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1895
Q uesta Prolusione Accadem ica all’Università di Friburgo è sicuramente uno dei docu
menti più significativi del pensiero politico c scientifico del prim o Weber. E ssa fu concepi
ta in un m omento in cui il R ekh tedesco, con l’afferm arsi del «com ando personale» dì G u
glielmo il, era scosso da una grave crisi.
N ell’ottobre 1894 il cancelliere Leo von C apri vi era stato costretto a dimettersi dopo
che la sua posizion e si era andata sempre più indebolendo a causa delle critiche sollevate
dall’aristocrazia prussiana contro la politica dei contratti commerciali. II colpo decisivo
contro il cancelliere era venuto dalle dìspute all’interno dell’elite dirigente del R ek h tede
sco e della Prussia sulla questione se dovessero essere prese nuove controm isure per com
battere la Socialdem ocrazia, eventualmente anche a prezzo di una limitazione dei diritti ci
vili garantiti nella Costituzione. L a richiesta era sostenuta anche dai conservatori e in par
te anche dai nazional-liberali prussiani, cosa che aveva m olto irritato Weber. Proprio nei
mesi ìn cui Weber lavorava alla stesura di questa prolusione venne discussa la «P roposta
contro il Sovvertim ento» ( Umsttirzvorlage) che avrebbe dovuto prendere il posto della leg
ge contro i socialisti (la proposta fu bocciata 1’ 11 m aggio 1895). Per Weber questa proposta
di legge era un chiaro sintom o dell’immaturità politica della nazione.
M a ancor di più Weber era inquietato dal fatto che gli sforzi politici a favore di una p o
tente politica mondiale tedesca, dopo che Bismarck alla fine degli anni ottanta aveva perso
ogni interesse ad una polìtica coloniale, non trovavano sostegno in nessuno dei partiti bor
ghesi. In particolare la Freisinntge Votkspanei si contrapponeva a qualsivoglia aspirazione co
loniale. Weber godeva di una eccellente reputazione scientifica grazie alle sue prime pubbli
cazioni al punto che, anche se si era abilitato a Berlino in diritto commerciale c diritto civile
e privato romano, all’inizio di aprile del 1894 fu nominato professore di economia politica e
scienza delle finanze all’Università di Friburgo. Secondo l’uso tradizionale, il 13 maggio 1895
tenne la sua Prolusione Accademica. 11 titolo scelto inizialmente era «L a nazionalità nell’e
conomia politica», che poi fu mutato in «L o Stato nazionale e la polìtica economica tedesca».
L a traduzione che qui viene presentata è condotta sul testo D e r N ation ah taat u n d die
Volksìvirtscbaftspolitik. A kadem ìscbe Antrittsrede, Akadem ische Verlagsbuchhandlung
von J. C . B. M ohr (Paul Siebcck), Freiburg i.B. - L eip zig 1895, com e viene riprodotto nel
la M ax Weber Gesamta.ttsgabc cit., A bt. 1, Bd. 4 (2), pp. 541-74.
SCRITTI PO LITICI
Premessa.
1Evidentemente si tratta del piano di Weber relativo a «un lavoro agrariostatistico più am
pio sul capitalismo agricolo)* clic però non fu mai realizzato» Cfr. M* Weber, Agrarstatistische und
sozialpodtische Betracbtungen tu r Fideikommijìfrage in Preufient in Archiv [tir Sozitd&isswt-
Khaft und Sozialpolitiky Band 19, 1904, p. 504 (MWG i/8).
W eber, Scritti p o litici
sultati resi possibili da queste cifre poggiano su basi più insicure rispet
to a quelli che le meritorie pubblicazioni di molti allievi di N eum ann1 ci
hanno fornito sui rapporti tra le nazionalità in Posnania e nella Prussia
occidentale. Tuttavia, in mancanza di materiale adeguato dobbiam o per
ora necessariamente accontentarci di essi, tanto più che i fenomeni p o
sti m luce da questi risultati ci sono a grandi linee già noti attraverso le
inchieste agrarie degli ultimi anni.
* Sono intesi i lavori di Eugen von Bergmann, Alexis Markow e Wilhelm Vallentin apparsi
nei Bcitràgc z a r Geschichlc der Bevólkerung in Deutschland seit dem Anfange dieses jahrbari
de m editi da F, J. Ncunumi (1835-1910), studioso di economia c di statistica.
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L o S ta to nazionale
e gli evangelici, vale a dire i tedeschi, sono relativamente prevalenti nei vil
laggi; mentre avviene il contrario nelle circoscrizioni catastali con terreno
scadente. Per esempio, se mettiamo insieme le circoscrizioni catastali con
un reddito medio al netto delle imposte al di sotto dei cinque marchi per
ettaro, allora troviamo che nei villaggi è evangelico solo il 35,5% degli abi
tanti e nelle tenute il 50,2% ; se invece sì prendono i gruppi circoscrizio
nali che abbracciano un reddito medio al netto delle imposte da dieci a
quindici marchi per ettaro, allora gli evangelici nei villaggi rappresentano
il 60,7% , mentre nelle tenute solo il 42,1%. C om e mai? Perché i polacchi
occupano in pianura le tenute e negli altopiani i villaggi? U n fatto balza
subito agli occhi: i polacchi hanno la tendenza a raccogliersi nello strato
economicamente e socialmente più basso della popolazione. Sui terreni di
buona qualità, soprattutto nella pianura della Vistola, il contadino è sem
pre stato superiore, per quanto riguarda il tenore di vita, al bracciante
giornaliero; mentre sui terreni di cattiva qualità, che potevano essere am
ministrati razionalmente solo come grande proprietà, il podere dei cava
lieri era il nucleo della cultura c dunque della popolazione tedesca; in quei
territori, i poveri pìccoli contadini hanno ancor oggi un tenore di vita in
feriore ai braccianti giornalieri del podere. Se non lo sapessimo, a farcelo
supporre sarebbe la classificazione della popolazione in base all’età. Infat
ti, relativamente ai villaggi, se si sale dalla pianura ai crinali, la percentua
le dei bambini al di sotto dei quattordici anni sale, mentre cala man mano
la qualità del terreno, dal 35-36% fino al 40% c addirittura al 41% ; e se sì
confronta questo dato con quello relativo alle tenute, allora si vede come
nella pianura la percentuale dei bambini risulta maggiore rispetto a quella
dei villaggi, cresce man mano che aumenta l’altitudine, ma più lentamen
te che nei villaggi, c comunque restando sugli stessi altopiani inferiore ri
spetto ai villaggi. Il grande numero dei bambini, qui come ovunque, è cor
relato al basso tenore di vita che soffoca ogni considerazione di previden
za per il futuro. Cultura economica, relativa altezza del tenore di vita e
germanesimo sono, nella Prussia occidentale, una cosa sola.
Eppure le due nazionalità competono da secoli sullo stesso terreno fa
cendo forza essenzialmente su uguali possibilità. Allora, su cosa si fonda
questa separazione? Si è subito tentati di credere ad una differenza - de
terminata da diverse qualità razziali sia fisiche che psichiche - della capa
cità di adattam ento delle due nazionalità alle diverse condizioni di vita
economiche e sociali. E in effetti è proprio questa la causa; la prova di ciò
sta nella tendenza che viene alla luce nello spostamento della popolazione
e delle nazionalità, e che lascia intendere, al tempo stesso, quanto sìa fata
le la diversa capacità di adattamento per il germanesimo in Oriente.
Tuttavia, per studiare i movimenti demografici nei singoli comuni ab
biamo a disposizione per la comparazione solo i dati che vanno dal 1871
L o S ta to n azio n ale
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W eber, Scrìtti p olitici
5 Ad esempio i distretti poderali della circoscrizione di Stuhm nel periodo 1871-1885 fece
ro registrare un calo della popolazione di circa il 6,7%; la percentuale dei protestanti nella p o
polazione cristiana scese dal 33,4 al 31,3%. I villaggi della circoscrizione di Konitz c di Tuehel
fecero registrare entrambi un aumento dell’8%; la percentuale dei cattolici salì dall’84,7%
all'86% [n.d.A.].
L o S ta to n azio n ale
per un verso, ideale per l’altro -, proprie per natura o fatte proprie nel cor
so della sua storia dalla razza slava, le hanno permesso di vincere.
Perché ì braccianti giornalieri tedeschi emigrano? N o n ci sono motivi
materiali: l’emigrazione, infatti, non interessa regioni con bassi livelli di
salario né viene intrapresa da categorie di lavoratori mal pagate: poche si
tuazioni, infatti, sono più sicure, dal punto di vista materiale, di quella di
un Instmann1' delle tenute orientali. N o n può essere neppure il tanto evo
cato desiderio per i piaceri della grande città. Tale desiderio è tutt’al più
motivo per il girovagare disordinato delie giovani generazioni, non certo
per l’ emigrazione di anziane famiglie di braccianti. E perché questa sm a
nia si manifesta proprio qui, tra la gente che vive dove domina la grande
proprietà terriera? Perché possiam o provare che l’esodo dei braccianti
giornalieri cala quanto più il villaggio di contadini domina la fisionomia
del paesaggio? Per questo: tra i complessi di poderi del toro paese natale
per i braccianti giornalieri possono esserci soltanto padroni e schiavi, e per
i loro discendenti più lontani c’è solo la prospettiva di accogliere l’appel
lo della campana del podere per recarsi a sgobbare su un terreno altrui.
N ell’impeto confuso e solo in parte consapevole che spinge verso paesi
lontani si nasconde un elemento di idealismo primitivo. Chi non sa com
prenderlo, non sa cosa sia il fascino della libertà. O ggigiorno, in effetti, ra
ramente il suo spirito ci tocca nella tranquillità delle biblioteche. G li idea
li ingenuamente libertari della nostra prima gioventù sono scom parsi, e al
cuni di noi sono diventati prematuramente vecchi e - ormai troppo as
sennati - credono che uno degli impulsi più naturali dell’animo umano sia
stato sepolto dalle formule stantìe di una visione politica ed economica
sulla via del tram onto7.
Si tratta, dunque, di un processo di psicologia di massa: i lavoratori
agricoli tedeschi non sono più in grado di adattarsi alle condizioni di vita
sociale della loro patria. Q uanto alla loro «autocoscienza», i resoconti dei
padroni poderali che ci arrivano dalla Prussia occidentale ce ne parlano
con rammarico. Scompare il vecchio e patriarcale rapporto di dipendenza
feudale che legava immediatamente il bracciante giornaliero agli interessi
di produzione trasformandolo in piccolo coltivatore. II lavoro stagionale
nei distretti dove si coltivano le barbabietole richiede lavoratori stagiona
li e salario in denaro. Si profila dunque per questi lavoratori un’esistenza
puramente proletaria, ma senza la possibilità di quel vigoroso slancio ver
so l’indipendenza economica che il proletariato industriale raccolto nelle
città realizza con l’autocoscienza. Rassegnarsi a queste condizioni di esì-
4 L o Instmann è la figura tradizionale del sistema agrario degli junker-, si tratta di un conta
dino che non possiede terreno proprio e che viene impiegato in un podere.
' Qui Weber fa riferimento alla dottrina liberale a quel tempo in effetti in regresso quanto ad
importanza, c in particolare alla dottrina del libero scambio.
W eber, S critti po litici
Sem bra che questa, stessa diversa capacità di adattamento questi popo
li se la portino in sé come un’entità fissa, la quale potrà forse modificarsi
nel corso di processi di selezione lunghi generazioni così come può esse
re nata nei millenni, ma per quanto riguarda il presente essa è un elemen
to con il quale noi dobbiam o fare i conti®.
N on sempre - lo vediamo —la selezione, come pensano i nostri otti
misti, nel libero gioco delle forze si sposta a favore della nazionalità più
sviluppata o dotata dal punto di vista economico. L a storia umana cono
sce la vittoria di alcuni tipi meno evoluti di umanità e l’estinguersi di al
tissime fioriture dello spirito e della vita interiore, nel momento in cui la
comunità umana, che ne era portatrice, perse la capacità di adattamento
alle sue condizioni di vita, sia a causa della sua organizzazione sociale sia
a causa delle sue caratteristiche razziali. N el nostro caso si tratta della tra
sform azione delle forme agrarie di impresa e della violenta crisi dell’agri
coltura, la quale avvantaggia la nazionalità che sta più in basso nello svi
luppo economico. Parallelamente e unitariamente agiscono la coltura po
tenziata della barbabietola e la scarsa redditività commerciale della pro
duzione di cereali: la prim a è d ’aiuto ai lavoratori stagionali polacchi, la
seconda ai piccoli coltivatori polacchi.
Se guardiamo con uno sguardo retrospettivo i fatti fin qui presi in esa
me, mi scopro del tutto incapace, e lo confesso volentieri, di sviluppare
teoreticamente la portata dei punti di vista generali che sono probabil
mente da desumere da quanto finora detto. N on oso neppure affrontare la
questione infinitamente complicata, e per il momento di certo insolubile,
' È appena Ì1 caso di far notare che le controversie tipiche delle scienze naturali sulla portata
del principio di selezione, soprattutto l’uso scie» tifico-nata min del concetto di «addestramento»
e tutte le trattazioni che si collcgano a ciò in quest’ambito a me estraneo, sono irrilevanti per le
notazioni sopra esposte. II concetto di «selezione» è oggi patrimonio comune quanto pressapo
co l’ipotesi eliocentrica c l’idea di «addestramento» dell’uomo compare già nello Stato platonico
[Platone, L a Repubblica, 459e-46teJ, Entrambi i concetti, per esempio, sono già stati usati da F.
A. Lange [1828-1875] nella sua Arbeite-rfmge [Questione operaia] e per noi sono già da lungo
tempo così familiari che un fraintendimento del loro senso non è possibile per nessuno che co
nosca la nostra letteratura. Più difficile appare la questione di scoprire fino a che punto ricevano
valore duraturo i tentativi più recenti, messi in atto dagli antropologì - ingegnosi, ma assai di
scutibili per il metodo e per gli effettivi risultati, e senza dubbio totalmente fuori strada per al
cune esagerazioni - , di estendere il significato del punto di vista della selezione nel senso di
Darwin e di Weismann anche alla ricerca economica. Tuttavia gli scritti dì O. Ammon, per esem
pio, (Dte natiirlkbe Auslcse beìni Menschen, Die GeseUschaftsordnung und ihre natiirlichen
Grundlagen \La selezione naturale dell'uomo, L ’ordinamento sociale e i suoi fondamenti natura
li]) meritano ad ogni modo più attenzione di quanta ricevano, malgrado tutte le riserve che si
possono avanzare su di essi. Un errore tipico della maggior parte dei contributi offerti dal ver
sante scientifico-naturale al chiarimento dì questioni proprie della nostra scienza consiste nella
dannosa ambizione di voler prima di ogni altra cosa «conlutare» il socialismo. N ello zelo dì vo
ler raggiungere questo scopo si passa, involontariamente, dalla presunta «teoria scientifico-natu
rale» all'apologià dell’ordinamento sociale [n.d.A.].
W eber, Scrìtti p o lìtici
’ A chiedere la chiusura del confine orientale al fine dì proteggere il germanesimo era stata la
Lega pangermanica (AUdeulìcher VerbantI) - a cui, tra l’altro, Weber aveva aderito dal 1893 - nel
corso della sua prima assemblea generale tenutasi nel 1894.
10Nel 1885 i polacchi di provenienza russa e galiziana furono espulsi dalle province di con
fine prussiane e furono chiusi i confini; solo ai frontalieri era permesso il lavoro agrìcolo tempo
raneo sul tcrntorio prussiano.
" 1 decreti del 26 novembre e del 18 dicembre del 1890 resero possibile ai polacchi di en
trambi i sessi provenienti da Russia e Gallina il lavoro nelle province prussiane di confine con la
condizione che essi di volta in volta lasciassero il paese tra ifl5 novembre e il 1“ aprile.
Si tratta di Leo von Captivi (1831-1899) che successe a Bismarck nel 1890. Sotto il suo go
verno furono riaperti i confini orientali.
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11Wehcr si riferisce alla mozione presentata per la prima volta nel 1894 dal deputato conser
vatore Hans Wilhelm Alexander Kanitz per la creazione di un monopolio statale per il commer
cio dei cercali.
'* Questa richiesta viene avanzata all’interno dello stesso contesto anche dal prof. Schmoller
nel suo Jabrbttcb. In effetti, quella parte della classe dei grandi proprietari terrieri - il cui mante
lli mento in qualità di conduttori di aziende agricole è di grande valore per lo Stato —dovrebbe
essere sostenuta solo come affittuarìa di terreni demaniali c non come proprietaria. Io comunque
sono dell’avviso che l’acquisto di terreni abbia un senso duraturo solo in collegamento organico
con una colonizzazione di terreni demaniali adatti; clic venga effettuato, cioè, in maniera tale che
, una parte del terreno orientale passi nelle mani dello Stato c che quindi si provveda, con crediti
statali, a migliorarla radicalmente. La difficoltà con la quale deve lottare la Commissione per l’in
sediamento consiste nel fatto - a prescindere dall’aggravio del «dopo cura» a carico dei coloni di
ventati possessori, i quali nonostante le loro richieste di moratoria sarebbero assoggettati, dopo
un po’ di tempo, al fisco abituale assai poco tenero - che i poderi acquistati migliorerebbero de
cisamente se venissero assegnati per migliorie, magari stilo un decennio, agli affittuari demaniali.
O ra la bonifica deve per forza essere condotta alla svelta e con grandi perdite seguendo la pro
cedura amministrativa, mentre di sicuro numerosi terreni demaniali sarebbero stati adatti per
un’immediata colonizzazione. La lentezza della procedura, provocata da queste difficoltà, non
giustifica certamente il giudizio di Hans Dclbruck, espresso nei suoi diversi e noti articoli apparsi
nei Preiijìzscbe Jabrbticher, sull’effetto politico-nazionale del provvedimento. Pure il calcolo
meccanico fatto tramite il confronto del numero di nuovi poderi rurali con il numero dei pode
ri polacchi, non dimostra assolutamente nulla a chiunque abbia considerato sul posto l’opera cul
turale della colonizzazione; pochi villaggi, costituiti ciascuno da una dozzina dì poderi tedeschi,
germanizzano, all’occasione, parecchie miglia quadrate, presupponendo naturalmente che l’on
data proletaria dell’ Lst venga arginata, e che non si rompa il fondo alla botte da cui si attìnge la
sciando per il resto semplicemente Io spezzettamento c la decadenza della grande proprietà a
merco del caso c al libero gioco delle forze scatenate ulteriormente dalle leggi sulla proprietà a
reddito netto [n.d.A.].
W eber, Scrìtti p o litic i
questione, sono gli interessi ultimi e decisivi, al servizio dei quali deve
porsi la politica economica della nazione; la scienza della politica econo
mica è una scienza politica. Essa è dunque una ancella della politica, ma
non della politica di ogni giorno propria di chi di volta in volta coman
da, governanti o classi di potere, quanto piuttosto dei duraturi interessi
di politica di potenza della nazione. E lo Stato nazionale non è per noi
un qualcosa di indeterminato che si crede di porre tanto in alto quanto
più si avvolge la sua essenza in una mistica oscurità, bensì è l’ organizza
zione di terrena potenza della nazione. E in questo Stato nazionale il cri
terio ultimo di valore, anche in una considerazione politico-economica,
è per noi la « ragion di Stato». E ssa non significa, com e ritiene un biz
zarro fraintendimento, «aiuto da parte dello Stato» anziché «aiutarsi da
se »16, regolamentazione statale della vita economica anziché lìbero gioco
delle forze economiche; noi con questa form ula vogliam o sostenere l’e
sigenza che per le questioni della politica econom ica tedesca - c, tra le al
tre, anche quella che riguarda se e in che misura lo Stato debba interve
nire nella vita economica oppure, al contrario, se e quando Io Stato deb
ba lasciare libere le forze economiche della nazione di dispiegarsi libera
mente e abbattere le loro barriere - l’ultima e decisiva risoluzione, in
ogni singolo caso, spetti senz’altro agli interessi dì potere economici e
politici della nostra nazione c del suo rappresentante, vale a dire Io Sta
to nazionale tedesco.
Staatshilfe e Selbsthilfe erano concetti politico-eco nomici dibattuti negli anni sessanta del
X IX secolo. LVai utarsi da se» era sostenuto dalla parte liberale, soprattutto nelle tesi di Hermann
Sehulzc-Dclitzseh* Il suo avversario c sostenitore dclT«&iuto da parte dello Stato* era invece Fer
dinand Lassallc»
L o S ta to n az io n ale
17 Probabilmente Weber allude qui a Karl Lamprecht, che nel primo volume della sua Deut
sche Geschichte trattava dettagliatamente del ruolo del «matriarcato».
'* È verosimile che Wcbcr intenda qui il giurista Bernhard Windscheid*
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L o S tato n azio n ale
soccom bere nella lotta per l’esistenza sia sintomo di «arretratezza» dom i
na troppo facilmente lo storico. E ogni nuovo sintomo tra i molti che ven
gono alla luce di questo spostamento di potere gli offre allora una soddi
sfazione, dato che conferma le sue osservazioni, ma non solo; egli infatti,
in parte inconsciamente, sente ciò come un trionfo personale: la storia pa
ga le cambiali che egli ha tratto su di essa. Egli osserva, senza sospettarlo,
con una certa animosità le resistenze che ogni sviluppo trova nel suo es
sere; esse, senza volerlo, non gli appaiono alla stregua dì semplici esiti na
turali di un’ovvia consonanza di interessi, ma in una certa misura come
una rivolta contro il «giudizio della storia», così come l’ha formulato lo
storico1’1. L a critica che dobbiam o esercitare anche nei confronti di fatti
che ci appaiono come il risultato irriflesso di tendenze di sviluppo stori
che, ci abbandona proprio là dove ne abbiamo più bisogno. Troppo vici
no a noi resta comunque il tentativo di formare il seguito del vincitore
nella battaglia economica per la potenza e di dimenticare, con questo, che
la potenza economica e la vocazione alla guida politica della nazione non
sempre coincidono l\
11 La metafora del giudizio sì trova soprattutto nella storiografia liberale del X IX secolo, in
F. C . Schlosscr, K , voti Rotteck, G. G. Gcrvinus e X Mommscn.
W eber, Scritti p olitici
per lo meno, non di regola - nelle grandi masse della nazione che devono
lottare con la necessità del giorno; tra l’altro, sarebbe ingiusto pretender
li da loro. N ei momenti decisivi, però, in caso dì guerra, anche nei loro
animi traspare il significato della potenza nazionale, e allora si m ostra che
lo Stato nazionale riposa su salde fondamenta psicologiche anche presso
gli ampi strati della nazione dominati economicamente e che non è affat
to Soltanto una mera «sovrastruttura», cioè l’organizzazione della classe
economicamente dominante. Solo nei tempi normali questo istinto polì
tico nelle masse scende sotto la soglia della coscienza. Allora è funzione
specifica degli strati economicamente e politicamente dominanti quella di
essere i depositari del senso politico, l’unico motivo che è in grado di giu
stificare la loro presenza dal punto di vista politico.
In ogni epoca è stato il conseguimento della potenza economica ciò che
ha fatto nascere in una classe l’idea della sua candidatura alla guida poli
tica. È pericoloso e alla lunga inconciliabile con l’interesse della nazione
se una classe economicamente declinante conserva il potere politico. M a
ancora più pericoloso è il caso in cui le classi verso le quali sì sposta la p o
tenza economica e con ciò l’aspirazione al potere politico, non sono an
cora politicamente mature per guidare lo Stato. Al momento, tutte e due
le cose minacciano la Germania cd in verità c questa la chiave per com
prendere ì pericoli che attualmente corriamo ìn questa situazione. Ed an
che le trasformazioni della struttura sociale dell’Est, con le.quali stanno
in relazione i fenomeni discussi all’inizio, appartengono a questo conte
sto più ampio.
Fino ad oggi, nello Stato prussiano, la dinastìa si è appoggiata politica-
mente al ceto degli Junker. Contro di essa, ma anche soltanto con il suo
aiuto, la dinastia ha creato lo Stato prussiano. So bene che il nome Ju n ker
suona poco gradito alle orecchie dei tedeschi del Sud. Si troverà forse che
parlo un idiom a «prussiano» se dico una parola a loro vantaggio. N on sa
prei. Ancor oggi in Prussia vi sono moke vie attraverso le quali gli Ju n ker
arrivano ad occupare posti influenti e di potere, m oke vie che portano
dritte all’orecchio del monarca, vie che non si spianano ad ogni cittadino;
questa classe non ha sempre usato questa potenza Ìn maniera tale da po
terla giustificare davanti alla storia, e non capisco perché un studioso bor
ghese dovrebbe amarla. Eppure, al di là di tutto la forza dei suoi istinti po
litici era uno dei capitali più potenti che potessero essere utilizzati a van
taggio degli interessi di potenza dello Stato. Essi hanno compiuto la loro
opera ed oggi giacciono in un’agonia polìtica dalla quale nessuna politica
economica statale potrebbe ricondurli al loro antico carattere sociale. E
anche i compiti del presente sono diversi rispetto a quelli che essi avreb
bero potuto risolvere. Per un quarto dì secolo è stato al vertice della G er
mania l’ultimo e il più grande degli Junker; e la tragicità che grava sulla sua
L o S tato n azio n ale
" Bismarck ha più volte definito il Reich tedesco come territorialmente «sazio» (gesàttigt)
oppure «saturo» (satunert).
B Queste osservazioni sì riferiscono alle discussioni svoltesi nel Reich ftag e a livello di opi
nione pubblica sul tema della cosiddetta Umìturzvorhige, vale a dire il progetto di una legge che
riguardava cambiamenti e integrazioni del codice penale, militare, e della legge sulla stampa, che
era stato presentato all’inizio del dicembre 1894 nel Reichstag. Se fosse stato approvato, sareb
bero state ampliate le possibilità legali di riduzione delle attività politiche della Socialdemocrazia,
i cui aderenti a partire dal 1890 erano aumentati considerevolmente. Weber considerava soprat
tutto i nazional-liberali come i responsabili di questa proposta.
L o S ta to n azio n ale
crescenti masse popolari, e verso l’alto nei confronti delle ubbie politico
sociali di cui, a suo giudizio, sono sospette le dinastie tedesche.
E un’altra parte è sprofondata ormai da lungo tempo in quel filistei
sm o politico dal quale ampi strati della piccola borghesìa non sono mai
stati risvegliati. G ià quando si conclusero le guerre per l’unità e si intra
presero i primi passi verso compiti politici positivi nazionali - il progetto
innanzitutto di un’espansione oltremare — mancò alla borghesia quella
semplicissima consapevolezza economica che le avrebbe perm esso di
comprendere che cosa potesse significare per il commercio della G erm a
nia lo sventolare lungo le coste di mari lontani delle bandiere tedesche24.
N o n certo motivi economici né la «politica di interessi» da più partì
chiamata in causa - e che altre nazioni conoscono in misura non inferio
re a noi - sono colpevoli dell’immaturità politica di ampi strati della bor
ghesia tedesca; il m otivo sta nella scarsa partecipazione politica che ha ca
ratterizzato il suo passato, nel fatto che il lavoro politico di educazione di
un secolo non si poteva recuperare in un decennio, e che il dominio di un
grande uom o non sempre è un m ezzo efficace di educazione politica. E
ora la dom anda più seria circa il futuro polìtico della borghesìa tedesca è
se non sia ormai troppo tardi per recuperare questo ritardo, che nessun
elemento economico può sostituire.
Altre classi saranno portatrici di un avvenire politicamente più gran
de? C onscio della sua forza, il proletariato moderno si candida come ere
de degli ideali borghesi. C osa pensiamo della sua aspirazione alla direzio
ne politica della nazione?
Chi oggi dicesse della classe operaia tedesca che essa è politicamente
matura o sulla via della maturità politica, costui sarebbe un adulatore e
aspirerebbe ad una dubbia popolarità.
D a l punto di vista economico, gli strati più airi della classe operaia te
desca sono di gran lunga più maturi di quanto l’egoismo delle classi pos
sidenti vorrebbero ammettere, e legittimamente la classe dei lavoratori
esige la libertà di rappresentare i propri interessi anche nella forma aperta
e organizzata della lotta economica per la potenza. D a l punto di vista po
litico, invece, essa è infinitamente più immatura di quanto una cricca di
giornalisti25 vorrebbe farle credere al fine di m onopolizzare la sua condu
zione. N egli ambienti di questi borghesi declassati si gioca volentieri con
le reminiscenze di cento anni fa, e con ciò in effetti si è conseguito che qui
e là nature paurose vedano in loro i discendenti spirituali degli uomini
della Convenzione. Sennonché essi sono infinitamente più innocui di
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L o Stato n azio n ale
suoi ideali. E non sono gli anni che rendono l’uom o vecchio: sì è giovani
finché si è in grado di sentire le grandi passioni che la natura pose in noi.
E così - permettetemi di concludere con questo - non sono i millenni di
una storia ricca di gloria a far invecchiare una grande nazione. E ssa resta
giovane se ha la capacità e il coraggio di riconoscersi in se stessa e nei gran
di istinti che le sono propri, e se le sue classi dirigenti sono in grado di ele
varsi all’aria rigida e tersa nella quale prospera il sobrio lavoro della polì
tica tedesca, la quale è anche abitata dalla seria magnificenza del senti
mento nazionale.
II. Sulla burocrazia
1909
Q uesto testo è uno stralcio estratto dall’am pio capitolo dal titolo Diskussionsreden a u f
d m 7‘a gungen des Vereins fiir Sozialpolitik (1905, 1907, 1909, 1911) che occupa le pagine
194-430 del volum e Max Weber, Gesammelce Aufsdtze z a r Sociologie und Sozialpolitik,
edito da Marianne Weber, J. C . B. M ohr (Paul Siebcck), Tiìbitigen 1924. L a traduzione qui
I a esci nata riguarda il paragrafo intitolato D ebattereden a u f d er Tagung des Vereins f ii r So-
i.tìptduik in Wien 1909 z a den Verhandlungen tiber « D ie •winsebaftlichen Untemehmun-
; ;i ' r dei <iemeinden<*, pp. 412-6.
SCRITTI POLITICI
come nei papiri egizi - L oro ritroveranno sempre più riflessa nello spiri
to della burocrazia odierna e soprattutto nello spirito della sua nuova ge
nerazione, ovvero dei nostri attuali studenti. Q uesto entusiasmo per la
burocratizzazione, come noi l’abbiamo sentito esprìmersi in questa sede,
è tale da far disperare. E come se in politica il solo spinto d d l’ordine —nel
l’orizzonte dei quale, beninteso, il tedesco si è sempre sentito a proprio
agio —dovesse farla da padrone; come se noi scientemente dovessimo tra
sformarci in uomini bisognosi di «ordine» e di nicnt’altro, uomini che di
ventano nervosi e pavidi se, per un attimo, quest’ordine si mette ad oscil
lare, e che rimangono indifesi se vengono strappati dalla loro esclusiva in
corporazione a questo ordine. Che il m ondo non conosca nient’altro che
tali uomini deU’ordine, questa è la china sulla quale ci siamo avviati; la
questione cruciale allora non è come poter ulteriormente favorire e acce
lerare questo sviluppo, bensì che cosa noi dobbiam o contrapporre a que
sto meccanismo per tenere libero un briciolo di umanità da questa parcel
lizzazione dell’anima, da questo dominio egemone degli ideali dì vita bu
rocratici. L a risposta a questa dom anda è certamente impossibile oggi.
Piuttosto, vogliamo ancora una volta chiederci quali siano le prospet
tive sociali e politiche di questa progressiva burocratizzazione che Loro
elogiano così entusiasticamente. Signori! Dovevo per forza dissentire dal
l’idea che qui sembra aver persuaso quasi tutti Loro, secondo la quale se
si sostituisse quanto più possibile il datore di lavoro privato con un fun
zionario statale, potrebbe con ciò accadere qualcosa di diverso come, per
esempio, che la potenza dello Stato si impregnasse del carattere proprio
del datore di lavoro. In questo caso, i funzionari dovrebbero subire la
stessa irritazione e affrontare la quotidiana piccola guerra che l’industria
le privato deve combattere con i suoi operai, solo che questa volta i pro
blemi dovrebbero essere risolti dai funzionari; non si vorrà far credere,
dunque, che tutto questo possa tornare a vantaggio della politica sociale.
C i sono anche nell’industria privata gli impiegati e i funzionari più reali
sti del re, con i quali si può trattare molto meno che con gli stessi indu
striali. Che cosa succederebbe, allora, se i funzionari dello Stato e dei co
muni avessero ai loro comandi strati sempre più ampi di operai? Mature
rebbero un m odo di pensare più social-polìtico in occasione dei continui
e inevitabili contrasti con le organizzazioni operaie? Si c perfino creduto
che assum endo il controllo delle miniere ed entrando nel sindacato (Syn-
dikat) del carbone, questo cartello - per il fatto di essere controllato dal
lo Stato - dovrebbe per forza traboccare di idee social-politiche; ma, qua
le pensano sia il destino a cui lo Stato andrebbe incontro qualora si veri
ficasse questo abbraccio? Allo Stato non toccherebbe la parte di Sigfrido,
quanto piuttosto quella del re Gunthcr con Brunhìlde. Notoriam ente le
condizioni delle miniere statali sono quanto di peggio ci sia in fatto di po
Weber, Scritti p olitici
1916
C o n questa lettera a Gertrud Baum er (1873-1954), sua conoscente da antica data e cu
ratrice de! mensile «D ie Frau. M onatschrift fiir das gesamte Frauenleben unserer Zeit»,
Weber intervenne nel dibattito che in quel periodo animava le pagine della rivista.
L a Baumer, infatti, aveva scritto nel num ero di ottobre de! 1915 (cfr. «D ie F rau», edito
da Helene Lange, anno x x in , 1915-1916, fase. 1, pp. 37-42) un articolo dal titolo Zwiscken
zw ci Gesetzen, in cui analizzava il rapporto tra le leggi evangeliche e il dovere nei confronti
della «patria». Pur ribadendo la contraddittorietà deì due sistemi normativi, la Baum er giu
stificava la guerra in generale e in particolare la strategia del Reich tedesco, in nom e della
necessità della salvaguardia degli interessi di potenza delle nazioni.
N el numero di gennaio del 1916 (fase. 4, pp. 236-21) la pacifista svizzera Gesine N ord-
beck le aveva replicato da una prospettiva pacifista-cristiana sostenendo, tra l’altro, che il
cristiano dovrebbe essere m osso dalla V ille zum Frieden stati des Willens zu r M acht (vo
lontà di pace invece che dalla volontà di potenza).
Weber decise di intervenire prendendo le p a n i della Baumer. 11 testo da lui inviato
venne pubblicato sul numero di febbraio del 1916 delia rivista (fase. 5, pp. 277-9) in fo r
ma di lettera aperta ai lettori. L’originale di Weber è andato perduto. Per la presente tra
duzione ci si è avvalsi del testo contenuto nella M ax Weber G esamiauygz.be cit., A bt. 1, Bd.
15, pp. 95-8.
SCRITTI POLITICI
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T ra du e Seggi
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W eber, Scritti p olitici
dignità, dell’onore e della grandezza della «creatura». Chi non trae le ne
cessarie conseguenze, Tolstoj stesso lo ha fatto solo in prossimità della
morte, dovrebbe sapere che rimane giocoforza legato alle istituzioni giu
ridiche proprie del m ondo dell’al di qua, le quali contemplano per un
tempo incalcolabile la possibilità e l’inevitabilità della guerra per la poten
za, e dovrebbe altresì sapere che solo a ll’interno di queste istituzioni giu
ridiche egli può soddisfare quella che di volta in volta appare come l’«esi
genza del giorno». Q uesta esigenza però suonava e suona in m odo diver
so per i tedeschi di Germania rispetto ai tedeschi della Svizzera. E così ri
marrà. Infatti tutto ciò che è parte dei beni di uno Stato di potenza è im
pigliato nella legge del «pragm a-potenza» (M acbt-Pragma) che domina
tutta la storia politica.
Il vecchio e sobrio empirista John Stuart Mill ha detto che a partire dal
terreno della pura esperienza non si arriva ad un D io; a me sembra d ’uo
po aggiungere: meno che mai si arriva ad un D io della bontà, quanto piut
tosto al politeismo. In effetti, chi vive nel «m ondo» (nel senso cristiano)
non può esperire in sé nient’altro che la lotta tra una moltitudine di valo
ri dei quali ognuno, considerato di per sé, sembra obbligante. Egli deve
scegliere quale di questi dei vuole o deve servire oppure quando vuole o
deve servire l’uno o l’altro. Allora però egli si troverà sempre in lotta con
uno o più degli altri dei di questo mondo e in special m odo si troverà sem
pre assai lontano dal D ìo del cristianesimo, o almeno da quel D ìo che ve
niva annunciato nel sermone della montagna.
IV. Sistema elettorale e democrazia in Germania
1917
N el novembre del 1917 iniziò la pubblicazione di una nuova collana di scritti polìtici
intitolata D er deutsche Volksstaat. Schnften z a r inneren Politik. Scopo di questa iniziativa
era di permettere ai rappresentanti delle principali correnti politiche tedesche di esprimere
la propria opinione sui temi più attuali di politica interna. Il secondo numero di questa se
rie è costituito dal presente scritto di Weber apparso poco prim a del 6 dicembre col titolo
Wahlrecht und D em okratie in Deutschland.
N onostante il decreto imperiale dell’11 luglio 1917, le Cam ere dei Signori e dei D ep u
tati e la m aggioranza dei ministri prussiani sì era opposta alla concessione del sistema elet
torale a suffragio universale. Furono così rispolverati i vecchi piani per un voto plurim o e
all’inizio di agosto il Partito Conservatore istituì una com m issione che doveva elaborare ul
teriori proposte alternative. In settembre questa com m issione propose un sistema elettora
le basato sulle professioni.
Il testo di Weber fa direttamente riferimento a questi avvenimenti. L a traduzione c sta
ta condotta sul testo Wuhlrecht und D em okratie in Deutschland, Fortschritt (Buchverlag
der iH ilfe » G m bH ), Berlin - Schòncberg 1917, com e viene riprodotto nella M ax Weber
Crcsamtausgabe c it, A bt. r, Bd. 15, pp. 347-96.
SCRITTI POLITICI
stata sufficiente ad inserirli nella concreta politica nazionale. Tutt’ altra co
sa, cioè, rispetto alla plutocrazia della Dieta prussiana, la quale - nel ter
zo anno di guerra - non seppe davvero fare niente di meglio che appro
vare una legge per la nobilitazione dei profitti di guerra. Invece di procac
ciare nelle regioni tedesche dell’E st nuove terre per ì contadini - e noi po
tremmo creare nuovi posti di lavoro, in qualità di contadini, alla truppa di
dieci corpi d ’armata - , alle spalle dell’esercito combattente le terre tede
sche venivano consegnate - con la costituzione del fidecommesso - alla
vanità di una plutocrazia parvenu di guerra, al fine di permetterle ÌÌ con
seguimento di un titolo nobiliare. Q uest’unico dato di fatto è una critica
sufficiente nei confronti della legge elettorale per classi.
L’intrinseca insostenibilità di questo e di ogni altro sistema elettorale
operante in m odo simile è in sé evidente. Mantenendo la partizione prus
siana in tre classi, l’intera massa di combattenti di ritorno dal fronte si tro
verebbe nella classe più bassa, ininfluente dal punto di vista politico; nel
la classe privilegiata, invece, si troverebbero coloro che sono rimasti a casa
e ai quali intanto sono toccati in sorte la clientela e i posti dì lavoro degli
altri. C osì la proprietà già in possesso o recentemente acquisita da quelli
che durante la guerra o attraverso di essa si sono arricchiti, oppure che -
nonostante la guerra - sono rimasti com ’erano prima, c difesa al fronte da
coloro che vengono polìticamente declassati proprio a causa della guerra.
L a politica non è certo una faccenda etica. M a c e pur sempre un minimo
di pudore e di decoro sotto il quale anche in politica non si può impune
mente scendere.
Quale altro sistema elettorale potrebbe subentrare al suo posto? Tra i
letterati gode di grande popolarità ogni sistema elettorale pluralistico. Ma
quale? Deve essere privilegiato lo stato civile, forse mediante voti supple
mentari? M a gli strati inferiori del proletariato e dei contadini che colti
vano i terreni più poveri, e in genere tutti gli strati sociali aventi le più li
mitate prospettive economiche, si sposano molto presto e hanno più figli
degli altri. O ppure - e veniamo al sogno preferito dei letterati - il grado
di «form azione»? Le differenze di grado di «form azione» sono oggi sen
za dubbio - rispetto all’elemento formativo delle classi, e cioè la partizio
ne del possesso e della funzione economica —le differenze più importan
ti e propriamente costitutive dei ceti. È essenzialmente grazie ai prestigio
sociale derivato dalla cultura che si affermano il moderno ufficiale al fron
te e il moderno funzionario all’interno della comunità sociale. Le diffe
renze di «form azione» sono - per quanto lo si possa deplorare - una del
le barriere sociali più salde che agiscono a livello puramente interiore. So
prattutto in Germania, dove quasi tutti i posti privilegiati, sia all’interno
che all’esterno dei servizi statali, sono legati non solo ad una qualificazio
ne attinente la conoscenza tecnica, bensì anche ad una qualificazione di
W eber, S critti politici
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S iste m a elettorale e d e m o c ra z ia
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W eber, Scritti p o litici
mente politica delle forniture statali, dei finanziamenti di guerra, dei gua
dagni di contrabbando e di tutti gli altri profitti legati alle circostanze e al
le possibilità di furto, cresciute enormemente durante la guerra, e quindi
dei suoi profitti e dei suoi rischi avventurosi; e un capitalismo che invece
si fonda sul calcolo della redditività dell 'impresa razionale borghese del
l’epoca di pace. C osa propriamente accada nell’ufficio di una tale azienda
è per questo sacro candore un libro dai sette sigilli. Inoltre, esso ignora
completamente che il «sentimento» fondante, oppure - se lo si vuole
esprimere in quest’altro modo - l’«ethos» di quei due diversi tipi dì capi
talismo, è reciprocamente contraddittorio alla stregua di due potenze spi
rituali e morali antagoniste; tanto che uno, il «capitalismo di rapina», fon
dato in m odo puramente politico, è così arcaico come la storia a noi nota
degli Stati militari, mentre l’altro è un prodotto specifico della moderna
umanità europea; di tutto ciò naturalmente questo sacro candore non sa
assolutamente nulla. Se poi si vuole fare una distinzione dal punto di vista
etico (e ciò è pur sempre possibile), allora il punto cruciale della questio
ne consiste proprio nel fatto che nel re n a i personale degli affari proprio
quella che sta più in alto - quella che in media sta molto più in alto di una
qualsiasi altra etica economica effettivamente data storicamente, e che non
è predicata soltanto da filosofi e letterati - , e cioè l’etica di impresa razio-
nal-capitalistica di questo secondo tipo di «capitalismo», l’etica del dove
re e dell’onore professionale, è quella che ha prodotto e mantenuto quel
la ferrea costruzione attraverso la quale il lavoro economico riceve la sua
impronta e il suo destino, che naturalmente diventerebbe sempre più de
finitivo nel momento in cui al posto dell’opposizione tra burocrazia capi
tai isti co-privata e statale si creasse —attraverso la «direzione comune del
l’economia» - una burocrazia unitariamente preposta agli operai, contro
cui non ci sarebbe - al di fuori di se stessa - più alcun contrappeso. M a per
rimanere all’opposizione enunciata precedentemente, si può dire che non
quei profitti ottenuti mediante il famigerato principio secondo cui «non si
guadagnano milioni senza aver sfiorato con la manica il carcere», bensì
proprio quella redditività che fu conseguita secondo il principio fonda -
mentale: « honesty is thè best policy» divenne l’emblema del capitalismo
specificatamente moderno, in quanto sistema inevitabilmente dominante
dell’economia c, attraverso di essa, del destino quotidiano dell’uomo.
Q ualcuno di questi ideologi imbrattacarte di tale sognata etica della soli
darietà economica ha gettato mai uno sguardo dietro le quinte della nostra
«econom ia collettiva di guerra», e ha mai potuto vedere che cosa ne è sta
to sotto il suo effetto dell’«im pulso di guadagno» strangolato, per così di
re, attraverso di essa? U na danza selvaggia attorno al vitello d ’oro, un gio
co avventuroso consistente nel cogliere quelle possibilità del caso che
zampillano da tutti i pori di questo sistema burocratico, la perdita di ogni
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W eber, Scritti p o litic i
to, i direttori generali come Kirdorf, Hugenberg e simili devono essere ri
partiti sotto i «funzionari di azienda» delle singole «professioni», oppure
cosa succede nel loro caso? Ma le cose vanno in questo m odo nei più alti
vertici dell’ingranaggio capitalistico come nei punti più bassi. Proprio i
pm importanti tra 1 timonieri dell’economìa odierna ovunque si sottrag
gono —finanche il libraio all’in grò sso e il direttore dì impresa - ad ogni
ordinamento in categorie materialmente appropriate. Infatti dovrebbe es
sere trovato, per la limitazione delle corporazioni elettorali, un contrasse
gno form ale, con il qua}e però non cesserebbe di fare a pugni, considera
te le odierne relazioni economiche, il senso materiale ed economico della
posizione relativa. L a nostra moderna economia, diversamente dall’eco
nomia corporativa, si distingue proprio per il fatto che dalla posizione
esteriore non si può quasi mai desumere quale funzione economica ap
partenga al singolo; e neanche la più accurata delle statistiche professio
nali tradisce il minimo indizio sulla struttura interna dell’economia. Allo
stesso m odo in cui non è possibile desumere dal paesaggio un podere si
gnorile o il suo carico ipoteche, non si può vedere nella figura di un
proprietario di negozio che cosa egli rappresenti dal punto di vista eco
nomico: se sia, cioè, uno che possiede un’impresa filiale, un impiegato o
un cliente legato strettamente ad una potenza capitalistica (ad esempio,
una fabbrica dì birra), Un venditore al dettaglio assolutamente indipen
dente, o quant altro. Altrettanto poco si può dire di un «artigiano indi
pendente» se egli sia un industriale domestico, un commissionario, un
piccolo capitalista indipendente oppure un artigiano terzista. E questi so
no ancora 1 casi più semplici! Per completare il quadro, la rappresentazio
ne ingenua del letterato che continuamente riaffiora, secondo cui sarebbe
questa la via per fare influire in m odo «aperto» e «onesto» «nell’ambito
dei compagni di professione» la potenza degli interessi materiali —la qua
le oggi si fa valere in modo «celato» nelle elezioni parlamentari -, appar
tiene senz altro all asilo infantile della politica. Migliaia sono i fili ai quali
i poteri capitalistici in occasione delle elezioni farebbero danzare a loro
piacimento non solo il pìccolo commerciante «indipendente» e l’artigia
no, ma anche 1 industriale indipendente. A prescindere dal fatto che ogni
simile limitazione professionale si muove nella misura più ampia possibi
le sulla sabbia trasportata dal vento delie unità di impresa - sovvertite da
ogni macchina nuova o possibilità di vendita —, degli orientamenti di pro
duzione c delle forze lavorative. In tutto il mondo, a partire da questi mo
tivi puramente economici, non esiste oggettivamente niente di più inve
rosimile del tentativo di voler creare come corpi elettorali politici — in
un epoca di continui capovolgimenti tecnici c commerciali, e di crescenti
legami economici e sociali conformi alle compagini aventi un preciso fine
dal punto di vista economico - delle partizioni «organiche» nell’antico
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che costituirebbe la fine della loro vita interna. N o n che ad esse la «coer
cizione» sia in generale qualcosa di estraneo. Al contrario. Esse si servo
no del boicottaggio, della proscrizione e di tutti i mezzi di richiamo e
coercizione di tipo materiale e spirituale, che lo spirito umano possa esco
gitare sul terreno (dal punto di vista formafe) della libera propaganda, con
la sola eccezione di quella forma della creazione di un «ordine esteriore
legittimo» statale, propria dell’apparato coercitivo statale e ad esso riser
vata. D a parte dello Stato, si possono adottare disposizioni, a beneficio
delle organizzazioni di partito, le quali - a seconda delle circostanze - tu
telino ì diritti della maggioranza contro l’illegalità commessa da una cric
ca di minoranza, o al contrario i diritti della minoranza contro la prepo
tenza della maggioranza, e questo in America lo si è fatto. M a per quanto
riguarda la caratteristica fondamentale, vale a dire la volontarietà dell’ade
sione da parte degli iscritti, essa cambia tanto poco quanto le prescrizioni
statali riguardanti le condizioni della fondazione dei sindacati. Proprio il
fatto che il capo di un partito dipenda dal reclutamento formalmente li
bero dei suoi adepti, costituisce l’elemento assolutamente diversificante
rispetto all’avanzamento regolamentato del funzionario. E proprio il fat
to che i dirigenti economici siano costretti all’organizzazione formalmen
te * libera» del loro seguito condiziona la loro peculiarità, che a sua volta
viene condizionata dalla struttura dell’economia moderna. O rganizzazio
ne e consociazione provocata dalla polizia di Stato, in questo ambito e
sotto queste condizioni, sono per antonomasia opposti inconciliabili. Chi
non ha capito queste cose, non ha ancora colto l’abbiccì della moderna vi
ta polìtica ed economica. Questi non sono stati di fatto «eterni». M a oggi
si presentano in questo m odo. Naturalmente sulla carta si possono co
struire organismi elettorali di ceti e professioni a piacere. M a posto che lo
si facesse, allora, come si è detto, la conseguenza sarebbe che i partiti po
litici da una parte e i gruppi di interessi economici dall’altra condurreb
bero, dietro ad essi, la loro effettiva esistenza.
E questo dovrebbe bastare. A bbiam o qui menzionato tutte queste fan
tasie romantiche - che certo non meritano da parte dell’esperto l’onore di
una seria confutazione -, soltanto perché queste costruzioni del tutto an
tistoriche arrecano pur sempre il danno di aumentare, in primo luogo, l’i
drofobia della pìccola borghesia tedesca (di tutti gli strati) davanti alla ne
cessità di immergersi nella situazione specificatamente moderna del pro
blema, e, in secondo luogo, di estraniare ancor più questa piccola borghe
sia dal m ondo e dalla politica. E poi - per toccare brevemente alla fine an
che questo punto - qualcuno di questi romantici da calamaio si è mai fat
to un’idea chiara deD’essenza del reale «Stato corporativo» del passato?
C onfuse rappresentazioni di una «partizione della società» secondo le
«professioni naturali» in «comunità corporative», portatrici dell’«etica
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J 11 vincolare, come sembra sia in progetto, il diritto di voto alla permanenza per un cerio pe
riodo in un determinalo luogo, cosa clic significherebbe la re-voca del diritto di voto (che attual
mente è goduto dalia terza classe) dei lavoratori costretti a cambiare frequentemente residenza,
costituirebbe una privazione dei diritti degli strati di proletari in questione che in questo mo-
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mento stanno al fronte! A causa del grande sovvertimento de 111economia che c in vista» alle pros
sime eiezioni forse la maggioranza dei lavoratori potrebbe essere costretta a corcare un nuovo
posto di lavoro» dunque perderebbe il diritto di voto! [n.d.A.].
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il centro delia nobiltà senatoriale nella Rom a antica, sìa - dal punto di vi
sta politico - un rappresentante insostituibile della tradizione, della for
mazione politica c della moderazione. M a dov’è questo strato sociale da
noi? Quanti di questi proprietari terrieri ci sono in Germania, in partico
lare in Prussia? D o v è la loro tradizione polìtica? Politicamente essi non
significano nulla e meno che meno in Prussia. E infatti appare chiaro che
una politica statale, avente il fine di addestrare un tale strato di possesso
ri di grandi rendite davvero aristocratici, è oggi impossibile. Se pur fosse
possibile far sorgere sul terreno boscoso - l’unico possesso terriero qua
lificato in senso poi iti co-soci al e per la formazione di fi decommesso —una
certa quantità di grandi poderi sarebbe comunque esclusa la possibilità di
ottenere in questo m odo risultati che abbiano un determinato peso dal
punto di vista quantitativo. E questa era certo la più profonda falsità in
trinseca al progetto di legge riguardante il fidecommesso discusso in Prus
sia all’inìzio del 1917: il fatto che esso voleva estendere questo istituto,
adeguato per i possedimenti della grande nobiltà terriera, al ceto dei pro
prietari medi dell’ordine dei cavalieri a oriente dell’Elba; si voleva in que
sto m odo elevare ad u n ’«aristocrazia» un ceto che ormai non lo è più né
può esserlo. Chi conosce i molto disprezzati (spesso a torto) c altrettanto
molto esaltati (ugualmente a torto) «ju n k er» dell’Est, certamente da un
punto di vista personale non potrà che gioire dì loro: nella caccia, in oc
casione di una buona bevuta, a carte, nell’ospitalità del podere: tutto que
sto è vero. Ma tutto diventa artificioso se si considera nelle vesti dì «ari
stocrazia» questo strato dì imprenditori legati già a livello puramente eco
nomico al lavoro di imprenditori agricoli e alla lotta di interessi - una lot
ta sociale ed economica dì interessi così spietata com ’è solo quella di qual
che imprenditore. Si tratta in realtà di uno strato di imprenditori nella sua
essenza «borghese». Dieci minuti in compagnia di questa gente sono suf
ficienti per rendersi conto che sono plebei, proprio e soprattutto nelle lo
ro virtù che certo sono di carattere pesantemente plebeo. U n feudo della
Germania dell’Est «oggi non possiede alcuna signorilità», come si espres
se del tutto giustamente una volta {privatimi) il ministro von Miquel. Se
si cercasse dì creare un’«aristocrazia», attraverso l’attribuzione di gesta e
pretese feudali, da un tale strato sociale oggi impegnato in un semplice la
voro capitalistico borghese, da questo tentativo ne verrebbe fuori soltan
to una fisionomìa da parvenu. Quelle caratteristiche del nostro com por
tamento polìtico e anche generale, che mostrano di possedere questo ca
rattere, sono condizionate certo non soltanto, ma pur sempre anche da
questo fatto, e cioè che questa pretesa di recitare il ruolo di un’aristocra
zia ha ispirato strati sociali ai quali manca ormai la capacità di esserlo.
E non solo a questo strato sociale. Infatti da noi la mancanza di forme
di educazione da uomo di mondo non c naturalmente rintracciabile sol
S iste m a elettorale e d e m o c razia
tanto nella fisionomia propria degli Junker, ma anche nel carattere pecu
liarmente borghese di tutti quegli strati che sono stati gli specifici rappre
sentanti dell’entità statale prussiana ai tempi della sua modesta, ma glo
riosa ascesa. Le antiche famiglie di ufficiali che nelle loro condizioni spes
so oltre m odo disagiate curano in m odo altamente rispettabile la tradizio
ne del vecchio esercito prussiano, e le famiglie dei funzionari statali in
analoghe condizioni - è indifferente se nobili o meno - sono, da un pun
to di vista economico e sociale e secondo la loro prospettiva, un ceto me
dio borghese. Le forme sociali del corpo degli ufficiali tedeschi sono, aì-
Tintcrno del toro ambito, in generale del tutto appropriate al carattere del
loro strato sociale e assomigliano in tutto e per tutto, nelle loro caratteri
stiche peculiari, a quelle dei corpi ufficiali delle democrazie (Francia e an
che Italia). Ma tuttavia, fuori da questo ambito, esse si trasformano subi
to in caricatura nel momento in cui vengono assunte come modello in al
tri ambiti non militari. Soprattutto se esse celebrano un matrimonio mi
sto con quelle forme sociali che traggono origine dagli istituti medi delle
scuole p er funzionari. E questo è proprio quanto avviene da noi.
C om e è noto, l’indole dello studente appartenente alle associazioni stu
dentesche è il tipico prodotto di una tipica forma sociale di educazione
propria della nuova generazione destinata alle cariche non militari, ai be
nefici c alle «libere» posizioni professionali socialmente elevate. L a «li
bertà accademica» di battersi in duello, bere, marinare le lezioni trac la sua
origine dai tempi in cui da noi non esistevano altre libertà di nessun ge
nere, e in cui soltanto questo strato di letterati aspiranti a una carica era di
fatto privilegiato appunto per la possibilità di godere di queste libertà. M a
l’impronta che le convenzioni sorte in quel tempo hanno lasciato nell’«at-
teggiarsi» delT«uomo da diploma da esame» in Germania, da sempre im
portante e destinata a diventarlo sempre di più, ancora oggi non può es
sere cancellata. In ogni caso, le associazioni studentesche difficilmente
sparirebbero anche se oggi le ipoteche gravanti sulle case delle associazio
ni e la necessità per i «vecchi signori» di ricavarne un reddito, non rap
presentassero già un motivo sufficiente per assicurare la loro immortalità
economica. Al contrario, lo spirito delle associazioni si diffonde costante-
mente. E questo per il semplice motivo che lo spirito delle associazioni og
gi è una form a specifica di selezione dei funzionari, e perché la qualifica di
ufficiale della riserva e la necessaria «capacità dì dare soddisfazione in un
duello», garantita e accertabile grazie al nastro distintivo dell’associazio
ne, apre l’accesso alla «società». Certo l’obbligo di bere e la tecnica dei
duelli delle associazioni vengono sempre più adattate ai bisogni della co
stituzione più debole dei sempre più numerosi aspiranti al nastro distin
tivo dell’associazione al fine di procacciarsi conoscenze: a quel che si di
ce, oggi ci sono corpi formati da bevitori di solo tè. M a la cosa decisiva, e
Weber, Scritti p olitici
* Nel giornale tedesco dell’associazione studentesca n. 428 (qui citato secondo la riprodu
zione del prof. A. Messer, Gicficn, nella «Wcscrzeitung» del 2 giugno 1917) in relazione alla cri
tica delle «moderne» proposte di riforma si dice: «Le proposte non tengono conto in generale
dello status, giocoforza limitato nel tempo, delle matricole e degli attivisti di ogni lega. Ad esem
pio: niente obbligo di bere! Niente far-bere-i-rcsti! Niente farli bere fino a scoppiare! Simili se
rate di “ baldoria” le ho frequentate abbastanza spesso nelle associazioni più diverse anche senza
riforma, qualche volta anche per interi semestri. E più tardi presso gli stessi gruppi ho fatto espe
rienza di serate dove si è bevuto come dei pazzi. In queste circostanze, c’era altro materiale uma
no: qui la gente considerava l’ubriacarsi bello e piacevole, ma molto spesso anche necessario; e la
possibilità di ubriacarsi c di far ubriacare è parimenti necessaria. Se noi proibiamo il far-bere-i-
resti, allora in ogni momento una matricola che regga l’alcool può “ bersi” tranqud lanieri te un at
tendente di associazione che lo regga meno, e così tanti saluti all’autorità; oppure invece non si
beve più, e così perdiamo i discorsi spontanei che si fanno da ubriachi c con ciò il fondamento di
ogni euforìa da osteria. Se proibiamo il far bere fino a scoppiare, gettiamo alle ortiche un mezzo
di educazione! Vi prego di non astrarre queste parole dal contesto. Ea nostra vita di associazio
ne deve rappresentare una serie di tentativi di educazione. E ogni studente affiliato alle associa
zioni dovrà confermare che egli mai in tutta la sua vita ha potuto ascoltare in modo così chiaro,
schietto, anche se qualche volta in modo incredibilmente rozzo, la verità anche amara su se stes
so, come quando frequentava l’associazione. F. com’c che sopportò tutto ciò? In conseguenza
delle serate in osteria, anche se sembra ridicolo dirlo. La serata in osteria è per noi ciò che per il
soldato è il tanto ingiuriato rìgido addestramento nel cortile della caserma o la marcia da parata.
Così come là il cento volte ripetuto “ inginocchiatevi!” elimina, uno dopo l’altro, pigrizia, indif
ferenza, ostinazione, furore, smidollatezza e stanchezza, e inoltre fa emergere la disciplina dal
S iste m a e letto rale e d e m o c razia
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W eber, Scritti p olitici
5 Nel «messaggio pasquale» del 7 aprile 1917 Guglielmo II aveva annunciato il nuovo orien
tamento generale della politica interna e in panicolare una riforma del sistema elettorale prussia
no delle tre classi. Il decreto imperiale di riforma dell’l 1 luglio 1917 lasciava intrawedere la pos
sibilità di un sistema elettorale a suffragio universale.
Weber, Scritti p o litici
rapida e «adatta ai tempi». Ma così come l’economia di guerra non può es
sere il modello per la normale economia di pace, così questa costituzione
politica di guerra non può essere il modello per la struttura politica del pe
riodo di pace.
Sul piano politico, che cosa dovrebbe - ci chiediamo - sostituire la fun
zione di un parlamento? Forse, per quanto riguarda la legiferazione, il re
ferendum? Innanzitutto, in nessun paese del m ondo il referendum è sta
to introdotto per rimpiazzare la prestazione più importante del lavoro
parlamentare ordinario, e cioè il bilancio preventivo. D ’altronde è eviden
te che ciò non sarebbe possibile. È facile prevedere il destino di quasi tut
ti i progetti di ordine fiscale nel caso in cui la decisione dovesse essere pre
sa mediante il voto popolare. Per tutte le leggi relativamente complicate e
per gli ordinamenti che riguardano la cultura, il referendum nello Stato di
massa ha sempre significato automaticamente un forte impedimento di
ogni progresso. Per lo meno in uno Stato geograficamente esteso (diver
so è il caso di un cantone). Q uesto per un semplice motivo di natura pu
ramente tecnica: perché il referendum esclude il compromesso tra Ì partiti.
C on il referendum si possono risolvere in modo politicamente e tecnica-
mente soddisfacente solo questioni alle quali si deve rispondere semplice
mente con un «sì» o con un «no». Altrimenti, i diversi e contrapposti m o
tivi che possono essere fatti valere contro una proposta concreta - e in
uno Stato di massa con ampia differenziazione sociale e geografica di que
sti motivi ce ne sono sempre molti di più che non ìn un singolo Stato ame
ricano o in un cantone svizzero —impedirebbero in generale che qualco
sa sì realizzasse. Al contrario, la prestazione specifica del parlamento c di
permettere di attuare il meglio «relativo» attraverso la trattativa e il con
fronto; e questa prestazione viene ottenuta a m ezzo dello stesso sacrificio
che l’elettore deve sopportare in occasione dell’elezione del parlamento,
in cui egli può optare soltanto per il partito a lui relativamente più gradi
to. Q uesta superiorità puramente tecnica della legiferazione parlamentare
non può essere sostituita da nulla; con ciò non è detto, però, che non esi
stano casi in cui il referendum sarebbe un m ezzo appropriato di revisio
ne della legge. Sull’elezione popolare dei funzionari - nella misura in cui
essa non riguardi soltanto l’elezione del capo, nel qual caso si tratta di «ce
sarismo» - è da dire che in tutti gli Stati di massa essa non solo rompe la
disciplina gerarchica burocratica, ma anche (come insegna l’esperienza
americana), attraverso l’eliminazione della responsabilità per la nomina,
incentiva la corruzione. Ogni lotta contro il parlamentarismo condotta in
nome della «dem ocrazia» significa, in uno Stato monarchico, che per ri-
sentimento o cecità gli affari condotti in vista del puro e semplice dom i
nio dei burocrati, e in particolare del suo interesse, vengono liberati da
ogni controllo.
S iste m a elettorale e d em o crazia
1Allusione al cosiddetto «affare Luxburg*. Nel settembre 1917 gli Stati Uniti pubblicarono
tre telegrammi del ministro plenipotenziario tedesco in Argentina, il conte K. I.uxburg, in cui tra
91
W eber, Scritti p olitici
l’altro il ministro degli Esteri argentino veniva definito un * asino perfetto». In conseguenza del
le proteste argentine Luxburg dovette essere richiamato dal suo incarico.
2 Espressione con la quale si intende un uomo attaccato al proprio posto.
1 Weber intende qui la cosiddetta «Crisi Kìihlmann».
92
A risto c ra zia e d e m o cratizzazio n e
ter Zeitung», di essere al soldo degli inglesi4. In tutto ciò deplorevole è sol
tanto il fatto che stimabili ufficiali a causa della loro ingenuità vengano in
gannati da tali demagoghi pangermanisti, e non s’avvedano di quale di
scutibile causa sono al servizio. L’attività dei partiti, che oggi è iniziata al
l'interno dell’esercito tedesco, deve necessariamente portarlo allo sfacelo
morale e militare. Esem pio della più folle demagogia sono montature dif
famatorie come questa: ad Heidelberg viene fondata un’associazione pa
cifista studentesca e l’editore del «Berliner Tagcblatt» ha ottenuto il tito
lo di dottore honoris causa dall’Università di Heidelberg. Si dice che ab
bia donato 100000 marchi. Forse per l’associazione pacifista? E così via
sulla scia di deduzioni sfacciate e demagogiche5. L a verità è che l’associa
zione non esiste e che R udolf M osse, a quanto ne so, avrebbe meritato già
da lungo tempo il titolo di dottore honoris causa. E come se non bastasse,
colui che ad Heidelberg pose la candidatura al conferimento del titolo era
un conservatore.
Proprio per soffocare questa incurabile demagogia è indispensabile il
potere dei partiti, dunque parlamentarizzazione e democratizzazione. Il
passaggio decisivo per raggiungere questo obiettivo è Veliminazione del
parlam ento prussiano basato sulla distinzione in tre classi. Il suo influsso
sul governo del Reich, attraverso il Bundesrat, sul quale allo stesso m odo
deve estendersi la parlamentarizzazione, finora era già oltremodo molesto
e dopo la conclusione della pace dovrebbe diventare completamente in
sopportabile: infatti la Germania non vuole essere sottom essa al
parlam ento dei profittatori della guerra
in cui si trasformerebbe ora la Camera delle tre classi. L a proposta di leg
ge sulla cosiddetta Cam era dei Signori6 io la considero com e un appello
alla paura, come prodotto della viltà, determinato come freno contro lo
sviluppo democratico che per noi è così terribilmente necessario. Ma fino
ad ora la paura di fronte alle necessità inevitabili non era considerata una
virtù virile tedesca.
* In connessione con il libro di A. von iiigcnbrodt dal titolo Berliner Tageblait und Frank
furter Zeitung in ibrem Verhahen z » den nutionalen Fragen 1887-1904 (fterlin-Scboneberg.■Al-
brecht 1917), nel dicembre del 1917 si verificò una violenta polemica '(' 1<r i.m zir.i a riguardo del
presunto legame di questi giornali con l’alta finanza inglese. In particolare venne duramente at
taccata la «Frankfurter Zeitung».
5 Weber si riferisce qui soprattutto ad un articolo apparso sul « Gotti nger Tagcblatt», n. 314
del 20 dicembre 1917, Die Studentenversammhtng in der Kaìserballe.
* Secondo il progetto di legge del 25 novembre 1917 per la riforma della Camera dei Signo
ri, la Camera Alta doveva essere trasformata secondo punti di vista corporativi, invece per la
Camera dei Deputati era previsto un sistema elettorale a suffragio universale, diretto, segreto e
paritario.
93
vi. Democrazia e aristocrazia nella vita americana
1918
Il 23 m arzo 1918 Weber tenne una conferenza dal titolo D em okraiie und Ansiokratti
mi am enkamschen Leben presso la sezione di H eidelberg del Volksbund ftir Freibeit und
Valer land.
Le riflessioni che Weber form ulò in quella sede si basavano per lo più sulle esperienze
personali che egli aveva fatto nel 1904 durante i quattro mesi di permanenza negli Stati U n i
ti per partecipare al Congress o j A rti an d Science tenutosi a St. Louis. In quel periodo We
ber potè viaggiare per tutto il paese ed entrare in contatto con molte persone quali ad esem
pio l’ispettrìce di fabbrica newyorkese Florence Kelley e Booker T. Washington, il quale da
tempo si batteva per garantire alla minoranza dì colore u n ’istruzione migliore.
Il manoscritto originale di questa conferenza è andato perduto; di essa restano tre re
soconti apparsi tra il 25 e il 26 marzo sui quotidiani «H eidelberger N eueste N achrichten»,
«H eidelberger Tagebl a tt» c «H eidelberger Zeitung». L a presente traduzione è condotta sul
resoconto dell’«H eidelberger N eueste N achrichten», n. 71 del 25 m arzo 1918, p. 5, dal ti
tolo Dem okratie und Aristokratìe in Am erìka, com e è riprodotto nella M ax Weber Ge-
lam tausgabe cit., A bt. I, Bd. 15, pp. 742-4.
SCRITTI POLITICI
97
Weber, Scritti p olìtici
tiene solo tramite il sistema del ballottaggio1 e nelle quali ogni singolo in
dividuo si deve affermare nella cerchia dei suoi pari. Laggiù democrazia
significa mancanza dì riguardo per tutti ì fenomeni della vita eccetto la
prestazione personale. L’autonomia inizia già nell’aula scolastica e l’im
portanza attribuita al danaro viene inoculata già nei bambini. Per gli ame
ricani la donna è un oggetto di culto, ed è stato interessante sentire le im
pressioni dell’oratore riguardo a questo tema. In seguito è stato illustrato
il socialismo americano che ha in G om pers un capo (Fiihrer) rotto ad ogni
genere di corruzione. E assai degno di nota che da qualche tempo gli ope
rai americani pretendano misure restrittive nei confronti dell’immigrazio
ne al fine di mantenere alto il livello dei salari. Attualmente, l’ascesa degli
strati sociali inferiori sarebbe più difficile che mai; e proprio per questo
l’americano ha una stima illimitata nei confronti del selfmade-man.
Ma da questa democrazia assai strana si sta sviluppando ora piano pia
no un 'aristocrazia, una Society, alla quale si appartiene se ci si sottomette
alle sue forme e alle sue regole, se ci si veste sempre all’ultima moda, e se
si abita nella «Street». Il desiderio smodato di appartenere alla nobiltà as
sume forme bizzarre e il nativismo (vale a dire, l’ambizione di essere con
siderato un vero americano) è significativamente cresciuto. A ll’interno
dell’amministrazione americana è in corso una completa trasformazione.
La dipendenza del funzionariato dal pan ilo di volta in volta al governo
(repubblicani o democratici) deve essere sostituita da un ceto di funzio
nari di professione secondo il modello tedesco, un ceto che non deve cam
biare ad ogni elezione presidenziale, bensì che è indipendente dal cam
biamento di regime. C on questa riorganizzazione si spera dì eliminare an
che la corruzione dei funzionari. In questo contesto, l’oratore ha illustra
to anche la vita nelle università e la passione per lo sport tipica dell’ame-
ricano, una passione che ha avuto influenza anche sulla posizione dello
Yankee nei confronti della guerra in corso. L ’America si europeizza, così
ha detto l’oratore, ed è un dato di fatto che noi non abbiamo nulla da im
parare dalla vecchia democrazia americana. Laggiù le anime sono dom i
nate dal romanticismo della quantità e in ogni americano vive una forte
speranza per il futuro. Q uale sia la meta della speranza, in verità non lo sa
nessuno. C iò che manca a questo paese è il destino storico. L’esistenza del
l’America non è minacciata da nessuna parte e l’americano non può im
medesimarsi nella nostra situazione; egli non vede lo svantaggio della no
stra posizione geografica e non vede i turbolenti vicini stanziati nei pres
si dei nostri territori di confine. L’americano che attualmente combatte in
Occidente, in verità non sa per che cosa muoia. Ma i nostri soldati lo san-
98
D em o c raz ia e aristo crazia nella vita am ericana
99
VII. Il socialism o
1918
Weber si era dichiarato disponibile a ricoprire la cattedra di econom ia politica all’U n i
versità di Vienna per un semestre di prova nell’estate 1918. D a aprile a luglio, dunque, ten
ne lezione nella capitale austriaca, salvo poi rinunciare alla nomina definitiva che gli era sta
ta offerta. Durante questi mesi di soggiorno nella capitale austro-ungarica Weber fu invita
to dall’«U fficio per la D ifesa contro la Propaganda N em ica» dell’esercito imperialregio a
tenere una conferenza sul socialismo. E ssa ebbe luogo il 13 giugno alla presenza di circa tre
cento ascoltatori. L a conferenza di Weber e la successiva discussione furono interamente
stenografate. Weber, d op o aver lievemente rielaborato il testo, lo affidò all'«U fficio per la
D ifesa contro la Propaganda N em ica» affinché venisse pubblicato.
L a copia stenografica della conferenza è scom parsa. L a presente traduzione è stata con
dotta sul testo della M ax Weber G esam tausgabe cit., A bt. I, Bd, 15, pp. 599-633, che ripro
duce il testo pubblicato a su o tem po su incarico dell’esercito austriaco con il titolo «D er
Soziahsm us», Wien; «P hòbus» Kom m issionsverlag Dr. Viktor Pimmer o.J., 1918.
SCRITTI POLITICI
Egregi Signori!
Poiché è la prima volta che ho l’onore di parlare nell’ambito del corpo
degli ufficiali dell’esercito imperi al regio, Loro comprenderanno che que
sta per me è una situazione un p o ’ imbarazzante. Soprattutto perché non
conosco in alcun m odo i presupposti, e cioè i rapporti interni propri del
funzionamento dell’esercito imperiai regio, quei presupposti che si dim o
strano decisivi anche per quanto riguarda l’influenza degli ufficiali sulla
truppa. È evidente che l’ufficiale della riserva e della milizia territoriale ri
mane pur sempre un dilettante, non solo perche non possiede la forma
zione scientifica che viene impartita all’Accademia Militare, ma anche
perché gli manca il contatto costante con l’intero sistema nervoso interno
dell’organizzazione. Ma se, come nel mio caso, si è stati per anni e in di
verse riprese all’interno dell’esercito tedesco operando in zone molto di
verse della Germania, si può credere di possedere una sufficiente espe
rienza delle relazioni tra il corpo degli ufficiali, quello dei sottufficiali e la
truppa per poter giudicare almeno se è possibile questo o quel metodo per
esercitare la propria influenza, se questo o quel metodo c difficile o im
possibile. È evidente che su tutto ciò non ho la minima idea per quanto
concerne l’esercito imperialrcgio. Se in generale ho una qualche idea del
ie relazioni interne dell’esercito imperialregio, si tratta unicamente dell’i
dea delle enormi difficoltà oggettive che, a quanto ne so, derivano dalle re
lazioni linguistiche. Gli ufficiali di riserva dell’esercito imperialregio han
no cercato più volte di spiegarmi come si riesca a salvaguardare —senza
conoscere veramente la lingua parlata dalla truppa - quel contatto che è
necessario per esercitare una qualche influenza sui subordinati. Per quan
to mi riguarda, posso parlare solo a partire dal contesto tedesco, e vorrei
concedermi innanzitutto di premettere alcune osservazioni su come da
noi si sia instaurata questa influenza.
103
W eber, Scritti p o litici
1Cioè «da un punto di vista molto basso», vale a dire con umiltà, a partire dalla limitata espe
rienza diretta di un dilettante.
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11 so c ialism o
1 II riferimento è al primo riconoscimento formale dei sindacati da parte del governo, del co-
mando supremo dclPcsercito e dei parlamenti in occasione delle discussioni sulla legge sul servi
zio di soccorso che entrò in vigore il 5 dicembre 1916 con Papprovazione dei sindacati stessi.
105
W eber, Scritti p olitici
107
Weber, Scritti p o litici
me succede da voi, fosse una classe che ha studiato e ha superato gli esa
mi, sarebbe questa a sputarci addosso».
Ecco ciò che contava per questa gente: la paura per il sorgere di un ce
to di funzionari come di fatto esiste in Europa, di un ceto corporativo di
funzionari formato dalle università, specializzato.
Ebbene, è giunto da tempo il momento in cui anche in America non è
più possibile essere amministrati da dilettanti. A velocità enorme si esten
de il ceto dei funzionari specializzati. E stato introdotto l’esame di abili
tazione. Dapprima formalmente obbligatorio solo nel caso di particolari
impieghi tecnici, ora si sta diffondendo rapidamente. Attualmente, tra co
loro che devono essere eletti dal presidente, sono già circa centomila i fun
zionari che possono essere nominati solo dopo aver sostenuto un esame.
C on ciò è stato fatto il primo e più importante passo per il rinnovamento
della vecchia democrazia. In questo m odo anche l’università in America
ha iniziato a svolgere un ruolo del tutto diverso e anche lo spirito delle
università si è fondamentalmente trasformato. Infatti, cosa che si ignora al
di fuori dell’America, le università americane e gli strati sociali da esse
educati - c non i fornitori di armi, che ci sono in tutti i paesi - sono stati
i fautori della guerra. Q uando mi trovavo là nel 1904", gli studenti ameri
cani mi interrogarono insistentemente sulle modalità in cui in Germania
vengono organizzati i duelli, e come si arrivi a procurarsi delle cicatrici in
volto. Consideravano i duelli un’istituzione cavalleresca: anche loro do
vevano assolutamente avere questo sport. L a cosa grave in tutto ciò era
che a un tale punto di vista era improntata soprattutto la letteratura rela
tiva alla mia materia. Specialmente nelle opere migliori di quel tempo tro
vai la seguente conclusione: «E una fortuna che l’economia si muova in
maniera tale da rendere inevitabile che giunga il momento in cui sarà uti
le (a sound business view) sottrarsi l’un l’altro il commercio mondiale at
traverso la guerra; poiché allora per noi Americani terminerà finalmente
l’epoca nella quale guadagnavamo i dollari senza dignità e il mondo sarà
nuovamente dominato dallo spirito guerriero e dalla cavalleria»4. Si im
maginavano la guerra moderna proprio come la battaglia di Fontcnoy,
dove l’araldo dei francesi gridò ai nemici; «Signori inglesi, sparate voi per
prim i!»5. Pensavano la guerra come una sorta dì sport cavalleresco che
! Weber aveva partecipato a St. Louis ad un congresso scientifico organizzato dallo psicolo
go e filosofo Plugo Miinstcrberg nell’ambito dell’esposizione mondiale. Approfittando di que
sta circostanza Weber, tra il settembre e il dicembre del 1904, aveva potuto viaggiare attraverso
gli Stati Uniti.
J T. Vcblen, The Theory o f Business Enterprise, Scribners Sons, N ew York 1904, pp. 391-400.
1 Nella battaglia presso Fontenoy, neìFodicma provincia belga di I lenncgau, durante la guer
ra di successione austriaca i francesi sotto Moritz von Sachsen sconfissero l’ i l maggio 1745 l’e
sercito britannico, olandese e austriaco sotto il comando di Wilhelm August von Cutnberland.
I,a frase comunque viene attribuita al lord inglese Charles Play.
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Il so c ialism o
109
Weber, Scritti p o lìtici
le materie prime cke lavorava, mentre oggi questo non è più il caso dell’o
peraio salariato né può esserlo. Corrispondentemente, si pensa che il pro
dotto nel medioevo, e ancor oggi ovunque sopravviva l’artigianato, stia a
libera disposizione del singolo artigiano, il quale può venderlo sul merca
to facendolo fruttare per proprio guadagno; prodotto che, nel caso della
grande impresa, non sta a disposizione del lavoratore, bensì di chi possie
de la proprietà sui mezzi dell’azienda (Betriebsmitteln), di nuovo, sia esso
lo Stato o un imprenditore privato. Tutto ciò è vero, ma si tratta di una
realtà di fatto che non è caratteristica del solo processo economico di pro
duzione. Della stessa cosa, ad esempio, facciamo esperienza anche nell’u-
niversità. Il vecchio docente e il professore universitario lavoravano con la
biblioteca e con mezzi tecnici che essi stessi si erano procurati o che face
vano costruire, e con questo producevano - si pensi al chimico, per esem
pio - il materiale necessario per l’attività scientifica. L a massa dell’odiema
forza lavoro della moderna attività universitaria - in particolare gli assi
stenti dei grandi istituti - è invece, sotto questo aspetto, esattamente nella
stessa situazione dì un operaio qualsiasi. Può essere licenziata in ogni m o
mento; non ha nell’ambito degli istituti un diritto diverso da quello del
l’operaio nell’ambito della fabbrica. C om e gli operai, deve necessariamen
te comportarsi secondo il regolamento vigente. N o n ha la proprietà dei
materiali o degli apparati, delle macchine e via dicendo che vengono uti
lizzati in un istituto di chimica o di fisica, in un’aula di anatomia o in una
clinica; tutto ciò piuttosto è proprietà dello Stato, ma viene amministrato
dal direttore deH’istituto che a tal fine riceve un onorario, mentre l’assi
stente riceve un reddito che non è valutato in modo essenzialmente diver
so da quello di un operaio specializzato. L a stessa situazione la troviamo
nell’ambito dell’organizzazione militare. Il cavaliere del passato era pro
prietario del suo cavallo e della sua armatura. Egli doveva equipaggiarsi e
mantenersi. L’ordinamento dell’esercito di un tempo poggiava sul princi
pio dell’autoequipaggiamento. Tanto nelle città antiche quanto negli eser
citi di cavalieri medievali bisognava che ognuno fosse in grado di procu
rarsi da sé la corazza, la lancia e il cavallo, e di portare con sé i viveri ne
cessari al proprio sostentamento. L’esercito moderno è nato nel momento
in cui si insediò il governo del principe, in cui il soldato e l’ufficiale (que
st’ultimo è qualcosa di diverso da un impiegato, mentre da un altro punto
di vista c ad esso del tutto assimilabile) non erano più ì proprietari dei
mezzi necessari per l’attività bellica. Su questo si basa la coesione dell’e
sercito moderno. Per questo non fu possibile ai soldati russi fuggire dalle
trincee, perché esisteva l’apparato del corpo degli ufficiali, dei funzionari
dell’intendenza e di tutti gli altri; e ognuno nell’esercito sapeva che la sua
esistenza, anche il suo nutrimento, dipendeva dal fatto che questo appara
to funzionasse. Essi erano tutti «separati» dai mezzi di attività bellica, pro
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Il so c ia lism o
Ili
Weber, Scritti p olitici
‘ J. Plcnge col suo scritto Die Geburl der Vemnnfl, Springer, Berim 1918, era il sostenitore
principale dell’idea, di un’ampia guida statale burocratica dell’economia c della politica sociale nel
Reich tedesco. A proposito del concetto di Dit rehstaatlich ung PIerige si riferiva al libro del so
cialista austriaco K. Renner Marxisrnus, Kneg und Internationale, Dietz, Stuttgart 1917.
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11 so c ialism o
113
W eber, Scritti p o litic i
ceverei più crediti dalla banca». Dicendo questo egli spesso dice solo la
nuda verità. A ciò si aggiunga infine che - sotto la pressione della con
correnza, dipendendo la redditività dal fatto che il lavoro umano e in m o
do particolare quello specializzato e meglio pagato, dunque più costoso
per l’impresa, debba venir eliminato per far posto a macchine più econo
miche - i lavoratori «specializzati» verranno sostituiti da lavoratori «non
specializzati» oppure da lavoratori «addestrati» al momento sulla macchi
na. Q uesto è inevitabile e si verifica di continuo.
Tutto questo è ciò che il socialismo chiama «dom inio delle cose sul
l’uom o», ovvero: dei m ezzi sullo scopo (la copertura del fabbisogno).
Esso constata che, mentre nel passato singole persone si potevano rende
re responsabili del destino del cliente, del servo o dello schiavo, oggi ciò
non è più possibile. Per questo esso non si volge contro persone, ma con
tro l’ordine della produzione in quanto tale. O gni socialista educato
scientificamente si rifiuterà incondizionatamente di rendere responsabi
le un singolo imprenditore del destino che si sta preparando al lavorato
re, e dirà: «Q uesto è proprio del sistema, della condizione di costrizione
nella quale si trovano tutti coloro che vi prendono parte, l’imprenditore
come l’operaio».
Ma ora, in positivo, che cosa sarebbe il socialismo in opposizione a
questo sistema? N el senso più ampio della parola, ciò che si usa definire
come «economia collettivistica». U n ’economia dunque nella quale man
cherebbe innanzitutto il profitto, la situazione cioè in cui gli imprendito
ri privati dirigono la produzione a proprio vantaggio e a loro rischio. D i
versamente da ciò, la produzione sarebbe nelle mani dì impiegati dì un’u
nione popolare la quale ne assumerebbe la gestione secondo modalità di
cui dirò fra poco. In secondo luogo, verrebbe meno conseguentemente la
cosiddetta anarchia della produzione, cioè la concorrenza fra imprendito
ri. In questo momento, soprattutto in Germania, si parla molto di tali
questioni, e si asserisce che, di fatto, in conseguenza della guerra ci si tro
va già nel m ezzo dello sviluppo di tale «economia collettivistica»7. In me
rito a ciò, vorrei richiamare brevemente l’attenzione sul fatto che un’eco
nomia di un singolo popolo organizzata in questo m odo potrebbe porre
a fondamento due principi in lìnea di principio diversi. Innanzitutto quel
lo che oggi si designa come «statalizzazione», nota a tutti ì signori che la
vorano in imprese belliche. Essa si fonda sulla cooperazione tra un setto
re associato dell’industria e funzionari statali, siano essi militari o civili. La
fornitura di materie prime, i crediti, i prezzi, la clientela possono essere re
golati in forma ampiamente pianificata, e si può addirittura verificare una
114
Il so cialism o
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W eber, Scritti p olitici
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Il so cialism o
mento nel suo genere, sebbene noi ne rifiutiamo le tesi decisive (o, alme
no, sebbene io le rifiuti), è una prestazione scientifica di alto rango. Q ue
sto è innegabile, e non può neppure essere negato, perché nessuno dareb
be ascolto ad una confutazione di questo tipo e perché non lo si potreb
be confutare con la coscienza tranquilla. Proprio nelle tesi, che noi oggi
rifiutiamo, c’è un errore geniale, che politicamente ha avuto effetti molto
ampi e forse non sempre piacevoli, ma che ha portato alla scienza conse
guenze molto fruttuose, certamente più fruttuose di quante ne porta una
spesso ottusa rettitudine. Del Manifesto comunista è da dire fin dal prin
cipio che si astiene, almeno nell’intenzione, non sempre tuttavia nell’ese
cuzione, dal moralizzare. Agli autori del Manifesto comunista non viene
certo in mente, per lo meno se restiamo alle loro affermazioni —in realtà
essi erano uomini m olto passionali che non sono riusciti a rimanere fede
li a questa loro dichiarazione d’intenti —di gridare contro la malvagità c la
bassezza del mondo. Inoltre non sono dell’opinione che sia loro compito
dire che questo o quello nel m ondo è organizzato in modo tale, ma che
dovrebbe essere organizzato altrimenti, e cioè in questa e quest’altra ma
niera. Al contrario, il Manifesto comunista è un documento profetico;
profetizza il tramonto dell’organizzazione economica privata o, come si
dice, dell’organizzazione capitalistica della società e profetizza la sostitu
zione di questa società - come stadio di passaggio - con la dittatura del
proletariato. Dietro questa fase di transizione si cela però l’autentica spe
ranza finale: il proletariato non può liberarsi dalla schiavitù senza fare fi
nire ogni dom inio dell’uom o sull’uomo. Q uesta è l’autentica profezia, il
nucleo centrale del Manifesto, senza il quale esso non sarebbe mai stato
scritto e senza il quale non avrebbe mai conseguito la sua grande efficacia
storica. C om e si avvera questa profezia? Q uesto è espresso in un punto
fondamentale del Manifesto: il proletariato, la massa degli operai attraver
so i suoi dirigenti si impadronirà innanzitutto della potenza politica. Ma
questa è una fase di passaggio che condurrà ad una «associazione di indi
vidui», come si dice, che è la fase finale del socialismo.
Su come apparirà questa associazione, il Manifesto comunista tace, e
tacciono anche i programmi di tutti i partiti socialisti. C i viene detto che
questo non si può sapere. Si può dire soltanto che la società odierna è con
dannata al tramonto; essa tramonterà in virtù di una legge naturale e sarà
dissolta, innanzitutto, attraverso la dittatura del proletariato. Ma su ciò
che avverrà poi, non è possibile prevedere nulla, se non la cessazione del
dominio dell’uom o sull’uomo.
O ra, quali motivi vengono addotti per l’inevitabile tramonto per leg
ge naturale della società presente? E sso infatti si attua rigidamente attra
verso una legge naturale. Fu questo il secondo principio fondamentale di
questa patetica profezia che le fece guadagnare la fede giubilante delle
117
W eber, Scritti p olitici
masse. Engels usa in un passo questa immagine: come quando la terra col
lasserà nel sole, così questa società capitalistica è condannata al tramonto.
Quali motivi vengono addotti a ciò?
Il primo è che una classe sociale come la borghesia, costituita in prima
istanza dagli imprenditori e da tutti coloro che vivono direttamente o in
direttamente in una comunità di interessi con loro, una tale classe dom i
nante può affermare il suo dominio soltanto se può garantire alla classe
sottomessa, vale a dire gli operai stipendiati, almeno la nuda esistenza.
Q uesto era il caso della schiavitù, pensano gii autori, come anche duran
te l’ordinamento feudale, e così via. Allora la gente aveva per lo meno la
nuda esistenza assicurata, e per questa ragione il potere potè reggersi. La
moderna borghesia, però, non può fare questo. E non può perché la con
correnza degli imprenditori la costringe continuamente ad offrire la pro
pria merce ad un prezzo inferiore e a buttare sul lastrico, lasciandoli sen
za pane, sempre più operai a causa della costruzione di nuove macchine.
L a borghesia deve avere a disposizione un ampio strato di disoccupati —
la cosiddetta «armata di riserva industriale» - , dalla quale poter seleziona
re all’occorrenza e a piacere gli operai appropriati per le sue imprese; e
questo strato è creato dalla crescente automazione delle macchine. La
conseguenza, però, - così credeva il Manifesto comunista —è che com pa
re una classe sempre più grande di disoccupati permanenti, di paupers, che
offre il suo lavoro in cambio di un salario sempre più basso, in m odo ta
le che lo strato proletario non ha più garantita, da questo ordinamento so
ciale, nemmeno la nuda esistenza. D ove si verifica ciò una società non può
stare in piedi, prima o poi cioè crollerà nel corso di una rivoluzione.
Questa cosiddetta teoria detl’impoverimento, in questa forma, è oggi
esplicitamente rigettata in quanto errata da tutti gli strati, senza eccezione,
della Socialdemocrazia. In occasione del giubileo della pubblicazione del
Manifesto comunista è stato esplicitamente ammesso dal suo editore Karl
Kautsky che lo sviluppo della storia ha percorso un’altra strada e non que
sta. La tesi, tuttavia, viene mantenuta in un’altra forma e interpretata in
maniera diversa; anch’essa però, lo dico per inciso, non è immune da con
testazioni, pur non presentando più il precedente carattere patetico. Ma,
comunque sia, su che cosa si fondano le possibilità di riuscita della rivolu
zione? Essa non potrebbe essere condannata ad un nuovo insuccesso?
E con questo giungiamo al secondo argomento: la concorrenza degù
imprenditori significa la vittoria del più forte, sia per la disponibilità del
capitale sia per le capacità commerciali, ma soprattutto per la disponibi
lità del capitale. Q uesto porterà ad un numero sempre più piccolo di im
prenditori: i più deboli, infatti, verranno eliminati. Q uanto più piccolo di
venta il numero degli imprenditori, tanto più grande diventa, in senso re
lativo ed assoluto, il numero dei proletari. Prima o poi però il numero di
JIS
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W eber, Scritti p olitici
sm o una propaganda senza pari in tutto il mondo; egli, invece, con la ti
pica boria del letterato russo, volle di più e sperò di provocare in Germ a
nia la guerra civile attraverso scontri verbali e l’abuso di parole come «pa
ce» e «autodeterminazione»10, ma era così male informato da non sapere
che l’esercito tedesco è formato per due terzi da contadini e per un ulte
riore sesto da piccolo borghesi, per i quali sarebbe stato un vero piacere
prendere a schiaffi gli operai o altri che avessero voluto fare questa rivo
luzione. C on chi combatte per una fede non c’è da concludere nessuna pa
ce: si può soltanto renderlo inoffensivo, e questo è stato il senso dell’ulti
matum e della pace ottenuta a Brest. D i questo deve rendersi conto ogni
socialista, e io non ne conosco uno che, a qualsiasi tendenza appartenga —
almeno dentro di sé —, non se ne renda conto.
Se ci capita di confrontarci con gii odierni socialisti, e se vogliamo in
questa occasione procedere in modo leale - e questo è l’unico com porta
mento assennato - , si devono porre loro, partendo dalla situazione odier
na, due domande: «C om e vi atteggiate nei confronti dell’evoluzioni
sm o?». N ei confronti cioè di quel pensiero che è un dogma fondamenta
le del marxismo ritenuto oggi ortodosso, secondo cui la società e il suo or
dine economico si sviluppano in maniera rigidamente conforme ad una
legge naturale —per così dire in livelli di età -, c per cui una società socia
lista non potrà mai e in nessun luogo dunque sorgere prima che sia giun
ta pienamente a maturità la società borghese; e questo, secondo l’opinio
ne stessa dei socialisti, non è accaduto ancora in alcun luogo, visto che so
pravvivono ancora i piccoli contadini e i piccoli artigiani. Com e si rap
portano allora i socialisti in questione nei confronti di questo fondamen
tale dogm a evoluzionista? E allora risulterà che, per lo meno al di fuori
della Russia, tutti stanno sul medesimo terreno, vale a dire che tutti, an
che i più radicali tra loro, attendono come unica conseguenza possibile di
una rivoluzione la nascita dì una società borghese, c non proletaria, per
quest’ultima infatti i tempi non sono ancora maturi da nessuna parte. Si
spera soltanto che questo ordine sociale si avvicini, per certi versi, di qual
che passo a quello stadio finale a partire dal quale, come viene sperato, do
vrà seguire un giorno il passaggio all’ordine socialista del futuro.
Interrogato in coscienza, ogni onesto intellettuale socialista dovrà ri
spondere in questo modo. In conseguenza di ciò, in Russia c’è un ampio
strato di socialdemocratici, i cosiddetti menscevichi, che difendono il
punto di vista secondo il quale l’esperimento bolscevico dì innestare dal
l’alto sullo status odierno della società borghese un ordinamento sociali-
lc Weber f i riferì mento allo slogan di Trotzkij «né guerra né pace», con il quale egli in qua
lità dì nuovo capo della delegazione russa nella seconda fase delle trattative di pace a partire dal
9 gennaio 1918 cercava dì convincere alla rivoluzione l’opinione pubblica degli imperi centrali.
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Il so cialism o
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W eber, Scritti po[itici
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Vili. La futura forma statale della Germania
1918
Ancora all'inizio del novembre 1918, in occasione di un’assem blea pubblica della Fort-
schrittliche Volkspartei, Weber si era op p osto alle tendenze rivoluzionarie e aveva difeso in
linea di principio il sistema di governo m onarchico, anche se, com e risulta da alcune lette
re ad amici politici, egli già in ottobre auspicava energicamente l’abdicazione di Guglielm o
il. M a poiché G uglielm o li non intendeva abdicare, Weber com inciò a nutrire seri dubbi
sulla possibilità di salvare la monarchia; per questo quando scoppiò la rivoluzione non fu
affatto sorpreso. Anche se gli eventi di novembre gli apparvero com e un «carnevale insan
guinato che non merita il nom e di rivoluzione», tuttavia non potè che prendere atto del-
l'avvenuto mutamento. In un’assemblea della Fortscbrittliebe Volkspartei del 17 novembre
1918 Weber tenne una conferenza sui mutamenti costituzionali che ormai erano diventati
inderogabili e si schierò decisamente per la repubblica.
Proprio in questi giorni Weber ricevette dalla «Frankfurter Zeitung» un invito ad en
trare nella redazione com e collaboratore indipendente. C iò gli avrebbe perm esso di espor
re le sue idee sul riordinamento costituzionale della Germ ania in una serie di articoli da
pubblicare a più puntate sul giornale. Weber accettò. Il 22 novembre apparve il prim o arti
colo che riprendeva sostanzialmente le tesi esposte il 17 all’assemblea del Foruchritdiche
Volkspartei. Q u esto prim o articolo ottenne una vasta eco, così che Weber si sentì motiva
to a proseguire nella pubblicazione. 11 secondo artìcolo apparve il 24, i due successivi il 28
c il 30 novembre, e il S dicembre fu pubblicata la conclusione.
Intanto Guglielm o II aveva finalmente abdicato c così lo scenario politieo vedeva le due
fazioni del Partito Socialdem ocratico, quella maggioritaria e quella indipendente, che di
scutevano vivacemente su quando tenere le elezioni per la nuova Assem blea N azionale, la
quale avrebbe dovuto dare la nuova costituzione alla Germania. I socialdemocratici indi
pendenti tendevano a tergiversare per dare così m odo ai movimenti rivoluzionari di diffon
dersi e consolidarsi. Ebert, invece, era per accelerare i tempi e così, grazie ad abili alleanze,
riuscì ad avviare i lavori per un riordinamento costituzionale nel senso di una dem ocrazia
parlamentare.
A ll’inizio di dicembre anche Weber fu invitato a collaborare con la com m issione per la
riforma costituzionale. Per questo rielaborò velocemente gli articoli già apparsi sulla
«Frankfurter Zeitung» e li fece pubblicare sotto form a dì opuscolo il 14 gennaio 1919 col
titolo Deutschlands kunftige Staatsform (Z a r deutschen Revolution, Flugschnften der
Frankfurter Zeitung, H e ft 2), Verlag der Frankfurter Societats-D ruckerei, Frankfurt a. M.
1919. L a presente traduzione è condotta su questo testo com e è riprodotto nella M ax We
ber G esam tausgabe cit., A bt. I, Bd. 16, pp. 97-146.
SCRITTI POLITICI
Premessa,
15 dicem b re 1918
M ax W eber
133
W eber, Scritti p o litici
I.
* Una simile dichiarazione di Bismarck non è attestata. Bismarck manifestò altresì ripetuta
mente il suo interesse al mantenimento della monarchia danubiana, che era a suo avviso in gra
do di vincolare politicamente le nazionalità non tedesche, ovvero ungherese e ceca.
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L i fu tu ra fo rm a statale della G erm an ia
3 Per mettere fine alle aspirazioni contrapposte degli Stati del Sud, soprattutto della Baviera
c del Badcn, relativamente ad una partecipazione ai «bottino di guerra» dcll’Alsazia c Lorena, nel
1871 fu concesso all’Alsazia-Lorcna lo status di «Reicbsland»; di conseguenza, questo territorio
fu amministrato da un governatore in nome dell’imperato re. Queste rivalità riemersero subito
dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, quando la Baviera rivendicò diritti sull’Alsazia-
Lorcna.
* Probabilmente un’allusione alle mire dinastiche sulla Curlandia che avevano influito sulla
creazione della pace di Brest-L.itovsk.
3A partire dall’autunno 1917 il comando supremo dell’esercito organizzò la cosiddetta «le
zionepatriottica», che fu tenuta dagli ufficiali spesso in collaborazione con rappresentanti delta
VaterLmdspentei. Solo all’inizio del 1918, grazie agli «Aufklàmngssckriften» trovati da alcuni de
putati presso associazioni militari, divenne chiaro all’opinione puhblìca che questa lezione non
doveva solo preparare con la propaganda all’interno dell’esercito obiettivi di guerra annessioni
stici cari alle destre, ma al tempo stesso minare la legittimazione democratica del Retcbstdg.
Allusione alla dichiarazione del cancelliere Bulow fatta al Reicb stag il 10 novembre 1908 a
seguito dell’intervista a Guglielmo I! apparsa sul «Daily Telegraph». Bulow assicurò che l’impe
ratore in futuro si sarebbe tenuto entro i limiti della Costituzione. In un colloquio con il cancel
liere l’imperatore aveva approvato questa dichiarazione, seppur malvolentieri.
’ Weber intende qui l’offerta di pace fatta il 12 dicembre 1916 dagli imperi centrali.
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Weber, Scritti p olitici
HNel novembre 1918 K. Kautsky fu incaricato dell Adizione degli atti tedeschi relativi allo
scoppio della guerra che furono pubblicati nel 1919.
v Le discussioni provocate dal conflitto costituzionale prussiano furono condotte con il mot
to «esercito regio» o «esercito parlamentare». Anche Guglielmo U si era ostinatamente opposto
ad ogni aspirazione tendente a sottoporre al controllo parlamentare tutte le faccende militari*
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W eber, Scritti p olitici
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L a fu tu ra fo rm a statale della G e rm an ia
non ci viene im posta soltanto dal potere straniero, e quanto a ciò sarebbe
meglio renderci chiara la situazione in m odo aperto e onesto.
L a repubblica come forma di Stato appare per il momento la via più si
cura per condurre a soluzione il problema pangermanico che ci sta da
vanti. N o i dobbiam o prendere le parti di quella forma di Stato che per
mette di riunire in un’associazione il più alto numero possibile di tede
schi. Per il momento lasciamo in sospeso se questa soluzione per l’Austria
e la Baviera in tempi normali c alla lunga sia la repubblica. Per il momen
to sembra essere così e, se è così, allora occorre trarne le conseguenze.
Ma accanto a questi motivi immediatamente politici e che trovano ori
gine nella situazione del presente, per noi radicali interviene a favore del
la repubblica qualcosa d ’altro e durevolmente importante. Purtroppo le
questioni di carattere tecnico istituzionale non sono irrilevanti, ma certo
per la politica esse non sono la cosa più importante. M olto più decisiva
per il futuro della Germania è piuttosto la questione se le masse borghesi
nutriranno un nuovo spinto politico più pronto all’assunzione di respon
sabilità e più consapevole del proprio valore. Fino ad oggi, per decenni,
ha dom inato lo spirito della «sicurezza», ovvero della protezione garanti
ta dall’autorità, dell’apprensione angosciata davanti ad ogni audacia forie
ra di novità, in breve, la vile volontà di impotenza. Proprio la bontà tec
nica deH’amministrazione, cioè il fatto che da un punto di vista materiale
nell’insieme tutto andasse bene, aveva fatto abituare ampi strati della po
polazione in generale (non solo borghesi) a vivere in questo guscio e ave
va soffocato quell’orgoglio civico senza il quale anche le istituzioni più li
bere non sono che ombre. L a repubblica mette fine a questa «sicurezza».
C on essa finisce la protezione dei privilegi e degli interessi sociali e mate
riali all’interno della legittimità storica del potere politico garantito per
grazia divina. Com e già da tempo i lavoratori, con la repubblica anche la
borghesia è costretta a fare affidamento esclusivamente sulle proprie for
ze e prestazioni. Tenendo conto delle condizioni di esistenza della società
relative ad un futuro non troppo lontano, la borghesia non ha motivo di
temere la prova della sua indispensabilità e della sua importanza. N o i ci
auguriamo che questa prova riuscirà ad accrescere in essa la consapevo
lezza del proprio peso politico. Infatti è tornato a profitto dell’orgoglio di
ogni nazione l’aver rinunciato una volta ai propri legittimi poteri, in par
ticolare se poi essa, come in Inghilterra, li ripristinò in grazia del popolo.
Certo è assai negativo per lo sviluppo di questa coscienza nazionale il fat
to che la democrazia da noi non sia giunta, come in Olanda, Inghilterra,
America, Francia, sulla scia di lotte coronate dal successo oppure, come
avevamo sperato, in concomitanza con una pace onorevole, bensì come
conseguenza di una sconfìtta. La vergognosa liquidazione fallimentare del
vecchio regime, da cui è oppressa la nostra democrazia, è sopraggiunta a
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W eber, Scrìtti po litici
II.
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L a fu tu ra fo rm a sta ta le della G erm an ia
desco in Messico. Nel caso di una dichiarazione di guerra degli Stati Uniti alla Germania l’invia
to avrebbe dovuto proporre al Messico un accordo contro gli Stati Uniti, assicurare l’appoggio
finanziano e far intravedere la possibilità di un ritorno di Texas, New Mexico e Arizona al M es
sico. D opo che questo telegramma fu reso noto, gran parte dell’opinione pubblica americana pre
tese l’entrata in guerra degli Stati Uniti. II Reicbstag si occupò di questi avvenimenti nelle sedu
te del 3 e del 5 marzo. Soprattutto i rappresentanti dei nazional-liberali valutarono il comporta
mento di Zimmcrmann fondamentalmente positivo, anche se lamentavano il fatto che il tele
gramma fosse stato reso pubblico.
N el marzo del 1916 i nazional-liberali nella persona di G. Strcscmann si schierarono sen
za mezzi termini per l’inizio di una «guerra sottomarina totale».
‘'In occasione della nomina del candidato della Fonschriltlkbe Volksparlei per un posto re
sosi vacante nel Reicbsteg a causa della morte di J. Kacmpf, l’ex-segretario di Stato nonché oppo
sitore dì un’ampia politica di annessione, B. Dernburg, fu sconfìtto il 9 settembre da M. Kempner.
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W eber, Scritti p o lìtici
re senza portare giovamento e alla fine ottengono tanto più e per giunta
anche formalmente il dominio ipotecario da parte delle potenze estere. In
fatti gli stranieri non sanno che farsene di banconote svalutate, mentre le
confische destano in loro il sospetto che i loro crediti non siano sicuri. A l
lora verranno richieste garanzie reali che saranno difese militarmente. S o
lo un governo e un’economia borghesi possono ottenere credito. Q uesto
perché solo la borghesia ha un interesse personale abbastanza forte al
mantenimento di un’infrastruttura economica basata sull’impresa privata.
Solo questa infrastruttura garantisce ciò di cui l’estero ha bisogno come
assicurazione delle sue esigenze, cioè la capacità contributiva monetaria
che funge da garanzia. Q uesto interesse borghese non è sostituibile da
nessuna «contabilità in natura» di una società socialista, anche se ben
escogitata. M a c’è di più. Poste di fronte alla scelta di dare in credito la
stessa som m a all’apparato burocratico di un’economia socialista oppure ad
un consorzio di banche libere o di organizzatori economici, ad esempio,
dell’industria pesante, i paesi stranieri non esiterebbero un istante a deci
dere a favore della seconda possibilità. I fatti del presente potrebbero for
nire le prove di questa mia asserzione. A questo riguardo non c’è nessuna
possibilità di cambiare qualcosa. Dunque è del tutto incomprensibile co
sa debba essere inteso con la poco felice parola d ’ordine della «statalizza
zione delle banche» (a parte forse l’abolizione dei diritti privati del consi
glio di vigilanza nella banca d ’emissione che già ora è diretta statalmente,
vale a dire qualcosa di completamente insignificante per la struttura eco
nomica). L a «statalizzazione delle società per azioni» è un’espressione
completamente vuota, se poi si ha bisogno di enormi capitali esteri e dun
que se si può certo tassare a piacere la proprietà privata o espropriarla in
cambio di un indennizzo, ma non la si può confiscare - poiché altrimenti
non si riceve credito dall’estero. L’osservazione generica di Eisner che
un’economia distrutta e depauperata non sarebbe un terreno idoneo per
il socialismo, si dimostra in questo senso pregnante in modo peculiare. U n
paio di miliardi per provvedere ai generi alimentari li ottiene in credito an
che un governo socialista, in quanto il nemico riceve in cambio dei pegni.
Invece crediti per ricostruire, che sono quelli di cui abbiamo bisogno, li ot
tiene solo un governo borghese.
M a a prescindere dalla situazione attuale? Rinnegando i principi poli
tici d’un tempo il programma socialista proclama adesso il socialismo di
Stato addirittura con la formula del «mantenimento dell’economia di
guerra». O ggi, per esempio, in senso tecnico-amministrativo le assicura
zioni e le miniere sarebbero «mature» per l’assunzione nell’amministra
zione dello Stato, dunque in un’amministrazione gestita da funzionari an
ziché da imprenditori, ossia per una burocratizzazione tipica del sociali
sm o di Stato. D i certo però non lo sono le industrie di manufatti che so
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--------------------- .---------------------Weber, Scritti p o l i t ic i _______________________________
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III.
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W eber, Scritti p o litic i
accetteremmo. Ma per ora esso ci appare malgrado tutto ancora poco pra
tico. Se le cose stanno in questo modo, allora si tratterebbe di creare dei
contrappesi di diritto costituzionale contro il peso oggettivo della Prussia.
Premesso tutto questo, ci chiediamo innanzitutto due cose: struttura par
lamentare o plebiscitaria? E coerentemente a ciò: costituzione commissa
ria o rappresentativa degli organi che sono da creare accanto alla Camera
del Popolo ( Volkshaus) (cioè il Reich stag, che ovviamente continuerà ad
esìstere), ovvero degli organi che devono prendere il posto di quelli che fi
nora erano il Consiglio Federale e il governo del Reich (imperatore, can
celliere e segretari di Stato). Sono questi che, al contrario della Camera del
Popolo, creano le più grandi difficoltà.
L a Costituzione egemonica in vigore finora costringeva i restanti Sta
ti della federazione a tutelarsi con diritti particolari e riservati, conformi
alla Costituzione, contro il dominio della Prussia che si fondava sulla sua
strapotenza finanziaria, sul potere di comando e sul potere esecutivo del
l’imperatore, mentre all’interno del Consiglio Federale si basava sull’as
soluta dipendenza degli Stati più pìccoli dotati di voto. N o i riteniamo che
questi Stati più piccoli termineranno la loro insensata esistenza o attra
verso l’integrazione (Turingia?) oppure attraverso 1’ in co rporamento11. I
restanti Stati di media grandezza potrebbero fare ciò che finora è loro
mancato, vale a dire assicurarsi un’influenza nel Reich (anziché solo la li
bertà d al Reich), solo se anche in futuro esisterà un organismo nel quale
essi saranno rappresentati con una proporzione di voti fortemente privi
legiata rispetto alla loro quota di popolazione. La Costituzione america
na e quella svizzera adottano questo principio nel modo più radicale, ad
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L a fu tu ra fo rm a statale della G e rm an ia
un livello per noi inimitabile, cioè assegnano senza differenza lo stesso nu
mero di voti per i rappresentanti degli Stati nel Senato o nella Cam era dei
Cantoni (Stànderat) senza riguardo alla differente grandezza degli Stati (il
Delaware è appena un trentesimo di N ew York!). Invece tanto la C osti
tuzione del 1849 (per esempio Prussia quaranta voti, Baviera venti in una
Cam era degli Stati (Staatenhaus) - piccolo-tedesca - di 168 voti) quanto
la Costituzione del Reich del 1867-71 (Prussia 17, Baviera 6 voti dei 61
dell’intero Consiglio Federale) attuano questo principio in m odo mode
sto. Entram bi, però, in m odo tra dì loro radicalmente contrapposto. In
fatti la dom anda fondamentale per un federalismo di questo tipo sarebbe:
1. Consiglio Federale o Cam era degli Stati? Sistema delegatizio o rap
presentativo? Il sistema delegatizio significa che nell’organismo posto ac
canto alla Cam era del Popolo siedono delegati nominati dai singoli go
verni, in ogni momento revocabili, che votano esclusivamente secondo
istruzioni, come è stato finora nel Consiglio Federale. Il secondo invece
significa che nella Camera degli Stati siedono rappresentanti eletti dalle
popolazioni dei sìngoli Stati o dai parlamenti per periodi di legislatura fìs
si e che votano esclusivamente secondo la loro propria convinzione, come
in America (Senato) o in Svizzera (Camera dei Cantoni). La Costituzio
ne del 1849 lasciava nominare ai governi dei singoli Stati e alle loro rap
presentanze popolari dì volta in volta la metà dei rappresentanti per la C a
mera degli Stati, ma stabiliva inoltre, per rompere il più possibile il peso
unitario dei grandi Stati, che l’altra metà fosse eletta da Cam ere Provin
ciali, negli Stati che le avessero, dunque a livello regionale, e non attraver
so i parlamenti.
Ogni elezione parlamentare dei rappresentanti della Cam era degli Sta
ti significa oggi un notevole avvicinamento al principio della delega, poi
ché questo tipo di elezione significa in pratica che i partiti dei singoli Stati
inviano i loro uomini di fiducia. Invece l’elezione popolare diretta (benin
teso, rigorosamente democratica), ma soprattutto l’elezione a livello regio
nale, porta alle estreme conseguenze il principio rappresentativo. Infatti
ogni elezione popolare della Cam era degli Stati, e nel modo più evidente
in questa forma, significa fondamentalmente l’eliminazione dei governi e
dei parlam enti dei singoli Stati. Dunque proprio di quei poteri che, in op
posizione radicale al principio rappresentativo, attraverso i loro uomini dì
fiducia cui impartiscono le istruzioni in ossequio al principio di delegazio
ne proprio del Consiglio Federale sarebbero proprio gli unici rappresen
tanti dei diritti federalistici ripartiti tra di loro, per così dire, a percentuale
nel Reich. U n ’elezione popolare diretta fatta a livello regionale di una C a
mera degli Stati sarebbe al contrario non una rappresentanza delle singole
individualità politiche, vale a dire degli eventuali possessori del potere po-
lìtìco nei singoli Stati, bensì una rappresentanza delle panico Li rità regiona
l i
Weber, Scritti p olitici
li del popolo, cioè dei partiti di volta in volta prevalenti nelle regioni mag
giori. Finiamo per ritornare continuamente su questo punto.
La particolarità che differenzia una Cam era degli Stati ad elezione po
polare rispetto al Reichstag che le viene affiancato (Cam era del Popolo) si
esprimerebbe innanzitutto nel numero necessariamente molto inferiore di
membri. Secondo esperienze assodate un numero ridotto di organismi
rappresentativi significa accresciuta capacità di azione, risoluzioni più
precise, condizionate da una fredda razionalità e meno da emozioni e de
magogia, in altre parole: essere più adatti alPesercizio della.potenza. L ’u
niversalità, in questo caso sacrificata, del riflesso della volontà politica l’a
vrebbe da offrire invece proprio la Cam era del Popolo (Reichstag) che le
sta accanto. Si potrebbero allora accordare alla Cam era del Popolo dei
privilegi quanto alla stesura del bilancio preventivo, mentre alla Camera
degli Stati si potrebbero assegnare importanti adempimenti speciali e di
qualità come i controlli dell’amministrazione, compresi l’inchiesta e l’ac
cusa di funzionari, i controlli sui contratti c sulla diplomazia, la ratifica
zione di importanti decreti esecutivi c forse anche una partecipazione uf
ficialmente riconosciuta, anziché quella pressoché inevitabile e latente, al
patronato delle cariche. L a seconda peculiarità della Cam era degli Stati sa
rebbe la ripartizione dei mandati agli Stati. In occasione dell’elezione p o
polare diretta su base regionale verrebbe certamente a mancare la neces
sità di una ripartizione tra le singole regioni che divergesse essenzialmen
te dal numero degli abitanti. Tale ripartizione sarebbe addirittura insensa
ta. A tutta prima, questo fatto appare un vantaggio. Ma su questo princi
pio regionale pesa in misura particolarmente forte proprio quella igno
ranza del peso dei poteri politici nei singoli Stati propria, come abbiamo vi
sto, della Camera degli Stari. Proprio noi, che accetteremmo con favore la
repubblica unitaria, non possiamo non notarlo. Q uesta esigenza era im
mediatamente cogente in concomitanza con l’identificazione che c’è stata
finora tra il capo supremo del Reich e il capo supremo dello Stato prus
siano. Con la futura separazione di queste due cariche verrebbe a manca
re questo particolare morivo per la concessione di diritti di quote di par
tecipazione fisse dei singoli governi al governo del Reich. M a il pesante di
scredito che grava su «Berlino», e ora il coesistere di fatto una accanto al
l’altra delle costituenti dei singoli Stati accanto alla costituente del Reich,
darebbe di certo ai singoli governi una posizione forte se essi dovessero
pretendere di essere rappresentati nella sede centrale in un organismo
com posto di uomini di fiducia, i quali eseguono pedissequamente le istru
zioni ricevute, così che in nessun modo il peso dei loro voti possa essere
schiacciato dalla Prussia. E non si può dimenticare che in un’entità stata
le con problemi economici e finanziari come quelli che incombono su di
noi la partecipazione di rappresentanti del governo all’amministrazione
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IV.
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- Il diritto di scioglimento del parlamento c di indire nuove elezioni era un’efficace arma
dell’esecutivo.
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“ Si dice parlamentarismo puro quando l’esecutivo viene eletto dal parlamento c agisce co
me sua commissione. Questo era il caso della Francia durante la Terza Repubblica.
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■n Allusione alla costellazione politica esìstente dopo il 1815 all'interno della federazione te
desca,* nella quale ì territori della Germania meridionale che stanno accanto ad Austria e Prussia
apparivano come la terza forza. Già il barone vom Stein cercava di conferire a questa «Germania
autentica» un peso politico indipendente c voleva recuperarla come parte di una «Triadti* degli
Stati tedeschi-
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-f| Se ci sì vuote mettere d'accordo - in corrispondenza ad una proposta dell'altra parte [Wc-
htrr intende una proposta di H* Preufi, politico liberale, 1860-1925] - su una «lìnea mediana» che
rende possibile il parlamentarisnro, anche se di un tipo particolare, allora accanto al Reicktfag
eletto dal popolo sarebbe da eleggere una Camera degli Stati dei singoli parlamenti e accanto a
ciò sarebbe da porre un presidente eletto plebiscitariamente con vincolo alla controfirma dei mi
nistri del Reich, i quali da parte loro sarebbero responsabili di fronte al Reichstag (Camera del
Popolo) e solo ad esso [n.d.A.].
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V.
Prima di tutto noi siamo per una soluzione il più possibile unitaria, e
dunque a favore che i singoli Stati in futuro entrino in relazione con il
potere centrale come accade ai singoli paesi del Canada o dell’Australia.
Infatti ogni soluzione decentrativa non solo, se calcolata in spesa con
tante, è molto più costosa, bensì di regola è anche antieconomica, e so
prattutto è d ’ostacolo rispetto al piano della socializzazione. C he una so
luzione ampiamente unitaria abbia possibilità di realizzarsi solo qualora
gli organismi di rappresentanza e gli apparati politici amministrativi ven
gano allontanati da Berlino, è cosa certa. M a una semplice trasform azio
ne della Germ ania in una repubblica unitaria troverebbe presumibilmen
te una difficile accettazione. I singoli governi ormai esistenti cercheran
no dì mantenere l’autocefalia, che significa l’indipendenza nella nomina
di ogni vertice dei singoli Stati (attraverso elezione popolare o del parla
mento). E , come insegna una storia lunga millenni, interessi m olto forti
sì collegano con la questione del controllo de\Vassegnazione delle pre
bende burocratiche.
D a un punto di vista puramente oggettivo tutto viene determinato da
(.lue dati di fatto: i carichi finan ziari imminenti e la socializzazione pro
gettata. Entrambi sono collegati al pagamento dei debiti di guerra e al ri
stabilimento dell’economia, che già di per sé condizionano un’ampia so
cializzazione. Le amministrazioni monopolistiche da creare o le sedi cen-
trali per sindacati {Syndikate) controllati statalmente possono solo essere
amministrazioni del Reich; le imposte patrimoniali da creare, i guadagni
monopolistici c i sostegni per i sindacati (Syndikate) possono solo essere
guadagni per il Reich. Per questo il bilancio preventivo netto del Reich
sarà enormemente superiore a quello di tutti i sìngoli Stati e il bdancio
preventivo lordo dei due sarà appena paragonabile. Infine ogni socializ
zazione, anche una non solo finanziaria, ma intrapresa per scopi econo
mici, porta agli stessi risultati. U na soluzione radicalmente unitaria ac
compagnata dall’assunzione di tutti ì debiti dei singoli Stati da parte del
Reich, nonostante il peso dei suoi debiti, sarebbe del tutto impensabile c
tn occasione di una socializzazione centralistica i paesi al di fuori della
l’russia ci guadagnerebbero materialmente già solo per le sue conseguen
ze finanziarie, in particolare se le ferrovie e le miniere prussiane finissero
.otto il controllo del Reich. Allo stesso modo il Reich dovrà assumersi il
161
W eber, Scritti p o litici
162
L a futura fo rm a statale della G e rm an ia
Negli Stati Uniti nel 1820 su iniziativa del Partito Democratico fu abolito il funzionariato
di professione con la legge sulla «rotat ioti in office». La durata in carica di un funzionario era li
mitala a quattro anni; la carica veniva distribuita come bottino di una campagna elettorale vin-
i ente (spods System) e cosi rendeva impossibile un legame duraturo del personale di amministra
zione con i compiti a lui assegnati.
163
Weber, Scrìtti p o lìtici
B II governo prussiano nel novembre 1918 indicò ti r. i settori designati per la socializzazio
ne anche le grandi imprese agricole, una meta questa die ci del tutto lontana dalla politica dei
governi della Germania del Sud.
164
L a fu tu ra fo rm a statale della G erm an ia
Mentre al Rvicb competeva 11 diritto alla tassazione di sale, tabacco, acquavite, birra e zuc-
. hero, in Baviera, WQrttcmberg c Badcn la tassazione d d l’acquavite locale e della birra restava
riservata alla legislazione locale.
165
W eber, Scritti politici
166
L a fu tu ra fo rm a statale della G e rm an ia
11 Weber intende innanzitutto gli scrittori K. Eisticr, li. "Ibilei, G. I.andauer ed E. Miihsam,
. lic avevano un ruolo di spicco alTintcrno del movimento rivoluzionano di Monaco.
167
ix. La nuova Germania
1918
Diversamente che negli altri grandi centri della Germ ania, a Francoforte già nei primi
giorni della rivoluzione la borghesia progressista era passata all’iniziativa per collaborare
con la Socialdem ocrazia al riordinamento polìtico del paese per dar vita a una repubblica
sociale e democratica. Il 15 novembre 1918 il «C om itato D em ocratico» del Fortscbrittlkher
Volksverein di Francoforte lanciò un appello per la form azione di un nuovo Partito D e
mocratico i cui punti program m atici avrebbero dovuto essere la salvaguardia delFunità del
Reich, l’instaurazione di una repubblica democratica, la liberazione dell’economia dalle ca
tene della guerra, un disarm o com pleto e l’entrata della Germ ania nella Società delle N a
zioni. Inoltre venne presa in considerazione anche la socializzazione delle imprese idonee
ad una simile operazione. Q u esto appello trovò num erosi consensi nonché l’ap poggio del
la «Frankfurter Zeitung». L o scopo della redazione della «Frankfurter» era di favorire la
creazione di un nuovo partito liberale, marcatamente dem ocratico e aperto a sinistra.
Il prim o risultato di questa operazione fu la nascita di un Dem okratischer Verein, la cui
prim a iniziativa fu di chiedere a Weber di parlare in un’assemblea pubblica sul possibile
riordino econom ico e politico della Germania. Weber accettò e il 1° dicembre 1918 nel tea
tro Sehumann di Francoforte si espresse per la prim a volta a favore della creazione di un
Partito D em ocratico. Q uesto discorso fu il prim o di una serie che Weber tenne in molte
delle principali città della Germ ania a favore del nuovo Partito Dem ocratico.
Q uesta pnm a assemblea pubblica ottenne un enorme successo: il teatro era pieno in
ogni ordine di posti c molte persone non riuscirono ad entrare. U n applauso fragoroso se
guì la conclusione del discorso e appena un’ora dop o un’edizione straordinaria della
«Frankfurter Zeitung» ne diede un resoconto.
L a presente traduzione è appunto condotta sulla scorta di questo resoconto apparso
con il titolo «M ax Weber Uber das neue D eutschland» sulla «Frankfurter Zeitung», n. 333
del 1° dicembre 1918, edizione straordinaria della domenica, p. 2, com e c riportato nella
M ax Weber Gesam tausgabe cit., A bt. i, Bd. 16, pp. 379-83.
SCRITTI POLITICI
1Weber intende qui certamente la soppressione delle vecchie strutture sociali e di diritto co-
.uiimonale senza che al loro posto fosse subentrato qualeeisa di nuovo.
171
W eber, Scritti p olitici
dalla storia, la quale spesso riconduce agli antichi poteri. E lo sviluppo fi
nora com piuto sta, purtroppo, su questa linea. L’oratore ha espressamen
te riconosciuto l’efficacia dei consigli locali degli operai e dei soldati e l’i
dealismo dei capi (Fuhrer), fossero socialisti indipendenti o maggioritari,
senza alcuna distinzione; ma tanto più ha sottolineato il finora completo
fallim ento della direzione berlinese e monacense rispetto a tutti i grandi
compiti, nonostante il solerte lavoro svolto. Q uesto fallimento è stato
spiegato con il tipo di composizione degli organi di governo, con il loro
carattere da piccionaia, con la minaccia sempre presente di un colpo di
Stato da parte di illusi estranei al mondo o di interessati in modo grezza-
mcnte materiale alla mangiatoia, con gli enormi costi deH’odierna ammi
nistrazione composta da numerosissimi fannulloni parolai, con lo spreco
e l’amministrazione non pianificata e il cattivo utilizzo di ciò che ancora
rimane dei mezzi di produzione interni e delle materie prime, con la re
cessione della produzione —mai prima verificatasi in questi termini - cau
sata dai cosiddetti movimenti disordinati degli operai e con l’incombente
mancanza di viveri. L o stupido odio contro l’imprenditorialismo interno,
a fronte del potere straniero di fatto esistente, dovrebbe inevitabilmente -
in un’economia politica completamente da rimettere a punto - consegui
re il risultato che il potere del capitale straniero giunga ad insediarsi da noi
sotto la copertura della difesa militare straniera. Il resoconto ridicolo, an
che se in buona fede, sulle intenzioni dei nemici rispetto ad un regime^
che grufola di preferenza nei «peccati» particolari presunti della G erm a
nia, spesso pseudo-pacifista senza dignità in m odo nauseante, condur
rebbe ad una misera propaganda psicologica che crollerebbe tanto pau
rosamente quanto la propaganda psicologica militarista del vecchio regi
me. Ma con essa crollerebbe anche la fede socialista delle masse, e la na
zione diventerebbe matura per lunghi periodi di arrendevolezza a nuovi
poteri autoritari, è indifferente quali. Infatti quando tornerà la quotidia
nità con la sua monotonia, il problema del posto di lavoro e del sostenta
mento diventerà determinante e gli ideologi saranno nuovamente posti in
vetrina o in ripostiglio.
C on le mitragliatrici e con combattenti per la fede, anche se intrepidi,
con letterati dilettanti’ e con l’isteria di assemblee di massa affidate al ca
so in funzione dell’oratore non sarebbe attuabile proprio nessuna rifor
ma, men che meno una socializzazione. A tale scopo servirebbero cervel
1 Weber fa riferimento qui al governo rivoluzionario del primo ministro bavarese K. Eisner
(1867-1919) ebe sperava di ottenere condizioni di pace più vantaggiose ammettendo senza riser
ve la colpa tedesca in occasione della guerra.
31 «letterati)* cui spesso Weber fa polemicamente riferimento all’epoca della rivoluzione so
no sempre Eisner c i suoi collaboratori e sostenitori.
172
L a n u o v a G e rm an ia
‘ Con l’accordo del 15 novembre 1918 i sindacati c i gruppi degli imprenditori fecero causa
itine per cooperare alla ricostruzione economica della Germania. Con questo accordo i da-
i.ii i di lavoro si impegnavano a non sostenere più i gruppi sindacali «gialli» che non rìconosce-
iiui lo sciopero come strumento di lotta politica economica.
173
Weber, Scritti p o litic i
ganno nei confronti del popolo, non diversamente da come fecero i guer
rafondai del vecchio regime. La borghesìa, in quanto indispensabile, non
ha alcuna ragione di imporsi con la forza. La conseguenza della sua esclu
sione consisterebbe nell’essere invitata troppo tardi e così il proletariato
lavoratore dovrebbe pagare per decenni le conseguenze di questo carne
vale rivoluzionario, che un certo numero di rivoluzionari interessati met
terebbe in scena tanto a lungo da dilapidare le riserve dell’economia tede
sca. L’oratore infine ha presentato la futura forma statale della Germania
come già fatto in una serie di articoli apparsi sulla «Frankfurter Zeitung»5.
Egli ha dichiarato ripetutamente che le vie dell’onesta democrazia bor
ghese, affatto pacifica e radicale, e quelle della democrazia socialista p o
trebbero procedere a lungo parallelamente «spalla a spalla» prima di arri
vare alia separazione, ma che governi di minoranza e il tentativo dì co
stringere la borghesia - di cui ormai non si può fare a meno - in una con
dizione di paria, priva polìticamente di diritti, magari con l’intenzione di
poterla usare come «personale tecnico», finirebbe immediatamente con
l’infrangersi contro la realtà dei fatti. G ià finora, con questi tentativi di
lettanteschi, sono stati sprecati miliardi, e alla lunga si potrebbero rag
giungere le dozzine di miliardi di spreco; e il palese dominio straniero ca
pitalista e spietato, contro il quale il proletariato non sarebbe in grado di
fare nulla, sta davanti alla porta. L’oratore si è poi rivolto, usando le
espressioni più taglienti, contro quei «masochisti politici» che attualmen
te con ogni sorta di «rivelazioni di colpa» professano un servilismo ver
gognoso nei confronti del nemico" - anime dì schiavi, che nei confronti di
una vera democrazia mostreranno tanto poco autentico orgoglio virile
quanto poco ora di fronte al nemico; e contro i «sazi borghesi» che ora si
inchinano di fronte a chi sta in alto, come hanno fatto con il vecchio regi
me, sperando che ritorni la protezione per grazia divina della loro legitti
ma proprietà, e infine ha schernito i circoli annessionistici dei partiti di ■
centro, i quali, mendicando, già ricevono - come ricompensa per il rapi- j
do mutare del loro modo di pensare —nuovi mandati7. Egli ha esortato al- ;
l’adesione senza riserve della borghesia a l grande Partito repubblicano de- \
mocratico. \
174
x. La politica come professione
1919
L a politica come professione era i! secondo intervento di Weber nell’ambito di una se
rie di conferenze organizzate dal Freistudentiscber Bund. L andesverband Bayem sul tema
Geistige A rbeit als Beruf. Fu tenuta il 28 gennaio 1919, circa un anno dopo la prim a confe
renza weberiana intitolata L a scienza come professione.
Il tema della «politica come professione» era uno dei più scottam i, già negl! anni che pre
cedettero la prim a guerra mondiale. N el 1907, ad esempio, Werner Sombart si era scagliato
contro il ridursi della polìtica a mera professione (cfr. W. Som bart, D ie Politik ah Beruf, iti
«M orgen. Wochenschrift fùr deutsche Kultur», anno i, n. 7 del 26 luglio 1907, pp. 195-7).
L a guerra, col suo enorme numero di m orti, aveva inoltre sollevato un altro dram m a
tico tema, quello del rapporto tra etica e politica, A M onaco, soprattutto, il professore di
filosofia e pedagogia Friedrich Wilhelm Foerster era diventato la figura sim bolo del pacifi
sm o a sfondo religioso, alla quale andavano le simpatìe degli studenti contrari alla guerra,
ma anche l’odio della m aggioranza nazionalista e di destra.
L’atteggiamento disponibile e rispettoso con cui Weber affrontava le accese discussio
ni con gli studenti pacifisti lo aveva reso una delle figure più stim ate e note, anche se egli
aveva sem pre mantenuto una posizione critica nei confronti della mancanza di realismo
delle posizioni pacifiste più estremìstiche. Era più che naturale, dunque, che proprio We
ber venisse prescelto dal Freistudentiscber Bund per parlare sul tema «polìtica come pro
fessione». N onostante la resistenza di Weber ad assum ersi l’incarico di questa seconda con
ferenza, si giunse a fissare per il 28 gennaio 1919 la data dell’incontro.
Weber tenne la conferenza seguendo scarni appunti che ora sono riprodotti nella M ax
"Weber G esam tausgabe cit., A bt. i, Bd. 17, pp. 138-55. D o p o la conclusione del su o discor
so si continuò a dibattere ininterrottamente fino alle due di notte.
L a conferenza fu stenografata, trascritta ed inviata a Weber che la rivide e corresse sen
sibilmente. Il testo fu notevolmente accresciuto, anche se è difficile stabilire con esattezza
in quali punti, dato che il resoconto stenografico è andato perduto.
L a presente traduzione è condotta sul testo Geisttge A rbeit ah B e ru f Vier V onràge vor
dem Freistudentischen Bund, Zweiter Vortmg: M ax Weber. Politik als Beruf, D uncker 8C
H um blot, Mùnchen - Leipzig 1919, com e viene riprodotto nella M ax Weber G esam tau-
sgabe cìt., A bt. I, Bd. 17, pp. 157-252.
SCRITTI POLITICI
177
W eber, Scritti p olitici
178
L a p o litica co m e p ro fessio n e
' In questa citazione ri suonano alcuni passaggi di Così parlò Zarathustra di Nietzsche.
179
W eber, Scritti p olitici
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L a p o litica co m e p ro fe ssio n e
181
W eber, Scritti p o litici
1H2
L a p o litic a co m e p ro fe ssio n e
I ili ^uomini dì fiduciaw, in paiticolare in campagna o nei territori dove una circoscrizione
!■ Morale comprendeva un grande numero di comuni, costituivano fanello di congiunzione tra
• " |-ni Ilo c i suoi elettori, il compito degli uomini di fiducia stava soprattutto nella propaganda
i ■ il p a r l i l e ) come nella preparazione organizzatoria delle elezioni, come per esempio la consc-
: .Ielle schede elettorali.
183
W eber, Scritti p olitici
’ Con questo termine si caratterizzavano in alcuni territori tedeschi, a partire dal tardo me
dioevo fino al XVI) secolo,! membri del consiglio del principe che non vivevano stabilmente nel'
palazzo del signore, ma che rendevano i loro servigi dalla loro dimora e prendevano parte al con
siglio solo quando il principe soggiornava nella loro regione.
* La curiti regii era un'assemblea che teneva le sue sedute nei di volta in volta luoghi di sog
giorno del sovrano e alla quale partecipavano tanto i grandi dell’Impero quanto i consiglieri per
sonali del re c i suoi funzionari più alti. In particolare nella Francia ed Inghilterra altomedievali
i sovrani cercavano di contenere l’influenza dei vassalli, c così piano piano passarono a trattare
determinate questioni in un «Consiglio ristretto» all’interno delia curia regis, al quale partecipa
vano i loro funzionari privati e persone di particolare fiducia. Così iniziò una specializzazione
degli affari e de! loro trattamento attraverso esperti.
184
L a p o litic a c o m e p ro fessio n e
iamo, nel m odo più pieno, il titolare di una rendita, dunque colui che per-
. episcc un reddito senza lavorare, sia che si tratti di un reddito derivante
da rendite fondiarie, come i signori feudali del passato, i latifondisti e i si
gnori delle corporazioni {Standesherren) di oggi - nell’antichità e nel me-
i hoevo esistevano anche rendite provenienti da schiavi o da servi della gle-
Im -, sia che si tratti di un reddito derivante da titoli o da simili fonti di
i rndita moderne. N é l’operaio, né - cosa su cui sì deve fare molta atten-
/ione - l’imprenditore, anche e soprattutto il grande imprenditore mo-
drrno, sono liberi in questo senso. Infatti proprio l’imprenditore - l’im-
Iii e uditore industriale molto più di quello agricolo, considerato 0 caratte-
11- stagionale dell’agri coltura - è legato alla sua impresa e non è libero. Per
Ini è per lo più molto difficile farsi sostituire, anche solo momentanea
mente. Altrettanto poco libero è, ad esempio, il medico: quanto più è il-
lu .irc ed occupato, tanto meno sarà libero. Più semplice invece, per m o
l i v i puramente tecnici e professionali, per l’avvocato, il quale perciò ha
185
Weber, Scritti p olitici
* Retribuzioni (Sportela) a partire da) medioevo erano le tasse da versare per gli atti d ’ufficio.
186
L a p o litic a co m e p ro fessio n e
del passato6, oppure come il boss americano, il quale considera le sue spe
se come un investimento di capitale che, attraverso l’abuso dei suo potere
d ’influenza, fa fruttare. O ppure egli può percepire uno stipendio fisso,
come un redattore o un segretario di partito o un moderno ministro o un
funzionario polìtico. N el passato feudi, donazioni di terreno, prebende di
ogni tipo erano la tipica ricompensa dì principi, conquistatori vittoriosi o
capi di partito di successo per il loro seguito; con lo sviluppo dell’econo
mia monetaria, tuttavia, sono soprattutto le retribuzioni a fungere da ri
compensa. Oggi sono le cariche di ogni tipo nei partiti, nei giornali, nelle
cooperative, nelle mutue, nei comuni e negli Stati ad essere distribuite dai
capi di partito per i fedeli servizi ricevuti. Tutte le lotte fra i partiti non
Ii.inno come fine soltanto mete oggettive, bensì soprattutto il patronato
delie cariche. Tutte le lotte tra le tendenze particolaristiche e centrai isti che
in Germania vertono soprattutto su quali poteri - di Berlino o di M ona-
■o, di Karlsruhe o di Dresda - debbano gestire il patronato delle cariche.
I partiti considerano uno smacco più grave le riduzioni nell’assegnazione
delle cariche che non le deviazioni dai loro fini oggettivi. Uno spostamen-
in di prefetti7voluto da partiti politici, in Francia, è stato sempre conside
rilo come un sovvertimento maggiore e ha fatto più rumore di una modi-
in azione del programma di governo, il quale ha un significato quasi pura-
n u tne retorico. Alcuni partiti, soprattutto quelli americani, dopo la scom -
l'.iisa delle antiche contrapposizioni riguardo l’interpretazione delia C o
ni u/ionc, non sono che meri accaparratori di posti, c di volta involta mo-
h11! ivano il loro programma concreto a seconda delle possibilità di prende-
H voti. In Spagna, fino a pochi anni fa, i due grandi partiti® si alternavano
■' ondo un turno stabilito convenzionalmente mediante «votazioni» ge
n ie dall’alto, al fine di sistemare il proprio seguito nelle cariche. N ei ter
ni mi coloniali spagnoli, tanto in occasione delle cosiddette «elezioni»
Nel XVII e XVIII secolo in ampi settori d'Europa era diffuso il sistema del «traffico delle
-ii In - in quanto vendita di cariche tra privati come anche il sistema della «compralidirà delle
- - In » come traffico di cariche organizzato statalmente e istituzionalizzato.
In coerenza con le riforme dellamminist razione durante la Rivoluzione francese la Francia
■' i n i ripartita in una moltitudine di dipartimenti. Al vertice dei dipartimenti subentrarono i
l - I- ni che venivano scelti dal governo centrale soprattutto in base alla loro affidabilità politica.
! i dovevano prendersi cura non solo dell’osservanza delle leggi, ma anche controllare e in-
ii- - mi e le situazioni locali nel senso della politica uffici ale del governo. Per questo 1 prefetti era-
■ii mudo particolare sensibili ai cambiamenti di relazioni di potere nel governo centrale. Per
il io nel 1870 furono sostituiti tutti i prefetti che erano stati nominati da Napoleone III du-
■i. d ‘secondo Impero. Weber accenna qui probabilmente allo «spostamento di prefetti» nella
I ■ i lò 'pubblica. Per esempio dopo le elezioni del 1898 fu cambiato più di un terzo dei prefet-
■■In il lutto nella stampa regionale la possibilità di uno spostamento di prefetti c le sue conse-
. 1 1 ■ turono diffusamente commentate.
\'i ' accenna qui al sistema concordato dal capo dei libcral-conservatori Antonio Cànovas
' ■ - olio (1828-1897) e il capo dei liberali don Pràxedes Matco Sagasta (1827-1903) detto del
■ ni] ico» secondo il quale si alternavano un gabinetto liberal-conservatore e uno liberale.
187
W eber, Scritti p olitici
’ Weber intende la proposta fatta alla fine del 1918 dal socialdemocratico di Karlsruhe
Eduard Dictz (1866-1940).
11 Con la C b i/ Service Reform (il cosiddetto Pendleion Act) de! 1883 iniziò il passaggio dal
tradizionale Spoils System al Merk system, con il quale fti creato il fondamento per la formazio
ne di un funzionariato di professione negli Stati Uniti.
" Weber intende l’imperatore Massimiliano 1 d'Asburgo (1459-1519).
188
L a p o lìtic a co m e p ro fessio n e
11 Weber accenna qui presumibilmente all’epoca dal 770 al 221 a.C., in particolare al periodo
I r, li «Stati Combattenti» (475-221 a.C.). Un esempio calzante dell’importanza della formazìo-
' i li iterarla come qualificazione a ricoprire le cariche è Shang Yang (ca. 390-338 a.C.) il quale, in
, ' ilnà di consigliere e ministro riformò l’amministrazione.
189
Weber, Scritti p olitici
190
L a p o litica co m e p ro fessio n e
" 1 in dal 1879 il ministro prussiano degli interni Robert von Puttkamer (1828-1900) si im-
1- in j iìcìr estromettere tutti gli impiegati di sentimenti liberali dal funzionariato prussiano, ob-
I li;, nulo quest'ultimo ad un'incondizionata lealtà rispetto al governo. L’apice di questa politica
i1■ i i;;'imito con il decreto del 4 gennaio 1882 noto con il nome di decreto Puttkamer, anche se
i III iu controfirmato da Bismarck.
191
W eber, Scrìtti p o litici
" Friedrich Althoff, prima consigliere relatore e poi direttore ministeriale nel ministero prus
siano della cultura, sotto ben cinque diversi ministri della Cultura influenzò in modo marcato il
sistema universitario prussiano c tedesco, inclusa la nomina dei professori, ad un punto tale che
durame il periodo in cui fu in carica, dal 1882 al 1907, si può parlare addirittura di un «Sistema
Althoff».
192
L a p o litica co m e p ro fessio n e
zate nella lotta dell’imperatore o del principe o del khan contro l’aristo
crazia. Il chierico, soprattutto il chierico celibe, era estraneo al meccani
sm o dei normali interessi politico-economici e non era tentato ad aspira
re, di fronte al suo signore, ad un potere politico personale ad uso dei suoi
discendenti, come nel caso del signore feudale. Egli era «separato», in
virtù delle sue qualità di ceto, dai mezzi di impresa dell’amministrazione
principesca.
U n secondo strato sociale era rappresentato dai letterati di form azio
ne umanistica. C i fu un tempo in cui si imparava a fare discorsi in latino e
versi in greco allo scopo di diventare consigliere politico e soprattutto sto
riografo di un principe. Era questo il tempo della prima fioritura delle
scuole umanistiche e delle fondazioni principesche di cattedre universita
rie di «poetica»15: da noi quest’epoca è passata velocemente, ma ha pur
sempre influito durevolmente sulla nostra organizzazione scolastica, sen
za tuttavia avere conseguenze profonde dal punto di vista politico. Le co
se andarono diversamente in Asia orientale. Il mandarino cinese è, o piut
tosto era in origine, approssimativamente l’equivalente dell’umanista del
la nostra epoca rinascimentale: un letterato istruito umanisticamente ai
monumenti linguistici del lontano passato, c che aveva superato un esame.
Se leggete i diari di Li H ung Tshang, troverete che egli è soprattutto or
goglioso del fatto di scrivere poesie e di essere un buon calligrafo. Q uesto
strato sociale, con le sue convenzioni sviluppate su quelle antico-cinesi, ha
determinato l’intero destino della Cina, c probabilmente noi avremmo
avuto un destino simile se, al loro tempo, gli umanisti avessero avuto la
minima possibilità di affermarsi con lo stesso successo.
Il terzo strato sociale era costituito dalla nobiltà di corte. D opo che i
principi erano riusciti a spogliare la nobiltà del suo potere di ceto, l’atti
rarono a corte per impiegarla a fini politici e diplomatici. La svolta del no
stro sistema educativo nel secolo X V II fu determinata dal fatto che, al p o
sto dei letterati umanisti, dei politici di professione provenienti dalla no
biltà di corte entrarono al servizio dei principi.
L a quarta categoria fu un prodotto specificatamente inglese; un patri
ziato che comprendeva la piccola nobiltà e i titolari di rendita di ceto, det
to tecnicamente «gewtry», vale a dire uno strato sociale che originaria
mente il principe mandò contro i baroni e che insignì delle cariche del
« selfgovemment», per poi diventare egli stesso sempre più dipendente da
esso. L a «gentry» mantenne il possesso di tutte le cariche deH’ammim-
s trazione locale, assumendole gratis nell’interesse del proprio potere so-
" Imitando quanto accadeva in Italia, l’imperatore Massimiliano, ad esempio, nel 1501 ave-
v.i (ondato a Vienna il Collegtum poemrum.
193
W eber, Scritti p olitici
Le pandette sono parte del codice di Giustiniano che con la ricezione del diritto romano
ottennero considerazione anche nei territori tedeschi. All'inizio del X V II secolo all'interno del-
la disciplina giuridica tedesca cominciò a svilupparsi una direzione che si caratterizzava attraver
so un più libero confronto con le fonti romane. Presero parte a questo sviluppo anche docenti di
diritto canonico. Questo periodo viene definito all'interno della disciplina giuridica tedesca co
me Ushs modernas pandecUirum.
17 La teoria del Conciliarismo nacque come reazione alla crisi del papato tra il XIV e il XV
secolo. Secondo questa teoria non solo il papa, ma anche il concilio rappresentante Tiritera Chie
sa possiede il potere di promulgare norme vincolanti per la dottrina c la vita della Chiesa.
William Barclay (1543*1608) definì «monarcomache» quelle forze politiche che chiedeva
no una limitazione del potere del sovrano e un diritto di resistenza sancito costituzionalmente.
Di solito si intendono con questa definizione alcuni pubblicisti francesi, tra 1 quali Francois H ot
mail, Théodore de Bcze, Hubert Languct e Philippe Du plessi s-Mornay, che intendevano cosi far
fronte agli eventi sanguinosi della notte di San Bartolomeo (1572),
194
L a p o litica co m e p ro fe ssio n e
195
W eber, Scritti p o litic i
to», vale a dire gli interessi vitali deU’ordinamento dominante. Sine ira et
studiosi «senza ira né prevenzione», egli deve esercitare la sua carica. N on
deve dunque fare quello a cui sempre e necessariamente sono costretti il
politico, il capo e il suo seguito, e cioè lottare. Infatti, la presa di posizio
ne, la lotta, la passione - ira et stadium - sono gli elementi peculiari del p o
litico. E soprattutto del capo politico. L’agire del politico è sottoposto ad
un principio di responsabilità del tutto diverso, e addirittura opposto, alla
responsabilità del funzionario. Se - nonostante il suo parere contrario -
l’organo di governo a lui preposto persevera su un ordine che ai suoi oc
chi sembra errato, l’onore del funzionario sta nella capacità dì eseguirlo,
sotto la responsabilità di chi comanda, con coscienza e come corrispon
desse esattamente alla sua convinzione; senza questa disciplina morale nel
senso più alto e senza questa abnegazione, sarebbe l’intero apparato a di
sgregarsi. L’onore del capo politico, e dunque dell’eminente uom o di Sta
to, sta invece proprio nell’assunzione dell’esclusiva responsabilità perso
nale riguardo al suo agire, responsabilità che non può e non deve rifiuta
re o addossare ad altri. Proprio quelle nature di funzionario elevate dal
punto di vista morale sono cattivi politici, irresponsabili nel concetto po
litico della parola, e in questo senso, moralmente inferiori - tati nature
purtroppo noi le abbiamo sempre avute nelle posizioni direttive: questo è
ciò che noi chiamiamo «dom inio dei funzionari»; e non si macchia certo
l’onore del nostro funzionariato se portiamo alla luce ciò che di politica-
mente falso, valutato dal punto di vista del successo, c’è in questo sistema.
Ma torniamo ancora una volta ai tipi delle figure politiche.
Il «dem agogo», a partire dallo Stato costituzionale e soprattutto dalla
democrazia, è il tipo del politico eminente in Occidente. Il sapore sgrade
vole del termine non può far dimenticare che non Cleone, bensì Pericle fu
il primo che portò questo nome. Senza carica, oppure - al contrario di
quelle occupate a seguito di estrazione a sorte nella democrazia antica -
insignito dell’unica carica elettiva, vale a dire quella di stratega supremo,
egli condusse l’ecclesìa sovrana del demos di Atene. L a moderna dem ago
gia utilizza certo anche il discorso orale, e persino in misura mostruosa dal
punto di vista quantitativo, se solo si pensa ai discorsi elettorali che un
moderno candidato è costretto a tenere. M a ancora più efficacemente egli
utilizza la parola stampata. Il pubblicista politico, e soprattutto il giorna
lista, è attualmente il rappresentante più importante di questo genere.
Anche solo un semplice accenno alla sociologia del moderno giornali
smo politico sarebbe del tutto impossibile nel quadro di questa conferen
za, e fa sotto ogni aspetto capitolo a sé. Solo poche cose rientrano neces-
196
La politica come professione
197
Weber, Scritti p olitici
■' Alfred Charles William Harmsworth, dal 1905 barone Northcliffe, attraverso la fondazio
ne e l’acquisto di numerosi giornali, ira i quali il «Times», creò all’inizio del X X secolo uno dei
più influenti gruppi editoriali,
” Weber pensa qui probabilmente alla Aligemctne .4nzeìgni-Geselhckaft m.b.U. che era fi
nanziata da circoli della grande industria tedesca. Questa società fondata nel 1917 era ufficial
mente politicamente neutrale. Ma già solo poco tempo dopo la sua fondazione la «Frankfurter
Zeitung» denunciò una sorta di «terrorismo delle inserzioni» praticato al fine di rendere i gior
nali ubbidienti (n. 296 del 26 ottobre 1917, prima edizione del mattino).
198
L a p o litic a co m e p ro fessio n e
599
Weber, Scritti p o litic i
tentori del potere vengono prescelti con elezioni periodiche, l’attività po
litica consiste necessariamente in un esercizio d i interessati. Ciò significa
che un numero relativamente piccolo di interessati innanzitutto alla vita
politica, dunque alla partecipazione al potere politico, si crea un seguito
attraverso un reclutamento volontario, presenta sé o i suoi protetti come
candidati alle elezioni, raccoglie i mezzi finanziari e va alla caccia dei vo
ti. È impossibile immaginare come in grandi associazioni politiche po
trebbero in generale realizzarsi in modo appropriato delle elezioni senza
questo esercizio. Praticamente, questo significa la spaccatura dei cittadini
con diritto di voto in elementi politicamente attivi e politicamente passi
vi, e poiché questa differenza si fonda sulla libera volontà, non può esse
re liquidata con provvedimenti di alcun genere, come l’obbligo di voto o
la rappresentanza «secondo ceto professionale» o altre simili proposte ri
volte esplicitamente o di fatto contro questo stato di cose, e dunque con
tro il potere dei politici di professione. Capi e seguito, come elementi at
tivi di reclutamento volontario sia del seguito sia, attraverso questo, del
l’elettorato passivo per l’elezione del capo, sono elementi necessari e vita
li di ogni partito. Diversa c però la loro struttura. I «partiti» delle città me
dievali, ad esempio, come i Guelfi c i Ghibellini, erano un seguito pura
mente personale. Se si legge lo Statuto della parte G uelfaa , la confisca dei
beni dei n o b ili - cioè, originariamente, di tutte quelle famiglie che vive
vano da cavalieri, dunque che potevano ricevere un feudo —, la loro esclu
sione dalle cariche e dal diritto di voto, le commissioni intcrlocali di par
tito, le organizzazioni rigidamente militari e i premi per i delatori, viene
spontaneo pensare al bolscevismo con i suoi soviet, le sue organizzazioni
rigidamente selezionate di militari e - soprattutto in Russia - di spie, con
il disarmo e la perdita dei diritti politici dei «borghesi», cioè degli im
prenditori, dei commercianti, dei titolari, di rendite, dei religiosi, dei di
scendenti delle dinastie, degli agenti di polizia, e con le confische. E l’ana
logia funziona in m odo ancora più sorprendente se, da un lato, si consi
dera che l’organizzazione militare dì quel partito era un puro esercito di
cavalieri form ato secondo i ruoli, in cui i nobili occupavano quasi tutti i
posti preminenti, e, dall’altro, che i soviet, dal canto loro, hanno mante
nuto un alto stipendio per l’imprenditore, il salario a cottimo, il sistema
taylorista, la disciplina militare e di fabbrica o addirittura li reintroduco
no e vanno alla ricerca di capitale straniero; quindi, per farla breve: affin
ché lo Stato e l’economia funzionassero, hanno semplicemente dovuto
ancora una volta far proprio tutto ciò che avevano combattuto come isti
tuzioni di classe borghesi, e in più hanno richiamato in servizio come
200
L a p o litic a co m e p ro fessio n e
principali strumenti del loro potere statale gli agenti della vecchia Ochra-
na:i. M a qui da noi non abbiamo a che fare con tali organizzazioni della
violenza, bensì con politici di professione, i quali aspirano a giungere al
potere attraverso una tranquilla e «pacifica» propaganda del partito sul
mercato delle schede elettorali.
Anche questi partiti, nel nostro significato consueto, erano innanzi
tutto, ad esempio in Inghilterra, semplici seguiti de 11’aristocrazia. Q uan
do un Pari, per un qualunque motivo, cambiava partito tutto ciò che di
pendeva da lui passava al partito avversario. Le grandi famiglie della no
biltà, non ultimo il re, fino al Reform Bill disponevano di una grande
quantità di collegi elettorali. Accanto a questi partiti di nobili stanno i par
titi dei notabili, che si svilupparono ovunque con il sorgere del potere
borghese. Gli ambienti di «cultura e possesso» si divisero —sotto la dire
zione spirituale dei tipici strati sociali degli intellettuali dell’Occidente -
in parte secondo interessi di classe, in parte secondo tradizioni familiari,
in parte per motivi puramente ideologici, in diversi partiti, che comincia
rono a guidare. Ecclesiastici, insegnanti, professori, avvocati, medici, far
macisti, agricoltori benestanti, fabbricanti - e in Inghilterra quell’intero
strato sociale che sì annoverava tra i gentleman ~ formavano innanzitutto
associazioni occasionali, o eventualmente clubs politici locali; nei mo
menti di agitazione si faceva viva la piccola borghesia, e a volte in via del
tutto eccezionale il proletariato, quando spuntavano dei capi che però di
regola non provenivano da questo strato sociale. In questo stadio tuttavia
non esistono ancora in generale nel territorio partiti organizzati interlo-
calmente come associazioni durevoli. L a coesione l’assicurano soltanto i
parlamentari; mentre per la presentazione dei candidati sono determinan
ti Ì notabili locali. I programmi scaturiscono in parte attraverso gli appel
li propagandistici dei candidati e in parte sulla scorta dei congressi di no
tabili o alle deliberazioni del partito in parlamento. L a direzione dei clubs
oppure, ove questi clubs manchino {come per lo più accade), l’esercizio
del tutto superficiale della politica da parte dei pochi, in tempi normali, ad
essa durevolmente interessati, è tutt’al più una seconda occupazione o un
titolo onorifico, dunque una sorta di lavoro occasionale; solo il giornali
sta è un politico di professione pagato, e solo il giornale è un esercizio p o
litico continuativo in generale. Accanto ad esso sta soltanto la sessione
parlamentare. I parlamentari e i capi partito parlamentari sanno a quali
notabili locali ci si rivolge quando un’azione politica sembra gradita. M a
solo nelle grandi città esistono associazioni durature di partiti con m ode
sti contributi in denaro dei membri, con riunioni periodiche e assemblee
201
W eber, Scritti p o litici
pubbliche dove il deputato rende conto della sua attività. C ’è vita soltan
to durante la campagna elettorale.
L’interesse dei parlamentari per la possibilità di compromessi elettora
li interlocaìi, per la forza d ’urto dì programmi unitari, riconosciuti da am
pi settori dell’intero paese e in generale per l’agitazione unitaria nel paese
rappresenta la forza unificatrice sempre più poderosa del partito. Ma se si
crea una rete di associazioni locali del partito anche nelle città medie e, ac
canto a questa, nell’intero paese, una rete di «uomini di fiducia», con i
quali un membro del partito che risiede nel parlamento, in quanto capo
dell’ufficio centrale del partito, sta in continua corrispondenza, in linea di
principio resta invariato il carattere dell’apparato di partito inteso come
associazione di notabili. Mancano ancora fiinzionari pagati al di fuori del
l’ufficio centrale; sono le persone «rispettate», in forza della stima che go
dono, a dirigere le associazioni locali: si tratta dei «notabili» extraparla
mentari, i quali esercitano anch’essi un’influenza accanto a quella delio
strato politico dei notabili che siedono come deputati in parlamento. L’a
limento intellettuale per la stampa e per le assemblee locali lo procura sen-
z.a dubbio in misura crescente la corrispondenza di partito edita dal par
tito stesso. I contributi regolari dei membri diventano indispensabili; una
parte minuscola dei quali deve servire a pagare le spese della sede centra
le. In questo stadio si trovava, fino a non molto tempo fa, la maggior par
te delle organizzazioni di partito tedesche. In Francia per di più domina
va ancora, in parte, il primo stadio: unione assai labile tra i parlamentari,
piccolo numero di notabili locali diffusi su tutto il territorio, programmi
stilati dai candidati oppure messi insieme per loro dai rispettivi protetto
ri in occasione della candidatura, sia pure —più o meno —sulla scorta del
le deliberazioni e dei programmi dei parlamentari. Solo in parte questo si
stema fu abolito. Il numero dei politici professionisti era in questo conte
sto limitato; essenzialmente era composto dai deputati eletti, dai pochi
impiegati della sede centrale, dai giornalisti e per il resto - in Francia - da
quei cacciatori di posti che si trovavano in una «carica politica» o che al
momento vi aspiravano. Formalmente la politica era per la maggior parte
un’occupazione secondaria. Anche il numero dei deputati «eleggibili a
ministro» era strettamente limitato, ma a causa del carattere dei notabili lo
era anche il numero dei candidati alle elezioni. Il numero degli interessati
indirettamente all’attività politica, soprattutto dal punto di vista materia
le, era però molto grande. Infatti, tutti i provvedimenti di un ministero c
soprattutto tutti 1 disbrighi di questioni personali venivano evasi in con
siderazione della loro influenza sui risultati elettorali, e si cercava di rea
lizzare ogni tipo di desiderio attraverso la mediazione dei deputato loca
le, al quale il ministro, se egli apparteneva alla sua maggioranza - e questo
dunque lo desideravano tutti - , doveva bene o male prestare ascolto. Il
202
L a p o litica co m e p ro fessio n e
" La Tiimmimy-Ha.ll era il quartier generale della Tammany Society, una associazione di in-
i. i escati co lliri che controllava il Partito Democratico a New York.
203
Weber, Scritti p o lìtici
" Weber sì riferisce qui probabilmente a Robert Michcls, Z ar Sociologie des Parleitcesens in
der modernen Demokratie. Untersucbungen iiber die oligarchisehen Tendenzen des Gruppenle-
bens, Dr. Werner Klìnkliardt, Leipzig 1911 (trad. it .L a sociologia del partito politico nella demo
crazia moderna, a cura dì li. M. Forni, Il Mulino, Bologna 1966).
■’* Cfr. M. Ostrogorski, Democracy and thè Organization of Politicai Parties, M acmillan, Lon
don 1902 (trad. it. Democrazia e paniti politici, a cura di G. Quagliaricllo, Rusconi, Milano 1991 ).
204
L a p o lìtic a co m e p ro fe ssio n e
Weber accenna qui dia riforma elettorale del 1867 che mutò sensibilmente l’organizzazio
ne dei partiti inglesi. Fino ad allora l’organizzazione del partito soprattutto nelle circoscrizioni
elettorali nelle campagne si fondava quasi esclusivamente sulle relazioni personali tra i membri
dell’alta aristocrazia c i notabili locali. La riforma del 1867 comportò invece un quasi raddop
piamento degli aventi diritto al voto, il die costrinse i partiti a costruire una più solida organiz-
zazzione per predisporre il consenso al momento delle elezioni.
205
Weber, Scritti p olitici
’c La riforma elettorale del 1867 assegnava per la prima volta delle circoscrizioni elettorali
proprie alle grandi città industriali del Nord del paese. Per assicurare che anche la minoranza ot
tenesse una rappresentanza, furono create le cosiddette circoscrizioni elettorali multiple con tre
mandati, ma con la norma che ogni elettore poteva dare solo due voti. Con l’aiuto dì un appara
to di partito organizzato centralmente, il cauais appunto, Ì liberali di Birmingham sotto la guida
di Chamberlain cercarono di aggirare l’ostacolo e nel 1868 riuscì loro, attraverso precise istru
zioni agli elettori, di assicurare ai liberali tutti e tre i mandati.
*' Weber intende brancis Sclinadhorst, a lungo collaboratore di Chamberlain, che però non
era un parroco non conformista, anche se non era membro della Chiesa anglicana c aveva parte
cipato alla Central Noncnnformisi Committee.
206
L a p olìtica co m e p ro fe ssio n e
51 In verità, net 1877 non si verificò nessuna elezione generale. Probabilmente Weber accen
na qui alla unificazione avvenuta nel 1877 di una moltitudine di organizzazioni partitiche libera
li locali nella National Liberal Lederation, che nel 1880 fu la base per il successo dei liberali.
“ Nelle elezioni del 188G.
J'J.P. significaJastice o f thè Peace, giudice conciliatore; dalla fine del X III secolo era una ca
rica onorifica non retribuita, rivestita da un uomo di fiducia della corona per la salvaguardia del
la pace nel paese.
JS M.P. significa Member o f ParlUment, membro del parlamento.
207
W eber, Scritti p o litic i
* D opo le elezioni presidenziali del 1824, in cui John Ouincy Adams si impose di poco da
vanti a Jackson, i sostenitori di Jackson allestirono una solida organizzazione di partito, a parti
re dalla quale si sviluppò il Partito Democratico. Grazie ad una campagna elettorale in grande sti
le nel 1828 Jackson riuscì a sconfiggere Adams,
208
L a p o litica co m e p ro fe ssio n e
!J Negli Stati Uniti la nomina dei candidati a presidente di un partito avviene nelle cosiddet
te National Conventions, che vengono tenute pochi mesi prima dedl'elezionc c i cui delegati rap
presentano la volontà degli iscritti al partito. Nel XVIII secolo la scelta dei delegati avveniva at
traverso un sistema per gradi, il cui gradino più basso erano le primaries, cioè le assemblee di ade
renti di un partito a livello locale.
209
W eber, Scritti p olitici
210
L a p o litic a c o m e p ro fessio n e
211
Weber, Scritti p olitici
listi già da tempo la pensavano in modo del tutto diverso. Q uesta situa
zione non reggerà più. L’amministrazione dei dilettanti non è più suffi
ciente e la Civil Service Reform crea impieghi a tempo indeterminato con
diritto di pensione in numero sempre crescente, e fa in modo che a rico
prire le cariche giungano funzionari istruiti al l’università, integri e capaci
come lo sono da noi. G ià da ora, circa centomila cariche non sono più og
getto di bottino dell’elezione di turno: esse sono in grado di garantire una
pensione e la loro assegnazione è legata all’esibizione di titoli. Q uesto farà
lentamente passare in seconda linea lo spoils System, e allora il tipo dì di
rezione di partito muterà; solo il «com e» non ci è noto.
In Germ ania le condizioni basilari dell’attività politica sono state fi
nora essenzialmente le seguenti. Innanzitutto, l’impotenza dei parlamen
ti, la quale ha avuto come conseguenza il fatto che molto raramente un
uom o che avesse qualità di capo volesse entrarvi. Infatti, posto il caso che
volesse entrarci, che cosa avrebbe potuto fare in quella sede? Se si fosse
liberato un posto di cancelleria, poteva dire al capo dell’amministrazione
in questione: «N el mio collegio elettorale, c’è un uomo molto capace che
sarebbe adatto per quell’impiego, prendetelo». E questo si verificava fa
cilmente. Ma questo era all’mcirca tutto quello che un parlamentare te
desco poteva fare per soddisfare, se li aveva, i suoi istinti di potenza. A
questo sì aggiungeva - e questo secondo punto condizionava il prim o -
l’enorme importanza in Germania del funzionariato specializzato istrui
to. In questo, eravamo i primi al mondo. Q uesta importanza dava adito
a questo funzionariato specializzato di pretendere per sé non soltanto,
appunto, i posti di funzionario specializzato, ma anche quelli di ministro.
L’anno scorso nel Lan dtag bavarese, nel corso della discussione sulla par-
lamentarizzazione, è stato detto: «Se si mettono i parlamentari nei mini
steri, allora i meritevoli non diventeranno più funzionari». Inoltre, l’am
ministrazione dei funzionari si sottrasse sistematicamente ad ogni tipo di
controllo assimilabile a quello rappresentato dalle discussioni nelle com
missioni inglesi, mettendo così i parlamenti nell’impossibilità - a prescin
dere da poche eccezioni - di form are al loro interno capi di amministra
zione davvero validi.
Il terzo punto era rappresentato dal fatto che noi in Germania, al con
trario dell’America, avevamo partiti di precisa convinzione politica, i qua
li affermavano in buona fede (per lo meno dal punto di vista soggettivo),
che i loro membri erano portatori di una «visione del m ondo». Ma i due
più importanti fra questi partiti, e cioè, da un lato, il centro e, dall’altro, la
Socialdemocrazia erano nati, intenzionalmente, come partiti di minoran
za. I circoli dirigenti del centro del Reich non hanno mai fatto mistero di
contrastare il parlamentarismo poiché temevano di finire in minoranza, e
dunque per loro collocare i cacciatori di posti attraverso la pressione sul
212
L a p o lìtica co m e p ro fe ssio n e
governo, com e avevano fatto fino ad allora, sarebbe diventato più difln i
le. La Socialdemocrazia era per principio un partito di minoranza e un
ostacolo alla parlamentarizzazione, poiché essa non voleva insudiciarsi
con l’ordinamento politico borghese. Il fatto che entrambi i partiti si
escludessero dal sistema parlamentare lo rendeva di fatto impossibile.
Che ne fu allora dei politici tedeschi dì professione? Essi non avevano
né potere né responsabilità, potevano solo giocare un ruolo alquanto su
balterno di notabili, ed in conseguenza di ciò erano, ancora fino a poco
tem po fa, animati dagli ovunque tipici istinti di corporazione. A ll’inter
no della cerchia di questi notabili, che costruivano la loro vita a partire dal
loro piccolo posticino, era impossibile emergere per un uom o che non era
come loro. Potrei fare molti nomi di individui appartenenti ai più diversi
partiti, inclusa naturalmente la Socialdemocrazia, che rappresentano vere
e proprie tragedie di carriera politica, poiché, pur avendo l’individuo in
questione qualità di capo, proprio per questo motivo non fu tollerato dai
notabili. Tutti i nostri partiti hanno percorso questa via dello sviluppo
della corporazione di notabili. Bebel, ad esempio, per temperamento e
schiettezza di carattere, era un capo, per quanto m odesto fosse il suo in
telletto. Il fatto che fosse un martire1®e che non tradì mai la fiducia delle
masse (ai loro occhi), ebbe come conseguenza che queste lo seguirono
ciecamente e che nessun potere all’interno del Partito Socialdemocratico
avrebbe mai potuto opporsi seriamente a lui. Tutto ciò ebbe fine dopo la
sua morte e da allora iniziò il dom ìnio dei funzionari. Giunsero ai verti
ci i funzionari del sindacato, i segretari di partito, i giornalisti, e a dom i
nare il partito furono istinti da funzionario; certo un funzionariato assai
onorevole come, si può dire, di rado si riscontra in riferimento alla situa
zione di altri paesi, in particolare a riguardo dei funzionari del sindacato
americano spesso facilmente corruttibili, ma le conseguenze che abbiamo
considerate in precedenza circa il potere dei funzionari colpirono anche
questo partito.
Dagli anni ottanta, i partiti borghesi divennero vere e proprie corpo-
razioni di notabili. Occasionalmente, beninteso, i partiti dovettero, a sco
po propagandistico, far ricorso ad intelligenze extrapartitiche per poter
dire: «N o i abbiamo questi e questi nom i». Essi evitavano il più possibile
di includerli nelle liste elettorali, e questo accadeva solo quand’era assolu
tamente inevitabile, vale a dire quando la persona in questione non accet
tava altre soluzioni.
N el parlamento dominava lo stesso spirito. I nostri partiti parlamen
tari erano e sono delle corporazioni. O gni discorso che viene tenuto nel
213
W eber, Scritti politici
plenum del Reichstag, è dapprim a valutato in ogni suo elemento dal par
tito. Ci si rende conto di questo per Pincredibile noia che si prova ascol
tandoli. Solo chi è iscritto come oratore può prendere la parola. U n più
forte contrasto rispetto al costume inglese, ma anche - per motivi del tut
to opposti - rispetto a quello francese, è difficilmente concepibile.
Probabilmente ora, in seguito al violento crollo che si suole chiamare
rivoluzione, è in corso un cambiamento. Forse, ma non è sicuro. Innan
zitutto si sono tentati nuovi tipi di apparato di partito. Per prima cosa ap
parati costituiti da dilettanti. Questi sono spesso rappresentati in m odo
particolare da studenti di diverse università, i quali dicono ad un uom o al
quale attribuiscono qualità di capo: «N o i Le vogliamo fornire i mezzi ne
cessari per il lavoro da fare, Lei lo esegua». In secondo luogo, apparati co
stituiti da uomini d ’affari. È accaduto che alcuni individui si recassero da
uomini ai quali venivano attribuite qualità di capo, e che gli offrissero - in
cambio di un compenso fisso per ogni voto —di provvedere al recluta
mento del seguito. Se mi chiedeste, onestamente, quale di questi due ap
parati - da un punto di vista puramente tecnico-politico - considerassi il
più fidato, credo che preferirci quest’ultimo. Ma entrambi erano bolle
gonfiate in fretta e subito scoppiate. Gli apparati esistenti si sono ristrut
turati e hanno continuato a lavorare. Quei fenomeni erano solo un sinto
mo del fatto che nuovi apparati si sarebbero forse già installati se solo ci
fossero i capi. M a già la particolarità tecnica del sistema elettorale p ro
porzionale escludeva il loro emergere. Sono sorti soltanto un paio di dit
tatori di piazza che sono presto tramontati. E solo il seguito della dittatu
ra di piazza è organizzato in una salda disciplina: da qui deriva la poten
za di queste minoranze evanescenti.
Ammettiamo che questo stato di cose possa cambiare, bisogna allora
assolutamente rendere chiaro quanto detto prima, e cioè che la direzione
dei partiti attraverso capi plebiscitari determina la «rinuncia alla propria
anima» da parte del seguito, ossia - si potrebbe anche dire - la sua prole
tarizzazione spirituale. Per essere utilizzabile come apparato per il capo,
il seguito deve necessariamente ubbidire ciecamente, essere macchina nel
senso americano del termine, non disturbato dalla vanità dei notabili e
dalle pretese di opinioni personali. L’elezione di Lincoln fu possibile solo
attraverso questo carattere dell’organizzazione di partito, e nel caso di
Gladstone si presentò, come accennato, la stessa cosa col caucus. È questo
il prezzo con il quale si paga la direzione tramite un capo. Ma c’c solo
questa scelta: o democrazia del capo con «macchina» oppure democrazia
senza capo, cioè; domìnio dei «politici di professione (Berufpolitiker)»
senza vocazione (Beruf), senza le qualità intcriori, carismatiche, che ap
punto caratterizzano il capo. E proprio questo significa ciò che ogni vol
ta la fronda di partito caratterizza abitualmente come il dominio della
214
L a p o litic a co m e p ro fe ssio n e
215
W eber, Scritti p o litici
rl G, Simmeì, D er Begriff und dìe Tragodie der Kultur, in Phìlosaphische Ktiltur. Gesammel-
te Lssais. Dr. Werner Klinkhardt, Leipzig 191 ì (trad. it. S.igpj di cultura filosofica. L ’estetica, la
religione, la moda, la cultura femminile, a cura di M. Monaldì, Guanda, Parma 1993).
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W eber, Scritti p o litici
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L a politica co m e p ro fessio n e —
so: il rivale deve per forza essere quello - tra i due - di mirnn v.ilim , a!
trimenti non sarebbe soccombente. Ma non c’è naturalmente d iltcn u t i
alcuna quando, dopo una qualsivoglia guerra vittoriosa, il vinciti ni* ili
chiara con una prepotenza senza dignità: «H o vinto, perché avevo t.igiu
ne». O ppure quando qualcuno, sotto il peso dell’orrore della guen a, i c
de neH’animo e invece di dire semplicemente che era troppo, sente il hi
sogno dì legittimare davanti a se stesso il suo essere stanco della guen a so
stituendovi questo sentimento: «N on potevo sopportarlo, perché dovevo
necessariamente combattere per una causa moralmente cattiva». E aitivi
tanto nel caso dello sconfìtto in guerra. D opo una guerra, invece di amia
re alla ricerca del «colpevole» secondo una vecchia consuetudine da don
nicciole - laddove invece è stata la struttura della società a provocare la
guerra -, un comportamento virile e schietto farà dire al nemico: «A bbia
mo perso la guerra, voi l’avete vinta. Q uesto è stabilito: ora permetteteci
di parlare circa le conseguenze che sono da tirare in corrispondenza agli
interessi concreti che erano in gioco, e - questa c la cosa fondamentale —
in vista della responsabilità di fronte al futuro, la quale pesa soprattutto
sulle spalle del vincitore». Tutto il resto è privo di dignità e costa caro.
D na nazione perdona una ferita dei suoi interessi, non però una ferita del
suo onore, c meno che mai una ferita causata da una prepotenza pretesca.
O gni recente documento che torna alla luce dopo decenni fa di nuovo ri
vivere le grida senza dignità, l’odio e l’ira, quando invece la guerra, una
volta finita, la si dovrebbe, per lo meno moralmente, seppellire. Q uesto è
possìbile solo attraverso l’oggetdvità c la cavalleria, ma soprattutto attra
verso la dignità. Mai comunque attraverso un’ «etìca», che in verità signi
fica una mancanza di dignità dì entrambe le parti. Invece di preoccuparsi
dì ciò che riguarda il politico, vale a dire il futuro e la responsabilità da
vanti ad esso, essa si occupa di questioni politicamente sterili - in quanto
inestricabili —come quella della colpa commessa nel passato. Fare questo
e colpa politica, se mai ne esiste una. E in tutto ciò per giunta si perde di
vista l’inevitabile falsificazione dell’intero problema attraverso interessi
meramente materiali: l’interesse del vincitore a guadagnare il più possibi
le - moralmente e materialmente -, le speranze del vinto di procurarsi
qualche vantaggio attraverso ammissioni dì colpa40; se esiste qualcosa di
indecente», sì tratta allora dì questo, che altro non c che la conseguenza
di questo tipo di utilizzo delì’«etica» come m ezzo di «prepotenza».
Ma qual è dunque il reale rapporto tra etica e politica? N o n hanno, co
me occasionalmente si è detto, niente a che fare lu n a con l’altra? O ppu-
i e, al contrario, c vero che «la medesima» etica vale per l’agire politico co-
10Weber accenna qui alla politica del presidente della Baviera Kurt Eisner.
219
Weber, Scritti p olitici
me per ogni altro agire? Si è talvolta creduto che tra queste due afferma
zioni si ponesse un’alternativa: ad essere giusta sarebbe allora o l’uno o
l’altra. Ma è poi vero che una qualsiasi etica potrebbe formulare i medesi
m i imperativi a livello dì contenuto per relazioni erotiche e commerciali,
familiari e ufficiali, nei confronti della moglie e dell ’erbivendola, del figlio,
dei concorrenti, dell’amico, degli incriminati? Dovrebbe davvero essere
così indifferente per le pretese etiche nei confronti della politica, il fatto
che essa lavori con un mezzo molto specifico com ’è la potenza, dietro al
la quale non c’è che la violenza? N on vediamo che gli ideologi bolscevi-
chi e spartachisti, proprio in quanto usano questo mezzo, pervengono
esattamente agli stessi risultati di un qualunque dittatore militarista? In
che cosa, se non per la persona del detentore del potere e per il suo dilet
tantismo, si differenzia il potere dei consigli dei lavoratori e dei soldati da
un qualsiasi potente dell’antico regime? In che cosa si differenzia la pole
mica della maggior parte dei rappresentanti della supposta nuova etica ri
spetto alla polemica degli altri demagoghi qualsiasi? La differenza sta nel
la nobile intenzione! - si risponde. Bene. M a è il m ezzo ciò su cui si di
scute, perché la nobiltà delle intenzioni ultime la pretendono anche gli av
versari, soggettivamente, in perfetta buona fede. «Chi di spada ferisce, di
spada perisce»41, e la lotta è sempre lotta. E allora, l’etica del sermone del
la m ontagna? C on il sermone della montagna - e cioè l’etica assoluta del
Vangelo - la questione è più seria di quanto credano quelli che oggi cita
no volentieri questi imperativi. C on quest’etica non c’è da scherzare. Va
le per essa ciò che si è detto a proposito della causalità nella scienza: non
si tratta di una carrozza che si possa far fermare a piacere per salirvi o
scenderne42. Bensì: tutto o niente, questo c propriamente il suo senso, se
da essa deve derivare qualcosa di diverso dalla banalità. Ecco, ad esempio,
la parabola del giovane ricco: «Egli se ne andò tristemente, giacché posse
deva molte ricchezze»41. L’imperativo evangelico è incondizionato ed uni
voco: «Dai via ciò che possiedi; tutto, completamente». Il politico dirà:
«U na pretesa socialmente insensata finche non sarà imposta a tutti». D u n
que: tassazioni, espropriazioni, confische, in una parola: costrizioni ed or
dini valevoli per tutti. Ma l’imperativo etico non chiede affatto questo, e
in ciò sta la sua essenza. O ppure, consideriamo l’imperativo: «Porgi l’al-
" Cfr. Matteo 26, 52: «Allora Gesù gli disse: “ Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quel
li che mettono mano alla spada periranno di spada” ».
11 Questa immagine è di Arthur Schopenhauer, che la usa nel suo scritto Uber die vierfache
Wurzel des Salzes vom zurekhenden Grande (trad. it. L a quadruplice radice del principio di ra
gion sufficiente, a cura di E. Amendola Kuhn, Bori righi eri, Torino 1959): «La legge di causalità
dunque non è cosi cortese da farsi usare come una carrozza che, giunti dove si voglia, si riman
da a casa».
" Cfr. Matteo 19, 22: «Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ric
chezze».
220
L a p o lìtic a co m e p ro fe ssio n e
AACfr* Matteo 5» 39: «M a io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti percuoto la
guancia destra, tu porgigli anche l'altra».
^ Con l'espressione «etica acosmica deil'amore»- Weber intende una «particolare fuga dal
cuondo nella forma dì una dedizione incondizionata ad un che di qualsivoglia natura, non per
nuore dell'uomo, ma puramente per amore della dedizione in se». Cfr, GesammelteÀufsatze zur
Kclìviomsoziologie, BcL 1, J* C. B* Mohr (Paul Siebeck), ìubingen 1920, p, 546 (mwG i/19, p, 490)
(d na. it. Sociologia della, religione, a cura di P. Rossi, Adizioni di Comunità, Milano 1982).
^ I sindacati «gialli» erano federazioni di lavoratori, spesso finanziate dai datori di lavoro,
<he si erano diffuse in Germania a partire dal 1905. Diversamente dai sindacati «rossi», cioè so-
•. «.«listi, i sindacati «gialli» sottolineavano la convergenza degli interessi dei padroni e dei lavora-
i u r i e rifiutavano perciò lo sciopero come mezzo per l'imposizione degli interessi dei lavoratori*
221
Weber, Scritti p olitici
può portare frutto, mentre ogni altra condotta - per la nazione che la fa
propria - può avere conseguenze che fra decenni dovranno ancora essere
riparate. M a l’etica assoluta non si interroga sulle «conseguenze».
Q ui sta il punto decisivo. D obbiam o renderci conto che ogni agire
orientato eticamente può stare sotto due massime radicalmente contrap
poste e fondamentalmente diverse una dall’altra: può essere orientato,
cioè, secondo «l’etica della convinzione» oppure secondo «l’etica della re
sponsabilità». N on che l’etica della convinzione si identifichi con la man
canza di responsabilità e che l’etica della responsabilità si identifichi con
la mancanza di convinzione. Naturalmente non intendo dire questo. M a
c’è un contrasto abissale tra l’agire secondo la massima dell’etica della
convinzione, la quale, considerata dal punto di vista religioso, afferma che
«il cristiano opera giustamente e rimette il successo a D ìo»47, oppure se
condo la massima dell’etica della responsabilità, secondo la quale si deve
rispondere delle (prevedibili) conseguenze del proprio agire. Voi potrete
esporre in maniera convincente ad un sindacalista (Syndikalisten) persua
so dall’etica della convinzione che le conseguenze del suo operare porte
ranno alla crescita delle possibilità della reazione, all’aumento dell’op
pressione per la sua classe, e costituiranno un ostacolo alla sua ascesa, ciò
non gli farà alcuna impressione. Se le conseguenze di un’azione derivante
dalla pura convinzione sono negative, responsabile di ciò, ai suoi occhi,
non è chi agisce, bensì il mondo, la stupidità degli altri uomini oppure la
volontà dì D io che li creò così. L’uomo dell’etica della responsabilità, in
vece, mette in conto proprio quei difetti riscontrabili nella media degli uo
mini, egli non ha - come ha ben detto Fichte —nessun diritto di presup
porre in loro bontà e perfezione48, non si sente autorizzato a scaricare su
gli altri le conseguenze del suo operare, nella misura in cui egli le poteva
prevedere. Egli dirà: «Q ueste conseguenze saranno imputate al mio ope
rato». L’uom o dell’etica della convinzione si sente «responsabile» solo ri
guardo a che il fuoco della pura convinzione non si spenga, il fuoco ad
esempio della protesta contro l’ingiustizia dell’ordine sociale. Ravvivare
di continuo questo fuoco è lo scopo delle sue azioni del tutto irrazionali,
se giudicate a partire dal possibile successo, le quali possono e devono
avere soltanto un valore esemplare.
M a anche con questo la questione non è esaurita. N essuna etica al
m ondo può trascurare il fatto che il raggiungimento di scopi «buoni» è le-
Probabilmente Weber si riferisce alla lezione di 1.utero sul Genesi, in cui scrive: «/ve tuum
ofJiLiurn, et eventum Deo perniine*. Cfr. D. Martin Luthers Werke. Kritische Gcsarntausgabe,
Bd. 44, Hermann Bbhiaus Nachfolger, Weimar 1915, p. 78.
11 Cfr, lo scritto di Fichte: Uber Maehiavel!, .ih Schriflsteller, und Slellen aus seinen Scbrif-
:, n. in Johann Gottlieb Fiehtes nacbvelassene Werke, Bd. 3, Adolph-Markus, Bonn 1835, p. 420
(trad. it. Sul * Principe* di Machiavelli, a cura di G. F. Frigo, Gallio Editori, Ferrara 1990).
2 22
L a po litica c o m e p ro fessio n e
223
W eber, Scritti p o litici
*’ Cfr. F. W. Foerstcr, Politiche Ethik und politiche Padagogik. Mit besonderer BerUcksicb-
tigung der kommenden deutschen Aufgaben, Ernst Reinhardt, Mdnchen 1918.
224
L a p o litic a co m e p ro fe ssio n e
vita - e ponendola inoltre a una distanza più o meno grande rispetto ai più
alti beni di salvezza religiosi. In questo m odo era possibile adattare il
dbarm a ad ogni singola casta, dagli asceti e bramini fino ai furfanti e alle
prostitute, in m odo corrispondente alle regole proprie immanenti a cia
scuna professione. Tra queste c’erano anche la guerra e la politica. Il p o
sto assegnato alla guerra nel com plesso delPordinamento della vita lo tro
vate determinato nella Bbagavadgita nel dialogo tra Krishna e Arjuna.
«C om pi ciò che è necessario», vale a dire P«opera» considerata un dove
re dal dbarm a della casta guerriera e dalle sue regole, concretamente ne
cessaria allo scopo della guerra: secondo questa fede, ciò non intacca la
salvezza religiosa, piuttosto la favorisce. D a sempre, in caso di morte eroi
ca, il paradiso di Indra era per il guerriero indiano tanto sicuro quanto il
Walball per quello germano. Il guerriero indiano però avrebbe disdegna
to il nirvana tanto quanto il germano avrebbe disdegnato il paradiso cri
stiano con i suoi cori angelici. Q uesta specializzazione rese possibile al
l’etica indiana una trattazione della politica quale arte regale affatto altera,
che seguiva soltanto leggi proprie, emancipandola così in maniera radica
le. Il «machiavellismo» davvero radicale, nel senso popolare di questa pa
rola, è rappresentato in modo classico nella letteratura indiana né\VArtha-
sbastra di Kautilya (di gran lunga anteriore all’era cristiana, si suppone
dell’epoca del Chandragnptd)\ a confronto il Principe di Machiavelli è in
nocuo. N ell’etica cattolica, alla quale peraltro è vicino il professor Forster,
i «consilia e v a n g e l i c a sono notoriamente un’etica particolare per i dota
ti del carisma della vita santa. Q ui accanto al monaco, che non può versa
re sangue né cercare il guadagno, sta il pio cavaliere e il borghese, ai qua
li è consentito rispettivamente di versar sangue e di guadagnare. L a diffe
renziazione dell’etica al suo interno e il suo inserimento in un organismo
della dottrina della salvezza è meno conseguente che in India, anche se
questa partizione doveva e poteva ben darsi secondo le premesse di fede
cristiane. L a perversità del m ondo, conseguenza del peccato originale,
rendeva possibile in modo relativamente facile un inserimento della vio
lenza nell’etica come m ezzo di correzione contro il peccato e contro gli
eretici che corrompevano l’anima. Ma le pretese acosmiche, puramente
conformi all’etica della convinzione del sermone della montagna e il di
ritto naturale religioso che si fonda su di esso, considerato come u n ’esi
genza assoluta, mantennero la loro potenza (Gewalt) rivoluzionaria e,
con forza elementare, entrarono in scena in quasi tutte le epoche di ten
sione sociale. In particolare, esse diedero vita alle sette radical-pacifiste,
delle quali una in Pennsylvania fece l’esperimento di un’entità statale pri-
501 concilia evangelica sono istruzioni per una vita a imitazione di Cristo imponendo il celi
bato, la povertà e l’obbedienza.
225
Weber, Scritti p o litici
va di violenza verso l’esterno con conseguenze tragiche nel corso del tem
po: infatti, quando scoppiò la guerra di indipendenza, i Quaccheri non p o
terono difendere con le armi i loro ideali rappresentati in quella guerra. Il
protestantesimo normale invece legittimò lo Stato in quanto istituzione
divina, e dunque il m ezzo della violenza e in particolare lo Stato autorita
rio legittimo. Lutero tolse al singolo la responsabilità etica della guerra e
l’accollò all’autorità, a cui - in faccende che non siano di fede —si può ub
bidire senza macchiarsi di colpa alcuna. E ancora il calvinismo riconosce
va in linea di principio la violenza come m ezzo di difesa della fede —la
guerra di religione, quindi —che nell’Islam fu fin dall’inizio un elemento
vitale. Com e si vede, non è affatto l’irreligiosità moderna, nata dal culto
degli eroi del Rinascimento, a far sorgere il problema dell’etica politica.
Tutte le religioni si sono angustiate per esso, con risultati diversi, e - dopo
quanto detto - non poteva certo essere altrimenti. Il mezzo specifico del
la violenza legittima, semplicemente in quanto tale, posto nelle mani del
le associazioni umane è ciò che determina la particolarità di tutti i proble
mi etici della politica.
Chiunque scende a patti con questo m ezzo, per qualunque scopo lo
faccia —e ogni politico lo fa —costui è esposto alle sue specifiche conse
guenze. In misura particolarmente grande ciò vale per il combattente del
la fede, tanto quello religioso come quello rivoluzionario. Prendiamo
tranqu dia mente il presente come esempio. Chi vuole instaurare la giusti
zia assoluta sulla terra con la fo rza, costui abbisogna a tal fine di un se
guito, vale a dire dell'«apparato» umano. A questo apparato, egli deve per
forza prospettare i necessari premi interiori ed esteriori - un compenso
celeste o terreno —, altrimenti questo apparato non funzionerebbe. Inte
riori: ossia - nella condizione della moderna lotta di classe —soddisfazio
ne dell’odio e della sete di vendetta, e soprattutto del risentimento e del
bisogno pseudo-etico di affermarsi, vale a dire del bisogno di diffamare e
di calunniare l’avversario. Esteriori: ossia, avventura, vittoria, bottino, po
tenza e prebende. Il capo è del tutto dipendente, per quanto riguarda il
suo successo, dal funzionario di questo suo apparato; perciò il capo non
c dipendente solo dai suoi propri moventi, ma anche da quelli di que
st’ultimo. Dal fatto dunque che quei premi possano essere durevolmente
concessi al suo seguito: alla guardia rossa, alle spie, agli agitatori di cui egli
ha bisogno, dipende il suo successo. C iò che il capo, in tali condizioni, rie
sce effettivamente a raggiungere, non è dunque determinato dal suo vole
re, bensì gli c prescritto da quei motivi in genere eticamente cattivi che
guidano l’agire del suo seguito, il quale si può tenere a bada solo fintan
toché un’onesta fede nella sua persona e nella sua causa animi almeno una
parte - mai la maggioranza - dei compagni. N o n solo questa fede, anche
dove essa c soggettivamente onesta, in verità nella maggior parte dei casi
226
L a po litica co m e p ro fe ssio n e
Cfr. Giovanni 18, 36: «Rispose Gesù: “ li mio regno non è di questo mondo” ».
K Uno dei personaggi di Guerra e pace.
'■ Cfr. J. G. Fichte, D as System der Sittenlehre nach den Prmcipìen der Wissenscbaftslehre, in
Johann Gotthcb i'icbtes sàmmtlìche Werke, edite da I. H. Fichte, Bd. 4, Veit & Comp., Berlin
1845, p. 167 (trad. it. li sistema della dottrina morale secondo ì principi della dottrina della scierz-
vo. a cura di R. Cantoni, Sansoni, Firenze 1957).
227
W eber, Scritti p o litici
44 Goethe» Faust, parte n, versi 6817-18: «<11 diavolo c vecchio, pensateci: / invecchiate e lo ca
pirete»-
228
__________________________ . L a p o lìtic a co m e p ro fe ssio n e -----------------------------------
quilibrio interiore che sta dietro a questa etica della convinzione. H o l’im
pressione infatti che in nove casi su dieci si abbia a che fare con fanfaroni,
i quali non sentono realmente ciò che prendono su di sé, ma si ubriacano
di sensazioni romantiche. Tutto ciò umanamente non mi interessa molto
e non mi scuote affatto. Mentre si viene colpiti in modo straordinario
quando un uom o maturo - non importa se vecchio o giovane d ’età —, il
quale senta realmente e con tutta l’anima questa responsabitità per le con
seguenze e che agisca secondo l’etica della responsabilità, dica ad un cer
to punto: «N o n posso fare diversamente, di qui non mi m uovo»” . Q ue
sto è qualcosa di umanamente autentico e che commuove. Infatti, questa
situazione deve certamente prima o poi poter accadere ad ognuno di noi,
a meno che non sia interiormente morto. In ciò l’etica della convinzione
e della responsabilità non rappresentano opposti assoluti, ma elementi
complementari che soltanto insieme creano l’uom o autentico, quello che
può avere la «vocazione per la politica».
E su questo punto, egregi ascoltatori, vorrei tornare a parlare tra dieci
anni. Se allora - come purtroppo, per tutta una serie di motivi, ho da te
mere - sarà sopraggiunto ormai da molto il tempo della reazione, e se di
ciò che certamente molti di voi c anch’io, come ammetto apertamente, ab
biamo desiderato e sperato, sarà stato realizzato poco, forse non proprio
nulla, ma, per lo meno all’apparenza, poco - ciò è assai verosimile: saper
lo certo non mi distruggerà, ma sì tratta comunque di un peso interiore - ,
allora vorrei proprio vedere che cosa ne è stato di coloro tra voi che ora si
sentono autentici «politici della convinzione» e che prendono parte al
l’ebbrezza che questa rivoluzione significa, vorrei proprio sapere che c o
sa di loro ne è «divenuto» nel senso profondo della parola. Sarebbe certo
bello se la situazione si presentasse in termini tali da poter dire con il so
netto 102 di Shakespeare:
O u r love w as new, and then b u t in thè spring,
When I w as wont to greet it with m y lays;
A s Philom el in su m m e r’s fron t d o tò sing,
A n d stops her pipe in growrii o f ripcr days5'1.
” Accenno alle parole attribuite a Lutero a conclusione del suo discorso davanti al R e lekstag
in Worms nell’aprile del 1521.
5,1«Il nostro amore era giovane, appena nella sua primavera, / allor ch’io solevo salutarlo co’
miei canti, / simile a Filomena che in sul cominciar dell’estate canta, / ma tace al sopraegìungere
della stagione inoltrata», trad. it. di L. Darchini, in Shakespeare, Sonetti, a cura di G. Baldini, Fel
trinelli, Milano 1984. N el Cesto di Weber non c’è l’originale inglese, bensì è riportata la traduzio
ne tedesca fatta da Stcfan George.
229
W eber, Scritti p o lìtici
230
XI. Il presidente del Reicb
1919
C o n questo intervento Weber prese posizione nel dibattito sulla nuova C ostituzione
del Reich. G ià nel dicembre de! 1918 Weber si era schierato a favore d ì un presidente del
R ek h eletto plebiscitariamente e dotato di ampi poteri. Il 16 gennaio 1919, prim a ancora
che il progetto della C ostituzion e fosse reso pubblico, Gerhard A nschiitz (cfr. l’articolo
D ie kommende Deutsche N atw nahersam m lung u n d ihre A u fgabe, in «H eidelberger Ta-
geblatt» n. 12 del 15 gennaio 1919, pp. 1 sgg., e n. 13 del 16 gennaio 1919, p. 2) attaccò la
proposta dì Weber sottolineando 1 perìcoli insiti nell’elezione popolare del presidente del
Reich, Egli paventava il potenziale rìschio di un potere dittatoriale del presidente eletto in
questo m odo, nonché il pericolo dell’autocrazia su base democratica, oltre che dubitare
della possibilità di trovare di volta in volta uomini capaci per una tale carica dittatoriale.
Anschiitz si schierò a favore di un’elezione del presidente da parte del Reichstag o da par
te di Reichstag e Bundesrat congiunti. Ciononostante l’elezione popolare del presidente
venne inserita nel paragrafo 53 del progetto del 3 gennaio 1919, anche se il presidente ve
niva vincolato alla controfirma dei ministri responsabili per tutte le questioni civili e mili
tari. Il presidente aveva diritto di nomina e di revoca del governo e di scioglimento del R ei
chstag-, poteva esprimere un veto sospensivo; aveva la facoltà dì intervenire contro i singo
li Stati che avessero agito in m odo non conform e ai loro doveri; aveva il diritto all’uso di
un potere dittatoriale per la difesa della sicurezza e dell’ordine pubblico. D o p o l’elezione
dell’A ssem blea N azionale, il 20 gennaio 1919 fu resa pubblica una prim a versione, corret
ta solo in pochi punti, di questo prim o progetto, L’11 febbraio, però, Friedrich E bert ven
ne eletto presidente del Reich dall’A ssem blea N azion ale e non direttamente dal popolo.
C osì, sotto la direzione del neoeletto governo Schcidemann, il 17 febbraio si p assò all’ela
borazione di un terzo progetto che am pliò ancora di più il potere del presidente attribuen
dogli anche il suprem o potere militare. Ulteriorm ente discusso e m odificato, questo testo
fu presentato all’Assem blea N azionale (quarto progetto) il 24 febbraio 1919.
Il m anoscritto originale è andato perduto. L a prim a edizione apparve nella «Berliner
Bòrsenzeitung» n. 93 del 25 febbraio 1919, edizione del mattino, pp. 1 sgg. A d essa segui
rono a breve distanza quella della «M agdcburgische Zeitung» n. 151 del 26 febbraio 1919,
pp. 1 sgg., e un’edizione abbreviata dell’«H eidelberger Zeitung» n. 48 del 27 febbraio 1919,
pp. 1 sgg. Q ueste presentano m odeste modifiche form ali rispetto al testo originario, che fu
stam pato ancora una volta, con alcune modifiche fatte da Weber, nel n. 126 della «Kònig-
sberger H artungschen Zeirung» del 15 marzo 1919, prim a edizione della sera, p. 1, Sulla
scorta di questa edizione più tarda è stato redatto il testo qui tradotto che si trova nella M ax
Weber G esam tam gabc cit., A bt. l,Bd. 16, pp. 220-4.
SCRITTI POLITICI
233
W eber, Scritti p o litic i
234
Il p re sid e n te del R eich
■’Allusione alla scissione nei confronti del partito del centro operata in Baviera in seguito agli
avvenimenti di novembre da circoli federalisti della Bayerkche Volksparici. La Bay eruche Volk-
spartei risultò il primo partito alle ele7.ìoni bavaresi del 12 gennaio 1919.
235
W eber, Scritti p o litic i
ni dei singoli Stati, dunque anche presso il vertice dello Stato prussiano,
soprattutto la nomina di tutti i funzionari amministrativi interni, i quali
vengono quotidianamente in contatto con il popolo, e probabilmente an
che la nomina per lo meno dei gradi più bassi degli ufficiali. Perciò un
presidente del Reich che non fosse stato eletto da tutto il popolo gioche
rebbe, di fronte ai vertici dello Stato prussiano, un ruolo addirittura mi
serevole. C osì, in una forma molto pericolosa in quanto particolaristica
risorgerebbe la superpotenza della Prussia a Berlino, e quindi si espande
rebbe in tutto il Reich.
E di per sé comprensibile che i parlamentari non si sottopongano vo
lentieri al l’auto sacrificio consistente nel consegnare in mani altrui l’ele
zione dell’organo più alto del Reich. Q uesto autosacrificio tuttavia deve
necessariamente avvenire, e il movimento finalizzato a ciò non si conce
derà pause né avrà pace. Attenzione piuttosto a che la democrazia non
metta in mano ai propri nemici questa arma di agitazione contro il parla
mento! C om e quei monarchi agirono nel modo non solo più nobile, ma
anche più assennato, quando al momento opportuno limitarono la pro
pria potenza a vantaggio delle rappresentanze parlamentari, così il parla
mento liberamente possa riconoscere la M agna Charta della democrazia:
il diritto dell’elezione diretta del capo. Il parlamento, se i ministri rimar
ranno vincolati alla sua fiducia, non si pentirà di ciò. Infatti, il grande im
pulso della vita democratica dei partiti, che cresce sulla scorta di queste
elezioni popolari, andrà a vantaggio anche del parlamento. Un presidente
del Reich eletto dal parlam ento attraverso determinate alleanze e coali
zioni dipartito, con lo spostamento di queste alleanze è un uomo politica-
mente morto. Invece un presidente eletto dal popolo, capo dell’esecutivo,
capo dell’apparato di controllo amministrativo e detentore di un veto so
spensivo e della facoltà di sciogliere il parlamento, che abbia in aggiunta
la facoltà di indire una consultazione popolare, è il palladio deU’autentica
democrazia, che non significa abbandono impotente a combriccole, ben
sì sottomissione a capi che essa ha eletto da sé.
236
x ii. Considerazioni oggettive {a quel che si dice «politiche»)
del 19 gennaio
1920
Nel gennaio 1920 in conseguenza del processo contro il conte Anton Arco-Valley
(1897-1945, ufficiale bavarese), che il 21 febbraio 1919 aveva uccìso il primo ministro delia
Baviera, nonché capo del movimento rivoluzionario bavarese, Kurt Eisner (1867-1919, po
litico socialista e giornalista), nell’Università di Monaco si accesero tra gli studenti violente
discussioni. Il 16 gennaio il tribunale aveva condannato Arco alla pena capitale, ma già il 17
si cominciò a parlare della possibilità di una grazia. Sempre il 17 gennaio ebbe luogo ncl-
VAuditorium Maximum dell’Università di Monaco un’assemblea in cui la maggioranza de
gli studenti si schierò in favore della grazia e decise di inoltrare alle autorità competenti no
tìzia di tale risoluzione (cfr. l’articolo apparso sul n. 88 della «Frankfurter Zeitung» del 3 feb
braio 1920, prima edizione del mattino: Zum Konfhkt Max Webers mit der Studentenschaft).
Quanto accadde in quella turbolenta assemblea studentesca è all’origine dello scritto
webcriano che qui viene tradotto. Weber temeva che questo assassinio politico avrebbe po
tuto far scuola se trattato con troppa indulgenza, e per questo ritenne doveroso interveni
re, cosa che fece all'inizio della lezione del 19 gennaio 1920. (Di questo intervento rimane
solo una stesura stenografica di autore sconosciuto che, rivista e corretta da Marianne We
ber, si trovava nel Zentrales Staatsarcbiv der DDR Merseburg, Repertoriuni 92, NachlaB
Max Weber, n. 30/5, foglio 11 sgg.).
Questo gesto scatenò tumultuose proteste da parte degli studenti nazionalisti che co
strinsero Weber ad interrompere il corso. Per comprendere meglio l’atmosfera dell’epoca è
interessante sapere quel che un partecipante confidò a Weber il giorno seguente. Weber era
dì fatto considerato dagli studenti nazionalisti un ebreo e «l’intera gazzarra sarebbe sem
plicemente (o anche) un mezzo per “disgustare fino a costringere ad andarsene” dall’Uni
versità i professori ebrei» (lettera di Richard Horlacher a Max Weber del 22 gennaio 1920,
duplicato di copia, Zentrales Staatsarcbiv cit., n. 30/10).
Il manoscritto originale dì Weber è stato conservato nel Zentrales Staatsarcbiv cit-, n.
30/5, foglio 9 con il titolo «Sacbliche (angeblich: “poli tisehe”) Bemerkungen am 19.1», ed
è ora riprodotto nella Max Weber Gesamtausgabe cit., Abt. i, Bd. 16, p, 273.
Il conte Arco fu dapprima condannato all’ergastolo e poi nel 1927 definitivamente gra
ziato. Nel marzo 1933 venne accusato dì aver progettato un attentato contro Hitler. Fu ar
restato e internato temporaneamente in un Lager. Morì nel 1945.
SCRITTI POLITICI
Poiché dovevo in generale parlare dei fatti avvenuti, L oro hanno il dirit
to di esigere nell’attuale circostanza una esplicita c franca messa in chiaro del
mio pensiero. Il conte Arco ha agito senza dubbio spinto dal sentimento del
grande disonore che l’uomo contro il quale egli si è volto ha gettato su di
noi. Egli di fronte al tribunale si è comportato in modo irreprensibile. N o
nostante ciò, finché vale la legge vigente, è una grave debolezza graziarlo, e
io come ministro lo avrei fatto fucilare. Q u elio che succederà ora - se, corri è
probabile, gli verrà confermata la grazia - è chiaro. La sua pietra tombale
avrebbe definitivamente esorcizzato lo spettro sempre ritornante di Kurt
Eisner. Adesso questo Eisner continuerà a vivere come «martire». E Loro?
Che cosa faranno del conte Arco attraverso queste manifestazioni? Non il
ludetevi: un’attrazione da caffè. Io avrei sperato per lui qualcosa di meglio.
Qualunque cosa L oro pensino al riguardo, resta però un fatto contro
cui mi devo ribellare in ogni caso. E stato detto: «I nostri camerati delle for
ze armate del Reich, reparto...1, si erano dichiarati - cosa che (soltanto) ades
so (!) posso dire - solidali con noi». Signori miei! Questi non sono «con
giurati» che mi possano impressionare; la loro vanita, infatti, è talmente
grande da costringerli a spiattellare pubblicamente queste cose per racco
gliere un applauso! Sul fatto in sé non vai la pena di sprecare neppure una
parola. Ma voglio dire Loro questo: affinché la Germania possa tornare al
la sua antica magnificenza io - se fossi ancora in politica - mi alleerei senza
dubbio con ogni potenza della terra e anche col diavolo in persona. Ma so
lo con una potenza non scenderei mai a patti: la potenza della stupidità.
Il fatto che io, come sapete, non faccia più politica, è determinato dal
l’impossibilità dì perseguire un’autentica politica tedesca fintantoché de
gli stolti, siano essi di destra o di sinistra, potranno aggirarsi a pieno tito
lo nell’ambito politico.
239
j
1
xm . La nazione
da Economìa e società
Il testo «Die Nation » venne pubblicato postumo a cura della moglie Marianne come
paragrafo quinto del capitolo vili della seconda parte di Economia e società. La traduzio
ne c stata condotta sul testo: Max Weber, Wirtschaft und Gesellschaft. Grundnss der ver
stebcnden Saziatogli’ (Mìt einem Anbang.■Die nitionalen and sozinloguchen Grundlagen
der Musik), vierte, neu herausgegebenc Auflage, bcsorgt von Johannes Winckelrnann, J.
C. B. Mohr (Paul Siebeck), Tiibingen 1956, pp. 527-30. Esso sì riallaccia direttamente al
l’ultima frase del paragrafo precedente, di cui diamo per questo la traduzione.
SCRITTI POLITICI
L a nazione.
243
Weber, Scritti p olìtici
244
L a n azio n e
l ’appartenenza «nazionale» anche a mem bri della stessa com unità lin
guistica, in quanto l’appartenenza nazionale può essere collegata a dif
ferenze proprie dell’altro grande «patrim onio culturale dì m assa», e
cioè la confessione religiosa (così nel caso di serbi e croati), oppure a
differenze della struttura sociale e dei costum i, dunque ad elementi «et
nici» (così nel caso degli svizzeri tedeschi e degli alsaziani nei confron
ti dei tedeschi del Reich, o degli irlandesi nei confronti degli inglesi),
oppure soprattutto a ricordi dì com unanza di destino politico con altre
nazioni (nel caso degli alsaziani con i francesi dall’epoca della guerra ri
voluzionaria, che è la loro comune età degli croi, o nel caso dei baltici
con i russi, ì cui destini essi hanno co de ter mi nato). C he poi l’apparte
nenza «nazionale» non debba poggiare su una reale com unità di san
gue, è assolutam ente evidente; ovunque, infatti, proprio i «nazionalisti»
più radicali sono spesso di origine straniera. Inoltre, la com unanza di
un tipo antropologico specifico non è certo indifferente, ma neppure
necessaria e sufficiente per fondare una «nazione». Se tuttavia l’idea di
«nazione» racchiude volentieri l’idea della com unanza di orìgine e di
una som iglianza di natura (di contenuto indeterminato), tutto ciò è
condiviso - com e abbiam o visto - dal sentimento di com unanza «etni
ca», il quale viene alimentato da sorgenti diverse. Ma il solo sentimen
to di com unanza etnica non costituisce ancora la «nazione». Senza
dubbio anche ì russi bianchi hanno sempre avuto, rispetto ai grandi
russi, un sentimento di appartenenza «etnica», ma difficilmente ora es
si am birebbero ad attribuirsi il predicato di «nazione» particolare. F i
no a non m olto tem po fa, l’idea di un sentimento di appartenenza alla
«nazione polacca» era totalmente assente presso i polacchi dell’alta Sle
sia; essi certo si sentivano una com unità «etnica» particolare nei con
fronti dei tedeschi, eppure erano sudditi prussiani e nìent’altro. L a p o s
sibilità di caratterizzare gli ebrei come una «nazione», è un problem a
antico; per lo più, anche se in m odi e misure diverse, la m assa degli
ebrei russi risponderebbe negativamente proprio come gli ebrei ameri
cani ed europei occidentali che si stanno assim ilando, i sionisti, e i p o
poli che li accolgono - in questo caso, in m odo estremamente diverso -
ad esem pio i russi da un lato e gli americani dall’altro (per lo meno da
coloro che ancora oggi si attengono - come si è espresso un presidente
am ericano in uno scrìtto ufficiale - alla «som iglianza dì natura» fra il ti
po americano e quello ebreo). E gli alsaziani di lingua tedesca, i quali
rifiutano l’appartenenza alla «nazione» tedesca e curano il ricordo del
la com unità politica con la Francia, non si annoverano affatto per que
sto tra la «nazione» francese. I negri degli Stati Uniti si annovereranno,
al m om ento per Io meno, tra la «n azione» americana, ma difficilmente
verranno mai ascritti ad essa dai bianchi degli Stati del Sud. Ai cinesi,
245
Weber, Scritti p olitici
2«
L a n azio n e
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W eber, Scritti p o litic i
c w r w Bt K in n 8 ut « i n a
mi*muntesi
" WGIWiso ^ '
1Qui si interrompe ii capitolo. Alcune note sul foglio manoscritto mostrano che esso avrebbe
dovuto procedere all’analisi del concetto c dello sviluppo dello Stato nazionale in tutte le epoche
storiche. A margine del foglio si trova la seguente considerazione; «Prestìgio culturale e prestigio
dì potenza sono strettamente legati. Ogni guerra vittoriosa promuove 11prestigio culturale (Ger
mania, Giappone e cosi via). Se poi la guerra torni a vantaggio dello “sviluppo della civiltà" è un’al
tra questione, che non si può risolvere “avalutatìvamcnte”, né in maniera univoca (la Germania do
po il 18701), li neppure secondo segni distintivi coghbdi empiricamente: l’arte e la letteratura che
esprimono la schietta peculiarità tedesca non sono sorte nel centro politico della Germania».
248
SCRITTI POLITICI
* La redazione dell’indice dei nomi e degli argomenti è stata curata da Ilarìa Tani.
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In d ice dei n om i e d e gli argom en ti
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In d ice dei n om i e degli argom en ti
255
W eber, Scritti p o litic i
Germania, vedi anche Reich, 22, 42, 50, 69, del Rekh, 151, 153
74-5, 77-9, 108-9, 122-7, 128, 141 e n, di letterati, 173
145,161,166,190,204,221 e n, 239,248n monarchico, 50
aristocrazia, 89-93, popolare prerivoluzionario, 158
austrizzazione della, 51 proletario, 143, 173
autorità militare, 103-105 rivoluzionario, 172
costituenti, 137 socialista, 144
democrazia, 84-87 Grande Inquisitore, 223
economia collettivistica, 114-116, grande proprietà, 9, 11
espansione oltremare, 25 Gran visir, 189
forma statale della, 131-167 gruppi,
futuro della, 49, 139 economici, 235
nuova, 169-174 di interesse come corpi elettorali parla
paralisi della, 52 mentari, 56
partiti, 212-215 di interessi economici, 59-60, 61, 65
politica bellica, 66, 92-93 sociali, 178
politica estera, 82-83 gruppo parentale (Sippe), 178
referendum, 160, 166 guardie rosse, 138
sentimento nazionale, 246-247 Guglielmo il, 4, 23, 83,132, 135n, 136n
sistema elettorale, 43-87 Guelfi, 200
Triade degli Stati tedeschi, 158 e n guerra, 38, 39, 41, 47, 49, 68, 81, 85, 92,
unificazione della, 26 108, 114, 115,122,128nl29, 130, 136n,
Gcrvinus, Georg Gottfried, 21n 140n, 142, 176, 197, 198,219, 22), 223,
Geselkchaft fitr etbische Kultur, 27n 225, 243, 248n
Gesù, 221 civile, 128, 129, 130, 137, 138
Ghibellini, 200 di religione, 228
Giappone, 192, 248n di rivoluzione, 245
giornalismo (polìtico), 196, 198, 215 moderna, 67
giornalista/giornalisti, 196-197, 199, 201, sottomarina, 141 e n
202,215 Gunther, 33
giudice, 70 gusto estetico, 69
penale, 58
giudizio/guidizi, Harmsworth, A. Charles William (lord
di valore, 16,19, 20 Korthcliff), 198 e n
della storia, 21 Hay, Charles, lOSn
giuristi, 194 Heidelberg, 93, 95, 96
giusnaturalismo, 194 «Heidelberger Neueste Nachrichten», 96
giustificazione dei mezzi attraverso il fi «Heidelberger Tageblatt», 96, 232
ne, 223 «Heidelberger Zeitung», 96, 232
Giustiniano, codice di, I94n Henckel-Donnersmarck, Guido 54
giustizia, Herzen, Alexander, 81
assoluta, 226 Hitler, Adolf, 238
sociale, 16 Hohcnlohe-Schillìngsfùrst, Chlodwig, 45
Gizycki, Georg von, 27n Hohenzollern, 147rt
Gladstone, William F.wart, 206,207,208,214 honesty ri thè hest pohey, 53
Gneisenau, August Wilhelm Anton, 78 Horlacher, Richard, 238
Gompcrs, Samuel, 98 Hotmann, Francois, 194n
governi dei singoli Stati, 150-153 Hugenberg, Alfred, 55
governo,
borghese, 144 ideale/ideali, 19,48
centrale, 152 borghesi, 25
256
In d ice dei n om i e d e gli argom en ti
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ì*
Finito di stam pare il 29 settembre 1998
per conto di D onzelli editore s.r.l.
presso la StilG raf della San Paolo Tipografica Editoriale
Via di V igna Jacobm i, 67/c - 00149 Rom a
SCRITTI POLITICI
M ax Weber, o dell’ambiguità
Introduzione di Angelo Bolaffi
' David Beetham, Max Weber and thè Tbeory of Modem Politks, Polity Press-
Basil Blackwell, Cambridge-Oxford 1985 (trad, it. 11 Mulino, Bologna 1989, p. 22).
4 Attenti al carisma, la violenza viene dal capo, intervista a Norberto Bobbio di
Giancarlo Bosetti, in «Reset», maggio 1998, 48, p. 5. Per la verità già molti anni or
sono Gian Enrico Rusconi aveva messo in luce gli aspetti problematici della riflessio
ne weberiana sulla Fubrerdemokratie-. «1 suoi limiti non stanno tanto nelle possibili
implicazioni fascistoìdi - del tutto estranee alle intenzioni di Weber - quanto nella
VITI
In tro d u z io n e
IX
A n g e lo B o la ffi
Weber era davvero dotato di una cultura sterminata, come ricorda con
forza il profilo di Weber tracciato da Karl Jaspers, il filosofo che più di
altri si è sofferm ato a raccontarci la tragedia dell’uom o Weber e non solo
il travaglio del suo pensiero, nelle pagine conclusive di quella che resta la
più com m ossa rievocazione della personalità e dell’opera di Weber,
«L’uomo che nacque nel m ondo di O m ero e dei profeti ebrei non sì è defi
nitivamente perduto con Nietzsche. Egli ha trovato l’ultima, per ora,
grande apparizione in M ax Weber [...]. N o n possediam o più un grande
uom o che in questo m odo sappia avvicinare noi a noi stessi. Egli è stato
l’ultimo» 12. Alla erudizione si accompagnava peraltro una altrettanto
sconfinata curiosità intellettuale. Egli si lasciò tormentare dal dubbio della
ricerca fino a fam e una vera e propria malattia, imponendo a se stesso
quello che qualcuno ha efficacemente chiamato l’«eroism o del rigore». In
questo senso dobbiam o intendere l’affermazione, sempre di Jaspers,
secondo la quale Weber «fu la più ricca e più profonda incarnazione del
significato del naufragio del nostro tem po». Egli rimase infatti preda di
una sorta di volontà autopunitiva. Forse nella consapevolezza che la sua
pretesa di dominare un sapere universale, secondo il modello «inattuale»
dell’intellettuale rinascimentale, trasgrediva quanto egli stesso aveva nor
mativamente indicato essere l’unico destino possibile per l’intellettuale
moderno. L a scelta della Entsagung, la consapevole rinunzia, la coscienza
del limite, «il limitarsi al lavoro professionale colla rinunzia alla universa
lità faustiana —aveva detto —è nel m ondo moderno il presupposto dì ogni
azione degna di stim a»13. C iò spiega l’esiguità relativa dei testi da lui effet
tivamente pubblicati.
Ma proprio la discrasia tra l’enorme vastità della produzione di idee
contenute nelle migliaia di pagine postum e, ad esempio in Economia e
società, e il numero molto limitato dei saggi dati alle stampe, ha favorito
in seguito alcune discutibili operazioni editoriali, con le quali si è anche
cercato di forzare in una determinata e unilaterale direzione la lettura di
Weber. C iò spiega soprattutto come m ai, nel corso del tempo che ci divi
de dalla sua morte, del significato della sua opera siano state date letture
tra loro assolutamente discordanti. Si pensi, ad esempio, a quella in chia
ve «critico-filosofica» contenuta dai magistrali saggi pubblicati negli anni
12 Karl Jaspers, Max Weber. Politiker, Forscber, Pbilosoph, Piper Verlag, Munchen
1932 (trad. it. Morano, Napoli 1969, pp.15 e 98).
,J Max Weber, Die protestantische Etbik Hnd der Geist des Kapìtalismus, in
Gesammelte Aufsatze zar Religionsoziologie, j . C. B. Mohr, Tubingen 1922 (trad. It.
L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni, Firenze 1945 (ma le citazioni si
riferiscono alla seconda ed. del 1965, p. 304).
In tro d u z io n e
venti e trenta da autori quali Landshut e Low ith" la quale ci appare lette
ralmente agli antipodi rispetto a quella rigidamente «sociologica», di cui
un interprete quale Talcott Parsons è stato in qualche modo l’antesigna
no15. E sulla scia della quale è poi avvenuta la ricezione di Weber da parte
della cultura anglosassone.
In realtà, ed è questa già una importante acquisizione su cui ci preme
richiamare l’attenzione del lettore, nella lunga vicenda delle interpretazio
ni weberiane è arrivato un momento davvero non più procrastinabile,
quello della «definitiva presa di congedo dall’idea che esìsta un Weber
“ autentico U n ’ipotesi, questa, che generalmente ha coinciso, nella
storia della critica, con la centralità attribuita a Economia e società o alla
Wissenscbaftslehre17, e che ha fatto perno sulla proposta di una totale
" Siegfried Landshut, Kritik der Soziologie. Freiheit und Gleichkeit ali
Urspungsproblem der Soziologie, Miinchen-Leipzig 1929 (nuova edizione in S.
Landshut, Kritik der Soziologie und andere Scbriften zur Politik, Neuwied/Rhein-
Beriin 1969, pp. 11-117. Si veda dello stesso autore il fondamentale saggio, Dos Wesen
der modemen Gesellschaft nach Karl Marx und Max Weber, in « Polirisches Denken»,
Jahrbuch 1995, 6. Si tratta della traduzione dall’ebraico del saggio scritto dall’autore
durante l’esìlio dalla Germania nazista e apparso per la prima volta nel 1945 a
Gerusalemme sulla rivista «lyyum. Philosopnische Hefte», 1945, 1, pp. 102-25. È
opportuno ricordare che si deve a Landshut l’edizione in collaborazione con Jacob Peter
Mayer dei cosiddetti «scritti giovanili» di Marx nel volume Der bistoriiche
Materialismus. Dìe Fruhschriften, Leipzig 1932,2 voli. La vicenda intellettuale e perso
nale di Landshut è ottimamente ricostruita da Rainer Nicolaysen, Siegfried Landshut.
Die Wiederentdeckung der Politik. Eine Biograpbie, Judischer Verlag, Frankfurt/M.
1997. Karl Lowith, Max Weber und Karl Marx, in «Archìv fùr Soziaiwissenschaft und
Sozialpolitik», 1932, 67, pp. 53-99 e 175-214, raccolto con lievi modifiche in
Gesammeke Abbandlungen. Zur Kritik der zescbicbtlicben Existenz, Kohlhammer,
Stuttgart 1960, pp. 1-67 (trad. it. in Karl Lowith, Critica dell’esistenza storica, Morano,
Napoli 1967, pp. 9-110 e successivamente in Id., Marx, Weber, Schmitt cit.).
15Talcott Parsons, The Strutture of Social Action, McGraw-Hill, New York 1937,
seconda ed. The Free Press, Glencoe-lllinois 1949 (trad. it dalla seconda edizione, IÌ
Mulino, Bologna 1962, in particolare pp. 877 sgg.) e Polìtìcs and Sodai Structure, The
Free Press, New York 1969 (trad. it. Giuffrè, Milano 1975, in particolare pp. 162 sgg.).
11 Furio Ferraresi, Max Weber nella critica recente, in «Filosofia politica», IX,
dicembre 1995, 3.
171 saggi metodologici di Weber sono raccolti nel volume Gesammelte Aufsatze
zur Wissenscbaftslehre, J. C. B. Mohr, Ttibingen 1922. Nc fanno parte i quattro saggi
raccolti in Max Weber, Il metodo delle sdenze sodali, a cura di Pietro Rossi, Einaudi,
Torino 1958; i due raccolti in Max Weber, Saggi sulla dottrina della sdenta, a cura di
Antonio Roversi, De Donato, Bari 1980; alcuni scritti polemici nei riguardi di
Stammer, Lujo Brentano e Ostwald; i cosiddetti Sozìologische Gmndbegriffe, che
costituiscono una parte integrante di Economia e società, di cui rappresentano le pagi
ne iniziali, e infine il testo della conferenza del 1918 La sdenza come professione, pub
blicato insieme con La politica come professione nel volume a cura di Delio Cantimori
intitolato II lavoro intellettuale come professione, Einaudi, Torino 1948, 1967J.
A n g e lo B o laffi
XV
A n g e lo B o laffì
V 17TT
A n g e lo B o la ffi
cabili, nel secondo dopoguerra si è spesso cercato, per così dire, di «deger
m anizzare» Weber con l’intento di sottrarre la sua opera all’ipoteca terri
bile della tragedia tedesca. «Alcuni studiosi nella Repubblica federale
tedesca e negli Stati Uniti - ha scritto Raym ond Aron - hanno avuto la
tendenza a presentare Max Weber come un buon democratico, dì stile
occidentale, conforme aU’immagine che ce se ne può fare dopo la secon
da guerra m ondiale»18. Una operazione, ovviamente, non solo filologica
mente molto discutibile ma «assolutamente lontana dalla realtà», la quale
ha decisamente contribuito a indirizzare su sentieri sbagliati la discussio
ne, im pedendo in particolare di rintracciare e mettere in evidenza le matri
ci profondamente tedesche del pensiero weberiano. La conseguenza è
stata molto grave: la ricerca relativa alla Bildung, alla formazione spiritua
le di Weber è, oggi, ancora in larga misura tutta da fare, nonostante la
bibliografia dedicata all’argomento Weber sia praticamente sterminata” .
Q uesto spiega - come ha giustamente osservato Wilhelm Hennis, che ha
cercato di riportare sul giusto binario la discussione nel volume non a caso
intitolato II problema Weber —perché «non esiste, su Weber, un libro che
possa essere paragonato al Jean-Jacques Rousseau et la Science politique de
son temps di R obert Derathé»50. Mentre per avere notizie concernenti la
biografia intellettuale di Weber o informazioni su quali siano state le sue
relazioni con i protagonisti del dibattito culturale del suo tempo, siamo
ancora costretti ad affidarci alle informazioni contenute nella ricostruzio
ne non proprio esemplare (e soprattutto noiosissima) della moglie
Marianne. In conclusione, non è poi così esagerato sostenere, da questo
punto di vista, che Weber sia oggi un pensatore ancora in larga misura
sconosciuto.
Lu ogo d ’origine di tante letture di Weber, davvero «scotom izzanti», è
la sistematica rimozione nell’esame del suo mondo culturale di riferimcn-
to, dei suoi «rapporti con le inquietudini della “ modernità letteraria” »31. E,
soprattutto, il mancato riconoscimento del significato, davvero decisivo,
esercitato da Nietzsche sulla formazione dei fondamentali principi filosofici
della dottrina weberiana. In un famosissimo p asso della sua conferenza dedi
cata alla Scienza come professione, confutando anticipatamente le interpreta
zioni riduttive e semplificanti del suo pensiero, Weber afferma:
D ì q u e sto , s e n o n a ltr o , o g g i sia m o c e n i: [...] c h e q u alco sa p u ò esse re b e llo n o n
s o lo an ch e se n z a esse re b u o n o b en sì in q u a n to n o n è tale, come a b b ia m o im p a ra to
d a N ie tz sc h e , e an c h e p r im a lo tr o v ia m o i llu s t r a t o nelle Fleures da mal, c o m e
c h ia m ò B a u d e la ir e il su o v o lu m e d i p o e sie ; e d è i n f i n e u n a verità d i tu tti i g io rn i che
q u a lc o s a p u ò esse re v e r o se b b e n e e in q u a n to n o n s i a bello, né sac ro , ne b u o n o 51.
17 A n c h e s e W eb er n o n c it a m a i T o c q u e v ille , se m b r a a s s o d a t o ch e c o n o s c e s s e i su o i
sc ritti. In q u e sto s e n s o si v e d a la te s tim o n ia n z a d e lla m o g lie M a r ia n n e , la q u a le in u n a
le tte ra a J a k o b P. M a y e r, c h e a tal p r o p o s it o l’a v e v a in te rr o g a ta , sc riv e : « A m ìo a v v iso
è f u o r d i d u b b io ch e M a x W e b e r c o n o s c e s s e le o p e r e d i T o c q u e v ille , b e n c h é i o n o n
p o s s a fo rn ir e a lc u n a p r o v a [...]. L a p a r e n te la sp ir itu a le tr a le v e d u te sto ric h e e s o c i o lo
g ich e d e i d u e p e n sa to r i m i se m b r a u n a c o s a m o lto p la u sib ile » (cit. in T u c c a ri, 1 dilem
mi della democrazia c it., p . 108.
M K e lse n , La democrazia cit., p . 216.
J’ Q u e s t a tesi è s o s te n u ta d a W eb er in d iv e r si p a ss i. Sì v e d a , a d e s e m p io infra, p. 42.
O p p u r e nel sa g g io d el 1917 in tito la to f i significato della « avalutatività» delle scienze
sociologiche e economiche, in 11 metodo delle scienze storico-sociali cit., p . 3 3 2 , c p r a ti
c a m e n te n eg li ste ssi te n n in i u n a n n o d o p o n ella c o n fe r e n z a d al tito lo Scienza come
professione, in / / lavoro intellettuale cit., p . 31. O v v ia m e n te W e b e r u s a « s tr u m e n ta l
m e n te » l’a ffe r m a z io n e di S tu a r t M ill.
In tro d u z io n e
Low ith e poi ripresa nel secondo dopoguerra da Leo Strauss40. Q uesto,
infatti, segnerebbe il più evidente punto di continuità tra la riflessione
weberiana e il «decisionism o» di Cari Schmitt, al punto che H aberm as ha
sostenuto che «non possiam o non prendere atto che Cari Schmitt è un
legittimo scolaro dì M ax Weber»41. Indubbiamente questa pretesa incon
ciliabilità dei punti di vista solleva non pochi interrogativi, il prim o dei
quali è com e essa possa coniugarsi con una concezione davvero liberale
della vita politica. E , in secondo luogo, se essa non debba venire interpre
tata com e una sorta di illegittima trasposizione e assolutizzazìone da parte
di Weber nella sfera del giudìzio di aspetti della realtà storica a lui con
temporanea, «le discussioni di valore, condotte acutamente, non portano
gli uomini ad un avvicinamento, ma mostrano loro il contrasto incolmabi
le, dal quale sono necessariamente divisi. Q ui è postulata una sovranità del
l’individuo intangibile e delle sue convinzioni, che ha una sorprendente affi
nità con la sovranità degli stati di potenza. VI è in effetti un parallelo che è
il punto non solo problematico ma chiaramente debole nelle posizioni
weberiane»42.
X X lll
A n g e lo B o la ffi
XXIV
In tro d u z io n e
YYVI
In tro d u z io n e
57 C fr. in fra, p .2 3 0 .
** R a lf D a h r e n d o r f, N ac b w o rt a , M a x W eber P olitik a h B e r u f P h ilip p R e c la r a ju n .,
S tu ttg a r t 1992, p . 91. D a h r e n d o r f p a r la d i u n a v e r a e p r o p r ia sc h iz o fr e n ia c o n c e ttu a le
ili W eber; « n o n sa r e b b e u n a e rra ta s u p p o s iz io n e so s te n e r e ch e la te s ta d ì W eb er rico -
i insci' il p r o c e s s o d ì fo r m a z io n e d el d o m in io leg ale, il s u o c u o r e , p e rò , b a tte p e r i p e r
si m aggi str a o r d in a ri, p e r i F u h r e r » .
X X V iii
In tro d u z io n e
XXX
SCRITTI POLITICI
1864 Karl Emil Maxi miliari Weber nasce il 21 aprile a Erfurt da Max Weber,
uomo politico e giurista, parlamentare al Reichstag di Berlino e da Helene
Fallenste'm.
1882 Si iscrive all’università dì Heidelberg frequentando i corsi di giurispru
denza, ma segue anche lezioni di storia, economia e teologia. Succes
sivamente la sua vita universitaria prosegue nelle città di Strasburgo,
Berlino e Gottinga,
1889 Con una dissertazione intitolata, Zar Geschìchte der Handelsgesctl-
scbaften in Mittelalter (Storia delle società commerciali nel medioevo)
consegue il titolo di dottore in diritto commerciale.
1891 D opo l’abilitazione, sempre in diritto commerciale, conseguita con una
ricerca intitolata Die romiscbe Agrargeschichte in ìhrer Bedeutung ftir das
Staats und Privatsrecht (La storia agraria romana dal punto di vista del
diritto pubblico e privato) inizia la sua carriera accademica.
1893 Matrimonio con Marianne Schnitger. La moglie curerà dopo la morte la
pubblicazione di molti dei suor scritti e dedicherà alla vita e all’opera del
marito una monumentale biografia (Marianne Weber, Max Weber. Eìn
Lebensbild, J. C . B. Mohr, (Paul Sìebeck), Tiibingen 1984, trad. it. Il
Mulino, Bologna 1995).
1896 Ottiene l’incarico di insegnamento di economia politica presso l’univer
sità dì Heidelberg,
1899 A seguito di una grave malattia nervosa sospende ogni impegno accade
mico. Numerosi viaggi e lunghi soggiorni in Italia,
1903 Lascia definitivamente l’insegnamento accademico, mantenendo sola
mente il titolo di professore onorario.
1904-5 Pubblica le prime due parti di Dìe protestantische Etbik und der Geist des
Kapitalismus {L ’etica protestante e lo spirito del capitalismo) ed il saggio
Dìe #Objektivitàt» sozialwissenschaftlicber und soziopolitischer
Erkenntnis (tradotto in italiano col titolo L ’«oggettività» deUa conoscen
za sociale). Viaggio negli Stati Uniti dove in occasione di un convegno di
sociologia tiene una conferenza a Saint Louis.
1907 Grazie ad una cospicua eredità, può rinunciare alla attività accademica e
dedicarsi completamente alle sue ricerche.
XXXI
N o tiz ie su lla vita d e ll’au tore
v v v t ri
Indice
Indice dei nomi e degli argomenti ___________________________________________249
Introduzione di Angelo Bolaffi. Max Weber, o dell'ambiguità _____________________268
1. Lo Stato nazionale e la politica economica tedesca 1895_________________________3
Questa Prolusione __________________________________________________4
Premessa. _________________________________________________________5
2. Sulla burocrazia 1909 ____________________________________________________29
Questo testo ______________________________________________________30
Vi prego di perdonarmi _____________________________________________31
3. Tra due leggi 1916 ______________________________________________________37
Con questa lettera a Gertrud Baumer _________________________________38
La discussione circa il significato della nostra guerra _____________________39
4. Sistema elettorale e democrazia in Germania 1917 _____________________________43
Nel novembre del 1917 _____________________________________________44
Il complesso problema della democrazia________________________________45
5. Aristocrazia e democratizzazione in Germanaia 1918 __________________________89
Il 15 gennaio 1918 ________________________________________________90
II professor Max Weber_____________________________________________91
6. Democrazia e aristocrazia nella vita americana 1918____________________________95
Il 23 marzo 1918 Weber ____________________________________________96
La locale sezione cittadina del Volksbund fiir Freiheit und Vaterland _______97
7. Il socialismo 1918______________________________________________________101
Weber si era dichiarato disponibile ___________________________________102
Egregi Signori!___________________________________________________103
8. La futura forma statale della Germania 1918 _________________________________131
Ancora all'inizio del novembre 1918 __________________________________132
Premessa _______________________________________________________133
9. La nuova Germania 1918 ________________________________________________169
Diversamente che negli altri grandi centri _____________________________170
Il professor Weber ha suscitato ______________________________________171
10. La politica come professione 1919 ________________________________________175
La politica come professione era i! secondo intervento ___________________176
La conferenza che, per vostro desiderio _______________________________177
11. il presidente del Reich 1919 _____________________________________________231
Con questo intervento Weber ______________________________________232
Il primo presidente del Reich ________________________________________233
12. Considerazioni oggettive (a quel che si dice "politiche") del 19 Gennaio 1920 _____237
Nel gennaio 1920 ________________________________________________238
Poiché dovevo in generale __________________________________________239
13. La nazione da Economia e società ________________________________________241
Il testo «Die Nation » ______________________________________________242
I «monarchi» devono temere ________________________________________243
Notizie sulla vita dell’autore________________________________________________292
Principali traduzioni italiane delle opere di Weber ______________________________294