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TESTO AD ALTA COMPRENSIBILITÀ

MATERIALI DI STUDIO INTEGRATIVI AD USO ESCLUSIVAMENTE INTERNO

DISCIPLINA:TECNOLOGIA MECCANICA
ad uso del triennio di meccanica

TRATTAMENTI TERMICI
DEI METALLI

PREREQUISITI
Conoscenza dei diagrammi di stato in generale e del diagramma Ferro / Carbonio in particolare

ELABORAZIONE PER L’ANNO SCOLASTICO 2008/2009


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INDICE

Pag. 2 GENERALITA’ SULLE LEGHE DEL FERRO


“ 2 GENERALITA’ SUGLI ACCIAI NON LEGATI
“ 3 GENERALITA’ SULLE GHISE NON LEGATE
“ 4 DIAGRAMMA DI RAFFREDDAMENTO DELL’ACCIAIO EUTETTOIDE AL
CARBONIO
“ 6 DIAGRAMMI DI RAFFREDDAMENTO DEGLI ACCIAI NON EUTETTOIDI AL
CARBONIO
“ 7 BAINITE E MARTENSITE
“ 7 DUREZZA DELLA MARTENSITE
“ 8 PROVE DI DUREZZA ROCKWELL
“ 9 GENERALITA’ SUGLI ACCIAI LEGATI
“ 10 GENERALITA’ SUI TRATTAMENTI TERMICI
“ 11 RICOTTURE DEGLI ACCIAI NON LEGATI O DEBOLMENTE LEGATI
“ 12 RICOTTURE IPERCRITICHE E INTERCRITICHE
“ 12 RICOTTURE SUBCRITICHE
“ 14 TRATTAMENTI DI TEMPRA
“ 14 TEMPRABILITA’ E GROSSEZZA DEL GRANO AUSTENITICO
“ 15 TEMPRA E RINVENIMENTO DI DISTENSIONE
“ 16 BONIFICA
“ 17 GENERALITA’ SUGLI ACCIAI DA BONIFICA
“ 17 GENERALITA’ SUGLI ACCIAI PER UTENSILI CHE LAVORANO A FREDDO
“ 18 CONTROLLO DI UNA FORNITURA IN ACCIAIO PER UTENSILI
“ 19 PROVE DI DUREZZA BRINELL
“ 20 PROVE DI DUREZZA VICKERS
“ 21 GENERALITA’ SULLE LEGHE DI ALLUMINIO
“ 21 DURALLUMINIO E BONIFICA DELLE LEGHE LEGGERE

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GENERALITA’ SULLE LEGHE DEL FERRO

Le leghe del Ferro sono materiali largamente usati per le costruzioni meccaniche
perché sono in grado di resistere, anche se in misura diversa, ai più svariati tipi di
sollecitazioni. Queste leghe contengono sempre, oltre al ferro, anche una certa %C residuo
dei processi produttivi, che risulta un importante riferimento, perché variazioni anche piccole
della %C comportano variazioni notevoli delle proprietà del materiale
Da molti anni si usa definire come ACCIAI le leghe con %C relativamente bassa
(%C<2) e con il termine GHISE quelle con %C relativamente alta (%C>2). Anche per effetto
del carbonio i primi hanno buona predisposizione alle lavorazioni per deformazione, mentre
le seconde hanno buona predisposizione alle lavorazioni per fusione
Oltre al carbonio queste leghe contengono anche altri elementi; alcuni di essi,
vengono chiamati impurezze perché non sono desiderati, ma vengono tollerati perché non
risulta conveniente la loro eliminazione. Altri elementi non vengono eliminati, o sono
volutamente aggiunti per migliorare le caratteristiche del prodotto e vengono chiamati
elementi leganti. In base alla composizione chimica le leghe del ferro possono essere
distinte in ACCIAI NON LEGATI o LEGATI ed in GHISE NON LEGATE o LEGATE. Apposite
tabelle indicano le percentuali limiti dei vari componenti per tale classificazione ( vedi UNI EN
10020))

GENERALITA’ SUGLI ACCIAI NON LEGATI

Questi materiali sono chiamati anche ACCIAI AL CARBONIO, e le loro strutture dopo
i processi produttivi primari possono essere dedotte dal diagramma Fe-C. Spesso vengono
indicati con sigle, come per es C40, che indicano la composizione chimica (il numero, diviso
per 100, indica la %C). Gli acciai non legati con %C=0,8 vengono chiamati anche ACCIAI
EUTETTOIDI. Analogamente gli acciai con %C<0,8 vengono definiti anche ACCIAI
IPOEUTETTOIDI, mentre gli acciai con %C>0,8 vengono definiti anche ACCIAI
IPEREUTETTOIDI
Tra gli acciai non legati, troviamo acciai importanti perché di semplice produzione e di
largo consumo, come per es. la maggior parte degli ACCIAI PER IMPIEGHI STRUTTURALI.
Vengono rappresentati con indicazioni convenzionali del tipo seguente; il numero
rappresenta la resistenza alla trazione statica, ma per la composizione chimica bisogna
guardare sulle tabelle. Sono caratterizzati, anche se in misura diversa, da buone proprietà
meccaniche e tecnologiche; sono facilmente saldabili e lavorabili per asportazione e per

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deformazione. Sono normalmente prodotti di laminazione a caldo, commercialmente


reperibili in tutte le forme e dimensioni, lunghe e piatte, con diametri e spessori superiori a
(3−4)mm. Vengono normalmente utilizzati per costruzioni di carpenteria o di calderia senza
trattamenti termici( in certi casi conviene eseguire un trattamento di ricottura), ma possono
essere scelti anche per prodotti generici, che non richiedano proprietà meccaniche troppo
elevate.
Il primo della serie è quello meno resistente ma il più lavorabile, mentre l’ultimo è
quello più resistente e meno lavorabile Si tratta normalmente di acciai ipoeutettoidi, con
quantità di perlite crescente al crescere della resistenza meccanica, che dipende anche dal
grado di dissociazione.

Fe 360 Fe 430 Fe 510

GENERALITA’ SULLE GHISE NON LEGATE

Questi materiali possono essere classificati in due gruppi, come GHISE BIANCHE e
GHISE GRIGIE.
Osserviamo che le strutture indicate dal diagramma Fe-C sono metastabili cioé,
soprattutto quelle con alte %C, tendono a modificarsi col tempo. In particolare i grani di
cementite tendono a scomporsi in grani di ferrite e di grafite. Alcuni elementi come il Mn, detti
carburigeni, tendono a rendere più stabili i grani di cementite, mentre altri elementi come Si,
detti grafitizzanti, tendono a renderli meno stabili
Le ghise bianche, pur essendo non legate, contengono elementi che, come il
Manganese, rende stabile il carburo di Fe, per cui tutto il carbonio è distribuito nei reticoli
della cementite e la loro struttura può essere dedotta dal diagramma Fe-C. Questi materiali
non hanno grande fusibilità, per cui i getti in ghisa bianca hanno normalmente forma
semplice. Pur avendo durezza elevata, i getti hanno resistenza alle sollecitazioni dinamiche
inaccettabili per molte applicazioni. Pertanto le ghise bianche figurano con il nome di GHISE
MALLEABILI, per produrre getti destinati ad un successivo trattamento di
malleabilizzazione
Le ghise grigie, pur essendo non legate, contengono elementi che, come il Silicio,
aumentano notevolmente la fusibilità del materiale, e quindi la possibilità di costruire getti di
forma anche molto complicata. Questi elementi però sono grafitizzanti, per cui il carbonio
risulta solo in parte distribuito nei reticoli della cementite, mentre la maggior parte si isola
formando grani di grafite. La struttura cristallina delle ghise grigie risulta normalmente

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costituita da grani lamellari di grafite disposti casualmente tra grani di ferrite e di perlite, per
cui non può essere dedotta direttamente dal diagramma Fe-C. se non si conosce la %C che
diventa grafite. Se si sa che in una ghisa grigia con %C=3,2, ¾ del carbonio è grafite, la sua
struttura è costituita da lamelle di grafite in una matrice di lega con %C=0,8, cioè a struttura
perlitica. La ghisa grigia viene molto usata anche se la presenza della grafite riduce
notevolmente la qualità meccanica a confronto con quella degli acciai. Un significativo
miglioramento si ha con la ghisa a grafite sferoidale, che si ottiene con trattamenti speciali
del metallo liquido, dopo aver aggiunto qualche elemento particolare (per es. Mg). Sulle
ghise grigie, a grafite lamellare o sferoidale, possono essere eseguiti quasi tutti i trattamenti
termici eseguibili sugli acciai. I loro effetti però sono limitati, in quanto influiscono solo sulla
parte ferrosa del materiale e non sui grani di grafite

DIAGRAMMA DI RAFFREDDAMENTO DELL’ ACCIAIO EUTETTOIDE


AL CARBONIO

Le temperature critiche A1, A3 ed Acm e le strutture stabilite dal diagramma Fe-C,


sono state stabilite in seguito a raffreddamenti lenti, cioè abbassamenti di temperatura di
poche decine di gradi all’ora. Se le velocità di raffreddamento sono più alte, le temperature
critiche e le strutture non sono più le stesse. Vedremo ora dei diagrammi che chiameremo
DIAGRAMMI DI RAFFREDDAMENTO, che indicano come variano le temperature critiche e
le strutture degli acciai al carbonio al variare della velocità di raffreddamento Vr
Supponiamo di avere una serie di provette in acciaio eutettoide (%C=0,8) con
dimensioni sufficientemente piccole da poter ritenere che la temperatura e la struttura sia la
stessa in tutti i suoi punti. Riscaldando le provette a temperatura di totale austenitizzazione e
raffreddandole, una dopo l’altra, in modo via via più drastica, si possono stabilire, con
particolari procedure di laboratorio, le temperature alle quali l’Austenite comincia a
trasformarsi e i prodotti della trasformazione. I risultati di questa sperimentazione sono
riportati nel seguente diagramma. Sull’asse orizzontale sono riportate le Vr (°C/s) mentre su
quello verticale sono riportate le temperature T(°C)
Sappiamo che, se il raffreddamento è lento, alla temperatura A1=723°C l’Austenite
diventa Perlite. Questo punto viene riportato in corrispondenza di Vr=0 perché un
raffreddamento lento, per es Vr=36°C/h, equivale a Vr=0,01°C/s, quindi molto vicino allo 0.
Aumentando Vr la trasformazione A → P avviene con variazione di velocità e la temperatura
di inizio trasformazione diminuisce con l’andamento indicato. Guardando questi materiali al

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microscopio ottico vediamo che i grani di Perlite risultano via via più sottili man mano che
aumenta Vr.
Quando Vr>Vi = ≈250 °C/s, detta RAFFREDDAMENTO CRITICO INFERIORE, la
linea A1 scende a ≈500°C e le temperature critiche diventano 2, a livelli che sono quasi
costanti. La prima è una continuazione di A1, ed arriva fino a Vs = ≈ 500 °C/s, detta
RAFFREDDAMENTO CRITICO SUPERIORE, mentre la seconda, a temperatura di ≈ 200
°C, supera Vs e viene indicata con Ms, che sta per MARTENSITE START
Quando Vr è compresa tra Vi e Vs l’Austenite, alla temperatura A1, comincia a
trasformarsi in un nuovo componente chiamato BAINITE, mentre alla temperatura Ms
l’Austenite non ancora trasformata comincia a trasformarsi in un nuovo componente
chiamato MARTENSITE. Alla temperatura ambiente avremo quindi un materiale costituito da
Bainite più Martensite, senza escludere la presenza di una certa quantità di Austenite non
trasformata, detta AUSTENITE RESIDUA
Quando Vr>Vs l’Austenite, alla temperatura Ms, comincia a trasformarsi direttamente
in Martensite e, alla temperatura ambiente avremo un materiale costituito soltanto da
Martensite, se si esclude la presenza di Austenite residua. La quantità di Austenite non
trasformata tende ad aumentare aumentando la drasticità del raffreddamento

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DIAGRAMMI DI RAFFREDDAMENTO DEGLI ACCIAI NON


EUTETTOIDI AL CARBONIO

I diagrammi di raffreddamento delle leghe con %C<0,8 differiscono da quello visto


soltanto nella prima parte, quella per i raffreddamenti più lenti, che risulta invece la seguente.
Raffreddando lentamente una provetta di Austenite, avremo sia la temperatura critica A3,
alla quale l’Austenite comincia a trasformarsi in ferrite, sia la A1 alla quale l’Austenite non
ancora trasformata inizia a trasformarsi in Perlite. Vediamo inoltre che aumentando Vr, A3 ed
A1 si abbassano e si avvicinano tra loro fino a coincidere. Per raffreddamenti prossimi a Vi
l’Austenite si trasforma in una struttura simile alla Perlite a grana fine, contenente però
lamelle di ferrite più pesanti. La Perlite normale contiene circa l’88% di Ferrite, ma questa ne
contiene di più
Il diagramma ha la stessa forma anche quando %C>0,8. Raffreddando lentamente
una provetta di Austenite, avremo sia la temperatura critica Acm, alla quale l’Austenite
comincia a trasformarsi in cementite, sia la A1 alla quale l’Austenite non ancora trasformata
inizia a trasformarsi in Perlite. Per raffreddamenti prossimi a Vi l’Austenite si trasforma in una
struttura simile alla Perlite a grana fine, contenente però lamelle di cementite più pesanti. La
Perlite normale contiene circa il 12% di Cementite, ma questa ne contiene di più
Nelle altre parti il diagramma si può considerare invariato, esclusa la temperatura Ms,
che si ritiene variabile al variare della %C con l’andamento indicato

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BAINITE E MARTENSITE

Quando l’Austenite, alla temperatura A1, comincia a trasformarsi in Perlite, il


carbonio, chiuso nella cella CFC del Feγ, trova l’energia per uscire prima che la cella CFC
diventi CCC formando la Ferrite perlitica, e si aggrega agli atomi di Fe rimasti liberi,
formando la Cementite perlitica. Guardando la Perlite al microscopio ottico si vedono le parti
scure che costituiscono la Ferrite e le parti chiare della Cementite. Guardando la Bainite,
detta anche STRUTTURA INTERMEDIA (tra la Perlite e la Martensite) i grani risultano
invece di color grigio uniforme, e ciò ha indotto a pensare che la Bainite fosse un materiale
chimicamente omogeneo. Usando il microscopio elettronico, si vede però che anche la
Bainite è costituita da sottili lamelle di Cementite e di Ferrite e quindi che è un materiale
chimicamente non omogeneo come la Perlite. Il meccanismo di formazione della Bainite è
come quello della Perlite. Alla temperatura Ms, che è di soli 200° circa, il carbonio non ha
molta energia, e rimane intrappolato nella cella del ferro mentre questa tenta di trasformarsi
da CFC a CCC. Si forma una cella simile a quella della Ferrite alfa e il nuovo componente
strutturale chiamato Martensite, viene normalmente definito come SOLUZIONE SOLIDA
SOVRASATURA DI CARBONIO NEL FERRO ALFA. Questa definizione è come quella della
Ferrite alfa, ma il termine SOVRASATURA indica che la cella della Martensite contiene molto
più carbonio di quella della Ferrite alfa.
Si ritiene che la cella elementare della Martensite sia TETRAGONALE, cioè CCC di
forma allungata, contenente fino a 2 atomi di carbonio per cella disposti al centro delle facce
minori. Visti al microscopio ottico i grani di Martensite, che come la Ferrite è un materiale
chimicamente omogeneo, risultano aghiformi e distribuiti senza direzione preferenziale.

DUREZZA DELLA MARTENSITE

Anche per la forma distorta della cella elementare, la Martensite è caratterizzata da


notevole durezza, che risulta tanto maggiore quanto più alta è la %C. Supponiamo di avere 4
piccole provette di leghe Fe-C con %C= 0,2 0,4 0,6 0,8 e di raffreddarle con Vr > Vs, per
es Vr = 550 °C/s, in modo da ottenere strutture quasi completamente martensitiche.
Misurando le durezze HRC e riportando i risultati in un grafico, si ottiene una curva crescente
come indicato. Osserviamo che se la %C fosse più alta, anche la durezza sarebbe maggiore,
ma in modo non proporzionale.

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Se le stesse provette fossero state raffreddate meno drasticamente (Vr=350-400


°C/s) in modo da ottenere strutture costituite, grosso modo, per metà da Martensite e per
metà da Bainite, l’andamento della curva delle durezze sarebbe ancora crescente, ma sotto
alla precedente come indicato, perché la Bainite è più tenera della Martensite. Con
raffreddamenti più drastici (Vr = ≈450 °C/s) per ottenere strutture costituite da 70% di
Martensite e 30% di Bainite, la curva delle durezze sarebbe intermedia tra le due trovate in
precedenza. Sinteticamente possiamo dire che la durezza di una struttura costituita da
Martensite e da Bainite è tanto maggiore quanto maggiore è la percentuale di carbonio e la
percentuale di Martensite.

PROVE DI DUREZZA ROCKWELL ( scala B e C )

Le prove di durezza sono procedure usate per controllare la resistenza di un


materiale alla penetrazione di un organo che tenta di attraversare la sua superficie. Si
eseguono con macchine chiamate DUROMETRI e consistono nell’applicare un carico
adeguato su un organo, detto PENETRATORE, appoggiato sulla superficie del materiale in
prova, che deve essere, possibilmente, liscia e piana.
Si deve ottenere un’impronta, cioè una deformazione permanente del materiale, che
sia facilmente misurabile, e in base alle dimensioni di essa si stabilisce la durezza del
materiale. Poiché la durezza deve indicare la resistenza alla penetrazione, essa deve
risultare tanto maggiore quanto più piccola risulta l’impronta. Esistono varie prove di durezza,
che si diversificano per il tipo di penetratore e per le modalità di caricamento
Molto usate anche in Europa sono le prove di durezza Rockwell, perché possono
essere eseguite su tutti i metalli; noi considereremo le due più importanti, indicate con HRC
ed HRB ( si parla anche di R. cono e di R. sfera )
La prova HRC si esegue su metalli duri, usando un penetratore in diamante a forma
di cono circolare retto. Il penetratore, montato sul durometro ortogonalmente alla superficie
del materiale in prova, viene portato in contatto con essa; si applica quindi sul penetratore un

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carico iniziale F0=10 Kgf, il quale produrrà una penetrazione h0, che viene azzerata sul
quadrante dello strumento. Data l’esiguità di questo carico non è prevista alcuna condizione
specifica, se non quella di un’applicazione senza urti. Si applica quindi, in un tempo variabile
tra 2 e 8 sec. un ulteriore carico F1=140 Kgf, raggiungendo così un carico totale F=F0+F1,
ed una penetrazione h1.
Trascorsi alcuni secondi, si toglie F1 (resta solo F0); si ha un ritorno elastico del
materiale e una penetrazione residua h < h1. La macchina fornisce direttamente la durezza
HRC=100-e, dove e=h/0,002 costituisce la penetrazione residua in unità Rockwell
(0,002mm) mentre h indica la penetrazione residua in mm. Il materiale dev’essere
sufficientemente duro da non dar luogo a valori negativi di HRC. Deve pertanto essere 100-
(h/0,002)>0, e quindi h<100*0,002=0,2mm. Il materiale in prova deve avere spessore s>8h,
e la prova può essere eseguita anche su superfici curve, usando opportune formule
correttive.
La prova HRB si esegue su metalli teneri, usando un penetratore sferico in acciaio
temprato, con diametro di 1/16 di pollice e durezza superiore ad 850 HV. Le modalità di
esecuzione della prova sono le stesse, salvo che F1=140Kgf ( raggiungendo così un carico
totale di 150Kgf), mentre HRB=130-e, in considerazione del fatto che il materiale è più
tenero. Dovrà comunque essere 130 – (h/0,002) >0, per cui h<130* 0,002=0,26mm.

GENERALITA’ SUGLI ACCIAI LEGATI

Possono essere del tipo FORTEMENTE LEGATO, oppure del tipo DEBOLMENTE
LEGATO. Apposite tabelle fissano le percentuali limiti per stabilire l’appartenenza all’uno o
all’altro gruppo. I primi hanno struttura che non può essere dedotta dal diagramma Fe-C, per
cui richiedono uno studio riservato. Vengono normalmente rappresentati con sigle che
indicano la composizione chimica. Nell’indicazione X10CrNi 18 9, per es. che si riferisce ad
un acciaio inossidabile, (il primo numero, diviso per 100, indica la %C, mentre gli altri 2
indicano, nell’ordine la %Cr e la %Ni)
Anche gli acciai debolmente legati vengono spesso rappresentati con sigle che
indicano la composizione chimica. Nell’indicazione 36CrNiMo4, che si riferisce per es. ad un
acciaio da bonifica, il primo numero si riferisce alla %C nel modo già visto, mentre il 4 si
riferisce alla %Cr. Questa va divisa per un numero tabulato, che per Cr è 4, per cui %Cr =~1,
ma per valori più precisi bisogna consultare le tabelle. Per stabilire le strutture di questi
materiali si può far riferimento al diagramma Fe-C anche se le temperature critiche A1, A3 ed
Acm sono diverse. Anche le %C dell’eutettico e dell’eutettoide e le %C limiti di solubilità nella

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Ferrite e nell’Austenite sono diverse, di solito inferiori. Se l’acciaio contiene del Si, per es., si
ha struttura completamente perlitica anche con %C<0,8, e la la massima %C che l’austenite
può contenere è minore del 2,06. Si può far riferimento anche ai diagrammi di
raffreddamento già visti, osservando che gli elementi leganti fanno normalmente diminuire i
valori di Ms, di Vi e di Vs. Nei libri si possono trovare delle formule empiriche utili per stabilire
le varie caratteristiche degli acciai debolmente legati in funzione delle percentuali degli
elementi componenti. La seguente formula di Carapella, per es, consente di stabilire la
temperatura Ms
Ms = 514 ( K1*K2***** ) K1=( 1 - 0,62 %C ) K2 = ( 1 – 0 ,092 %Mn ) K3 = ( 1 –
0,033 %Si )
Se abbiamo per es un acciaio con %C=0,25 %Mn=0,65 %Si=0,27 risulta:

Ms =514(1-0,62*0,25)(1-0,092*0,65)(1-0,033*0,27) = ~ 405 °C

GENERALITA’ SUI TRATTTAMENTI TERMICI E RELATIVE


ATTREZZATURE

Molte leghe metalliche assumono proprietà più elevate se si esegue un trattamento


termico secondo modalità stabilite. Vedremo alcuni dei più importanti trattamenti termici cui
possono essere sottoposti gli acciai non legati o debolmente legati. Un trattamento termico
consiste in una serie di operazioni durante le quali i prodotti meccanici o metallurgici
vengono sottoposti ad un CICLO TERMICO, cioè a delle variazioni della temperatura nel
tempo che, a partire dalla temperatura ambiente, ritorna infine alla temperatura ambiente.
Nella sua forma più semplice un ciclo termico può essere rappresentato con il seguente
diagramma nel piano temperatura, tempo. Questo ciclo comprende una fase di
riscaldamento fino alla TEMPERATURA DI REGIME (Tr) che ha una durata t1 ed una
velocità media Vris=(Tr−Tamb)/t1, una fase di permanenza alla temperatura di regime, per
una durata t2, ed una fase di raffreddamento fino alla temperatura ambiente (tamb) che ha
una durata t3 ed una velocità media Vraf=(Tr−Tamb)/t3
Le più importanti attrezzature usate nei trattamenti termici sono i FORNI PER
RISCALDARE e le VASCHE PER RAFFREDDARE; esse comprendono anche
apparecchiature per misurare e regolare la temperatura, per generare e controllare
l’ambiente dentro i forni e le vasche, ed attrezzature per il caricamento e per lo scaricamento
del materiale

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Il riscaldamento può essere ottenuto introducendo i pezzi nella camera di un forno e


sfruttando l’energia termica generata da resistenze elettriche applicate alle pareti o sulla
volta della camera. Dato che l’aria può provocare degli effetti dannosi sul materiale, spesso
si introduce nella camera, dopo aver chiuso ermeticamente la porta, un gas protettivo; si può
anche chiudere il materiale in contenitori con poco ossigeno, chiamati MUFFOLE, e si parla
di FORNI A CAMERA o A MUFFOLA. Questi forni vengono usati anche per raffreddamenti
lenti , lasciando il materiale nel forno caldo, dopo averlo spento
Il riscaldamento può essere ottenuto anche ponendo il materiale, ordinatamente
disposto in contenitori aperti (CESTE), in un crogiolo contenente sali liquidi, riscaldato
esternamente mediante bruciatori o resistenze elettriche. Il riscaldamento può essere
ottenuto anche introducendo resistenze elettriche nel crogiolo, o immergendo nei sali fusi dei
tubi percorsi da fumi o degli elettrodi tra cui si fa scoccare un arco. Si parla di FORNI A
CROGIOLO o A BAGNO DI SALI. Questi forni risultano costosi, ma consentono un
riscaldamento rapido e uniforme per l’effeto convettivo dei sali liquidi, che agiscono anche
come protezione dall’aria
I raffreddamenti più drastici si ottengono immergendo il materiale in VASCHE
TERMOSTATATE contenenti sali diluiti in acqua in movimento forzato. Il raffreddamento è
meno drastico se le vasche contengono OLIO o GLICERINA. Raffreddamenti ancora meno
drastici si ottengono lasciando raffreddare il materiale, dopo averlo tolto dal forno, in aria
soffiata o in aria calma.

RICOTTURE DEGLI ACCIAI NON LEGATI O DEBOLMENTE LEGATI

Sono trattamenti termici che consistono in un riscaldo fino alla temperatura di


ricottura, seguito da una permanenza a tale temperatura e da un raffreddamento lento. La
permanenza può essere a temperatura costante o con oscillazioni intorno ad un valore
costante. Esistono vari trattamenti di ricottura. Se la temperatura è superiore ad A3 o ad Acm

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si parla di ricotture IPERCRITICHE; se è inferiore ad A1 si parla di ricotture SUBCRITICHE,


altrimenti si parla di ricotture INTERCRITICHE. Le temperature, i tempi e le modalità di
esecuzione di questi trattamenti dipendono soprattutto dalla FORMA e dalle DIMENSIONI
del materiale, dallo stato fisico che esso aveva prima del trattamento e dallo scopo del
trattamento.
Osserviamo che quando un acciaio debolmente legato viene portato a temperatura
superiore ad A3 o ad Acm, si ottiene ancora austenite, che però è una SOLUZIONE SOLIDA
DI CARBONIO ED ALTRI ELEMENTI NEL FERRO GAMMA. Raffreddando lentamente
questi materiali avremo ancora che alla temperatura A1 l’austenite diventa perlite, ma questa
perlite ha %C<0,8 ed ora si dice che è costituita da ferrite e CARBURI perché, invece del
CARBURO DI FERRO, ora si formano carburi complessi di Fe e di altri elementi, per es
Fe2MnC. Inoltre la ferrite ora è una SOLUZIONE SOLIDA DI CARBONIO ED ALTRI
ELEMENTI NEL FERRO ALFA

RICOTTURE IPERCRITICHE E INTERCRITICHE

Con questi trattamenti la struttura del materiale, dopo il riscaldamento e la formazione


dell’ austenite, risulta molto diversa da quella iniziale. Fa parte di questo gruppo la
RICOTTURA COMPLETA, che viene normalmente fatta su pezzi che hanno già subito delle
lavorazioni o dei trattamenti. Lo scopo è annullare l’effetto di queste operazioni e ottenere la
completa disponibilità del materiale prima di procedere a successive lavorazioni o
trattamenti. Il riscaldo è sopra o all’interno dell’intervallo critico, e il raffreddamento è lento
soprattutto attraverso l’intervallo critico. Fa parte del gruppo anche la RICOTTURA DI
RIGENERAZIONE, detta anche R. DI AFFINAZIONE STRUTTURALE o
NORMALIZZAZIONE. Viene eseguita su pezzi fusi, stampati o laminati a caldo, cioè su pezzi
che hanno resistenza meccanica debilitata a causa dei grani cristallini irregolari prodotti da
tali lavorazioni. Lo scopo è rigenerare la struttura e costruirne una di nuova, più fine e
regolare; si vuole sostanzialmente normalizzare la struttura e la resistenza meccanica del
materiale. Il riscaldo è sopra l’intervallo critico, seguito da una breve permanenza a
temperatura e da un raffreddamento non troppo lento

RICOTTURE SUBCRITICHE
Con questi trattamenti la struttura del materiale dopo il riscaldamento, non risulta al
microscopio sostanzialmente diversa da quella iniziale. Fa parte di questo gruppo la

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RICOTTURA DI ADDOLCIMENTO detta anche R. DI MIGLIORAMENTO DELLA


LAVORABILITA’. Questo trattamento viene fatto su pezzi destinati a successive lavorazioni
che, o per la loro composizione chimica, o per le lavorazioni subite, risultano duri e poco
lavorabili. Lo scopo è diminuire la durezza (addolcimento) e aumentare la lavorabilità (per
asportazione o per deformazione). Si può ottenere lo scopo senza modificare
sostanzialmente la struttura cristallina e la forma del materiale, con riscaldo di qualche
decina di gradi al disotto di A1, mentre il tempo di permanenza a temperatura è più breve di
quello per la ricottura completa. Fa parte di questo gruppo anche la RICOTTURA DI
DISTENSIONE. Questo trattamento viene normalmente fatto su pezzi fusi o saldati o
stampati a caldo, cioè su pezzi con tensioni interne da raffreddamento. Viene eseguito anche
su pezzi stampati a freddo o che abbiano subito altre lavorazioni che hanno lasciato tensioni
interne con debilitazione della resistenza meccanica. Lo scopo è migliorare la resistenza
meccanica del materiale diminuendo le tensioni interne. Si vuole ottenere lo scopo con un
trattamento dal costo contenuto senza modificare la struttura cristallina, per cui il riscaldo è
al disotto di A1, mentre il raffreddamento dev’essere sufficientemente lento da evitare
squilibri termici che possano indurre nuove tensioni interne
Vediamo lo schema di un impianto per la ricottura di distensione di una grande serie
di pezzi formati a freddo (staffe in lamiera) e quindi con forti tensioni interne da lavorazione. Il
materiale viene introdotto con regolarità nella coclea di un forno a tamburo attraverso
l’apertura a destra, mentre un bruciatore provoca una corrente di gas caldo che fluisce da
sinistra verso destra ed esce attraverso tubi non rappresentati. I pezzi, trasportati dalla
rotazione del tamburo in controcorrente con i gas, vengono così riscaldati a circa 400 °C, e
quindi scaricati su un nastro trasportatore che provvede ad evacuarli mentre si raffreddano
all’aria. Può essere previsto lo scarico in un liquido con funzione protettiva, o lubrificante o
colorante

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TRATTAMENTI DI TEMPRA

La tempra è un trattamento che normalmente viene eseguito per aumentare la


resistenza dei prodotti in acciaio, sia di forma indefinita (laminati lunghi o piatti) che definita
(utensili, molle, cuscinetti, ingranaggi). Consiste sostanzialmente in un riscaldo alla
TEMPERATURA DI TEMPRA, seguito da una permanenza a temperatura e da un
raffreddamento drastico.
La temperatura di tempra è normalmente superiore ad A3 per gli acciai ipoeutettoidi,
e quindi con austenitizzazione totale, mentre per gli acciai ipereutettoidi può essere
superiore ad Acm oppure soltanto superiore ad A1, e quindi con austenitizzazione totale o
parziale. Il raffreddamento può essere più o meno drastico, e si ottiene immergendo il
materiale in un fluido che, normalmente ma non necessariamente, è a temperatura
ambiente.
In alcune applicazioni, piuttosto rare, si vuole ottenere una struttura prevalentemente
bainitica, per cui il raffreddamento sarà poco più drastico di Vi e si parla di TEMPRA
BAINITICA. Nella maggior parte delle applicazioni si vuole ottenere invece una struttura
prevalentemente o completamente marteisitica, per cui i raffreddamenti saranno più drastici,
e si parla di TEMPRA MARTENSITICA
Osserviamo che i raffreddamenti drastici comportano tensioni interne al materiale
che, se il pezzo ha forma complicata, possono comportare distorsioni o rotture. Il
raffreddamento, pertanto, deve essere il meno drastico possibile compatibilmente con
l’esigenza di ottenere il quantitativo voluto di martensite
Raramente la tempra martensitica costituisce l’ultimo trattamento di un prodotto; per
vari motivi a questo trattamento vien normalmente fatto seguire almeno un trattamento di
rinvenimento

TEMPRABILITA’ E GROSSEZZA DEL GRANO AUSTENITICO

La temprabilità è una proprietà che riguarda soltanto gli acciai, anche legati, destinati
a tempra martensitica. E’ la capacità di generare, in seguito ad un raffreddamento, una
grande quantità di martensite. Osserviamo che per gli acciai debolmente legati la martensite
si può definire come una SOLUZIONE SOLIDA SOVRASATURA DI CARBONIO, E ALTRI
ELEMENTI, NEL FERRO ALFA, e che la durezza di questa martensite dipende poco dai
leganti ma , come per gli acciai al carbonio, quasi esclusivamente dalla %C.

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La temprabilità dipende da Vs; più bassa è Vs, più alta è la temprabilità. Se un


acciaio ha Vs=500 °C/s ed un altro ha Vs=300 °C/s, il secondo ha maggior temprabilità
perché con uno stesso raffreddamento, per es 400 °C/s, il primo genera una struttura di
bainite+martensite, mentre il secondo genera quasi tutta martensite
La Vs di un acciaio diminuisce all’aumentare della %C e all’aumentare della
percentuale di leganti quali Ni Cr Mo ed altri. Mentre dipende in minima parte dalla %C,
dipende in misura maggiore dagli altri elementi leganti. Vs dipende anche dalla grossezza
dei grani che l’austenite ha prima del raffreddamento, che a sua volta dipende dalla
temperatura e dal tempo di austenitizzazione. Quanto più alta è la temperatura di
austenitizzazione e quanto più prolungata è la permanenza a temperatura, tanto più grossi
risultano i grani austenitici, tanto minore risulta Vs e maggiore la temprabilità. Possiamo dire
che la temprabilità dipende dalla composizione chimica e dalla grossezza dei grani
austenitici
Secondo la normativa(UNI 3245) le dimensioni dei grani austenitici sono stabiliti da
un INDICE DI GROSSEZZA G, dato dalla seguente espressione. I logaritmi possono avere
qualsiasi base, purchè sia la stessa per entrambi, mentre m indica il numero di grani per
mm² di superficie. I più usati indici di grossezza dell’austenite sono G=5,6,7,8
G = (lg m/ lg 2) –3

Es. Calcolare m per G=5 e per G=8. Per G=5 Lg m = 8* Log 2 =~ 2,41 Æ m =~ 257

TEMPRA E RINVENIMENTO DI DISTENSIONE

Il rinvenimento è un trattamento con ciclo termico analogo a quello di una ricottura


subcritica, ma che viene eseguito soltanto dopo una tempra martensitica. Quando la
temperatura di rinvenimento è relativamente bassa (grosso modo minore di 300 °C) si parla
di RINVENIMENTO DI DISTENSIONE. La coppia di trattamenti costituita da tempra
martensitica e rinvenimento di distensione si esegue normalmente su prodotti che devono
avere soprattutto resistenza alla penetrazione e all’usura, anche se limitatamente alle basse
temperature, come per es. anelli e sfere per cuscinetti e utensili che lavorano a freddo. Con
la tempra si ottiene una struttura costituita da una forte preponderanza di martensite, molto
resistente alla penetrazione e all’usura, ma anche con tensioni interne elevate. Con il
successivo rinvenimento di distensione la martensite viene liberata dalle tensioni interne, e
ciò comporta un significativo aumento della resistenza alle sollecitazioni dinamiche senza
ridurre in modo significativo la durezza.

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BONIFICA

Il termine rinvenimento, senza altre precisazioni, si usa quando la temperatura di


regime è relativamente alta (grosso modo maggiore di 300 °C) e la coppia di trattamenti
costituita da tempra martensitica e rinvenimento, viene chiamata BONIFICA. La bonifica, che
è un trattamento riservato ad organi destinati ad agire sotto un carico elevato, prevede di
ottenere con la tempra una struttura costituita da almeno il 50% di martensite. Durante il
successivo rinvenimento, che viene normalmente fatto a temperatura compresa tra 400 e
600 °C, una parte del carbonio esce dai reticoli della martensite e si ottiene una struttura
chiamata SORBITE. Questa struttura è costituita da piccoli grani tondeggianti di carburi
immersi in una matrice di Bainite e di Martensite rinvenuta (con poco carbonio).
La Sorbite è caratterizzata da resistenza meccanica complessivamente superiore sia
a quella che il materiale aveva prima della tempra, sia a quella che aveva dopo la tempra.
Tale resistenza può comunque essere regolata variando la temperatura e il tempo di
rinvenimento. Con alte temperature e tempi di rinvenimento prolungati si ottiene una maggior
resistenza alle sollecitazioni dinamiche a scapito della resistenza alle sollecitazioni statiche e
viceversa, mentre la durezza resta discretamente elevata.
Vediamo lo schema di un impianto per la bonifica di una serie di pezzi di medie
dimensioni, ordinatamente disposti entro canestri metallici. La camera del forno viene
riscaldata con tubi radianti e riempita con gas protettivo, fatto circolare mediante la soffiante,
per avere uniforme distribuzione di temperature. Dalla postazione di carico i canestri
vengono posti sul trasportatore a catena che li porta, verso destra, all’interno del forno. Qui
permangono, alla temperatura di tempra, per il tempo necessario affinché avvenga la fase di
austenitizzazione. I canestri vengono quindi spostati, verso sinistra, su una parte del
trasportatore che consente di calare il canestro nella coppa dell’olio, affinché avvenga la fase
di raffreddamento. Il canestro viene quindi estratto, portato alla postazione di scarico, e
caricato su un carrello per portarlo al forno a campana a resistenze, per il rinvenimento. Nei
forni a campana le pareti e la volta costituiscono una campana che può essere sollevata,
nella fase di carico o scarico del materiale, o abbassata, nella fase di riscaldamento. Dopo il
riscaldamento, il carrello viene estratto per un raffreddamento in aria calma.

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GENERALITA’ SUGLI ACCIAI DA BONIFICA

Sono materiali adatti alla costruzione di organi di forma più o meno semplice, come
alberi, bielle, supporti ecc., ma destinati ad agire sotto carichi molto intensi, che acquistano
buona resistenza solo dopo trattamento di bonifica. Possono essere acciai al carbonio o
debolmente legati. Vediamo la designazione convenzionale di due rappresentanti del
gruppo:
C40 40 Ni Cr Mo 4

Sono reperibili in forma di laminati, lunghi o piatti, allo stato naturale di laminazione, o
dopo ricottura di addolcimento, o normalizzazione, e quindi caratterizzati da struttura
ferritico-perlitica. Possono essere reperiti anche allo stato bonificato, e quindi con struttura
Sorbitici.
I laminati in acciaio al carbonio sono poco pregiati perché sono poco temprabili, e
consentono di costruire soltanto pezzi di piccolo spessore. Solo con piccoli spessori il
raffreddamento può dar luogo ad un sufficiente quantitativo di Martensite.
I laminati in acciaio debolmente legato sono più pregiati perché più temprabili e
consentono di costruire anche pezzi di grosso spessore. Anche con grossi spessori il
raffreddamento può dar luogo ad un sufficiente quantitativo di Martensite.

GENERALITA’ SUGLI ACCIAI PER UTENSILI CHE LAVORANO A


FREDDO

Sono materiali adatti alla costruzione di utensili quali punzoni, stampi, lame, filiere
ecc., cioè prodotti con elevata resistenza meccanica, anche se limitatamente alle basse
temperature. Questa proprietà viene acquisita dopo tempra e successivo rinvenimento di
distensione
Possono essere acciai al carbonio, o acciai legati; vediamo la designazione
convenzionale di tre rappresentanti del gruppo:
C90 90 Mn V Cr 8 X 165 Cr Mo W 12
Sono normalmente reperibili come barre tonde o con sezione rettangolare, allo stato
naturale di laminazione o dopo ricottura Vediamo subito che la %C risulta elevata, il che
significa struttura con perlite e carburi (a. ipereutettoidi) e martensite dura, dato che tale
durezza dipende soprattutto dalla %C.

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Osserviamo che questi utensili hanno, di solito, spessori limitati, per cui i
raffreddamenti di tempra si possono considerare UNIFORMI, cioè con Vr pressochè uguale
in tutti i punti del del pezzo.
L’acciaio C90 è il meno pregiato, perchè ha bassa temprabilità. Dato l’alto valore di
Vs, per ottenere il quantitativo voluto di martensite lo spegnimento dev’essere fatto in
acqua. Viene usato per costruire utensili di forma semplice, in grado di sopportare senza
inconvenienti lo spegnimento in acqua.
L’acciaio X 165 Cr Mo W 12 è il più pregiato, perché ha alta temprabilità. Fa parte
degli acciai detti AUTOTEMPRANTI perché, dato il piccolo valore di Vs, si può ottenere il
quantitativo voluto di martensite anche con spegnimento in aria. Viene usato per costruire
utensili di forma molto complessa, che possono sopportare senza inconvenienti soltanto lo
spegnimento in aria.
L’acciaio 90 Mn V Cr 8 è di media temprabilità e di maggior pregio. Dato il valore di
Vs non molto alto, si può ottenere il quantitativo voluto di martensite anche con spegnimento
in olio. Viene usato per costruire utensili di forma non molto semplice, in grado di sopportare
senza inconvenienti lo spegnimento in olio, ma non in acqua.

CONTROLLO DI UNA FORNITURA IN ACCIAIO PER UTENSILI

Una azienda acquista una fornitura di tondi laminati a caldo ( Φ = 32 ) in acciaio 90


Mn V Cr 8 KU (o similare) allo stato ricotto e pelato. Si tratta di un acciaio debolmente legato
per utensili che lavorano a freddo che, dopo la laminazione è stato sottoposto a ricottura di
lavorabilità e quindi a tornitura per asportare lo strato più esterno. La ricottura può essere
ottenuta con un impianto costruito come nel seguente schema. I tondi vengono allineati sulla
suola del forno e riscaldati, alla temperatura di circa 720 °C, dai fumi prodotti da bruciatori
posti sotto la suola, che hanno anche funzione protettiva dall’aria. Dopo 5, 6 ore i tondi
vengono prelevati e raffreddati in aria calma prima della pelatura
Per controllare la qualità del materiale si concorda di prelevare un saggio a caso, da
ogni 100 Kg del prodotto, e di far eseguire da una ditta esterna le seguenti prove di
collaudo.

PROVA DI COLLAUDO SU PROVETTA ALLO STATO RICOTTO : due misure HBS.( la


media deve risultare < 212 ) e due misure HRB ( la media deve risultare < 96 )

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PROVA DI COLLAUDO SU PROVETTA ALLO STATO TEMPRATO : due misure HV.( la


media deve risultare < 726 ) e due misure HRC ( la media deve risultare > 61 )

CARATTERISTICHE DEL TRATTAMENTO DI TEMPRA


Temperatura di tempra 800 °C dopo un preriscaldo a 600 °C
Permanenza a temperatura per 10 min prima del raffreddamento in olio

PROVE DI DUREZZA BRINELL

Prevedono l’uso di un penetratore sferico, in acciaio temprato o in carburi sinterizzati,


che, caricato in tempi e modi stabiliti, lascia come impronta sul materiale una calotta sferica.
La durezza Brinell di un materiale viene indicata con il simbolo HBS (sfera in acciaio)oppure
HBW (sfera in carburi) preceduto da un numero dato dal rapporto tra la forza applicata F
(Kgf) e la superficie della calotta sferica S ( mm² ); segue l’indicazione del diametro della
sfera D (mm) e, separata da una barretta, l’indicazione di F(Kgf).
Esempi: 350 HBS 5/750, 600 HBW 1/3

Indicando con d il diametro dell’impronta si può stabilire il valore di F/S in funzione di


D e d. Non sempre il risultato ottenuto è valido, perché il rapporto d/D dev’essere compreso
tra 0,24 e 0,6, il rapporto tra lo spessore s del pezzo e la profondità dell’impronta h
dev’essere >8 e il rapporto F/S deve risultare <650 con sfera in carburi e < 450 con sfera in
acciaio

Occorre una scelta adeguata del diametro D tra i valori 10 5 2,5 2


1 (mm) e della forza F(Kgf). Le sfere grandi danno indicazioni più precise ma, per avere
prove valide occorrono carichi elevati. Per ottenere rapidamente una prova valida si può

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stabilire F con la relazione empirica F(Kgf)=n D² (mm² ) dove n =10 per le leghe del rame,
n=20 per le ghise ed n=30 per gli acciai.

PROVE DI DUREZZA VICKERS

Prevedono l’uso di un penetratore a piramide retta a base quadrata in diamante, con


angolo al vertice tra facce opposte di 136 ± 0,5° che, caricato in tempi e modi stabiliti, lascia
come impronta una piramide retta. La durezza Vickers viene indicata con il simbolo HV
preceduto da un numero dato dal rapporto tra la forza applicata F (Kgf) e la superficie
laterale dell’impronta S ( mm² ); segue l’indicazione di F(Kgf) Es 320 HV 20

Indicando con d la diagonale dell’impronta si può stabilire che F/S = 2F sen 68°/d² .
Non sempre il risultato ottenuto è valido, perché il rapporto tra lo spessore s del pezzo e la
diagonale dell’impronta dev’essere >1,5 e nessuna deformazione deve apparire sulla faccia
opposta.

F può assumere uno tra i seguenti valori (Kgf) 0,2 0,3 0,5 1 2
2,5 3 5 10 20 30 50 Normalmente F=30 Kgf,
ma per grossi pezzi di materiale duro si consigliano carichi più alti , mentre per piccolo pezzi
in materiale tenero si consigliano carichi inferiori

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GENERALITA’ SULLE LEGHE DI ALLUMINIO

Le leghe di Alluminio, dette anche LEGHE LEGGERE, sono molto usate, sia per
ottenere prodotti da fonderia (getti) che prodotti da lavorazione plastica (laminati, estrusi,
ecc.) Le proprietà principali di questi prodotti sono la leggerezza e la resistenza alla
corrosione, che comporta anche ottime proprietà estetiche. I leganti che, come Mg, Si, Cu ed
altri vengono aggiunti all’Alluminio, hanno lo scopo di migliorare queste ed altre proprietà

Su questi materiali si possono eseguire trattamenti di ricottura, che hanno scopi e


definizioni quasi uguali a quelli visti per gli acciai, e il trattamento di bonifica, per ottenere
materiali con proprietà meccaniche migliorate. La bonifica delle leghe leggere comporta
fenomeni diversi da quelli che si hanno con la bonifica degli acciai

DURALLUMINIO E BONIFICA DELLE LEGHE LEGGERE

Vengono chiamate DURALLUMINIO le leghe di Alluminio che sono state sottoposte a


trattamento di bonifica. Il termine deriva probabilmente dal nome della città di Duren, dove ha
avuto inizio la produzione di materiali particolari che venivano sottoposti a bonifica.
Consideriamo come es la lega G−AlCu4,5. Fa parte delle leghe Al-Cu, da fonderia, sia per
getti colati in sabbia che in conchiglia. E’ una delle più semplici leghe leggere sensibile al
trattamento di bonifica.
Il rame, che in queste leghe varia dal 3 al 12 % circa, aumenta la fusibilità, anche se
riduce la resistenza alla corrosione della lega. In base al diagramma di stato Al-Cu si può
stabilire la struttura cristallina del materiale allo stato grezzo di colata. Tuttavia, raramente i
getti vengono utilizzati in questo stato, perché la presenza di grossi grani di intermetallico tra
i grani di soluzione alfa, comporta resistenza meccanica e resistenza alla corrosione limitate.
Il materiale viene invece utilizzato dopo bonifica
La bonifica è costituita da un primo trattamento di TEMPRA DI SOLUZIONE, seguito
da un RINVENIMENTO, detto anche INVECCHIAMENTO, che può essere naturale o
artificiale. Nel primo caso la bonifica viene indicata con TN, mentre nel secondo viene
indicata con TA
La tempra di soluzione è costituita da un lento riscaldamento alla temperatura di 450-
550 °C, seguito da una permanenza a temperatura per un tempo sufficiente affinché i grani
di intermetallico si sciolgano completamente formando soltanto soluzione solida alfa. Segue
un raffreddamento fino alla temperatura ambiente, sufficientemente drastico da impedire che

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i grani di intermetallico si formino nuovamente, e si ottiene una struttura costituita da grani di


soluzione solida alfa sovrasatura.
Questa struttura è alquanto instabile, nel senso che può modificarsi nel tempo ed in
seguito ad oscillazioni termiche. Lasciando il materiale per alcuni giorni alla temperatura
ambiente, avviene il RINVENIMENTO NATURALE, cioè la formazione spontanea, tra i grani
di alfa, di granelli dell’intermetallico Al2 Cu, che comporta miglioramento e stabilizzazione
delle varie proprietà
Risultati migliori si ottengono con il RINVENIMENTO ARTIFICIALE. Dopo la tempra
viene fatto seguire un riscaldamento alla temperatura di circa 190 °C, seguito da un lento
raffreddamento per una durata complessiva di 10-20 ore. Ciò comporta la formazione di
grani lamellari molto sottili di Al2 Cu.

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