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3 domande aperte in 1 h in presenza

Etimologia: dal greco klinicos (relativo al letto): l’insieme delle conoscenze acquisite nel contatto diretto con il
paziente
E’ un’esperienza di natura complessa, nella quale il bisogno di conoscere, comprendere e definire è sempre legato
alla dimensione terapeutica
Qualsiasi procedura diagnostica medica o psicologica (anamnesi, colloqui, esame obiettivi, somministrazione di test,
indagini di laboratorio o strumentali) suscita inevitabilmente fantasie, aspettative, timori e speranze che
contribuiscono di per sé al benessere o al malessere del paziente Qualsiasi formulazione diagnostica o prescrizione
terapeutica, per mantenere una sua validità e utilità, dovrà comunque essere ricondotta all’interno della relazione
con il paziente

Definizione di paradigma scientifico I paradigmi sono costituiti dai concetti, dagli assunti e dalle regole che
guidano gli studiosi nella loro ricerca di conoscenza e nella soluzione dei problemi in un dato campo. I paradigmi
ottengono riconoscimento sulla base della loro capacità di risolvere problemi e lo perdono quando i paradossi si
moltiplicano

I principali paradigmi in Psicologia Clinica  Psicoanalitico  Psicofisiologico  Comportamentista  Cognitivista 


Neuroscientifico  Attaccamento  Sistemico  Biopsicosociale

Il paradigma psicoanalitico
Gran parte della vita mentale è inconscia
L’adulto è influenzato dalle interazioni fra esperienze infantili e fattori genetici (prospettiva evolutiva)
Il transfert del paziente è una fonte primaria di comprensione
Il controtransfert del terapeuta fornisce indicazioni importanti su ciò che il paziente induce negli altri La resistenza
del paziente rappresenta un elemento centrale della terapia
Sintomi e comportamenti hanno funzioni molteplici e sono determinati da forze complesse e spesso inconsce
(determinismo psichico)
La relazione terapeutica aiuta il paziente ad acquisire nuove capacità e un senso di autenticità e unicità

Il paradigma psicofisiologico
Studia il rapporto tra processi psicologici e fisiologici
Ricerche in laboratorio sulle reazioni dell’organismo nei confronti dello stress
Reazione di allarme (Cannon), Sindrome Generale di Adattamento (Selye)
Psicofisiologia Moderna (poligrafo, tecnica digitale, indici biochimici)
Biofeedback

Il paradigma comportamentista
Studio del comportamento osservabile e misurabile
Considera la sintomatologia psichica e somatica come conseguenza dell’apprendimento (di primo o secondo tipo)
Studi in laboratorio e nevrosi sperimentali
Studi sugli eventi stressanti
Studi sulla relazione tra comportamento e malattia (tipo A, B, C, D, Illness behaviour)
Utilizzo di test e questionari sintomatologici
Terapie comportamentali, tecniche di desensibilizzazione in studio o in vivo (fobie, attacchi di panico, disturbi post traumatici da
stress)

Il paradigma cognitivista
Studi sui processi di pensiero, sui sistemi di memoria (Neisser, Atkinson e Shiffrin, Craik, Tulving)  Studi sui meccanismi di
coping nelle condizioni di stress (Lazarus e Folkman)
Tecniche cognitivo-comportamentali (CBT) (depressione, autismo, disturbi di personalità, disturbi d’ansia, psicosi

Le neuroscienze
Studiano la struttura e la funzione (fisiologica o patologica) del sistema nervoso centrale e periferico, a partire dal suo sviluppo in
parte geneticamente determinato
Il suo fine è quello di comprendere in quale modo i circuiti neurali, il loro sviluppo e le loro modificazioni nel corso del tempo,
costituiscano le basi neurologiche della vita emotiva, affettiva e cognitiva
Sviluppa ipotesi esplicative che possano essere sottoposte a validazione empirica tramite procedure sperimentali
Metodi di indagine: studi di genetica avanzata (studi su gemelli e su famiglie, genetica molecolare), tecniche di neuroimaging
strutturale (Tomografia Computerizzata, TC; Risonanza Magnetica, RM) e neuroimaging funzionale (Risonanza Magnetica
Funzionale, fRM; Tomografia Computerizzata a Emissione di Singolo Fotone, SPECT; Tomografia a Emissione di Positroni, PET)

Il paradigma dell’attaccamento
L’essere umano manifesta una predisposizione innata a sviluppare relazioni di attaccamento che svolgono una funzione di
protezione nei confronti dei pericoli
Studi sui Modelli Operativi Interni e sul concetto di base sicura (Bowlby, Ainsworth)
Sintomo come comportamento di attaccamento (Preoccupato, Tipo C) o come esclusione difensiva degli affetti negativi
(Distanziante, Tipo A) in relazione a situazioni di pericolo
Studi sui sistemi di memoria (Tulving, Main, Crittenden) e sulla mentalizzazione (Fonagy)
Tecniche terapeutiche per pazienti che manifestano traumi psicologici, difficoltà di mentalizzazione e limitato controllo degli
impulsi (disturbi di personalità, alessitimia, comportamenti antisociali o violenti, acting out)

Il paradigma sistemico
Si presenta solo come un paradigma scientifico, ma anche come una metascienza
Basato sulla Teoria Generale dei Sistemi e sulla Cibernetica (von Bertalanffy, Wiener, Bateson)
Non si interessa del singolo elemento, ma della relazione tra i componenti di un sistema  Studio dei fenomeni di feedback
positivi e negativi
Studi sulle relazioni familiari e sui gruppi
Valore funzionale del sintomo (funzione omeostatica)
Il soggetto sintomatico come paziente designato
Terapia familiare (Jackson, Minuchin, Selvini Palazzoli)

Il modello Biopsicosociale )George L. Engel (1977)


Approccio multidisciplinare basato su presupposti sistemici
Considera le relazioni non solo tra sistemi diversi (genetico, biochimico, cellulare, tessutale, metabolico, immunologico,
psicologico, relazionale, sociale, ambientale), ma anche tra livelli di sistemi diversi
Malattia come risultato dell’interazione complessa tra più fattori che possono essere studiati da prospettive differenti

La prospettiva psicosomatica
La Psicosomatica è una scienza che si propone di studiare e aiutare l’essere umano considerando i suoi aspetti psicologici, sociali
e biologici
Gli aspetti psicosociali, come quelli biologici, possono essere valutati in tutte le condizioni umane, sia in salute che in malattia (è
più corretto parlare di psicosomatica e non solo di una medicina psicosomatica)
Non ha la specificità di un paradigma, ma si propone come un metaparadigma, in quanto permette l’adozione e l’integrazione di
paradigmi diversi tollerandone discrepanze e paradoss

Il colloquio clinico
E’ una tecnica di osservazione e di studio del comportamento umano che ha lo scopo di comprendere (con la ricerca
e la valutazione diagnostica) ed aiutare il paziente (con l'orientamento e la terapia)

La consultazione  termine più generale, si avvale del colloquio clinico, ma anche di altre procedure quali: 
interviste  anamnesi  colloquio psichiatrico  test psicologici  questionari

L’intervista Viene utilizzata nella ricerca psicologica e sociologica come tecnica privilegiata per cogliere le
caratteristiche del rapporto di un individuo con il suo ambiente
E' spesso affiancata da altri strumenti, come questionari più o meno strutturati, dai quali si differenzia per il carattere
"aperto" delle domande e per questo è talvolta chiamata "intervista in profondità"
Le finalità non sono diagnostiche o terapeutiche, ma quelle di rilevare dati disponibili soltanto a chi è intervistato e
riguardanti oggetti esterni alla relazione con il ricercatore
L’anamnesi  Si raccolgono informazioni dal paziente e da altre fonti con l'intento di delineare la storia clinica
relativa all'intera vita del soggetto
L'attenzione è spostata sulle note biografiche, sugli elementi fisiologici, sui sintomi e sulle patologie passate e
presenti, piuttosto che sul comportamento durante il colloquio
Il paziente, che non sempre è nelle condizioni di collaborare, è spesso ridotto ad un ruolo di intermediario tra le
proprie malattie, da un lato e colui che raccoglie i dati dall'altro

Il colloquio (o esame) psichiatrico


Si è sviluppato principalmente nella pratica medica ambulatoriale o ospedaliera ed è basato su domande tese a
rilevare sistematicamente e fedelmente la sintomatologia psichica del paziente
Può comprendere domande provenienti da questionari e test mentali e si rivela molto utile con i pazienti più gravi 
Il fine ultimo è quello di fornire una descrizione dettagliata della malattia e, assieme agli altri esami, contribuire alla
diagnosi, cioè all'inserimento della malattia all'interno di una classificazione nosografica
Comprende una valutazione generale delle condizioni mentali e vengono di solito prese in considerazione le seguenti
aree:  processi cognitivi (pensiero, memoria, percezione, intelligenza);  espressione emotiva e istintività (umore,
ansia, sensi di colpa, impulsività, tendenza al suicidio);  anomalie della coscienza dell'Io, dello spazio, del tempo; 
disturbi del sonno e dei sogni;  comportamento alimentare e sessuale;  attenzione e la volontà;  aspetto ed il
comportamento esteriore

Colloqui strutturati o semmistrutturati


Alternano domande libere ed altre prefissate nell'ordine e nel contenuto (es. Adult Attachment Interview )
Utili soprattutto nel campo della ricerca
Limitano fortemente la natura flessibile ed aperta del metodo, condizionandone il risultato

Caratteristica principale del colloquio clinico


Lo studio e l'utilizzo del comportamento globale del paziente all'interno di una relazione
Il colloquio clinico è l'unico strumento che, oltre a consentire una raccolta di informazioni sulla base dei contenuti verbali,
permette una conoscenza diretta dello stile utilizzato dalla persona nel mettersi in contatto con un altro

Condizioni per il colloquio clinico


L'esaminatore deve creare condizioni tali da permettere che il campo della relazione interpersonale venga stabilito e delineato
dal soggetto, in modo che l'impronta sia data prevalentemente dalla personalità di quest'ultimo
Deve essere essenzialmente un colloquio aperto, nel senso che non si dovrebbero porre domande già predisposte nella loro
formulazione e ordine o tali da impedire che l'esaminando strutturi liberamente il colloquio a modo suo  Presupposto generale
del colloquio è che il comportamento delle persone non è incoerente e variabile a caso
In colloqui diversi, o anche nello stesso, possono emergere modi di essere contraddittori o complementar

La posizione del clinico


L'esaminatore non deve essere considerato o considerarsi un osservatore neutrale. Il colloquio è una situazione relazionale ed il
clinico fa parte del campo, quindi inevitabilmente influenzerà in qualche misura i fenomeni che osserva diventando una delle
variabili in gioco.
Il clinico, oltre a partecipare al rapporto, dovrebbe essere consapevole di cosa in esso sta avvenendo, raccogliere gli elementi
che provengono dalle parole del paziente, dall'osservazione del comportamento non verbale, dal proprio vissuto emotivo e
inserirli in un contesto conosciuto. Deve dunque ascoltare ed ascoltarsi, osservare ed osservarsi.

Colloquio clinico e ricerca


Il clinico durante il colloquio esercita un'attività di ricerca . Dovrebbero quindi essere tenuti presenti alcuni principi generali
della ricerca scientifica (i presupposti delle ipotesi devono essere coscienti, formulare ipotesi mentre si osserva, per poi
modificarle o arricchirle in funzione delle rilevazioni successive)
Come in ogni condizione di ricerca, possiamo trovare solo elementi che invalidano un'ipotesi, ma non prove della sua conferma.
Ogni affermazione infatti ha utilità scientifica solo se si dimostra potenzialmente falsificabile, se cioè è possibile immaginare
situazioni le quali, attuandosi, smentirebbero la validità dell'ipotesi stessa.E' necessario essere consapevoli del proprio
paradigma di riferimento e considerare ipotesi e punti di vista alternativi
Valore e limiti della diagnosi
La maggior parte dei clinici ritiene che una diagnosi (dal greco diagnosis, l'arte di riconoscere attraverso) sia necessaria per
prendere decisioni consapevoli e responsabili e costituisca un momento importante nel processo di comprensione del paziente
In campo psicologico e psichiatrico il principale pericolo di una diagnosi è rappresentato dall'eccessivo spostamento
dell'attenzione sul sintomo e sulla malattia trascurando il malato
Limitarsi a descrivere o catalogare i sintomi significa considerare la malattia come un oggetto esterno alla vita del paziente, con
la conseguente negazione della sua complessità.
Una diagnosi psichiatrica rischia di attribuire al paziente un'etichetta socialmente scomoda che non lo rappresenta
autenticamente.
Difficoltà nel definire quadri patologici sufficientemente chiari e condivisi da operatori di scuola e formazione differenti. Queste
limitazioni sono solo in parte superate dall’utilizzo dei sistemi diagnostici (DSM-5, ICD-10, DCPR)

La valutazione psicologica (o clinica)


Processo mediante il quale i clinici pervengono alla comprensione del paziente necessaria a prendere delle decisioni consapevoli
(Korchin, 1976)
Consiste nel valutare non solo i sintomi di una patologia, ma anche la struttura e la dinamica della personalità, le risorse e
debolezze del paziente, il significato che assume la sua malattia per lui e per chi gli sta attorno, le aspettative, gli aspetti
relazionali, il sostegno e le difficoltà incontrate nell'ambiente familiare, sociale e lavorativo ed altro ancora.
Dei vari strumenti di cui ci si può avvalere nel processo di valutazione clinica, il colloquio è il più importante e completo (l'unico
che permetta di cogliere la complessità del paziente all'interno della relazione umana con il clinico). E' quindi necessario che il
rapporto sia sostenuto da un senso di fiducia e di collaborazione

Validità e attendibilità
Validità: lo strumento valuta effettivamente quello che si ritiene
Attendibilità: le rilevazioni non sono casuali, ma se ripetute, anche da operatori diversi, portano agli stessi risultati  Il colloquio,
rispetto ai test, è un metodo molto più flessibile e aperto
Le sue potenzialità non si limitano alla sola valutazione clinica, ma permettono di instaurare un rapporto umano con il paziente,
di fornirgli informazioni sulle prospettive terapeutiche, di motivarlo al cambiamento e, spesso, di prestargli un primo aiuto
psicologico
Questi vantaggi costituiscono allo stesso tempo i principali limiti in termini di validità ed attendibilità.
La valutazione effettuata attraverso il colloquio è inevitabilmente legata alle caratteristiche personali del clinico (equilibrio
emotivo, età, pattern di attaccamento, esperienza, orientamento teorico, valori, condizione sociale)
E’ improbabile che due colloqui condotti in momenti diversi e da operatori differenti portino a risultati identici

Teoria e tecnica del colloquio clinico


Il contesto
Il contesto potrà essere più o meno facilitante e influenzerà sempre lo svolgimento del colloquio
Importanti non solo i fattori ambientali generali (il trovarsi in un ambulatorio di un'istituzione pubblica oppure in uno studio
privato a pagamento), ma ogni messaggio scambiato tra clinico e paziente entrerà a far parte di un particolare "contesto
interpersonale "
Chiarire con il paziente ogni elemento del contesto che potrebbe essere frainteso (è frequente che la situazione venga
interpretata diversamente dai partecipanti con conseguente distorsione di ogni comunicazione)
E’ stato particolarmente valorizzato dalla prospettiva sistemica (scuola di Palo Alto)

Aspetti del contesto


Ambiente in cui si svolge il colloquio (ambulatorio, ospedale, clinica, studio privato)
Modalità di invio (si è presentato da solo, è stato consigliato dai parenti, ha seguito le indicazioni di un nostro collega medico di
base, specialista, assistente sociale o psicologo?)
Come è stato fissato l'appuntamento (direttamente dall'interessato o da altri, tramite una telefonata, con un incontro
preliminare?)
Eventuali informazioni preliminari sul paziente (come le abbiamo ottenute?)
E’ accompagnato da qualcuno?

Influenza del contesto sul ruolo del clinico


Le varie situazioni ambientali ed il diverso atteggiamento dell'esaminatore potranno contribuire a fare percepire quest'ultimo
come:
1. un giudice severo che potrà decretare una condanna sociale bollandola con l'infamia della malattia mentale;
2. un terapeuta onnipotente in grado di risolvere tutte le difficoltà e sollevare da ogni responsabilità;
3. un'autorità scientifica capace di dare una spiegazione ad ogni problema;
4. un amico con il quale sfogarsi; 5. un professionista con particolari competenze al quale rivolgersi per un aiuto Secondo la
diversa percezione che ha del clinico, il paziente tenderà ad assumere ruoli complementari improntati, secondo le occasioni, alla
diffidenza, alla supplica, alla sottomissione, alla collaborazione

Il setting  Il termine inglese setting (sfondo, messa in scena) indica la cornice in cui avviene il colloquio
Per la maggior parte dei clinici, principalmente quelli di orientamento psicoanalitico, è importante operare all'interno di una
cornice fissa, senza ambiguità, che deve essere mantenuta e difesa da parte del terapeuta.
E’ un aspetto particolare del contesto e rappresenta una standardizzazione degli elementi di stimolo dell'incontro (Bleger, 1964).
E costituito principalmente da due componenti:
- le condizioni materiali dell'incontro (luogo, tempo, modalità di pagamento)
- l'atteggiamento del terapeuta (comportamento non verbale, abbigliamento, prendere appunti, registrare la seduta)

Aspetti dell’ambiente
- Stanza: sufficientemente confortevole ed isolata, in modo da garantire la dovuta riservatezza
- Porta: rigorosamente chiusa
- Arredamento: (illuminazione, tappezzeria, tinta delle pareti, quadri e altri oggetti decorativi e d'arredamento). Meglio
evitare la presenza di apparecchiature mediche. L'insieme non deve apparire pretenzioso od ostentare ricchezza o
eccessiva originalità, ma deve comunicare al paziente la nostra intenzione di metterlo a proprio agio
- Posizione: una poltroncina comoda (senza rotelle), posizione vis a vis , eventuale scrivania

Il tempo Da un minimo di 45 a un massimo di 90 minuti. Incontri brevi sono possibili solo in situazioni particolari (per esempio
un intervento d'urgenza in una situazione di crisi), ma non sono di alcuna utilità per un colloquio clinico a scopo diagnostico o
terapeutico

L’atteggiamento del clinico


Il clinico, con la propria presenza, contribuirà a determinare l'intera gestalt dell'ambiente
Importanti anche fattori personali e non verbali come l'abbigliamento, la pettinatura, l'atteggiamento corporeo e l'espressione
mimica
Non esistono evidentemente regole generali, ma sono comunque da evitare i casi estremi (aspetto trasandato, barba e capelli
trascurati, abiti inadeguati od eccentrici oppure, al contrario, atteggiamenti ed ornamenti che ostentano ricchezza e valori
troppo lontani da quelli del paziente)
Evitare di assumere pose stravaganti o che possono essere considerate scortesi ed offensive dal paziente

La registrazione audivisiva Tecnica utilizzata a scopo formativo o di ricerca, oppure nelle terapie familiari ad indirizzo
sistemico  Richiede il consenso informato da parte del paziente  Modifica il setting, ma la sua influenza solitamente è limitata

Il setting bicamerale Tecnica utilizzata in terapia familiare ad indirizzo sistemico  Due ambienti comunicano tramite uno
specchio unidirezionale. Da una parte si pone il terapeuta assieme al gruppo o alla famiglia, dell'altra, dietro allo specchio, vi
sono alcuni osservatori con la funzione di supervisori e l'apparato di registrazione

La comunicazione verbale
Le parole, come ogni forma di comunicazione, possono fornire due tipi di informazioni
- quelle relative al contenuto, cioè alle dichiarazioni esplicite, ai concetti ed ai fatti che ci vengono raccontati.
- quelle sulla natura della relazione (metacomunicazione)
Il linguaggio utilizzato deve essere quello del paziente. Il clinico deve cercare di identificarsi transitoriamente con l'altro,
trovando elementi di similitudine ed utilizzando un livello di comunicazione che, per quanto possibile, sia capito e condiviso da
entrambi
Bisogna essere in grado di comprendere le metafore che ci sono offerte ed utilizzarle nei nostri interventi, soprattutto se si tratta
di riformulazioni
Permettere al paziente di esprimersi nel modo che gli è più naturale (casi particolari: eventuale utilizzo del dialetto)
Evitare un linguaggio tecnico (funzione difensiva, possibilità di fraintendimenti)
Vocabolario, ricchezza del lessico e stile espositivo del paziente possono essere indicativi della sua intelligenza, della cultura e
della posizione sociale

Il contenuto: aspetti biografici  Esplorare almeno i seguenti punti :


 gli antecedenti personali fisiologici e psicosociali (infanzia, scolarità, lavoro, ecc.)
 la famiglia di origine (genitori, fratelli, nonni, ecc.)
 l'eventuale famiglia attuale (coniuge, figli, altri componenti)
 stato di salute (malattie, abitudini di vita, ecc.)

Il significato del silenzio


Assume un preciso significato comunicativo (non è possibile non avere un comportamento, quindi non è possibile non
comunicare )
Espressione di meccanismi di difesa (rimozione, isolamento, negazione, proiezione o regressione) di disturbi delle funzioni
cognitive oppure di un timore eccessivo verso il clinico
Bisogna riconoscere i vari tipi di silenzio (paranoide, depressivo, fobico, confuso, riflessivo, contemplativo) ed intervenire di
conseguenza
Può essere l’effetto di un atteggiamento scorretto del clinico che ha fatto sentire il paziente in pericolo oppure giudicato.
Importanza nei processi di transfert e di controtransfert: sollecita nel clinico sensazioni controtransferiali (noia, irritazione, senso
di colpa o di inadeguatezza) che, se non sufficientemente riconosciute ed elaborate, impediranno il normale svolgimento del
colloquio
Tollerare il silenzio con pazienza, ma anche senza eccesso di compiacimento. Il paziente ha il diritto di tacere, ma la realtà del
colloquio implica che egli è li per parlare. Silenzi troppo lunghi non sono di alcuna utilità: con calma cercare di mobilizzare la
situazione ponendo al paziente alcune semplici domande volte a comprendere le ragioni del suo s

La comunicazione non verbale  E’ chiamata anche comunicazione analogica (dal greco analogia: relazione di somiglianza),
perché con essa si trasmettono elementi significativi attraverso processi basati sulla similitudine L'aspetto analogico della
comunicazione non verbale la rende immediata e facilmente comprensibile, anche se poco precisa rispetto al suo contenuto
Aspetti: intonazione, paralinguaggio, tatto, olfatto, aspetto esteriore, cinesica (sguardo, espressione volto, festualità,
comportamento spaziale)
Gli aspetti emotivi
Motivazione (del paziente e del clinico)  Ansia (del paziente e del clinico)  Transfert del paziente  Controtransfert 
Transfert del clinico

PRESENZA TERAPEUTICA – CARL ROGERS


La presenza terapeutica è un modo di essere con i propri clienti, comporta il fatto di portare tutto sé stessi nell’incontro con il
cliente ed essere presenti a diversi livelli: fisico, emotivo, cognittivo, relazionale, spirituale. Il nucleo della presenza comprende:
- essere concentrati su di sé
- sentirsi profondamente immersi nel dolore e sofferenza del cliente
- espansione in cui una prospettiva più ampia e un senso di spaziosità emergono nel mezzo di una particolare attenzione
al momento
- essere empatico nei confronti del proprio paiente al servizio del suo benessere e del processo di cura

Il colloquio in età evolutiva


 Spesso mancano l’interesse e la motivazione  Necessario un atteggiamento flessibile e rassicurante  Maggiore importanza
della comunicazione non verbale (contatto fisico, pianto, riso, gioco, disegno)  Insidie linguistiche (possibili fraintendimenti) 
Suggestione  Fabulazione  Grande importanza dell’ambiente e relazioni familiari
 Tecniche specifiche (Gioco dello scarabocchio=> winnicot, Storie disegnate)

Struttura del colloquio in età evolutiva (in uno o più appuntamenti)


1. Colloquio con il bambino assieme ai genitori (o agli altri adulti che lo hanno accompagnato)
2. Colloquio con il bambino da solo
3. Colloquio finale il bambino ed i suoi familiari

Svolgimento del colloquio

I preliminari
Importanza del contesto ed in particolare del setting
Modalità di invio
Come è stato preso l’appuntamento e si presenta solo o accompagnato
Eventuali informazioni precedenti
Definire il proprio ruolo e i limiti temporali del colloquio
La fase iniziale
E’ basata principalmente sull’ascolto
Invitare il paziente a parlare (“Mi racconti con calma che cosa la preoccupa“, oppure: "Quale è il motivo che l'ha indotta a
contattarmi?)
Lasciare che il paziente si esprima e si relazioni liberamente (limitare gli interventi e le domande)
La fase centrale
Eventuali domande su ciò che non è stato detto spontaneamente e che è necessario conoscere, oppure su argomenti importanti
che sono stati solo accennati o espressi in modo poco chiaro
Evitare di trasformare il colloquio in un interrogatorio, meglio focalizzare l’attenzione su certi contenuti lasciando che il paziente
parli liberamente stimolato dall'interesse del suo interlocutore
In un secondo momento può essere utile porre al soggetto domande del tipo: "Che cosa si aspettava da questo colloquio prima
di venire e cosa si aspetta adesso?“, oppure: "Che cosa vorrebbe cambiare in se stesso e nel proprio modo di vivere?"
La conclusione
Riportare l'esaminando ad uno stato di calma, fare con lui il punto della situazione e suggerirgli delle soluzioni ragionevoli e
responsabili E' possibile che il soggetto solleciti un giudizio diagnostico o prognostico immediato (meglio esprimere la
valutazione in termini di "problemi da affrontare“) Il paziente può reagire a quanto gli abbiamo comunicato mostrandosi sereno
e rassicurato, oppure manifestando indifferenza, ansia, disappunto ed anche rabbia Alcuni soggetti alla fine dell'incontro
manifestano un’ansia di separazione e non riescono a smettere di parlare, altri decidono di affrontare solo allora argomenti
importanti sui quali avevano taciuto
Non è necessario avere le idee chiare alla fine di un primo colloquio. In molti casi è consigliabile proporre al paziente un secondo
incontro per riflettere sulle tematiche emerse e approfondire gli argomenti importanti non ancora affrontati
In caso di indicazioni terapeutiche (una psicoterapia, una terapia medica, un ricovero) non dobbiamo chiedere una risposta
immediata. Il paziente deve poter scegliere se seguire i nostri consigli nel modo più autonomo possibile

La prospettiva psicoanalitica – cap 4, 5, 6 “psichiatria psicodinamica”


Che cos’è la psicoanalisi Il termine, introdotto da Freud nel 1896, indica:
- un procedimento di indagine dei processi psichici inconsci
- un metodo terapeutico per i disturbi psiconevrotici (esistono molte psicoterapie psicoanalitiche)
- una disciplina scientifica che ha sviluppato:
o un modello di funzionamento della mente (metapsicologia )
o una prospettiva di analisi culturale e sociale

Le ipotesi fondamentali della psicoanalisi freudiana


 Principio del determinismo o meccanicismo psichico (causa = effetto)
 La maggior parte del funzionamento mentale è inconscio
 Importanza della sessualità e della vita psichica infantile

Nevrosi e psicosi secondo Freud (dopo gli anni 20)


Le psiconevrosi Isteria di conversione Isteria d’angoscia (nevrosi fobiche) Nevrosi ossessive
I loro sintomi sono l’espressione simbolica di un conflitto di origine infantile tra desideri rimossi e difese
I disturbi possono essere prevalentemente psicologici (isteria d’angoscia, nevrosi ossessive) oppure somatici (isteria
di conversione) per l’azione di meccanismi difensivi differenti. Originati da conflitto psichico

Psiconevrosi: isteria di conversione; isteria d’angoscia; nevrosi ossessive


Nevrosi narcisistiche: depressione; sindormi maniaco-depressive
Nevrosi attuali: nevrastenia; nevrosi d’angoscia; ipocondria
Psicosi: schizofrenia; paranoia

Eziologia : inizialmente collegati a traumi di natura sessuale. In seguito ipotizzò che fossero espressione di pulsioni
inaccettabili che vengono rimosse e rimangono inconsce => sviluppo del sintomo nevrotico, espressione del conflitto
tra pulsioni che difesa messa in atto.

Le fasi evolutive
Prima fase (1887-91) Ipnosi e Suggestione =>Ricordare, Scaricare (Abreazione), Catarsi
Seconda fase (dal 1896)  Libere associazioni e Interpretazione Aggirare le resistenze, Scoprire contenuti e
confitti inconsci
Terza fase (dal 1912)  Libere associazioni Interpretazione Interpretare le resistenze e il transfer

Inizio del trattamento (1913)


Selezionare i malati (sedute di prova, escludere i pazienti psicotici)
Evitare traslazioni già definite (rapporti pre-terapia)
L’aspettativa del paziente non ha molto valore
Regole su tempo e denaro (noleggio dell’ora, 3-6 sedute settimanali)
Fare stendere sul divano
Esporre la regola fondamentale
Attenzione a prime resistenze, sintomi e atti casuali
Interpretare solo dopo un’efficace traslazione e preparazione
Arrivare a una visione d’insieme delle forze in gioco (sofferenza, traslazione, interesse intellettuale, resistenze

La regola fondamentale  Invito a riferire tutto quello che si pensa e si prova senza scegliere né omettere nulla di
ciò che viene in mente, anche se può sembrare sgradevole, vergognoso, ridicolo, privo di interesse o irrilevante
E’ alla base del metodo delle libere associazioni

L’atteggiamento clinico ideale


- Neutralità (atteggiamento non giudicante, il paziente deve sentirsi libero di parlare e fare le proprie scelte)
- Riservatezza (non parlare della propria vita privata e dei propri problemi)
- Astinenza (evitare un’eccessiva gratificazione dei desideri infantili e transferiali del paziente)

Il transfert (traslazione)
Ripetizione di sentimenti, aspettative, atteggiamenti e comportamenti inconsci che corrispondono a modelli
elaborati nel corso dello sviluppo ed in particolare nell'ambito delle relazioni familiari
E’ una riedizione di prototipi infantili vissuta con un forte senso di attualità e costituisce il terreno sul quale si fonda
ed agisce la psicoanalisi (Laplanche, Pontalis, 1967)
E’ influenzato dalle rappresentazioni del mondo interno e dallo stile di attaccamento (Modelli Operativi Interni)
E’ un fenomeno comune, ma può essere analizzato solo all’interno di una relazione psicoterapeutica
Pone in contatto con parti del comportamento e della personalità del paziente che non può riferire coscientemente

Il transfert positivo  Corrisponde alla traslazione di sentimenti affettuosi e amorosi


Si scompone in sentimenti consci (amichevoli, affettuosi) e inconsci (erotici, presenti in tutti i rapporti di simpatia,
amicizia, fiducia e simili). La traslazione positiva di impulsi erotici rimossi sull’analista è una forma di resistenza

Il transfert negativo Corrisponde alla traslazione di sentimenti ostili


Nelle psiconevrosi la si trova spesso affiancata al transfert positivo verso la stessa persona (ambivalenza, Bleuler,
1911) E’ una forma di resistenza. Se è eccessivamente negativa può impedire la cura (es: paranoia

La nevrosi di transfert in senso terapeutico: è la manifestazione all’interno del transfert della nevrosi del paziente
(ripete nel transfert i suoi desideri e conflitti infantili)

Il controtransfert
“l’influenza del malato sui sentimenti inconsci del medico” (Freud, 1910)
Rappresenta la reazione emotiva del terapeuta al paziente, in particolare al suo transfert
Si tratta di uno strumento prezioso per la comprensione del soggetto
Il suo valore è stato riconosciuto solo dopo Freud
Il suo utilizzo richiede preparazione, molta esperienza ed equilibrio emotivo

Il transfert del clinico Le reazioni del clinico non sono sempre legate al controtransfert, ma possono anche
derivare dal proprio transfert (positivo o negativo), cioè dal vissuto emotivo primario inconscio nei confronti del
paziente derivato da esperienze e relazioni passate, che precede il transfert del paziente e al quale quest'ultimo può
reagire a propria volta con movimento transferiale

Esempi di reazioni transferiali o agiti controtransferiali del clinico  Dimenticarsi di una seduta, arrivare in ritardo, modificare
impropriamente il setting  Rifugiarsi nella competenza tecnica e nell’insistenza terapeutica (spiegazioni teoriche, prescrizione
di esami o farmaci inutili)  Focalizzazione eccessivamente sugli aspetti somatici  Comportamenti compiacenti, seduttivi o ostili
(diretti o indiretti)  Perdita di concentrazione, sonnolenza  Pensare al paziente al di fuori della seduta, parlarne
inappropriatamente con altri, sognarlo  Delega ad altri colleghi (attraverso invii e richieste di visite specialistiche)

LEGGERE
Il sogno nella psicoanalisi classica E’ un prodotto psichico, non solo somatico
E’ una forma di pensiero ed ha un senso. Rappresenta l’appagamento allucinatorio di un desiderio rimosso
Una sua funzione è quella di proteggere il sonno

Concezione attuale dei sogni


Possono rappresentare simbolicamente non solo desideri infantili inconsci, ma anche paure, conflitti e tentativi di controllare ed
elaborare esperienze angosciose o traumatiche
La loro interpretazione può essere un elemento utile, ma non sempre indispensabile per il trattamento  L’analisi si avvale del
contributo del paziente ed è basata sulle libere associazioni e sulle manifestazioni delle resistenze (agiti, sintomi, atti mancati,
reazioni transferiali)
Il sogno deve essere interpretato per il significato che assume all’interno della relazione con lo psicoterapeuta (possibile
manifestazione di resistenze, di un atteggiamento di compiacenza, oppure significato di dono)

Prima teoria sull’angoscia (1895) L’angoscia è energia psichica trasformata. E’ causata da un accumulo di libido non scaricata
per limitazioni imposte dall’ambiente o per conflitti difensivi inconsci. E’ una manifestazione patologica tipica delle nevrosi (un
sintomo)

Seconda teoria sull’angoscia (Inibizione, sintomo e angoscia, 1926) L’angoscia è una funzione normale dell’Io
Ha un’origine biologica ereditaria e una funzione di adattamento. Può nascere in conseguenza di situazioni traumatiche
(angoscia automatica) oppure in situazioni di pericolo (angoscia segnale)
Può essere in relazione con il mondo esterno (angoscia reale), con l’Es (angoscia nevrotica) o con il Super-Io (angoscia morale)
Come reazione ad essa l’Io attiva i meccanismi di difesa (è l’angoscia che stimola le difese, non il contrario)

Trauma Situazione esterna o interna in cui la psiche è sopraffatta da un afflusso di stimoli eccessivo per essere dominato o
scaricato. Altri esempi sono l’angoscia di separazione, l’angoscia di castrazione, la perdita dell’oggetto d’amore, la perdita
dell’amore dell’oggetto o di quello del Super-Io

I meccanismi di difesa
Secondo il modello strutturale sono processi difensivi totalmente inconsci attivati dall’Io sotto la spinta dell’angoscia al fine di
prevenire la ripetizione di un trauma e la consapevolezza di desideri pulsionali sessuali o aggressivi inaccettabili
Secondo la prospettiva psicodinamica moderna preservano l’autostima di fronte a sensi di colpa o di vergogna o a ferite
narcisistiche e garantiscono un senso di sicurezza nelle condizioni di abbandono o di pericolo esterno. Solitamente svolgono una
funzione normale nei processi di sviluppo e di funzionamento dell’Io
Possono assumere in taluni casi un significato patologico

Difese più mature (nevrotiche)


Rimozione => isteria Spostamento Rivolgimento contro se Intellettualizzazione
Formazione reattiva Identificazione stessi Razionalizzazione
Nevrosi Isolamento
ossessiva Negazione Somatizzazione Umorismo
Annullamento retroattivo Conversione nell’opposto Sessualizzazione Sublimazione

Anna Freud
 Negazione in fantasia  Identificazione con l’aggressore  Idealismo (Idealizzazione)
 Negazione mediante parole e atti  Rinuncia altruistica  Identificazione (di tipo primitivo)
 Inibizione dell’Io (nevrosi)  Ascetismo
 Limitazione dell’Io  Intellettualizzazione
Le difese primitive
Vengono impiegate nei confronti delle angosce primarie persecutorie e depressive, legate all’istinto di morte,
all’invidia e alla frammentazione del Sé (si differenziano dalle difese nevrotiche elevate contro la libido).  Operano
contro l’esame di realtà. Sono caratteristiche delle posizioni schizo-paranoidi e depressive
Sono particolarmente evidenti nelle psicosi e nei disturbi borderline di personalità
Difese primitive
Scissione * Regressione Idealizzazione *
Proiezione Ipocondriasi Svalorizzazione *
Identificazione proiettiva * Acting out Controllo onnipotente
Introiezione * Difese maniacali * *(Onnipotenza)
Fantasia schizoide Diniego *
*Melanie Klein

Le resistenze Il paziente è ambivalente rispetto al cambiamento e si oppone inconsciamente al lavoro terapeutico
I meccanismi di difesa vengono attivati dalla terapia sotto forma di resistenza
Differenze tra resistenze e difese: le prime possono essere osservate, le seconde solo dedotte

Livello di organizzazione
Nevrotico Super Io ben integrato, ma punitivo Borderline Integrazione del Super-Io minima,
Difese mature preoccupazioni e sensi di colpa assenti o eccessivi
Identità stabile, relazioni oggettuali interne ambivalenti, ma Difese primitive
non scisse, conflitti triangolari Diffusione di identità, relazioni oggettuali interne parziali e
Forze dell’Io notevoli, buon controllo degli impulsi, esame scisse
di realtà valido, capacità di impegnarsi a lungo termine Debolezze dell’Io, impulsività, alterazioni esame realtà,
Patologia basata sul conflitto difficoltà a impegnarsi a lungo termine Presenza
Funzione riflessiva integra contemporanea di conflitti e deficit significativi
Mentalizzazione compromessa

Manuale Diagnostico Psicodinamico 2a Ed. (PDM-2) (Lingiardi, McWilliams 2017)


E’ basato sui risultati delle ricerche empiriche (strumenti diagnostici, caratteristiche dei pazienti, studi sui processi ed
esiti delle psicoterapie) integrati con le teorie nate dalla clinica psicoanalitica, la teoria dell’attaccamento, le
neuroscienze e la Developmental Psychopathology
E’ stato il primo manuale diagnostico in una prospettiva psicodinamica (PDM-1 - APA, IPA 2006)
Come il DSM-5 è basato su una valutazione top-down
Può essere impegnato per la valutazione diagnostica e la progettazione dei trattamenti
L’obiettivo è spiegare la complessità del funzionamento mentale (integrando e completando il DSM e l’ICD

Cosa descrive
1. Sindromi di personalità sana e disturbata (Asse P)
2. Profilo del funzionamento mentale (Asse M) (elaborazione delle informazioni, regolazione degli impulsi, capacità
di riflettere sugli stati mentali propri e altrui, capacità di stabilire e mantenere relazioni, regolazione dell’autostima,
strategie di coping e meccanismi di difesa, adattamento e resilienza, giudizio morale, capacità di dare senso e
coerenza all’esperienza)
3. Pattern sintomatologici (Asse S) - incluse le differenze nell’esperienza soggettiva

PDM-1 (APA, IPA 2006) Introduce un Sistema Multiassiale


Diagnosi degli adulti (mantenuto del PDM-2)
- Asse P: Pattern e disturbi di personalità
- Asse M:Profilo del funzionamento mentale
- Asse S: Pattern sintomatici: l’esperienza soggettiva
Classificazione dei disturbi mentali di bambini e adolescenti (ampliati nel PDM-2)
- Asse PCA: Pattern e disturbi di personalità di bambini e adolescenti
- Asse MCA: Profilo del funzionamento mentale di bambini e adolescenti
- Asse SCA: Pattern sintomatici di bambini e adolescenti: l’esperienza soggettiva
Classificazione dei disturbi mentali e dello sviluppo in neonati e bambini piccoli (Asse IEC) (mantenuto del PDM-2)
PDM-2 Specificità
Valuta la psicopatologia nel contesto della personalità
Conserva la valutazione multiassiale ampliandola alle diverse fasce di età
Per la valutazione diagnostica considera:
- la soggettività del sintomo e collocandolo nel ciclo vitale
- l’esperienza relazionale del clinico (alleanza terapeutica)
- le risorse disponibili in quella situazione
Si presenta come una tassonomia di persone (mentre il DSM-5 come una tassonomia di disturbi psichici)

Approccio all’asse P : approccio in due fasi che valuta


- il livello di organizzazione della perosnalità (livello di gravità e organizzazione su continuum)
- sindormi o stili di personalità
o Spettro interalizzazione
o Spettro esteranlizzazione
o Spettro broderline/disregolato
o Stili di carattere
Seazioni adulti, adolescenti, infanza (4-11), IEC prima infanzia (0-3), anziani, strumenti, assi clinici

Gli interventi terapeutici


Interpretazioni (transferiali e extra-transferiali)
Osservazioni : il terapeuta non fornisce spiegazioni ma cerca collaborazione del paziente per spiegare.
Riformulazioni: riorganizzano il materiale esposto dal paziente
Confrontazioni: portano l’attenzione su tematiche consce evitate dal paziente
Chiarificazioni: nei confronti di argomenti vaghi o confusi
Domande e incoraggiamenti a elaborare: Cosa le viene in mente? Può dirmi di più su questo argomento?
Validazione empatica: comprensione empatica dello stato emotivo del paziente
Self-disclosure (disvelamento): comunicare il proprio stato mentale riferito al paziente
Interventi psicoeducazionali: fornire informazioni e spiegazioni inerenti la propria professionalità)
Consigli: suggerimenti su come comportarsi
Elogi: rinforzano eventuali comprtamenti

L’interpretazione  E’ basata sulle comunicazioni del paziente e lo rende consapevole di elementi estranei alla coscienza
Modalità:
- Portare alla coscienza ciò che era inconscio
- Segnalare connessioni non consapevoli tra fenomeni
Vengono interpretati principalmente le resistenze ed il transfert
E’ possibile solo quando la relazione si è sviluppata come base sicura (alleanza terapeutica)
E’ necessario aspettare che il paziente sia vicino alla consapevolezza e senta di avere contribuito
Le interpretazioni inappropriate o premature sono conseguenze di agiti controtransferiali e del fallimento di una funzione
riflessiva del terapeuta e possono favorire un’accettazione compiacente (falso Sé) o esporre alla ripetizione di esperienze
traumatiche

Il continuum espressivo-supportivo

interventi espressivi o esplorativi :Elevata motivazione; Livello significativo di sofferenza ; Buona tolleranza alla
frustrazione; Mentalità psicologica, buona capacità di mentalizzazione e di insight; Capacità di pensare in termini di
analogie e metafore (simbolizzazione)
interventi supportivi: Disturbi di personalità cluster B (borderline, narcisistico, istrionico), depressione maggiore,
psicosi; Grave crisi esistenziale attuale (elevato stress, disperazione, traumi, lutti); Scarsa tolleranza alla frustrazione
o all’ansia; Mancanza di mentalità psicologica e scarso livello di mentalizzazione (alessitimia); Basso livello
intellettivo; Ridotta capacità di autosservazione e di insight; Difficoltà nell’instaurare una relazione di fiducia con il
terapeuta (alleanza terapeutica, base sicura)
Tipi di terapia psicodinamica
- A breve termine (psicoterapia dinamica breve)
- A lungo termine (più di 24 sedute e durata superiore a 6 mesi): a tempo definito (numero di sedute
predeterminato) o senza limiti temporali prestabiliti
Frequenza: 1-2 sedute alla settimana (3-4 nel caso della Psicoanalisi classica)
Durata delle sedute: 45-50 minuti
Modalità: vis a vis o sul lettino

I trattamenti evidence-based
Carl Rogers fu il primo a effettuare ricerche sull’efficacia delle psicoterapie, partendo dall’analisi del proprio modello.
Evidence-based è una prospettiva con cui si mettono in evidenza in un trattamento delle prove di efficacia basata
sulle evidenze, su tre parametri:
1. Efficacy: efficacia del trattamento nei setting sperimentali (terapie manualizzate, personale addestrato, RCT,
campioni selezionati, valutazione di sintomi specifici). Descrivere in modo particolareggiato ciò che si fa nel
trattamento, il personale è addestrato a seguire puntualmente le indicazioni manualizzate. I protocolli devono
essere RCT (randomizzati e controllati): casuali, confrontando con gruppi di controllo, con condizioni di doppio-
cieco e con campioni rappresentativi della popolazione, valutando sintomi specifici come attacchi di panico.
Questi protocolli sono nati in ambito medico e biologico; difficile da applicare in ambito della psicoterapia.

La randomizzazione e il controllo può essere più apparente che reale: il gruppo di controllo può essere in parte
sovrapponibile al gruppo sperimentale (es. bias come provenienza geografica, livello di istruzione, status sociale).

2. Effectiveness: efficacia del trattamento nei setting clinici non sperimentali (quello che accade nella realtà dei
contesti terapeutici).
I pazienti non sono tutti uguali ma sono diversi anche se con lo stesso disturbo; i clinici che usano trattamenti
sono diversi per età ed esperienza. Nei contesti terapeutici si usa quello che si ha e quello che si riesce ad
utilizzare.
3. Efficiency: valuta l’efficienza del trattamento in termini di costi-benefici e di applicabilità reale.
Se scopro con prove evidence-based che sottoporre un paziente a un trattamento psicoanalitico classico sul
lettino è efficace per il trattamento di un PTSD, non ha senso proporre lo stesso trattamento a un altro paziente
ma con esperienza diversa del PTSD.

Metanalisi
Non sono riassunti della letteratura, ma sono ricerche che al posto dei soggetti hanno i dati di altre ricerche.
Es. efficacia di un trattamento CBT, dimostro di aver raccolto gli articoli e i dati in modo adeguato con RCT
(randomized controlled trials). Vengono rielaborati statisticamente, si ricalcano i dati comuni che servono a capire se
le ricerche dicono cose simili o diverse. Il dato statistico per fare questo è l’effect size.
Vari studi su un certo fenomeno vengono confrontati statisticamente convertendo i loro risultati in misure simili.
Considerano solitamente RCT e sono fondamentali per una conoscenza evidence-based (con campioni molto
numerosi qualsiasi correlazione tende a risultare significativa).
Effect Size: misura generale dell’ampiezza del fenomeno (differenza in deviazioni standard tra gruppi sperimentali e
di controllo). Nel caso che abbia una prova dell’efficacia, ci dice quanto è grande questa prova.
d di Cohen:
 1.0 = la media dei soggetti trattati è una deviazione standard al di sopra della distribuzione normale rispetto ai
controlli ricerche concordi sul raggiungere risultati simili;
 0.8 = effetto ampio;
 0.5 = effetto moderato;
 0.2 = effetto limitato se minore non c’è un valore significativo sull’efficacia.
Risultati della ricerca evidence-based (Division 29, basata su RCT, 148 fonti)
Division 29:, guidata da Norcross divisione dell’APA, task force creata per studiare i risultati evidence-based della
ricerca in psicoterapia. Risultati pubblicati su un documento ufficiale, il Recognition of Psychotherapy effectiveness
nel 2012
Gli effetti della psicoterapia sono ampiamente significativi.
Sono dimostrati per diverse patologie con variazioni che sono influenzate:
 dal grado di severità del disturbo più che da una particolare diagnosi;
 dalle caratteristiche del paziente e del clinico (e il contesto in cui avviene la psicoterapia) e da fattori di contesto
piuttosto che dal tipo di trattamento.

Tendono a perdurare e ad aumentare nel tempo (soprattutto per le terapie che si svolgono per periodi più lunghi,
perché aiutano le persone a costruire delle capacità): la psicoterapia non finisce mai.
I risultati sono tendenzialmente equiparabili o superiori a quelli dei trattamenti psicofarmacologici, con effetti
collaterali minori.

Efficacia delle psicoterapie


Effect Size: 0.75-0.85 (elevato), a seconda delle metanalisi della letteratura. Il 14% della varianza dell’effetto è legato
al trattamento e l’86% a fattori legati al cliente o a errori di varianza.

Fattori che influenzano l’efficacia

 Caratteristiche del terapeuta: 5-8% (36-57% del 14%).


 Alleanza terapeutica: 5-7,5% (36-53% del 14%) (d:.54).
 Differenze di trattamento 1% (d:.20), incidono meno rispetto alle caratteristiche del paziente e del terapeuta.

Fattori comuni: trascendono la formazione personale del terapeuta e la sua tecnica


 Alleanza terapeutica (quasi 0.6): fattore più studiato, fortemente associato con l’efficacia di una psicoterapia
 Empatia: capacità da parte del clinico di mettersi nei panni psicologici dell’altro, comprendendo i suoi stati
mentali
 Obiettivi condivisi/collaborazione (supera 0.7): componente dell’alleanza terapeutica
 Atteggiamento positivo/asserzione: atteggiamento non critico, premia l’efficacia terapeutica e la soddisfazione
dei pazienti
 Coerenza/autenticità: non dietro a una corazza pseudoprofessionale ma essere autentici
 Terapeuta: caratteristiche psicologici personali del clinico

Fattori specifici:
 Trattamenti differenti (raggiunge al limite 0.2): potrebbe avere un’influenza sull’efficacia terapeutica ma è
estremamente limitata; terapia psicoanalitica vs CBT vs sistemica…
 Ingredienti specifici: caratteristiche specifiche della psicoterapia (basata su prescrizioni, interventi paradossali,
interpretazioni, tecniche di massaggio corporeo…)
 Aderenza al protocollo
 Competenza valutata: competenze rispetto al modello trattato (psicoanalisi, CBT…); poco associata rispetto
all’efficacia terapeutica

Alleanza terapeutica (Working alliance, Therapeutic alliance)


Una collaborazione tra paziente e terapeuta basata sulla realtà (non sul transfert o sulle fantasie inconsce)
(Greenson 1965), su empatia, congruenza e atteggiamento positivo (Rogers 1951).
Tre caratteristiche (Bordin 1979):
1. Accordo sugli obiettivi (Goals): obiettivi comuni di paziente e terapeuta;
2. Accordo sui compiti (Tasks): per esempio, lo psicoanalista può dare al paziente di seguire il compito delle libere
associazioni;
3. Legame basato su sentimenti positivi reciproci (Bond): è l’aspetto maggiormente studiato e si riferisce
all’attaccamento; è l’elemento dell’alleanza terapeutica maggiormente associato all’efficacia terapeutica.
Strumenti più utilizzati: WAI, CALPAS e Pennsylvania Scales (Martin et al. 2000; Ardito e Rabellino 2011) studiare e
quantificare questi elementi dell’alleanza terapeutica.

Fasi dell’alleanza terapeutica (Luborsky 1976)


1. Prima fase: il terapeuta supporta empaticamente il paziente e ne condivide gli obiettivi (prime 5 sedute con un
picco alla terza); costruire un’alleanza terapeutica stabile, una vera e propria relazione di attaccamento.
2. Seconda fase: il terapeuta incoraggia il paziente ad affrontare i problemi evidenziando atteggiamenti e
aspettative disfunzionali (eventuali conflitti, rotture e riappacificazioni).

L’alleanza terapeutica non è un processo lineare.


L’esito positivo di una terapia è associato alle (quantità) risoluzioni positive delle rotture dell’alleanza. Sono
funzionali dei momenti di crisi e la capacità di superarli è quello che fa fare passi avanti all’interno della psicoterapia.
presenza terapeutica: essere lì con il paziente sia fisicamente che psicologicamente
“quello che sono è sufficiente, se solo riesco ad esserlo” (Rogers). Non è così facile essere presenti in questo modo,
ma è quel che basta per stabilire una buona relazione all’interno della terapia.
Esempi: no pausa per bagno, consultare email nel mentre
Componente umanistica (Walpold)
I fattori comuni che influenzano l’efficacia delle psicoterapie sono relativi ad alcune caratteristiche umane:
1. La tendenza ad attribuire un significato al mondo (interpretazione, mentalizzazione che attribuisce significato
a noi e agli altri, narrazione per spiegarsi come le cose sono andate).
2. La tendenza ad influenzare (transfert) e a essere influenzati (controtransfert) dagli altri (influenza sociale).
3. La tendenza a cambiare attraverso:
 Una relazione significativa (es. legame di attaccamento);
 La creazione di aspettative (ad es. effetto placebo – ciò che noi attribuiamo dal punto di vista delle
aspettative ad un determinato trattamento psicologico o farmacologico; i farmaci tendono ad avere una
buona percentuale del loro effetto legata all’effetto placebo; effetto maggiore della psicoterapia se la
relazione terapeutica è positiva);
 Acquisire una nuova capacità (mastery): aspetto importante della psicoterapia, perché pensiamo di
migliorare quando acquisiamo una nuova capacità (es. preso contatto con un aspetto di se stesso che
prima non riusciva a comunicare).
Cosa rende efficace un terapeuta?
 Qualità della comunicazione verbale
 Qualità della comunicazione non verbale
 Capacità di mentalizzazione (di rappresentare se e gli altri in termini di stati mentali)
 Espressione e regolazione delle emozioni: viviamo emozioni che vanno regolate e non riversate sui pazienti
 Sapere riflettere su di sé come paziente: importanza della formazione
 Focalizzazione sul paziente e presenza terapeutica (Anderson et al. 2009)
 Alleanza terapeutica con una varietà di pazienti (Baldwin, Imel & Wampold 2006): non solo con pazienti con determinate
caratteristiche (es. adolescenti, anziani…)
 Capacità di mettersi in discussione in modo professionale (Nissen-Lie et al. 2013): ha a che fare con la necessità di
sottoporre a supervisione a critica il nostro valore, saper chiedere indicazioni nei momenti di stallo.

La formazione psicodinamica
 Necessità di una lunga esperienza come paziente (psicoanalisi classica, psicoterapia psicodinamica)
 Scuola di formazione
 Supervisione (individuale o di gruppo)
 Costante atteggiamento di autoanalisi: riflessione su di noi e atteggiamento di autoanalisi deve rimanere attivo tutta la vita

La prospettiva dell’attaccamento
I bisogni fondamentali  riproduzione, cura e cibo, riproduzione

 aiutano la specie a sopravvivere perché diventano motivatori del comportamento. Se c’è un bisogno che provoca
un’emozione, l’animale è spinto al soddisfacimento del bisogno.
Le emozioni principali sono: una di natura attrattiva (desiderio) e una di carattere repulsivo (paura). Sono due
emozioni-chiave che aiutano l’animale a essere spinto nei confronti dei bisogni.

I sistemi comportamentali (sistemi motivazionali)


1. Per la ricerca di cibo o di cure corporee: sistema di accudimento o di caregiving
2. Per la necessità di riprodursi: sistema della sessualità (che definisce il corteggiamento)
3. Per la necessità di proteggersi dai pericoli: sistema dell’attaccamento (si trova sia negli umani che nei primati)

Questi tre sistemi comportamentali/motivazionali (perché attivati dalle motivazioni) sono stati studiati nel
Novecento in modo diverso:

 Psicoanalisi di Freud: studio della sessualità, influenza sul pensiero e comportamento umano
 Psicoanalisi postfreudiana: studio dell’accudimento (vd. Winnicott: madre sufficientemente buona,
preoccupazione materna primaria, holding, handling…)
 Bowlby e ricerche evoluzionistiche ed etologiche (inizio anni ’50): studio dell’attaccamento

passaggio progressivo di interesse.

Il cervello trino (Paul McLean 1949, 1954)


Prima intuizione: il nostro SNC è stratificato seguendo lo sviluppo che la specie ha avuto nel tempo: all’interno ci
sono gli strati più antichi e all’esterno ci sono quelli più recenti dal punto di vista evolutivo.
Sviluppa il cervello trino:

1. Parte più interna o cervello rettiliano dei rettili: presente anche nei rettili, cioè organismi più antichi dell’uomo.
in queste parti del SNC (midollo, nuclei della base, tronco encefalico) ci sono i centri nervosi che
automaticamente permettono all’organismo di funzionare (respirazione, frequenza cardiaca, contrazione
arteriosa, pressione)
2. Comparsa dei primi mammiferi: cervello dei paleomammiferi, che corrisponde al sistema limbico (amigdala,
talamo, aree interne della corteccia). Permette agli animali di sperimentare delle emozioni (non di pensarle) –
provare paura, gioia, eccitazione, tensione. È integrato col resto: un’attivazione di un nucleo del sistema limbico
influenza il sistema dei rettili (es. frequenza respiratoria)
3. Parte più esterna (neocorteccia), cervello dei neomammiferi: più rappresentata dai mammiferi rispetto ad altre
specie. L’essere umano ha una percentuale di sostanza maggiore rispetto alle altre specie. Permette il
movimento volontario, la parola, l’elaborazione delle emozioni e la trasformazione in affetti, i ricordi funzioni
cognitive di livello superiore

John Bowlby (1907-1990)


I 44 giovani ladri (Bowlby 1944) – le loro caratteristiche e la vita familiare
Bowlby pubblica una ricerca sulla storia personale di giovani adolescenti che avevano compiuto reati (furti, trasgressione…).
Un quarto dei giovani ladri aveva subito importanti separazioni dai genitori durante l’infanzia.
L’indifferenza (riguardo alle regole) di alcuni giovani delinquenti (psicopatici anaffettivi - bulli) era riconducibile alle carenze di
cure materne (12 casi su 14).
Successivamente Rutter (1972) ha sostenuto che il comportamento antisociale non è direttamente legato alla assenza materna
quanto al clima di discordia familiare sperimentato durante le separazioni .
La deprivazione materna (Bowlby 1949-1953)
I bambini necessitano di “un rapporto caldo, intimo e ininterrotto con la madre (o con un sostituto materno
permanente) nei quali entrambi possano trovare soddisfazione e godimento”.
La deprivazione prolungata di cure materne subita da un bambino può avere gravi effetti sul suo carattere e
comportare lo sviluppo di disturbi psicologici (es. depressione/ospedalismo) e di comportamenti antisociali che
permangono nell’età adulta.
Anna Freud e Dorothy Burlingham (1942-43)
Prime osservazioni compiute nei nidi residenziali d’infanzia di Hampstead (Inghilterra) durante la Seconda guerra
mondiale.Ricerche pionieristiche basate su resoconti non sistematici di bambini sani (da 0 a 4 anni) separati dai
genitori e assistiti nelle migliori condizioni possibili in tempo di guerra.
I bambini deprivati di cure materne, specialmente se cresciuti in istituzioni da un’età inferiore a 7 anni, possono
manifestare carenze dello sviluppo psicofisico e sociale.

La sindrome da ospedalizzazione (Ospedalismo o ospitalismo) (Renè Spitz 1945)


Grave ritardo dello sviluppo psicomotorio che insorge nei bambini che non hanno mai goduto della madre inseriti nei
primi 18 mesi di vita in ospedale o in istituto (brefotrofio, orfanotrofio) in condizioni di totale privazione affettiva.
Si manifesta con ritardo della crescita, della capacità di manipolazione e di esplorazione, del linguaggio, della
percezione affettiva e dell’adattamento all’ambiente.

La depressione anaclitica (Spitz e Wolf 1946)


Depressione gravissima che colpisce il bambino separati dalla madre a 6-18 mesi (dopo averne goduto;
nell’ospitalismo i bambini non hanno mai goduto della presenza dei genitori) e posti in ambiente sfavorevole:
 all’inizio: apprensione, tristezza, piagnucola, non dorme, non si nutre, contrae malattie, si isola, apparente indifferenza;
 fino a 3 mesi: se riunito alla madre i disturbi regrediscono;
 dopo il 3° mese: accentuato rallentamento psicomotorio con eventuali comportamenti regressivi e autoaggressivi,
disperazione, grave dimagrimento che può giungere fino alla morte per deperimento organico (marasma, colpisce i bambini
istituzionalizzati).

La critica femminista all’idea della deprivazione materna


 Bowlby esagera perché ha studiato solo bambini sottoposti a deprivazione materna quasi totale. Un bambino
può essere affidato a un sostituto senza soffrirne (nonni, asilo, kibbutz in Israele e cresciuti in una comunità).
 La valorizzazione della relazione madre-bambino è la conseguenza di una un clima culturale post-bellico di
riparazione. Questa tesi poteva essere sfruttata dal governo per evitare l’assistenza per l’infanzia e chiudere gli
asili nido (Winnicott scrisse a Bowlby).
 Si vuole relegare le donne in casa e giustificare i padri assenti. Il vero problema di oggi è la deprivazione paterna.

James Robertson  La separazione dalla madre


 Protesta Angoscia di separazione
 Disperazione Depressione, lutto
 Distacco Difese

L’angoscia di separazione
 Teoria della libido trasformata (Freud 1905)
 Teoria del trauma della nascita (Rank 1924)
 Teoria del segnale (Freud 1925) eccesso di stimolazione (Freud), mancato appagamento libidico (Jones), ferita
narcisistica (Spitz)
 Teoria dell’angoscia depressiva (Klein 1935)
 Teoria dell’angoscia persecutoria (Klein 1934)
 Teoria dell’attaccamento frustrato (James 1890; Suttie 1935; Bowlby 1960): effetto della frustrazione
dell’attaccamento (Bowlby)
L’angoscia dell’ottavo mese (Angoscia dell’estraneo) (Spitz 1950)
 Rappresenta il secondo organizzatore della vita psichica (stadio dell’oggetto libidico; il primo è la risposta del
sorriso verso il secondo mese).
 È una reazione angosciosa che si manifesta in presenza di estranei verso il sesto-ottavo mese di vita (8-15 mesi):
piangere, voler stare in braccio alla mamma.
 Non è una fuga da qualcosa che fa paura perché il bambino non ha motivo di temere l’estraneo.
 È una forma di angoscia di separazione: il bambino reagisce al fatto che l’estraneo non è la madre.
 È la testimonianza che il bambino comincia a differenziare la madre (dagli estranei) e a sviluppare un vero
rapporto oggettuale.

Critica di Bowlby all’angoscia dell’estraneo


 L’estraneità è di per sé stessa causa di paura: il bambino è in grado di distinguere le persone note prima di manifestare
paure per l’estraneo.
 La paura degli estranei è una reazione ben distinta dall’angoscia di separazione (anche quando la madre è in vista il bambino
continua ad avere paura dell’estraneo).
Si manifesta anche in presenza della madre: si cominciano a manifestare comportamenti di attaccamento che
predispongono il bambino a dare dei segnali al caregiver che sono dei messaggi protettivi – richiamo verso la madre perché
la madre protegga da un potenziale pericolo.
 Un bambino è in grado di distinguere le persone note molto prima di manifestare paura degli estranei (il comportamento di
attaccamento si manifesta prima degli otto mesi) (aspetti percettivi dei genitori già quando sono feti).

Il pianto  Nel bambino ha il significato di richiamare attenzione e aiuto da parte della madre assente (Bowlby)..
Interpretazioni psicoanalitiche:

1. espressione simbolica delle pulsioni fallico-uretrali;


2. scaricare energie aggressive per espellere simbolicamente oggetti interni cattivi;
3. funzioni comunicative;
4. funzioni autoconsolatorie;
5. funzioni difensive e ostili-aggressive.

La teoria dell’attaccamento
L’essere umano manifesta una predisposizione innata a sviluppare relazioni di attaccamento con figure genitoriali
primarie.Tali relazioni svolgono una funzione di protezione nei confronti dei pericoli..

La funzione protettiva dell’attaccamento


Garantisce il massimo livello di sicurezza all’interno di specifiche situazioni relazionali ed esistenziali (Base sicura)

- proteggendo dai pericoli;


- favorendo lo sviluppo e l’esplorazione dell’ambiente.

Influenze teoriche: aspetti psicoanalitici


 La ricerca di protezione da parte della figura di attaccamento è una motivazione primaria (un bisogno).
 L’importanza della gratificazione orale e delle pulsioni sessuali è ridimensionata (ignorata).
 La relazione genitore-bambino è il centro di interesse.
 Si studiano l’angoscia di separazione, le esperienze di perdita, il lavoro del lutto, le rappresentazioni interne delle
relazioni e le difese inconsce – esperienze comuni.
 Influenza della teoria delle relazioni oggettuali (Klein, Bion) (mondo interno) e del lavoro di Erik Erikson
(importanza della realtà esterna– Ferenczi e Winnicott).

Mette in crisi il modello freudiano.

Relazioni oggettuali e teoria dell’attaccamento

Relazioni oggettuali Teoria dell’attaccamento

MONDO INTERNO Mondo interno, fantasie Modelli operativi interni, rappresentazioni disposizionali
inconsce, oggetti interni

PULSIONI Eros, thanatos Attaccamento, base sicura, esplorazione

OGGETTO PRIMARIO Seno, volto, latte Figura di attaccamento

DESIDERIO Amore, sessualità Vicinanza, protezione, conforto

AGGRESSIVITÀ Invidia, odio Protesta per la separazione (protegge)

NOSOLOGIA Posizione schizo-paranoide e Sicuro (B), insicuro (A, C, D, A/C), traumi e lutti irrisolti (U/tr,
posizione depressiva U/I)

PATOLOGIA Distruttività, perversione, Attaccamenti inadeguati, fallimento dell’autoprotezione


narcisismo, depressione, psicosi

Modificato da Holmes, 1999

Altre influenze teoriche


 Fenomeno dell’Imprinting (Konrad Lorenz 1935, 1949): c’è un periodo sensibile in cui i piccoli che nascono dalle
uova si legano all’oggetto/animale nelle loro vicinanze per seguirlo nel loro periodo di crescita (realizzò
l’imprinting nei propri confronti invece della madre naturale).
I modelli di studio etologico erano la via più importante per descrivere la teoria dell’attaccamento.
o Studi sulle scimmie Rhesus (Harry F. Harlow 1958): esposizione a madri-fantoccio, una fatta di filo di
ferro che dava del cibo e l’altra ricoperta di pelliccia morbida e di stracci ma che non dava cibo. Le
scimmie Rhesus passavano il loro tempo (anche quando venivano spaventate) attorno a quest’ultima,
mentre andavano dall’altra solo per il tempo necessario per alimentarsi
 Teoria dell’evoluzione: Darwin come modello ideale di ricercatore. Visione in termini di adattamento
all’ambiente: comportamento di attaccamento in funzione della comprensione adattiva rispetto all’ambiente
 Teoria generale dei sistemi e cibernetica
o Relazione d’attaccamento come sistema – prospettiva sistemica
o Valorizzazione delle retroazioni (feedback) – risposte reciproche che influenzano le persone attraverso il contatto
con gli altri.
 Cognitivismo: Valutazione dei sistemi di memoria (Jean Piaget, Barbel Inhelder, Endel Tulving)

La relazione d’attaccamento
Non tutte le relazioni significative sono relazioni di attaccamento.È definita dalla presenza di tre caratteristiche:

1. Ricerca della vicinanza (proximity seeking) – realmente fisica per il neonato, psicologica con la crescita – o della
disponibilità (avaliability) di una figura preferita (analogia con l’imprinting).
2. Protesta per la separazione (separation protest) o altri comportamenti di attaccamento.
3. Effetto base sicura (secure base) e rifugio sicuro (safe haven) caratteristico delle relazioni sicure, limitato nelle
altri).

La base sicura (Ainsworth)


Atmosfera di fiducia creata dalla figura d’attaccamento all’interno di una relazione sicura.Favorisce la sicurezza e
l’esplorazione.
Consiste nell’essere disponibili a rispondere, quando chiamati in causa, per incoraggiare e dare assistenza, ma
intervenendo attivamente solo se necessario funzione virtuale (es. ufficiale dell’esercito che esplora quanto più
sarà sicuro che nel caso di problemi potrà rientrare alla base dove riposarsi, rifocillarsi, essere protetto e curato).
In questo modo è possibile avventurarsi nel mondo esterno e ritornare sicuri di essere accolti, nutriti sul piano fisico
ed emotivo, confortati se tristi, rassicurati se spaventati (rifugio sicuro, safe heaven).

I comportamenti di attaccamento  Ogni forma di comportamento finalizzato ad ottenere o mantenere la vicinanza


o la disponibilità protettiva della figura di attaccamento.Si manifestano soprattutto nelle condizioni di pericolo e dalla
separazione o dalla minaccia di separazione dalla figura d’attaccamento. Diminuiscono o cessano quando si ottiene
una vicinanza soddisfacente.

Altre caratteristiche dell’attaccamento infantile


 Elicitazione in situazioni di pericolo;
 Specificità delle figure d’attaccamento;
 Inaccessibilità al controllo cosciente (persiste anche se la figura d’attaccamento è inaccessibile o morta);
 Persistenza (non svanisce con l’abituazione e persiste in assenza di rinforzo): i bambini restano vicini ai propri genitori anche
quando non sono in condizioni di sicurezza o quando i genitori stessi sono fonte di pericolo e di inaffidabilità;
 Intensità dell’esperienza (persiste se la figura d’attaccamento è trascurante o violenta).

Alcuni attaccamenti adulti hanno le caratteristiche dell’attaccamento infantile.

L’attaccamento
Termine generale che si riferisce alle caratteristiche attuali degli attaccamenti.
Può essere:

 Sicuro (B): sicurezza, fiducia, protezione.


 Insicuro: insicurezza verso la figura d’attaccamento.
o Ambivalente/Preoccupato (C): iperattivazione dell’individuo, enfasi emotiva, rabbia, ansia, dipendenza, paura
dell’abbandono. Chiamata anche ansiosa-resistente.
o Evitante/distanziante (A): ipoattivazione dell’indidviduo, evitamento, diffidenza, distanziamento o falsificazione
degli affetti negativi, controllo.

Sono solo la descrizione in un termine di processi di attaccamento in diverse condizioni, senza che la situazione sia per forza
patologica.

Bowlby  effetto bifasico della rottura del legame di attaccamento : protesta - disperazione

Hofer  perdita delle interazioni regolatorie con la madre “hidden regulatios”

Il sistema dei comportamenti di attaccamento  Bowlby


È un modello del mondo in cui vengono rappresentati il Sé, gli altri significativi e le loro interrelazioni.
Considera le relazioni e le retroazioni (prospettiva sistemica e cibernetica). Codifica il particolare pattern di
attaccamento mostrato da un individuo in funzione delle risposte della figura d’attaccamento .
Attori del sistema: il bambino e la sua figura di attaccamento (es.madre).
Nel caso di un rapporto sicuro: la madre è sufficientemente vicina, disponibile, protettiva, sensibile e sintonica (modula il suo
comportamento in base ai bisogni del paziente)  nel bambino si instaura un senso di sicurezza e di fiducia (base sicura);
diventa giocoso, sorridente, sereno, esplorativo, socievole. I comportamenti del bambino in modo retroattivo influenza il
comportamento della figura di attaccamento, che tende ancora di più ad avere gli atteggiamenti positivi precedenti
attaccamento di tipo sicuro (B).
Nel caso di una madre che non è sufficientemente sensibile, vicina, sintonica e protettiva per diversi motivi (anche non
patologici), il bambino a propria volta reagisce con un senso di insicurezza che suscitano angoscia, rabbia e paura. Il bambino
attiva comportamenti di attaccamento che hanno la finalità di ripristinare vicinanza, attenzione e contatto, attraverso segnali di
protesta (lamentarsi, urlare, piangere, supplicare). Se sono sufficenti e la base sicura viene ripristinata si torna ad attaccamento
sicuro. Se questi comportamenti non hanno successo e non si modifica la situazione, la situazione stabilmente è improntata a un
senso di insicurezza;  attaccamento insicuro : il bambino mette in atto difese per gestire la situazione

Nella prospettiva dell’attaccamento le difese sono di due tipi:

1. Alcune di queste sono ipo-attivanti (distanziamento – attaccamento insicuro di tipo A), cioè mettono
l’organismo in pausa (blocco di emozioni negative, non partecipe) , nelle condizioni di prendere le distanze dai
problemi (comportamenti diffidenti, non reattivi, autosufficienti o compiacenti nei confronti di adulti per tenerseli vicini );
2. Altre sono improntate a un’ambivalenza iperattivante (attaccamento insicuro di tipo C), in cui le emozioni
vengono amplificate (senso di ansia e di rabbia: espressione difensiva da un ambiente insicuro che si cerca di modificare )

I modelli operativi interni (Internal Working Models)


Rappresentazioni interne di sé stessi, delle proprie figure d’attaccamento e del mondo, nonché delle relazioni
(aspetto sistemico) che li legano. Sono schemi prevalentemente inconsci che si costituiscono durante lo sviluppo,
persistono relativamente stabili in età adulta e tendono a manifestarsi nelle situazioni di pericolo.
Bowlby 1973  Ogni individuo costruisce psicologicamente dei modelli operativi con l’aiuto dei quali percepisce gli
eventi, ci si mette in relazione con gli altri, cj si protegge dai pericolo e di costruisce i propri programmi futuri, i MOI
guidano l’azione
 Possono essere influenzati da quelli delle figure d’attaccamento (non in modo diretto, ma c’è una correlazione).
 Sono “multipli” in quanto legati alle diverse relazioni di attaccamento che un soggetto sviluppa nel tempo
 I MOI siano organizzati in modo gerarchico
 Sono alla base dei processi di transfert e indicano il mondo interno
Pensando al concetto di transfert, la descrizione di Freud si avvicina ai MOI: la traslazione è legata a dei clichè interiorizzati che si ripetono
quasi nelle situazioni di oggi e possono ritrovarsi nelle relazioni amorose e nella relazione con il terapeuta. I clichè possono essere
gradualmente modificati sulla base delle relazioni attuali.

Sviluppo dei Modelli Operativi Interni  Sono influenzati dalle esperienze reali sia presenti che passate. Importanti:
 la continuità delle cure genitoriali;
 la sensibilità e le capacità di mentalizzazione dei genitori (elementi che la ricerca evidence-based ha associato
maggiormente a pattern di attaccamento di tipo sicuro);
 i MOI dei genitori (trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento - Main): criticata.

Le dimensioni dell’attaccamento
I MOI possono essere descritti in base alla

- funzione di protezione dal pericolo  comportamenti di


attaccamento gli affetti legati a questi sono di paura, rabbia,
tristezza, desiderio di conforto.
- Funzione di spinta verso un’esplorazione fiduciosa (base
sicura)  comportamenti di esplorazione dell’ambiente
affetti ad essi legati sono fiducia, curiosità, interesse e sfida.

Le strategie di attaccamento  Sono l’insieme di tutti i comportamenti di attaccamento, valide quando garantiscono
la sicurezza in particolari circostanze. Quando la strategia è inefficace (fallimento) può verificarsi una condizione di
trauma psicologico.
La riorganizzazione dei modelli operativi interni  Nonostante una relativa stabilità nel tempo, i modelli operativi
interni possono riorganizzarsi da insicuri a sicuri (sicuri guadagnati o earned secure) o viceversa, sia in funzione dello
sviluppo individuale, che in occasione di esperienze significative e cambiamenti esistenziali che hanno implicazioni
riguardo al proprio vissuto di sicurezza quali:
 Nuove relazioni di attaccamento (tra cui quella di coppia – con esperienze correttive che riorganizzano i pattern
di attaccamento) ed esperienze relazionali significative (tra cui il divenire genitori – diventiamo noi figure di
attaccamento – e la psicoterapia);
 L’elaborazione di esperienze potenzialmente traumatiche di pericolo o di perdita (la morte di un genitore o di un
figlio, una malattia, un incidente).

Lo sviluppo della teoria


1a fase (1950-70): osservazione diretta su deprivazione materna, separazione e lutto (Bowlby);
2a fase (1970-80): valutazione dell’attaccamento infantile, Strange Situation (Ainsworth);
3a fase (dal 1980): valutazione dell’attaccamento nell’adulto, Adult Attachment Interview e questionari (Main,
Crittenden, Fonagy, van IJzendoorn, Bretherton, Hazan, Bartholomew).

L’attaccamento tra adulti  I comportamenti di attaccamento rimangono attivi per tutta la vita (dalla culla alla bara:
subito interpretato erroneamente come se i pattern di attaccamento rimanessero gli stessi per sempre).
L’attaccamento tra adulti è maggiormente simmetrico e reciproco (asimmetrico con i propri figli o con i genitori
anziani – il figlio si aspetta protezione dall’adulto ma non il contrario) – entrambi svolgono il ruolo della figura di
attaccamento, con protezione e bisogni reciproci.
Si può manifestare nel legame amoroso di coppia, nell’amicizia e nella relazione tra figli adulti e genitori
L’attaccamento nel ciclo vitale
Durante l’infanzia si sviluppa un legame asimmetrico con i genitori (ci si aspetta protezione).
Diventando giovani adulti, le cose cominciano a trasformarsi per sviluppare poi, da adulti, un legame simmetrico o
quasi simmetrico con i genitori (sostegno reciproco, sicurezza al nucleo familiare). Se si sviluppa un legame con un
partner che tende ad essere di tipo simmetrico (offrire e ricevere protezione reciproca.
Nel caso che la coppia abbia figli (biologici o non biologici, figli dal punto di vista psicologico), si assume il ruolo di
figure di attaccamento, con un legame asimmetrico fino alla maggiore età.
C’è la possibilità di un legame asimmetrico per la cura dei genitori anziani o bisognosi.

Valutazione dell’attaccamento in età evolutive


Età prescolare – più facile valutare l’attaccamento perché è facile mettere il bambino in condizioni di stress (far
uscire la mamma dall’ambiente) per far emergere comportamenti di attaccamento.

 Strange Situation (SS o SSP) (Ainsworth): 10-18 mesi – madre


 Preschool Assessment of Attachment (PAA) (Crittenden): età prescolare
 CARE-Index (Crittenden): 0-15 mesi (versione Infant), 16-24 mesi (versione Toddler)
 Attachment Q-Sort (AQS) (Waters, Deane): 1-5 anni

Età scolare e adolescenza – porre un bambino in condizioni di stress pone problemi di carattere deontologico
 test basati su vignette o storie raccontate ma che non mettono il soggetto in condizioni di pericolo; offrono un
quadro incompleto del pattern di attaccamento
 Test di Ricongiungimento (Main, Cassidy)  Security Scale (SS) (Kerns, Klepac, Cole)
 Schoolage Assessment of Attachment (SAA) (Crittenden)  Attachment Interview for Childhood and Adolescence (AICA)
 Separation Anxiety Test (SAT) (Hansburg; Klansbrun, Bowlby) o
 Inventory of Peer and Parent Attachment (IPPA) (Armsden)  Intervista sull’Attaccamento in Latenza (IAL) (Ammaniti et al.)
 People in my life (Cook, Greenberg, Kusche)  Transition to Adulthood Attachment Interview (TAAI)
 Attachment Story Completion Test (ASCT) (Bretherton et al.) (Crittenden)

Valutazione dell’attaccamento nell’adulto


Interviste semistrutturate

 Adult Attachment Interview (AAI) (George, Kaplan, Main 1985; Crittenden 1999)
 Parent Development Interview (PDI)  incentrata su relazione tra genitore e figlio
 Parents’ Interview (PI) (Crittenden 1981)
 Current Relationship Interview (CRI) (Crowell 1990; Crowell, Owens 1998)  relazioni di coppia

Questionari autovalutativi (self-report): facile somministrazione e codificazione e interpretazione statistiche, ma


basso livello di validità e affettività
 Parental Bonding Instrument (PBI) (Parker, Tupling, Brown 1979)
 Questionario sull’Attaccamento Attuale (Lorenzini, Mancini, Sassaroli 1985)
 Adult Attachment Styles (AAS) o Single Item Measure (parte dell’Adult Attachment Questionnaire) (AAQ)
 Adult Attachment Scale (AAS) (Collins, Read 1990)
 Relationship Questionnaire (RQ) (Bartholomew, Horowitz 1991)
 Attachment Style Questionnaire (ASQ) (Feeney, Noller, Hanrahan 1994)
 Experience in Close Relationships (ECR) (Brennan, Clark, Shaver 1998)
 Attachment Movie Test (AMT) (Baldoni 2005)

Mary Ainsworth (1913-1999)


 È considerata la coautrice della teoria dell’attaccamento, assieme a Bowlby.
 Propone i concetti di base sicura e di sensibilità (sensitivity: capacità di un genitore o caregiver di percepire i
segnali di bisogno del bambino e rispondere in modo adeguato per favorire il benessere del bambini).
Es. bambino stanco e assonnato, la madre lo percepisce e cerca un posto silenzioso e mette il bambino in una
condizione di tranquillità perché possa riposare.
 Inventa la tecnica della Strange Situation attraverso la quale classifica i pattern d’attaccamento (A, B, C).

La Strange Situation (1969) – “Strange”: procedura dell’estraneo


Una seduta videoregistrata di circa 20 minuti (divisa in 8 episodi di 3 minuti) nella quale un genitore e il suo bambino
di un anno vengono introdotti in una stanza assieme ad un estraneo (solo donna) ed esposti a momenti di
separazione e riunione situazione di minaccia e stress che fa emergere i pattern di attaccamento in una condizione
di disagio (ingresso di estraneo e separazione dalla madre).
Si utilizza con bambini di 10-18 mesi.
Viene codificato il comportamento del bambino nei confronti della figura d’attaccamento e conduce alla
classificazione del suo pattern d’attaccamento.

Procedura della Strange Situation (Mary Ainsworth e Barbara Wittig 1969)


1. Una madre e il suo bambino vengono introdotti in una stanza sconosciuta.
2. Vengono lasciati soli, il bambino è libero di giocare (3 minuti).
3. Entra un estraneo (lo sperimentatore; all’origine era una donna) che parla con la madre e si avvicina al bambino
iniziando a giocare con lui (totale 3 minuti).
4. La madre lascia la stanza per 3 minuti, l’estraneo continua per un po’ a giocare con il bambino poi si siede.
5. La madre ritorna e si rivolge al bambino eventualmente confortandolo, l’estraneo esce (3 minuti).
6. La madre esce di nuovo lasciando il bambino solo nella stanza per 3 minuti
7. L’estraneo rientra ed eventualmente consola il bambino (3 minuti).
8. La madre e il bambino si riuniscono (almeno 3 minuti).

I pattern di attaccamento alla Strange Situation (Ainsworth et al. 1978)


 Sicuro (B)  Insicuro-disorganizzato (D) (Main e Solomon 1986)
 Insicuro-evitante (A)  Evitante/Ambivalente (A/C) (Crittenden, 1992)
 Insicuro-ambivalente (Insicuro-resistente) (C)

L’attaccamento sicuro (B)


 Sono in genere angosciati (ma non troppo) dalla separazione.
 Al momento della riunione salutano contenti il genitore, si avvicinano, ricevono conforto e poi tornano a giocare
tranquilli e soddisfatti.
 Il bambino mostra fiducia nella disponibilità e sensibilità della figura d’attaccamento vivendola come “base
sicura”.
 Le loro madri sono “sensibili e comprensive” (percepisce e risponde ai bisogni del bambino per ristabilire il suo
benessere), rispondono in modo pronto e adeguato al pianto, all’interazione faccia a faccia e al contatto
corporeo.
Sottogruppi B – solo leggere
B1: molta iniziativa nell’interazione con la madre senza cercare necessariamente il contatto fisico. Scarso stress alla separazione.
Un po’ di evitamento alla riunione.
B2: negli episodi di riunione saluta la madre e ricerca attivamente il contatto. Nell’episodio 5 un po’ di evitamento. Se preso in
braccio non si aggrappa e non oppone resistenza se messo giù. Relativamente tranquillo alle separazioni (simile a B1, ma cerca
maggiormente la vicinanza della madre).
B3: cerca maggiore contatto fisico con la madre e oppone forti resistenze alle separazioni. Non mostra alcun segno di
evitamento o di resistenza al contatto con la madre. Non è centrato solo sulla madre.
B4: cerca il contatto fisico, si aggrappa alla madre e oppone resistenze alle separazioni. È meno attivo e competente del B3. È
completamente centrato sulla madre, ansioso e piange molto. Nonostante questo, può mostrare resistenza e evitamento, dando
una certa impressione di ambivalenza.

L’attaccamento insicuro-evitante (A)


 Mostrano scarsi segni di angoscia alla separazione, oppure indifferenza .
 Al momento della riunione non sembrano prestare attenzione alla madre e continuano a giocare.
 Minimizzano i propri bisogni perché si aspettano di venire rifiutati , pur rimanendo in contatto distante con la figura
d’attaccamento. I propri bisogni ed il rifiuto (paura e rabbia) vengono esclusi dalla coscienza (esclusione difensiva). Sono
però forse i bambini che soffrono di più.
 Le loro madri si contraddistinguono per mancanza di affetto e di tenerezza, soprattutto quando tengono il
bambino in braccio – raramente (non sono sensibili e comprensive)

Questa è la configurazione che maggiormente porta a malattie: scarsa mentalizzazione, falso Sé, alessitimia. Ci sono
strumenti che permettono di valutare i precursori dell’attaccamento (Care-Index).
Sottogruppi A – solo leggere

A1: marcati comportamenti di evitamento. Negli episodi di riunione ignora la madre e, se la saluta, lo fa velocemente e
superficialmente. Non si avvicina alla madre o lo fa solo dopo molte richieste.

A2: comportamenti di evitamento meno evidenti e misti (alternati con ricerca di vicinanza). Alle riunioni saluta la madre e si
avvicina, ma può improvvisamente girarsi o ignorarla. Se viene preso in braccio può aggrapparsi o porre resistenza all’essere
messo giù, ma anche girare il volto o dimenarsi per essere messo a terra.

L’attaccamento insicuro-ambivalente (C)


 Sono fortemente angosciati dalla separazione e non si tranquillizzano facilmente al momento della riunione .
 Cercano fortemente il contatto, ma resistono con calci, pugni, urlando, scappando, strapazzando o buttando i
giocattoli, alternando stati di rabbia a momenti in cui si stringono alla madre. Il gioco è inibito.
 La loro madre è contraddittoria e imprevedibile , spesso ignora i segnali del bambino o offre contatto quando non
è ricercato, può essere intrusiva (sono sensibili e comprensive, ma in modo non costante).
Sottogruppi C – solo leggere
 C1: durante gli episodi di riunione forte ricerca di vicinanza e contatto. Contemporaneamente intensi comportamenti di
resistenza al contatto (ambivalenza), con manifestazioni di rabbia sia verso la madre che verso l’estraneo. Molta angoscia
alle separazioni.
 C2: elevata passività. Scarsa iniziativa nell’esplorazione e nell’interazione. Durante gli episodi di riunione cercano la
vicinanza e il contatto non attivamente, ma attraverso segnali. Se messi a terra protestano senza opporsi attivamente. Il
comportamento resistente è intenso, ma sono meno arrabbiati dei C1.

L’attaccamento insicuro-disorganizzato (D) - Mary Main e Judith Solomon (1986).


 Il bambino manifesta un repertorio di comportamenti contraddittori (ricerca di contatto accompagnata da
evitamento), confusi e disorientati (è immobile o rallentato, inibito, rimane come paralizzato, ha movimenti
stereotipati con posture anomale).
 È associato a psicopatologie gravi.
 La figura d’attaccamento può essere abusante e, in seguito a traumi o perdite non elaborati, si comporta in
modo spaventato e spaventante disorientando il bambino.

L’attaccamento evitante/ambivalente (A/C)


 Proposto da Patricia Crittenden (1992) per spiegare l’attaccamento infantile che non rientra nelle categorie
descritte da Ainsworth (A-B-C) alla Strange Situation.
Manifestazione alternata di comportamenti tipici della configurazione evitante (A) e ambivalente/resistente (C).
Frequentemente associato a psicopatologia del figlio o del genitore e a situazioni di maltrattamento o abuso

Mary Main (1943 - )


Nel 1986 ha individuato (assieme a Judith Solomon) la categoria infantile di attaccamento disorganizzato-
disorientato (D). Si è occupata dello studio della trasmissione dell’attaccamento da una generazione all’altra
(trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento). Nel 1984 ha sviluppato (assieme a Carol George e a Nancy
Kaplan) la Adult Attachment Interview descrivendo per la prima volta i pattern d’attaccamento negli adulti (assieme
a Ruth Goldwyn).

L’Adult Attachment Interview (AAI) (George, Kaplan, Main 1984)


Ideata da Carol George, Nancy Kaplan e Mary Main all’Università di Berkeley (California) nel 1984, è un’intervista
semistrutturata composta da una serie di domande aperte che riguardano il rapporto della persona con le sue figure
d’attaccamento.
Valuta lo stato della mente rispetto all’attaccamento; dura dai 45 ai 90 minuti

L’intero colloquio viene registrato, trascritto (compresi gli aspetti non verbali, pause; sia la parte dell’intervistato che
dell’intervistatore) e codificato

Scopi dell’AAI
 Identificare il pattern di attaccamento nell’adulto.
 Valuta lo stato della mente rispetto l’attaccamento.
 Non interessa tanto la storia dettagliata dell’infanzia o il contenuto verbale, ma piuttosto la configurazione del
pensiero riguardo le relazioni d’attaccamento (Modelli Operativi Interni).
 Si induce una quantità progressiva, ma moderata, di stress in modo da attivare il sistema d’attaccamento (“è un
tentativo di sorprendere l’inconscio”) – simile alla SSP territorio diverso rispetto ai questionari self-report,
tentativo di andare al di là degli aspetti coscienti.
Le domande dell’AAI
 Parte I - La famiglia durante l’infanzia (andando indietro il più possibile nel tempo – chi faceva parte della famiglia,
trasferimenti, rapporti) focalizzazione sull’infanzia
– domanda aperta, a cui le persone possono rispondere in modo molto diverso, prima informazione riguardo al loro pattern
di attaccamento. Viene chiesto se c’erano altre persone importanti che non per forza sono i genitori (figure di attaccamento
diverse dai genitori)
 Parte II - Le relazioni con le figure d’attaccamento (descritte da 5 parole)
Parte cruciale; vengono indagate le figure di attaccamento emerse dalla prima parte. analizzare ognuna delle singole
parole (riferimento ad episodi; risposta assoluta/non ricordo di episodi; parola scelta a prescindere dalla relazione; parola
non pertinente all’episodio).
Attraverso la richiesta di descrivere la relazione con le figure di attaccamento, vengono raccolte informazioni di un sistema
di memoria specifico, di natura semantica (dà valore al significato delle cose) – spiegazione concisa della relazione. Le 5
parole vengono riferite, sono espressioni semantiche; raccogliere le prove che queste parole sul piano semantico
corrispondano all’esperienza memoria episodica. È la prima situazione in cui una persona viene messa di fronte ad
eventuali discrepanze del suo pensiero (es. ricordi non pertinenti).
 Parte III - Eventi normali in cui i bambini non si sentono sicuri
Es. “quando era bambino nei momenti in cui non stava bene o era in difficoltà, che cosa accadeva? Si rivolgeva a qualcuno?
E come reagiva questa persona?” “Come si sentiva quando andava a letto? Cosa succedeva?” – la sera è un momento
importante per i bambini (es. comparsa di fantasmi, mostri…). Bambini che hanno subito traumi nell’infanzia hanno questi
eventi normali pieni (andare a letto) di ricordi disturbanti, ricordano questi eventi con difficoltà, si bloccano, passano ad altri
argomenti attivazione nervosa rispetto a questi argomenti; maggiore approfondimento del clinico.
 Parte IV - Esperienze potenzialmente pericolose (indagare anche come rispondeva la figura di attaccamento)
 Parte V – Lutto (lutto di figure di attaccamento durante l’infanzia)
Le parti IV e V sono particolarmente importanti per valutare la presenza di eventuali traumi o lutti non elaborati (irrisolti). La
mente della persona e il suo modo di funzionare viene influenzato dal trauma o dal lutto irrisolto – es. separazione dei
genitori, morte di un fratello, periodo di malattia, menomazione, trauma bellico, rapina, incidente stradale.
Nonostante ciò, la maggior parte di noi elabora e supera lutti e traumi potenzialmente pericolosi, ma bisogna indagare se
questo è stato fatto.
 Parte VI-VII - Domande integrative sull’infanzia e sull’età adulta (genitori, partner, figli)
Servono per mettere in luce la capacità dell’individuo di mettere assieme quello che ha detto e farne una versione
elaborata, matura e riflessiva.
Es. “che cosa le ha insegnato la sua infanzia?” “che cosa oggi farebbe con i suoi figli di simile a quello che hanno fatto i suoi
genitori con lei e cosa farebbe in modo diverso?”

Segue l’indicazione di rivolgersi a un professionista che possa fornire aiuto, in caso siano emerse delle possibili problematiche.
Esistono due modelli di codifica dell’AAI.

AAI - Sistema di codifica Berkeley (Main, Goldwyn e Hesse 1984-2008)


 F (Free) Libero-autonomo
o Facile accesso ai ricordi;
o Raccontano in modo coerente ed equilibrato la propria infanzia;
o Se vi sono state esperienze negative, traspare un senso di dolore provato e superato;
o Tendono ad avere figli sicuri (B
 Ds (Dismissing) Distanziante
o Forniscono resoconti brevi e incompleti (sostengono di avere pochi ricordi);
o Sminuiscono i propri bisogni d’attaccamento passati ed attuali – si presentano come particolarmente solidi e forti;
o Tendono a idealizzare i genitori e le esperienze passate (in contraddizione con i ricordi autobiografici);
o Tendono ad avere figli evitanti (A).
 E (Entangled) Preoccupato-invischiato
o Scarsa capacità di sintesi;
o Narrazioni caotiche e contraddittorie;
o Appaiono eccessivamente coinvolti in conflitti e difficoltà legati al passato;
o Tendono ad avere figli resistenti-ambivalenti (C).
 U (Unresolved) Irrisolto (rispetto a traumi o lutti), o irrisolto-disorganizzato
o Si manifesta di fronte a una mancata risoluzione psicologica di traumi o lutti che influenza l’espressione della
strategia di attaccamento;
o Possono fornire resoconti apparentemente adeguati, ma su argomenti specifici sono disfluenti, incoerenti,
incompleti o eccessivamente attivati emozionalmente;
o Sono stati esposti durante l’infanzia a eventi traumatici non ancora elaborati (deprivazioni, maltrattamenti, abusi,
perdite delle figure di attaccamento);
o Tendono ad avere figli disorientati-disorganizzati (D).

Trasferimento in età adulta delle prime quattro configurazioni di Mary Main nella SSP.

La trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento


I genitori tendono a trasmettere il proprio modello d’attaccamento ai figli (tramite i propri modelli operativi interni).
È un’ipotesi avanzata da Mary Main, originariamente da Bowlby, e sottoposta a verifica tramite il confronto tra
Strange Situation e Adult Attachment Interview., minore tra padre e figlio (40-50%).

Marinus H. van IJzendoorn


Meta-analisi della letteratura (14 studi su 18 campioni) (van Ijzendoorn, 1995).
Elevata correlazione tra le AAI delle madri e le Strange Situation  70-74%
o sicuri-insicuri: 75% (k= .49) – se si utilizza solo una categorizzazione a due strade;
o sicuri-distanzianti-preoccupati: 70% (k= .46) – se si considera tre categorie;
o sicuri-distanzianti-preoccupati-irrisolti: 63% (k= .42) – se si considera quattro categorie

Le correlazioni con le AAI dei padri: 40-50% – si pensava che il rapporto col padre fosse meno importante; ma le
ricerche attuali capovolgono la situazione (limiti metodologici delle ricerche precedenti).

Corrispondenza tra attaccamento bambino – adulto


Strange situation (bambino 10-18m) Adult Attachment Interview (madre)
B – Sicuro F – (Free) Libero-autonomo
A – Evitante Ds – (Dismissing) Distanziante
C – Resistente-ambivalente E – (Entangled) Preoccupato-coinvolto
D – Disorganizzato-disorientato U – (Unresolved) Irrisolto
Corrispondenza 63-75% (quattro categorie-due categorie)

Peter Fonagy  Ha rilevato una correlazione generica tra attaccamento e condizioni psicopatologiche adulte
 Preoccupate (E): sintomatologia percepita soggettivamente come stato d’ansia o di malessere (attacchi di
panico, disturbi d’ansia, disturbi borderline e istrionici)
 Distanzianti (Ds): sintomatologia non riconosciuta come un problema (disturbi antisociali e narcisistici, abuso di
sostanze, sindromi psicosomatiche, rallentamenti psicomotori).
Attaccamento e rischio psicosociale  Le prime ricerche sulla trasmissione dell’attaccamento erano basate su
campioni appartenenti a famiglie di classe media a basso rischio psicosociale.
Se l’attaccamento studia il comportamento umano in pericolo, bisogna raccogliere le informazione sui pattern di
attaccamento sia in situazioni di relativa sicurezza e stabilità sociale sia in situazioni di rischio.

Patricia M. Crittenden (1945 - )


Nel 1992 ha individuato la categoria infantile di attaccamento evitante-ambivalente (A/C).
Ha sviluppato il Modello Dinamico-Maturativo (DMM) e proposto una nuova classificazione dell’attaccamento.
Ha inventato il CARE-Index, il Preschool Assessment of Attachment (PAA), lo School-age Assessment of Attachment
(SAA) ed elaborato un proprio metodo di codifica dell’AAI.

Il Modello Dinamico-Maturativo dell’attaccamento e dell’adattamento (Dynamic-Maturational Model, DMM)


 La maturazione è in interazione dinamica con l’esperienza creando possibilità di cambiamento dell’attaccamento
nel corso della vita (riorganizzazioni) – l’attaccamento si riorganizza nel corso della vita, sotto la spinta della
maturazione, che interagisce con l’esperienza.
Il pericolo è l’elemento fondamentale per l’evoluzione. Sviluppiamo forme e comportamenti di attaccamento che
servono per adattarci al pericolo che incontriamo nella vita.  il pericolo non disorganizza ma riorganizza.
La cognitività e l’affettività sono considerate le due forme principali di informazione. Viene considerata la sessualità
in quanto influenza l’espressione dell’attaccamento.
Ogni configurazione di attaccamento comporta aspetti adattativi e non adattativi (anche i pattern insicuri possono
essere adattativi in ambienti ad alto rischio scarsamente affidabili).

Non esiste una configurazione che è buona in tutti i casi.

I sistemi di memoria (Endel Tulving 1972)

 Memoria procedurale: regola il comportamento in condizioni ordinarie. E’ basata su schemi sensomotori


preconsci e inconsci (riflessi o appresi) che rispecchiano ciò che abbiamo imparato per mantenerci al sicuro.
 Memoria per immagini: è un’elaborazione dell’affettività. Consiste in informazioni sensoriali (visione, suono,
odore, tatto, gusto) associate a sentimenti suscitati da esperienze passate
 Memoria semantica: è una forma linguistica di informazione cognitiva. Consiste in affermazioni verbali su come
sono le cose e sulle condizioni in cui possono cambiare. Fornisce predizioni cognitive generalizzate importanti
per mantenersi al sicuro. Tende a riflettere i punti vista altrui.
 Memoria episodica: rappresenta un’integrazione sofisticata di affettività e cognitività. Consiste in ripetizioni
mentali di eventi che usualmente chiamiamo “ricordi”.
 Linguaggio connotativo: utilizzo di informazioni affettive nel linguaggio verbale rendendolo significativo ed
evocativo per gli altri. Traspare da ocme una persona parla
 Memoria integrativa (di lavoro): processa le informazioni dei diversi sistemi di memoria permettendo nuove
acquisizioni (metacognizione). È attivata alla fine dell’intervista.

Funzioni dei sistemi di memoria (Crittenden 2004)


sistemi di memoria che hanno componenti cognitive e razionali hanno funzione di dare l’ordine temporale

- Ordine temporale memoria procedurale memoria semantica


- sono utilizzati da persone di tipo A (distanziante),

sistemi di memoria che non riguardano solo la cognitività, ma l’intensità (legata all’affettività) ha la funzione il
linguaggio connotativo: rende la persona capace di comunicare con gli altri.

- Intensità memoria per immagini linguaggo connotativo


- I sistemi di memoria che riguardano affettività e intensità sono utilizzati da persone di tipo C (ambivalente).

Abbiamo dei sistemi di memoria più complessi: memoria episodica in cui cognitività e affettività si integrano.
La memoria di lavoro produce nuove conoscenze sulla base della rivalutazione delle informaizoni precedenti.
L’assessment dell’attaccamento nel DMM
 Child-Adult Relationship Experimental Index (CARE-Index) (Crittenden 1979-2004) – Versione Infant (0-15 mesi) e Versione Toddler (16-24 mesi)
 Strange Situation (SS) (Aisworth e Wittig 1969) – 10-18 mesi
 Preschool Assessment of Attachment (PAA) (Crittenden 1988- 1995) – Età prescolare (18mesi-5 anni)
 School-age Assessment of Attachment (SAA) (Crittenden 1997- 2005; Crittenden, Landini 1999-2005) – Età scolare
 Transition to Adulthood Assessment of Attachment Interview (TAAI) (Crittenden 1999-2005) – Adolescenza
 Adult Attachement Interview (AAI) (Versione modificata, Crittenden 1999; Crittenden, Landini 2011) – Età adulta
 Parents’ Interview (PI) (Crittenden 1981) – Coppia di genitori

Il CARE-Index (Child-Adult Relationship Experimental Index) (Crittenden 1979-2004)


È una procedura per l’analisi della relazione tra adulto e bambino dalla nascita ai 24 mesi.
Consiste in brevi filmati di 3-5 minuti di interazione libera tra un adulto e un bambino di 0-15 mesi (versione Infant) o
16-24 mesi (versione Toddler). Richiede codificatori esperti e attendibili -1anno.
Si chiede all’adulto di relazionarsi (Infant) (o di giocare nella Toddler) con il proprio bambino come è solito fare (può
essere fatto sia in ambiente familiare sia in contesto ambulatoriale).
È una misura diadica: valuta i comportamenti interattivi di adulto-bambino (non misura il bambino o il genitore).
Valuta la Sensibilità Diadica (la capacità dell’adulto di favorire il benessere del bambino); vengono valutati anche i
precursori dell’attaccamento (indice della probabilità di configurazione d’attaccamento futuro).

Non valuta l’attaccamento perché il bambino non ha ancora stabilizzato la configurazione.

La Sensibilità Diadica (Mary Ainsworth)  riguarda qualsiasi configurazione di comportamento che faccia piacere
al bambino, aumenti il suo benessere e attenzione e riduca il suo disagio e disimpegno.
È la capacità di percepire i bisogni del bambino e rispondere adeguatamente.

Codifica del CARE-Index


Aspetti del comportamento valutati: (per ognuno tre items descrittori adulti e quattro infantili)
Informazioni affettive Informazioni sulle contingenze temporali
La
1. Espressione facciale 1. Successione dei turni

2. Espressione vocale 2. Controllo dell’attività


3. Posizione e contatto corporeo 3. Scelta dell’attività

4. Espressione di affetto
sensibilità diadica è considerata qualunque configurazione del comportamento che faccia piacere al bambino,
aumenti il suo benessere e riduca il suo disagio. Il comportamento dell’adulto è considerato in funzione del
temperamento del bambino.

Scala di sensibilità (pt): sensibile (14-11), adeguata (10-7), marginalmente adeguata (6-5, area di intervento), ad alto
rischio (4-0, area di tutela).

Il CARE-Index rispetto alla Strange Situation


 È una misura diadica, non individuale (non misura il pattern dell’attaccamento del bambino).
 Non valuta i modelli operativi interni, ma solo i precursori dell’attaccamento
 Evidenzia le strategie del bambino in funzione del comportamento dell’adulto (cosa che non fa la SS).
 È una procedura più economica e flessibile: non c’è bisogno di telecamere sofisticate.

Funzioni regolatorie del genitore


 Calmare la sofferenza del lattante;
 Posizionamento adeguato del bambino;
 Sincronizzare i movimenti e ritmi con quelli del bambino in modo da portare l’attivazione a un livello moderato;
 Mostrare affettività positiva;
 Porre attenzione ai picchi di attivazione;
 Presentare stimoli attraenti (es. volto materno);
 Creare contingenze interpersonali a partire da risposte riflesse dei lattanti, per ridurre l’attività generalizzata e non focalizzata.
Segnali di sofferenza infantili
 sbadigli;  starnutire;
 contorsioni;  ruttare;
 agitare braccia e gambe;  evitare il contatto di sguardi;
 singhiozzi;  piangere.

Scale del bambino


1. Cooperativo (C), comprende comportamenti associati con l’espressione di piacere, centrati sull’intraprendere
azioni da parte del bambino e accettare le proposte della madre;
2. Compiacente compulsivo (CC), comprende comportamenti forzati, con approcci indiretti o compiacenti verso il
comportamento materno uno degli indici precoci del futuro sviluppo dell’attaccamento distanziante;
3. Difficile (D), comprende comportamenti esplicitamente resistenti al comportamento materno;
4. Passivo (P), comprende comportamenti che funzionano in modo tale da ridurre il contatto con la madre.

Scale dell’adulto
1. Sensibile (S): include comportamenti rappresentativi di una buona responsività materna;
2. Controllante (C): include comportamenti interattivi direttivi, caratterizzati anche da ostilità più o meno velata;
3. Non responsiva (NR): raggruppa comportamenti caratterizzati da distacco mimico, vocale e fisico.

Scala di Sensibilità Diadica


 Fascia sensibile-adeguata (14-7 punti)
 Fascia di intervento (5-6 punti)
Richiede un intervento educativo psicologico alla genitorialità a breve termine (parent training, videofeedback)
 Fascia ad alto rischio (0-4 punti)
Richiede una terapia genitore-bambino o una terapia individuale (psicologica ed eventualmente farmacologica) –
parent training o biofeedback

Le configurazioni dell’attaccamento infantile (Ainsworth)


 nell’età prescolare (Crittenden)
C3-C4: aggressivo, finto impotente

A3: caratterizzato da una tendenza molto compiacente nei confronti delle figure di attaccamento e degli adulti in
generale accudimento compulsivo: bambini che si danno da fare il più possibile per accudire i propri genitori

A4: bambini che tendono a ubbidire agli adulti tanto da prevedere cosa vogliono gli adulti da loro senza che gli sia
chiesto compiacenza compulsiva (bambini con Falso Sé di Winnicott).

6-11 anni
SI aggiungono altre categorie di attaccamento preoccupato

C5-6punitivo/seduttivo:

 adolescenza (Crittenden)
La pubertà e la sessualità sono considerate; imparano che la propria sessualità possono essere utilizzate ai fini
dell’attaccamento . A-5 è legato a comportamenti promiscui; A-6 è legato a comportamenti autosufficienti

A5-6 provano sfiducia verso le proprie figure di attaccamento al punto di usare la sessualità per cercarsene altre
esterne

 età adulta (Crittenden 2004)


Si aggiunge A7-8 e C7-8; si aggiunge anche A/C (distanzianti e
preoccupati-ambivalenti in alternanza).
A7: idealizzazione delirante della figura di attaccamento

A8: sé assemblato esternamente persone cresciute per


buona parte in un istituto o adottate, hanno di sé stessi un
resoconto o una versione che non sono autentiche ma sono la
ricostruzione di quello che gli è stato riportato da adulti che si
sono occupati di loro – organizzazioni riferite.

AC: psicopatia categoria più pericolosa socialmente, sono persone con grande capacità di utilizzare le informazioni
cognitive e affettive integrandole come vogliono ma con uno scopo malevolo per manipolare gli altri.

Le persone che appartengono alla fascia più alta (B o F – free) hanno la capacità di integrare informazioni affettive
vere con una cognitività vera (non distorta), anche riconoscendo propri limiti (affettivi e cognitivi) – utilizza i propri
sistemi di memoria in modo efficace. Non sono necessariamente i più sani ma sono le persone che hanno sviluppato
configurazioni adatte all’ambiente in cui sono cresciuti. Sono però configurazioni meno a rischio di psicopatologie o
comportamenti disturbanti dal punto di vista sociale.
Il versante sinistro (da A1-2 a A7-8) è caratterizzato da persone che tendono ad ipervalorizzare le informazioni
cognitivi (molto razionali) ma nello stesso tempo bloccano o falsificano l’affettività
Il versante destro (da B4-5 a C7-8) è caratterizzato da un privilegio delle informazioni affettive, sono persone che si
fanno guidare dalle emozioni. la cognitività viene gradualmente falsificata.

AAI - Sistema di codifica del DMM (DMM-AAI) (Crittenden 1999; Crittenden e Landini, 2011)
Si basa su tre fonti di informazione:

1. storia ed eventi dell’infanzia;


2. discorso e sistemi di memoria associati (procedurale, per immagini, semantica, episodica, di lavoro);
3. caratteristiche del discorso (marcatori linguistici – es. riferimento ad episodi con esclusione del sé dalla frase, viene costruita come riferita
da altri “uno può provare paura”).

Attaccamento equilibrato (Tipo B) “Il modello ideale”


Le loro figure d’attaccamento sono state solitamente fonte di protezione e conforto (base sicura).
Sono equilibrati per quanto riguarda l’elaborazione delle informazioni e la gestione delle relazioni interpersonali.
Accedono sia ad informazioni cognitive (di tipo logico-razionale, legate a un ordine temporale/causale) che affettive (sia i
sentimenti positivi che quelli negativi) integrazione.
Sono in grado di guardare al passato rievocando il proprio punto di vista infantile, quello dei genitori e la propria attuale
interpretazione.
Recuperano le informazioni utili, soprattutto relative ai pericoli passati, per affrontare il presente.
Manifestano buone capacità integrative (metacognizione, capacità di riflettere sul proprio pensiero e capire le proprie
discrepanze), di consapevolezza di Sé ed empatiche (mentalizzazione).
Utilizzano le proprie capacità a vantaggio delle relazioni e nella gestione dei conflitti (cooperazione regolata dell’obiettivo:
riescono a costruire con gli altri una cooperazione con fini comuni; es. avere un figlio – manca nelle persone psicopatiche).
Può essere il risultato finale di un processo di riorganizzazione (sicuri guadagnati o earned secure).

Stile sicuro (B) e pericolo


 Sicuri “ingenui”: rischio di pericolo o inganno in ambienti ad alto rischio psicosociale – no competenze per far
fronte a pericolo improvviso (es. spot della vacanza faidate in un paese pericoloso);
 Sicuri “guadagnati” (earned secure): maggiore adattabilità in condizioni di pericolo, perché lo conoscono, avendo
passato un periodo della propria vita in queste condizioni, ma hanno imparato a riorganizzare il proprio pattern
di attaccamento e ad essere adattivi.

Attaccamento Distanziante (Tipo A) - “Va tutt o bene, non preoccuparti di me”


Minimizzano i problemi distanziando i ricordi negativi e idealizzando o esonerando i genitori (in contraddizione con i
ricordi autobiografici) Tendono ad assumere il punto di vista degli altri (per controllarli) iperadattandosi in modo
compiacente; in questo modo gli altri non diventano un pericolo e possono essere controllati

Privilegiano la cognitivita (logica) rispetto all’affettività (bloccata o falsificata).


Manifestano un distanziamento degli affetti negativi

Sminuiscono i propri bisogni d’attaccamento, sono a disagio con l’intimità.


Scarsa funzione riflessiva e maggiore rischio di comportamenti aggressivi e antisociali (per mancato controllo delle
emozioni negative) – crisi di rabbia, di panico, di pianto, agiti sessuali.
Tipo A - Funzioni centrali
 Privilegio delle informazioni cognitive rispetto a quelle affettive.
 Idealizzazione (A1-2 es. “nessuno mi parli male dei miei genitori” “ho avuto una famiglia normale”) oppure
esonero (A+) delle figure di attaccamento.
 Distanziamento (es. rimanendo il più possibile impassibili, facendo finta di non avere reazione) o falsificazione
(es. sorridere o ridere quando si è a disagio) degli affetti negativi.
 Assunzione del punto di vista altrui e minimizzazione del proprio (non emergono propri bisogni – Falso Sé in A+,
poco autentici nel modo di comportarsi; alessitimia in A+, con bassi livelli di mentalizzazione).
A - Distanziante a basso indice (A1-2) - contesto di sicurezza fisica.
Da bambini sono stati relativamente al sicuro, ma non confortati attivamente dalla figura d’attaccamento che rifiutava il loro
comportamento d’attaccamento (paura, collera, desiderio di conforto). Sono meno associabili a condizioni di rischio
psicosociale. Le qualità buone e cattive del genitore sono scisse. Idealizzano i genitori e le emozioni e i ricordi negativi associati al
pericolo non vengono raccontati anche se richiesti.
A - Distanziante ad alto indice (A3-8) (compulsivi) - contesto di pericolo (es. non riconoscere nessuna figura di attaccamento).
I genitori sono stati fonte di pericolo (psicologico o fisico) o non sono stati protettivi.
Gli episodi di pericolo sono in genere ben ricordati e l’idealizzazione non è possibile.
Esonerano i genitori dalle loro responsabilità
Forme di compulsione: accudimento compulsivo (inversione dei ruoli) (A3), acquiescenza compulsiva (A4), promiscuità anche
sessuale (A5), autosufficienza compulsiva (A6), idealizzazione delirante (A7), Sé assemblato esternamente (A8). Si cerca di
raggiungere un senso di protezione e sicurezza.
Associato ad alti livelli di sofferenza psicologica e a un aumentato rischio di comportamenti aggressivi e antisociali (per mancato
controllo delle emozioni negative).
Affetti negativi distanziamento : rabbia, paura, vulnerabilità, eccitazione sessuale,
Intrusione Il distanziamento degli affetti non riesce e il soggetto viene invaso da stati emotivi che non riesce a
gestire con le proprie strategie difensive.

Attaccamento Preoccupato (Tipo C) - “Ho tanti problemi, come poi aiutarmi?”


Si lamentano dei propri problemi enfatizzando le esperienze negative e biasimando i genitori.
Sono centrati sul proprio punto di vista e manifestano scarsa considerazione per i problemi altrui (scarsa
mentalizzazione). Non riconoscono le proprie colpe ma colpevolizzano sempre gli altri
Privilegiano l’affettività (si fanno guidare dalle emozioni) rispetto alla logica (cognitività).
Sono ancora coinvolti in conflitti con le proprie figure di attaccamento.

C - Preoccupato a basso indice (C1-2) - contesto di cure imprevedibili.


Le figure d’attaccamento sono state incostanti, ma disponibili e non pericolose.
Vivono i genitori come figure amorevoli, ma non si spiegano perché continuano a provare disagio.
Per difendersi si concentrano sui sentimenti che segnalano i pericoli e sulla ricerca di protezione.
Ricordano molte esperienze passate, confondendo tempi e persone senza arrivare a conclusioni ragionate e
mostrando intensa partecipazione affettiva (ridono, piangono).

C - Preoccupato ad alto indice (C3-8) (Ossessivi) - contesto di pericolo (psicologico o fisico).


Si sono verificati pericoli imprevedibili e i genitori non hanno protetto il figlio in modo coerente.
Gli affetti negativi sono espressi in modo dissociato (es. possono essere sia arrabbiati sia fragili), enfatizzando rabbia
e risentimento e minimizzando paura e desiderio di conforto (indice dispari) oppure l’opposto (indice pari). Possono
apparire ansiosi, vulnerabili e alla continua ricerca di protezione (vittime), oppure sospettosi, arrabbiati e ostili
(accusatori).
Forme di ossessione: continue lamentele e accuse nei confronti delle proprie figure di attaccamento presentandosi
come accusatori (C dispari) o come vittime (C pari, si possono presentare come falsamente incompetenti, usano la
propria aggressività in modo nascosto spostando le proprie responsabilità sugli altri e facendoli sentire in colpa).
Cosa è pericoloso per tali soggetti
 Distanziante (A):
o Non conoscere le aspettative degli altri
o Sperimentare affetti negativi  intrusioni di affetti negativi sregolati
 Preoccupato (C):
o Non essere al centro dell’attenzione
o Rivelare le proprie intenzioni (non vogliono prendere posizione)

Configurazioni combinate e modificatori


 A/C – Distanziante/Preoccupato
 AC – Psicopatia
 Irrisolto (U) - mancata risoluzione rispetto a un trauma (U/tr) o un lutto (U/l)
 Dp – Depresso
 R – In corso di riorganizzazione (es. situazioni di insicurezza nell’infanzia, ma nel corso della vita attraverso
esperienze significative a poco a poco si guadagna componenti più equilibrate)
 DO – Disorientato
 ina – Intrusions of negative affects (tipico delle configurazioni A+)

La codifica dell’attaccamento
Ainsworth (SS) Berkeley (AAI) DDM (AAI)
B – Sicuro F – (Free) Libero- B – Equilibrato
autonomo
A – Evitante Ds – (Dismissing) A – Distanziante
Distanziante A basso indice (A1-2)
Ad alto indice (A3-8)
C – Resistente- E – (Entangled) C – preoccupato
ambivalente Preoccupato-invischiato A basso indice (C1-2)
Ad alto indice (C3-8)
D – Disorganizzato- U – (Unresolved) Irrisolto A/C – Dist/preocc
disorientato (Main) o U/D AC – Psicopatia
(irrisolto/disorganizzato) Modificatori (U/tr, U/l,
Dp, ina, Do, R)
Bambino ---------------------------------------
Adulto------------------------------------

Il legame amoroso di coppia (Romantic love)


 È legato a tratti individuali relativamente stabili ed È condizionato dalle esperienze precedenti
 Ha le caratteristiche di una relazione di attaccamento (protegge dal pericolo e favorisce l’adattamento e
l’esplorazione)
 È tendenzialmente simmetrico (entrambi i partner possono fornire sostegno e protezione)
 Influenza la salute mentale

Lo sviluppo del legame di coppia romantico (Zeifman e Hazan, 1997, 1999, 2009)
1. Fase di pre-attaccamento (Attrazione e flirting): frequentazioni amicali e sociali, ricerca, disponibilità a
conoscersi, promiscuità.
2. Fase di formazione dell’attaccamento (Innamoramento): aumento dell’attivazione (iperattività, eccitabilità,
insonnia, inappetenza) e/o di atteggiamenti che rassicurano e favoriscono la comunicazione affettiva (abbracci,
tenersi per mano, carezze, tono di voce affettuoso). Idealizzazione narcisistica di sé e dell’altro, proiezione
sull’altro dei propri desideri e bisogni. Intensi desideri sessuali e possibili rapporti intimi. Si inizia a scambiarsi
confidenze, a condividere esperienze positive e negative e a fare progetti esperienza narcisistica.
3. Fase dell’attaccamento ben delineato (Amore): passaggio dall’innamoramento all’amore (l’altro diventa una
persona reale, vista per come è). Maggiore importanza del sostegno emotivo e dell’accudimento del partner.
L’attività sessuale solitamente diminuisce (maggiore tenerezza). Si stabilizza la relazione di attaccamento e si
manifesta l’effetto di base sicura. Il rapporto è basato su una maggiore condivisione ed empatia. Spesso
corrisponde ai primi anni di convivenza o di matrimonio e alla nascita di eventuali figli.
4. Fase della partnership regolata da scopi (Fase post-romantica): diminuzione del contatto fisico e maggiore
interesse per la genitorialità e le attività extrafamiliari. Il partner costituisce una base sicura per l’esplorazione
sociale.

Influenza sulla salute


Una relazione configurata come un legame di attaccamento stabile comporta benefici per la salute psichica e fisica (Zeifman,
Hazan 1999, 2008) (l’effetto si manifesta dopo almeno due anni).

Separazione o divorzio: è il fattore sociodemografico maggiormente associato allo sviluppo di malattie psichiche e somatiche
(Verbrugge 1979; Somers 1979; Solano 2001).
Particolarmente vulnerabili le persone che continuano a considerare l’ex coniuge come una figura di attaccamento (Brown et al.
1980) essere ancora ingaggiata in una fragilità personale.

Perdita del coniuge: nel primo anno la possibilità di morte aumenta di 7 volte (Parkes et al. 1979), soprattutto nel maschio (Rees,
Lutkins 1967)

Lo studio dell’amore romantico


1984: Carol George, Mary Main e Nancy Kaplan sviluppano l’Adult Attachment Interview (AAI) e la somministrano a madri e
padri per studiare la trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento
1985: Primo strumento self-report: Questionario sull’attaccamento attuale, di Lorenzini, Mancini e Sassaroli (1985), adattamento
del Parental Bonding Instrument (PBI) di Parker et al. (1979).
1987: Primo strumento che valuta l’amore romantico concettualizzato come un attaccamento: Adult Attachment Styles (AAS) o
Single Item Measure (1987) di Cindy Hazan e Phillip Shaver all’interno dell’Adult Attachment Questionnaire (AAQ), pubblicato
come “quiz sull’amore” su un quotidiano americano nel 1985.

La valutazione dell’attaccamento di coppia


Tre modelli di valutazione (Griffin, Bartholomew 1994)

1. Modello categoriale: divide i soggetti all’interno di categorie definite che si autoescludono (AAI, Mary Main,
Cindy Hazan e Phillip Shaver)
2. Modello dimensionale: valuta le variazioni individuali all’interno delle categorie e colloca i soggetti all’interno di
più dimensioni indipendenti (AAS di Collins e Read, ASQ, DMM)
3. Modello per prototipi: si riferisce a prototipi basati su pressupposti teorici (Kim Bartholomew, RQ, DMM)

Alcuni modelli valutano il singolo partner, altri le coppie; scarsa concordanza tra diversi modelli e strumenti.

Current Relationship Interview (CRI) (Crowell 1990; Crowell, Owens 1998)

 Intervista semistrutturata basata su 15 domande (relazioni attali con il partner) Audioregistrata


 Valuta lo stato della mente rispetto l’attaccamento nei legami sentimentali attuali
 Aree d’indagine:
o Background sentimentale (relazioni romantiche passate)
o Relazione romantica attuale (descrizione, 5 aggettivi, episodi)
o Rifugio sicuro (supporto del partner in situazioni di difficoltà)
o Base sicura (obiettivi e mete)
o Passato (matrimonio dei genitori)
o Futuro (cosa hanno appreso dal passato, speranze e preoccupazioni per il futuro)
 È uno strumento simile alla AAI (adu
 Viene utilizzata per valutare la mentalizzazione attraverso la RF/AAI di Peter Fonagy (Zaccagnini et al. 2008).

I questionari self-report
 Parental Bonding Instrument (PBI) (Parker, Tupling, Brown 1979)
 Questionario sull’Attaccamento Attuale (Lorenzini, Mancini, Sassaroli 1985)
 Adult Attachment Styles (AAS) o Single Item Measure (parte dell’Adult Attachment Questionnaire) (AAQ) (Hazan, Shaver 1987)
 Adult Attachment Scale (AAS) (Collins, Read 1990)
 Relationship Questionnaire (RQ) (Bartholomew, Horowitz 1991)
 Attachment Style Questionnaire (ASQ) (Feeney, Noller, Hanrahan 1994)
 Experience in Close Relationships (ECR) (Brennan, Clark, Shaver 1998)
 Attachment Movie Test (AMT) (Baldoni 2005)
Limiti degli strumenti self-report:

 Valutano quello che un individuo è disposto ad ammettere riguardo al proprio modo di comportarsi nelle
relazioni intime (e non i modelli operativi interni)
 Anche nel caso di assoluta sincerità emergono solo gli aspetti consci dell’attaccamento
 I soggetti evitanti (che per definizione distanziano i propri bisogni di protezione e assumono facilmente un
atteggiamento compiacente verso gli altri) tendono a descriversi come sicuri
 La somministrazione avviene in condizioni psicologiche di relativa tranquillità e non di stress
 La correlazione tra questionari self-report e AAI è scarsa

Parental Bonding Instrument (PBI) di Parker, Tupling, Brown (1979)


Questionario self-report composto da due sezioni di 25 items (una riguardante la madre e l’altra il padre) con
risposte su una scala a 4 punti (da molto d’accordo a molto in disaccordo).
Valuta nell’adulto il legame con i propri genitori durante i primi 16 anni di vita.
Si basa su due dimensioni:

1. Cura (affettuosità, calore, empatia e confidenza contro freddezza, incomprensione, negligenza)


2. Iperprotezione (controllo, intrusione, inibizione della autonomia contro stimolazione all’indipendenza e
all’esplorazione)

Adult Attachment Styles (AAS) o Single Item Measure parte dell’Adult Attachment Questionnaire (AAQ)
Quale delle seguenti frasi descrive meglio i suoi sentimenti? (scala da 1 a 7)
1. Trovo relativamente facile stabilire delle relazioni intime con altri e mi sento a mio agio nel dipendere da loro. Non mi capita
spesso di temere di essere abbandonato/a o che qualcuno si leghi fortemente a me. (sicuro)
2. Qualche volta mi sento a disagio quando sto con gli altri; trovo difficile avere completa fiducia in loro, mostrarmi dipendente
da essi. Divento nervoso/a se qualcuno diventa eccessivamente intimo e, spesso, il/la mio/a partner vorrebbe che
stabilissimo un’intimità superiore a quella che mi fa sentire a mio agio. (evitante)
3. Trovo che gli altri siano riluttanti a stabilire con me quell’intimità che desidererei raggiungere con loro. Spesso temo che il/la
mio/a partner non sia realmente innamorato/a o che non voglia stare con me. Desidero un rapporto molto stretto con il/la
mio/a partner e questo, qualche volta, fa fuggire le persone. (ansioso-ambivalente)

Il modello a 4 categorie di Kim Bartholomew (1990)


Le persone variano in base al modello di sé positivo o negativo o
visione dell’altro negativo o positivo.
Positivo+positivo= sicuro
Negativo+positivo= preoccupato, gli altri per lui sono persone a cui ci
si può affidare, dipende eccessivamente dagli altri
Positivo+negativo= evitante distaccato, rifiuto dell’intimità e della
dipendenza con la convinzione di riuscire a farcela da solo
Negativo+negativo= evitante timoroso; timore dell’intimità e
evitamento sociale, senso di fragilità sia per la visione di se stessi sia
per la possibilità di affidarsi ad altri.

Relationship Questionnaire (RQ) di Kim


Bartholomew e Leonard Horowitz (1991)
NON NE HA PARLATO … LE FACCIAMO ?
Attachment Style Questionnaire (ASQ) di Judith Feeney, Patricia Noller e Mary Hanrahan (1994)
È un questionario self-report di 40 items con risposte su una scala a 6 punti . Valuta 5 dimensioni che hanno a che
fare con l’attaccamento (Fiducia, Bisogno di approvazione, Preoccupazione per i rapporti stretti, Disagio nei confronti
dell’intimità, Rapporto sentimentale considerato come secondario); no categorizzazione generale dell’attaccamento.
Experience in Close Relationships (ECR) di Brennan, Clark e Shaver (1998) => non ne ha parlato
Questionario self-report di 36 item. Cerca di condensare in un unico strumento la maggior parte degli altri questionari.
Valuta le due dimensioni di evitamento (disagio per la vicinanza e la dipendenza) e ansia (pianto, mancanza di esplorazione,
protesta, rabbia) già evidenziate da Mary Ainsworth.
Quattro stili simili all’RQ (sicuro, preoccupato, distaccante/svalutante, timoroso).

Attachment Movie Test (AMT) di Franco Baldoni (2005)


Consiste nella visione di 9 brevi filmati alla fine di ognuno dei quali si chiede al soggetto di compilare una scheda.
Pone il soggetto in una condizione standardizzata di moderato stress, impedendogli di riflettere eccessivamente in
modo da ridurre al minimo l’interferenza conscia.
I filmati si riferiscono alle principali tematiche analizzate dall’AAI. L’obiettivo non è classificare lo stile di
attaccamento, ma valutarne alcune dimensioni significative individuate dalla ricerca più recente (chiede cosa è
emerso dai filmati).
La procedura richiede circa un’ora di tempo e può essere utilizzata dalla preadolescenza all’età adulta anche in
soggetti con capacità cognitive e culturali limitate.

Distribuzione dell’attaccamento: dati dei questionari self-report


 Sicuro (55% della popolazione): capacità di vivere esperienze intime e di chiedere e ricevere aiuto
 Evitante (25%): respinge l’intimità ed è incapace di chiedere aiuto agli altri
 Preoccupato (20%): preoccupato riguardo l’affidabilità e la disponibilità del partner

dati fallaci in quanto è possibile errori di desiderabilità sociale


Distribuzione dell’attaccamento Dati delle AAI (Modello Main e Goldwyn – Berkeley)
AAI Madri Padri Adolescenti

Sicuro-autonomo 58% 62% 56%


(F)

Distanziante (Ds) 24% 22% 27%

Preoccupato (E) 18% 16% 17%

Campione non clinico – meta-analisi di 33 studi

Il “matching” di coppia – Dati delle AAI


 Attaccamento di coppia sicuro (Sicuro-Sicuro, B-B): entrambi i partner possono assumere una posizione di dipendenza o
essere l’oggetto di dipendenza dell’altro. Esprimono apertamente il proprio bisogno di vicinanza, conforto e di protezione e
sono a proprio agio nel contatto
 Attaccamento di coppia Insicuro
o Distanziante-Distanziante (A-A): entrambi minimizzano o negano i bisogni di dipendenza e di vulnerabilità
o Preoccupato-Preoccupato (C-C): entrambi si lamentano del partner e sono convinti di non poter essere soddisfatti
dall’altro
o Distanziante-Preoccupato (A-C): il partner distanziante prova fastidio dai bisogni di dipendenza dell’altro e il
preoccupato si sente cronicamente deprivato di affetto e attenzione
 Attaccamento di coppia Sicuro-Insicuro (B-A o B-C): la capacità del partner sicuro di assumere una posizione di dipendenza
o di proteggere l’altro permette una parziale compensazione.

05/11/20

La scelta del partner – Dati delle AAI


I sicuri tendono a unirsi i sicuri e gli insicuri con gli insicuri (in particolare i disorganizzati/irrisolti con partner simili).
Un terzo dei sicuri si unisce con un partner distanziante o preoccupato.
I soggetti evitanti (soggetti A) si legano con maggiore frequenza con partner preoccupati (ambivalente – soggetti C) e viceversa
in carattere evolutivo, nella vita di coppia le persone con un pattern di attaccamento di un certo genere ricerca un partner con
un pattern complementare (se fossero dello stesso tipo non ci sarebbe adattamento).
I legami tra due evitanti o tra due preoccupati sono molto più rari e instabili – importanza clinica.

L’adattamento di coppia – Dati delle AAI


I partner sicuri sanno fornire una base sicura o utilizzare il compagno come base sicura. Nei momenti di difficoltà segnalano i
propri bisogni, colgono quelli dell’altro e risolvono più facilmente i conflitti (Crowell et al. 2002).
Quando almeno un partner è sicuro, soprattutto se è il marito, aumentano le capacità di adattamento con un miglioramento
della qualità della relazione di coppia e delle capacità genitoriali (sensibilità, base sicura, mentalizzazione, mind-mindedness,
coerenza educativa). La configurazione tra donne sicure e uomini insicuri è molto più negativa e instabile (Branburn 1997),
arrivando più facilmente alla separazione.
Le configurazioni insicure (individuali e di coppia) sono maggiormente associate a insoddisfazione di coppia, conflitti familiari,
comportamenti aggressivi e atti di violenza (Crowell et al. 1995).
Le configurazioni insicure di tipo opposto (distanziante/preoccupato) possono essere molto conflittuali e insoddisfatte (modello
“chase and dodge” – mordi e fuggi), ma tendono a una notevolmente stabilità nel tempo , manifestando una compensazione,
soprattutto se la donna è preoccupata. Sono le coppie che più frequentemente cercano aiuto psicoterapeutico.

Influenze del genere – Dati delle AAI


La configurazione più negativa e instabile è tra donne sicure e uomini insicuri (Branburn 1997) – anche per motivi culturali (50
anni fa nessuna donna avrebbe pensato di divorziare dal marito perché è distanziante o ambivalente e si fa guidare troppo dalle
emozioni).
La riorganizzazione dell’attaccamento da insicuro a sicuro (sicuri guadagnati, earned secure) si verifica più frequentemente nelle
donne (maggiore plasticità rispetto ai cambiamenti; uomini più rigidi nella modifica del pattern di attaccamento), se il partner
offre una valida base sicura.

Attaccamento e genitorialità
 Sicuri: capacità di fornire un supporto reciproco al partner e sviluppare progetti di coppia comuni, incluso avere
figli (matrimonio, vita comune, tutto quello che serve per avere maggiore sicurezza nella crescita dei propri figli.
 Evitanti (A): concepiscono le relazioni interpersonali in modo strumentale e opportunistico, investono poco sulla
genitorialità (meno coinvolti sul piano emotivo).
 Preoccupati (C): si aspettano dalle relazioni intime di ricevere aiuto e protezione, vivono la genitorialità in modo
intrusivo e manipolatorio – genitori che vorrebbero amici dei loro figli, compagni di gioco, per sentirsi meno soli
(vivono la loro genitorialità come se i figli potessero essere un oggetto, senso manipolatorio).

Relazione con i figli – Dati delle AAI


Sono particolarmente compromesse e conflittuali se entrambi i genitori sono insicuri.
Un padre sicuro agisce da fattore correttivo (effetto di base sicura verso la madre e verso i figli): le donne insicure
sono protette dai disturbi emotivi (ansia e depressione, dovuti al parto) (Baldoni 2005, 2010; Baldoni e Ceccarelli
2010) e sostenute nell’acquisire competenze genitoriali.

Le funzioni genitoriali
 Fornire una base sicura, favorendo l’esplorazione;
 Favorire una mentalizzazione (mentalità psicologica: pensare in termini di stati mentali) o funzione riflessiva
rapporto con caregiver mentalizzanti
 Stimolare lo sviluppo, l’autonomia e l’esplorazione (in funzione della qualità della relazizzone di attaccamento)
 Favorire una graduale individuazione (capacità di riconsocersi per le proprie caratteristiche individuali e
personali) e separazione (capacità di autonomia psicologica) dei figli
 Fornire un modello di vita di coppia e di famiglia (difficile fornire un modello positivo ai figli - Lorenz); la vita
pubblica fornisce modelli di vita adulti non etici da non ammirare, portando sentimenti di sfiducia (vd. politici)

Le funzioni dell’attaccamento materno


Bowlby non era capace di percepire la funzione del padre dal punto di vista dell’attaccamento.
Le funzioni dell’attaccamento della madre nei confronti del figlio sono:

 Protezione (Bowlby, Ainsworth, Crittenden) – base sicura


 Esplorazione (Grossmann et al.) – ambiente esterno e interno (emozioni, fantasie)
 Sviluppo psicofisico (Miron Hofer) – regolazione fisiologica (ritmo del cuore, temperatura cutanea, frequenza
respiratoria, pressione ematica), regolazione delle emozioni, gestione dello stress, mentalizzazione. Hofer ha
studiato il rapporto di vicinanza tra le mamme dei ratti e i piccoli ratti: il modo con cui la madre si appoggia sul
piccolo (lo lecca, gli alita sopra…) con un contatto fisico sono importanti per lo sviluppo di regolazione fisiologica
per poter affrontare l’ambiente quando cresce, per poter gestire lo stress e regolare le funzioni emotive,
essendo più resiliente nel rapporto con l’ambiente. Questi risultati si possono applicare anche al contesto
umano. L’attaccamento ha una visione più ampia della sola protezione ed esplorazione; influenza il modo in cui
diventiamo dal punto di vista fisico e di quello del SNC.

Il ruolo del padre


 In psicoanalisi (prospettiva diadica):
o costituzione e all’elaborazione del conflitto di Edipo
o sviluppo dell’identità sessuale
o interiorizzazione di un codice etico e morale (sviluppo del Super-Io)
 Studi sull’attaccamento e Infant Research (prospettiva triadica: madre-padre-bambino):
o funzione protettiva nel periodo perinatale e in adolescenza
o sviluppo delle capacità di mentalizzazione

La famiglia nucleare contemporanea


 Nasce nel dopoguerra con la crisi della famiglia patriarcale.
 Entrambi i genitori lavorano. Tendono a mantenere interessi e impegni adolescenziali (si pongono nei confronti
dei figli come pari - deresponsabilizzazione) e possono mancare di autorevolezza.
 Nascono le prime famiglie monoparentali e le coppie genitoriali omosessuali (e ricostituite).
 Il padre diviene importante come figura di attaccamento affianca la madre e si occupa dell’accudimento anche
dei figli piccoli (mammo a volte in competizione con la madre). È meno legittimato come figura sociale,
maggiormente come figura di attaccamento. Frequenti i disturbi affettivi perinatali paterni (da tutta la gravidanza
al primo anno dopo la nascita).
 I figli vivono molto in casa e utilizzano media elettronici (smartphone, Ipad, videogiochi), che a volte
sostituiscono i genitori carenti. Possono essere affidati ad altri adulti (nonni, tate, scuola materna).
 Quando i genitori sono in difficoltà (crisi di coppia, incoerenza educativa, conflitti) i figli tendono a divenire
tirannici, capricciosi e coercitivi (Tipo C - ADHD) o a manifestare difficoltà di autonomizzazione (con ritiro
sociale). Nella famiglia patriarcale i rapporti erano più autoritari; i figli con difficoltà quando andavano a scuola
tendevano a sviluppare dei problemi di tipo A.

Bowlby e i padri
«Ricordo di avere chiesto a mio padre riguardo al ruolo del padre nella teoria dell’attaccamento, ma lui non aveva
un’opinione precisa al riguardo e concluse la conversazione dicendo: “Bene, un bambino non ha bisogno di due
madri!”. Dagli anni ’80 mio padre ha valorizzato molto di più il ruolo del padre e ha parlato degli effetti della perdita
del padre sui figli maschi. Il riconoscimento dei padri è arrivato tardi nella sua carriera e sospetto che il suo
concentrarsi intensivamente sulle madri abbia deviato i ricercatori e distorto i valori culturali». (Intervista al figlio di
Bowlby)

Il padre come figura di attaccamento


 L’attaccamento padre-figlio non è ancora sufficientemente studiato.
 Le capacità di mentalizzazione di entrambi i genitori sono fondamentali per lo sviluppo delle stesse capacità del
figlio.
 Influenza del padre sulla capacità di esplorazione e di regolazione delle emozioni e degli impulsi (particolarmente
aggressivi) (Grossmann et al. 2002).
 Un padre sicuro favorisce l’attaccamento sicuro e la mentalizzazione nel figlio, ancora di più quando la madre è
insicura (Cowan, Cowan 2000).
 La concordanza tra attaccamento paterno e quello del figlio (minore rispetto a quella con la madre) sembra
aumentata rispetto al passato (91% in un campione italiano valutato con AAI).
 La sicurezza del figlio è influenzata soprattutto dalla sensibilità e dalle capacità di mentalizzazione di entrambi i
genitori - la correlazione tra padre e figli sicuri aumenta(Fonagy et al. 1998; Baldoni 2010; Di Folco, Zavattini
2014).
 L’influenza sull’insicurezza del figlio aumenta quando il padre è insicuro (van Ijzendoorn 1995; Baldoni 2005,
2014)

Le funzioni dell’attaccamento paterno


Funzioni sia simili che diverse rispetto a quelle dell’attaccamento materno.

Rapporto tra padre e figlio:

 Protezione (base sicura) – si manifesta


soprattutto dopo il primo anno di vita (il
bambino piccolo è maggiormente sotto l’ala di
protezione con la madre, che ha maggiore
contatto corporeo)
 Esplorazione (Grossmann et al.): funzione
particolarmente importante, già dai primi mesi –
quando il figlio comincia a camminare e a dire le
prime parole, le capacità dei padri di ingaggiare con i propri figli dei giochi avventurosi e competitivi, di stimolare
curiosità ed eccitazione, paura e rabbia favorisce nei bambini il controllo delle emozioni (in particolare quelli
negativi), la regolazione degli impulsi (soprattutto aggressivi). I bambini che hanno avuto queste esperienze, da
adolescenti nel rapporto con i pari e con gli adulti saranno più capaci di regolarsi e di adattarsi all’ambiente
esterno. È importante che i padri parlino ai propri figli: dialogo verbale (in passato si pensava fosse una
caratteristica solo femminile)
 Sviluppo psicofisico: si conoscono meno le influenze del rapporto diretto tra padre e figlio sullo sviluppo
psicofisico del figlio. Potrebbe sovrapporsi alla funzione materna, o compensarla.

Rapporto tra padre e madre (insidie e pericoli nel periodo perinatale – il sistema di attaccamento si attiva):

 Protezione (base sicura) – le madri che rimanevano incinta nelle famiglie patriarcali erano accudite da figure
femminili (sorelle, zie, cugine, nonne), ma ora c’è maggiore isolamento e non si può rinunciare al
padre/compagno. Le donne che possono contare su un partner protettivo soffrono meno di disturbi perinatali, e
quelle che ne soffrono se hanno un partner presente ne soffrono di meno e hanno effetti minori sul benessere
dei figli (mediatore protettivo del padre).
 Esplorazione: avviarsi all’esplorazione della genitorialità (mondo nuovo) – le coppie in cui il legame è sicuro sono
quelle che si avventurano più facilmente nei confronti di una genitorialità.

Quando il padre si occupa del neonato – Modificazioni ormonali e neurobiologiche


Avvicinamento del SNC dell’uomo a quello della donna:

 Aumento di ossitocina (favoriscono le attività empatiche e sociali);


 Diminuzione di testosterone (che rende più sensibili, meno aggressivi e meglio disposti alla relazione con la
madre);
 Aumento di cortisolo (ormone dello stress, che intensificano l’attenzione verso il neonato);
 Aumento di prolattina (ormone tipicamente femminile, aumenta quando il neonato piange o è più bisognoso di
cure e vulnerabile) (Fisher et al., 2018);
 Le aree e i circuiti cerebrali attivati (fMRI) sono gli stessi nell’uomo e nella donna e riguardano le funzioni
cerebrali emozionali-empatiche e quelle socio-cognitive (Abraham et al., 2014). Questo vale sia nelle coppie
biologiche che acquisite, sia nelle coppie omosessuali.

Un’importante funzione maschile


 Fornire una base sicura alla madre al fine di contenere la sofferenza psicologica a livelli tollerabili e promuovere
una migliore relazione madre-babino (Dickie, 1987; Broom, 1994; Baldoni 2005, 2010)
 I padri preoccupati, ansiosi, depressi, o quelli con problemi comportamentali sono un problema – viene a
mancare la funzione protettiva (Das-Eiden, Leonard 1996; Luca, Bydlowsky 2001; Baldoni, Baldaro, Benassi 2009;
Baldoni, Ceccarelli, 2010)
 La mancanza della funzione protettiva paterna può favorire un disturbo affettivo nella madre e influenzare
negativamente l’attaccamento e lo sviluppo psicomotorio del figlio

Relazioni triadiche nel ciclo vitale della famiglia


Svolgimento nel corso del tempo delle relazioni
triadiche nella famiglia.

Nella prima infanzia il rapporto tra padre e madre è molto


importante (garantisce il buon funzionamento del
rapporto madre-figlio), ma anche quello da padre e figlio
(ma meno rispetto a quello tra madre e figlio)

Nel periodo edipico, tutte e tre le componenti sono importanti e coinvolte.

Nell’adolescenza, i figli iniziano a svincolarsi dalla famiglia; nel momento in cui le madri devono allontanarsi dai figli,
la presenza di un padre che ha un rapporto di attaccamento funzionante e valido con la madre è fondamentale,
perché aiuta la madre a svincolarsi dai figli e rinunciare al ruolo centrale che avevano continuando a sentirsi valide
come persona (rapporto positivo col partner). Le coppie che durante la genitorialità si sono perse di vista come
partner, sono coppie che stanno male e tendono a separarsi e divorziare. Ci sono dei figli che si sentono bloccati
nella loro emancipazione rispetto ai genitori perché si sentono colpevoli e coinvolti implicitamente e costretti a
rimanere in casa per non influenzare negativamente il rapporto padre-madre.

La funzione paterna come base sicura


Prima infanzia:

 favorire e tutelare la relazione madre-bambino (abitazione adeguata, sostegno economico, procurare cibo e altri
beni necessari, rappresentare e proteggere il nucleo familiare)
 supporto e contenimento emotivo della madre durante la gravidanza e nel post-partum.

Adolescenza

 sostenere il figlio nel processo di emancipazione


 proteggere la moglie dalla depressione per la separazione dal figlio e i cambiamenti delle funzioni affettive (ruolo
materno) e sessuali (menopausa)

Psicopatologia della paternità


 Depressione Perinatale Paterna
 Disturbi d’Ansia Disturbi affettivi perinatali
GAD, PTSD, attacchi di Panico, DOC, fobie
 Alterazioni del Comportamento di Malattia
Somatizzazioni, disturbi funzionali, ipocondria, sindrome della Couvade
 Disturbi comportamentali
Crisi di rabbia o di violenza, conflitti familiari, attività fisiche o sessuali compulsive, addiction (alcol, psicofarmaci,
droghe, dipendenze da internet, gioco patologico), lavoro eccessivo, adulterio, abbandono del nucleo familiare
 Disturbi psicotici
Deliri, allucinazioni, mania, disturbi bipolari

Sono influenzati dalla cultura.

I disturbi affettivi perinatali paterni (Perinatal affective disorders)


 Solo di recente oggetto di ricerca
 Sono estremamente frequenti, ma tendono ad essere sottodiagnosticati e sottovalutati
 Si manifestano in modo differente da quelli femminili
 Spesso in comorbilità con altri disturbi
 Influenza sulla salute mentale della madre e sullo sviluppo psicomotorio del figlio

Un problema clinico complesso, perché all’interno di questo nucleo troviamo una serie di manifestazioni
sintomatiche:

 Depressione (spesso inibite o alterate)


 Ansia
 Acting out (crisi di rabbia o di violenza, conflitti, tradimenti, fughe, suicidio)
 Attività fisica o sessuale compulsiva o pericolosa (da usare come una sorta di antidepressivo, per sentirsi vivo,
capace, nel pieno delle proprie forze)
 Alterazioni del comportamento di malattia – abnormal illness behaviour (somatizzazioni, disturbi disfunzionali –
es. disturbi digestivi, mal di testa, ipocondria)
 Dipendenze (fumo, alcol, droghe, gioco patologico, internet)

difficoltà di assessment

Effetti dei disturbi affettivi paterni:

 Vita sociale (lavoro, interessi, relazioni amicali)


 Vita di coppia
 Salute psicologica della madre (es. depressione post-partum) – l’uomo non riesce a fornire una base sicura per la
partner
 Sviluppo del figlio
 Relazione madre-bambino: disturbata dal fatto che il padre non crea le condizioni adeguate perché la madre
possa occuparsi del figlio adeguatamente.

La prospettiva sistemica e il modello biopsicosociale


La teoria generale dei sistemi (Ludwig von Bertalanffy)
Lavorando sulle cellule, ha proposto una teoria applicabile a tutti i sistemi in generale, indipendentemente dalla loro
natura e composizione. Rileva similitudini in campi differenti (isomorfismi).
Non si interessa del singolo elemento, ma della relazione. Concetto di sistema: è un complesso di componenti in
relazione Si presenta come un nuovo paradigma scientifico, ma anche come una metascienza, integrando le varie
scienze e superando il modello meccanicista cartesiano.
Le leggi generali dei sistemi
 L’insieme (l’unità) è diverso dalla somma delle sue parti principio della non sommatività.
 Le parti di un sistema sono organizzate l’una con l’altra.
 Qualsiasi cambiamento nel sistema modifica ogni singola parte (es. in una famiglia, un membro che se ne va di
caso, impatto su tutti i membri e necessità di riorganizzazione) e viceversa qualsiasi cambiamento in una singola
parte comporta modificazioni nell’intero sistema.

I sistemi chiusi Hanno la tendenza all’omogeneità, alla perdita delle differenze e al disordine (entropia).
Es. bicchiere d’acqua calda a cui aggiungo un po’ d’acqua fredda. Entropia: lasciato a sé un sistema va incontro
all’entropia ovvero al disordine
Ogni elemento continua a comportarsi allo stesso modo e non è possibile uno scambio con l’ambiente esterno (ad
esempio tutti i sistemi meccanici).
I sistemi aperti
 Tutti i sistemi composti da organismi viventi e le organizzazioni che li comprendono (famiglia, gruppi, società).
 Continua emissione e immissione di energia, materiali e informazioni (scambio dall’interno verso l’esterno e
dall’esterno verso l’interno- permettendo la sopravvivenza del sistema).
 Possibilità di cambiamento di regole ed equilibri.
 Continuo rapporto dialettico con i sistemi che li comprendono.
 L’aumento di entropia (confusione, caos, disorganizzazione) è compensato dall’apporto di forze esterne e da una
spinta verso l’organizzazione neghentropia
 Due tendenze complementari e compensatorie: morfogenesi (tendenza a cambiare) e morfostasi (tendenza a
mantenere aspetti della propria forma nel corso del tempo – uguaglianza).

I sistemi interattivi: sono sistemi aperti dove due o più comunicanti sono impegnati nel processo di definizione della
loro relazione. Il limite dei sistemi è dove lo mettiamo noi: se vediamo una serie di fenomeni e li mettiamo in
relazione l’uno con l’altro, acquisiamo una prospettiva sistemica. I sistemi aperti sono in continua relazione con altri
sistemi.

La cibernetica (Norbert Wiener)


È la scienza della comunicazione e del controllo nell’animale e nelle macchine (letteralmente: arte del pilotare).
Si interessa dei servo-meccanismi (sistemi di regolazione dove gli effetti sull’ambiente agiscono sulle proprie cause –
in modo retroattivo) da cui il concetto di retroazione o feedback.

Retroazione (feedback) È il meccanismo in base al quale un evento è regolato in modo retroattivo dagli eventi
che ha generato.Nei sistemi aperti (che riescono a utilizzare i feedback con l’ambiente) garantisce l’equilibrio interno
(omeostasi) e la sopravvivenza nel rapporto con l’ambiente.
Tipi di feedback:
 negativo: tende a inibire il cambiamento e a conservare la stabilità del sistema; Es. termostato di un frigorifero:
garantisce che il frigorifero mantenga sempre la stessa temperatura; se la temperatura scende al di sotto di una certa soglia,
il freddo dell’ambiente restringe due alette metalliche attraverso cui passa la corrente, che si allontanano e si interrompe il
passaggio della corrente.
 positivo: tende ad incrementare il cambiamento avviando i processi di crescita o di deterioramento. Es. una
coppia litigiosa di fronte alla goccia che fa traboccare il vaso (come la scoperta di un tradimento) va incontro al
cambiamento (es. decide di separarsi).

Lo psicologo deve capire quali sono le condizioni per favorire o inibire il cambiamento.
Es. per stabilizzare il sistema si può trasmettere un senso di angoscia meno spaventato e meno intenso regolazione della relazione con
l’altro. Per favorire il cambiamento (relazione stabile) si possono affrontare le proprie difficoltà e assumere un diverso punto di vista, per
cambiare in una situazione di sicurezza.
Le cibernetiche
Cibernetica di Primo Ordine basata sull’assunto che il sistema osservato può essere considerato come separato
dall’osservatore
 Prima fase Prima cibernetica (fine anni ’40 fino agli anni ’50): ha studiato i sistemi nella loro capacità di
mantenere la propria organizzazione attraverso i meccanismi di feedback negativo (Norbert Wiener 1948).
 Seconda fase  Seconda cibernetica: ha studiato la capacità di cambiamento attraverso il feedback positivo
(Magoroh Maruyama 1963).

Cibernetica di secondo ordine (Nuova cibernetica) (dagli anni ’80 in poi): Nella nuova cibernetica, influenzata dal
costruttivismo, l’osservatore viene incluso nella realtà osservata all’interno di un processo autoriflessivo complesso
(Heinz von Foerster 1982). La descrizione che ci si dà del sistema è in funzione anche della propria presenza, del
proprio punti di vista e degli strumenti per osservare il sistema.

Caratteristiche dei sistemi aperti (interattivi)


 Totalità (non-sommatività)
o Ogni parte di un sistema è in rapporto tale con le altre parti che qualunque cambiamento in una parte
determina un cambiamento in tutto il sistema.
o Corrisponde al principio della non-sommatività: un sistema non coincide con la somma delle parti.
 Causalità circolare (non basato sul principio aristotelico di causa-effetto)
o Gli elementi di un sistema si influenzano reciprocamente senza che alcuno assuma le caratteristiche di
causa o di effetto. Si osserva quindi la relazione degli elementi tra loro.
o La causalità diviene una conseguenza della relazione , non una caratteristica dei singoli elementi.

Causalità lineare: prevalente nell’ambito della medicina; per potere modificare la


catena bisogna conoscere tutte le componenti . La medicina è andata alla ricerca di
un’unica singola causa della malattia.

Metà del secolo scorso: per molte malattia una visione lineare non era
possibile, ma si sono scoperti diversi fattori in grado di provocare una malattia (es.
asma= predisposizione genetica, reazione ad acari della povere, reazione a stimoli
emotivi) causalità multifattoriale: idea di una determinata patologia che avesse
un insieme di cause che possono interagire tra di loro. Così come nella causalità
lineare si ha una visione su un’unica dimensione del rapporto causale, con una temporalità.

Causalità circolare: tutti gli elementi sono in relazione tra loro e ognuno può influenzare l’altro (es. un battere può
influenzare un tessuto, che influenza il sintomo… ma il sintomo può influenzare un tessuto, il tessuto può influenzare
il battere con meccanismi autoimmuni…). La causa è insita nella relaizone che hanno tra di loro gli elementi; può
essere applicato anche a fenomeni complessi.

Causalità complessa: integrazione complessa del modello di causalità lineare con il modello di causalità circolare (
spirale o molla). Ci sono l’elemento A che precede nel tempo l’elemento B, che precede C, che precede D
(progressione lineare). Ma si osserva che A, B, C e D sono legati da una relazione. È un tentativo di descrivere lo
sforzo degli osservatori (psicoterapeuti, ricercatori, osservatori) di guardare la realtà da punti di vista diversi: a volte
è utile descrivere la realtà con modelli lineari e a volte con modelli circolari.

 Retroazione: Le diverse parti del sistema sono legate da relazioni causali circolari basate sui processi di
retroazione (feedback), sulla simmetria (retroazione positiva con deviazione amplificatrice) e sulla
complementarietà (retroazione negativa stabilizzatrice del sistema)
 Morfostasi (omeostasi) – stabilità di un tessuto/sistema
o Capacità di mantenere una propria identità, un’organizzazione e delle regole nonostante i cambiamenti
esterni o interni.
o È basata su meccanismi di feedback negativo.
 Morfogenesi
o Capacità di cambiare quando le situazioni esterne (eventi naturali, crisi economiche, culturali o sociali)
oppure interne (nascita o morte di un componente, matrimoni, malattie) lo richiedono.
Es. una famiglia deve saper cambiare in base alle condizioni naturali, economiche, sociali… si adatta al
proprio ciclo vitale, favorendo il cambiamento
o È basata su meccanismi di feedback positivo (es. rituale del matrimonio – sancisce un prima e un dopo
rispetto all’uscita dal gruppo familiare, di fronte alla famiglia e alla società; rituale del lutto per elaborare
il lutto) favoriscono l’acquisizione di nuovi ruoli e le relazioni.
 Equifinalità
o Quando si considera lo sviluppo di un sistema nel tempo possiamo assumere due prospettive:
1. studiare le condizioni passate (storia familiare, eventi significativi, traumi) che si può presumere
abbiano portato alle attuali;
2. osservare le relazioni che si sono stabilite e l’organizzazione del sistema per spiegare sia la
perpetuazione (fatica a cambiare) che il cambiamento studiare non tanto le cause del passato
ma guardare le caratteristiche e l’organizzazione del sistema oggi. Un’organizzazione attuale può
essere determinata da diverse cause del passato.
o Nei sistemi aperti i risultati non sono determinati tanto dalle condizioni iniziali, quanto dalla natura delle
relazioni e dall’organizzazione. Gli stessi risultati possono avere origini diverse (equifinalità).

La teoria del doppio legame (Gregory Bateson)


È un tipo di comunicazione familiare patologico e paradossale nella quale il contenuto dei messaggi (ad es. “ti voglio
bene”) viene continuamente contraddetto da espressioni solitamente non verbali contradditorie (che possono
indicare rifiuto o disinteresse). È stato descritto nelle famiglie di pazienti schizofrenici, in particolare nel rapporto tra
madre e figlio
Caratteristiche del doppio legame (Double Bind)
L’individuo è coinvolto in un rapporto intenso in cui sente che per rispondere in modo adeguato è importante
comprendere ciò che gli viene comunicato (ad esempio relazione madre-figlio).
È prigioniero di una situazione in cui l’altro comunica due messaggi che si contraddicono (ingiunzioni paradossali) –
messaggio verbale e non verbale, messaggi entrambi verbali.
L’individuo è incapace di analizzare i due messaggi, non comprende a quale deve rispondere e non può ribellarsi o
criticare.
Esempio di doppio legame:
 Ingiunzione primaria: “Non comportarti così, altrimenti ti mando a letto!”
 Ingiunzione secondaria:
o (Es. non verbale): atteggiamento compiaciuto di approvazione.
o (Es. verbale): “Non considerarla una punizione!”
Un giovanotto che si era abbastanza ben rimesso da un accesso di schizofrenia ricevette in ospedale una visita di sua madre. Contento di
vederla, le mise d’impulso il braccio sulle spalle, al che ella s’irrigidì. Egli ritrasse il braccio, e la madre gli domandò: “Non mi vuoi bene?”. Il
ragazzo arrossì, e la madre disse ancora: “Caro, non devi provare così facilmente imbarazzo e paura dei tuoi sentimenti”. Il paziente non poté
stare con la madre che per pochi minuti ancora, e dopo la sua partenza aggredì un’inserviente e fu messo nel bagno freddo (tra i pochi ausili
terapeutici nei confronti della schizofrenia, per indurre calma nel paziente).
La madre da un lato dice “non mi puoi più bene” (reazione sbagliata; se manifesta affetto la madre si irrigidisce = rifiuto o difficoltà) e
dall’altro dice di non vergognarsi dei propri sentimenti.
il ragazzo sbaglia qualsiasi tipo la risposta dà
Il doppio legame è alla base del meccanismo della schizofrenia.

Il Mental Research Institute (Scuola di Palo Alto)


Fondato nel 1959 a Palo alto (California) dagli allievi di Gregory Bateson (Don D. Jackson, Virginia Satir, Paul
Watzlawick, Janet Helmick Beavin, John H. Weakland);

 Fanno riferimento alle teorie sistemiche e cibernetiche e studiano gli effetti della comunicazione sul
comportamento (pragmatica);
 Sviluppano l’indirizzo strategico-sistemico di terapia familiare;
 Opera più importante: Pragmatica della comunicazione umana (Watzlawick, Beavin, Jackson 1967).

Lo studio della comunicazione umana


 Sintassi: studia i problemi relativi alla trasmissione delle comunicazioni.
 Semantica: studia il significato della comunicazione (spiegazione del significato di un concetto).
 Pragmatica: studia gli effetti della comunicazione sul comportamento.

Gli assiomi della comunicazione


Assunti che sono validi in modo generale e che possono essere considerati delle regole, dei dati di fatto.
Ogni assioma ha delle varianti disfunzionali e patologiche.
1. Non si può non comunicare (dal comportamentismo americano)
 Il comportamento non ha un suo opposto, quindi non è possibile non avere un comportamento.
 Ogni comportamento ha un valore di comunicazione, quindi non è possibile non comunicare.
 Anche il silenzio, il rifiuto di parlare, l’inattività sono forme di comunicazione che influenzano gli altri, i quali, a loro
volta, non possono non rispondere.
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione.
Il secondo classifica il primo (metacomunicazione – aspetti che trascendono il contenuto della comunicazione e riguarda la
relazione). Può esserci disaccordo sia a livello di contenuto che di relazione.
La metacomunicazione:
 È la comunicazione sulla comunicazione, cioè sulla natura della relazione; Il contesto è molto importante perché
chiarisce ulteriormente la relazione.
3. La natura di una comunicazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione
 Organizza gli eventi comportamentali ed è fondamentale per l’interpretazione della comunicazione e
l’attribuzione delle cause e degli effetti.
 La nostra cultura ci porta a condividere molte convenzioni sulla punteggiatura.
 All’origine di molti conflitti c’è il disaccordo su come punteggiare la sequenza di eventi. La sequenza delle
punteggiatura cambia la narrazione ( usata in terapia familiare per dare un senso agli eventi).
Es. esperimenti comportamentali col topo nella skinner box; il topo può essere convinto di aver condizionalo il ricercatore e il
ricercatore è convinto di aver condizionato il topo.
Es. il marito torna a casa, la moglie gli dà ordini il marito si chiude in se stesso e si mette davanti alla televisione irrita la
moglie che brontola per il fatto che il marito si isola il marito si chiude ancora di più in se stesso (catena di causa-effetto).
Il modo con cui mettiamo in sequenza i comportamenti permette di attribuire le cause all’uno o all’altro.

4. Gli esseri umani comunicano sia in modo digitale (verbale) che analogico (non verbale)
 Digitale (verbale): (dal latino digitalis, relativo alle dita) trasmette informazioni precise attraverso
numeri, nomi o codici. È del tipo tutto o niente.
Esempi: il linguaggio verbale e quello dei calcolatori numerici.
 Indica in modo preciso concetti e situazioni (ha una sintassi complessa ed efficace) senza avere con essi
alcun legame di somiglianza (la parola libro non assomiglia affatto a un libro).
 È molto efficace nel trasmettere informazioni di contenuto.
 È limitata nella comunicazione degli aspetti relazionali (metacomunicazione) ed emozionali (manca di una
semantica adeguata).
 Permette di scambiare le informazioni e trasmettere la conoscenza da generazione a generazione.
 È un’acquisizione evolutiva relativamente recente.
 Analogica (non verbale): (dal greco analogia, relazione di somiglianza) trasmette quantità “discrete” di
informazioni (un continuum) attraverso immagini e similitudini. Aspetti a lungo trascurati in psicoterapia:
oggi si sa che questi aspetti sono ancora più importanti del linguaggio digitale.
Esempi: il linguaggio non verbale, il disegno, la fotografia, le registrazioni su nastro o vinile, gli orologi a
lancetta.
 Trasmette elementi significativi attraverso processi basati sulla similitudine (un pugno serrato esprime
rabbia perché ricorda un atto di violenza).
 Trasmette messaggi efficaci ed immediati sulle emozioni e sulla natura della relazione (ha una semantica
efficace).
 Comunica in modo ambiguo e impreciso (manca di sintassi adeguata) e manca della negazione.
 È in buona parte inconscia e al di fuori del nostro controllo.
 Può rinforzare e chiarire un messaggio verbale, ma anche contraddirlo.
 È molto antica e primitiva (prima forma di comunicazione). Negli animali e nel bambino piccolo
rappresenta praticamente l’unica forma di comunicazione animali e bambini sono bravissimi nel
comprendere la comunicazione analogica. Solo dal secondo anno di vita i bambini acquisiscono elementi
di comunicazioni digitali.
 L’uomo è l’unico organismo conosciuto che può comunicare sia in modo digitale (verbale) che analogico
(non verbale).
 Si ha la necessità di combinare i due messaggi e di tradurli costantemente l’uno nell’altro. Questo
avviene con una notevole perdita di informazioni.
5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari
La schismogenesi: due modalità di relazione
- schismogenesi complementare (quando due membri della
popolazione, uno si poneva in una posizione di vantare la propria
posizione e l’altro si poneva in una posizione di sottomissione
relazione complementare
- schismogenesi simmetrica  relazione simmetrica
-
Il termine complementare e simmetrico riguarda la modalità della relazione, non il contenuto. In ogni relazione sana
si passa da momenti di simmetria (accettazione del conflitto) a momenti di complementarietà (sostegno).
 Interazione simmetrica: è basata sull’eguaglianza e sulla minimizzazione delle differenze (l’uno tende a
rispecchiare il comportamento dell’altro – posizione opposta a prescindere).
 Interazione complementare: è basata sulle differenze. Sono possibili due posizioni (non
necessariamente una vantaggiosa e l’altra svantaggiosa
 superiore o primaria (one-up) – espone però a rischi particolari
 inferiore o secondaria (one-down) – può proteggere da rischi

La comunicazione patologica
Assioma Comunicazione disfunzionale
1. Non si può non comunicare Squalificazione, sintomo
2. Ogni comunicazione ha un Disconferma, impenetrabilità
aspetto di contenuto e uno di
relazione
(metacomunicazione)
3. La natura di una Problemi di punteggiatura, profezia che si autodetermina (distorsione della
comunicazione dipende dalla punteggiatura con cui si vedono gli eventi – una persona non si rende conto
punteggiatura che l’aspettarsi qualche cosa influenza il fatto che quella cosa accada)
4. Gli esseri umani comunicano Difficoltà di decodifica (costruzione di comportamenti che perdono il senso del
sia in modo digitale che loro significato), rituali (un determinato significato viene ritualizzato tanto da
analogico perdere il contatto con il significato che c’è alla base – es. rituali religiosi,
possono diventare troppo distanti dal contenuto), sintomi isterici (es. cecità,
perdita del contatto: il rapporto con quello che potrebbe significare, come un
conflitto psicologico, non è chiaro)
5. Gli scambi di comunicazione Escalation simmetrica e complementarietà rigida
sono simmetrici o
complementari

Reazioni alla comunicazione


 Rifiuto (A fa capire a B che non intende comunicare) – comportamento meno praticato, perché ha contenuti
relazionali molto offensivi.
 Accettazione: A si rassegna e comunica ma può cercare di sottrarsi alla comunicazione.
 Squalifica (contraddirsi, essere evasivi, cambiare argomento, dire frasi incomplete o incoerenti – es. abbassiamo
il tono della voce, borbottiamo, usiamo frasi fatte) – togliere qualità alla comunicazione.
 Sintomo (non sono io che non lo voglio fare, ma è un disturbo che me lo impedisce) – causa di forza maggiore
(es. ho un fortissimo mal di testa e ora non riesco a parlare con te; ra pochi minuti parte il mio treno) per
interrompere o rifiutare la comunicazione.

Reazioni alla definizione che l’altro ha dato di sé


Es. “mi piacerebbe parlare con lei”
 Conferma (A accetta la definizione che B ha dato di sé) – modo con cui B viene accettato per il suo modo di
presentarsi (persona che vuole fare amicizia). È uno degli atteggiamenti relazionali più associato al benessere
psicologico (quando ci sentiamo accettati per come siamo, quando siamo valorizzati, quando vengono
riconosciuti i nostri bisogni come persona ci sentiamo bene).
 Rifiuto (A rifiuta la definizione che B ha dato di sé) – es. non hai capacità lavorative, rifiuto del modo di porsi
dell’altro (es. voler essere valorizzato nel proprio lavoro) riorganizzazione del comportamento.
 Disconferma (A nega la realtà di B) – produce maggiore sofferenza mentale sia nei bambini che negli adulti;
qualsiasi atteggiamento che l’altro assume non viene considerato qualsiasi esso sia.
 Il doppio legame è un particolare esempio di disconferma.

Livelli di percezione interpersonale


catena di livelli di percezione interpersonale feedback che
agisce nella relazione (causa-effetto)

Impenetrabilità (Imperviousness) la mancanza di consapevolezza delle percezioni interpersonali


 I° livello: B ignora o fraintende il messaggio di A (corrisponde alla disconferma – livello del doppio legame). B
non capisce come è stato visto o definito dall’interlocutore.
 II° livello: A non si accorge che il suo messaggio non è giunto a B  si crea un livello di incomprensione in cui la
madre non si rende conto del livello di confusione in cui il figlio è nei suoi confronti.
Nelle famiglie schizofreniche  l’impenetrabilità del genitore tende ad essere al I° livello (disconferma: figlio B
fraintende il messaggio di madre A), quella del figlio al II° livello (non si accorge che il suo comportamento non
raggiunge l’altro).

Escalation simmetrica
È il modello patologico della relazione simmetrica (entrambi mantengono la posizione simmetrica senza modificarla
mai). Stato di competizione conflittuale sempre più intenso (escalation, es. pianto di uno dei due) che raggiunge
un culmine in cui i comunicanti si fermano esausti (tregua) per poi riprendere lo scontro.
Si osserva il rifiuto del sé dell’altro (si rifiuta il modo di porsi dell’altro; si va avanti in eterno senza mai accettare
l’interlocutore).In una relazione simmetrica sana (quando la simmetria non raggiunge l’escalation)i comunicanti sono
in grado di accettarsi come sono, il che li porta alla fiducia e al rispetto reciproci (conferma) intervallata da
momenti di complementarietà.
Complementarietà rigida
È il modello patologico della relazione complementare. Uno assume una posizione up e l’altro sempre una posizione
down (es. quando si dà all’altro la ragione del matto) Porta alla disconferma (non si prende in considerazione il
modo in cui l’altro si pone) del sé dell’altro, piuttosto che al suo rifiuto.
Esempi psichiatrici sono il sadomasochismo e la folie à deux (c’è una persona matta e l’altro si comporta aderendo
alla follia dell’altro). Altri esempi si hanno nel rapporto tra membro di un partito e capo corrente (es. durante
nazionalsocialismo= legittimazione delle azioni di Hitler).
Nella relazione complementare sana ci può essere conferma reciproca e positiva, intervallata da momenti di
simmetria.

La famiglia come sistema


Si presenta come un sistema aperto (interattivo) in interazione con l’ambiente e ne possiede tutte le caratteristiche

Le famiglie restrittive (restricted families) Don Jackson (1966)


 Famiglie di pazienti affetti da malattie organiche croniche. Le relazioni sono caratterizzate da regole educative
rigide condivise da tutti (riguardavano il divieto di manifestare liberamente sentimenti personali e dissensi,
sistematico evitamento di conflitti e inibizione delle emozioni come la rabbia legata al dissenso).
 Apparente armonia familiare, dal punto di vista relazionale mantenuta dal fatto che se cominciano ad avere
qualche tipo di dissenso si zittiscono.
 Rapporti sociali scarsi e formali (limitano l’espressione dei sentimenti negativi, dei conflitti e dei dissensi).
 Famiglia e paziente contribuiscono in modo circolare all’omeostasi del sistema (mantenimento
dell’organizzazione relazionale attraverso il contributo dei singoli membri che si influenzano l’un l’altro in modo
circolare, mantenendo lo status quo).

Il modello psicosomatico – Salvador Minuchin


Vi è un paziente designato PD È il membro della famiglia che viene presentato come problematico o malato ed è
legato alla famiglia da un rapporto circolare (famiglie psicosomatiche). Il suo comportamento e i suoi sintomi
svolgono una funzione omeostatica mantenendo la famiglia nel proprio equilibrio patologico. Svolge il ruolo di un
capro espiatorio.
Fattori stressanti esterni possono favorire l’insorgenza del disturbo (es. diabete favorito da un’influenza), ma
successivamente esso è mantenuto omeostaticamente dall’organizzazione familiare disfunzionale comincia a
svolgere un ruolo nel mantenere la famiglia così com’è (es. ruolo di malato, infermieri; la famiglia inizia a funzionare
attorno a questo disturbo).Può esserci una predisposizione o un’alterazione biologica, ma il disturbo tende a
perdurare anche dopo la terapia medica per l’interazione circolare del paziente con la famiglia (Minuchin, Rosman,
Baker 1978).

La famiglia Collins (Minuchin, 1974) È composta da 4 persone: madre, padre, due figlie adolescenti (Dede e Violet). I figli hanno due forme
di diabete insulino-dipendente; Dede ha una forma resistente alla terapia (scompensata), Violet ha una forma che risponde molto di più alla
terapia (compensata) Minuchin chiama la famiglia in terapia: fa fare piccoli prelievi di sangue in cui dosa i livelli ematici di acidi grassi liberi, che
aumentano nei livelli di attivazione per lo stress (e si abbassano quando l’individuo ha basso grado di stress). Chiede alle due adolescenti di
uscire dalla stanza e di andare al di là di uno specchio per assistere alla terapia; vengono poi richiamate nella stanza della terapia. Il padre e la
madre appena le due figlie rientrano cominciano a discutere e a coinvolgere Dede nella loro discussione (viene triangolata) e Violet viene
lasciata più fuori dai giochi.Il padre e la madre hanno un’espressione quasi constante di livelli ematologici; la differenza fondamentale è nei
livelli ematologici di Dede e Violet. Violet quando assiste alla terapia dietro lo specchio ha alti livelli di stress, ma quando rientra torna a livelli
normale. Dede si attiva molto durante la discussione dei genitori, rimane molto alta anche quando ritorna dentro la stanza e viene coinvolta
nella discussione.Minuchin dimostra che la qualità delle relazioni e la loro organizzazione influenza il nostro corpo e le malattie misura le
relazioni nel sangue.
Le famiglie psicosomatiche – Salvador Minuchin
In queste famiglie i membri tendono ad ammalarsi facilmente.
 Invischiamento: ruoli dei familiari non sono chiari Tendenza dei componenti della famiglia ad occuparsi
eccessivamente gli uni degli altri (si occupano di funzioni che non sono loro, come i figli che si occupano dei
genitori).
o I familiari sono intrusivi e invadenti, spesso parlano al posto di un altro.
o I confini tra le generazioni sono poco distinti, si verifica una continua confusione tra i ruoli.
 Iperprotettività
o Ogni minimo segnale di malessere spinge la famiglia ad assumere un atteggiamento eccessivamente
protettivo (per minimizzare il segnale di malessere, che potrebbe essere anche utile).
o L’autonomia e lo sviluppo di interessi e di relazioni esterne sono inibiti.
 Rigidità
o Il nucleo familiare tende a resistere a ogni cambiamento (es. nasce un gruppo familiare con i genitori che
continuano ad assumere compiti di responsabilità e potere educativo o economico, anche quando il
figlio diventa grande, non assumendo mai i ruoli di nonni).
Es. i nipoti chiamano i nonni “mamma” e i genitori col nome proprio.
o Quando un membro cerca di modificare la propria posizione rispetto al gruppo (ad esempio un
adolescente che ricerca maggiore autonomia) gli altri reagiscono vanificando i suoi sforzi.
o Nei momenti critici del suo ciclo vitale (la nascita, la morte o l’uscita di casa di un membro) la famiglia
tende a mantenere lo stesso funzionamento.
o In questi momenti è frequente che un componente si ammali spostando su di sé ogni preoccupazione.
 Evitamento dei conflitti
o La tolleranza alle frustrazioni è molto bassa e vi è la tendenza a non sopportare il disaccordo.
 I problemi sono soffocati al loro nascere o negati.

La terapia familiare in psicosomatica – Salvador Minuchin


 Individuazione e rafforzamento dell’autonomia di membri e sottosistemi (per evitare l’invischiamento),
separando e riconoscendo ad ognuno i propri ruoli
 Riconoscimento, espressione e risoluzione dei conflitti : riconoscere che di fronte ai conflitti la famiglia evolve
 Promozione e valorizzazione del cambiamento familiare: le famiglie cambiano ed è giusto accettarlo e adattarsi

Il modello di terapia familiare sistemico relazionale


 Elementi di base
o Formulazione del genogramma (Murray Bowen);
o Inserimento del problema nel ciclo vitale della famiglia (Ivan Boszormenyi-Nagy, Jay Haley, Milton
Erickson);
o Prospettiva biopsicosociale (George Engel, Carlos Sluzki)
 Tecniche
o Domande lineari, strategiche, circolari e riflessive (Milan Approach, Karl Tomm);
o Metafore;
o Paradosso (Milan Approach) – togliere il valore strategico di un sintomo a cui si risponde con intervento
paradossale (il tempo terapeutico tra una seduta e l’altra era comunque attivo.
Es. famiglia che si presenta come una famiglia che litigano moltissimo; il terapeuta chiede di trovarsi e sforzarsi di
litigare tantissimo la famiglia viene messa di fronte a una paradosso: se litigano e seguono le indicazioni del
terapeuta, trovano in realtà un accordo; se non litigano (per non fare ciò che il terapeuta chiede di fare) è un
paradosso perché non producono più il sintomo.
Es. in terapia individuale con un paziente che soffre di insonnia, il terapeuta dice al paziente di cercare il più
possibile sveglio la volta dopo il paziente dice di non essere riuscito a fare ciò che il terapeuta gli ha chiesto;
o Connotazione positiva (Milan Approach);
o Ridefinizione delle relazioni;
o Utilizzo delle emozioni;
o Utilizzo della narrazione e della conversazione terapeutica (Carlos Sluzki)
 Obiettivi
o Costruire un’ipotesi sul funzionamento della famiglia (Milan Approach);
o Raccontare una “storia meglio formata” (Carlos Sluzki).

Il genogramma
È una rappresentazione schematica della struttura familiare relativa ad
almeno tre generazioni.
Vengono indicati nomi, età, date di matrimoni, separazioni e divorzi, le
morti e il paziente designato.
Sono indicate anche eventuali altre informazioni su stato di salute e
specifici comportamenti (tossicodipendenza, alcoolismo, comportamenti
antisociali).
I componenti della famiglia possono essere coinvolti attivamente nella
raccolta dei dati.
Viene utilizzato in terapia familiare e nella formazione degli psicoterapeuti.

Le domande in una prospettiva sistemica (Tomm, 1988)


 Lineari: intento investigativo, per ricavare informazioni su
premesse causali lineari (Chi ha fatto questo? Come? Quando?
Perché? In quanti siete in famiglia?).
 Strategiche: intento correttivo, per influenzare la famiglia su
premesse lineari; possono servire per intervenire sul sistema con
intento terapeutico (Pensa di vivere con i suoi genitori per tutta la
vita? Perché ne ha parlato con suo figlio e non con suo marito?).
Le domande nascondono una premessa con intento correttivo:
mettere il paziente in posizione di dover giustificare il proprio
comportamento di fronte alla propria età, per esempio (quando gli si chiede quanti anni ha, dopo il racconto di
aver passato tutta la notte a giocare alla playstation).
 Circolari: intento esplorativo su premesse circolari (Chi ha richiesto la visita? Perché siamo qui oggi? Come
reagisce vostro padre quando litigate con la mamma? Chi è il più preoccupato in famiglia?).
Qualche membro della famiglia si assume la responsabilità di parlare al posto degli altri, esprimendo la sua
opinione.
 Riflessive (e ipotetiche): intento facilitativo, per influenzare la famiglia su premesse circolari (e riflettere sui
problemi (Cosa pensa possa accadere a sua figlia quando sta fuori fino a tardi? Secondo lei, cosa ha provato sua
moglie in quella determinata situazione? Se vostro padre fosse ancora vivo, suo fratello come si comporterebbe?
Se si trovasse un fidanzato, come potrebbero reagire i suoi genitori?)
SOLO LEGGERE  Il modello sistemico milanese – Mara Selvini Palazzoli
 Psicoterapia analitica individuale (1950-1967): trattamento analitico classico e uso del lettino
L’anoressia mentale (1963-81)
 Metodo paradossale (1971-1978): modello di Don Jackson e di Bateson, mise insieme a Milano un gruppo di studiosi che iniziarono ad
applicare in modo radicale le nuove teorie sistemiche e cibernetiche alla terapia della famiglia. Paradosso e controparadosso (1975)
 Serie invariabile di prescrizioni (1979-1985) I giochi psicotici della famiglia (1988)
 Metodo del disvelamento del gioco familiare (1982-1988) Ragazze anoressiche e bulimiche (1998)

Il paradigma riduzionista
Di natura determinista, meccanicista e materialista, ha influenzato e caratterizzato la visione della scienza
occidentale degli ultimi quattro secoli.
Presupposti di fondo:
1. I problemi vanno affrontati e risolti con la logica e la ragione.
2. Causa ed effetto sono legati da una relazione lineare semplice (di uno ad uno) e le cause degli eventi possono
essere identificate e studiate.
3. Tutti i fenomeni sono riconducibili a un principio essenziale che può essere messo in evidenza scomponendoli
nelle loro parti elementari.
4. La categorizzazione dei fenomeni migliora la conoscenza ed è basata su un pensiero dualistico dicotomico (tipo
o/o).
5. La verità è assoluta e può essere conosciuta oggettivamente, attraverso uno studio scientifico rigoroso, quindi, si
può avere la certezza delle conoscenze.

Principi del Modello Biomedico


1. Il corpo equivale alla somma delle sue componenti (tessuti, organi, apparati) e viene considerato separato dalla
mente.
2. Le malattie si spiegano attraverso variazioni dalla norma di variabili somatiche misurabili (alterazione di organi,
tessuti, parametri ematologici e processi biochimici o neurofisiologici).
3. Il pensiero è tendenzialmente organicista: le malattie sono dovute principalmente a cause fisiche e il modo
migliore per diagnosticarle e curarle è quello di ridurle a parametri biologici misurabili.
4. Viene applicato un principio di causalità lineare e si cerca un’unica causa primaria delle malattie, che si presume
sia individuabile anche quando le conoscenze attuali non lo permettono.
5. Lo studio si concentra sull’individuo e sulle sue parti (apparati, organi, tessuti, cellule, molecole) e gli aspetti
psicologici vengono considerati come elementi a sé, trascurando il contesto familiare, sociale e ambientale.

Il modello Biopsicosociale – George L. Engel (1977)


Approccio multidisciplinare basato su presupposti sistemici (sfida la modello meccanicistico precedente).
Considera le relazioni non solo tra sistemi diversi (genetico, biochimico, cellulare, tessutale, metabolico,
immunologico, psicologico, relazionale, sociale, ambientale), ma anche tra livelli di sistemi diversi.
Malattia non è il centro di questo universo ma come risultato dell’interazione complessa tra più fattori che possono
essere studiati da prospettive differenti implica l’adozione di una prospettiva sistemica.
Critiche al modello (che devono essere abbandonate)
 Eccessiva tendenza al relativismo;
 Difficoltà di formazione e di applicazione diagnostica e clinica.

Presupposti del modello biopsicosociale


1. Le condizioni di salute e di malattia vanno sempre valutate all’interno di un contesto costituito da una rete di
sistemi e sottosistemi e da livelli differenti di sistemi che interagiscono in modo complesso e poco definibile.
2. Possono manifestarsi delle interferenze tra sistemi e sottosistemi con conseguenze positive (maturazione,
esperienza, adattamento), o negative (malattie, conflitti relazionali o sociali, problemi economici).
3. L’attenzione è spostata dalla malattia alla salute.
4. Ci si concentra sulla famiglia e sulle relazioni significative, piuttosto che sull’individuo.
5. Le cure prestate al paziente e alla sua famiglia vengono dispensate da una rete di professionisti coinvolti
all’interno di un unico programma terapeutico.
6. Il professionista è strettamente legato ai processi di diagnosi e di cura e li influenza (importanza della
formazione).
7. Pazienti e professionisti operano secondo una personale visione del mondo (si mettono in evidenza le differenze
tra le diverse narrazioni).
8. Anche quando la guarigione non è possibile, l’obiettivo è la cura (possibilità di terapie palliative, favorire
l’empowerment).

Principi per un’integrazione tra mente e corpo (Eric Kandel 1998)


1. Tutti i processi mentali derivano da attività cerebrali (importanza dell’epigenetica).
2. I geni e i loro derivati proteici sono determinanti per lo sviluppo e il funzionamento dei neuroni.
3. Il comportamento e l’apprendimento possono modificare l’espressione dei geni (legittimazione della
psicoterapia). I geni alterati, da soli, non spiegano le varianti delle malattie mentali e i fattori sociali ed evolutivi
contribuiscono in modo altrettanto importante.
4. Le alterazioni nell’espressione genetica indotte dall’apprendimento possono portare a modificazioni delle
connessioni neuronali.
5. Gli interventi psicoterapeutici verosimilmente agiscono attraverso l’apprendimento producendo modificazioni
nell’espressione genetica.

La prospettiva biopsicosociale contemporanea


1. I processi mentali, lo strato neurobiologico e l’ambiente sociale/relazionale operano come un sistema.
2. Questo sistema co-evolve.
3. Questo sistema influenza l’espressione genetica ed è influenzato da questa .
4. Questo sistema è sensibile ai cambiamenti che possono verificarsi all’interno di ogni componente , nel loro
ambiente relazionale o in quello naturale (cambiamenti climatici, terremoti, uragani, inondazioni, siccità,
riduzione delle risorse alimentari) o sociale (inclusi quelli favoriti da interventi come la psicoterapia).

Valutare il trauma
Il concetto di trauma
È uno stimolo di intensità tale da sopraffare le capacità di resistenza e di adattamento di un organismo (Laplanche e
Pontalis, 1967).
Un evento diventa traumatico solo se supera la capacità individuale di reagire o adattarsi ad esso.
Il trauma psicologico
È una condizione psicologica in cui l’attività mentale è influenzata negativamente da un’esperienza di pericolo
attuale o passata (una risposta psicologica disadattiva all’esposizione al pericolo).
Concetto introdotto per la prima volta da Adolf Strumpell (1884).
Si ha il trauma quando le proprie capacità individuali di adattamento e di elaborazione sono superate:
quell’esperienza diventa potenzialmente traumatica sul piano psicologico perché influenza negativamente la
regolare attività mentale.
Può essere la conseguenza di:
 un singolo evento (Evento traumatico);
 una serie ripetuta di esperienze che nel loro complesso assumono un valore traumatico (Trauma evolutivo) – es.
bambino che cresce in un ambiente familiare inadeguato (trascuratezza, abuso fisico e sessuale, separazione
precoce).

Le esperienze stressanti o pericolose non sono seguite necessariamente da un trauma psicologico (se sono affrontate
in modo efficace, mantenendo il pericolo sotto controllo e ripristinando una condizione di relativa sicurezza). Gli
psicologi clinici devono valutare se gli eventi hanno creato la condizione di trauma psicologico o se sono stati
elaborati efficientemente (dipende anche dalla teoria dell’attaccamento; se i comportamenti di attaccamento non ci
permettono di affrontare il pericolo, si avrà il trauma psicologico).
Tipi di trauma psicologico:
 Eventi traumatici (trauma psicologico): abusi sessuali o fisici, incidenti, lutti traumatici, malattie;
 Traumi evolutivi (Developmental Trauma Disorder, proposto nel DSM-5 ma rifiutato perché non si accettava il
fatto che un bambino potesse sviluppare un trauma a causa dell’accumulo di eventi stressanti): neglect, perdite
affettive precoci, caregiver non mentalizzanti (nella storia di persone che hanno disturbo borderline di
personalità ci sono spesso caregiver non mentalizzanti), maltrattanti o assenti.

Evento traumatico
Evento stressante dal quale non ci si può sottrarre, che sovrasta le capacità di resistenza dell’individuo (van der Kolk,
1996; a capo del trauma center di Boston).
Tre categorie (van der Kolk et al. 2004):
1. Eventi di durata limitata nel tempo imprevisti e intensi (incidente automobilistico o lavorativo, abuso sessuale,
aggressione fisica, lutto);
2. Situazioni con effetto traumatico cumulativo (lavorare in stato di continua emergenza o pericolo, medici di
pronto soccorso o di terapia intensiva, vigili del fuoco, forze dell’ordine, militari);
3. Esposizione prolungata a condizioni di stress (insicurezza, incertezza, impotenza).

Gli eventi stressanti (quotidiani, familiari, sociali, lavorativi) sono stati oggetto di ricerche dagli anni 50 nel tentativo
di valutare il loro potenziale traumatico in modo oggettivo (Baldoni, 2010) – es. malattia, matrimonio, Natale:
attribuzione di un valore standard e assoluto di stress, in modo che possano essere valutati con un punteggio.
Tuttavia, l’impatto di un evento sulla vita di un individuo dipende molto dalla valutazione soggettiva (percezione
soggettiva dello stress).
Le persone che si ammalavano e stavano a casa da lavoro negli USA erano molto: le aziende si sono interessati ai
fattori stressanti perché i lavoratori potessero rimanere più presenti.
Developmental Trauma Disorder
Diagnosi proposta per il DSM-5, ma non accettata.
Si riferisce a bambini e adolescenti esposti a un trauma interpersonale cronico (genitori non mentalizzanti,
inadeguati o rifiutanti, gravi conflitti familiari, separazioni o perdite precoci, neglect, maltrattamenti, ripetuti abusi
sessuali o fisici).
Guida i clinici a sviluppare e utilizzare degli interventi efficaci e i ricercatori a studiare il trattamento, la neurobiologia
e la trasmissione della violenza interpersonale cronica (i bambini che subiscono traumi evolutivi hanno più
probabilità di diventare genitori maltrattanti).

Conseguenze dei traumi infantili (Trascuratezza, maltrattamenti, abusi)


 Malattie mentali (depressione, disturbi d’ansia, disturbi psicotici e dissociativi, disturbi di personalità);
 Inibizione della crescita o dello sviluppo intellettivo;
 Obesità grave e disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, Binge Eating Disorder);
 Alcoolismo, fumo, dipendenza da sostanze e altri addict disorders;
 Disturbi comportamentali (comportamenti aggressivi o abusanti);
 Patologie metaboliche o endocrine (diabete, disfunzioni tiroidee);
 Malattie cardiovascolari (ischemia, infarto, ictus), epatiche, polmonari (asma, bronchite cronica, enfisema), genito-urinarie e
ossee (fratture);
 Sindromi dolorose croniche e alterazioni del comportamento di malattia (somatizzazioni, sindromi mediche funzionali,
ipocondria);
 Cancro (disregolazione delle funzioni immunitarie);
 Gravi scompensi psicosomatici e morte precoce.

Studi controllati su 10.000 casi (Felitti et al. 1998) e 1037 casi seguiti fino all’età di 32 anni (Caspi et al. 2006; Danese et al. 2007).
L’esposizione ripetuta ad abusi sessuali in età infantile porta alla diminuzione dle volume di materia grigia di un 11,4%, in
particolare nel giro temporale superiore sinistro.
Verbal abuse: situazioni in cui il bambino viene continuamente sgridato, criticato e accusato (alta espressione emotiva),
diventando il capro espiatorio della famiglia. Spesso questo si organizza in una forma di trauma psicologico, a causa anche delle
competenze verbali superiori dell’adulto.

Adattamento ed elaborazione
La possibilità di un adattamento al pericolo o l’elaborazione di un’esperienza traumatica dipendono da:
 Caratteristiche dell’individuo (età, maturazione personale, personalità, pattern di attaccamento – es. pattern
sicuro di fronte a condizioni pericolose=più resistente e meno probabilità che quell’esperienza possa diventare
traumatica –, strategie difensive, capacità di mentalizzazione, livello intellettivo e culturale – meno strumenti per
potersi difendere da esperienze pericolose, soprattutto legato al livello intellettivo –, forza fisica e condizioni di
salute). Le capacità di mentalizzazione ci tutelano riguardo alla capacità di vivere un’esperienza traumatica:
contestualizzare l’esperienza e concettualizzare le reazioni degli altri ci aiutano a dare un’interpretazione
adattiva.
 Disponibilità protettiva delle figure di attaccamento e del contesto sociale. Es. nel caso di un lutto, questo non
diventerà un’esperienza traumatica sul piano psicologico se ci sarà dietro figure di attaccamento e contesto
sociale protettivi.
 Gravità e imprevedibilità dell’evento pericoloso (che diventa non affrontabile).
Il processo richiede tempo ed è influenzato dal sostegno ricevuto e dalle regole sociali.
Il trauma non è elaborato quando un dato ricordo (del trauma) genera eccessiva iperattivazione (iperarousal) o
ipoattivazione (ipoarousal) (van der Kolk, 2014, 2017).
Il trauma coinvolge l’intero organismo, non è un fatto solo psicologico: per esempio, la rabbia attiva la corteccia e il
sistema limbico, l’apparato cardiovascolare e l’apparato digerente, il surrene (aumentano il cortisolo e le
catecolamine) un coinvolgimento cronico ci fa ammalare fisicamente e non solo psicologicamente.

L’esposizione al pericolo (Crittenden, 2008)


 Genera informazioni sulla minaccia;
 Genera informazioni sul sé (es. sul proprio tipo di reazione);
 Crea l’opportunità di riflettere e agire in modo produttivo (organizzare il comportamento).

Il trauma psicologico può essere considerato una esperienza fallita di esposizione al pericolo in cui non si apprende
adeguatamente, né si sviluppano strategie per risolvere problemi simili in futuro.
Un problema fondamentale:
 Trattenere dall’esperienza ciò che è pertinente al presente e al futuro, trascurando e lasciando anare quello che
appartiene solo al passato;
 Essere capaci di rivalutare l’importanza delle informazioni alla luce delle nuove esperienze (es. essere adulti,
essere genitori, rapporti lavorativi, rapporti di coppia).

Effetti del sentirsi in pericolo


 Attivazione (arousal fisiologico)  Riflessione (capacità di mentalizzazione)
 Attenzione (focalizzazione sul problema)  Strategia protettiva
 Rappresentazione (relazione sé-contesto)

Effetti del trauma psicologico


 Influenza l’attivazione (arousal) alzandola o abbassandola (iperarousal/ipoarousal) in modo non adattivo
(rispetto alla condizione di pericolo)
 Influenza l’attenzione e la rappresentazione dell’evento, concentrando la mente su dati irrilevanti e trascurando
informazioni importanti
 Riduce la probabilità di funzionamento riflessivo (mentalizzazione) – non riusciamo a riflettere su quello che ci
accade e sugli stati mentali degli altri
 Compromette la protezione strategica del sé

Trauma psicologico, mentalizzazione e attività cerebrale


I traumi psicologici possono comportare un deficit di regolazione emotiva per il mancato sviluppo o il
danneggiamento delle funzioni regolatorie della corteccia prefrontale (la consapevolezza, la simbolizzazione e
l’attribuzione di significato).
Il sistema limbico e i centri sottocorticali si attivano in modo automatico e non consapevole.
Le emozioni sono sperimentate come stati di tensione non mentalizzati e manifestate in modo automatico (attacco-
fuga, freezing) e non regolato.
Modelli clinici possono riferirsi:
 al mancato sviluppo di funzioni mentalizzanti (alessitimia, pensiero operatorio, falso Sé, Trauma evolutivo,
Development Trauma Disorder);
 all’effetto di un evento traumatico (dissociazione, PTSD).

Attivazione del cervello durante la regolazione emotiva


Corteccia prefrontale: controllo cognitivo.
Corteccia cingolata anteriore (ACC): controllo esecutivo, trascurando stimoli conflittuali e contraddittori.
Amigdala: attivazione in risposta a stimoli minacciosi.
1. Corteccia orbitofrontale: inibisce le azioni inappropriate; contribuisce alla sospensione della ricerca di
ricompensa.
2. Corteccia prefrontale dorsolaterale: è l’area dove “teniamo a mente le cose” e le manipoliamo per formare piani
e concetti. Contribuisce a stabilire le priorità.
3. Corteccia prefrontale ventromediale: è qui che si registrano le emozioni e si assegna il significato alle percezioni.
4. Cingolato anteriore: aiuta a focalizzare l’attenzione; integra cognizione ed emozione; si sintonizza con i pensieri.
Consapevolezza del “Sé”.

Il trauma agisce sulle strutture chiave che regolano le emozioni.

Il cervello nel trauma (tecniche di neuroimaging)


 Deattivazione dell’emisfero destro
 Attivazione nell’emisfero sinistro (sistema limbico e corteccia visiva)
 La corteccia anteriore prefrontale sinistra (area di Broca) è offline (terrore senza parole)

Attaccamento, pericolo e trauma


L’esposizione a maltrattamenti e a pericoli durante l’infanzia è comune nella nostra specie.
Le strategie di attaccamento (sicure e insicure) sono finalizzate a minimizzare gli effetti dei pericoli (prevedibili)
favorendo un adattamento strategie insicure: comportamenti utilizzati pe difenderci da pericoli certi del nostro
ambienti e delle nostre relazioni.
Il trauma psicologico si verifica quando le strategie difensive falliscono e le figure di attaccamento non hanno
protetto dal pericolo. La disperazione è una difesa estrema di fronte al crollo delle strategie difensive ultimo
estremo tentativo di sopravvivenza.

Pericolo, adattamento e difese


Di fronte a una situazione di pericolo ci può essere un adattamento
anche difensivo; se non è adeguato, si sviluppa una strategia insicura
di tipo A o C o un’alternanza delle due strategie (PTSD). Se non è
sufficiente si può attivare uno stato di disperazione (iperarousal,
disposto a tutto pur di salvarsi).
Reazioni che possono innescarsi da una condizione di
pericolo o stress. Alcune sono di tipo generale e altre di tipo
locali. Tra le generali una è quella di lotta-fuga (iperattività e
aumento del tono simpatico, aumento di catecolamine che
favoriscono l’ossigenazione di muscoli e cervello, aumento
delle endorfine – sentiamo meno dolore –, intensità del
lavoro dell’apparato cardiovascolare tanto da portare a
disturbi se cronicità; bisogno di un sistema muscolare pronto
ad agire) e una è quella di conservazione e ritiro (freezing;
ipoattività e aumento del tono parasimpatico –
immunodepressione e diminuzione delle capacità difensive,
morte improvvisa per il blocco del SNC).

La disperazione È uno stato affettivo intenso di impotenza comunicato agli altri (una supplica).È caratterizzata da
un aumento dell’attivazione (arousal). Costituisce un ultimo tentativo di ottenere protezione. Se il soccorso non
arriva può far seguito la depressione.

Impotenza appresa (Seligman, 1975) Non c’è nulla che possa proteggere sul piano fisico o psicologico.
Gli sforzi per proteggersi cessano e la persona diventa completamente vulnerabile (risposta di ritiro-conservazione,
condizione di helplessness/hopelessness).

Il complesso di rinuncia-condanna (giving-up given-up complex) (Engel, Schmale 1967)


In conseguenza di esperienze infantili inadeguate non sono disponibili o non si sono ancora sviluppate difese e
strategie psicologiche che permettano di affrontare le esperienze di perdita oggettuale.
L’individuo si percepisce come incapace di ogni tipo di controllo su di sé e sull’ambiente ed è invaso da specifici
affetti depressivi come:
 la sensazione di impotenza, di essere abbandonato e di mancare di ogni aiuto (helplessness);
 la disperazione e la perdita di ogni speranza (hopelessness).

Il complesso è contraddistinto da due aspetti:


1. Rinuncia (giving-up): abbandono delle strategie difensive utilizzate precedentemente in situazioni simili, che ora
risultano fallimentari, e conseguente incapacità di raggiungere un livello di gratificazione adeguato.
2. Condanna (given-up): la sofferenza e la perdita di gratificazione vengono considerati come inevitabili e accettati
con rassegnazione in attesa che siano disponibili altre fonti di soddisfazione (“è capitato e me lo sono
meritato” aumento della velocità della patologia e predisposizione a maggiori esiti negativi).

Aspetti somatici: risposta cronica di conservazione-ritiro (attivazione del sistema parasimpatico, alterazioni
immunologiche e neuroendocrine) che predispone l’individuo allo sviluppo di malattie (psichiche e somatiche) e alla
morte calo delle difese autoimmuni ed esposizione al cancro.

Demoralizzazione  Termine utilizzato per la prima volta da Frank nel 1974. Prevalenza: 2%-5% nella popolazione
generale, fino al 30% in ambito medico (Tecuta et al. 2015)

Clarke & Kissane (2002): demoralizzazione caratterizzata da sentimenti di disperazione, mancanza di significato,
incapacità di far fronte alle situazioni ed essenzialmente “non sapere cosa fare” (p. 737). Eventi stressanti implicati
nell’insorgenza dei sintomi di demoralizzazione.

Demoralizzazione (DCPR-R; Fava, Cosci, Sonino, 2017)

- Criterio A: Uno stato d’animo caratterizzato dalla percezione di essere incapace di affrontare alcuni problemi
urgenti (A1) e/o della mancanza di supporto adeguato da parte degli altri (helplessness) (A2). L’individuo
mantiene la capacità di reagire (A3).

- Criterio B: Questo stato emotivo è prolungato e generalizzato (durata di almeno un mese) DIAGNOSI  (A1
e/o A2 = SI) + (A3 = SI) + (B = SI)

- Criterio C: Uno stato d’animo caratterizzato dalla consapevolezza di aver disatteso le aspettative (C1)
associata alla convinzione che non ci siano soluzioni per problemi e difficoltà attuali (hopelessness) (C2).

DIAGNOSI DEMORALIZZAZIONE CON DISPERAZIONE (HOPELESSNESS)  (C1 = SI) + (C2 = SI)

Valutazione della Demoralizzazione


- Psychiatric Epidemiological Research Interview
- Demoralization Scale (PERI-D, Dohrenwend et al. 1980): scarsa autostima, helplessness/hopelessness, paura, pensiero
confusivo, tristezza, ansia, sintomi psico-fisiologici, salute fisica percepita
- Semi-Structured Interview based on Diagnostic Criteria for Psychosomatic Resarch - Demoralization Criteria (SSI-DCPR;
Fava et al. 1995, Rafanelli et al. 2003); Semi-Structured Interview based on the revised Diagnostic Criteria for
Psychosomatic Resarch - Demoralization Criteria (SSI-DCPR-R; Fava et al. 2017)
- Demoralization Scale (DS; Kissane et al. 2004): perdita di significato e scopo nella vita, senso di fallimento, helplessness,
disforia, demoralizzazione  Subjective Incompetence Scale (SIS; Cockram et al. 2009)

Allostasi e Carico allostatico (McEwen e Stellar, 1993)


Allostasi  la capacità dell’organismo di raggiungere la stabilità attraverso il cambiamento. o Un sano
funzionamento dell’organismo richiede continui aggiustamenti dell’ambiente fisiologico interno, in risposta alle
diverse richieste ambientali.
Il carico allostatico (in inglese allostatic load) rappresenta il risultato dell’esposizione a ripetute o croniche sfide
ambientali che un individuo valuta come particolarmente stressanti e che inducono croniche iper-attivazioni delle
risposte neurali o neuroendocrine. Si tratta di una sorta di “usura” che deriva da troppo stress o da una gestione
inefficiente dell’allostasi (McEwen, 1998, 2007).
Sovraccarico allostatico
McEwen e Wingfield (2010) hanno definito il sovraccarico allostatico come il passaggio a questo stato estremo di
stress «tossico». Tale condizione riflette gli effetti cumulativi delle esperienze nella vita quotidiana che possono
includere sia eventi ordinari che grandi sfide, nonché le conseguenze fisiologiche di uno stile di vita non salutare, in
assenza di capacità personali di fronteggiamento.
Reactive-Scope Model (Romero et al. 2009): viene usato il termine “omeostasi” invece di “allostasi” e valutate sia le
reazioni prevedibili alla variazione circadiana (omeostasi predittiva), che le risposte ad eventi imprevisti (omeostasi
reattiva), nonché il “sovraccarico omeostatico” e il “fallimento omeostatico”.
Sia il modello di carico allostatico (McEwen, 2017a, 2017b) che il Reactive-Scope Model (Romero et al., 2009)
riguardano le modalità in cui le esperienze influenzano la salute.

Sovraccarico allostatico (DCPR-R; Fava, Cosci, Sonino, 2017)


Criterio A: Presenza di almeno una fonte di stress attuale identificabile, in forma di evento stressante recente e/o di
stress cronico (A1). Dopo averne considerato complessivamente la natura e le circostanze che lo accompagnano, si
ritiene che lo stressor metta a dura prova o superi le risorse individuali (capacità di coping) del soggetto (A2). NEI 12
MESI PRECEDENTI
Criterio B: Lo stressor è associato a una o più delle seguenti 3 caratteristiche, che si sono manifestate nei 6 mesi
successivi all’insorgenza dello stesso:
(B1) Almeno 2 dei seguenti sintomi: difficoltà ad addormentarsi, sonno non ristoratore, risveglio mattutino precoce,
mancanza di energia, vertigini, ansia generalizzata, irritabilità, tristezza, demoralizzazione;
(B2) Compromissione significativa del funzionamento sociale o lavorativo;
(B3) Compromissione significativa del senso di padronanza ambientale (sentirsi sopraffatto dalle richieste della vita
quotidiana)

La probabilità di carico allostatico aumenta in persone :


- con basso status socioeconomico, con uno scarso livello di istruzione; varia in base all’etnia e alla
discriminazione razziale.
- Aumenta in relazione a presenza di stress correlato al lavoro (compreso il caregiving), con maggiore rischio di
burn-out.
- Negli anziani, associato a un declino del funzionamento cognitivo e fisico e alla fragilità
- È stato riscontrato che le esperienze avverse nell'infanzia, inclusi l'abuso e il maltrattamento sui minori,
predicono alti livelli di carico allostatico in età adulta.

Benessere psicologico e stili di coping possono modulare l’associazione tra fattori socio-demografici e carico
allostatico; risorse psicosociali più funzionali sono collegate a minor carico allostatico.
I fattori ambientali giocano un ruolo importante nella determinazione del carico allostatico; ma spesso la loro
modifica non viene presa in considerazione, nonostante siano modificabili (es. riorganizzazione del lavoro e gestione
dello stress  riduzione sovraccarico allostatico; stimolazione processi fisiologici di recupero).
Il carico allostatico è associato a comportamenti dannosi per la salute (es. inattività fisica, cattiva alimentazione,
scarsa qualità del sonno). Es La sindrome metabolica, frequentemente associata al carico allostatico, esempio degli
effetti deleteri di stili di vita non salutari.
 Effetti iatrogeni avversi dei farmaci possono causare "carico allostatico farmacologico"

Valutazione del sovraccarico allostatico


- Interview for Recent Life Events (Paykel, 1997): lavoro, educazione, problemi economici, salute, lutto, emigrazione, vita
sentimentale, problemi legali, relazioni familiari ed area coniugale
- PsychoSocial Index (PSI, Fava & Sonino, 1998; Piolanti et al. 2019): distress psicologico, stress, benessere psicologico,
comportamento abnorme di malattia
- Semi-Structured Interview based on the revised Diagnostic Criteria for Psychosomatic Resarch – Allostatic overload
Criteria (SSI-DCPR-R; Fava et al. 2017)
Le conseguenze patologiche del trauma psicologico
 Disturbi affettivi (depressione, Attacchi di panico, GAD, PTSD)
 Disturbi dissociativi
 Disturbi comportamentali (particolarmente addict disorders e agiti aggressivi o sessuali)
 Disturbi somatici (sindromi funzionali, disturbi dolorosi cronici, malattie cardiovascolari, immunitarie,
endocrinologiche e metaboliche, cancro calo delle difese immunitarie/aumento di infarto in popolazione che
ha subito forti traumi psicologici)

La dissociazione
È un meccanismo di difesa estremo che protegge dalle esperienze emotive travolgenti e insopportabili (Allan
Shore) interruttore salva-vita (se qualcuno è travolto da un’esperienza emotiva molto intensa la dissociazione si
attiva per evitare un trauma estremo). È correlato ai traumi, in particolare infantili
Le funzioni mentali (percezioni, sistemi di memoria, cognizione, emozioni, immagine corporea, rappresentazione del
Sé) sono dissociate (inibite) e i processi di integrazione inibiti.

Sintomi comuni (Holmes et al. 2005; Liotti e Farina, 2011):


 Sintomi da distacco (detachment): alterazioni della coscienza fenomenica: derealizzazione, depersonalizzazione,
dejà vu, distacco, alienazione, ottundimento emotivo (emotional numbing), autoscopia (out of the body
experience).
 Sintomi da compartimentazione (compartmentalization) : alterazioni della coscienza in terza persona dovuti a
separazione e segregazione delle funzioni superiori: amnesie dissociative, flashback traumatici, alterazioni del
controllo delle emozioni e dell’unità della coscienza (personalità multiple), fughe, stati crepuscolari, alessitimia
post-traumatica, dismorfofobia.

Sindromi dissociative nel DSM-5: Disturbo di Depersonalizzazione/derealizzazione, Amnesia Dissociativa (compresa


la Fuga Dissociativa); Disturbo Dissociativo dell’Identità (Personalità multiple); PTSD, Disturbi da Sintomi Somatici e
Correlati (disturbi da conversione, dolori psicogeni, somatizzazioni).

Disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti (DSM-5)


 Disturbo reattivo dell’attaccamento  Disturbi dell’adattamento
 Disturbo da impegno sociale disinibito  Disturbo correlato a eventi traumatici e stressanti
 Disturbo da stress post-traumatico con altra specificazione (tra cui il Disturbo da lutto
 Disturbo da stess acuto persistente complicato)

Disturbo da stress post-traumatico (PTSD) (DSM-5)


Per adulti, adolescenti o bambini di età superiore a 6 anni (se inferiore a 6 anni forniti criteri a parte)
A. Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale in uno (o più) dei seguenti modi:
1. esperienza diretta dell’evento/i traumatico/i
2. assistere direttamente a un evento accaduto ad altri
3. venire a conoscenza di un evento accaduto a un membro della famiglia o a un amico stretto
4. esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’evento (primi soccorritori, agenti di polizia).
B. Uno (o più) dei seguenti sintomi intrusivi associati all’evento:
1. ricorrenti e involontari e intrusivi ricordi spiacevoli;
2. ricorrenti sogni spiacevoli;
3. reazioni dissociative (es: flashback) in cui il soggetto sente e agisce come se l’evento si stesse ripetendo;
4. intensa e prolungata sofferenza psicologica all’esposizione a fattori scatenanti che simboleggiano l’evento o gli
assomigliano;
5. marcate reazioni fisiologiche all’esposizione a fattori scatenanti che simboleggiano l’evento o gli assomigliano.
C. Evitamento persistente degli stimoli associati all’evento:
1. ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti;
2. fattori esterni (persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti, situazioni).
D. Alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati all’evento:
1. incapacità di ricordare qualche aspetto;
2. convinzioni ed aspettative negative relative a se stessi, agli altri o al mondo;
3. pensieri persistenti distorti relativi alla causa o alle conseguenze dell’evento;
4. persistente stato affettivo negativo (es. paura, orrore, rabbia, colpa, vergogna);
5. marcata riduzione di interesse o partecipazione ad attività significative;
6. sentimenti di distacco o di estraneità;
7. persistente incapacità di provare emozioni positive (felicità, allegria, soddisfazione, amore).
E. Marcate alterazioni dell’arousal e dell’attività associati all’evento, evidenziate da almeno due criteri:
1. Comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia verbale o fisica;
2. Comportamento spericolato o autodistruttivo;
3. Ipervigilanza;
4. Esagerate risposte di allarme;
5. Problemi di concentrazione;
6. Difficoltà relative al sonno.
F. La durata delle alterazioni (criteri B, C, D e E) è superiore a 1 mese.
G. L’alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale o lavorativo.
H. Non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o ad altra condizione medica.

Specificare se Con sintomi dissociativi (Depersonalizzazione o Derealizzazione) o Con espressione ritardata (i sintomi
non sono soddisfatti entro 6 mesi dall’evento).

Lutto e trauma
Il lutto è una condizione psicologica potenzialmente stressante e dolorosa che quando non elaborato si presenta
come un particolare tipo di trauma psicologico.
Nel caso di una perdita significativa, il lavoro psicologico del lutto (la sua elaborazione) richiede un lungo periodo di
tempo (circa due anni).
L’elaborazione è influenzata dal conforto delle altre persone e da rituali specifici per ogni società (condoglianze,
funerale, sollevamento transitorio dalle responsabilità, maggiore libertà di esprimere i sentimenti dolorosi o di rabbia –
differenze culturali nell’espressione della rabbia; anche nei rituali religiosi sono presenti elle azioni per elaborare il lutto, come
nel caso dell’eucarestia).

Il dolore del lutto: Fase acuta


 Distanza emotiva, freddezza, diniego strategie di dissociazione, che protegge dal dolore e dall’angoscia; poi
subentrano altre emozioni
 Tristezza, senso di vuoto e di perdita, depressione, Rabbia, rimorso, Ansia, paura, ondate di emozioni, sensazione
di essere sopraffatti

Le fasi del lutto (perdita del coniuge) (Bowlby 1980)


1. Fase di stordimento (da alcune ore ad alcuni giorni) incredulità, calma innaturale.
2. Fase di ricerca e struggimento per la figura perduta (da alcuni mesi a qualche anno): collera, pianto, dolore,
angoscia, insonnia, irrequietezza, pensiero ossessivo sul defunto, sogni, eventuale prolungamento in lutto
patologico tentativo di aggrapparsi a tutto quello che è rimasto, quasi in modo ossessivo.
3. Fase di disorganizzazione e disperazione: disperazione, depressione, apatia, senso di solitudine, riconoscimento
che la perdita è definitiva.
4. Fase di riorganizzazione: ridefinizione del Sé e della situazione, nuovi ruoli e nuove capacità (es ricostruire una
nuova relazione sentimentale, avviare nuovi progetti, dedicarsi a nuovi interessi con una proiezione verso il
futuro). Questa fase richiede circa un paio di anni

Le fasi del lutto (perdita di un figlio) (Bowlby 1980)


Perdita più difficile da elaborare e accettare, perché vissuta come più ingiusta e imprevedibile.
1. Fase di stordimento. 3. Fase di disorganizzazione e disperazione.
2. Fase dell’incredulità e tentativo di negazione dell’esito 4. Fase di riorganizzazione.
finale.

Fasi del lutto (Engel 1962)


1. Stadio dello shock e dell’incredulità rifiuto (diniego): sbigottimento e incredulità, può esserci accettazione
razionale con tentativi di confortare gli altri.
2. Stadio della crescente consapevolezza: tristezza acuta, senso di vuoto, collera, pianto, ambivalenza (incapacità
di piangere).
3. Fase di restituzione (lavoro del lutto): rituali funebri, riconoscimento del bisogno di aiuto, pensiero centrato sul
defunto, idealizzazione, identificazione, riemergere di nuovi interessi, eventuale maturazione.

Il lutto irrisolto (Engel 1962) Possibilità di innesco di patologie; reazione psicologica:


 Negazione della morte: ci si comporta come se la morte non ci sia (fanno finta con alcuni di accettare la morte,
ma in realtà continuano segretamente a parlare con i defunti)
 Negazione della perdita o dell’affetto: nego di stare soffrendo o di provare tristezza per la perdita
 Uso di oggetto sostitutivo
 Afflizione irrisolta o prolungata: dolore che non se ne va mai, lutto perenne

Psicopatologia del lutto


 Depressione maggiore  Disturbo da stress post-traumatico
 Attacchi di panico  Disturbi di dipendenza (addiction)
 Disturbo da ansia generalizzata  Disturbo da lutto persistente complicato (DSM-5)

Disturbo da lutto persistente complicato (DSM-5)


Inserito nelle condizioni che necessitano di ulteriori studi (si manifesta nel 10-20% dei lutti).
 Morte di qualcuno con cui si aveva una relazione stretta + sintomatologia clinicamente significativa per almeno
12 mesi negli adulti e 6 mesi nei bambini.
 Persistente desiderio/nostalgia per la persona perduta. Tristezza e dolore emotivo.
 Preoccupazione per il deceduto e per le circostanze della morte.
 Almeno 6 dei seguenti sintomi:
o Sofferenza reattiva alla morte (difficoltà nell’accettarla, incredulità, torpore emotivo, difficoltà ad
abbandonarsi a ricordi positivi, amarezza e rabbia, valutazione negativa di Sé, sensi di colpa, evitamento
dei ricordi e dei sentimenti relativi alla perdita)
o Disordine sociale/dell’identità (desiderio di morire per essere vicini al defunto, idee suicidarie, difficoltà
nel provare fiducia verso gli altri, sensazione di essere soli o distaccati, di vita vuota o senza senso,
diminuito senso di identità, difficoltà a perseguire i propri interessi o nel fare piani per il futuro)
o Associato a deficit del funzionamento lavorativo e sociale, a comportamenti dannosi per la salute (fumo,
alcol, droghe), a maggiore rischio di patologie mediche (disturbi cardiaci, ipertensione, cancro, deficit
immunologici) e ridotta qualità di vita.
 Eventi scatenanti sono principalmente disastri gravi, morte violenta, perdita di un bambino o del coniuge.
 La reazione è sproporzionata o non coerente con le norme culturali e religiose o appropriate per l’età.

Modello di Lutto complicato (Neimeyer et al. 2002)

Se l’infanzia è caratterizzata da insicurezza, la minaccia di un a morte


può favorire una minaccia del senso del sé, della felicità e della
sopravvivenza lutto complicato, associato ad angoscia da separazione
e angoscia traumatica.
Se invece nell’infanzia il clima era di sicurezza, la morte di una figura
significativa è vissuta come meno minacciosa per il senso di sé, felicità e
sopravvivenza lutto non complicato ma vissuto con un dolore acuto e
un lutto integrato.

Lutto, depressione e malattia


 Gli individui che non affrontano adeguatamente gli eventi di perdita sono maggiormente esposti alle malattie e alla morte.
Nelle persone colpite di recente da un lutto
 Mortalità: fino a 7 volte maggiore (soprattutto nei maschi);
 Malattia: maggiore frequenza di depressione, malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche (diabete), respiratorie
(tubercolosi, asma), urinarie, gastrointestinali (colite ulcerosa, morbo di Crohn), immunitarie, degenerative (sclerosi a
placche) e cancro.
Queste malattia hanno un’associazione forte con il sistema immunitario: l’evitare la sofferenza porta a una magiore sensibilità
alle malattie e all’immunodepressione.

La depressione è la psicopatologia maggiormente associata alle malattie cardiovascolari e alle neoplasie. Questi pazienti tendono
a non farsi curare e perseverano in comportamenti inadeguati nel tentativo di controllare il malessere (fumo, abuso di alcolici,
alimentazione sbagliata, inattività fisica, ritiro sociale).

La valutazione del trauma


 Colloquio psicologico (possono essere evidenziati indirettamente da reazioni emotive specifiche o
dall’evitamento o minimizzazione di argomenti dolorosi);
 Strumenti specifici (compresi quelli per la valutazione dello stress e del lutto);
 Adult Attachment Interview (si presentano attraverso i marcatori di trauma o lutto non risolto: U/Tr, U/l).

Valutazione del trauma psicologico (PTSD)


 Life Stressor Checklist – Revised (LSC-R) (Wolfe e Kimmerling, 1997);
 Trauma Symptom Checklist for Children (TSCC) self-report per bambini da 8 a 16 anni;
 Trauma Assessment for Adults: Brief Revised Version (TAA) (Resnick, 1993);
 PTSD Checklist for Adults (PCL) 17 item self-report scale (Weathers, 1994);
 WCDVS version of LSC-R – for women with substance abuse, mental health and trauma issues (McHugo, 2005);
 Mississippi Scale (MSS) for Combact-related PTSD e for Civilian (Keane et al., 1988);
 Eight-item Treatment-Outcome Post-Traumatic Stress Disorder (TOP-8) (Davidson e Colket, 1997);
 Post-traumatic Stress Diagnostic Scale (PDS) self- Report (Foa et al.,);
 Minnesota Multiphasic Personality Inventory PTDS Scale - MMPIPTDS (Keane et al., 1984);
 Traumatic Events Screening Inventory (TESI) (Ford et al., 2000);
 Clinician-Administered PTSD Scale (CAPS) (Blake et al., 1990, 1997);
 Brief Trauma History Questionnaire (THQ) (Resnick, 1993);
 Trauma Experiences Checklist (TEC) (Nijenhuis, 2002);
 Sexual Abuse Exposure Questionnaire (SAEQ) (Rodriguez et al., 1991);
 Adult Attachment Interview (George et al., 1984).

Traumi e lutti non elaborati alla DMM-AAI (U/tr, U/l)


 Lutti riducenti l’attivazione e l’attenzione  Lutti aumentanti l’attivazione e l’attenzione
1. distanziante (ds) 1. preoccupato (p)
2. spostato (s) 2. vicario (v)
3. bloccato (b) 3. immaginato (i)
4. depresso (dp) 4. anticipato (a)
5. alluso (al) – allusione

La valutazione dello stress tramite questionari


 Eventi stressanti
o Social Readjustment Rating Scale (SRRS) di Holmes e Rahe
o Schedule of Recent Experience (SRE) di Holmes e Rahe
o Life Experience Survey (LES) di Sarason, Johnson e Siegel
o Life Events and Difficulties Schedule (LEDS) di Brown
o Interview for Recent Life Events o Scala di Paykel per gli Eventi Stressanti (IRLE) di Paykel, Prusoff e
Uhlenhuth
o Impact of Event Scale (IES) di Horowitz et al.
 Stress quotidiano
o Daily Stress Inventory (DSI) di Brantley et al.
 Percezione dello stress
o Derogatis Stress Profile (DSP) di Derogatis
o Perceived Stress Questionnaire (PSQ) di Livengstein et al.
o Valutazione Rapida dello Stress (VRS) di Tarsitani e Biondi
 Stile di reazione allo stress (coping)
o Hardiness Personality Scale (HPS) di Kobasa
o Courtauld Emotional Control Scale (CECS) di Watson e Greer

La valutazione del lutto tramite questionari


 Texas Revised Inventory of Grief (TRIG) (1988)  The Core Bereavement Items (1997)
 The Hogan Grief Reaction Checklist (HGRC) (2001)  Inventory of Complicated Grief (ICG)
 The Grief Evaluation Measure (2005)  The Inventory of Complicated Grief-Revised (ICG-R)
 Revised Grief Experience Inventory (REGI) (1993)  Parkes Bereavement Risk Index (1993)

Considerazioni terapeutiche
Nei pazienti in lutto vi è solitamente una difficoltà nella regolazione delle emozioni e degli impulsi, in quanto le aree
prefrontali sono poco attivate Gli interventi basati sulla consapevolezza e sulla comunicazione verbale
(interpretazioni, CBT) sono poco utili.
Linee guida nel trattamento psicologico:

 Ascolto empatico e non giudicante;


 Favorire il riconoscimento e l’espressione degli affetti dolorosi (pianto, paura, rabbia).

Componenti di un trattamento del trauma

1. Trovare un modo per calmarsi e concentrarsi


2. Imparare a mantenere la calma in risposta a immagini, pensieri, suoni o sensazioni fisiche che ricordano il
passato
3. Trovare un modo per essere pienamente presenti nel qui-e-ora e coinvolti con le persone che si hanno intorno
4. Non tenere segreti con se stessi, neanche i segreti su come si è riusciti a sopravvivere.
 Prima di riattivare memorie terribili, è fondamentale trovare il modo per far fronte alle sensazioni e alle
emozioni che continuano a minacciare di travolgerci.
Il trattamento del trauma

 Tecniche basate sulla focalizzazione emotiva e regolazione dell’arousal - utili solo se c’è una buona relazione
terapeutica con il paziente altrimnti potrebbero essere vane
 tecniche mentalizzanti focalizzate sulla percezione emotiva, mindfulness, trattamenti basati sulla
mentalizzazione (Allen, Bateman, Fonagy)
 yoga, meditazione, tecniche di rilassamento, tapping
 psicodramma, teatro, scrittura creativa
 Trattamenti specifici per il PTSD
 Trattamenti cognitivo-comportamentali (CBT)
 Psicoterapia sensomotoria (Sensorimotor Psychotherapy ) (Pat Ogden et al., 2006)
 Eye Movement Desensitization and reprocessing (EMDR) (Francine Shapiro, 1987)
 Neurofeedback (Bessel van der Kolk 2017)
 Brief Eclectic Psychotherapy for PTSD (BEPP) (Berthold Gersons, 2000), anche nella versione per la cura
del lutto traumatico (BEP-TG)

Terapia cognitivo-comportamentale

Le linee guida dell’International Society for Traumatic Stress Studies (Foa et al. 2000) indicano la terapia cognitivo-
comportamentale (CBT) come trattamento di prima scelta del PTSD, nonostante anche la terapia interpersonale (Bleiberg et al.
2005) si sia rivelata un’alternativa promettente.

1. Esposizione (exposure); es. desensibilizzazione sistematica, flooding (esposizione intensiva), esposizione in vivo e
immaginativa: i pazienti si confrontano con gli stimoli fobici (paure, oggetti, situazioni, immagini, ricordi) insorti dopo il
trauma.
2. Gestione dell’ansia (anxiety management); es. Stress Inoculation Training (SIT), rilassamento, controllo della
respirazione e tecniche di interruzione;
3. Terapia cognitiva che ha l’obiettivo di identificare e sfidare i pensieri errati e disfunzionali dei pazienti e di sostituirli con
pensieri più realistici e funzionali

ESPOSIZIONE IN VIVO: esposizione reale del paziente a oggetti o situazioni temute (e quindi evitate) allo scopo di acquisire un
maggior controllo della situazione; prevede una gerarchia degli stimoli temuti e un’esposizione graduale ESPOSIZIONE
IMMAGINATIVA: in un ambiente protetto, al paziente viene richiesto di ricordare e raccontare molte volte l’esperienza
traumatica in modo sempre più dettagliato; le sedute solitamente vengono registrate.

RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA: modificare le credenze prodotte dal trauma come per esempio la colpevolizzazione impropria
(«È stata colpa mia»; «Forse l’ho spinto io a farlo») o altre distorsioni cognitive («Non sono mai al sicuro»; «Non posso fidarmi di
nessuno»), allo scopo di integrare il trauma attraverso l’elaborazione di schemi ed emozioni e promuovere una prospettiva sana,
più realistica ed equilibrata del mondo.

Cognitive Processing Therapy (Resick, 1992; Resick et al. 1992; 1993)

Terapia messa a punto per trattare i sintomi del PTSD nelle vittime di stupri. Comprende 12 sessioni strutturate sulla base del
modello cognitivo del PTSD secondo cui la paura può essere ridotta in due modi (Foa et al. 1986; 1989) :

- attivazione del ricordo dell’evento traumatico attraverso l’esposizione;


- fornire al paziente nuove informazioni che siano incompatibili con i processi cognitivi disfunzionali attivati in seguito al
trauma

Componente cognitiva: aiutare il paziente a sfidare i pensieri problematici (es. senso di colpa), a lavorare sulle distorsioni
cognitive (es. ipergeneralizzazione legata alla propria sicurezza, fiducia, potere/controllo, autostima, intimità). Esposizione:
soltanto due sedute; al paziente viene richiesto di scrivere in dettaglio l’esperienza traumatica (sensazioni, pensieri ed emozioni)
e di rileggerla quotidianamente. Durante la seduta il paziente legge il racconto ad alta voce e il terapeuta lo aiuta a individuare e
modificare gli errori cognitivi (stuck point)

Terapie psicodinamiche

Mirano a ristabilire nel paziente i normali meccanismi focalizzandosi su ciò che è inconscio in modo da renderlo, per quanto
possibile, conscio, attraverso l’esplorazione del significato psicologico che il paziente attribuisce all’evento traumatico. Questo
può essere ottenuto ricercando e classificando desideri, fantasie, paure e difese del paziente fomentate dal trauma (Foa et al.
2000). Elementi chiave sono il transfert, il controtransfert e la relazione paziente-terapeuta.

Psicoterapia sensomotoria (Sensorimotor Psychotherapy ) (Pat Ogden)


Approccio psicoterapeutico integrato per il PTSD e i disturbi post-traumatici complessi. Si ispira a  psicoterapia psicodinamica
e cognitivo-comportamentale, neuroscienze, teoria dell’attaccamento e studi sulla dissociazione
Influenze:

 Hakomi Method (Kurtz, 1990), approccio somatico alla psicoterapia a sua volta influenzato da numerose discipline fisiche
(yoga, l’integrazione posturale, danza);

Si aiuta i pazienti a confrontarsi gradualmente con i ricordi degli eventi traumatici approcciandoli attraverso la componente
sensomotoria, ma mantenendola inizialmente disconnessa rispetto alle dimensioni emotive e cognitive.
Divenendo consapevoli dei propri corpi, di convinzioni ed emozioni, si insegna loro a seguire sensazioni fisiche, incentivando
azioni che promuovono l’autostima e la competenza.

Brief Eclectic Psychotherapy for PTSD (BEPP) (Berthold Gersons)


Trattamento integrato che si basa sulla qualità della relazione. Integra aspetti psicoeducativi, psicodinamici, cognitivo-
comportamentali, neurobiologici. Struttura:

 Seduta 1 – Psicoeducazione (con il partner): gli si spiega come sarà la terapia;


 Sedute 2-6 – Esposizione immaginativa: ricordare l’esperienza traumatica comprese le sensazioni emotive e fisiche;
 Sedute 3-6/7 – Compiti di scrittura e oggetti ricordo (mementos – elementi concreti che possono rimandare al rapporto
con quella persona o all’evento traumatico): scrivere ricordare, portare le lettere del periodo, scrivere una lettera alle
persone decedute e alle persone che si ritiene responsabili costruzione di una relazione empatica con il terapeuta;
 Sedute 7-14 – Dominio del significato;
 Sedute 14-16 – Rituale di addio (es. scrittura di una lettera in cui ha accusato qualcuno di essere responsabile
dell’accaduto leggere la lettera e poi seppellirla o bruciarla).

Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) (Francine Shapiro 1987)


Attivazione contemporanea di entrambi gli emisferi cerebrali mediante una stimolazione bilaterale alternata di tipo visivo, tattile
o acustico, eseguita durante la rievocazione dell'evento traumatico (ad esempio muovere le dita davanti agli occhi del
paziente) integrazione dei due emisferi.
FASE EMDR: • visualizzare il ricordo traumatico; • visualizzare il pensiero negativo; • concentrarsi sulle sensazioni fisiche
dell’ansia; • seguire con gli occhi il dito indice del terapeuta.
Dovrebbe facilitare il processo di rielaborazione emotiva e cognitiva.
In seguito a un evento traumatico verrebbe disturbato l’equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l’elaborazione
dell’informazione provocando il suo ”congelamento” nelle reti neurali.
I movimenti oculari saccadici e ritmici associati con l’immagine traumatica, con le convinzioni negative e con il disagio emotivo,
favorirebbero la rielaborazione dell’informazione e una ristrutturazione cognitiva che porta a una riduzione significativa dei
sintomi (stress emotivo, pensieri invadenti, ansia, flashbacks, incubi).
Sviluppata per la terapia del PTSD.

Neurofeedback Si basa sul fatto che una persona con un caschetto con degli elettrodi deve fare un gioco al computer, con la
possibilità di vedere la sincronizzazione dei suoi emisferi cerebrali miglioramento dell’integrazione cerebrale.
Training di controllo dell’attività elettrica corticale (attraverso videogiochi o compiti tramite computer) finalizzato al
miglioramento della regolazione emotiva nella sintomatologia del PTSD.
Yoga  permette rilassamento e regolazione emotiva, funziona all’interno di un gruppo in cui si condividono le esperienze.
Tapping o Emotional Freedom Techniques (EFT) Tecnica simile all’agopuntura (basata sui meridiani energetici e sulla
medicina tradizionale Cinese).Si pratica senza aghi picchiettando (tapping) 5-7 volte con la punta delle dita su alcuni punti del
corpo. Sembra diminuire l'eccitazione a carico dell’amigdala.

STRATEGIE PER LA RELAZIONE


1. Mettere a proprio agio il paziente. Riconoscere i segni e rispondere ai segni
il paziente potrebbe essere scettico o diffidente o ansioso. Fondamentale comunicargli di aver capto e sue
preoccupazioni e aiutarlo ad oltrepassare l’imbarazzo iniziale.
Occorre riconoscere i segni territoriali (locomozione); comportamentali (psicomotricitò), emotivi (espressività),
verbali (parole e voce)
Occorre poi rispondere ai segni, osservarli e monitorarli in quanto fnte di informazioni ma anceh confrontare il
paziente della loro presenza e discutere il significato (e utile)
2. Identificare il problema, la sofferenza ed esprimere comprensione. Il paziente potrebbe nascondere il
problema o la sofferenza.
Per valutare la sofferenza occorre aiutare il paziente a tradurre il suo disagio in parole. Comunicare interesse per
quello che ci racconta e la comprensione ed empatia.

3. Valutare la capacità di insight e diventare un alleato. Ovvero valutare quanta consapevolezza il paziente ha
del proprio problema. Occorre poi osservare i problemi del paziente dal suo punto di vista.
Livelli di insight : il paziente può descrivere i propri sintomi come conseguenza di disturbo mentale, o attrobuire la
colpa a circostanze esterne ma essere cosciente della propria patologia oppure manifestare completa negazione
della propria sofferenza o disturbo. Occorre isolare la parte malata e fare appello a quella sana
Problemi egodistonici: percepiti come problematici in quanto lontani da sé.
Problemi egosintonici. Non percepiti dal sogg come problematici in quanto in sintonia con sé stessi (es dist personalià)

4. Mostrare competenza: inserendo il problema all’interno di una prospettiva più ampia, risolvere i dubbi,
creare speranza (non è il solo ad affrontare tale situaz)
5. Assumere la leadership ovvero controllo di ciò che avviene nel colloquio e dell’interazione e fungere da
guida. Attenzione al rischio di assumere ruolo autoritario
6. Equilibrare i diversi ruoli ( del terapeuta e del paziente)
RUOLI DEL TERAPEUTA - Autorità
- Ascoltatore empatico RUOLI DEL PAZIENTE
- Esperto - Portatore di malattia
- Sofferente - Il VIP (privilegiato)

Tecniche per ottenere informazioni


- Paziente collaborante: si apre spontaneamente
Tecniche per apertura: domande a risposta aperta ( osservare dove il paziente dirige spontaneamente il discorso,
utili per ottenere la compliance) / chiusa (producono risposte più chiare e precise a domini specifici) opure un
combinazione delle due
 Allargare (analizzare altre aree tematiche) o focalizzare (focalizzarsi su un tema che si pensa sia importante)
Tecniche di chiarificazione (per aiutare il paziente a esprimersi più precisamente e in modo più esaustivo):
specificazione, chiarificazione, generalizzazione, domande guida, sondaggi, correlazioni (verificare collegamento tra
elementi), riassumere (riassumere le parole del paziente e verificare l’esattezza della propria impressione)
Tecniche di conduzione: continuazione (incoraggiare il paziente a continuare il discorso sia con parole che con segni),
enfatizzare (ripetere parte dell’affermazione del paziente invitandolo ad apporfondire) , ridirezionare, transizione
(portare il paziente ad un altro argomento; può essere graduale, accentuata, improvvisa)

- Paziente resistente: la resistenza indica il tentativo volontario del paziente di resistere ad un determinato
argomento (per paura di risultare ridicolo o essere giudicato/ rifiutato)
Tecniche : Accettazione ( astenersi da giudizi e accettare pensieri/sentimenti del paziente); confrontazione
(accrescere consapevolezza del paziente circa la sua resistenza); spostamento (affrontare un argomento da un'altra
angolazione); esagerazione; induzione a vantarsi (apprezzare ciò che il paziente fa)

- Paziente che usa delle difese: le difese potrebbero interferire nella raccolta dati utili. Si possono ignorare se
non interferiscono nella riunione Le difese sono frutto di meccanismi mentali più inconsci (il paziente non se
ne rende conto) non sempre quinti osservabili.
Importante l’identificazione delle difese costituite da un comportamento osservabile, impulso o intenzione non
accettabile per il paziente alla base del conflitto, processo che lega i due.
Tecniche: aggiramento (ignorare le difese soprattutto nei primi colloqui o se non utile al colloquio), rassicurazione
(attenuare ansia accrescendo fiducia nel paziente, fornire supporto), distrazione (pazienti con alterazioni dell umore
maniacali, forme depressive o intossicazione da sostanze); confrontazione (condurre l’attenzione del sogg su un
comportamento nella speranza che riesca a riconoscerlo e a correggerlo); interpretazione ( dichiarazione della nostra
compressione del comportamento difensivo, suggerire significato ai suoi pensieri, solitamente seguita da
confrontazione. Utile anche se interpretazione non giusta se scatena comunque una riflessione) IMP TIMING

Mentalizzazione e relazione clinica


Punti centrali
La capacità di considerare sé e gli altri in termini di stati mentali (mentalizzazione) è fondamentale per
l’organizzazione del Sé (sviluppo individuale, psicologico), la regolazione delle emozioni e il controllo degli stati
somatici correlati.
Si acquisisce nell’ambito delle prime relazioni di attaccamento sviluppo del SNC.
La sua “operazionalizzazione” (trasformazione del concetto di mentalizzazione per essere utilizzato a scopo di ricerca
– Fonagy) è stata definita Funzione riflessiva – scala utilizzata nell’AAI.
È un fattore comune nella maggior parte delle psicoterapie: le capacità di mentalizzaizone dei terapeuti è associata
all’efficacia e alla qualità della terapia, la maggior parte delle psicoterapie (anche sistemiche e familiari) mira a
favorire le capacità riflessive e mentalizzanti dei pazienti.

La psiche (mente)
Dal greco psükhée.
In latino, assume due significati:
1. principio o sostanza vitale (Anima) – articolo di Freud che utilizza la “terapia dell’anima”
2. carattere personale o modo di agire (Animus) – temperamento
Mente e cervello
 Mente (mind): insieme di complesse attività psichiche superiori (linguaggio, l’apprendimento, la memoria e le
attività emotive e affettive, fantasie funzioni mentali) che si manifestano in risposta agli stimoli di natura
interna o esterna (molti la considerano sinonimo di psiche). Se abbiamo un’emozione (stimolo interno), si
attivano delle complesse attività psichiche superiori legate alla mente. La mentalizzazione ha a che fare con la
trasformazione delle emozioni (stimoli di natura interna primaria) e con attività psichiche superiori legati alla
neocorteccia.
 Cervello (brain): la struttura e anatomia del sistema nervoso centrale nel suo insieme, compreso il legame fisico
e chimico (neuromediatori, reti neurali) tra le cellule neuronali.

Le emozioni (emotions)
Molti animali a un certo punto dell’evoluzione hanno cominciato a sperimentare le emozioni. Le emozioni sono
fenomeni biologici innati (non frutto della cultura dei mammiferi) geneticamente programmati selezionati nel corso
dell’evoluzione (es. rabbia, paura, eccitazione).
Agiscono da motivatori comportamentali che favoriscono la sopravvivenza della specie (se hai fame, sei spinto alla
ricerca di cibo) – strumento per adattarsi all’ambiente.
Predispongono l’organismo a una determinata azione finalizzata a uno scopo (se siamo affamati, il nostro organismo
si predispone a mangiare e a digerire; se siamo eccitati il nostro corpo si predispone all’attività sessuale; l’adrenalina
e la noradrenalina predispone all’attività fisica).
Sono mediate dal sistema limbico e dalle strutture sottocorticali.
La loro espressione è legata soprattutto al comportamento non verbale (es. cane spaventato tiene le orecchie
piegate all’indietro).
Si manifestano come stati tensionali e percezioni somatiche.
Le emozioni di base (Panksepp)
Emozioni attrattive (attivano il desiderio) o repulsive
 Seeking (Desiderio/Ricerca) – stimola alla ricerca (esplorazione dell’ambiente e del territorio, favorendo al
sopravvivenza perché permette di conoscere meglio risorse e pericoli)
 Rage (Rabbia) – si attiva nei confronti di qualcosa che ci mette in una condizione frustrante o di sofferenza;
esperienza negativa che comporta attaccare e distruggere la fonte emotiva
 Fear (Paura) – esperienza negativa che si attiva nei confronti di qualcosa da cui vorremmo allontanarci
 Lust (Bramosia sessuale) – emozione di base attrattiva che ti attrae nei confronti di soddisfare un desiderio di
natura sessuale (accoppiamento)
 Care (Amore/Accudimento) – vd. scimmie che si spulciano; emozione spiacevole che porta a una relazione di
accudimento, di amore
 Panic (Panico/Angoscia di separazione) – dolore, angoscia di separazione che si attiva nella condizione di non
essere protetti dalle figure di attaccamento
 Play (Gioia/Gioco) – piacere di giocare, che permetta di di fare finta, di fare un’attività vera ma non troppo

Alcune sono comuni a tutti gli animali: rabbia, paura, seeking (visibili anche nei rettili, nei pesci). Altre emozioni sono
tipiche e caratteristiche dei mammiferi: bramosia sessuale, accudimento, il panic, il gioco.

Gli affetti (affects) o sentimenti (feelings)


Gli affetti o sentimenti sono manifestazioni psicologiche complesse che implicano un’elaborazione cognitiva, una
rappresentazione simbolica e un vissuto soggettivo conseguenti all’attività della neocorteccia (la neocorteccia
attraverso le proprie funzioni simboliche si interfaccia con le emozioni e le trasforma in affetti e sentimenti, di cui
possiamo anche essere consapevoli).
Permettono di divenire consapevoli degli stati emotivi, di regolarli e di comunicarli intenzionalmente attraverso la
parola o in modo non verbale (se penso di essere eccitato sessualmente, fa pensare al significato per me, come
esprimere la mia sessualità, fa ricordare aspetti di natura etica personale o morale sull’espressione della sessualità
regolazione). Le persone che hanno scarsa mentalizzazione, hanno minore capacità di regolare le emozioni; il loro
corpo è sregolato e si ammalano più facilmente.
06/11/20
La mentalizzazione
Considerare sé e gli altri in termini di stati mentali.
È legata allo sviluppo del Sé (diverso dal concetto di Io, legato alle funzioni che svolge come ansia, meccanismi di
difesa; il Sé è un concetto più ampio che descrive l’interezza di una persona, non solo le funzioni dell’Io come la
capacità di provare affetti, esprime la strutturazione generale di un essere umano da un punto di vista globale, senza
funzione particolare – si tratta comunque di termini con connotazioni non precise) ed è fondamentale per la sua
organizzazione.
Permette la regolazione e il controllo delle emozioni e degli stati somatici correlati (distinzione tra emozioni e affetti)
– attività biologica che è un tutt’uno con l’emozione. Per esempio, un essere umano poco mentalizzante ha un
minore controllo delle emozione, dei comportamenti istintuali e degli stati somatici correlati definizione di sé più
legate a concezioni somatici (es. alessitimia).
Il suo sviluppo dipende dalla capacità di mentalizzazione del caregiver (funzione dei genitori: sensibilità genitoriale e
capacità di mentalizzazione dei genitori).
È basata sull’assunto secondo cui gli stati mentali influenzano il comportamento.
È un processo sostanzialmente non conscio basato su un’attività mentale rappresentazionale (riguarda la
rappresentazione della realtà piuttosto che la realtà in sé).
Comporta una componente sia autoriflessiva (mentalizzazione di noi stessi) che interpersonale (mentalizzazione
degli altri).
Peter Fonagy
Psicoanalista, nato a Budapest nel 1952, lavora all’University College e all’Anna Freud Centre di Londra.
Molto attivo nella ricerca sull’attaccamento, ha svolto un ruolo fondamentale nella valorizzazione del concetto di
mentalizzazione e negli studi in questo ambito.
Ha proposto il costrutto di Funzione Riflessiva, come «operazionalizzazione» del concetto di mentalizzazione.
Assieme ai suoi dottorandi di ricerca Howard Steele e Miriam Steele ha sviluppato la Reflective Functioning Scale (RF)
(Fonagy, Target, Steele, Steele 1998) per la valutazione delle capacità riflessive attraverso l’Adult Attachment
Interview (AAI).
Assieme a Antony Bateson e Ion Allen ha sviluppato tecniche terapeutiche basate sulla mentalizzazione.
Mentalizzazione: processo mentale attraverso cui un individuo percepisce e interpreta, implicitamente ed
esplicitamente, le azioni proprie e degli altri come aventi un significato sulla base di stati mentali intenzionali (come
desideri, bisogni, sentimenti, credenze e motivazioni personali) (Bateman e Fonagy 2004; Allen, Fonagy e Bateman
2008).
Processo: non è una qualità, una serie di funzioni mentali si attivano per agire il processo di mentalizzazione; ha a
che fare con le funzioni mentali – parti specifiche del SNC che se sono danneggiate, anche i processi di
mentalizzazione saranno danneggiati.
Percepire e interpretare: percepisce e dà un significato.
Stati mentali intenzionali: termine che viene dalla filosofia; dietro ad un comportamento c’è uno stato mentale che è
all’origine del comportamento e lo motiva. Attraverso l’attribuzione di un significato ad un comportamento, lo
vediamo legato a uno stato mentale intenzionale (es. pensiamo che qualcosa che ci viene detto bruscamente sia
spinto dalla rabbia attribuzione di uno stato mentale intenzionale ad un comportamento).
Definizioni pratiche (paragonabili alla precedente, ma meno specifiche):
 Tenere a mente la mente (Mind the mind) – tieni presente che dietro quello che fai c’è la mente
 Considerare sé e gli altri in termini di stati mentali – visione psicologica che acquisiamo
 Prestare attenzione agli stati mentali in sé e negli altri e interpretare il comportamento di conseguenza
 Percepire immaginativamente o interpretare il comportamento come congiunto con stati mentali intenzionali
 Vedere se stessi dall’esterno e gli altri dall’interno – assumere una funzione riflessiva su noi stessi e cercare di
mettersi nei panni degli altri
 Attribuire una qualità mentale alle cose o sviluppare una prospettiva mentale (o psicologica)

Funzioni di base
 Percepire gli stati mentali
o rappresentarsi gli stati mentali del sé (es. rendersi conto di essere spaventati)
o rappresentarsi gli stati mentali degli altri (es. rendersi conto che un’altra persona è contenta)
Queste rappresentazioni non sono la realtà, ma si possono dedurre e ipotizzare da segnali diretti o indiretti,
verbali o non verbali – bisogna essere sensibili e percepire gli stati mentali.
 Interpretare (dare un significato) il comportamento sulla base di stati mentali intenzionali
 Regolare le emozioni e gli stati somatici correlati (integrazione psicosomatica – tra processi superiori di carattere
cognitivo e attivazione e percezione somatica - Winnicott) – si possono attivare aspetti di carattere etico e
morale (super-io, nascita di sensi di colpa), si possono fare delle prospettive (es. sono arrabbiato e quindi devo
stare attento al mio comportamento per non fare cose che non vorrei). Il fatto di riuscire a interpretare i nostri
stati mentali permette di regolare sia le emozioni che gli stati mentali (se riconosco la mia rabbia, posso
regolarla, esprimendola in modo più adattivo, riducendo l’intensità).

La mentalizzazione esplicita
“Pensare e parlare degli stati mentali” (Allen 2006) – es. “sono arrabbiato per la tal cosa” (parlo del mio stato
mentale, o dello stato mentale di qualcun altro).
 È conscia (si può comunicare) e legata al linguaggio verbale.
 Tende ad assumere il carattere di una narrazione (si può contestualizzare).
 I trattamenti basati sulla mentalizzazione mirano a incrementare soprattutto la mentalizzazione esplicita – ha il
vantaggio di essere individuata con più facilità ma può essere anche falsificata con facilità e può essere una
pseudo-mentalizzazione (non autentica, es. astrazione ipotetica sulla base di un concetto di natura teorica).

La mentalizzazione implicita
È una “mentalizzazione intuitiva, procedurale, automatica e (in buona parte) non conscia” (Allen 2006) – è legata a
ciò che ci viene naturale, piuttosto che a quello che diciamo. Per esempio, possiamo sentire una persona in sintonia
con noi anche senza il linguaggio verbale (vd. espressione degli occhi, atteggiamento corporeo che ci mette a
contatto con il comportamento di un’altra persona che sentiamo come mentalizzante). Un atteggiamento di
comprensione e condivisione di un’altra persona può essere espresso con un semplice sfioro.
Rappresenta la maggior parte dell’attività mentalizzante ed è la più spontanea e autentica.
Riguarda sia se stessi (senso del Sé, affettività mentalizzata) che gli altri (ad es. nelle conversazioni cambiando turno,
oppure reagendo spontaneamente ai loro stati emotivi).
Non tutti gli stati emotivi implicano un mentalizzare implicito (si può essere travolti da un’emozione). Es. attacco di
panico: prototipo di uno stato emotivo non mentalizzato (vissuto come sola espressione fisica)
Non esiste un confine definito tra mentalizzazione esplicita e implicita. Permettono entrambe di diventare
consapevoli delle proprie emozioni, trasformandole in affetti.
Affettività mentalizzata (Fonagy et al. 2002): essere consapevoli dei propri affetti e coglierne il significato pur
rimanendo all’interno dello stato affettivo (implica uno stato emotivo connesso al Sé).

La funzione riflessiva (Peter Fonagy e Mary Target – Steel et Steel)


Processi psicologici che riguardano la capacità di mentalizzare (Fonagy et al. 1998).
È la manifestazione esterna della mentalizzazione (Slade 2010) – Fonagy voleva trovare il modo di misurare la
mentalizzazione, per cui ha dovuto operazionalizzarla.
In sua assenza il comportamento non ha significato.
Rappresenta la operazionalizzazione a scopo di ricerca (definizione procedurale) del concetto di mentalizzazione
Reflective Functioning Scale che si applica alll’AAi per misurare le capacità riflessive.
Per lo sviluppo di un Sé psicologico (Sé riflessivo) è necessaria una relazione con una persona che rifletta sullo stato
mentale del bambino.

Empatia
 “Consapevolezza degli stati mentali di distress dell’altro” (Allen 2006) – non è imitazione.
 È un’assonanza emotiva implicita e automatica che richiede la differenziazione del Sé dall’altro (es. se sei preso
da un sentimento luttuoso, si può percepire e condividere ma bisogna essere convinti tra i diversi modi di
percepire; non si trova nelle persone isteriche) e la regolazione dell’emozione (la persona empatica non solo non
confonde sé stesso con l’altro, ma riesce anche a regolare l’emozione disturbante provata; es. se vediamo una
persona in ansia la nostra percezione dell’ansia va regolata, per restituirgliela regolata) (Preston, de Waal 2002).
 Funzione dei neuroni specchio (corteccia motoria e parietale) che si attivano non solo quando si compiono
azioni, ma anche quando le si osservano (Gallese 2001; Rizzolatti, Craighero 2004).
 È solo una delle componenti del mentalizzare (non si riferisce ai propri stati emotivi)

Mindfulness
Nel buddismo zen corrisponde a “saper tener viva la propria consapevolezza nella realtà presente” (Hahn 1975).
Attenzione e consapevolezza intense, aperte e recettive dell’esperienza attuale o della realtà presente (Brown, Rayan
2003).
Capacità di vivere il momento presente (essere presenti a se stessi, piena consapevolezza dell’esperienza attuale,
presenza percettiva mentale e corporea) in maniera più intensa.
Nel significato originale non si riferisce solo agli stati mentali, ma anche al mondo fisico (essere presenti
psicologicamente e fisicamente).
La Mentalizzazione può essere considerata la “Mindfulness della mente” (Allen 2006). In uno stato di mindfulness
possiamo essere maggiormente aperti al processo di mentalizzazione (condizione ideale nel rapporto terapeutico)
componente intrapersonale della mentalizzazione.
Trattamenti basati sulla Mindfulness (vd. borderline e PTSD, per migliorare la regolazione emotiva): Dialectical
Behavior Therapy (DBT) (Marsha Linehan 1993); Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) (Teasdale et al. 2000),
tecniche di meditazione Zen.

Metacognizione (Flavell 1979)


“Capacità di comprendere la natura meramente rappresentazionale della mente operando una distinzione tra
apparenza e realtà” (Capacità metacognitiva – importante nell’AAI). La nostra mente non ci dice come è la realtà, ma
ci dà solo una rappresentazione.
Il pensiero ha come obiettivo esplicito la conoscenza del pensiero stesso.
Consente la conoscenza e il controllo del processo cognitivo (impariamo qualcosa su di noi) (Brown et al. 1983) e
specificatamente:
 La conoscenza riguardo la cognizione (es: distinzione apparenza-realtà) (Metarappresentazione) – la persona
riflette su quello che ha detto (es. nell’AAI), distinguendo la rappresentazione tra la realtà;
 La regolazione della cognizione (es: ricerca dell’errore) (Monitoraggio metacognitivo) – essere attenti a errori,
discrepanze e contraddizioni delle cose che stiamo pensando e dicendo (riflettere sul nostro pensiero).

Metacognizione e attaccamento
Le differenze nell’organizzazione dell’attaccamento durante l’infanzia sono fortemente legate alla qualità della
metacognizione dei genitori (valutabili tramite la AAI).
Le capacità metacognitive sono maggiori nell’attaccamento sicuro. Più è alta la capacità di metacognizione (e
mentalizzazione) nell’AAI, più il suo pattern di attaccamento viene considerato sicuro.
La carenza di capacità metacognitive rende incapaci di andare oltre la realtà immediata dell’esperienza e rende
vulnerabili all’incoerenza del comportamento del genitore.
Confronto tra concetti:
 Mentalizzare: prestare attenzione agli stati mentali in sé e negli altri e interpretare il comportamento di
conseguenza.
 Funzione riflessiva: pperazionalizzazione a scopo di ricerca del concetto di mentalizzazione.
 Cecità mentale: il contrario del mentalizzare; utilizzato per caratterizzare l’autismo.
 Lettura della mente: si applica agli altri e si concentra sulla cognizione.
 Teoria della mente: si concentra sullo sviluppo cognitivo e fornisce una cornice teorica per la mentalizzazione.
 Metacognizione: si concentra sulla cognizione in sé.
 Mindfulness: si concentra sul presente e non è limitata agli stati mentali.
 Empatia: si concentra sugli altri e riguarda gli stati emozionali.
 Intelligenza emotiva: mentalizzazione delle emozioni in sé e negli altri.
 Mentalità psicologica: disposizione a mentalizzare in senso ampio.
 Insight: contenuto mentale prodotto dal processo di mentalizzazione.

Un concetto trasversale Mentalizzazione (alcuni utilizzano concetti simili, altri utilizzano proprio il termine
mentalizzazione):
 Psicoanalisi
o Preoccupazione materna primaria, madre sufficientemente buona (Winnicott) – le madri
sufficientemente buone quando i bambini sono molto piccoli entrano in uno stato particolare di tipo
regressivo (preoccupazione materna primaria) e percepisce i bisogni del proprio piccolo. Se questa si
presentasse in altri momenti di vita sarebbe classificabile come patologia.
o Rêverie materna, funzione alfa (Bion): si avvicina maggiormente a una descrizione cognitivista di tipo
psicoanalitico. Un bambino quando ha aspetti della sua mente che non sono elaborati e sono molto
primitivi (elementi beta), li espelle dalla propria mente attraverso la difesa dell’identificazione proiettiva
e li fa percepire dalla propria madre. La madre, con la rêverie, percepisce questi aspetti non elaborati e li
fa propri, dà un significato e li restituisce trasformati in elementi alfa (funzione alfa, simile alla
mentalizzazione). La madre si mette nei panni del bambino e percepisce gli stati mentali non elaborati,
restituendoglieli con un significato.
o Pensiero operatorio (Marty): ha descritto i pazienti meno mentalizzanti, non sapevano attribuire un
significato simbolico agli stati mentali propri e altrui (pazienti alessitimici – prototipo di persone con
basso livello di mentalizzazione)
o Interiorizzazione trasmutante (Kohut – psicologia del Sè)
o Sintonizzazione (Stern): descrive il rapporto tra bambino e madre come una danza in cui entrambi si
guidano perché sono sintonizzati l’uno con l’altro modo di mettersi uno nei panni dell’altro
 Cognitivismo
o Teoria della mente (Premack, Woodruff)
o Mindfulness (buddismo zen, Linehan)
o Metacognizione (Flavell)
o Mind-Mindedness (Mains)
o Metarappresentazione (Semerari)
o Biofeedback sociale del rispecchiamento affettivo (Gergely, Watson)
 Attaccamento
o Monitoraggio metacognitivo (Main)
o Funzione riflessiva (Fonagy)
o Funzione riflessiva genitoriale (Slade)

Teoria della Mente (Premack, Woodruff 1978)


Capacità di spiegare il comportamento individuale sulla base di conoscenze, credenze e desideri diversi dai propri. Ci
si rende conto che gli esseri umani hanno una mente che è rappresentativa e non trasparente (possono capire il
desiderio della mamma ma non possono conoscerlo con certezza)
Si acquisisce verso i 4 anni. Permette di superare i compiti di “falsa credenza” (Wimmer, Perner 1983; Baron-Cohen
et al. 1985) e comporta la capacità di mentire (falsa cognitività).
Il compito di Sally e Anna (Baron-Cohen, Leslie, Frith 1985)
Creato per gli autistici – prototipo della non capacità di mentalizzare: non riescono a
costruirsi una teoria della mente, non si mettono nei panni degli altri e gli altri non
sono considerati come capaci di avere stati mentali.
Presentato con pupazzi, filmati, racconti

Teoria del Bio-feedback Sociale del rispecchiamento affettivo (Gergely e Watson,


1996-1999)
Studio di microregistrazione del rapporto diretto tra caregiver e bambino nei primi
giorni o mesi di vita.
Sostiene che le rappresentazioni delle emozioni sono fondamentalmente centrate
sugli stimoli esterni.
I bambini imparano a differenziare i pattern fisiologici e viscerali di stimolazione propriocettiva osservando le
reazioni del caregiver e su quello che gli viene restituito (espressioni facciali, rispecchiamento vocale,
comportamento). Questo modo di rispecchiare il neonato è alla base della capacità di riconoscere le proprie
emozioni, permette di collegare le percezioni fisiologiche e viscerali con tutto ciò che gli gira attorno (es. essere preso
in braccio, sensazione di pancia piena, fame che si trasforma in appagamento…) e quello che poi avverrà dopo. Più il
feedback è gradevole e positivo, più le associazioni di feedback sociale saranno positive. Permette di creare
associazioni e visioni a fenomeni di carattere viscerale e fisiologico (percezione di rabbia, noia, stimoli eccessivi,
rumore, buio, fame), che comportano da parte del caregiver un rispecchiamento affettivo che comporta un bio-
feedback sociale (legata al rapporto).
Consente la rappresentazione simbolica, il controllo e la comunicazione degli stati affettivi.

Mentalizzazione e sviluppo
Il neonato nasce che ha un sé molto percettivo (fame, sete, sonno)
che ha risposte corporee non rappresentate
psicologicamente in modo adeguato; ha un rapporto con un
caregiver, che si configura come una relazione di
attaccamento, in cui c’è un rispecchiamento e un processo di
mentalizzazione.
Se questo avviene (non sempre, vd. bambini
istituzionalizzati), il bambino verso i 2-4 anni di vita sviluppa una teoria della mente (capacità di pensare in termini
psicologici) e un Sé psicologico (riflessivo): inizia a pensare che la mamma abbia delle aspettative e non conosce tutto
ciò che passa nella mente del bambino. È accompagnato da mentalizzazione che porta a una maggiore regolazione
psicosomatica (delle variazioni corporee), portando a una migliore gestione dello stress e pone le basi per lo sviluppo
di un attaccamento sicuro.
Se questo processo fallisce, il neonato non acquisisce la teoria della mente in modo adeguato perché il sistema di
attaccamento e rispecchiamento (e mentalizzazione) non sono adeguati (non è sempre così, vd. autismo). Il sé del
neonato continua a essere un sé non psicologico. Le emozioni (reazioni geneticamente condizionate) continuano a
essere provate, ma non vengono mentalizzate (elaborate psicologicamente) disturbi che sono l’espressione della
carenza di capacità mentalizzanti: alessitimia, autismo, disturbi di personalità (borderline), alterazioni del
comportamento di malattia (persone con disturbi funzionali), dipendenze patologiche (es. uso di psicofarmaci per
riuscire a regolare le emozioni), vulnerabilità a stress e a traumi. Vengono sviluppate delle difese nei confronti delle
emozioni non mentalizzate: alcune sono generalizzate (attacco/fuga e conservazione/ritiro, geneticamente
determinate e importanti dal punto di vista fisiologico), alcune si sviluppano nell’ambito dell’attaccamento insicuro,
cioè difese di ipoattivazione (distanziamento dal proprio sentire - A) e difese di iperattivazione (per reagire
all’ambiente, rabbia e paura espresse - C).
Cervello e mentalizzazione
La mentalizzazione esprime una funzione della corteccia prefrontale mediale (sopra la radice del naso; soprattutto
emisfero destro) (Allan Shore) che appartiene alle “Strutture Corticali Mediali” (Cortical Midline Structures, CMS)
processi sociali, di attaccamento, regolazione delle emozioni.
Rappresenta una sorta di Folk Psychology che ogni individuo utilizza nell’interazione con gli altri e per attribuire un
significato agli altri e a se stesso.
Lo sviluppo delle aree cerebrali deputate alla mentalizzazione è molto plastico per tutto il primo anno di vita e
dipende dalla qualità della relazione di attaccamento.
La corteccia prefrontale destra (orbitale e mediale)
 Funzioni esecutive (es. pianificazione), regolazione delle relazioni interpersonali, cooperazione sociale,
comportamento morale, aggressività sociale
 Substrato neuronale della vita sociale (Goldberg 2001)
 Ruolo fondamentale nei processi di mentalizzazione e attaccamento (cuore del nostro SNC)
o Rappresentazione implicita e esplicita degli stati mentali degli altri
o Regolazione delle emozioni e gestione dello stress

Il ruolo dell’amigdala
 È regolata dall’attività della corteccia prefrontale e allo stesso tempo contribuisce a regolarla; è nella zona media
anteriore del cervello.
 Assieme all’ipotalamo e all’ippocampo, rappresenta una struttura neuroanatomica dei processi di memoria
procedurale e automatica (es. timbro della voce, uso di una lingua invece di un’altra) alla base della
mentalizzazione implicita (Herpertz et al. 2001).
 Funzione significativa nella regolazione dello stress e delle emozioni. È importante per l’attribuzione di un
significato emotivo a uno stimolo e per questo influenza l’elaborazione degli eventi dolorosi (es. lutto) (la sua
dimensione aumenta nei soggetti deprivati e traumatizzati).
 Azione attivante sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), intervenendo nella risposta allo stress influenza i
processi decisionali in quanto permette la rappresentazione di una ricompensa (al contrario, la corteccia
prefrontale mediale e l’ippocampo svolgono una funzione inibente).

Altre strutture coinvolte:


 Ipotalamo: (assieme all’amigdala) memoria procedurale e automatica alla base della mentalizzazione implicita
(funzioni che si definiscono entro il 1° anno di vita).
 Corteccia ippocampale: anch’essa importante per la memoria autobiografica e per la regolazione delle emozioni
e dello stress. Prove di scarso funzionamento o atrofia in soggetti con gravi maltrattamenti o PBD (Teicher et al.
2002, 2003).
 Lobo temporale: identificazione delle espressioni facciali.
 Corteccia cingolata anteriore: ruolo nella mentalizzazione del Sé (Damasio 1999).
 Insula: il tronco encefalico con la neocorteccia integrando le informazioni derivanti dall’attività fisiologica
somatica con i segnali corticali superiori di tipo emozionale, comportamentale e motivazionale.
 Neuroni specchio: favoriscono la mentalizzazione in virtù di una condivisione di circuiti anatomici (Gallese 2001).

Sviluppo cerebrale, mentalizzazione e attaccamento


Un attaccamento sicuro è essenziale per lo sviluppo ottimale delle strutture cerebrali sottese alla mentalizzazione
(Schore 2001).
La relazione di attaccamento interviene direttamente nella configurazione maturativa dei sistemi deputati alla
gestione dello stress relazionale e della autoregolazione emotiva (Emisfero destro dominante nei primi 3 anni di vita
– strutture plastiche, sviluppo lento).
Corteccia frontale orbitomediale: meccanismi impliciti di regolazione associati ai modelli operativi interni relativi
all’attaccamento.
Amigdala + Corteccia frontale orbitomediale: concorrono sinergicamente all’esperienza prefrontale e mantengono
un’elevata plasticità per tutta la vita (le relazioni di attaccamento continuano ad avere un’influenza sullo sviluppo
della regolazione affettiva).

Mentalizzazione e arousal
La mentalizzazione agisce da ammortizzatore psichico regolando le emozioni e le risposte somatiche. Non è sempre
attivo, ma a volte si disattiva: un organismo per essere adattivo in alcuni momenti deve essere più mentalizzante e in
altri meno, rispondendo in modo più automatico e meno psicologico.
L’eccesso di attivazione (iperarousal) aziona un interruttore neurochimico che induce una disconnessione a livello
prefrontale innescando risposte automatiche non mentalizzate (come un salvavita, per lo stato di attivazione
emotiva eccessiva).
Nei pazienti borderline il livello di disconnessione prefrontale è minore (esponendoli a sintomi psichici e disturbi
comportamentali) – si disattiva con uno stato di stress e arousal più basso.
Un circuito neuronale
La regolazione neurochimica della corteccia prefrontale è legata in modo complementare alla corteccia posteriore e
alle strutture subcorticali (funzioni automatiche).
Quando l’arousal supera una certa soglia la corteccia prefrontale si disconnette funzionalmente e si attivano la
corteccia posteriore e le strutture subcorticali (attività inibitoria recettori norepinefrina Alfa-2 e dopamina D1 i
neuroni continuano a essere collegati ma diminuisce la loro attività – disconnessione funzionale). Le parti
mentalizzanti funzionano poco e l’organismo inizia a funzionare in modo meno mentalizzante, rispondendo in modo
automatico grazie a strutture posteriori e al tronco encefalico.
L’equilibrio si sposta dalle esecuzioni esecutive prefrontali alla codifica mnemonica mediata dalla amigdala (memoria
procedurale) e all’attività automatica mediata dalla corteccia posteriore (reazioni di attacco- fuga o di
congelamento).

Quando non si mentalizza (non sempre mentalizzare è utile) – condizioni fisiologiche o patologiche:
 Se manca il tempo per riflettere (per attribuire significati e mettersi nei panni degli altri)
Es. incidente alla guida davanti a noi; effetto di Piero (canzone di De Andrè)
 Quando le emozioni sono troppo intense (stress elevato, situazioni di pericolo, eccitazione sessuale, rabbia)
 Se si è troppo stanchi o annoiati
 Sotto l’effetto di sostanze psicotrope (alcool, psicofarmaci, droghe)
 In condizioni in cui la propria autonomia è fortemente limitata (lunghe ospedalizzazioni, immobilità forzata,
pazienti dializzati o in attesa di trapianti, regime carcerario)
 Se il livello di disconnessione funzionale prefrontale è troppo basso (con la manifestazione di una scarsa
tolleranza alle frustrazioni, ad esempio nei bambini o in adulti con disturbi intellettivi o psicopatologici)
autismo, borderline
 Quando le aree cerebrali prefrontali sono compromesse (traumi, patologie tumorali o vascolari, processi
degenerativi, demenze)

Mentalizzazione e regolazione delle emozioni


 In carenza di mentalizzazione sono ridotte la capacità di regolare le emozioni e la gestione psicosomatica dello
stress.
 Tendenza a manifestare disturbi corporei e alterazioni del comportamento di malattia (preoccupazioni
ipocondriache, disturbi di somatizzazione, sindromi funzionali) (Abnormal Illness Behaviour, o disturbi del
comportamento di malattia) – in caso di carenza di mentalizzazione alessitimia.
 Reazioni difensive primitive non mentalizzate:
o Attacco/fuga; conservazione/ritiro (congelamento);
o Dissociazione (come difesa: aiuta a diminuire la sofferenza);
o Acting out comportamentali;
o Ricorso a regolatori esterni (DCA, alcool, fumo, addictions, comportamenti aggressivi o sessuali).

I regolatori esterni delle emozioni


Oggetti, comportamenti ed esperienze che permettono di intensificare o inibire uno stato emozionale e i suoi
correlati somatici.
Vengono utilizzati nel tentativo di regolare o controllare stati mentali senza ricorrere ai processi psicologici necessari
per la mentalizzazione.
Nei mammiferi: la madre attraverso il contatto corporeo e le stimolazioni esterne (tattili, olfattive, termiche,
nutrizionali) regola le funzioni fisiologiche del piccolo (temperatura corporea, attività cardiaca e respiratoria,
metabolismo, ciclo sonno e veglia, ormone della crescita, stimolazione vestibolare) (Ricerche sui ratti, Myron Hofer,
1995, 2000).
In psicoanalisi: oggetti transizionali (Donald Winnicott), oggetti precursori (Renata Gaddini) oggetti-sensazione
(Frances Tustin).
Tutti gli esseri umani utilizzano regolatori esterni (succhiarsi il dito, mangiarsi le unghie, bere caffè, alcolici o tisane,
fumare, mangiare, masturbarsi, fare un bagno, farsi massaggiare, fare esercizio fisico, attività artistica -produzione o
fruizione-, gioco, pregare).
Possono assumere un significato patologico: disturbi del comportamento alimentare, addict disorders (alcolismo,
dipendenza da psicofarmaci o droghe, gioco d’azzardo, shopping compulsivo, internet addict disorder), attività
sportive o sessuali estreme, procurarsi lesioni corporee.

Mentalizzazione, emozioni e regolazione psicosomatica


Esistono delle emoziioni come fenomeni biologici che si attivano, hanno a
che fare con la presenza di un sistema limbico dove ci sono nuclei che
permettono di provare delle emozioni e delle strutture sottocorticali che
interagiscono quando c’è un’emozione. Le emozioni, negli animali
superiori, possono essere elaborate sotto un piano mentale
(mentalizzazione): attribuire significati simbolici, interpretazione. A volta la
mentalizzazione può bloccarsi per la presenza di un interruttore
neurochimico (recettori Alfa-2 norepinefrina e D1 dopamina) impedendo la comunicazione tra corteccia prefrontale,
strutture corticali mediali e sistema limbico.
Se i processi di mentalizzazione non sono adeguati o sono inibiti, le emozioni invece che essere regolate sul piano
psicologico portano a risposte automatiche geneticamente determinate (attacco-fuga, conservazione-ritiro o
freezing, acting out, dissociazione -attraverso la compartizione delle funzioni cerebrali che permette di soffrire
meno). Una via di compensazione delle emozioni non regolate è l’attivazione di risposte arcaiche e automatiche;
l’altra è quella di ricorrere a regolatori esterni delle emozioni (eccessiva attività fisica, bere alcolici, fumo). In questo
caso, vi è un’esposizione personale a fenomeni di dipendenza. In tutte queste circostanze, l’essere umano funziona
in modo poco emotivo, poco mentalizzato e il Sé psicologico è ridotto ai minimi termini, le strutture prefrontali
agiscono poco e la gestione del rapporto con l’ambiente diventa automatica e corporea Sé corporeo, con un
vissuto di sè di tipo corporeo e non psicologico.
La regolazione somatica, in mancanza di una regolazione emotiva, sarà scarsa. Se siamo profondamente annoiati e
non riusciamo a usare la nostra attività psichica per uscire da questo stato, l’emozione di noia comporta uno stato
disregolato uso di regolatori esterni (es. cocaina, bungee jumping). Si manifestano sintomi somatici, disturbi
somatici e alterazioni del comportamento di malattia.

La carenza di mentalizzazione
È legata al fallimento della funzione riflessiva genitoriale. Conseguenze:
 Attaccamento insicuro;
 Minore regolazione delle emozioni (alterazioni del comportamento di malattia, alessitimia, scompensi
psicosomatici);
 Patologie psichiche (autismo, disturbi di personalità, disturbi del comportamento alimentare -funzione
antidepressiva, addict disorders, attacchi di panico, depressione);
 Disturbi relazionali (di coppia, lavorativi, sociali);
 Comportamenti antisociali (bullismo, vandalismo, violenza individuale o collettiva, abusi sessuali);
 Maggiore vulnerabilità agli stress psicosociali e ai traumi.

Disturbi da carenza di mentalizzazione


Alterazioni dei vissuti corporei e del comportamento di malattia
 Patologie mediche da alterata reattività allo stress;
 Alterazioni del comportamento di malattia (disturbi di somatizzazione, sindromi mediche funzionali, ipocondria,
dismorfofobie).

Disturbi psicologici
 Autismo;
 Disturbi di personalità;
 Attacchi di panico e altri disturbi d’ansia;
 Depressione.

Condotte alterate centrate sul corpo


 Disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia), obesità;
 Dipendenze patologiche (addictions) (alcolismo, dipendenza da psicofarmaci o droghe, gioco d’azzardo, shopping
compulsivo, internet addict disorder);
 Tatuaggi, piercing, cicatrici decorative, chirurgia estetica, autolesionismo (tagli, graffi, morsi);
 Attività sportive o sessuali estreme.

Mentalizzazione e attaccamento
La qualità dell’attaccamento infantile è in relazione a due fattori:
1. i modelli operativi interni del genitore;
2. la capacità del genitore di riflettere sul proprio stato mentale e su quello del figlio (mentalizzazione e funzione
riflessiva genitoriale).

Le capacità riflessive dell’adulto possono essere valutate con l’AAI e la PDI.


Le attribuzioni relative agli stati mentali di sé e degli altri vengono incorporate nei Modelli operativi interni.
Mentalizzazione e attaccamento sicuro
L’attaccamento sicuro è favorito da:
 La comprensione che il caregiver ha della mente del bambino;
 La frequenza con cui un genitore fa riferimento ai propri stati mentali (nei racconti delle proprie relazioni infantili
alla AAI).

È caratterizzato da mentalizzazione (Funzione riflessiva, Monitoraggio metacognitivo alla AAI).


Mentalizzazione e attaccamento insicuro
Attaccamento insicuro e processi di mentalizzazione (diverse espressioni della mentalizzazione):
 Distanziante (A)
Distanzia gli stati mentali del Sé (non prende contatto con le proprie emozioni).
È centrato sugli stati mentali degli altri (cerca di essere il più possibile compiacente).
 Preoccupato (C)
Distanzia gli stati mentali degli altri (non gli interessano i pensieri altrui).
È centrato sugli stati mentali del Sé (quello che dice e fa è guidato da come si sente).

Meccanismi di mediazione tra attaccamento insicuro e malattia

Mentalizzazione ed equilibrio psicosomatico


La carente mentalizzazione comporta una minore regolazione e controllo delle emozioni e degli stati somatici
correlati con una conseguente alterata risposta allo stress (Baldoni 2010).
Viene meno la capacità di rappresentare psicologicamente, simbolizzare e comunicare adeguatamente le emozioni
proprie e degli altri (trasformandole in affetti).
Le emozioni vengono percepite prevalentemente per i loro aspetti corporei (che non sono regolati).
Vedi: Pensiero operatorio (Marty, De M’Uzan), Alessitimia (Sifneos), Falso sé (Winnicott)
Pensiero operatorio (Pierre Marty, scuola di Parigi) - 1963
 Le pulsioni non sono elaborate sufficientemente a livello mentale e sono scaricate direttamente nel corpo
(deficit del valore funzionale della vita mentale).
 Carenza di fantasia e creatività, pensiero concreto e impersonale (deficit della vita fantasmatica).
 Si lamentano di disturbi fisici, incapaci di empatia.
 Stile relazionale piatto, privo di fantasia e emozioni (relazione bianca – relazione terapeutica).
 Generano un senso di noia e di frustrazione, sul piano controtransferiale.
 Il sintomo non è simbolico, non ha senso (deficit del senso del sintomo).
 Vita onirica povera, concreta o assente.

Alessitimia (John Nemiah e Peter Sifneos 1970)


 Difficoltà nel riconoscere e descrivere le proprie emozioni.
 Difficoltà a distinguere tra sentimenti e sensazioni corporee legate all’attivazione emotiva.
 Stile cognitivo: concreto, pratico, orientato verso l’esterno piuttosto che introspettivo; processi immaginativi
limitati, scarsità di fantasie; tendenza a descrivere dettagli e sintomi fisici più che stati d’animo (pensiero
operatorio; campioni non necessariamente clinici).
 Vissuti generici di tensione emotiva, irritabilità, noia, vuoto.
 Scoppi occasionali, ma violenti e inappropriati di comportamento affettivo (pianto, rabbia).
 Scarse relazioni significative, con tendenza alla dipendenza o preferenza per la solitudine.
 Provocano negli altri sentimenti di noia e monotonia.

Il falso Sé
È un’organizzazione difensiva della personalità che ha la funzione di proteggere come un involucro il vero Sé.
Deriva da un ambiente insufficiente ed è un ultima difesa verso la depressione.
È totalmente inconscio e può corrispondere a una vita apparentemente normale (anche se accompagnata da
sentimenti di vuoto e di noia).
Spesso sono stati dei bambini bravi e compiacenti, apprezzati da genitori e insegnanti (dei piccoli adulti).
Nei momenti significativi della vita possono scompensarsi manifestando gravi disturbi psicologici o somatici.
L’integrazione psicosomatica (Donald Winnicott 1949, 1960)
È lo sviluppo di un Sé allo stesso tempo psichico e fisico, cioè di un senso di esistenza nel proprio corpo.
L’unità psicosomatica è condizione indispensabile per uno stato di salute mentale e di pieno coinvolgimento nella
realtà (in questo caso l’utilizzazione del corpo costituisce una fonte di grande piacere).
Lo sviluppo sano

Lo sviluppo problematico

Il malato psicosomatico (Winnicott 1949)


Il vero malato psicosomatico si caratterizza per una particolare scissione mente-corpo (depersonalizzazone).
Le sensazioni somatiche non vengono elaborate e rappresentate simbolicamente in modo adeguato, per cui l’attività
psichica tende a diventare qualcosa di separato dall’esperienza corporea.
Si sviluppa un falso Sé difensivo caratterizzato da un’eccessiva intellettualizzazione non integrata con le esperienze
corporee.
Lo scompenso del falso Sé
 Burn-out: nella sue manifestazioni più tipiche (perdita di interesse, stanchezza, ansia, insonnia, sintomi
psicofisiologici, abbandono del lavoro).
 Malattia: psichica (depressione, attacchi di panico, crisi psicotiche) o somatica (infarto, cancro, patologie
endocrine).
 Suicidio: può rappresentare un modo di dare al corpo una morte che si è già verificata nella psiche. Anche sotto
forma di equivalenti suicidari (ripetuti incidenti, traumi, autolesionismo).
Il falso Sé nella relazione
Nel controtransfert il falso Sé è percepito come mancanza di autenticità, noia, vuoto, il vero Sé è avvertito per la sua
“assenza”.
Terapeuta e falso Sé del paziente possono sembrare due bambinaie che parlano del bambino (il vero Sé).
Se una persona annoia, è malata ed ha bisogno di aiuto, ma se il nostro interesse rimane sveglio, allora si è capaci di
aiutarla (quando non proviamo interesse per una persona non possiamo aiutarla).
Carenza di mentalizzazione e comportamenti aggressivi
 Comportamenti violenti
o Individuali (violenza di coppia o familiare, maltrattamenti fisici, abusi sessuali)
o Collettivi (bullismo, violenza negli stadi e durante manifestazioni politiche, lancio di sassi dall’autostrada)
 Vandalismo (deturpazione di beni privati o pubblici, di monumenti e di opere d’arte, creazione di virus nei
computer)
 Suicidio ed equivalenti suicidari (comportamenti pericolosi o autolesionisti, guida spericolata, attività fisiche
estreme, sesso non protetto).

Carenza riflessiva e aggressività


Nel genitore:
 Incapacità di riflettere sullo stato mentale del figlio
 Fraintendimento del significato degli stati affettivi e del comportamento
 Maggiore possibilità di maltrattamento e abuso.

Nel bambino:
 Minore consapevolezza e controllo degli stati affettivi
 Confusione sul significato degli stati mentali
 Vulnerabilità all’incoerenza del comportamento del genitore esponendo a trauma
 Comportamento aggressivo come difesa nei confronti degli stati mentali pericolosi dell’adulto

Attaccamento insicuro e aggressività infantile


I bambini con attaccamento insicuro (evitante, disorganizzato, coercitivo) manifestano più frequentemente disturbi
della condotta (isolamento, comportamenti aggressivi, rifiuto scolastico).
L’evitamento precoce è correlato allo sviluppo di successiva aggressività (Greenberg 1999).
Fraintendimento degli stati affettivi
L’insistenza in un’azione o la determinazione verso il raggiungimento di un obiettivo viene spesso confusa con
l’aggressività, ma lo scopo non è quello di fare del male.
Se l’espressione del sé del bambino viene ripetutamente fraintesa con l’aggressività (carenza di funzione riflessiva)
egli può confondere i due stati mentali.
Può essere all’origine di bullismo, vandalismo, violenza sessuale e altri comportamenti aggressivi.
Vulnerabilità allo stress e ai traumi psicologici
L’incapacità di considerare gli stati mentali propri e altrui rende più vulnerabili agli stress e traumi.
La capacità riflessiva permette di considerare il comportamento altrui come espressione di uno stato mentale
(rabbia, paura, false credenze).
In questo modo un rifiuto o un atto di violenza non portano necessariamente a una visione negativa del sé o della
relazione con l’altro.
La sua assenza rende il bambino vulnerabile all’incoerenza del comportamento del genitore esponendolo al trauma.
È particolarmente importante quando si è esposti a maltrattamenti e abusi sessuali o fisici.
Aggressività come difesa
Un genitore incapace di riflettere sullo stato mentale del figlio (emozioni, convinzioni, desideri, intenzioni) può
restituirgli un’immagine estremamente negativa (incapace, stupido, cattivo, pericoloso, malato).
Il comportamento aggressivo può rappresentare un’estrema difesa nei confronti degli stati mentali pericolosi
dell’adulto.
Ogni situazione in cui qualcuno riflette sul soggetto viene percepita come la ripetizione di un trauma suscitando
fantasie persecutorie e reazioni aggressive distruttive (Es: la condizione di ascolto o l’interpretazione del terapeuta).
12/11/20
Valutazione della mentalizzazione
Come caratteristica individuale:
 Reflective Functioning Scale (RF) (Fonagy et al. 1998): applicata a
o Adult Attachment Interview (RF/AAI) (George, Kaplan, Main 1984)
o Current Relationship Interview (RF/CRI) (Crowell 1990; Crowell, Owens 1998)
o Parent Development Interview (RF/PDI) – Funzione riflessiva genitoriale (Slade 2010)

 In psicoterapia individuale
o Metacognitive Assessment Scale (MAS)
o Scala di Valutazione della Metacognizione (S.Va.M.) (Carcione et al. 1997; Semerari et al. 2003)

Come espressione di un sistema (base sistemica):


 Reflective Function in the Family (RFF) (Baldoni 2007)
 Mentalization Assessment in Psychotherapy (MAP) (Baldoni 2011, 2020)

Reflective Functioning Scale (RF) (Fonagy, Target, Steele, Steele 1998)


È applicata all’Adult Attachment Interview (RF/AAI), alla Current Relationship Interview (RF/CRI) e alla Parent
Development Interview (RF/PDI).
Permette la valutazione individuale come dimensione unitaria (si raggiunge un punteggio complessivo, che deriva
dalla codifica per esempio dell’AAI).
Vengono attribuiti punteggi da -1 a +9.
Il riconoscimento avviene attraverso markers di quattro categorie riflessive.
Due tipi di domande:
a. Demand Questions: richiedono direttamente risposte riflessive – domande già insite nell’intervista
semistrutturata (invito a riflettere).
b. Permit Questions: permettono di esprimere affermazioni riflessive (tutte le altre) – risposte date
spontaneamente dagli intervistati (creano le condizioni perché il soggetto dia risposte riflessive).

Parent Developmental Interview Revised (PDI-R2) (Aber et al. 1985; Slade et al. 2003-2005)
Intervista semistrutturata basata su 40 domande (circa 90-120 minuti di tempo), simile all’AAI ma applicata al
rapporto con i figli.
Valuta la rappresentazione che una madre ha del proprio bambino, di se stessa come genitore e della propria
relazione con il figlio.
Si chiede di:
 descrivere le volte che il figlio può essersi sentito spaventato o rifiutato;
 fornire 5 aggettivi che descrivano il figlio e spiegare le ragioni della scelta dell’aggettivo;
 descrivere la relazione con il figlio chiedendo cosa la renda piacevole o difficile;
 descriversi come genitore indicando punti di forza o di debolezza;
 domande relative a specifici stati d’animo (felicità, bisogno, colpa, rabbia, gioia);
 pensieri e sentimenti riguardo le separazioni dal bambino;
 influenza delle esperienze con i propri genitori sul modo di affrontare la genitorialità.

Si chiedono esempi ed episodi tratti dalla vita reale.


Viene utilizzata per valutare la Funzione Riflessiva Genitoriale attraverso la scala RF di Peter Fonagy modificata da
Arietta Slade (RF/PDI).
Funzione riflessiva genitoriale (RF/PDI) (Arietta Slade)
È la capacità di un genitore di riflettere sulla vita interiore di un bambino e di offrire contenimento senza
un’eccessiva intrusione (Slade 2010) – capacità di mentalizzare il figlio.
La valutazione si basa sui trascritti della Parent Development Interview Revised (PDI-R2) (40 domande) (Aber et al.
1985; Slade et al. 2003-2005).
Punteggio complessivo su scala a 11 punti (scala Likert) da -1 (RF negativa) a 9 (RF eccezionale).
Current Relationship Interview (CRI) (Crowell 1990; Crowell, Owens 1998)
 Intervista semistrutturata basata su 15 domande.
 Audioregistrata e trascritta ad verbatim.
 Valuta lo stato della mente rispetto l’attaccamento nei legami sentimentali attuali.
 Punteggi assegnati (da -1 a 9) a 18 scale di valutazione.
 Aree d’indagine:
o Background sentimentale (relazioni romantiche passate);
o Relazione romantica attuale (descrizione, 5 aggettivi, episodi);
o Rifugio sicuro (supporto del partner in situazioni di difficoltà);
o Base sicura (obiettivi e mete);
o Passato (matrimonio dei genitori);
o Futuro (cosa hanno appreso dal passato, speranze e preoccupazioni per il futuro).
 È uno strumento simile alla AAI, ma focalizzato sul rapporto attuale con il partner
o Utilizza le massime di Grice (coerenza: qualità, quantità, rilevanza, modo)
o La classificazione è la stessa (sicuro, preoccupato, distanziante, irrisolto).
 Viene utilizzata per valutare la mentalizzazione nella vita di coppia attraverso la RF (RF/CRI) (Zaccagnini et al.
2008).

Scala di Valutazione della Metacognizione (S.Va.M.) (Metacognitive Assessment Scale, MAS) (Carcione et al. 1997;
Semerari et al. 2003)
È basata sulla trascrizione di sedute individuali di psicoterapia audioregistrate. È uno strumento che non usa l’AAI.
Permette di valutare le variazioni di metacognizione del paziente durante la terapia e alla conclusione di questa.
Fornisce un profilo della capacità di mentalizzazione del soggetto in diverse dimensioni:
 Autoriflessività (capacità di rappresentare eventi mentali propri);
 Comprensione della mente altrui / decentramento (attribuire all’altro un’attività mentale indipendente dalla
propria);
 Mastery (capacità di rappresentare e regolare gli stati mentali in termini di problemi da risolvere e di elaborare
strategie adeguate alla loro soluzione).

Mentalizzazione e funzione riflessiva nella famiglia


Le capacità riflessive manifestate dal nucleo familiare sono importanti per il mantenimento del benessere, la
soluzione dei conflitti e la capacità di adattamento.
La loro carenza può essere considerata un fattore prognostico negativo per le difficoltà relazionali e i disturbi
psicologici, comportamentali e somatici manifestati dai componenti del nucleo familiare nel corso della loro vita.
Capacità riflessive e genitorialità
Tenere conto degli stati mentali dei figli favorisce lo sviluppo di capacità riflessive (della famiglia e dei figli).
L’incapacità di considerare gli stati mentali propri ed altrui espone agli stress psicosociali e ai traumi.
I comportamenti aggressivi possono rivelarsi come difese nei confronti degli stati mentali pericolosi dei genitori.
La mentalizzazione come concetto sistemico
Comporta una componente interpersonale (decentramento, comprensione della mente dell’altro, rispecchiamento
affettivo).
È l’espressione di una relazione all’interno di un sistema (attaccamento, coppia, famiglia, psicoterapia).
È basata sul concetto cibernetico di feedback (positivo e negativo).
Mentalization Assessment in Psychotherapy (MAP) (Baldoni 2013, 2020)
È una procedura di valutazione delle capacità di mentalizzazione manifestate da pazienti e terapeuti all’interno di
una seduta di consultazione o di psicoterapia individuale, di coppia, di gruppo o familiare (Reflective Function in the
Family, RFF).
Segue una prospettiva teorica sistemica e non valuta la mentalizzazione come una caratteristica individuale, ma
come una capacità manifestata dai componenti dal sistema terapeutico in quella particolare seduta.
Considera sia la mentalizzazione esplicita che quella implicita (comprese le espressioni analogiche; comportamento
non verbale).
La metodologia si avvale della analisi sistematica della comunicazione verbale e non verbale come risulta dalla
trascrizione integrale della registrazione audio o audiovisiva.
Fornisce indicazioni utili per l’assessment clinico e la valutazione del processo terapeutico (durante il trattamento,
alla conclusione di questo e in occasione di successive sedute di follow up).
È compatibile con vari indirizzi teorici (psicoanalitico, sistemico, cognitivista o cognitivo-comportamentale).

Attaccamento e mentalizzazione in psicoterapia


 Il legame terapeutico è una relazione d’attaccamento.
 La terapia fornisce una base sicura.
 Le difese come protezione dal pericolo (comportamenti di attaccamento, esclusione difensiva).
 I Modelli Operativi Interni sono alla base del transfert.
 La mentalizzazione è una funzione del controtransfert.
 Sviluppo di tecniche terapeutiche per lo sviluppo della mentalizzazione (funzione riflessiva del terapeuta).
 Strategie terapeutiche specifiche in funzione dello stile di attaccamento e dei modificatori non risolti (lutti,
traumi, depressione, disorganizzazione).

I consigli di Bowlby (Una base sicura, 1988)


1. Porsi come base sicura
2. Aiutare a riconoscere le modalità attuali di entrare in relazione con gli altri
3. Aiutare a riconoscere le modalità di relazione con il terapeuta ed il transfert
4. Aiutare a riconoscere come la propria infanzia influenza il modo di percepire e reagire al mondo (favorendo la
comprensione e la riconciliazione verso le figure di attaccamento)
5. Aiutare a riconoscere come le proprie rappresentazioni lo guidano inconsapevolmente e oggi possano non
risultare adeguate

Il terapeuta come base sicura


Il terapeuta, agendo come base sicura, permette al paziente di esplorare aspetti sconosciuti e angosciosi del proprio
passato e della propria attività mentale.
Il paziente avverte che l’esplorazione avviene in uno stato di relativa sicurezza.
Il ruolo del terapeuta è relativamente più attivo (incoraggia all’esplorazione).
È necessario aspettare che l’effetto base sicura si manifesti (limitare gli interventi troppo precoci).
Il fallimento riflessivo in terapia
 Interpretazioni inappropriate o troppo precoci
 Utilizzo difensivo della diagnosi
 Prescrizione inadeguata di farmaci
 Controtransfert agito (disinteresse, noia, aggressività, umorismo, seduzione)
 Relazione sessuale (più o meno agita)

Indicazioni per la psicoterapia dei pazienti con difficoltà di mentalizzazione


 Adottare un atteggiamento empatico e mentalizzante
 Aiutare il paziente a riconoscere le proprie emozioni (approccio psicoeducativo)
 Focalizzarsi maggiormente sullo stile di comunicazione e sul comportamento non verbale (proprio e del
paziente)
 Limitare le interpretazioni di transfert
 Lavorare con gli stati mentali attuali (evidenziando comportamenti specifici)
 Incoraggiare il paziente a raccontare i propri sogni
 Prestare molta attenzione alle variazioni del setting terapeutico
 Invitare il paziente a condurre uno stile di vita salutare

Psicoterapie attachment-based
Sviluppate direttamente sui concetti relativi all’attaccamento.
Si tratta quasi sempre di trattamenti integrati (dinamici, cognitivisti, CBT, sistemici)
 Psicoterapie dinamiche
 Brief Attachment-Based Intervention (BABI) (Jeremy Holmes 2001)
 Mentalization Based Therapy (MBT) (Antony Bateman, Peter Fonagy 2004)
 Circle of Security (Powell, Cooper, Hoffman, Marvin 2014)
 DMM based Dynamic Psichotherapy (DMM-DP) (Franco Baldoni 2011, 2012, 2013)
 Psicoterapie cognitiviste
 Giovanni Liotti (2006, 2011)
 Furio Lambruschi (2004)
 Interventi clinici su relazione genitore-bambino
 Dante Cicchetti (1999); Marian Bakermans-Kranenburg, Femmie Juffer, Rosalinda Cassibba, Marinus van
IJzendoorn (2005); Patricia Crittenden (2008); Arietta Slade (2010)
 Terapia familiare sistemica
 John Byng-Hall (1995, 1999), Susan Johnson (2008), Rudi Dallos, Arlene Vetere (2009)
 Short-term Mentalization And Relational Therapy (SMART) o Mentalization-Based Family Therapy
(MBFT) (Pasco Fearon et al. 2006)

Diatriba sul fatto che le psicoterapie possano essere basate sull’attaccamento oltre che isporate all’attaccamento.
L’attaccamento può fornire una guida per altre terapie già esistenti, o ci sono modelli di terapie basati direttamente
sui concetti di attaccamento.
Terapie basate sulla teoria dell’attaccamento
 Relazione genitore-bambino (parent training, videofeedback) (Cicchetti, Toth, Rogosch 1999; Cassibba, van
IJzendoorn 2005; Juffer, Bakermans-Kranenburg, van IJzendoorn 2007; Berlin, Zeanah, Lieberman 2008; Slade
2010)
 Psicoterapia dell’adulto (Endres, Hauser, 2001; Holmes, 2001; Wallin, 2007; Jurist, Slade, Bergner, 2008; Slade,
2008; Heard, Lake, McCluskey, 2009; Gabbard, 2010; Milch, Sahhar, 2010)
 Terapia familiare e di coppia (Doane, Diamond 1994; Byng-Hall 1995, 1999; Fearon et al. 2006; Johnson 2008)
 Terapie basate sulla Mentalizzazione
 Brief Attachment-Base Intervention (BABI) (Holmes 2001)
 Mentalization Based Therapy (MBT) (Bateman, Fonagy 2004)
 Short-term Mentalization And Relational Therapy (SMART) o Mentalization-Based Family Therapy
(MBFT) (Fearon et al. 2006)

Interventi clinici su genitore-bambino basati sull’attaccamento


 Promozione della sensibilità e responsività e modificazione degli IWM di madri e padri (Cassibba, van IJzendoorn
2005; Juffer, Bakermans-Kranenburg, van IJzendoorn 2007; Berlin, Zeanah, Lieberman 2008; Slade 2010).
 Ulilizzate con famiglie ad alto rischio (bambini con patologie, nati pretermine, madri adolescenti,
tossicodipendenti, psichiatriche, famiglie abusanti, adozioni problematiche).
 Tecniche di Parent Training con interventi psicoeducativi.
 Video-feedback (Utilizzo di registrazioni audiovisive dell’interazione genitore-bambino):
o Video Intervention to promote Positive Parenting (VIPP); VIPP-R, associato a riflessione sulle
rappresentazioni interne (Juffer et al. 1997; Bakermans-Kranenburg et al. 1998; Cicchetti et al. 1999)
o CARE-Index (Patricia Crittenden)
o Lausanne Triadic Play (LTP) (Elisabeth Fivaz-Depeursinge)

Circle of Security (COS) (Powell et al. 2014)

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