Vaticano II
diretta da Giuseppe Alberigo
Volume 3
Il concilio adulto
Il secondo periodo e la seconda intersessione
settembre 1963 - settembre 1964
Giuseppe Alberigo
Joseph Famerée
Reiner Kaczynski
Alberto Melloni
Claude Soetens
Evangelista Vilanova
Copyright © 1998 per l'edizione italiana by Società editrice il Mulino, Bologna. È vieta-
ta la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia,
anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.
Indice
Abbreviazioni e fonti 13
513
Conclusione. La nuova fisionomia del concilio
1. Continuità nella novità. 2. Passaggi cruciali. 3. Il concilio comin
eia a concludere. 4. L'eco dei grandi eventi «esterni». 5. Paolo VI
pellegrino a Gerusalemme. 6. Avvisaglie di post-concilio. 7. Verso il
terzo periodo. 8. Concilio in cammino. [G. A 1L • ]
zuseppe werzgo
536
Appendice
559
Indici
Indice dei nomi. - Indice tematico. Indice sommario.
Premessa
Premessa
di loro, non solo per l'apporto singolare dato al concilio, ma anche per
la loro testimonianza di fedeltà al suo insegnamento.
Giuseppe Alberigo
Abbreviazioni e fonti
I precedenti volumi della Storia del concilio Vaticano II (vol. 1, Il cattolicesimo verso una
nuova stagione. LJannuncio e la preparazione. Gennaio 1959 settembre 1962, Bologna
1995, e vol. 2, La formazione della coscienza conciliare. Ottobre 1962 settembre 1963, Bo-
logna 1996) sono indicati rispettivamente con le sigle S/V 1 e SIV 2.
FONTI E ARCIIlVI
Nel corso delle ricerche sulla storia del concilio sono continuati la disponibilità ed il ri-
trovamento di numerosi fondi privati dei partecipanti a vario titolo al Vaticano II: que
ABBREVIAZIONI E FONTI 15
ste carte integrano e completano i documenti dell'Archivio del concilio Vaticano II volu-
to da Paolo VI come entità distinta dall'Archivio segreto Vaticano ed aperto agli studio-
si per lo zelo di V. Carbone. Un uso sistematico di tali fonti è stato fatto nei numerosi
studi, nelle monografie e nei colloqui che preparano e corredano questi volumi della
Storia del concilio Vaticano II e di cui si trova un censimento analitico sia in J. FAME
RÉE, Vers une histoire du Concz"/e Vatican II, in <<RHE» 89 (1994), pp. 638 641, sia in A.
GREILER, Ein internationales Forschungsproj'ekt zur Geschichte des Zweitens Vatikanums,
in Zeugnis und Dialog. Die katholische Kirche in der neuzeitlichen Welt und das II. Va
tikanirche Konzil. Klaus Wittstadt zum 60. Geburstag, hrsg. W. Wei8, Wiirzburg 1996,
pp. 571-578, sia in G. ROUTHIER, Recherches et publications récentes autour de Vatican
II, in «Laval théologique et philosophique» 53, 2 (juin 1997), pp. 435-454.
I documenti inediti ricavati da fondi privati o personali recano prima della segnatura o
della identificazione cronologica la lettera F, seguita dal cognome del titolare del fondo
(es.: F-Stransky). Le citazioni da diari, diversi da quelli indicati tra le abbreviazioni, re
cano la lettera D seguita dal cognome dell'autore.
Un elenco della collocazione dei fondi citati si trova in appendice al vol. Verso il Vatica-
no II; una lista aggiornata, curata da G. Turbanti, è a disposizione degli studiosi presso
larchivio dell'Istituto per le scienze religiose a Bologna ed è in stampa.
Le citazioni brevi di fonti edite sono date in traduzione italiana; per le fonti inedite rile
vanti è riportato in nota il brano del documento in lingua originale.
Storia del concilio Vaticano II
Il concilio adulto
Capitolo primo
Cosa si aspetta Paolo VI dal concilio? Cosa spera o teme? Fin dove
si lascerà portare e dove porterà la grande assemblea che il suo prede-
cessore era alla fine riuscito ad avviare? Questi interrogativi sono lo
sfondo su cui si snodano i prodromi del secondo periodo conciliare,
nell'estate del 1963. Ciò che era accaduto dalla morte di Giovanni
XXIII aveva, in fondo, seguito un corso abbastanza scontato.
Né i delusi né gli entusiasti avevano infatti avuto ragione di meravi-
gliarsi della elezione dell'arcivescovo di Milano nel conclave di giugno:
all'ex sostituto della segreteria di Stato in «esilio» a Milano, la fiducia di
Roncalli aveva conferito quel ruolo di papabile per eccellenza al quale
Montini pareva già destinato al tramonto del pontificato pacelliano. Ol-
tre che a dargli senza indugio la porpora e ammetterlo così al futuro
conclave, Giovanni XXIII aveva offerto al cardinale di Milano alcuni se-
gni di stima (la residenza in Vaticano durante i lavori conciliari, la presi-
denza della liturgia del 4 novembre 1962), che nel clima della corte pa-
pale vengono letti come una quasi-designazione.
Così come non stupivano le dichiarazioni con le quali il neo-eletto
Paolo VI, mostrando la più alta venerazione per il magistero roncallia-
no, annunciava l'intenzione di continuare il concilio: la scelta del prede-
cessore di aprire comunque il concilio - pur con tutti i limiti dovuti alla
natura della preparazione, ·alla pressione delle litigiose scuole romane
sulle commissioni e sui teologi, alla innaturale egemonia di una commis-
sione dottrinale, specchio fedele dell'organigramma curiale - aveva im-
posto le speranze, le intuizioni, le attese dell'episcopato al collegio cardi-
nalizio. Chi vorrebbe una rottura col passato roncalliano ha potuto farsi
sentire nei novendiali, nei sermoni De eligendo ponti/ice, sulla stampa1:
ma se questo dice qualcosa, è solo che c'è una zona della curia romana
che teme il «ritorno» di Montini in veste di continuatore vendicativo. A
chi osserva il passaggio di pontificato con un minimo di distacco e di
esperienza - ad esempio i diplomatici accreditati presso la S. Sede - è
evidente che il cardinale capace di raccogliere il consenso elettorale di
58 cardinali e insieme annunciare a 2.500 vescovi che il Vaticano II non
sarebbe proseguito non esiste. E Montini, d'altronde, ha rimontato qual-
che diffidenza politica2 e coagulato l'adesione di alcuni dei leader della
embrionale maggioranza che s'era espressa nel primo periodo del Vati-
cano IP, dichiarando nei discorsi pronunciati prima dell'apertura del
conclave la sua adesione alle scelte e al concilio di Roncalli. C'è dunque
un filo di ironia nel fatto che i cardinali italiani, che, dentro e fuori la
curia, osteggiano l'arcivescovo di Milano e cercano una contromossa
HEBBLETHWAITE, ]ohn XXIJI pope o/ the Council, London 1984, pp. 491-495; alcune os
servazioni in A. MELLONI, Pope ]ohn XXIII: Open Questions /or a Biography, in «The
Catholic Historical Review», 72 (1986), pp. 51-67.
2 È il caso, ad es., del cancelliere tedesco Adenauer, il quale sogna di candidare il
card. Testa, in modo da limitare «i danni» già compiuti da Giovanni XXIII nei rapporti
col mondo comunista e che . 11 ~ suo giudizio sarebbero aggravati dalla elezione di
Montini: il cancelliere lo dice >ili'ambasciatore francese Margerie in una colazione il 27
maggio 1963, telegramma segreto del 28 maggio 1963, n. 3786/88 da Margerie, Bonn a
Parigi, QO, EU 30/24. Adenauer non valuta le possibilità di Bea, il cui nome, giudicato
dai francesi «altamente improbabile», potrebbe aggregare chi «augura una conclusione
del concilio interamente conforme ai desideri della maggioranza», QO, EU 30/24, tel.
dell' ~b. La Tournelle nn. 169-177, Roma 2 giugno 1963. Il cancelliere palesemente
sconcertato dalla Pacem in terris teme che un pontificato Montini porti ancora più
lontano le tendenze del pontificato di Giovanni XXIII, «pericoloso tanto per l'Occiden-
te quanto per l'avvenire della cristianità», EU-30/24, tel. dell'amb. Margerie, nn. 101
103, Bonn 27 maggio 1963. È pure il caso del presidente della Repubblica italiana, che
tramite Luigi Gedda fa sapere la contrarietà della destra del partito della Democrazia
cristiana alla elezione di un uomo ritenuto troppo disponibile ai tentativi della segreteria
per dar vita ad una stabile maggioranza di centro-sinistra. EU-30/24, tel. dell'amb. La
Tournelle nn. 207-208, Roma 17 giugno 1963: «Il Presidente della Repubblica ha fatto
effettuare da Gedda una serie di passi presso i cardinali italiani e alcuni cardinali non
italiani. L'ex presidente dell'Azione cattolica avrebbe loro esposto la convinzione di Se
gni che il cardinal Montini, se uscito vincitore dal conclave, avrebbe impegnato la chiesa
in favore dell'apertura a sinistra».
3 Sono tentativi inutili, ma che s'intrecciano con (o speculano su) lostilità alla can
didatura di Montini espressa da molti italiani e/o curiali, sulla quale i francesi fanno il
punto in una riunione in ambasciata il 12 giugno. Secondo lambasciata francese presso
la S. Sede si sceglierà fra due candidature alternative (Siri/Montini) rispetto alle quali
esistono delle subordinate (Antoniutti o Marella, da un lato, Urbani dall'altro); la fiducia
dei porporati francesi verso Montini è, per l'ambasciatore, unanime e pienissima, dr.
EU 30/24, tel. dell'amb. La Tournelle nn. 201-204, Roma 13 giugno 1963.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 21
quella che - pur con vari apporti ed oscillazioni d'equilibrio certo signi-
ficative - Paolo VI azionerà nel corso dei lavori, senza mai definirne le
relazioni vicendevoli, ma sempre riservandone a sé l'equilibratura.
Nessuna fonte fra quelle oggi disponibili ci dice se il papa ha scelto,
da subito e con pieno intuito delle conseguenze, di lasciare aperta la
concorrenza fra un organo (il segretario di Stato) che media in quanto
strumento curiale sui lavori assembleari la volontà del pontefice, ed un
organo (i moderatori de/legati) che riceve invece dallo stesso Paolo VI il
compito di rappresentare l'aula presso di lui e dirigerne i dibattiti. Nul-
la, comunque, trapela in pubblico sugli equilibri, i contenuti9 , i piani e
l'agenda dei lavori1°: e chi, come l'ambasciatore del Belgio al ricevimen-
to del corpo diplomatico, sonda con qualche allusione le intenzioni pa-
pali riceverà in risposta un cortese silenzio 11• Ma anche i non pochi por-
porati che il papa ascolta per avere indicazioni o suggerimenti ignorano
i limiti, le possibilità, il quadro all'interno del quale il papa utilizzerà le
loro proposte12 : Paolo VI, infatti, domanda al cardinale di Monaco,
Dopfner, un appunto sulla possibilità di ridurre gli schemi da sottoporre
(1980), apr., p. 176, poi riedita in Giovanni Battista Montini Arcivescovo di Milano e il
Concilio Ecumenico Vaticano II. Preparai.ione e primo periodo, Brescia 1985, p. 186, ed
infine, con qualche variante, in Bicordi e speranze, Cinisello B. 1993, p. 134.
9 La data di convocazione della seduta inaugurale (la sessione pubblica, nel linguag-
gio conciliare) di un secondo periodo conciliare era inizialmente prevista per la metà di
settembre: rinviata di due settimane, essa diventa in qualche modo un orizzonte certo;
quivi s'inquadrano una serie di discorsi nei quali Paolo VI esprime pubblicamente il suo
pensiero sul concilio. Nulla viene detto sul concilio nell'incontro col clero romano del
24 giugno; e così pure nella risposta all'indirizzo di saluto del corpo diplomatico (che
aveva suggerito al papa come «in conclave, il concilio è stato la culla della sua elezio-
ne»), Paolo VI non dà nessuna indicazione in merito al concilio. Invece ne1rincontro coi
giornalisti del 29 giugno dedica un ampio paragrafo alla «prossima ripresa del concilio
ecumenico», nel quale promette ogni miglior servizio per conoscere e interpretare
l'evento, IdP, I, 1963, p. 46.
10 Nel discorso d'incoronazione del 30 giugno, nel quale il papa ripete formalmente
«riprenderemo la celebrazione del concilio ecumenico», si trova una singolare citazione
dello schema preparatorio De ecclesia sulla funzione del successore di Pietro («so1levati
aJla sommità della scala gerarchica delle potestà che opera nella chiesa militante, ci sentia-
mo nello stesso tempo posti ne1l'infimo ufficio di servo dei servi di Dio», IdP, I, 1963,
p. 26), ed un proposito («difenderemo la santa chiesa dagli errori di dottrina e di costu-
me», ibidem) che potrebbe essere rintracciato ne1lo schema De deposito cassato dal-
1' agenda conciliare.
11 Cfr. «OssRom»; l'indirizzo di saluto viene letto daJl'ambasciatore del Belgio, Fer
dinand Poswick, decano del corpo diplomatico e ben noto sia a Giovanni XXIII che a
Paolo VI: sarà lui a ritirare il messaggio ai governanti alla fine del concilio.
12 Cfr. Dinamiche, per la oscillazione de1le proposte di Dossetti ed i contatti con
Jedin.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 23
13 K. WITISTADT, Vorschliige von ]ul.ius Kardinal Dopfner an Papst Paul VI. i.ur
Forlfuhrung der Koni.ilsarbeiten (]uli 1963), in ]ulius Kardinal DOpfner 1913 1976, hrsg.
K. Wittstadt, Wiirzburg 1996, pp. 135 156.
l4 Cfr. G. COLOMBO, Genesi, storia e significato deltenciclica «Ecclesiam suam>>, in
«Ecclesiam suam» première lettre encyclique de Paul VI. Colloque internationale Rome
24-26 octobre 1980, Brescia 1982, pp. 131 160, in ispecie p. 136.
15 Accenni in F-Léger; Congar sa deU'udienza a Lebret su cui G. TURBANTI, LA
chiesa nel mondo, tesi di dottorato, rel. G. Alberigo, Univ. di Torino aa. 1996/1997, p.
96. Tracce memorialistiche indicano contatti similari anche con altri (ad es. Suenens,
Daniélou, Frings, Guitton, De Luca).
16 E nel ritiro il papa riflette sul significato, il dramma, della sua missione: «Come
una statua sopra una guglia, anzi una persona viva quale io sono. [. .. ] Io devo accentua-
re questa solitudine: non devo avere paura, non devo cercare appoggio esteriore che mi
esoneri dal mio dovere che è que1lo di volere, di decidere, di assumere ogni responsabi-
lità, di guidare gli altri anche se ciò sembra illogico e forse assurdo. E soffrire solo. Le
confidenze consolatrici non possono essere che scarse e discrete: il profondo dello spiri-
to resta con me. Io e Dio», appunto trascritto da P. Macchi, Commemorai.ione di Paolo
VI, in <<Istituto Paolo VI - Notiziario», 1 (1979), p. 53. In queste meditazioni spirituali,
così nette nell'intendere il significato della funzione petrina, il concilio quasi non esiste,
e comunque non condiziona il profilo pontificale. E come se Paolo VI l'uomo che
aveva più a lungo «studiato da papa» non fosse in grado di visualizzare quella che già
era stata la difficoltà sperimentata da Giovanni XXIII nel primo periodo, cioè trovare
un rapporto equilibrato con la libertà del concilio sedente. Papa Roncalli nel gennaio
1963 si rimproverava di essere rimasto troppo passivo nel dibattito conciliare e sembra-
va fare autocritica su un contegno durante i lavori che aveva puntualmente «risposto»
alle istanze dell'aula, ma non le aveva mai prevenute, cfr. A. MELLONI, Giovanni XXIII
e l'avvio del Vaticano II, in Vatican II commence, pp. 75 104; papa Montini, sei mesi
dopo ed in pieno noviziato pontificale, non ha una esperienza diretta su cui misurarsi.
17 Per non pochi vescovi questo rimane il quesito anche dopo l'inizio del secondo
periodo (su cui cfr. S/V 2, pp. 29 30), almeno fino al 30 ottobre 1963, su cui cfr. Proce
dure.
24 IL CONCILIO ADULTO
vato a contemplare la possibilità di «non apportare per ora all' ordo con-
cilii nessuna modificazione di sostanza»28 per non pregiudicare, con un
secondo periodo troppo turbolento, i risultati da raggiungere nel terzo
(e, secondo i più, ultimo) periodo conciliare. La «possibilità e opportu-
nità della designazione di legati papali al concilio», argomentata in una
precedente memoria29 , rimane fra parentesi fino alla metà di agosto: pri-
ma che Carlo Colombo porti a Paolo VI le nuove proposte sulla nomina
di un nuovo organo con poteri legatizi (16 agosto), Dossetti prende con-
tatto con Suenens, primo candidato a coprire questo ruolo. Già il 20,
però, Felici convoca la seduta della commissione di coordinamento este-
sa ai nuovi membri30 che si tiene il 31 agosto: in quella sede Cicognani
informa i presenti che il papa nominerà presto «un nuovo organismo,
composto da tre o quattro Cardinali, scelti dalla commissione di coordi-
namento o dalla presidenza [che] dovrà dirigere il dibattito>>3 1•
È singolare che Cicognani apra una breve ma intensa discussione sul
profilo dell'organo - che lui vorrebbe espressione subordinata del coor-
dinamento stesso, e che Felici (meglio informato sul numero) invece ri-
tiene abbia una funzione di rappresentanza del pa pa32 • Il papa ha scelto,
ma non ha deciso: l'incertezza sulle forme dura più di una settimana.
Diverse redazioni del nuovo ordo vengono battute il 3, il 5, il 7 settem-
bre: nel frattempo Lercaro ha trasmesso a Cicognani una nota con tre
ipotesi sul nuovo organo. L'arcivescovo di Bologna chiede la nomina di
legati, o in subordine di vice-presidenti, ma sconsiglia la creazione di un
che se sostanzialmente esatte, non siano però ben proporzionate nel discorso e ne Ha f or
ma al modo di vedere del Papa, ma ad un tempo di poter far sentire che dietro a una
esposizione per ora molto semplice e discreta vi sono però de1le ragioni molto grosse e
molto meditate che dovrebbero essere conosciute e valutate prima di decisioni comun
que innovatrici», cfr. Dinamiche, p. 135.
28 Cfr. Dinamiche, p. 137.
29 F Dossetti, 570, su cui cfr. Dinamiche, p. 136; il testo ed è forse questo il pun
to debole deJl'intero impianto della revisione regolamentare ritiene che l'organo di di-
rezione unitaria dell'assemblea possa e debba sottrarre il concilio alla egemonia della cu-
ria e in particolare a que1la del s. Uffizio, mediata dalla segreteria generale: non si co-
glie, insomma, il potenziale fattore di disequilibrio che si veniva a creare con la stabiliz-
zazione delle funzioni del coordinamento e del suo presidente, il segretario di Stato?
30 È formalmente datata al 21 agosto 1963 la nomina dei moderatori che non ne
erano già membri nella commissione di coordinamento (Lercaro e Agagianian).
31 AS V/1, pp. 646-650.
32 Felici rivendica di aver proposto il 29 agosto al papa la nomina di quattro «mo-
deratori» (V. CARBONE, L'azione direttiva di Paolo VI nei periodi II e lii del Concilio
Ecumenico Vaticano Il, in Paolo VI e i problemi ecclesiologici al Concilio, Brescia 1989,
pp. 60 e 64 ), per i quali si era anche pensato ad una presidenza da parte del cardinal
decano E. Tisserant (Lercaro a Dossetti, 3 settembre 1963, F-Dossetti, 548).
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 27
li», fin dalla primissima seduta del nuovo organo38 . Dossetti - che «do-
vrebbe essere» il segretario dei quattro - si mostra soddisfatto dell'ener-
gia con la quale Suenens e Lercaro rivendicano il ruolo «promesso» dal
papa ai futuri «legati» nel mese di luglio39 . Mons. Prignon, rettore del
collegio belga, apprende da Suenens che l'udienza papale del 25 non ha
sciolto le possibili interferenze con la presidenza ed il coordinamento40 .
Alla riunione congiunta del 26 settembre fra presidenza, coordinamento
e moderatori, vengono ripartiti i compiti in un modo che fa dire a Frin-
gs, membro della presidenza: «siamo in pensione»41 . Invece la questione
non è proprio chiusa.
I verbali delle primissime riunioni, redatti da Dossetti42 , mostrano
come la ripartizione susciti interesse e interrogativi: il 27 settembre il se-
gretario appunta per i «tre» - cioè Dopfner, Lercaro e Suenens - per
prima cosa il problema delle «Norme interne (testo S. Padre)»; nella
nota dello stesso giorno per il solo Lercaro, sostiene che si deve porre la
questione di una «udienza di tabella» dei moderatori e definire la f or-
mula che attribuisce ad essi i poteri delegati necessari alla gestione del-
l'assemblea43. Le altre proposte - costituire un gruppo di periti proprio
un compito così grave e fruttuoso nel Signore», in G. ALBERIGO, Condlio acefalo? L'evo
lui.ione degli organi direttivi del Vaticano II, in Il Vaticano II tra attese e celebrai.ione,
Bologna 1995, p. 230.
44 Suenens però non condivide subito coi suoi colleghi questa confidenza di Paolo
VI: si limita ad incaricare Prignon di prendere contatto con Dossetti, la cui idea di
estendere i poteri dei moderatori sembra al rettore belga pericolosa nella eventualità (in
travista? inutilmente temuta?) che questo «potere» possa domani cadere in altre mani.
JPrg, 25 settembre 1963: «Il regolamento pubblicato non corrisponde alle vedute del S.
Padre. Felice [sic!] sarà chiamato domani. lo vengo incaricato di far venire Dossetti (del
quale trovo il progetto - sul potere dei moderatori esagerato, imprudente e molto pe-
ricoloso nel caso che altri ricoprano quel posto) e di preparare un pre progetto da sot
toporre al S. Padre».
45 La genesi dei moderatori viene ricapitolata il 1° ottobre, D Nicora Alberigo: la
prima lettura del regolamento il 26 settembre (?) dà «un certo senso di euforia», perché
a Dossetti sembra che «tutte le modifiche del regolamento che lui aveva proposto in lu-
glio erano state accettate»; egli è soddisfatto che sia passata «la possibi1ità di una rela
zione di minoranza delle commissioni in C[ongregazione] G[enerale], la possibilità che
si continui la discussione anche se la maggioranza ne vota la chiusura. I moderatori nel
nuovo schema sono messi sic et simpliciter al posto della presidenza. Il termine modera-
tore è al posto del termine presidente». Dossetti manifesta però «due perplessità: che in
realtà questa non era la volontà del papa e che restavano da capire i rapporti con la
30 IL CONCILIO ADULTO
usato nei suoi discorsi. Che il riferimento sia que1lo al «depositum pure custodiendum»
ed alla cattedra petrina, a scapito dei passaggi su1la misericordia e la pace, costituiva una
oggettiva chiave selettiva.
49 AS V/1, p. 646: solo Lercaro si dichiara contrario, ritenendo il discorso troppo
vicino all'inizio dei lavori.
50 AS II/1, p. 49 56. Già alla obbedienza del 22 giugno 1963 aveva rivolto un salu-
to alla curia, aiuto validissimo «praesertim in concilio oecumenico Vaticano II parando,
celebrando una cum ceteris catholicae ecclesiae episcopis».
32 IL CONCILIO ADULTO
Credo che una internazionalizzazione dell'apparato di curia faccia cadere dalla padella
nella brace, perché per esperienza gli stranieri romanizzati sono più intolleranti degli italia
ni. Vedo piuttosto una possibilità in un ulteriore allargamento della provenienza dei con
sultori che sino ad ora sono stati reclutati quasi esclusivamente tra i religiosi romani57.
55 JEdb, 21 settembre 1963, ed. it. pp. 141-144. Edelby annota di aver discusso con
Duprey la questione dei seggi dei patriarchi: è tipico del clima conciliare che il 24 set
tembre, all'oscuro degli accordi presi, Prignon creda di aver risolto il caso «con Thils:
proposta di far dare ai patriarchi orientali un seggio speciale e distinto in ogni caso da
gli altri arcivescovi e vescovi», JPrg (A), 24 settembre 1963.
5 6 Nelle memorie è lo scontro Frings/Ottaviani dell'8 novembre che spiegherà
come mai Paolo VI decida di chiedere allo stesso Jedin, a Ratzinger e ad Onclin alcuni
pareri sulla riforma della curia. Cfr., in attesa che venga reso accessibile il diario, H. JE
DIN, Storia della mia vita, Brescia 1987, pp. 314-315 e J. RA1ZINGER, Das Konzil au/ dem
Weg. RUckblick au/ die zweite Sitzungperiode, Koln 1964, pp. 9 12.
57 «Glaube ich, daB eine Internationalisierung das kurialen Beamtenapparates und
aus dem Regen indie Traufen bringt, weil erfahrungsgemaB verromerte Auslander undul
dsamer sind als die Italiener. Ich sehe hier eine Chance in einer weiteren Streuung der
Konsultoren, die bisher ja fast ausschlieBlich sich aus romischen Ordensleuten rekrutier
ten». Jedin a Klostermann, 23 settembre 1963, F-Jedin, G5 a21. Sfugge aJedin l'eco del
la tesi luterana per cui «ecclesia indiget reformationem» su cui G. CERETI, Riforma della
chiesa e unità dei cristiani nell'insegnamento del Concilio Vaticano II, Verona 1985.
34 IL CONCILIO ADULTO
2. La preparazione dell'assemblea
61 Solo dairagosto 1963 il segretario deila conferenza Castelli costituisce una com
missione teologica di vescovi Calabria, presidente, Carraro, Florit, Carli, Castellano,
Compagnone, Fares e Nicodemo per vagliare gli schemi e le osservazioni da trasmette
re a tutti i padri italiani, cfr. F. SPORTELLI, LA conferenza episcopale italiana al Vaticano
II, in stampa. L'episcopato italiano è il gruppo più numeroso del concilio, come è noto.
62 La riunione fiorentina smentisce i facili anacronismi meccanici: non è certo una
riunione di <<maggioranza», perché mancano i veri capi della stessa, ma non è neppure
una logica d opposizione alJ>antiromische Affekt che pervadeva alcuni episcopati. Cfr. D
1
Betti, ad diem.
63 Rispetto alla lettera d invito mancano Lercaro, Motolese, Carraro e Piazzi: Lerca
1
ro rifiuta l'invito, temendo una reazione di Siri, in Ldc, p. 160: ma quel giorno c è an1
velatione», in «EtDoc», n. 14, pp. 1 8, F Florit, 365; e quelle su Les deux premiers chapi
tres du schéma «De ecclesia», in «EtDoc», pp. 1 7, F Gagnebet, I, 20, 7.
66 D-Betti, 27 settembre.
67 Il 6 10 agosto c'è la riunione degli argentini (cfr. L. ZANATTA, L' epfrcopato argen-
tino durante il Vaticano Il, in Experience e AS III/3, pp. 894 896); il 9-10 quella del-
1' episcopato della regione flaminia, il 10 12 dell'episcopato lombardo veneto ed il 27 28
agosto dell'intera conferenza italiana, F Dossetti, 257 e F Lercaro, 769; i vescovi del
l'Uruguay tengono riunioni il 12 14 agosto, cfr. P. DABEZIES, Los obispos de Uruguay en
el concilio, in Experience. Sulla conferenza canadese e le ricorrenti difficoltà fra i vescovi
ed il card. Léger, cfr. J. M. R TILLARD, L' épiscopat francophone au Concr'le, in L'Eglire
canadienne et Vatican Il, Québec 1997, pp. 291 301.
68 Nella seduta del 26 27 agosto a Fulda si approvano le osservazioni sugli schemi
(per il De divina revelatione, AS III/3, pp. 905 913). Dopfner aveva tentato già a inizio
anno di praticare una distinzione fra i temi dell'agenda per una vera riduzione: allora
suggeriva di rimandare i problemi di dettaglio alla commissione per la revisione del
CIC, di cui era attesa la costituzione a marzo, in un significativo parallelo con la com
missione segreta sulla natalità. Dopfner in fondo conserva e adatta la «tesi» tedesca della
cassazione generale degli schemi del 1962: l'idea è sempre quella di un asse (non un
progetto).
69 Cfr. VORGRIMLER, Comprendere Rahner, cit., p. 220.
70 F Jedin, G5 a7 e 19 e F-Schaufele, 154/20.25.
71 Ad es. la lettera del 10 agosto 1963 di Brouwers a Schillebeeckx, in F Onclin
128.
72 F Houtart, 226, documento di 147 pp. Cfr. L. BARAUNA, A con/erencia episcopal
brasileira, in Experience.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 37
17 . ~~odocum~nti in Poi et constitution,. ed. par L. Vischer, Neuchatel 196B, pp. 160
i~E l" ntesto:: R. BU~GANA, La redai.ione della costitui.ione dogmatica ('Dei Verbum))
1 e
g.tse cana tenne,. CJ.t., pp. 373-395. Fra le conclusioni era quella di un «catechi,
mo universale ecumenico» che favorisse l'incontro sulla Bibbia Sul di· dell ·
tone cfr O CULLMA L V . . · n1a a mterses-
h L .V . N~ . ISCHER, Zwtschen 1.Wet Koni.ilHeHionen Ziirich 1963 Cfr
~c e · . ISCHE~, _Stona del concilio Vaticano IL Reactions and Co~ments by an Obser.
_r a:/he Counal, 1U «The Ecumenica! RevieW>>, 49 (1997)/3, pp. 348 353.
! sette;~;e~~63~pApR~~R~-F10u ~n9e6s0t /Se snchén:~ «De Sacra Liturgia»?, in «EtDoc», 19
.. · , or1t . u o sv1rnppo del testo cfr M PAIANO S
Lf:
r~c:um ft~ium_. ,costtiui.ione sul~a liturgia nella preparai.ione e n~llo. svolgim;nt;c~~l
~canDo M. ontt'!utta o rottura?, tesi d.d.r., Università di Bologna 1995/96 (re] G Al-
:!rtgo . enozz1). · ·
40 IL CONCILIO ADULTO
poi un violento scontro ai primi d'ottobre, che Moe1ler riferisce al rettore del collegio
belga, JPrg (A), 10 ottobre 1963, p. 4.
97 23, 25 e 27 settembre; una nuova seduta plenaria avrà luogo il 7 ottobre. L'episco
pato francese fa circolare dopo il 31 luglio un fascicolo del suo ufficio documentazione di
]. DANIÉLOU, Le chapitre IV du schéma de Ecclesia, in «EtDoc», n. 18.
98 Cfr. J. SCHMIEDL, Erneuerung im Widerstreit. Das Ringen der Commùsio de Reli
giosis und der Comminio de Conci/ii laboribus coordinandis um das Dekret i.ur Zeit
gemà'/Sen Erneuerung des Ordenslebens in Les comminions à Vatican II cit., pp. 293-
1 1
noto, e così pure era prevedibile che la conferenza tedesca avrebbe indi-
viduato tutte le soluzioni di compromesso adottate - ma che i periti ca-
nadesi, i vescovi argentini, o ancor piw quelli messicani, financo quelli
emiliano-romagnoli prendessero l'iniziativa di criticare lo schema (come
non molti - Schillebeeckx, Rahner, Ratzinger .:. . avevano osato fare nel-
1' estate 1962) dice qualcosa sul clima nel quale si preparano le valigie
per tornare a Roma.
Sul De ecclesia, invece, si registra un consenso ben più largo: le stes-
se conferenze e molti vescovi mandano appunti e richieste di modifica
che però convergono nell'apprezzare il grande passo in avanti compiuto
dal nuovo schema 100•
1oo Le osservazioni vengono ciclostilate, RT. Cfr. AS II/1, pp. 282 336 e pp. 605-
801.
Sul governo brasiliano che sta per cadere vittima del golpe, cfr. BARAUNA, A
101
con/erencia episcopal brasileira, cit.; su1l'atteggiamento verso i vescovi africani l'estratto
del D Olivier, in Belgique, pp. 197-198.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 45
3 .1.1. I vescovi
Sono più a loro agio i vescovi che in quel settembre 1963 riprendo-
no la via di Roma e dei loro appartamenti romani: tipico e medio è il
tono con cui Bergonzini racconta il suo arrivo, le preoccupazioni per
una nuova assenza da casa (... Volterra!), lo sforzo di spiritualizzare il
sacrificio di allontanarsi dalla sorella («lasciamo fare a Gesù»), ma anche
la sensazione di essere tornato cambiato dalla esperienza del 1962, ri-
spetto alla quale sente di trovarsi a Roma «con animo più aperto».
Tale convinzione è quella che sostiene di nuovo la fatica di tenere
un diario, sforzo che per una quota dei vescovi è diventato nel 1963 in-
sostenibile: fra gli italiani, nel secondo periodo si dirada quello di Florit,
si interrompe Siri, e perfino un ritrattista al vetriolo come il marchigiano
mons. Borromeo rinuncia alla soddisfazione di metter su carta la sue
frecciate ai confratelli - operazione che l'anno prima lo ha tenuto impe-
gnato diuturnamente. C'è qualcosa di più d'una mera erosione dello
zelo: sono molti, infatti, i vescovi che affrontano l'inizio del secondo pe-
riodo conciliare meno emozionati; senza l'entusiasmo puerile (che faceva
a tutti annotare bellezze e variazioni meteorologiche) e senza l' entusia-
smo ingenuo che li aveva sostenuti nel 1962, la gran parte dei padri par-
te ancora poco consapevole dell'impegno che le grandi questioni in di-
scussione richiederà loro 102 .
3 .1.2. I laici
102 Quasi quattrocento vescovi sono presenti al secondo periodo senza essere risul-
tati presenti al primo; in parte sono gli «assenti giustificati» del primo periodo (diploma
tici e anziani, per lo più), in parte i neo consacrati. Sono pochissimi (4), quei prelati che
impediti nel 1962 da governi comunisti, ottengono nel 1963 il permesso di partecipare.
Fonti giornalistiche suppongono che in ispecie verso la Repubblica popolare cinese si
fosse avviato un tentativo di ottenere una partecipazione dei vescovi (tutti impediti dal
lasciare il paese), cfr. WEI TSING SING, Le Saint Siège et la Chine, Rouen 1971, pp. 286
288 e A. LAZZAROITO, I vescovi cinesi al concilio, in Experience.
103 Cfr. pianta dell'aula. La decisione era stata avallata dal coordinamento del 31
agosto, nel quale Felici aveva riferito che esisteva una lista di Paolo VI, dr. FATTORI, La
commirsione "De fidelium apostolatu", cit In realtà la richiesta del papa dell' 11 luglio
non dava elenchi, AS VV2, pp. 206 e 271 272.
46 IL CONCILIO ADULTO
104 La nomina crea malumore interno alla federazione: la sezione francese teme che
questa nomina confermi la convinzione di una «dipendenza» del sindacato dal Vaticano,
cfr. il rapporto di G.N. McKelvey al Department of State da Bruxelles, 13 novembre
1963, A 461, Centrai Archives, Washington DC, CFPF, SC-Religion, Vatican, b. 4223.
105 Guano porrà anche la questione del rimborso delle spese dei laici, cfr. FATTORI,
La commissione "De fidelium apostolatu}}, cit. Le nomine ulteriori in AS VI/2 pp. 335
337, 342 343 e 351.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 47
3.1.4. I teologi
106 Bea scrive 1'8 luglio, cfr. M. BRUN, La documentazione della partecipazione orto-
doJJa al concilio in Evento pp. 259 293 e MARTANO, Athenagoras cit., p. 459. Cfr.
1 1 1
JEdb, 4 ottobre 1963, ed. it. p. 159 per il colloquio avuto sia da Konig, che da Maxi
mos IV con Georges Ollenbach, gran referendario del patriarca ecumenico: il prelato
(un ortodosso di formazione luterana), assicura tramite Maximos IV che il patriarca ecu
menico desidera venire a Roma e scambiare con Roma dei delegati permanenti, ma che
lo scambio potrà avvenire dopo che Costantinopoli abbia inviato un osservatore presso
il segretariato.
107 Cfr. MARTANO, Athenagoras, cit., p. 461.
108 D Chenu, 1° ottobre 1963: <<Arrivato dopo giovedì 26 settembre. Cerimonia di
apertura, domenica 29».
48 . IL CONCILIO ADULTO
3.1.5. I giornalùti
109 D Fenton, X: il teologo americano si installa prima alla clinica Salvator Mundi,
ma si prepara a uno spostamento: «Ora sto partendo per il Grand Hotel per stare col
Vescovo. Ed Hanahoe mi ha dato due libri sul modernismo. In uno di essi ho trovato
prova che l'insegnamento del primo capitolo del nuovo schema sulla chiesa e il linguag-
gio sono di Tyrrell. Dio preservi la Sua chiesa da questo capitolo. Se passerà, sarà un
gran male. Devo pregare e agire».
110 Sono pochi i temi sui quali la discrasia fra le testimonianze e le fonti ufficiali sia
così profonda: da un lato le testimonianze insistono sul «ruolo» delle testate e dei gior
nalisti, con toni spesso enfatici; dall'altro nella ricostruzione dei dibattiti e nelle fonti uf-
ficiali è arduo ritrovare elementi precisi su tale impatto; infine in vari casi la professione
giornalistica comportava qualche rischio per gli interessati, visti come avversari dall' am
biente romano. Ti pico di questo fenomeno è il caso del redentorista Joseph Murphy che
collabora a «The New Yorker» con attente corrispondenze in forma di Letters /rom Va
tican City, ma lo fa sotto pseudonimo (Xavier Rynne) e negando al proprio generale di
essere il brillante redattore di quegli articoli; sull'eco della stampa nell'aula possono ser-
vire come indicatore le centinaia di lettere di riconoscenza che il direttore di «Avvenire»
riceve dai padri al momento della partenza da Roma al termine del II periodo, cfr. F La
Valle, ISR.
111 S/V 2, pp. 601 602.
112 Cfr. AD II/4,1, p. 434: nell'organizzare il «Notiziario», O'Connor chiede a Ci-
cognani se sia «opportuno o meno [. .. ] che pubblichi insieme con il nome dei singoli
oratori anche la sintesi dei loro interventi»; la risposta (inedita o orale) è negativa, ma
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 49
assai presto il tono dei notiziari e poi le cronache di «L'Avvenire d'Italia» consentono ai
giornalisti di capire chi ha pronunciato ogni intervento.
113 Secondo il D Fenton, invece, la cosa appartiene ancora al campo delle simpatie
o antipatie personali: «Questa mattina, 25, sono stati meravigliosi con me a Santa Susan
na. Ho incontrato Murphy (Xavier Rynne), e mi ha fatto il suo solito dentato e vuoto
sorriso». ST, 26. settembre 1963: «Oggi sono tornato a Roma con un piacevole volo. La
prossima domenica, festa di San Michele, deve cominciare la seconda sessione del conci
Ho. Anche questa volta sono ben alloggiato al Germanico. Il p. Garbolino, che ho cono-
sciuto a Oberjoch [?], è venuto a prendermi all'aeroporto. C'era anche il p. Haspecker
che per il momento rimane al Biblico a Roma. Alle 6 sono andato alla conferenza stam-
pa del p. Hirschmann per i giornalisti di lingua tedesca, organizzata come l'anno scorso
da mons. Kampe. In generale il clima è incomparabilmente più positivo che l'anno pas
sato all'inizio della prima sessione. Quello che nel frattempo è stato elaborato e si è rag-
giunto è motivo di una certa speranza. Inoltre si ha molta fiducia nel nuovo papa». Se-
gue un articolo dalla «Frankfurter» del 26 settembre 1963, Riforma della curia.
11 4 Cfr. A. HENRIQUES, Vatican Il in the Southern Cross, in «Bullettin for contextual
theology in Southern Africa & Africa», 4 (1997)/1, p. 31-39 e VEglise canadienne, cit.
115 Cfr. Ldc, p. 162.
116 La processione dei padri non attraversa la piazza, ma scende nella loggia della
basilica, JEdb, 29 settembre 1963, ed. it. pp. 151 152.
117 Fenton «pleased» dal discorso papale, lo ascolta in tv (D-Fenton, 30 settembre
1963) dall'hotel, esattamente come il belga Olivier, cfr. D Olivier, cit., in Belgique, p.
198.
50 IL CONCIT..10 ADULTO
118 JPrg, 25 settembre 1963: «Ho chiesto al cardinale d,intervenire per il posto spe-
ciale ai patriarchi; accordato in via di principio»: la cosa, però, era già stata discussa fra
Duprey ed Edelby qualche giorno prima, cfr. JEdb, 21 settembre 1963, ed. it. pp. 141144.
119 JEdb, ed. it. p. 152.
120 Questo era stata la volontà espressa del segretario di Stato, cfr. AS V/1, p. 651.
La coglie così D-Zazpe, 29 settembre 1963: «mi reco all'apertura del Concilio ... Non fu
così solenne come I' apertura dell'anno passato ... Paolo VI ... Figura nobile dai gesti misu-
rati ... Discorso. Pezzo ricco di pensiero; un po' lungo ... Quattro punti: a) fede della
Chiesa b) Episcopato e) Ecumenismo d) Dialogo con il mondo ... Nel pomeriggio dormii
e conversai con Trusso. Ha difficoltà economiche. L'Hotel viene a costare 1.000$ al
giorno ... ».
121 D Devoto, 29 settembre: «9 Sessione pubblica di riapertura del Conc. Vatica
no II. Disposizione libera nell'aula conciliare, vicino a Mons. Aguirre Veni Creator -
Pontificale celebrato dal Card. Tisserant Professione di fede del Papa Obbedienza
dei PP.CC. Allocuzione papale: 1) Notio Ecclesiae; 2) Renovatio Ecclesiae; 3) Eccl. et
non catholicis; 4) La C. e il mondo. Riposo Messa all'hotel (Pro Populo). Riposo»;
si noti la messa privata, alla vigilia de1le votazioni sul De liturgia!
122 Così il Pren Department dell'episcopato americano, ora in Council Daybook
Vatican II, Session 1 Session 2, ed. F. Anderson, Washington DC 1964, p. 141.
123 Così il vescovo di Volterra Bergonzini, 29 settembre 1963.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 51
124 JCng, 29 settembre 1963: «Verso le dieci si sentono, prima da lontano, poi in
avvicinamento, i canti della Sistina. Il papa sta per fare il suo ingresso. Prima di lui c'è
l'ingresso della sua corte: svizzeri e alabarde, cardinali e ornamenti sacerdotali (o diaco
nali), acconciati con una mitra assai alta, prelati in viola e in rosso, camerieri in abito
del XVI secolo, i porta insegne (la tiara e la mitra papali), infine il papa, attorniato da
un diacono e da un suddiacono, con dei porta flabella. Il papa indossa la mitra preziosa;
entra a piedi; mano a mano che avanza nella navata, le file di banchi attraverso le quali
passa applaudono, cosa che mi scandalizza assai».
125 «Applausi assai sparuti dai banchi dei giovani vescovi, molto più robusti dai
banchi degli arcivescovi. Non riesco a non interpretare ecdesiologicamente la struttura
stessa della cerimonia: tra due ali di vescovi spettatori muti, la corte pontificia passa, ve
stita in costume del XVI secolo, precede un papa che così appare nel contempo come
un sovrano temporale e come gerarca al di sopra, soltanto al di sopra. La Sistina si riem-
pe di gorgheggi; i Padri riprendono una o due strofe dell'Ave Marù Stella. La chiesa
conserverà questo volto? questa visibilità? Continuerà per lungo tempo ad offrire questo
tipo di segno? Mi sembra evidente, in questo momento, che il Vangelo è all'interno di
essa, ma come prtg1omero».
126 «Paolo VI intona il Veni Creator. La chiesa ritrova la propria voce, una voce
dalle grandi acque, per implorare. Quando, successivamente, il papa alterna i versetti
con il coro dei vescovi, è Pietro che prega con i Dodici. Non è più il principe temporale
del XVI secolo. I vescovi hanno chiesto di cantare 1'ordinario della Messa. La Sistina
gorgheggia un K yrie e gorgheggerà un Agnus Dei, non senza far risaltare voci ammirevo
li; ma i vescovi cantano il Gloria, il Credo e il Sanctus. Si canta assieme a loro con tutto
il cuore, almeno fino a quando se ne ha la forza. Così si alternano, nei canti come in
tutta la cerimonia, la verità dell'Ecclesùz e le maniere del Rinascimento. Celebra il cardi
nal Tisserant: male e senza unzione. Dopo la Messa, il papa emette la propria professio
ne di fede: il Credo e la Professione di fede del concilio di Trento. Di nuovo è Pietro
che appare e che confessa il Cristo. Dopo di lui, ciascun ordine, per mezzo di uno dei
suoi rappresentanti; poi mons. Felici legge lentamente gli stessi testi per coloro che non
avessero ancora fatto la loro professione di fede. Allora il papa, seduto sul suo trono tra
un diacono (cardinal Ottaviani) e un suddiacono, con la mitra in testa, legge il suo di-
scorso. Anche i vescovi portano la mitra».
52 IL CONCILIO ADULTO
127 Il discorso in IdP, I, 1963, pp. 166 185, lo enuncia chiaramente (p. 167): «Erat
propositum nobis ut, quemadmodum· traditus mos suadebat, ad vos primas daremus no
stras litteras encyclicas; sed cur ita nobiscum ipsi quaesivimus ea scripto communi-
cemus, quae per faustissimam quandam singularemque opportunitatem per hoc dici
mus conciJium oecumenicum liceat voce cum praesentibus communicare? Omnino
non possumus nunc cuncta exponere, quae mente agitamus, quaeque scriptis facilius
tractantur. Sed tamen in praesentia hanc allocutionem sive concilio huic, sive, pontificali
muneri nostro proludere posse putamus», pp. 167 168; alcune osservazioni in COLOMBO,
Genesi, cit., p. 138, sulla parallela successione dei temi del discorso e dei capitoli di Ec-
clesiam suam. Inoltre G. COLOMBO, I discorsi di Paolo VI in apertura e chiusura dei
periodi conciliari, in Paolo VI e il rapporto chiesa mondo al Concilio. Colloquio internai.io-
nale di studio, Roma 1991, pp. 253 263, basato su documenti dell'Istituto Paolo VI ai
quali è precluso l'accesso degli studiosi.
128 « Vos, venerabiles fratres [. .. ] et ipsi apostoli estis, et a collegio apostolico origi-
nem ducitis eiusque veri estis heredes». IdP, I, 1963, p. 167.
129 Ibidem, pp. 168 170.
no Ibidem, pp. 170-172.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 53
zioni del concilio: lo sguardo dei padri ha dunque una sola direzione: il
«Cristo totale, del quale leggiamo in Agostino, e del quale tutta la dot-
trina della chiesa è pervasa, mostrerà più chiaramente i fini precipui di
questo concilio» 131 .
L'allocuzione, che entra così nel vivo, indica al concilio il modo di
aderire a questo principio cristologico nella trattazione della dottrina
sulla chiesa e della coscienza della chiesa, già toccate in S. Pietro dal
card. Montini nel suo discorso di 10 mesi prima 132 • La prima parte delle
quattro in cui si suddivide individua come compito del concilio una pie-
na definizione della nozione o della coscienza di chiesa: Paolo VI elenca
una pluralità di immagini con le quali viene definita la chiesa (plurali-
smo che rincuorava lo sforzo di revisione compiuto nella intersessione),
ma propone che la pleniore definizione della chiesa, auspicata dalla My-
stici corporis di Pio XII, si compia con una indagine sulla natura, la de/i-
nitio, la constitutio della chiesa (un'elencazione che costituiva un soste-
gno alle posizioni ecclesiologiche sconfitte nel primo periodo). Che nel-
1' approfondimento della dottrina dell'episcopato si possa trovare il
modo di aiutare e sostenere il ministero del papa è un accenno che l'ot-
timismo del momento fa sentire ad alcuni come l'annuncio di una istitu-
zione di collegialità133 • Il secondo capitolo riguarda il rinnovamento della
chiesa cattolica: esso è necessario non perché la chiesa abbia violato il
disegno del suo fon datore in qualche aspetto essenziale, ma perché per
suo mezzo si possono lasciar cadere forme caduche e superate di una
tradizione, che invece nel suo nucleo rimane valida e durevole 134 • Esem-
pio di questo sforzo è la costituzione sulla liturgia che il papa si augura
di veder approvata nel corso del periodo che si apre. In terzo luogo si
sviluppa l'obiettivo conciliare della unitatis redintegratio 135 : è il capitolo
più forte del discorso, nel quale Paolo VI pronuncia alcune frasi di
grande peso ed impatto, addirittura disomogenee rispetto ad altre parti
dell'allocuzione. Il papa difende un ecumenismo che coniughi unitas e
varietas: egli indirizza alle chiese tramite gli osservatori una richiesta di
venia per le colpe commesse dalla chiesa cattolica, e dà il perdono per
131 «Christus totus, de quo apud sanctum Augustinum legimus, et quo tota doctrina
de ecclesia perfunditur, tunc sine dubitatione clarius patebunt praecipui huius concilii
fines». Ibidem, p. 172.
n2 Cfr. S/V 2, p. 370.
133 IdP, I, 1963, pp. 172 17 5. Sulla reazione dei segretari delle conferenze episcopa-
li cfr. infra, pp. 78-79.
134 IdP, I, 1963, pp. 175 177.
135 Ibidem, pp. 177 180.
54 IL CONCILIO ADULTO
136 Lukas Vischer considererà lungo tutto il corso del secondo periodo questo pas
saggio come una chiave di lettura decisiva dell'inizio di pontificato: Visser't Hooft so
sterrà che «il valore delle parole di perdono dipende dalla loro spontaneità», dr. VELA-
TI, Gli osservatori del Consiglio ecumenico, cit., nn. 61 63.
137 IdP, I, 1963, pp. 180 184. L'edizione cit. dei discorsi porta un refuso insidioso
nella titolatura, che non è colloca/io (lectio facilior?), ma appunto collocutio, corretta
mente ripreso in AS 11/1, p. 195.
138 S/V 2, pp. 69-74.
139 IdP, I, 1963, pp. 183 184. È la formula di Pio XI ispirata agli studi sul mono
teismo primitivo.
140 Mancavano come nella prima fase del concilio gli interi episcopati di Cina, Viet-
nam del Nord, Corea del Nord. Nei paesi comunisti .europei la situazione si era legger-
mente modificata: dei 17 ungheresi aventi diritto (di cui 2 erano venuti nel 1962), 5 ot
tengono il permesso di venire al concilio nel 1963; in Cecoslovacchia 4 vescovi ma
nessuno degli 8 scarcerati fra l'elezione di Paolo VI e l'inizio del periodo vengono al
secondo periodo, contro i 3 dell'anno precedente; tutti i vescovi del territorio sovietico
eccetto l'esule Slipyi - sono impediti, così come 3 rumeni ed uno dei 2 bulgari. L'epi
scopato jugoslavo partecipa al completo, come nel 1962, mentre dei 70 vescovi polacchi
che avevano chiesto 45 permessi di uscita solo 25 possono partire per Roma: su
questo cfr. H. J. STEHLE, Geheimdiplomatie im Vatikan. Die Piipste und die Kommuni
sten, Ziirich 1993 e Vatican II al Moscow, éd. A. Melloni, Leuven 1997. Un quadro del
le attività intraprese dal card. Konig e da mons. A. Casaroli viene dato su «La Croix»
ed è ora disponibile in WENGER, pp. 19-22.
141 Così la cronaca del «The New Yorker» ora in RYNNE, p. 34.
142 RYNNE, pp. 36 37.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 55
dialogo 143 ; Antoine Wenger rimarca il tono più pessimista dell' allocuzio-
ne montiniana 144 . I rapporti degli ambasciatori accreditati a Roma o
presso la S. Sede non aggiungono elementi di novità e non riportano
qualche giudizio negativo che pure circola 145 .
L'eco del discorso papale occupa un certo spazio anche nei diari
privati e negli epistolari. Paolo VI ha fatto un discorso «veramente gran-
de», secondo Lercaro146 • Il direttore della «Civiltà Cattolica» R. Tucci -
che pubblica una edizione del discorso - annota sul diario alcuni parti-
colari relativi al ricorrente problema dei <<last minute editing» del testo,
su cui colleziona preziosi dettagli 147 . Bartoletti, uno dei vescovi italiani
che l' 11 ottobre aveva usato lirismi infiniti, commenta nella prima pagi-
na del suo diario del secondo periodo le grandi linee del discorso, ap-
punta te - s'era abituato a farlo nelle lunghe mattine di dibattito del
1962 - mentre viene pronunciato 148 • Anche Bergonzini loda il discorso
come «bello e importante»: il papa vi ha dettato il programma «di tutta
la sessione, anzi (si può dire) di tutto il concilio» 149 . Il bisogno di capire
cosa vuole il papa è una esigenza, se non un istinto, del corpo episcopa-
le latino. Congar è fra i pochi che sanno osservare la dissimmetria fra il
l43 Gli articoli del direttore sono ora raccolti in R. LA VALLE, Coraggio del Conci
/io, Roma 1964.
l44 WENGER, p. 18.
145 Giudica severamente il discorso G. RICHARD-MOLARD, L'hiver de Vatican II. Un
pasteur au Conct'le, Paris 1965, p. 25, definendolo «freddo, denso, dagli accenti a volte
trionfalisti, a volte paternalisti».
146 Ldc, p. 164.
147 Tucci, f. [162]: «Ho interrogato Manzini circa il testo originale del discorso pa
pale del 29 settembre. Mi ha assicurato che quello italiano, pubblicato dall'Oss. Rom. è
guello che essi hanno ''ricevuto", e che è stato adottato anche dalla Segreteria di Stato.
E quindi testo "ufficiale": la parola è di Manzini. Anche se è awenuto il caso strano di
mons. Tondini, recatosi a far correggere il testo italiano in un punto in cui non corri
spandeva alla traduzione latina!!! Perciò penso che, nel nostro periodico, sia meglio non
toccare nulla e non dire "nostra traduzione". Non ricordo chi ci ha detto che i Padri
della nostra Curia generalizia hanno lavorato molto per le traduzioni del documento nel
le diverse lingue, e che all'ultimo momento i fratelli dattilografi hanno avuto gran da
fare per ricopiare molte pagine, essendo state apportate correzioni e mutamenti, dall' Al-
to, in otto punti diversi».
l48 Bartoletti, f. 4. «Il discorso del S. Padre senza avere l'immediatezza di papa
Giovanni mi è parso tuttavia importante e decisivo in ordine ai lavori del concilio. Ne
ha precisato l'argomento, indicato lo spirito, tracciato l'itinerario senza possibilità di ul
teriori [e.va mio] equivoci. Piuttosto disordinata la cerimonia. La mancanza di novità ne
ha raffreddato il calore così vivo e percepibile nella Ja sessione di apertura», cfr. M. To
SCIU, Enrico Bartoletti e il suo diario al concilio, in Cristianesimo nella Storia. Saggi, cit.,
pp. 397 435.
149 D Bergonzini, 29 settembre 1963, p. 57.
56 IL CONCILIO ADULTO
150 Congar analizza l'insieme del testo: anziché ricostruirne a mente la struttura
(operazione per sé poco utile, sapendo egli come tutti che a mezzodì avrebbe avuto il
testo in mano), il domenicano sottolinea i momenti letti con maggior calore e quelle pic-
cole affermazioni - vuoi nell'indirizzo ai vescovi, vuoi nella spiegazione della mancata
uscita della enciclica che possono avere un significato nel discernimento delle mosse
immediate da programmare. JCng, 29 settembre 1963: «Discorso molto lungo, molto
strutturato, letto, a tratti, con un'emozione viva ed eloquente. Il papa sottolinea netta
mente il ruolo dei vescovi, che chiama "fratelli nell'episcopata1' e a proposito dei quali
dice che sono gli eredi del collegio apostolico. Dice di voler pregare, studiare, discutere
con eJJi, nel corso del concilio. Non pubblicherà un'enciclica se non più tardi: il suo di
scorso attuale indica il suo programma. Si riferisce al discorso di Giovanni XXIII del1'8
dicembre scorso. Per tutto un periodo, ricorre direttamente a Giovanni XXIII, renden
dolo in questo modo presente. Sottolinea l'utilità dei concili, della quale alcuni hanno
recentemente potuto dubitare, come se il potere papale fosse sufficiente f Sottolinea an
che il carattere pastorale dell'attuale concilio. Non si tratta soltanto di conservare ... Qua-
le vfa prendere? Da cosa partire? Dove andare? A queste domande essenziali c'è soltan-
to una risposta: Gesù Cristo. È lui il nostro principio, la nostra via, il nostro fine. Il
papa lo afferma e lo sviluppa con una forza e un'intensità emotiva assai grande. Il Cristo
principio di tutto. Il papa ricorda il mosaico di s. Paolo fuori le mura nel quale Onorio
III si è fatto rappresentare piccolissimo, umilmente prostrato davanti al Cristo... Il Cri-
sto fine. Ciò deve chiarire il fine del concilio, che è: 1) Precisare la nozione di Chiesa:
che cosa dice di se stessa? Il papa che sviluppa abbastanza lungamente e con molta for
za ciascuno dei quattro punti, insiste qui sul corpo mistico della società; 2) Il rinnova-
mento della chiesa, dal quale Paolo VI prende la necessità del rapporto che la chiesa ha
col Cristo: realtà storica e umana, essa non è mai perfettamente quella che il Cristo ri-
chiede che essa sia; 3) La reintegrazione di tutti i cristiani nell'unità. Paolo VI parla qui
di volta in volta con forza, con precisione, con emozione. Le sue espressioni sono scelte.
A diverse riprese ritorna l'espressione: "le venerabili comunità cristiane" per intendere
gli Altri ... Ammette che gli Altri hanno sviluppato talvolta felicemente ciò che hanno ri
cevuto del cristianesimo. Se c'è da parte nostra qualche errore, chiede perdono; noi stes-
si perdoniamo. 4) Dialogo con il mondo. Paolo VI evoca il messaggio al mondo, nel
quale vede una testimonianza del profetismo della chiesa... Mette il rapporto della chies?
col mondo, con i vicini e con i lontani, sotto il segno dell'amore universale del Cristo. E
in questo paragrafo che inserisce una parola sui martiri dei paesi nei quali è viva la per
secuzione. Discorso molto vigoroso, molto strutturato, che offe direttive precise per il la-
voro del concilio. Alle 13 .00 termina».
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 57
l51 Che il discorso fosse destinato ad una lettura più tempestiva è ancora percepibi-
le nel secondo paragrafo che presenta l'udienza come «il rinnovamento, in una atmosf e
ra più intima di quella che ci offriva l'altro giorno il concilio».
152 IdP, I, 1963, pp. 186-188, 1° ottobre 1963.
153 Ibidem, pp. 229 235. I moderatori troveranno il papa assai soddisfatto, dr. Ldc,
p. 190, 17 ottobre 1963.
l54 Skydsgaard inizia evocando la figura di Giovanni XXIII, e ringraziando Bea per
aver incoraggiato gli osservatori ad esprimersi con libertà sugli schemi: nel dibattito ec-
clesiologico in corso il teologo danese rileva la importanza di affrontare insieme, cattolici
e non cattolici, le difficoltà della tematica ed auspica un radicamento biblico della eccle
siologia conciliare; in chiusura egli ringrazia Paolo VI per aver proseguito sulla linea del
predecessore associando l'apertura al dialogo ecumenico con l'apertura al mondo nel
servizio. Il testo dell'indirizzo in IdP, I, 1963, pp. 234 235.
155 Edito anche in IdP, I, 1963, pp. 233 234. Bea dal 3 ottobre era stato nominato
membro della plenaria del s. Uffizio; cfr. S. SCHMIDT, Agostino Bea, il cardinale dell'uni
tà, Roma 1987, pp. 614-659.
156 JCng, 17 ottobre 1963. Lo considera un dialogo storico H.-M. FÉRET, La théolo
gie concrète et historique et son ùnportance pastorale présente, in Le service théologique
dans l'église. Mélanges o!ferts au Père Yves Congar, Paris 1974, pp. 193 247.
157 HORTON, p. 72.
158 Piuttosto emerge qualche diffidenza reciproca: Congar difende con Nissiotis il
58 IL CONCILIO ADULTO
ruolo dei fratelli di Taizé, JCng, 17 ottobre 1963: «infine, su fratelli di Taizé, trovano
che "essi esagerano": da una parte per un aspetto eccessivamente clericale (loro cocolla
a S. Pietro), d'altra parte per una politica sistematica di contattare più vescovi possibile.
Vedono in questo un filo di indiscrezione o di prof essionalismo. Ma sottolineo che, en
tro limiti molto umani, Taizé resta un vero miracolo, un'opera di Dio: questo ha misura
comune!».
159 Cè anche chi previene la fatica col riposo, come Semmelroth, cfr. ST, 29 set
tembre 1963. «Questa mattina mi hanno telefonato che mons. Volk mi aveva procurato
una carta d'ingresso per San Pietro. Così ci sono andato. [...] Nel pomeriggio è venuto
p. Garbolino e siamo andati a Tivoli, dove abbiamo visitato il giadino di Villa d'Este
con gli splendidi giochi d'acqua. Certamente gli ultimi giorni erano stati troppo faticosi
per il mio fisico. Mi sono davvero stancato. In effetti mi sento abbastanza male fisica
mente. Ma spero che con un po' più di riposo andrà meglio».
160 Il 29 settembre alle 4 c'è la riunione dei congolesi, D-Olivier, cit.
161 Cfr. la testimonianza di Bernard Olivier, esperto dei vescovi congolesi, F Olivier
169, in parte edito in Belgique, pp. 197-206. Limitato (ma con un utile diagramma degli
interventi dei vescovi africani missionari ed autoctoni) G. CONUS, L'Eglise d'Afrique au
Conci/e V atican II, Immensee 1975.
162 JCng, 29 settembre 1963.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 59
169 Ibidem.
170 La presentazione AS II/lJ pp. 337 342 è volutamente e straordinariamente
sobria, dr. U. BETTI) La dottrina sull'epircopato del concilio Vaticano II. Il capitolo III
della costitui.ione dommatica Lumen gentium, Roma 1984) p. 118.
171 L'uso di questa categoria dà corpo ad una delle istanze teologiche fondamentali
dell'ambiente tedesco, come spiega anche RATZINGER, Das Koni.il au/ dem W eg, cit., p.
31. D'altronde nel secondo periodo, anche all'interno del gruppo dei periti tedeschi
(Rahner, Semmelroth, Morsdorf, Hirschmann, a cui si aggiungono Kiing, Ratzinger e Je
din), di cui dà l'elenco VORGRIMLER, Comprendere Rahner, cit., p. 222, prevalgono ap-
porti specifici: «Era giunta l'ora dei dogmatici», scrive }EDIN, Storia della mia vita, cit.,
p. 313.
112 AS IVl, pp. 343-347.
l73 L'intervento brevissimo di Siri quasi una dichiarazione di voto in AS II/l,
p. 347.
62 IL CONCILIO ADULTO
ta una diversa ordinatio dei capitoli in modo da collocare quei due tron-
coni in luoghi diversi dello schema (uno prima, ed uno dopo il capitolo
sulla gerarchia); tuttavia è solo dopo che Gagitter - che ha sempre soste-
nuto di non averne parlato con altri1 74 - pronuncia in S. Pietro il suo
intervento che la proposta, ricca di valore sistematico e rilievo dottrina-
le, ritorna alr ordine del giorno e diventa una realtà.
174 Così una sua lettera del 9 settembre 1985 a G. Colombo, in copia in ISR.
175 AS II/1, pp. 366-368. JPrg (A), 30 settembre 1963: «non posso dimenticare che
ho combattuto tre mesi nella commissione per far introdurre il modello trinitario e che
ho dovuto su questo punto vincere la resistenza di mons. Charue stesso».
176 Garrone, AS II/l, pp. 374-375, Elchinger pp. 378 380 e Méndez Arceo pp.
385-387.
177 Congar rimarca che Laurentin scrive un «suo» De beata, JCng, ottobre 1963 [f.
10].
178 AS II/1, p. 111 e 391: lo spoglio dei voti, raccolti con il sistema meccanografico
a schede perforate, dura meno di un'ora (10.59-11.51).
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 63
17 9 TROMP, Relatio secretarii, cit., pp. 32 40; i periti erano Gagnebet, Haring, Phili
ps, Medina, Thils e Labourdette.
180 Il 30 settembre 1963 Dossetti aveva informato Colombo d'aver trasmesso ai mo
deratori un appunto sulla qualificazione teologica degli schemi. La dichiarazione sarà di
scussa in commissione dottrinale il 15 e riceverà una observatio scritta di Tromp neJla
seduta del 30 ottobre, cfr. F-Colombo, XXI.
64 IL CONCILIO ADULTO
181 Sui timori in Philips di un arretramento del testo1 cfr. JPrg1 passim. Il desiderio
di consolidare il risultato raggiunto era già stato espresso da Philips in una lettera a Co-
lombo dell18 agosto 1963: <<Personalmente spero che l'andamento dello schema De eccle-
sia non sarà modificato: altrimenti potremmo ricominciare indefinitamente. Saranno evi-
dentemente necessari alcuni adattamenti redazionali. È auspicabile che la nuova sessione
del concilio porti immediatamente al termine lo schema sulla liturgia 1 poi si occupi del
De revelatione e del De ecclesia cioè delle parti che sono più attese e senza dubbio le
1
più importanti. Forse sarà utile che il Santo Padre faccia sapere che il testo della com-
missione teologica 1 attraverso le trasposizioni indicate dal card. Suenens1 deve servire da
base alle deliberazioni del concilio. Si potrà sempre proporre degli emendamenti. Ma se
si ammette di mettere in discussione delle redazioni interamente nuove1 non finiremo
mai. Lascio queste considerazioni al vostro illuminato giudizio»1 cfr. in F Colombo1 C-
XXII.
182 Si spiega perciò losservazione di Congar sul peso della procedura di assemblag-
gio1 che di per sé potrebbe essere accettata come la modalità necessaria al raggiungi
mento di un risultato in una assemblea deliberante, cfr. JCng1 30 settembre 1963, cit. su-
pra n. 165.
183 Cfr. ALBERIGO, Concilio acefalo, cit. 1 pp. 231 233.
184 Il verbale redatto da Dossetti della seduta dei moderatori del 2, 3 e 7 ottobre in
ALBERIGO, Concilio acefalo cit., pp. 231 233.
1
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 65
185 Ad es. Cullmann aderisce con entusiasmo alla proposta sull'anticipazione del De
populo Dei: un vivace resoconto della riunione in HORTON, pp. 23-25.
186 Commentarius, in Constitutio dogmatica De ecclesia, fascicolo distribuito ai pa~
dri, pars I, p. 20.
66 IL CONCILIO ADULTO
187 Il cit. commentario dell'estate precisava che la chiesa «non tantum est Populus
Dei, sed ipsum Corpus Christi», p. 20. Il vescovo di Durban, Hurley, che nella commis
sione centrale preparatoria aveva coraggiosamente combattuto l'organizzazione degli
schemi, durante i lavori conciliari funge da corrispondente anonimo del quotidiano
«The Southern Cross»: egli coglie in questo tema il vero passaggio: «Il Concilio Vatica
no II ha di fronte una Chiesa alle prese con una transizione da una teologia del concet-
to ad una teologia dell'immagine. Il concetto andava bene per scopi difensivi, ma non
per una strategia pastorale rivolta in avanti. Nel volgersi a1l'immagine, la Chiesa si trova
"risospinta" verso la Bibbia», cfr. PH. DENIS, Archbishop Hurley1s contribution to the Se
cond Vatican Council, in «Bullettin for contextual theology in Southern Africa & Afri
Ca>>, 4 (1997)/1, p. 11.
188 Cfr. H. SCHAUF, Zur Frage der Kirchengliedschaft, in «Theologische Revue», 58
(1962), pp. 217 224.
L'INIZIO DEL SECONDO PEIUODO 67
194 AS IVl, pp. 366 369 e pp. 786 789: JPrg (2), 30 settembre 1963 riferisce di un
ruvido contatto fra il porporato latino-americano e Suenens, al quale egli chiede un in-
tervento sul testo e dal quale si sente invitare a prendere la parola in aula.
195 In particolare l'intervento del vescovo dell'Indonesia, Van der Burgt il 3 otto
bre, AS IV2, pp. 59-61. Anche Martin di Rouen lo stesso giorno farà affermazioni simi-
lari, pp. 61 63.
196 Lercaro AS IV2, pp. 9 13 e Volk, pp. 45 47~ sulla redazione cfr. ST, 4 ottobre
1963. Mentre nel I periodo gli interventi delle conferenze sono pochi, in questa fase, in
vece, essi si moltiplicano e danno corpo alla richiesta che verrà avanzata dagli episcopati
africani di dividere la settimana conciliare in una metà dedicata al lavoro d'aula, ed una
metà dedicata al lavoro nelle conferenze. Gli interventi di gruppi e conferenze di vescovi
africani, francesi, argentini, uruguagi, indonesiani, olandesi in AS II/1, pp. 749 786 e
796 802.
197 Il 3 ottobre c'è una riunione dei soli osservatori che manifesta qualche difficoltà
ad accogliere la proposta di muoversi e prendere posizione come «gruppo» del concilio,
cf r. HORTON, pp. 31 32.
198 JPrg (A), 4 ottobre 1963 annota in italiano che Himmer ha parlato «con cuo
re». AS IVl, pp. 368 370 e II/2, pp. 79 81 per i due interventi.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 69
I99 AS II//2, pp. 34-36 l'intervento; lo «schema», di cui parla ACERBI, Due ecclesio
logie, cit., p. 267 e PERRlN, Il <<Coetus Internationalis Patrum», cit.
200 Cfr. D Moeller, 4 ottobre 1963, in ANTONELLI, Le r6le, cit., pp. 30-31; la propo-
sta viene articolata in una lettera di Prignon a Suenens, 4 ottobre 1963, F Prignon 514.
201 «Les éveques ont organisé eux meme leur travail. A u lieux d'etre un peu menés
par les experts, ils s'organisent eux-meme en petites équipes et appellent les experts
pour les seconder. Ils semble etre plus à leur affaire et plus actifs que l'an dernier. Ils
vivent le concile sérieusement», JCng, 3 ottobre 1963.
202 Terrà 11 sedute fino al 3 dicembre, cfr. LOUCHEZ, La commùsion De missioni-
bus, cit.
70 IL CONCILIO ADULTO
27, probabilmente nella convinzione che essa potesse essere esaminata al-
meno dalla commissione dottrinale207 . Di fatto il dibattito ecclesiologico
blocca i lavori della dottrinale ed anche della commissione dei laici2°8 , e
nessuno prende l'iniziativa di mettere in moto le procedure di valutazione
e correzione del testo: solo la frenesia suscitata dall'annuncio del 12 no-
vembre - che fissa al maggio 1964 il terzo e presuntivamente ultimo peri-
odo sessione - rimette in movimento uno schema la cui «invisibilità» sarà
causa di vari interventi nel dibattito sulla chiesa. 1
2 16 La votazione finale del 13 ottobre (AS 11/1, p. 125) porta per 2.242 votanti,
1.495 placet e 781 iuxta modum, contro 36 non placet e 8 voti nulli. Anche la stessa de-
lusione per l'ulteriore passaggio in commissione dello schema per la expensio dei 781
emendamenti chiesti nella votazione finale del 13, ha almeno qualche effetto positivo: su
\ vari punti i capitoli che tornano in aula hanno ottenuto miglioramenti significativi. Sulla
procedura cf r. infra, pp. 212 223.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 73
217 Cfr. JT, su cui R. PACICK, Das Koni.ilstagebuch van fase/ Andreas Jungmann sj,
in Experience.
218 AS II/1, p. 123 (verbale sintetico). Dato che i vescovi celebravano in privato la
mattina presto, i laici erano i soli ad aver «bisogno» di essere comunicati: la scelta era
dunque significativa e rafforzata dal desiderio di comunicare nella messa e non fuori da
essa in forma di devozione.
2!9 Inoltre lo stesso sviluppo del dibattito ecclesiologico risente in alcuni passaggi
sul rapporto fondante eucarestia/chiesa che la costituzione 1iturgica ha acquisito.
220 Cfr. VELATI, Una difficile transizione, cit., pp. 365 366.
221 Il 1° ottobre l'incontro è introdotto da Thils, 1'8 da Philips, il 15, il 22 e il 29 le
sedute degli osservatori riguardano i temi da sottoporre al voto dell'aula sull'episcopato,
e sui quali si aprirà il conflitto. Sui rapporti di L. Vischer al CEC cf r. VELATI, Gli oJJer
vatori del Consiglio ecumenico, cit., nonché BRUN, La documentai.ione, cit., in Evento, pp.
189 157 e 259 293.
74 IL CONCILIO ADULTO
222 Cfr. Notes sur le Schema «De libertate religiosa>> présenté par le Secrétariat pour
tunité des chrétiens, 30 settembre 1963, F Dossetti 33b. La lettera di Bea ai moderatori
cit. da ACV in CARBONE, Il ruolo di Paolo VI, cit., p. 130, si trova anche in F-Suenens,
Ila sessio) De ecclesia) De oecumenismo. Willebrands aveva fatto visita il 1° ottobre 1963
a Lercaro «dietro indicazione del S. Padre» per consultarlo sul tema della libertà religio-
sa, cfr. Ldc, pp. 167-168. Sulla questione c'era stato anche un intervento di propaganda
all'apertura, quando viene distribuito fuori S. Pietro un opuscolo Pro sanctae matris Ec
clesiae libertate) 7 pp., firmato da 36 7 preti baschi; copia in F-De Smedt 17.4.
22 3 Verrà il 7 novembre, Relatio adunationis sub commissionis [.. .] ad schema «De li
bertate religiosa» examinandum, F Gagnebet 1.12.80. Ne è autore J. Wright, relatore del-
la sottocommissione. La nota di Spellman sulla libertà religiosa è redatta da Murray, cfr.
D.E. PELOTIE, John Courtnay Murray. Theologian in conflict, New York 1975, p. 82.
224 JCng, 1° ottobre 1963.
225 Per la resistenza di Maximos IV cfr. JCng, 4 ottobre 1963 e ST, nella stessa
data: «Si è raccontato che questa mattina sarebbe dovuto intervenire il patriarca Maxi-
mos; poco prima della congregazione gli è stato detto che non avrebbe potuto parlare,
se non in latino. Di conseguenza non ha potuto parlare. Tutto ciò ha suscitato l'indigna-
zione generale e i vescovi hanno inviato una protesta ufficiale ai moderatori>>.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 75
Mons. Philips mi dice che ieri sera ha avuto una riunione della sottocommissione
per gli emendamenti. È stato penoso guardare in faccia quella mentalità e quella ostru-
zione. Tromp domina ed è arrivato parlando di inezie sentite in aula. Questo sarà il mio
assedio di Saragozza, linea per linea e parola per parola229.
sizione o meno del capitolo De papula Dei (con questo o altro titolo) al
De hierarchia, e l'inserimento o meno del De beata nello schema eccle-
siologico. Gli esiti della votazione sono abbastanza chiari: la commissio-
ne approva il titolo De papula Dei con 15 voti a favore (7 erano per De
Christzfidelibus, 1 per De aequalitate et inaequalitate membrarum); sul
problema dello schema mariologico Ottaviani suggerisce una procedura
- ascoltare due padri e due periti di parere opposto in commissione -
che avrà un seguito in aula. Il dibattito, iniziato da Franié e Balié a fa-
vore dell'autonomia dello schema, e proseguito da Garrone e Philips
per l'inserimento nel De ecclesia, si conclude con una votazione della
commissione: sono per un De beata autonomo 9 votanti, 2 gli astenuti e
12 i favorevoli ad una trattazione della monologia intra schema De eccle-
sia; alla unanimità si decide che il luogo per questo capitolo sia la fine
della costituzione, secondo la proposta Philips231 . Nessuno dice che così
facendo si viene a ridurre entro il ristretto ambito della commissione
l'indicazione a votare data dal papa a Suenens: in una udienza, prima
del 6 ottobre Paolo VI aveva infatti detto al primate belga che egli
non vuole imporre nulla. Egli [scii. Paolo VI] si augura che l'assemblea si pronunci [. .. ].
È stato deciso di presentare due questioni sul De beata. Si domanderà che i due punti
di vista siano presentati da due vescovi o due periti. Questi due saranno Balié per il po-
sto di Maria a sé e Philips per l'inserimento nel De ecclesia 232•
si daUa commissione; lo scopo era infatti quello di limitare l'autonomia delle commissio-
ni (e soprattutto de1la dottrinale) rispetto al concilio e ai suoi organi direttivi. L'autono-
mia de1le commissioni aveva però anche un segno del tutto diverso, giacché era rivendi-
cata anche da commissioni (ad es. queUe dei religiosi e dei laici) i cui temi venivano «in
vasi» da1la aspirazione della dottrinale, cfr. RT, 15 e 31 maggio 1963, pp. 10-13 e JCng,
pp. 245 246 e 9 ottobre 1963.
231 ANTONELLI, Le role, cit., pp. 29 30. AS VI/2, p. 353. La decisione è comunicata a
Suenens con un appunto di Prignon sul 9 ottobre prossimo, F-Suenens Ila sesst'o, De ec-
clesia, generali a.
232 «[Le pape] ne veut rien imposer. Il [scii. Paul VI] souhaite que l'assemblée se
prononce. [...] Il a été decidé de présenter deux questions sur De beata. On demandera
de faire présenter les deux points de vue par deux éveques ou par deux periti. Ces
deux seraient Balié pour la place de Marie en e1le-meme et Philips pour finsertion dans
le De ecclesia». D Moeller, 6 ottobre 1963, in ANTONELLI, Le role, cit., p. 31.
233 Si deve anche integrare un membro dopo la morte di Peruzzo; in vista di questa
scelta (che cadrà su Volk) Moe1ler raccoglie, a nome di Suenens, suggerimenti in aula:
Congar propone un orientale (Edelby, Zoghby, o Hermaniuk) o un nero d'Africa, JCng,
11 ottobre 1963.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 77
239 Una sintesi degli interventi frutto dell'azione del gruppo in P. GAUTHIER, LA
chiesa dei poveri e il concilio, Firenze 1965°, pp. 215-232.
240 Cfr. PERRJN, Il «Coetus internationalis», cit., pp. 173-187.
2 41 Cfr. P. No:EL, Gli incontri delle con/ereni.e episcopali durante il concilio: il
«Gruppo della Domus Mariae», in Evento, pp. 95 133.
242 F Baudoux in No:EL, Gli incontri, cit., n. 38.
243 Essi le ricevono direttamente dalle conferenze, prima che vengano loro trasmes
se dal papa, cfr. Felici a Veuillot, 11 novembre 1963, in F Etchegaray, segnalata da
No:EL, Gli incontri, cit., n. 42.
244 N OEL,
·· Glt· incontri,
· · c1t.,
. nn. 40 41 .
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 79
245 Léger non firma gli interventi della conferenza al concilio, cfr. ]. M. TrLLARD,
L' épiscopat canadien francophone au conct'le, in L'Eglise canadienne, cit., pp. 291 302.
246 Secondo il JCng si riunisce il venerdì presso i redentoristi.
247 JCng, 4 e 5 ottobre 1963.
2 4 s JPrg (A), 12 ottobre 1963 Prignon viene informato che col consenso di Dell'Ac
qua dal lunedì 14 inizieranno i lavori per l'impianto di traduzione simultanea di cui i
moderatori hanno fatto richiesta al papa il 10; il 18 ottobre lo stesso Prignon dice a
Congar che dal 4 novembre ci sarà la traduzione simultanea in 5 lingue, dapprima per
800 padri, cf r. JCng 12 ottobre 1963; la cosa - il cui fondamento è sconosciuto non
avrà alcun seguito; ne aveva raccolto la voce anche HORTON, p. 58. Per la questione de-
gli a~centi latini cfr ., a titolo puramente esemplificativo, la soddisfazione di HORTON, p.
27: «Ecco il turno di un vescovo di cui non sono riuscito a capire il nome, ma la cui
voce era familiare e l'ho ascoltata con molta attenzione. E infatti era il nostro vescovo
Primeau
. di Manchester,
. New Hampshire. Era confortante· ascoltare un latino in "rude"
vers10ne amencana».
80 IL CONCILIO ADULTO
una conoscenza diretta maturata nel 1962, i secondi di fatto già rodati
dalla comune militanza in organismi di rappresentanza dei movimenti.
La letteratura teologica, inoltre, sta facendo il suo ingresso solenne
in concilio: sarebbe difficile sottovalutare l'importanza dell'articolo di
Philips nella «Nouvelle Revue Théologique» sulle Deux tendances dans
la théologie contemporaine e le ecclesiologie conseguenti249 , che determi-
na un modo di leggere il passaggio dal vecchio al nuovo De ecclesia.
Opere che l'anno dopo movimenteranno il panorama storico-teologico -
come la monografia che Giuseppe Alberigo scrive, su consiglio e richie-
sta di Dossetti, su Lo sviluppo della dottrina sui poteri nella chiesa uni-
versale - vengono anticipati per capitoli in modo da documentare e so-
stenere l'idea che il concilio sta recuperando tradizioni secolari e vene-
rande250. Anzi è di queste settimane l'idea di creare una rivista del rin-
novamento conciliare, che vedrà la luce solo qualche anno più tardi251 .
Fra gli avversari della collegialità, nel complesso, c'è un diverso senso
del pericolo: le lamentele di Fenton sull'uso di sacramentum hanno di
mira la preparazione di un intervento autorevole che gli pare possa dissi-
pare ogni equivoco; Gagnebet pubblicherà un suo saggio su La primauté
pontificale et la collégialité de l' épiscopat solo dopo la fine delle discussio-
ni sul De ecclesia252 • Sarà quasi isolato il lavoro di Heribert Schauf, che
difenderà coi suoi articoli il primato «contro» la collegialità253 .
Infine le singole conferenze episcopali hanno un ruolo decisivo,, an-
cora con un altro salto di qualità rispetto al 1962. Là, le liste di nomi
avevano sbloccato la situazione, ora mediano la comprensione, formano
le opinioni, orientano il voto, danno impulsi al lavoro: una proposta
come quella degli africani sul rinnovo delle commissioni testimonia un
protagonismo impensabile quattrocento giorni prima.
254 AS ll/2, pp. 82-124 e 222 914. All'inizio di tale seduta si verificherà un inciden
te rivelatore del clima, nella sua dinamica e nelle sue letture: il 4 ottobre a Maximos IV
verrà negata la parola, ufficialmente perché ha preparato un intervento in francese, cfr.
JEdb, 4 ottobre 1963, ed. it. pp. 158 159; JPrg (A), 7 ottobre 1%3 riporta che secondo
Suenens «la questione della lingua è stata soprattutto un pretesto per mascherare la vera
ragione del rifiuto: il contenuto assai violento del testo soprattutto contro il s. Uffizio».
Rahner presenta il 5 ottobre a Dopfner una protesta ed anche i francesi si organizzano
contro questa vessazione, cfr. VORGRIMLER, Comprendere Rahner, cit., p. 224. Sulla paro
la negata ai padri dai sottosegretari raccoglie qualche malumore anche Congar, JCng 4
ottobre 1963: gli consta che Volk e Blanchet non abbiano potuto parlare sulla qualifica
zione dogmatica essendo questione devoluta al papa.
82 IL CONCILIO ADULTO
tà). Allo stesso modo restava privo di solidi legami col resto del capitolo
il n. 13, che nell'affermare la sacramentalità dell'episcopato e la rilevan-
za della consacrazione come aggregazione di un nuovo membro ad un
orda (e non semplicemente il trasferimento di un potere), non riusciva
poi a collegare questo dato con l'esercizio dei poteri e delle funzioni del
vescovo: solo la potestà di santificazione, infatti, risultava indubitabil-
mente conferita nella consacrazione.
Al centro del capitolo, il n. 16 non cercava una armonizzazione fra
poteri del papa e poteri del collegio: li definiva per giustapposizione e li
ordinava sulla base del fatto che il collegio, nell'esercitare le sue potestà,
doveva tener conto della supremazia del suo capo. La mancanza di uno
strumento canonico di regolazione dei due poteri costringeva lo schema
a richiamare qui «la natura non canonica della struttura gerarchica»255
per spiegare l'equilibrio degli stessi. Coraggiosamente lo schema preve-
deva la possibilità di forme di esercizio dei poteri del collegio inedite:
ma non trovava nessun nesso fra questo elemento e la innovativa dimen-
sione della communio ecclesiarum che era entrata nel n. 17, ma che re-
stava relegata in un angolo concettuale del capitolo, dove la stessa affer-
mazione del collegio era come riassorbita dalla questione del rapporto
papa-episcopato: non a caso, allora le funzioni del vescovo, i rapporti
coi presbiteri ed i diaconi, il comune e distinto radicamento nell'ordine
risultano ancora fortemente influenzati dal minimalismo funzionalista
dello schema del 1962.
Il dibattito (che si stende dal 4 al 16 ottobre), per le note ragioni di
precedenza, si apre con gli interventi di Spellman, Ruffini e Bacci con-
tro la collegialità e contro il diaconato 256 ; il discorso di Guerry - che
parla a nome dell'episcopato francese a favore della sacramentalità - re-
sta isolato257 • Sono parole che non cadono nel vuoto: ché - lo si vedrà
sempre di più nei giorni successivi - l'attivarsi degli informatori, l'atten-
zione della stampa restituiscono equilibrio e leggibilità alla discussione,
condotta nel solito e spesso indecifrabile latino che spinge dopo le 10.30
(ora in cui aprono i due bar del concilio) numerosi prelati verso le na-
vate laterali: con in mano i resoconti non sempre «disinteressati» dei
per indicare quella istanza che esprime la forma del potere nella chiesa
stabilita da Gesù Cristo nei dodici - solleva due tipi d'obiezione: c'è chi
esprime tutto il suo timore per una visione del rapporto fra i vescovi e
il papa che non inizi isolando i poteri e le prerogative del pontefice; c'è
chi sostiene che i poteri del collegio non sono delegati né delegabili263 ;
c'è chi si trova in una vera incertezza o acerbità di giudizio264 .
La successione degli interventi tende a diventare (sarà così ogni gior-
no) più serrata, ma più indecifrabile, spesso in contraddizione con le
contestuali votazioni sui capitoli del De liturgia: là l'istanza di rinnova-
mento pare larghissimamente prevalente, qui, invece, ritornano obiezioni
e cautele forti: ad esempio, Cento ammette il diaconato solo se celibata-
rio, Nicodemo teme la imprecisione «giuridica» del testo ... 265 Quando
Slipyi, il metropolita ucraino liberato l'anno prima dal gulag per com-
piacere un desiderio di Giovanni XXIII, chiede di accentuare le posizio-
ni infallibiliste, non convince, ma si fa certo ascoltare (tant'è che parla
venti minuti senza che nessuno osi interromperlo)266 • Quando un giova-
ne ausiliare di Bologna - Luigi Bettazzi - legge il suo intervento contro
quei novatores che rifiutano la collegialità e cita contro di loro gli autori
romani del XVIII-XIX secolo, suscita la compiaciuta ilarità di Chenu,
persuade pochi ma importanti padri (Pietro Parente, ad es.), ma non si
può dire che tagli un nodo ancora stretto ed una situazione incerta267 .
Non solo i punti di innovazione, ma anche questioni più vecchie re-
stano aperte: fra queste c'è il problema di dimensionare adeguatamente
la ripetizione dell'ex sese del Vaticano !268 : gli osservatori, nella seduta
dell' 8 ottobre, contestano il modo «concessivo» in cui lo schema Philips
propone i poteri del collegio episcopale.
263 La conferenza olandese, per bocca di van Dodewaard, sostiene la non delegabi-
lità del potere del collegio che (anche su11a base del can. 227 del codice di diritto cano-
nico) è e deve essere definito di diritto divino, AS II/2, pp. 270 272.
264 Rahner esprime un sospetto pessimista (che tutto stia andando verso la produ-
zione di «piccoli miglioramenti benintenzionati, che non cambiano alcunché») il 7 otto
bre 1963, in VORGRIMLER, Comprendere Rahner, cit., p. 224.
265 Cento parla nella XLV c.g., il 10 ottobre 1963, AS II/2, pp. 393 394; Nicodemo
1'11, ibidem, pp. 459 461.
266 AS II/2, pp. 442 446; cfr. anche WENGER, p. 47. Modesta eco ha Marce! Le-
febvre, il quale interviene 1'11 contro il pericolo rappresentato da11a collegialità del1e
conferenze episcopali ... , AS II/2, pp. 471-472.
267 AS II/2, p. 484, cfr. D Chenu, 11 ottobre 1963.
268 Viene sollevata dal vescovo Saboia Bandeira de Mello, di Palmas, sul n. 9, cfr.
AS II/2, pp. 114 123. Congar ne stende una interpretazione il 7 ottobre, dr. JCng ad
diem, apparentemente di sua iniziativa: il giorno successivo offre il suo appunto come
intervento a Martin, che lo riceverà il 9.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 85
Schmemann: esiste un certo pluralismo nella struttura della chiesa, del quale qui
non si trova nulla: ci sono altre primazie ... e sull'ex sese. Il documento sembra continua
mente trattare l'episcopato come una concessione e ogni affermazione assoluta è ancora
per il papa. Ogni enunciazione su1l'episcopato viene riferita al Papa e al suo potere269,
ne missionaria che votarono una mozione favorevole di Yii Pin, in LAZZAROTTO, I vesco
vi cinesi, cit.
2 72 Suenens stesso si distanzia dal testo che proponeva di rendere temporaneo il
vincolo del celibato imposto agli ordinati, e chiede invece un diaconato da conferire ai
celibi alle stesse condizioni del diaconato temporaneo, ed uno uxorato.
273 Cfr. il testo del discorso pronunciato in aula (AS IV2, pp. 317 320) con le va-
rianti desunte dalla minuta preparata per Suenens da Dossetti in Per la fori.a, pp. 313-
320, e lo stesso SUENENS, Ricordi e speranze, cit., p. 137. Per la conferenza stampa si
veda fra g1i altri la cronaca su «L'Avvenire d'Italia», 9 ottobre 1963. F Dossetti 381, 7
ottobre 1963 reca su un foglio di pugno di Dossetti: «Suenens: proporre i due testi, di
magg[ioranza] e minor[anza]». Il testo francese in F Suenens, II a seJSio, De ecclesia, De
diaconatu.
274 «(Uti, exempli gratia, sunt in Cap. II Schematis "De Ecclesia": collegialitas Epi-
scoporum, sacramentalitas Consecrationis ac Diaconatus restauratio) finita eorum discep
tatione,. brevi ac perspicuo proponantur modo ut suffragationi interlocutoriae subician-
tur antèquam competens Com.rnissio emendationum examen incipiat. Duae indicantur
huius voti praecipue rationes: a) Ne Patres, post longum temporis spatium, aliquorum
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 87
277 Un accenno alla «consueta udienza» anche in Ldc, pp. 176 177. Secondo Con-
gar, JCng 8 9 novembre 1963 (che lo apprende al collegio belga dove è rimasto) i mo
deratori avevano visto il papa tre volte «prima [c.vo mio] di proporre i cinque quesiti».
278 Ldc, p. 177, 10 ottobre 1963. A pranzo in segreteria di Stato Lercaro sente elo-
gi per il servizio de «L'Avvenire d'Italia» ai dibattiti del concilio...
279 Cfr. Ldc, pp. 115-116 per il voto del 14 novembre 1962, inoltre S/V 2, pp. 168
176.
280 Cfr. Ldc, p. 180: i cardinali s'erano recati alla basilica di S. Maria Maggiore
dove si teneva la celebrazione dell'anniversario dell'apertura del concilio, presieduta da
Paolo VI.
281 F Dossetti, 378a, ms di Dossetti, datato 11 ottobre 1963, A S.M. Maggiore. Cfr.
Procedure, pp. 325-326.
282 Cfr. Congar, JCng, 12 ottobre 1963, ds, p. 316: «ffiahner] mi dice che i mode-
ratori faranno votare separatamente su: co1legialità episcopale I sacramentalità della con-
sacrazione episcopale I diaconato».
283 F Prignon, 459. In F-Suenens, Ila sessio, De ecclesia, 5 pro[KJsitiones, si trova
una lettera di Caste1lano ai moderatori dell' 11 ottobre 1963 che chiede «distinte e chiare
votazioni».
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 89
288 F-Dossetti, 110, ms Dossetti con corr. Colombo 13 ottobre 1963 a Monteveglio:
nota ms in testa <<A Monteveglio 13.10.63 I Le correi.ioni I proposte da D. Carlo [Co
lombo]». Del coinvolgimento del teologo milanese è al corrente anche Tucci, nella nota
del diario del 17 gennaio 1964, f. 168: «Per quanto riguarda i 5 punti del 30 ott., [Sue
nens] mi ha detto che essi furono preparati da mons. Carlo Colombo, con l'aiuto di
Dossetti, e che egli si limitò a farli rivedere e ritoccare un po 1 da mons. Philips e dal
can. Moeller». La domenica 13 Dossetti torna a Roma con un testo che dovrebbe garan-
tire che <<la commissione teologica abbia un voto indicativo sul problema: collegialità,
90 IL CONCILIO ADULTO
rapporti collegio primato e non ricordo più se anche sul diaconato. Le proposte annun-
ciate in Concilio non sono ancora state votate oggi. Pippo [scii. Dossetti] le ha riviste,
moderandole, con d. Carlo [Colombo]; Dopfner le ha ulteriormente moderate», D Nico
ra Alberigo, 21 ottobre 1963. Cfr. Procedure, pp. 329 332.
289 Una nuova versione in F-Colombo, 13.7, 14 ottobre 1963: vi annota «14 X
1963, Dossetti, Cardinali Moderatori», cfr. Procedure, pp. 330-331.
290 «Jusqu'au moment 06 le cardinal Ottaviani sera amené à démissioner de la pré
sidence de la commission théologique», JCng, 14 ottobre 1963. È datata 15 una nota di
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 91
3o1 Così AS V/1, p. 698, n.; secondo Prignon, il papa ha dichiarato di «ne les avoir
jamais vu», cfr. Congar, JCng 2 febbraio 1965.
302 Testimonianza di V. CARBONE, Vai.ione direttiva di Paolo VI nei periodi 11 e III
del Concilio Ecumenico Vaticano Il, in Paolo VI e i problemi ecclesiologici al Concilio,
cit., pp. 80-82. Secondo Prignon, invece, la mattina aJle 7 c'era stata una telefonata di
Cicognani al solo Agagianian, cfr. JCng, 2 febbraio 65.
303 La lettera di Dossetti del 15 ottobre contro le «attenuazioni» lascia intendere
che il blocco incombente è quanto meno temuto.
304 Intervengono ancora sul capitolo II i padri che presentano interventi collettivi
poi si passa al dibattito sul capitolo III, che occuperà 7 congregazioni generali, fino al
24 ottobre.
305 «L'Avvenire d'Italia», 16 ottobre 1963, p. 1. Il comunicato stampa diceva sem-
plicemente che «domani saranno consegnate ai padri quattro domande circa lo stesso
capitolo secondo De ecclesia, le quali hanno l'intento di puntualizzare i quattro argo
94 IL CONCILIO ADULTO
menti principali. Su di esse si voterà giovedì prossimo invece che sul capitolo nel suo in
sieme», ciel. comunicato n. 12, 15 ottobre 1963, copia in F-Lercaro 117.
306 Lo ricava Wenger da Vi1lot, cfr. A. WENGER, Les Trois Rome, Paris 1991, p.
138. Nel contempo Moe1ler, Daniélou e Laurentin dicono a Congar che la sospensione
del voto è dovuta all'insorgere di Ottaviani contro i moderatori che hanno travalicato i
loro poteri; l'espressione è in JCng, 17 ottobre 1963.
307 Cfr. JCng, 16 ottobre 1963: «Durante la messa, il cardinal Cicognani, segretario
di Stato, viene a cercare il cardinal Agagianian e lo prende in disparte per parlargli. Nel
giro di poco tempo gli altri moderatori si uniscono alla conversazione. Sembrano essere
molto preoccupati. La scena si ripete per tre volte, con il cardinale Segretario di Stato
che se ne va e poi ritorna qualche tempo dopo. Coloro che hanno visto la cosa da vici
no e me l'hanno riferita pensano che sia relativa al conflitto che si è manifestato sulla
questione dei 3 (4) voti che i moderatori volevano sottoporre al concilio».
308 Cfr. Procedure, pp. 335 338. È facile dedurre non solo dall'andamento delle
cose nei giorni successivi, ma anche da un pro-memoria per il papa del 16 ottobre, che
non è Tisserant l'antagonista dei moderatori. Cfr. la lettera, recentemente pubblicata, di
Dell'Acqua a Felici, del 23 ottobre 1963, ·con la quale il sostituto trasmette un appunto
rimesso al papa da Tisserant nella udienza proprio del 16 ottobre, AS V/3, p. 695, che
non fa alcuna obiezione.
309 Ne cita un frammento un appunto del 30 ottobre steso ad uso dei moderatori,
il che consente di identificare un documento d'ignoto autore, in F Dossetti 112; nell'ap
punto per i moderatori si citano alcune espressioni (su «confusioni» e «ma1intesi»; sul
fatto di «distinguere il lato dommatico del problema e queJlo giuridico e pastorale»);
per la paternità è tutt'altro che irrealistica l'indicazione di Haubtmann, secondo il quale
è Ottaviani che capeggia una «opposition decidée», F Lercaro 122, 15 novembre 1963,
ciel. del «Secrétariat national de l'Information religieuse». Anche ST considera priorita
ria la scelta del papa: <<21 ottobre 1963 [ .. .] Che autorità ha il papa sul Concilio? È vero
che il segretario generale Felici da giorni impedisce contro il volere dei moderatori il
previsto voto orientativo?».
310 Cfr. Procedure, pp. 338 340.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 95
matiche per lo più superate (chi è il laico, il suo posto nella chiesa e nel
mondo, la santificazione delle realtà temporali).
La discussione in aula - che occupa 8 congregazioni e vede salire a
parlare 90 padri, ai cui discorsi si aggiungono 33 interventi scritti - è
nettamente divisa su due piani.
Da un lato ci sono gli interventi che sostengono o osteggiano la pro-
posta di estrapolare il capitolo sul popolo di Dio ed anteporlo al capito-
lo sulla gerarchia 319 • Qui prendono la parola con calore i padri che han-
no aderito al rinnovamento ecclesiologico di cui lo schema Lumen gen-
tium del 1963 è l'impegno, più che la realizzazione. Il vincolo concet-
tuale che l'anteposizione crea non è percepito da tutti allo stesso modo:
sicché parlano in aula padri come Jaeger di Paderborn, il quale loda la
proposta perché con questa diversa sistematica sarà chiara la continua-
zione nella chiesa dell'opera e della vita di Cristo, espressa proprio dal-
l'unità nell'unico popolo di diverse funzioni e compiti; ma interviene an-
che Wojtyla di Cracovia, secondo il quale il costituirsi d'un popolo da
parte di Dio è premessa necessaria alla definizione della gerarchia posta
a guida e servizio di quello 320 • Sono ancora una volta Larraìn e Silva
Henriquez che, avvalendosi del molto materiale prodotto per lo schema
«cileno» sulla chiesa, esprimono le posizioni più avanzate: chiedendo
che non solo il capitolo sul popolo venga anteposto, ma che venga an-
che messa in luce la koinonia come carattere essenziale (e non solo ef-
fetto) del popolo di Dio, e che si delinei la tripartizione della missione
di Cristo che dovrà poi ripetersi e riesprimersi nel capitolo sulla gerar-
chia ed in quello sui laici321 • Contro questa tesi Siri e Ruffini prendono
la parola per invocare una più ferma distinzione fra il sacerdozio del
popolo e quello gerarchico322 ; essi, ma anche e più fortemente altri, insi-
stono sul fatto che il nesso popolo-gerarchia non può che essere espres-
so da un~ antecedenza dell'autorità, dentro la quale si compagina la co-
munità. E una vera incapacità a cogliere il modo in cui gli altri pongono
319 Léger stesso s'era lamentato di questo sdoppiamento come un tentativo di Sue-
nens «d'imporre il proprio pensiero al concilio», JCng, 3 ottobre 1963. Cfr. anche H.
DENIS, Réftexions sur le «De laidw du Schéma sur l'Eglise, in «EtDoc», 22 (22 ottobre
1963 ), 10 pp., F Suenens, Ila sessio, De ecclesia, Caput III. Cfr. anche CL. SOETENS, LA
«squadra belga» all'interno della maggioranza conciliare, in Evento, pp. 143 172.
320 AS Il/3, pp. 92 95 e 154-157.
321 Larrain AS II/3, pp. 223 226; Silva Henriquez (AS II/3, pp. 399-417) deposita
anche un lungo estratto dello schema cileno.
322 Ruffini AS Il/2, pp. 627 632; Siri AS II/3, pp. 278-280. In commissione dottri-
nale il p. Fernandez aveva lanciato l'allarme contro un «démocratisme exagéré», JCng, 2
ottobre 1963.
98 IL CONCILIO ADULTO
323 Bacci AS 11/2, pp. 637-638; Seper AS 11/3, pp. 201 203. Non meno forte sarà la
reazione melchita maronita ad una conferenza di Congar: JCng 17 ottobre: «La sera, al-
l'Hotel Botticelli, ove alloggiano i vescovi vietnamiti, alcuni vescovi melchiti, alcuni ve
scovi maroniti (mons. Doumith). Dopo la cena, conferenza sul De laicis e sul De populo
Dei. Poi domande e dibattito. Mi rendo conto che i vescovi (30, 35 circa) sono abba
stanza a disagio sui testi e le discussioni De ecclesia. Me lo dicono anche in modo molto
esplicito. Non vi si ritrovano. Hanno una tradizione di pensiero, categorie, linee d'inte-
resse che non sono quelle lì. È abbastanza drammatico. Mi accorgo una volta di più di
quanto la chiesa cattolica sia latina, di quanto si sbagli, in buona fede, credendosi "cat-
tolica". Non lo è. La romanità, l'italianità, la latinità, la scolastica, lo spirito analitico
hanno invaso ogni cosa e si sono quasi eretti a dogma. Che lavoro!».
324 AS Il/3, pp. 35-36.
325 AS 1113, pp. 208 210.
326 Così Laszl6, AS Il/2, pp. 496-502: chiede in scriptù un capitolo De valore prin
dpti' subsidiarietatis in ecclesia.
327 Dubois, ma anche Jaeger e Garrone, AS 11/3, pp. 24-27, 92-95, 465-467.
328 AS 11/3, pp. 174-179, nella c.g., 22 ottobre 1963; cfr. HORTON, pp. 82 83.
329 Jaeger, cit., ma anche Meyer, AS 11/3, pp. 146 148.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 99
tare (lo chiedeva un rapporto dei laici uditori) qualche esperto sulle
condizioni del mondo presente330 . L'abate dei premostratensi riassume
l'impressione del 20 ottobre:
Ho l'impressione, e non sono l'unico, che da 4 o 5 giorni gli ingranaggi stridano
perché i freni mancano di delicatezza e quelli che si danno da fare perché le ruote si
muovano, girano a vuoto. I Cardinali Moderatori tentano di spianare il terreno, ma le
ruote posteriori slittano. I più coraggiosi vengono in soccorso, ma in questo modo fanno
imballare il motore invece di farlo andare a una velocità ridotta. Vogliono cambiare ve
locità e innestare una marcia superiore senza prima disinnestare quella più bassa33t.
334La mancata consultazione del consiglio di presidenza sarà addotta fra i motivi
del rinvio nella conferenza stampa del sottosegretario Krol del 30 ottobre 1963, diffusa
da NCWC, «News Service», 31 ottobre 1963 e cit. da CAPRILE, II, p. 168.
335 Un lungo appunto ms di Dossetti per Lercaro (F Dossetti, 126) prepara la riu
nione de1la super-commissione, cfr. Procedure, pp. 342-343: il giurista bolognese argo
menta in 10 tesi che il papa ha voluto i moderatori per dotare il concilio di «un organo
apposito, abbastanza omogeneo nei suoi componenti ed autorevole, libero da altri com
piti e unicamente impegnato a facilitare un indirizzo del conci1io conforme al fine fissa-
tm>, e che perciò il conflitto va chiarito in dipendenza da questo principio. Per Dossetti
l'assoggettamento delle commissioni a1la maggioranza del concilio: «questo è il problema
capitale del concilio Vaticano II ab origine», manifestatosi nella «resistenza tenacissima»
che le commissioni hanno opposto ag1i indirizzi de1l'aula «non conformi a1l'indirizzo
delle congregazioni [sci!. di curia]». Secondo Dossetti il problema è «esigere che tutti si
rimettano alla volontà de1la maggioranza, consultandola con voti pre1iminari chiari e im-
pegnativi e prescrivere che le commissioni siano libere di operare in conformità e non
debbano assoggettarsi alla volontà dei loro presidenti o segretari. In particolare l'art.
65.4 che consente ai Padri di essere ascoltati da1le commissioni e la norma [su proposte]
alternative da sottoporre alla congregazione faciliteranno enormemente le cose. Invece
che un unico testo imposto più che altro dai presidenti, due testi alternativi che espri-
mano due diverse princi pa1i tendenze consentiranno al conci1io di orientarsi e di sceglie
re con chiarezza e rapidità».
336 AS V/1, pp. 699 700.
337 Nonostante quest'ultimo, rettore e regista del collegio belga, ritenga la versione
del 19 «redatta da mons. Phili ps col concorso di mons. Moeller e mio», bisogna dire
che in effetti le modifiche del testo sono modeste come entità e come peso. Le paternità
vengono attribuite in F Prignon 463, da una nota ms. Si tratta per lo più di attenuazio
ni: sfumare fra corpus e (seu) collegium, introdurre la tutela de1lo ius primatiale, spiegare
attraverso un «N.B.» la questione de1le modalità «numquam reprobatas» d'esercizio del
la collegialità da parte del papa e attenuarne le espressioni; garantire che l'atto collegiale
si possa dare solo per invito o per libera accettazione del pontefice medesimo; infine
rinviare a futuri approfondimenti teologici, sui qua1i il conci1io non si impegna, per la
scelta del «modus practicus» d,attuazione. In tema di diaconato si esclude l'ipotesi avan-
zata in precedenza di un ce1ibato temporaneo e si introduce un potere diretto de1le con
ferenze episcopali. Su Ho sviluppo dettagliato de1le redazioni cf r. Procedure pp. 34 2-34 7.
1
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 101
338 Per quanto riguarda Tisserant, in casa di Dossetti a Roma si pensa di farg1i con-
segnare da un giovane prete, Pierre Riches, l'appunto che il canonista bolognese ha ste
so per i moderatori, cfr. D-Nicora Alberigo, 21 ottobre 1963.
339 F Dossetti, 124: rileva che per la prima volta viene implicata la commissione di
coordinamento; che legittimamente i moderatori hanno chiuso il dibattito; che la votazio
ne orientativa non richiede il quorum dei 2/3; critica la proposta Urbani; so1lecita l'ado-
zione più sistematica de1le norme regolamentari su1la scelta fra testi alternativi; raccoman
da una riunione dei moderatori insieme a Bea, Wi1lebrands e gli altri responsabili del se-
gretariato per l'unità. Lercaro, Ldc, 21 ottobre 1963, p. 191 ritiene la crisi una «questio
ne di procedura», «contrm> la quale si «sono sollevati alcuni organi conciliari». Dossetti,
come spesso capita, è preoccupato e pessimista: «"Riusciremo a salvare il concilio?" si
chiedeva [Dossetti] sabato sera [19] [...] Il pericolo è grave: "Il conci1io è come un bal
buziente che non riesce a formulare delle parole e delle frasi connesse"», in D-Nicora Al-
berigo, 21 ottobre 1963. La riunione degli osservatori del 22 ottobre non tocca il proble
ma procedurale, ma si limita a reagire a1la relazione di Moeller, cf r. HORTON, pp. 85 86.
340 La proposta riguardava gli artt. 39 § 2 e 60 § 3; il lungo verbale in AS V /1, pp.
701 735. Si era risolto con l'intervento di Wi1lebrands rallarme degli osservatori del
CEC davanti alla celebrazione de1la messa nel rito degli uniati rumeni il 21 ottobre, in
ricordo de1l'unione del 1698 e della soppressione della chiesa nel 1948, cfr. F ACO
6.38.
34l La contemporanea riunione de1la CEI viene aggiornata per evitare ai numerosi
italiani (soprattutto a Siri, Lercaro ed Urbani) l'imbarazzo della scelta. Siri aveva parteci
pato il pomeriggio antecedente, 22 ottobre, in via del s. Uffizio 22, alla prima riunione
del Coetus Internationalis Patrum, organo di coordinamento dei padri tradizionalisti,
convocato da M. Lefebvre e G. de Proença Sigaud; a queste riunioni, che si sarebbero
protratte nei successivi martedì, Siri non prenderà più parte, cfr. B. LAI, Il papa non
eletto Giuseppe Sin~ Cardinale di Santa Romana Chiesa, Roma-Bari 1993, pp. 210-211,
su1la base del diario di d. Bara bino. Mancano, perché estranei ag1i organi radunati, i due
antagonisti che hanno segnato la polarizzazione delle posizioni su numerosi temi, cioè
Bea ed Ottaviani: soprattutto l'assenza di Ottaviani dice quanto fosse stata pretestuosa e
friabile raccusa mossa ai moderatori d)aver prevaricato, nel proporre le votazioni il 15, i
legittimi diritti della commissione dottrinale, di· cui nessuno, in sede di «supercommis
sione>>, tiene il minimo conto. Non partecipa a1la riunione neanche Silva Henriquez che
aveva presentato la sua proposta ai moderatori 1'8 ottobre e che il 22 la ritrasmette di-
rettamente al papa; ad essa non si farà alcun cenno.
102 IL CONCILIO ADULTO
guito il 15 da Urbani, poi da Gauci il 17; Buckley presenta una ampio memorandum in
12 articoli il 18 ottobre; la proposta africana è presentata il 23 da Zoa; Frings riprende
le sue proposte sulle congregazioni generali il 24, come Lefebvre che chiede l'estensione
dello iuxta modum; il 25 vengono depositate altre proposte di singole modifiche da A.
Dupont e Mabathoana; il 28 Veuillot rimette al papa le proposte dei 20 segretari delle
conferenze di cui supra; l'indomani Maccarrone deposita le sue proposte per garantire
che il concilio «giudichi» e non «discuta» come in un parlamento; il 6 novembre Mason
supplica che i periti spieghino i testi in aula e si abbrevi il dibattito; Seper, quel giorno,
e poi Morris il 9, Alfrink 1'11, Ch. Greco il 21 novembre e ancora Frings il 2 dicembre
chiedono semplificazioni per il lavoro dell'intersessione ed i dibattiti del III periodo; i
memoriali in AD II/4,1, pp. 443-476. Le osservazioni stese per i moderatori dal loro se
gretario fino al 23 ottobre in F-Dossetti; nella stessa data Suenens stende un appunto
Pour gagner du temps, che si collega alle proposte circolanti, F Suenens, Ila sessio, De
ecclesia, Ordo conci/ii.
349 Haubtmann nel cit. ciel. F-Lercaro 122, 15 novembre 1963, ciel. del «Secréta-
riat national de l'Information religieuse», dice che «il 24 al mattino, si apprendeva che
l'atmosfera era stata pesante». Ldc, p. 194, 23 ottobre 1963 parla d'una «riunione tut-
t'altro che facile».
350 Nella discussione non Agagianian, ma Suenens (sul III quesito) e Dopfner (sul
IV .3) si sono differenziati dal testo che proponevano. Lercaro aveva ironizzato sul fatto
che i moderatori, come gli evangeli, erano costituiti da tre sinottici e da un quarto e di
verso che era rappresentato da Agagianian (Dossetti rappresentava gli Atti degli Aposto-
li, come appendice al Luca Lercaro), cfr. Ldc, 28 settembre 1963, p. 162. Una sottoli-
neatura del ruolo e carattere anti conservatore dell'apporto di Dossetti anche nell'artico
lo in «Corriere della sera», 24 ottobre 1963, Clima iesto al concilio giunto a un punto
cn'tico, copia in F-Prignon 472.
3 51 «Ce qu'on vient d'affirmer de concéder au plan théorique et dogmatique
[.. .] para'ìtra désastreux aux Orientaux, et paralyse de fait la portée de l'affirmation
dogmatique». F-Moeller 318, nota ms.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 105
metta nelle competenze dei moderatori non aiuta gli avversari delle pro-
posizioni. E pur avendo Felici redatto un verbale che rilegge la seduta
secondo i desideri del segretario di Stato, è chiaro che agli antagonisti
dei moderatori è mancata la forza che si supponeva potessero avere.
Per ciascuno, poi, c'è qualcosa su cui recriminare: se Caggiano non
si fosse allontanato prima dell'ultimo voto ... se il verbale l'avessero re-
datto i sottosegretari, e non gli attuari di Felici... se si fosse difeso di
più il ruolo d'Ottaviani ... 352 L'indomani è perfino difficile avere una me-
moria realistica degli eventi: la sindrome del complotto è diffusa. Nabaa
- uno dei sottosegretari presenti - par la di «un vero sabotaggio: gli i ta-
liani (undici!) assieme ad uomini come Spellman ed anche Tisserant!
Gli italiani sono assolutamente contro la collegialità e la parola stessa è
stata soppressa nella seconda domanda». Congar, che raccoglie questo
sfogo, si vede confermare da Arrighi una diagnosi catastrofica: «ensable-
ment»353. E se Nabaa ritiene che non si promulgherà nemmeno la costi-
tuzione dogmatica sulla chiesa, Congar non è molto più ottimista quan-
do si convince che la manovra ha fatto sfuggire il momento propizio
che non potrà tornare. Perfino Paolo VI teme che si entri in un impasse
irreversibile se lo stesso giorno 24 decide di trasmettere attraverso Felici
un suo appunto alla commissione dottrinale per incalzarne i lavori e le
attività354 . L'appunto autografo dice che «sarebbe grave che la Sessione
si chiudesse senza aver pronunciato alcune principali deliberazioni sullo
schema De ecclesia. Studiare come si possa accelerare il lavoro. Non ba-
sta una riunione settimanale». L'appunto è telegrafico: ma quell'accenno
alle «principali deliberazioni» non è un invito alla commissione affinché
entri in scena in modo propositivo e non semplicemente ostruzionistico?
Attorno ai moderatori il clima è meno pessimistico, o almeno più
battagliero355 . Sempre il 24 Dossetti consegna una nuova proposta a
356 Il nuovo testo, in F Lercaro 784, ha però perso la possibilità che l'atto collegiale
si dia in forme «non rifiutate» dal papato: in questa redazione si parla solo di forme
«approvate» (che non chiude a future approvazioni, ma è certo più debole). Prignon
(però vari mesi dopo) racconta a Congar questa fase di revisione ed elenca fra i collabo-
ratori Philips, se stesso (non Moeller) e Rahner, per il quale non si trova alcun riscon-
tro, cfr. JCng, 2 febbraio 1965, ds, p. 416.
357 In F Dossetti 113 <<Mia proposta al card. Lercaro il 24.10 dopo i nferimenti delle
commissioni riunite»: questa redazione riprende (secondo Prignon per una espressa auto-
rizzazione verbale di Paolo VI a Suenens) la formula «actuale exercitium potestatis cor
poris episcoporum regitur ordinationibus a Romano Pontifice adprobatis (vel saltem se-
cundum consuetudines ab eo non reprobatas)».
358 Procedure, pp. 366 368.
359 Al collegio belga Prignon ritiene che già l'intervento di Siri alla «super commis-
sione» fosse stato redatto da Calabria, cfr. JCng, 2 febbraio 1965, ds, p. 416; anche sulla
copia del rettore in F-Prignon, 471 una nota ms precisa «remis par Calabria». Cfr. Pro
cedure, p. 368.
360 Così TROISFONTAINES, À propos, cit., p. 137, secondo il quale il testo viene rifiu
tato da Suenens lo stesso 25 ottobre a causa della indisponibilità a sottoporlo come voto
alternativo; Suenens (ma anche Felici, nel verbale della riunione del 23 cit. supra) aveva
inteso che fosse questo ciò che voleva Tisserant quando chiedeva votazioni distinte su
«due questioni diverse: il fatto e il diritto», AS V/1, p. 719. Invece Tisserant (seguito in
ciò da Siri) intendeva aderire al meccanismo dei voti contenutisticamente graduali.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 107
gli animi, «come avveniva già nel Medioevo», avrebbe scritto profetica-
mente Laurentin366.
Infatti il capitolo IV sui religiosi avrebbe dovuto rimanere, nelle pri-
me intenzioni dei riformatori dello schema preparatorio, un elemento di
continuità assoluta: trasformato per la insistenza di Suenens in un capi-
tolo De sanctitate in ecclesia, esso antepone alla ripetizione dei concetti
del vecchio capitolo preparatorio una importante premessa. Infatti il ca-
pitolo afferma la comune vocazione di tutti i cristiani alla santità (intesa
però in senso f ortem~nte eticizzato ), che si esercita in forme molteplici e
distinte (nn. 29-30). I «consigli evangelici» sarebbero allora soltanto
mezzi per il fine ultimo che· è la carità367 . Sulla seconda parte del capito-
lo - quella relativa agli stati di perfezione - tutto ciò ha dei punti d'im-
patto circoscritti: il «segno escatologico» della vita casta, povera ed ob-
bediente è forse quello che più si sarebbe prestato ad un rinnovamento
della vita religiosa del cattolicesimo romano.
Nel dibattito - il primo che si sviluppa in modo frammentario, ri-
prendendo a distanza di giorni le discussioni precedenti - ritroviamo
una serie di richieste tipiche di tutto il mese, cioè l'armonizzazione dei
capitoli f~ali con i principi fissati in sede di capitolo primo e di orien-
tamento. E infatti come se il processo di formazione dello «schema Phi-
lips» del primo periodo conciliare avesse pesato sul grado di elaborazio-
ne di tutto il nuovo schema ecclesiologico del 1963: l'anno prima la
squadra belga aveva allegato ad un progetto di indice rinnovato una
ipotesi di capitolo primo, su cui s'erano espresse e misurate molte tesi,
correzioni, migliorie. L'insieme dello schema del 1963, invece, e soprat-
tutto il capitolo IV, non avevano ancora conosciuto questo passaggio:
perciò molti padri reagiscono davanti ad un testo che presenta la santità
come uno sforzo etico individuale: il canadese Coderre368 chiede che si
dica chiaramente che la comunione di cui la chiesa anticipa il godimen-
to è sanctitas ipsa. Questo bisogno di accentuare la dimensione carisma-
tica369 e comunionale della santità della chiesa andava incontro anche
alla esigenza - già avanzata da Larraona - di un capitolo sulla commu-
nio sanctorum370 , o almeno di una valorizzazione di questa dimensione
escatologica della santità371 .
377 Così credono alcuni informatori e organi di stampa, ad es. D. FISHER, in «The
Catholic Herald», 8 novembre 1963, nonché J. GROOTAERS, Een sessie met gemengde ge
voelens, in «De Maand», 6 (1963), n. 10, p. 590 su cui si basa TROISFONTAINES, A pro
pos, cit., p. 137.
378 Cfr. A. MELLONI, La causa Roncalli: origini di un processo canonico, in «CrSt»,
18 (1997), pp. 607 636.
379 Cfr. ]Edb, ad diem.
380 K.L. WooDWARD, La /abbn'ca dei santi, Milano 1991) p. 302; non risulta che
questa petizione sia stata portata in concilio.
381 «Famiglia Cristiana», 21 maggio 1964, n. 21 risponde al1a lettera di un lettore
che le «medaglie di Papa Giovanni XXIII con reliquia può chiederle a Casella Postale
5023 Roma» e dà il costo della versione metallica (400 lire) e di quella dorata (450 lire).
382 Cfr. la circolare 2a messami a disposizione da L.C. MARQUES che ne cura l'edi
zione; ora in MELLONI, La causa Roncalli, cit., pp. 613 614.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 111
383 Il 20 ottobre Congar constata come il titolo <<lanciato» da Balié ha già prodotto
un effetto invasivo sulla discussione. È in questi stessi giorni che va montando la que-
stione sulla libertà religiosa, il cui schema non era ancora andato ai padri: Spe1lman, f or-
te della firma di 240 padri americani, chiede al papa che esso venga distribuito, cfr.
JCng, 23 ottobre 1963.
112 IL CONCILIO ADULTO
386 «Mentre il cardinal Konig parlava, ho guardato di fronte a me fratel Max Thurian.
Era completamente in tensione e si sporgeva dal di sopra de1la balaustra de1la tribuna in
direzione dell'oratore. Ciò che il cardinal Konig diceva della mariologia dei protestanti
corrispondeva esattamente al pensiero di Thurian, così come si esprime nel suo libro,
Marie, mère du Seigneur, figure de l'Eglise, Les Presses de Taizé, 1962»: WENGER, p. 125.
387 Sarà violentemente attaccato dal quotidiano conservatore «Il Tempo», 27, 28,
29 ottobre 1963. Anche Balié attacca Congar in una conferenza ai vescovi croati: la let
tera in latino, di sdegnata reazione ad un'accusa che mette in dubbio l'onestà cattolica
di Congar, in JCng, 20 ottobre 1963.
388 De mysterio Mariae in Ecclesia, trasmesso da Dhanis il 18 settembre, doveva es
sere quindi stato commissionato ben prima delle discussioni assembleari; tardivamente
ne viene a conoscenza, ad es. JCng, 25 ottobre 1963. Inoltre cf r. D. ARAc1c, La dottrina
mariologica negli scritti di Carlo Balié, Roma 1980, pp. 106 119.
389 «Plus précis, plus nuancé Konig. Applaudissements plus nourris», F-Moeller,
0016, p. 36: Moeller era stato nominato il 14 ottobre vice-relatore della sottocommissio
ne per gli emendamenti al De ecclesia.
390 VORGRIMLER, Comprendere Rahner, cit., p. 226.
114 IL CONCILIO ADULTO
Anche Philips teme che sia passata l'idea secondo cui «se si vota per
l'inserzione nel De ecclesia si vota contro la Vergine»391 .
Finalmente il 29 viene indetta la votazione che Paolo VI aveva rac-
comandato 23 giorni prima: dei 2.193 votanti 1.114 si esprimono per la
unificazione del De beata nel De ecclesia, mentre 1.074 votano per la re-
dazione di due schemi. Lo scarto minimo presentatosi in commissione
dottrinale si ripropone dunque in aula: pur non essendoci nessuna om-
bra dal punto di vista procedurale392 , la votazione dà l'impressione che
il concilio sia spaccato a metà non solo sulla questione mariana, ma su
tutto l'impianto della riforma ecclesiologica in corso393 . Cosa accadrà
quando, lasciata la Madonna, si passerà alla collegialità, alla sacramenta-
lità, al diaconato? Come reagirà una fragile maggioranza a proposizioni
ben più sottili e decisive della pura e semplice collocazione di un picco-
lo schema? Anche gli ottimisti della vigilia hanno un brivido:
Il voto di oggi ha diviso profondamente l assemblea sul piano dottrinale. Se è unita
1
sul piano pastorale1 sul piano dottrinale è profondamente divisa. Se domani si avrà la
stessa debole maggioranza, e quindi la stessa divisione, non resta che fare i bagagJi394 •
391 «Si l'on vote pour l'insertion in Ecclesia on vote contre la Vierge»1 mentre Sue
nens rassicura che «si vedrà domani che nessuno dei due voti è contro la Vergine». F-
Moeller 0016, p. 87, in ANTONELLit Le role, cit., p. 37.
392 Rahner (VORGRIMLER, Comprendere Rahner, cit., p. 226) ricorda che Parente
aveva protestato contro una scelta fatta a maggioranza semplice: tuttavia va ricordato
che se anche si fosse deciso, contro il regolamento, di fissare il quorum ai 2/3 si sarebbe
comunque creata una replica della situazione del novembre 1962 sul De /ontibus ...
393 Il lavoro di revisione dello schema Balié inizierà 1'8 novembre in una sottocom
missione De beata formata da Konig, Santos, Doumith e Théas, cfr. ANTONELLI, Le role,
cit., pp. 38-58.
394 «Ce vote d 1 aujourd 1hui divise profondément l'assemblée sur le plan doctrinal. Si
elle est une sur le plan pastora!, sur le plan de la doctrine elle est profondement divisée.
Si demain on a la mème faible majorité, donc la mème division on n 1a qu'à plier les ba-
gages». F Moeller 0016, pp. 90-91) in ANTONELLI, Le role, cit., p. 37.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 115
b) Charue:
a) i moderatori hanno già annunciato la votazione dei «punti»
b) Ottaviani rivendica la competenza della Commissione circa i «punti>>395.
395 F Colombo, Notes Comm. Doctr., ms. Cfr. Ottaviani a Felici, 28 ottobre 1963,
AD VI/2, p. 400.
396 «Die sequenti 29 Octobris in Sessione sexta plenaria Commissionis definitivo
probata est nova formula qualificationis dogmaticae cum 17 ex 24 votis. Actum est insu-
per de quinque propositionibus doctrinalibus, Patribus in Concilio mox proponendis.
Tandem statutae sunt normae pro Commissionibus specialibus De revùione, ut uniformi-
ter procederent sub directione et revisione Subcommissionis de Revisione centralis».
TROMP, Relatio, cit.
397 «Ce matin Ottaviani a parlé à Suenens. Il lui a dit "Vous n'avez pas le droit de
faire ce que vous faites. Pourquoi allez-vous sans cesse chez le Pape?' Suenens lui
1
•
répond: 41Parce que vous aussi vous allez chez le Pape. Ensuite, je suis membre de la
Présidence, de la Commission de Coordination, des Modérateurs,,. Ottaviani s en va fu 1
398 Una nota dice che vengono discussi il 28, il che mi pare senz altro una svista
1
116 IL CONCILIO ADULTO
dattilografica. Per la paziente strategia di Philips, cfr. JPrg (B)J pp. 2-3: quando effetti
vamente i quesiti alternativi ·cadono «on put alors procedér à la constitution des fameu-
ses sous-commissions dont le projet avait été fait au collège [scii. Beige] par Mgr Philips,
Moeller et moi-meme [scii. Prignon]».
399 Così JPrg (B), p. 2. Una nota di Colombo indicherebbe Parente come autore: è
possibile che sia una impressione confortata dal fatto che Parente chiede una pausa po
sto che il voto «dilatum est»; di contro Charue protesta «scio quod cito veniet»; a parte
la conferma de1la nota posizione a favore della co1legialitàJ non ha apporti specifici n
pur pregevole strumento di M. DI RUBERTO, Bibliografia del cardinale Pietro Parente,
pres. di J. RATZINGER, Città del Vaticano 1991.
400 P.052.12: intitolato «De Ecdesia I VI propositiones» e repertoriato «CFMJ De
Ecci. Vota 2»: la prima proposizione è la seguente: «I (definitio ecdesiae). Christus Re
demptor, ad opus suum salvificum usque in saeculorum finem perennandum, ecdesiam
tamquam corpus suum mysticum constituitJ mysterium Verbi incarnati in se reproducen-
tem, compagine hierarchica instructam atque vita supernaturali ditatamJ ut mediantibus
sacramentis, magisterio ac legum _disciplina, ad animarum salutem satageret, Regnum Dei
in munda provehendo ad Populum Dei glorificatorem formandum et indesinenter au-
gendum».
401 «II. Docet sancta synodus episcopatum esse supremum sacramenti ordinis gra-
dus, cum suo proprio charactere».
402 «III. Sancta tectaque doctrina de Romani Pontificis primatu et infallibilitate a
concilio Vaticano I sollemniter definita, docemus corpus seu collegium episcoporum, qui
apostolis in munere docendi, regendi et sanctificandi succedunt, simul cum Romano Pan
tifice capite ac eius nutui subiectum, pollere potestate in ecclesiam universam, eius tamen
exercitium ab ipso Romano Pontifice sive directe, sive indirecte semper dependet».
403 <<lV. Item s. synodus tenet ac docet singulos episcopos, vi suae legitimae conse
crationis, in collegium episcopale inseri ideoque idonea constitui subiecta potestatis ec-
clesiaeJ quae, ut supra dictum est, nonnisi in communione et ad nutum romani Pontifi
cis exerceri potest».
404 «V. Censet s. synodus diaconatum permanentem, attento antiquissimo more) re-
staurari passe iuxta regionum conditiones necessitatesqueJ ita tamen ut singuli diaconi
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 117
coelibatus legi per se subiecti maneant. Exceptiones, praesertim si agatur de viro uxora
to qui ad diaconatum contendit, fieri poterunt, de sententia Conferentiarum episcopa-
lium, quae tamen s. Sedis iudicio subordinanda sunt».
405 «VI. Christifideles laici, qui vi sacramentalis characteris baptismi et confirmatio
nis Christo sacerdoti quodammodo configurantur ita ut cuiusdam universalis sacerdotii
participes fiant, dignum locum ac munus obtinent in ecclesia Christi, sive ad collaboran
dum cum hierarchia sive ad propria sponte ac responsa bilitate operandum in mundi
sanctificatione, tum communis gratiae, tum sic Deo largiente, peculiarium charismatum
ope».
406 AS V/l, p. 739 : : : P.052.14. Secondo un quaderno di Colombo (F Colombo,
bloc notes), sarebbe di Parente.
407 AS V/l, p. 738: «Oggi [... ] si esamineranno alcune formule compilate da alcuni
membri della commissione stessa». Ottaviani precisa anche che «di ciò è stato prevenuto
il s. Padre»: ma non si capisce precisamente se intenda dire che il papa è informato del-
1'attivarsi della commissione, de1la riunione, o del desiderio della commissione di vedersi
riconosciuta la competenza in tema di formulazione dei testi.
408 Lo stesso 29 ottobre Felici assicura Ottaviani che «nella riunione di questa sera,
se mi si darà l'occasione, mi farò dovere di comunicare la richiesta di v. em. agli em.mi
Padri del Consiglio di presidenza ed agli em.mi moderatori del concilio», AS V/2, p. 13.
409 AS V/l, p. 739 e P.052.14: «Formula. Corpus Episcoporum, qui iure divino
sunt Apostolorum successores in munere evangelizandi, sanctificandi et regendi dominici
gregis, cum, una cum Capite suo Romano Pontifice (et numquam sine eo capite, cuius
integra remanet plenitudo potestatis in omnes [et singulos] et pastores et fideles) legiti
mis et consuetù condicionibus conveniunt, [vel alio modo a romano Ponti/ice iis collegia
liter aliqua res decidenda committitur], piena et suprema potestate in universa ecclesia
pollent». Solitamente i ciclostilati de1la commissione, così come AS, usano il corsivo fra
quadre per indicare le modifiche introdotte nel dibattito. Quindi il testo di lavoro de1la
formula di commissione sarebbe anteriore alla formula Siri ...
410 Forse si tratta di un ritorno rispetto alle correzioni di Tromp di cui solo l'edito
re di AS conosce la consistenza? Così la nota in AS V/1, p. 736 n. 1 (V. Carbone).
118 IL CONCILIO ADULTO
inizio anno 411 • Un primo voto, infatti, chiede se i padri vogliano «dichia-
rare che desiderano la definizione» della coerenza fra indole visibile/ so-
ciale ed indole mistica/invisibile della chiesa412 ; un secondo voto in due
distinte domande chiede la definizione della chiesa come società istituita
a costituire il corpo mistico413 ; la terza questione rappresenta una versio-
ne ulteriormente diminuita della formula sulla collegialità, che la qualifi-
ca come potestà suprema (ma non piena) attivata solo dall'invito dal
papa ad un atto collegiale che lo stesso papa potrà poi liberamente ap-
provare o meno414 •
41 8 Che aveva informato sulla formulazione dei nuovi quesiti, AS V/1, p. 738 già cit.
419 AS V/2, pp. 14-15.
4 20 Agagianian, Dopfner, Suenens, poi Tisserant, Confalonieri, Alfrink, Frings, Cag
giano, Gilroy, Urbani.
421 AS II/2, pp. 573-577.
4 22 Anche Edelby che 1'8 ottobre prevedeva l'approvazione della collegialità «al-
l'unanimità», il 30 mattina ha qualche timore, cfr. JEdb, ad diem, ed. it. pp. 191 192.
423 F Dossetti, 126c.
120 IL CONCILIO ADULTO
si possa concepire tanto il collegio che il corpo dei vescovi «secondo ca-
tegorie strettamente giuridiche ricavate dal diritto positivo profano; inve-
ce, trattandosi di una istituzione positiva divina, le sue caratteristiche
sono da ricavare dal dato rivelato, biblico e tradizionale». Inoltre Co-
lombo nega che si possa contrapporre collegio e pontefice; e in terzo
luogo mostra come Staffa, affermando una potestà al tempo stesso su-
prema e delegata, dimentichi che è possibile distinguere l'origine di un
potere e le sue modalità d'esercizio:
è perfettamente pensabile invece che il Romano Pontefice determini le condizioni di
esercizio del potere, ma il potere stesso sia d'origine divina (in modo analogo a quanto
avviene per la determinazione delle condizioni di validità dei Sacramenti da parte del
Romano Pontefice)424.
bo, d'altro canto, confermano che nel gruppo di redazione dei quesiti,
pur squassato dagli attacchi, si sente unanime l'esigenza di reagire nel
merito delle questioni.
Il 3 O, mentre modera per turno Lercaro, vengono raccolti e conteg-
giati i voti sulle questioni427 • I consensi sono enormi e oscillano fra il
98% ed il 74 % dei votanti; i padri votano punto per punto e si sottrag-
gono alla logica concatenante delle domande. L'argomento che una po-
testà piena e suprema (III) non può che fondarsi nel diritto divino (IV)
registra una oscillazione di 72 voti; sul diaconato, proposto in una for-
mula più restrittiva di quella elaborata dalla commissione teologica (nel-
la quale come si ricorderà rimaneva, a titolo d'eccezione, il celibato tem-
poraneo), è quello che registra qualche resistenza maggiore, comunque
distante 540 voti dal quorum necessario per respingere la restaurazione
del terzo grado dell' ordine428 •
427 Al momento della votazione il card. Bacci s'era recato al tavolo dei moderatori
per chiedere che si annunciasse la correzione del testo per dire ius primatus e non pri-
mattale, come invece recitava la pagella di voto; non gli venne concessa la parola, cfr.
CAPRILE, Il, p. 169.
L'analisi dei flussi di voti sulle diverse questioni è al momento impossibile, e può
dare interessanti sorprese: sappiamo dal «Bollettino diocesano di Segni», novembre
1963, ad es. che Cadi, uno di coloro che non mancherà di mostrare una forte opposi-
zione alle decisioni sulla collegialità, vota a favore del 1°, 2° e 5., quesito mentre oppone
il suo non placet sul 3° e 4°, cfr. CAPRILE, II p. 264.
429 D Chenu, p. 144.
122 IL CONCILIO ADULTO
431 CAPRILE, III, pp. 317-319. Cfr. Commissioni Concilian', 311 ed., pp. 23-25.
432 Cfr. J. GROOTAERS, Le r&e de Mgr. G. Philips à Vatican Il, pp. 343-380.
433 Così il 25 ottobre la sottocommissione sulla chiesa nelle fonti designata come
subcommissio centralù de revisione elaborò una proposta di articolazione in sette sotto-
commissioni specifiche, approvata dalla plenaria della dottrinale il 28. Ad esse vennero
poi assegnati vari periti - e, dopo il voto del 29 ottobre, venne creato un ottavo gruppo
che si sarebbe occupato del capitolo De beata. RT, 1 oct. 1963 1 apr. 1964, p. 3.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 125
Una prima fase di questa revisione per sezioni occupò il mese di novem-
bre ed i primi di dicembre e passò al vaglio del centro de revùione nelle
riunioni del 13 e 30 novembre 1963 e poi del 31 gennaio 1964; da lì sa-
rebbe passata alla commissione plenaria ed infine all'esame del coordi-
namento e poi inviata ai padri in vista della nuova discussione in aula.
Nelle sottocommissioni che lavorarono tutte dopo i voti del 30 ottobre
(cfr. tavola I, pagina seguente) i compiti vennero ulteriormente suddivisi
ed affidati in prima battuta a singoli o a gruppi piccolissimi di periti,
con qualche oscillazione e rimescolamento nello svolgimento dei diversi
compiti: al di sopra fungeva da supervisore attivo Philips.
L'introduzione ed il capitolo I, sul mistero della chiesa, vennero rivi-
sti senza troppi problemi: Charue che dirigeva questo primo sottocomita-
to, lo dotò d'un piccolo ceto di periti (che fece presiedere a Cerfaux).
Charue dispose così che l'esame delle osservazioni alla espressione «de
fundamento super Apostolorum» venissero vagliate da Garofalo; Rigaux
esaminò le questioni sulla povertà; Cerfaux, ma anche Rigaux e Castelli-
no, il capitolo sul regno di Dio e le immagini della chiesa; a Fenton toccò
la questione della chiesa «sacramento» che tanto lo angosciava e a Castel-
lino il De mysterio. Solo in questa fase vennero esaminati anche i voti·
mandati dai vescovi a ridosso della apertura del secondo periodo e dei
quali nessuno aveva tenuto conto 434 . Oltre ai membri lavorarono alla f or-
mulazione di qualche passaggio critico anche altri: così i verbali ci dicono
che la formula di Garofalo sul fondamento della chiesa «su Pietro e sui
Dodici apostoli», passa con la esplicita approvazione di Philips che inter-
viene ai lavori; sullo snodo fra chiesa e regno di Dio, che rompeva il
drammatico blocco suggerito dalla Mystici corporis, è registrato un appor-
to di Daniélou. Un paragrafo sulla povertà - che doveva far posto alle
raccomandazioni di Lercaro, Ancel ed Himmer - venne presentato alla
sottocommissione da Rigaux, pur essendo stato materialmente redatto da
J. Dupont435 . Le prevedibili preoccupazioni di Fenton sulla definizione
della chiesa come sacramento vennero tamponate da una serie di inter-
venti dello stesso Philips in sottocommissione436 . 18 pagine di testo cor-
retto e di relazione sugli emendamenti vennero così trasmesse alla com-
missione de revisione (e messe a disposizione della dottrinale) che appro-
vò il risultato raggiunto nelle sessioni del 18, 25 e 26 novembre 1963 437 .
De mysterio et revidendis textibus biblicis 5 in nov. Charue, Pelletier, van Dodewaard Cerfaux, Fenton, Garofalo, Castellino,
e poi Heuschen Rigaux
De populo Dei 8 m nov. e 1 in clic. Santos, Garrone, Dearden, Griffiths Congar, Wilte, Reuter, Kerrigan, Nau-
de e Lafortune
De institutione et sacramento Episcopatus 6 m nov. Konig, Barbado, Doumith Ciappi, D'Ercole, Lécuyer, Xiberta,
Turrado
De presbyteris et diaconis 1 m ott. e 6 m nov. Scherer, Roy, Franié Grillmeier, Trapé, Kloppenburg, Lam-
bert, Rodhain, Smulders
De collegialitate episcoporum 2 m nov. Parente, Florit, Schroffer, Volk Salaverri, Betti, Rahner, Ratzinger, Co-
e poi Heuschen, Henriquez lombo, Dhanis, Thils, Maccarrone,
Gagnebet, D'Ercole, Lambruschini,
Moeller, Schauf e Smulders
De laicis 2 m nov. Spanedda, McGrath Delhaye, Haring, Hirschmann, Klo-
stermann, Lafortune, Tucd ed i laici
Habitch, Sugranyes, Vasquez
De sanctitate et religiosis 1 m clic. Seper, Gut, Femandez op, Butler osb Thils, Laurentin, Bouyer, Lio, Philip-
pon e Labourdette
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 127
4 38 Così scriveva esplicitamente Congar in quei giorni, Ecclesia mater, in «La vie
spirituelle», marzo 1964, pp. 324-325.
439 AS Il/l, p. 331, nn. 28 29.
128 IL CONCILIO ADULTO
440 Cfr. U. BETTI, LA dottrina sull'episcopato nel capitolo III della Costituzione dom
matica «Lumen gentium», cit., pp. 190-210, ed in particolare J. GROOTAERS, Primauté et
Collégialité. Le dossier de Gérard Philips sur la Nota Explicativa Praevia («Lumen genti-
um», chap. 111), Leuven 1986.
L'INIZIO DEL SECONDO PERIODO 129
F. Hengsbach e J. Ménager, per la commissione per l'apostolato dei laici. I periti erano:
Delhaye, Haring, Hirschmann, Klostermann, Lafortune, Medina, Moeller, von Riedmat-
ten, Tucci e tre laici (Habicht, Sugranyes de Franch, Vazquez).
442 Anche questa sottocommissione era mista. La commissione dottrinale vi era rap-
presentata da M. Browne, A. Charue, F. Seper, B. Gut, Ch. Butler, A. Fernandez e
quella dei religiosi era rappresentata da E. Compagnone, C. Sipovic, B. Stein, S. Kleiner
e A. Sépinski, assistiti da dodici periti.
443 I compte rendus e la redazione finale del progetto, scritta da Dupont, nonché la
corrispondenza ad essa relativa, si trovano negli archivi del CLG (n. 446 490).
444 ar. J. DANIÉLOU, LA piace des religieux dans la structure de l}Église, in «Étu-
des», 320 (janv.-juin 1964), pp. 147-155.
Capirolo secondo
Antefatti
1 Questa la composizione della commissione nel corso del secondo periodo conci-
liare: card. P. Marella (curia), presidente; card. J.F. Mclntyre (Los Angeles, Stati Uniti)
card. J.M. Bueno y Monreal (Siviglia, Spagna), vicepresidenti; membri: card. P. Doi Tat
suo (Tokyo, Giappone), i vescovi L. Mathias (Madras e Mylapore, India), E. Guerry
(Cambrai, Francia), L. Binz (Saint-Paul, Stati Uniti), K. Alter (Cincinnati, Stati Uniti), F.
Carpino (are. tit., Italia), G. Gawlina (are. tit. di Madito, Italia, neo entrato rispetto al
primo periodo), N.-J. Lemieux (Ottawa, Canada), L. Del Rosario (Zamboanga, Filippi-
ne, anch'egli neo-entrato), H. Schaiifele (Friburgo in Brisgovia, Germania), D. Hayek
(Aleppo dei Siriani, Siria), A. Fernandes (coad. di Delhi, India), J. Rakotomalala (Tana-
narive, Madagascar), A. Castelli (are. tit. di Rusio, Italia), P. Veuillot (coad. di Parigi),
M. Browne (Galway e Kilmacduagh, Irlanda), G. Gargitter (Bressanone, Italia), A.N. Ju
bany (aus. di Barce1lona, Spagna), L.P. Correa (Ciicuta, Colombia), R. Primatesta (San
Rafael, Argentina), L. Carli (Segni, Italia) e G. Dwyer (Leeds, Gran Bretagna); mons. L.
Governatori, segretario; C. Berutti, segretario agg.; G. Pedretti, scrittore archivista. Cfr.
Commissioni conciliari, a cura della Segreteria generale del concilio, Tipografia Poliglotta
Vaticana, 30. XI. 1962, pp. 15-16; 23 ed., 4 novembre 1963, pp. 29-31.
134 IL CONCILIO ADULTO
2 Per l'insieme dell'iter del De episcopis nel corso dell'intersessione, cfr. SN 2, pp.
385-558.
3Cfr. la lettera dattiloscritta di Veuillot a Tisserant, presidente del consiglio di pre
sidenza del concilio, 29 ottobre 1963 (F Veuillot, Archivi diocesani, Parigi, doc. 70); SN
2, p. 491, n. 238.
4 Ma niente è ancora stato fatto, poiché gli esiti della revisione frutto di quel voto
dovranno essere dibattuti in aula.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 135
7Per questa doppia introduzione, cfr. Relatio super schema decreti De episcopis ac
de dioecesium regimine, Typis Polyglottis Vaticani 1963, 22 pp.; AS II/4, pp. 435-444. Si
può dubitare dell'obiettività di alcuni punti della ricostruzione storica di Cadi, in parti-
colare quando pretende che la commissione di coordinamento, nella sessione del 26
marzo 1963, abbia coperto lo schema di lodi (<<laudibus cumulavit»: Relatio, p. 10) o
abbia stimato che non si dovesse attendere la discussione della commissione conciliare,
prevista per il 30 aprile, ma al contrario stampare immediatamente il progetto di decreto
(ibidem), cfr. S/V 2, pp. 488-490.
8 Cfr. Relatio, cit., p. 12.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 137
9 Preoccupati della continuità dei lavori, i moderatori non si danno più il cambio
ad ogni congregazione generale, ma prendono in carica ciascuno una parte dello sche-
ma. Così proprio Suenens dirigerà la discussione sullo schema in genere, Agagianian
quella sul cap. I, Lercaro quella sul cap. It Dopfner quella sul cap. III e ancora Sue
nens quella sul cap. IV.
1o Cfr. AS II/4, pp. 456 459 (N. Jubany), 460 462 (L. De Bazelaire), 462 464 (P.
Correa), 465-466 (G. Garrone), 488-491 (F. Gomes dos Santos), 493-495 (C. Bandeira
de Mello), 505 508 (R. Gonzalez Moralejo), 509-512 (A. Fernandez).
11 Cfr. AS 11/4, pp. 445-446 (A. Liénart), 450-452 (P. Richaud), 453-455 (G. Gar-
gitter), 456-459 (N. Jubany), 460-462 (L. De Bazelaire), 462-464 (P. Correa), 467 469
(F. Marty), 469-471 (M. Badoux), 478-479 (F. Konig), 479-481 (B. Alfrink), 481-485 (A.
Bea), 487-488 (P. Veuillot), 488-491 (F. Gomes dos Santos), 495 497 (H. Schaufele),
497-499 (A. Olalia), 499-501 (F. Simons), 503 505 U. Hodges), 505-508 (R. Gonzalez
Moralejo), 513 516 (M. Hermaniuk).
12 Cfr. AS II/ 4, pp. 450-452 (P. Richaud), 453-455 (G. Gargitter), 478-479 (F. Ko
nig), 481-485 (A. Bea), 495-497 (H. Schaufele), 497-499 (A. Olalia), 513-516 (M. Her-
maniuk).
138 IL CONCILIO ADULTO
13 Cfr. IdP, I, 1963, pp. 142 151 (in particolare 150) e 166 185 (in particolare 174-
175) e supra, pp. 31 32 e 52-55.
14 Nell'ordine cronologico d'intervento, J. Mclntyre G. Gargitter, N. Jubany, P.
1
differenza essenziale con il principio dei diritti originari del vescovo re-
sidenziale18. Infine P. Correa comincia lamentandosi esplicitamente delle
distorsioni al regolamento intervenute tra il primo e il secondo periodo:
«per più della metà di questa commissione conciliare De episcopis ac de
dioecesium regimine, noi non siamo stati ascoltati in relazione alla reda-
zione dello schema che viene ora sottoposto allo studio di tutti i padri»;
il vescovo di Cucuta, riferendosi alla relatio del 5 novembre, deplora an-
cor più che non si sia cercato di conoscere l'intenzione (mens) della
commissione, malgrado le prescrizioni del regolamento 19.
In questo contesto, non è certo senza interesse registrare la reazione
di due membri tipici della minoranza conciliare, i cardd. E. Ruffini e M.
Browne, del 6 novembre20 • Come ci si poteva aspettare, il primo prende
le difese dello schema, assai maltrattato fino a quel momento. L' arcive-
scovo di Palermo stima che i rimproveri non siano fondati: da una par-
te, la dottrina della collegialità è ben lungi dall'essere stata chiaramente
stabilita e il voto del 30 ottobre non costituisce un elemento pregiudi-
ziale dell'esito del dibattito; dall'altra egli ritiene che attribuire alle con-
ferenze episcopali un potere diverso da quello consultivo esporrebbe a
numerosi problemi (con esplicito riferimento al discorso «assai pruden-
te» di Mcintyre, vicepresidente della commissione De episcopis ), e in
partic9lare metterebbe in pericolo il primato pontificio di giurisdizio-
ne21. E facile riconoscere qui gli argomenti tipici della minoranza. Allo
stesso modo secondo il cardinale domenicano22 , non si può obiettare
allo schema di non aver tenuto sufficientemente in conto la collegialità
episcopale, poiché essa è ancora all'esame della commissione De doctrina
/idei et morum23 • Quest'ultima affermazione è particolarmente pesante e
so della prima riunione della commissione teologica dopo il voto dei cinque quesiti, Ot-
taviani li aveva criticati vivamente, spingendosi fino al punto di qualificarli come illegali
in via di principio, poiché non erano stati redatti dalla commissione teologica, ciò che
era ben manifestato dagli errori che contenevano (cfr. WENGER, p. 80); negli appunti
manoscritti della riunione della commissione teologica del 5 novembre, il perito A. Pri
gnon riferisce che in quel momento viene disturbato da Congar, che gli parla, e per tale
ragione non riesce più a comprendere ciò che dice Ottaviani, riuscendo soltanto a cap-
tare le seguenti parole: <<Votazione quasi all'improvviso e precipitata», cfr. F-Prignon,
CLG, n. 481. Tale accusa sarà ripresa dal segretario del s. Uffizio 1'8 novembre successi-
vo nell'aul~ conciliare e il 13 in un'intervista, cfr. infra. Secondo Tromp «sermo fuit de
quinque propositionibus acceptis die 30 octobris in aula Conciliari, et quomodo ab iis
ligaretur Commissio doctrinalis» (Relatio 1 oct. 1963 1 apr. 1964, p. 5) e Congar an-
nota: «si è perduto del tempo» Q"Cng ad diem).
24 «DC» del 15 dicembre 1963 (n. 1414, col. 1677, n. 2) riprende esattamente l'in-
formazione di Wenger apparsa su «La Croix» dell'8 novembre e commenta l'intervento
di Browne come segue: «Il card. Browne, senza dirlo, ha fatto allusione a una riunione
della commissione teologica che ebbe luogo la sera del 5 novembre e nel corso della
quale il card. Ottaviani ha contestato la portata teologica del voto emesso dai padri»;
cfr. supra, n. 21.
25 Protagonisti, p. 478.
26 Cfr. AS II/4, p. 522. Nella sua retrospettiva manoscritta del secondo periodo, re-
datta poco tempo prima della fine di esso (p. 4 e 4 a), il p. J. Dupont o.s.b., teologo
privato al concilio, interpreta come segue questo voto favorevole: <<Apparentemente i pa
dri hanno preferito partire da un testo cattivo per abbordare i problemi che stavano
loro a cuore, piuttosto che rinviare questo testo e rischiare di non veder mai ritornare
un testo che permettesse loro di abbordare questi problemi. Discutendo questo testo, il
concilio si è ritrovato di fronte alla questione della collegialità» (F Dupont, CLG, n.
1759).
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 141
591 (S. Méndez Arceo), 595-596 (I Ziadé), 629 631 (A. Granados), 639-641 (J. Scho
iswohl), 641-643 (E. Martinez), 636-638 (E. D'Souza).
3o Cfr. AS IU4, pp. 568-570 (P. Gouyon), 571-573 (P. Kalwa), 576-577 (O. Mc-
Cann), 578-580 (M. Browne, vescovo di Galway e Kilmacduagh), 580 584 (A. Ferreira),
592-594 (H. Van der Burgt), 612-615 (J. De Barros Camara), 618-623 (L. Rugambwa),
636-638 (E. D'Souza).
31 Cfr. AS II/4, pp. 559-561: l'arcivescovo di Firenze critica anch'egli il ricorso alla
co1legialità episcopale in senso stretto che non è ancora stata approvata dal concilio e
a suo avviso non può esserlo così come ogni argomentazione basata sul voto del 30
ottobre, che era semplicemente indic'ativo. ·
3 2 La cosa tuttavia è meno stupefacente se si tiene presente che il futuro patriarca
ha studiato teologia a Roma ove è stato allievo di Ernesto Ruffini, a quel tempo profes-
sore di sacra Scrittura a1l'Ateneo pontificio del seminario romano e aJl'Università Latera-
nense (cf r. il discorso in aula di Ruffini 1'8 novembre e le sue esplicite felicitazioni al pa-
triarca armeno per il suo intervento della vigilia; AS II/4, pp. 651-653; Protagonisti, pp.
486-487, n. 1).
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 143
38 Questo desiderio è stato spesso formulato, ancora alla vigilia del secondo perio
do, in Francia, in Germania, in Olanda e negli Stati Uniti, da autori e riviste cattolici.
L'incidente provocato dal ritiro del libro di HANS KONG, Kirche im Konzil (Freiburg i.B.
1963; trad. it.: La Chiesa al concilio, Torino 1964) e di alcune altre opere dalle librerie
cattoliche di Roma all'apertura del secondo periodo non è certamente estraneo a questo
passaggio dell'intervento di Frings (cfr. WENGER, p. 147, n. 1).
3 9 Più tardi nella mattinata e malgrado la vibrante protesta del card. Ottaviani, E.
D'Souza, arcivescovo di Bhopal (India), non esiterà a mettere nuovamente in questione
la curia romana descrivendola come un «potere centralizzato» inadatto all'epoca attuale;
reclamerà anche una delimitazione ben precisa dei suoi poteri e un'attribuzione ai vesco-
vi di tutte le facoltà che provengono loro iure communi et divino, esclamando anche a
braccio: «i vescovi non hanno ancora l'età per risolvere le questioni che si pongono nel-
le loro regioni?»; precedentemente, come Frings, aveva preso nettamente posizione in
favore del «voto chiaro dell'85% dei padri»: «dire che non bisogna tenerne conto nella
discussione», è mostrare «di prendere in giro il concilio» (derisio Concilù), cfr. AS II/4,
pp. 636 638. Secondo WILTGEN, p. 118, l'intervento fu lungamente applaudito.
40 Sull'intervento di Frings, cfr. «OssRom», «La Croix», «Le Figaro», il «Quotidia
no», il «Daily American», }'«Avvenire d'Italia» del 9 novembre, «Le Monde», del 10-11
novembre, agenzia «Kipa» (10 novembre), «ICI» del 1° dicembre, n. 205, p. 2, col. 1
(Congar) e p. 8, coll. 1-2, «DC» del 15 dicembre, n. 1414, col. 1686; sull'intervento di
Ottaviani, si vedano i quotidiani del 9 e 10 novembre, e «Le Figaro» dell' 11 novembre,
«ICI» del 1 dicembre, n. 205, p. 8, coll. 2 3, «DC» del 15 dicembre, n. 1414, coll.
1687 -1689; si vedano anche le numerosissime interviste rilasciate dal card. Ottaviani nel
corso delle quali ha difeso il s. Uffizio: la «France catholique», 22 novembre, «La
Croix», 12 dicembre (cfr. WENGER, pp. 149 153), Télévision Française «Cinq colonnes
à la une» del venerdì 6 dicembre, «ICI» del 15 dicembre, n. 206, p. 17, col. 3, p. 18,
col. 2; cfr. il commento di R. La Valle in «L'Avvenire d'Italia» del 9 novembre 1963,
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 145
ora in LA VALLE, Coraggio, cit., pp. 279 284; si veda anche la dichiarazione di Maximos
IV sul s. Uffizio alla RTF; infine, segnaliamo le conferenze stampa di Th. Roberts (Gran
Bretagna, are. tit. di Sugdea), riportate da «Le Monde» del 24 ottobre e dalle «ICI» del
15 novembre, n. 204, p. 13, col 1: «I membri del s. Uffizio utilizzano metodi tali che se
si trovassero in Gran Bretagna sarebbero immediatamente tradotti davanti ai tribunali
inglesi» e l'articolo di Garrone in «Semaine catholique de Toulouse» del 24 novembre,
citato da «La Croix» del 28 e 29 novembre, p. 4, col. 6: «Il s. Uffizio [...] conduce il
proprio difficile lavoro sotto la tradizionale protezione di un segreto assoluto che è leci
to ritenere anacronistico» (cfr. LAURENTIN, p. 120 ss. e pp. 287-289,· nn. 8 10, 11 12 e
14). Lo stesso Frings ricorda nelle sue memorie l'impatto inatteso del proprio discorso e
l'approvazione generale che ha riscosso: «Questo discorso ha avuto una risonanza assai
inattesa e quasi inquietante. [. ..] E quando verso le 11 mi sono presentato al bar, ho ri-
cevuto per questo congratulazioni da tutte le parti» ij. FRINGS, Fur die Menschen be-
stellt. Erinnerungen, Koln 1973, p. 274).
41 Sulla sua personalità cfr. Protagonisti, pp. 474-480.
42 Cfr. WENGER, p. 148; RYNNE, p. 184; LAURENTIN, p. 121; Y. CONGAR, Le condle
au jour le jour. Deuxième session, Paris 1964, p. 130.
43 Cfr. AS II/4, pp. 624 626.
44 Cfr. LAUREN11N, p. 121; RYNNE, p. 184.
146 IL CONCILIO ADULTO
Per illustrare in che modo questo «tiro incrociato» tra Frings e Ot-
taviani è stato percepito, si possono scorrere i commenti che alcuni atto-
ri del concilio - un vescovo e cinque esperti - riportano nei loro diari
privati. Attraverso le sue valutazioni personali, il diario Edelby ci per-
mette di comprendere meglio la posizione di questo padre (e più global-
mente del gruppo melchita) di fronte alla curia romana45 : la critica di
Frings nei confronti del s. Uffizio viene qualificata come «estremamente
forte e precisa»; gli applausi che concludono il discorso del padre tede-
sco sono detti «frenetici»; l'intervento di Lercaro è considerato come
«tanto coraggioso» quando reclama un «Consiglio più supremo della su-
prema congregazione del s. Uffizio»; quanto al discorso di Ottaviani, «è
stato così duro - stima Edelby - che anche i suoi sostenitori non hanno
osato applaudirlo»46 • L'appartenenza del consigliere di Maximos IV alla
maggioranza è assai netta.
La presa di posizione di Y. Congar non è meno decisa, anche se egli
deve accontentarsi di produrre una testimonianza-commento di seconda
mano, poiché non è stato presente a questo «gran momento»47 • Secondo
Congar, in seguito al suo accesso di collera Ottaviani «è abbastanza
screditato agli occhi di molti». Congar prende le difese dei moderatori,
presi di mira dal segretario del s. Uffizio, scrivendo che «essi sono anche
una rappresentanza del papa (l'avevano visto per tre volte prima di pro-
porre i cinque quesiti)». Per ciò che concerne il seguito della congrega-
zione generale, Congar apprezza il discorso di Lercaro, poiché «propone
cose possibili, e che, tuttavia, vanno lontano»; quanto all'intervento di
Lefebvre, si contrappone fermamente ad esso sia dal punto di vista teo-
logico che da quello storico (sui poteri del papa e quelli dei vescovi).
Certamente il pensiero di Congar era già conosciuto; tuttavia nel diario
s1 puo' percepire con maggior esattezza come concretamente questo teo-
' ' '
logo reagisca colpo su colpo agli interventi dei padri in aula, senza tra-
scurare nulla e senza indulgere su ciò che vi viene detto.
Grazie a Ch. Moeller, alcune impressioni generali sul «battibecco tra
Ottaviani-Frings, Ottaviani-moderatori» prendono un nome ed un volto
individuali48 : è Prignon che dice a Moeller che «Ottaviani ha perduto in
questo modo il suo prestigio»; è allo stesso modo senza dubbio J.C.
Murray che riporta a Moeller ciò che due vescovi (forse americani) gli
hanno detto («un uomo così non può più essere presidente della com-
missione teologica»); sono ancora i vescovi belgi (più in particolare van
Zuylen, Schoenmaeckers e Daem) che esprimono la loro indignazione
davanti all'intervento di Ottaviani in aula, ancorché Suenens «prenda più
allegramente la cosa» e chieda di continuare il lavoro di commissione.
Quanto ad A. Prignon49 , egli riporta più che altro una supposta con-
seguenza dell'incidente dell'8 novembre, cioè un'indiscrezione secondo
la quale Ottaviani, Antoniutti e Siri «avrebbero chiesto una pubblica ri-
parazione in aula dell'attacco di Frip.gs contro la curia, sotto la minaccia
di abbandonare il concilio». Si apre così per lo storico l'opportunità di
osservare quanto prudentemente un attore dell'epoca valuti questa indi-
screzione: «Ho detto al cardinale [Suenens] - scrive Prignon - che c'era
probabilmente un fondo di verità in questa storia, ma che era anche
possibile che gli avvenimenti fossero stati gonfiati»; si scopre anche la
reazione spontanea e privata di Suenens sotto forma di una boutade
molto significativa: «Tanto meglio, se potessero davvero andarsene,
come sarebbero più facili le cose!».
J. Dupont50 , per parte sua, ci svela le reazioni a caldo (all'uscita dal-
la basilica) dell'abate Butler, «shockato» dalla risposta di Ottaviani che,
identificando papa e s. Uffizio, ha fatto «vestire al papa metodi che
sono contro il diritto naturale». Annota anche la propria impressione
personale su ciò che osserva in piazza S. Pietro: «Tutti sembrano molto
eccitati dallo scalpore che si è prodotto questa mattina». In B. Olivier5 1
si trova l'espressione di un sentimento collettivo: «L'attacco di Ottaviani
contro l'autorità dei moderatori è stato vivamente percepito da molti
padri. Bisognerà che essi reagiscano se non vogliono vedere beffata la
loro autorità». Si possono anche aggiungere alcune indicazioni tratte
dalle memorie dello stesso Frings: egli parla di un discorso fulminante
di Ottaviani contro di lui e nega di aver voluto attaccare il cardinale ro-
mano o il papa; minimizza anche la controversia riportando una frase
che Ottaviani gli ha detto il giorno successivo dopo averlo abbracciato:
«Noi certamente vogliamo entrambi la stessa cosa! »52 •
A prescindere dai giudizi individuali, questo scontro al vertice tra i
49 Cfr. F-Prignon, n. 512 bis, pp. 7-8 (testo dattilografato); Prignon è il rettore del
collegio belga.
50 Cfr. il diario (manoscritto) di Dupont: F-Dupont, n. 1726-1733 (8 «quaderni»);
utilizzo qui il vol. 3 (novembre 1963), n. 1728, pp. 118 119.
5I Cfr. F-Olivier, CLG, n. 169 (documento dattilografato), p. 21.
52 «Wir wollen ja beide nur dasselbe» (cfr. FRINGS, Fur die Menschen, cit., p. 274).
148 IL CONCILIO ADULTO
dei vescovi al governo supremo della chiesa»; tali proposte, poiché toc-
cano «questioni secolari della massima jmportanza», non potranno «es-
sere ricavate» (depromi) che dopo uno studio e un'elaborazione adeguati
da parte di una commissione ~onciliare speciale da designarsi prima del-
la fine del secondo periodo. E da notare che l'espressione «alcuni voti»
del concilio riguardo il coinvolgimento dell'episcopato al governo uni-
versale della chiesa, è pienamente conforme al discorso fatto da Paolo
VI il 21 settembre precedente60 •
All'epoca, molti hanno pensato che l'insieme di questa messa a pun-
to rispondesse al pensiero e ai desideri del papa61 ; di più «era così sfu-
mata che alcuni la dicevano ispirata dallo stesso sommo pontefice» 62 • Ef-
fettivamente questo intervento sembra davvero essere stato deciso di co-
mune accordo dai quattro moderatori assieme a Paolo VI la sera della
vigHia (7 novembre) 63 • Ma la commissione proposta non è mai stata isti-
tuita64; il papa ha preferito chiedere a Marella di redigere frettolosamen-
6° Cfr. supra, n. 13: IdP, I, 1963, in particolare p. 150. Per il testo italiano origina-
le: Per la forza, pp. 197 205.
61 CONGAR, Deuxième session, cit., p. 134.
62 WENGER, p. 145. Anche J. Dupont scrive nella sua retrospettiva manoscritta del
secondo periodo (p. 4 b verso): «Intervento del card. Lercaro, che provocò molti com-
menti. [... ] Questo discorso ha colpito l'attenzione perché, nel modo in cui è stato pre-
sentato, sembrava assai poco conforme a certe idee del card. Lercaro. Molti vi hanno vi-
sto un discorso fatto su commissione, e nel quale il cardinale non faceva altro che tra
smettere il pensiero del papa» (F Dupont, n. 1759).
63 Cfr. Ldc, p. 208 e 212, n. 5.
64 Questa proposta, che Lercaro evocherà nuovamente in una lettera dell' 11 no
vembre 1963 (cfr. Ldc, p. 217), è stata ugualmente ripresa nell'intervento successivo del
card. Rugambwa, a nome dell'episcopato d'Africa e del Madagascar (AS IV4, pp. 621
623 la minuta di Dossetti in Per la forza, pp. 331-336), dall'episcopato venezuelano (AS
IV4, pp. 702 703) e in una animadversio scripta di alcuni vescovi francesi (AS IV4, pp.
547 548). Notiamo precisamente che il 13 novembre successivo, in occasione della Pana-
fricana (riunione dei presidenti delle conferenze episcopali d'Africa e del Madagascar), è
all'ordine del giorno l'invio di due lettere ai moderatori: una «in vista di preparare la
designazione della futura commissione che secondo gli interventi dei cardd. Rugambwa
e Lercaro dovrebbe raccogliere gli elementi suscettibili di aiutare il Santo Padre nella
costituzione dell'organismo che il papa stesso desidera per un miglior governo della
chiesa universale»; l'altra «per chiedere quale seguito si può sperare alla lettera scritta
già diverse settimane prima per ottenere una migliore organizzazione dei lavori conciliari
e in modo particolare delle commissioni» (la lettera di cui qui si tratta forse anticipava,
ma in ogni caso partecipava di una preoccupazione comune a diversi episcopati, cfr. in-
fra, n. 68). Nella stessa assemblea della <<Pan Af», si esaminano anche i testi «proposti
all'eventuale firma dei vescovi sulla futura costituzione del Senato del papa e sulla rifor-
ma della curia» e che «provengono dal gruppo cileno» (si veda anche la n. 68); cfr. il
resoconto di questa riunione, pp. 1 e 3 nel F Olivier, n. 159.
152 IL CONCILIO ADULTO
65 Sul contesto del discorso dell,8 novembre, cfr. Protagonisti, pp. 456 459.
66 Cfr. G. ALBERIGO, L'evento conciliare, in Giacomo Lercaro, cit., pp. 126-127.
67 Cfr. LAURENTIN, p. 132; Protagonisti, p. 478.
68 Cfr. F-Philips, P.049.01 (d'origine cilena, il memorandum anonimo in francese,
potrebbe essere di J. Medina Estévez) (se ne fa menzione manoscritta su di un docu-
mento in latino che va nella stessa linea: n. 545 del F Prignon) può essere datato tra il
10 e il 15 novembre e certamente precede di poco la redazione della petizione indirizza-
ta al papa nel corso della seconda metà di novembre. L'iniziativa di questa petizione
sarà presa dal cardinale di Santiago del Cile Silva Henriquez che sarà appoggiato, pare,
da1la firma di 500 vescovi, cfr. J. GROOTAERS, Une forme de concertation épiscopale au
concz"/e Vatican Il: la «Con/erence des Vingt deux» (1962 1963), in <<RHE», 91 (1966),
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 153
pp. 66-111, in particolare p. 89; si noti fidentità di vedute tra il memorandum e la cit.
lettera di Moeller alla madre datata 11 novembre 1963, nella quale questo parere sem
bra essere generale al concilio (cfr. supra, p. 148, n. 53). Si vedano anche già i desiderata
de1la commissione dei rappresentanti delle conferenze episcopali (riunione del 25 otto
bre 1963 a1la Domus Mariae), inviate da Veuillot a Dall'Acqua il 28 ottobre (F Lercaro,
XXIII, 528, cfr. Per la forza, pp. 273 275, n. 6; F «Conference des Vingt-deux», II 6 e 7
A C; cfr. GROOTAERS, Une forme de concertation, cit., pp. 89 90 e 107 109: l'esistenza di
questa memoria episcopale confidenziale comincia a essere conosciuta dal grande pub-
blico a partire dall 8 novembre, cfr. la menzione che di essa fa Desmond Fisher nel set-
1
74Cfr. RYNNEJ pp. 189-190; per il testo integrale delromelia cfr. «OssRom» dell'l l
e 12 novembre 1963, pp. 1 2 (il papa insiste sulla sua piccolezza e non rivendica altro
merito «se non quello irrefragabile d'essere stato canonicamente eletto Vescovo di
Roma»).
75 LAURENTIN, p. 135.
76 WENGER, p. 157.
77 Cfr. AS Il/4, pp. 709-710 (C. Confalonieri); AS Il/5, pp. 10-12 (L. Suenens), 20-
21 (F. Zak).
78 Cfr. AS II/4, pp. 651 653 (E. Ruffini), 744 746 (E. Gavazzi); AS II/5, pp. 27-28
(T. Cahi11).
79 Cfr. AS Il/4, pp. 724-728 (A. Afioveros Ata(m); AS Il/5, pp. 14 20 (J. Hervas y
Benet).
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 157
80 Tra coloro che si oppongono: AS II/4, pp. 651 653 (E. Ruffini), 653-654 (J. Ga
ribi y Rivera), 717 719 (M. Gonzi), 721-723 (A. De Vito), 728 732 (E. Nowicki), 736-
738 (B. Reetz), 742 744 (C. Saboia Bandeira de Mello); AS II/5, pp. 27-28 (T. Cahill),
28-32 (J. Slipyj).
8 1 Cfr. AS II/5, pp. 10-12. Riguardo l'influenza esercitata sul concilio dal primate
belga, cfr. Protagonisti, pp. 494 504.
82 Cfr. AS II/4, pp. 738-740.
158 IL CONCILIO ADULTO
87 Cfr. AS IV4, pp. 733-734 (J. Pohlschneider); AS II/5, pp. 20 21 (F. Zak).
88 Cfr. AS IV4, pp. 710-711.
89 Cfr. AS IT/5, pp. 58-60.
9o Per un profilo del cardinale di Monaco di Baviera, cfr. Protagonisti, pp. 418 425.
160 IL CONCILIO ADULTO
97 «Noi francesi avremmo voluto veder affermata l'autorità delle conferenze, cioè a
dire la forza obbligante delle loro decisioni prese a una maggioranza sufficiente. Noi ne
sentiamo la necessità dal punto di vista pastorale. È per questo che avete potuto vedere
sei vescovi francesi intervenire lo stesso giorno nella stessa direzione. Ma abbiamo dovu
to constatare con dispiacere di non trovare al nostro fianco coloro che, da un anno a
questa parte, avevano camminato con noi, in particolare l'episcopato tedesco. Ciò è spie-
ga bile: a paesi differenti corrispondono punti di vista differenti e reazioni differenti»
(BONTEMS, in «Bulletin religieux du diocèse de Tarentaise», 1 dicembre 1963, citato da
«DC», n. 1414 [15 dicembre 1963], col. 1671, n. 4).
98 Cfr. AS II/5, pp. 75 78 (A. Ancel), 80 82 (E. Guerry), 90 92 (G. Riobé), 231 233
U. Lefebvre: la «collegialità» non può essere univoca); un vescovo peruviano, J. Dam
mert Bellido, si è anche espresso in favore del fondamento teologico delle conferenze,
definendole come una «communio ecclesiarum localium» (AS II/5, pp. 82 85).
99 Cfr. AS II/5, pp. 75 78 (A. AnceD.
lOO Cfr. AS IV5, pp. 66 69. Si può invero dubitare che questa posizione sia rappre-
sentativa dell'episcopato tedesco. Si legge infatti in un resoconto di A. Prignon contem
poraneo agli avvenimenti (non sempre è stato possibile al suo dattilografo decifrare il
nastro magnetico al quale l'esperto belga affidava giorno per giorno i suoi ricordi): «Per
quanto riguarda le conferenze episcopali, Dopfner non era d'accordo con Frings, poiché
pensava che l'intervento di quest'ultimo in aula il inattino o la vigilia era soprattutto
dettato dal fatto che Frings era onnipotente in Germania ed era lui a dirigere la confe
renza episcopale e non aveva minimamente l'intenzione di veder cambiare il regime per-
ché ciò avrebbe diminuito le sue attribuzioni, la sua autorità o non so cos'altro, ma che
in tutti i casi l'intervento di Frings era inconsciamente molto più dovuto a motivi perso-
nali che a uno studio approfondito della questione» (F-Prignon, n. 512 bis: relazione
dattiloscritta sugli avvenimenti a partire dal 27 ottobre, pp. 10 11).
164 IL CONCILIO ADULTO
101 Gli applausi che hanno accompagnato il discorso erano senza dubbio rivolti più
alla generosità in denaro e in uomini della conferenza di Fulda che alla posizione restritti-
va di F rings sui poteri de1le conferenze episcopali, e forse più ancora alla persona stessa
di Frings per il coraggioso intervento de11'8 novembre e come compenso alle frasi ingiu-
riose che gli era valso, senza che egli avesse chiesto riparazione, cfr. LAURENTIN, p. 290.
102 Cfr. AS II/5, pp. 37-38 (J. Mclntyre vi sospetta un attacco contro il governo
della curia), 41 43 (A. Meyer, a nome di più di 120 vescovi degli Stati Uniti, teme «l'in-
cursione indebita nel governo di una diocesi affidata a un vescovo residenziale» e «una
nuova centra1izzazione troppo estesa e complicata»), 65-66 (F. Spellman si oppone al
potere giuridico obbligatorio delle conferenze in nome de1la libertà totale che ciascun
vescovo deve conservare nel governo della propria diocesi). Per altri - non americani -
che si oppongono a questi poteri, cfr. AS II/5, pp. 38 40 (V. Gracias), 45-48 (]. Lan
dazuri Ricketts auspica una maggioranza di quattro quinti per i casi rarissimi di decisio-
ni vincolanti), 69 70 (M. Olaechea Loizaga), 78-80 (A. Pildain y Zapiain), 87-90 (L.
Alonso Muiioyerro), 92 94 (L. Bianchi), 193 (G. Siri, a nome de1la Conferenza episcopa
le italiana «pressoché unanime», si oppone a precisare troppo la struttura e il valore del-
le decisioni di una conferenza: il vescovo deve conservare la sua legittima libertà e le
conferenze sono fondate su di un diritto puramente ecclesiastico), 193 195 (S. Wys-
zynski si pronucia per un obbligo più morale che giuridico delle deçisioni della confe-
renza), 203 206 (F. Franié si oppone a un'amplificazione eccessiva dei poteri delle con-
ferenze), 209-210 (A. Santin).
103 Cfr. AS II/5, pp. 44-45; altri non americani si sono allo stesso modo pro-
nunciati molto nettamente a favore di questi poteri: cfr. AS IV5, pp. 48 53 (M. Klepacz
chiede una migliore precisazione dei casi vincolanti), 195 197 (B. Alfrink vede anch'egli
ne1le conferenze un mezzo per attuare un certo decentramento auspicabile per la pasto-
rale; replica anche a Cadi che i padri non desiderano una definizione giuridica della pa
rola «collegio», ma una decisione relativa al potere di tutti i vescovi presi assieme, ivi
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 165
compreso il papa, sulla chiesa), 200 202 (J. Gardner), 236 237 (E. Zoghby), 237 238 (M.
Ntuyagaha auspica ugualmente questo potere giuridico nel senso di un reale decentra
mento in materia di liturgia e di impedimenti matrimoniali).
104 Cfr. AS II/5, pp. 69-70 (M. Olaechea Loizaga), 78-80 (A. Pildain y Zapiain),
198-199 (E. Peiris), 203 206 (F. Franié), 206-208 (B. Reetz).
105 Cfr. LAURENTIN, pp. 140 141.
106 Cfr. AS II/5, pp. 85 87.
101 Cfr. AS II/5, pp. 197 198.
166 IL CONCILIO ADULTO
nita al completo e neppure nella sua maggioranza, come ha del resto ri-
conosciuto lo stesso autore della relatio generale del 5 novembre111 e
come ha deplorato lo stesso giorno in aula Correa, membro della com-
missione, mettendo sotto accusa soprattutto la non consultazione di
quest'ultima a proposito della relazione112 • Dunque, oltre a fornire una
replica tardiva, in questo modo Carli non risponde veramente alle criti-
che che sono state sollevate a proposito del funzionamento della com-
missione tra il primo e il secondo periodo 113 ). Successivamente egli si
sforza di spiegare il riferimento alla bolla di Pio VI Auctorem /idei, cita-
ta sempre nella sua relazione del 5 novembre: questa citazione non ave-
va un'intenzione «provocatoria» (contumeliosa) 114; significava soltanto
che la commissione preparatoria non aveva considerato la concessione
di facoltà ai vescovi come la restituzione di qualche cosa di ingiustamen-
te tolto, cosa questa che sarebbe stata ingiuriosa nei confronti del papa.
Dopo questa duplice messa a punto «per stabilire con certezza la ve-
rità delle cose», il relator schematis parlerà in veste di singolo padre
conciliare, pur esprimendosi nel contempo a nome di trenta vescovi di
diverse nazioni. Egli intende chiarire soltanto un punto: l'istituzione del-
le conferenze episcopali nazionali non deve essere fondata sul principio
detto «della collegialità episcopale di diritto divino», contrariamente alle
dichiarazioni di certi oratori; in filigrana, tuttavia, c'è anche la volontà
di attaccare nuovamente, sulla scorta di Ruffini, Browne, Ottaviani e
Florit - esplicitamente citati - la legittimità dell'appello al voto del 30
ottobre. Alle ragioni sostanziali già avanzate da costoro, Carli vorrebbe
aggiungere una ragione formale: a suo giudizio, il valore del voto è dub-
bio, poiché è stato espresso all'improvviso senza essere stato preceduto
da una duplice relazione, letta o scritta, e soprattutto senza che i padri
abbiano avuto il tempo sufficiente per formarsi un'opinione o maturare
il loro giudizio in una materia così importante e a proposito di un testo
così equivoco. Ma, in secondo luogo, anche se la «asserita» (asserta) col-
114 Si sa, questa assunilazione unplicita dei sostenitori della collegialità e della riva
lorizzazione de1l'episcopato ai giansenisti pistoiesi aveva suscitato dal giorno successivo
una puntualizzazione assai ferma di Schaiifele, che parlava a nome dei padri di lingua
tedesca e de1la conferenza episcopale scandinava, cfr. AS IV4, pp. 495 497.
168 IL CONCILIO ADULTO
115 I testi dei due stralci di articolo sono riportati più ampiamente da CAPRILE, III,
p. 263 1 n. 4.
116 Cfr. AS II/5, pp. 211 212.
170 IL CONCILIO ADULTO
ficacia apostolica, chiede la scomparsa delle diocesi troppo piccole, anche se venerabili:
la chiesa non è un museo). Altri non condividono questa argomentazione, a causa del-
l'antichità (Cfr. AS Il/5, pp. 220 222: F. Jop) o della vitalità di certe piccole diocesi
(Cfr. AS II/5, pp. 258 260: R. Massimiliani).
123 Si veda anche AS Il/5, pp. 239-241 (S. Laszl6), 256 258 (M. Gonzalez Martin).
In vista di una migliore ripartizione dell'attività e delle persone nelle diocesi, Peralta y
Ballabriga auspica un principio di organizzazione e di razionalizzazione del lavoro dioce-
sano, in particolare sacerdotale (AS Il/5, pp. 217 220), e Urtasun, desiderando la costi-
tuzione in ciascuna regione di una commissione episcopale per la riorganizzazione delle
diocesi (n. 32 dello schema), ricorda che questa non potrebbe fare a meno delle ricerche
di esperti in sociologia religiosa (AS II/5, pp. 249 250~ si veda anche già a p. 217 la
conclusione di Renard).
124 Cfr. AS II/5, pp. 222-224.
125 Cfr. AS II/5, pp. 250 253.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 173
133 L'l 1 novembre, 46 vescovi latino americani ispanofoni avevano ancora tentato,
invano, un intervento scritto in questa direzione presso i moderatori. Desideravano che
alla fine della discussione dello schema sui vescovi e il governo delle diocesi, venisse
messa ai voti una domanda in tre parti: la prima sull'appartenenza iure proprio al vesco
vo di tutto il potere necessario al suo ufficio di pastore per pascere il gregge che gli è
affidato, eccettuato queJlo che il papa si riserva in virtù dei suoi diritti primaziali; la se-
conda, suJla messa a punto non definitiva dello schema fin tanto che non fosse stata
promulgata la dottrina suJla gerarchia della chiesa; la terza suJla fusione del De episcopù;,
del De cura animarum e del De clericis, F Thils, CLG, n. 1256.
134 Due giorni dopo la fine del dibattito «sui vescovi», Helveticus, considerato
come un'autorità dalla corrente conservatrice, dedicherà a tale questione il proprio com-
mento del 17 novembre su «Il Tempo». Se il regolamento è vago, scrive, bisogna al più
presto modificarlo per precisare le competenze deJle commissioni. Che la questione sia
sottoposta al papa o che una petizione sia votata in aula per chiedergli nuove elezioni!
Non si può continuare in questo modo senza rischiare di fare naufragio. «Soprattutto
aggiunge non si può ammettere che la commissione teologica, la più importante di
tutte, continui a lavorare in un'atmosfera di sospetto e di opposizioni», prendendo così
di mira alcuni giornali, soprattutto francesi, per i loro attacchi aJla curia. CTr. WENGER,
pp. 84 85.
135 NeJla sua Chronique du Conci/e. IJe Session (p. 24), B. Olivier osserva: «Si per-
cepisce un irrigidimento dell'ala conservatrice con ogni mezzo a disposizione. Mons.
Cadi, intervenendo in aula, è peraltro ritornato ancora una volta sul voto orientativo
[.. .]. Un mormorio di ostilità ha accolto in aula le sue parole. Si deve constatare che no
nostante l'assai netta presa di posizione del card. Dopfner, uno dei moderatori, l'opposi-
zione non disarma. Sembra che questa ostilità così ostinata porti dei frutti e che alcuni
padri comincino a chiedersi se si fa bene a parlare di coJlegialità. Da parte mia mi do
mando se, al contrario, i mezzi poco eleganti utilizzati da questa opposizione non con-
durranno alcuni padri della maggioranza a dare i loro voti semplicemente per controbi
lanciare queste manovre e senza basarsi troppo su di una sufficiente convinzione. È nor-
male che ogni gruppo difenda le proprie convinzioni, ma l'asprezza del partito conserva-
tore, che è nettamente minoritario, offre un'impressione penosa» (F-Olivier, n. 169).
136 Per questo bilancio, cfr. LAURENTIN, pp. 142 144.
176 IL CONCILIO ADULTO
13 7 La data di questa riunione congiunta, prevista per un bilancio dei lavori conci-
liari, era stata suggerita al papa dai moderatori, in seguito alla loro sessione del 9 no-
vembre (cfr. AS V/3, pp. 709 710); la mattina stessa del 15 novembre, Lercaro ha otte
nuto un'udienza papale (cfr. Ldc, pp. 221 222).
13 8 Questo atto, il più solenne di Lercaro durante il secondo periodo, gli è spettato
in quanto decano dei moderatori per anzianità. Si può vedere l'originale in italiano del te
sto in Per la forza, pp. 265 275; per la versione latina cfr. AS II/I, pp. 101-105 e AS V/2,
pp. 29-33.
13 9 Nel F-Lercaro dell'ISR (n. 23, senza data) sono conservate alcune note mano
scritte di Lercaro suHa breve discussione che è seguita alla relazione; il verbale di questo
dibattito è ora pubblicato in AS V/2, pp. 25 29. Si veda anche Ldc, p. 222 (cfr. Per la
forza, p. 33 e n. 57).
140 Su queste differenti informazioni, cfr. RYNNE, pp. 201-204; Per la forza, pp. 30
33 e ALBERIGO, L'evento conciliare, cit., p p. 127-128.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 177
nel 1965 per discutere, tra le altre cose, la riforma dei seminari e delle università, poiché
in definitiva in tutto è questione di formazione teologica. La discussione sull'ecumeni
smo riempie le tribune: segno dei tempi. Nell'insieme ottima discussione. Che si parli
della "libertà religiosa", nei termini che De Smedt ha utilizzato, è incredibile. Rispetto a
Roma, è qualcosa di enorme; in rapporto alla realtà è ancora poco. Si parla di prolunga-
re la sessione fino al 20 dicembre. Credo che sia pura fantasia. Siccome il papa vuole
che il primo capitolo del De ecclesia sia promulgato pdma della fine della sessione, lavo-
riamo giorno e notte. Ci sono probabilità di riuscirci. Ma ci si ammazza di lavoro. Non
si vede nulla di Roma. Non c'è il tempo. La sorte del concilio dipende dalla messa in
funzione delle conferenze episcopali e soprattutto dell'organo centrale. [... ] Sono molto
affaticato, ma felice».
14 2 Le buvettes erano state soprannominate ironicamente Bar Giona e Bar Abba.
143 Si possono così seguire alcune delle notazioni di un vescovo ausiliare «ordina
rio», Musty (di Namur), cfr. le sue Notes sur le Concile oecuménique Vatican II (fotoco
pie al CLG). Si veda anche la testimonianza del perito B. Olivier, a proposito del secon-
do periodo: «Verso le 10.30, soprattutto se gli oratori si ripetono, comincia l'andirivieni
verso le navate laterali e i bar. Due bar sono collocati in annessi della basilica. Vi vengo
no serviti caffè (espresso, cappuccino), the, coca-cola, aranciate ed anche un assortimen-
to di tortine, di biscotti, di dolci. Questi bar sono budelli assai stretti e verso le 11 si è
tutti pigiati. È il luogo delle discussioni private, degli incontri rapidi. L'aria è ispessita
dal fumo, si deve proteggere la propria tazza dagli ondeggiamenti della folla, ma si com-
menta, si discute. Del condlio prima di tutto, ma anche de1la rivoluzione in Viet-Nam,
della morte di Kennedy>> (F-Olivier, n. 168: Une journée au Concile, p. 7).
l44 Si può pensare anche agli appunti «privati» di esperti (si veda, per esempio, F
Prignon, nn. 493 495: una nota anonima sullo schema De episcopis e altre due di L.
Anné sulle conferenze episcopali e sulle «annotazioni del p. Féret»). Aggiungiamo l'esi
stenza di differenti «gruppi di pressione o di riflessione», più o meno informali, come
quello de «L'Éveque de Vatican Il», che riuniva due volte al mese a S. Luigi dei Fran
cesi una quindicina di vescovi su iniziativa del canonico F. Boulard, congiuntamente ai
VESCOVI E DIOCESI (5-1.5 NOVEMBRE 1963) 179
Tra questi incontri quelli del martedì tra gli osservatori non cattolici
e il segretariato per l'unità acquistano un rilievo del tutto particolare.
Sono momenti privilegiati nei quali le altre chiese cristiane hanno potu-
to meglio comprendere il senso dei dibattiti conciliari e soprattutto, at-
traverso i membri del segretariato, fare ascoltare più direttamente la loro
voce al Vaticano II, ovvero esercitare un'influenza più o meno impor-
tante sugli schemi in corso di redazione.
Per il periodo che ci interessa, il 5 novembre, mentre il mattino stes-
so è appena cominciata la discussione sul De episcopis e la maggioranza
conciliare si trova nello slancio un po' euforico dei cinque vota, la tradi-
zionale riunione ec~menica del martedì verte sul capitolo IV dello sche-
ma sulla chiesa 146 • E interessante rilevare l'approvazione e le critiche co-
vescovi A. Mutioz Duque e L. De Courrèges. Tra gli invitati del 5 novembre 1963, si
notano i membri della commissione De episcopis, P. Correa Le6n, G. Gargitter, N. Ju
bany Arnau, J. Teusch e inoltre R. Etchegaray, C. Colombo, P.-A. Liégé, F. Houtart, J.
Medina, K. Wojtyla. CTr. F Boulard, Archivi diocesani di Parigi, n. 4 A 1, 24b-25 e 26,
nota del 30 ottobre 1963.
145 Si veda per esempio la conferenza tenuta da mons. Bonet, uditore della Rota ro-
mana, ai vescovi d'Africa sul De episcopis, nel tentativo di applicare a questo la collegia-
lità episcopale, cfr. F-Prignon, 490. La conferenza è stata tenuta poco tempo dopo la
presentazione dello schema al concilio (cfr. p. 1) e anche prima, sembra, della sua accet
tazione come base di discussione (cfr. p. 19); bisogna quindi forse datarla già 5 novem-
bre, piuttosto che 7, come indica la menzione manoscritta delle carte di Prignon, essen-
do l'accettazione dello schema avvenuta il 6. Sempre il 5, il prof. K. Morsdorf pronun
eia una relazione sull'episcopato e la collegialità nella riunione settimanale della confe-
renza episcopale tedesca al Collegio S. Maria dell'Anima; si possono leggere le reazioni
«agitate» di E. Schick, ausiliare di Fulda, a questa visione assai restrittiva del vescovo ti-
tolare, come anche le sue riflessioni sul dibattito conciliare in corso, cfr. la sua lettera
manoscritta del 6 novembre 1963 al card. Frings, 4 pp. r/v (F Frings, De Episcopis ac de
Dioecesium regimine 181/8). Per rendersi conto del numero di conferenze che un teolo-
go stimato come Congar pronuncia, soltanto tra il 1° e il 15 novembre 1963, si consulte
rà il suo JCng per quell'arco di tempo.
146 Questo incontro settimanale riunisce gli osservatori e i membri del segretariato
per l'unità.
180 IL CONCILIO ADULTO
147 Cfr. F Moeller, 00430: Remarks o/ the observers on the scheme De ecclesia.
Meeting o/ Nov. 5, 1963 (intervengono nell'ordine del verbale: p. Lalande, dr. R. Mc-
Afee Brown, prof. K.E. Skydsgaard, mons. Hof er, mons. Willebrands, prof. Minguez-
Bonino, p. Baum, p. Ahearn, dr. L. Vischer); si veda anche la lettera di L. Vischer a W.
Visser't Hooft, 8 novembre 1963, che richiama le osservazioni De oecumenismo richieste
da Willebrands agli osservatori e l'accordo che sembra disegnarsi tra costoro sul testo
«tedesco», così come un primo apprezzamento piuttosto positivo del De catholicorum
habitudine ad non christianos et maxime ad Iudaeos (ISR, F ACO 6, fotocopia).
148 Cfr. AS II/4, p. 612.
149 AJmeno in privato reazioni agli avvenimenti dell'aula sono state scambiate tra
osservatori e cattolici. Segnaliamo quelle, riportate da Skydsgaard, proprio a proposito
dell'intervento di Ottaviani del1'8 novembre. Questi, riferendosi a un celebre esegeta del
Nuovo Testamento, aveva dichiarato che gli apostoli non avevano agito collegialmente.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 181
Il luterano danese racconta di averne parlato con un prete cattolico. Egli sul momento
era rimasto in silenzio, ma un po' più tardi gli aveva offerto una piccola immagine del
Crocifisso. Nel retro aveva scritto: «Gli apostoli si comportarono collegialmente nel giar
dino del Getsemani, dove tutti piantarono in asso il Signore». Dietro all'arguta trovata si
nascondeva una profonda verità - prosegue ancora il professore di Copenaghen: senza
questa dimensione del rifiuto, della caduta, della croce, ma anche della resurrezione,
dell'essere graziato, dell'amore senza fondo di Dio, non si può comprendere il mistero
della chiesa, cfr. F Moeller, 00437 (K.E. Skydsgaard, Die zweite Sit7.ungsperiode des
Vatikanùchen Konzils in den Augen eines Beobachters [Deutsches Konzilszentrum,
C.C.C.C., via s. Uffizio, 25], p. 5, 27 novembre 1963 ). Un piccolo esempio tra gli altri
di fruttuose interazioni tra osservatori e cattolici a proposito del concilio. Sempre a pro-
posito del De episcopis, ricordiamo anche un esempio di presenza attenta al dibattito
conciliare, quale è quella che si evince dalle lettere del luterano tedesco G. MARON,
Evangelischer Bericht vom Kant.il. Zweite Session, Gottingen 1964, pp. 34 42.
150 Cfr. F Moeller, 00431: Meeting o/ the observers Tuesday) November 12) 1963
1
(interventi nell'ordine del verbale: prof. Cullman, pastore H. Roux, prof. Mathew, dr. L.
Vischer). Si veda anche la lettera di Vischer a Visser't Hooft, 17 novembre 1963, nella
quale si esprime una certa divergenza tra gli osservatori. Vischer si mostra più riservato
rispetto al canonico B. Pawley, anglicano, che vuole promettere «l'entusiastica coopera
zione della comunione anglicana in ogni aspetto» (ISR, F ACO 6, fotocopia).
182 IL CONCILIO ADULTO
156 Nella riunione generale del 15 novembre precedente, Mercier aveva espresso la
sua inquietudine a proposito del futuro congresso eucaristico: temeva un'ostentazione di
ricchezza, fonte di scandalo per le popolazioni povere dell'India e sperava quindi che
questo congresso avesse anche attenzione ai problemi sociali.
157 Il numero di iniziative e riunioni del gruppo «Gesù, la chiesa e i poveri» nel
corso di questo secondo periodo è notevole rapportato alla moltitudine di impegni che
ingombravano l'agenda di un vescovo in questo · stesso periodo: congregazioni generali,
riunioni di commissioni o «gruppi di lavoro»~ cfr. la testimonianza di un membro di
«La chiesa e i poveri», Puech, vescovo di Carcassonne (Francia) ne1la sua lettera del 28
novembre 1963 a Himmer: «Non potendo domani partecipare ancora alla riunione su
"La chiesa e i poveri", mi permetto di inviarle questo breve resoconto. Troppo preso da
altre riunioni o "gruppi di lavoro" [. .. ] Molti vescovi (una quindicina circa) sono stati
molto interessati da questo progetto [. .. ]. Sfortunatamente le altre questioni dibattute in
concilio erano anch'esse così importanti, che hanno richiesto l'organizzazione di molti
gruppi di lavoro, in modo tale che è divenuto difficile collocare delle riunioni in setti-
mane tanto impegnate» (F Himmer, 55).
158 Riunioni del 6 novembre, ore 17.30, nei locali de1la congregazione dei riti (esa-
me della relazione della sottocommissione sul capitolo III De sacramentis et sacramentali
bus), del 13 (esame dei modi del capitolo D e del 14 novembre (esame dei modi del ca-
pitolo II).
159 Il 15 novembre, nel corso della LXVIII c.g., il segretario generale Felici annun
184 IL CONCILIO ADULTO
eia l'inizio delle nuove votazioni sullo schema liturgico per il lunedì successivo, 18 no
vembre: il De sacra liturgia ha già ottenuto la maggioranza richiesta, salvo per i capitoli
II e III; tuttavia il proemium e il capitolo I vengono distribuiti, così come la risposta
della commissione ai modi già approvati per queste due sezioni, cfr. AS II/5, pp. 245-
246. Viter dello schema è trattato infra, pp. 209 241.
160 Cfr. F Veuillot, Curia diocesana di Parigi, doc. 53: lettera ds. di P. Marella a P.
Veuillot, 2 novembre 1963 (ordine del giorno della sessione plenaria del 7 novembre
successivo); per le sottocommissioni istituite, i membri eletti, i relatori designati e gli
esperti cooptati, cfr. F Onclin, C.D. 3: Subcommissiones pro emendando et recognoscendo
schemate decreti: De episcopis ac de dioecesium regimine. Il successivo 20 novembre, in
una riunione dei presidenti e dei segretari delle cinque sottocommissioni costituite, il
cardinale-presidente della commissione fornirà indicazioni su1la revisione dello schema: il
De episcofis dovrà essere rielaborato completamente e dovrà essere redatto un nuovo
progetto in seguito alle critiche sollevate durante il dibattito precedente e all'auspicio,
espresso da alcuni padri, d'integrare neJlo schema diverse direttive pastorali inscritte nel
De cura animarum. Prima della fine del secondo periodo, la prima sottocommissione, in
caricata della nuova struttura de1lo schema, si riunirà il 25 e il 28 novembre per deter-
minare il piano di lavoro e il metodo da seguire. Il 3 dicembre, la commissione ristretta
dei relatori e segretari di sottocommissioni, sarà convocata per rispondere alle ingiunzio
ni della commissione di coordinamento (29 novembre), che imponevano di rivedere lo
schema tenendo conto dei desiderata dei padri. Su rulteriore storia della commissione,
cfr. W. ONCLIN, La genèse du décret, le titre et la structure du décret, in La charge pasto
raie des éveques. Décret <<Christus Dominus», Paris 1969, p. 76.
161 Il 5 novembre, discute sul De beata e il De libertate religiosa (cfr. F Prignon,
481); il 6, lavora la sottocommissione De populo Dei; il 7 la sottocommissione per l'esa-
me del De libertate religiosa (cfr. F Prignon, 498: relazione della riunione); 1'11, J.
Courtney Murray spiega il De libertate religiosa aJla commissione teologica (riunione dal-
la quale Ottaviani rientra piuttosto depresso, cfr. supra, n. 92; si veda anche la lettera di
Moeller a sua madre in data 11 novembre, supra, n. 53; F-Prignon, 482); si incontra il
14, la sottocommissione De populo Dei (sottocommissione II, n. 15 [olim n. 9] del cap. I
del De ecclesia, cfr. F Prignon, 361) e il 15, sottocommissione I (cfr. F Prignon, 379);, su
queste diverse riunioni, si veda anche JCng, pp. 355-369. Si conosce anche il malconten-
to della maggioranza in relazione al funzionamento di questa commissione, sempre sotto
la tutela de1la minoranza prima dell'ampliamento del numero dei membri e dell'elezione
di un nuovo vice presidente (Charue, vescovo di Namur) e di un segretario aggiunto
(Philips, professore a Lovanio) avvenuta il 2 dicembre successivo, cfr. F-Prignon, 488.
Da qui, frattanto, dopo 1'8 novembre, le petizioni al papa di cui si è parlato, cfr. supra,
n. 68.
162 Il 24 ottobre 1963, in un monitum alla commissione De doctrina /idei et morum, il
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 185
papa ha tuttavia appena espresso il desiderio che il concilio possa arrivare a qualche im-
portante conclusione prima de1la fine del secondo periodo e pronunci alcune importanti
decisioni sullo schema De ecclesia; bisogna quindi tentare di accelerare il lavoro: dato che
una riunione settimanale non è sufficiente, cfr. AS V /2, pp. 12-13.
163 Fin da ottobre, era stata intrapresa un'analisi sistematica delle osservazioni pro-
venienti dai padri con la costituzione di sei sottocommissioni (cf r. F Thils, 1317 I A: De
methodo sequenda in elaborandis animadversionibus scriptis Patrum relate ad Schema de
oecumenismo, 7 novembre 1963 ). La sottocommissione V (a proposito degli emenda-
menti del cap. III, sezione I), per es., si riunisce il 15 novembre (cf r. F Thils, 1317I A).
A partire dal 18, il segretariato deve tenersi pronto a rielaborare lo schema in funzione
del dibattito conciliare (su di esso, si veda più avanti in questo volume, cap. IV, par.
1.1). Nel corso del dibattito conciliare e anche oltre, il lavoro delle sottocommissioni si
prolunga: 18, 20, 26, 27, 29 novembre e 2 dicembre 1963 (si vedano i verbali del F Thi-
ls, 1317 I A). Su questa attività del segretariato si veda M. VELATI, Una difficile transizio
ne. Il cattolicesimo tra unionismo ed ecumenismo (1952 1964), Bologna 1996, pp. 378
380.
164 Cfr. J. FRISQUE, Le Décret Presbyterorum Ordinis. Histoire et commentaire, in
Les pretres. Décrets «Presbyterorum Ordims» et <<Dptatam totius», Paris 1968, p. 124.
165 Quattro sottocommissioni sono state attivate per valutare il materiale prodotto
fino a quel momento in vista dei quattro schemi: rispettivamente il quarto capitolo del
De ecclesia (De vocatione ad sanctitatem), il terzo capitolo del De episcopis (De rationibus
inter episcopos et religiosos ), lo schema De statibus perfectionis adquirendae e quello delle
missioni, cfr. J. ScHMIEDL, Erneuerung im Widerstreit. Das Ringen der Commissio de Re
ligiosis und der Commissio de Conci/ii laboribus coordinandis um das Dekret zur zeit-
gemiissen Erneuerung des Ordenslebens, in Les commissions à Vatican II. Colloque de
Leuven et Louvain la Neuve, J. Famerée, ]. Grootaers, M Lamberigts, Cl. Soetens (éd.),
Leuven 1996, pp. 293 294 e 315.
166 Cfr. S. PA VEN11, Le cheminement laborieux de notre schéma, in <<Rythmes du
186 IL CONCILIO ADULTO
Un discorso del tutto a parte deve essere fatto per ciò che riguarda
la commissione di coordinamento, vero e proprio luogo di organizzazio-
ne «strategica» dei lavori conciliari. Nel lasso di tempo qui preso in esa-
me, vi è soltanto una sessione di questa commissione, la nona, del 15
novembre della quale abbiamo già detto qualcosa a proposito della rela-
tio di Lercaro 167 . Si tratta di una riunione congiunta del consiglio di
presidenza, dei moderatori e della commissione di coordinamento168 . Ol-
tre alla relazione sul secondo periodo conciliare, altri tre punti sono al-
!' ordine del giorno: indicazioni relative alla sessione pubblica; proposte
concernenti i lavori da proseguire tra il secondo e il terzo periodo; sug-
gerimenti per il terzo periodo. Diversi padri auspicano una sessione
pubblica prima della chiusura del secondo periodo per approvare e pro-
mulgare la costituzione liturgica, il decreto sugli strumenti di .comunica-
zione sociale, e forse qualche punto del De ecclesia, poiché il mondo
aspira a conoscere le decisioni del concilio. Il papa dovrebbe anche fis-
sare la formula di approvazione e di promulgazione dei decreti. Pur ap-
provando la relazione Lercaro e perfino suggerendone la distribuzione
ai padri, Ruffini ritiene che non sia saggio «precipitare decisioni su que-
stioni gravi e di principio, come è già successo nel passato». A suo pare-
re, nessun decreto è ancora giunto alla maturità sufficiente per la sessio-
ne pubblica. Quanto all'intersessione, molti reclamano la diminuzione
del numero degli schemi o la riduzione della loro materia rinviando al-
cuni argomenti al Codice, ma con la raccomandazione di conferire un
carattere pastorale alle norme che verranno elaborate; parimenti sono ri-
chiesti adattamenti del regolamento. Nel corso del terzo periodo, con il
quale alcuni vorrebbero vedersi chiudere il concilio, bisogna proseguire
l'esame degli schemi del secondo periodo e in particolare cqminciare
quello dello schema XVII. Non è senza interesse segnalare anche l' attac-
co di Spellman e del segretario generale contro le «fughe» di notizie sul-
la stampa, qualificate come «irresponsabili», a proposito delle controver-
sie intra-conciliari: s'impone quindi un miglior controllo delle informa-
zioni169. ·
renti che s'instaurano tra la stampa e il concilio nel corso del secondo periodo, cfr. infra
in connessione con lo schema sui mezzi di comunicazione sociale.
170 In questo senso, si possono citare le impressioni che Suenens consegna ad A.
Prignon a proposito della riunione allargata del 15 novembre: «Il cardinale mi dice an-
che che comunque in generale nella riunione non ci si era schierati sinistra contro de
stra, ciascuno ha detto ciò che pensava e alcuni dimostravano di avere molto buon sen-
so come Confalonieri, un po' lungo [ma .. .] ecc. E poi, salvo Siri e il segretario del con-
cilio, non c'era stata una vera opposizione sinistra-destra» (F Prignon, 512 bis: relazione
ds. sugli avvenimenti a partire dal 27 ottobre, p. 18).
171 Per situare il contesto globale all'interno del quale evolve, cominceremo qui ri-
prendendo alcune caratteristiche fondamentali del gruppo, ben descritto in S/V 2, pp.
221 226; cfr. anche il settimanale «Katholiek Archief», a. 20, nn. 44 e 45 (29 ottobre e 5
novembre 1965), coll. 1147 1148 (a proposito di questo «blocco-anti concilio», che cree-
rà il ROC [Romana Colloquia] come una risposta conservatrice al DO-C [Centro di do
cumentazione olandese]).
172 Oltre i tre grandi leaders di cui fra poco ci occuperemo (de Proença Sigaud,
Lefebvre e Cadi), i primi firmatari sono A. De Castro Mayer (Campos, Brasile), P. De
La Chanonie (Clermont, Francia); tra gli ulteriori membri, si notano L.G. da Cunha
Marelim (Caxias do Maranhao, Brasile), J. Pereira Venando (Leiria, Portogallo), C.E.
Saboia Bandeira de Mello, o.f.m. (Palmas, Brasile), J. Rupp (Monaco-Montecarlo), X.
Morilleau (titolare di Colonia di Cappadocia, Francia), J. Nepote Fus, dei missionari
della Consolata (titolare di Elo, Brasile), G.M. Grotti, dei serviti (prelato nullius di Acre
y Purus, Brasile), A. Grimault, spiritano (titolare di Massimianopoli di Palestina, origina
rio del Canada, residente in Francia), L. Rubio (superiore generale degli Eremiti di s.
Agostino). Una maggioranza di brasiliani e di francesi quindi, e numerosi religiosi, ai
quali bisogna aggiungere alcuni periti e membri della curia. Cfr. S. G6MEZ DE ARTECHE
188 IL CONCILIO ADULTO
no, segretario del card. Siri, quest'ultimo ha partecipato a una riunione del gruppo (una
trentina di padri insoddisfatti dai lavori in aula) il 22 ottobre 1963, riunione che avreb
be preso la denominazione di Coetus internationalis patrum e nella quale i padri avreb-
bero deciso di rivedersi tutti i martedì (Siri ha continuato ad essere informato, ma senza
prendere più parte agli incontri), cfr. LAI, Il papa non eletto, cit., pp. 210 211, n. 10.
177 Si riuniva ogni settimana.
17 8 Nel corso del quarto periodo, questo nome gli varrà difficoltà da parte dello
stesso Paolo VI, il quale riteneva che «un gruppo internazionale di padri che condivide
vano le stesse opinioni in materia teologica e pastorale», creato in seno al concilio, era
di natura tale da pregiudicare i liberi dibattiti di esso. Così il Coetus sarebbe diventato
semplicemente il Comitatus, ma senza nulla cambiare del suo spirito. Cfr. «Katholiek
Archief», a. 20, nn. 44 e 45 (29 ottobre e 5 novembre 1965), coll. 1147 1148; WILTGEN,
pp. 248-249.
179 GOMEZ DE ARTECHE, Grupos «extra aulam», cit., t. II/3, p. 243.
180 Lefebvre, ex arcivescovo di Dakar (Senegal) trasferito il 23 gennaio 1962, con
titolo personale di arcivescovo, all'episcopio di Tulle (Francia), era allora arcivescovo ti
tolare di Sinnada di Frigia.
181 Sull'aneddoto, cfr. WILTGEN, p. 89. Notiamo a questo proposito che Wiltgen,
fondatore dell'agenzia di stampa Divine World News Service, è anch'egli verbita come de
190 IL CONCILIO ADULTO
Proença e come lui abita nella casa generalizia de1la loro congregazione (via dei Verbiti).
Sempre secondo Wiltgen _(p. 150), il 9 novembre 1963 (per precisare, all'indomani del
rilevante intervento in aula di Lercaro), Carli avrebbe preparato una lettera da sottopor
re al papa ne1la quale lo supplicava «di chiedere ai cardinali moderatori di astenersi as-
solutamente dall'intervenire in pubblico a titolo personale, tanto all'interno dell'aula
conciliare quanto all'esterno», poiché apparivano come «gli interpreti del pensiero del
sommo pontefice», pur essendo sospettati di inclinare «in una certa direzione, b,en pre-
cisa»; sarebbe stato Ruffini a dissuaderlo daU'inviare questa lettera. (
1
·
182 Ciò si spingerà fino alla redazione di contro-proposte di schemi, come per quel
lo sulla libertà religiosa. Su1l'insieme di questa attività si veda WILTGEN, pp. 148 149.
l83 In effetti se il Coetus è più o meno il catalizzatore deJla minoranza conciliare,
non tutti i padri di essa appartengono in senso stretto a questo «gruppo internazionale»
e certuni negano esplicitamente una tale appartenenza. Gli episcopati italiani, spagnoli,
filippini, latinoamericani e francesi sono i più influenzati da1la propaganda del gruppo.
Un legame esiste anche con il gruppo dei vescovi missionari (Vriendenclub) attraverso la
mediazione del p. Schiitte, superiore generale della congregazione del Verbo Divino, fu-
turo relatore del De activitate missionaria ecclesiae; dr. SN 2, pp. 225-226. Si può anche
rilevare che alcuni padri conciliari di sensibilità conservatrice, senza richiamarsi formal-
mente al Coetus, organizzano riunioni tra di loro. Così, per il periodo che ci interessa, il
14 novembre Siri e Ruffini si sono riuniti -con quattro confratelli stranieri: Caggiano, di
Buenos Aires, Santos, di Manila, Garibi Y Rivera, di Guadalajara, de Arriba y Castro di
Tarragona; Castaldo, di Napoli e Quiroga y Palacios, di Santiago di Compostela, erano
assenti. Si trattava di analizzare il decreto sull'ecumenismo e di concentrarsi in vista del-
la riunione degli organismi direttivi in programma per il giorno successivo, cfr. LAI, Il
papa non eletto, cit., p. 214 («Adunanza degli E.mi Cardinali. Palazzo Pio, 14 novembre
1963», Archivi Siri; diario Barabino, secondo periodo). Se Ruffini appoggia la condotta
del Coetus, Siri invece esita (Berto annota tuttavia il suo ralliement il 9 novembre 1963 ),
dr. PERRIN, Il <<Coetus internationalis», cit.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 191
(13 novembre) 184 • Si è, per prima cosa, colpiti dal «fuoco incrociato» dei
primi giorni del dibattito sui vescovi e il governo delle diocesi. Quanto
al contenuto, poi, si ritrovano alcune grandi caratteristiche della sensibi-
lità minoritaria, evocate qui sopra a proposito del Coetus: ultramontani-
smo radicale contro tutto ciò che appare come un'attenuazione dell' as-
solutismo pontificio (relatio Carli, Ruffini, Batanian, Ottaviani, Browne,
Lefebvre), quasi-identificazione della curia con il papa (Batanian, Del
Pino G6mez, Mason, Ottaviani), resistenza tenace alla «nuova» dottrina
della collegialità (Ruffini, Florit, Del Pino G6mez, Ottaviani, De Castro
Mayer, Lefebvre, Carli), opposizione cavillosa tra voto d'orientamento
del 3 O ottobre e decisione finale del concilio, ovvero della commissione
dottrinale (Ruffini, Browne, Florit, Ottaviani, Carli) 185 • L'intervento di
Cadi il 13 novembre presenta inoltre la particolarità di essere fatto a
nome di numerosi altri padri. Le 9 firme sono tutte di membri formali
del Coetus internationalis Patrum186 • È l'occasione per ricordare una del-
le procedure più tipiche dell'associazione: quando si rivolge a ciascun
padre singolarmente, come ad esempio nella diffusione delle circolari, il
Coetus si presenta esplicitamente come entità collettiva187 ; al contrario,
quando si rivolge all'insieme dei padri come nei discorsi in aula, ciascun
oratore parla a titolo personale ed eventualmente, come Carli, a nome
di qualche altro singolo padre o facendo riferimento ad oratori anteriori,
ma non a nome del Coetus.
L'organizzazione tradizionalista, oltre agli appoggi esterni dell'Uni-
versità del Laterano, del Seminario romano o della rivista francese «La
cité catholique», può contare anche sull'agenzia di stampa Divine World
News Service del verbita Ralph Wiltgen, già più volte menzionato, senza
parlare dei legami con ambienti politici conservatori dell'America Latina
188 SN 2, p. 226.
189 Cfr. WILTGEN, pp. 118 119; le spiegazioni pubbliche di Romoli datano 22 no
vembre, cfr. «ICI», 206 (15 dicembre 1963 ), p. 17 (col. 3 ), p. 18 (coll. 1 2). '
190 Browne, lo ricordiamo, è vice-presidente della dottrinale (l'unico fino al dicem-
bre 1963 ), a fianco del presidente Ottaviani; Santos è egli stesso membro di questa com-
missione, così come altri della stessa tendenza, Florit e Franié. Larraona era alla testa
della commissione liturgica fino alla fine del secondo periodo, e l'abate Prou ne era
membro. Queste poche e parziali indicazioni, contribuiscono a costruire il quadro delle
«antenne» del Coetus nei differenti luoghi strategici delle assise conciliari.
191 Cfr. WILTGEN, p. 149.
192 Ibidem, p. 270 ss., per esempio: sulla petizione del Coetus internationalis Patrum
contro l'assenza di una condanna esplicita del comunismo marxista nello schema XIII.
La tattica utilizzata dal «raggruppamento internazionale» è di «federare i Romani»,
come dirà Berto nel 1964, al fine di impedire «l'unanimità morale» attorno agli schemi
della maggioranza. Egli stimerà realistico raccogliere un quarto dei padri intorno alle tesi
del Coetus. L'obiettivo sarà pressoché raggiunto in due occasioni: nel settembre 1964,
con la petizione sulla consacrazione del mondo al cuore immacolato di Maria (510 fir-
me), e con la citata petizione relativa al comunismo nel 1965 (esattamente 454 firme se-
condo il computo di Carbone). Più spesso, si oscilla tra 100 e 250. Cfr. PERRIN, Il «Coe-
tus internationalis>~, cit.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 193
Nel corso del primo periodo conciliare, lo schema sui mezzi di co-
municazione sociale era stato «preso un poco sottogamba». Dopo la
tensione della discussione sul De fontibus revelationù e prima dello stu-
dio dello schema sull'unità, preparato dalla commissione delle chiese
orientali, il dibattito sul De instrumentis communicationis socidis era
sembrato quasi una «pausa» e un «momento di riposo» nel lavoro con-
ciliare193. L'esame aveva occupato appena 360 minuti, ripartiti nelle se-
dute del 23, 24 e 26 novembre 1962. Malgrado la relatio di Stourm,
convinto dell'importanza del tema e delle possibilità enormi che i media
offrivano all'evangelizzazione, lo schema non aveva suscitato né gravi
critiche di fondo né suggerimenti veramente rilevanti. Dal punto di vista
della forma lo schema appariva troppo lungo e ripetitivo. Quanto al
contenuto si auspicava, tra le altre cose, che il ruolo dei laici fosse me-
glio evidenziato e che la cura per la gioventù fosse maggiormente sotto-
lineata. Comunque i padri avevano sollecitamente accettato di interrom-
pere questa discussione a partire dal 26 novembre 1962. Il giorno suc-
cessivo avevano votato su tre punti: 1) accordo sulla sostanza dello sche-
ma; 2) nuova redazione di un testo più breve, ma sostanzialmente iden-
tico per ciò che riguardava i principi dottrinali essenziali e gli orienta-
menti pastorali generali, dopo un esame attento delle osservazioni dei
padri; 3) pubblicazione di un'istruzione pastorale che riprendesse le di-
rettive pratiche. Il voto era stato massicciamente favorevole: su 2.160
padri, 2.138 a favore, 15 contrari e 7 nulli. Un dibattito quindi senza ri-
lievo e del tutto privo di echi nei media. Il fatto è solo parzialmente pa-
radossale conoscendo la deplorevole situazione nella quale versava l'in-
formazione nel corso del primo periodo, ridotta ai vaghi comunicati del-
l'Ufficio stampa conciliare sull'andamento delle congregazioni generali.
Al di fuori delle indiscrezioni e delle conferenze stampa di alcuni padri,
i giornalisti anglofoni potevano in particolare contare su di una sola fon-
te d'informazione utilizzabile, il U.S. Bishops' Press Panel: sotto l'egida
dei vescovi statunitensi e in particolare di J. Wright (Pittsburgh), una
dozzina di esperti americani ricevevano ogni pomeriggio i giornalisti per
l93 Cfr. SN 2, pp. 251 262~ Decreto sugli strumenti di comunicazione sociale (Inter
Mirifica), in Conciliorum Oecumenicorum Decreta, a cura di G. Alberigo, G.L. Dossetti,
P. P. Joannou, C. Leonardi, P. Prodi, cons. H. Jedin, ed. bilingue, Bologna 1991, pp.
843 849.
194 IL CONCILIO ADULTO
194 Cfr. SIV 2, pp. 591-605 (in particolare p. 600, n. 116); J. GROOTAERS, L'infor-
mation religieuse au début du concile: instances officielles et réseaux informels, in Vatican
II commence, pp. 211 234 (in particolare pp. 218-221).
195 Lo schema del 1962 era stato redatto, nel corso de1la fase preparatoria, dal «se-
gretariato della stampa e dello spettacolo» sotto la direzione di M. O'Connor, che a par-
tire dal 1948 era divenuto presidente deJla commissione pontificia per il cinema, la radio
e la televisione; A. Galletto era segretario e membro del segretariato, cfr. Annuario Pon
ti/icio 1949, p. 827 e Annuario Pontificio 1961, pp. 1013 1014 e 1125 1126. Al momento
del concilio, il segretariato era in qualche modo stato assorbito dalla commissione per
l'apostolato dei laici («de fidelium apostolatu; de scriptis proelo edendis et de spectaculis
moderandù») e, sotto l'autorità del card. Cento, era divenuta una sottocommissione con
O'Connor come proprio presidente (ugualmente vicepresidente della commissione nel
suo insieme con il card. Silva Henriquéz) e segretario Galletto (ufficialmente anche se-
gretario della commissione intera con A. Glorieux), cfr. Commissioni conciliari, a cura
della segreteria generale del concilio, Tipografia Poliglotta Vaticana, 30 novembre 1962,
pp. 53 55; cfr. INDELICATO, Difendere la dottrina, cit., pp. 208-213.
l96 Durante il secondo periodo, la composizione della commissione nel suo insieme
è la seguente: card. F. Cento (curia), presidente; card. R. Silva Henriquez (Santiago,
Cile) e mons. O'Connor (are. tit. di Laodicea di Siria, curia) vicepresidenti; membri i
vescovi P. Yii Pin (Nanchino, Cina), A. Samorè (are. tit. di Tirnovo, Italia), E. Colli
(Parma, Italia), M.I. Castellano (Siena, Italia), W. Cousins (Milwaukee, U.S.A.), T. Mor-
ris (Cashel at Emly, Irlanda), B. Kominek (are. tit. di Eucaita, Polonia), R. Stourm
(Sens, Francia, relatore del De instrumentis), M. Larrain Errazuriz (Talea, Cile), E. Néc
sey (ves. tit. di Velicia, amm. ap. di Nitra, Cecoslovacchia), J. Blomjous (Mwanza, Tan-
ganica), J. Petit (Menevia, G. Bretagna), A. Herrera y Oria (Malaga, Spagna), E. Bed
norz (ves. tit. di Bulla Regia, coad. c.d.s. di Katowice, Polonia), F. Hengsbach (Essen,
Germania), J. Granier Gutierrez (ves. tit. di Pionia, aus. di La Paz, Bolivia), E. De
Araujo Sales (ves. tit. di Tibica, amm. ap. «sede piena» di Natal, Brasile), J. Ménager
(Meaux, Francia), S. Valloppilly (Te1licherry, India), S. Laszl6 (Eisenstadt, Austria), G.
De Vet (Breda, Olanda), E. Guano (Livorno, Italia) e L. Civardi (ves. tit. di Tespia, Ita
lia); mons. Glorieux e A. Ga1letto, segretari; P. Dalos, oratoriano, minutante. Cfr. Com-
missioni conciliari, a cura de1la segreteria generale del concilio, Tipografia Poliglotta Va
ticana, novembre 19632, pp. 77-79.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 195
schema; in tal caso i padri esprimono il loro giudizio mediante una scheda (schedula)
utilizzando la formula placet o non placet».
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 197
alla vigilia dello scrutinio alcuni lettori dello schema si erano inquietati,
constatando che il testo ridotto aveva conservato i difetti del preceden-
te: banalità, moralismo, ruolo insignificante attribuito ai laici ...202 Malgra-
do il poco tempo, contatti presi nelle alte sfere lasciavano sperare che i
moderatori avrebbero rifiutato il voto per procedere a un esame più ap-
profondito. Essi si erano persino riuniti durante la messa del 14 novem-
bre, all'inizio della congregazione generale. L'iniziativa non aveva avuto
esito positivo, ma almeno avevano ottenuto, nonostante l'approvazione
di gran lunga superiore ai due terzi richiesti, che un nuovo voto, questa
volta sullo schema nel suo complesso, avesse luogo qualche giorno più
tardi, senza che la data venisse precisata203 • Sarà poi definitivamente fis-
sata per il 25 novembre.
204 Su queste differenti opinioni, cfr. LAURENTIN, pp. 166-167; nella sua Chronique,
p. 30, (F-Olivier, n. 169), B. Olivier nota ugualmente che «non appena conosciuto da
persone competenti» lo schema è «mal accolto» e che lui stesso ha compiuto il suo do-
vere di esperto «segnalando all'episcopato congolese i gravi rimproveri che sono stati
fatti a questo schema»; aggiunge poi: «molti vescovi esitavano a "sconfessarsi" rifiutan-
dolo ora, ma l'opposizione era tuttavia forte. Si poteva almeno sperare in una solida mi-
noranza di voti ostili».
205 Cfr. WILTGEN, p. 132; per i passaggi tratti dal decreto, cfr. Schema emendatum,
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 199
cit 9· AS II/5, pp. 185 186. Per altre precisazioni suJl'a~t~~ità d.ell'Ufficio stampa ame
rie~~ a, artire dal 14 novembre, cfr. BARAGLI, L'Inter Miri/t~a, .c1t.? P·. 145 ss. .
206 Per i testi orgjnali inglesi e francesi della mozione d1str1~u1ta J~b\6 nov,emb~fl m
iazza S Pietro cfr BARAGLI, L'Inter Mirifica, cit., pp. 617-619 (e possl 1 e cosi ~eri ca
p · 11 1
]; ffi'dabt'li"ta' di fondo delle informazioni fornite da Rynne, Wtltgen e
re testo a a mano a · d· h X R 1t i
1
Wenger nelle citazioni seguenti); RYNNE, PP· 257 e 260 (~~c~~;~WE~G~R ~ J~~e: 3r
1on è che il peritus F.X. Murphy, c.ss.r.); WILTGEN, pp. , , . b .d '1
. 207 Cfr. Documents conciliaires, vol. 3, pp. 379 380; E. Gabel era stato mem ro e
iegretariato della stampa e degli spettacoli.
200 IL CONCILIO ADULTO
Una lettera invita i padri che sono d'accordo con l'autore a racco-
gliere il numero più grande possibile di firme e a fargliele pervenire al
208Per il testo originale in latino, datato 17 novembre 1963, e le 97 firme (due del
le quali indecifrabili), cfr. BARAGLI, L'Inter Mirifica, cit., pp. 620 621; sull'affare, cfr. ibi-
dem, p. 135ss.
209 Cfr. WILTGEN, p. 133.
210 Cfr. ibidem.
211 Per il testo originale in latino, cf r. un esemplare della circolare che sarà distri-
buita la mattina del 25 novembre, ugualmente corredata dei nomi di 25 padfi, nel F-
Philips, P.049.14; una riproduzione si trova anche in RYNNE, p. 225. Il finale riprende
pressoché letteralmente l'ultima frase della petizione dei 97, cfr. supra, n. 209.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 201
Zazpe (Rafaela, Argentina), E. Principe (ves. aus. di Santa Fe, Argentina), M. Mendhia-
rat (ves. coad. di Salto, Uruguay), R. Caceres (Melo, Uruguay), L. Baccino (San José de
Mayo, Uruguay), J. Schiitte (sup. gen. s.d.v.).
216 Secondo il racconto di RYNNE, p. 256. Sono invece allusivi LAURENTIN, p. 168,
e WENGER, p. 222. Quanto a WILTGEN, p. 134, apporta alcuni dati supplementari, ma
in parte discordanti con quelli di Rynne e Laurentin. NeJla sua versione è lo stesso
Mejia che si mette sui gradini di S. Pietro con una pila di esemplari a stampa deJla sua
petizione e li distribuisce ai padri che si stanno dirigendo verso la basilica. Un po' più
tardi mons. Reuss lo sostituisce. Quando compare Felici, «col volto in collera», vuole
strappare i fogli dalle mani di Reuss (cfr. anche OLIVIER, Chronique, cit., p. 30); ne se-
gue un parapiglia e l'ausiliare tedesco finisce per cedere. Al contrario secondo Rynne è
nel momento in cui Reuss entra in S. Pietro che Felici tenta di prendere i fogli dalle
mani dei preti che li distribuiscono; l'ausiliare di Magonza protesta allora la giustezza
de1la sua causa. Incapace di mettere fine alla distribuzione, il segretario generale chiama
le guardie svizzere (su queseultimo punto, si veda la breve indicazione di LAURENTIN
che va nella stessa direzione e la Chronique, p. 30 di Olivier). BARAGLI, L'Inter Mirifica,
cit., p. 161 ss., propone un racconto ancora un po' differente (uno dei distributori, aiu-
tato da Nordheus, ausiliare di Paderborn, si trova neJl'atrium della basilica; l'altro è con
Reuss sui gradini di S. Pietro).
21 7 Cfr. AS II/6, p. 17. Alcuni hanno voluto vedere in questo intervento aveva
annotato Olivier nel suo «diario» <<llllO sforzo de1la presidenza per uscire dal suo ruo
lo puramente rappresentativo» (ibidem).
21 8 Cfr. Schema decreti De instrumentis rommunicationis social.is. Modi a Patribus Con
ciliaribus propositi a commissione conciliari de /idelium apostolatu; de scriptis prelo edendis
et de jpectaculis moderandis examinati, Typis Polyglottis Vaticanis 1963, pp. 6 (fascicolo
distribuito il 22 novembre 1963 nel corso della LXXIII c.g.); AS W6, pp. 18 20.
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 203
219 Il relatore sembra così voler difendere il proprio testo contro uno dei rimprove
ri più correnti: il poco spazio lasciato ai laici.
220 È corsa voce che si trattasse di Schaufele (cfr. CAPRILE, III, p. 284; secondo gli
archivi sarebbe Zazpe, cfr. BARAGLI, L'Inter Mirifica, cit., pp. 161-162, n. 45); altri
avrebbero ugualmente firmato pensando che il documento fosse riservato agli organi di-
rigenti del concilio. Secondo i cronisti, i due interventi di Tisserant e Felici hanno get-
tato lo scompiglio tra gli oppositori meno convinti (cfr. LAURENTIN, p. 168, e WENGER,
p. 222). Secondo la tesi del complotto sostenuta da Wiltgen, «questa cattiva pubblicità
ebbe pure il risultato di rendere impossibile la tattica destinata a impedire il voto deJlo
schema>> (p. 134). In senso opposto, secondo Rynne, «per alcuni l'intero incidente fu
soltanto un altro segno del fatto che la minoranza era preparata a violare la libertà
d'azione del concilio quando ciò potesse giovare ai loro propositi» (p. 257). Questa di-
versità di interpretazioni la dice lunga tanto sulle posizioni personali del commentatore
quanto sull'incertezza dell'avvenimento e l'approssimazione delle fonti uti1izzate. Biso-
gna tuttavia aggiungere che il rimprovero di Tisserant, formulato a suo nome e a nome
dei moderatori (l'ha fatto con il loro pieno appoggio? può darsi, cfr. infra), poteva
come minimo apparire parziale e fu del resto accolto, come nota Rynne (p. 256), con
«rilevanti mormorazioni» (considerable murmuring), da parte di un gran numero di pa
dri; questi potevano in effetti chiedersi perché niente di simile era stato fatto o detto, il
29 ottobre scorso, nel corso del voto sull'inserzione del De beata nel De ecclesia quando
il fascicolo del p. Balié era stato distribuito «furtivamente» (surreptitiously) tra i padri,
o quando il testo di D. Staffa contro la collegialità era stato diffuso nell'aula conciliare
(ibidem; dr. LAURENTIN, p. 168: egli parla di due fogli contro l'inserzione del De beata,
distribuiti in tutta libertà aJl'entrata di S. Pietro; si veda la stessa reazione di Schoenma-
eckers poco dopo il voto: «voto contro e continuerò a votare contro fino alla fine.
Questa manovra di Tisserant è inqualificabile. Non è stato fatto nessun appunto in oc-
casione della distribuzione dei volantini riguardo al De beata e in un'altra occasione
sono stati anche distribuiti in aula dei volantini di mons. Staffa», cfr. Olivier, ibidem).
L'argomento del cardinale presidente secondo il quale lo schema sulle comunicazioni
sociali era stato già approvato in ciascuno dei capitoli costitutivi, come si vedrà, non
aveva affatto convinto.
204 IL CONCILIO ADULTO
229 Del resto sembra proprio che l'insieme dei padri fosse affaticato e volesse chiu-
dere, cfr. la relazione Prignon (supra, n. 204).
2 3 0 Si veda la conferenza tenuta il 29 novembre a Roma da J. Bernard, presidente
dell'O.C.I.C., davanti a numerosi padri conciliari (se ne trova un'eco in «OssRom» del 2 e
3 dicembre 1963, p. 7, coli. 1-2): essa voleva rappresentare una risposta alle critiche de
«La Croix» del 24-25 novembre 1963, per es., sulla mancanza di prospettiva teologica, di
riflessione filosofica e di base sociologica dello schema (cfr. CAPRILE, III, p. 283, n. 4).
231 Giustificando il diritto all'informazione o definendo il ruolo dello stato di fronte
alla libertà di stampa, la chiesa manifesta una notevole evoluzione in rapporto al proprio
VESCOVI E DIOCESI (5-15 NOVEMBRE 1963) 207
atteggiamento nel corso del XIX secolo e anche neJla prima metà del XX. Inoltre, per la
prima volta in maniera così solenne, essa manifesta il proprio interesse e la propria at
tenzione pastorale per questo vero e proprio fenomeno di cultura che le nuove possibili
tà di comunicare su scala mondiale rappresentano. Un'analisi simile si trova nella «retro-
spettiva» manoscritta del secondo periodo di J. Dupont, p. 8 verso: «Il decreto almeno
attira l'attenzione su questo settore, troppo trascurato fino a questo momento dai pasto-
ri. Sotto questo profilo può essere utile come punto di partenza, come prima testimo-
nianza di un'attenzione dei vescovi, sebbene ancora piuttosto male informati» (F Du
pont, 1759).
232 Cfr. Relatio de modir, p. 5; AS II/6, p. 19.
Capitolo terzo
1 Le votazioni si erano tenute nella XXI c.g. del 17 novembre 1962; nella XXX c.g.
del 30 novembre 1962; nella XXXII c.g. del 3 dicembre 1962; nella XXXIV c.g. del 5
dicembre 1962; nella XXXV c.g. del 6 dicembre 1962. Alla fine, nella XXXVI c.g. del 7
dicembre 1962, si votò sul proemio e su tutto il I capitolo: dr. AS I/3, pp. 114 121, p.
157 s. e pp. 693-707; AS I/4, pp. 166 172, p. 213, pp. 266-290, pp. 315 318, pp. 319
320, pp. 360 361, pp. 322-327 e p. 361. Per l'ultima votazione dr. AS I/4, pp. 361-362
e p. 384; risultati: 1.922 placet, 11 non placet, 180 placet iuxta modum, 5 nulli. Su tutto
questo cfr. la dettagliata descrizione in S/V 2, pp. 129-192, spec. pp. 184 192.
2 Cfr. la Ratio agendi in commissione conciliari De sacra liturgia congregationibus ge-
neralibus conctlii oecumenici vacantibus~ id est a die 8 dee. 1962 ad diem 8 septembris
1963, a firma del segretario della commissione liturgica, in Acta et Documenta ad expen
dendas animadversiones Patrum circa caput I schematiS constitutionis de sacra liturgia,
1962, p. 118 s.
210 IL CONCILIO ADULTO
ad un nuovo esame dal punto di vista della lingua latina3 • Tale lavoro fu
affidato ad un'apposita commissione di esperti, composta da A. Dirks,
C. Egger, N. Ferrara, A.G. Martimort e E. Mura, riunitasi dal 2 al 4 lu-
glio 1963 sotto la direzione del vescovo di Biella, C. Rossi.
Il 18 e il 19 luglio 1963 si tenne un incontro dei membri della com-
missione liturgica presenti a Roma durante il quale furono approvati tutti
gli emendamenti stilistici. Vi presero parte i cardinali A. Larraona, G.
Lercaro e P. Giobbe, i vescovi E. Dante e C. D'Amato e il superiore ge-
nerale dei claretiani P. Schweiger4 • Nella stessa riunione poi si individua-
rono le questioni da sottoporre alla discussione in aula. Vi furono invitati
anche i presidenti delle sottocommissioni teologica e giuridica, R. Gagne-
bet e E. Bonet, che presentarono le loro relazioni sui capitoli dal II 'al-
l'VIIP. Inoltre si diede lettura dei capitoli II e III emendati dai latinisti,
mentre si rinunciò a quelle dei restanti capitoli per il grande caldo del-
l'estate romana. Il 1° agosto fu consegnato «tutto» in tipografia. Si tratta-
va probabilmente dei restanti fascicoli - dal VI al X - delle Emendationes
a patribus conciliaribus postulatae} a commùsione conciliari De sacra lt"tur-
gia examinatae et propositae, relativi ai capitoli dal II all'VIII dello sche-
ma originario6 • Ma per far conoscere gli emendamenti dei latinisti a tutti i
padri membri della commissione liturgica, il presidente della commissio-
ne, Larraona, nel luglio del 1963 convocò nuovamente7 questi ultimi ad
3 Cfr. la Relatio generalis del 3 ottobre 1963, presentata da G. Lercaro in aula con
ciliare 1'8 ottobre 1963: AS II/2, pp. 276-279. L'll maggio 1963 il vescovo di Meissen,
O. Spiilbeck, membro della commissione 1iturgica, poteva raccontare al card. Dopfner:
«Ieri abbiamo terminato il nostro lavoro nella commissione liturgica con una votazione
il cui risultato è stato molto positivo. Anche se le nostre richieste non sono passate tut-
te, si è aperta o meglio, è stata lasciata aperta la porta per tutto. Quasi non si pote
va desiderare di più se in autunno si vogliono avere i 2/3 dei voti dell'aula. Si è fatto un
buon lavoro di gruppo, anche se spesso si è lottato duramente. Il cardinale Larraona era
un presidente molto intel1igente e assennato. Tutti noi lo abbiamo ringraziato con cuore
sincero. Diverse cose non sarebbero riuscite senza la sua franchezza. Ora molto dipende
dalle competenze e dalle funzioni delle conferenze episcopali locali, che nel nostro pro-
getto svolgono un ruolo decisivo»: F-Dopfner, Akt 1 Conc VI SQ Nr. 1.
4 Evidentemente non si trattava semplicemente di «emendamenti stilistici»: cfr. lo
svolgimento ·delle riunioni della commissione liturgica del 28 e 30 settembre 1963 per il
quale v. in/ra.
5 Cfr. Relationes Subcommissionum theologicae et iuridicae circa capita II VIII sche-
matis constitutionir De sacra liturgia, Roma 1963.
6 Cfr. il verbale redatto da Antone1li, in AV2.
7 Numero di protoco1lo della lettera di convocazione: 225/CL/63. Si trattava della
trentottesima riunione della commissione, che si tenne a S. Marta, nella mattina del 27
settembre 1963.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 211
erano stati già discussi, ma i padri li conoscevano solo nella stesura del-
l'inizio del primo periodo, non ancora in quella emendata dalla commis-
sione liturgica nella prima intersessione.
2.215 placet, 52 non placet, 8 nulli (cfr. AS II 2, p. 360); 7) uso del volgare nelle parti
spettanti al popolo: 2.212 placet, 47 non placet, 19 nulli (cfr. ibidem); 8) conoscenza del-
l'ordinario della messa anche in latino: 2.193 placet, 44 non placet, 14 nulli (cfr. ibidem,
p. 361); 9) estensione dell'uso del volgare: 2.139 placet, 67 non placet, 13 nulli (cfr. ibi-
dem, p. 384). Sull'art. 55 (prima 42) sulla comunione sotto le due specie: 10) comunione
al pane dalla medesima celebrazione eucaristica: 2.159 placet, 46 non placet, 13 nulli (cfr.
ibidem); 11) comunione al calice: 2.131 placet, 96 non placet, 9 nulli (cfr. ibidem). Sul-
l'art. 56 (prima 43) sulla partecipazione dei fedeli alla messa tutta intera: 12) 2.232 pia
cet, 14 non placet, 8 nulli (cfr. ibidem).
26 Tutte le proposte riguardavano l'art. 57 (prima 44-46): 13) motivazione dell'unità
del sacerdozio: 2.166 placet, 92 non placet, 5 nulli (cfr. AS II 2, 435); 14) messa vesper
tina il giovedì santo: 2.088 placet, 168 non placet, 9 nulli (cfr. ibidem); 15) riunioni di
vescovi: 2.111 placet, 142 non placet, 6 nulli (cfr. ibidem); 16) benedizione delrabate:
2.006 placet, 142 non placet, 18 nulli (cfr. ibidem); 17) messa conventuale quando non vi
è necessità della celebrazione individuale: 1.839 placet, 315 non placet, 9 nulli (cfr. ibi-
dem, p. 436); 18) riunioni di sacerdoti: 1.975 placet, 245 non placet, 4 nulli (cfr. ibidem);
19) celebrazione individuale: 2.159 placet, 66 non placet, 6 nulli (cfr. ibidem).
27 Cfr. ibidem. La procedura del voto fu spiegata ancora una volta il giorno succes-
sivo: cf r. ibidem, p. 439 s.
28 Cfr. ibidem, p. 520.
29 Cfr. Orda conci/ii, art. 36, in AD II/1, p. 318; Ed. altera recognita, art. 36: in AS
11/1, p. 36.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 217
30 Cfr. AS II/2, pp. 436 e 439. I testi contenuti nel fascicolo Emendationes [.. .] VII.
Caput III scbematis. De ceteris sacramentis et de sacramentalibus, sono pubblicati in AS
II/2, p. 548 s., pp. 560 571 e pp. 550 560 (corrispondenti, rispettivamente, alle pagine
del fascicolo 5 s., 7-10 e 19-29).
31 Cfr. AS 11/2, pp. 560-571.
32 Le animadversiones al capitolo III De sacramentis et sacramentalibus, si compon
gono di 110 pagine, cui si aggiungono altre 11 pagine del volume dell'Appendix (58-68);
su questo cfr. n. 22.
33 1) Inserimento di un art. 60 (prima si trattava del proemio) sulla natura e gli ef-
fetti dei sacramentali: 2.224 placet, 12 non placet, 3 voti nulli (cfr. AS 11/2, p. 598); 2)
integrazione dell'art. 63 (prima 47) in relazione alfuso del volgare, con esclusione della
«forma del sacramento»: 2.103 placet, 49 non placet e 7 voti nulli (cfr. ibidem); 3) inte-
grazione dell'art. 68 (prima 52) sugli adattamenti del rito del battesimo in caso di nume
ro elevato di battezzandi: 2.058 placet e 42 non placet (cfr. ibidem); 4) riformulazione
della prima frase delfart. 73 (prima 57) sul nome e i destinatari delrunzione degli infer-
mi: 2.143 placet e 35 non placet (cfr. ibidem, p. 601).
34 5) Riformulazione della continuazione dell'articolo 73 (prima 57) sul momento
opportuno per ricevere il sacramento dell'unzione: 2.219 placet, 37 non placet e 3 voti
nulli (cfr. AS II/2, p. 639); 6) cancellazione dell'articolo 60 previsto originariamente in
218 IL CONCILIO ADULTO
relazione alla iterazione dell'unzione degli infermi: 1. 964 placet, 247 non placet e 5 voti
nulli (cfr. ibidem); 7) aggiunta all'articolo 76 (prima 61) concernente l'imposizione deHe
mani nella consacrazione episcopale: 2 .124 placet, 504 non placet e un voto nullo (cf r.
ibidem); 8) integrazione dell'art. 78 (prima 63) sulla benedizione degli sposi fuori della
messa: 2.194 placet, 24 non placet e 2 voti nulli (dr. ibidem).
35 9) Integrazione dell'articolo 79 (prima 64) sulla possibilità che ai laici sia affidata
in alcuni casi l'amministrazione dei sacramentali: 1.637 placet, 607 non placet e 6 voti
nu1li (cfr. AS II/3, p. 48); 10) integrazione dell'articolo 80 (prima 65) relativo allo svol
gimento del rito della professione religiosa e del rinnovo dei voti: 2.207 placet, 394 non
placet e 2 voti nulli (cfr. ibidem, p. 49).
36 Cfr. AS II/3, p. 9.
37 Cfr. AS II/3, pp. 53-54 e p. 91.
38 Cfr. ibidem, p. 5 3. I testi contenuti nel fascicolo Emendationes [...} VIII. Caput
IV schematis De officio divino, sono pubblicati in AS II/3, pp. 114 116, pp. 124 146 e
pp. 117~123 (corrispondenti, rispettivamente, alle pagine del fascicolo 5-7, 9-30 e 31 38).
39 Cfr. AS II/3, pp. 124 146.
40 Le animadversiones al cap. N De officio divino sono composte da 204 pagine; su
questo dr. n. 22.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 219
riti presieduta dall'allora p. Bea. Tale parere era stato formulato sulla
base delle richieste inviate a Roma dai metropoliti, dopo discussioni con
i vescovi e gli esperti delle rispettive province, su sollecitazione della
sede apostolica in vista di una riforma del breviario.
La relazione si articolava in cinque punti. Nel primo si delineava la
preghiera delle ore dal punto di vista teologico. Quelli successivi tratta-
vano della riforma generale dell'ufficio, del rinnovamento di singole par-
ti, dell'obbligo della recita e della lingua da usare. Le proposte di emen-
damento dovevano essere sottoposte al voto dei padri In quel giorno si
votò solo sulle prime tre, concernenti quello che sino ad allora era stato
il proemio41 . Il 22 ottobre si votò su altre cinque, tre delle quali relative
a concrete misure di riforma, mentre le altre due riguardavano rispetti-
vamente il valore spirituale della preghiera delle ore e la revisione del
salterio42 • Sulle ultime cinque proposte di emendamento, una sulla rifor-
ma e le altre sulla recita della preghiera delle ore, si votò il 23 ottobre43 .
Sull'intero capitolo IV del De sacra liturgia si votò l'indomani. La mag-
gioranza richiesta dei due terzi, su 2.236 padri votanti, corrispondeva a
un voto nullo (cf r. ibidem); 3) aggiunta all'art. 107 (ex 79) sulle possibilità di adattamen
to alle condizioni dei luoghi: 2.071 placet, 11 non placet e 3 voti nulli (cf r. ibidem); 4) ri-
formulazione dell'art. 106 (ex 80) sulla domenica: 2.049 placet, 10 non placet e un voto
nullo (cf r. ibidem, p. 346); 5) riformulazione dell'introduzione all'art. 109 (ex 82) sul
duplice carattere del tempo quaresimale: 2.146 placet, 4 non placet e un voto nullo (cf r.
ibidem).
49 6) Aggiunta all'art. 109 (ex 82.b) delle indicazioni relative alla catechesi peniten-
ziale: 2.181 placet, 10 non placet, un voto nullo (cfr. AS II/3, p. 390); 7) integrazione
dell'art. 110 (ex 83) sulla raccomandazione della prassi penitenziale: 2.171 placet, 8 non
placet e un voto nullo (cfr. ibidem); 8) aggiunta all'art. 111 (ex 84) sulla venerazione dei
santi e delle reliquie: 2.057 placet, 13 non placet e un voto nullo (cf r. ibidem); 9) deter
minazione del titolo dell'appendice (corrispondente ai precedenti artt. 85 e 86): 2.057
placet, 4 non placet e un voto nullo (cf r. ibidem); 10) riformulazione dell'introduzione
dell•appendice: 2.058 placet, 9 non placet e un voto nullo (cfr. ibidem).
50 Cfr. AS II/3, p. 627.
51 Cfr. ibidem, pp. 349 s. I testi contenuti nel fascicolo Emendationes a patribus
condliaribus postulatae, a commissione conciliari de sacra Liturgia examinatae et proposi
tae. X. caput VII Schematis. De musica sacra sono pubblicati in AS II/3, p. 376 s., pp.
583 589 e pp. 578-583 (corrispondenti, rispettivamente, alle pagine del fascicolo 5 s., 7
13 e 15-21).
52 Cfr. ibidem, pp. 583-589.
53 Le animadversiones al capitolo VII De musica sacra si compongono di 38 pagine;
su questo cf r. n. 22.
222 IL CONCILIO ADULTO
54 1) Riformulazione dell art. 112 (già primo capoverso del proemio) sul canto sa
1
ero come parte integrante della liturgia: 2.087 placet, 5 non placet e un voto nullo (cf r.
AS II/3, p. 627); 2) riformulazione deJrart. 113 (ex 91) sulla celebrazione solenne in
canto dell azione liturgica: 2.106 placet, 13 non placet e un voto nullo (cf r. ibidem, p.
1
628); 3) aggiunta all'art. 115 (ex 93) della raccomandazione relativa a1rerezione di istitu-
ti superiori di musica sacra: 2.147 placet, 9 non placet e un voto nullo (cf r. ibidem, p.
671).
55 1) Variazione nell1art. 119 (ex 97) sulla formazione musicale dei missionari: 1.882
placet, 39 non placet e un voto nullo (cf r. ibidem); 2) precisazione terminologica nell art.
1
120 (ex 98) riguardo l organo: 1.897 placet, 41 non placet e 3 voti nulli (cfr. ibidem); 3)
1
riformulazione dell art. 121 (ex secondo capoverso del 94 e 96) suJla musica sacra: 1.990
1
con cura in sede di emendamento del testo60• Poi non parlò degli emen-
damenti di dettaglio, ma osservò che i padri avevano sollevato principal-
mente tre questioni: la prima si riferiva alla possibilità di ammettere
opere d'arte moderne nelle chiese, la seconda alla creazione e venerazio-
ne di immagini, la terza alle spese per quanto necessario alla celebrazio-
ne della messa. La commissione aveva cercato di conciliare le opinioni
contrastanti e di adottare, per le dichiarazioni dello schema, una solu-
zione intermedia. Del precedente capitolo VI sulle sacre suppellettili,
era caduto quasi tutto. Si era mantenuto solo l'articolo sull'uso dei pon-
tificali (il 130, ex 89). Riguardo i restanti, la commissione non aveva vo-
luto occuparsi di dettagli, in quanto questi non rientravano nei compiti
di un concilio ecumenico, ma della commissione post-conciliare.
Alla fine della relazione il moderatore, Dopfner, propose, con l' ap-
provazione della presidenza del concilio, che su quest'ultimo capitolo
dello schema, che non investiva questioni controverse, si rinunciasse alla
votazione sui singoli emendamenti e si votasse subito su tutto il capito-
lo. I padri applaudirono manifestando il proprio consenso alzandosi in
piedi61 • La votazione ebbe i seguenti risultati: sui 1.941 padri presenti,
1.838 votarono placet, 9 non placet e 94 placet iuxta modum. Il capitolo
VII era dunque approvato62 •
poiché il capitolo I con la votazione risultava approvato, non era necessario inviare i
modi (cfr. AS 1/4, p. 384; su questo cf r. la Relatio Subcommissionis iurùlicae de modis
expendendis, in DOC Il, cit., pp. 5-8). La commissione tuttavia, benché non vi fosse te-
nuta, fece una disamina, la expensio modorum, che poté presentare per la votazione solo
nel novembre 1963, insieme alla expensio modorum degli altri capitoli.
64 F Lercaro, 518. Martimort proponeva perciò che al più presto, forse anche il
giorno immediatamente successivo (18 ottobre 1963 ), la expensio modorum venisse pre-
sentata in aula per rimediare all'impressione negativa.
65 Cfr. il tentativo di E. Dante di ritardare il lavoro su1lo schema liturgico, accura-
tamente descritto nel resoconto della riunione de1la commissione liturgica del 17 otto-
bre: pp. 228.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 225
66 La lettera porta le firme nell'ordine citato e recita così: «I vescovi e i periti sot-
toscritti, umilissimamente pregano e vivamente scongiurano affinché con il vostro voto
sosteniate il capitolo IV e gli altri De sacra liturgia semplicemente con il placet, trala
sciando cioè, se è possibile, tutti i modi, eccettuati que1li che appaiano necessari per
causa gravissima. Infatti, sebbene di per sé, per merito de1la vostra sapienza e dottrina,
la scelta dei modi perfezionerebbe e renderebbe più elegante il testo conciliare, l'insieme
dello schema corre un grande pericolo, sia perché la commissione della Sacra Liturgia, se-
polta di lavoro, assai difficilmente riuscirà nel fine auspicato dal ss. Papa Paolo VI e da
voi che la costituzione "sia ora condotta ad esito felicissimo", sia perché in particolare
gli argomenti del capitolo IV De officio divino sono a tal punto strettamente fusi tra
loro, che reggendosi l'uno sull'altro sono destinati a cadere assieme. Speriamo e confi-
diamo che con i vostri voti approverete il nostro sforzo di trovare una via media accetta-
bile per tutti, e sarà grande la soddisfazione, ove non ci inganniamo, se giungerete alla
promulgazione desiderata»: cfr. F-Dopfner, Akt 1 Conc VII S. Q. Nr. 9. Nel suo diario,
il 19 ottobre 1963, J ungmann scrive che la lettera era venuta da mons. Martin e che
Wagner ne diede notizia alfincontro del gruppo di esperti convocato da Lercaro quel
giorno presso il monastero ove risiedeva V agaggini, a S. Gregorio al Celio. Riguardo lo
stesso Jungmann, egli si rifiutò di firmare la lettera («non possum»), certo in relazione
con il suo scopo di presentare ancora un modus al capitolo IV sulle «letture spirituali»
ne1la preghiera de1l'ufficio: cfr. infra, nn. 87 e 90, per quanto si dice sulla quarantacin-
quesima riunione della commissione liturgica del 30 ottobre 1963 e JT, 19 ottobre 1963.
226 IL CONCILIO ADULTO
stato preparato uno Specimen votorum «Placet iuxta modum» circa artt.
54 e 55 constitutionis De sacra liturgia 67 •
Dai padri erano arrivati 150 modi sull'articolo relativo all'uso del
volgare (il 54) e 242 su quello relativo alla comunione sotto le due spe-
cie (il 55). Ad uno sguardo generale risultava che i modi erano in parte
contraddittori, o che gli stessi modi erano stati presentati da più padri.
Ad esempio, nel complesso 130 padri chiedevano che il canone restasse
in ogni caso escluso dall'uso del volgare, mentre 108 chiedevano il vol-
gare per la preghiera sacerdotale che prevedeva la risposta del popolo.
120 padri chiedevano che la messa nuziale fosse inclusa tra quelle in cui
ci si poteva comunicare sotto le due specie; 20, invece, rifiutavano la co-
munione sotto le due specie per principio.
Si lavorò in 4 gruppi, tra cui fu ripartita la Expensio modorum. Cia-
scun gruppo era diretto da un vescovo, assistito da due periti. I modi
relativi all'articolo 54 (volgare nella messa) dovevano essere rielaborati
dal gruppo di Enciso Viana, W agner e A. Bugnini; quelli all'articolo 55
(comunione sotto le due specie) dal gruppo di Martin, Frutaz e C. de
Clerk; i modi all'articolo 57 (concelebrazione) dal gruppo di Fey Schnei-
der, Bonet e Dirks; i restanti modi dal gruppo di Zauner, Martimort e
Vagaggini. I gruppi dovevano trasmettere i risultati del loro lavoro alla
sottocommissione e questa li avrebbe poi presentati all'assemblea plena-
ria68. Alla sottocommissione giuridica presieduta da Bonet fu affidato il
chiarimento della questione di fondo del significato («forza e ambito»)
del voto placet iuxta modum 69 • Tale sottocommissione si riunì per discu-
tere dei problemi giuridici relativi alla disamina degli emendamenti la
mattina del 18 ottobre 1963, proprio mentre il concilio votava sul capi-
tolo III senza giungere ad approvarlo. I risultati della lunga discussione
possono così riassumersi:
1) I modi vanno esaminati in ogni caso, a prescindere dal numero de-
gli iuxta modum e anche se vi è una 1naggioranza dei due terzi di placet.
2) Un voto placet iuxta modum si deve considerare fondamentalmen-
capitolo IF6 e inoltre si discusse sul vero numero dei modt77 • I placet iu-
xta modum erano stati 781. Inoltre molti padri avevano presentato più
modi. Di questi 681 riguardavano la concelebrazione (art. 57), 242 la co-
munione sotto le due specie (art. 55), 150 il volgare (art. 45) e 45 tutti
gli altri articoli78 • Si doveva inoltre considerare che diversi padri avevano
formulato uno stesso modus e che pertanto, in realtà, i modi diversi si
riducevano a 105 79 • Di questi non andavano presi in considerazione: 1)
quelli contrari a quanto già espressamente votato; 2) quelli che erano in
contraddizione con documenti del magistero della chiesa; 3) quelli che
esulavano dalla materia del capitolo, o non avevano niente a che fare né
con esso né con lo schema liturgico; 4) quelli già presi in considerazio-
ne. Gli altri modi si potevano risolvere con spiegazioni brevi o esposi-
zioni più dettagliate. Agli emendamenti sugli articoli riguardanti l'intro-
duzione del volgare, la comunione sotto le due specie e la concelebra-
zione si doveva prestare particolare attenzione. La discussione sulla rela-
zione non si concluse nemmeno quel giorno.
Nella stessa riunione Bonet venne incaricato della preparazione di
una nuova redazione della sua relazione insieme alla sottocommissione
giuridica80 • Si trattava di riprendere, tra l'altro, in una nuova redazione
bene articolata la sua relazione del 23 ottobre 1963 81 : ad una piccola in-
troduzione seguiva una prima parte, più breve, relativa all'iter dello
schema sino alrapprovazione del testo emendato, e una seconda parte in
due sezioni relative all'approvazione delle parti dello schema e alla
Expensio modorum82 • Qualcosa del testo di Bonet giunse anche nella re-
lazione di Lercaro alla congregazione generale del 18 novembre succes-
sivo83.
Nella riunione della commissione liturgica del 29 ottobre 1963, Lar-
raona annunciò la sessione pubblica prevista per la fine del secondo pe-
riodo del concilio. Il segretario della commissione, Antonelli, sollecitò
ad affrettarsi e fissò l'inizio della riunione per il giorno successivo alle
76 Relatio circa Modos caput II respicientes, in DOC Il, cit., pp. 41 51. La relazione
non è datata, ma Jungmann ha datato la propria copia 25 ottobre 1963.
77 Secondo le annotazioni di Wagner, quel giorno a quanto pare si parlò solo del
numero dei modi: F-Wagner, Treviri, vol. 39.
78 Secondo la ripartizione che risulta dalla Relatio (cf r. DOC Il, cit., p. 41), i modi
erano nel complesso 1.118. Enciso Viana parla invece solo di 917.
79 Cfr. il testo definitivo della Relatio: AS Il/5, p. 580.
80 Così secondo le annotazioni di Wagner: F-Wagner, Treviri, vol. 39.
81 Cfr. supra, n. 70.
82 Il documento, che non porta alcun titolo, si trova in DOC Il, cit., pp. 9 14.
83 Cfr. AS 11/5, pp. 406-409.
230 IL CONCILIO ADULTO
15. Si discusse ancora una volta sulla relazione di Enciso Viana. Di que-
sta si respinse la menzione della messa nuziale come ulteriore caso per
la comunione sotto le due specie. Poi si presentò il testo emendato sulla
concelebrazione nelle case degli ordini religiosi. Rossi intervenne (inutil-
mente) contro la lunghezza della relazione di Enciso Viana84 • Nella stes-
sa riunione fu distribuito il testo chiesto a Bonet il 23 ottobre sull'origi-
ne, l'approvazione e la Expensio modorum dello schema liturgico. Dante
sollevò alcune obiezioni contro il testo di Bonet della riunione prece-
dente. Ne scaturì una lunga discussione alla fine della quale Antonelli
lesse ad alta voce, a riprova della giustezza del procedimento, un testo
dal Mansi riferito al Vaticano 185 • Vennero avanzate difficoltà anche da
Larraona, che voleva accettare solo interpretazioni (non cambiamenti)
del testo già approvato86 •
Nella riunione della commissione liturgica del 30 ottobre si proseguì
la discussione sulla relazione Bonet87 • Poi Martin riferì sui 552 modi per-
venuti sul capitolo IV88 • A questo punto va ricordata un'operazione, che
si può dire avesse avuto inizio il 10 aprile 1960 e che in questi giorni do-
veva naufragare definitivamente. In tale data Jungmann aveva presentato
un votum di una sola pagina della Facoltà di teologia dell'Università di
Innsbriick alla commissione antepreparatoria. Per metà vi si formulava la
richiesta di riformare il breviario in modo che il clero diocesano fosse te-
nuto solo alla recita delle ore dette nelle cattedrali (e nelle chiese parroc-
chiali) prima del Medioevo, e cioè lodi e vespri, mentre oltre a questo gli
si doveva imporre l'obbligo di una lettura spirituale o di una meditazione
per mezz'ora. Jungmann aveva cercato ascolto per la sua richiesta già nel-
la commissione preparatoria e poi durante il primo periodo del concilio,
anche con l'appoggio di alcuni suoi amici negli organi competenti. Dal
punto di vista dello storico della liturgia, la richiesta era assolutamente
fondata. Ma da studioso, convinto della giustezza delle sue conclusioni,
non riusciva a rendersi conto che, in un documento che regolava la rifor-
ma del culto nel XX secolo, non si potesse cancellare una evoluzione di
quasi quindici secoli che aveva profondamente improntato la vita religio-
sa del clero diocesano, l'unico che poteva avere voce in capitolo per quel-
mann, la spiegazione fu letta ad alta voce: «In realtà, non c'è dubbio,
che c'è benevolenza verso la proposta, ma si è deciso di proporre al
concilio solo pochissimi modi, e anche questo non deve essere presenta-
to». Il vescovo Martin sarebbe stato tuttavia disponibile ad interpretare
nella propria relazione il testo definitivo dello schema nel senso della
concezione di Jungmann. Persino Frutaz era dell'opinione che la com-
missione potesse prevedere una clausola a favore di uno scambio di let-
ture. «Sicuramente il concilio non sarebbe favorevole ad una decisione
così avanzata, che non è ancora matura»91 •
Nella riunione della commissione liturgica dell'8 novembre, la pro-
posta di Jungmann fu definitivamente respinta. Nella relazione preparata
per l'aula Martin, certo, riformulò la richiesta, ma spiegò anche che la
sottocommissione era dell'opinione di «rimettere la questione alla com-
missione post-conciliare». Al momento della discussione del primo arti-
colo del capitolo sull'ufficio, J ungmann pregò che la richiesta venisse
trasmessa «alla commissione post-conciliare perché vi riflettesse benevol-
mente». Larraona pensava che su questo dovesse pronunciarsi il conci-
lio; Martimort che dovesse esservi in merito una decisione unanime del-
la commissione. Martin sottolineò che la commissione aveva ritenuto
inutile portare in concilio la proposta di J ungmann, poiché si sarebbe
approdati ad una totale abolizione del mattutino, mentre erano già nu-
merosi i voti espressi contro la soppressione di Prima. Jungmann poteva
ancora, con l'aiuto di Wagner, imporre l'eliminazione della frase relativa
all'abolizione del mattutino, dato che Martimort aveva già provveduto a
quella della motivazione storica del modus92 • J ungmann valutava ora
esattamente la situazione: infatti, non si riusciva ad approvare nemmeno
l'emendamento sostenuto da 263 voti, per il quale McManus si era bat-
tuto nella riunione, secondo il quale le facoltà episcopali relative all'au-
torizzazione all'uso del volgare nell'ufficio non possono essere limitate
dalla locuzione «secondo i singoli casi». La causa va ricercata nella fret-
ta con cui si volle chiudere la discussione. Quanto alle sconfitte perso-
nali, alla fine faceva suo il giudizio di Wagner: «Molte cose non sono
ancora mature»93.
Lo svolgimento delle diverse riunioni in altre sottocommissioni sul
De liturgia deve essere stato simile. Si ricordano ancora, brevemente, gli
ultimi incontri.
Il 30 e 31 ottobre si riunì la sottocommissione sui sacramenti e sa-
cramentali, con i vescovi che avevano diretto i tre gruppi per la Expen-
sio modorum, su cui si deliberò; inoltre, si preparò la relazione di Spiil-
beck94, poi discussa nella riunione della commissione liturgica del 6 no-
vembre. Il 7 novembre, sempre in una riunione della stessa commissio-
ne, si distribuì e discusse la relazione sui modi relativi al proemio e al
capitolo I e si distribuì la relazione sui modi presentati per il capitolo
V95 . Nella riunione della commissione liturgica dell'8 novembre furono
distribuite le relazioni sui modz' relativi ai capitoli IV, VI e VII. Fu noti-
ficato che nel testo conciliare si potevano citare solo le Sacre Scritture e
i testi dei Padri della chiesa e dei concili. Si informò inoltre che in futu-
ro si sarebbe votato solo sulla domanda <<Placet aut non placet l'esame
dei modi effettuato dalla commissione sul tale capitolo?». Riguardo a
entrambe le comunicazioni, vi erano stati in precedenza dei contatti con
il segretario generale del concilio e con uno dei moderatori, Lercaro,
che avevano entrambi accettato le proposte96 • Nell'incontro della com-
tnissione dell' 11 novembre si discussero le relazioni delle sottocommis-
sioni sulla musica sacra e sull'arte sacra, esposte rispettivamente dai ve-
scovi D'Amato e Rossi97 • Il 13 novembre la commissione liturgica tenne
il suo cinquantesimo incontro, durante il quale doveva discutere dell'ul-
tima stesura della relazione sul proemio e sul capitolo I, ora a stampa.
Nella seduta del giorno successivo, fu discussa la relazione, anch'essa a
stampa, sul capitolo Il Ancora una volta scoppiò un'accesa discussione
su come trattare un modus appoggiato da 108 padri, relativo all'articolo
54, sull'uso del volgare nelle parti della messa «che spettano al popolo».
Tuttavia non si apportarono più variazioni al testo98 •
Il 15 novembre la commissione si riunì ancora una volta per discute-
re della relazione sul capitolo III, anch'essa distribuita a stampa99 • Nel-
l'incontro successivo, tenutosi il 18 novembre, si organizzò il lavoro an-
cora da svolgere fino alla votazione conclusiva del 22 novembre. Ma
nella stessa settimana si dovevano anche esaminare le proposte relative
all'applicazione della costituzione. Così, il 19 novembre, la commissione
si riunì per esaminare le relazioni sui modi ai capitoli V, VI e VII per i
quali si ritenne sufficiente porre solo un Quaesùum generale. Con que-
94 Cfr. R.elatio circa modos caput III respicientes, in OOC II, cit., pp. 53-65.
95 Cfr. il verbale redatto da AntoneUi in AV2.
96 Cfr. ibidem.
97 Cfr. Relatio circa modos caput VI respicientes, in DOC II, cit., pp. 108 s. e Rela
tio arca modos caput VII respù:ientes, in ibidem, pp. 110-112.
98 Cfr. JT, 14 novembre 1963.
99 Per le informazioni su questa riunione e queJle successive cfr. il verbale redatto
da Antonelli in AV2.
234 IL CONCILIO ADULTO
100 Cfr.
DOC II, cit., pp. 113 118; cfr. infra, p. 269.
101 Cfr.
ibidem, 119; cfr. anche p. 270.
102 il verbale redatto da Antonelli in AV2.
Cfr.
103 Cfr.
ibidem. Si tratta del testo in DOC II, cit., pp. 120-125.
104 Cfr.
AS Il/5, p. 245 s. I testi contenuti nel fascicolo i Modi a patribus conciliari-
bus proposi!~ a Commissione conciliari De sacra liturgia examinati. I. Proemium - Caput
I. De principiis generalibus ad sacram liturgiam instaurandam atque fovendam, sono pub-
blicati in AS II/5, p. 496, pp. 510 526 e 497 509 (corrispondenti, rispettivamente, alle
pagine del fascicolo 5, 7 25 e 27 39).
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 235
Poiché si era in ritardo con la stampa del fascicolo con i modi al ca-
pitolo II, esso non giunse ai padri il 18 novembre, ma solo il giorno
successivo. Questo significava uno spostamento di un giorno anche de1la
votazione 108 •
Il 20 novembre Enciso Viana presentò solo la seconda parte della re-
lazione sul capitolo 109 • Egli spiegò che la commissione riteneva si dovesse
non accogliere il modus presentato da 108 padri secondo cui alla fine del-
105 Gr. AS II/5, pp. 406-409. La relazione, preparata almeno con la co1laborazione
di Wagner e Jungmann (cfr. JT, 16 novembre 1963), recepiva le spiegazioni di Bonet
(cf r. n. 82).
106 Spiegò inoltre i motivi del cambiamento della citazione dal conciJio di Trento,
che si era dovuto necessariamente effettuare ne1l'art. 7, a proposito della presenza di
Cristo ne1le specie eucaristiche. Su tale variazione e su un'altra di tipo sti1istico - si face-
va iniziare Part. 6 con «E perciò» invece che «Infatti» non si fecero votazioni distinte:
cfr. AS II/5, p. 510 e p. 518.
101 Cfr. AS II/5, p. 545.
108 Cfr. AS II/5, p. 405, p. 545 e p. 549. I testi contenuti nel fascicolo Modi a [...}
II. Caput Il. De sacrosancto Eucharistiae mysterio, sono pubblicati in AS II/5, p. 575 s.,
pp. 580-596 e pp. 577-579 (corrispondenti, rispettivamente, alle p. 3 s., 5 20 e 21 23 del
fascicolo).
109 Cfr. AS 11/5, p. 580.
236 IL CONCILIO ADULTO
Il fascicolo con i modi del capitolo III era stato consegnato ai padri
nella congregazione generale del 20 novembre 114 e la votazione si svolse
123 non placet e 2 voti nu1li; Part. 54 2.047 placet, 131 non placet e 2 voti nu1li; l art. 55
1
2.014 placet, 128 non placet e un voto nu1lo; sul quesito finale vi furono 2.056 placet, 31
non placet e 4 voti nulli: cfr. AS 11/5, p. 621. Non fu necessario votare su una variazione
stilistica fatta da1la commissione nelfintroduzione dell'articolo 57 § 1.
112 Cfr. DOC II, cit., p. 41.
113 Cfr. AS 11/5, p. 631.
114 Cfr. ibidem, p. 573. I testi contenuti nel fascicolo Modi a [. ..] III. Caput III. De
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 237
ceteris Sacramentfr et de Sacramentalibus, sono pubblicati in AS 11/5, p. 637 s., pp. 643
660 e pp. 639-642 (corrispondenti, rispettivamente, alle pagine del fascicolo 3 s., 5-21 e
23 26.
115 Cfr. AS IV5, p. 643, n. 1 e p. 646.
116 Quanto al secondo e al terzo capoverso dell'articolo 79, si spiegò solo l'orienta-
mento della commissione, secondo cui non era necessaria l'aggiunta dell'espressione «del
luogo» alle locuzioni, rispettivamente, «degli ordinari» e «dell'ordinario»: nel primo
caso, infatti, si trattava chiaramente di riserva di benedizioni che riguardava non tutti i
fedeli, ma solo alcuni subordinati; nel secondo caso ci si poteva riferire solo all'ordinario
del luogo, poiché in quel punto si parlava di laici (cui fare amministrare i sacramentali)
che possono avere solo un ordinario del luogo. Poiché un modus era appoggiato da 121
padri e l'altro da 17 5 padri, la commissione chiedeva una dichiarazione di accordo con
la sua risposta: cfr. ibidem, pp. 643-646.
ll 7 Cfr. ibidem, p. 686. Le altre votazioni riguardarono i testi del secondo e del ter-
zo capoverso dell'articolo 79 relativo, rispettivamente, alle benedizioni riservate (risultati
della votazione: 2.084 placet, 96 non placet e 2 voti nulli) e all'amministrazione dei sacra-
mentali da parte di laici (risultato della votazione: 1.972 placet, 132 non placet e 3 voti
nulli). Il quarto quesito era quello sull'esame fatto dalla commissione liturgica dei re-
stanti modi. Risultato della votazione: 1.999 placet, 29 non placet e 3 voti nulli: cfr. ibi-
dem.
118 Cfr. ibidem, p. 696.
238 IL CONCILIO ADULTO
119 Cfr. ibidem, p. 573. I testi contenuti nel fascicolo Modi a [. ..] IV Caput N. De
officio divino, sono pubblicati in AS II/5, p. 701, pp. 706 724 e 702-705 (corrispondenti,
rispettivamente, alle pagine del fascicolo 5 s., 7-23 e 25 28).
120 Cfr. ibidem, p. 636. I testi contenuti nel fascicolo Modi a [...] V. Capita V VI
VII. De anno liturgicoJ de musica sacraJ de arte sacra deque sacra suppellectile, sono pub-
blicati in AS II/5, p. 725, pp. 733-743 e 725-733 (corrispondenti, rispettivamente, alle
pagine del fascicolo 5 s., 7 17 e 19 28).
121 Cfr. ibidem, pp. 706, 721 e 724.
122 Cfr. ibidem, pp. 712-714, 720 e 721-723.
123 Cfr. ibidem, p. 757.
124 Cfr. ibidem, pp. 733-739 e ibidem, pp. 734, 736 e 737.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 239.
125 Cfr.
ibidem, pp. 739-741.
126 Cfr.
ibidem, p. 741 s., e ibidem, p. 742, come pure p. 743, n. 1.
127 Cfr.
ibidem, p. 757.
12s Cfr.
AS II/3, pp. 345 e 574 s.
129 Cfr.
JT, 22 novembre 1963. Non sono accerta bili eventuali nessi con la lettera
del 19 ottobre 1963 (cfr. n. 66).
240 IL CONCILIO ADULTO
mamente riunito hanno trovato il consenso dei padri. E noi, per l'autorità apostolica tra-
smessaci da Cristo, insieme ai venerabili padri, nello Spirito santo, li approviamo, decre-
tiamo e stabiliamo, e ordiniamo che quanto stabilito sinodalmente sia promulgato per la
gloria di Dio.
1.38 Cfr. A. BUGNINI, La riforma liturgica 1948 1975, Roma 1983, pp. 20-24.
139Cfr. S. SCI-IMITI, Die internationalen liturgischen Studientreffen 19511960. Zur
Vorgeschichte der Liturgiekonstitution (Trierer Theologische Studien 53), Trier 1992; per
il concetto di «partecipazione attiva» coniato da Pio X cfr. la lettera apostolica Tra le
sollecitudini del 22 novembre 1903, in Documenta pontificia ad instaurationem liturgicam
spectantia [I] (1903-1953) (Bibliotheca «Ephemerides liturgicae». Sectio practica 6), a
cura di A. Bugnini, Roma 1953, p. 13.
140 Cfr. BUGNINI, La riforma, cit., pp. 24 25.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 243
14I Cfr. J.A. ]UNGMANN, Kommentar zur Liturgienkonstitution, in Lexikon fur Theo
logie und Kirche - Das Zweite Vatikanische Konzil I, Freiburg-Basel Wien 1966, p. 16.
142 Riguardo alla messa nel rito romano si può osservare l'influenza sulle sue cele-
brazioni della riflessione e della discussione sulla liturgia nel dibattito conciliare. J ung-
mann osserva, in occasione dell'apertura del secondo periodo del concilio, «alcuni pro
gressi dal punto di vista liturgico (i vescovi cantano in comune il Gloria e il Credo co-
ralmente)»: JT, 30 settembre 1963. Analogamente B. FISCHER, Konziliare Reform und
kuriale Politik. Zum Umfeld der Liturgiekonstitution, in Gottesdienst Kirche Gesellschaft.
Interdisziplinare und okumenische Standortbestimmung nach 25 ]ahren Liturgiereform
(Pietas liturgica 5), a cura di H. Becker-B.J. Hilberath U. Willers, St. Ottilien 1991, pp.
23 27, ivi p. 25. A.M. Cavagna desiderava che, dopo l'approvazione del secondo capo
verso dell'art. 54, i padri dessero il buon esempio e dicessero o cantassero in comune
l'ordinario della messa: cf r. la lettera a Lercaro dell'll ottobre 1963, F Lercaro, XXIII
516. Ancora altre proposte analoghe furono presentate da mons. G. van V elsen di
Kroonstad 1'11 ottobre 1963: cfr. lo scritto di van Velsen al segretario generale del con-
cilio in F-Lercaro, XXIII 517.
143 Si ricorda un fatto curioso allora ancora concepibile. Alla celebrazione della
messa di mons. J. Slipyi prima della congregazione generale del 29 ottobre 1963, erano
stati invitati dall'ufficio stampa dei giornalisti. Alcuni biglietti di invito erano stati dati
anche a delle giornaliste. Ma queste, affingresso di S. Pietro, furono fermate; fu spiegato
loro che avevano avuto i biglietti di invito probabilmente per un errore, poiché l'accesso
all'aula conciliare non era consentito alle donne. Alla fine si fece, per quella volta,
un'eccezione; ma poi fu detto loro che non vi sarebbero state abbastanza particole per
la distribuzione della comunione. La cosa fu un modo per evitare che le donne presenti
si avvicinassero all'altare: cfr. F-Lercaro, XXIII 565.
244 IL CONCILIO ADULTO
Con questa frase il concilio non ha certamente voluto dare una defi-
nizione di liturgia, ma ha voluto precisare ciò che deve intendersi per li-
turgia, e cioè dare una descrizione della sua natura. Liturgia non sono
solo i «riti» e le «cerimonie» regolate dalle rubriche, e quindi l'insieme
delle forme esteriori - per quanto importante questo possa essere -, ma
anche e soprattutto quel che si compie sotto queste forme esteriori, il
loro contenuto intrinseco. Questo ha tre significati.
Primo liturgo è Gesù Cristo, che nella liturgia adempie alla sua fun-
zione sacerdotale, realizzando e continuando la sua opera di redenzione
fino ai confini della terra e fino alla fine dei tempi. Sommo artefice del
culto è dunque il sacerdote Gesù Cristo. L'azione sacerdotale ha funzio-
ne di mediazione, e cioè catabatica, dall'alto verso il basso - da Dio ver-
so gli uomini - e anabatica, dal basso verso l'alto - dagli uomini verso
Dio. Nessun uomo poteva assumere questo ruolo di mediazione, ma il
figlio di Dio doveva diventare uomo affinché, come «uomo Cristo
Gesù» fungesse da unico «mediatore tra Dio e gli uomini» (1 Tim 2,5) e
mettesse in comunicazione Dio e l'uomo. In qualità di mediatore sacer-
dotale Gesù ha stabilito una nuova ed eterna unione tra Dio e gli uomi-
ni. Nella celebrazione della liturgia questa nuova unione viene sempre
nuovamente attualizzata dallo stesso Gesù Cristo. Nell'esercizio di que-
sto suo sacerdozio nella liturgia Gesù tuttavia non è solo, ma vi è piut-
tosto come capo del suo corpo, la chiesa, che si associa al suo agire. Ed
egli è presente in tutto l'agire liturgico della sua chiesa.
Il concilio parla di questa presenza di Cristo nella liturgia nello stes-
so articolo 7, poco prima della descrizione della natura della liturgia:
Cristo è presente innanzitutto nella celebrazione eucaristica, e precisa-
mente nella persona del ministro del culto, che noi chiamiamo sacerdo-
te, ed è presente nelle specie eucaristiche. Con la sua efficacia egli è
inoltre presente nei sacramenti, così che, per usare un'espressione di
246 IL CONCILIO ADULTO
'
2.1.2. La liturgia santificazione dell'uomo e adorazione di Dio
Dalla descrizione della natura della liturgia data dal concilio diviene
chiaro che l'agire liturgico non è solo un agire che sale dall'uomo verso
Dio, vale a dire, ciò che l'uomo offre a Dio, ma anche e innanzitutto un
agire che procede da Dio verso gli uomini e in virtù del quale agli uo-
mini accade qualcosa. La descrizione della natura insomma non ha se-
guito più la distinzione che si continuava ad incontrare anche nei docu-
menti ecclesiastici tra «sacramenti» (sacramenta) e· «culto>; (cultus divi-
nus). La liturgia presenta, accanto ad un aspetto rituale o latreutico (dal
greco ÀaT:Qcia), l'aspetto dell'adorazione e venerazione di Dio, anche un
aspetto salvifico o soteriologico.
Così nell'articolo 7 della costituzione liturgica diviene chiaro che il
culto divino ha una sua struttura dialogica, che la liturgia porta l'im-
pronta della restante opera salvifica di Gesù, anch'essa dialogica. La li-
turgia si compie per la santificazione dell'uomo e la salvezza del mondo
come pure per la glorificazione di Dio. Nella liturgia Dio parla all'uomo
e si dona a lui, e l'uomo risponde a Dio e si abbandona a lui. E ogni
sollecitudine dell'uomo verso Dio determina una nuova donazione di
Dio all'uomo, che poi genera nuovamente un nuovo slancio dell'uomo
verso Dio 149 .
147 Se, grazie alla presenza e all'agire di Cristo, ogni uomo può, nel battesimo, con-
ferire la salvezza ad un altro nella forma dell'indicativo («lo ti battezzo ... »), allora il mi
nistro autorizzato in virtù dell'ordinazione può conferire la salvezza ad un altro nel sa
cramento della riconciliazione nella stessa forma («lo ti assolvo ... »); resta vero, nondime-
no, che nessuno può rimettere i peccati se non Dio (cfr. Mc 2, 7).
148 La formulazione relativa alla presenza di Cristo anche quando si spiegano le sa-
cre Scritture, all'inizio del concilio non aveva trovato un'adesione maggioritaria dei pa-
dri. Nel decLeto sull'attività missionaria de1la chiesa la formulazione equivalente non
creava ai padri più nessuna difficoltà: «con la parola della predicazione» la chiesa rende
presente l'autore della salvezza (art. 9).
149 Lo schema parola di Dio-risposta dell'uomo acquista particolare chiarezza ne1la
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 247
due in un unica «S. Congregatio pro sacramentis et cultu divino» fu infelice. Lo stesso
1
l52 È chiaro che le parole sono da distinguere e considerare a parte rispetto agli al-
tri segni, perché esse, in qualità di Parola di Dio e parole umane di preghiera e canto
sono i segni più frequenti nella liturgia.
250 IL CONCILIO ADULTO
l54 Il testo del ere del 1983 è quanto meno ambiguo quando spiega che il culto
ufficiale «si realizza quando viene offerto in nome della Chiesa da persone legittimamen-
te incaricate e mediante atti approvati dall'autorità della Chiesa» (can. 834 § 2). Se per
incarichi legittimi si intende battesimo e cresima, il senso della frase è evidente. Ma lo si
sarebbe potuto anche esplicitare. La formula del can. 834 § 2 fa chiaramente pensare a
incarichi particolari. Una cosa del genere non serve per la celebrazione del culto in ge-
nerale, ma sempre e soltanto per uffici particolari.
252 IL CONCILIO ADULTO
spettano a degli incaricati non devono essere intesi nel senso della esclu-
sione dal sacramento dell'ordine. Devono piuttosto essere considerati
compiti che spettano fondamentalmente ad ogni cristiano in forza del
battesimo e della cresima, anche se per determinati uffici deve essere
conferito un incarico formale dal vescovo o da un sacerdote. 1 mini- 1
Con il CIC del 1917 il diritto dei vescovi di legiferare in materia li-
turgica veniva escluso dall'ordinamento giuridico della chiesa latina. Il
diritto liturgico diventava unicamente diritto pontificio. Tutto quanto re-
golavano i vescovi rientrava allora nella pietà popolare. I vescovi non
potevano più curare la pubblicazione di formulari o libri liturgici, come
era ancora possibile nel XIX secolo. Autorità ecclesiastica era sinonimo
di autorità pontificia. Inoltre non si teneva in nessuna considerazione il
diverso ordine di importanza dei diversi testi e rubriche: a tutti i testi li-
turgici e a tutti i particolari delle rubriche veniva attribuito lo stesso
grado di obbligatorietà.
Al tempo del movimento liturgico emerse, accentuandosi nella fase
preparatoria del concilio, l'istanza di decentramento della legislazione li-
turgica. Fu Jungmann ad impegnarsi, già nella commissione preparatoria
del concilio, perché anche al vescovo venisse riconosciuto il diritto di
ordinare la liturgia O· - detto con altre parole - venissero riconosciute
come liturgiche anche le celebrazioni ordinate dal vescovo, come ad
esempio la processione del Corpus Domini. La cosa falli per le resisten-
ze opposte all'interno della commissione 160•
Anche la ~ostituzione liturgica, purtroppo, non deliberò in modo dav-
vero chiaro. E vero che essa, per un verso, nell'art. 22 § 1 dice che rego-
lare la liturgia compete all'autorità della chiesa, e precisamente all'autori-
tà apostolica e, a norma del diritto, al vescovo diocesano. Ma nel punto
in cui descrive le celebrazioni regolate dal vescovo (art. 13) non pone
queste ultime nella categoria «liturgica», ma le definisce «sacri esercizi
delle chiese particolari» («sacra ecclesiae particularis exercitia»). Si tratta
di qualcosa che è prossimo alla liturgia, qualcosa che si situa, per così
dire, tra la liturgia e i cosiddetti «esercizi devoti» (pia exercitia), che pos-
sono essere compiuti anche privatamente. Questi i termini in cui viene
riconosciuto al vescovo il diritto di ordinare la liturgia.
Questa esclusione delle celebrazioni liturgiche regolate dal vescovo
dal campo della liturgia si spiega certamente anche con il fatto che la
costituzione liturgica fu discussa e pubblicata all'inizio del concilio, pri-
Perché ciò sia [il rinnovamento della liturgia] desideriamo che nessuno attenti alla
regola della preghiera ufficiale della chiesa con riforme private o riti singolari, nessuno si
arroghi di anticipare l'applicazione arbitraria della costituzione liturgica, che Noi oggi
promulghiamo, prima che opportune e autorevoli istruzioni siano a tale proposito ema-
nate, e che le riforme, alla cui preparazione dovranno attendere appositi organi post
conciliari, siano debitamente approvate. Nobiltà della preghiera ecclesiastica è la sua co
rale armonia nel mondo: nessuno voglia turbarla, nessuno offenderla162.
fare approvare almeno alcuni principi generali della riforma del concilio,
ma lo si sconsigliava166.
Per ragioni di contenuto e di stile non poteva esservi alcun . . dubbio
che anche l'autore di questa lettera non firmata fosse Bugnini. E molto
probabile, giacché questi aveva una certa familiarità con il cardinale· se-
gretario di Stato, che era fratello del card. Gaetano Cicognani (t 5 feb-
braio 1962), presidente della commissione liturgica preparatoria167 . Un
confronto di questa lettera con il promemoria inviato da Lercaro l' 11
novembre 1962 al sostituto della segreteria di Stato, A. Dell'Acqua, per-
mette di rendersi conto che il secondo fu chiaramente influenzato dalla
lettera o per lo meno dal suo autore 168 .
Il 10 ottobre 1963 in un luogo chiamato da H. Jenny «atelier liturgi-
que international», si svolse un incontro in cui si parlò dell'istituzione di
una commissione post-conciliare (Commissio postconciliaris). Ci si voleva
rivolgere ai moderatori, e forse anche al papa, con la preghiera di inse-
diare questa commissione già prima che i padri conciliari si separassero.
La questione non avrebbe dovuto essere affidata alla congregazione dei
riti. Della commissione dovevano far parte non solo degli esperti, ma
anche dei vescovi. Il suo presidente non doveva essere Larraona, che
non poteva attuare alcuna riforma liturgica. Ma non vi era neanche nes-
sun altro cardinale nella curia. La cosa migliore sarebbe stata affidare
questo incarico a Lercaro 169.
Sempre il 10 ottobre 1963, Paolo VI, in un'udienza ai moderatori,
espresse il suo desiderio che alla fine del secondo periodo conciliare ve-
nissero emanate le prime norme di attuazione della costituzione liturgi-
ca, e incaricò Lercaro della elaborazione di un documento appropria-
to170. Il giorno dopo Lercaro parlò del piano del papa con Bugnini,
chiedendogli di indicare i nomi di un gruppo di esperti che potessero
collaborare al progetto.
166 Cfr. F Lercaro, I 5.
167 L autore conosce, per avervi collaborato cinque anni, il modo di Bugnini di ela
1
borare i piani e il suo intuito nell'attuarli. Decisamente tipica sembra la penultima frase,
in cui egli si scusa per la franchezza di quanto scritto ed esprime la sua opinione «che
la schiettezza e la rettitudine di intenzione non hanno mai nuociuto alla soluzione dei
problemi, ma l'agevolano».
168 Cfr. F-Lercaro, I 6c.
l69 Cfr. gli appunti manoscritti di Jenny presso l'archivio del1 1ISR. Jenny formulava
la richiesta il 15 ottobre 1963 in una lettera a Lercaro.
170 Cfr. Ldc, p. 177 s.; BUGNINI, La riforma, cit., p. 65; W AGNER, Mein Weg zur I.i-
turgienreform 1936 1986. Erinnerungen, Freiburg Basel Wien 1993, p. 78; MARINI, Le
premesse della grande riforma (ottobre dicembre 1963), in Costituzione liturgica «Sacrosan-
ctum Concilium»1 cit., p. 78. Per quanto segue cfr. BUGNINI, La riforma1 cit., p. 65 s. e
soprattutto MARINI, Le premesse, cit., pp. 78 101.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 259
171 I nomi citati da Marini (p. 79) sono confermati da Jungmann; cfr. JT, 12, 13,
19 e 20 ottobre 1963. Jungmann dovette accettare a malincuore che il suo progetto per
una prima riforma della messa, di cui aveva discusso con Wagner il 13 ottobre 1963, ve
nisse fortemente ridotto da Bugnini; ma dovette anche constatare che nei giorni succes-
sivi i progetti preparati da F. McManus e C. Vagaggini per le prime riforme dei sacra
menti e dei sacramentali furono «criticati con analoga pignoleria».
172 Cfr. i testi pubblicati da MARINI, Le premesse, cit., pp. 97-101. Secondo un'altra
fonte Lercaro avrebbe consegnato al papa almeno l'istruzione gi~ il 7 novembre 1963, in
qualità di proposta: F-Dopfner, AKT 1 Conc VII SQ nr. 17. E certo che quel giorno
Lercaro fu dal papa: cfr. Ldc, p. 208.
173 Ldc, p. 234; probabilmente qui si tratta di cambiamenti neila versione conse-
260 IL CONCILIO ADULTO
gnata al papa introdotti in seguito a qualche intervento proveniente da persone che solo
dopo il 21 novembre 1963 furono indotte ad interessarsi della cosa o cercarono inten
zionalmente di farla naufragare. Cfr., su1la vicenda, BUGNINI, La riforma, cit., p. 65 s.;
inoltre MARINI, Le premesse, cit., p. 79 s. e 97, che colloca l'ultima redazione al 24 no-
vembre 1963.
174 Cfr. MARINI, Le premesse, cit., p. 98 s.
175 Cfr. ibidem, pp. 99 101.
176 Cfr. ibidem, pp. 80-89.
177 Cfr. ibidem, p. 84.
178 Cfr. ibidem.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 261
Marini, invece, insiste sul fatto che Bugnini nel suo progetto si limi-
tò a presentare un piano di lavoro. Anch'egli fa riferimento ad una raffi-
gurazione schematica. Il lavoro della commissione avrebbe dovuto svol-
gersi in due fasi: una prima in cui avrebbero dovuto essere rinnovati il
breviario, il messale, il pontificale e il rituale; una seconda in cui, oltre
al rinnovamento del cerimoniale dei vescovi e del martirologio, ci si sa-
rebbe dovuti occupare della elaborazione di un codice di diritto liturgi-
co1s6.
Bugnini si rese conto dell'impressione fatta sul papa dai due progetti
per il fatto che il 3 gennaio 1964 fu convocato presso il segretario di
Stato Cicognani e ricevette la comunicazione che il papa lo aveva nomi-
nato segretario della commissione per l'attuazione della costituzione li-
turgica. A questa comunicazione orale seguì il 13 gennaio successivo il
documento di nomina ufficiale del segretario di Stato, in cui si può leg-
gere per la prima volta la nuova denominazione della commissione,
«Consilium ad exsequendam Constitutionem de sacra Liturgia». Nello
stesso documento si comunicano anche i nomi dei cardinali designati in
qualità di membri: Lercaro, Giobbe e Larraona. Costoro formavano, in-
sieme al segretario, il «gruppo costituente» del Conszlium187 •
Nelle prime norme attuative della costituzione liturgica pubblicate il
25 gennaio 1964, il motu proprio Sacram lz'turgzam, si fa riferimento alla
istituzione del Conszlium, senza tuttavia utilizzarne ancora il nome; ci si
limita invece a parlare della commissione «il cui compito principale sarà
di attuare nel modo migliore le prescrizioni della stessa costituz-ione su
la sacra liturgia»188 • Ciò può interpretarsi come segno del fatto che il
nuovo organismo liturgico non aveva molto a che vedere con il docu-
mento, il quale non diceva niente di più preciso neanche sulle sue com-
petenze. Due giorni dopo la pubblicazione del motu proprio (avvenuta
il 29 gennaio 1964 ), «L'Osservatore Romano» del 31 gennaio pubblica-
va i nomi dei tre membri designati dal papa e del segretario. Bugnini
nomi dei ve~covi che dovevano costituire la c?n_imissione liturgica1 come pure degli
e~pertl da cm doveva. essere .composta la «comm1ss10ne esecutiva». Poiché in questa lista
si .pre~ede .come presidente il card. Confalonieri, mentre il posto per il nome del segre
tar.10_ e lasciato vuoto, tale lista va datata certamente neJl'anno 1962 (cfr. la lettera di Bu-
gnm1 de~ ~ novembre ~962: ~-Lercaro, I 5, di cui si è già detto), come pure la schemati~
~a espos1~10ne cor;i la hsta de1 nomi che segue. Allora però si può anche ammettere che
1 ann1~taz10ne per il card. Lercaro (F-Lercaro, I 24) risalga al 1962.
6 Cfr. MARINI, Le premesse, cit., pp. 91 94.
187 Cfr. BUGNINI, LA riforma, cit., p. 60.
188 PAOL? .VI' motu prol?rio Sacram liturgiam, 25 gennaio 1964, <<AAS» 56 (1964),
PP· 139 1_44, 1v1 p. 1~0; Enchtrtdton documentorum instaurationù liturgicae, hrsg. von R
Kaczynsk1, Bd. I, Tarmo 1976, n. 179. ·
264 IL CONCILIO ADULTO
biglietto dell' 11 febbraio con il quale doveva spostare l'incontro del 13 febbraio dalle 9
alle 11 a causa di un'altra riunione; probabilmente si trattava della stessa riunione della
congregazione dei riti cui prese parte anche Wagner (cfr. la lettera di Martimort a Ler
caro [F-Lercaro, XXV 715] e a Wagner [F Wagner, Treviri, vol. 37] del 21 febbraio
1964): F-Wagner, Treviri.
193 Bugnini non ripeté più l'errore fatto in occasione della nomina dei consultori
della commissione preparatoria, di escludere in un primo momento Martimort e Wa
gner. Allora egli aveva temuto che i due potessero avere un influsso troppo forte sulle
discussioni nella commissione (cfr. WAGNER, Mein Weg, cit., p. 52). Effettivamente Bu-
gnini a quel tempo, in quanto direttore di «Ephemerides liturgicae», aveva maggiore fa
miliarità con gli esponenti della scienza liturgica, più che con quanti lavoravano nella
pastorale liturgica, e rispetto ai quali non si credeva ancora all'altezza.
194 Secondo una lettera di Lercaro a Larraona nello stesso giorno deve esserci stato
un colloquio privato tra questi due cardinali sul piano di lavoro del Consilium: F-Lerca
ro XXV 719. ·
~66 IL CONCILIO ADULTO
l95Ad esempio B. Fischer, di Treviri, fu invitato a Roma con lettera del 24 marzo
1964 (Prot. N. 317/64), mentre le Iitterae testimonia/es della_ segreteria di Stato gli furo
no spedite da Bugnini il 23 maggio 1964 (Prot. n. 979/64). J ungmann ricevette la nomi-
na come consultore già il 3 marzo 1964 (cfr. JT, 3 marzo 1964).
196 Cfr. la relazione del segretario alla prima riunione dei consultori del 14 aprile
1964 (allora solo 17): F-Fischer, Treviri.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 267
domande poste in relazione alla corretta applicazione della costituzione liturgica, que
st'ultima venga interpretata conformemente alla lettera e allo spirito del concilio che l'ha
approvata.
Eventuali lamentele contro le decisioni del Consilium, come pure le soluzioni di
problemi particolarmente delicati e difficili, o del tutto nuovi, devono essere trasmesse
dal Consilium al papa197,
l97 Lettera del card. segretario di Stato, A.G. Cicognani, al presidente del Consi-
lium, card. G. Lercaro, del 29 febbraio 1964, in Enchiridion documentorum, cit., n. 191.
198 Cfr. A.G. Martimort, Note con/identiel sur le Motu proprio du 25 janvier 1964 et
ses suites, in F Wagner, Treviri, vol. 37.
l99 Cfr. la lettera di Larraona al nunzio apostolico in Francia, P. Berteli: F Lercaro
XXIV 576.
200 Cfr. F Lercaro, XXV 715 e F-Wagner, Treviri, vol. 37. Anche Bugnini era stato
268 IL CONCILIO ADULTO
informato (evidentemente da Wagner) della lettera della congregazione dei riti al nunzio
apostolico in Francia e il 25 febbraio 1964 scrisse dal suo indirizzo privato una lettera a
Wagner, in cui deplorava amaramente il modo di procedere della congregazione dei riti.
Egli riteneva che se lui (Wagner) e Martimort avessero partecipato alla commissione, sa-
rebbero stati dei traditori: F-Wagner, Treviri, voi. 37.
201 Cfr. BUGNINI, La nforma, cit., pp. 80-83.
202 CONGREGAZIONE DEI RITI, Instructio "Inter oecumenici'' ad executionem Constitu-
tionis de sacra Liturgia recte ordinandam, 26 settembre 1964, in «AAS», 56 (1964), pp.
877-900, ivi p. 899 s. Enchiridion documentorum, cit., n. 297.
203 Cfr. lettera del card. segretario di Stato Cicognani al prefetto della congregazio-
ne dei riti, del 7 gennaio 1965, in Enchin.dion documentorum, cit., n. 379.
VERSO LA RIFORMA LITURGICA 269
204 Cfr De constitutione applicatione, in DOC II, cit., pp. 113 118; cfr. F Lercaro, I
39; l'attribuzione di questo documento e del successivo al periodo posteriore al 4 di-
cembre 1963 secondo l'inventario del F Lercaro è sbagliata; cfr. p. 234.
270 IL CONCILIO ADULTO
chiarazioni; si era affermato solo I' essenziale. Per il resto si era delusi
per l'imprecisione dei termini - ad esempio ai numeri 4 e 5 si usava
l'espressione «sacrificio eucaristico» per esprimere il concetto di messa -,
per il fatto che non fosse stato previsto, anche per il matrimonio senza
messa, il volgare nelle letture (n. 5), e che agli ordinari, forzando la for-
mula conciliare faticosamente guadagnata, si spiegava che, riguardo alla
dispensa dall'ufficio divino o alla sua commutazione, essi potevano fare
uso della loro autorità solo per giusta e «ben ponderata» ragione (n. 7).
Il peggio tuttavia accadeva nel numero 9. Modificando le disposizio-
ni dell'articolo 36 § 4 della costituzione liturgica, vi si stabiliva che le
traduzioni in volgare dell'ufficio divino proposte dalle autorità ecclesia-
stiche territoriali competenti dovevano essere esaminate e approvate dal-
la sede apostolica. E questo doveva essere fatto tutte le volte che i testi
in latino erano tradotti dalle autorità competenti. L'articolo 3 6 § 4 della
costituzione liturgica invece diceva che «la traduzione del testo latino in
lingua viva, da usarsi nella liturgia, deve essere approvata dalla compe-
tente autorità ecclesiastica territoriale».
Un primo commento critico del motu proprio a firma di S. Marsili
apparve su «L'Osservatore Romano» del 30 gennaio 1964213 • Il primo a
protestare efficacemente contro le modifiche della decisione del concilio
operate nel numero 9 del motu proprio fu proprio Lercaro. Questi il 2
febbraio 1964 scrisse da Bologna al sostituto della segreteria di Stato,
Dell'Acqua, evidentemente dopo avere avuto il giorno prima un collo-
quio con i professori del seminario regionale. Nella sua lettera Lercaro
illustra la genesi dell'articolo 36 § 4 e spiega che le aggiunte originaria-
mente proposte, secondo cui la sede apostolica doveva esaminare le tra-
duzioni approvate dalle autorità territoriali, erano state rifiutate consape-
volmente. Il concilio aveva voluto che le traduzioni fossero approvate
dalle autorità territoriali senza che dovessero passare dalla sede apostoli-
ca. A Lercaro sembrava pericoloso che la costituzione venisse modificata
ancora prima di entrare in vigore; e questo, oltre tutto, su un punto che
toccava due temi cui i padri erano particolarmente sensibili: il decentra-
mento a favore del vescovo e l'introduzione del volgare nella liturgia.
Egli temeva che queste variazioni potessero venire utilizzate come argo-
mento per svilire la dottrina e le disposizioni della costituzione. L'auto-
rità del concilio sarebbe stata, in tal caso, scalzata; si poteva immaginare
213 Cfr. l'articolo firmato con «s.m.»: I primi passi della riforma liturgica in «Oss
1
Rom», 30 gennaio 1964, p. 2. Wagner racconta delfirritazione «nella Roma curiale e so-
prattutto clericale» per questo articolo e per le reazioni della stampa italiana: «organo
del papa critica il papa»: cfr. J. Wagner, V ertrauliches Pro memoria delJ>8 febbraio
1
218 Cfr. il «promemoria riservato» di cui supra, alla n. 214. Si può facilmente intui
re il desiderio del papa, se si pensa alla circolare della congregazione dei riti del 25 ot-
tobre 1973 secondo la quale, in seguito ad una disposizione di Paolo VI, per la validità
deWamministrazione dei sacramenti i testi dovevano essere non solo confermati dalla
congregazione del culto, ma anche approvati da lui personalmente: cf r. <<AAS», 66
(1974), p. 98 s.; Enchiridion documentorum, cit., nn. 3110 3114. A dire il vero questa
approvazione fu molto presto affidata alla congregazione per la dottrina della fede.
219 Cfr. WAGNER, Mein Weg, cit., p. 79 come pure il documento indicato supra,
a1la n. 198 e le Notae con/identiales presentate da Wagner su questa riunione: F Wa
gner, Treviri, voi. 37.
220 Cfr. F-Lercaro, XXV 718.
276 lL CONCILIO ADULTO
passato e auspicava che il Signore ispirasse all'uno e all'altro gli atti ca-
paci di realizzare la preghiera «lit unum sint».
Alla 1uce della lettera del 20 settembre ad Athenagoras, i passaggi
del discorso pronunciato da Paolo VI in occasione dell'apertura del se-
condo periodo conciliare danno l'impressione di una volontà personale
di impegno ecumenico più che di un impulso impresso al concilio in
questa direzione 6 . Ciò che colpì maggiormente, fu la richiesta di perdo-
no a Dio e ai fratelli cristiani per la parte imputabile alla chiesa cattolica
nelle cause della separazione. L'essenziale era in ogni caso la chiara in-
tenzione di non rinunciare alla componente ecumenica dell'eredità ron-
calliana.
In occasione dell'udienza del 17 ottobre successivo concessa agli os-
servatori delegati, il papa confermò con un tono più familiare le sue
buone intenzioni, insistendo anche sull'immensità del compito da porta-
re a termine. Aggiunse che invece di rivolgersi al passato, se non per
una richiesta di perdono, era importante guardare verso una novità che
si doveva far nascere; e, come nella lettera inviata ad Athenagoras, citò
il passo della lettera ai Filippesi (3,13-14), nella quale l'apostolo si dice
interamente proteso verso il futuro 7 . L'unità dei cristiani offriva in que-
sto modo buona materia all'esercizio delle virtù della pazienza e della
speranza!
Non è esagerato constatare un serio contrasto tra le intenzioni di-
chiarate di Giovanni XXIII e di Paolo VI e il cammino, lungo e delica-
to, del testo sull'unità che stava per essere presentato al concilio per ve-
nire esaminato a partire dal 18 novembre seguente. Non soltanto era
stata necessaria tutta la «combattività» dei dirigenti del segretariato per
l'unità, Bea e Willebrands, perché il loro organismo divenisse una com-
missione conciliare a pieno titolo (ottobre 1962), ma l'elaborazione stes-
sa del testo sull'unità incontrò numerosi ostacoli a partire da febbraio
fino alla messa a punto finale del maggio 1963 8 • Questo testo, profonda-
mente differente da quello che era stato proposto al concilio dalla com-
missione per le chiese orientali nel novembre 19629, «avrebbe preso
d'ora in poi, come punto di partenza, gli sviluppi, avvenuti nel corso di
6Il testo completo del discorso si trova in CAPRILE, III, pp. 49 64.
7Il testo dell'allocuzione, pronunciata in francese, è in «Istina», 1964, pp. 519-522;
la traduzione italiana si trova invece in: CAPRILE, III, pp. 148 150.
8 Su questi ostacoli e sulla preparazione dello schema nel corso deJla prima inter-
sessione, si veda S/V 2J pp. 464 471.
9 Su questo schema dedicato esclusivamente all'unità con gli orientali, cfr. S/V 1,
pp. 216-217 e SIV 2, pp. 345-354.
L'IMPEGNO ECUMENICO DELLA CHIESA CATTOLICA 279
10 S/V 2, p. 470.
11 Diversi padri, principalmente francesi, lo facevano presente nelle osservazioni in-
viate nel corso dell'estate.
12 Ben cosciente dei legami con lo schema De ecclesia, J. Martin, primo relatore alla
c.g. del 18 novembre, dirà che il decreto presuppone la dottrina esposta nella costituzio
ne (AS 11/5, p. 473 ). Una questione, che riemergerà diverse volte nel dibattito e che era
stata presa in esame nella prima delle sottocommissioni del segretariato de11a quale stia
mo per parlare, consisteva nel decidere se fosse o meno necessario designare le comuni
tà uscite dalla Riforma con il nome di «chiese». Avendo i vescovi del Piemonte posto
per iscritto la domanda: «Delle chiese sono la Chiesa?», la sottocommissione rispose che
il problema riguardava lo schema sulla chiesa e che essa reputava opportuno attenersi
alla dicitura «chiese» per l'Oriente e «comunità ecclesiali» per i gruppi usciti dalla Ri-:-
forma (relazione della sottocommissione I, riunione del 20 novembre 1963, riferimento
infra n. 13). Altra questione teologica trattata dalla sottocommissione I: chi è membro
della chiesa?
1.3 Si contavano osservazioni individuali di 47 padri e osservazioni collettive di 8
gruppi di vescovi (Piemonte, Argentina, Africa del sud e centro-orientale, sinodo mel-
chita, Francia meridionale, dell'Ovest e del Sud-Ovest, Indonesia, una conferenza epi
scopale non identificata); cfr. AS 11/5, pp. 874 923.
280 IL CONCILIO ADULTO
14Il 24 settembre, C.J. Dumont, esperto, aveva redatto una prima sintesi de1le an
notazioni. Cfr. CLG, F-Thils, 589. Le relazioni delle sottocommissioni figurano in testa
aUa raccolta delle osservazioni cfr. F Thils, 1317.
15 AS IT/5, pp. 442 446.
16 JCng, copia dattiloscritta, pp. 360 e 364.
17 Ibidem, p. 364.
18 Ibidem, pp. 360 e 369.
19 Cfr. il verbale della riunione in CLG, F-Moeller, 431. I quattro intervenuti erano
O. Cullmann, H. Roux, C.P. Mathew e L. Vischer.
L'IMPEGNO ECUMENICO DELLA CHIESA CATTOLICA 281
20 La conclusione del pastore Roux, uno degli osservatori de11' A11eanza delle chiese
riformate, sembra ben riassumere il sentimento degli intervenuti: «Il decreto De oecume-
nirmo quale che sia la generosità di cui fa prova nei confronti de1le confessioni cristiane
separate da Roma, dovrà anche mettere in evidenza che la chiesa cattolica romana è co-
sciente delle cause reali e profonde di separazione che non sono semplicemente dovute
a mancanze o a carenze di pienezza tra i "separati", ma si basano su punti fondamentali
della fede che uno spirito ecumenico e una volontà di dialogo debbono permettere di
affrontare in un modo nuovo» (verbale, p. 4).
21 CLG, F-OJivier, 169, Chronique 2e session, p. 26. L'intervento sulle chiese parti-
colari deciso allora da Cornelis, arcivescovo di Lumumbashi, alla fine non sarà invece
pronunciato.
22 Dopo i primi quattro capitoli dello schema su1la chiesa, gli schemi sulla Vergine
Maria, sui vescovi e sull'apostolato dei laici. Come vedremo, la discussione su quest'ulti-
mo fu omessa e rinviata a più tardi.
23 Queste ragioni sono addotte da Lercaro nella relazione sul lavoro conciliare pre
sentata al papa in occasione della riunione degli organi direttivi, il 15 novembre 1963
(AS V/2, p. 30). di cui supra, pp. 176 177.
24 Per finsieme del dibattito, si vedano gli atti ufficiali: AS II/5, pp. 405 495, 527-
574, 597-637, 661-700, 744-833; AS II/6, pp. 9-91, 97 367, 375-401. Riassunto in italia-
no: CAPRILE, III, passim. Oltre le relazioni, si enumerano 153 interventi orali e 141 ani
madversiones presentate per iscritto da padri a titolo individuale o collettivo.
25 JCng, p. 371.
26 WENGER, p. 172.
27 Titolo di un articolo di A. Wenger su «La Croix», 20 novembre 1963, p. 4.
282 IL CONCILIO ADULTO
contributo. Nel suo commento al decreto, C.J. Dumont reputa che la differenza tra le
due formule non è convincente («Istina», 1964, pp. 362 363).
31 Nella sua sintesi di settembre, C.J. Dumont chiede che questo punto sia sottoli-
neato più esplicitamente e aggiunge una proposta di testo la cui sostanza passerà nel de
creto (n. 11 § 3).
32 Nelle sue note personali, Ch. Moeller, esperto belga, alla data del 18 novembre
scnve dopo la prima mattinata del dibattito: <<l due mondi: [l'uno] prudente, astratto,
giuridico per timore di relativizzare; l'altro evangelico, concreto, aperto. Il primo cadrà
in rovina» (CLG, F-Moeller, taccuino X).
284 IL CONCILIO ADULTO
unione (2 dicembre 1963, AS II/6 pp. 352-353), o quando, lo stesso giorno, il presiden
te della congregazione benedettina inglese, C. Butler, chiede che si eliminino le espres-
sioni sommarie che presentano le origini delle chiese protestanti come legate agli avveni-
menti del XVI secolo, mentre molte di esse. si rifanno esplicitamente alla tradizione pri
mitiva (ibidem).
38 Cfr. AS II/5, pp. 468-472.
39 La commissione preparatoria per le chiese orientali aveva redatto uno schema De
ecclesiae unitate incentrato sulla riconciliazione con le chiese ortodosse. La commissione
teologica aveva incluso un capitolo sull'ecumenismo nel suo De ecclesia, mentre il segre
tariato per runità aveva preparato un «decreto pastorale» De oecumenismo cattholico,
che non fu stampato (cfr. S/V 1, pp. 216-217 e 288 289). Nel primo periodo, il testo
sottoposto all'assemblea dei padri era stato quello della commissione orientale e ne era
risultato che questo testo, oggetto di elogi ma nei fatti poco ecumenico, doveva essere
fuso con gli altri due, sotto la responsabilità congiunta della commissione orientale e del
segretariato (SIV 2, pp. 345-354). In effetti, i delegati dell'Orientale s'astennero dal par-
tecipare a questo lavoro durante l'intersessione.
286 IL CONCILIO ADULTO
tholica», tratta prima di tutto degli orientali, poiché essi sono più v1c1n1
a noi e in qualche modo presenti tramite l'intermediazione dei padri dei
riti orientali cattolici; quanto ai protestanti, oggetto della seconda sezio-
ne del capitolo, il cardinale si accontenta di menzionare la presenza dei
loro rappresentanti in aula40 •
A proposito del capitolo IV, egli sottolinea che la preoccupazione
per i non cristiani, e in modo particolare per gli ebrei, si spiega con una
ragione essenzialmente religiosa41 • L'ultimo capitolo, invece, che tratta
della libertà religiosa, viene giustificato dal numero crescente di persone
che cercano di informarsi sulla chiesa ... In conclusione, l'oratore sottoli-
nea che il progetto di decreto ha un carattere del tutto pastorale, in
conformità con la natura del concilio. Se questo discorso doveva forza-
tamente attenersi a spiegazioni molto generali, si deve tuttavia riconosce-
re che restringeva significativamente la portata dello sçhema e non era
di natura tale da imprimere un respiro più ampio al dibattito che si sta-
va per apnre.
La relatio sui primi tre capitoli presentata da Martin, come si è det-
to, è di un'altra tonalità ed è caratterizzata da grande nitidezza42 . Il rela-
tore comincia col dire ciò che lo schema non è: né un manuale di teolo-
gia, né una parte di un codice di diritto, né un trattato di storia. Si trat-
ta di un decreto sobrio, irenico, pastorale - che presuppone la dottrina
esposta nello schema sulla chiesa - e anche nuovo: nuovo per la chiesa
cattolica, nessun concilio della quale ha mai affrontato la materia in
modo specifico. Se il Vaticano II l'affronta è perché il fatto della divi-
sione tra i cristiani appare oggi come uno scandalo nei confronti della
volontà espressa da Cristo; e ciò paralizza l'evangelizzazione. Dopo aver
indicato i titoli delle parti del capitolo I (Principi del!' ecumenismo catto-
lico), ]. Martin afferma che il capitolo II (Esercizio dell'ecumenismo) non
rende omaggio a una moda, ma intende offrire mezzi pratici di azione:
rinnovamento spirituale, preghiera comune, mutua conoscenza, coopera-
40 Bisogna dire che numerosi membri del segretariato non erano soddisfatti di que-
sta sezione, che era stata redatta in gran fretta in seguito a una direttiva della commis
sione di coordinamento alla fine del mese di marzo precedente (cfr. 5/V 2, pp. 468 e
471).
4 1 Questa affermazione faceva eco ai due comunicati diffusi il 18 ottobre e 1'8 no
vembre dal segretariato per l'unità (CAPRILE, III, pp. 420 421) con l'intenzione di ri-
spondere alle dicerie sul carattere politico del testo, diffuse non soltanto nel mondo ara
bo, ma anche da parte della stampa che vi vedeva una risposta alla recente apparizione
della rappresentazione teatrale Il Vicario di R. Hochhuth, nella quale si criticavano seve
ramente i silenzi di Pio XII sulla persecuzione degli ebrei durante la guerra e che negli
ultimi mesi del 1963 veniva messa in scena un po' dappertutto.
42 Cfr. AS II/5, pp. 472 479.
L'IMPEGNO ECUMENICO DELLA CHIESA CAITOLICA 287
49 Secondo Congar, queste parole sono pronunciate «con intonazione dura>> (JCng,
ibidem).
290 IL CONCILIO ADULTO
ché il dialogo, come si suol dire, con gli «a-cattolici» sia prudente e ve-
ramente efficace. Bisogna che coloro che partecipano a congressi con
gli a-cattolici si distinguano per una vita santa, si dedichino con fervore
alla preghiera, siano molto preparati nella teologia cattolica e ottengano
precedentemente il permesso dell'autorità ecclesiastica.
Dopo questo intervento, si succedono alla tribuna due cardinali spa-
gnoli: l'arcivescovo di Tarragona, per sottolineare i gravi rischi che
l'ecumenismo comporta di fronte all'impreparazione del popolino catto-
lico e al proselitismo crescente dei protestanti; il cardinale di Siviglia,
anche se meno agitato, si rammarica comunque che lo schema non
prenda le precauzioni necessarie per evitare di esporre i fedeli all'indif-
ferentismo, e per suggerire che tutte le religioni vengano inglobate nella
ricerca dell'unità.
Questi tre resoconti illustrano perfettamente la posizione cattolica
corrente negli ultimi secoli e senza dubbio sempre mantenuta, quand'an-
che con sfumature ispirate dalla buona volontà e dallo spirito del tem-
po, da un numero elevato di padri conciliari, soprattutto di quelli pro-
venienti dalle regioni in cui il cattolicesimo è la religione largamente
maggioritaria. Tale posizione aveva un fondamento giuridico ed ecclesio-
centrico inattaccabile sul piano dei principi della teologia romana come
su quello della difesa pastorale del gregge cattolico, considerato minac-
ciato di aggressione. Lo schema invece testimoniava, sebbene in un
modo ancora limitato, una vera comprensione nei riguardi di quel movi-
mento ecumenico contemporaneo che non era nato nell'alveo del catto-
licesimo ma che quest'ultimo non poteva più ignorare. .
Questo movimento aveva caratteristiche specifiche. L'insieme, o la
maggioranza del concilio, era in grado, e per di più nel lasso di tempo
assai breve di cui disponeva, di coglierne la novità e di tenerne conto?
Difficile creder lo.
Il cardinale americano J. Ritter è il quinto oratore del primo gior-
no50. Egli parla anche a nome di alcuni vescovi degli Stati Uniti. Per es-
sere più precisi, il suo intervento è stato approvato da 91 dei 120 vesco-
vi americani che si erano riuniti alla vigilia. Se l'intervento, ascoltato con
la stessa attenzione e lo stesso silenzio dei precedenti5 1, verte in gran
parte sulla libertà religiosa - sulla quale ritorneremo - bisogna notare
che Ritter situa questo argomento nel cuore della problematica ecumeni-
ca: la libertà religiosa è il fondamento e il prerequisito delle relazioni
con gli altri «corpi» cristiani, ed è quindi indispensabile trattarne all'in-
52 Nell'intervento del 25 novembre egli ritornerà sul tema dell'eucarestia come vero
centro dell'unità, dal quale derivano gli altri atteggiamenti spirituali.
53 Congar riassume così le sue impressioni sulla seduta: «È chiaro che due mentali-
tà si sono manifestate, o meglio due mondi: quale abisso tra l'evangelismo della relazio-
ne di mons. Martin e quelli che, come Ruffini e i due cardinali spagnoli, sono puramen-
te attaccati a un passato ... sorpassato! !» (JCng, 18 novembre 1963).
29 2 IL CONCILIO ADULTO
del card. Ritter, data dal patriarca melchita Maximos IV, l'invito del
card. Doi (Tokyo) a evocare la necessaria collaborazione culturale e so-
ciale di tutti i cristiani nelle regioni ancora poco cristianizzate54 , le criti-:
che dei patriarchi copto e melchita sulla presenza di un capitolo sugli
ebrei - critiche ripetute regolarmente in seguito da diverse parti -; infi-
ne un altro tema, che sarà spesso ripreso, e cioè la richiesta di perdono
della chiesa ai fratelli separati, proposto allora dal card. Quintero (Cara-
cas) nello spirito del discorso di Paolo VI del 29 settembre55 •
Nel corso delle mattinate successive, gli interventi si succedono a un
ritmo di una decina al giorno, inframmezzati dai voti sugli emendamenti
.e sui capitoli degli schemi riguardanti la liturgia e le comunicazioni so-
ciali. Il 19 novembre, si ascolta prima di tutto la relatio di G. Bukatko
sulla prima sezione del capitolo III: ne abbiamo già parlato56 •
Nel corso della seduta, i cardinali Léger (Montréal) e Konig (Vien-
na) danno il loro pieno appoggio allo schema57 ; il secondo sottolinea an-
che che il riavvicinamento non può che essere il frutto di un lungo pro-
cesso e che, senza rifiutare il movimento ecumenico in corso all'interno
delle altre chiese, bisogna limitarsi a parlare della concezione cattolica
dell'ecumenismo per evitare ogni sorta di ambiguità58 • L'intervento più
notevole di martedì 19 è senza dubbio quello di A. Elchinger (coadiuto-
re di Strasburgo), che dopo aver lodato lo schema, non teme di chiede-
re una profonda riforma degli atteggiamenti cattolici nei riguardi della
verità rivelata5 9. L'ecumenismo è possibile solo a quattro condizioni: 1)
Go AS II/6, p. 20.
294 IL CONCILIO ADULTO
.
da Leone XIII, i papi riconoscono questi valori e la loro conoscenza da
parte dei fedeli è la condizione primaria di ogni azione ecumenica61 •
Egli conclude poi sull'importanza del fatto che tutti i cattolici abbiano
idee esatte sul movimento ecumenico, sempre più incoraggiato dai papi
e che deve essere guidato e promosso dai vescovi, poiché l'azione ecu-
menica contribuisce al rinnovamento della vita cristiana di tutti.
La discussione sul capitolo II viene sospesa il 27 novembre62 , per la-
sciare spazio ai primi dieci interventi sul terzo. Diveniva intanto sempre
più chiaro che, malgrado gli sforzi fatti dai moderatori, e senza dubbio
dal segretariato, per restringere il numero degli oratori - che del resto si
ripetevano abbondantemente, talvolta persino uscendo dal tema in di-
scussione -, non si sarebbe riusciti a chiudere il dibattito sui cinque ca-
pitoli dello schema per la data finale fissata per il 2 dicembre. Di fatto,
dodjci oratori ebbero ancora la parola quello stesso giorno63 , senza con-
tare Bea per le conclusioni e Hengsbach per una breve relatio sullo sta-
to dello schema sui laici, che non era stato possibile discutere nel corso
del periodo. In testa ai dodici oratori del 2 dicembre riappare Ruffini,
che si dichiara inquieto: i preti e i fedeli, male informati dai giornali, sa-
ranno turbati dalle questioni assai gravi che il concilio sta esaminando64 •
Tiene quindi a insistere su cinque punti: 1) Cristo non ha fondato che
una chiesa, che è la chiesa cattolica, infallibile e indefettibile, di cui il
papa è il fondamento e il capo; 2) gli eventuali errori non possono esse-
re attribuiti alla chiesa in quanto tale ma ad alcuni dei suoi figli; 3)
nemmeno coloro che a causa di questi errori hanno abbandonato la
chiesa sono innocenti; 4) la vera chiesa desidera veramente il ritorno dei
sione ad hoc, A. Glorieux, aveva del resto scritto una lettera pressante a Lercaro il 20
novembre: sarebbe meglio avere una breve discussione di 2 o 3 giorni per sapere come
orientare la revisione del testo piuttosto che non avere alcuna discussione (ISR F-Lerca-
1
ro, XV 253). Il vescovo di Essen spiegò che lo schema del periodo preparatorio era sta
to condensato e si articolava ormai in due parti: questioni generali (panorama delle for-
me di apostolato individua1i e collettive, loro conveniente organizzazione apostolato nel
1
tra altri - del fatto che il cammino del concilio non proseguiva senza
porre seri problemi.
68 Cfr. S/V 1, pp. 270 271. Alcune precisazioni sono offerte da TH.F. STRANSKY nel
suo capitolo di Vatican II by those who were there, London 1986, pp. 72-73.
69 Cfr. VELATI, Una difficile transizione, cit., pp. 380-381. Bea ricevette una risposta
autografa del papa, così formulata: «Letto con attenzione questo rapporto del card. Bea,
ne condividiamo perfettamente la gravità e la responsabilità di un nostro interessamen-
to» (cf r. CAPRILE, III, p. 424, n. 20).
70 Il nuovo testo, benché intitolato De catholicorum habitudine ad non christianos et
maxime ad ]udaaeos, in effetti trattava dopo un breve paragrafo di transizione con i
capitoli precedenti esclusivamente deil'atteggiamento nei confronti degli ebrei. La scel-
ta del titolo riflette il desiderio dei membri del segretariato di non concentrarsi troppo
solo sull'ebraismo. Il testo occupa poco più di una pagina negli Acta Synodalia (AS II/5,
pp. 431-432).
71 Come egli stesso sottolinea nella sua relatio del 19 novembre 1963. Ciò non
esclude che la volontà di Bea sia stata rafforzata dalla pubblicazione in quel periodo del
la rappresentazione teatrale di R. Hochhuth, Il Vicario. B. Olivier nota neila sua crona-
ca, alla data 19 novembre: «Si dice che il [Bea] tenga a questo capitolo a causa della
sua venerazione per la memoria di Pio XII messo in causa nella famosa pièce tedesca»
(CLG, F-Olivier, 196, Chronique, p. 26).
72 Cfr. CAPRILE, III, pp. 416-417.
L'IMPEGNO ECUMENICO DELLA CHIESA CATTOLICA 297
della memoria dello sterminio del popolo ebraico, che richiedeva il rico-
noscimento delle colpe dell'antisemitismo cristiano e di conseguenza una
purificazione delle idee e delle mentalità73 . Si trattava, per il concilio, di
collocarsi sul terreno strettamente religioso, rifiutando il grave errore se-
condo il quale gli ebrei sono collettivamente responsabili della morte di
Cristo.
La posizione del testo sulla libertà religiosa era ancora più comples-
sa di quanto non lo fosse quella del documento sugli ebrei. In questo
caso, due testi erano stati in concorrenza nel corso della fase preparato-
ria: la commissione teologica aveva approvato, nel marzo 1962, il capito-
lo del proprio schema sulla chiesa intitolato Relazioni tra chiesa e stato e
tolleranza religiosa, che era incentrato sui doveri dello stato cattolico nei
riguardi della religione; una sottocommissione del segretariato per l'uni-
tà aveva messo in cantiere, a partire dal dicembre 1960, un testo focaliz-
zato sulla libertà religiosa, tema sul quale, secondo le pressioni del Con-
siglio ecumenico delle chiese, Roma doveva pronunciarsi chiaramente,
come condizione preliminare a un dialogo serio. Il testo definitivo, re-
datto da De Smedt, era stato approvato dal segretariato nell'agosto del
1961, sotto forma di uno schema di costituzione De libertate religiosa,
che fu direttamente inviato alla commissione centrale preparatoria. Nel
giugno 1962, i due documenti furono oggetto di un duro confronto tra
Ottaviani e Bea, confronto che terminò con la decisione pontificia di
creare una commissione mista per esprimere una valutazione decisiva sui
due testi. Questa commissione non si riunì mai7 4 • Nel corso del primo
periodo, i padri conciliari ricevettero la raccolta di alcuni schemi prepa-
ratori che si sapevano già esci usi dalla discussione: il testo sulla libertà
religiosa era fra questi, con una nota che esprimeva la necessità di armo-
nizzarlo con la parte sulla tolleranza dello schema della commissione
teologica. Il blocco quindi persisteva. Per questo motivo nel febbraio
73 Nel Pro memoria a Giovanni XXIII) citato da VELATI, Una difficile transizione)
cit., pp. 380 381.
74 Su questi preliminari, si veda SN 1, pp. 296 300; VELATI, Una difficile transizio-
ne, cit., pp. 240-241, 381 382 e ID.) in Verso il concilio, pp. 326-332. Si veda anche J.
HAMER, Hùtoire du texte de la déclaration, in La liberté religieuse. Déclaration «Dignita-
tis humanae personae», Paris 1967, pp. 53-60. Da notare un fatto significativo: una nota
del segretariato (redatta dal segretario, Willebrands), datata 26 settembre 1963 (ISR, F-
Dossetti I, 33b), fa la cronistoria della situazione dello schema in un momento in cui
non era ancora stato stampato. Un mese più tardi, viene redatta un'altra nota per detta-
gliare in modo ancora maggiore i passi fatti in luglio-agosto 1962 da Willebrands per
giungere a una soluzione, che non è ancora stata raggiunta il 30 ottobre 1963 Oa secon-
da nota in CCV, F-De Smedt, 17/3).
298 IL CONCILIO ADULTO
gie e le istituzioni civil~ ancorché conformi alla ragione, dall'altra tra gli errori religiosi e
la persona che s'inganna in buona fede. AJla fine della nota, l'autore cita tra i principali
diritti dell'uomo menzionati dai papi recenti quello del libero esercizio della religione
nella società: questo punto diventerà in seguito il centro della dichiarazione Dignitatis
humanae.
8l Willebrands a De Smedt, 11novembre1963, in CCV, F De Smedt, 17/3.
82 Ibidem.
83 AS V/1, p. 633.
84 Ibidem, p. 636.
300 IL CONCILIO ADULTO
85 Ibidem.
86 Lettera di Willebrands a De Smedt, 11 luglio 1963.
87 Esemplare indirizzato a Lercaro in F-Lercaro, XVI 258. Copia di quello indiriz-
zato a Agagianian in F Dossetti, I 33a. Come si è segnalato più sopra, la nota ha una
nuova versione con alcune precisazioni (per luglio novembre 1962) in data 30 ottobre
1963.
88 Copia in F-Dossetti, I 40.
89 Cfr. PELOTIE, fohn Courtney Murray, cit., pp. 81 82; GONNET, La liberté religieu
se, cit., pp. 125-126.
L'IMPEGNO ECUMENICO DELLA CHIESA CATTOLICA 301
107
«Le Figaro», 20 dicembre 1963, p. 10.
Ibidem.
108
109 Il testo deila relatio è in AS II/5, pp. 481-485.
110 CAPRILE, III, cit., pp. 425-430.
111 «Le Figaro», 20 novembre 1963. Congar scrive: «facendo fuoco e fiamme, in
modo tutto sommato un po' teatrale» (JCng, 19 novembre 1963).
L'IMPEGNO ECUMENICO DELLA CHIESA CATTOLICA 305
112 Il testo della relati"o è in AS II/5, pp. 485 495. La minuta di pugno di De Sme
dt, con annotazioni di Prignon si trova presso il CW, F De Smedt, 17/4.
113 Si veda l'analisi di questo documento in GONNET, La liberté religieuse, cit., pp.
109M114. Nella lettera di Murray a Maher, del 22 novembre 1963, il gesuita afferma che
il fatto divulgato daJla stampa che egli abbia scritto la relatio, è «SostanziaJmente vero»
(cfr. PELOITE, John Courtney Murray, cit., p. 84).
114 Due analisi deJla relatio si trovano la prima in GONNET, La liberté religieuse,
cit., pp. 114-119, che sottolinea in particolare come l'analisi delJ'insegnamento dei papi,
da Pio IX a Giovanni XXIII, che De Smedt riprende da Murray, non è condivisa dalM
l'insieme dei padri conciliari (si tratta di un conflitto d'interpretazione tra, da una parte,
largomento essenzialmente filosofico dei papi sulla libertà deJla relazione tra la coscien
za di Dio, e dall'altra l'insieme dei dati storici, gli uni favorevoli, gli altri contrari al libeM
ro esercizio della religione); la seconda in HAMER, Histoire du texte, cit., pp. 63 69.
306 IL CONCILIO ADULTO
115WENGER, p. 183.
116CLG, F-Olivier, 169 (Chronique p. 28). Lo stesso testimone attesta la reazione
1
118 AS II/6, pp. 162 163. Si trova un riassunto degli interventi pro e contro in
WENGER, pp. 183 186. È da notare che, nel pomeriggio del 22 novembre, viene organiz-
zato un incontro di lavoro sulla libertà religiosa presso il seminario francese. Vi parteci
pano sei esperti, tra i quali Daniélou, Martelet e Cottier, inviati dai vescovi. Dall'incon
tro scaturiscono tre proposte: sottolineare che il testo non tratta il problema della libertà
religiosa nella sua interezza; concentrarsi sulla libertà rifiutando ogni costrizione fisica e
morale; non ricondurre questa libertà alla sola dignità della persona, ma formulare fon-
damenti oggettivi nella trascendenza della fede in relazione alle strutture temporali e nel
la natura del fatto religioso e della religione UCng, p. 388).
119 JCng, pp. 390 391. Congar raccolse questa indiscrezione dai padri Haubtmann
e Ch. Moeller. Un accenno ad essa anche in CAPRILE, III, p. 563.
uo AS II/6, p. 316.
121 AS II/6, pp. 364-36 7.
308 IL CONCILIO ADULTO
In un'intervista concessa a Caprile nel gennaio 1964, Bea si sofferma più a lun
122
go sul voto e sulla discussione, respingendo l'idea dell'esistenza di pressioni e di calcoli
mirati ad eliminare i due capitoli. Cfr. CAPRILE, III, pp. 563-565.
L'IMPEGNO ECUMENICO DELLA CHIESA CATTOLICA 309
schema sui vescovi, non ha avuto seguito); non erano in grado di ridur-
re, negli interventi dei padri, le ripetizioni e le divagazioni e neppure di
evitare le altre perdite di tempo dovute al cerimoniale delle congregazio-
ni generali quotidiane tirato per le lunghe123 • In queste condizioni, ci si
può domandare se il modo col quale Bea volle giustificare l'assenza di
iniziativa dei moderatori a proposito dei capitoli IV e V, non fu in real-
tà un atteggiamento per coprire la loro indecisione e non rendere anco-
ra più difficile la loro posizione.
123 R. Laurentin aggiunge che <<le domande che venivano loro indirizzate li trovava-
no spesso evasivi e i problemi dei quali si erano fatti carico restavano spesso senza solu
zione» (LAURENTIN, p. 214).
124 VELATI, Una di/fiale transizione, cit., p. 395.
125 In confronto al primo periodo, il numero degli osservatori e degli ospiti è au
mentato passando da 49 a 66; le -comunità rappresentate sono ora 22 invece di 17.
Quattro delle nuove arrivate sono chiese orientali, la quinta è la chiesa unita dell'India
del sud.
126 Tra il 1° ottobre e il 5 novembre 1963 si tennero sei riunioni.
127 Il 29 ottobre Visser't Hooft aveva redatto una nota intitolata Ras the dialogue
between the Roman Catholic Church and the other Churches begun? (copia in ISR, F-ACO
14.2.5), con la quale egli intendeva sottolineare che il dialogo non· era ancora stato uffi
cialmente intrapreso: «i contatti assai meritori che gli osservatori hanno con i padri del
concilio non debbono in alcun modo essere confusi con un reale dialogo delle chiese».
310 IL CONCILIO ADULTO