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L’identificazione di essenza e esistenza porta alla fondazione dell’essere

nel nulla. Perché? Identificando essenza e esistenza, cioè, facendo dell’essenza il


costitutivo ultimo della realtà, rimaniamo necessariamente chiusi nel finito, e un
finito che non si fonda nell’infinito è un essere fondato sul nulla.
L’identificazione di essenza e esistenza porta alla identificazione tra
essenza e libertà nell’uomo. Perché? Perché questa identificazione innanzitutto non
può conciliarsi con la realtà assai ovvia della libertà, giacché l’uomo non può essere
soltanto contenuto determinato e questo è l’essenza. Da questa incompatibilità sorge
la negazione della essenza, o in altre parole, la identificazione tra essenza e libertà
nell’uomo.
L’identificazione di essenza e esistenza fa che l’idea di fine diventi
negativa. Perché? Identificando essenza e libertà, l’uomo comincia ad essere continuo
esercizio della libertà inteso come farsi, processo. C’è uomo mentre c’è questo
attuarsi della libertà che si auto costruisce. Ecco perché, raggiunto il fine e cessato il
processo, lascerebbe l’uomo di essere.
Il nulla diventa costitutivo. Perché? Il nulla diventa costitutivo, perché sei
libre mentre non sei, mentre sei “in cammino”. Quindi quando sei qualcosa di fisso,
già non sei libero, già non sei uomo.
L’atto diventa soggettivo. Perché? Si tutto si riduce alle essenze, cioè, a
contenuti, sarà per forza la coscienza a dargli l’attualità. Essere in actu sarà uguale a
essere pensato: ecco la soggettività dell’atto.
La verità diventa sinonimo di certezza. Perché? Una volta che l’entità delle
cose si fonda nella coscienza, le cose sono quello che il pensiero dice che sono, cioè,
la verità delle cose, come i loro essere, dipende della coscienza. Da questo si segue
che non può avere differenza tra certezza e verità, visto che l’unico punto di
riferimento è la coscienza stessa.

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