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[Analisi Matematica T-1] Definizioni e teoremi

February 8, 2017

Giorgio Renzi
Ingegneria Informatica - 0926, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
giorgio.renzi@studio.unibo.it

1 Relazioni
1.1 Prodotto cartesiano
Definizione Siano A e B due insiemi. L’insieme delle coppie ordinate (a, b), con a ∈ A e b ∈ B, si
chiama prodotto cartesiano tra A e B e si indica con

A × B := (a, b) | a ∈ A, b ∈ B)

1.2 Relazioni
Definizione Una proprietà A definita in S × T è detta relazione tra S e T ; diremo che s ∈ S è in
relazione con t ∈ T se si ha A(s, t) vera.
Data una relazione R:

Dom(R) = {a ∈ A | s è in relazione tramite R con almeno un elemento di B} ⊆ S

Cod(R) = {b ∈ B | b è in relazione tramite R con almeno un elemento di A} ⊆ T

Graf (R) = {(a, b) ∈ A × B | R(a, b) è vera} ⊆ A × B

1.2.1 Relazioni binarie


Definizione Una relazione R tra S e S (cioè una proprietà che mette in relazione tra loro elementi
di S), è detta relazione binaria in S. Sia R una relazione binaria; diremo: - R(x, y) è riflessiva se
∀x ∈ S R(x, x) è vera - R(x, y) è simmetrica se ∀x, y ∈ S R(x, y) vera =⇒ R(y, x) vera - R(x, y)
è antisimmetrica se ∀x, y ∈ S R(x, y) vera e R(y, x) vera =⇒ x = y - R(x, y) è transitiva se
∀x, y, z ∈ S R(x, y) vera e R(y, z) vera =⇒ R(x, z)

1
1.2.2 Relazioni di equivalenza
La relazione binaria R su A si dice relazione di equivalenza se è riflessiva, simmetrica e transitiva.
La relazione di equivalenza si indica con il simbolo ∼.

1.2.3 Relazioni d’ordine


Definizione La relazione binaria R su A si dice relazione d’ordine se è riflessiva, antisimmetrica
e transitiva. Alcuni esempi di relazione d’ordine sono <, ≤, >, ≥.
Definizione Una relazione d’ordine si dice totale se

∀x, y ∈ A si ha R(x, y) oppure R(y, x)


cioè, comunque si fissino due elementi di A, essi sono confrontabili. Altrimenti la relazione
d’ordine è detta parziale.
Indichiamo con (R, ≤) l’insieme R ordinato con la relazione ≤. Legge di tricotomia: ∀x, y ∈ R
vale solo una delle seguenti possibilità: - x < y - x > y - x = y

2 Massimo e minimo
Definizione Sia A ⊂ R non vuoto. m si dice massimo (risp. minimo) di A se:

• m∈A

• m ≥ x (risp. m ≤ x) ∀x ∈ A

Se m esiste, usiamo la notazione

m = max A (risp. m = min A)


Il minimo e il massimo se esistono sono unici.

3 Maggiorante e minorante
Definizione Sia A ⊂ R non vuoto. m ∈ R si dice maggiorante (risp. minorante) di A se:

m ≥ x (risp. m ≤ x) ∀x ∈ A
Se A possiede un maggiorante (risp. minorante), allora ne possiede infiniti. Il massimo di A è
un maggiorante. Il minimo di A è un maggiorante.

4 Insieme superiormente (inferiormente) limitato


Definizione Un insieme A ⊂ R non vuoto che ammette maggiorante (risp. minorante) si dice
superiormente limitato (risp. inferiormente limitato). Un insieme superiormente e inferiormente
limitato si dice insieme limitato.

2
5 Estremo superiore ed estremo inferiore
Definizione Sia A ⊂ R un insieme superiormente limitato. Il minimo dei maggioranti si dice
estremo superiore di A e si indica con sup A:

sup A = min{y ∈ R | y ≥ x, ∀x ∈ A}
Definizione Sia A ⊂ R un insieme inferiormente limitato. Il massimo dei minoranti si dice
estremo inferiore di A e si indica con inf A:

inf A = max{y ∈ R | y ≤ x, ∀x ∈ A}
Teorema (R, ≤) è un insieme totalmente ordinato e completo, cioè ∀A ∈ R inferiormente
limitato, l’insieme M dei suoi minoranti ha massimo.
Proposizione Ogni sottoinsieme di R superiormente limitato (risp. inferiormente limitato)
ammette estremo superiore (risp. estremo inferiore).
Definizione Sia A ⊆ R: - se A non possiede maggioranti, diremo che A è un insieme non
superiormente limitato

sup A = +∞

• se A non possiede minoranti, diremo che A è un insieme non inferiormente limitato

inf A = −∞

• se A è limitato sia inferiormente che superiormente, diremo che A è limitato.

Proposizione Ogni sottoinsieme di R ammette estremo superiore e inferiore (finiti o non finiti)

6 Insiemi N, Z, Q, R
6.1 Intervalli
Definizione Siano a, b ∈ R - Intervallo limitato e chiuso
[a, b] = {x ∈ R | a ≤ x ≤ b}

• Intervallo superiormente non limitato e chiuso

[a, +∞[= {x ∈ R | x ≥ a}

• Intervallo inferiormente non limitato e chiuso

] − ∞, b] = {x ∈ R | x ≤ b}

• Intervallo limitato e aperto

]a, b[= {x ∈ R | a < x < b}

• Intervallo non superiormente limitato e aperto

3
]a, +∞[= {x ∈ R | x > a}
• Intervallo non inferiormente limitato e aperto
] − ∞, b[= {x ∈ R | x < b}
• Intervallo chiuso a sinistra e aperto a destra
[a, b[= {x ∈ R | a ≤ x < b}
• Intervallo chiuso a destra e aperto a sinistra
]a, b] = {x ∈ R | a < x ≤ b}

6.2 Proprietà degli insiemi


Proprietà di densità Q è denso in R, ovvero
∀x ∈ R ∀ > 0 ∃q ∈ Q tale che |x − q| < 
1−1
Definizione Sia A ⊆ R. Diremo che A è un insieme finito se esiste k ∈ N e f : {1, 2, ..., k} −−→
su
A.
Il numero degli elementi k dell’insieme è detto cardinalità

card(A) = #A = k
1−1
Definizione Sia A ⊆ R. Diremo che A è infinito numerabile se esiste f : N −−→ A
su
Teorema Z e Q sono insiemi infiniti numerabili.
1−1
Dimostrazione (Z è infinito numerabile) È possibile costruire la funzione f : N −−→ Z
su
(
− n2 if n pari
f = n+1
2 if n dispari
Teorema (di Cantor) L’insieme [0, 1] non è numerabile.
Dimostrazione Supponiamo per assurdo che possiamo formare una lista in cui contiamo tutti
gli elementi di [0, 1]:

x1 = 0.a1 1a1 2a1 3a1 4...


x2 = 0.a2 1a2 2a2 3a2 4...
x2 = 0.a3 1a3 2a3 3a3 4...
Adesso possiamo costruire un numero
b = 0.b1 b2 b3 b4 ...
tale che
bk 6= ak k, bk ∈ {1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8}, k ≥ 1
Siccome ogni k-esima cifra di b è diversa dalla k-esima cifra di xk per costruzione, e avendo
escluso la possibilità che b sia la rappresentazione equivalente di ciascun xk , poiché b non può
terminare con infiniti 0 o 9, allora b non è nella lista e siamo arrivati ad un assurdo.
Teorema R è non numerabile, come anche l’insieme dei numeri irrazionali R \ Q.
Definizione Un insieme A ⊂ R dotato di minimo e tale che x ∈ A =⇒ x + 1 ∈ A è detto
induttivo
Proposizione L’insieme N dei numeri naturali possiede minimo, è superiormente non limitato
ed è il più piccolo insieme induttivo.

4
7 Funzioni
Definizione Una funzione dall’insieme A all’insieme B è una relazione di A × B tale che: -
Dom(f ) = A - ∀x ∈ A ∃!y ∈ B tale che “y è in relazione con x tramite f , cioè y = f x
e si indica con f : A → B

Graf (f ) = {(x, y), x ∈ Dom(A), y = f (x)} = {(x, f (x)), x ∈ A}

7.1 Iniettività e suriettività


Definizione Siano A e B insiemi e f : A → B una funzione - Diremo che f è iniettiva (1-1) se
∀x1 , x2 ∈ A con x1 6= x2 si ha f (x1 ) 6= f (x2 ),

• Diremo che f è suriettiva (su) se

∀y ∈ B ∃x ∈ A tale che y = f (x)

• Diremo che f è biiettiva (o biunivoca) se è sia iniettiva che suriettiva, ovvero

∀y ∈ B ∃!x ∈ A tale che y = f (x)

7.2 Immagine e controimmagine tramite f


Definizione Siano A, B, C ⊂ R, f : A → B e C ⊂ B.
L’insieme immagine di A tramite f è l’insieme dei valori della funzione f (x) ∈ B

f (A) = Im(f ) = {y ∈ B | ∃x ∈ A e y = f (x)}


L’insieme controimmagine di C tramite f è l’insieme dei valori di x tali che f (x) ∈ C

f −1 (C) = {x ∈ A | f (x) ∈ C}

7.3 Funzione composta


Definizione Siano f : A → B e g : B → C funzioni. La funzione h : x ∈ A → g(f (x)) ∈ C si
chiama funzione composta di g e f e si indica con g ◦ f .
Osservazione f (A) ⊆ Dom(B)

7.4 Funzione inversa


1−1 1−1
Definizione Sia f : A −−→ B. Definiamo la funzione inversa di f , f −1 : B −−→ A, l’unica
su su
funzione che verifica le proprietà:

∀x ∈ A : f −1 (f (x)) = x
∀y ∈ B : f (f −1 (x)) = y

5
7.5 Funzioni monotone
Definizione Sia A ⊆ R. f : A → R è: - (monotona) crescente se ∀x1 , x2 ∈ A con x1 < x2 si
ha f (x1 ) ≤ f (x2 ) - strettamente crescente se ∀x1 , x2 ∈ A con x1 < x2 si ha f (x1 ) < f (x2 ) -
(monotona) decrescente se ∀x1 , x2 ∈ A con x1 < x2 si ha f (x1 ) ≥ f (x2 ) - strettamente decrescente
se ∀x1 , x2 ∈ A con x1 < x2 si ha f (x1 ) > f (x2 )
Teorema Sia A ⊆ R e f : A → R strettamente monotona. Allora

1. f è iniettiva da A in R
1−1
2. ∃f −1 : f (A) −−→ A strettamente monotona nello stesso verso
su

Teorema (monotonia delle funzioni composte) Siano A, B, C ⊂ R e f : A → B e g : B → C


funzioni monotone. Allora g ◦ f è monotona. In particolare: - se f e g sono entrambe crescenti
o decrescenti, allora g ◦ f è crescente - se f è crescente e g decrescente o viceversa, allora g ◦ f è
decrescente

7.6 Funzioni limitate


Definizione f : A → R si dice superiormente limitata su A (risp. inferiormente limitata) se
f (A) = {y ∈ R | ∃x ∈ A t.c f (x) = y} è superiormente limitato (risp. inferiormente limitato)
o equivalentemente

f (x) ≤ m (risp. f (x) ≥ m), ∀x ∈ A


Una funzione limitata superiormente e inferiormente è detta limitata.
Definizione Sia f : A → R. Diciamo che f ha massimo se l’insieme f (A) ha massimo, cioè

∃x0 ∈ A tale che f (x) ≤ f (x0 ), ∀x ∈ A


Diremo che f(x0 ) è il massimo per A e si scrive

max f (x) = f (x0 )


x∈A

e x0 è un punto di massimo
Definizione Sia f : A → R. Diciamo che f ha minimo se l’insieme f (A) ha minimo, cioè

∃x0 ∈ A tale che f (x) ≥ f (x0 ), ∀x ∈ A


Diremo che f(x0 ) è il minimo per A e si scrive

min f (x) = f (x0 )


x∈A

e x0 è un punto di minimo
Definizione Sia f : A → R. Chiamiamo estremo superiore di f l’estremo superiore di f (A) e
si scrive
supA f (x) = sup f (A) ∈ R oppure supA f (x) = +∞
Definizione Sia f : A → R. Chiamiamo estremo inferiore di f l’estremo inferiore di f (A) e si
scrive
inf A f (x) = inf f (A) ∈ R oppure inf A f (x) = −∞

6
8 Limiti
Definizione Un intorno aperto di xo ∈ R è un intervallo aperto del tipo ]x0 − δ, x0 + δ[ con δ > 0
Definizione Sia A ⊆ R con x0 ∈ R. Diremo che x0 è un punto di accumulazione per A se

∀δ > 0 (]x0 − δ, x0 + δ[\{x0 }) ∩ A 6= ∅


.
Ovvero per ogni intorno ]x0 − δ, x0 + δ[ esistono punti x ∈ A distinti da x0 nell’intersezione di
A con l’intorno ]x0 − δ, x0 + δ[.
Osservazione Se x0 è un punto di accumulazione per A, allora ∀δ > 0 (]x0 − δ, x0 + δ[\{x0 }) ∩ A
contiene infiniti punti.
Dimostrazione Supponiamo per assurdo che

∀δ > 0 (]x0 − δ, x0 + δ[\{x0 }) ∩ A = {y1 , y2 , y3 , ..., yn }


Prendo δk = |yk − x0 | con k = 0, 1, 2, ..., n.
Prendo 0 < δ < min{δ1 , δ2 , ..., δn }.
Allora (]x0 − δ, x0 + δ[\{x0 }) ∩ A 6= ∅
Teorema (di Bolzano-Weierstrass) Un insieme A ⊂ R infinito e limitato ha almeno un punto di
accumulazione.

8.1 Limiti per x → x0


Definizione (limite convergente) Sia A ⊂ R, f : A → R, x0 punto di accumulazione per A e l ∈ R.
Diciamo che per x → x0 f (x) converge a l e scriviamo:

lim f (x) = l se
x→x0

∀ > 0 ∃δ > 0 : ∀x ∈ A, x 6= x0 |x − x0 | < δ =⇒ |f (x) − l| < 


Definizione (limite divergente) Sia A ⊂ R, f : A → R e x0 punto di accumulazione per A.
Diciamo che per x → x0 f (x) diverge positivamente (risp. diverge negativamente) e scriviamo:

lim f (x) = +∞ (risp. lim f (x) = −∞) se


x→x0 x→x0

∀ > 0 ∃δ > 0 : ∀x ∈ A, x 6= x0 f (x) >  (risp. f (x) < −)


Osservazione Se limx→x0 f (x) = +∞ (risp. − ∞) allora significa che f è non superiormente
limitata (risp. non inferiormente limitata) nel suo codominio.

8.2 Limiti per x → ±∞


Definizione Diciamo che x0 = +∞ (risp. −∞) è un punto di accumulazione per A, insieme
non limitato superiormente (risp. non limitato inferiormente) se ∀δ > 0 A∩]δ, +∞[6= ∅ (risp.
A∩] − ∞, δ[6= ∅).
Definizione (limite convergente) Sia A ⊂ R non superiormente limitato (risp. non inferior-
mente limitato), f : A → B e l ∈ R. Diciamo che per x → +∞ (risp. −∞) f (x) converge a l e
scriviamo:

7
lim f (x) = l (risp. lim f (x) = l) se
x→+∞ x→−∞

∀ > 0 ∃δ > 0 : ∀x ∈ A, x > δ (risp. x < −δ) |f (x) − l| < 


Definizione (limite divergente) Sia A ⊂ R non superiormente limitato (risp. non inferiormente
limitato), f : A → R. Diciamo che per x → ±∞ f (x) diverge positivamente (risp. diverge
negativamente) a l e scriviamo:

lim f (x) = +∞ (risp. lim f (x) = −∞) se


x→±∞ x→−∞

∀ > 0 ∃δ > 0 : ∀x ∈ A, x > δ (risp. x < −δ) f (x) >  (risp. f (x) < −)

8.3 Limite destro e limite sinistro


Definizione Siano f : A → R, A ⊂ R e x0 ∈ R punto di accumulazione per A∩]x0 , +∞[ (risp.
A∩] − ∞, x0 [). Diciamo che f ha limite destro (risp. limite sinistro) l ∈ R per x → x+ 0 (risp.

x → x0 ) se l è il limite per x → x0 di f ristretta a A∩]x0 , +∞[ (risp. A∩] − ∞, x0 [) e scriviamo:

lim f (x) = l (risp. lim f (x) = l)


x→x+
0 x→x−
0

8.4 Teoremi e proprietà dei limiti


Osservazione Se x0 è punto di accumulazione per A allora ∀δ > 0 x0 è punto di accumulazione
per A0 = A∩]x0 − δ, x0 + δ[.
Teorema (località del limite) Sia f : A → R, x0 ∈ R punto di accumulazione per A e l ∈ R. Sia
δ > 0 e A0 = A∩]x0 − δ, x0 + δ[. Allora x0 è un punto di accumulazione per A0 e

lim f |A (x) = l ⇐⇒ lim f |A0 (x) = l


x→x0 x→x0

Teorema (unicità del limite) Sia f : A → R e x0 punto di accumulazione per A. Allora il limite
lim f (x) se esiste è unico.
x→x0
Dimostrazione Supponiamo per assurdo che esistano due limiti l1 e l2 distinti, ovvero l1 6= l2 .
Dimostriamo l1 = l2 . Per la definizione di limite sia ha che ∀ > 0 |f (x) − l1 | <  e |f (x) − l2 | < .
Sommando i membri delle disuguaglianze si ottiene

|f (x) − l1 | + |f (x) − l2 | < 2


Siccome |f (x) − l1 | = |l1 − f (x)|, per la disuguaglianza triangolare si ha

|l1 − l2 | < |f (x) − l1 | + |f (x) − l2 | < 2


Da cui |l1 − l2 | < 2 e, per l’aribtrarietà di , |l1 − l2 | = 0 e quindi l1 = l2 .
Teorema (locale limitatezza di f) Sia f : A → R, x0 punto di accumulazione per A, l ∈ R
e lim f (x) = l. Allora ∃δ > 0 tale che f ristretta all’insieme A∩]x0 − δ, x0 + δ[ è una funzione
x→x0
limitata.
Osservazione In particolare se f (x) è non superiormente o non inferiormente limitata, allora
limx→x0 f (x) o non esiste, o se esiste non può essere finito, ovvero l ∈
/ R.

8
Teorema Sia f : A → R, x0 punto di accumulazione per A∩] − ∞, x0 [ e A∩]x0 , +∞[, l ∈ R.
Allora

lim f (x) = l ⇐⇒ lim f (x) = lim f (x) = l


x→x0 x→x+ x→x−
0 0

Osservazione Se lim f (x) 6= lim f (x) oppure uno dei due limiti (destro/sinistro) non esiste
x→x+
0 x→x−
0
allora @ limx→x0 f (x).
Teorema (limiti di funzioni monotone) Sia f : A → R una funzione monotona crescente. Sia
x0 ∈]a, b[. Allora

1. ∃ lim f (x) = inf f (x)


x→x+
0
x∈]x0 ,b]

2. ∃ lim f (x) = sup f (x)


x→x−
0 x∈[a,x0 [

3. ∃ lim f (x) = inf f (x)


x→a+ x∈]a,b]

4. ∃ lim f (x) = sup f (x)


x→b− x∈[a,b[

Teorema Siano f, g : A → R e x0 ∈ R punto di accumulazione per A (oppure x0 = +∞ e A non


superiormente limitato, oppure x0 = −∞ e A non inferiormente limitato), l, m ∈ R. Supponiamo
che lim f (x) = l e lim g(x) = m. Allora:
x→x0 x→x0

1. se f (x) ≤ g(x) ∀x ∈ A si ha l ≤ m

2. se l < m ∃δ > 0 tale che f (x) < g(x) ∀x 6= x0 x ∈]x0 − δ, x0 + δ[∩A.

Teorema (del confronto) Siano f, g, h : A → R e x0 ∈ R punto di accumulazione per A (oppure


x0 = +∞ e A non superiormente limitato, oppure x0 = −∞ e A non inferiormente limitato).
Supponiamo che

1. f (x) ≤ h(x) ≤ g(x) ∀x ∈ A

2. lim f (x) = lim g(x) = l, con l ∈ R


x→x0 x→x0

Allora ∃ lim h(x) = l


x→x0
Dimostrazione Per ipotesi |f (x) − l| <  e |g(x) − l| < , ovvero

− + l < f (x) <  + l , − + l < g(x) <  + l.


Quindi
− + l < f (x) ≤ h(x) ≤ g(x) <  + l.
Allora |h(x) − l| < , che è esattamente la definizione di lim h(x) = l
x→x0

9
8.5 Proprietà algebriche dei limiti
Teorema Siano f, g : A → R, x0 punto di accumulazione per A (oppure x0 = +∞ e A non
superiormente limitato, oppure x0 = −∞ e A non inferiormente limitato). Siano l, m ∈ R e
lim f (x) = l e lim g(x) = m. Allora
x→x0 x→x0

1. La funzione somma f ± g ha limite l ± m per x → x0 , ovvero lim [f (x) ± g(x)] = l ± m


x→x0

2. La funzione prodotto f · g ha limite l · m per x → x0 , ovvero lim [f (x) · g(x)] = l · m


x→x0

3. Se m 6= 0 allora ∃δ > 0 tale che g(x) 6= 0 ∀x ∈ A∩]x0 − δ, x0 + δ[, x 6= x0

f l f (x) l
4. Se m 6= 0 allora la funzione g ha limite m per x → x0 , cioè lim =
x→x0 g(x) m
5. Se c ∈ R è una costante, allora lim [c · f (x)] = c · l.
x→x0

Definizione f : A → R con A ⊂ R è infinitesimo (x → x0 ) se

lim f (x) = 0
x→x0

f è infinito (x → x0 ) se

lim |f (x)| = +∞
x→x0

Teorema (proprietà algebriche degli infinitesimi) Siano A ⊆ R, f, g : A → R, x0 punto di


accumulazione per A (oppure x0 = +∞ e A non superiormente limitato, oppure x0 = −∞ e A
non inferiormente limitato) e lim f (x) = 0. Allora:
x→x0

1. Se ∃M > 0 tale che |g(x)| < M, ∀x ∈ A allora lim [f (x) · g(x)] = 0


x→x0

1 1
2. Se f (x) è positiva (risp. negativa) ∀x ∈ A allora f (x) è definita e lim = +∞ (risp. −∞).
x→x0 f (x)

Teorema (proprietà algebriche degli infiniti) Siano A ⊆ R, f, g : A → R, x0 punto di accu-


mulazione per A (oppure x0 = +∞ e A non superiormente limitato, oppure x0 = −∞ e A non
inferiormente limitato) e lim f (x) = +∞. Allora:
x→x0

1. Se ∃M ∈ R tale che g(x) ≥ M, ∀x ∈ A, allora lim [f (x) + g(x)] = +∞


x→x0

2. Se ∃M ∈ R, M > 0 tale che g(x) ≥ M, ∀x ∈ A, allora lim [f (x) · g(x)] = +∞


x→x0

3. Se ∃M ∈ R, M < 0 tale che g(x) ≤ M, ∀x ∈ A, allora lim [f (x) · g(x)] = −∞


x→x0

1
4. lim = 0.
x→x0 f (x)

Analogamente per lim f (x) = −∞:


x→x0

1. Se ∃M ∈ R tale che g(x) ≤ M, ∀x ∈ A, allora lim [f (x) + g(x)] = −∞


x→x0

10
2. Se ∃M ∈ R, M > 0 tale che g(x) ≥ M, ∀x ∈ A, allora lim [f (x) · g(x)] = −∞
x→x0

3. Se ∃M ∈ R, M < 0 tale che g(x) ≤ M, ∀x ∈ A, allora lim [f (x) · g(x)] = +∞


x→x0

1
4. lim = 0.
x→x0 f (x)

8.6 Simboli di Landau


Definizione (o-piccolo) f si dice o-piccolo di 1, (x → x0 ), e si scrive

f (x) = o(1), (x → x0 ), se lim f (x) = 0


x→x0

f si dice o-piccolo di g, (x → x0 ), e si scrive

f (x)
f (x) = o(g(x)), (x → x0 ), se lim =0
x→x0 g(x)
Se f (x) = o(g(x)), (x → x0 ), f si dice trascurabile rispetto a g, (x → x0 ).
Definizione (equivalenza) f si dice equivalente a g, (x → x0 ), e si scrive

f (x)
f (x) ≈ g(x), (x → x0 ), se lim =1
x→x0 g(x)
Teorema Siano f, g : A → R.

f (x) ≈ g(x), (x → x0 ) ⇐⇒ f (x) = g(x) + o(g(x)), (x → x0 )


Teorema Se f1 ≈ f2 e g1 ≈ g2 , (x → x0 ), allora

f1 f2
f1 g1 ≈ f2 g2 , (x → x0 ); ≈ , (x → x0 )
g1 g2
Teorema (principio di sostituzione)

f + o(f ) f
lim = lim
x→x0 g + o(g) x→x 0 g

Proposizione Siano f, g, h : A → R. Se l + m 6= 0 e

f (x) ≈ lh(x), (x → x0 )
=⇒ [f (x) + g(x)] ≈ (l + m)h(x), (x → x0 )
g(x) ≈ mh(x), (x → x0 )

8.7 Funzioni continue


Definizione Siano A ⊆ R, f : A → R. Diremo che f è continua in x0 ∈ A se

∀ > 0 ∃δ > 0 : |f (x) − f (x0 )| <  ∀x ∈ A∩]x0 − δ, x0 + δ[

1. Se x0 è un punto isolato, quindi non di accumulazione, allora f è banalmente continua in x0

2. Se x0 è un punto di accumulazione, allora la definizione è equivalente a

11
f continua ⇐⇒ lim f (x) = f (x0 )
x→x0

Definizione f : A → R, A ⊂ R è una funzione continua su A se f è continua in tutti i punti di


A.
Teorema (continuità della funzione composta) Siano A, B ⊆ R, f : A → B, g : B → R. Se f è
continua in x0 ∈ A e g è continua in y0 = f (x0 ), allora f ◦ g : A → R è continua in x0 .
Teorema (permanenza del segno) Se f : A → R è continua in x0 ∈ A e f (x0 ) > 0 (risp.
f (x0 ) < 0) allora

∃δ > 0 : f (x) > 0 (risp. f (x) < 0) ∀x ∈ A∩]x0 − δ, x0 + δ[


Teorema (di Weierstrass) Sia f : [a, b] → R continua in [a, b]. Allora ∃ max f e ∃ min f .
[a,b] [a,b]
k
[
Il teorema è valido anche per A = [ai , bi ] ed è valido in generale se A è un insieme limitato
i=1
e chiuso.
Teorema (degli zeri) Sia f : [a, b] → R continua in [a, b] e tale che f (a) < 0 < f (b). Allora
∃c ∈]a, b[ tale che f (c) = 0.
Teorema (dei valori intermedi) Sia f : [a, b] → R continua in [a, b]. Allora f assume tutti i valori
compresi tra f (a) e f (b).

[f (a), f (b)] = {y ∈ R | ∃x ∈ A, y = f (x)} = Im[a,b] (f )


Teorema (di Bolzano) Siano I ⊂ R intervallo e f : I → R continua in I. Allora f (I) = Im(f ) è
un intervallo.
Teorema (funzioni monotone e continuità) Siano I ⊂ R intervallo e f : I → R monotona.
Allora f continua ⇐⇒ f (I) un intervallo.
Teorema (continuità funzione inversa) Siano I ⊂ R intervallo e f : I → R continua e stretta-
mente monotona in I. Allora f −1 : f (I) → I è strettamente monotona e continua nell’intervallo
f (I).
Dimostrazione Per il teorema di Bolzano f (I) è un intervallo perché f : I → R è continua.
1−1
f è strettamente monotona quindi ∃ f −1 : f (I) −−→ I.
su
Per il teorema precedente f −1 è continua perché I è un intervallo.
Corollario (di Bolzano-Weierstrass) Se f : [a, b] → R continua in [a, b] allora f ([a, b]) =
[min f, max f ].
[a,b] [a,b]

9 Derivazione
Definizione Sia f : [a, b] → R, x0 ∈ [a, b]. Chiamiamo rapporto incrementale di f rispetto a x0

f (x) − f (x0 )
R(x) = , R : [a, b] \ {x0 } → R
x − x0
Definizione Siano f : A → R e x0 ∈ A. Posto

df f (x) − f (x0 ) df
f 0 (x0 ) = (x0 ) = lim , (x0 ) ∈ R
dx x→x0 x − x0 dx
df
Se dx (x0 ) ∈ R si dice che f è derivabile in x0 .

12
Osservazione Sia f : [a, b] → R.

Dom(f 0 ) = {x ∈ [a, b] | ∃ f 0 (x) ∈ R}


Teorema Sia f : [a, b] → R derivabile in x0 ∈ R. Allora f (x) è continua in x0 .
Dimostrazione lim f (x) = f (x0 ) ⇐⇒ lim [f (x) − f (x0 )] = 0
x→x0 x→x0

f (x) − f (x0 )
lim [f (x) − f (x0 )] = lim (x − x0 ) = f 0 (x0 ) lim (x − x0 ) = 0
x→x0 x→x0 x − x0 x→x0

Definizione Sia f : A → R e x0 ∈ A. Supponiamo che x0 sia punto di accumulazione per


A∩]x0 , +∞[ e A∩] − ∞, x0 [. Chiameremo derivata destra di f (x0 ), se esiste, il limite destro del
rapporto incrementale:

f (x) − f (x0 )
f+0 (x0 ) = lim
x→x+
0
x − x0
Analogamente chiamaremo derivata sinistra, se esiste, il limite sinistro del rapporto incremen-
tale:

f (x) − f (x0 )
f−0 (x0 ) = lim
x→x−
0
x − x0
Definizione Sia f una funzione continua in x0 . Se esistono finite (o una finita e una infinita),
ma distinte, le derivata destra e sinistra, allora si dice che f ha un punto angoloso in x0 .
Definizione Sia f una funzione continua in x0 . Se esistono infinite e di segno opposto le
derivate destra e sinistra, allora si dice che f ha una cuspide in x0 .
Definizione Sia f una funzione continua in x0 . Se |f (x)| = +∞ allora si dice che f ha un punto
di flesso a tangente verticale in x0 .

9.1 Regole di derivazione


Teorema (linearità della funzione derivata) Siano f, g : [a, b] → R derivabili in x0 ∈ [a, b] e λ, µ ∈ R.
Allora λf + µg è derivabile in x0 e la derivata è:

d
[λf + µg](x0 ) = λf 0 (x) + µg 0 (x)
dx
Dimostrazione

λf (x) + µg(x) − [λf (x0 ) + µg(x0 )]


lim =
x→x0 x − x0
 
λf (x) − λf (x0 ) µg(x) − µg(x0 )
= lim + =
x→x0 x − x0 x − x0
 
f (x) − f (x0 ) g(x) − g(x0 )
= lim λ +µ =
x→x0 x − x0 x − x0

= λf 0 (x) + µg 0 (x)
Teorema (Regola di Leibniz) Siano f, g : [a, b] → R derivabili in x0 ∈ [a, b]. Allora la funzione
f · g è derivabile in x0 e:

13
d
(f · g)(x0 ) = f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 )
dx
Dimostrazione

f (x)g(x) − f (x0 )g(x0 )


lim =
x→x0 x − x0
f (x)g(x) − f (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g(x) − f (x0 )g(x)
= lim =
x→x0 x − x0
 
f (x) − f (x0 ) g(x) − g(x0 )
= lim g(x) + f (x) =
x→x0 x − x0 x − x0

= lim g(x)f 0 (x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 ) =



x→x0

= g(x0 )f 0 (x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 )


Teorema (funzione reciproca) Siano f, g : [a, b] → R derivabili in x0 ∈ [a, b] e f (x0 ) 6= 0. Allora
∃ f1 :]x0 − δ, x0 + δ[∩[a, b] → R derivabile in x0 e:

d 1 f 0 (x0 )
( )(x0 ) = − 2
dx f f (x0 )
Dimostrazione

1 1
f (x) − f (x0 ) f (x0 ) − f (x) f (x) − f (x0 ) 1
lim = lim = lim − =− 2 f 0 (x)
x→x0 x − x0 x→x0 f (x)f (x0 )(x − x0 ) x→x0 f (x)f (x0 )(x − x0 ) f (x0 )

Corollario (rapporto di funzioni) Siano f, g : [a, b] → R derivabili in x0 ∈ [a, b] e g(x0 ) 6= 0.


Allora la funzione fg :]x0 − δ, x0 + δ[∩[a, b] → R derivabile in x0 e:

d f f 0 (x0 )g(x0 ) − f (x0 )g 0 (x0 )


( )(x0 ) =
dx g g 2 (x0 )
Dimostrazione
 
d f d 1
(x0 ) = f· (x0 ) =
dx g dx g
 
0 1 d 1
= f (x0 ) (x0 ) + f (x0 ) (x0 ) =
g dx g

f 0 (x0 ) f (x0 )g 0 (x0 )


= − =
g(x0 ) g 2 (x0 )

f 0 (x0 )g(x0 ) − f (x0 )g 0 (x0 )


=
g 2 (x0 )
Teorema (funzione composta) Supponiamo I, J ∈ R intervalli, x0 ∈ I, f : I → J derivabile in
x0 e g : J → R derivabile in y0 = f (x0 ) ∈ J. Allora la funzione composta g ◦ f : I → R è derivabile
in x0 e:

14
d dg df
(g ◦ f )(x0 ) = (f (x0 )) (x0 )
dx dy dx
1−1
Teorema (funzione inversa) Sia I ⊆ R intervallo e f : I −−→ R strettamente monotona e
su
1−1
continua (quindi ∃ f −1 : f (I) −−→ I strettamente monotona e continua). Se ∃ f 0 (x0 ) 6= 0 allora:
su
1
(f −1 )0 (y0 ) = df −1 (y ))
dx (f 0

Dimostrazione Il limite del rapporto incrementale è:

f −1 (y) − f −1 (y0 )
lim
y→y0 y − y0
Siccome f −1 è la funzione inversa, allora f −1 (y) = x, f −1 (y0 ) = x0 , y = f (x) e y0 = f (x0 ).
Inoltre sappiamo che f −1 risulta continua su J e si può effettuare il cambiamento di variabile,
quindi

[y → y0 ] =⇒ [f −1 (y) → f −1 (y0 )] = [x → x0 ]
Allora abbiamo:
x − x0 1 1
lim = 0 = 0 −1
x→x0 f (x) − f (x0 ) f (x0 ) f (f (y0 ))
Teorema (di Lagrange) Sia f : [a, b] → R continua in [a, b] e derivabile in ]a, b[. Allora ∃c ∈]a, b[
tale che

f (b) − f (a)
f 0 (c) =
b−a
Teorema (di Rolle) Sia f : [a, b] → R continua in [a, b] e derivabile in ]a, b[. Se f (a) = f (b) allora
necessariamente ∃c ∈]a, b[ tale che:

f 0 (c) = 0
Dimostrazione Per il teorema di Weierstrass, siccome f : [a, b] → R continua in [a, b],
∃ min[a,b] f e ∃ max[a,b] f .

1. Se min f = max f allora f è costante e quindi f 0 (x) = 0 ∀x ∈ [a, b]


[a,b] [a,b]

2. Se min f 6= max f allora almeno uno è raggiunto in c ∈]a, b[. Supponiamo per semplicità
[a,b] [a,b]
c = min f e calcoliamo il limite destro e sinistro del rapporto incrementale:
[a,b]


f (x)−f (c)
limx→c+ x−c ≥ 0

=⇒ f 0 (c) = 0
f (x)−f (c) 
limx→c− x−c ≤ 0
Con un ragionamento analogo si dimostra anche il caso in cui c = max.
[a,b]

15
Teorema (di Fermat) Sia f :]a, b[→ R. Se c ∈]a, b[ è un punto di massimo o di minimo per f e
∃f 0 (c)
allora necessariamente f 0 (c) = 0.
Dimostrazione È sufficiente studiare il segno del rapporto incrementale quando x → c+ e
x → c− . SUpponiamo quindi che c sia un punto di minimo.

limx→c+ f (x)−f
x−c
(c)
≥ 0 

=⇒ f 0 (c) = 0
limx→c− f (x)−f (c) 
x−c ≤ 0
Con un ragionamento analogo si dimostra anche il caso in cui c sia un punto di massimo.
Teorema (di De l’Hôpital) Siano f, g : [a, b] → R derivabili in ]a,b[. Se

1. lim f (x) = 0 = lim g(x)


x→a+ x→a+

2. g 0 (x) ha segno costante ∀x ∈]a, b[ (è sufficiente che non cambi di segno in un insieme con
punti di accumulazione)
f 0 (x)
3. ∃ lim =l∈R
x→a+ g 0 (x)

Allora

f (x)
∃ lim =l
x→a+ g(x)
Teorema (di De l’Hôpital) Siano f, g : [a, b] → R derivabili in ]a,b[. Se

1. lim |f (x)| = +∞ = lim |g(x)|


x→a+ x→a+

2. g 0 (x) ha segno costante ∀x ∈]a, b[ (è sufficiente che non cambi di segno in un insieme con
punti di accumulazione)
f 0 (x)
3. ∃ lim =l∈R
x→a+ g 0 (x)

Allora

f (x)
∃ lim =l
x→a+ g(x)
Corollario Sia f : [a, b] → R continua in [a, b] e derivabile in ]a, b[. Se ∃ lim f 0 (x) = l ∈ R
x→a+
allora ∃ f 0 (a) = l
Dimostrazione

f (x) − f (a)
f 0 (a) = lim = lim f 0 (a) = l
x→a+ x−a x→a+

Definizione Siano f : I → R, I intervallo e f 0 la derivata di f . Chiamiamo I 0 l’insieme dei


punti di I in cui esiste f 0

I 0 = {x ∈ I | ∃ f 0 (x) ∈ R}

16
Possiamo ora definire la derivata seconda di f , ovvero la derivata di f 0 : I 0 → R, in x0 , se
esiste,

f 0 (x) − f 0 (x0 )
f 00 (x0 ) = lim
x→x0 x − x0
Più in generale, se f, f 0 , f 00 , ...f (k+1) : I → R e x0 ∈ I possiamo definire la derivata k-esima di
f in x0

f (k−1) (x) − f (k−1) (x0 )


f k (x0 ) = lim
x→x0 x − x0
Definizione Definiamo la classe di una funzione da I ⊂ R intervallo a R di ordine k come
l’insieme delle funzioni di variabile reale derivabili con continuità k volte, e scriviamo:

C (k) (I, R) = {f : I → R | f continua in I}


Osservazione C (∞) (I, R) $ ... $ C (1) (I, R) $ C (0) (I, R)

10 Polinomi di Taylor
Definizione Sia f : I → R, I intervallo, derivabile n volte in x0 ∈ I. Chiamiamo polinomio di
Taylor di f di ordine n e punto iniziale x0 il polinomio

n
f 00 (x0 ) f n (x0 ) X f (k) (x0 )
Tn (x) = f (x0 ) + f 0 (x)(x − x0 ) + (x − x0 )2 + ... + (x − x0 )n = (x − x0 )k
2! n! k!
k=0

Teorema (formula di Taylor con resto di Peano) Sia f : I → R, I intervallo, derivabile n volte
in x0 ∈ I. Allora
" n #
X f (k) (x0 )
f (x) = (x − x0 ) + o((x − x0 )k ) (x → x0 )
k
k!
k=0

Dimostrazione
n=1
f (x) − f (x0 )
f 0 (x0 ) = lim ⇐⇒ f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + o(x − x0 ) (x → x0 )
x→x0 x − x0
n = 2 Vogliamo dimostrare che

f 00 (x0 )
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 + o((x − x0 )2 ) (x → x0 )
2!
Quindi:

f 00 (x0 )
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) − (x − x0 )2 = o((x − x0 )2 ) (x → x0 ⇐⇒
2!
f 00 (x0 )
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) − 2! (x − x0 )2
lim = 0 ⇐⇒
x→x0 (x − x0 )2

17
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) f 00 (x0 )
 
lim − =0
x→x0 (x − x0 )2 2
Applicando De l’Hôpital:

f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) H f 0 (x) − f 0 (x0 ) f 00 (x0 )


lim = lim =
x→x0 (x − x0 )2 x→x0 2(x − x0 ) 2
Analogamente, applicando De l’Hopital n − 1 volte, si può dimostrare in generale.
Teorema (formula di Taylor con resto di Lagrange) Siano f ∈ C (n+1) (I, R), x, x0 ∈ I. Allora
∃c ∈ I compreso tra x0 e x tale che:
n
X f (k) (x0 ) (x − x0 )n+1
f (x) = (x − x0 )k + f (n+1) (c)
k! (n + 1)!
k=0

10.1 Proprietà del polinomio di Taylor


Proposizione Sia f ∈ C (n) (I, R).

1. Il polinomio di Taylor di f di punto iniziale x0 e grado minore o uguale a n è l’unico poli-


nomio di grado ≤ n per il quale vale

Tnk (x0 ) = f (k) (x0 )

2. Derivando il polinomio di Taylor di ordine n di f si ottiene il polinomio di Taylor di grado


n − 1 di f

d
Tn [f ](x) = Tn−1 [f 0 ](x)
dx
Proposizione Se f (x) = qn (x) + o((x − x0 )n ), (x → x0 ), ove qn (x) è un polinomio di grado al
più n, allora necessariamente

qn (x) = Tn,x0 (x)


ove Tn,x0 (x) è il polinomio di Taylor di f di ordine n e punto iniziale x0 .

10.2 Formule di Taylor delle funzioni elementari


Esponenziale La funzione esponenziale ha derivate di ordine comunque elevato; scelto come
punto iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine n, si scrive come
n
X xk
exp(x) = + o(xn ), (x → 0)
k!
k=0

infatti

D(k) exp(x) = exp(x)


Quindi il polinomio di Taylor è

18
n
X xk
Tn,0 (x) =
k!
k=0

Coseno La funzione coseno è pari e ha derivate di ordine comunque elevato; scelto come punto
iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine 2n, si scrive come
n
X (−1)k x2k
cos(x) = + o(x2n+1 ), (x → 0)
(2k)!
k=0

infatti

(k) 0 se k dispari
D cos(x) =
(−1)k se k pari
Quindi il polinomio di Taylor è
n
X (−1)k x2k
Tn,0 (x) =
(2k)!
k=0

Seno La funzione seno è dispari e ha derivate di ordine comunque elevato; scelto come punto
iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine 2n + 1, si scrive come
n
X (−1)k x2k+1
sin(x) = + o(x(2n+2) ), (x → 0)
(2k + 1)!
k=0

infatti

(k) 0 se k pari
D sin(x) = k
(−1) se k dispari
Quindi il polinomio di Taylor è
n
X (−1)k x2k+1
Tn,0 (x) =
(2k + 1)!
k=0

Coseno iperbolico La funzione coseno iperbolico è pari e ha derivate di ordine comunque


elevato; scelto come punto iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine 2n, si scrive come
n
X x2k
cosh(x) = + o(x2n+1 ), (x → 0)
(2k)!
k=0

infatti

(k) 0 se k dispari
D cosh(x) =
1 se k pari
Quindi il polinomio di Taylor è
n
X x2k
Tn,0 (x) =
(2k)!
k=0

19
Seno iperbolico La funzione seno iperbolico è dispari e ha derivate di ordine comunque ele-
vato; scelto come punto iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine 2n + 1, si scrive come
n
X x2k+1
sinh(x) = + o(x(2n+2) ), (x → 0)
(2k + 1)!
k=0

infatti

(k) 0 se k pari
D sinh(x) =
1 se k dispari
Quindi il polinomio di Taylor è
n
X x2k
Tn,0 (x) =
(2k)!
k=0

ln(1 + x) La funzione ln(1 + x) ha derivate di ordine comunque elevato; scelto come punto
iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine n, si scrive come
n
X (−1)k−1 xk
ln(1 + x) = + o(xn ), (x → 0)
k
k=1

infatti

(−1)k−1 (k − 1)!
D(k) ln(1 + x) = , k≥1
(1 + x)k
da cui deriva

D(k) ln(1 + x) |x=0 = (−1)k−1 (k − 1)!, k ≥ 1


Quindi il polinomio di Taylor è
n
X (−1)k−1 xk
Tn,0 (x) =
k
k=1

(1 + x)α La funzione (1 + x)α , x > −1, α ∈ R ha derivate di ordine comunque elevato; scelto
come punto iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine n, si scrive come
n  
α
X α k
(1 + x) = x + o(xn ), (x → 0)
k
k=0
posto
   
α α(α − 1)...(α − k + 1) α
= , =1
k k! 0
infatti

D(k) (1 + x)α = α(α − 1)...(α − k + 1)(1 + x)α−k


Quindi il polinomio di Taylor è

20
n  
X α k
Tn,0 (x) = x
k
k=1

(1 + x)−1 La funzione (1 + x)−1 , x 6= −1, ha derivate di ordine comunque elevato; scelto come
punto iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine n, si ottiene da quella precedente, con
α = −1, ed è
n
X
−1
(1 + x) = (−1)k xk + o(xn ), (x → 0)
k=0

infatti

(−1)k (1 · 2 · 3 · ... · k)
 
−1 (−1)(−1 − 1)(−1 − 2)...(−1 − k + 1)
= = = (−1)k
k k! k!
Quindi il polinomio di Taylor è
n
X
Tn,0 (x) = (−1)k xk
k=1

(1 +x2 )−1 La funzione (1 + x2 )−1


ha derivate di ordine comunque elevato; scelto come punto
iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine 2n, si ottiene da quella precedente, sostituendo
x con x2 , ed è
n
X
(1 + x2 )−1 = (−1)k x2k + o(x2n ), (x → 0)
k=0

Quindi il polinomio di Taylor è


n
X
Tn,0 (x) = (−1)k x2k
k=1

(1 − x)−1 La funzione (1 − x)−1 , x 6= −1, ha derivate di ordine comunque elevato; scelto


come punto iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine n, si ottiene da qualle precedente,
sostituendo x con −x, ed è
n
X
−1
(1 − x) = xk + o(xn ), (x → 0)
k=0

Quindi il polinomio di Taylor è


n
X
Tn,0 (x) = xk
k=1

(1 − x2 )−1 La funzione (1 − x2 )−1 ,


x 6= ±1, ha derivate di ordine comunque elevato; scelto
come punto iniziale x0 = 0, la sua formula di Taylor, di ordine 2n, si ottiene da qualle precedente,
sostituendo x con x2 , ed è
n
X
(1 − x2 )−1 = x2k + o(x2n ), (x → 0)
k=0

21
Quindi il polinomio di Taylor è
n
X
Tn,0 (x) = x2k
k=1

11 Studio qualitativo del grafico di una funzione


11.1 Comportamento asintotico
Definizione Siano f, g :]a, +∞[→ R diremo che g(x) è asintotica a f (x) (equivalentemente, f (x)
ha per asintoto g(x)) quando (x → ±∞) se:

f (x) = g(x) + o(1), (x → ±∞)


Definizione (asintoto obliquo) Diremo che f (x) ha asintoto obliquo g(x) = ax + b (x → ±∞)
se esistono a 6= 0 e b ∈ R tali che

limx→±∞ [f (x) − ax] = b
f (x) = ax + b + o(1), (x → ±∞) ⇐⇒
limx→±∞ f (x)

x =a

Definizione Diremo che f (x) ha asintoto verticale da destra (risp. da sinistra) (x → a+ ) se

lim f (x) = ±∞ (risp. lim f (x) = ±∞)


x→a+ x→a−

Definizione Diremo che f (x) ha asintoto orizzontale y = c (x → ±∞) se

lim f (x) = c
x→±∞

11.2 Monotonia
Teorema (funzioni monotone e derivata prima) Supponiamo I ⊆ R intervallo e f : I → R deriv-
abile in I. Allora:

1. f è debolmente crescente in I ⇐⇒ f 0 (x) ≥ 0 ∀x ∈ I

2. f è debolmente decrescente in I ⇐⇒ f 0 (x) ≤ 0 ∀x ∈ I

3. Se f 0 (x) > 0 ∀x ∈ I allora f è strettamente crescente in I

4. Se f 0 (x) < 0 ∀x ∈ I allora f è strettamente decrescente in I

Dimostrazione (1)
( =⇒ ) Scriviamo i limiti destro e sinistro del rapporto incrementale di f (x)

f (x) − f (x0 )
lim ≥0
x→x+ x − x0
f (x) − f (x0 )
lim ≥0
x→x− x − x0

22
( ⇐= ) Per il teorema di Lagrange sappiamo che ∃c ∈]x, x0 [ tale che f (x)−f (x0 ) = f 0 (c)(x−x0 ).
Per ipotesi f 0 (c) ≥ 0 ∀x ∈]x, x0 [.

x < x0 =⇒ x − x0 < 0 =⇒ f (x) − f (x0 ) ≤ 0 =⇒ f (x) ≤ f (x0 )

x > x0 =⇒ x − x0 > 0 =⇒ f (x) − f (x0 ) ≥ 0 =⇒ f (x) ≥ f (x0 )


Quindi la funzione è debolmente crescente.
Teorema Siano I intervallo e f : I → R derivabile in I. Allora f è strettamente crescente (risp.
strettamente decrescente) se e solo se f 0 (x) ≥ 0 (risp. f 0 (x) ≤ 0) ∀x ∈ I e l’insieme E = {x ∈ I |
f 0 (x) = 0} ⊆ I non contiene intervalli aperti.
Teorema Sia f : I → R derivabile 2n + 1 volte in x0 ∈ I e tale che f 0 (x0 ) = f 00 (x0 ) = ... =
f 2n (x0 ) = 0. Se

• f 2n+1 > 0 allora x0 è un punto di crescenza, ovvero f è strettamente crescente


• f 2n+1 < 0 allora x0 è un punto di decrescenza, ovvero f è strettamente decrescente

Dimostrazione La dimostrazione è un’applicazione della formula di Taylor di punto iniziale


x0 con resto di Peano. Supponiamo per semplicità che f 2n+1 > 0 (il caso f 2n+1 < 0 è analogo):

f 2n+1 (x0 )
f (x) − f (x0 ) = (x − x0 )2n+1 (1 + o(1))
(2n + 1)!
allora il membro di destra è positivo se x > x0 , mentre è negativo se x < x0 , cioè ∃δ > 0 tale
che f è strettamente crescente in ∀x ∈]x0 − δ, x0 + δ[

11.3 Punti di massimo e minimo locale


Definizione Sia A ⊆ R, f : A → R. Diremo che x0 ∈ A è un punto di minimo locale (risp. di
massimo locale) (o relativo) se ∃δ > 0 tale che

f (x) ≥ f (x0 ) (risp.) f (x) ≥ f (x0 ) ) ∀x ∈ A∩]x0 − δ, x0 + δ[


Teorema (di Fermat) Sia f :]a, b[→ R. Se x0 ∈]a, b[ è un punto di massimo (o minimo) locale e
∃f 0 (x0 ) allora f 0 (x0 ) = 0
Dimostrazione Supponiamo che x0 sia un punto di minimo locale (la dimostrazione è analoga
nel caso x0 sia un punto di massimo locale)

limx→x+ f (x)−f (x0 )


)
x−x ≥ 0
0 0
=⇒ f 0 (x0 ) = 0
limx→x− f (x)−f
x−x0
(x0 )
0

Definizione Sia f : I → R derivabile in x0 ∈ I. Diciamo che x0 è un punto stazionario o


critico se f 0 (x) = 0.
Teorema Sia f :]a, b[→ R derivabile in ]a, b[. Se in x0 ∈]a, b[ f 0 (x0 ) = 0 e ∃δ > 0 tale che:

1. f 0 (x0 ) > 0 ∀x ∈]x0 , x0 + δ[

2. f 0 (x0 ) < 0 ∀x ∈]x0 − δ, x0 [

Allora x0 è un punto di minimo locale

23
3. f 0 (x0 ) < 0 ∀x ∈]x0 , x0 + δ[

4. f 0 (x0 ) > 0 ∀x ∈]x0 − δ, x0 [

Allora x0 è un punto di massimo locale


Teorema Sia f :]a, b[→ R, x0 ∈]a, b[ e supponiamo che f sia continua in tutto ]a, b[ e derivabile
in ]a, b[\{x0 }. Se ∃δ > 0

1. f 0 (x) > 0 ∀x ∈]x0 −δ, x0 [∩]a, b[ e f 0 (x) < 0 ∀x ∈]x0 , x0 +δ[∩]a, b[ allora x0 è un punto angoloso
di massimo locale

2. f 0 (x) < 0 ∀x ∈]x0 −δ, x0 [∩]a, b[ e f 0 (x) > 0 ∀x ∈]x0 , x0 +δ[∩]a, b[ allora x0 è un punto angoloso
di minimo locale

3. f+0 (x) = +∞ e f−0 (x) = −∞ allora x0 è una cuspide di minimo locale

4. f+0 (x) = −∞ e f−0 (x) = +∞ allora x0 è una cuspide di massimo locale

Teorema Sia f :]a, b[→ R derivabile 2n volte in x0 , con n ≥ 1. Se f 0 (x0 ) = f 00 (x0 ) = ... =
f 2n−1 (x0 ) = 0. Allora:

1. Se f 2n (x0 ) > 0 allora x0 è un punto di minimo locale

2. Se f 2n (x0 ) < 0 allora x0 è un punto di massimo locale

Dimostrazione La dimostrazione è un’applicazione della formula di Taylor di punto iniziale


x0 con resto di Peano:

f 2n (x0 )
(1) f (x) − f (x0 ) = (x − x0 )2n (1 + o(1)) > 0
(2n)!

f 2n (x0 )
(2) f (x) − f (x0 ) = (x − x0 )2n (1 + o(1)) < 0
(2n)!
Corollario Sia f :]a, b[→ R derivabile 2 volte in x0 . Supponiamo f 0 (x0 ) = 0 allora:

1. Se f 00 (x0 ) > 0 allora x0 è un punto di minimo locale

2. Se f 00 (x0 ) < 0 allora x0 è un punto di massimo locale

Teorema Sia f :]a, b[→ R derivabile 2 volte in x0 . ALlora:

1. Se x0 è un punto di minimo locale allora f 0 (x0 ) = 0 e f 00 (x0 ) > 0

2. Se x0 è un punto di massimo locale allora f 0 (x0 ) = 0 e f 00 (x0 ) < 0

24
11.4 Convessità e concavità
Definizione Sia I ⊂ R intervallo e f : I → R. Diciamo che f è convessa in I se:

∀x1 , x2 ∈ I e ∀λ ∈]0, 1[ f (λx1 + (1 − λ)x2 ) ≤ λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 )


Diremo che f è strettamente convessa se:

∀x1 , x2 ∈ I e ∀λ ∈]0, 1[ f (λx1 + (1 − λ)x2 ) < λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 )


Dimostrazione Una funzione è convessa se tutti i punti del grafico stanno sotto la retta che
congiunge due punti qualsiasi di esso. Presi due punti P1 (x1 , f (x1 )) e P2 (x2 , f (x2 )), la retta che li
congiunge è:

f (x2 ) − f (x1 )
y = f (x1 ) + (x − x1 )
x2 − x1
I punti del grafico compresi tra P1 e P2 sono i punti dell’intervallo ]x1 , x2 [ e sono del tipo
x = λx1 + (1 − λ)x2 . Andando a sostituire x nell’equazione precedente

f (x2 ) − f (x1 )
y = f (x1 ) + (λx1 + (1 − λ)x2 − x1 )
x2 − x1
e svolgendo i calcoli

y = f (x1 ) + [f (x2 ) − f (x1 )](1 − λ) = f (x2 ) − λf (x2 ) + λf (x1 ) = λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 )

Quindi i punti interni all’intervallo ]x1 , x2 [ hanno la forma

P (λx1 + (1 − λ)x2 , λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 ))


.
Definizione Sia I ⊂ R intervallo e f : I → R. Diciamo che f è concava in I se:

∀x1 , x2 ∈ I e ∀λ ∈]0, 1[ f (λx1 + (1 − λ)x2 ) ≥ λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 )


Diremo che f è strettamente concava se:

∀x1 , x2 ∈ I e ∀λ ∈]0, 1[ f (λx1 + (1 − λ)x2 ) > λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 )


Dimostrazione Analoga a quella precedente
Teorema Sia f : [a, b] → R concava (o convessa) in [a, b]. Allora f è continua in ]a, b[.
Teorema (convessità e rette tangenti) Sia I ⊆ R intervallo, f : I → R derivabile in I. Allora:

1. f è convessa in I ⇐⇒ ∀x, x0 ∈ I f (x) ≥ f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 )

2. f è concava in I ⇐⇒ ∀x, x0 ∈ I f (x) ≤ f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 )

3. Se ∀x, x0 ∈ I f (x) > f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) allora f è strettamente convessa in I

4. Se ∀x, x0 ∈ I f (x) < f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) allora f è strettamente concava in I

Teorema (convessità e monotonia) Sia f ∈ C 1 (I, R), I ⊆ R intervallo. Allora:

25
1. f è convessa in I ⇐⇒ f 0 è monotona crescente in I

2. f è concava in I ⇐⇒ f 0 è monotona decrescente in I

Teorema (convessità e segno della derivata seconda) Siano I ⊆ R intervallo e f ∈ C 2 (I, R).
Allora:

1. f è convessa in I ⇐⇒ f 00 ≥ 0 ∀x ∈ I

2. f è concava in I ⇐⇒ f 00 ≤ 0 ∀x ∈ I

Teorema Sia f : [a, b] → R continua e strettamente convessa (risp. strettamente convessa) in


[a, b]. Allora

∃!x0 ∈ [a, b] tale che f (x0 ) = min f (risp. f (x0 ) = max f )


[a,b] [a,b]

Dimostrazione Dimostriamo solo il caso della stretta convessità (l’altra dimostrazione è


analoga). Il minimo di f esiste per il teorema di Weierstrass. Supponiamo per assurdo che
x1 , x2 ∈ [a, b] siano entrambi punti di minimo, cioè ∀x ∈ [a, b] f (x) ≥ f (x1 ) = f (x2 ). Preso
λ ∈ [0, 1]

f (λx1 + (1 − λ)x2 ) < λf (x1 ) + (1 − λ)f (x2 )


per stretta convessità. Scelgo λ = 21 e svolgo
     
1 1 1 1
f x1 + 1 − x2 < f (x1 ) + 1 − f (x2 )
2 2 2 2
x x2  f (x1 ) f (x2 )
1
f − < +
2 2 2 2

f (x1 ) < f (x1 )


giungendo a un assurdo.

11.5 Punti di flesso


Definizione Sia f :]a, b[→ R, continua in ]a, b[ e derivabile in x0 ∈]a, b[. Allora diremo che x0 è un
punto di flesso se presa

F (x) = [f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 )] x ∈]a, b[


∃δ > 0 tale che F (x)sign(x − x0 ) ha segno costante in ]a, b[∩]x0 − δ, x0 + δ[
Teorema Sia f :]a, b[→ R continua in ]a, b[ e derivabile 2 volte in x0 ∈]a, b[. Se x0 è un punto di
flesso allora f 00 (x0 ) = 0.
Dimostrazione Supponiamo per assurdo che x0 sia un punto di flesso e f 00 (x0 ) 6= 0. Utiliz-
zando la formula di Taylor di punto iniziale x0 con resto di Peano:

f 00 (x0 )
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0)2 + o((x − x0 )2 ), (x → x0 )
2
f 00 (x0 )
F (x) = [f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 )] = (x − x0 )2 [1 + o(1)], (x → x0 )
2

26
Se f 00 (x0 ) 6= 0 allora x0 n on può essere un punto di flesso, in quanto F (x) cambierebbe di
segno.
Teorema Sia f :]a, b[→ R continua in ]a, b[ e derivabile 2n + 1 volte in x0 ∈]a, b[. Se f 00 (x0 ) =
... = f 2n (x0 ) = 0 e f 2n+1 (x0 ) 6= 0 allora x0 è un punto di flesso.
Dimostrazione La dimostrazione è un’applicazione della formula di Taylor di punto iniziale
x0 con resto di Peano:

f 2n+1 (x0 )
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) = (x − x0 )2n+1 [1 + o(1)], (x → x0 )
(2n + 1)!

f 2n+1 (x0 )
F (x)sign(x − x0 ) = (x − x0 )2n+1 sign(x − x0 )[1 + o(1)], (x → x0 )
(2n + 1)!

1. Supponiamo f 2n+1 (x0 ) > 0, allora il membro di destra è sempre positivo

2. Supponiamo f 2n+1 (x0 ) < 0, allora il membro di destra è sempre positivo

Quindi x0 è un punto di flesso.


Corollario Se f :]a, b[→ R derivabile 3 volte e f 00 (x0 ) = 0 e f 000 (x0 ) 6= 0 allora x0 è un punto di
flesso.
Teorema Sia f :]a, b[→ R derivabile in ]a, b[. Se x0 è un punto di minimo o massimo per f 0 (x0 )
allora è un punto di flesso per f .
Dimostrazione

F (x) = f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 )

F 0 (x) = f 0 (x) − f 0 (x0 )


Supponiamo x0 punto di minimo per f 0 . Allora F 0 (x) ≥ 0 ∀x ∈]a, b[∩]x0 − δ, x0 + δ[. Da qui
segue che F (x) è monotona crescente in ]a, b[∩]x0 − δ, x0 + δ[. Essendo F (x0 ) = 0, allora x0 è un
punto di flesso.
Teorema Sia f :]a, b[→ R derivabile 2 volte in ]a, b[. Se in x0 ∈]a, b[ f 00 (x0 ) = 0 ed ∃δ > 0 tale
che f è concava in ]x0 , x0 + δ[ e convessa in ]x0 − δ, x0 [, o viceversa, allora x0 è un punto di flesso.

12 Integrazione
12.1 Primitive
Definizione Sia f : I → R, I intervallo. Chiamiamo F : I → R primitiva di f se

dF
(x) = f (x) ∀x ∈ I
dx
Dimostrazione

d d
G(x) = F (x) = f (x)
dx dx
d
[G(x) − F (x)] = f (x) − f (x) = 0
dx
Teorema (funzioni a derivata nulla) Sia I intervallo, f : I → R derivabile in I. Allora

27
f 0 (x) = 0 ∀x ∈ I ⇐⇒ ∃c ∈ R tale che f (x) = c ∀x ∈ I
Dimostrazione
( =⇒ ) L’implicazione verso sinistra è banale. Siccome f (x) = c:

f (x) − f (x0 )
f 0 (x) = lim =0
x→x0 x − x0
( ⇐= ) Usiamo il teorema di Lagrange:

∃c ∈]x, x0 [ tale che f (x) − f (x0) = f 0 (c)(x − x0 ) ∀x, x0 ∈ I


Siccome f 0 (c) = 0, allora necessariamente f (x) − f (x0 ) = 0 e quindi x = x0 . Per l’arbitrarietà
di x, x0 possiamo concludere che f è costante su tutto I.
Teorema (caratterizzazione delle primitive di f su un intervallo) Sia I ⊆ R intervallo, f : I →
R. Allora:

1. se F : I → R è una primitiva di f allora F (x) + c, c ∈ R costante, è un’altra primitiva di f

2. se F, G : I → R sono primitive di f , allora ∃c ∈ R costante tale che G(x) = F (x) + c

12.2 Integrazione secondo Riemann


Definizione Sia f : [a, b] → R limitata in [a, b]. Definiamo scomposizione σ dell’intervallo [a, b] un
sottoinsieme finito e ordinato di punti in [a, b]

σ = {a = x0 < x1 < x2 < ... < xn = b}


Definizione Siano σ, τ scomposizioni di [a, b]. σ ∪ τ è l’insieme unione dei punti che stanno in
σ, τ . Tale scomposizione è più fine di σ e τ .
Definizione Fissata la scomposizione σ di [a, b]:

1. definiamo la somma inferiore di f rispetto a σ come

n
X
s(f, σ) = (x1 − x0 ) inf f + ... + (xn − xn−1 ) inf f= = (xi − xi−1 ) inf f
[x0 ,x1 ] [xn−1 ,xn ] [xi−1 ,xi ]
i=1

2. definiamo la somma superiore di f rispetto a σ come

n
X
S(f, σ) = (x1 − x0 ) sup f + ... + (xn − xn−1 ) sup f= = (xi − xi−1 ) sup f
[x0 ,x1 ] [xn−1 ,xn ] i=1 [xi−1 ,xi ]

Proposizione Sia f : [a, b] → R limitata. Sinao σ, τ scomposizioni di [a, b].

(b − a) inf f ≤ s(f, σ) ≤ s(f, σ ∪ τ ) ≤ S(f, σ ∪ τ ) ≤ S(f, σ) ≤ (b − a) sup f


[a,b] [a,b]

Dimostrazione Siano σ e τ = σ ∪ y:

28
s(f, σ) = (x1 − x0 ) inf f + ... + (xk − xk−1 ) inf f + ... + (xn − xn−1 ) inf f
[x0 ,x1 ] [xk−1 ,xk ] [xn−1 ,xn ]

s(f, τ ) = (x1 − x0 ) inf f + ... + (y − xk−1 ) inf f + (xk − y) inf f + ... + (xn − xn−1 ) inf f
[x0 ,x1 ] [xk−1 ,y] [y,xk ] [xn−1 ,xn ]

Sottraendo:

s(f, τ ) − s(f, σ) = (y − xk−1 ) inf f + (xk − y) inf f − (xk − xk−1 ) inf f=


[xk−1 ,y] [y,xk ] [xk−1 ,xk ]

= (y − xk−1 ) inf f + (xk − y) inf f − (xk − y + y − xk−1 ) inf f=


[xk−1 ,y] [y,xk ] [xk−1 ,xk ]
   
= (y − xk−1 ) inf f− inf f + (xk − y) inf f − inf f ≥0
[xk−1 ,y] [xk−1 ,xk ] [y,xk ] [xk−1 ,xk ]

Quindi

s(f, σ) ≤ s(f, τ )
Con un ragionamento analogo si dimostra

S(f, σ) ≥ S(f, τ )
Definizione Si definisce integrale inferiore di f in [a, b]
Z b
f (x)dx = sup s(f, σ)
a σ

Si definisce integrale superiore di f in [a, b]


Z b
f (x)dx = inf S(f, σ)
a σ

Corollario Sia f : [a, b] → R limitata. Allora


Z b
f (x)dx < +∞ perché ha come maggiorante (b − a) sup f
a [a,b]
Z b
f (x)dx > −∞ perché ha come minorante (b − a) inf f
a [a,b]

Z b Z b
f (x)dx ≤ f (x)dx
a a

Definizione (funzione integrabile secondo Riemann) Sia f : [a, b] → R limitata. Diremo che f
è integrabile secondo Riemann se
Z b Z b
f (x)dx = f (x)dx
a a

29
e in tal caso chiamiamo integrale di f in [a, b]
Z b Z b Z b
f (x)dx = f (x)dx = f (x)dx
a a a

Funzione di Dirichlet La funzione di Dirichlet è così definita



1, x ∈ [0, 1] ∩ Q
f : [0, 1] → R, f (x) =
0, x ∈ [0, 1] \ Q
Presa una qualunque partizione σ = {0 = x0 < x1 < x2 < ... < xn = 1} scomposizione, allora
n
X
s(f, σ) = (xi − xi−1 ) inf f =0
[xi−1 ,xi ]
i=1
e
n
X
S(f, σ) = (xi − xi−1 ) sup f = (x1 − 0)(x2 − x1 )(x3 − x2 )...(1 − xn−1 ) = 1
i=1 [xi−1 ,xi ]

Quindi
Z b Z b
f (x)dx < f (x)dx
a a

Quindi la funzione di Dirichlet è limitata ma non integrabile secondo Riemann.


Teorema (classificazione delle funzioni integrabili secondo Riemann)

1. Se f : [a, b] → R è continua in [a, b] allora f è integrabile secondo Riemann

2. Se f : [a, b] → R è continua e limitata in [a, b] \ {c} (c ∈]a, b[) allora f è integrabile secondo
Riemann e

Z b Z c Z b
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx
a a c

3. Sia f : [a, b] → R limitata in [a, b] e continua in [a, b] eccetto in un numero finito di punti.
Allora f è integrabile secondo Riemann
4. Sia f : [a, b] → R monotona. Allora f è integrabile secondo Riemann

Osservazione Una funzione monotona può avere un numero infinito numerabile di disconti-
nuità di I specie nell’intervallo [a, b].
Proprietà

1. (linearità) Siano f, g : [a, b] → R limitate e integrabili secondo Riemann. Allora λf (x)+µg(x)


è integrabile secondo Riemann e

Z b Z b Z b
[λf (x) + µg(x)]dx = λ f (x)dx + µ g(x)dx
a a a

30
2. (monotonia) Siano f, g : [a, b] → R limitate e integrabili secondo Riemann e f (x) ≤ g(x) ∀x ∈
[a, b]. Allora

Z b Z b
f (x)dx ≤ g(x)dx
a a

3. (additività) Siano f : [a, b] → R limitata e integrabile secondo Riemann e c ∈ [a, b]. Allora

Z b Z c Z b
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx
a a c
Definizione Sia f : [a, b] → R limitata e integrabile secondo Riemann. Chiamiamo funzione
integrale di f
Z x
F : [a, b] → R, F (x) = f (t)dt x ∈ [a, b]
a
I Teorema Fondamentale del Calcolo
Rx Integrale Sia f : [a, b] → R continua e sia F : [a, b] → R
la funzione integrale di f , F (x) = a f (t)dt x ∈ [a, b]. Allora F ∈ C (1) ([a, b], R) e dF
dx (x) = f (x) ∀x ∈
[a, b].
Dimostrazione

F (x + h) − F (x)
f (x) = lim
h→0 h
x+h
R x+h
F (x + h) − F (x) f (t)dt
Z
x
F (x + h) − F (x) = f (t)dt =⇒ =
x h h
Possiamo applicare il teorema della media integrale all’intervallo [x, x + h]. Sappiamo che
∃ch ∈ [x, x + h]
R x+h
x f (t)dt f (ch )(x + h − x)
= = f (ch )
h h
e quindi

F (x + h) − F (x)
= f (ch )
h
Perciò

lim f (ch ) = f (x)


h→0

perché lim ch = x e perché f è continua.


h→0
II Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale Sia f : [a, b] → R continua e sia G ∈
(1)
C ([a, b], R) una primitiva di f . Allora
Z b
f (t)dt = G(b) − G(a)
a
Rx
Dimostrazione Sia F (x) = a f (t)dt un’altra primitiva di f (x) in [a, b]. Pertanto ∃c ∈ R tale
che F (x) = G(x) + c. Calcoliamo c.

31
Z a
F (a) = f (t)dt = 0 = G(a) + c
a
Quindi c = −G(a) e

F (x) = G(x) − G(a)

Z b
F (b) = f (t)dt = G(b) − G(a)
a
Teorema (della media integrale) Sia f : [a, b] → R integrabile secondo Riemann. Allora:
Z b
1. inf f · (b − a) ≤ f (x)dx ≤ sup f · (b − a)
[a,b] a [a,b]

2. Sia f ∈ C([a, b], R). Allora ∃c ∈ [a, b] tale che:

Z b
f (x)dx = f (c)(b − a)
a
Dimostrazione

(1) f è integrabile secondo Riemann, e quindi è limitata

∀x ∈ [a, b] inf f ≤ f ≤ sup f


[a,b] [a,b]

Usando la monotonia dell’integrale

Z b Z b Z b Z b
inf f dx ≤ f (x)dx ≤ sup f dx =⇒ inf f (b − a) ≤ f (x)dx ≤ sup f (b − a)
[a,b] a a [a,b] a [a,b] a [a,b]

(2) f è continua in [a, b]. Quindi per il teorema di Weierstrass f possiede min e max. Per il
[a,b] [a,b]
teorema precedente

Rb
af (x)dx
min f ≤ ≤ max f
[a,b] (b − a) [a,b]

Per il teorema di Bolzano

f ([a, b]) = [min f, max f ]


[a,b] [a,b]

e quindi
Rb
a f (x)dx
∃c ∈ [a, b] tale che f (c) =
(b − a)
Teorema (integrazione per parti) Siano f, g ∈ C (1) ([a, b], R). Allora

32
Z b b Z b
0
f (t)g (t)dt = f (t)g(t) − f 0 (t)g(t)dt

a a a
Dimostrazione

d
[f (t)g(t)] = f 0 (t)g(t) + f (t)g 0 (t)
dt
Z b Z b Z b
d 0
f (t)g(t)dt = f (t)g(t)dt + f (t)g 0 (t)dt
a dt a a
b Z b Z b
0
f (t)g(t) = f (t)g(t)dt + f (t)g 0 (t)dt

a a a
Z b b Z b
f (t)g 0 (t)dt = f (t)g(t) − f 0 (t)g(t)dt

a a a

Teorema (integrazione per sostituzione) Sia f : [a, b] → R continua e ϕ ∈ C (1) ([α, β], [a, b]).
Z ϕ(β) Z β

f (t)dt = f (ϕ(s)) (s)ds
ϕ(α) α ds
dF
Dimostrazione Sia F ∈ C (1) ([a, b], R) tale che dt (t) = f (t) ∀t ∈ [a, b]
Z ϕ(β)
f (t)dt = F (ϕ(β)) − F (ϕ(α))
ϕ(α)

F ◦ ϕ ∈ C (1) ([α, β], R) F (ϕ(s)) = (F ◦ ϕ)(s)

d dF dϕ dϕ
(F ◦ ϕ)(s) = (ϕ(s)) (s) = f (ϕ(s)) (s)
ds dt ds ds
Quindi (F ◦ ϕ)(s) è la primitiva di f (ϕ(s)) dϕ
ds (s)
Z β

f (ϕ(s)) (s) = (F ◦ ϕ)(β) − (F ◦ ϕ)(α) = F (ϕ(β)) − F (ϕ(α))
α ds
1−1
Osservazione Se inoltre ϕ : [α, β] −−→ [a, b] ∈ C (1) (con ϕ0 (β) 6= 0 ∀s ∈ [α, β]).
su
1−1
ϕ−1 : [a, b] −−→ [α, β]
su

Z b Z ϕ−1 (b)

f (t)dt = f (ϕ(s)) (s)ds
a ϕ−1 (a) ds

33
12.3 Integrali di funzioni razionali
Gli integrali di funzioni razionali sono gli integrali del tipo:
Z b
P (x)
dx
a Q(x)
Pn Pm
Dove P (x) = i=1 ai xi e Q(x) = j=1 aj x
j, con a1 , ..., an , b1 , ..., bm ∈ R e an , bm 6= 0.
Vi sono due casi:

1. n ≥ m: si effettua la divisione tra P (x) e Q(x)


P (x)
2. n < m: si effettua la scomposizione di Q(x)

Analizzeremo ora i casi distintamente

12.3.1 n≥m
Sappiamo che esistono e sono unici i polinomi S(x) e R(x) tali che:

P (x) = Q(x)S(x) + R(x)


dove il grado di S(x) è n − m e il grado di R(x) è < m. Possiamo quindi riscrivere

P (x) R(x)
= S(x) +
Q(x) Q(x)

12.3.2 n<m
P (x)
È necessario studiare la scomposizione di Q(x) . Sappiamo per il teorema fondamentale
dell’algebra che il polinomio Q(x) ammette al più m radici reali ed esattamente m radici com-
plesse, contate con la loro molteplicità.
Supponiamo che λ1 , ..., λs , α1 ± iβ1 , ..., αr ± iβr siano le radici di Q(x), e siano
n1 , ..., ns , m1 , ..., mr le loro molteplicità, che devono soddisfare la seguente condizione:

n1 + ... + ns + 2m1 + ... + 2mr = m


P (x)
Allora è possibile scomporre Q(x) nel seguente modo

P1 (x) Ps (x) R1 Rr (x)


+ ... + + 2 + ... +
(x − λ1 )n1 (x − λs )ns 2
[(x − α1 ) + β1 ] [(x − αr )2 + βr2 ]
dove, come conseguenza del teorema fondamentale dell’algebra, i polinomi P1 (x), ..., Ps (x)
sono costanti, mentre R1 (x), ..., Rr (x) sono di primo grado.

12.4 Integrali generalizzati


Abbiamo definito l’integrale secondo Riemann usando sempre somme inferiori o superiori, cioè
approssimando, nel caso di funzioni non regolari, l’area del sottografico con l’area dell’unione
finita di rettangoli.
Questo comporta delle limitazioni sulla classe di funzioni su cui questa costruzione ha senso:

• Dom(f ) limitato

34
• f limitata su tutto il dominio, estremi compresi

Come possiamo estendere l’integrale nel caso in cui f sia definita su insiemi o non limitati o
non chiusi o in cui f non sia limitata? Questa estensione non può avvenire direttamente usando
somme inferiori/superiori perché vi sarebbero rettangoli di area infinita.
Estendiamo l’integrale a questa classe di funzioni richiedendo che la restrizione di f a
qualunque intervallo limitato e chiuso del dominio sia integrabile secondo Riemann e vediamo
il valore dell’integrale come limite della funzione integrale.
Definizione (Integrale generalizzato) Sia f :]a, b[→ R tale che ∀α, β ∈]a, b[, α < β, f : [α, β] →
R è Riemann integrabile (cioè f è Riemann integrabile su tutti gli intervalli limitati e chiusi con-
tenuti in ]a, b[). Sia c ∈]a, b[. Se i limiti:
Z x Z c
I1 = lim f (t)dt e I2 = lim f (t)dt
x→b− c x→a+ x
esistono finiti, diremo che f è integrabile in senso generalizzato in ]a, b[ e il valore
dell’integrale è
Z b
f (t)dt = I1 + I2
a
Rb
Osservazione Il valore di a f (t)dt non dipende da c.
Rb
Osservazione Se I1 ∈ R e I2 = +∞ o viceversa o I1 = I2 = +∞ diciamo che a f (t)dt = +∞.
Analogamente per −∞.
Osservazione Non è possibile estendere l’integrale a tutto ]a, b[ se I1 = +∞ e I2 = −∞ (o
viceversa) o se uno dei due non esiste.
Osservazione Se f :]a, b[→ R è non negativa in ]a, b[ (cioè f (x) ≥ 0 ∀x ∈]a, b[) vi sono solo le
seguenti possibilità:
Z b Z b
f (t)dt ∈ R o f (t)dt = +∞
a a
Teorema Siano f, g :]a, b[→ R limitata e localmente Riemann integrabile (su tutti gli intervalli
limitati e chiusi in ]a, b[). Se 0 ≤ f (x) ≤ g(x) ∀x ∈]a, b[, allora:
Rb Rb
• se a f (x)dx = +∞ =⇒ a g(x)dx = +∞
Rb Rb Rb
• se a f (x)dx ∈ R =⇒ a f (x)dx ≤ a g(x)dx

Teorema (convergenza assoluta =⇒ convergenza semplice) Sia f :]a, b[∈ R localmente Rie-
Rb
mann integrabile e a |f (x)| dx < +∞. Allora f è integrabile in senso generalizzato in ]a, b[ e
Z b Z b


f (x)dx ≤ |f (x)| dx
a a
Osservazione
Z b Z b
f (x)dx ∈ R 6 =⇒ |f (x)| dx ∈ R
a a
Osservazione
Se f è integrabile secondo Riemann in [a, b] allora è integrabile in senso generalizzato in [a, b]
e i valori dei due integrali coincidono.

35
13 Numeri complessi
L’insieme dei numeri complessi C è l’insieme composto da coppie ordinate di numeri reali (a, b).
Operazioni

1. Somma: (a, b) + (c, d) = (a + c, b + d)


2. Moltiplicazione: (a, b) · (c, d) = (ac − bd, ad + bc)

Proposizione (C, +, ·) è un campo. Sia z = (a, b)

1. Elemento neutro della somma: (0, 0),


2. Elemento neutro della moltiplicazione: (1, 0)
3. Opposto di un numero complesso: −z = (−a, −b)
4. Reciproco di un numero complesso: z1 = ( a2 +b
a b
2 , − a2 +b2 )

Osservazione R = {(a, 0) : a ∈ R}

13.1 Rappresentazione algebrica


Definizione Il numero complesso (0, 1) si chiama unità immaginaria ed è denotata con i. Si ha
che

1. (0, 1)2 = (−1, 0)


2. (a, b) = (a, 0) + (0, 1)(b, 0) = a + ib

Definizione Se z = (a, b) ∈ C, la scrittura

z = a + ib, a, b ∈ R
è detta rappresentazione algebrica dei numeri complessi. Definiamo inoltre la parte reale di
z la quantità

Re(z) = a
e coefficiente della parte immaginaria di z la quantità

Im(z) = b
Definizione Sia z = a + ib. Il numero complesso

z = a − ib
è detto complesso coniugato di z.
Proprietà Sia z = a + ib.

1. (z) = z
2. (z + w) = z + w
3. (zw) = z · w
4. z+z
2 = Re(z) = a e
z−z
2i = Im(z) = b

36
13.2 Rappresentazione in forma trigonometrica
Definizione Sia z = (a, b). La quantità
p
|z| = a2 + b2
è detta modulo di z e rappresenta la distanza di z dall’origine O = (0, 0).
Proprietà

1. |z| ≥ 0 e |z| = 0 ⇐⇒ z = (0, 0)


2. |zw| = |z| · |w|
3. |z| = |z|
4. |z|2 = z · z = a2 + b2
5. |z + w| ≤ |z| + |w| (disuguaglianza triangolare)
6. max{|Re(z)|, |Im(z)|} ≤ |z| ≤ |Re(z)| + |Im(z)|
1
7. = z
z1 |z|21
8. z = |z|

Definizione Sia z ∈ C. L’angolo orientato misurato dal semiasse positivo delle ascisse al
semiasse OZ è detto argomento di z.
Osservazione Ogni numero complesso z ∈ C \ {0, 0} ha un unico modulo e infiniti argomenti.
Proposizione θ e θ̂ sono argomenti di z ∈ C se e solo se ∃n ∈ Z tale che

θ − θ̂ = 2πn
Definizione Chiamiamo argomento principale di z ∈ C∗ l’unico argomento appartenente
all’intervallo ] − π, π].
Definizione Chiamiamo rappresentazione trigonometrica di z ∈ C∗ la coppia [r, θ] formata
dal modulo r = |z| ≥ 0 e da un argomento θ di z. Questa rappresentazione si ottiene dal seguente
sistema
 √

 r = a2 + b2




cos θ = √a2a+b2




 sin θ = √ b

a2 +b2

13.2.1 Determinazione dell’argomento principale


Sia z ∈ C \ {0, 0} e θ̂ l’argomento principale di z.
Coseno
La funzione cos ristretta all’intervallo [0, π] è biiettiva e invertibile.

1. se z appartiene al I o II quadrante

 
a
θ̂ = arccos √
a + b2
2

2. se z appartiene al III o IV quadrante

37
 
a
θ̂ = − arccos √
a + b2
2

Seno
La funzione sin ristretta all’intervallo [− π2 , π2 ] è biiettiva e invertibile.

1. se z appartiene al I o IV quadrante

 
b
θ̂ = arcsin √
a2 + b2

2. se z appartiene al II quadrante

 
b
θ̂ = π − arcsin √
a + b2
2

3. se z appartiene al III quadrante

 
b
θ̂ = −π − arcsin √
a + b2
2

Tangente
La funzione tan ristretta all’intervallo ] − π2 , π2 [ è biiettiva e invertibile.

1. se z appartiene al I o IV quadrante

b
θ̂ = arctan
a
2. se z appartiene al II quadrante

b
θ̂ = π + arctan
a
3. se z appartiene al III quadrante

b
θ̂ = −π + arctan
a

38
13.3 La formula di De Moivre
Proposizione Siano z = [r, θ] e w = [ρ, φ] numeri complessi in forma trigonometrica. Si possono
scrivere in maniera equivalente come

z = |z|[cos(θ) + i sin(θ)]

w = |w|[cos(φ) + i sin(φ)]
e valgono le seguenti affermazioni

1. z · w = |z||w|[cos(θ + φ) + i sin(θ + φ)]


2. z = |z|[cos(θ) − i sin(θ)]
3. z1 = |z|−1 [cos(θ) − i sin(θ)]
4. wz = |z||w|−1 [cos(θ − ρ) − i sin(θ − ρ)]

Teorema (regola di De Moivre) Siano z = |z|(cos(θ) + i sin(θ)), w = |w|(cos(ϕ) + i sin(ϕ)).


Allora

1. z · w = |z||w|[cos(θ + ϕ) + i sin(θ + ϕ)]


2. z1 = |z|
1
(cos(θ) − i sin(θ))
3. z = |z|n [cos(nθ) + i sin(nθ)]
n
|z|
4. wz = |w| [cos(θ − ϕ) + i sin(θ − ϕ)]

13.4 Notazione esponenziale


Definizione La notazione esponenziale discende da quella trigonometrica. Infatti si ha, con z =
a + ib

z = |z|[cos(b) + i sin(b)] = |z|exp(ib)


Proprietà

1. exp(iθ) · exp(iφ) = exp[i(θ + φ)]


1 1 cos(θ)−i sin(θ)
2. exp(iθ) = cos(θ)+i sin(θ) · cos(θ)−i sin(θ) = cos(θ) − i sin(θ) = cos(−θ) + i sin(−θ) = exp(−iθ)
3. exp(inθ) = cos(nθ) + i sin(nθ) = [cos(θ) + i sin(θ)]n = (exp(iθ))n ∀n ∈ Z

13.5 Radici n-esime


Teorema (radici n-esime di un numero complesso) Sia w = αexp(iβ), α > 1, β ∈ R. Allora le
soluzioni dell’equazione z n = w sono


    
n
β + 2π(k − 1) β + 2π(k − 1)
α cos + i sin , k = 1, ..., n
n n
Dimostrazione Sia w = αexp(iβ), z = |z|exp(iθ) e z n = w l’equazione.

z n = w ⇐⇒ |z|n exp(inθ) = αexp(iβ) ⇐⇒

⇐⇒ |z|n [cos(nθ) + i sin(nθ)] = α[cos(β) + i sin(β)] ⇐⇒

39
|z|n = α

 1
|z| = α n

⇐⇒ cos(nθ) = cos(β) ⇐⇒
nθ = β + 2kπ , k ∈ Z
sin(nθ) = sin(β)

Quindi si ha
 √
n |z| = n α
z = w ⇐⇒
θ = β+2kπ
n , k∈Z
Si può osservare che vi sono n soluzioni complesse distinte per k = 0, ..., n − 1.
Osservazione Queste radici sono i vertici di un poligono regolare di n lati inscritto nella cir-

conferenza di raggio n α.

14 Equazioni differenziali ordinarie


Definizione Siano t, x0 , ..., xn variabili reali.

xn = F (t, x0 , x1 , ..., xn−1 )

xn = a0 (t)x0 + a1 (t)x1 + ... + an−1 (t)xn−1 + b(t) con a0 , ..., b : I → R continue, I intervallo

dy dn y
x0 → y(t), x1 → (t), ..., xn → n (t)
dt dt

dn y dn−1 y
= F (t, y(t), ..., ) con t ∈ I
dtn dtn−1
Chiamo soluzione classica dell’equazione differenziale una funzione ϕ ∈ C (n) (I0 , R) dove
I0 ⊆ I è un intervallo tale che

dn ϕ dn−1 ϕ
= F (t, ϕ(t), ..., ) ∀t ∈ I0
dtn dtn−1
Definizione (Problema di Cauchy o alle condizioni iniziali)
 n
d y dn−1 y


 dt n = F (t, y(t), ..., dtn−1 ) con t ∈ I
y(t0 ) = y0


(P ) : ..


 . y0 , ..., yn−1 ∈ R
 dn−1 y
 =y
dtn−1 n−1

Chiamo soluzione classica di (P ) una funzione ϕ ∈ C (n) (I0 , R) con I0 ⊆ I tale che

dn ϕ dn−1 ϕ
= F (t, ϕ(t), ..., ) ∀t ∈ I0
dtn dtn−1

dϕ dn−1 ϕ
(t0 ) = y1 , ...,
ϕ(t0 ) = y0 , (t0 ) = yn−1
dt dtn−1
Teorema (Problema di Cauchy o alle condizioni iniziali) Dato

40
 n
d y dn−1 y


 dtn = F (t, y(t), ..., dtn−1 ) con t ∈ I
y(t0 ) = y0


(P ) : ..


 . y0 , ..., yn−1 ∈ R
 dn−1 y

dtn−1
(t ) = y
0 n−1

Allora esiste un’unica soluzione classica di (P ) ϕ ∈ C (n) (I, R) tale che

dn ϕ dϕ dn−1 ϕ
= a0 (t)ϕ(t) + a1 (t) (t) + ... + a n−1 (t) (t) + b(t) ∀t ∈ I
dtn dt dtn−1

dϕ dn−1 ϕ
ϕ(t0 ) = y0 , (t0 ) = y1 , ..., (t0 ) = yn−1
dt dtn−1

14.1 Equazioni differenziali del I ordine lineari


Teorema (forma esplicita della soluzione) Siano I ⊆ R un intervallo, a, b : I → R continue, t0 ∈ I,
y0 ∈ R.
 dy
= a(t)y + b(t)
(P ) : dt
y(t0 ) = y0
Esiste un’unica soluzione ϕ ∈ C (1) (I, R) e detta
Z t
A(t) = a(s)ds (primitiva di a(t) tale che A(t0 ) = 0)
t0
 Z t 
ϕ(t) = exp(A(t)) y0 + b(s)exp(−A(s))ds ∀t ∈ I
t0

ϕ(t0 ) = y0 exp(A(t0 )) = y0
Dimostrazione Supponiamo che ϕ(t) ∈ C (1) sia soluzione di (P ). Introduciamo la funzione

w(t) = exp(−A(t))ϕ(t) ∈ C (1)


R t0
w(t) e ϕ(t) sono definite entrambe nello stesso dominio e w(t0 ) = y0 in quanto t0 A(s)ds = 0.
Calcoliamo w0 (t)

dw dϕ
(t) = exp(−A(t)) +a(t)exp(−A(t))ϕ = [a(t)ϕ(t)+b(t)]exp(−A(t))+a(t)ϕexp(−A(t)) = b(t)exp(−A(t))
dt dt
Abbiamo quindi ottenuto il problema di Cauchy
 dw
(t) = b(t)exp(−A(t))
(P ) : dt
w(t0 ) = y0
Sappiamo per il teorema fondamentale del calcolo integrale che esiste un’unica funzione che
soddisfa la prima equazione, ed è
Z t
w(t) = y0 + b(s)exp(−A(s))ds
t0

41
Quindi
Z t
ϕ(t) = exp(A(t))(y0 + b(s)exp(−A(s))ds)
t0

Svolgendo i calcoli si vede che ϕ(t) verifica l’eqauzione, qualunque sia y0 . Era quindi lecita la
supposizione iniziale.
Osservazione Nel caso non lineare non esistono in generale metodi per determinare la
soluzione

14.2 Equazioni differenziali a variabili separabili del primo ordine


Teorema (soluzioni in forma implicita) Siano I, J ⊆ R intervalli, f ∈ C(I, R), g ∈ C(J, R) tale che
g(y) 6= 0 ∀y ∈ J, t0 ∈ I, y0 ∈ J e
(
dy f (t)
= g(y)
(P ) : dt
y(t0 ) = y0
il problema di Cauchy.
Allora ∃δ,  > 0 e ϕ ∈ C (1) (]t0 − δ, t0 + δ[⊆ I, ]y0 − , y0 + [⊆ J), unica soluzione di (P ), cioè
(
dϕ f (t)
= g(ϕ(t))
(P ) : dt
ϕ(t0 ) = y0
La soluzione ϕ è data in forma implicita da G(ϕ(t)) − F (t) = 0 con
Z y Z t
G(y) = g(s)ds e F (t) = f (τ )τ
y0 t0

14.3 Equazioni differenziali di ordine n


Definizione Siano a1 , ..., an , b ∈ C(I, R), I, R intervallo. Definiamo equazione differenziale lin-
eare omogenea di ordine n un’equazione differenziale del tipo

dn y dn−1 y
+ a 1 (t) + ... + an (t)y = 0 (EDLO)
dtn dtn−1
Definiamo eqauzione differenziale lineare non omogenea un’equazione differenziale del tipo

dn y dn−1 y
+ a1 (t) + ... + an (t)y = b(t) (EDLNO)
dtn dtn−1
Teorema (esistenza e unicità locale della soluzione) Sia F : I × A → R ∈ C (1) (A ⊂ Rn aperto).
Allora ∀b0 ∈ I, ∀(y1 , ..., yn ) ∈ A ∃ > 0 tale che il problema di Cauchy
 dn y 0 (n−1) )
(P ) : dtn = F (t, y, y , ..., y
y(t0 ) = y1 , ..., y (n−1) (t0 ) = yn−1
ha un unica soluzione ϕ ∈ C (n) (]t0 − , t0 + [, R)
Teorema (esistenza e unicità globale della soluzione di un problema di Cauchy)
Siano a1 , ..., an , b ∈ C(I, R), I ⊆ R intervallo, e

42
 n
d y dn−1 y


 dtn + a1 (t) dtn−1 + ... + an (t)y = b(t) con t ∈ I
y(t0 ) = y1


(P ) : ..


 . y1 , ..., yn−1 ∈ R
 dn−1 y

dtn−1 0
(t ) = yn−1
Allora (P ) ha un unica soluzione ϕ ∈ C (n) (I, R) tale che ϕ(t0 ) = y1 , ..., ϕ(n−1) (t0 ) = yn−1
Proposizione (principio di sovrapposizione) Siano a1 , ..., an ∈ C(I, R), I ⊆ R intervallo. Sup-
poniamo che ϕ1 , ϕ2 ∈ C (n) (I, R) siano soluzioni di una (EDLO). Allora

ϕ1 + ϕ2 e cϕ1 ∀c ∈ R
sono soluzioni di (EDLO).
Dimostrazione Poniamo ϕ(t) = ϕ1 (t) + ϕ2 (t)

dn ϕ dn−1 ϕ
+ a1 (t) (t) + ... + an (t)ϕ(t) = 0 ⇐⇒
dtn dtn−1

dn ϕ1 dn ϕ2 dn−1 ϕ1 dn−1 ϕ2
⇐⇒ + + a 1 (t) (t) + a1 (t) (t) + ... + an (t)ϕ1 (t) + an (t)ϕ2 (t) = 0 ⇐⇒
dtn dtn dtn−1 dtn−1

dn ϕ1 dn−1 ϕ1 dn ϕ2 dn−1 ϕ2
⇐⇒ n
+ a1 (t) n−1 (t) + ... + an (t)ϕ1 (t) + n
+ a1 (t) n−1 (t) + ... + an (t)ϕ2 (t) = 0
dt dt dt dt
Poniamo ϕ(t) = cϕ1 (t)

dn ϕ dn−1 ϕ
+ a1 (t) (t) + ... + an (t)ϕ(t) = 0 ⇐⇒
dtn dtn−1
dn ϕ1 dn−1 ϕ1
⇐⇒ c + ca1 (t) (t) + ... + can (t)ϕ1 (t) = 0 ⇐⇒
dtn dtn−1
 n
dn−1 ϕ

d ϕ
⇐⇒ c + a1 (t) n−1 (t) + ... + an (t)ϕ(t) = 0
dtn dt
Teorema (integrale generale di (EDLO)) Siano a1 , ..., 1n ∈ C(I, R), I ⊆ R intervallo e consideri-
amo una (EDLO). L’insieme delle soluzioni di (EDLO) forma uno spazio vettoriale di dimensione
n.
Dimostrazione Facciamo vedere che lo spazio vettoriale formato dalle soluzioni di (EDLO) ha
dimensione ≥ n.. Fissiamo t0 ∈ I e consideriamo i problemi di Cauchy

 dn y  dn y  dn y

 dtn + ... + an (t)y = 0 
 dtn + ... + an (t)y = 0 
 dtn + ... + an (t)y = 0
y(t0 ) = 1 y(t0 ) = 0 y(t0 ) = 0

 
 


 
 

y 0 (t ) = 0 y 0 (t ) = 1 y 0 (t ) = 0
(P1 ) : 0 (P2 ) : 0 ... (Pn ) : 0
 ..  ..  ..
. . .

 
 


 
 

y (n−1) (t0 ) = 0 y (n−1) (t0 ) = 0 y (n−1) (t0 ) = 1
  

Siano ϕ1 , ..., ϕn soluzioni di (P1 ), ..., (Pn ), dimostriamo che sono linearmente indipendenti.
Prendiamo

43
ϕ(t) = c1 ϕ1 (t) + ... + cn ϕn (t) ≡ 0
ϕ0 (t) = c1 ϕ01 (t) + ... + cn ϕ0n (t) ≡ 0
..
.
(n−1)
ϕ(n−1) (t) = c1 ϕ1 (t) + ... + cn ϕ(n−1)
n (t) ≡ 0
Ciò significa

ϕ(t0 ) = c1 = 0
ϕ0 (t0 ) = c2 = 0
..
.
ϕ(n−1) (t0 ) = cn = 0
Quindi le soluzioni sono linearmente indipendenti.
Sia w(t) ∈ C (n) (I, R) una soluzione di (EDLO) e verifichiamo che si può esprimere come com-
binazione lineare di ϕ1 , ..., ϕn . Prendiamo quindi il generico problema di Cauchy
 dn y dn−1 y

 dt n + a1 (t) dtn−1 + ... + an (t)y = 0

y(t0 ) = w(t0 )




(Pw ) : y 0 (t0 ) = w0 (t0 )
 ..
.




y (n−1) (t0 ) = w(n−1) (t0 )

e consideriamo la funzione

ψ(t) = c1 ϕ1 (t) + ... + cn ϕn (t)


e verifichiamo che per opportuni c1 , ..., cn appropriati ψ(t) = w(t). Sappiamo che ψ(t) risolve
l’equazione per il principio di sovrapposizione, quindi

ψ(t0 ) = c1 = w(t0 )
ψ 0 (t0 ) = c2 = w0 (t0 )
..
.
ψ (n−1) = cn = w(n−1) (t0 )
Quindi ψ(t) = w(t0 )ϕ1 (t) + ... + w(n−1) (t0 )ϕn (t) è soluzione di (EDLO) e per unicità della
soluzione

w(t) = w(t0 )ϕ1 (t) + ... + w(n−1) (t0 )ϕn (t)


Definizione Sia ϕ(t) ∈ C (n) (I, R) una soluzione di (EDLO) e prendiamo

 w1 (t) = ϕ(t)
w2 (t) = ϕ0 (t)



..


 .
 (n−1)
w (t) = ϕ(n−1) (t)

44
dove

w0 (t) = w2 (t), w00 (t) = w3 (t), ..., w(n) (t) = −an (t)w1 (t) + ... + −a1 (t)wn (t)
Otteniamo così il sistema associato a (EDLO)
 dw1    
dt 0 1 0 ... 0 w1 (t)
 dw2   0 0 1 ... 0   w2 (t) 
 dt  
 ..  =  ..
 
.. .. .. ..   .. 
 .   . . . . .  . 
dwn −an (t) −an−1 (t) −an−2 (t) . . . −a1 (t) wn (t)
dt
Definiamo così il vettore soluzione di (EDLO)
   
w1 (t) ϕ(t)
 w2 (t)   ϕ0 (t) 
 ...  =  ... 
   

wn (t) ϕ(n−1) (t)


Definizione (wronskiano delle soluzioni) Siano ϕ1 , ..., ϕn ∈ C (n) (I, R) soluzioni di (EDLO).
Definiamo wronskiano
 
ϕ1 (t) ϕ2 (t) ... ϕn (t)
 ϕ01 (t) ϕ02 (t) ... ϕ0n (t) 
W (t) = det  .. .. ..
 
..
.

 . . . 
(n−1) (n−1) (n−1)
ϕ1 (t) ϕ2 (t) . . . ϕn (t)
Teorema (del wronskiano) Siano (EDLO) con a1 , ..., an ∈ C(I, R) e ϕ1 , ..., ϕn ∈ C (n) (I, R)
soluzioni di (EDLO). Allora sono equivalenti le seguenti informazioni:

1. ϕ1 (t), ..., ϕn (t) sono soluzioni linearmente indipendenti di (EDLO)


2. W (t) 6= 0 ∀t ∈ I
3. ∃t0 ∈ I tale che W (t0 ) 6= 0

Dimostrazione (3 =⇒ 2) (n = 2)
Prendiamo l’(EDLO)

y 00 + a1 (t)y 0 + a2 (t)y = 0
con soluzioni ϕ1 , ϕ2 .
 
ϕ1 ϕ2
W (t) = det 0 = ϕ1 ϕ02 − ϕ2 ϕ01
ϕ1 ϕ02
Deriviamo il wronskiano

W 0 (t) = ϕ01 ϕ02 + ϕ1 ϕ002 − ϕ02 ϕ1 − ϕ2 ϕ001 =

= ϕ1 ϕ002 − ϕ2 ϕ001 =

= ϕ1 [−a1 (t)ϕ02 − a2 (t)ϕ2 ] − ϕ2 [−a1 (t)ϕ01 − a2 (t)ϕ1 ] =

45
= −a1 (t)[ϕ1 ϕ02 − ϕ2 ϕ01 ] = −a1 (t)W (t)
Otteniamo quindi la seguente equazione differenziale lineare di primo ordine

W 0 (t) = −a1 (t)W (t)


Sappiamo che la soluzione è
Z t
W (t) = W (t0 )exp(− a1 (s)ds)
t0
Poiché l’esponenziale non si annulla mai si ha

W (t0 ) 6= 0 =⇒ W (t) 6= 0
Proposizione Siano a1 , ..., an , b ∈ C(I, R. Siano ψ1 , ψ2 ∈ C (n) (I, R) soluzioni di (EDLNO) e
ϕ ∈ C (n) (I, R) soluzione di (EDLO). Allora
1. ψ1 − ψ2 è soluzione di (EDLO)
2. ψ1 + ϕ è soluzione di (EDLNO)
Dimostrazione (1) Prendiamo ϕ1 (t) = ψ1 (t) − ψ2 (t)
(n) (n−1)
ϕ1 (t) + a1 (t)ϕ1 (t) + ... + an (t)ϕ1 (t) =

(n) (n) (n−1) (n−1)


= ψ1 (t) − ψ2 (t) + a1 (t)[ψ1 (t) − ψ2 (t)] + ... + an (t)[ψ1 (t) − ψ2 (t)] =

(n) (n−1) (n) (n−1)


= ψ1 (t)+a1 (t)ψ1 (t)+...+an (t)ψ1 (t)−ψ2 (t)+a1 (t)ψ2 (t)+...+an (t)ψ2 (t) = b(t)−b(t) = 0
(2) Prendiamo ψ(t) = ψ1 (t) + ϕ(t)

ψ (n) (t) + a1 (t)ψ (n−1) (t) + ... + an (t)ψ(t) =

(n) (n−1)
= ψ1 (t) + ϕ(n) (t) + a1 (t)[ψ1 (t) + ϕ(n−1) (t)] + ... + an (t)[ψ1 (t) + ϕ(t)] =

(n) (n−1)
= ψ1 (t)+a1 (t)ψ1 (t)+...+an (t)ψ1 (t)+ϕ(n) (t)+a1 (t)ϕ(n−1) (t)+...+an (t)ϕ(t) = b(t)+0 = b(t)
Teorema Siano ϕ1 , ..., ϕn ∈ C (n) (I, R) soluzioni linearmente indipendenti di (EDLO) e ψP ∈
C (n) (I, R)
soluzione particolare di (EDLNO). Allora ψ ∈ C (n) (I, R) è soluzione di (EDLNO) se e
solo se
n
X
∃c1 , ..., cn ∈ R e ψ(t) = ψP (t) + ci ϕi (t)
i=1
Dimostrazione ( =⇒ ) Siano c1 , ..., cn ∈ R

n
X
ψP (t) + ci ϕi (t) è soluzione di (EDLNO) per il punto (2) del teorema precedente
i=1
( ⇐= ) Se ψ(t) è soluzione di (EDLNO), allora ψ(t) − ψP (t) è soluzione di (EDLO) per il punto
(1) del teorema precedente. Ciò significa che ψ(t) − ψP (t) è una combinazione lineare di ϕ1 , ..., ϕn .

46
14.4 Metodo generale per la ricerca di una soluzione particolare di (EDLNO) o metodo
di variazione delle costanti o metodo di Lagrangia
Caso n = 2 Siano

y 00 + a1 (t)y 0 + a2 (t)y = b(t) (EDLNO)

y 00 + a1 (t)y 0 + a2 (t)y = 0 (EDLO)

psi(t) = c1 ϕ1 (t) + c2 ϕ2 (t) soluzione di (EDLO)


con ϕ1 , ϕ2 ∈ C (n) (I, R) soluzioni linearmente indipendenti di (EDLO).
Dobbiamo trovare i termini c1 (t), c2 (t) tali che ψ(t) = c1 (t)ϕ1 (t) + c2 (t)ϕ2 (t) sia soluzione di
(EDLNO). Imponiamo quindi che ψ(t) sia soluzione di (EDLNO).

ψ 0 = c1 ϕ01 + c01 ϕ1 + c2 ϕ02 + c02 ϕ2


Impongo c01 ϕ1 + c02 ϕ2 = 0

ψ 0 = c1 ϕ01 + c2 ϕ02

ψ 00 = c01 ϕ01 + c1 ϕ001 + c02 ϕ02 + c2 ϕ002


Inseriamo ψ, ψ 0 , ψ 00 in (EDLNO).

c01 ϕ01 + c1 ϕ001 + c02 ϕ02 + c2 ϕ002 + a1 (t)[c1 ϕ01 + c2 ϕ02 ] + a2 [c1 ϕ1 + c2 ϕ2 ] = b(t) ⇐⇒

⇐⇒ c1 (t)[ϕ001 + a1 (t)ϕ01 + a2 (t)ϕ1 ] + c2 (t)[ϕ002 + a1 (t)ϕ02 + a2 (t)ϕ2 ] + c01 ϕ01 + c02 ϕ02 = b(t) ⇐⇒

⇐⇒ c01 ϕ01 + c02 ϕ02 = b(t)


Abbiamo ottenuto dunque il seguente sistema con incognite c1 , c2
 0
 c1 (t)ϕ1 (t) + c02 (t)ϕ2 (t) = 0
 0
c1 (t)ϕ01 (t) + c02 (t)ϕ02 (t) = b(t)
Risolvibile con la regola di Cramer (il determinante è il wronskiano W (t) 6= 0 delle soluzioni
ϕ1 , ϕ2 linearmente indipendenti).

0 ϕ2 (t) ϕ1 (t) 0



b(t) ϕ0 (t) b(t)ϕ (t) ϕ 0 (t) b(t) b(t)ϕ1 (t)
2 2 1
c01 (t) = =− , c02 (t) = =
W (t) W (t) W (t) W (t)
Quindi
Z t Z t
b(s)ϕ2 (s) b(s)ϕ1 (s)
c1 (t) = − ds, c2 (t) = ds
t0 W (s) t0 W (s)

47
Ricavati c1 e c2 si ottiene
t
b(s)[ϕ1 (s)ϕ2 (t) − ϕ2 (s)ϕ1 (t)]
Z
ψ(t) = ds
t0 W (s)
Osservazione ϕ1 (s)ϕ2 (t) − ϕ2 (s)ϕ1 (t) è detto nucleo integrale.

14.5 Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti di ordine n


Definizione Siano a1 , ..., an ∈ R. Definiamo equazione differenziale lineare omogenea a coeffi-
cienti costanti di ordine n un’equazione differenziale del tipo

y (n) + a1 y (n−1) + ... + an y = 0 (EDLOCC)

14.5.1 Ricerca di soluzioni di tipo esponenziale per EDLOCC


Vogliamo cercare soluzioni del tipo y(t) = exp(λt) con λ numero complesso. Andando a sostiuire
la soluzione nell’(EDLOCC) otteniamo

exp(λt)[λn + a1 λn−1 + ... + an−1 λ + an ] = 0


Posto

P (λ) = λn + a1 λn−1 + ... + an−1 λ + an


polinomio caratteristico dell’(EDLOCC), possiamo distinguere due casi

1. P (λ) ha n radici λ1 , ...λn ∈ C distinte. Allora le funzioni

ψ1 (t) = exp(λ1 t), ... , ψn (t) = exp(λn t)


sono soluzioni linearmente indipendenti della (EDLOCC). L’integrale generale sarà

y(t) = c1 exp(λ1 t) + ... + cn exp(λn t)

2. P (λ) ha m < n radici distinte λ1 , ...λn ∈ C con molteplicità k1 , ...km tali che k1 + ... + km = n.
Allora le funzioni

exp(λi t), texp(λi ), ..., tki −1 exp(λi t), i = 1, ..., m


sono soluzioni linearmente indipendenti della (EDLOCC).
Osservazione Quando le radici di P (λ) sono complesse, allora anche l’integrale generale sarà
complesso. Se λ = α + iβ è radice di P (λ) di molteplicità m, allora anche λ = α − iβ lo è con
molteplicità m. Le soluzioni si possono esprimere con la seguente notazione

exp(λt) = exp(αt)[cos(βt) + i sin(βt)]


Per costruire soluzioni reali in questo caso si utilizza il fatto che combinazioni lineari di
soluzioni di una (EDLO), e quindi in particolare di una (EDLOCC), siano ancora soluzioni di
(EDLO) (risp. di (EDLOCC))

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exp((α + iβ)t) + exp((α − iβ)t)
tki −1 = tki −1 exp(αt) cos(βt), i = 1, ..., m
2
exp((α + iβ)t) − exp((α − iβ)t)
tki −1 = tki −1 exp(αt) sin(βt), i = 1, ..., m
2i

14.5.2 Metodo per simpatia per la risoluzione di (EDLNOCC)


Termine noto esponenziale
Sia

y (n) (t) + a1 y (n−1) (t) + ... + an y(t) = cexp(βt)


la nostra (EDLNOCC) con termine noto di tipo esponenziale.

1. Se λ = β non è radice di P (λ), polinomio caratteristico della (EDLOCC) associata, allora la


soluzione particolare è del tipo

c
ψP (t) = exp(βt)
P (β)

2. Se λ = β è radice di P (λ) di molteplicità k ≥ 1, allora ∃!A ∈ R tale che la soluzione partico-


lare sia

ψP (t) = Atk exp(βt)


Termine noto polinomiale
Sia

y (n) (t) + a1 y (n−1) (t) + ... + an y(t) = cts


la nostra (EDLNOCC) con termine noto di tipo polinomiale.

1. Se λ = 0 non è radice di P (λ), allora ∃!A0 , A1 , ..., As tali che la soluzione particolare sia

ψP (t) = As ts + as−1 ts−1 + ... + A0

2. Se λ = 0 è radice di P (λ) di molteplicità k ≥ 1, allora ∃!A0 , A1 , ..., As tali che la soluzione


particolare sia

ψP (t) = tk [As ts + As−1 ts−1 + ... + A0 ]


Termine noto cos/sin
Sia

y (n) (t) + a1 y (n−1) (t) + ... + an y(t) = c cos(βt)


la nostra (EDLNOCC) con termine noto cos (il ragionamento è lo stesso per sin).

49
1. Se λ = ±iβ non è radice di P (λ), allora la soluzione particolare è

ψP (t) = A cos(βt) + B sin(βt)

2. Se λ = ±iβ è radice di P (λ) di molteplicità k ≥ 1, allora la soluzione particolare è

ψP (t) = tk [A cos(βt) + B sin(βt)]

14.5.3 Periodicità delle soluzioni


Definizione Una funzione f (t) si dice periodica di periodo T > 0 se ∀t ∈ R si ha

f (t) = f (T + t)
Proprietà Se T, S > 0 sono periodi, allora 1. T + S è periodo 2. nT è periodo (con n ∈ Z)
Definizione Se f (t) non è costante, esiste il periodo minimo Tf positivo tale che f (t + Tf ) =
f (t) ∀t ∈ R e se S è periodo allora S = nTf , n ∈ Z. Tale periodo è chiamato periodo fondamentale.
Teorema Siano f (t) e g(t) funzioni periodiche di periodo fondamentale rispettivamente Tf e
Sf . La funzione

h(t) = f (t) + g(t)


Tf
è periodica di periodo fondamentale Pf = mcm(Tf , Sf ) se e solo se Sf ∈Q

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