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CAPITOLO 1

Polinomi di Taylor e convessità

In questo capitolo completiamo lo studio del grafico di una funzione aggiungendo le infor-
mazioni su convessità e concavità.

Rimandiamo al corso di Analisi 1 per la definizione di limite, di derivata, le derivate delle fun-
zioni fondamentali e i teoremi fondamentali sui limiti (ad es. limitatezza locale, permanenza
del segno, confronto) e sulle funzioni derivabili (ad es. Rolle, Lagrange, Hôpital).

1. Confronto locale di funzioni

Siano f e g due funzioni definite sullo stesso intervallo I e sia x0 un punto di tale intervallo,
oppure un estremo, eventualmente anche ±∞.

Definizione 1.1. Si dice che


f = O(g) x → x0
(e si legge f è O-grande di g per x tendente a x0 ) se per un’opportuna costante M > 0 e un
intorno V di x0
|f (x)| ≤ M |g(x)| ∀x ∈ V, x 6= x0 .

In termini più semplici, la condizione vuol dire che vicino al punto x0 la funzione f si può
controllare con la funzione g.

Osserviamo che se limx→x0 f (x)/g(x) esiste finito, allora f = O(g) per x → x0 , per il teorema
di limitatezza locale.

ZEsempio 1.1. Utilizzando l’osservazione è immediato verificare che


x = O(x2 ) x → +∞
x2 = O(x) x→0
sin x = O(x) x→0
x = O(sin x) x → 0.

Invece x non è O(x2 ) per x → 0.


1
2 Capitolo 1

Un esempio più difficile si ottiene confrontando le funzioni 1 e sin x per x → +∞: siccome
| sin x| ≤ 1 per ogni x, si ha sin x = O(1), x → +∞, (anche se non esiste limx→+∞ sin x/1).
Invece 1 non è O(sin x), x → +∞, perché in ogni intervallo del tipo (a, +∞) ci sono (infiniti)
punti in cui il seno si annulla. ©

Definizione 1.2. Si dice che


f = o(g) x → x0
(e si legge f è o-piccolo di g per x tendente a x0 o anche f è trascurabile rispetto a g per x
tendente a x0 ) se esiste una funzione h, definita su I tale che
f (x) = g(x) h(x) ∀x ∈ I, e lim h(x) = 0.
x→x0

In termini più semplici, la condizione vuol dire che vicino al punto x0 la funzione f è molto
più piccola della funzione g.

Osserviamo che se g(x) 6= 0 almeno in un intorno di x0 , la condizione diventa equivalente a


richiedere che limx→x0 f (x)/g(x) = 0.

Ovviamente, se f = o(g) per x → x0 , allora f = O(g) per x → x0 .

ZEsempio 1.2. È immediato verificare che


x = o(x2 ) x → +∞
2 x→0
x = o(x)
sin x = o(1) x→π
log x = o(x) x → +∞.
Invece x non è o(x2 ) per x → 0. ©

Se f e g sono entrambi infinitesimi per x → x0 , dire che f = o(g) per x → x0 significa che
g ha ordine di infinitesimo maggiore di quello di f ; f = O(g) per x → x0 significa che g ha
ordine di infinitesimo maggiore o uguale a quello di f .

L’utilizzo del simbolo o-piccolo è comodo ad esempio quando si vogliono calcolare limiti.
Infatti, si può facilmente controllare che i termini trascurabili si possono eliminare, come
prescritto dal

Teorema 1.3 (Principio di eliminazione dei termini trascurabili). Se h = o(f ) e k = o(g)


per x → x0 , allora
f (x) + h(x) f (x) + o(f ) f (x)
lim = lim = lim .
x→x0 g(x) + k(x) x→x0 g(x) + o(g) x→x0 g(x)
1.2 – Derivate di ordine successivo 3

x2 +sin(log x)
ZEsempio 1.4. Calcolare limx→+∞ 2x2 −1
.

La funzione è sicuramente definita per x > 1, quindi ha senso calcolarne il limite a +∞.
Inoltre, per x → +∞, 1 = o(x2 ) e sin(log x) = o(x2 ). Quindi
x2 + sin(log x) x2 + o(x2 ) x2 1
lim = lim = lim = .
x→+∞ 2x2 − 1 x→+∞ 2x2 + o(x2 ) x→+∞ 2x2 2
©

2. Derivate di ordine successivo

Sia f una funzione derivabile in tutti i punti di un intervallo aperto I. Allora, per ogni
punto x in I sappiamo cosa significa f 0 (x). Possiamo quindi pensare alla derivata f 0 come a
una nuova funzione definita sull’intervallo I e chiederci se questa nuova funzione sia ancora
derivabile in qualche punto di questo intervallo.

Se f 0 risulta derivabile in x0 , la derivata di f 0 in x0 si chiama derivata seconda (o di ordine


due) di f in x0 e si denota con f 00 (x0 ). In questo caso, si dice che f è derivabile due volte in
x0 . L’usuale derivata f 0 talvolta si chiama anche derivata prima.

Ovviamente il procedimento si può iterare: se f 0 è una funzione derivabile in tutti i punti


di un intervallo aperto I, allora è definita in I la funzione f 00 e possiamo chiederci se questa
funzione risulta a sua volta derivabile in qualche punto dell’intervallo I. La derivata della
derivata seconda di f si chiama derivata terza di f e si indica con f 000 . E cosı̀ via, si parla
(qualora esistano) di derivata quarta f IV , quinta f V , . . .. Una derivata di ordine n (generico)
si indica col simbolo f (n) .

Definizione 1.3. Si dice che f è una funzione di classe C n su un intervallo I (in simboli
f ∈ C n (I)) se f è derivabile n volte in tutti i punti dell’intervallo I e la derivata di ordine n
è continua in I.
Si dice che f è una funzione di classe C ∞ su un intervallo I se f ha derivate di ogni ordine
in tutti i punti dell’intervallo I.

(Quando l’intervallo è chiuso, negli estremi sinistri si considerano le derivate sinistre e negli
estremi destri si considerano le dervate destre)

Siccome una funzione derivabile è anche continua, valgono le inclusioni


C 0 (I) ⊃ C 1 (I) ⊃ C 2 (I) ⊃ . . . ⊃ C ∞ (I).
ZEsempio 1.5. La funzione f (x) = sin x è derivabile in tutti i punti del suo dominio R
e f 0 (x) = cos x. Anche f 0 è derivabile in tutti i punti del suo dominio R; quindi f è
derivabile ovunque due volte e f 00 (x) = (cos x)0 = − sin x. Ripetendo lo stesso ragionamento,
4 Capitolo 1

f 000 (x) = − cos x e f IV (x) = sin x = f (x). Quindi f è derivabile di ogni ordine in ogni punto
e le sue derivate sono ciclicamente quelle scritte. La funzione sin x è in C ∞ (R). ©

Una conseguenza della regola di Hôpital ci permette di stabilire abbastanza facilmente se una
funzione definita congiungendo tratti di funzioni derivabili è derivabile nei punti di giunzione.
Inoltre ci mostra che la derivata di una funzione non può avere discontinuità “a salto”.

Proposizione 1.6 (corollario della regola di Hôpital). Sia x0 un punto dell’intervallo aperto
I e sia f continua in I e derivabile in I \ {x0 }. Se esiste
lim f 0 (x) = `
x→x0

e è finito, allora f è derivabile in x0 e f 0 (x0 ) = `.


Viceversa, se f è derivabile in I, allora f 0 non può avere discontinuità a salto in I.

Dimostrazione. Siccome f è continua in x0 , il limite del rapporto incrementale in x0


si presenta in forma indeterminata “0/0”; la derivata della funzione a denominatore è 1 e
per ipotesi esiste limx→x0 f 0 (x). Quindi per la regola di Hôpital
lim f (x) − f (x0 )x − x0 = lim f 0 (x) = `,
x→x0 x→x0

cioè f è derivabile in x0 e f 0 (x0 ) = `.

Viceversa, sia f derivabile in tutti i punti di I, in particolare x0 e supponiamo che esistano


lim f 0 (x) = `1 lim f 0 (x) = `2 .
x→x+
0 x→x−
0

Vogliamo mostrare che `1 e `2 sono finiti e uguali a f 0 (x0 ).

Per ipotesi
f 0 (x0 ) = lim+ f (x) − f (x0 )x − x0 .
x→x0

D’altra parte il limite della riga precedente, utilizzando la regola di Hôpital come prima,
deve anche essere uguale a
lim+ f 0 (x) = `1 .
x→x0

Quindi f 0 (x0 ) = `1 e `1 è finito. Analogamente ragionando su x → x−


0 si ottiene che anche
0
`2 è finito e uguale a f (x0 ). 
ZEsempio 1.7. Utilizzando il corollario, mostriamo che la funzione
(
x2 x≥0
g(x) = 2
−x x < 0
è derivabile una sola volta in x = 0.
1.3 – Formula di Taylor con resto di Peano 5

La funzione g, continua su R, è anche derivabile una volta in tutti i punti x 6= 0 e la sua


derivata è (
2x x>0
g 0 (x) =
−2x x < 0.
Siccome g 0 è prolungabile per continuità anche in x = 0, allora g è derivabile anche in 0 e
g 0 (0) = 0. La funzione (
2x x≥0
g 0(x) =
−2x x < 0
è continua, derivabile se x 6= 0 e quindi g è senz’altro derivabile due volte se x 6= 0 e
(
2 x>0
g 00 (x) =
−2 x < 0.
Siccome g 00 ha una discontinuità a salto in x = 0, g 0 non è derivabile in x = 0, quindi g non
è derivabile due volte se x = 0. Quindi g ∈ C 1 (R) e g 6∈ C 2 (R).

Consideriamo ora (
x2 sin x1 x 6= 0
h(x) =
0 x=0
La funzione h è derivabile in x = 0, perché
h(x) − h(0)
lim = lim x sin x1 = 0 quindi h0 (0) = 0.
x→0 x−0 x→0

D’altra parte, se x 6= 0,
h0 (x) = 2x sin x1 − cos x1
e quindi non esiste limx→0 h0 (x).

L’esempio della funzione (derivabile ovunque ma con derivata discontinua in x = 0) h mostra


che una derivata può avere punti di discontinuità di seconda specie. ©

3. Formula di Taylor con resto di Peano

Sinora abbiamo visto due livelli di approssimazione per una funzione f in un intorno del
punto x0 interno al dominio di f :

Livello 0 f continua f (x) = f (x0 ) + o(1) con x → x0


Livello 1 f derivabile f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + o(x − x0 ) con x → x0 .

Ci si chiede se è possibile migliorare il livello di approssimazione quando la funzione è più


regolare. L’idea che si può seguire è la seguente: al livello 0 si è approssimata la funzione con
il miglior polinomio di grado 0 possibile, e cioè con la costante f (x0 ); al livello 1 si è scelta
come funzione approssimante il miglior polinomio di grado 1, cioè f (x0 )+f 0 (x0 )(x−x0 ), dove
6 Capitolo 1

il termine “migliore” significa che, usando un qualsiasi altro polinomio di grado 1, passante
per (x0 , f (x0 )), il resto sarebbe andato a 0 come (x − x0 ) e non più velocemente. Tuttavia
approssimare con un polinomio di primo grado, che graficamente corrisponde a una retta, ci
permette di avere informazioni sul crescere e decrescere (locale) della funzione, ma non sul
fatto che il suo grafico sia concavo verso l’alto o verso il basso (le rette infatti non presentano
“concavità”). Si possono estendere questi risultati usando come funzione approssimante un
polinomio di grado superiore al primo, in modo di avere più informazioni? La risposta a
questa domanda è, come vedremo adesso, affermativa.

Definizione 1.4. Sia f una funzione definita su un intervallo I e sia x0 un punto di I in


cui f è derivabile almeno n volte. Il polinomio
f 00 (x0 ) f (n) (x0 )
Tn,x0 (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 + · · · + (x − x0 )n
2! n!
n
X f (k) (x0 )
= (x − x0 )k
k!
k=0
si chiama polinomio di Taylor di grado n della funzione f centrato nel punto x0 .

Osserviamo che il polinomio di Taylor è caratterizzato dall’avere in comune con la funzione


f il valore di tutte le derivate fino all’ordine n nel punto x0 , ovvero:

f (x0 ) = Tn,x0 (x0 ), f 0 (x0 ) = Tn,x


0
0
(x0 ), f 00 (x0 ) = Tn,x
00
0
(x0 ),
..., f (n) (x0 ) = Tn,x
(n)
0
(x0 ).

Nei prossimi esempi ricaviamo i polinomi di Taylor delle funzioni esponenziale, seno, coseno
centrati in x0 = 0. Quando un polinomio di Taylor è centrato in 0 si chiama anche polinomio
di McLaurin e si indica più brevemente con Tn .

ZEsempio 1.8. a) Iniziamo dalla funzione esponenziale.


8

f
7 T
f (x) = ex e x0 = 0.
1
T
2
T
3
6 T
4
T
5
5
Tutte le derivate sono uguali: f (n) (x) = ex
4
e f (n) (0) = 1 per ogni n. Quindi
3

x2 xn
2 Tn (x) = 1 + x + 2
+···+ n!
1

−1
−2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2
1.3 – Formula di Taylor con resto di Peano 7

4 b) f (x) = sin x e x0 = 0. Le derivate so-


3
no: f 0 (x) = cos x, f 00 (x) = − sin x, f 000 (x) =
cos x, f (iv) (x) = sin x, f (v) (x) = cos x, f (vi) (x) =
f
T
1
T3
2
T
5
sin x, f (vii) (x) = cos x, f (viii) (x) = sin x, e cosı̀
1
via. Ne segue che f (n) (0) = 0 se n è pari, men-
0 tre vale alternativamente +1 o 1 se n è dispari
−1
e quindi
3 x2n+1
T2n+1 (x) = x − x3! + · · · + (−1)n (2n+1)! .
−2
Si osservi che gli unici termini che sono diversi
−3
da 0 sono quelli relativi alle potenze dispari (e
−4
−4 −3 −2 −1 0 1 2 3 4
infatti la funzione seno è una funzione dispari).

1
c) f (x) = cos x e x0 = 0. Le derivate: f 0 (x) =
0.5
sin x, f 00 (x) = cos x, f 000 (x) = sin x, f (iv) (x) =
cos x, e cosı̀ via. Ne segue che f (n) (0) = 0 se
0 n è dispari, mentre vale alternativamente +1 o
f
T
T
2
4
−1 se n è pari. Infine
2 x2n
T2n (x) = 1 − x2! + · · · + (−1)n (2n)!
T
−0.5 6
.
−1
Si osservi che gli unici termini che sono diversi
da 0 sono adesso quelli relativi alle potenze pa-
−1.5 ri (e infatti la funzione coseno è una funzione
pari).
−2
−4 −3 −2 −1 0 1 2 3 4

Il significato del prossimo teorema è il fatto che il polinomio di Taylor è quell’unico polinomio
di grado n che meglio approssima la funzione f vicino al punto x0 . Ricordiamo che la
notazione o(x−x0 )n indica una funzione che, per x → x0 è un infinitesimo di ordine maggiore
di n.

Teorema 1.9 (Formula di Taylor con resto di Peano). Sia f una funzione definita su un
intervallo I e sia x0 un punto di I in cui f è derivabile almeno n volte. Allora
f (x) − Tn,x0 (x) = o(x − x0 )n x → x0 .
Viceversa, se p è un polinomio di grado n tale che f (x) − p(x) = o(x − x0 )n per x → x0 ,
allora p = Tn,x0 .

Dimostrazione. Occupiamoci solo del caso n = 2. Il ragionamento nel caso generale è


analogo. In questo caso la funzione f è derivabile in un intorno di x0 e la funzione derivata
è ulteriormente derivabile nel punto x0 .
8 Capitolo 1

Verifichiamo inizialmente che f (x) − T2,x0 (x) è un infinitesimo di ordine maggiore di 2 per
x → x0 . Questo equivale a verificare che
f (x) − T2,x0 (x)
lim = 0,
x→x0 (x − x0 )2
o, equivalentemente, che
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) f 00 (x0 )
(1.1) lim = .
x→x0 (x − x0 )2 2
D’altra parte, il limite da calcolare si presenta in forma indeterminata 00 . Infatti

lim f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 ) = 0


x→x0

lim (x − x0 )2 = 0
x→x0

e la derivata del denominatore è 2(x − x0 ) 6= 0 se x 6= x0 . Quindi per la regola dell’Hôpital


il limite che desideriamo calcolare è uguale a
f 0 (x) − f 0 (x0 ) 1 f 0 (x) − f 0 (x0 ) 1
lim = lim = f 00 (x0 ),
x→x0 2(x − x0 ) 2 x→x0 x − x0 2
perché quest’ultimo limite è il limite del rapporto incrementale di f 0 e f 0 è derivabile in x0 .
Quindi anche il limite di partenza vale 21 f 00 (x0 ), ovvero vale (1.1).

Verifichiamo ora che la scelta di T2,x0 è ottimale, ovvero che se p(x) è un polinomio di grado 2
tale che f (x)−p(x) = o(x−x0 )2 per x → x0 , allora necessariamente p = T2,x0 . Per comodità,
ordiniamo il polinomio p secondo potenze di (x − x0 ), ossia p(x) = a(x − x0 )2 + b(x − x0 ) + c.
Si ha
f (x) − p(x)
0 = lim
x→x0(x − x0 )2
f (x) − a(x − x0 )2 − b(x − x0 ) − c
= lim
x→x0 (x − x0 )2
f (x) − b(x − x0 ) − c
= lim − a,
x→x0 (x − x0 )2
quindi
f (x) − b(x − x0 ) − c
(1.2) lim =a
x→x0 (x − x0 )2
Siccome il denominatore tende a 0 per x → x0 , affinché valga (1.2), l’unica speranza è che
anche il numeratore tenda a 0 per x → x0 . Questo accade solo se c = f (x0 ). A questo punto,
come prima possiamo applicare la regola dell’Hôpital e concludere che, se esiste, deve valere
a anche il
f 0 (x) − b
lim .
x→x0 2(x − x0 )
1.3 – Formula di Taylor con resto di Peano 9

Di nuovo, siccome il denominatore tende a 0, deve tendere a 0 anche il numeratore, ossia


b = f 0 (x0 ). A questo punto, siccome f 0 è derivabile in x0 ,
f 0 (x) − f 0 (x0 ) 1
a = lim = f 00 (x0 ).
x→x0 2(x − x0 ) 2
Abbiamo quindi determinato i coefficienti a, b, c univocamente e ottenuto che p = T2,x0 . 

Quindi ad esempio con le derivate seconde si può arrivare ad un secondo livello di approssi-
mazione. Infatti se la funzione f è derivabile due volte nel punto x0 si ha che
1
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + f 00 (x0 )(x − x0 )2 + o(x − x0 )2 ,
2
2
dove, al solito, o(x − x0 ) indica un errore che, per x → x0 è un infinitesimo di ordine
maggiore di 2.

A questo punto il polinomio approssimante di secondo grado rappresenta la parabola che più
si avvicina al comportamento del grafico della funzione f nei pressi del punto (x0 , f (x0 )), e
è caratterizzato dall’avere, nel punto x0 , lo stesso valore, la stessa derivata prima e la stessa
derivata seconda della funzione f . È quindi naturale che le proprietà di convessità di tale
parabola si riflettano sulle analoghe proprietà della funzione f . Questo è proprio quello che
succede. Vediamo una spiegazione teorica di quanto appena affermato nel caso particolare
in cui la funzione ha derivata prima nulla in x0 e derivata seconda positiva. Il polinomio
approssimante diviene f (x0 ) + 21 f 00 (x0 )(x − x0 )2 , il cui grafico è una parabola con il minimo
proprio in x0 ; è naturale ritenere che anche f presenti un punto di minimo relativo in x0 e
infatti, raccogliendo (x − x0 )2
1
f (x) − f (x0 ) = f 00 (x0 )(x − x0 )2 + o(x − x0 )2
2 
o(x − x0 )2

2 1 00
= (x − x0 ) f (x0 ) + .
2 (x − x0 )2
Siccome (x − x0 )2 ≥ 0 e, per x → x0 il termine in parentesi tonda tende a 21 f 00 (x0 ) > 0, allora
per il teorema di permanenza del segno possiamo affermare che esisterà un intorno di x0 in
cui il termine in parentesi tonda è non negativo. Questo vuol dire quindi che in tale intorno
di x0 si ha f (x) − f (x0 ) ≥ 0, cioè f (x) ≥ f (x0 ), ossia il punto x0 è di minimo relativo per f .
ZEsempio 1.10. Sia f la funzione f (x) = 1
1+x2
−cos x. Dire se 0 è un punto di estremo relativo
per f e specificarne il tipo.

Scriviamo il polinomio di Taylor di f centrato in x0 = 0 di ordine 2. Esso è


x2 x2
1 − x2 − 1 + =− .
2 2
2
Il grafico di f in un intorno dell’origine assomiglia a quello della parabola − x2 che presenta
in 0 un massimo relativo.

Pertanto 0 è un punto di massimo relativo. ©


10 Capitolo 1

ZEsempio 1.11. Sia f la funzione f (x) = 1


1+x2
− 2 cos x + 1. Si desidera determinare il segno
di f in un intorno di 0.

Il primo polinomio non nullo di f è quello di ordine 4 e è dato da


x2 x4
 
2 4 11
(1 − x + x ) − 2 1 − + + 1 = x4 .
2 24 12
11 4
Quindi il grafico di f assomiglia vicino a 0 a quello di 12 x , che presenta un minimo in 0 e
altrove è positiva. Possiamo quindi concludere che esiste un intorno di 0 in cui f (x) ≥ 0. ©

Un’altra applicazione importante dei polinomi di Taylor è l’essere un criterio utilissimo per
poter calcolare limiti.
ZEsempio 1.12. Calcolare √
cos x − 1 − x2
lim .
x→0 x4
Scriviamo il polinomio di McLaurin del numeratore di grado più piccolo possibile, ma in
modo che il polinomio non sia nullo. In questo caso si vede facilmente che occorre scegliere
grado 4 e
√ 1
cos x − 1 − x2 = x4 + o(x4 ).
6
Pertanto il limite da calcolare è
1 4
6
x + o(x4 ) 1
lim 4
= .
x→0 x 6
©
ZEsempio 1.13. Calcolare, al variare di a ∈ R l’ordine di infinitesimo di
f (x) = ex − cos x − a log(1 + x).
Scriviamo i primi due termini di McLaurin

1
f (x) = (1 − a)x + 1 + a x2 + o(x2 ).
2
Se 1 − a 6= 0, cioè se a 6= 1, la funzione f si comporta come il polinomio di primo grado
(1 − a)x, quindi è un infinitesimo di ordine uno. Se 1 − a = 0, cioè se a = 1, la funzione f si
comporta come il polinomio di secondo grado 23 x2 , quindi è un infinitesimo di ordine 2. ©

In tutti gli esempi considerati si è presa l’origine come punto iniziale. Nulla vieta, ovviamente,
di utilizzare, a seconda delle esigenze, punti diversi dall’origine come centro del polinomio.
ZEsempio 1.14. Calcolare limx→π sin(x−π)
x+x−π
3 . Occorre conoscere il polinomio di Taylor di sin x

centrato in π e scriviamo quello di grado 3. Calcolando qualche derivata, otteniamo


1
T3,π (x) = −x + π + (x − π)3 .
6
1.4 – Formula di Taylor con resto di Lagrange 11

Quindi
sin x + x − π −x + π + 61 (x − π)3 + x − π + o(x − π)3
lim = lim
x→π (x − π)3 x→π (x − π)3
1
6
(x − π)3 1
= lim = .
x→π (x − π)3 6
Al polinomio di Taylor si poteva anche arrivare conoscendo quello centrato in x = 0. Infatti,
utilizzando le formule di trigonometria
sin x = sin(x − π + π) = − sin(x − π);
inoltre se x → π, allora y = x − π → 0. D’altra parte, se y → 0, sin y = y − y 3 /6 + o(y 3).
Quindi sostituendo
 
1 3 1
sin x = − sin(x − π) = − sin y = − y − y + o(y ) = −(x − π) + (x − π)3 + o(x − π)3 .
3
6 6
Per l’unicità del polinomio di Taylor, T3,π (x) = −(x − π) + 61 (x − π)3 . ©

Con Maple si ottiene lo sviluppo (=polinomio+resto) di Taylor di f centrato in x0 di grado


n − 1 con il comando
taylor(f (x), x = x0 , n).
Qualora si desideri convertirlo a un polinomio (per esempio, per poterlo disegnare) immettere
il comando
convert(sviluppo di f (x),polynom).

Ad esempio lo sviluppo di Taylor della funzione esponenziale centrato in x = 0 di grado


3 e il rispettivo polinomio si ottengono coi comandi
> sviluppo:= taylor(exp(x),x=0,4);
1 2 1 3
x + x + O(x4 )
sviluppo := 1 + x +
2 6
> polinomio:= convert(sviluppo,polynom);
1 1
polinomio := 1 + x + x2 + x3
2 6

Si noti che Maple adopera il resto in forma O-grande.

4. Formula di Taylor con resto di Lagrange

Quando si desidera avere stime su un intervallo prefissato, non un intervallo “misterioso”


intorno a x0 , è più utile utilizzare la seguente forma del resto, più quantitativa. Questo è
utile, ad esempio, quando si vuole fornire una stima numerica dell’errore. Più precisamente,
(anche se non nelle ipotesi migliori possibili)
12 Capitolo 1

Teorema 1.15 (Formula di Taylor con resto di Lagrange). Sia f una funzione di classe
C n+1 su un intervallo I e siano x e x0 due punti di I. Allora esiste un punto ξ, compreso
tra x e x0 tale che
f (n+1) (ξ)
f (x) − Tn,x0 (x) = (x − x0 )n+1 .
(n + 1)!

Ne segue facilmente che l’errore soddisfa la seguente stima


|x − x0 |n+1
|f (x) − Tn,x0 (x)| ≤ max |f (n+1) (t)|.
(n + 1)! t∈(x0 ,x)
ZEsempio 1.16. Approssimare il numero e con un numero razionale a meno di 10−4 .

Possiamo pensare che e = e1 , ovvero e = f (1) dove f è la funzione esponenziale f (x) = ex .


Quindi approssimiamo f (1) con un polinomio di McLaurin di grado opportuno Tn calcolato
in 1. L’errore commesso sarà f (1) − Tn (1) e, per il Teorema 1.15 sul resto di Lagrange, con
x0 = 0, x = 1,
1 3
|f (1) − Tn (1)| ≤ max |et | ≤ .
(n + 1)! t∈(0,1) (n + 1)!
Nell’ultimo passaggio abbiamo usato il fatto che 2 < e < 3. Occorre quindi trovare n in
3
modo che (n+1)! < 10−4 e non è difficile pensare che basta scegliere n = 7. Quindi, a meno
di 10−4 ,

e ' T7 (1)
1 1 1 1 1 1
=1+1+ + + + + +
2 3! 4! 5! 6! 7!
= 2.718253968

Dimostrazione. Diamo un’idea della dimostrazione nel caso n = 1. Sia f di classe


2
C siano fissati due punti distinti x0 e x in I (il caso in cui x = x0 è banalmente vero per
qualsiasi punto ξ ∈ I).

Scriviamo la funzione g, differenza tra f e la funzione il cui grafico è la parabola passante


per i punti (x, f (x)), (x0 , f (x0 )) e avente come tangente in quest’ultimo punto una retta di
coefficiente angolare f 0 (x0 ). In formule

g(t) = f (t) − a (t − x0 )2 + b (t − x0 ) + c

∀t ∈ I

dove, come è facile calcolare,


f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 )
c = f (x0 ) b = f 0 (x0 ) a= .
(x − x0 )2
1.5 – Concavità e convessità 13

Siccome f è di classe C 2 e un polinomio anche, anche g è di classe C 2 . Inoltre, per la scelta


fatta,
g(x0 ) = 0 g(x) = 0 g 0(x0 ) = 0;
per il teorema di Rolle (o quello di Lagrange) possiamo dire che esiste un punto z tra x0 e x
tale che g 0(z) = 0. Applicando di nuovo il teorema di Rolle (o di Lagrange) a g 0 , possiamo
dire che esiste un punto ξ compreso tra x0 e z (quindi tra x0 e x) tale che g 00 (ξ) = 0.
Calcoliamo g 00 :
g 0 (t) = f 0 (t) − 2a (t − x0 ) + b quindi g 00(t) = f 00 (t) − 2a.


0
Dire che g 00 (ξ) = 0 significa quindi che f 00 (ξ) = 2a = 2 f (x)−f (x(x−x
0 )−f (x0 )(x−x0 )
0)
2 . Riordinando i
termini si ottiene la tesi
1
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + f 00 (ξ) (x − x0 )2 .
2


Un’altra importante applicazione della formula di Taylor con resto di Lagrange è allo studio
degli intervalli di convessità e concavità di una funzione.

5. Concavità e convessità

Una funzione f si dice convessa (concava) su un intervallo I se il suo grafico presenta la


concavità verso l’alto (risp. verso il basso), cioè se comunque scelti due punti x1 e x2 in I,
nell’intervallo di estremi x1 e x2 il grafico di f sta sotto (risp. sopra) la retta congiungente
i due punti (x1 , f (x1 )), (x2 , f (x2 )). Nella figura è illustrata la situazione nel caso di una
funzione convessa.

f(x)
secante1
secante2

Si può dimostrare che una funzione convessa o concava in I è necessariamente continua


nei punti interni all’intervallo I. Ma se f è derivabile la definizione di convessità (risp.
concavità) è equivalente a richiedere che comunque scelti un punto x0 in I, il grafico di f
stia, nell’intervallo I, sopra (risp. sotto) la retta tangente al grafico nel punto (x0 , f (x0 )).
14 Capitolo 1

f(x)
tangente

f(x)
tangente

f convessa f concava

Osserviamo ora che data una generica parabola di equazione y = ax2 + bx + c, il suo grafico
presenta la concavità verso l’alto o il basso a seconda che il segno di a sia positivo oppure
negativo. Inoltre la derivata seconda di f (x) = ax2 + bx + c è f 00 (x) = 2a. Possiamo quindi
affermare che per le parabole la concavità è rivolta verso l’alto o il basso a seconda che la
derivata seconda sia positiva o negativa. Questo fatto ha validità generale, non solo per le
parabole.
Teorema 1.17. Sia f è derivabile due volte in I. Sono equivalenti:
a) f 00 (x) ≥ 0 per ogni x in I
b) f è convessa in I.

E analogamente la concavità è quivalente a f 00 (x) ≤ 0 per ogni x in I.

Dimostrazione. “Da a) segue b)”: questo fatto è conseguenza della formula di Taylor
con n = 1 e resto in forma di Lagrange, ossia del Teorema 1.15. Sia x0 un punti arbitrario
dell’intervallo e mostriamo che il grafico della funzione f sta al di sopra di quello della retta
tangente a f in x0 . Infatti la differenza tra f e il polinomio di Taylor del primo ordine, che
altro non è che la retta tangente, è del tipo
1
f (x) − (f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 )) = f 00 (ξ)(x − x0 )2 ,
2
dove ξ è un punto nell’intervallo di estremi x0 e x. Per ipotesi f 00 (ξ) ≥ 0. Allora, poiché
anche (x − x0 )2 ≥ 0, si ha
f (x) − (f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 )) ≥ 0.
Quindi f è convessa.

“Da b) segue a)” Supponiamo che f sia convessa in I. Allora per ogni x0 in I si ha
(1.3) f (x) ≥ f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ).
1.5 – Concavità e convessità 15

D’altra parte per la formula di Taylor con n = 2 e resto in forma di Peano, ossia per il
teorema 1.9,
1
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + f 00 (x0 )(x − x0 )2 + o(x − x0 )2 .
2
00
Per assurdo, se fosse f (x0 ) < 0, allora esisterebbe un intorno di x0 in cui il grafico di f
assomiglia a quello della parabola f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + 21 f 00 (x0 )(x − x0 )2 , che ha concavità
rivolta verso il basso. Ma allora non potrebbe valere la (1.3). 

I punti in cui “cambia la convessità” sono detti punti di flesso e, più precisamente: si dice
che x0 è punto di flesso ascendente se il grafico della funzione sta sotto a quello della retta
tangente prima di x0 e invece sta sopra a quello della retta tangente dopo x0 . Si dice che x0 è
punto di flesso discendente se il grafico della funzione sta sopra a quello della retta tangente
prima di x0 e invece sta sotto a quello della retta tangente dopo x0 .

f(x)
f(x)
tangente
tangente

flesso ascendente flesso discendente

Una conseguenza di quanto visto è che


Corollario 1.18. Sia f è derivabile due volte in x0 . Se x0 è un punto di flesso allora
f 00 (x0 ) = 0.
ZEsempio 1.19. Se f 00 (x0 ) = 0, non è detto che x0 sia un punto di flesso, come mostra l’esempio
di f (x) = x4 con x0 = 0. ©

Quello che rimane vero è che il grafico assomiglia a quello del polinomio di Taylor centrato
in x0 . Quindi se f è derivabile tre volte e f 00 (x0 ) = 0,
1
f (x) ' f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + f 000 (x0 )(x − x0 )3
6
Il grafico della cubica a secondo membro ha un flesso ascendente in x0 se f 000 (x0 ) > 0;
discendente se f 000 (x0 ) < 0. (Indecidibile se f 000 (x0 ) = 0, dovremmo scrivere un altro termine
del polinomio di Taylor).
16 Capitolo 1

ZEsempio 1.20. Studiare il grafico di f (x) = −5x2 + 2x2 log x.

Innanzi tutto, la funzione è definita per x > 0. Calcoliamo i limiti agli estremi del dominio:
lim f (x) = lim x2 (−5 + 2 log x) = +∞, lim f (x) = 0,
x→+∞ x→+∞ x→0+

perché il logaritmo ha ordine di infinito minore di 1/x2 per x → 0+ . Allora f è prolungabile


in 0 a una funzione g continua: basta porre
(
f (x) x > 0
g(x) =
0 x = 0.
La funzione f è composta di funzioni infinitamente derivabili e quindi infinitamente derivabile
per x > 0. La derivata prima, per x > 0 è
f 0 (x) = −8x + 4x log x = 4x(−2 + log x).
Allora f 0 (x) = 0 se e solo se log x = 2, cioè x = e2 . Inoltre f 0 (x) < 0 se x ∈ (0, e2 ), f 0 (x) > 0
se x ∈ (e2 , +∞). Notiamo anche che limx→0+ f 0 (x) = 0, quindi g è anche derivabile in 0 e la
sua derivata in 0 è 0.

Pertanto f è decrescente su (0, e2 ] e crescente su [e2 , +∞) e presenta un minimo (assoluto) in


x = e2 ; f (e2 ) = −e4 . Siccome f è continua, per il Teorema dei Valori Intermedi l’immagine
di f contiene tutti i valori in [−e4 , +∞).

Infine, per determinare intervalli di concavità e convessità, studiamo il segno della derivata
seconda:
f 00 (x) = −4 + 4 log x = 4(log x − 1).
Quindi f 00 (x) = 0 per log x = 1, cioè per x = e; f 00 (x) > 0 per x > e; f 00 (x) < 0 per
0 < x < e. Possiamo concludere che f è convessa sull’intervallo [e, +∞) e concava su (0, e].
Il punto e è un punto di flesso ascendente.
60

40

20

−20

−40

−60
0 2 4 6 8 10 12 14 16

Nella figura in rosso abbiamo disegnato la retta tangente al grafico di f nel punto e. ©
1.6 – Il metodo delle secanti e il metodo di Newton o delle tangenti 17

6. Il metodo delle secanti e il metodo di Newton o delle tangenti

Molto spesso non è possibile determinare in modo esatto le ascisse dei punti in cui una
funzione si annulla: ad esempio nel caso della funzione f (x) = x + ex è immediato che i limiti
al tendere di x a −∞ e +∞ sono rispettivamente −∞ e +∞ e che la funzione è strettamente
crescente (f 0 (x) = 1 + ex > 0), quindi esiste un unico punto in cui la funzione si annulla.
Ma quanto a determinarlo esplicitamente, è tutta un’altra questione; possiamo, localizzarlo
un po’ meglio, tra −1 e 0, ad esempio, osservando che f (−1) = −1 + e−1 = −0.632 . . . e
f (0) = 1; possiamo giungere a stabilire quali sono le prime cifre decimali del punto in cui la
funzione si annulla, con il metodo di dicotomia introdotto nel teorema degli zeri, ma è un
metodo molto lento: necessita, in questo caso, di 11 passaggi per arrivare a 3 cifre decimali
esatte!

Il nostro scopo in questa sezione sarà di introdurre metodi assai più efficienti per la determi-
nazione numerica (approssimata) degli zeri di una funzione. Entrambi i metodi richiedono
che la funzione mantenga lo stesso tipo di convessità nell’intervallo preso in considerazione
e permettono in genere di approssimare con molta velocità il punto in cui la funzione si
annulla.

Illustreremo per primo il metodo delle secanti. Supponiamo, ad esempio, che la funzione
sia continua, convessa e tale che f (a) < 0 e f (b) > 0. L’equazione della retta che passa per
gli estremi (a, f (a)) e (b, f (b)) del grafico è y = f (b) + f (b)−f
b−a
(a)
(x − b).


Tale retta taglia l’asse delle x in un punto in cui la funzione assume ancora valore negativo,
la cui ascissa x1 si può facilmente trovare, ponendo y = 0 nella precedente equazione, e cioè
a−b
x1 = b − f (a)−f (b)
f (b).
A questo punto si ripete l’operazione con la nuova
coppia di punti (x1 , f (x1 )) e (b, f (b)) e si ottiene
il nuovo punto x2 = b − f (xx11)−f
−b
(b)
f (b). Si procede
in tal modo, ottenendo la successione di punti

xn−1 − b
xn = b − f (b)
f (xn−1 ) − f (b)

che tende assai rapidamente al punto in cui f


x1 x2 x3 si annulla: nella figura sottostante si vedono i
a b primi tre punti della successione approssimante.
Possiamo pensare x0 = a.

Nello stesso modo si opera nel caso di f continua, concava e tale che f (a) > 0 e f (b) < 0.

18 Capitolo 1

Negli altri due casi (cioè funzione f convessa e tale


che f (a) > 0 e f (b) < 0 oppure f concava e tale
che f (a) < 0 e f (b) > 0) si lascia fisso il primo
estremo e la successione che si ottiene adoperando
lo stesso metodo è definita induttivamente da
xn−1 − a
x3 x2 x1 xn = a − f (a)
f (xn−1 ) − f (a)
a b
con x0 = b.

Consideriamo ora il caso delle soluzioni dell’equazione f (x) = x + ex = 0. Tale funzione ha


derivata seconda ex > 0 e f (−1) = −1 + e − 1 < 0 e f (0) = 1 > 0: è dunque convessa
e dobbiamo applicare la prima delle due formule date, tenendo come punto fisso il secondo
estremo. Si notino le prime due assegnazioni: scriviamo −1. e 0. (il punto dopo la cifra!)
perché intendiamo avere come output cifre decimali. Provate a vedere cosa succede senza il
punto.

> a:=-1.:
b:=0.:
f:=x->x+exp(x):

> x[0]:=a:
for n from 1 to 10 do
x[n]:=b-f(b)*(x[n-1]-b)/(f(x[n-1])-f(b));
end do;
x1 := −.6126998367
x2 := −.5721814119
x3 := −.5677032140
x4 := −.5672055524
x5 := −.5671502144
x6 := −.5671440603
x7 := −.5671433763
x8 := −.5671432997
x9 := −.5671432912
x10 := −.5671432906

Come si vede dalla risposta di Maple i valori si stabilizzano assai rapidamente: al terzo passo
le prime tre cifre decimali sono esatte, al settimo sono già sei (con il metodo di dicotomia
servirebbero rispettivamente 11 e 21 passi per ottenere la stessa precisione). Chi frequenterà
il corso di Calcolo Numerico, quantificherà l’ordine di convergenza di questa successione.
1.6 – Il metodo delle secanti e il metodo di Newton o delle tangenti 19

Logicamente molto simile è il metodo delle tangenti (o di Newton) che, come dice il nome,
sfrutta la tangente invece della secante.

Analogamente al caso precedente, si parte dalla retta tangente al grafico nel primo estremo
se f è continua, convessa e tale che f (a) > 0 e f (b) < 0, oppure continua, concava e tale
che f (a) < 0 e f (b) > 0. L’equazione della retta tangente è y = f (a) + f 0 (a)(x − a) che
taglia l’asse delle x in un punto in cui la funzione assume valore positivo, la cui ascissa si
può facilmente trovare, ponendo y = 0 nella precedente equazione, e cioè x1 = a − ff0(a) (a)
. A
questo punto si ripete l’operazione partendo dal punto (x1 , f (x1 )) e si ottiene il nuovo punto
x2 = x1 − ff0(x 1)
(x1 )
e cosı̀ via, ottenendo la successione di punti
f (xn−1 )
xn = xn−1 −
f 0 (xn−1 )
che, come si può osservare nella figura a sinistra, converge in modo estremamente veloce.

Negli altri due casi (cioè f concava e tale che f (a) > 0 e f (b) < 0 oppure convessa e tale che
f (a) < 0 e f (b) > 0) si parte dal secondo estremo x1 = b − ff0(b) ma poi la formula coincide:

 
(b)

f (xn−1 )
xn = xn−1 − .
f 0 (xn−1 )
Guardate la figura a destra.

a = x0 x1 x2 b a x2 x1 b = x0

Torniamo all’equazione f (x) = x + ex = 0. La figura è tipo quella a destra, quindi come già
detto dovremo partire dal secondo estremo.

> a:=-1.:
b:=0.:
f:=x->x+exp(x):

> g:=D(f):
Digits := 30;

> x[0]:=b:
20 Capitolo 1

for n from 1 to 10 do
x[n]:=x[n-1]-f(x[n-1])/g(x[n-1]);
end do;

x1 := −.500000000000000000000000000000
x2 := −.566311003197218153041649151382
x3 := −.567143165034862212786512096660
x4 := −.567143290409781028699576649415
x5 := −.567143290409783872999968662209
x6 := −.567143290409783872999968662210
x7 := −.567143290409783872999968662211
x8 := −.567143290409783872999968662210
x9 := −.567143290409783872999968662211
x10 := −.567143290409783872999968662210

Al quarto passo si ottiene praticamente il valore esatto, se ci limitiamo a guardare 10 cifre


come prima; per vedere qualche differenza tra le varie approssimazioni ne richiedo 30, ma
siamo al limite della precisione di Maple (si noti che le ultime tre approssimazioni sono da
considerarsi errate, perché per costruzione la successione (xn ) deve essere decrescente, mentre
x8 < x7 ).

In generale (a meno che f 0 non si annulli nello zero cercato) il metodo di Newton converge
più rapidamente. Tuttavia il metodo di Newton richiede che a ogni passo si valutino sia f
sia la sua derivata, mentre il metodo delle secanti richiede solo valutazioni della funzione f .
Questo comporta che in pratica il metodo delle secanti possa essere più veloce.

7. Polinomi di interpolazione

Se, come spesso accade, la funzione f ha derivate di qualsiasi ordine in tutti i punti del-
l’intervallo I, si possono scrivere i polinomi di Taylor di ogni grado. Ci aspettiamo che al-
l’aumentare del grado migliori il livello dell’approssimazione; ma, in genere e come vedremo
negli esempi, questo accade solo vicino al punto x0 .

In altre parole, osservando i grafici dell’esempio 1.8, al crescere di n non solo migliora il grado
di approssimazione, ma anche si estende la regione in cui tale approssimazione è buona. Nel
prossimo esempio vediamo come l’approssimazione dei polinomi di Taylor per alcune funzioni
è un fatto semplicemente locale.

ZEsempio 1.21. Sia f (x) = 1/(1 − x) e x0 = 0.


1.7 – Polinomi di interpolazione 21

1 2 2·3 (iv) 4!
Le derivate sono: f 0 (x) = (1−x) 00 000
2 , f (x) = (1−x)3 , f (x) = (1−x)3 , f (x) = (1−x)4 , e cosı̀ via
(n) n! 0 00 000 (n)
f (x) = (1−x)n+1 . Ne segue che f (0) = 1, f (0) = 1, f (0) = 2, f (0) = 3!, f (0) = n! e

Tn (x) = 1 + x + x2 + x3 + · · · + xn .

Un altro esempio è dato dalla funzione g(x) = log(1 + x), che ha polinomio di Mclaurin

x2 x2 xn
Tn (x) = x − + + · · · + (−1)n .
2 3 n!

Nelle figure che seguono, a sinistra vedete la situazione per f a destra per g.
6 3

5
f
T 2
1
T
4 2
T3
T
4
3 1

2
0
1 g
T1
T2
0 −1 T3
T4

−1
−2
−2

−3 −3
−2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2

Come si può vedere dalle figure precedenti, il grado di approssimazione peggiora sensibilmente
al crescere di n quando x è al di fuori dell’intervallo [−1, 1]. Si potrebbe essere indotti a
pensare che questo comportamento dipende dal fatto che le funzioni f e g tendono a infinito
per x → −1.

h
Non è una buona spiegazione! Guardate questo
T

1.5
T
T
2
4 esempio: ora sostituiamo −x2 nella funzione
6

f al posto della variabile x, otteniamo che il


1 polinomio di Taylor di h(x) = 1/(1 + x2 ) è

T2n (x) = 1 − x2 + x4 − x6 + · · · + (−1)n x2n .


0.5

Anche questi polinomi funzionano bene solo se


−0.5 −1 < x < 1, anche se la funzione h è infinite
volte derivabile.
−1
−2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2

©
22 Capitolo 1

Una spiegazione spero esauriente seguirà quando parleremo di serie e serie di Taylor. Per ora
accontentiamoci di pensare che se vogliamo approssimare tramite polinomi la funzione h(x) =
1/(1+x2 ) su tutto l’intervallo [−2, 2], il polinomio di Taylor non è la migliore soluzione, perché
tale polinomio cessa di fornire buone approssimazioni al di fuori dell’intervallo [−1, 1].

Una soluzione può essere quella dei polinomi interpolanti che vedremo in questa sezione.

Sia f : [a, b] → R una funzione e siano assegnati n + 1 punti distinti, che indichiamo con
x0 , . . . , xn , dell’intervallo chiuso e limitato [a, b]. Per capire meglio come può essere fatto il
grafico di f , cerchiamo di approssimare la funzione f con un polinomio P passante per i
medesimi punti, ossia tale che
P (xi ) = f (xi ) ∀i = 0, 1, . . . , n.
Siccome le funzioni polinomiali sono molto più facili da trattare, questo procedimento do-
vrebbe, in qualche caso, semplificarci la vita.

Per comodità, supponiamo che


x0 < x1 < · · · < xn .
Teorema 1.22. Esiste un unico polinomio P di grado n tale che
P (xi ) = f (xi ) ∀i = 0, 1, . . . , n.
Questo polinomio è dato da
n
X
P (x) = f (xi ) Li (x)
i=0
dove gli n + 1 polinomi Li sono definiti da
n
Y x − xk
Li (x) =
k=0
xi − xk
k6=i

e costituiscono una base dei polinomi di grado n.

Dimostrazione. I polinomi Li sono di grado n e verificano


(
1 se i = j,
Li (xj ) =
0 se i 6= j.
Quindi i polinomi Li sono n + 1 e inoltre sono linearmente indipendenti. Siccome i polinomi
di grado n sono uno spazio vettoriale di dimensione n + 1, allora i polinomi Li costituiscono
una base dei polinomi di grado n.

Cerchiamo allora un polinomio di grado n tale che P (xi ) = f (xi ) per ogni i = 0, 1, . . . , n.
Necessariamente n
X
P (x) = ci Li (x)
i=0
per certi coefficienti reali ci e inoltre P (xi ) = f (xi ) accade se e solo se ci = f (xi ).
1.7 – Polinomi di interpolazione 23

Oppure, più semplicemente, un polinomio P di grado n ha la forma


n
X
P (x) = ai xn
i=0

per certi coefficienti reali ai . Richiedere che P (xi ) = f (xi ) è equivalente a richiedere che gli
ai siano soluzioni del sistema lineare
Pn n
 i=0 ai x0 = f (x0 )

..
.
Pn

n
i=0 ai xn = f (xn )

che in forma matriciale si scrive


1 x1 . . . xn0 a0 f (x0 )
     

Ma = Y dove M =  ... ... .. 


. a =  ...  Y =  ...  .
1 xn . . . xnn an f (xn )
Q
Non è difficile provare che il determinante di M vale i<j (xj − xi ) e quindi è diverso da
zero se i punti xi sono distinti. Ma allora il sistema ha un’unica soluzione, che è il polinomio
interpolante cercato. 
ZEsempio 1.23. Consideriamo sull’intervallo [−1, 2] la funzione f (x) = ex .
a) Scelti i punti −1, 0 scriviamone il polinomio interpolante di grado 1;
b) scelti i punti −1, 0, 1 scriviamone il polinomio interpolante di grado 2;
c) scelti i punti −1, 0, 1, 2 scriviamone il polinomio interpolante di grado 3.

a) Cerchiamo il polinomio P1 di grado 1 della forma a0 + a1 x in modo che


(
f (−1) = e−1 = P1 (−1) = a0 − a1
quindi a0 = 1 a1 = 1 − e−1
f (0) = 1 = P1 (0) = a0

e P1 (x) = 1 + (1 − e−1 )x.

b) Cerchiamo il polinomio P2 di grado 2 della forma a0 + a1 x + a2 x2 in modo che


 
−1

 f (−1) = e = P 2 (−1) = a 0 − a 1 + a2 a0 = 1

f (0) = 1 = P2 (0) = a0 quindi a1 = e−1/e
2

f (1) = e = P (1) = a + a + a a = −1 + e+1/e

2 0 1 2 2 2
e−1/e e+1/e
e P2 (x) = 1 + 2
x + (−1 + 2
)x2 .

c) Cerchiamo il polinomio P3 di grado 3 della forma a0 + a1 x + a2 x2 + a3 x3 in modo che


 
−1

 f (−1) = e = P 3 (−1) = a 0 − a 1 + a 2 − a3 
a0 = 1

f (0) = 1 = P (0) = a a = e − 1 e2 − 1 e−1 − 1

3 0 1 6 3 2
quindi 1 1

 f (1) = e = P 3 (1) = a0 + a1 + a2 + a3 
a2 = 2
e − 1 + 2e
 
f (2) = e2 = P3 (2) = a0 + 2a1 + 4a2 + 8a3 a3 = 16 e2 − 12 e + 21 − 6e
1
 
24 Capitolo 1

e P3 (x) ha l’(orribile) espressione

1 + e − 16 e2 − 31 e−1 − 1 1 1
x2 + 1 2
− 12 e + 12 − 1
x3 .
  
2
x+ 2
e −1+ 2e 6
e 6e

I grafici della funzione e dei tre polinomi trovati sono:

x
f(x)=e
3 P (x)
1
P2(x)
P (x)
3

−2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2

Dall’esempio fatto, l’approssimazione sembra migliorare al crescere del numero di punti scelti.

Ma quanto buona è l’approssimazione ottenuta? Iniziamo a ragionare dal caso più semplice:
quello in cui scegliamo due punti x0 e x1 e approssimiamo la funzione con il suo polinomio
P interpolante di grado uno, che è la retta passante per i punti (x0 , f (x0 )) e (x1 , f (x1 )).

Sappiamo che la differenza f (x) − P (x) è nulla per x = x0 , x1 e desideriamo ora valutare
la differenza f (x) − P (x) per un altro x in [a, b], che pensiamo fissato. Approssimiamo la
funzione (ignota) della variabile t
f (t) − P (t)
considerando il suo polinomio interpolante P̃ di grado due per i punti x, x1 , x2 , ossia il
polinomio
(t − x0 )(t − x1 )
P̃ (t) = (f (x) − P (x)).
(x − x0 )(x − x1 )
Imitando la dimostrazione del Teorema di Lagrange, introduciamo una nuova funzione au-
siliaria gx della variabile t, che coincida con la differenza tra la funzione f (t) − P (t) e il suo
1.7 – Polinomi di interpolazione 25

polinomio interpolante P̃ (t), ossia


(t − x0 )(t − x1 )
gx (t) = f (t) − P (t) − (f (x) − P (x)).
(x − x0 )(x − x1 )
La funzione gx ha la stessa regolarità di f e è nulla nei punti x, x1 , x0 . Se supponiamo che f
sia di classe C 2 , applicando due volte il teorema di Rolle, possiamo concludere che esiste un
punto c in (a, b) tale che gx00 (c) = 0. Siccome la derivata seconda di un polinomio di grado
uno è zero, si ha
gx00 (t) = f 00 (t) − P 00 (t) − P̃ 00 (t)
2
= f 00 (t) − (f (x) − P (x)).
(x − x0 )(x − x1 )
Allora dire che esiste un punto c in (a, b) tale che gx00 (c) = 0 vuol dire che esiste un punto c
in (a, b) tale che
2
f 00 (c) = (f (x) − P (x)),
(x − x0 )(x − x1 )
o anche
(x − x0 )(x − x1 ) 00
f (x) − P (x) = f (c).
2
L’ultima equazione scritta vale anche nei casi x = x0 , x1 (si riduce all’identità 0 = 0).

Riassumendo, abbiamo verificato che:

Teorema 1.24. Dati due punti distinti x0 e x1 dell’intervallo [a, b] e una funzione f di
classe C 2 sull’intervallo [a, b], possiamo formare il polinomio P interpolante di grado uno e
per ogni x in [a, b] esiste un punto c in (a, b) tale che
(x − x0 )(x − x1 ) 00
f (x) − P (x) = f (c).
2
In particolare quindi possiamo stimare l’errore commesso con
|(x − x0 )(x − x1 )|
|f (x) − P (x)| ≤ max |f 00 (c)|.
2 c∈[a,b]

In generale valgono:
Teorema 1.25. Supponiamo che f sia di classe C n+1 sull’intervallo [a, b]. Allora per ogni
x in [a, b] esiste ξ in [min(x, x0 ), max(x, xn )] tale che
(x − x0 ) · · · (x − xn ) (n+1)
f (x) − P (x) = f (ξ).
(n + 1)!
Corollario 1.26. Sia f una funzione di classe C n+1 sull’intervallo [a, b]. Allora
|(x − x0 ) · · · (x − xn )|
|f (x) − P (x)| ≤ max |f (n+1) (x)|.
(n + 1)! x∈[a,b]
26 Capitolo 1

Ma la dimostrazione di questi risultati non aggiunge alcun ingrediente interessante.

Riprendiamo l’esempio 1.23: notiamo che le derivate della funzione esponenziale sono limitate
sull’intervallo [−2, 2] e inoltre la distanza tra x e ciascuno dei punti prescelti xj è al più 4.
Allora la differenza tra ex e un suo polinomio interpolante Pn di grado n si controlla in questo
modo:
4n+1 4n+1
|ex − Pn (x)| ≤ max |ex | ≤ M .
(n + 1)! x∈[a,b] (n + 1)!

Siccome il fattoriale ha ordine di infinito superiore a 4n ne concludiamo che Pn (x) → ex


quando n → ∞.

ZEsempio 1.27. In generale non è detto che l’approssimazione migliori in tutti i punti!
Consideriamo la funzione
1
f (x) = su [−2, 2]
1 + x2

e interpoliamola considerando punti equispaziati di 2 unità, 1 unità, 1/2 e quindi polinomi


di gradi 2, 4, 8 rispettivamente. Con Maple

with(CurveFitting):
> a:=PolynomialInterpolation([-2,0,2],[1/5,1,1/5],x):
> p2:=collect(a,x);
> b:=PolynomialInterpolation([-2,-1,0,1,2],[1/5,1/2,1,1/2,1/5],x):
> p4:=collect(b,x);
> c:=PolynomialInterpolation([-2, -3/2, -1, -1/2, 0, 1/2, 1, 3/2, 2],
[1/5, 4/13, 1/2, 4/5, 1, 4/5, 1/2, 4/13, 1/5],x):
> p8:=collect(c,x);
> plot([1/(1+x^2),a,b,c],x=-2..2);

In questo modo otteniamo

1 1 4 3 2
P2 (x) = − x2 + 1 P4 (x) = x − x +1
5 10 5

e, dulcis in fundo,

3547450783405661 8 3769166457368519 6
P8 (x) = x − x
144115188075855872 18014398509481984

2833803457837733 4 307 2
+ x − x +1
4503599627370496 325
1.8 – Esercizi 27

1
Nel disegno, il grafico della funzione f è
quello in nero e il polinomio di grado due
0.9
è in blu.
0.8

Ci accorgiamo che il polinomio P8 (quello


0.7
in rosso), in vicinanza degli estremi −2 e
0.6
2, approssima la funzione peggio del poli-
0.5 nomio di grado 4 (quello in verde). Questo
strano comportamento prende il nome di
0.4
fenomeno di Runge. Questo fatto negativo
0.3 può essere superato con una scelta oppor-
0.2
tuna dei punti per cui far passare il poli-
nomio interpolante, ma questo esula dagli
0.1
−2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2 scopi che ci siamo prefissi.

In sintesi, il metodo ora descritto permette di descrivere il grafico di una funzione in un certo
intervallo fissato, purché la funzione sia sufficientemente regolare. Adopereremo i polinomi
interpolanti nel calcolo di integrali definiti.

8. Esercizi

1. Studiare il segno di f (x) = ex + log 1−x


e
in un intorno di 0.

2. Calcolare l’ordine di infinitesimo di cos(2x) + log(1 + 4x2 ) per x → 0.


2 h(x)
3. Sia h(x) = sin(x2 ) + a log(2 − ex ), con a ∈ R. Calcolare limx→0 x4
al variare di a ∈ R.

4. Sia f (x) = log(cos x) + 3 sin2 (αx). Per quali valori di α la funzione f (x) è un infinitesimo di
ordine 3 per x → 0? Per quali valori di α la funzione f (x) ha un minimo oppure un massimo
in 0?

5. Sia
f (x) = ex−tg x − 2.
a) Determinare il dominio di f e i limiti agli estremi del dominio.
b) Determinare massimi e minimi (assoluti e relativi) di f su tutto il dominio.
c) Determinare l’immagine di f .
d) Disegnare uno (o più) grafici qualitativi di f con Maple.
e) Dire quante soluzioni ha l’equazione f (x) = 0 e approssimare quella nell’intervallo (− π2 , π2 )
28 Capitolo 1

a meno di 10−4 .
f ) Dire se esiste ed eventualmente calcolare limx→±∞ f (x).

6. Sia
x2 ex
f (x) = .
x+6
a) Determinare il dominio di f e i limiti agli estremi del dominio.
b) Determinare massimi e minimi (assoluti e relativi) di f .
c) Determinare l’immagine di f .
d) Disegnare uno (o più) grafici qualitativi di f con Excel o MatLab.
e) Approssimare a meno di 1/1000 la radice dell’equazione f (x) = 1 con x ∈ [1, 2].

7. Siano a ∈ R e
f (x) = ex − 1 − a x.
a) Determinare il dominio di f e i limiti agli estremi del dominio, al variare di a ∈ R.
b) Approssimare a meno di 10−4 gli zeri di f con a = 2.
c) Determinare il dominio di g(x) = log(ex − 1 − 2x).
d) Determinare il numero di zeri di f al variare di a ∈ R.

8. Sia b ∈ R e √
f (x) = 1 + bx − sin x − cos x.
Studiare il segno di f in un intorno di 0, al variare di b ∈ R.

9. Sia
log x + 1
f (x) = .
log x − 1
a) Determinare il dominio di f e i limiti agli estremi del dominio.
b) Determinare gli intervalli di monotonia di f .
c) Determinare gli intervalli di concavità e di convessità di f .

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