della linea di assistenza con scelta dell’ufficio
operativo;
 predisposizione di un numero sufficiente di agenti per coprire
la regione in cui ha sede la società;
 ottenimento di un agente capo area in ogni regione italiana.

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Strategia: predisposizione di un software che risolva i problemi
degli esercizi commerciali che altri prodotti simili non hanno
risolto o che hanno risolto parzialmente. Assistenza post-vendita
precisa e metodica con corso formativo iniziale presso l’esercizio
commerciale stesso.

Progetti:
 apertura della società;
 creazione della rete di venditori.

Target:
 apertura di una società con il programmatore di software. Entro
il mese di settembre 2010;
 realizzazione della linea di assistenza con scelta dell’ufficio
operativo. Entro il 15 ottobre 2010;
 predisposizione di un numero sufficiente di agenti per coprire
la regione in cui ha sede la società. Entro novembre 2010;
 ottenimento di un agente capo area in ogni regione italiana.
Entro gennaio 2011.

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SEGRETO n. 57: un individuo deve stabilire quale progetto
vorrebbe realizzare, in modo da creare una mappa mentale
che comprenda una meta finale, degli obiettivi intermedi, una
strategia di fondo, singoli progetti e dei target temporali di
esecuzione.

Il piano può scendere in maggiori dettagli e complessità a seconda


dell’iniziativa che si intende realizzare. Ciò che conta e che deve
essere compreso è che la stesura di un piano generale e di un
piano finanziario (da predisporre assolutamente se l’idea da
realizzare è sufficientemente complessa) obbliga colui che lo
predispone a esaminare la sua stessa creazione o meta da un punto
di vista più concreto.

Dover stilare degli obiettivi e delle tempistiche e metterle per


iscritto forza la nostra mente a “collaudare” in un certo modo la
validità dell’idea stessa. Non importa quanto vago sia un piano
per la realizzazione della propria idea. Qualsiasi piano, per quanto
generico e semplicistico, se attuato con coscienza e impegno è
meglio di nessun piano.

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Punto 5. Nel momento in cui si ha un piano e una strategia, con
precisi obiettivi espressi in termini di tempo, non resta altro che
passare all’azione. Ogni passo compiuto, per quanto piccolo,
verso i propri obiettivi, porta più vicino a questi. Utilizzando tutte
le informazioni fin qui esposte, ognuno può trovare la sua strada.
Ricordiamo che, giunti a questo punto, dobbiamo imparare ad
affrontare le cose in un nuovo modo.

Tra i vari nuovi modi di cambiare il proprio modo di fare, un


suggerimento è quello di “fiorire e prosperare” in ogni situazione
e sotto ogni tipo di pressione. Fiorire e prosperare è un modo
poetico per dire che bisogna semplicemente fare in modo che la
propria vita vada meglio.

Questa soluzione appare lapalissiana e quasi una completa


banalità, ma racchiude l’arma più potente nelle mani di un
individuo. Coloro che gestiscono le leve del potere vogliono che
la maggior parte dei cittadini di una nazione (da molti
volgarmente chiamata massa) rimanga sottomessa e in continua
difficoltà. A faticare, a singhiozzare, a incassare colpi senza
reagire, a lavorare senza un congruo tornaconto.

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Mettendo la nostra prosperità in testa alla lista delle nostre priorità
“colpiamo” nel pieno uno dei fondamenti del sistema economico
in cui viviamo e lavoriamo. Anche perché pensare continuamente
a prosperare, sia materialmente sia spiritualmente, ci porta a
ottenere prosperità.

Nella vita un individuo tende a ottenere ciò su cui si concentra.


Chi si concentra sull’insuccesso, sulla negatività, sui problemi,
sull’inganno, sui litigi e così via otterrà insuccesso, negatività,
problemi, inganno, litigi e tutto il resto. Molti famosi testi
affrontano questo argomento. Qualche autore tende a rendere la
cosa quasi mistica ma il succo del discorso è completamente
corretto.

Quindi ponetevi degli obiettivi di miglioramento e perseguiteli.


Applicate tutti gli insegnamenti che potete per migliorare. In
genere i buoni consigli si trovano facilmente. Sta a voi sottoporli
a verifica per vedere se sono davvero buoni consigli.

Per nostro conto, non abbiamo trovato nel primo libro o nella
prima conferenza di un corso ciò che cercavamo. Abbiamo letto

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centinaia di libri e partecipato a centinaia di meeting di vari
formatori e sul pensiero di vari filosofi. Tutto ciò, in un modo o
nell’altro, ha contribuito. Qualunque cosa facciate, qualunque
business intendete realizzare, non dimenticatevi di questo
massimo comandamento: il vostro scopo deve essere “fiorire e
prosperare”.

L’insieme delle proprie idee riguardo noi stessi ci influenza in


tutto ciò che facciamo. Sta alla base delle nostre azioni. E se
ricordiamo che le nostre azioni sono ciò che vanno a creare i
servizi o i prodotti che ci porteranno del denaro, possiamo ben
comprendere quanto sia necessario soffermarsi sugli aspetti
psicologici del proprio approccio alla vita e al lavoro.

Ma ci sono aspetti esterni alla persona, più propriamente


economici, che meritano di essere affrontati nel completare la
nostra trasformazione in “domatori di denaro”. Come accennato,
qualcosa che probabilmente molti lettori hanno cercato scorrendo
questo ebook fin dalle prime pagine, sono stati nuovi magici
metodi per fare i soldi.

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Potremmo sbagliarci nell’esporre un’ipotesi così drastica, ma
crediamo che, giunti a questo punto, il percorso illustrato sia più
chiaro e comprensibile: soprattutto per il risultato che si intendeva
raggiungere. Creare un piccolo manualetto con un elenco di
business appetibili è qualcosa che può essere fatto. Il problema è
quanto quell’insieme di suggerimenti possa essere realmente utile
per chi lo acquistasse.

SEGRETO n. 58: per attuare dei cambiamenti effettivi al


proprio lavoro e alla propria vita bisogna essere disposti a
modificare i propri atteggiamenti e le proprie idee. Non è
possibile dispensare idee su possibili attività, business o nuovi
lavori senza le opportune premesse e l’opportuna
predisposizione di una mappa mentale adatta.

Tempo fa, per effettuare dei test sulle potenzialità di internet,


analizzammo alcuni metodi di “guadagno facile” presenti sul web.
Il risultato è stato, per certi versi, educativo: non possiamo dire
che molte delle proposte che si trovano nel web siano delle bufale
totali ma possiamo confermare che trasferirle a qualcuno senza le
opportune premesse non porterà ai risultati promessi.

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


Ovvero la semplice segnalazione di un potenziale business, senza
le dovute premesse di atteggiamento psicologico e senza la dovuta
conoscenza dei fondamenti del mercato e del marketing, rende
questi potenziali business difficili da realizzare per la maggior
parte dei lettori.

È nostra opinione che qualunque attività possa, se ben gestita,


produrre denaro. Ovviamente l’attività deve rispondere alle
esigenze (potenziali o effettive) di quel particolare mercato. La
regola, esposta nel modo più semplicistico possibile, potrebbe
essere «Non vendere mai frigoriferi agli esquimesi».

È consigliato osservare con attenzione il mercato e trovare quel


prodotto o servizio che è richiesto o potrebbe tranquillamente
esserlo se le persone sapessero che esiste. Chiedetevi cosa le
persone della vostra città o regione potrebbero gradire.

Questo è altrettanto vero per chi cercasse semplicemente un


nuovo lavoro come dipendente. Sviluppare una professionalità e
una competenza per una mansione ricercata dal mercato è
qualcosa di estremamente razionale e consigliabile.

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SEGRETO n. 59: nello scegliere un prodotto, un lavoro o
un’iniziativa, il comportamento di fondo che si può
consigliare è espresso dalla regola generale di «Non vendere
mai frigoriferi agli esquimesi».

È innegabile che la nostra moderna società abbia una spinta verso


l’aumento dei servizi terziari e, in particolare, dei servizi relativi
al benessere e allo svago in tutte le forme in cui è possibile che si
creino. Questo fatto va tenuto in forte considerazione. La spesa
pro capite in prodotti di cura del corpo e in servizi di centri
solarium o di bellezza aumenta, anche per gli uomini.

Trovare il prodotto giusto da vendere è anche una questione di


genialità. Ma potrebbe esserci qualcuno che ha necessità
semplicemente di collaboratori per aiutarlo a collocare il prodotto
giusto. Mangiamo cibi non sani e non immuni da inquinamento, il
che comporta una vastità di potenziali prodotti che il mercato
cerca e che acquisterebbe.

Di recente abbiamo avuto modo di analizzare, per un nostro


cliente, un potenziale business relativo al miglioramento della

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qualità dell’acqua potabile. L’acqua è il fondamento della nostra
alimentazione e della nostra salute. Siamo composti dal 70-75%
d’acqua ma l’acqua che ingeriamo ha livelli di qualità nutrizionale
decisamente inaccettabili. Parliamo di fattori inquinanti ma anche
di mutamenti fisici dovuti alle modalità di trasporto.

Quindi molti di noi acquistano al supermercato costose confezioni


di acque minerali la cui buona qualità è tale solo alla fonte. Pochi
sanno che il pH (indicatore fisico del grado di acidità di un
composto) di un’acqua ha un certo valore alla fonte ma con il
trasporto e la conservazione nelle bottiglie di plastica per circa 48
ore questo parametro vira decisamente verso valori acidi.

L’acqua acida ha un effetto nel metabolismo umano ben


differente e peggiore della stessa acqua con pH alcalino (contrario
di acido). Oggi esistono meccanismi alcalinizzatori a buon
mercato, che insieme a opportuni filtri possono rendere l’acqua
del nostro rubinetto più economica, più buona e più sana delle
acque minerali acquistate (a caro prezzo!) al supermercato.
Questo è un esempio di potenziale business che qualunque
persona intraprendente potrebbe realizzare.

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Citiamo questo esempio solo per mostrare come trovare delle
opportunità non sia così difficile se usiamo il principio di cercare
qualcosa che sia utile e che possa essere richiesto quando se ne
viene a conoscenza.

Continuando con una panoramica sulle possibilità che il mercato


offre, si può consigliare a chi è appassionato di commercio di
valutare le proposte che offrono molte strutture in franchising.
Stiamo ancora una volta facendo un volo panoramico sulla scena.

L’attività giusta da trovare è quella che più si accorda con i nostri


talenti naturali. Per chiunque è possibile migliorare le proprie
capacità e imparare in modo discreto a svolgere qualsiasi lavoro.
Ma non si può negare che anche le nostre inclinazioni (leggasi
semplicemente il piacere di svolgere una determinata mansione)
siano importanti e da tenere in considerazione.

L’attività giusta è anche quella che si accorda con le macro-


decisioni che un individuo ha già preso sulla sua vita. Per macro-
decisioni intendiamo: il posto in cui si vuol vivere, le persone che
si è deciso di frequentare o di sposare per creare una famiglia, lo

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stile di vita fondamentale che si è deciso di adottare e che pare
consono per il raggiungimento delle proprie mete.

Stabilito in generale quale sia l’area in cui vivere e quale sia la


tipologia fondamentale di lavoro che si è scelto (lavoro
dipendente presso privati, lavoro nel settore pubblico, lavoro in
organismi internazionali, imprenditore, libero professionista,
tecnico specializzato, venditore ecc.), il panorama dei possibili
business o iniziative da intraprendere incontra una selezione. Una
buona soluzione è quella di coniugare un’attività nel mondo reale
e un’attività su internet.

SEGRETO n. 60: oggi esistono due mondi diversi e


complementari in cui poter operare: il mondo reale e quello di
internet. Una buona soluzione è quella di coniugare i due
mondi nel portare avanti le proprie attività lavorative.

Proprio internet è una fonte quasi sconfinata di suggerimenti di


iniziative che potrebbero essere intraprese. Esistono sistemi di
affiliazione che nient’altro sono che strutture organizzate di
vendita. Il segreto è che chi vende cerca clienti e i clienti cercano

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opportunità. Questo lavoro può essere svolto dalla pubblicità ma
anche direttamente dall’individuo tramite il passaparola.

Questo sistema, tra l’altro, è anche oggi molto efficace perché il


supporto “umano” che il contatto diretto offre è qualcosa di molto
hard, per usare della terminologia del marketing. Anche nel
nostro lavoro di agenti finanziari interveniamo spesso, negli
incarichi nati tramite contatto internet o via telefono, con clienti
che richiedono proprio il contatto “fisico” con un interlocutore
che li guidi attraverso la scelta del prodotto.

Il segreto è sempre la fidelizzazione. Potremmo arrivare a dire che


l’obiettivo più importante e più proficuo che qualcuno può
raggiungere è la creazione di un archivio clienti o potenziali
clienti. Questo a prescindere dalla propria professione.

Un archivio di persone di cui si conoscono le caratteristiche è


sempre una ricchezza. Lo sanno le catene dei supermercati che
cercano sempre di “regalare” al consumatore una qualche sorta di
card che permetta, con giochi a premi o raccolte punti, di avere
maggiormente sotto controllo il proprio portafoglio clienti.

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SEGRETO n. 61: possedere un archivio di clienti o potenziali
clienti è un patrimonio. Non a caso le aziende cercano
continuamente di fidelizzare con vari metodi i loro clienti.

Sul web troviamo anche altri siti che illustrano iniziative meno
istituzionali ma che, in un modo o nell’altro, possono risultare
interessanti. Molti di voi avranno sentito parlare di eBay, il
famoso sito di aste on-line. Partito, come molte iniziative su
internet, quasi per gioco, è adesso una struttura di commercio di
natura mondiale in cui molti italiani (e non solo) hanno realizzato
una nuova professione. Su eBay c’è chi ha aperto negozi virtuali e
ha trasformato un’attività parallela in un lavoro.

Anche in questo caso basta individuare il prodotto giusto. Non


molti sanno che esistono anche siti che mettono in vetrina,
all’ingrosso, una miriade di prodotti che possono essere acquistati
dall’Estremo Oriente, e dalla Cina in particolare, per essere poi
rivenduti qui in Italia. Parliamo di ogni genere di prodotto, dal
giocattolo al bullone, dall’attrezzatura elettronica agli accessori
per il giardino.

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A questo punto, un accenno va fatto anche ai fondamenti del
marketing e di come si possono trovare i clienti. Le aziende, negli
ultimi tempi, concentrano la loro attenzione proprio su questo
aspetto. Il marketing non si limita solamente all’aspetto della
“pubblicità” ma è un’azione complessa fatta di un mix di
elementi.

Abbiamo il posizionamento del prodotto, la scelta del prezzo, la


scelta dei canali di distribuzione e, infine, la scelta del tipo di
promozione da utilizzare. Sul marketing ci sono da fare discorsi
diversi a seconda della tipologia e della dimensione dell’attività.
Il marketing di un elettricista avrà dimensioni e peculiarità diverse
dal negozio di alimentari o dalla piccola industria manifatturiera
fino a giungere alla multinazionale.

Però ognuna di queste figure ha necessità di un interlocutore


interessato ai propri prodotti per concludere uno scambio. Anche
in questo caso il web ci viene in aiuto. Esistono ormai molti
luoghi virtuali in cui le persone si incontrano, come i forum o i
social network che in questi ultimi anni hanno creato un vero e
proprio fenomeno incontrollabile.

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Facebook, il più famoso social network mondiale, è spesso sotto i
riflettori della cronaca. Moltissimi lo usano per svago e per
rimanere in contatto con amici e parenti. Le sue potenzialità non
si fermano lì. Come con il sistema di Google, è possibile fare
pubblicità a un prodotto o a un’iniziativa a costi decisamente
abbordabili e con riscontri eccezionali.

È possibile anche trovare clienti nel mondo reale, cosa spesso più
facile di quanto si possa immaginare. Non si può sottovalutare il
riscontro che qualsiasi forma pubblicitaria può causare.
L’importante è la scelta del giusto canale. Come in ogni altra
disciplina codificata, ci sono alcune regole da seguire e si rimanda
a testi specializzati per un approfondimento della questione.

Sicuramente, come spesso abbiamo visto fare ad alcuni nostri


clienti, non è corretto investire somme importanti per conquistare
uno spazio su un giornale quando questo messaggio non verrà
ripetuto un numero sufficiente di volte. Una regola del marketing
recita: si ottiene più risultato con un piccolo messaggio ripetuto
molte volte che con un messaggio molto appariscente che
compare una sola volta.

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Se avessimo 5.000 euro da investire in inserzioni nel quotidiano
della nostra città (un tipo di pubblicità spesso decisamente
costosa) è meglio fare un piano di 50 uscite con una finestrella
piccola piuttosto che di sole 5 uscite a pagina completa.

SEGRETO n. 62: nella comunicazione pubblicitaria la


continua presenza del proprio messaggio, pur se in piccole
proporzioni, porta maggiori risultati di una grande
promozione effettuata una sola volta.

Un’altra regola della promozione è che è meglio diversificare i


canali pubblicitari piuttosto che puntare su un solo metodo. Un
venditore americano, Les Dane, in un suo libro illustrava le
potenzialità di un sistema che lui chiamava “vendi a chi hai di
fronte”. L’idea è che chiunque ha delle potenziali esigenze che
possono essere soddisfatte. Quindi ogni persona può essere
un’occasione per concludere un affare: con reciproca
soddisfazione.

Abbiamo visto all’opera un agente immobiliare che aveva


recepito questo segreto e ne incarnava perfettamente l’assunto.

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Questo agente riusciva a vendere una casa (parliamo di seconde
case acquistate per le vacanze) e allo stesso cliente riusciva a
vendere l’arredamento, la costruzione del giardino, l’installazione
delle pompe di calore e altri interventi di manutentori o idraulici a
seconda del caso.

Non che egli svolgesse tutti questi lavori: semplicemente, dopo


aver conquistato la fiducia del cliente con gli opportuni modi e
competenza, gli indicava un particolare negozio di arredamento in
cui era consigliabile comprare, o gli consigliava il giusto
giardiniere o tecnico installatore.

Ovviamente, con ognuna di queste figure egli aveva


preventivamente stretto degli accordi. Quindi, dopo la
provvigione della sua vendita, incassava diverse provvigioni
(questa volta da chi svolgeva il lavoro) per le sue segnalazioni. E
tutti erano contenti.

Lo erano gli acquirenti dell’immobile che si risparmiavano la


fatica di trovare dei professionisti validi in una zona per loro non
conosciuta. Lo erano i professionisti che con la modica

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provvigione riuscivano a procurarsi un cliente e del guadagno. E
lo era l’agente immobiliare che riusciva a guadagnare cifre
importanti senza fare, di fatto, alcun tipo di fatica aggiuntiva.
Quello che l’agente immobiliare metteva a frutto era il proprio
archivio di contatti.

La semplicità con cui si può proporre a qualcuno un prodotto o


un’iniziativa è incredibile. Solo le nostre paure e blocchi mentali
possono rendere la cosa più complessa. Quando si propone
qualcosa a qualcuno è fisiologico ricevere delle porte in faccia.
Quando si interagisce con altre persone, entrano in gioco fattori
imprevisti dovuti alle particolarità della mente umana.

Potremmo andare oggi da una persona per proporgli un affare e


costui il giorno prima potrebbe aver litigato con il coniuge oppure
aver ricevuto una cartella esattoriale e non essere predisposto ad
ascoltare niente. Arriviamo nel momento sbagliato e il tipo ci
liquida in malo modo.

In una marea di contatti, entrano in ballo fattori numerici


statistici. Qualcuno ci chiuderà la porta in faccia, qualcuno ci

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ignorerà delicatamente, qualcuno ci presterà attenzione ma senza
risultato e qualcuno diventerà un cliente o un collaboratore. È solo
una questione di numeri. In questo tipo di situazione solo un
monitoraggio numerico svolto tramite una statistica ci dà il polso
di come le cose stanno andando.

Al termine di questa panoramica sulle opportunità che possono


essere colte è doveroso accennare, visto che parliamo di modi per
procurarsi denaro, all’aspetto finanziario in senso stretto. Uno dei
blocchi maggiori che molte persone hanno per realizzare un
business è proprio la mancanza di denaro per avviare l’iniziativa o
per mantenersi per il periodo in cui, realisticamente, il nuovo
lavoro non sarà capace di sostentarci.

Da questo punto di vista consigliamo assolutamente la lettura del


libro I soldi fanno la felicità di Alfio Bardolla, dove in un modo
estremamente semplice è illustrato come è possibile interrompere
questa trappola perversa che precedentemente abbiamo chiamato
“la ruota del criceto”.

In realtà nel sistema economico generale esistono risorse che sono

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lì proprio per finanziarie nuove iniziative che porteranno
beneficio, se condotte con perizia, all’intero sistema.

Le banche sono l’attore del sistema economico che si occupa di


raccogliere il surplus di produzione (sotto forma di denaro) di
singoli individui e di aziende, gestirlo e collocarlo in altre aree del
sistema dove altri individui e altre aziende (che invece hanno
necessità di capitali per i propri investimenti) lo tramutino in
nuova produzione e, di conseguenza, ulteriore denaro.

Tutto questo è razionale in quanto è giusto che qualcosa che è


stato prodotto non rimanga inutilizzato con il rischio che quella
ricchezza prodotta venga perduta. Lasciando perdere il ruolo che,
negli ultimi decenni, le banche hanno cominciato a recitare negli
equilibri politici ed economici mondiali, resta il fatto che gli
istituti bancari dovrebbero svolgere ancora la loro parte di
assistenti agli investimenti.

Non è semplice per un individuo oggi ottenere dei finanziamenti


per attuare il proprio sogno imprenditoriale. Non è semplice
soprattutto in questi ultimi anni di tempeste finanziarie. Ma è

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egualmente possibile. Esistono delle modalità imprescindibili che
non possono essere dimenticate nel richiedere dei finanziamenti a
una o più banche.

Il primo suggerimento dato al lettore è che, per una banca, la


forma ha una grande importanza. Questo potrebbe essere giusto o
sbagliato, ma non faremo molta strada se non prendiamo atto
delle asperità del fondo stradale che stiamo percorrendo. Queste
asperità esistono ed è inutile protestare senza prenderne atto e
studiare contromosse a riguardo.

Quello che una banca cerca è un imprenditore o un futuro


imprenditore che sia consapevole dei rischi e degli impegni in
gioco. L’aspetto psicologico è molto importante. Chiedere a una
banca che essa si accolli tutto il rischio imprenditoriale e che
creda nel nostro progetto quando noi stessi non dimostriamo di
riporre la stessa fiducia nel progetto è un brutto biglietto da visita.

A volte ottenere una piccola parte dei capitali da mettere sul piatto
insieme alla banca è una grande dimostrazione di serietà e
impegno. Chi ce li possa prestare o anticipare è un problema la

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cui soluzione è diversa da caso a caso e in cui solo una consulenza
specializzata può trovare un bandolo della matassa.

SEGRETO n. 63: una presentazione convinta, professionale e


formalmente ineccepibile di un’idea o di un progetto presso la
banca riscuoterà maggiori probabilità di successo di un
approccio estemporaneo o sciatto.

Come qualcuno potrà aver notato, non abbiamo affrontato da


vicino tutto il ventaglio di possibili guadagni che possono
provenire dagli investimenti finanziari. Il tema è delicato e va
affrontato nel giusto modo, per non incorrere in rischi di
fraintendimento.

Ritornando a internet, negli ultimi anni la pubblicità a sistemi di


guadagno finanziario facile è aumentata esponenzialmente.
Spesso compaiono banner (spazi pubblicitari definiti) che
promuovo l’uso di piattaforme di investimento nel forex (mercato
mondiale dello scambio di valuta monetaria) o nelle materie
prime.

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Alcuni soggetti promuovono questo tipo di attività, denominata
trading, come la soluzione per ottenere denaro in quantità con il
minimo sforzo. L’attività di trading è un vero e proprio lavoro e
inquadrarlo come qualcosa di diverso è tendenzialmente scorretto.
Come tutte le attività, può essere fatto anche per passione o per
divertimento, ma anche questo deve essere chiaro e precisato
prima di dedicarsi a questo genere di iniziativa.

È possibile guadagnare denaro con l’utilizzo di sistemi di trading.


Questo è indubbio. Ormai anche il piccolo e piccolissimo
investitore può fare operazioni di trading su tutto. Su indici di
borsa, su materie prime, sul petrolio, sull’oro e sulle monete
nazionali. Grazie a internet, un campo di investimento prima
riservato solo a un certo tipo di professionisti o aziende
specializzate si è allargato a chiunque.

Moltissime società offrono servizi di prova gratuiti e somme di


investimento minimo decisamente abbordabili. Resta da chiarire
una cosa: qual è l’obiettivo che ci spinge a investire nel trading?

Se l’obiettivo è la semplice passione, avremo una risposta e un

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certo modo di vivere la cosa. Se l’obiettivo è la progressiva
creazione di una professionalità e, quindi, un futuro nuovo lavoro,
allora avremo una situazione differente. Se l’obiettivo è la
soluzione a problemi finanziari immediati, è meglio prendersi un
attimo di riflessione e ponderare meglio la situazione.

SEGRETO n. 64: internet offre a chiunque la possibilità di


fare trading finanziario. Questo tipo di attività è proficua ma
anche profondamente rischiosa. Se si vogliono guadagnare dei
soldi, sono necessari preparazione professionale e un
atteggiamento orientato al medio-lungo periodo.

Sempre in questa collana, troveremo ottimi testi che spiegano


come avvicinarsi al mondo degli investimenti finanziari. Quello
che ci preme dire è che effettuare questi investimenti finanziari
comporta una professionalità e che, come qualsiasi altro lavoro,
niente si può improvvisare.

Se decidiamo di diventare dei trader, dobbiamo, coerentemente


con quanto detto finora, preparare un piano e realizzarlo. Se
invece abbiamo molti capitali che potrebbero fruttare se investiti

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in questo tipo di soluzione, è una buona idea affidarsi a consulenti
professionali che, come qualsiasi professionista, ci assisteranno e
ci offriranno le opportune consulenze.

In conclusione del percorso avviato per conoscere meglio questo


strumento chiamato denaro, resta solo da approfondire
maggiormente come operare da un punto di vista più tecnico o
contabile quando si è in possesso di capitali e di entrate
finanziarie, piccole o grandi che esse siano.

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RIEPILOGO DEL GIORNO 6:
 SEGRETO n. 55: molte persone sono vittime della “ruota del
criceto”, ovvero di un meccanismo per cui lavorano
incessantemente ma riescono a produrre solamente quanto
basta loro per vivere dignitosamente senza alcun accumulo di
capitale.
 SEGRETO n. 56: è fondamentale per chiunque aumentare la
propria conoscenza della scena e delle tematiche del lavoro e
dell’economia. Occorre leggere molto e frequentare persone
competenti sull’argomento, anche in contesti non lavorativi o
ufficiali.
 SEGRETO n. 57: un individuo deve stabilire quale progetto
vorrebbe realizzare, in modo da creare una mappa mentale che
comprenda una meta finale, degli obiettivi intermedi, una
strategia di fondo, singoli progetti e dei target temporali di
esecuzione.
 SEGRETO n. 58: per attuare dei cambiamenti effettivi al
proprio lavoro e alla propria vita bisogna essere disposti a
modificare i propri atteggiamenti e le proprie idee. Non è
possibile dispensare idee su possibili attività, business o nuovi
lavori senza le opportune premesse e l’opportuna

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predisposizione di una mappa mentale adatta.
 SEGRETO n. 59: nello scegliere un prodotto, un lavoro o
un’iniziativa, il comportamento di fondo che si può consigliare
è espresso dalla regola generale di «Non vendere mai frigoriferi
agli esquimesi».
 SEGRETO n. 60: oggi esistono due mondi diversi e
complementari in cui poter operare: il mondo reale e quello di
internet. Una buona soluzione è quella di coniugare i due
mondi nel portare avanti le proprie attività lavorative.
 SEGRETO n. 61: possedere un archivio di clienti o potenziali
clienti è un patrimonio. Non a caso le aziende cercano
continuamente di fidelizzare con vari metodi i loro clienti.
 SEGRETO n. 62: nella comunicazione pubblicitaria la continua
presenza del proprio messaggio, pur se in piccole proporzioni,
porta maggiori risultati di una grande promozione effettuata
una sola volta.
 SEGRETO n. 63: una presentazione convinta, professionale e
formalmente ineccepibile di un’idea o di un progetto presso la
banca riscuoterà maggiori probabilità di successo di un
approccio estemporaneo o sciatto.
 SEGRETO n. 64: internet offre a chiunque la possibilità di fare

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trading finanziario. Questo tipo di attività è proficua ma anche
profondamente rischiosa. Se si vogliono guadagnare dei soldi,
sono necessari preparazione professionale e un atteggiamento
orientato al medio-lungo periodo.

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GIORNO 7:
Come si gestisce e si investe il denaro

Che i soldi ci arrivino da un nuovo meraviglioso lavoro in cui le


nostre inclinazioni siano rispettate e la nostra professionalità
valorizzata oppure da un nuovo business che abbiamo avviato e
che sta riscuotendo un grande successo sul mercato, quando essi
cominciano a fluire hanno bisogno di essere gestiti, sia in entrata
che in uscita. E per quanto fosse logico dedicare molto più spazio
allo sviluppo dei fattori che portano denaro a un individuo, non
possiamo trascurare l’aspetto della gestione dei soldi in proprio
possesso in senso stretto.

In pratica, parliamo di come comportarsi quando si ha del denaro


tra le mani. Alcuni, per assurdo, indicano nella parte relativa alla
gestione il lato più difficile della faccenda, quasi che sia più facile
guadagnare i soldi che saperli gestire con accortezza. Forse questo
punto di vista è eccessivo ma, se ci guardiamo attorno il numero
delle persone che guadagna molti soldi è enorme e non è

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


infrequente che parecchi di essi abbiano problemi con la gestione
del denaro piuttosto che con il guadagno in sé.

Non facciamoci ingannare dal fatto che la cosa appaia fin troppo
semplice. In effetti le cose stanno realmente così: tutto ciò che
ruota intorno al denaro è, in fin dei conti, terribilmente semplice.
Stiliamo ora uno schema che ci funga da guida.

In sintesi dobbiamo:
1. trovare un sistema di produzione che ci assicuri delle entrate
continue nel tempo;
2. creare un sistema di pianificazione finanziario in modo da
monitorare le entrate e le uscite;
3. creare dei fondi di riserva in cui veicolare le entrate;
4. non usare mai un fondo di riserva per spese diverse da quelle
per cui il fondo di riserva era predisposto;
5. aumentare la produttività del proprio sistema di produzione;
6. creare nuovi sistemi di produzione di denaro e ripetere la
sequenza.

Il punto 1 è il gradino maggiormente importante. È primario sia

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


come sequenza che come importanza. Esso è anche uno dei punti
deboli nella maggioranza delle persone. Il punto 2 serve invece
per preservare le entrate. Il punto 3 ha lo scopo di valorizzare le
entrate tramite il principio che tutto quello che si guadagna deve
essere immediatamente speso secondo uno schema analitico e
consapevole.

Il punto 4 esiste per dare importanza all’uso dei soldi


differenziando fra le varie voci di spesa. Il punto 5 serve per
aumentare le entrate. Una volta che si preservano quelle esistenti,
non vi è nessun’altra soluzione che continuare ad aumentare le
entrate per avere una tale abbondanza di denaro che anche
possibili situazioni di emergenza non intacchino lo status di
equilibrio raggiunto.

Il punto 6 è un rafforzativo del punto 5, perché l’unica soluzione


che nel mondo economico funziona è avere sempre soluzioni di
riserva che rimpiazzino i titolari che si infortunano e non possono
più produrre. D’altronde anche il contadino sa che non si possono
mettere da parte 100 kg di grano per l’inverno che sopraggiunge
se si vuole seminare e raccogliere 100 kg di grano.

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


Imprevisti, siccità, temporali e altre avversità naturali non
possono essere previsti e l’unico modo per affrontarli è essere
dotati di riserve ben oltre ogni ragionevole previsione di
contrattempi.

SEGRETO n. 65: la strategia vincente per ottenere sempre


più denaro è mettersi al riparo da ogni possibile imprevisto o
catastrofe. Questo può essere raggiunto solo con la
diversificazione delle fonti di entrata, economiche o
finanziarie che siano.

Saltando, quindi, il punto 1 a cui abbiamo già dedicato molte


pagine, diamo per assodato che possediamo una fonte di entrate.
Per essere pratici, parliamo di Beppe, un commerciante di
ortofrutta. Beppe ha il suo piccolo negozietto ereditato dal padre
che gli garantisce una piccola entrata.

Diciamo che in questo ultimo anno (in 12 mesi) abbia effettuato


le seguenti spese:
entrate: 24.000 €
uscite: 12.000 €

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Le uscite erano così composte:
affitto negozio: 0 € (il locale è di proprietà)
acquisto merce: 8.000 €
costi energetici: 600 €
costi telefonici: 800 €
costi servizi: 1.200 €
costi vari: 1.400 €

Beppe ha un introito medio di 1.000 euro al mese. È il suo


guadagno. Diciamo che il punto 1 di Beppe è sistemato. Visto che
non stiamo parlando (in questo esempio) della gestione
dell’attività, vediamo di applicare il punto 2 alle entrate (1.000
euro al mese) di Beppe.

Quale affitto paga per la sua casa? Quali altri costi ha la sua
casa? Quanto costa la spesa al mese? Quanto spende
mediamente di energia elettrica e telefono? Possiamo aggiungere
voci su voci.

Bisognerebbe vedere la composizione dell’unità familiare di


Beppe. È sposato? Ha figli? In ogni caso Beppe dovrebbe fare un

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


elenco completo di tutte le spese mensili. E valutarne la spesa
media mensile. Ciò in base alle rilevazioni dei periodi passati. Nel
caso non esistessero dati concreti relativi a un recente passato
occorrerà fare delle stime che verranno confermate o bocciate
successivamente nei primi mesi di controllo della pianificazione.

Fatto questo, Beppe deve fare l’elenco completo dei costi


bimensili, quadrimestrali, semestrali o annuali. Esemplificando
parliamo di assicurazioni dell’auto, bollette dell’acqua, tasse sulla
casa, altre tasse, abbonamenti vari. Tutto ciò che si paga ogni
tanto, non tutti i mesi. Si prende l’elenco e si divide ogni voce di
costo per la quantità di mesi di cui è composto il periodo di
riferimento di quel pagamento.

SEGRETO n. 66: ogni persona o azienda deve avere uno


schema finanziario che riporti con la massima esattezza
possibile quali spese fisse e variabili deve coprire per unità di
tempo scelta (settimana, mese e anno).

Ad esempio: se si paga l’assicurazione dell’auto ogni 6 mesi,


bisogna prendere il costo semestrale dell’assicurazione (ipotesi:

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600 euro) e dividerlo per 6. Si otterrà la quota mensile (100 euro)
che deve essere messa da parte (tecnicamente “accantonata”) ogni
mese affinché alla fine dei 6 mesi si abbia tutta la somma
necessaria per pagare l’assicurazione.

Questo perché, ogni mese, Beppe deve sapere quanto denaro può
effettivamente “spendere” sapendo che tutte le sue spese annuali
sono completamente coperte. Altrimenti Beppe correrebbe il
rischio di spendere ogni mese 100 euro in cose futili perché quei
soldi gli “avanzano” (avanzano apparentemente… è ovvio!) per
poi scoprire nel mese di giugno (cioè al 6° mese) che si deve
pagare una somma di 600 euro da togliere completamente dai
1.000 euro del guadagno. E magari quei soldi in più non ci sono.

Questo succede molto spesso. Siamo sicuri che ognuno di voi lo


ha visto succedere in una forma o l’altra. Prendiamo l’esempio di
quell’imposta indiretta che è l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto).

Ogni commerciante e imprenditore paga quando acquista


solitamente il 20% (in Italia esistono altre aliquote!!) in più la
merce o i servizi che acquista. Paga questo 20% come anticipo di

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quello che riceverà dai clienti a cui vende. Perché quando vende,
il suo cliente gli pagherà il 20% in più il suo servizio o prodotto.
L’imprenditore dovrebbe, e sottolineo, dovrebbe mettere da parte
questo 20% (che tecnicamente non è suo ma dello Stato) per poi
versarlo (ogni mese o ogni 3 mesi a seconda dei casi).

È quindi tecnicamente impossibile che un imprenditore non abbia


questo 20% di IVA da versare allo Stato. Se ha venduto qualcosa
lo dovrebbe avere. Se non ce l’ha vuol dire che lo ha speso.
Cattiva gestione. O meglio, cattiva pianificazione.

Si potrebbero fare molti altri esempi ma crediamo sia possibile


per il lettore formularne di propri. Sarebbe anzi un buon esercizio,
anche adesso, anche senza aver guadagnato milioni, prendere i
propri guadagni e metterli nero su bianco. E prendere le proprie
uscite fisse settimanali, mensili e annuali e metterle nero su
bianco. Si vedrebbe qual è la quantità di denaro pulito di cui si
può disporre per i propri acquisti o investimenti.

Creato il punto 2 (non si potrà mai esagerare nell’essere precisi) si


arriva al punto 3. Quando si ha una fonte di entrate e si ha un

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quadro preciso della pianificazione delle uscite, si ha un’esatta
padronanza dei flussi finanziari. A quel punto avremo tutte le
uscite fisse coperte. E staremo al sicuro per quanto riguarda quelle
uscite che non possono non esserci.

Parliamo di quelle spese che si manifesteranno in quella esatta


quantità prevista in ogni caso. Solo per questo motivo si
chiamano fisse. Prendiamo l’esempio classico delle uscite fisse e
cioè l’affitto o costo di locazione. Ogni mese, per chi non abita in
casa di proprietà, si concretizza la routine del pagamento della
pigione al proprio padrone di casa oppure della rata del mutuo
acceso alla propria banca. L’unico modo per non dover pagare
l’affitto o il mutuo è quello di lasciare o vendere la casa. Ma, a
parte queste situazioni, la spesa è, appunto, fissa.

Con le spese fisse coperte, rimangono da coprire le spese


variabili. Le spese variabili sono quelle spese sicure nella loro
esistenza ma di entità variabile. Un esempio lampante di questa
tipologia sono le spese dei carburanti. Ogni mese, ogni persona sa
più o meno quale possa essere la propria spesa per il carburante o
i trasporti.

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Questo tipo di spesa, il carburante, sarà variabile in dipendenza di
alcuni fattori. L’individuo, magari non potrà azzerare questa spesa
ma potrà intervenire in modo sufficiente per modificarla, sia in
senso positivo che in senso negativo.

Un altro tipo di spesa variabile sono gli acquisti alimentari. Per


quanto sia ovvio che la spesa alimentare non possa scendere al di
sotto di un certo livello minimo, si può ben vedere che, a seconda
delle preferenze di una persona o di una famiglia, gli acquisti per
cibo e bevande possano modificarsi sensibilmente.

Nel momento in cui abbiamo preso per buona l’entità delle


entrate, in cui abbiamo appurato quali siano le spese fisse a cui
andiamo incontro e, ovviamente, dopo che abbiamo appurato che
le entrate bastano a coprire le stesse uscite fisse, ci ritroviamo a
decidere quanto possiamo dedicare alle spese variabili.

SEGRETO n. 67: le spese possono essere suddivise in


primarie e secondarie a seconda della loro importanza oppure
in fisse o variabili a seconda del grado di modificabilità delle
stesse. Le spese primarie sono sempre fisse.

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Ogni mese, dopo aver “accantonato” la quota dovuta alle spese
fisse, ci ritroviamo con una somma disponibile. Questa somma va
suddivisa fra le spese variabili e gli accantonamenti. Della somma
originaria non deve restare niente. Tutto deve essere “speso”. Ma
non stiamo indicando che tutto debba essere scialacquato. Anzi,
l’esatto contrario. I soldi disponibili devono essere “spesi” nel
senso che a ogni euro e ogni centesimo deve essere data una
destinazione. Per esemplificare torniamo al nostro amico Beppe.

Beppe guadagna 1000 euro al mese. Le sue spese fisse sono:


energia elettrica, assicurazioni, tagliando auto, tasse e imposte
personali e familiari e via discorrendo. A livello mensile abbiamo
una quota di 300 euro. Rimangono ora 700 euro al mese da
“spendere”.

Ci sono le spese variabili. Abbiamo le spese di benzina, le spese


alimentari, le spese del cellulare e così via. Beppe esamina le
medie di spesa dei mesi precedenti e vede che ogni mese spende
circa 150 euro di benzina e 350 euro di spesa alimentare. A questo
aggiunge 50 euro di spese telefoniche e 50 euro di spese varie.

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A quel punto decide di tagliare un po’ di spese variabili perché
sono troppo alte. Decide di risparmiare sulle maggiori voci di
spesa stando più attento. Ma il meccanismo, per funzionare, deve
andare a senso inverso. Prima si decide quale sia la somma
massima che si può spendere e poi ci si impegna per stare dentro
il budget.

Così Beppe decide di “accantonare” 130 euro per la benzina, 310


euro per la spesa alimentare, 35 euro per le spese telefoniche e 40
euro di spese varie. Rimangono così da spendere ancora 185 euro.
Beppe decide che 50 euro vadano accantonati in un fondo di
riserva contro gli imprevisti, che 70 euro vadano accantonati per
le spese di abbigliamento e che 30 euro vadano accantonati per le
spese della casa.

Rimangono 35 euro da spendere. Possiamo immaginare che


questi 35 euro vadano “accantonati” nel fondo libero “svaghi e
divertimenti”. Cioè Beppe in realtà li sta spendendo mettendoli da
parte. Nella pianificazione mensile quei 35 euro sono stati spesi.
Dei mille euro mensili non è rimasto niente. Riassumendo con
uno schema abbiamo:

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 entrate: 1.000 €;
 uscite fisse: 300 €
 uscite variabili:
- benzina: 130 €;
- spese alimentari: 310 €;
- spese telefoniche: 35 €;
- spese varie: 40 €;
- fondo riserva imprevisti: 50 €;
- spese abbigliamento: 70 €;
- spese manutenzione casa: 30 €;
- svaghi e divertimenti: 35 €.

Beppe sa che tutte le spese sono coperte. Sa che 50 euro sono stati
messi da parte in un fondo di sicurezza e sa che 35 euro sono a
sua disposizione per acquisti di puro svago. Spendere in acquisti
di non primaria importanza una cifra di cui si ha la
consapevolezza di poter disporre con certezza dà una sensazione
di estremo controllo sulle proprie finanze. Alzi la mano chi non
ha fatto più volte delle spese, magari d’impulso, per poi rendersi
conto che non era la spesa giusta o per trovarsi, ancora peggio,
con qualche guaio di quadratura dei conti.

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Una persona può sbizzarrirsi nel creare i fondi di spesa che vuole.
Può essere generico o dettagliatissimo. Può creare vari fondi di
riserva. Può creare un fondo per le tasse, un fondo per i rischi di
salute, un fondo per altri tipi di rischi. Può accantonare i soldi in
fondi che diventeranno degli investimenti. Solo la fantasia può
porre un limite a ciò. Ma ci interessava mostrare un modo diverso
di spendere i soldi. Un modo che gioca in anticipo.

SEGRETO n. 68: le somme rimanenti dopo la copertura delle


spese fisse primarie sono disponibili per gli accantonamenti.
Una persona dovrebbe prima decidere come le sue entrate
andrebbero spese e poi spendere le somme pianificate. Non
dovrebbe invertire la sequenza.

In tutto questo ricordiamo il punto 4, e cioè che i fondi


accantonati per un motivo non vanno mai toccati se non per
l’esatto motivo per cui sono stati creati. Questo farebbe saltare
tutto il meccanismo della pianificazione finanziaria.

Dopo vari mesi di pianificazione, può capitare che alcuni fondi


comincino a diventare, diciamo così, “interessanti”. Nel gestire la

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pianificazione si può scoprire che le percentuali di
accantonamento delle varie voci siano state sproporzionate o
eccessive.

Magari Beppe ha creato un fondo per il dentista accantonando il


5% delle sue entrate in questo fondo. Dopo un anno, non ha mai
usato questo fondo e dentro ci sono già 1000 euro. Beppe
potrebbe decidere di abbassare la percentuale al 2%.

Incidentalmente, vorremmo far notare che dove fisicamente i soldi


vengano posti è poco rilevante ai fini di quello di cui stiamo
parlando. È il concetto di pianificazione quello che conta. È ovvio
che una persona potrebbe creare dei conti correnti bancari su cui
veicolare i propri fondi di riserva. Esistono alcuni conti correnti
che si possono aprire e gestire via internet che, essendo a costo
zero, possono svolgere ottimamente questo lavoro. Ma la cosa
non è fondamentale per il discorso.

Abbiamo usato, per semplificare, il caso di Beppe, ma chiunque


dovrebbe predisporre la propria pianificazione finanziaria di base.
Ogni individuo ha dei costi primari (chiamati anche fissi) che

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deve coprire per garantirsi i minimi standard di sopravvivenza.
Sia lui che la sua eventuale famiglia devono avere una casa e cibo
quantitativamente e qualitativamente sufficiente. Devono vestirsi
ed essere dotati di quelle componenti moderne che, per l’accordo
collettivo attuale, sono da considerarsi come beni di prima
necessità.

È inutile disquisire se il possesso di un telefono cellulare sia o


meno un bene di prima necessità. Queste sono riflessioni etiche e
sociologiche. Chi ci dice la verità è la pianificazione finanziaria.
Se, dopo averla preparata, essa ci dice che non siamo in grado di
coprire i costi fissi che abbiamo ritenuto primari e irrinunciabili,
abbiamo solo due vie di uscita: aumentare le entrate o
comprimere le uscite.

Alcune persone non riescono a sottrarsi ai luoghi comuni


nell’affrontare lo spinoso tema della congruità delle spese. Nelle
chiacchiere da salotto o da bar, non è infrequente sentir parlare o
sparlare delle voci di spesa di qualcuno o di come qualcun altro
gestisca i suoi acquisti.

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Si usano aggettivi come spendaccione o tirchio ma questi sono
solo giudizi personali che non hanno niente di oggettivo. Come
spesso accade, ognuno si sente il centro del mondo e partendo
dalla propria scala di valori e priorità è pronto a giudicare come
“sbagliati” altri comportamenti che differiscano dal proprio.

Ritornando alla costruzione della nostra pianificazione


finanziaria, l’abilità di chi la compila sta nel prevedere tutte le
voci di spesa che lo possono riguardare. Preparare un elenco di
uscite e fondi di riserva valido per tutti non è possibile perché la
vita di ognuno di noi è diversa.

È preferibile comprendere il senso della cosa. Ad esempio, è


difficile inserire nella propria pianificazione finanziaria un fondo,
generale o specifico che sia, in cui vada un accantonamento
mensile variabile a tutela della propria difesa da situazioni
giudiziarie. Se siamo onesti e immacolati questo fondo potrebbe
non essere preso in considerazione oppure potrebbe essere
costituito da un accantonamento percentualmente così irrilevante
da renderlo quasi inutile.

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Ma ognuno ha diritto ad avere le risorse per difendersi e l’unico
modo di fronteggiare gli imprevisti è prevederli. Schematizzando
possiamo elencare, per un cittadino medio, alcune voci che non
possono mancare.

SEGRETO n. 69: nella pianificazione finanziaria vanno creati


dei fondi di garanzia contro gli imprevisti in cui accantonare
(spendere in anticipo) piccole percentuali delle somme che ci
rimangono dopo la copertura degli altri costi.

Esempio di uno schema di pianificazione finanziaria.


Spese primarie fisse (con relative sottocategorie espandibili a
piacimento):
 affitto mensile o rata del mutuo (nel caso di immobile di
proprietà già esistente questa voce può essere eliminata);
 costi di fornitura elettrica;
 costi di collegamento telefonico e/o ADSL;
 costi di fornitura di gas abitazione e/o riscaldamento;
 assicurazione auto;
 commercialista;
 tasse e imposte pubbliche nazionali e locali;

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 accantonamento fisso per spese alimentari;
 accantonamento fisso per spese di abbigliamento;
 accantonamento fisso per materiale per la cura della casa e le
pulizie;
 costi di telefonia cellulare;
 eventuali costi di trasporto pubblico.

Oltre questi costi fissi, in misura differente in base alle esigenze


della persona, in un secondo momento potrebbero essere aggiunte
altre voci: la palestra, l’estetista, l’uscita settimanale in pizzeria o
ristorante, il cinema e così via.

È meglio comunque preparare la lista dei costi fissi in più riprese,


per evitare di farsi prendere la mano e accumulare 2.000 euro di
costi fissi primari contro un cumulo di entrate mensili di 1.500
euro. Potrebbe anche accadere, ma questo ci dice immediatamente
che la nostra pianificazione è sbagliata e insostenibile e ci
dovrebbe portare a comprimere i costi oppure a tagliare
drasticamente alcune voci.

Spese secondarie variabili (con relative sottocategorie espandibili

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a piacimento). In questo tipo di elenco possiamo ora mettere altre
voci di spesa che sono meno importanti del primo elenco.
Potrebbe anche capitare di veder riapparire alcune voci del tutto
simili ad alcune spese primarie fisse ma in questo caso (ad
esempio potremmo avere nuovamente un accantonamento per
spese alimentari) l’accantonamento sarà in termini percentuali.

Ovvero, detratte dalle entrate tutta la somma delle spese primarie


fisse, otteniamo una quota disponibile. Questa quota viene
accantonata o spesa secondo percentuali. Quindi possiamo aver
deciso, tramite esame del recente passato, che per la nostra
famiglia occorrono 300 euro al mese per l’acquisto della spesa
alimentare di prima necessità comprensiva di tutti gli alimenti
base per una corretta nutrizione.

Da questi 300 euro sono escluse tutte le spese alimentari legate


alle proprie passioni o ai propri “sfizi”. Esse non sono primarie e
ce le permettiamo solo in base percentuale. In questo caso
potremmo devolvere il 5% della quota disponibile all’acquisto di
alimenti o bevande per il puro piacere di poterle gustare.

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Se le entrate sono variabili, variabile sarà anche
l’accantonamento. Se le entrate sono fisse, di mese in mese chi
gestisce la pianificazione finanziaria potrebbe decidere di
modificare le percentuali di accantonamento.

Oltre che il singolo, anche un’azienda può (e dovrebbe) effettuare


la propria pianificazione finanziaria. Il criterio è che ogni attività
imprenditoriale e ogni individuo dovrebbero tenere le porte aperte
agli incassi 7 giorni su 7 mentre dovrebbero spendere solo un’ora
alla settimana o un’ora al mese (a seconda dell’orizzonte
temporale della propria pianificazione finanziaria): il momento in
cui la persona aggiorna le proprie voci della pianificazione.

SEGRETO n. 70: l’individuo o l’organizzazione devono


stabilire un momento definito, nel proprio calendario, in cui
analizzare le entrate, farne una statistica ed effettuare le
decisioni di spesa in base alla propria pianificazione
finanziaria.

Per fare un esempio concreto, immaginiamo di essere un agente di


commercio che guadagna a provvigione. Teniamo la chiusura dei

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conti il sabato dalle 11:00 alle 12:00 o giù di lì. In una particolare
settimana abbiamo incassato 900 euro, 500 il mercoledì e 400 il
venerdì. Quei soldi vengono immediatamente registrati come
entrata e accantonati ma non possono essere spesi fino al sabato,
giorno di chiusura dei conti.

Il sabato controlleremo quanta parte dei costi fissi mensili è già


stata coperta dalle precedenti entrate. Scopriamo che mancano
200 euro per il pagamento dell’affitto del mese successivo e 400
euro per gli altri costi fissi. Rimangono 300 euro da “spendere”.

Così cominciamo a distribuire questi soldi fra le voci secondarie.


Mettiamo 50 euro per acquisto di libri o DVD, 100 euro per
acquisto abbigliamento; 100 euro li accantoniamo per un viaggio
di piacere e 50 euro li accantoniamo nel fondo regali.

Ora abbiamo speso tutti i nostri soldi, e tutto è avvenuto in un’ora.


Quando il martedì successivo nostro figlio ci dirà che a fine
settimana deve andare al compleanno di un amichetto e che gli
occorrono 25 euro per il regalo, noi potremmo controllare la
nostra disponibilità in merito e dargli i 25 euro. Non è una spesa

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imprevista perché i soldi erano già allocati.

Se il sabato abbiamo accantonato 50 euro per il nostro fondo


“spese bar”, è ovvio che l’uscita materiale dei soldi avverrà ogni
giorno quando ci rechiamo al bar presso il nostro ufficio. Ma non
stiamo spendendo 10 euro al giorno: li abbiamo già “spesi” il
sabato nella chiusura dei conti. Sappiamo già che possiamo usare
50 euro per quella causale. Se non li consumiamo, li avremo a
disposizione per la settimana successiva.

Questo tipo di controllo sulle proprie uscite ha il vantaggio di


permetterci di fare un’analisi sempre a mente lucida delle nostre
uscite e di evitare, da una parte, le spese d’impulso – che spesso
non comportano un grado di soddisfazione pari alle promesse
prima dell’acquisto – e, dall’altra, evitano di sentirci in colpa se
spendiamo o meno una certa cifra in qualcosa.

Tenere sotto controllo la situazione delle proprie uscite dà grande


forza alla persona. Ne consegue che in questo momento ci
possiamo dedicare completamente all’aumentare la nostra fonte di
entrata. Parallelamente a questa meta vi è il cercare altre fonti di

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entrata diverse da quelle in nostro possesso.

È un universo duro quello in cui viviamo. Un universo in cui la


casualità dimora spesso sovrana. La casualità è qualcosa che può
distruggere una scena che noi esseri umani giudichiamo stabile e
duratura.

SEGRETO n. 71: in questo mondo l’unico modo per mettersi


al riparo dagli imprevisti è prevederli. L’unico modo per
poter mangiare quando in mano si ha un pasto che potrebbe
esserci portato via è quello di avere un pasto di riserva.

Il tutto sembra un semplice aforisma o un gioco di parole, ma


nasconde una strategia di vita molto più profonda e complessa. Se
abbiamo un lavoro e una fonte di entrata, è doveroso migliorare le
condizioni di questo lavoro e aumentare le entrate.

È altrettanto doveroso crearsi una soluzione di riserva per le


situazioni di emergenza. Occorre quindi darsi da fare per
sviluppare nuove abilità o professionalità. Occorre quindi essere
pronti per fare altri lavori o dedicarsi ad altre attività. Occorre

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intessere relazioni che ci preparino a dover iniziare tutto da capo.

Si spera che non si debba ricorrere a questo, ma solo chi pianifica


bene tutte le situazioni su un campo di battaglia avrà in mano il
successo. Effettuare una corretta pianificazione non è una cosa
difficile. Questo è il sommario migliore che si possa fare di
questo capitolo.

Potrebbe accadere che qualcuno sminuisca questo sistema


giudicandolo troppo complesso o eccessivamente pignolo. La
nostra opinione è che convincere qualcuno che fare una buona
pianificazione finanziaria è qualcosa di riservato agli “esperti” è
vagamente distruttivo. E pensiamo che il giudizio spetti sempre a
chi mette alla prova qualcosa.

Una parte delle entrate dovrebbe essere accantonata per


permetterci di sviluppare il punto 6 illustrato in precedenza, che ci
guida alla volta della creazione di nuove e ulteriori fonti di entrata
in aggiunta a quella principale o quella attuale.

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SEGRETO n. 72: il modo per uscire dalla ruota del criceto è
non spendere tutto solamente in spese di consumo ma
devolvere una parte delle entrate nelle spese di investimento.

La differenza fra i due tipi di spesa è importante e merita un


approfondimento. Sia l’individuo che il sistema possono
comportarsi da meri consumatori di risorse. Non a caso il
cittadino comune viene spesso etichettato e chiamato proprio con
il nome di “consumatore”.

Consumare significa utilizzare delle risorse per nient’altro che


sopravvivere. Investire significa utilizzare delle risorse per
ottenere ulteriori risorse. È come il caso del grano posto nella
propria cascina. Può essere usato per farci della farina e quindi
per essere mangiato (consumo) oppure per essere seminato in
modo da ottenere del nuovo raccolto (investimento).

È l’ottica della ricaduta dell’utilizzo della risorsa a delineare se


parliamo di spesa di consumo (o semplicemente spesa) oppure se
parliamo di investimento.

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La regola generale che possiamo esporre prevede che una parte
delle proprie entrate vada a finire in investimenti.

A nota di quanto esposto, sottolineiamo che il termine


“investimenti” deve essere inteso in senso lato. Spendere soldi per
istruirsi o migliorarsi culturalmente o professionalmente deve
essere fatto ricadere sicuramente sotto la voce investimenti. Poi,
come tutti gli investimenti, vi possono essere quelli giusti e quegli
sbagliati, ma pur sempre investimenti rimangono.

È utile ora aggiungere alcuni consigli generici riguardo il rapporto


intercorrente fra individuo e denaro. Sono consigli che
spessissimo ci ritroviamo a dare ai nostri clienti, anche se a volte
la situazione che ci viene presentata non può essere curata con la
medicina dolce (semplici consigli) ma necessita di interventi
invasivi e/o di “chirurgia” pesante, con tutti i problemi e pericoli
che ne possono conseguire.

Nei primi capitoli abbiamo introdotto il concetto che il denaro è


legato a filo doppio al concetto di fiducia. Ci sono alcuni
interlocutori nel mondo finanziario che sono le banche e le

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finanziarie da una parte e lo stato (con i suoi vari rappresentanti)
dall’altra. Nel mezzo si collocano le aziende, il mercato e i
consulenti specializzati in gestione del denaro quali società di
investimento e simili.

Come prima cosa è consigliabile che una persona abbia


confidenza con il denaro fin da piccolo. Nonostante le infondate
paure di alcuni genitori che temono che “abituare” un bambino al
contatto e all’uso del denaro lo possa portare a comportamenti
devianti, la conoscenza del corretto significato di cosa il denaro
rappresenta è, invece, la soluzione al problema di possibili
adolescenze schiave del denaro.

Magari proprio in fase di crescita è fondamentale far comprendere


all’adolescente il legame che il denaro ha con il lavoro,
l’impegno, la fatica e la competenza. Non riuscire a creare nella
mente di un ragazzo questa identità o mancare di far comprendere
che denaro e lavoro sono le facce della stessa medaglia, sono le
premesse che portano alla situazione di devianza descritta in
precedenza.

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Ragazzi cresciuti con i soldi sempre in tasca, senza che questi
provengano da loro creazioni o lavori, possono incontrare in
futuro dei problemi perché la loro visione dell’economia e del
tenore di vita può essere distorta.

Secondariamente, ci sono degli accorgimenti che devono essere


attuati appena possibile. Raggiunta la maggiore età, un ragazzo
dovrebbe cominciare a interagire con gli altri attori dell’economia
e della finanza. Dovrebbe cominciare a farsi la sua pianificazione
finanziaria che, nei primi anni, sarà semplice e lo abituerà a
quando le voci diventeranno sempre più complesse.

Ogni cittadino deve comprendere che banche e finanziarie non


sono enti caritatevoli ma aziende private che producono utili. Ma
esse possono e dovrebbero essere usate per realizzare i propri
obiettivi.

Esiste un concetto molto importante nel mondo d’oggi che si


chiama merito creditizio. Tale concetto significa solamente che
ogni persona ha un certo valore d’affidabilità per il mondo
finanziario e tale valore è costituito da una somma di tanti piccoli

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elementi la cui natura è in parte socio-culturale e in parte
finanziaria. Il lavoro che facciamo, la nostra età, il tempo da cui
siamo residenti nella nostra ultima casa, il numero di conti
correnti a nostro nome e il tempo da cui sono aperti sono solo
alcuni dei parametri utilizzati.

Fin troppo spesso, nel nostro lavoro, incontriamo persone che


hanno qualche progetto per cui necessitano di un finanziamento,
piccolo o grande che esso sia.

Avendo un merito creditizio basso, spesso queste persone non


possono accedere a soluzioni finanziarie immediate. Gioca a loro
sfavore il fatto che, fino a quel momento, non si fossero mai poste
il problema, sprecando in tal modo moltissimo tempo utile. Se
avessero posseduto alcune importanti informazioni tempo prima,
costoro sarebbero giunti pronti al momento della richiesta di soldi
al sistema finanziario.

Nel precedente capitolo abbiamo detto che è possibile ottenere del


denaro per realizzare le proprie idee. È anche possibile ottenere
mutui per l’acquisto della propria casa e così via. Tutto dipende

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dal merito creditizio.

Quindi curare il proprio merito creditizio è estremamente


importante e possiamo valutare quanto importante sia solo quando
ci vediamo chiuse le porte di un finanziamento a causa di un
piccolo particolare. L’apertura di un conto corrente è
fondamentale. Con sorpresa alcune volte scopriamo persone che
vivono per anni senza conto corrente bancario. Questo è possibile
e, per qualcuno, potrebbe essere un modo perfettamente naturale
per vivere. Ma nel momento in cui questa persona varca la porta
di un’agenzia o di una banca per chiedere del denaro, quella scelta
si rivela infantile e sprovveduta.

Nessuno, in questa sede, sta minimamente sponsorizzando l’idea


che le persone debbano avere debiti con gli istituti bancari o
finanziari. Il senso di questo ebook va in direzione opposta. Anzi
è con sorpresa che vediamo spesso individui chiedere dei
finanziamenti per motivi che non sono proprio allineati alla
creazione di nuova ricchezza.

Fin troppi prestiti vengono richiesti per ottenere soldi da utilizzare

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


in spese puramente voluttuarie. Se c’è un tipo di finanziamento
che riteniamo illogico è proprio quello che un individuo può fare
per permettersi una spesa: un viaggio, un nuovo televisore,
un’auto oltre le reali esigenze di quella famiglia e così via.

Ovviamente vi sono dei distinguo che vanno portati per evitare


delle rozze generalizzazioni. Se noi fossimo degli agenti di
commercio, l’acquisto di una macchina di grossa cilindrata o di
particolare pregio può tranquillamente non essere visto come una
spesa ma come un investimento. Sembra strano ma la cosa è
direttamente legata alla possibilità di incrementare la produzione
tramite un miglioramento dell’immagine del venditore.

Ci sono, invece, altri casi in cui l’acquisto di una macchina di


grossa cilindrata è solo uno sfizio realizzato dalla persona per
rivalersi nei confronti di qualcuno o per dimostrare chissà cosa a
se stesso.

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


SEGRETO n. 73: è lo scopo per cui si acquista qualcosa e gli
effetti che provoca a differenziare un acquisto per motivi di
spesa (voluttuario) da un acquisto per motivi di investimento
(produttivo).

Naturalmente, come già esposto, ognuno è comunque libero di


fare le scelte finanziarie che meglio crede: il nostro era solo un
commento relativo alla relazione di un acquisto al concetto di
spesa o di investimento.

Ottenere un piccolo prestito dalla propria banca e restituirlo con


puntualità è il biglietto da visita per un aumento del proprio
merito creditizio.

Questo ci porta nella situazione in cui potremmo, se lo volessimo,


chiedere un maggiore finanziamento e poi un finanziamento
ancora maggiore.

Un nostro cliente che per una vita aveva fatto il dipendente per
una ditta di autotrasporti, coltivava il sogno di mettersi in proprio
e aprire una ditta di giardinaggio. Da ragazzo aveva fatto

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


l’aiutante a un idraulico e aveva partecipato a dei corsi scolastici
sulla botanica, acquisendo quindi le necessarie conoscenze di
base.

Quando illustrò la sua necessità di consulenza su come muoversi


per realizzare quanto detto, dall’esame del suo merito creditizio
saltarono fuori alcuni fattori decisamente a suo favore.
Generalmente quando un’azienda apre i battenti ha pochissimo
credito con le banche in quanto non ha storico. In questi casi
sopperisce personalmente la figura dell’imprenditore che sta
dietro alla ditta.

Il nostro cliente aveva fatto richiesta, nel corso della sua vita, di
vari finanziamenti che aveva regolarmente portato a termine. Era
quindi possibile con la sua busta paga ottenere da una banca e da
una finanziaria la liquidità necessaria per iniziare la sua attività.

Per sostenere il primo periodo di inizio attività, venne studiato un


piano in cui per i primi due anni di apertura della ditta di
giardinaggio il nostro cliente avrebbe continuato a lavorare come
autista. A mandare avanti la ditta quando lui non era presente,

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Tutti i Diritti Riservati – Vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook


venne posto un altro giardiniere, che avrebbe guadagnato una
percentuale sugli utili.

Ricercare tale collaboratore non fu facile, né fu semplice per il


cliente gestire due lavori per molti mesi. Il sacrificio fu notevole
ma alla fine la ditta aumentò di dimensioni e cominciò a generare
ricavi sufficienti affinché fosse possibile abbandonare il vecchio
lavoro dipendente e dedicarsi full-time al giardinaggio, con la
certezza di poter pagare gli impegni finanziari.

È quindi fondamentale avere fin da subito un rapporto pulito con


il denaro e la finanza. Un consiglio anch’esso non trascurabile è
di tenere una perfetta conservazione di tutta la propria
documentazione personale e finanziaria.

SEGRETO n. 74: si dovrebbe mantenere in un luogo sicuro (o


in formato digitale) tutta la documentazione personale,
lavorativa, fiscale (per la parte di competenza dell’individuo)
e bancaria in modo che sia sempre pronta per un potenziale
uso.

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Anche qui parliamo per esperienza personale. Alcune volte
abbiamo dovuto abbandonare alcune richieste di finanziamento
per l’acquisto di immobile o per la concessione di leasing, perché
la documentazione del richiedente era semplicemente incompleta.
Decidete quale cassetto di casa vostra debba essere usato per
l’archiviazione dei documenti che fotografano gli eventi della
vostra vita.

Se siete dipendenti conservate le buste paga e i modelli CUD


(documenti che ogni datore di lavoro deve consegnare al proprio
dipendente) anche a distanza di anni. Potrebbe sembrare un
eccesso di zelo ma la cosa costa una fatica minima.

È molto più costoso e faticoso dover recuperare all’ultimo


momento i documenti mancanti quando poi sorge la necessità. Se
siete degli autonomi, occorre ancor più accortezza nel conservare
tutta la documentazione legale pertinente.

Oggi le soluzioni informatiche ci vengono incontro in quanto


sono disponibili alla tasca di chiunque dei meccanismi di
archiviazione elettronica che permettono un recupero più veloce

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dei dati e la possibilità di smaltire gli archivi cartacei.

In chiusura quindi curate il vostro merito creditizio. È probabile


che non debba mai essere usato ma quando si decide di apportare
dei cambiamenti nella propria vita o quando si decide di
realizzare un progetto è molto probabile che siano necessari
capitali extra per realizzare quanto preventivato.

E questi capitali extra, nel caso in cui non si conosca qualcuno


con riserve di denaro inutilizzate o comunque disponibili, non
possono che provenire dal sistema creditizio. Cerchiamo di
ridurre i prestiti per le spese e pensiamo di aumentare i
finanziamenti per gli investimenti.

Quando si riesce a mettere qualche soldo da parte o si ha


l’opportunità di poter contare su familiari e amici che ci possano
mettere a disposizione del denaro, si può essere tentati dal provare
a ottenere dei profitti attraverso degli investimenti di tipo
finanziario o di rischio.

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Esistono due grandi categorie di investimenti:
 gli investimenti in un progetto proprio in cui i guadagni
saranno prodotti dalla propria attività e dall’attività di persone
e/o società da noi dirette e gestite o a noi riconducibili;
 gli investimenti i cui guadagni sono prodotti da attività di altre
persone.

SEGRETO n. 75: esistono due grandi categorie di


investimenti: nella prima gli utili saranno prodotti dal proprio
lavoro o da persone/società a noi riconducibili; nella seconda
gli utili saranno prodotti da persone/società a noi estranee o
da noi sconosciute.

Nel primo caso i soldi servono tipicamente per acquistare


attrezzature e macchinari o coprire i costi di esercizio dell’attività
che si intende realizzare. Nel secondo tipo di investimento
parliamo, invece, dell’attività speculativa che i mercati di natura
finanziaria possono consentire. Lo stesso depositare il proprio
denaro in banca potrebbe rientrare in questa tipologia.

Qualche anno fa i rendimenti dei depositi bancari si erano ristretti

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fino a percentuali vicine allo zero. Poi sono arrivate sul mercato
delle banche con prodotti innovativi che consentivano, oltre alla
completa possibilità di prelievo, di guadagnare percentuali
decisamente più dignitose.

Ora i rendimenti si sono contratti ma è sempre possibile incassare


un 2-2,5% sui propri depositi bancari. Esistono peraltro strumenti
finanziari che permettono maggiori rendimenti con accoppiato
aumento del rischio. Molte persone estranee all’ambiente
finanziario speculativo si chiedono cosa mai possa essere questo
“rischio”.

Il rischio finanziario è la possibilità che il denaro collocato in un


certo luogo del sistema non riesca a produrre i profitti sperati o
neppure il recupero del capitale iniziale. Il concetto di rischio è un
concetto economico prima ancora che finanziario. Nelle società
più arcaiche i fattori naturali comportavano la presenza di pericoli
sconosciuti che potevano mandare a monte gli sforzi fatti per
procurarsi delle risorse.

Per un coltivatore, i fattori meteorologici sono un rischio che non

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si può ignorare e la cui entità non è prevedibile. Un imprenditore
che avvia una sua attività d’impresa sa di dover affrontare quello
che è chiamato specificatamente rischio imprenditoriale. Potrebbe
non solo non guadagnare ciò che spera ma perdere anche i soldi
investiti.

Nel mondo finanziario funziona nello stesso modo senonché lo


studio degli analisti ha creato, nel tempo, delle casistiche in cui i
possibili investimenti vengono catalogati per gradi di rischio
presunto. E in particolare negli ultimi anni la finanza mondiale ha
creato nuovi e sofisticati meccanismi finanziari con rischi
maggiori ma possibilità maggiori di guadagno.

SEGRETO n. 76: in tutti gli investimenti, economici o


finanziari che essi siano, occorre tener presente il fattore
rischio, ovvero la possibilità che eventi avversi o non previsti
impediscano la creazione di utile o il recupero di tutto o di
parte del capitale investito.

Ricordiamo che nella finanza c’è un progressivo passaggio fra


due tipologie di investimenti. Si passa dal rendimento naturale di

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un prodotto, dovuto all’aumento di valore che deriva dalla
produzione, al rendimento speculativo di meccanismi finanziari
che derivano dall’economia reale ma senza più avere con essa un
reale contatto.

Laddove le percentuali di guadagno speculativo sono


estremamente alte, è ipotizzabile che quel x percento in più
rispetto a un investimento reale sia dovuto alla perdita di un altro
investitore. Un esempio sono gli investimenti in valuta. Si
effettuano tali investimenti comprando un tipo di moneta
(esempio dollaro) usando un’altra valuta (esempio euro).

Così, quando il dollaro si apprezza, si può invertire l’operazione e


riacquistare euro contro dollari. In questo passaggio si otterranno
dei guadagni che non derivano da nessun tipo di produzione
economica ma da una semplice ri-distribuzione finanziaria. In
pratica e in parole molto semplici questo guadagno è la perdita di
un altro investitore, che in un’altra parte del mondo ha effettuato
la stessa operazione perdendo dei soldi.

Possiamo concludere, quindi, che gli strumenti finanziari sono

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una possibilità da non trascurare. Ciò che viene sottovalutata è la
competenza tecnica necessaria per operarvi. Anche partecipare a
un gioco di società implica la conoscenza delle regole e un po’ di
esperienza per la comprensione effettiva dei meccanismi e le
strategie di gioco.

Lo stesso, moltiplicato più volte, può essere detto per gli


investimenti finanziari. Nella pianificazione non è scorretto, anzi
è molto indicato, devolvere parte dei propri guadagni in un
investimento di natura tipicamente finanziaria. Esistono nel
mercato figure professionali estremamente competenti che
possono assisterci quando ci affacciamo in questo nuovo mondo.

Il consiglio è, comunque, di muoversi con estrema prudenza e


procedere con lo studio degli ambienti e degli strumenti che ci
vengono consigliati. Ascoltare i consigli di un professionista è
utile ma è ancora più proficuo se abbiamo una sufficiente
comprensione di quello che stiamo ascoltando.

Per la nostra personale esperienza, è consigliabile evitare le


consulenze delle banche, le quali fin troppo spesso distorcono le

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informazioni per indirizzarle a prodotti per i quali hanno un
tornaconto personale, diretto o indiretto. I casi delle obbligazioni
Parmalat o Cirio ne sono il paradossale e monumentale esempio.

Questo non significa che qualcuno non riscontri in alcuni


interlocutori bancari delle figure estremamente preparate,
competenti e in buona fede. Ciò che intendiamo dire è che la
banca non offre il servizio di consulenza ma offre servizi bancari,
il che non è proprio la stessa cosa. Cercate quindi delle figure
professionali che possano essere valutate per i risultati raggiunti.

Il panorama dei possibili investimenti è estremamente vasto e non


classificabile in così poco spazio. C’è un’unica regola che
possiamo esporre, che recita: diversificate gli investimenti
evitando di mettere tutte le uova in uno stesso paniere.

La diversificazione fa fatta sulla natura dei mercati finanziari


(obbligazioni, azioni, indici di borsa, mercato forex, mercato delle
materie prime ecc.), sugli orizzonti temporali (durata degli
investimenti) e sulle quantità di denaro investito. Diversificare
significa rendere il meccanismo degli investimenti più complesso,

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ma vi è una formula che ci spiega perché va fatto.

Si tratta di moltiplicare il profitto atteso per il rischio ipotizzabile.


Avere solo una soluzione o poche soluzioni di investimento
aumenta il rischio in misura più che proporzionale. Diversificare
significa diminuire il rischio in modo che il profitto sperato sia
più alto. Questo potrebbe aumentare i costi in termini di risorse e
di tempo ma anche questo è un tipo di investimento.

In Italia spesso vi è, nell’immaginario collettivo, contrapposizione


fra gli investimenti finanziari, come titoli di stato, azioni, indici e
altro, e gli investimenti immobiliari. Culturalmente è sempre stata
alta la tendenza degli italiani a investire in case e altri immobili.
Acquistare immobili per rivenderli o per affittarli è sicuramente
un’ottima soluzione ma sconsigliamo chiunque dal farlo in modo
estemporaneo.

Come per tutte le attività, occorre esperienza e conoscenza. In


questo caso un semplice consiglio è introdurre gli investimenti
immobiliari nel proprio mix di investimenti.

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SEGRETO n. 77: investire in immobili è un’ottima soluzione,
soprattutto quando è inserita in un mix di soluzioni che
diversificano il portafoglio. Si suggerisce sempre di essere
competenti sugli aspetti tecnici o di far affidamento su
persone esperte e di fiducia.

Chiudendo questa parentesi sugli investimenti finanziari,


consigliamo, come spesso ci capita, di approfondire
personalmente la conoscenza di questi mercati e dei loro prodotti.
Nella collana a cui appartiene questo ebook sono presenti ottimi
libri che possono fare da ponte per una conoscenza generale e
puntuale sull’argomento.

Detto questo, ci avviamo a concludere questo percorso. Tante


altre cose si sarebbero potute aggiungere, ma abbiamo cercato di
comprendere i fattori fondamentali che, in sequenza, ci portano a
essere più causativi dinanzi a questa cosa chiamata denaro.

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RIEPILOGO DEL GIORNO 7:
 SEGRETO n. 65: la strategia vincente per ottenere sempre più
denaro è mettersi al riparo da ogni possibile imprevisto o
catastrofe. Questo può essere raggiunto solo con la
diversificazione delle fonti di entrata, economiche o finanziarie
che siano.
 SEGRETO n. 66: ogni persona o azienda deve avere uno
schema finanziario che riporti con la massima esattezza
possibile quali spese fisse e variabili deve coprire per unità di
tempo scelta (settimana, mese e anno).
 SEGRETO n. 67: le spese possono essere suddivise in primarie
e secondarie a seconda della loro importanza oppure in fisse o
variabili a seconda del grado di modificabilità delle stesse. Le
spese primarie sono sempre fisse.
 SEGRETO n. 68: le somme rimanenti dopo la copertura delle
spese fisse primarie sono disponibili per gli accantonamenti.
Una persona dovrebbe prima decidere come le sue entrate
andrebbero spese e poi spendere le somme pianificate. Non
dovrebbe invertire la sequenza.
 SEGRETO n. 69: nella pianificazione finanziaria vanno creati
dei fondi di garanzia contro gli imprevisti in cui accantonare

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(spendere in anticipo) piccole percentuali delle somme che ci
rimangono dopo la copertura degli altri costi.
 SEGRETO n. 70: l’individuo o l’organizzazione devono
stabilire un momento definito, nel proprio calendario, in cui
analizzare le entrate, farne una statistica ed effettuare le
decisioni di spesa in base alla propria pianificazione finanziaria.
 SEGRETO n. 71: in questo mondo l’unico modo per mettersi al
riparo dagli imprevisti è prevederli. L’unico modo per poter
mangiare quando in mano si ha un pasto che potrebbe esserci
portato via è quello di avere un pasto di riserva.
 SEGRETO n. 72: il modo per uscire dalla ruota del criceto è
non spendere tutto solamente in spese di consumo ma
devolvere una parte delle entrate nelle spese di investimento.
 SEGRETO n. 73: è lo scopo per cui si acquista qualcosa e gli
effetti che provoca a differenziare un acquisto per motivi di
spesa (voluttuario) da un acquisto per motivi di investimento
(produttivo).
 SEGRETO n. 74: si dovrebbe mantenere in un luogo sicuro (o
in formato digitale) tutta la documentazione personale,
lavorativa, fiscale (per la parte di competenza dell’individuo) e
bancaria in modo che sia sempre pronta per un potenziale uso.

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 SEGRETO n. 75: esistono due grandi categorie di investimenti:
nella prima gli utili saranno prodotti dal proprio lavoro o da
persone/società a noi riconducibili; nella seconda gli utili
saranno prodotti da persone/società a noi estranee o da noi
sconosciute.
 SEGRETO n. 76: in tutti gli investimenti, economici o
finanziari che essi siano, occorre tener presente il fattore
rischio, ovvero la possibilità che eventi avversi o non previsti
impediscano la creazione di utile o il recupero di tutto o di
parte del capitale investito.
 SEGRETO n. 77: investire in immobili è un’ottima soluzione,
soprattutto quando è inserita in un mix di soluzioni che
diversificano il portafoglio. Si suggerisce sempre di essere
competenti sugli aspetti tecnici o di far affidamento su persone
esperte e di fiducia.

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Conclusione

Il nostro scopo è stato di condividere con voi l’esperienza che


abbiamo maturato in questi anni in relazione al denaro e al mondo
che vi ruota attorno. Abbiamo cercato di essere i più semplici e
diretti possibili, a volte limitandoci a sfiorare alcuni argomenti
con l’idea di creare nuovi lavori che si dedichino in profondità a
ciò che maggiormente riscuote interesse.

Questo libro va letto una prima volta di gran volata.


Successivamente si raccomanda di rileggerlo con maggiore
attenzione, fermandosi sui vari capitoli e cercando di utilizzare
quelle informazioni per attuare un’analisi della propria vita in
modo da farsi un quadro delle azioni da intraprendere per
migliorarne gli aspetti che più ci stanno a cuore.

Il tutto nell’ottica di mettere in relazione le informazioni e i dati


del libro con la propria vita. Il nostro suggerimento è di porsi,
dinnanzi a ciò che si legge, le seguenti domande:

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 Ho visto con i miei occhi questo fenomeno nella mia vita?
 È qualcosa che mi è successo?
 Come potrei usare questa informazione nella mia vita?
 In quale contesto potrei mettere alla prova questa
informazione?

Non è male tenere a portata di mano un dizionario tecnico di


economia e/o finanza durante la lettura. Abbiamo cercato di
definire tutte le parole strettamente tecniche che abbiamo
introdotto nel discorso ma la comprensione dei termini usati è
fondamentale per la comprensione dei concetti generali. Il nostro
tentativo è stato anche quello di dare delle definizioni funzionali
(ovvero immediatamente applicabili) piuttosto che delle
definizioni articolate ma meramente descrittive.

Questo libro va usato prima comprendendo esattamente qual è il


messaggio generale che sottosta a queste righe: L’economia non è
difficile. È facile. Qualcuno, da decenni, ha reso la materia
complessa e incomprensibile solamente per poter sfruttare il
nostro lavoro e “rubarci” le ricchezze.

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Desiderare più ricchezza per sé e i propri cari non è un crimine. Il
denaro non è lo sterco del demonio come qualcuno ha avuto
interesse a farci credere. La natura del denaro è assolutamente
neutra ed è solo il suo uso e le conseguenze del suo utilizzo che ci
possono dire qualcosa sulla sua bontà.

Ci sarebbero decine di storie da poter analizzare con voi e che con


semplicità avrebbero illustrato i contenuti di queste pagine.

Per mettere completamente in uso alcune delle informazioni del


libro, è consigliato acquistare e studiare altri testi specializzati che
sviluppino a fondo alcuni degli argomenti trattati. Molti di questi
testi li potrete trovare nella vasta enciclopedia della Bruno
Editore. Un ulteriore consiglio è di cercare le vostre fonti
affidabili di informazioni perché un essere umano, oggigiorno,
può essere ucciso mentalmente e spiritualmente con i giusti
proiettili informativi. E l’unico giubbotto antiproiettile che
abbiamo è la nostra stessa conoscenza e competenza.

Qualcuno disse che l’essere umano ricerca continuamente la


felicità. La si ricerca nelle emozioni ma la felicità è

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semplicemente il conseguimento delle proprie mete e la
contemplazione di questo raggiungimento.

Non a caso siamo felici solo quando ci avviciniamo a ciò che


desideriamo e per un piccolo periodo di tempo dopo averlo
realizzato. Subito dopo nuove mete compaiono all’orizzonte. E
non vi è nessuno più infelice di chi non ha mete da raggiungere.

Il denaro, in quest’ottica, ricopre il ruolo di uno strumento e non


di una meta. Chi pensa di essere felice avendo molti soldi tra le
mani, rimarrà fortemente deluso dal constatare che non gli
sembreranno mai sufficienti. Solo un raffronto con le mete che
desideriamo ci dirà se il denaro in nostro possesso è sufficiente o
meno.

Il nostro augurio è di essere felici, prosperando a vostro


piacimento.

Grazie mille ancora per l’attenzione.

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