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Il presente elaborato non è un documento ufficiale fornito dal docente, ma appunti

estrapolati dalle lezioni che non intendono sostituire l’essenzialità della lezione

stessa.

Neuroanatomia IV e Sistema Endocrino- Prof.ssa Volpi


Lezione 1 del 24/11/2020
Sbobinatore: Caterina Bazzucchi
Revisionatore: Nicola Magrini

Sarà un ciclo di 5 lezioni (10 ore) sul sistema endocrino, a fine corso saranno
disponibili le slide delle lezioni su e-learning. L’esame sarà orale.
Nila Volpi è professore aggregato di anatomia umana e lavora presso il policlinico
come medico convenzionato e come neurologo.

SISTEMA ENDOCRINO
Il sistema endocrino è un sistema di ghiandole endocrine pluricellulari e
unicellulari che producono ormoni i quali andranno ad agire su diverse cellule
bersaglio. Le funzioni degli ormoni sono diverse e complesse, intervengono in
tutte le funzioni del nostro organismo:
-regolano la riproduzione e il differenziamento sessuale
-regolano lo sviluppo e la crescita del nostro corpo
-regolano l’omeostasi dell’organismo andando ad agire sul metabolismo e
sull’utilizzo delle molecole nutrienti
-agiscono in stretta correlazione con il sistema immunitario
-elaborano le nostre risposte a stimoli esterni

Il sistema endocrino è connesso


anatomicamente o funzionalmente con tutti gli
altri apparati, in particolare il sistema nervoso
e immunitario sono quelli che lavorano in più
stretta collaborazione con il sistema endocrino.

Ghiandole endocrine pluricellulari:


descritte a partire dalle più alte dal punto di
vista anatomico e funzionale (sono quelle che
controllano il sistema):
• Ipotalamo: è parte del diencefalo, ha una
porzione endocrina in quanto fornito di nuclei
grigi neurosecernenti capaci di produrre e
rilasciare ormoni
• Ipofisi o ghiandola pituitaria: sempre
all’interno della cavità cranica, lavora in stretta
dipendenza dall’ipotalamo. In questa
ghiandola si riconoscono 2 porzioni diverse per
struttura e funzioni: adenoipofisi (o ipofisi
anteriore) e neuroipofisi (o ipofisi posteriore)
• Epifisi: ultima ghiandola endocrina
endocranica, in posizione più posteriore.
Produce l’ormone melatonina responsabile dei
ritmi circadiani, ritmo sonno-veglia.
• Tiroide: nel collo, impegnata nel metabolismo
e nello sviluppo.

• Paratiroidi: 4 piccole ghiandole che si trovano posteriormente alla tiroide


• Timo: nel mediastino
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• Surreni:sono 2, si trovano in cavità addominale, sono dei “cappucci” sul polo
superiore del rene

• Isole
di Langerhans: sono isole endocrine all’interno del pancreas, producono
ormoni impegnati nel controllo del metabolismo (in primis controllo della
glicemia)
• Gonadi: ovaie e testicoli, organi produttori delle cellule germinali ma sono anche
ghiandole endocrine che producono ormoni sessuali

Ghiandole endocrine unicellulari: sono presenti nella maggioranza dei nostri


apparati, si trovano lungo tutto il tubo digerente, a livello del cuore, dei polmoni,
della cute, dei muscoli.

Un singolo ormone può agire su più funzioni diverse, viceversa una singola
funzione può essere soggetta al controllo di più ormoni

• Esempio dell’ormone tiroideo attivo su più funzioni, le foto presentano diverse


situazioni cliniche:
-foto 1: neonato con macroglossia (grossa lingua); questo è un caso di
ipotiroidismo congenito (in passato definito “cretinisimo”). Infatti gli ormoni
tiroidei sono necessari ad un corretto sviluppo dell’organismo, in particolare per
lo sviluppo del sistema nervoso centrale
-foto 2 (doppia): caso di ipotiroidismo, la ragazza nell’immagine di destra ha
avuto un’evidente trasformazione clinica (immagine a sinistra) perché la sua
ghiandola tiroide non funziona
-foto 3: (una delle prime immagini endocrinologhe mediche) paziente con
ipertiroidismo estremo, presenta un grosso gozzo a livello del collo e una facies
particolare

L’ormone tiroideo è attivo sullo sviluppo, sul metabolismo, sull’omeostasi del


nostro organismo. Nel caso di iperfunzione avremo: iperattività, tachicardia,
sudorazione profusa… Nel caso di ipofunzione avremo: rallentamento anche
psichico, trasformazione della facies con edema e disturbi endocrinologici
generali.

• Caso opposto in cui più ormoni lavorano su una funzione comune è dato
dall’esempio del meccanismo di controllo della glicemia. All’interno del pancreas
abbiamo isole endocrine le cui cellule producono diversi ormoni impegnati nel
controllo della glicemia:

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-Insulina: provoca la captazione di glucosio da parte delle cellule (il glucosio
entra nelle cellule) causando abbassamento della glicemia. A livello del fegato
(più grande deposito di glicogeno insieme ai muscoli) l’insulina stimola la
formazione di glicogeno. Quindi un innalzamento di glicemia provoca rilascio di
insulina.
Se la glicemia si abbassa troppo allora il pancreas immette in circolo il glucagone.
-Glucagone: stimola la glicogenolisi cioè liberazione di glucosio dal glicogeno
epatico causando innalzamento della glicemia.

Su questa funzione di controllo della glicemia, giocata maggiormente dagli enzimi


pancreatici, entrano in gioco altri ormoni come gli ormoni tiroidei, adrenalina e
noradrenalina (rilasciate come ormoni dalla midollare del surrene), il cortisolo
(ormone steroideo prodotto dalla corticale del surrene): questi provocano tutti un
innalzamento della glicemia.

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Definizione classica di ORMONE: molecola che viene prodotta da ghiandole
prive di dotti escretori perché il loro prodotto entra direttamente in circolo. Queste
ghiandole sono circondate da capillari nei quali l’ormone viene immesso, per via
ematica l’ormone è trasportato in genere da proteine carrier fino alle cellule
bersaglio (cellule target) fornite di recettore specifico per l’ormone. Il contatto
ormone-recettore innesca sulla cellula bersaglio delle reazioni che ne modificano
la struttura e le funzioni.
La prima volta che il nome “ormone” è stato utilizzato risale al primo ‘900 con gli
studi del fisiologo inglese Ernest Starling il quale, lavorando su cani anestetizzati,
scoprì che l’iniezione in vena di estratti di mucosa duodenale andava a stimolare,
in questi cani, il rilascio di succhi pancreatici. La molecola venne definita secretina
e fu la prima molecola ad essere denominata ormone (deriva dal greco όρμάω:
stimolare, eccitare) per definire il tipo di attività: una molecola che per via ematica
va ad eccitare una cellula bersaglio. Quindi la secreta è il primo ormone studiato
secondo i criteri moderni.
• Secretina: è un ormone peptidico, viene prodotto principalmente da cellule
specializzate che sono le cellule endocrine S della mucosa duodenale (è stato già
detto sopra che ghiandole unicellulari, quindi cellule endocrine, sono presenti
lungo il tubo digerente), ci sono cellule S con densità minore anche a livello del
digiuno e dell’ileo. Lo stimolo efficace al rilascio di secretina è il basso pH
(acidità) del chimo che arriva dallo stomaco. Quindi le cellule S vengono
stimolate dal basso pH e in riposta producono secretina. La secretina per via
ematica va a:
-stimolare la produzione dei succhi pancreatici (prodotto esocrino del pancreas),
in modo particolare stimola la secrezione di bicarbonato (ricorda il sistema
tampone dei succhi pancreatici).
-inibire la motilità gastrica e la secrezione di acido cloridrico (HCl) delle cellule
parietali (se lo stimolo è un’alta acidità ovviamente la risposta dell’ormone sarà
un’inibizione della produzione di HCl).
-ridurre la secrezione di bile da parte del fegato

Gli ormoni vengono secreti e vanno a


raggiungere la cellula bersaglio con
modalità diverse.
1. Modalità di secrezione ormonale
endocrina (è quella classica): una
ghiandola endocrina (quindi priva di
dotto escretore) riversa il suo prodotto
in circolo nei capillari, e quindi
attraverso la circolazione l’ormone
raggiunge le cellule bersaglio a
distanza.
2. Modalità di secrezione ormonale
neuroendocrina: la cellula
produttrice di ormoni è un neurone
che risponde ad una stimolazione
elettrica rilasciando molecole
ormonali che esso stesso produce
(NON risponde alla stimolazione
elettrica con un altro stimolo
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elettrico, una depolarizzazione che porta ad una sinapsi). L’ormone raggiunge
il torrente circolatorio grazie ad un meccanismo di trasporto assonale lungo
l’assone del neurone produttore, e viene prodotto a livello del soma neuronale.
L’ormone raggiungerà poi la cellula bersaglio a distanza.
I neuroni neurosecretori convertono un segnale nervoso in un segnale ormonale.
Troviamo questo tipo di neuroni principalmente a livello dell’ipotalamo (con 2
grandi famiglie di neuroni neurosecernenti) e della midollare del surrene.
-Neuroni ipotalamici neurosecernenti che producono ormoni o fattori di rilascio e
di inibizione che vanno ad agire sugli ormoni prodotti dall’adenoipofisi.
-Neuroni ipotalamici neurosecernenti che producono ossitocina e vasopressina
rilasciati dalla neuroipofisi.
-Cellule cromaffini (così chiamate perché reagiscono fornendo colorazione
brunastra a reazione con sali di cromo) della midollare del surrene sono neuroni
ortosimpatici modificati e producono catecolamine (adrenalina e noradrenalina
che non andranno ad agire a livello sintetico ma vengono immesse in circolo
come ormoni).
I neuroni neurosecretori permettono quindi un’integrazione tra sistema nervoso e
sistema endocrino, nel senso che
rispondono con la produzione di
ormoni a variazioni dell’ambiente
esterno comunicate dai neuroni
che fanno sinapsi sui neuroni
neurosecretori stessi. I neuroni
neurosecretori rispondono a
stimoli sia esterni sia interni
(esempio stimoli di stress), quindi
rispondono a cambiamenti
dell’ambiente interno o esterno
che vengono comunicati
attraverso il sistema nervoso.
3. Modalità di secrezione ormonale paracrina: non si ha necessariamente
l’ingresso dell’ormone nel torrente circolatorio ma l’ormone trova la sua cellula
bersaglio vicina alla cellula produttrice. Quindi se vi sono più tipi di cellule
endocrine adiacenti è molto frequente trovare su una di queste i recettori per gli
ormoni prodotti dalle cellule endocrine vicine. Questo significa che l’ormone
prodotto da un tipo cellulare può modulare direttamente la secrezione ormonale
di altri tipi di cellule endocrine adiacenti. Questo fenomeno avviene spesso nelle
ghiandole produttrici di più tipi ormonali perché garantisce un controllo locale
della secrezione di ormoni. Esempio più tipico è il pancreas, infatti nelle isole di
Langerhans troviamo diversi tipi endocrini:
-cellule β producono insulina: attiva le cellule β stesse e inibisce le cellule α (le
quali producono glucagone antagonista dell’insulina)
-cellule α producono glucagone: attiva le cellule α stesse, le β e le δ
-cellule δ producono somatostatina: ormone inibitorio più diffuso del nostro
organismo, inibisce le cellule α e le β
-cellule PP producono polipeptide
pancreatico: inibisce le cellule α
Capiamo come si innesca un gioco
complesso di eccitazione ed
inibizione. Qui sotto cellule visibili a
reazione immunoistochimica

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La definizione classica di ormone come molecola che viene immessa nel torrente
circolatorio e va tramite il sangue alla cellula bersaglio è una definizione
incompleta. Gli studi degli ultimi 50 anni hanno portato ad una definizione di
ormone più ampia (neuroendocrinologo francese Guillemin vince il Nobel per la
Medicina nel 1977). Oggi definiamo ORMONE: ogni sostanza, molecola rilasciata
da una cellula e capace di agire su un’altra cellula vicina o lontana,
indipendentemente dal fatto che la cellula produttrice sia unica o diffusa e
indipendentemente dai sistemi di trasporto, l’ormone può viaggiare nel sangue,
lungo l’assone o nello spazio intercellulare per andare a colpire come target una
cellula vicina con modalità paracrina.
4. Modalità di secrezione ormonale autocrina: la cellula endocrina può
essere essa stessa target dell’ormone che produce. Ossia rilascia l’ormone
all’esterno ma l’ormone trova sulla stessa cellula produttrice un recettore
specifico. In questo modo la cellula endocrina può modulare direttamente la
propria secrezione ormonale senza necessità di intervento di molecole esterne.
Il risultato finale è una velocità di controllo. Troviamo questo tipo di secrezione
nella maggior parte delle cellule che producono ormoni peptidici (molto
numerosi).

Nell’immagine sottostante vediamo la modalità di secrezione endocrina nelle isole


pancreatiche di topo e umane. Con fluorescenza rossa viene marcata la molecola
di glucagone, con fluorescenza verde viene marcata la molecola del recettore per
il glucagone. Queste immagini ci mostrano come una stessa cellula α, produttrice
di glucagone, presenti anche il recettore per l’ormone stesso. In questo modo la
cellula è in grado di garantire una disponibilità continua dell’ormone, di poter
fornire immediatamente ormone al bisogno. In questo modo la secrezione è
strettamente accoppiata alla biosintesi dell’ormone perché il legame
ormone-recettore va ad innescare la sintesi di nuove molecole dell’ormone (in

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questo caso il glucagone). Quindi ormoni peptidici sottoposti a controllo locale
tramite secrezione autocrina.

5. Modalità di secrezione
ormonale intracrica:
l’intracrinologia è un settore
abbastanza nuovo. Con
questa modalità l’ormone
agisce sulla stessa cellula
produttrice ma non esce
dalla cellula produttrice, non
viene secreto in forma attiva. Quindi l’ormone agisce all’interno della stessa cellula
produttrice. L’ormone può essere sintetizzato de novo dalla cellula oppure, più
frequentemente, viene sintetizzato dalla cellula utilizzando delle molecole
precursore che arrivano da fuori e vengono captate dalla cellula. Questo tipo di
funzione è associata non solo ad ormoni ma anche a fattori di crescita, citochine,
enzimi e proteine leganti il DNA.
Gli ormoni che presentano questa modalità di secrezione sono soprattutto gli
androgeni. La regione reticolare della corteccia surrenale produce androgeni: in
piccola quantità l’androgeno attivo testosterone (T), e in alta quantità dei
precursori inattivi che sono il deidroepiandrosterone (DHEA) e l’estere solfato del
deidroepiandrosterone (DHEAS). Questi ormoni vengono immessi in circolo,
raggiungono tessuti periferici in cui cellule bersaglio devono avere la capacità di
fabbricare steroidi, quindi devono essere fornite di recettore per gli androgeni e
degli enzimi capaci di trasformare le forme inattive in forme attive. Abbiamo diversi
tessuti a capacità steroidogenetica: fegato, tessuto adiposo, muscolo, cellule
immunitarie e cervello (scoperto recentemente). Con la modalità intracranica il
precursore inattivo entra nella cellula grazie ad un recettore, e la cellula grazie ad
un corredo enzimatico è capace di ricavare la forma attiva dell’ormone e di farlo
agire su se stessa.

Le cellule produttrici di ormoni possono essere organizzate come ghiandole


pluricellulari e unicellulari, come neuroni o come tipi cellulari diversi: abbiamo
produzione ormonale a livello dei muscoli, degli adipociti, nel sistema
respiratorio, a livello polmonare, cellule atriali produttrici del peptide
natriuretico…
• Ghiandole pluricellulari:
-possono costituire un organo completo: ipofisi, epifisi, timo, tiroide, surrene
-possono formare degli aggregati cellulari in un organo: isole di Langerhans nel
pancreas, cellule ormonali del follicolo ovarico, piccoli gruppi di cellule di Leydig
nel testicolo ecc…
Da ricordare che su tutte le ghiandole endocrine va ad agire il sistema nervoso
autonomo (vegetativo) che le innerva, in questo modo può controllare
direttamente la secrezione o comunque può regolare il flusso sanguigno
(controllando il diametro della parete vasale).

Embriologia
Nel nostro sviluppo embriologico le ghiandole endocrine presentano uno sviluppo
molto precoce. Già a 5 settimane cominciano a formarsi l’ipofisi e le ghiandole
endocrine periferiche. Ogni ghiandola endocrina si sviluppa dal foglietto
embrionale che dà origine agli organi che troviamo in quella regione. Vi sono
alcune particolarità:
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- nel surrene le cellule della corteccia surrenale hanno la stessa origine delle
gonadi, cioè il mesoderma, mentre la parte midollare del surrene origina da
cellule della cresta neurale;
- l’ipofisi origina dall’ectoderma e dal neuroectoderma (dà origine al SNC), mentre
tiroide, paratiroidi e isole pancreatiche originano dall’endoderma (come il
sistema digerente e le strutture che si trovano a livello del collo)
Lo sviluppo molto precoce delle ghiandole endocrine in epoca fetale ha un
significato funzionale, facciamo degli esempi:
- la corteccia surrenale del feto collabora con la placenta nel regolare i livelli di
ormoni sessuali, estrogeni, progesterone e steroidi circolanti. Infatti la corteccia
fetale è molto grande in confronto alle dimensioni che assumerà nel surrene
adulto
- la tiroide è necessaria per lo sviluppo cerebrale del feto. Gli ormoni tiroidei T3 e
T4 della madre sono in grado di raggiungere il feto attraverso la placenta. Dopo
la nascita se il bambino ha una tiroide non in grado di lavorare svilupperà un
ipotiroidismo che andrebbe a danneggiare il suo sviluppo cerebrale (porterebbe
alla condizione che abbiamo visto nelle immagini cliniche mostrate ad inizio
lezione) portandolo a cretinismo ipotiroideo. Per questo motivo tutti noi poco dopo
la nascita siamo stati sottoposti a dosaggio degli ormoni tiroidei per valutare la
funzionalità della nostra tiroide e quindi garantire, se necessario, una
supplementazione che consentisse uno sviluppo del nostro organismo e
dell’encefalo
- già all’undicesima settimana c’è produzione di ormoni steroidei da parte del
testicolo del feto maschio. Il testosterone del testicolo fetale serve per lo
sviluppo embriologico dei genitali interni maschili, quindi della gonade stessa e
delle vie spermatiche. Il deidrotestosterone (DHT), convertito a questa forma
da testosterone a livello locale, è necessario per lo sviluppo dei genitali esterni
del feto maschio.

Meccanismo di stimolo sulla ghiandola endocrina alla sintesi e rilascio di


ormoni:
1. Stimolo ormonale: un ormone viene rilasciato in riposta ad un altro ormone.
Esempio di questo sistema nell’asse funzionale
ipotalamo-adenoipofisi-ghiandole endocrine periferiche. L’ipotalamo produce
un ormone che va a stimolare l’adenoipofisi, quest’ultima produce un ormone
che va a stimolare una ghiandola endocrina periferica (come tiroide, surrene,
gonadi).
2. Stimolo umorale: l’ormone viene prodotto e rilasciato come risposta a
variazioni dell’omeostasi dei liquidi extracellulari, del sangue. Esempio è il
controllo della glicemia: un aumento della glicemia innesca il rilascio di
insulina da parte delle isole di Langerhans, l’insulina permette l’ingresso di
glucosio all’interno delle cellule e porta così ad un abbassamento della
glicemia.
3. Stimolo nervoso: stimolo di una ghiandola endocrina condotto dal sistema
nervoso. Esempio neuroni neurosecernenti ipotalamici che vengono stimolati
da neuroni del SNC. Altro esempio è la risposta acuta allo stress: gli assoni
ortosimpatici pregangliari vanno a stimolare la midollare del surrene in cui le
cellule cromaffini (neuroni ortosimpatici postgangliari modificati) saranno
quindi stimolate al rilascio di adrenalina e noradrenalina, le quali
rappresentano la nostra modalità di risposta acuta ad un evento stressorio.

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Nei caratteri generali di modalità di azione degli ormoni riconosciamo una
catena di eventi:
1. Legame all’ormone ad un recettore specifico
2. Questo legame porterà ad una trasduzione del segnale di diverso tipo
(può essere sintesi proteica, attivazione del DNA con successiva sintesi di
proteine…)
3. Dunque avremo comunque una risposta cellulare come: alterazione della
permeabilità della membrana cellulare (es. attivazione di canali, ingresso di
ioni), sintesi proteica, attivazione/disattivazione di sistemi enzimatici,
stimolo alla mitosi della cellula.

Classificazione ormoni dal punto di vista chimico:


• Steroidei: si attivano dal nucleo del colesterolo (classica struttura
tetraciclica del ciclopentanoperidrofenantrene)
• Non steroidei:
-peptidici (rappresentano la maggior parte degli ormoni del nostro corpo),
possono essere catene peptidiche brevi di 3 aminoacidi, lunghe oltre 200
amminoacidi o come l’insulina costituita da due catene polipeptidiche sintetizzate
da geni diversi
-glicoproteine
-catecolamine prodotte dalla midollare del surrene

La struttura chimica dell’ormone ci rende conto del suo grado di liposolubilità.


Liposolubilità significa che l’ormone può diffondere attraverso le
membrane cellulari. In base a questo cambierà la sede del recettore specifico.
-Gli ormoni steroidei sono liposolubili e come tali possono entrare
liberamente nella cellula. Questi avranno un recettore citoplasmatico e il
complesso recettore-ormone entra nel nucleo dove potrà attivare sintesi
proteiche. Anche gli ormoni tiroidei, che NON sono steroidei, essendo molto
piccoli possono entrare grazie a sistemi di trasporto e trovare il loro recettore
all’interno del nucleo
-Gli ormoni non-steroidei non-liposolubili non possono diffondere attraverso
le membrane cellulari. Questi avranno un recettore situato sul versante
extracellulare della membrana plasmatica

-Recettori di membrana per ormoni peptidici inducono una traduzione del segnale: un
segnale chimico extracellulare (cioè l’ormone che raggiunge la molecola del recettore) porta
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ad una risposta intracellulare. In genere sono recettori legati a proteina G la quale
si attiverà e potrà indurre risposte di vario tipo: fosforilazione o defosforilazione di
proteine, apertura o chiusura di canali ionici, aumento intracellulare di molecole
secondi messaggeri come AMP ciclico.

-Recettore citoplasmatico per ormoni steroidei: essendo liposolubili entrano


nella cellula e trovano il recettore nel citoplasma. Il complesso ormone-recettore
entra nel nucleo dove va ad agire sulla trascrizione dell'mRNA perché si lega a siti
recettoriali sulla cromatina.

-Recettore intranucleare per ormoni tiroidei: il recettore si trova nel nucleo.


L’ingresso nella cellula è mediato da carrier specifici, una volta entrato l’ormone va
nel nucleo dove trova il suo recettore legato a sequenze brevi e ripetute di DNA
chiamate T3 response elements (TREs). Il legame ormone-recettore provoca un
cambiamento di conformazione del recettore, grazie anche alla presenza di
molecole co-regolatrici, e va ad attivare la trascrizione di mRNA che porterà alla
sintesi di proteine.

Se gli ormoni prodotti hanno natura chimica diversa ci dobbiamo aspettare una
struttura della cellula produttrice diversa. Individueremo delle caratteristiche
morfologiche specifiche nelle cellule endocrine in base al tipo di ormone prodotto
peptidico o steroideo.

BIOSINTESI degli ORMONI PEPTIDICI


1. Pre-pro-ormone: un ormone peptidico viene sintetizzato come una molecola
precursore a più alto peso molecolare (PM), contenente al suo inizio una
sequenza di segnale N-terminale in grado di dirigere la catena peptidica
nascente all’interno del RER dove trovano una proteina SRP di riconoscimento
del segnale. Si ha così la sintesi di una molecola precursore a peso molecolare
più alto che è un pre-pro-ormone.
2. Pro-ormone: il pre-pro-ormone viene tagliato da enzimi a pro-ormone che è
una molecola più corta ma ancora non attiva. Da un pre-pro-ormone si
possono avere anche diversi (uno o più) pro-ormoni che viaggiano attraverso
un sistema di vescicole dal RER al Golgi.
3. Ormone attivo + diversi frammenti: si formano a livello del Golgi.
L’ormone attivo con i frammenti viene depositato all’interno di vescicole di
secrezione che originano dal Golgi. Le vescicole di secrezione per esocitosi
controllato vanno a riversare il loro prodotto, cioè l’ormone peptidico, nel
capillare che è situato vicino alla cellula endocrina (cioè nel torrente
circolatorio).

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Nelle cellule produttrici di ormoni peptidici troviamo il deposito degli ormoni nelle
vescicole pronte a l'esocitosi. Questi depositi sono basali cioè che guardano verso
i capillari (e non verso il lume dell’organo come sarebbe per una cellula esocrina).
Nell’immagine sottostante in microscopia elettronica a trasmissione si riconoscono
i granuli/vescicole di secrezione abbondanti e un abbondante sistema reticolare
in una cellula produttrice di ormoni peptidici. L’altra immagine rappresenta
mucosa intestinale, si vedono le cellule con i granuli di secrezione basali.

L'immagine sottostante è una microscopia elettronica dello stomaco.


A livello del tubo digerente possiamo differenziare le cellule esocrine da quelle
endocrine dalla modalità di distribuzione e dalle caratteristiche morfologiche delle
vescicole di secrezione. Le cellule zimogeniche (le cellule principali) rilasciano il
loro secreto esocrino nel lume della ghiandola gastrica. Le cellule enteroendocrine
rilasciano le loro vescicole di secrezione verso il capillare. Quindi avremo una
secrezione apicale nella cellula ghiandolare esocrina e secrezione basale
nella cellula ghiandolare endocrina.

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BIOSINTESI degli ORMONI STEROIDEI
Il precursore degli ormoni, le LDL (lipoproteine a
bassa densità) derivati del colesterolo, erano
nella cellula quando l’ormone di stimolo va a
legarsi al suo recettore. LDL è entrata nella
cellula, i lisosomi liberano il nucleo di colesterolo
che può essere utilizzato subito per la sintesi
dell’ormone oppure depositato come gocce
lipidiche citoplasmatiche. La sintesi dell’ormone
avviene a livello intramitocondriale grazie ad una
proteina StAR (steroidogenic acute regulatory
protein) e interviene il REL che presenta sulla sua
membrana degli enzimi capaci di sintetizzare i
diversi tipi di ormoni steroidei: la molecola di base
è sempre il colesterolo ma abbiamo ormoni di
natura steroidea a molecola chimica e specificità
d’azione diversa, questo è possibile perché
abbiamo enzimi diversi (esempio: la corticale del
surrene è costituita da 3 regioni dove vengono
costruiti diversi enzimi steroidei partendo dal
colesterolo). Gli ormoni steroidei non vengono
immagazzinati in vescicole di deposito ma
vengono rilasciati subito dopo la
sintesi (sono liposolubili quindi attraversano liberamente la membrana).

In una cellula produttrice di ormoni steroidei sono assenti vescicole di secrezione,


molto spesso ci sono gocce lipidiche che costituiscono deposito non di ormone ma
di colesterolo (materiale da costruzione).

L’immagine istologica ci fa vedere le cellule schiumose per il loro aspetto (cellule


fomi) della fascicolata del surrene, una regione della corteccia surrenale che
produce cortisolo. Nell’immagine in microscopia elettronica ci sono gocce lipidiche,
mitocondri sviluppati (qui avviene la sintesi grazie alla proteina

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StAR), REL sviluppato (fornisce gli enzimi che devono sintetizzare i diversi ormoni
steroidei).
Finisce qui la presentazione sulle caratteristiche generali degli ormoni e ghiandole
endocrine. Ora inizia la descrizione dei nuclei neurosecretori all’interno
dell’ipotalamo. La professoressa non parlerà dell’anatomia dell’ipotalamo perché
già l’abbiamo affrontata con il professor Bertelli.

IPOTALAMO
L’ipotalamo è un centro di connessione tra sistema nervoso e sistema endocrino,
e il centro che coordina tutta l’attività del sistema endocrino. È formato da nuclei
grigi e tratti disposti in maniera simmetrica intorno alla cavità del 3° ventricolo.
Ci troviamo:
-nella regione ventrale dell’encefalo
-al di sotto del talamo
-al di sopra dell’ipofisi e del chiasma
ottico
-dietro alla lamina terminale
-davanti alla sostanza grigia
periacqueduttale
L’ipotalamo riceve segnali da input della
corteccia, da neuroni autonomici e
quindi è informato anche di stimoli
ambientali (es. luce e temperatura).
Risponde a questi stimoli con la
produzione e rilascio di ormoni.
Nell’immagine vediamo i nuclei
neurosecretori dell’ipotalamo in
connessione con l'ipofisi (invia ormoni
all’ipofisi); esistono neuroni ipotalamici
diretti all’adenoipofisi e altri diretti alla
neuroipofisi. Si configura quindi un asse
ipotalamo-ipofisario.
Definiamo l’asse
ipotalamo-ipofisario come il sistema
di comunicazione ormonale dall’ipotalamo all’ipofisi, e i relativi controlli di
feedback, con un controllo diretto delle funzioni di alcune ghiandole periferiche:
-tiroide: i nuclei ipotalamici vanno a stimolare l’adenoipofisi al rilascio
dell’ormone TSH che va poi ad agire sulla ghiandola tiroide
-surrene: i nuclei ipotalamici vanno a stimolare l’adenoipofisi al rilascio
dell’ormone ACTH che stimola la corteccia surrenale
-gonadi: i nuclei ipotalamici vanno a stimolare l’adenoipofisi al rilascio degli
ormoni FSH e LH che vanno a stimolare il nostro apparato riproduttore
L’ipotalamo controlla anche il rilascio degli ormoni:
-GH (growth hormon) che va a determinare la crescita dell’individuo
-Prolattina che controlla la produzione di latte
-Ossitocina (OXT) per il parto
-Vasopressina (AVP) o ormone antidiuretico (ADH) per l’equilibrio elettrolitico
Controlla anche aspetti comportamentali perché la maggior parte degli ormoni
che l’ipotalamo insieme all’ipofisi mette in circolo vanno a raggiungere neuroni
del sistema nervoso centrale.
Prima di parlare dei neuroni neurosecretori dell’ipotalamo la professoressa
espone in maniera sintetica l’ipofisi
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IPOFISI
È una ghiandola endocrina endocranica situata a livello della fossetta ipofisaria
nella sella turcica dell’osso sfenoide. Questa ghiandola è formata da una porzione
anteriore e una posteriore del tutto diverse tra loro per struttura, funzione e
derivazione embriologica.
• Adenoipofisi (anteriore) è una vera ghiandola, è costituita da nidi/isolotti di
cellule epiteliali secernenti.
• Neuroipofisi (posteriore) è costituita da tessuto nervoso, principalmente dagli
assoni di neuroni neurosecernenti che arrivano dall’ipotalamo.
Le due parti sono molto vicine tra loro, c’è solo una piccola fessura visibile fino
all’adolescenza, e sono avvolte da una capsula comune.
L’ipofisi è connessa dal punto di vista anatomico e funzionale con l’ipotalamo.

Dall’immagine si
vedono anche chiasma
ottico e corpi
mammillari (dietro
all’ipotalamo)

Le immagini al lato ci mostrano le due sezioni e la


diversa struttura delle due porzioni dell’ipofisi, con
la fessura che separa le due parti fino a circa 15-
16 anni e che ci testimonia che originano da due
regioni embrionali diverse.
-L’adenoipofisi in posizione anteriore è una
ghiandola e produce ormoni sotto il controllo di
ormoni provenienti dall’ipotalamo che sono
fattori/ormoni di rilascio RF e di inibizione IF,
perché le diverse molecole hanno la capacità di
modulare il rilascio ormonale dell’adenoipofisi.
-La neuroipofisi in posizione posteriore è nel
tessuto nervoso, quindi troveremo fibre nervose,
assoni dei neuroni che arrivano dall’ipotalamo e
cellule gliali specializzate chiamate pituiciti, le
quali hanno un ruolo definito nel controllare
l’immissione in circolo degli ormoni ipotalamici da
parte della neuroipofisi.
Adenoipofisi ghiandolare e neuroipofisi nervosa.

14
La neuroipofisi non produce ormoni ma si limita ad immettere nella circolazione
gli ormoni che arrivano dall’ipotalamo e che sono: l’ormone antidiuretico o
vasopressina (ADH o AVP) e l'ossitocina (OT)

Organizzazione del sistema endocrino


Il sistema endocrino lavora in stretta connessione con il sistema nervoso.
Il sistema nervoso riceve informazioni sensitive dall’ambiente esterno, le elabora,
ed è connesso sinapticamente ai nuclei neurosecernenti dell’ipotalamo. È connesso
anche alla midollare del surrene la quale in risposta ad un evento stressogeno
(principalmente esterno) immette in circolo le catecolamine.
I nuclei neurosecretori dell’ipotalamo hanno due modalità di lavoro, distinguiamo
due gruppi di nuclei:
1. Neuroni ipotalamici neurosecernenti che producono ormoni di rilascio o di
inibizione diretti all’adenoipofisi, a questo livello gli ormoni di rilascio vanno a
stimolare il rilascio di ormoni prodotti dalle cellule dell’ipofisi anteriore.
-Gli ormoni non-tropici (prodotti dall’ipofisi) possono avere come bersaglio
delle cellule non endocrine: l’ormone della crescita/somatotropina che ha come
bersaglio fegato, ossa, muscoli ecc.; la prolattina che ha come bersaglio gli
adenomeri della ghiandola mammaria; parzialmente l’ormone della crescita.
-Invece gli ormoni tropici hanno come bersaglio (secondo bersaglio della via)
altre ghiandole endocrine periferiche: ormone corticotropo (ACTH) va ad agire
sulla corteccia surrenale; tireotropina (TSH) agisce sulla tiroide; ormone follicolo
stimolante e luteinizzante agiscono sulle gonadi. Ciascuna ghiandola endocrina
periferica avrà la sua produzione ormonale e le rispettive cellule bersaglio.
2. Neuroni ipotalamici neurosecernenti che inviano i loro ormoni alla neuroipofisi.
Questi ormoni viaggiano con modalità di secrezione neuroendocrina (quindi
viaggiano tramite un trasporto assonale lungo gli assoni ipotalamici) e
raggiungono la neuroipofisi dove vengono immessi direttamente in circolo nei
capillari che circondano la neuroipofisi. Questi ormoni sono:
-Ossitocina che ha come bersaglio il muscolo liscio sia vasale che uterino, e le
cellule mioepiteliali della mammella (provoca l’eiezione di latte)
-Vasopressina/ormone antidiuretico che ha come bersaglio il muscolo liscio dei
vasi e il tubulo renale, agisce quindi sul riassorbimento del (la prof si interrompe
e non dice di cosa ma deduciamo “riassorbimento di acqua”)
Vi sono poi dei meccanismi umorali non legati in maniera così diretta
all’ipotalamo e all’ipofisi come per esempio il controllo della glicemia.

15
Per poter controllare l’attività dell’ipofisi è necessario che l’ipotalamo abbia delle
connessioni anatomiche con l’ipofisi. La superficie esterna del pavimento dell’
ipotalamo presenta una prominenza mediana che è il tuber cinereum, la cui parte
centrale si estende verso il basso formando una processo a imbuto chiamato
eminenza mediana. L’eminenza mediana fa parte degli organi circumventricolari,
quelle strutture cerebrali in cui non si ha barriera ematoencefalica. Dall’eminenza
mediana abbiamo come continuazione l’infundibolo che è diretto alla neuroipofisi,
e intorno all'infundibolo si colloca una porzione ascendente dell’adenoipofisi che è
la parte tuberale. L'infundibolo diretto alla neuroipofisi insieme alla parte tuberale
dell’adenoipofisi forma il peduncolo ipofisario.

I nuclei neurosecretori dell’ipotalamo che presentano un’attività neuroendocrina


sono costituiti da neuroni eccitabili elettricamente, sono neuroni quindi rispondo
ad uno stimolo nervoso. Sono capaci di generare potenziale d’azione in risposta
allo stimolo, quindi possono anche comunicare con altri neuroni, ma possono
anche rispondere allo stimolo elettrico producendo ormoni. Questi neuroni sono
generalmente raggruppati in nuclei ma li troviamo anche sparsi a livello
ipotalamico. I gruppi di nuclei vengono indicati con un aggettivo che ci informa
sulle dimensioni caratteristiche di questi nuclei e corrispondono anche a diverse
caratteristiche funzionali:
-Nuclei magnocellulari, cioè composti da
neuroni grandi, sono connessi per via nervosa,
attraverso l'infundibolo, all’ipofisi posteriore.
Quindi gli assoni dei nuclei magnocellulari
raggiungono l’ipofisi posteriore
-Nuclei parvocellulari, composti da piccoli
neuroni del sistema tubero infundibolare,
attraverso il sistema portale inviano i loro
ormoni all'ipofisi anteriore. Sono piccoli, hanno
assoni brevi che riversano gli ormoni nei
capillari dell’eminenza mediana, e da lì, per via
vascolare, questi ormoni di rilascio e inibizione
raggiungono l’ipofisi anteriore.
Il controllo ipotalamico del sistema endocrino ha
luogo attraverso due tipi diversi output, cioè di
sintesi e immissione ormonale. Seguendo lo
schema di colori dell’immagine accanto
individuiamo il sistema magnocellulare (blu) con
lunghi assoni diretti alla neuroipofisi e che
decorrono nell'infundibolo ;
16
il sistema parvocellulare (verde) costituito da neuroni piccoli con assone breve che
riversano il loro prodotto (fattori di rilascio e inibizione) a livello dell’eminenza
mediana dove troviamo una ricca capillarizzazione, da qui origina il
circolo portale-ipofisario, quindi per via vascolare questi fattori raggiungono
l’adenoipofisi.
Esistono tuttavia delle connessioni, interazioni fra i due sistemi e l’immagine ci
anticipa che la maggior parte dei nuclei ipotalamici neurosecretori non sono puri,
cioè esclusivamente magnocellulari o parvocellulari, ma possono contenere i due
tipi di neuroni. Ricordiamo che oltre alla secrezione attraverso i neuroni
magnocellulari e parvocellulari l’ipotalamo ha anche una terza via di controllo
dell’attività endocrina: a livello ipotalamico troviamo il controllo dell’innervazione
autonomica della maggior parte delle ghiandole endocrine, questa innervazione
autonomica delle ghiandole può controllare il rilascio ormonale delle ghiandole
stesse.
Quindi i grandi neuroni del sistema magnocellulare proiettano con i loro assoni
lungo l'infundibolo alla neuroipofisi, i piccoli neuroni del sistema parvocellulare
con i loro brevi assoni raggiungono l’eminenza mediana e qui riversano il loro
prodotto nel plesso capillare che costituisce la prima stazione del sistema
portale-ipofisario.
• Nuclei secernenti magnocellulari: i nuclei principali sono il nucleo
paraventricolare e il nucleo sopraottico. Questa sezione coronale di encefalo
ce li mostra. Si vedono anche il chiasma ottico e la cavità del 3° ventricolo. Il
nucleo paraventricolare è situato lateralmente alla parete infero laterale del 3°
ventricolo. Superiormente e lateralmente (dorso lateralmente) al chiasma ottico
si trova il nucleo sopraottico.
Oltre ai due nuclei principali
abbiamo anche dei nuclei
magnocellulari accessori,
sono più piccoli. Il principale fra
questi è il nucleo circolare
(non visibile in questa
immagine) che è situato tra il
paraventricolare e il
sopraottico.
Inoltre avremo anche neuroni
sparsi o in piccoli aggregati.
Il primo dato che emerge è che
su questi nuclei vanno a fare
sinapsi (vanno a portare un
input) numerosi neuroni
circumventricolari (provenienti
da organi privi di barriera
ematoencefalica) che hanno la funzione di osmocettori. Descrivendo il prodotto
ormonale dei nuclei magnocellulari capiremo il perchè.
Queste immagini sottostanti mostrano la topografia dei neuroni magnocellulari
dell’ipotalamo. La marcatura bruna è stata ottenuta utilizzando una reazione di
immunoistochimica che va a colorare le molecole alle quali si legano gli ormoni
prodotti dai nuclei magnocellulari, molecole che si chiamano neurofisine.
Nell’immagine d è visibile un ingrandimento del nucleo paraventricolare.
Nell’immagine a lo vediamo nella sua posizione ai due lati del 3° ventricolo,
vediamo anche il piccolo nucleo circolare tra paraventricolare e sopraottico il
quale è posto dorso lateralmente al chiasma ottico.
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Immagine e ingrandimento del nucleo circolare. Immagine f vediamo neuroni
accessori, assoni che contengono neurofisine sopra il nucleo sopraottico e quindi
contengono gli ormoni prodotti dai magnocellulari.

-Nucleo sopraottico: situato dorso lateralmente al


chiasma ottico, ha una struttura abbastanza omogenea
(contrariamente al paraventricolare) nel senso che la
maggior parte dei suoi neuroni sono neuroni
magnocellulari, e quasi tutti i neuroni del nucleo
sopraottico producono vasopressina o ormone
antidiuretico. Quindi tutti gli assoni provenienti dal
nucleo sopraottico vanno a proiettare alla neuroipofisi,
e portano alla neuroipofisi soprattutto vasopressina.
-Nucleo paraventricolare: si trova nella regione
anteriore, ai due lati (formazioni simmetriche) della
cavità del 3° ventricolo, dietro ai nuclei più anteriori.
Ha una struttura più elaborata perché contiene regioni
diverse, nell’uomo si riconoscono 5 subnuclei, dove
avremo maggiore concentrazione di neuroni
magnocellulari o parvocellulari. Dall’immagine si vede
che la parte più vicina alla cavità del 3° ventricolo è più
ricca di piccoli neuroni parvocellulari. Quindi il nucleo
paraventricolare proietta alla neuroipofisi tramite i
nuclei magnocellulari ma proietta anche all’eminenza
mediana con i parvocellulari.
Il terzo tipo di neuroni del nucleo paraventricolare sono i neuroni a lunga
proiezione legati principalmente a funzione autonomica ma noi avremo neuroni
che vanno a proiettare a strutture del sistema limbico, tronco encefalico e
midollo spinale.
I neuroni magnocellulari producono vasopressina e ossitocina. Gli ormoni
parvocellulari producono fattori di rilascio o di inibizione destinati all’adenoipofisi.
La produzione quantitativamente più importante è quella dell’ormone CRH di
rilascio per la corticotropina (o ormone adenoipofisario ACTH). I parvocellulari del
paraventricolare producono anche l’ormone TRH di rilascio per la tireotropina
18
(o TSH adenoipofisario), e un fattore di inibizione chiamato ormone somatostatina
che ha come target le cellule produttrici dell’ormone della crescita nell’adenoipofisi
ma non solo.
Il nucleo paraventricolare, grazie alle sue connessioni nervose e ai suoi neuroni
non impegnati
direttamente nella
secrezione di ormoni ma
che vanno a connettersi a
diverse regioni
encefaliche, ha anche un
ruolo importante nel
controllo
dell’assunzione di cibo.
Esiste una popolazione di
neuroni del nucleo
paraventricolare chiamati
neuroni anoressizzanti.
Nell’immagine il nucleo
paraventricolare è mostrato con le sue connessioni. I neuroni anoressizzanti, che
inibiscono l’assunzione di cibo dal nucleo paraventricolare, vanno a proiettare ai
nuclei del tratto solitario e al nucleo parabrachiale, che vengono modulati dai
neuroni anoressizzanti. Questi a loro volta ricevono delle sinapsi modulatorie da
altri nuclei della regione come il nucleo arcuato, tuberale, del rafe, dell’organo
subfornicale e dell’area ipotalamica laterale. Inoltre gli organi circumventricolari,
come l’organo subfornicale e l’area postrema, possono anche influenzare
indirettamente (come indicato dalla freccia blu) questi neuroni attraverso circuiti
che vedono impegnati il nucleo arcuato e il nucleo del tratto solitario. Quindi
questa popolazione di neuroni a lunga connessione del nucleo paraventricolare,
tramite contatti sinaptici con numerosi nuclei della regione, lavora principalmente
nel controllo dell’assunzione di cibo.
I nuclei più piccoli
accessori, il nucleo circolare e il nucleo basale, sono in stretta vicinanza con i
vasi. Immagine d fa vedere i neuroni, positivi alle neurofisine, che vanno a
riversare nei capillari. Immagine f mostra neuroni accessori nel tratto
ipotalamo-ipofisario.

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Neuroni magnocellulari: presentano in genere 2-3 o più dendriti e ricevono un
alto numero di input da neuroni afferenti. Hanno un unico assone che proietta alla
neuropifisi. L’insieme di tutti gli assoni dei neuroni magnocellulari che proiettano
alla neuroipofisi formano il tratto ipotalamo-neuroipofisario. All’interno della
neuroipofisi si osserva una ricca arborizzazione dei terminali assonali, dove si
formano migliaia di varicosi assonali (detti swellings assonali) che contengono
vesciole piene degli ormoni sintetizzati nei corpi cellulari dei magnocellulari, e che
scendono per essere riversati nei capillari della neuroipofisi. Ormone antidiuretico
e ossitocina non viaggiano da soli, ma viaggiano per trasporto assonale legati a
proteine carrier che sono le neurofisine. Lungo il decorso, e in particolare a livello
della neuroipofisi, si osservano delle dilatazioni, swellings, con i corpi di Herring
che sono vescicole ripiene di molecole di ormone e di neurofisine (vedi immagine
sotto). Sintetizzando degli ormoni peptidici, i neuroni magnocellulari presentano
le caratteristiche strutturali delle cellule produttrici di peptidi: RER sviluppato,
ribosomi liberi abbondanti e vescicole di secrezione molto dense. L’immagine in
fluorescenza ci fa vedere la marcatura per l’ossitocina, i corpi cellulari dove viene
prodotta e lungo gli assoni dove viene trasportata.
Quando questi neuroni sono sottoposti ad una
situazione di stimolazione ripetuta cronica si
osserva un fenomeno detto riorganizzazione
neuro-gliale attività-dipendente: avremo
un’ipertrofia (ingrossamento) del corpo cellulare,
neoformazione di sinapsi dai neuroni afferenti e
una riorganizzazione delle cellule gliali.
Arrivati alla sede della secrezione, nella
terminazione assonale ricca di vescicole, accade
che le vescicole assonali si aprono per esocitosi
innescato dall’ingresso di Ca nella membrana,
ingresso dovuto alla depolarizzazione dell’assone
(meccanismo che ci ricorda la funzionalità
sinaptica). La fusione della vescicola con la
membrana plasmatica porta al riversarsi degli
ormoni ossitocina e vasopressina nello spazio
perivascolare e fare ingresso nei capillari, in modo
da poter raggiungere gli organi bersaglio.
Ormoni prodotti dai neuroni magnocellulari sono
ormoni peptidici a 9 amminoacidi molto simili, differiscono l’uno dall’altro solo per
2 amminoacidi:

20
• Vasopressina, in sigla A(arginina)VP, o ormone antidiuretico ADH, prodotto
principalmente dal nucleo sopraottico. I neuroni del nucleo sopraottico sono
eccitati al rilascio di ADH, quindi aumentano la loro frequenza di scarica, da una
stimolazione iperosmolare, cioè quando gli osmocettori presenti a livello degli
organi circumventricolari, per esempio, avvertono il nucleo sopraottico che c’è un
aumento dell’osmolarità.
• Ossitocina OT prodotta prevalentemente dal nucleo paraventricolare, presenta
una scarica sincronizzata al momento del travaglio di parto perché la testa del
bambino, che si impegna nella cervice materna per nascere, va a stimolare la
produzione di ossitocina, più la testa spinge e più si ha stimolazione nervosa per il
rilascio di ossitocina. Ossitocina agisce anche durante l’allattamento: non provoca
la produzione di latte, ma provoca l’eiezione del latte cioè fa si che le cellule
mioepiteliali dei dotti galattofori, contraendosi, consentono l’espulsione del latte
dalla ghiandola mammaria, e quindi la nutrizione del bambino.

Sia vasopressina che ossitocina sono abbinate a neuropeptidi. Raggiungono la


neuroipofisi con trasporto assonale, entrano nei capillari dell’arteria ipofisaria
inferiore e in questo modo entrano nella circolazione sistemica. Si tratta di
ormoni peptidici quindi riconoscono la modalità di sintesi descritta
precedentemente: pre-pro-ormone con proteina carrier. Queste proteine carrier
sono la neurofisina I per OT e la neurofisina II per ADH.
Nel caso della vasopressina abbiamo anche un glicopeptide, o copeptina,
associato alla neurofisina.
Se vengono sintetizzati come pre-pro-ormoni, il clivaggio, il taglio, che porta alla
formazione del peptide attivo avviene lungo il trasporto assonale.
La copeptina, legata alla neurofisina II che lega la vasopressina a formare un
tetramero, è un glicopeptide di 39 amminoacidi ed è importante per noi da
ricordare perché sta diventando un biomarker di interesse clinico. Viene utilizzato
il dosaggio della copeptina come indice di aumentato rilascio di AVP in situazioni
patologiche diverse: diabete insipido, ischemia cardiaca, insufficienza epatica,
sepsi. Si utilizza la copeptina perché è più stabile in circolo rispetto alla
vasopressina, gli ormoni peptidici hanno un'emivita molto breve.

• Ormone antidiuretico ADH o Arginin-vasopressina AVP riconosce come cellule


bersaglio due sedi diverse:
-le cellule dei tubuli distali e collettori del rene, dove va a favorire il riassorbimento
di acqua. Agisce grazie all’inserimento dell’acquaporina 2 con i recettori V2. Viene
riassorbita acqua quindi viene aumentato il volume circolante. Questo ormone
lavora per esempio in situazioni di disidratazione.
-muscolo liscio delle arterie (parete delle arterie) dove va ad indurre una
contrazione del muscolo liscio e quindi una vasocostrizione che avrà un effetto
finale ipertensivo.
Quindi disidratazione, riduzione di volume circolante, sono gli stimoli per la
secrezione di ADH che risponde favorendo un riassorbimento dell’acqua e
favorendo un innalzamento della pressione arteriosa per vasocostrizione.
L’ormone antidiuretico ha anche dei ruoli nel sistema di controllo dell’adenoipofisi,
perché una piccola quota di ormoni a vasopressina, soprattutto dal nucleo
paraventricolare, arrivano all’eminenza mediana e immettono piccole quantità di
vasopressina nel circolo portale-ipofisario, quindi che va all’adenoipofisi. Qui la
vasopressina sembra agire come sinergista del fattore di rilascio della
corticotropina. Inoltre questi neuroni produttori di vasopressina proiettano a
diverse regioni del SNC come amigdala, nuclei del tronco encefalico,
21
e questo spiega come l’ormone ADH possa essere coinvolto anche in effetti
comportamentali.
Lo stimolo al rilascio di ADH è dato da:
-disidratazione: disidratazione a livello dei nuclei circolanti significa che avremo
una situazione di iperosmolarità per perdita di acqua. Quindi gli osmorecettori degli
organi circumventricolari (l’organo vascoloso, l’organo subfornicale, l’area
postrema) vengono stimolati dall’iperosmolarità e inviano degli stimoli eccitatori
sui neuroni magnocellulari produttori di vasopressina.
-stimolo ipovolemico: come un’emorragia, va a eccitare i barocettori presenti
sul seno carotideo e sull’arco aortico, i quali, a loro volta, tramite il IX e X paio di
nervi cranici, vanno ad informare il nucleo del tratto solitario, e quindi i neuroni dei
nuclei magnocellulari, che c’è bisogno di vasopressina in circolo.
-stimoli chimici: come situazioni dolorose, di nausea, intossicazione da nicotina
e oppioidi, ipoglicemia o farmaci antineoplastici.

Nota clinica: un’alterata secrezione di ADH può portare a situazioni cliniche


abbastanza impegnative.
-Se l’ormone ADH non viene prodotto in maniera adeguata avremo una situazione
chiamata diabete insipido neuroipofisario: avremo poliuria e polidipsia, quindi il
soggetto avrà molta sete ma perderà molte urine diluite fino a diversi litri nelle 24
ore.
-Se ADH viene prodotto in maniera quantitativamente eccessiva si può avere una
sindrome da inappropriata secrezione di ADH chiamata SIADH, e che può essere
associata a diverse situazioni patologiche: tumori endocranici, traumi cranici gravi,
situazioni infettive, uso di farmaci. In questa situazione avremo urine concentrate,
e anche in questo caso dovremo intervenire farmacologicamente.
Esempi di diabete insipido gestazionale per l’espressione di enzimi della placenta
che inattivano l’ormone ADH, diabete insipido a livello di danno neuroipofisario o
una polidipsia primaria.

• Ossitocina OT riconosce come cellule bersaglio il miometrio, quindi muscolo


liscio uterino, e cellule mioepiteliali dei dotti galattofori. A livello del miometrio
stimola la contrazione uterina durante il parto e anche dopo durante il
secondamento. A livello delle cellule mioepiteliali stimola l’eiezione del latte.
L’ossitocina viene rilasciata non solo a livello assonale della neuroipofisi, ma
anche a livello dei dendriti e del soma dei neuroni magnocellulari produttori. Il
rilascio dendritico va ad interagire con neuroni di regioni diverse del SNC, questo
fenomeno ci spiega perché l’ossitocina abbia anche effetti sull’attività sessuale e
sul comportamento. Un recente articolo sul Nature neuroscience ci dimostra
come l'ossitocina vada a modulare le rappresentazioni di valore sociale
nell’amigdala, centro della rabbia.
-Durante il parto la testa del feto preme sulla cervice e si innesca un controllo a
feedback positivo: più la testa del bambino preme e più ossitocina viene prodotta
(tramite afferenze nervose vengono informati i neuroni magnocellulari della
necessità di ossitocina).
Grazie a questa capacità di far contrarre le cellule del miometrio l’ossitocina può
essere utilizzata come farmaco. In ostetricia può essere utilizzata iniezione di
ossitocina per indurre il travaglio, oppure post-partum può essere utilizzata per
favorire l’espulsione della placenta e per evitare o arrestare eventuali emorragie.
-A livello della mammella, la suzione dell’areola (il lattante mette in bocca tutta
l’areola), va a stimolare vie sensitive che vanno ad informare i neuroni ipotalamici
magnocellulari della stimolazione dell’areola, i magnocellulari rispondo
22
immettendo in circolo, attraverso la neuroipofisi, l’ossitocina che
permette ai dotti galattofori di espellere il latte nella bocca del
bambino. L’ossitocina provoca l'eiezione del latte, la prolattina
(stimolata dalla suzione del bambino) va a provocare la
produzione del latte. L’ossitocina viene messa in circolo a livello
della neuroipofisi, la prolattina viene prodotta dall’adenoipofisi.
L'output, l’emissione in circolo di ADH e OT, dipende dalla scarica
elettrica dei neuroni magnocellulari sopraottico, paraventricolare
e accessori dove ha luogo la sintesi. Dipende dalla frequenza di
scarica e dal pattern di scarica, che sono regolati:
-per l’ossitocina da afferenze di meccanocettori uterini e mammari
-per la vasopressina da afferenze sui neuroni magnocellulari
che arrivano da barocettori e osmocettori.

Funzioni comportamentali
OT e ADH sono rilasciate non solo a livello assonale nella
neuroipofisi, ma anche a livello del soma e dei dendriti. Questo
rilascio somatico e dendritico dei 2 ormoni ha un doppio
significato:
1. Significato ormonale per regolazione autocrina con un feedback positivo
2. Rilascio nel tessuto nervoso perché queste molecole ormonali
vanno a raggiungere collaterali assonali e neuroni in diverse
regioni encefaliche come la corteccia del cingolo, bulbo,
secondo alcuni studi anche la corteccia frontale, e inoltre
circuiti di gratificazione (reward): un esempio clinico è una
donna che produce ossitocina perché allatta e in genere
affronta le fatiche della maternità con una certa serenità,
l’ossitocina provoca un effetto comportamentale positivo.

Immagini di immunoistochimica che ci mostrano lo staining,


cioè la localizzazione, dei neuroni produttori di ossitocina a
livello della corteccia del cingolo, corteccia piriforme e
amigdala.

1
2
Anatomia Umana e Clinica 2 - Prof.ssa Volpi

Lezione 2: 25/11/2020

Sbobinatore: Chiara Quitadamo

Revisionatore: Monica Colucci

NUCLEI NEUROSECERNENTI IPOTALAMICI:

Nella precedente lezione abbiamo esaminato i neuroni magnocellulari che proiettano


direttamente alla neuroipofisi, dove avviene il rilascio e l'immissione in circolo degli
ormoni ADH e OSSITOCINA.

Nella lezione di oggi parleremo dei neuroni parvocellulari che


inviano i loro neuropeptidi all’adenoipofisi (o ipofisi anteriore)
per via ematica. Questi neuroni dispongono di assoni piccoli e
brevi che riversano il loro prodotto di secrezione nel plesso
capillare, situato a livello dell’eminenza mediana, dove
prendono origine delle vene che trasmettono gli ormoni alla
adenoipofisi. La maggior
parte dei nuclei neurosecretori sono composti da entrambi tipi
di neuroni con diversa prevalenza.

L’ossitocina ha una funzione non solo nel parto e nell’eiezione


del latte, ma svolge anche diverse funzioni comportamentali,
questo perché i recettori per l’ossitocina sono presenti su
neuroni di diverse regioni della corteccia e subcorticali nella
specie umana. Questo è stato dimostrato attraverso studi di
localizzazione in un’istochimica.

EFFETTI COMPORTAMENTALI DI OT E A-VP:

OT: gli effetti comportamentali dell’ossitocina sono relativi al comportamento


sociale, caratterizzato da una riduzione del comportamento difensivo e della
predisposizione all’aggressione. Questo concorda con quello che si osserva nella
maternità, situazione nella quale l’aumento della secrezione di ossitocina ha effetti
sul miglioramento dell’umore, sulla capacità di affrontare la fatica e i dolori della
gestazione. Esistono studi clinici che evidenziano una deregolazione nel sistema
dell’ossitocina in diverse sindromi psichiatriche:

● disordine ossessivo compulsive;


● disordini dell’alimentazione;
● sindrome da stress post-traumatico.

VASOPRESSINA: svolge un ruolo importante nei processi di memoria e


apprendimento. Alcuni studi su animali dimostrano che la vasopressina agisce sul
comportamento sociale, soprattutto nel maschio a livello sessuale, per quanto
riguarda l’aggressione verso altri maschi e la formazione della coppia.

I recettori per l’ossitocina e ADH sono presenti in varie regioni cerebrali, in particolare
nel sistema limbico e nella corteccia del cingolo.

I neuroni magnocellulari oltre a OT e ADH producono e rilasciano numerosi altri


neuropeptidi anche se in quantità minori:

3
1. dinorfina, oppioide endogeno, soprattutto neuroni vasopressina
2. encefalina
3. galina neuroni vasopressina
4. colecistochinina neuroni ossitocina
5. dopamina
6. VIP (peptide intestinale vasoattivo)
7. neuropeptide Y
8. sostanza P
9. endotelina
10.TRH fattore di rilascio per TSH
11.CRH fattore di rilascio per ACTH

Significato funzionale di questo sistema di rilascio


neuropeptidico: regolazione feedback autocrino e
dell’attività ormonale.

I neuroni magnocellulari possiedono recettori di


membrana non solo per ADH e OT, ma anche per altri
neuropeptidi.

Gli ormoni prodotti dai magnocellulari che raggiungono


la neuroipofisi vengono immessi nella circolazione
generale attraverso i capillari che provengono
dall’arteria ipofisaria inferiore. Questa arteria non
entra nel circolo portale ipotalamo-ipofisario, ma
capillarizza a livello della neuroipofisi e le vene che ne
derivano immettono direttamente i ADH e OT nella
circolazione generale.

Una piccola quota di assoni dei nuclei magnocellulari


proiettano ai capillari portali e quindi inviano
direttamente il loro prodotto all’adenoipofisi.
È stato riscontrato che le concentrazioni di ADH e
l’OT nel sangue del circolo portale ipofisario 50 volte
maggiori che nel circolo sistemico.

Hanno un ruolo a livello anche dell’ipofisi anteriore.


Questi cooperano con CRH nella secrezione di
ACTH e intervengono nei meccanismi dello stress.

Intorno ai neuroni magnocellulari troviamo anche


una componente gliale importante, rappresentata
dagli astrociti radiali che avvolgono i neuroni e le
regioni delle sinapsi.

Al momento della richiesta di ormoni, gli astrociti


ritirano i loro processi che provoca delle variazioni nello spazio extracellulare e questo
permette un aumento della diffusione di neurotrasmettitori e neuromodulatori verso
la sinapsi. Il risultato finale di questi movimenti dei processi astrocitari è un aumento
di eccitabilità dei neuroni magnocellulari.

NEURONI PARVOCELLULARI
4
I neuroni parvocellulari producono fattori di rilascio e inibizione per l’adenoipofisi.
Sono meno definiti rispetto ai nuclei magnocellulari. Questi sono:

1. Nucleo arcuato o infundibolare


2. Neuroni dell’area preottica
3. Neuroni parvocellulari di PVN (nucleo paraventricolare);
4. Nucleo periventricolare.

La funzione primaria dei nuclei parvocellulari ipotalamici è quella di produrre fattori


di rilascio (RH) e inibizione (IH) per la parte anteriore dell’ipofisi. I neuroni
parvocellulari sono coinvolti anche nel controllo dell'alimentazione e della
funzione sessuale con neuroni peptidergici, perché presentano delle
sottopopolazioni che proiettano verso altri neuroni centrali. I nuclei parvocellulari
sono controllati da: sistema limbico e formazione reticolare del tronco encefalico. La

sezione coronale permette di distinguere i diversi nuclei (immagine sottostante).

RAPPORTI NUCLEI PARVOCELLULARI IPOTALAMICI E IPOFISI ANTERIORE:

Ormoni peptidici:

● Ormoni di liberazione: releasing hormones (RH) or releasing factors


(RF), attivi sulle cellule dell’adenoipofisi, che stimolano in modo specifico la
produzione dei rispettivi ormoni.
● Ormoni inibitori: inhibiting hormones (IH) or inhibiting factors (IF),
inibiscono la biosintesi e la secrezione di alcune tropine ipofisarie.

La sede di produzione dei singoli RH e IH NON è esclusiva (ma vedremo poi essere,
piuttosto, preferenziale), questo significa che nei diversi nuclei si ha la produzione di
più fattori. Si ha la produzione di fattori in quantità molto bassa (ng). I peptidi
hanno un’emivita molto breve. Questi sono i motivi per cui sono coinvolti in un
percorso molto breve: tramite il circolo portale consegnano RH e IH all'adenoipofisi.

RELEASING HORMONES IPOTALAMICI ( o ORMONI IPOFISIOTROPI):

1. RH dell’ormone della crescita (GHRH): stimola le cellule produttrici di ormone


somatotropo o della crescita (STH o GH);
5
2. RH dell’ormone tireotropo (TRH): stimola le cellule tireotrope a produrre
l’ormone tireostimolante (TSH). Stimola anche la secrezione di prolattina
(PRL);
3. RH dell’ormone adrenocorticotropo (CRH): stimola le cellule produttrici di
ormone adrenocorticotropo (ACTH);
4. RH delle gonadotropine (GnRH): stimola le cellule gonadotrope alla
secrezione dell’ormone luteinizzante (LH) e dell’ormone follicolo-stimolante
(FSH);
5. RH per prolattina (PrRH): è discussa l’esistenza di un fattore di rilascio per
la prolattina.

INHIBITING HORMONES IPOTALAMICI:

1. GHIH o somatostatina: ormone inibente GH, TSH, insulina, glucagone e


praticamente tutti gli ormoni del sistema gastro-entero pancreatico prodotto
anche dalle cellule 𝞭 delle isole pancreatiche e del tratto gastroenterico;
2. MIF o melanoostatina: ormone inibente l’ormone stimolante i melanociti
(MSH);
3. PIF o prolattostatina: ormone inibente la prolattina: dopamina, DA 70%,
GnRH associated peptide 30%.

La dopamina (DA) è un amina biogena prodotta da ipotalamo e altre aree del SNC,
dotata di potente attività inibitoria sulla secrezione di prolattina (PRL), ormone
adenoipofisario che consente la produzione di latte da parte della ghiandola
mammaria. Questo meccanismo funziona in maniera continua durante la vita
dell’individuo. Un maschio sano non ha la necessità di produrre latte, mentre una
femmina sana ne produce solo nel periodo post-partum. Questo significa che deve
esserci un sistema di inibizione che controlla la secrezione della prolattina.

L’esistenza di questi fattori di rilascio e inibizione ha anche dei correlati clinici e


terapeutici. L'utilizzo di prodotti di analoghi ricombinanti dei fattori di rilascio e
inibizione consente di intervenire su diversi quadri patologici:

1. GHRH: iniezione sottocutanea nel caso di deficit di crescita;


2. GnRH: somministrazione pulsatile per indurre l’ovulazione;
3. Somatostatina: attività antiproliferativa nei tumori neuroendocrini del canale
digerente;
4. Farmaci dopaminergici: blocco di secrezione PRL e della produzione di latte.
Questo può succedere come effetto collaterale di un farmaco in una donna che

6
ha bisogno di dopaminergici oppure può essere utilizzato quando in una
puerpera è necessario interrompere la produzione del latte.

ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA ENDOCRINO:

Nell’adenoipofisi vengono prodotti ormoni riconducibili a due


famiglie:

● Ormoni tropici: riconoscono come cellula bersaglio le


ghiandole endocrine periferiche:
1. FSH e LH → ovaie e testicoli
2. TSH → tiroide
3. ACTH → surrene
4. GH può anche essere non tropico

● Ormoni non tropici: riconoscono come bersaglio


direttamente un tessuto non endocrino:
1. PRL: → ghiandola mammaria
2. MSH → melanociti dell’epidermide
* → indica “agisce”.

La neuroipofisi: immette in circolo gli ormoni ipotalamici.

Le ghiandole endocrine periferiche: producono ormoni diretti alle cellule


bersaglio.

I neuroni parvocellulari ipotalamici inviano assoni alla zona esterna dell’eminenza


mediana, dove è presente un plesso capillare che deriva dall’arteria ipofisaria
SUPERIORE (ricordiamoci che l’inferiore è invece
approdo degli assoni dei magnocellulari). Da qui i capillari
confluiscono in vene portali e raggiungono l’adenoipofisi.

SCHEMA GENERALE DEL SISTEMA ENDOCRINO:

Nello schema generale, l’attività delle ghiandole endocrine


è costantemente controllata da sistemi che adeguano i
livelli ormonali alle esigenze dell’organismo. Il feedback
è un sistema di controllo retroattivo che regola la
secrezione ormonale in base a:

a. concentrazione dell’ormone stesso;


b. effetti dell’ormone

Si parla di feedback negativo quando gli alti livelli


ematici di un ormone inibiscono la sintesi e/o la
liberazione dell’ormone stesso.

Si parla di feedback positivo quando l’ormone finale


stimola la secrezione di un ormone che ne ha indotto il
rilascio (in altre parole l’ormone “a valle” stimola la
secrezione dell’ormone “a monte”).

FEEDBACK NEGATIVO ASSE IPOTALAMO-IPOFISARIO:


7
Un esempio di feedback negativo è rappresentato dell’asse ipotalamo-ipofisi-
tiroide. Questo meccanismo avviene in diverse tappe:

1. I neuroni ipotalamici rilasciano il thyroid releasing


hormone (TRH);
2. TRH stimola le cellule dell’ipofisi anteriore a
secernere thyroid-stimulating hormone (TSH);
3. TSH si lega a recettori sulle cellule tiroidee
stimolando la sintesi e il rilascio degli ormoni tiroidei
T3-T4 che agiscono su molti tipi cellulari;
Quando e se le concentrazioni ematiche degli ormoni tiroidei
T3-T4 aumentano oltre un certo livello, essi inibiscono i
neuroni ipotalamici e la secrezione di TRH viene interrotta.

I meccanismi di feedback negativi intervengono anche a


livello ipofisi-ipotalamo.

I NUCLEI NEUROENDOCRINI PARVOCELLULARI


IPOTALAMICI:

I principali nuclei parvocellulari sono:

1. Neuroni dell’area preottica: nucleo preottico mediale;


2. Nucleo arcuato;
3. Nucleo paraventricolare regioni parvocellulari;
4. Nucleo periventricolare presenta neuroni parvocellulari secernenti.

Le cellule presenti in più nuclei ipotalamici parvocellulari rappresentano la sede di


produzione dei singoli RH. Ogni nucleo è specializzato nella sintesi e nel rilascio di
RH, per questo motivo si parla di rilascio
preferenziale:

1. RH gonadotropi: nucleo preottico


mediale, nucleo arcuato, area
preottica
2. TRH: area estesa dal nucleo
soprachiasmatico al
paraventricolare, arcuato e
ventromediale
3. DA: nucleo arcuato
4. CRH: area di secrezione estesa
dall'eminenza mediana ai corpi
mammillari

1.NUCLEO PREOTTICO MEDIALE:

Nella classificazione internazionale è indicato come 3° nucleo interstiziale


dell’ipotalamo anteriore (INAH3). È situato nell’area preottica, al di sopra dei
nuclei sopraottico e soprachiasmatico. Produce principalmente gonadotropin-
releasing hormone, ossia il fattore di rilascio per le gonadotropine (GnRH). Questo
nucleo presenta un certo dimorfismo sessuale, perché è legato a una funzione di
tipo sessuale. Nella vita fetale, lo sviluppo del nucleo preottico mediale è regolata
8
dall’esposizione in utero al testosterone. Il testicolo fetale comincia a produrre
testosterone in epoca piuttosto precoce. Questa stimolazione porta a un maggiore
sviluppo del nucleo preottico mediale nel maschio, rispetto che nella femmine.

2. NUCLEO ARCUATO O INFUNDIBOLARE:

È il nucleo che ha funzioni e strutture più


complesse. Si parla di nucleo “arcuato”,
perchè circonda la parte ventrale del 3°
ventricolo, sopra l’eminenza mediana.

Svolge funzioni complesse sia nella produzione di ormoni che nello svolgimento di
funzioni vegetative ed emozionali. Nello specifico i suoi neuroni sono attivi nel
controllo della riproduzione, dell’alimentazione e nella risposta allo stress. La
complessità del nucleo arcuato è dovuta alla presenza di connessioni nervose, che
gli permettono di comunicare con varie strutture del sistema nervoso centrale:
sistema limbico, sostanza grigia periacqueduttale, nuclei autonomici del tronco,ipofisi
e ipotalamo.

Strutturalmente i neuroni del nucleo arcuato sono piuttosto piccoli, densamente


raggruppati, forniti di 1-3 dendriti. I suoi neuroni funzionano con neuropeptidi e
nei diversi gruppi neuronali sono stati identificati oltre 15 neuropeptidi: dopamina
DA, pro-opiomelanocortina POMC, somatostatina e neuropeptide Y (NPY).

La maggior parte dei neuroni esprime almeno 2 neuropeptidi (si parla di


coespressione).

La parte neuroendocrina dei neuroni del nucleo arcuato produce diversi fattori di
rilascio per ormoni adenoipofisari: GnRH, CRH, TRH, GHRH e l’IF dopamina in modo
aspecifico.

Nel nucleo arcuato è possibile distinguere neuroni più prettamente neuroendocrini e


neuroni a proiezione centrale, che sono attivi nelle funzioni comportamentali,
emozionali e legati al controllo dell’alimentazione.

I neuroni neuroendocrini sono diretti al sistema portale ipofisario e si distinguono


due clusters:

1. dorsomediale: che rilascia dopamina DA e fattori di rilascio per le


gonadotropine GnRH;

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2. basolaterali: che rilasciano il fattore di rilascio per l’ormone della crescita
GHRH e diversi neuropeptidi, tra cui la kisspeptina KNDy.

I neuroni a proiezione centrale sono diretti alle regioni cerebrali e ai nuclei


ipotalamici. Sono coinvolti nella regolazione
dell'assunzione di cibo.

Il nucleo arcuato è la sede principale dei neuroni


dopaminergici, per l’inibizione della secrezione della
prolattina.

Dal un punto di vista funzionale, i neuroni dopaminergici


costituiscono una singola popolazione, mentre
anatomicamente vengono individuati tre diversi gruppi:

1. Neuroni tuberoinfundibolari (TIDA): dalla zona


dorsomediale del nucleo arcuato alla zona esterna
dell’eminenza mediana;
2. Neuroni tuberoipofisari (THDA): dalla regione
rostrale del nucleo arcuato alla neuroipofisi e al lobo
intermedio;
3. Neuroni periventricolari (PHDA): dal nucleo
periventricolare al lobo intermedio dell’ipofisi.

Esiste un meccanismo di feedback negativo corto tra ipofisi ed ipotalamo.

I neuroni TIDA sono definiti multitasking, perché svolgono diverse funzioni. Il loro
assone rilascia dopamina a livello dell’eminenza mediana per raggiungere
l’adenoipofisi. Questi possono rilasciare dopamina anche per rilascio
somatodendritico, che permette alla dopamina di agire con meccanismo autocrino
o paracrino su neuroni adiacenti, che possono regolare diverse funzioni relative alla
fame, crescita, riproduzione e glicemia.

I GnRH sono fondamentali per la sopravvivenza di tutte le


specie di mammiferi. I neuroni che producono GnRH si trovano
su più nuclei: si parla di ridondanza funzionale. Questo
consente di aumentare la probabilità di funzione mantenuta,
anche in caso di lesioni settoriali. I neuroni sono numerosi e
sparsi, anche al di fuori del nucleo e sono più concentrati
intorno all’eminenza mediana. I neuroni atti a questa funzione
sono generalmente piccoli, bipolari o multipolari e
proiettano tutti sull’eminenza mediana.
Sono capaci di un rilascio pulsatile di GnRH che porta ad un
rilascio pulsatile di LH.

Correlati clinici: sindrome dell’ovaio policistico è legata ad


alterazioni della pulsatilità. Questa è un’evenienza non rara
nella giovane donna.

Nella fase embrionale, questi ormoni risalgono all’ipotalamo


dal placode nasale insieme agli assoni olfattivi. Gli assoni olfattivi entrano nella
cavità cranica attraversando la lamina cribrosa dell’etmoide e raggiungono i bulbi
olfattivi. I neuroni parvocellulari entrano nella cavità cranica, insieme agli assoni
olfattivi (quindi stesso tragitto), anche se molto probabilmente non originano dalle
10
cellule del tetto della cavità nasale, ma da cellule della cresta neurale migrate
nell’abbozzo nasale.

Questo meccanismo di migrazione comune ha un risvolto clinico: possono esserci


sindromi cliniche correlate a deficit di migrazione. Si parla della Sindrome di
Kallmann che consiste in un ipogonadismo congenito ipogonadotropo e
anosmia. Questi soggetti presentano un mancato sviluppo degli organi riproduttivi

e hanno anche difficoltà a percepire gli odori, perché i loro assoni olfattivi non sono
migrati correttamente. È una sindrome genetica eterogenea, perché sono stati
riconosciuti diversi geni che riguardano fattori di crescita, che sono indispensabili nei
processi di sviluppo e nei meccanismi di migrazione cellulare. Si tratta di una
patologia eterogenea e questo porta a una disomogeneità:
maschio (1 su 8000) e femmina (1 su 40000). Nell’immagine
accanto è possibile osservare l’aspetto schematico di questi
pazienti affetti da questo deficit di migrazione:

● riduzione sviluppo degli organi sessuali esterni e/o


assenza caratteri sessuali secondari, (es. mancanza di
peli sul corpo in entrambi i sessi),
● donne hanno un’amenorrea primaria;
● mancato sviluppo delle ghiandole mammarie;
● soggetti lamentano anosmia o iposmia a seconda del
grado di espressività clinica del deficit.

I neuroni GnRH hanno un’attività pulsatile, regolata da altri


neuroni presenti nel nucleo arcuato e nell’area preottica, che utilizzano in particolare
la kisspeptina per modulare la frequenza di scarica dei neuroni GnRH. I neuroni a
kisspeptina ricevono a loro volta inputs da area preottica, nucleo paraventricolare
e altre regioni cerebrali. I nuclei kisspeptina sono influenzati e controllati nella loro
scarica pulsatile di eccitazione sui neuroni GnRH. La kisspeptina è stato definita il
peptide promotore della pubertà. Su questi neuroni arrivano impulsi anche dalle
aree superiori encefaliche e fino al momento della pubertà sono bloccati. All’ inizio
dell’età della maturazione sessuale, questi neuroni vengono progressivamente
attivati e vanno ad eccitare i neuroni produttori di RH per le gonadotropine, che
rilasciano il prodotto sull’eminenza mediana. Le gonadotropine dell’adenoipofisi,

11
vengono prodotte in quantità maggiori e agiscono
sulle gonadi, provocando la maturazione sessuale
dell’individuo.

Dato il diverso controllo e funzionamento dell’attività


riproduttiva nel maschio e nella femmina, il nucleo
arcuato (o infundibolare) presenta un certo grado di
dimorfismo sessuale. Le femmine hanno una
maggiore quantità di oppioidi endogeni e una
maggiore eccitabilità dei neuroni che lavorano a POMC
(dati sperimentali su topo). Negli studi sperimentali,
il dimorfismo è stato visto anche nella specie umana:
le donne, sia in età giovanile che post-menopausale,
hanno un maggiore numero di neuroni kisspeptina e
più grandi rispetto al maschio (immagine a destra
mostra la differenza di scarica tra maschio e femmina
nei neuroni del nucleo arcuato).

Nel nucleo arcuato, i neuroni a proiezione centrale regolano l’assunzione del cibo
e il controllo dell’equilibrio energetico. È possibile
distinguere due gruppi neuronali antagonisti, che
possono essere inibiti o eccitati dall’ ormone della
sazietà, la leptina, prodotta dagli adipociti.

1. Neuroni a pro-opiomelanocortina POMC/


MSH (in giallo): sono eccitati dalla leptina, che
arriva con il sangue e questo provoca una
sensazione di sazietà.
2. Neuroni Agouti-related protein AgRP (in
verde): sono inibiti dalla leptina e questo provoca
una sensazione di fame.

Questi neuroni sono sensibili alla leptina che interviene sul senso di fame e di sazietà.
Ma dove scaricano la loro informazione questi neuroni sensibili alla leptina? Vanno su
recettori CART (nello specifico recettori MC4R) a livello di nuclei ipotalamici che
proiettano a centri nervosi implicati in gratificazione, sazietà, comportamento
sessuale. Questi neuroni proiettano a numerose regioni cerebrali: corteccia
encefalica, il tronco encefalico, area tegmentale ventrale (VTA) e nucleo
l’accumbens, centri implicati nelle risposte di reward, nella percezione di piacere
del cibo (percezione edonistica del cibo) e nelle dipendenze da cibo o da altre
molecole.

POMC: la pro-opiomelanocortina è una molecola che può dare origine a diverse


molecole attive, tramite il meccanismo di taglio differenziato di pro-ormoni. La POMC
viene tagliata per sintetizzare:

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1. ACTH, diretto alla cellula nella
corteccia surrenale (zona
fascicolata), che poi produce
cortisolo.
2. Frammenti
melanostimolanti, che
stimolano i melanociti
epidermici, che favoriscono la
produzione e il rilascio di
melanina.
3. Betalipotropina, che può
essere ulteriormente tagliata in
endorfine (oppioide endogeno
che produce analgesia) e
gamma lipotropina, che ha
come bersaglio l’adipocita e
l’epatocita e quindi induce lipolisi e steroidogenesi.

La mutazione del gene per la POMC porta a un quadro


clinico caratterizzato da:

● Insufficienza surrenalica;
● Pigmentazione rossa dei capelli;
● Obesità precoce e rapidamente progressiva;
● Diabete di tipo 2 a esordio precoce;
● Ipogonadismo;
● Ipotiroidismo;
● Deficit di ormoni della crescita (GH).

AgRP: prende il nome da una specie di roditore del centro-


sud America, chiamato Agouti. Il neuropeptide del nucleo arcuato ha una sequenza
molto simile a quella del Agouti signalling peptide, proteina sintetizzata nella cute
che controlla il colore del mantello e il senso di fame del roditore. Le mutazioni di
questo gene causano un senso alterato della fame (peso maggiore) e mutazioni del
colore del pelo (colorazione giallo-rossiccia).

3.NUCLEO PERIVENTRICOLARE:

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Il nucleo periventricolare è un sottile strato neuronale, in posizione mediale lungo
la parete esterna del 3° ventricolo. Questo produce:

1. Somatostatina e TRH:
2. Kisspeptina e
Neuropeptide Y:
modulazione del rilascio dei
GnRH con proiezioni al nucleo
arcuato e alla porzione
parvocellulare del nucleo
paraventricolare.

I neuroni di questo nucleo


presentano interdigitazioni nella
parete ependimale del 3°ventricolo e
possono estendersi nella cavità del
terzo ventricolo. Questo consente
alla produzione ormonale del nucleo
periventricolari di raggiungere
direttamente il liquido cefalorachidiano.

Anatomicamente, il nucleo periventricolare si distingue in 3 regioni:

1. Regione rostrale: somatostatina, RH;


2. Regione intermedia: somatostatina, TRH, leptina, GnRH, gastrina, NPY;
3. Regione caudale: porzione più prettamente nervosa che regola il SNA e la
rabbia.

Schema riassuntivo relativo al funzionamento del neurone magnocellulare (sx) e del


neurone parvocellulare (dx).

I fattori di rilascio ipotalamici sono peptidi piccoli, attivi solo ad alte concentrazioni,
non possiedono proteine di trasporto e sono degradati rapidamente. Questo è il
motivo per cui hanno bisogno del circolo preferenziale: circolo portale ipotalamo-
ipofisario.

EMINENZA MEDIANA:

Si tratta dell’organo circumventricolare e rappresenta l’area di convergenza di RH e


IH prodotti dall’ipotalamo e diretti all'adenoipofisi. È una struttura ipotalamica situata
sulla linea mediana, anteriormente al 3° ventricolo, adiacente al nucleo arcuato.
L’eminenza mediana è caratterizzata da un ricco plesso capillare con epitelio

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fenestrato (assenza della barriera ematoencefalica → contatto sangue-cervello
bidirezionale). Dal punto di vista endocrino, l’eminenza mediana coordina e
modifica il rilascio dei RH/IH ipotalamici:

● ottimizzando l’ampiezza e la durata delle scariche dei neuroni


tuberoinfundibolari nella circolazione portale;
● modulando l’output provocando variazione nell’accesso dei terminali
assonali al letto capillare;

Es. Riduzione dei contatti neuroni GH-RH con l’età.

● bloccando e sbloccando grazie a cellule gliali specializzate il rilascio di GnRH


nelle diverse fasi del ciclo estrale.

É una struttura nervosa peculiare, perché contiene terminali nervosi e cellule


gliali ma è praticamente priva di sinapsi.

Anatomicamente, è possibile distinguere 3 zone + una zona capillare:

1. Strato più interno ependimale: presenta taniciti ed ependimociti. Sono


presenti diverse tight junctions per bloccare un’eventuale diffusione di
molecole ad alto peso molecolare dal liquor.
2. Zona interna: sono presenti gli assoni dei neuroni magnocellulari con corpi di
Herring diretti alla neuroipofisi e gli assoni dei neuroni parvocellulari diretti alla
zona esterna. Sono presenti anche cellule di supporto microgliali.
3. Zona esterna: è la sede di scambio assoni-sangue. Sono presenti gli assoni
per RH e IH diretti al sistema portale e neuroni DA e 5HT.
4. Zona capillare: presenta ampi terminali nervosi, varicosità per rilascio e
capillari fenestrati.

TANICITI

I taniciti sono cellule gliali specializzate dell’eminenza mediana, fornite di lunghi


processi citoplasmatici e sono considerati residui della glia radiale. Dal punto di vista
embriologico la glia radiale funge da impalcatura e guida nello sviluppo del SNC.

I corpi cellulari tappezzano pavimento e parete ventrale del 3° ventricolo, ossia la


zona ependimale dell’eminenza mediana. Presentano dei lunghi processi terminali
chiamati piedi terminali che variano nei sottotipi diversi di taniciti che:

● O raggiungono il plesso capillare primario del sistema portale ipotalamo-


ipofisario: circondano i capillari e possono modulare il rilascio di RH-IH dai
terminali assonali;
● O proiettano a neuroni ipotalamici coinvolti nei meccanismi della fame, in
particolare nucleo arcuato e nucleo ventromediale.

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Infatti si distinguono diversi tipi di taniciti:

1. 𝞪1 e 𝞪2: controllano la fame e proiettano rispettivamente


al nucleo ventromediale e al nucleo arcuato. A questo
livello la barriera è assente e vengono percepite diverse
molecole.
2. 𝞫1: regolano il GnRH e i loro processi proiettano al nucleo
arcuato e all’eminenza mediana.
1. 𝞫2: si trovano nel pavimento del 3° ventricolo e i loro
processi proiettano direttamente all’eminenza mediana,
raggiungendo i capillari fenestrati. Sono sensibili a segnali
nutrizionali che provengono dal sangue.Tra i taniciti β2
esistono delle tight junctions, che formano una
barriera per il passaggio di molecole polari tra eminenza
mediana e liquor.

Quindi i taniciti come cellule fanno da ponte E barriera tra liquor e circolo portale-
ipofisario. Il tanicita è in grado di captare leptina dai capillari portali e di rilasciarla
nel liquor del 3° ventricolo, da dove può raggiungere il nucleo arcuato. I taniciti sono
sensibili anche ai livelli di glicemia e probabilmente possono fungere da cellule
staminali di riserva per i nuclei talamici produttori di POMC. È possibile che abbiano
anche mantenuto un ruolo da glia radiale, probabilmente possono fungere da guida
per la migrazione neuronale durante lo sviluppo.

Nell’unità funzionale dell’asse ipotalamo-ipofisi i processi hanno una certa pulsatilità


e ritmo biologici. Si parla di pulsatilità perchè i neuropeptidi ipotalamici e gli
ormoni ipofisari sono rilasciati con modalità pulsatile, determinata da stimoli
elettrici da centri nervosi sovrastanti. Si ha una non continuità di secrezione.
L’oscillatore master di questa pulsatilità è il nucleo soprachiasmatico, che regola
l’orologio biologico.

Esistono diverse modalità di pulsatilità:

⮚ Ritmi circorali: propri delle gonadotropine ipofisarie, con cicli che si ripetono
a cadenza oraria.
⮚ Ritmi circadiani: propri degli ormoni, in particolare ACTH e steroidi, con
cicli che si ripetono nelle 24 ore, collegati al ciclo luce/buio o all’insorgenza del
sonno.
Es. CRH e ACTH: picco ore 6-9 del mattino, livelli più bassi 23-2: preparazione
alle perturbazioni ambientali che richiedono stato di allerta.
⮚ Ritmi circamensili: propri delle gonadotropine femminili, con il ciclo
mestruale.
⮚ Ritmi circannuali: propri degli ormoni sessuali maschili, specialmente negli
animali.

IPOFISI (o GHIANDOLA PITUITARIA):

La ghiandola ipofisi si trova al di sotto dell’ipotalamo e può essere considerata il


centro di controllo neuroendocrino. Anatomicamente, si trova nella fossa cranica
media, nello specifico nella fossetta ipofisaria sul fondo della sella turcica dello
sfenoide ed è avvolta dalla meninge più esterna della dura madre che riveste la sella.

16
Il termine ipofisi deriva dal greco e indica “qualcosa che cresce al di sotto”, mentre
ghiandola pituitaria deriva dal latino e significa “ghiandola che produce muco”.

In una sezione coronale, l’ipofisi si presenta al sopra del seno sfenoidale, ai lati dei
seni cavernosi e al di sotto del chiasma ottico.

È formata da due porzioni distinte per funzione, struttura e origine embriologica:

1. parte anteriore o adenoipofisi: ghiandolare


2. parte posteriore o neuroipofisi: nervosa ed è più piccola

Le due porzioni sono unite strettamente tra loro e avvolte da una sottile capsula
comune, derivata dalla dura madre. È presente una connessione con l’ipotalamo data
dal peduncolo ipofisario. Le dimensioni dell’ipofisi variano con l’età e il sesso. Le
sue dimensioni sono:

● diametro trasversale circa 15 mm;


● diametro verticale circa 5 mm;
● diametro antero-posteriore circa 8 mm.

Il peso medio è di circa 0,6 g, meno di un grammo.

(La professoressa precisa che è importante ricordare le misure in grassetto).

L'ipofisi è soggetta a variazioni di dimensione legate allo stato di attività ormonale:


ipertrofia: nella fase di accrescimento rapido del nostro corpo durante
l’adolescenza, durante la gravidanza e anche nel periodo post-partum, dove si
ha una forte produzione di prolattina.

Il peduncolo ipofisario permette la connessione tra


ipotalamo e ipofisi e si presenta come un cilindro allungato,
costituito da due porzioni:

1. porzione anteriore tuberale: considerata parte


dell’adenoipofisi, contiene cellule endocrine sparse
gonadotrope e corticotrope (non ad alta densità).
Circonda anteriormente e in superficie la porzione
posteriore infundibolare
2. porzione posteriore infundibolare: contiene gli
assoni amielinici di SON e PVN e scende come
continuazione del tuber cinereum

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La regione rostrale del peduncolo è quella più vicina all’ipotalamo ed è caratterizzata
dalla presenza di tortuose anse capillari che circondano un capillare centrale, parte
del sistema portale ipotalamo-ipofisario, situato nell’eminenza mediana.

ANATOMIA MACROSCOPICA GHIANDOLA IPOFISI:


La ghiandola ipofisi presenta una sottile capsula ed è avvolta dalla dura madre. Il
pavimento della sella è rivestito da un doppio strato di dura madre:

● strato meningeo interno (in


giallo)
● strato periostale esterno (in
rosso)

A livello della giunzione tra pavimento


della sella e solco carotideo (solco ai
lati della sella turcica, dove troviamo
la carotide interna) si ha lo
sdoppiamento dei foglietti:

● lo strato esterno continua


lateralmente per formare la
parete anteriore del seno
cavernoso;
● lo strato interno resta aderente
all’ipofisi e forma la parete mediale del seno cavernoso

La superficie posteriore inferiore dell'ipofisi, dopo la rimozione del pavimento della


sella turcica, è possibile osservare gli strati interno ed esterno della dura madre,
separati sul pavimento della sella da piccoli vasi che sono i seni intercavernosi
(piccoli seni venosi che connettono i due seni cavernosi). Sono visibili all'estremità
legamenti parasellari.
La parete mediale del seno cavernoso è costituita dallo strato meningeo della
dura madre che forma la parete laterale della fossetta ipofisaria:

● superiormente si continua con il diaframma della sella. La chiusura della fossa


ipofisaria che lascia solo il passaggio del peduncolo
● connessa lassamente alla capsula ipofisaria da sottili bande connettivali, che
avvolge in maniera piuttosto lassa la ghiandola.

Tra capsula ipofisaria e parete mediale del seno cavernoso sono presenti sottili bande
connettivali definiti legamenti pituitari e hanno la consistenza dell’aracnoide.

La dura madre circonda il pavimento e la parete


dell'ipofisi, e risalendo nella fossa ipofisaria forma una
sorta di tetto della fossa, che chiude in alto l'ipofisi a
eccezione del peduncolo: questa chiusura è il
diaframma della sella, lamina orizzontale di dura
madre a doppio foglietto: meningeo e periostale.

Si estende lateralmente fino al punto di incontro tra


parete mediale e tetto del seno cavernoso. Tra i due
strati del diaframma sono presenti i seni
intercavernosi anteriori e posteriori. Il diaframma è
in contiguità con lo spazio subaracnoideo (sopra il
18
diaframma della sella) e ciò richiede l’attenzione del chirurgo, perché può essere
lesionato e portare alla perdita di liquor (liquorrea).
Il diaframma della sella si continua:

● anteriormente con la dura madre della porzione anteriore del corpo


sfenoidale;
● posteriormente con la dura madre del tubercolo della sella e del clivus;
● lateralmente:
- strato esterno si continua con il tetto dei seni cavernosi;
- strato interno si continua con la parete mediale dei seni cavernosi
ed è aderente alla capsula ipofisaria.

L’apertura centrale del diaframma consente il passaggio del peduncolo ipofisario e ha


delle dimensioni di discreta variabilità: in
genere si considera normale da 4 a 10 mm.
Questa differenza di misure giustifica la
possibile espansione dell’ipofisi ingrossata.

Es. In base alle dimensioni si ha una diversa


espansione superiore o laterale dei tumori
ipofisari. Un diaframma molto ampio consente
all’ipofisi ingrossata di estendersi al di sopra
del diaframma; mentre un diaframma molto
stretto permette alla ghiandola pineale di
espandersi lateralmente e di comprimere i
seni cavernosi.

Le indagini radiologiche possono portare a una


situazione definita di empty sella, aspetto radiologico caratteristico che fa sembrare
la sella vuota. La ghiandola ipofisi non è assente ma è schiacciata contro le pareti
della sella turcica. È una situazione per lo più asintomatica, infatti, si riscontra
casualmente fino al 20% della popolazione. Questa può essere dovuta:

● incompleta formazione del diaframma, che consente il passaggio del liquor


all'interno dell'involucro meningeo;
● ipertensione endocranica, legata alla spinta di liquor da parte dei processi
che portano all’aumento della pressione intracranica.

L’ipofisi ha una forma cuboide e presenta:

19
● Faccia anteriore: è in contatto con il tubercolo della sella e corrisponde alla
regione superiore del seno sfenoidale;
● Faccia posteriore: è in contatto con la lamina quadrilatera o dorso della sella,
setto che separa la ghiandola dalla fossa cranica posteriore;
● Faccia inferiore: è in rapporto, tramite il pavimento della sella, con il seno
sfenoidale;
● Superiore: con l’interposizione del diaframma della sella, è in rapporto con la
faccia inferiore del diencefalo a cui è connessa tramite il peduncolo ipofisario;
● Laterali: è in rapporto con la parete mediale del seno cavernoso.

I rapporti anatomici dell’ipofisi hanno un’importante rilevanza clinica: un


ingrossamento della ghiandola pineale può causare una compressione del chiasma
ottico. Questo porta a un deficit campimetrico, visivo. Si può verificare
un’emianopsia bitemporale e una ridotta qualità del visus.

Un altro aspetto clinico rilevante riguarda l’approccio chirurgico trans-


sfenoidale. L’ingresso può avvenire dal seno mascellare o dalle cavità nasali (più
spesso). In entrambi i casi sono necessarie aperture ossee nel seno sfenoidale e nella
sella, in modo tale da esporre la ghiandola ipofisi.

Le strutture anatomiche in rapporto con l’ipofisi sono:

● superiormente:
1. diaframma della sella;
2. chiasma ottico, è separato dall’ipofisi dalla cisterna soprasellare e dal
diaframma della sella;
3. recesso o infundibolare del 3° ventricolo, imbutiforme, da
prolungamento verso il basso del pavimento ventricolare
nell’infundibolo;
4. cisterna soprasellare o chiasmatica, si trova sopra la sella turcica, sotto
l’ipotalamo e contiene il chiasma ottico e l’infundibolo. Vicinanza con
l’ipofisi da cui deriva maggior rischio di liquorrea nasale dopo aver
effettuato una chirurgia ipofisaria trans-sfenoidale.
● anteriormente:
1. parete anteriore o tubercolo della sella turcica (seno sfenoidale);
2. seno intercavernoso anteriore.
● posteriormente:
1. parete posteriore o dorso della sella;
2. seno intercavernoso posteriore.
● inferiormente:
1. fossa ipofisaria con doppio strato durale;
2. seni intercavernosi inferiori: interposti tra i due foglietti durali.
● lateralmente:
20
1. seni cavernosi e strutture in essi contenuti:
a. arterie carotidi interne: la distanza tra il margine mediale della
carotide interna e il margine laterale dell’ipofisi è di 1-3 mm, ma
l’arteria può protrudere attraverso la sottile parete mediale del
seno a indentare la ghiandola e questo rappresenta un rischio di
sanguinamento chirurgico.
b. plesso carotideo;
c. VI più medialmente;
d. III, IV, V più lateralmente.

I seni intercavernosi sono interconnessioni venose situati sulle pareti e sul


pavimento della fossetta ipofisaria, nello spessore della dura madre e anche nel tetto
della fossa ipofisaria, ossia nel diaframma. Sono importanti da studiare in fase
preoperatoria data la variabilità individuale. Questi sono:

● seno intercavernoso anteriore: margine


anteriore della fossa;
● seno intercavernoso inferiore: margine
inferiore della fossa, al di sotto della ghiandola;
● seno intercavernoso posteriore: margine
postero-superiore della fossa;
● seno del dorso della sella: faccia posteriore del
dorso;
● seno basilare: sul clivus, a cavità multiple settate.

I seni intercavernosi anteriore e posteriore sono impari e ricevono vene ossee


dallo sfenoide, vene durali e vene ipofisarie. Questi, con il tratto dei seni cavernosi
che essi congiungono, descrivono attorno al peduncolo dell’ipofisi un’ellisse a maggior
asse trasversale: il seno circolare. Quest’ultimo drena nei seni petrosi superiori e
inferiori e nel plesso basilare. La sella turcica posteriormente entra in rapporto con
mesencefalo, arteria basilare e origine delle arterie
cerebrali posteriori.

La rilevanza clinica dei rapporti anatomici dell’ipofisi è


legata all’invasione dei tessuti parasellari e seni
cavernosi da parte di adenomi ipofisari (in verde)
portando a:

● compressione dei nervi e dei vasi contenuti


nel seno cavernoso,
● rischio di recidiva, dovuta all’impossibilità di
esportare il tumore.

Es. paralisi del nervo abducente (VI paio nervi cranici), dovuta alla presenza di
un adenoma ipofisario. Nell’immagine, il paziente presenta un deficit del nervo
abducente di sinistra e per questo è incapace di volgere lo sguardo verso sinistra.

21
Questo nervo è il più vicino alla ghiandola ipofisi e per questo motivo
è frequentemente colpito da ingrossamenti ipofisari.

Altri casi di compressione delle strutture cavernose, possono essere


dovuti ad ascessi ipofisari (può partire da sinusite paranasale che
porta a etmoidale e meningite e quindi ascesso) o più
frequentemente da sinusite etmoidale o meningite.

STRUTTURA IPOFISI:

La ghiandola pineale è formata da:

● adenoipofisi: porzione anteriore. Si tratta della struttura epiteliale


ghiandolare che produce ormoni sotto il controllo dell’ipotalamo;
● neuroipofisi: porzione posteriore. Si tratta della struttura nervosa, costituita
da fibre nervose e da pituiciti (cellule gliali), che immette in circolo ormoni
ipotalamici, prodotti dai neuroni magnocellulari dell’ipotalamo.

Queste due porzioni sono separate da una fessura chiamata Tasca di Rathke, sede
della formazione embriologica da cui origina l’ipofisi. Negli individui giovani (fino al
16° anno di vita) è possibile evidenziare la fessura ipofisaria.

Nella prossima lezione vedremo la struttura dell’ipofisi.

22
C.I. ANATOMIA UMANA E CLINICA II- Prof.ssa Volpi
LEZIONE 3- 26.11.2020
Sbobinatore: Claudia Capuozzo
Revisionatore: Michele Cottone

ADENOIPOFISI
L’adenoipofisi costituisce la parte anteriore e più
grande dell’ipofisi; ha una disposizione reniforme, con
la faccia concava rivolta ad abbracciare il lobo
posteriore.
L’adenoipofisi dell’ipofisi è a sua volta suddivisa in tre
porzioni:
a. parte distale, che è la porzione più ampia;
b. parte intermedia, una semplice lamina, poco
sviluppata nella specie umana;
c. parte tuberale, la porzione più alta che
abbracciando l’infundibolo costituisce la parte
anteriore del peduncolo ipofisario.

L’adeoipofisi produce tre tipi di ormoni:


1. Tropici: hanno come bersaglio
esclusivamente altre ghiandole endocrine periferiche.
Sono:

-gli ormoni gonadotropi: folllicolostimolante


(FSH) e luteinizzante (LH);

-l’ormone tireotropo (TSH), che agisce


sulla tiroide;

- l’ormone adenocorticotropo o
corticotropina (ACTH), che ha come
bersaglio le cellule della corticale del
surrene.

2. Non tropici: hanno come bersaglio


organi non endocrini. Sono:

-la prolattina (PRL), che ha come bersaglio


la mammella;

-l’ormone melanotropo (MSH), che ha come bersaglio i melanociti;

3. Sia tropici che non tropici: l’ormone della crescita (GH) ha sia effetti tropici
agendo sul fegato, che non tropici poiché i suoi bersagli primari, sono le ossa,
i muscoli e tutti gli organi per l’accrescimento corporeo.

23
I. PARTE DISTALE:
La parte distale è una tipica ghiandola, costituita
da cellule secretorie cuboidi organizzate a
formare cluster, nidi e cordoni, con una ricca rete
di capillari fenestrati. Gli ormoni prodotti sono
peptidici e glicopeptidici, perciò la secrezione
avviene tramite granuli citoplasmatici, per cui
vescicole di secrezione regolata vengono
espulse per esocitosi, riversando il contenuto nei
capillari sinusoidi adiacenti.

Questa immagine (a sinistra) è una reazione di


ematossilina ed eosina: si noti che le cellule hanno
grado diverso di acidofilia e basofilia (basofile in
viola, acidofile in rosa, ci sono anche cellule
pallide)

Una prima classificazione su base istologica può


dividere le cellule in acidofile, basofile e
cromofobe o null cells. Elaborando di più la
tipizzazione istologica e istochimica di queste
cellule, si osserva che le cellule acidofile non
reagiscono alla reazione PAS, che evidenzia su
sezioni di tessuto la componente glucidica. Quindi, in questa
reazione, che è PAS orange, sono visibili in viola le cellule basofile e
in giallo le cellule acidofile, che non si colorano con il PAS. Il viola è
la colorazione per gli zuccheri.

1. Le cellule acidofile che non si colorano con il PAS, producono e


contengono ormoni polipeptidici, e sono le cellule somatotrope
producenti GH e lattotrope producenti PRL. Rappresentano circa il
40% della popolazione della parte distale dell’ipofisi.

2. Le cellule basofile producono ormoni glicoproteici, per cui si


colorano in virtù della componente glucidica, e rappresentano il 10%.
Appartengono a questo gruppo le cellule tireotrope, gonadoptrope e
corticotrope, che producono ACTH. L’ACTH non ha una componente
glicoproteica di per sé, ma la componente zuccherina è presente nel
suo precursore, la pro-opiomelanocortina POMC.

3. Infine, metà delle cellule della parte distale non assumono


colorazione, quindi sono cromofobe, vuote di ormoni. Queste cellule
possono essere: degranulate, quindi appartenenti a popolazione acidofila che
alla popolazione basofila; cellule staminali non ancora differenziate in tipi
secernenti; oppure cellule che danno origine a tumori ipofisari non secernenti.

24
I diversi tipi cellulari non sono distribuiti in maniera random nella parte distale,
infatti:

la maggioranza delle cellule somatotrope (produttrici


di GH) si trovano nelle regioni laterali;

le cellule corticotrope (produttrici di ACTH) si trovano


nella parte centrale;

le cellule tireotrope (TSH) si ritrovano nella parte


anteriore;

le cellule lattotrope (PRL) si trovano nella parte


laterale.

Gli elementi cellulari che producono uno stesso ormone si organizzano a formare dei
network di piccoli gruppi di cellule, connesse tra loro da singole cellule. Si chiamano
network omotipici: costituiscono un reticolato di cellule di uno stesso tipo in grado
di comunicare e influenzarsi grazie all’esistenza di tight junctions tra le cellule di uno
stesso tipo. In questo modo avremo una secrezione in risposta allo stimolo che sia
coordinata,
forte e pronta ad
entrare in circolo.

ESEMPIO (immagine sovrastante): cellule produttrici rispettivamente di GH e PRL.


nell’immagine l’ormone è stato marcato con reazione di immunoistochimica e risulta
marrone.
Le cellule della parte distale mostrano anche un notevole grado di plasticità: sono
cioè in grado di effettuare variazioni permanenti per ottenere un migliore output,
dunque una più forte secrezione ormonale più forte. Questo meccanismo risulta
evidente nella produzione della prolattina, ormone che provoca formazione del latte
nella ghiandola mammaria. In una donna che ha partorito, l’ipofisi distale presenta

25
maggior volume e maggior numero di cellule lattotrope.
Queste cellule, in una donna che ha già partorito e che ha
già prodotto latte, sono anche più connesse tra loro. Quindi
il sistema è predisposto per un’ulteriore lattazione,
formando nuove connessioni intercellulari con nuove gap
junctions, e quindi allo stimolo successivo è in grado di dare
una risposta maggiore.

Si noti (nell’immagine accanto) come le cellule gonadotrope


che producono FSH e LH, non hanno una topografia
settoriale, ma sono diffuse su tutta la ghiandola, anche
se sono più concentrate lateralmente. Questa disposizione,
da un punto di vista evoluzionistico, rappresenta un
meccanismo di difesa: le cellule gonadotrope sono
necessarie per la sopravvivenza della specie, e se si verifica un evento lesivo che
colpisce un settore dell’ipofisi (come un tumore o un evento ischemico) si preserva
comunque una parte di popolazione gonadotropa, dunque l’individuo è comunque in
grado di riprodursi.

Diversi gruppi di cellule hanno


caratteristiche morfologiche diverse:

Questa immagine risulta da una reazione


immuno-istochimica in cui sono evidenziati
gli ormoni con anticorpi specifici, che poi
vengono legati ad un sistema rivelatore
che dà una colorazione del punto in cui
l’anticorpo si è localizzato legandosi
all’ormone.

Le cellule tireotrope sono angolate, con lunghi processi;

Le cellule gonadotrope sono tendenzialmente sparse e con l’età subiscono


metaplasia squamosa, perché con l’invecchiamento la funzione riproduttiva si
esaurisce (nella donna in particolare), quindi avviene una trasformazione non
funzionante di queste cellule;

le cellule somatotrope sono molto numerose e sono tonde;

le cellule che producono prolattina e mostrano il più alto grado di


plasticità, presentano processi citoplasmatici che si avvolgono attorno alle
cellule gonadotrope

26
le cellule corticotrope si trovano nella parte centrale e media
dell’adenoipofisi; sono caratterizzate da lisosomi organizzati in complessi
abbondanti che si presentano come vacuoli.

Le cellule della parte distale non hanno una


produzione ormonale unica, ma in diverse
situazioni una cellula è in grado di produrre
più ormoni; ad esempio le cellule tireotrope
producono non solo TSH, ma anche LH e
PRL. Questa non assoluta specificità si
osserva anche nella presenza di recettori per
i fattori di rilascio e di inibizione ipotalamici.
Dunque queste cellule endocrine producono
ormoni anche in risposta a fattori di rilascio
RH non specifici.

L’immagine a lato ci mostra in marrone la


coespressione di questi due ormoni TSH e
PRL, mentre le cellule produttrici pure di TSH
sono azzurre e le cellule produttrici pure di
PRL sono rosse.

In microscopia elettronica, sono visibili granuli, e sono riconoscibili i diversi ormoni


in questi contenuti tramite una particolare tecnica di immunocitochimica che utilizza
in questo caso particelle d’oro (tecnica chiamata l’immunogold). Questi punti neri
di diversa grandezza ci consentono di individuare i diversi tipi di ormoni.

Nella parte distale ci sono anche


cellule non endocrine note come
cellule follicolo stellate: presentano
processi citoplasmatici che si
insinuano tra le cellule endocrine, e si
raggruppano spesso a formare una
sorta di follicolo che contiene al suo
interno materiale colloide e residui
autofagici. Queste cellule sono cellule
gliali, come evidenzia la loro positività
per dei marker gliali, quali la proteina S100, per la proteina fibrillare acida della glia
GFAP e per l’annessina, appartenente ad una famiglia di proteine leganti calcio e
fosfolipidi. Si pensa che le cellule positive per annessina operino nella modulazione
degli ormoni glucocorticoidi per il feedback locale a livello ipofisario, e che abbiano
anche la capacità di lavorare come cellule presentanti antigene. Le funzioni generali
delle cellule follicolo stellate sono:

➢ regolazione paracrina delle cellule endocrine, in particolare per cellule


producenti glucocorticoidi e lavorano in questa reazione producendo citochine
e fattori di crescita. Tra i fattori di crescita prodotti dalle cellule follicolo stellate,
27
in particolare è evidente il VEGF (fattore di crescita vascolare
endoteliale); quindi si ritiene che lavorino anche al mantenimento
di un efficiente microcircolo locale, fondamentale per una
ghiandola endocrina che deve riversare i suoi prodotti in circolo;

➢ intervengono nella comunicazione intercellulare perché


fornite dai lunghi processi citoplasmatici con tight junctions e
questa funzione è soprattutto sviluppata per l’asse gonadotropo;

➢ agiscono come macrofagi e possono fagocitare cellule


endocrine degenerate.

Una sottopopolazione di cellule non endocrine quantitativamente limitata è positiva


per la nestina, marker per cellule staminali, che è un filamento intermedio. Non è
del tutto certo, ma si ritiene che le cellule che esprimono nestina rappresentino le
cellule staminali della parte distale dell’adenoipofisi.

L’adenoipofisi è in grado di produrre fattori di


crescita per le cellule gonadotrope, e anche
neuropeptidi come NPY. Non esistono in genere
cellule della parte distale che producano
esclusivamente neuropeptidi, ma si osserva una
colocalizzazione. Cellule indicate dalla testa della
freccia producono TSH e NPY.

II. PARTE INTERMEDIA:

La parte intermedia dell’adenoipofisi nella nostra specie ha uno


sviluppo abbastanza limitato. È una lamina separata dalla parte
distale grazie alla fessura di separazione tra le due porzioni
dell’ipofisi: si osservano in sequenza parte distale dell’adenoipofisi,
fessura di separazione, parte intermedia e neuroipofisi. È ricca di
cellule follicolo stellate, ben innervate, con
connessioni dirette con neuroipofisi tramite gli
spazi extracellulari. Dal punto di vista vascolare è
connessa alla parte distale dell’adenoipofisi, con
cui comunica da un punto di vista ormonale. La
caratteristica più rimarchevole strutturalmente è
la presenza di cisti (immagine al centro a dx)
contenenti materiale colloide eosinofilo,
delimitate da un epitelio cubico. Sono residui della
tasca di Rathke, la struttura di origine

28
dell’adenoipofisi. Tutti gli individui
presentano le cisti, che non sono
sintomatiche, ma che possono
assumere dimensioni notevoli,
fino a 40 mm e possono diventare
sintomatiche, portando a disturbi
visivi, ad alterazioni delle funzioni
ipofisarie e a cefalee che
richiederanno una diagnosi
differenziale con adenoma
ipofisario. Vediamo accanto un
ingrossamento dell’ipofisi in risonanza.

Oltre alle cisti, la zona intermedia ha una sua produzione ormonale. Le


cellule ormonali della zona intermedia sono soprattutto cellule corticotrope che
producono ACTH. Nell’invecchiamento queste cellule possono spingersi (come mostra
l’immagine) nella parte posteriore, andando a effettuare l’invasione basofila della
neuroipofisi, generalmente tuttavia senza conseguenze cliniche di rilievo. Queste
cellule corticotrope in parte producono ACTH, ma in massima parte producono altre
molecole ad azione ormonale, quali
endorfine e ormone melanostimolante.
Le cellule corticotrope producono la POMC, e
in base a come viene tagliata porterà alla
formazione di ACTH, che agisce sulla
corticale del surrene, o di β-lipotropina, da
cui si ottengono β-endorfine e ormone
melanostimolante MSH. Dunque queste
cellule corticotrope sono simili alle cellule
corticotrope della parte distale
dell’adenoipofisi, ma con un corredo
enzimatico diverso, ragion per cui la POMC
viene scissa in β-lipotropina e poi in
endorfine e MSH. Anche nella parte distale
dell’adenoipofisi sono presenti queste
cellule,
ma con
una

disposizione più sparsa.


29
III. PARTE TUBERALE

La parte tuberale o tubulare dell’adenoipofisi, si pone in rapporto con l’infundibolo,


che dall’ipotalamo scende alla parte posteriore dell’ipofisi e la abbraccia. È situata
subito sotto l’eminenza mediana e forma una sorta di guaina. Costituisce la parte
anteriore del peduncolo ipofisario. Questa topografia viene mantenuta grazie alla
derivazione embriologica: quando l’ipofisi si differenzia, dalla parte anterolaterale
della tasca Rathke originano le cellule che daranno origine alla parte tuberale. La
parte tuberale è una sezione particolare dell’adenoipofisi, perché è considerata
un’interfaccia tra adenoipofisi e nuclei neuroendocrini ipotalamici. Principalmente
lavora negli assi gonadotropo e lattotropo nella regolazione dei ritmi
circadiani (importante). La parte tuberale dell’ipofisi presenta recettori per la
melatonina, prodotta dalla ghiandola epifisi e responsabile dei ritmi cronobiologici,
cioè dell’alternanza dei livelli ormonali e dello stato di allerta durante il giorno e con
variazioni stagionali; e presenta anche recettori di endocannabinoidi, molecole
endogene con la struttura dei cannabinoidi, che mostrano recettori in diverse aree
cerebrali.

In base all’esistenza di queste diverse funzioni, riconosciamo nella parte tuberale dell
’adenoipofisi principalmente tre famiglie di cellule:

1) cellule endocrine classiche gonadotrope, presumibilmente migrate dalla parte


distale;

2) cellule non granulari gliali, distinte dalle cellule follicolo stellate della parte
distale perché non esprimono S100. Queste cellule gliali hanno una funzione
scavenger, un'attività macrofagica, e possono effettuare anche pinocitosi;

3) cellule endocrine proprie della parte tuberale sono quantitativamente poco


rilevanti, che formano cordoni incompleti intono ai vasi e hanno funzioni importanti.
Vengono chiamate cellule PT, ovvero cellule specifiche della parte tuberale.

Ci sono molecole (credo che la prof intendesse dire cellule piuttosto che molecole)
che formano TSH, FSH e LH, quindi classiche; in particolare il TSH è indirizzato ai
taniciti dell’eminenza mediana e modula in rilascio del releasing hormone per le
gonadotropine. Poi abbiamo un gruppo di cellule che produce peptidi specifici detti
tuberaline, in grado di raggiungere l’ipofisi distale e stimolare il rilascio prolattina.

Importante: le cellule PT presentano recettori per la melatonina, quindi questa


parte dell’ipofisi entra nei sistemi di regolazione cronobiologica e nella regolazione
fotoperiodica. Poiché le cellule PT vanno ad agire soprattutto sulla prolattina della
parte distale, si ritiene che questi recettori siano in grado di regolare diversamente
30
nell’arco nella giornata, in relazione alla luce, la produzione di
prolattina delle cellule lattotrope. Questa funzione è stata verificata
anche nella specie umana.

LISTA DEGLI ORMONI TROPICI E DEI


LORO BERSAGLI:

I. Gli ormoni gonadotropi sono FSH e


LH. L’FSH si lega alla granulosa del follicolo
di Graaf nella femmina e nel maschio alle
cellule di Sertoli testicolari. L’LH nella
femmina si lega alla teca granulosa
follicolare e nel maschio sulle cellule di
Leyding.

II. Derivati di POMC: ACTH, MSH e


lipotropine che agiscono su adipociti e
epatociti; le popolazioni cellulari sono distinte
in base all’ enzima che taglia la molecola
precursore.

Nota clinica importante: esiste una condizione


definita sindrome di Cushing, che può
essere descritta come insieme di disturbi ormonali in soggetti in cui si abbia una
esposizione forte e cronica ai glucocorticoidi. Tale iperesposizione può essere di
natura endogena per cui: il soggetto produce troppo cortisolo a causa di un lavoro
eccessivo della corticale del surrene dovuto ad una malattia surrenale o ad una
eccessiva stimolazione derivante dall’asse ipotalamo-ipofisario CRH-ACTH. Ci sono
anche situazioni di alterazioni Cuschingoidi, quindi di sindrome di Cushing, da
situazioni esogene iatrogene, per esempio in pazienti che si
sottopongono a una terapia con farmaci steroidei cronici, che sono
forti antinfiammatori e immunosoppressori, quindi necessari in
alcune situazioni cliniche. Più spesso, per il 75-80% casi, la sindrome
è legata a malfunzionamenti dell’asse ipotalamo-ipofisario; la parte
restante è legata a iperfunzione della corteccia. Le alterazioni
caratteristiche sono: la facies lunaris o obesità facciale, obesità del
tronco, segni di aumentato catabolismo, la fronte si assottiglia e
vengono le smagliature (strie violacee), ecchimosi, debolezza
muscolare, osteoporosi e, se il soggetto malattia è un bambino, si
riscontra un rapido aumento di peso accompagnato da una velocità
di crescita ridotta.

31
LISTA DEGLI ORMONI NON TROPICI E DEI LORO BERSAGLI:

I. Famiglia degli ormoni melanostimolanti. Vengono chiamati anche


melanotropine o intermedine. Sono capaci di regolare l’attività delle
cellule pigmentate di pesci e anfibi perché spostano i melanosomi
provocando un cambio di colore. Nell’uomo, stimolano la sintesi di
melanina e sono capaci di agire su neuroni cerebrali. Agiscono anche sulla
fame ed eccitazione sessuale. Ne abbiamo parlato a proposito del nucleo
arcuato.

II. La β-endorfina è un peptide della famiglia degli oppioidi


endogeni e come tale può legarsi ai recettori cerebrali agendo
come bloccante nella percezione del dolore. Inoltre, è
probabilmente legato agli effetti piacevoli dopo l’attività fisica
svolta con continuità (effetto runner’s high).

III. PRL: i neuroni che producono PRL sono regolati dai neuroni
del nucleo arcuato. La PRL riconosce come target la mammella,
che si accresce, e induce le cellule secernenti esocrine della
mammella a sintetizzare le proteine del latte. Nell’ uomo e nella
donna al di fuori della gravidanza e della lattazione, i livelli di PRL
sono bassi: questa popolazione della parte distale è tenuta in uno
stato di inibizione tonica e costante grazie ai neuroni
tuberoinfundibolari dopaminergici che abbiamo descritto,
prevalentemente situati nel nucleo arcuato, e che rilasciano
dopamina attraverso il circolo portale ipotalamo-ipofisario. In
gravidanza, l’aumento estrogeni e progesterone provoca
aumento in numero e in attività delle cellule produttrici di PRL,
anche in maniera cospicua. Durante l’allattamento, la suzione del
bambino porta informazioni tramite vie nervose sensitivi sino
all’ipotalamo. Quindi l’inibizione tonica dei neuroni
tuberoinfundibulari dopaminergici del nucleo arcuato viene
ridotta, con conseguente produzione di PRL. Inoltre, la suzione
provoca la produzione di ossitocina, che a sua volta provoca
l’eiezione del latte e modula la scarica dei neuroni
tuberoinfundibolari dopaminergici, i quali sono forniti di recettori
per l’ossitocina. Quindi, i due ormoni prolattina dall’ipofisi
anteriore e ossitocina dall’ipofisi posteriore, cooperano in più di
un modo nell’allattamento. In 30 min di poppata i livelli di PRL
aumentano di 100 volte circa, quindi predispongono la mammella

32
della madre al successivo allattamento. Questo è
un esempio di meccanismo di regolazione
feedback positivo, perché più i livelli di
prolattina aumentano più la prolattina viene
sintetizzata durante l’allattamento.
Normalmente, questi alti livelli di PRL provocano
un blocco sulla produzione e il rilascio FSH e LH,
in modo che la maggior parte delle madri che
allattano sono in amenorrea. Meccanismo di
controllo accanto: la suzione agisce sui
meccanocettori dell’areola, le vie sensitive
portano l’informazione ai nuclei magnocellulari
che rispondono producendo ossitocina che agisce
sulle cellule mioepiteliali e dà eiezione di latte;
contemporaneamente informano il nucleo
arcuato, i cui neuroni tuberoinfundibolari
dopaminergici allentati nella loro inibizione
tonica portano a formazione di PRL dalla parte
distale dell’ipofisi; la prolattina agisce sulle cellule ghiandolari
della mammella e viene sintetizzato il latte. Il blocco di
produzione di FSH e LH che porta alla mancata ovulazione e ad
amenorrea viene effettuato per blocco delle cellule ipotalamiche
produttrici di fattori di crescita per le gonadotropine.
Evoluzionisticamente è una difesa del corpo materno
dall’instaurarsi di una nuova gravidanza tropo precoce che non
renderebbe la madre atta ad accudire il neonato e a portare
avanti correttamente la gravidanza.

Nota clinica: in alcune condizioni cliniche, in un maschio si


osserva secrezione di latte da capezzolo e ginecomastia (cioè un
certo sviluppo della mammella). Questo accade in caso di adenoma che
interessa le cellule lattotrope: il prolattinoma. La galattorrea, cioè la
secrezione di latte, può essere bloccata, (può essere bloccata anche in una
puerpera se il bambino muore o se la madre vuole interrompere la
lattazione) e vengono usati farmaci dopaminergici che mimano l’azione dei
neuroni tuberoinfundibolari, cioè portano la dopamina a bloccare il rilascio
di PRL. Es: cabergolina, usata anche nella terapia del morbo di Parkinson,
è un’antagonista dei recettori D2 dopaminergici.

La PRL nel maschio non avrebbe funzioni, anche se studi recenti mostrano
che la prolattina non agisce soltanto promuovendo la lattazione, ma è un
ormone pleiotropico, cioè con vaste funzioni. Infatti ha un ruolo nel
maschio agendo come neuropeptide su neuroni di diverse popolazioni a
livello telencefalico, diencefalico, nel tronco encefalico, e risulta essere
coinvolta soprattutto nell’instaurazione di comportamenti parentali in
entrambi i sessi. Questi dati sono più facilmente verificabili nell’animale,
33
ma facemmo un esempio di vita quotidiana:
una madre che non sta allattando ma pensa o
guarda il bambino, può avere eiezione di latte.
Questo è un meccanismo mediato proprio da
PRL, che lavora anche a livello di introduzione
di cibo, nella risposta di adattamento allo
stress e nella regolazione della
neurogenesi.

La PRL è implicata nell’instaurazione di


comportamenti parentali nel maschio; ciò è
stato osservato in studi senza grosso seguito
che indagavano i livelli di PRL nei neo-padri, e
pare ci sia un aumento dei livelli circolanti di
PRL quando il padre vede il suo neonato.

ORMONI CHE AGISCONO A LIVELLO SIA TROPICO CHE NON TROPICO:

I. GH o pro-ormone o ormone somatotropo o somatomedina, agisce a


livelli sia tropici che non tropici. Non tropicamente agisce su cellule ossee,
cartilaginee e muscolari stimolando ipertrofia e iperplasia del tessuto
bersaglio (per mitosi) e stimola il metabolismo cellulare. Ha effetto
tropico su fegato e muscolo, poiché agisce inducendo il rilascio di molecole
ad attività ormonale, come fattori di crescita o altre somatomedine come
per esempio IGF4 (insuline grow factor 4). Dalle funzioni si capisce perché
il GH sia utilizzato illecitamente come molecola anabolizzante.

Immagine nota in endocrinologia del new england journal of medicine,


rivista medica di alto valore, mostra la foto di due gemelli monozigoti che
fino a 13 anni erano identici. Poi qualcosa è successo a quello a sinistra,
che diventa molto più alto del fratello, con lineamenti più grossolani, e se
confrontate mani e piedi hanno stessa forma ma dimensioni molto
maggiori. Ha avuto un adenoma con iperproduzione di GH, che gli ha
portato una sindrome di gigantismo ipofisario. Il GH iperprodotto in
adolescenza ha trovato le cartilagini di coniugazione aperte, facendo
allungare e ingrossare le ossa. L’iperproduzione di GH nell’adulto invece,
trova lo scheletro che non può più allungarsi, ma sotto l’azione del GH ossa
e tessuti molli si inspessiscono.

Questo articolo risale al 1956, e mostra le tappe


della malattia in una paziente, che da bambina e
ragazza è normale, a 33 anni è pesantemente
deformata, a 52 peggiora a causa di adenoma
ipofisario insorto in età adulta. La sindrome che
ne deriva, con ingrossamento delle estremità e

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della lingua, ispessimento di mandibola e lineamenti, si chiama
acromegalia.

Esiste anche la situazione opposta: nanismo ipofisario,


nanismo armonico, soggetti bassi ma proporzionati.
Difficilmente è un deficit isolato di GH, spesso ci sono altri
deficit endocrini associati. Queste persone non hanno segni di
sviluppo sessuale, sembrano bambini. Le cause sono di diversa
natura: genetiche, alterazioni di recettori, aplasia ipofisaria o
malattie ipofisarie di origine diversa che portano ad
un’ipofunzione.

NEUROIPOFISI

La neuroipofisi è una struttura nervosa di derivazione


neuroectodermica, più piccola e rotonda, collegata
direttamente con il pavimento dell’encefalo grazie
all’infundibolo. Rilascia ADH per omeostasi nei liquidi e rilascia
ossitocina per il parto e l’allattamento. È caratterizzata da
cellule gliali specializzate, i pituiciti. Tutta la struttura della
neuroipofisi presenta un grado di plasticità strutturale elevato:
ciò è reso possibile soprattuttto grazie ai pituiciti, che
cambiano forma e variano il loro rapporto con le terminazioni
assonali e capillari; ma c’è anche un’intensa e continua
angiogenesi (rigenerazione) capillare.

L’output di ossitocina e vasopressina dipende dalla frequenza e dalla modalità di


scarica dei neuroni magnocellulari a loro volta informati con vie nervose
polisinaptiche di eventuale disidratazione e ipotensione, o della necessità di
contrazione del miometrio ed eiezione del latte da meccanocettori provenienti da
utero e mammella. Istologicamente, presenta assoni prevalentemente amielinici che
trasportano vasopressina (ADH) e ossitocina. Ci sono poi nella neuroipofisi dei corpi
omogenei, i corpi di Herring. Sono questi delle dilatazioni assonali contenenti
depositi di ADH e ossitocina. Ci sono poi reti capillari, più abbondanti anteriormente,
circondano i capillari assonali, e infine i pituiciti, cellule
gliali specializzate sparse tra gli assoni.

Nell’immagine di microscopia elettronica a sx sono visibili i


corpi di Herring pieni di granuli di secrezione e un pituicita
vicino al terminale assonico.

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I PITUICITI sono cellule gliali che esprimono S100 e GFAP,
sono considerati astrociti modificati. Sono caratterizzati
dalla presenza di processi citoplasmatici allungati che
circondano i terminali assonici. La loro connessione con il
sistema di rilascio degli ormoni in circolo è testimoniata dal
fatto che non hanno una densità omogenea, ma occupano il
70% del volume delle regioni perivasali della neuroipofisi,
contro il 30% di volume totale. Ricevono input neurormonali
da diverse molecole, perché forniti di recettori di membrana
per ADH e ossitocina, ormoni che devono essere rilasciati,
ma anche recettori adrenergici e recettori per oppioidi.

Come agiscono i pituiciti? In condizioni basali, i pituiciti


(nello schema a sinistra in grigio scuro) circondano con i
processi citoplasmatici gli assoni (che vediamo in grigio
chiaro) contenenti molecole ormonali. Quindi vanno a
formare una vera e propria barriera al rilascio degli ormoni
nel lume capillare. Quando c’è richiesta di ADH o di
ossitocina, i pituiciti retraggono i loro processi lasciando gli
assoni liberi di entrare in contatto con il vaso, e quindi di
rilasciare per esocitosi gli ormoni nel vaso. Questo
fenomeno di retrazione dei processi e liberazione dei
contatti neuro-vasali si chiama retrazione gliale.

SCHEMA: pituicita (giallo) con processi che bloccano il


contatto dell’assone (in viola) con il capillare. Retrazione
gliale, quindi assoni liberi di contattare la parete vasale.
Vediamo che anche un’altra popolazione perivasale
interviene nel meccanismo, e sono i periciti (azzurro).

Torniamo sul pituicita, perché la base molecolare della


retrazione gliale è una depolarizzazione dell’actina che
costituisce il citoscheletro della cellula e dei suoi processi.

36
La depolimerizzazione dell’actina è dovuta all’attivazione dei
recettori β-adrenergici sui pituiciti, attivati dalla
noradrenalina rilasciata dai terminali assonali della
neuroipofisi. C’è quindi la retrazione gliale, un aumento dei
contatti neuro-vascolari di oltre il 50% e una diminuzione
dei contatti fra pituicita e assoni. Successivamente, il
pituicita si retrae, ossitocina e ADH entrano in circolo, quindi
i livelli ematici aumentano. Contemporaneamente, ADH e
ossitocina liberati dalle terminazioni assonali trovano anche
recettori sul pituicita, e legandosi a questi riportano il
pituicita alla forma originale: i processi gliali si riallungano
perché il legame con ossitocina e ADH attiva degli enzimi
GTP-asici che riorganizzano il citoscheletro actinico.

Le situazioni che stimolano il rilascio ormonale (parto,


disidratazione, lattazione), provocano rilascio dai terminali
assonali di un fattore di crescita, PDGF-β, che trova
recettori sulla superficie del pericita. Provoca ramificazioni
del pericita, note come protrusioni basali, che
rappresentano la formazione di aree di alta permeabilità:
questo è un sistema di aumento di contatto tra terminali
assonici e superficie vasale. Quindi, attraverso le
protrusioni basali dei periciti, ADH e ossitocina diffondono
nel sangue. È un modello funzionale ancora sotto
osservazione. I pituiciti possono formare aggregati
nodulari come nell’immagine a fianco, legandosi con gap-
junctions. Il contatto diretto tra assone neurosecretorio e
pituicita, è definito sinaptoide, perché presenta le
specializzazioni presinaptiche (vescicole di secrezione),
ma non ci sono strutture post sinaptiche (non c’è eccitazione di membrana e non c’è
materiale nella fessura sinaptica). In condizioni basali, queste terminazioni assonali
sono completamente circondate dai processi
pituicitari.

Nell’anziano soprattutto, nella neuroipofisi si


può avere un’invasione basofila da cellule PAS
+, immunoreattive per ACTH, che non sono più
capaci di rilasciare ACTH, quindi non
funzionanti. Se diventano grosse masse
sintomatiche pongono la diagnosi differenziale
con adenoma ipofisario.

37
SVILUPPO EMBRIOLOGICO DELL’ IPOFISI

L’ipofisi deriva da due parti distinte, entrambe di


derivazione ectodermica, ma da regioni diverse.
L’adenoipofisi origina da un’evaginazione verso l’alto
dell’ectoderma del tetto della cavità orale embrionale:
la cosiddetta tasca di Rathke. La neuroipofisi invece
deriva da una protrusione verso il basso del
neuroectoderma del pavimento diencefalico. La
vascolarizzazione dell’impalcatura connettivale della
ghiandola è fornita da cellule mesenchimali craniali.
Ricordiamo che l’ectoderma si suddivide a dare un
ectoderma esterno, che forma cute, annessi cutanei, smalto
del dente e adenoipofisi, la regione della cresta neurale ovvero
neuroectoderma, che forma il sistema nervoso periferico, la
midollare del surrene, e infine il neuroectoderma vero e proprio,
il tubo neurale, che dà origine al cervello, al midollo spinale,
ai motoneuroni, alla retina, quindi a strutture del sistema
nervoso centrale e anche alla neuroipofisi.

Il tetto della cavità orale embrionale è noto come stomodeo, e l’invaginazione verso
l’alto di parte dell’ectoderma del tetto è la tasca di Rathke, a cui corrisponde
l’invaginazione verso il basso del pavimento neuroectodermico del diencefalo
primitivo. Il processo ha una regolazione genica molto precisa, con molti fattori che
entrano in gioco, in particolare per formare la tasca di Rathke sono necessari la BMP
4 (bone morphogenetic protein 4) e l’FGF 8 per un completo sviluppo.

In un embrione umano, lo sviluppo inizia a 22 giorni con un inspessimento del tetto


dello stomodeo, che procede verso l’alto, contro gravitazione, a formare la tasca di
Rathke, già formata completamente a 42 giorni, mentre l’infundibolo sta scendendo
dal diencefalo primitivo.

Vediamo l’ordine degli eventi: la tasca di Rathke si


allunga verso l’infundibolo, che a sua volta scende
verso la tasca che si sta allungando, e produce
proteine morfogenetiche. Quindi a livello
dell’infundibulo in discesa si delinea un centro di
segnale che dirige la maturazione e la formazione
dell’ipofisi. Questo centro di segnale sarà chiamato
organizzatore pituitario, che andrà a
permettere anche la proliferazione e la
sopravvivenza delle cellule endocrine progenitrici a
livello della tasca di Rathke. Al tempo stesso
questo organizzatore pituitario manda dei segnali
ai neuroni diencefalici che producono ossitocina e

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ADH, inducendo la discesa dei loro assoni
nell’infundibolo e il loro arrivo alla neuroipofisi. Si
formano poi vasi e capsula, strutture
mesenchimali.

La tasca di Rathke si restringe alla base e si stacca


del tutto dall’epitelio orale, dando origine alle
diverse parti della neuroipofisi:

o La parte distale deriva dalla parte anteriore


della tasca, che prolifera più rapidamente e deve
dare origine alla parte più grande;

o la parte intermedia deriva dalla porzione


posteriore, meno attiva;

o la parte tuberale, che forma il peduncolo


anteriore dell’ipofisi abbracciando infundibolo,
deriva da una proliferazione verso l’alto della
parete anteriore e laterale della tasca di Rathke.

L’infundibolo, questa invaginazione verso il basso,


continua a scendere e le due pareti si fondono: si
forma distalmente la neuroipofisi e il peduncolo
ipofisario. La parte superiore resta a imbuto e
costituisce l’eminenza mediana.

In questo percorso di migrazione e differenziazione dell’ipofisi


bisogna considerare anche la presenza di residui di tessuto
ipofisario a livello faringeo che costituiscono l’ipofisi faringea.
Quest’ultima è presente in tutti indipendentemente dal fatto che
il canale che segnala la migrazione dalla tasca di Rathke alla sede
definitiva dell’ipofisi resti o meno pervio (canale cranio-
faringeo). Già dal 22° giorno si forma l’ipofisi, e all’ottava
settimana, l’abbozzo ipofisario si divide in 2 parti: una più
grossa, sellare, che sale; e una più piccola, faringea, che rimane
nello spessore del tetto del rinofaringe, anteriormente alla
tonsilla faringea, all’interno della mucosa. Rappresenta
l’estremità inferiore della tasca e di quello che diventerà il canale
craniofaringeo (tratto ristretto della tasca di
Rathke). Le dimensioni dell’ipofisi faringea sono
variabili, con lunghezza massima di 5 mm e
spessore molto ridotto, inferiore al mm.
Nell’ipofisi faringea si ha una differenziazione di
tutti i tipi cellulari dell’adenoipofisi, ma
funzionalmente l’ipofisi faringea non ha nessun
ruolo, perché non può essere raggiunta dai fattori
di rilascio e di inibizione dell’ipotalamo che per via
generale non arrivano a raggiungere l’ipofisi
faringea in quantità adeguate, avendo peptidi di

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emivita molto breve. Inoltre l’ipofisi faringea ha comunque dimensioni molto piccole.

I diversi tipi di cellule adenoipofisarie derivano da un precursore comune, che attiva


fattori di trascrizione diversi, i quali a loro volta portano alla formazione delle diverse
popolazioni. Anche lo sviluppo dei futuri organi bersaglio contribuisce alla
differenziazione delle future cellule endocrine adenoipofisarie.

Il canale craniofaringeo si forma dal tratto inferiore della tasca


di Rathke che attraversa lo spessore tra il pavimento della sella
turcica e nasofaringe (cartilagine in formazione in celeste).
Questo canale può restare pervio, chiamandosi canale
craniofaringeo o dotto craniofaringeo persistente. Quindi
si crea una comunicazione tra il pavimento della sella turcica e il
nasofaringe sottostate. In genere è asintomatico; in alcuni casi,
è possibile che dai residui della tasca possono svilupparsi un
tumore, solitamente benigno, detto tumore craniofaringeo.

Es: nel bambino si ha un voluminoso craniofaringioma: è vero


che la pervietà del canale è asintomatica, ma può essere
talmente grande da avere la formazione di un craniofaringioma o di un prolasso molto
grosso dell’ipofisi a livello del nasofaringe, con malformazioni carniofaciali associate.
La presenza di ipofisi accessorie è possibile, in genere nei casi di pervietà del canale
nasofaringeo in sede atipica, lungo tutto il percorso del canale craniofaringeo.

VASCOLARIZZAZIONE IPOFISI

La vascolarizzazione è affidata alle arterie ipofisarie


superiore e inferiore, rami delle carotidi interne, che
forniscono rami capsulari e infundibolari destinati alle
strutture anatomiche adiacenti (sella turcica, processi
clinoidei dello sfenoide e il chiasma ottico).

Immagine anatomica (pagina successiva) con ipofisi,


carotide intercavernosa e arterie ipofisarie superiori e
inferiori.

1) Le arterie ipofisarie superiori sono rami della


arteria carotide interna, e nella maggioranza dei casi del ramo
oftalmico C6. Si staccano dalla carotide distalmente
all’origine a oftalmica. In una percentuale ridotta di
casi originano dal segmento C5 clinoideo. Esiste una
notevole variabilità morfologica nella ramificazione
delle arterie ipofisarie superiori: possono staccarsi
dalla carotide interna come tronco unico o come 2, 3
o anche 4 rami individuali. Il pattern più frequente è il
quello a 2 tronchi con una arteria ipofisaria superiore
anteriore e una arteria ipofisaria superiore posteriore.

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Il ramo anteriore, che è più grande, presenta nella maggior parte dei casi una
ramificazione e candelabro, che porta alla formazione di:

➢ rami infundibulari per l’infundibolo;

➢ rami ottici per il chiasma ottico;

➢ un ramo discendente o trabecolare che scende ed entra


nell’adenoipofisi. Questa arteria trabecolare può originare sia
direttamente dal tronco dell’arteria ipofisaria superiore anteriore
o dal suo ramo infundibolare. Ha un decorso caratteristico perché
scende al fianco del penduncolo ipofisario ed entra nella
adenoipofisi attraversando la parte distale dell’adenoipofisi. Va
quindi ad anastomizzare con l’arteria ipofisaria inferiore che
raggiunge la neuroipofisi. Quindi va a vascolarizzare il diaframma
della sella, la parte inferiore dell’infundibolo e, attraverso le
anastomosi, la struttura neuroipofisaria. È discussa la sua
possibilità di irrorare direttamente anche l’ipofisi anteriore, ma
presenta delle anastomosi a livello del sistema portale.

Immagine anatomica dei vasi ipofisari, del peduncolo con l’arteria trabecolare che
scende, l’arteria ipofisaria superiore e rami per chiasma ottico e i rami oftalmici.

Le arterie ipofisarie superiori, con i rami anteriori e posteriori, fanno anastomosi


attorno all’infundibolo ed entrano nel peduncolo ipofisario. A questo livello,
capillarizzano e danno origine ad un sistema capillare fenestrato sull’eminenza
mediana. Questo plesso capillare riceve fattori di rilascio e di inibizione
dall’ipotalamo: è il plesso capillare primario del circolo portale ipotalamo-
ipofisario. I capillari poi confluiscono in vene che scendono sino all’adenoipofisi: vene
che verranno distinte in vene portali ipofisarie lunghe e vene portali ipofisarie
brevi.

2) Arterie ipofisarie inferiori: originano dal segmento C4 cavernoso della carotide interna,
o direttamente o come branca di un ramo meningo-ipofisario. Irrorano il dorso della sella, il lobo
posteriore dell’ipofisi e la parte posteriore della capsula ghiandolare. Anastomosi fra arterie
superiori e inferiori sono possibili grazie all’ arteria trabecolare; ci sono anche anastomosi tra le
arterie inferiori dei due lati, formando una sorta di circolo ipofisario inferiore o rete
capsulare inferiore. Tra i rami è necessario ricordare l’arteria prechiasmatica,

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che vascolarizza, oltre il chiasma ottico, anche parte del peduncolo ipofisario. È un ramo
dell’arteria oftalmica.

Può essere una frequente domanda di esame: il


sistema portale ipotalamo-ipofisario è un sistema
vasale a doppia capillarizzazione che origina
dall’arteria ipofisaria SUPERIORE, che ha la funzione
di trasportare fattori di inibizione e di rilascio dall’
eminenza mediana all’adenoipofisi. È formato da:
1) plesso capillare primario, a livello dell’eminenza
mediana
2) vene portali ipofisarie lunghe e brevi che
scendono in modo rettilineo all’adenoipofisi
3) plesso capillare secondario che si trova a livello
dell’adenoipofisi.

A livello dell’eminenza mediana, il plesso


capillare primario è distinto in una regione
esterna e interna:

➢ Nella regione esterna ci sono i capillari


disposti a formare un reticolo poligonale e
all’interno di ogni poligono ci sono terminali
assonali, glia e processi tanicitari.

➢ Nella regione interna, i capillari che


originano da zona esterna, salgono formando
anse a irrorare la parte più interna dell’eminenza
mediana, vicina al pavimento del 3° ventricolo.

Il plesso capillare secondario a livello ipofisario è


formato da capillari fenestrati, che rilasciano fattori di
rilascio e di inibizione e peptidi ipotalamici
all’adenoipofisi, dove le cellule presentano recettori
specifici a proteina G (stiamo parlando ovviamente di
neuropeptidi, quindi di ormoni peptidici) con
meccanismi di attivazione di secondi messaggeri e
rilascio degli ormoni in circolo.

DRENAGGIO VENOSO

Le vene reflue dall’ipofisi confluiscono nei circostanti


seni venosi della dura madre. Nell’ipofisi non sono presenti vasi linfatici classici, ma

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