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Propedeutica filosofica – Parte I (Prof. Francesco Camera)


ARGOMENTO 4
Esame delle principali tematiche del Libro VII: Lezioni 29-42
Tutte le lezioni sono state registrate sulla Piattaforma Teams dell’insegnamento

LEZIONE 29-30 (29.10.21, ore 11-13)


Discussione delle domande degli studenti in presenza e in remoto relative agli
argomenti svolti (Argomento 1, 2 e 3). Approfondimenti e chiarimenti dei principali
temi trattati nelle lezioni svolte.

LEZIONE 31-32 (04.11.21, ore 15-17)


Introduzione al libro VII della Repubblica. Le tre parti principali del libro: I) mito della
caverna (514A-517D); II) le discipline necessarie alla formazione del vero filosofo (la
paideia) (522C-535A); III) l’itinerario di formazione coronato dalla dialettica (535A-
540C). Esame della parte I, in cui viene trattato il mito della caverna. Lettura e
commento di 514A-517A. Il significato del ricorso alla narrazione mitica. Esame
dettagliato delle quattro tappe della narrazione: 1) la condizione dei prigionieri nella
caverna e il ruolo determinante delle ombre; 2) la conversione verso la luce e la
conoscenza delle realtà intelligibili rappresentate dai corpi celesti; 3) la visione del
mondo fuori della caverna che culmina con la contemplazione del sole; 4) la ridiscesa
nella caverna e le difficoltà di adattamento. La struttura della narrazione: importanza
delle contrapposizioni: interno-esterno, basso-alto, tenebra-luce.

LEZIONE 33-34 (05.11.21, ore 11-13)


Spiegazione del mito fornita da Socrate in 517A-C. Il mito non ha soltanto un
significato genericamente pedagogico, ma contiene altri tre importanti significati:
ontologico, epistemologico ed etico-politico. I primi due significati rimandano alle
precedenti metafore del libro VI (la metafora solare e quella della linea). Il significato
etico-politico è esemplificato dalla quarta tappa della narrazione. Il ruolo dell’idea del
buono all’interno del mito: la conferma della sua analogia col sole e della sua posizione
di vertice, che permette di “vedere” tutte le idee e in particolare l’idea di giustizia.
L’educazione del filosofo intesa come “conversione dello sguardo e dell’anima”
(psyches periagoghe) verso la sfera dell’intelligibile, come ascesa che culmina nella
visione dell’idea del buono. Il filosofo e la vita politica. Il nesso tra sapere e azione, tra
teoria e prassi. Lettura e commento di 517A-521B.

LEZIONE 35-36 (08.11.21, ore 11-13)


Esame della parte II del libro VII: le discipline necessarie alla formazione del vero
filosofo (la paideia primaria e quella avanzata) (522C-535A). I diversi gradi del
processo di educazione e le discipline necessarie. Come avviene concretamente la
formazione del vero filosofo. Il senso complessivo del processo: passaggio o ascesa dal
mondo del divenire alla sfera ideale o noetico-normativa del mondo delle idee. Esame
dei diversi saperi (mathemata) che fanno parte del processo educativo/formativo: il
“proemio” (521C-531D). L’aritmetica come “sapere comune”, ovvero come capacità di
trainare l’anima verso il pensiero puro. Una nuova classe di idee: i numeri ideali. La
geometria, la stereometria, l’astronomia e l’armonia. Tutte queste discipline risultano
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affini (“sorelle”) perché raggiungono un obiettivo comune. Importanza delle discipline


matematiche per la filosofia e loro riferimento alla metafora della linea alle forme del
“pensiero discorsivo” o dianoia). I limiti dei saperi matematici.

LEZIONE 37-38 (11.11.21, ore 15-17)


La necessità di procedere oltre i saperi matematici. Cosa c’è ancora da imparare oltre il
“proemio”? La dialettica (to dialeghestai, dialektike techne) come coronamento del
sapere del filosofo e come meta del processo di educazione. Diverse definizioni di
“dialettica” in 531C-535A. Definizione generale: dare e ricevere ragione (logon
didonai). La dialettica rende “capaci di interrogare e rispondere nel modo più
scientifico” (534D). La dialettica permette di giungere all’essenza del buono tramite il
discorso (logos). Questa è la “potenza (dynamis) della dialettica”. Perché la dialettica è
superiore ai saperi della dianoia? Perché arriva a togliere e a giustificare le “ipotesi”,
giungendo alla conoscenza del principio primo non ipotetico (“an-ipotetico”). Di che
tipo è questa conoscenza? Intuitiva o discorsivo-proposizionale? Possibile differenza tra
queste due interpretazioni nell’esposizione del libro VI e in quella del libro VII. Lettura
e commento di 531D-535A.

LEZIONE 39-40 (12.11.21, ore 11-13)


Esame della parte III del libro VII: le diverse tappe dell’educazione del filosofo
dialettico corrispondono ad altrettante fasi della vita del singolo individuo. Lettura e
commento di 535A-541B. L’importanza dell’acquisizione di capacità di sintesi: la
definizione del filosofo come colui che getta uno sguardo sull’insieme dei saperi e sulla
totalità (synoptikos: 537C). Perché lo studio della dialettica deve essere praticato in età
matura. Critica degli usi impropri della dialettica e della sua degenerazione a eristica.
L’applicazione della dialettica alla pratica dell’amministrazione dello Stato. Quando il
filosofo dialettico potrà assumere compiti di governo nello Stato. Osservazioni
conclusive: lo Stato di cui si è discusso è un progetto realizzabile o un’utopia (un “pio
desiderio”)? Il modello della kallipolis non deve essere solamente costruito “nei
discorsi” e contemplato, ma deve essere anche tradotto nella prassi. Il filosofare come
ricerca che coinvolge il singolo individuo e come impegno personale. Conferma del
nesso tra teoria e prassi. Ricapitolazione conclusiva sul concetto platonico di filosofia e
sulla figura dell’autentico filosofo. La filosofia non è una dottrina ma una pratica di
vita: non si impara ma si fa.

LEZIONE 41-42 (22.11.21, ore 11-13)


Esame della critica di Aristotele alla dottrina platonica delle idee in Metafisica, I, 6 e 9.
Perché Platone elabora la sua teoria delle idee. Essa si inserisce nel contesto della
ricerca aristotelica delle cause prime. La domanda guida: che tipo di cause sono le idee?
In quanto “modelli” corrispondono ad un tipo di causalità formale. Importanza della
distinzione tra cose sensibili, idee ed enti intermedi (idee-numeri, grandezze
matematiche), introdotta da Platone. Ma per Aristotele le idee non risolvono il problema
della causalità. Sono degli inutili doppioni delle cose esistenti nel mondo sensibile. La
teoria platonica incappa in due principali aporie: quella della partecipazione (methexis)
e quella della separazione (chorismos). Se le idee sono “separate” dalle cose sensibili,
allora queste ultime non possono entrare a far parte delle idee. Le idee sono eterne e
immutabili: quindi non spiegano il divenire perché non possono essere causa
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efficiente/motrice delle cose sensibili. La soluzione aristotelica propone una diversa


concezione della sostanza (ousia, forma), che la intende come “sostanza individuale”
(tode ti) e non come modello universale dotato di uno spessore ontologico autonomo.
Per Aristotele l’universale non può mai essere sostanza (soggetto), ma è sempre un
predicato della sostanza, ovvero un concetto logico (mentale) che si trova nel pensiero e
non ha quindi un significato ontologico.

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