Etimologia: dal greco klinicos (relativo al letto): l’insieme delle conoscenze acquisite nel contatto diretto con il
paziente
E’ un’esperienza di natura complessa, nella quale il bisogno di conoscere, comprendere e definire è sempre legato
alla dimensione terapeutica
Qualsiasi procedura diagnostica medica o psicologica (anamnesi, colloqui, esame obiettivi, somministrazione di test,
indagini di laboratorio o strumentali) suscita inevitabilmente fantasie, aspettative, timori e speranze che
contribuiscono di per sé al benessere o al malessere del paziente Qualsiasi formulazione diagnostica o prescrizione
terapeutica, per mantenere una sua validità e utilità, dovrà comunque essere ricondotta all’interno della relazione
con il paziente
Definizione di paradigma scientifico I paradigmi sono costituiti dai concetti, dagli assunti e dalle regole che
guidano gli studiosi nella loro ricerca di conoscenza e nella soluzione dei problemi in un dato campo. I paradigmi
ottengono riconoscimento sulla base della loro capacità di risolvere problemi e lo perdono quando i paradossi si
moltiplicano
Il paradigma psicoanalitico
Gran parte della vita mentale è inconscia
L’adulto è influenzato dalle interazioni fra esperienze infantili e fattori genetici (prospettiva evolutiva)
Il transfert del paziente è una fonte primaria di comprensione
Il controtransfert del terapeuta fornisce indicazioni importanti su ciò che il paziente induce negli altri La resistenza
del paziente rappresenta un elemento centrale della terapia
Sintomi e comportamenti hanno funzioni molteplici e sono determinati da forze complesse e spesso inconsce
(determinismo psichico)
La relazione terapeutica aiuta il paziente ad acquisire nuove capacità e un senso di autenticità e unicità
Il paradigma psicofisiologico
Studia il rapporto tra processi psicologici e fisiologici
Ricerche in laboratorio sulle reazioni dell’organismo nei confronti dello stress
Reazione di allarme (Cannon), Sindrome Generale di Adattamento (Selye)
Psicofisiologia Moderna (poligrafo, tecnica digitale, indici biochimici)
Biofeedback
Il paradigma comportamentista
Studio del comportamento osservabile e misurabile
Considera la sintomatologia psichica e somatica come conseguenza dell’apprendimento (di primo o secondo tipo)
Studi in laboratorio e nevrosi sperimentali
Studi sugli eventi stressanti
Studi sulla relazione tra comportamento e malattia (tipo A, B, C, D, Illness behaviour)
Utilizzo di test e questionari sintomatologici
Terapie comportamentali, tecniche di desensibilizzazione in studio o in vivo (fobie, attacchi di panico, disturbi post traumatici da
stress)
Il paradigma cognitivista
Studi sui processi di pensiero, sui sistemi di memoria (Neisser, Atkinson e Shiffrin, Craik, Tulving) Studi sui meccanismi di
coping nelle condizioni di stress (Lazarus e Folkman)
Tecniche cognitivo-comportamentali (CBT) (depressione, autismo, disturbi di personalità, disturbi d’ansia, psicosi
Le neuroscienze
Studiano la struttura e la funzione (fisiologica o patologica) del sistema nervoso centrale e periferico, a partire dal suo sviluppo in
parte geneticamente determinato
Il suo fine è quello di comprendere in quale modo i circuiti neurali, il loro sviluppo e le loro modificazioni nel corso del tempo,
costituiscano le basi neurologiche della vita emotiva, affettiva e cognitiva
Sviluppa ipotesi esplicative che possano essere sottoposte a validazione empirica tramite procedure sperimentali
Metodi di indagine: studi di genetica avanzata (studi su gemelli e su famiglie, genetica molecolare), tecniche di neuroimaging
strutturale (Tomografia Computerizzata, TC; Risonanza Magnetica, RM) e neuroimaging funzionale (Risonanza Magnetica
Funzionale, fRM; Tomografia Computerizzata a Emissione di Singolo Fotone, SPECT; Tomografia a Emissione di Positroni, PET)
Il paradigma dell’attaccamento
L’essere umano manifesta una predisposizione innata a sviluppare relazioni di attaccamento che svolgono una funzione di
protezione nei confronti dei pericoli
Studi sui Modelli Operativi Interni e sul concetto di base sicura (Bowlby, Ainsworth)
Sintomo come comportamento di attaccamento (Preoccupato, Tipo C) o come esclusione difensiva degli affetti negativi
(Distanziante, Tipo A) in relazione a situazioni di pericolo
Studi sui sistemi di memoria (Tulving, Main, Crittenden) e sulla mentalizzazione (Fonagy)
Tecniche terapeutiche per pazienti che manifestano traumi psicologici, difficoltà di mentalizzazione e limitato controllo degli
impulsi (disturbi di personalità, alessitimia, comportamenti antisociali o violenti, acting out)
Il paradigma sistemico
Si presenta solo come un paradigma scientifico, ma anche come una metascienza
Basato sulla Teoria Generale dei Sistemi e sulla Cibernetica (von Bertalanffy, Wiener, Bateson)
Non si interessa del singolo elemento, ma della relazione tra i componenti di un sistema Studio dei fenomeni di feedback
positivi e negativi
Studi sulle relazioni familiari e sui gruppi
Valore funzionale del sintomo (funzione omeostatica)
Il soggetto sintomatico come paziente designato
Terapia familiare (Jackson, Minuchin, Selvini Palazzoli)
La prospettiva psicosomatica
La Psicosomatica è una scienza che si propone di studiare e aiutare l’essere umano considerando i suoi aspetti psicologici, sociali
e biologici
Gli aspetti psicosociali, come quelli biologici, possono essere valutati in tutte le condizioni umane, sia in salute che in malattia (è
più corretto parlare di psicosomatica e non solo di una medicina psicosomatica)
Non ha la specificità di un paradigma, ma si propone come un metaparadigma, in quanto permette l’adozione e l’integrazione di
paradigmi diversi tollerandone discrepanze e paradoss
Il colloquio clinico
E’ una tecnica di osservazione e di studio del comportamento umano che ha lo scopo di comprendere (con la ricerca
e la valutazione diagnostica) ed aiutare il paziente (con l'orientamento e la terapia)
La consultazione termine più generale, si avvale del colloquio clinico, ma anche di altre procedure quali:
interviste anamnesi colloquio psichiatrico test psicologici questionari
L’intervista Viene utilizzata nella ricerca psicologica e sociologica come tecnica privilegiata per cogliere le
caratteristiche del rapporto di un individuo con il suo ambiente
E' spesso affiancata da altri strumenti, come questionari più o meno strutturati, dai quali si differenzia per il carattere
"aperto" delle domande e per questo è talvolta chiamata "intervista in profondità"
Le finalità non sono diagnostiche o terapeutiche, ma quelle di rilevare dati disponibili soltanto a chi è intervistato e
riguardanti oggetti esterni alla relazione con il ricercatore
L’anamnesi Si raccolgono informazioni dal paziente e da altre fonti con l'intento di delineare la storia clinica
relativa all'intera vita del soggetto
L'attenzione è spostata sulle note biografiche, sugli elementi fisiologici, sui sintomi e sulle patologie passate e
presenti, piuttosto che sul comportamento durante il colloquio
Il paziente, che non sempre è nelle condizioni di collaborare, è spesso ridotto ad un ruolo di intermediario tra le
proprie malattie, da un lato e colui che raccoglie i dati dall'altro
Validità e attendibilità
Validità: lo strumento valuta effettivamente quello che si ritiene
Attendibilità: le rilevazioni non sono casuali, ma se ripetute, anche da operatori diversi, portano agli stessi risultati Il colloquio,
rispetto ai test, è un metodo molto più flessibile e aperto
Le sue potenzialità non si limitano alla sola valutazione clinica, ma permettono di instaurare un rapporto umano con il paziente,
di fornirgli informazioni sulle prospettive terapeutiche, di motivarlo al cambiamento e, spesso, di prestargli un primo aiuto
psicologico
Questi vantaggi costituiscono allo stesso tempo i principali limiti in termini di validità ed attendibilità.
La valutazione effettuata attraverso il colloquio è inevitabilmente legata alle caratteristiche personali del clinico (equilibrio
emotivo, età, pattern di attaccamento, esperienza, orientamento teorico, valori, condizione sociale)
E’ improbabile che due colloqui condotti in momenti diversi e da operatori differenti portino a risultati identici
Il setting Il termine inglese setting (sfondo, messa in scena) indica la cornice in cui avviene il colloquio
Per la maggior parte dei clinici, principalmente quelli di orientamento psicoanalitico, è importante operare all'interno di una
cornice fissa, senza ambiguità, che deve essere mantenuta e difesa da parte del terapeuta.
E’ un aspetto particolare del contesto e rappresenta una standardizzazione degli elementi di stimolo dell'incontro (Bleger, 1964).
E costituito principalmente da due componenti:
- le condizioni materiali dell'incontro (luogo, tempo, modalità di pagamento)
- l'atteggiamento del terapeuta (comportamento non verbale, abbigliamento, prendere appunti, registrare la seduta)
Aspetti dell’ambiente
- Stanza: sufficientemente confortevole ed isolata, in modo da garantire la dovuta riservatezza
- Porta: rigorosamente chiusa
- Arredamento: (illuminazione, tappezzeria, tinta delle pareti, quadri e altri oggetti decorativi e d'arredamento). Meglio
evitare la presenza di apparecchiature mediche. L'insieme non deve apparire pretenzioso od ostentare ricchezza o
eccessiva originalità, ma deve comunicare al paziente la nostra intenzione di metterlo a proprio agio
- Posizione: una poltroncina comoda (senza rotelle), posizione vis a vis , eventuale scrivania
Il tempo Da un minimo di 45 a un massimo di 90 minuti. Incontri brevi sono possibili solo in situazioni particolari (per esempio
un intervento d'urgenza in una situazione di crisi), ma non sono di alcuna utilità per un colloquio clinico a scopo diagnostico o
terapeutico
La registrazione audivisiva Tecnica utilizzata a scopo formativo o di ricerca, oppure nelle terapie familiari ad indirizzo
sistemico Richiede il consenso informato da parte del paziente Modifica il setting, ma la sua influenza solitamente è limitata
Il setting bicamerale Tecnica utilizzata in terapia familiare ad indirizzo sistemico Due ambienti comunicano tramite uno
specchio unidirezionale. Da una parte si pone il terapeuta assieme al gruppo o alla famiglia, dell'altra, dietro allo specchio, vi
sono alcuni osservatori con la funzione di supervisori e l'apparato di registrazione
La comunicazione verbale
Le parole, come ogni forma di comunicazione, possono fornire due tipi di informazioni
- quelle relative al contenuto, cioè alle dichiarazioni esplicite, ai concetti ed ai fatti che ci vengono raccontati.
- quelle sulla natura della relazione (metacomunicazione)
Il linguaggio utilizzato deve essere quello del paziente. Il clinico deve cercare di identificarsi transitoriamente con l'altro,
trovando elementi di similitudine ed utilizzando un livello di comunicazione che, per quanto possibile, sia capito e condiviso da
entrambi
Bisogna essere in grado di comprendere le metafore che ci sono offerte ed utilizzarle nei nostri interventi, soprattutto se si tratta
di riformulazioni
Permettere al paziente di esprimersi nel modo che gli è più naturale (casi particolari: eventuale utilizzo del dialetto)
Evitare un linguaggio tecnico (funzione difensiva, possibilità di fraintendimenti)
Vocabolario, ricchezza del lessico e stile espositivo del paziente possono essere indicativi della sua intelligenza, della cultura e
della posizione sociale
La comunicazione non verbale E’ chiamata anche comunicazione analogica (dal greco analogia: relazione di somiglianza),
perché con essa si trasmettono elementi significativi attraverso processi basati sulla similitudine L'aspetto analogico della
comunicazione non verbale la rende immediata e facilmente comprensibile, anche se poco precisa rispetto al suo contenuto
Aspetti: intonazione, paralinguaggio, tatto, olfatto, aspetto esteriore, cinesica (sguardo, espressione volto, festualità,
comportamento spaziale)
Gli aspetti emotivi
Motivazione (del paziente e del clinico) Ansia (del paziente e del clinico) Transfert del paziente Controtransfert
Transfert del clinico
I preliminari
Importanza del contesto ed in particolare del setting
Modalità di invio
Come è stato preso l’appuntamento e si presenta solo o accompagnato
Eventuali informazioni precedenti
Definire il proprio ruolo e i limiti temporali del colloquio
La fase iniziale
E’ basata principalmente sull’ascolto
Invitare il paziente a parlare (“Mi racconti con calma che cosa la preoccupa“, oppure: "Quale è il motivo che l'ha indotta a
contattarmi?)
Lasciare che il paziente si esprima e si relazioni liberamente (limitare gli interventi e le domande)
La fase centrale
Eventuali domande su ciò che non è stato detto spontaneamente e che è necessario conoscere, oppure su argomenti importanti
che sono stati solo accennati o espressi in modo poco chiaro
Evitare di trasformare il colloquio in un interrogatorio, meglio focalizzare l’attenzione su certi contenuti lasciando che il paziente
parli liberamente stimolato dall'interesse del suo interlocutore
In un secondo momento può essere utile porre al soggetto domande del tipo: "Che cosa si aspettava da questo colloquio prima
di venire e cosa si aspetta adesso?“, oppure: "Che cosa vorrebbe cambiare in se stesso e nel proprio modo di vivere?"
La conclusione
Riportare l'esaminando ad uno stato di calma, fare con lui il punto della situazione e suggerirgli delle soluzioni ragionevoli e
responsabili E' possibile che il soggetto solleciti un giudizio diagnostico o prognostico immediato (meglio esprimere la
valutazione in termini di "problemi da affrontare“) Il paziente può reagire a quanto gli abbiamo comunicato mostrandosi sereno
e rassicurato, oppure manifestando indifferenza, ansia, disappunto ed anche rabbia Alcuni soggetti alla fine dell'incontro
manifestano un’ansia di separazione e non riescono a smettere di parlare, altri decidono di affrontare solo allora argomenti
importanti sui quali avevano taciuto
Non è necessario avere le idee chiare alla fine di un primo colloquio. In molti casi è consigliabile proporre al paziente un secondo
incontro per riflettere sulle tematiche emerse e approfondire gli argomenti importanti non ancora affrontati
In caso di indicazioni terapeutiche (una psicoterapia, una terapia medica, un ricovero) non dobbiamo chiedere una risposta
immediata. Il paziente deve poter scegliere se seguire i nostri consigli nel modo più autonomo possibile
Eziologia : inizialmente collegati a traumi di natura sessuale. In seguito ipotizzò che fossero espressione di pulsioni
inaccettabili che vengono rimosse e rimangono inconsce => sviluppo del sintomo nevrotico, espressione del conflitto
tra pulsioni che difesa messa in atto.
Le fasi evolutive
Prima fase (1887-91) Ipnosi e Suggestione =>Ricordare, Scaricare (Abreazione), Catarsi
Seconda fase (dal 1896) Libere associazioni e Interpretazione Aggirare le resistenze, Scoprire contenuti e
confitti inconsci
Terza fase (dal 1912) Libere associazioni Interpretazione Interpretare le resistenze e il transfer
La regola fondamentale Invito a riferire tutto quello che si pensa e si prova senza scegliere né omettere nulla di
ciò che viene in mente, anche se può sembrare sgradevole, vergognoso, ridicolo, privo di interesse o irrilevante
E’ alla base del metodo delle libere associazioni
Il transfert (traslazione)
Ripetizione di sentimenti, aspettative, atteggiamenti e comportamenti inconsci che corrispondono a modelli
elaborati nel corso dello sviluppo ed in particolare nell'ambito delle relazioni familiari
E’ una riedizione di prototipi infantili vissuta con un forte senso di attualità e costituisce il terreno sul quale si fonda
ed agisce la psicoanalisi (Laplanche, Pontalis, 1967)
E’ influenzato dalle rappresentazioni del mondo interno e dallo stile di attaccamento (Modelli Operativi Interni)
E’ un fenomeno comune, ma può essere analizzato solo all’interno di una relazione psicoterapeutica
Pone in contatto con parti del comportamento e della personalità del paziente che non può riferire coscientemente
La nevrosi di transfert in senso terapeutico: è la manifestazione all’interno del transfert della nevrosi del paziente
(ripete nel transfert i suoi desideri e conflitti infantili)
Il controtransfert
“l’influenza del malato sui sentimenti inconsci del medico” (Freud, 1910)
Rappresenta la reazione emotiva del terapeuta al paziente, in particolare al suo transfert
Si tratta di uno strumento prezioso per la comprensione del soggetto
Il suo valore è stato riconosciuto solo dopo Freud
Il suo utilizzo richiede preparazione, molta esperienza ed equilibrio emotivo
Il transfert del clinico Le reazioni del clinico non sono sempre legate al controtransfert, ma possono anche
derivare dal proprio transfert (positivo o negativo), cioè dal vissuto emotivo primario inconscio nei confronti del
paziente derivato da esperienze e relazioni passate, che precede il transfert del paziente e al quale quest'ultimo può
reagire a propria volta con movimento transferiale
Esempi di reazioni transferiali o agiti controtransferiali del clinico Dimenticarsi di una seduta, arrivare in ritardo, modificare
impropriamente il setting Rifugiarsi nella competenza tecnica e nell’insistenza terapeutica (spiegazioni teoriche, prescrizione
di esami o farmaci inutili) Focalizzazione eccessivamente sugli aspetti somatici Comportamenti compiacenti, seduttivi o ostili
(diretti o indiretti) Perdita di concentrazione, sonnolenza Pensare al paziente al di fuori della seduta, parlarne
inappropriatamente con altri, sognarlo Delega ad altri colleghi (attraverso invii e richieste di visite specialistiche)
LEGGERE
Il sogno nella psicoanalisi classica E’ un prodotto psichico, non solo somatico
E’ una forma di pensiero ed ha un senso. Rappresenta l’appagamento allucinatorio di un desiderio rimosso
Una sua funzione è quella di proteggere il sonno
Prima teoria sull’angoscia (1895) L’angoscia è energia psichica trasformata. E’ causata da un accumulo di libido non scaricata
per limitazioni imposte dall’ambiente o per conflitti difensivi inconsci. E’ una manifestazione patologica tipica delle nevrosi (un
sintomo)
Seconda teoria sull’angoscia (Inibizione, sintomo e angoscia, 1926) L’angoscia è una funzione normale dell’Io
Ha un’origine biologica ereditaria e una funzione di adattamento. Può nascere in conseguenza di situazioni traumatiche
(angoscia automatica) oppure in situazioni di pericolo (angoscia segnale)
Può essere in relazione con il mondo esterno (angoscia reale), con l’Es (angoscia nevrotica) o con il Super-Io (angoscia morale)
Come reazione ad essa l’Io attiva i meccanismi di difesa (è l’angoscia che stimola le difese, non il contrario)
Trauma Situazione esterna o interna in cui la psiche è sopraffatta da un afflusso di stimoli eccessivo per essere dominato o
scaricato. Altri esempi sono l’angoscia di separazione, l’angoscia di castrazione, la perdita dell’oggetto d’amore, la perdita
dell’amore dell’oggetto o di quello del Super-Io
I meccanismi di difesa
Secondo il modello strutturale sono processi difensivi totalmente inconsci attivati dall’Io sotto la spinta dell’angoscia al fine di
prevenire la ripetizione di un trauma e la consapevolezza di desideri pulsionali sessuali o aggressivi inaccettabili
Secondo la prospettiva psicodinamica moderna preservano l’autostima di fronte a sensi di colpa o di vergogna o a ferite
narcisistiche e garantiscono un senso di sicurezza nelle condizioni di abbandono o di pericolo esterno. Solitamente svolgono una
funzione normale nei processi di sviluppo e di funzionamento dell’Io
Possono assumere in taluni casi un significato patologico
Anna Freud
Negazione in fantasia Identificazione con l’aggressore Idealismo (Idealizzazione)
Negazione mediante parole e atti Rinuncia altruistica Identificazione (di tipo primitivo)
Inibizione dell’Io (nevrosi) Ascetismo
Limitazione dell’Io Intellettualizzazione
Le difese primitive
Vengono impiegate nei confronti delle angosce primarie persecutorie e depressive, legate all’istinto di morte,
all’invidia e alla frammentazione del Sé (si differenziano dalle difese nevrotiche elevate contro la libido). Operano
contro l’esame di realtà. Sono caratteristiche delle posizioni schizo-paranoidi e depressive
Sono particolarmente evidenti nelle psicosi e nei disturbi borderline di personalità
Difese primitive
Scissione * Regressione Idealizzazione *
Proiezione Ipocondriasi Svalorizzazione *
Identificazione proiettiva * Acting out Controllo onnipotente
Introiezione * Difese maniacali * *(Onnipotenza)
Fantasia schizoide Diniego *
*Melanie Klein
Le resistenze Il paziente è ambivalente rispetto al cambiamento e si oppone inconsciamente al lavoro terapeutico
I meccanismi di difesa vengono attivati dalla terapia sotto forma di resistenza
Differenze tra resistenze e difese: le prime possono essere osservate, le seconde solo dedotte
Livello di organizzazione
Nevrotico Super Io ben integrato, ma punitivo Borderline Integrazione del Super-Io minima,
Difese mature preoccupazioni e sensi di colpa assenti o eccessivi
Identità stabile, relazioni oggettuali interne ambivalenti, ma Difese primitive
non scisse, conflitti triangolari Diffusione di identità, relazioni oggettuali interne parziali e
Forze dell’Io notevoli, buon controllo degli impulsi, esame scisse
di realtà valido, capacità di impegnarsi a lungo termine Debolezze dell’Io, impulsività, alterazioni esame realtà,
Patologia basata sul conflitto difficoltà a impegnarsi a lungo termine Presenza
Funzione riflessiva integra contemporanea di conflitti e deficit significativi
Mentalizzazione compromessa
Cosa descrive
1. Sindromi di personalità sana e disturbata (Asse P)
2. Profilo del funzionamento mentale (Asse M) (elaborazione delle informazioni, regolazione degli impulsi, capacità
di riflettere sugli stati mentali propri e altrui, capacità di stabilire e mantenere relazioni, regolazione dell’autostima,
strategie di coping e meccanismi di difesa, adattamento e resilienza, giudizio morale, capacità di dare senso e
coerenza all’esperienza)
3. Pattern sintomatologici (Asse S) - incluse le differenze nell’esperienza soggettiva
L’interpretazione E’ basata sulle comunicazioni del paziente e lo rende consapevole di elementi estranei alla coscienza
Modalità:
- Portare alla coscienza ciò che era inconscio
- Segnalare connessioni non consapevoli tra fenomeni
Vengono interpretati principalmente le resistenze ed il transfert
E’ possibile solo quando la relazione si è sviluppata come base sicura (alleanza terapeutica)
E’ necessario aspettare che il paziente sia vicino alla consapevolezza e senta di avere contribuito
Le interpretazioni inappropriate o premature sono conseguenze di agiti controtransferiali e del fallimento di una funzione
riflessiva del terapeuta e possono favorire un’accettazione compiacente (falso Sé) o esporre alla ripetizione di esperienze
traumatiche
Il continuum espressivo-supportivo
interventi espressivi o esplorativi :Elevata motivazione; Livello significativo di sofferenza ; Buona tolleranza alla
frustrazione; Mentalità psicologica, buona capacità di mentalizzazione e di insight; Capacità di pensare in termini di
analogie e metafore (simbolizzazione)
interventi supportivi: Disturbi di personalità cluster B (borderline, narcisistico, istrionico), depressione maggiore,
psicosi; Grave crisi esistenziale attuale (elevato stress, disperazione, traumi, lutti); Scarsa tolleranza alla frustrazione
o all’ansia; Mancanza di mentalità psicologica e scarso livello di mentalizzazione (alessitimia); Basso livello
intellettivo; Ridotta capacità di autosservazione e di insight; Difficoltà nell’instaurare una relazione di fiducia con il
terapeuta (alleanza terapeutica, base sicura)
Tipi di terapia psicodinamica
- A breve termine (psicoterapia dinamica breve)
- A lungo termine (più di 24 sedute e durata superiore a 6 mesi): a tempo definito (numero di sedute
predeterminato) o senza limiti temporali prestabiliti
Frequenza: 1-2 sedute alla settimana (3-4 nel caso della Psicoanalisi classica)
Durata delle sedute: 45-50 minuti
Modalità: vis a vis o sul lettino
I trattamenti evidence-based
Carl Rogers fu il primo a effettuare ricerche sull’efficacia delle psicoterapie, partendo dall’analisi del proprio modello.
Evidence-based è una prospettiva con cui si mettono in evidenza in un trattamento delle prove di efficacia basata
sulle evidenze, su tre parametri:
1. Efficacy: efficacia del trattamento nei setting sperimentali (terapie manualizzate, personale addestrato, RCT,
campioni selezionati, valutazione di sintomi specifici). Descrivere in modo particolareggiato ciò che si fa nel
trattamento, il personale è addestrato a seguire puntualmente le indicazioni manualizzate. I protocolli devono
essere RCT (randomizzati e controllati): casuali, confrontando con gruppi di controllo, con condizioni di doppio-
cieco e con campioni rappresentativi della popolazione, valutando sintomi specifici come attacchi di panico.
Questi protocolli sono nati in ambito medico e biologico; difficile da applicare in ambito della psicoterapia.
La randomizzazione e il controllo può essere più apparente che reale: il gruppo di controllo può essere in parte
sovrapponibile al gruppo sperimentale (es. bias come provenienza geografica, livello di istruzione, status sociale).
2. Effectiveness: efficacia del trattamento nei setting clinici non sperimentali (quello che accade nella realtà dei
contesti terapeutici).
I pazienti non sono tutti uguali ma sono diversi anche se con lo stesso disturbo; i clinici che usano trattamenti
sono diversi per età ed esperienza. Nei contesti terapeutici si usa quello che si ha e quello che si riesce ad
utilizzare.
3. Efficiency: valuta l’efficienza del trattamento in termini di costi-benefici e di applicabilità reale.
Se scopro con prove evidence-based che sottoporre un paziente a un trattamento psicoanalitico classico sul
lettino è efficace per il trattamento di un PTSD, non ha senso proporre lo stesso trattamento a un altro paziente
ma con esperienza diversa del PTSD.
Metanalisi
Non sono riassunti della letteratura, ma sono ricerche che al posto dei soggetti hanno i dati di altre ricerche.
Es. efficacia di un trattamento CBT, dimostro di aver raccolto gli articoli e i dati in modo adeguato con RCT
(randomized controlled trials). Vengono rielaborati statisticamente, si ricalcano i dati comuni che servono a capire se
le ricerche dicono cose simili o diverse. Il dato statistico per fare questo è l’effect size.
Vari studi su un certo fenomeno vengono confrontati statisticamente convertendo i loro risultati in misure simili.
Considerano solitamente RCT e sono fondamentali per una conoscenza evidence-based (con campioni molto
numerosi qualsiasi correlazione tende a risultare significativa).
Effect Size: misura generale dell’ampiezza del fenomeno (differenza in deviazioni standard tra gruppi sperimentali e
di controllo). Nel caso che abbia una prova dell’efficacia, ci dice quanto è grande questa prova.
d di Cohen:
1.0 = la media dei soggetti trattati è una deviazione standard al di sopra della distribuzione normale rispetto ai
controlli ricerche concordi sul raggiungere risultati simili;
0.8 = effetto ampio;
0.5 = effetto moderato;
0.2 = effetto limitato se minore non c’è un valore significativo sull’efficacia.
Risultati della ricerca evidence-based (Division 29, basata su RCT, 148 fonti)
Division 29:, guidata da Norcross divisione dell’APA, task force creata per studiare i risultati evidence-based della
ricerca in psicoterapia. Risultati pubblicati su un documento ufficiale, il Recognition of Psychotherapy effectiveness
nel 2012
Gli effetti della psicoterapia sono ampiamente significativi.
Sono dimostrati per diverse patologie con variazioni che sono influenzate:
dal grado di severità del disturbo più che da una particolare diagnosi;
dalle caratteristiche del paziente e del clinico (e il contesto in cui avviene la psicoterapia) e da fattori di contesto
piuttosto che dal tipo di trattamento.
Tendono a perdurare e ad aumentare nel tempo (soprattutto per le terapie che si svolgono per periodi più lunghi,
perché aiutano le persone a costruire delle capacità): la psicoterapia non finisce mai.
I risultati sono tendenzialmente equiparabili o superiori a quelli dei trattamenti psicofarmacologici, con effetti
collaterali minori.
Fattori specifici:
Trattamenti differenti (raggiunge al limite 0.2): potrebbe avere un’influenza sull’efficacia terapeutica ma è
estremamente limitata; terapia psicoanalitica vs CBT vs sistemica…
Ingredienti specifici: caratteristiche specifiche della psicoterapia (basata su prescrizioni, interventi paradossali,
interpretazioni, tecniche di massaggio corporeo…)
Aderenza al protocollo
Competenza valutata: competenze rispetto al modello trattato (psicoanalisi, CBT…); poco associata rispetto
all’efficacia terapeutica
La formazione psicodinamica
Necessità di una lunga esperienza come paziente (psicoanalisi classica, psicoterapia psicodinamica)
Scuola di formazione
Supervisione (individuale o di gruppo)
Costante atteggiamento di autoanalisi: riflessione su di noi e atteggiamento di autoanalisi deve rimanere attivo tutta la vita
La prospettiva dell’attaccamento
I bisogni fondamentali riproduzione, cura e cibo, riproduzione
aiutano la specie a sopravvivere perché diventano motivatori del comportamento. Se c’è un bisogno che provoca
un’emozione, l’animale è spinto al soddisfacimento del bisogno.
Le emozioni principali sono: una di natura attrattiva (desiderio) e una di carattere repulsivo (paura). Sono due
emozioni-chiave che aiutano l’animale a essere spinto nei confronti dei bisogni.
Questi tre sistemi comportamentali/motivazionali (perché attivati dalle motivazioni) sono stati studiati nel
Novecento in modo diverso:
Psicoanalisi di Freud: studio della sessualità, influenza sul pensiero e comportamento umano
Psicoanalisi postfreudiana: studio dell’accudimento (vd. Winnicott: madre sufficientemente buona,
preoccupazione materna primaria, holding, handling…)
Bowlby e ricerche evoluzionistiche ed etologiche (inizio anni ’50): studio dell’attaccamento
1. Parte più interna o cervello rettiliano dei rettili: presente anche nei rettili, cioè organismi più antichi dell’uomo.
in queste parti del SNC (midollo, nuclei della base, tronco encefalico) ci sono i centri nervosi che
automaticamente permettono all’organismo di funzionare (respirazione, frequenza cardiaca, contrazione
arteriosa, pressione)
2. Comparsa dei primi mammiferi: cervello dei paleomammiferi, che corrisponde al sistema limbico (amigdala,
talamo, aree interne della corteccia). Permette agli animali di sperimentare delle emozioni (non di pensarle) –
provare paura, gioia, eccitazione, tensione. È integrato col resto: un’attivazione di un nucleo del sistema limbico
influenza il sistema dei rettili (es. frequenza respiratoria)
3. Parte più esterna (neocorteccia), cervello dei neomammiferi: più rappresentata dai mammiferi rispetto ad altre
specie. L’essere umano ha una percentuale di sostanza maggiore rispetto alle altre specie. Permette il
movimento volontario, la parola, l’elaborazione delle emozioni e la trasformazione in affetti, i ricordi funzioni
cognitive di livello superiore
L’angoscia di separazione
Teoria della libido trasformata (Freud 1905)
Teoria del trauma della nascita (Rank 1924)
Teoria del segnale (Freud 1925) eccesso di stimolazione (Freud), mancato appagamento libidico (Jones), ferita
narcisistica (Spitz)
Teoria dell’angoscia depressiva (Klein 1935)
Teoria dell’angoscia persecutoria (Klein 1934)
Teoria dell’attaccamento frustrato (James 1890; Suttie 1935; Bowlby 1960): effetto della frustrazione
dell’attaccamento (Bowlby)
L’angoscia dell’ottavo mese (Angoscia dell’estraneo) (Spitz 1950)
Rappresenta il secondo organizzatore della vita psichica (stadio dell’oggetto libidico; il primo è la risposta del
sorriso verso il secondo mese).
È una reazione angosciosa che si manifesta in presenza di estranei verso il sesto-ottavo mese di vita (8-15 mesi):
piangere, voler stare in braccio alla mamma.
Non è una fuga da qualcosa che fa paura perché il bambino non ha motivo di temere l’estraneo.
È una forma di angoscia di separazione: il bambino reagisce al fatto che l’estraneo non è la madre.
È la testimonianza che il bambino comincia a differenziare la madre (dagli estranei) e a sviluppare un vero
rapporto oggettuale.
Il pianto Nel bambino ha il significato di richiamare attenzione e aiuto da parte della madre assente (Bowlby)..
Interpretazioni psicoanalitiche:
La teoria dell’attaccamento
L’essere umano manifesta una predisposizione innata a sviluppare relazioni di attaccamento con figure genitoriali
primarie.Tali relazioni svolgono una funzione di protezione nei confronti dei pericoli..
MONDO INTERNO Mondo interno, fantasie Modelli operativi interni, rappresentazioni disposizionali
inconsce, oggetti interni
NOSOLOGIA Posizione schizo-paranoide e Sicuro (B), insicuro (A, C, D, A/C), traumi e lutti irrisolti (U/tr,
posizione depressiva U/I)
La relazione d’attaccamento
Non tutte le relazioni significative sono relazioni di attaccamento.È definita dalla presenza di tre caratteristiche:
1. Ricerca della vicinanza (proximity seeking) – realmente fisica per il neonato, psicologica con la crescita – o della
disponibilità (avaliability) di una figura preferita (analogia con l’imprinting).
2. Protesta per la separazione (separation protest) o altri comportamenti di attaccamento.
3. Effetto base sicura (secure base) e rifugio sicuro (safe haven) caratteristico delle relazioni sicure, limitato nelle
altri).
L’attaccamento
Termine generale che si riferisce alle caratteristiche attuali degli attaccamenti.
Può essere:
Sono solo la descrizione in un termine di processi di attaccamento in diverse condizioni, senza che la situazione sia per forza
patologica.
Bowlby effetto bifasico della rottura del legame di attaccamento : protesta - disperazione
1. Alcune di queste sono ipo-attivanti (distanziamento – attaccamento insicuro di tipo A), cioè mettono
l’organismo in pausa (blocco di emozioni negative, non partecipe) , nelle condizioni di prendere le distanze dai
problemi (comportamenti diffidenti, non reattivi, autosufficienti o compiacenti nei confronti di adulti per tenerseli vicini );
2. Altre sono improntate a un’ambivalenza iperattivante (attaccamento insicuro di tipo C), in cui le emozioni
vengono amplificate (senso di ansia e di rabbia: espressione difensiva da un ambiente insicuro che si cerca di modificare )
Sviluppo dei Modelli Operativi Interni Sono influenzati dalle esperienze reali sia presenti che passate. Importanti:
la continuità delle cure genitoriali;
la sensibilità e le capacità di mentalizzazione dei genitori (elementi che la ricerca evidence-based ha associato
maggiormente a pattern di attaccamento di tipo sicuro);
i MOI dei genitori (trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento - Main): criticata.
Le dimensioni dell’attaccamento
I MOI possono essere descritti in base alla
Le strategie di attaccamento Sono l’insieme di tutti i comportamenti di attaccamento, valide quando garantiscono
la sicurezza in particolari circostanze. Quando la strategia è inefficace (fallimento) può verificarsi una condizione di
trauma psicologico.
La riorganizzazione dei modelli operativi interni Nonostante una relativa stabilità nel tempo, i modelli operativi
interni possono riorganizzarsi da insicuri a sicuri (sicuri guadagnati o earned secure) o viceversa, sia in funzione dello
sviluppo individuale, che in occasione di esperienze significative e cambiamenti esistenziali che hanno implicazioni
riguardo al proprio vissuto di sicurezza quali:
Nuove relazioni di attaccamento (tra cui quella di coppia – con esperienze correttive che riorganizzano i pattern
di attaccamento) ed esperienze relazionali significative (tra cui il divenire genitori – diventiamo noi figure di
attaccamento – e la psicoterapia);
L’elaborazione di esperienze potenzialmente traumatiche di pericolo o di perdita (la morte di un genitore o di un
figlio, una malattia, un incidente).
L’attaccamento tra adulti I comportamenti di attaccamento rimangono attivi per tutta la vita (dalla culla alla bara:
subito interpretato erroneamente come se i pattern di attaccamento rimanessero gli stessi per sempre).
L’attaccamento tra adulti è maggiormente simmetrico e reciproco (asimmetrico con i propri figli o con i genitori
anziani – il figlio si aspetta protezione dall’adulto ma non il contrario) – entrambi svolgono il ruolo della figura di
attaccamento, con protezione e bisogni reciproci.
Si può manifestare nel legame amoroso di coppia, nell’amicizia e nella relazione tra figli adulti e genitori
L’attaccamento nel ciclo vitale
Durante l’infanzia si sviluppa un legame asimmetrico con i genitori (ci si aspetta protezione).
Diventando giovani adulti, le cose cominciano a trasformarsi per sviluppare poi, da adulti, un legame simmetrico o
quasi simmetrico con i genitori (sostegno reciproco, sicurezza al nucleo familiare). Se si sviluppa un legame con un
partner che tende ad essere di tipo simmetrico (offrire e ricevere protezione reciproca.
Nel caso che la coppia abbia figli (biologici o non biologici, figli dal punto di vista psicologico), si assume il ruolo di
figure di attaccamento, con un legame asimmetrico fino alla maggiore età.
C’è la possibilità di un legame asimmetrico per la cura dei genitori anziani o bisognosi.
Età scolare e adolescenza – porre un bambino in condizioni di stress pone problemi di carattere deontologico
test basati su vignette o storie raccontate ma che non mettono il soggetto in condizioni di pericolo; offrono un
quadro incompleto del pattern di attaccamento
Test di Ricongiungimento (Main, Cassidy) Security Scale (SS) (Kerns, Klepac, Cole)
Schoolage Assessment of Attachment (SAA) (Crittenden) Attachment Interview for Childhood and Adolescence (AICA)
Separation Anxiety Test (SAT) (Hansburg; Klansbrun, Bowlby) o
Inventory of Peer and Parent Attachment (IPPA) (Armsden) Intervista sull’Attaccamento in Latenza (IAL) (Ammaniti et al.)
People in my life (Cook, Greenberg, Kusche) Transition to Adulthood Attachment Interview (TAAI)
Attachment Story Completion Test (ASCT) (Bretherton et al.) (Crittenden)
Adult Attachment Interview (AAI) (George, Kaplan, Main 1985; Crittenden 1999)
Parent Development Interview (PDI) incentrata su relazione tra genitore e figlio
Parents’ Interview (PI) (Crittenden 1981)
Current Relationship Interview (CRI) (Crowell 1990; Crowell, Owens 1998) relazioni di coppia
Questa è la configurazione che maggiormente porta a malattie: scarsa mentalizzazione, falso Sé, alessitimia. Ci sono
strumenti che permettono di valutare i precursori dell’attaccamento (Care-Index).
Sottogruppi A – solo leggere
A1: marcati comportamenti di evitamento. Negli episodi di riunione ignora la madre e, se la saluta, lo fa velocemente e
superficialmente. Non si avvicina alla madre o lo fa solo dopo molte richieste.
A2: comportamenti di evitamento meno evidenti e misti (alternati con ricerca di vicinanza). Alle riunioni saluta la madre e si
avvicina, ma può improvvisamente girarsi o ignorarla. Se viene preso in braccio può aggrapparsi o porre resistenza all’essere
messo giù, ma anche girare il volto o dimenarsi per essere messo a terra.
L’intero colloquio viene registrato, trascritto (compresi gli aspetti non verbali, pause; sia la parte dell’intervistato che
dell’intervistatore) e codificato
Scopi dell’AAI
Identificare il pattern di attaccamento nell’adulto.
Valuta lo stato della mente rispetto l’attaccamento.
Non interessa tanto la storia dettagliata dell’infanzia o il contenuto verbale, ma piuttosto la configurazione del
pensiero riguardo le relazioni d’attaccamento (Modelli Operativi Interni).
Si induce una quantità progressiva, ma moderata, di stress in modo da attivare il sistema d’attaccamento (“è un
tentativo di sorprendere l’inconscio”) – simile alla SSP territorio diverso rispetto ai questionari self-report,
tentativo di andare al di là degli aspetti coscienti.
Le domande dell’AAI
Parte I - La famiglia durante l’infanzia (andando indietro il più possibile nel tempo – chi faceva parte della famiglia,
trasferimenti, rapporti) focalizzazione sull’infanzia
– domanda aperta, a cui le persone possono rispondere in modo molto diverso, prima informazione riguardo al loro pattern
di attaccamento. Viene chiesto se c’erano altre persone importanti che non per forza sono i genitori (figure di attaccamento
diverse dai genitori)
Parte II - Le relazioni con le figure d’attaccamento (descritte da 5 parole)
Parte cruciale; vengono indagate le figure di attaccamento emerse dalla prima parte. analizzare ognuna delle singole
parole (riferimento ad episodi; risposta assoluta/non ricordo di episodi; parola scelta a prescindere dalla relazione; parola
non pertinente all’episodio).
Attraverso la richiesta di descrivere la relazione con le figure di attaccamento, vengono raccolte informazioni di un sistema
di memoria specifico, di natura semantica (dà valore al significato delle cose) – spiegazione concisa della relazione. Le 5
parole vengono riferite, sono espressioni semantiche; raccogliere le prove che queste parole sul piano semantico
corrispondano all’esperienza memoria episodica. È la prima situazione in cui una persona viene messa di fronte ad
eventuali discrepanze del suo pensiero (es. ricordi non pertinenti).
Parte III - Eventi normali in cui i bambini non si sentono sicuri
Es. “quando era bambino nei momenti in cui non stava bene o era in difficoltà, che cosa accadeva? Si rivolgeva a qualcuno?
E come reagiva questa persona?” “Come si sentiva quando andava a letto? Cosa succedeva?” – la sera è un momento
importante per i bambini (es. comparsa di fantasmi, mostri…). Bambini che hanno subito traumi nell’infanzia hanno questi
eventi normali pieni (andare a letto) di ricordi disturbanti, ricordano questi eventi con difficoltà, si bloccano, passano ad altri
argomenti attivazione nervosa rispetto a questi argomenti; maggiore approfondimento del clinico.
Parte IV - Esperienze potenzialmente pericolose (indagare anche come rispondeva la figura di attaccamento)
Parte V – Lutto (lutto di figure di attaccamento durante l’infanzia)
Le parti IV e V sono particolarmente importanti per valutare la presenza di eventuali traumi o lutti non elaborati (irrisolti). La
mente della persona e il suo modo di funzionare viene influenzato dal trauma o dal lutto irrisolto – es. separazione dei
genitori, morte di un fratello, periodo di malattia, menomazione, trauma bellico, rapina, incidente stradale.
Nonostante ciò, la maggior parte di noi elabora e supera lutti e traumi potenzialmente pericolosi, ma bisogna indagare se
questo è stato fatto.
Parte VI-VII - Domande integrative sull’infanzia e sull’età adulta (genitori, partner, figli)
Servono per mettere in luce la capacità dell’individuo di mettere assieme quello che ha detto e farne una versione
elaborata, matura e riflessiva.
Es. “che cosa le ha insegnato la sua infanzia?” “che cosa oggi farebbe con i suoi figli di simile a quello che hanno fatto i suoi
genitori con lei e cosa farebbe in modo diverso?”
Segue l’indicazione di rivolgersi a un professionista che possa fornire aiuto, in caso siano emerse delle possibili problematiche.
Esistono due modelli di codifica dell’AAI.
Trasferimento in età adulta delle prime quattro configurazioni di Mary Main nella SSP.
Le correlazioni con le AAI dei padri: 40-50% – si pensava che il rapporto col padre fosse meno importante; ma le
ricerche attuali capovolgono la situazione (limiti metodologici delle ricerche precedenti).
Peter Fonagy Ha rilevato una correlazione generica tra attaccamento e condizioni psicopatologiche adulte
Preoccupate (E): sintomatologia percepita soggettivamente come stato d’ansia o di malessere (attacchi di
panico, disturbi d’ansia, disturbi borderline e istrionici)
Distanzianti (Ds): sintomatologia non riconosciuta come un problema (disturbi antisociali e narcisistici, abuso di
sostanze, sindromi psicosomatiche, rallentamenti psicomotori).
Attaccamento e rischio psicosociale Le prime ricerche sulla trasmissione dell’attaccamento erano basate su
campioni appartenenti a famiglie di classe media a basso rischio psicosociale.
Se l’attaccamento studia il comportamento umano in pericolo, bisogna raccogliere le informazione sui pattern di
attaccamento sia in situazioni di relativa sicurezza e stabilità sociale sia in situazioni di rischio.
sistemi di memoria che non riguardano solo la cognitività, ma l’intensità (legata all’affettività) ha la funzione il
linguaggio connotativo: rende la persona capace di comunicare con gli altri.
Abbiamo dei sistemi di memoria più complessi: memoria episodica in cui cognitività e affettività si integrano.
La memoria di lavoro produce nuove conoscenze sulla base della rivalutazione delle informaizoni precedenti.
L’assessment dell’attaccamento nel DMM
Child-Adult Relationship Experimental Index (CARE-Index) (Crittenden 1979-2004) – Versione Infant (0-15 mesi) e Versione Toddler (16-24 mesi)
Strange Situation (SS) (Aisworth e Wittig 1969) – 10-18 mesi
Preschool Assessment of Attachment (PAA) (Crittenden 1988- 1995) – Età prescolare (18mesi-5 anni)
School-age Assessment of Attachment (SAA) (Crittenden 1997- 2005; Crittenden, Landini 1999-2005) – Età scolare
Transition to Adulthood Assessment of Attachment Interview (TAAI) (Crittenden 1999-2005) – Adolescenza
Adult Attachement Interview (AAI) (Versione modificata, Crittenden 1999; Crittenden, Landini 2011) – Età adulta
Parents’ Interview (PI) (Crittenden 1981) – Coppia di genitori
La Sensibilità Diadica (Mary Ainsworth) riguarda qualsiasi configurazione di comportamento che faccia piacere
al bambino, aumenti il suo benessere e attenzione e riduca il suo disagio e disimpegno.
È la capacità di percepire i bisogni del bambino e rispondere adeguatamente.
4. Espressione di affetto
sensibilità diadica è considerata qualunque configurazione del comportamento che faccia piacere al bambino,
aumenti il suo benessere e riduca il suo disagio. Il comportamento dell’adulto è considerato in funzione del
temperamento del bambino.
Scala di sensibilità (pt): sensibile (14-11), adeguata (10-7), marginalmente adeguata (6-5, area di intervento), ad alto
rischio (4-0, area di tutela).
Scale dell’adulto
1. Sensibile (S): include comportamenti rappresentativi di una buona responsività materna;
2. Controllante (C): include comportamenti interattivi direttivi, caratterizzati anche da ostilità più o meno velata;
3. Non responsiva (NR): raggruppa comportamenti caratterizzati da distacco mimico, vocale e fisico.
A3: caratterizzato da una tendenza molto compiacente nei confronti delle figure di attaccamento e degli adulti in
generale accudimento compulsivo: bambini che si danno da fare il più possibile per accudire i propri genitori
A4: bambini che tendono a ubbidire agli adulti tanto da prevedere cosa vogliono gli adulti da loro senza che gli sia
chiesto compiacenza compulsiva (bambini con Falso Sé di Winnicott).
6-11 anni
SI aggiungono altre categorie di attaccamento preoccupato
C5-6punitivo/seduttivo:
adolescenza (Crittenden)
La pubertà e la sessualità sono considerate; imparano che la propria sessualità possono essere utilizzate ai fini
dell’attaccamento . A-5 è legato a comportamenti promiscui; A-6 è legato a comportamenti autosufficienti
A5-6 provano sfiducia verso le proprie figure di attaccamento al punto di usare la sessualità per cercarsene altre
esterne
AC: psicopatia categoria più pericolosa socialmente, sono persone con grande capacità di utilizzare le informazioni
cognitive e affettive integrandole come vogliono ma con uno scopo malevolo per manipolare gli altri.
Le persone che appartengono alla fascia più alta (B o F – free) hanno la capacità di integrare informazioni affettive
vere con una cognitività vera (non distorta), anche riconoscendo propri limiti (affettivi e cognitivi) – utilizza i propri
sistemi di memoria in modo efficace. Non sono necessariamente i più sani ma sono le persone che hanno sviluppato
configurazioni adatte all’ambiente in cui sono cresciuti. Sono però configurazioni meno a rischio di psicopatologie o
comportamenti disturbanti dal punto di vista sociale.
Il versante sinistro (da A1-2 a A7-8) è caratterizzato da persone che tendono ad ipervalorizzare le informazioni
cognitivi (molto razionali) ma nello stesso tempo bloccano o falsificano l’affettività
Il versante destro (da B4-5 a C7-8) è caratterizzato da un privilegio delle informazioni affettive, sono persone che si
fanno guidare dalle emozioni. la cognitività viene gradualmente falsificata.
AAI - Sistema di codifica del DMM (DMM-AAI) (Crittenden 1999; Crittenden e Landini, 2011)
Si basa su tre fonti di informazione:
La codifica dell’attaccamento
Ainsworth (SS) Berkeley (AAI) DDM (AAI)
B – Sicuro F – (Free) Libero- B – Equilibrato
autonomo
A – Evitante Ds – (Dismissing) A – Distanziante
Distanziante A basso indice (A1-2)
Ad alto indice (A3-8)
C – Resistente- E – (Entangled) C – preoccupato
ambivalente Preoccupato-invischiato A basso indice (C1-2)
Ad alto indice (C3-8)
D – Disorganizzato- U – (Unresolved) Irrisolto A/C – Dist/preocc
disorientato (Main) o U/D AC – Psicopatia
(irrisolto/disorganizzato) Modificatori (U/tr, U/l,
Dp, ina, Do, R)
Bambino ---------------------------------------
Adulto------------------------------------
Lo sviluppo del legame di coppia romantico (Zeifman e Hazan, 1997, 1999, 2009)
1. Fase di pre-attaccamento (Attrazione e flirting): frequentazioni amicali e sociali, ricerca, disponibilità a
conoscersi, promiscuità.
2. Fase di formazione dell’attaccamento (Innamoramento): aumento dell’attivazione (iperattività, eccitabilità,
insonnia, inappetenza) e/o di atteggiamenti che rassicurano e favoriscono la comunicazione affettiva (abbracci,
tenersi per mano, carezze, tono di voce affettuoso). Idealizzazione narcisistica di sé e dell’altro, proiezione
sull’altro dei propri desideri e bisogni. Intensi desideri sessuali e possibili rapporti intimi. Si inizia a scambiarsi
confidenze, a condividere esperienze positive e negative e a fare progetti esperienza narcisistica.
3. Fase dell’attaccamento ben delineato (Amore): passaggio dall’innamoramento all’amore (l’altro diventa una
persona reale, vista per come è). Maggiore importanza del sostegno emotivo e dell’accudimento del partner.
L’attività sessuale solitamente diminuisce (maggiore tenerezza). Si stabilizza la relazione di attaccamento e si
manifesta l’effetto di base sicura. Il rapporto è basato su una maggiore condivisione ed empatia. Spesso
corrisponde ai primi anni di convivenza o di matrimonio e alla nascita di eventuali figli.
4. Fase della partnership regolata da scopi (Fase post-romantica): diminuzione del contatto fisico e maggiore
interesse per la genitorialità e le attività extrafamiliari. Il partner costituisce una base sicura per l’esplorazione
sociale.
Separazione o divorzio: è il fattore sociodemografico maggiormente associato allo sviluppo di malattie psichiche e somatiche
(Verbrugge 1979; Somers 1979; Solano 2001).
Particolarmente vulnerabili le persone che continuano a considerare l’ex coniuge come una figura di attaccamento (Brown et al.
1980) essere ancora ingaggiata in una fragilità personale.
Perdita del coniuge: nel primo anno la possibilità di morte aumenta di 7 volte (Parkes et al. 1979), soprattutto nel maschio (Rees,
Lutkins 1967)
1. Modello categoriale: divide i soggetti all’interno di categorie definite che si autoescludono (AAI, Mary Main,
Cindy Hazan e Phillip Shaver)
2. Modello dimensionale: valuta le variazioni individuali all’interno delle categorie e colloca i soggetti all’interno di
più dimensioni indipendenti (AAS di Collins e Read, ASQ, DMM)
3. Modello per prototipi: si riferisce a prototipi basati su pressupposti teorici (Kim Bartholomew, RQ, DMM)
Alcuni modelli valutano il singolo partner, altri le coppie; scarsa concordanza tra diversi modelli e strumenti.
I questionari self-report
Parental Bonding Instrument (PBI) (Parker, Tupling, Brown 1979)
Questionario sull’Attaccamento Attuale (Lorenzini, Mancini, Sassaroli 1985)
Adult Attachment Styles (AAS) o Single Item Measure (parte dell’Adult Attachment Questionnaire) (AAQ) (Hazan, Shaver 1987)
Adult Attachment Scale (AAS) (Collins, Read 1990)
Relationship Questionnaire (RQ) (Bartholomew, Horowitz 1991)
Attachment Style Questionnaire (ASQ) (Feeney, Noller, Hanrahan 1994)
Experience in Close Relationships (ECR) (Brennan, Clark, Shaver 1998)
Attachment Movie Test (AMT) (Baldoni 2005)
Limiti degli strumenti self-report:
Valutano quello che un individuo è disposto ad ammettere riguardo al proprio modo di comportarsi nelle
relazioni intime (e non i modelli operativi interni)
Anche nel caso di assoluta sincerità emergono solo gli aspetti consci dell’attaccamento
I soggetti evitanti (che per definizione distanziano i propri bisogni di protezione e assumono facilmente un
atteggiamento compiacente verso gli altri) tendono a descriversi come sicuri
La somministrazione avviene in condizioni psicologiche di relativa tranquillità e non di stress
La correlazione tra questionari self-report e AAI è scarsa
Adult Attachment Styles (AAS) o Single Item Measure parte dell’Adult Attachment Questionnaire (AAQ)
Quale delle seguenti frasi descrive meglio i suoi sentimenti? (scala da 1 a 7)
1. Trovo relativamente facile stabilire delle relazioni intime con altri e mi sento a mio agio nel dipendere da loro. Non mi capita
spesso di temere di essere abbandonato/a o che qualcuno si leghi fortemente a me. (sicuro)
2. Qualche volta mi sento a disagio quando sto con gli altri; trovo difficile avere completa fiducia in loro, mostrarmi dipendente
da essi. Divento nervoso/a se qualcuno diventa eccessivamente intimo e, spesso, il/la mio/a partner vorrebbe che
stabilissimo un’intimità superiore a quella che mi fa sentire a mio agio. (evitante)
3. Trovo che gli altri siano riluttanti a stabilire con me quell’intimità che desidererei raggiungere con loro. Spesso temo che il/la
mio/a partner non sia realmente innamorato/a o che non voglia stare con me. Desidero un rapporto molto stretto con il/la
mio/a partner e questo, qualche volta, fa fuggire le persone. (ansioso-ambivalente)
05/11/20
Attaccamento e genitorialità
Sicuri: capacità di fornire un supporto reciproco al partner e sviluppare progetti di coppia comuni, incluso avere
figli (matrimonio, vita comune, tutto quello che serve per avere maggiore sicurezza nella crescita dei propri figli.
Evitanti (A): concepiscono le relazioni interpersonali in modo strumentale e opportunistico, investono poco sulla
genitorialità (meno coinvolti sul piano emotivo).
Preoccupati (C): si aspettano dalle relazioni intime di ricevere aiuto e protezione, vivono la genitorialità in modo
intrusivo e manipolatorio – genitori che vorrebbero amici dei loro figli, compagni di gioco, per sentirsi meno soli
(vivono la loro genitorialità come se i figli potessero essere un oggetto, senso manipolatorio).
Le funzioni genitoriali
Fornire una base sicura, favorendo l’esplorazione;
Favorire una mentalizzazione (mentalità psicologica: pensare in termini di stati mentali) o funzione riflessiva
rapporto con caregiver mentalizzanti
Stimolare lo sviluppo, l’autonomia e l’esplorazione (in funzione della qualità della relazizzone di attaccamento)
Favorire una graduale individuazione (capacità di riconsocersi per le proprie caratteristiche individuali e
personali) e separazione (capacità di autonomia psicologica) dei figli
Fornire un modello di vita di coppia e di famiglia (difficile fornire un modello positivo ai figli - Lorenz); la vita
pubblica fornisce modelli di vita adulti non etici da non ammirare, portando sentimenti di sfiducia (vd. politici)
Bowlby e i padri
«Ricordo di avere chiesto a mio padre riguardo al ruolo del padre nella teoria dell’attaccamento, ma lui non aveva
un’opinione precisa al riguardo e concluse la conversazione dicendo: “Bene, un bambino non ha bisogno di due
madri!”. Dagli anni ’80 mio padre ha valorizzato molto di più il ruolo del padre e ha parlato degli effetti della perdita
del padre sui figli maschi. Il riconoscimento dei padri è arrivato tardi nella sua carriera e sospetto che il suo
concentrarsi intensivamente sulle madri abbia deviato i ricercatori e distorto i valori culturali». (Intervista al figlio di
Bowlby)
Rapporto tra padre e madre (insidie e pericoli nel periodo perinatale – il sistema di attaccamento si attiva):
Protezione (base sicura) – le madri che rimanevano incinta nelle famiglie patriarcali erano accudite da figure
femminili (sorelle, zie, cugine, nonne), ma ora c’è maggiore isolamento e non si può rinunciare al
padre/compagno. Le donne che possono contare su un partner protettivo soffrono meno di disturbi perinatali, e
quelle che ne soffrono se hanno un partner presente ne soffrono di meno e hanno effetti minori sul benessere
dei figli (mediatore protettivo del padre).
Esplorazione: avviarsi all’esplorazione della genitorialità (mondo nuovo) – le coppie in cui il legame è sicuro sono
quelle che si avventurano più facilmente nei confronti di una genitorialità.
Nell’adolescenza, i figli iniziano a svincolarsi dalla famiglia; nel momento in cui le madri devono allontanarsi dai figli,
la presenza di un padre che ha un rapporto di attaccamento funzionante e valido con la madre è fondamentale,
perché aiuta la madre a svincolarsi dai figli e rinunciare al ruolo centrale che avevano continuando a sentirsi valide
come persona (rapporto positivo col partner). Le coppie che durante la genitorialità si sono perse di vista come
partner, sono coppie che stanno male e tendono a separarsi e divorziare. Ci sono dei figli che si sentono bloccati
nella loro emancipazione rispetto ai genitori perché si sentono colpevoli e coinvolti implicitamente e costretti a
rimanere in casa per non influenzare negativamente il rapporto padre-madre.
favorire e tutelare la relazione madre-bambino (abitazione adeguata, sostegno economico, procurare cibo e altri
beni necessari, rappresentare e proteggere il nucleo familiare)
supporto e contenimento emotivo della madre durante la gravidanza e nel post-partum.
Adolescenza
Un problema clinico complesso, perché all’interno di questo nucleo troviamo una serie di manifestazioni
sintomatiche:
difficoltà di assessment
I sistemi chiusi Hanno la tendenza all’omogeneità, alla perdita delle differenze e al disordine (entropia).
Es. bicchiere d’acqua calda a cui aggiungo un po’ d’acqua fredda. Entropia: lasciato a sé un sistema va incontro
all’entropia ovvero al disordine
Ogni elemento continua a comportarsi allo stesso modo e non è possibile uno scambio con l’ambiente esterno (ad
esempio tutti i sistemi meccanici).
I sistemi aperti
Tutti i sistemi composti da organismi viventi e le organizzazioni che li comprendono (famiglia, gruppi, società).
Continua emissione e immissione di energia, materiali e informazioni (scambio dall’interno verso l’esterno e
dall’esterno verso l’interno- permettendo la sopravvivenza del sistema).
Possibilità di cambiamento di regole ed equilibri.
Continuo rapporto dialettico con i sistemi che li comprendono.
L’aumento di entropia (confusione, caos, disorganizzazione) è compensato dall’apporto di forze esterne e da una
spinta verso l’organizzazione neghentropia
Due tendenze complementari e compensatorie: morfogenesi (tendenza a cambiare) e morfostasi (tendenza a
mantenere aspetti della propria forma nel corso del tempo – uguaglianza).
I sistemi interattivi: sono sistemi aperti dove due o più comunicanti sono impegnati nel processo di definizione della
loro relazione. Il limite dei sistemi è dove lo mettiamo noi: se vediamo una serie di fenomeni e li mettiamo in
relazione l’uno con l’altro, acquisiamo una prospettiva sistemica. I sistemi aperti sono in continua relazione con altri
sistemi.
Retroazione (feedback) È il meccanismo in base al quale un evento è regolato in modo retroattivo dagli eventi
che ha generato.Nei sistemi aperti (che riescono a utilizzare i feedback con l’ambiente) garantisce l’equilibrio interno
(omeostasi) e la sopravvivenza nel rapporto con l’ambiente.
Tipi di feedback:
negativo: tende a inibire il cambiamento e a conservare la stabilità del sistema; Es. termostato di un frigorifero:
garantisce che il frigorifero mantenga sempre la stessa temperatura; se la temperatura scende al di sotto di una certa soglia,
il freddo dell’ambiente restringe due alette metalliche attraverso cui passa la corrente, che si allontanano e si interrompe il
passaggio della corrente.
positivo: tende ad incrementare il cambiamento avviando i processi di crescita o di deterioramento. Es. una
coppia litigiosa di fronte alla goccia che fa traboccare il vaso (come la scoperta di un tradimento) va incontro al
cambiamento (es. decide di separarsi).
Lo psicologo deve capire quali sono le condizioni per favorire o inibire il cambiamento.
Es. per stabilizzare il sistema si può trasmettere un senso di angoscia meno spaventato e meno intenso regolazione della relazione con
l’altro. Per favorire il cambiamento (relazione stabile) si possono affrontare le proprie difficoltà e assumere un diverso punto di vista, per
cambiare in una situazione di sicurezza.
Le cibernetiche
Cibernetica di Primo Ordine basata sull’assunto che il sistema osservato può essere considerato come separato
dall’osservatore
Prima fase Prima cibernetica (fine anni ’40 fino agli anni ’50): ha studiato i sistemi nella loro capacità di
mantenere la propria organizzazione attraverso i meccanismi di feedback negativo (Norbert Wiener 1948).
Seconda fase Seconda cibernetica: ha studiato la capacità di cambiamento attraverso il feedback positivo
(Magoroh Maruyama 1963).
Cibernetica di secondo ordine (Nuova cibernetica) (dagli anni ’80 in poi): Nella nuova cibernetica, influenzata dal
costruttivismo, l’osservatore viene incluso nella realtà osservata all’interno di un processo autoriflessivo complesso
(Heinz von Foerster 1982). La descrizione che ci si dà del sistema è in funzione anche della propria presenza, del
proprio punti di vista e degli strumenti per osservare il sistema.
Metà del secolo scorso: per molte malattia una visione lineare non era
possibile, ma si sono scoperti diversi fattori in grado di provocare una malattia (es.
asma= predisposizione genetica, reazione ad acari della povere, reazione a stimoli
emotivi) causalità multifattoriale: idea di una determinata patologia che avesse
un insieme di cause che possono interagire tra di loro. Così come nella causalità
lineare si ha una visione su un’unica dimensione del rapporto causale, con una temporalità.
Causalità circolare: tutti gli elementi sono in relazione tra loro e ognuno può influenzare l’altro (es. un battere può
influenzare un tessuto, che influenza il sintomo… ma il sintomo può influenzare un tessuto, il tessuto può influenzare
il battere con meccanismi autoimmuni…). La causa è insita nella relaizone che hanno tra di loro gli elementi; può
essere applicato anche a fenomeni complessi.
Causalità complessa: integrazione complessa del modello di causalità lineare con il modello di causalità circolare (
spirale o molla). Ci sono l’elemento A che precede nel tempo l’elemento B, che precede C, che precede D
(progressione lineare). Ma si osserva che A, B, C e D sono legati da una relazione. È un tentativo di descrivere lo
sforzo degli osservatori (psicoterapeuti, ricercatori, osservatori) di guardare la realtà da punti di vista diversi: a volte
è utile descrivere la realtà con modelli lineari e a volte con modelli circolari.
Retroazione: Le diverse parti del sistema sono legate da relazioni causali circolari basate sui processi di
retroazione (feedback), sulla simmetria (retroazione positiva con deviazione amplificatrice) e sulla
complementarietà (retroazione negativa stabilizzatrice del sistema)
Morfostasi (omeostasi) – stabilità di un tessuto/sistema
o Capacità di mantenere una propria identità, un’organizzazione e delle regole nonostante i cambiamenti
esterni o interni.
o È basata su meccanismi di feedback negativo.
Morfogenesi
o Capacità di cambiare quando le situazioni esterne (eventi naturali, crisi economiche, culturali o sociali)
oppure interne (nascita o morte di un componente, matrimoni, malattie) lo richiedono.
Es. una famiglia deve saper cambiare in base alle condizioni naturali, economiche, sociali… si adatta al
proprio ciclo vitale, favorendo il cambiamento
o È basata su meccanismi di feedback positivo (es. rituale del matrimonio – sancisce un prima e un dopo
rispetto all’uscita dal gruppo familiare, di fronte alla famiglia e alla società; rituale del lutto per elaborare
il lutto) favoriscono l’acquisizione di nuovi ruoli e le relazioni.
Equifinalità
o Quando si considera lo sviluppo di un sistema nel tempo possiamo assumere due prospettive:
1. studiare le condizioni passate (storia familiare, eventi significativi, traumi) che si può presumere
abbiano portato alle attuali;
2. osservare le relazioni che si sono stabilite e l’organizzazione del sistema per spiegare sia la
perpetuazione (fatica a cambiare) che il cambiamento studiare non tanto le cause del passato
ma guardare le caratteristiche e l’organizzazione del sistema oggi. Un’organizzazione attuale può
essere determinata da diverse cause del passato.
o Nei sistemi aperti i risultati non sono determinati tanto dalle condizioni iniziali, quanto dalla natura delle
relazioni e dall’organizzazione. Gli stessi risultati possono avere origini diverse (equifinalità).
Fanno riferimento alle teorie sistemiche e cibernetiche e studiano gli effetti della comunicazione sul
comportamento (pragmatica);
Sviluppano l’indirizzo strategico-sistemico di terapia familiare;
Opera più importante: Pragmatica della comunicazione umana (Watzlawick, Beavin, Jackson 1967).
4. Gli esseri umani comunicano sia in modo digitale (verbale) che analogico (non verbale)
Digitale (verbale): (dal latino digitalis, relativo alle dita) trasmette informazioni precise attraverso
numeri, nomi o codici. È del tipo tutto o niente.
Esempi: il linguaggio verbale e quello dei calcolatori numerici.
Indica in modo preciso concetti e situazioni (ha una sintassi complessa ed efficace) senza avere con essi
alcun legame di somiglianza (la parola libro non assomiglia affatto a un libro).
È molto efficace nel trasmettere informazioni di contenuto.
È limitata nella comunicazione degli aspetti relazionali (metacomunicazione) ed emozionali (manca di una
semantica adeguata).
Permette di scambiare le informazioni e trasmettere la conoscenza da generazione a generazione.
È un’acquisizione evolutiva relativamente recente.
Analogica (non verbale): (dal greco analogia, relazione di somiglianza) trasmette quantità “discrete” di
informazioni (un continuum) attraverso immagini e similitudini. Aspetti a lungo trascurati in psicoterapia:
oggi si sa che questi aspetti sono ancora più importanti del linguaggio digitale.
Esempi: il linguaggio non verbale, il disegno, la fotografia, le registrazioni su nastro o vinile, gli orologi a
lancetta.
Trasmette elementi significativi attraverso processi basati sulla similitudine (un pugno serrato esprime
rabbia perché ricorda un atto di violenza).
Trasmette messaggi efficaci ed immediati sulle emozioni e sulla natura della relazione (ha una semantica
efficace).
Comunica in modo ambiguo e impreciso (manca di sintassi adeguata) e manca della negazione.
È in buona parte inconscia e al di fuori del nostro controllo.
Può rinforzare e chiarire un messaggio verbale, ma anche contraddirlo.
È molto antica e primitiva (prima forma di comunicazione). Negli animali e nel bambino piccolo
rappresenta praticamente l’unica forma di comunicazione animali e bambini sono bravissimi nel
comprendere la comunicazione analogica. Solo dal secondo anno di vita i bambini acquisiscono elementi
di comunicazioni digitali.
L’uomo è l’unico organismo conosciuto che può comunicare sia in modo digitale (verbale) che analogico
(non verbale).
Si ha la necessità di combinare i due messaggi e di tradurli costantemente l’uno nell’altro. Questo
avviene con una notevole perdita di informazioni.
5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari
La schismogenesi: due modalità di relazione
- schismogenesi complementare (quando due membri della
popolazione, uno si poneva in una posizione di vantare la propria
posizione e l’altro si poneva in una posizione di sottomissione
relazione complementare
- schismogenesi simmetrica relazione simmetrica
-
Il termine complementare e simmetrico riguarda la modalità della relazione, non il contenuto. In ogni relazione sana
si passa da momenti di simmetria (accettazione del conflitto) a momenti di complementarietà (sostegno).
Interazione simmetrica: è basata sull’eguaglianza e sulla minimizzazione delle differenze (l’uno tende a
rispecchiare il comportamento dell’altro – posizione opposta a prescindere).
Interazione complementare: è basata sulle differenze. Sono possibili due posizioni (non
necessariamente una vantaggiosa e l’altra svantaggiosa
superiore o primaria (one-up) – espone però a rischi particolari
inferiore o secondaria (one-down) – può proteggere da rischi
La comunicazione patologica
Assioma Comunicazione disfunzionale
1. Non si può non comunicare Squalificazione, sintomo
2. Ogni comunicazione ha un Disconferma, impenetrabilità
aspetto di contenuto e uno di
relazione
(metacomunicazione)
3. La natura di una Problemi di punteggiatura, profezia che si autodetermina (distorsione della
comunicazione dipende dalla punteggiatura con cui si vedono gli eventi – una persona non si rende conto
punteggiatura che l’aspettarsi qualche cosa influenza il fatto che quella cosa accada)
4. Gli esseri umani comunicano Difficoltà di decodifica (costruzione di comportamenti che perdono il senso del
sia in modo digitale che loro significato), rituali (un determinato significato viene ritualizzato tanto da
analogico perdere il contatto con il significato che c’è alla base – es. rituali religiosi,
possono diventare troppo distanti dal contenuto), sintomi isterici (es. cecità,
perdita del contatto: il rapporto con quello che potrebbe significare, come un
conflitto psicologico, non è chiaro)
5. Gli scambi di comunicazione Escalation simmetrica e complementarietà rigida
sono simmetrici o
complementari
Escalation simmetrica
È il modello patologico della relazione simmetrica (entrambi mantengono la posizione simmetrica senza modificarla
mai). Stato di competizione conflittuale sempre più intenso (escalation, es. pianto di uno dei due) che raggiunge
un culmine in cui i comunicanti si fermano esausti (tregua) per poi riprendere lo scontro.
Si osserva il rifiuto del sé dell’altro (si rifiuta il modo di porsi dell’altro; si va avanti in eterno senza mai accettare
l’interlocutore).In una relazione simmetrica sana (quando la simmetria non raggiunge l’escalation)i comunicanti sono
in grado di accettarsi come sono, il che li porta alla fiducia e al rispetto reciproci (conferma) intervallata da
momenti di complementarietà.
Complementarietà rigida
È il modello patologico della relazione complementare. Uno assume una posizione up e l’altro sempre una posizione
down (es. quando si dà all’altro la ragione del matto) Porta alla disconferma (non si prende in considerazione il
modo in cui l’altro si pone) del sé dell’altro, piuttosto che al suo rifiuto.
Esempi psichiatrici sono il sadomasochismo e la folie à deux (c’è una persona matta e l’altro si comporta aderendo
alla follia dell’altro). Altri esempi si hanno nel rapporto tra membro di un partito e capo corrente (es. durante
nazionalsocialismo= legittimazione delle azioni di Hitler).
Nella relazione complementare sana ci può essere conferma reciproca e positiva, intervallata da momenti di
simmetria.
La famiglia Collins (Minuchin, 1974) È composta da 4 persone: madre, padre, due figlie adolescenti (Dede e Violet). I figli hanno due forme
di diabete insulino-dipendente; Dede ha una forma resistente alla terapia (scompensata), Violet ha una forma che risponde molto di più alla
terapia (compensata) Minuchin chiama la famiglia in terapia: fa fare piccoli prelievi di sangue in cui dosa i livelli ematici di acidi grassi liberi, che
aumentano nei livelli di attivazione per lo stress (e si abbassano quando l’individuo ha basso grado di stress). Chiede alle due adolescenti di
uscire dalla stanza e di andare al di là di uno specchio per assistere alla terapia; vengono poi richiamate nella stanza della terapia. Il padre e la
madre appena le due figlie rientrano cominciano a discutere e a coinvolgere Dede nella loro discussione (viene triangolata) e Violet viene
lasciata più fuori dai giochi.Il padre e la madre hanno un’espressione quasi constante di livelli ematologici; la differenza fondamentale è nei
livelli ematologici di Dede e Violet. Violet quando assiste alla terapia dietro lo specchio ha alti livelli di stress, ma quando rientra torna a livelli
normale. Dede si attiva molto durante la discussione dei genitori, rimane molto alta anche quando ritorna dentro la stanza e viene coinvolta
nella discussione.Minuchin dimostra che la qualità delle relazioni e la loro organizzazione influenza il nostro corpo e le malattie misura le
relazioni nel sangue.
Le famiglie psicosomatiche – Salvador Minuchin
In queste famiglie i membri tendono ad ammalarsi facilmente.
Invischiamento: ruoli dei familiari non sono chiari Tendenza dei componenti della famiglia ad occuparsi
eccessivamente gli uni degli altri (si occupano di funzioni che non sono loro, come i figli che si occupano dei
genitori).
o I familiari sono intrusivi e invadenti, spesso parlano al posto di un altro.
o I confini tra le generazioni sono poco distinti, si verifica una continua confusione tra i ruoli.
Iperprotettività
o Ogni minimo segnale di malessere spinge la famiglia ad assumere un atteggiamento eccessivamente
protettivo (per minimizzare il segnale di malessere, che potrebbe essere anche utile).
o L’autonomia e lo sviluppo di interessi e di relazioni esterne sono inibiti.
Rigidità
o Il nucleo familiare tende a resistere a ogni cambiamento (es. nasce un gruppo familiare con i genitori che
continuano ad assumere compiti di responsabilità e potere educativo o economico, anche quando il
figlio diventa grande, non assumendo mai i ruoli di nonni).
Es. i nipoti chiamano i nonni “mamma” e i genitori col nome proprio.
o Quando un membro cerca di modificare la propria posizione rispetto al gruppo (ad esempio un
adolescente che ricerca maggiore autonomia) gli altri reagiscono vanificando i suoi sforzi.
o Nei momenti critici del suo ciclo vitale (la nascita, la morte o l’uscita di casa di un membro) la famiglia
tende a mantenere lo stesso funzionamento.
o In questi momenti è frequente che un componente si ammali spostando su di sé ogni preoccupazione.
Evitamento dei conflitti
o La tolleranza alle frustrazioni è molto bassa e vi è la tendenza a non sopportare il disaccordo.
I problemi sono soffocati al loro nascere o negati.
Il genogramma
È una rappresentazione schematica della struttura familiare relativa ad
almeno tre generazioni.
Vengono indicati nomi, età, date di matrimoni, separazioni e divorzi, le
morti e il paziente designato.
Sono indicate anche eventuali altre informazioni su stato di salute e
specifici comportamenti (tossicodipendenza, alcoolismo, comportamenti
antisociali).
I componenti della famiglia possono essere coinvolti attivamente nella
raccolta dei dati.
Viene utilizzato in terapia familiare e nella formazione degli psicoterapeuti.
Il paradigma riduzionista
Di natura determinista, meccanicista e materialista, ha influenzato e caratterizzato la visione della scienza
occidentale degli ultimi quattro secoli.
Presupposti di fondo:
1. I problemi vanno affrontati e risolti con la logica e la ragione.
2. Causa ed effetto sono legati da una relazione lineare semplice (di uno ad uno) e le cause degli eventi possono
essere identificate e studiate.
3. Tutti i fenomeni sono riconducibili a un principio essenziale che può essere messo in evidenza scomponendoli
nelle loro parti elementari.
4. La categorizzazione dei fenomeni migliora la conoscenza ed è basata su un pensiero dualistico dicotomico (tipo
o/o).
5. La verità è assoluta e può essere conosciuta oggettivamente, attraverso uno studio scientifico rigoroso, quindi, si
può avere la certezza delle conoscenze.
Valutare il trauma
Il concetto di trauma
È uno stimolo di intensità tale da sopraffare le capacità di resistenza e di adattamento di un organismo (Laplanche e
Pontalis, 1967).
Un evento diventa traumatico solo se supera la capacità individuale di reagire o adattarsi ad esso.
Il trauma psicologico
È una condizione psicologica in cui l’attività mentale è influenzata negativamente da un’esperienza di pericolo
attuale o passata (una risposta psicologica disadattiva all’esposizione al pericolo).
Concetto introdotto per la prima volta da Adolf Strumpell (1884).
Si ha il trauma quando le proprie capacità individuali di adattamento e di elaborazione sono superate:
quell’esperienza diventa potenzialmente traumatica sul piano psicologico perché influenza negativamente la
regolare attività mentale.
Può essere la conseguenza di:
un singolo evento (Evento traumatico);
una serie ripetuta di esperienze che nel loro complesso assumono un valore traumatico (Trauma evolutivo) – es.
bambino che cresce in un ambiente familiare inadeguato (trascuratezza, abuso fisico e sessuale, separazione
precoce).
Le esperienze stressanti o pericolose non sono seguite necessariamente da un trauma psicologico (se sono affrontate
in modo efficace, mantenendo il pericolo sotto controllo e ripristinando una condizione di relativa sicurezza). Gli
psicologi clinici devono valutare se gli eventi hanno creato la condizione di trauma psicologico o se sono stati
elaborati efficientemente (dipende anche dalla teoria dell’attaccamento; se i comportamenti di attaccamento non ci
permettono di affrontare il pericolo, si avrà il trauma psicologico).
Tipi di trauma psicologico:
Eventi traumatici (trauma psicologico): abusi sessuali o fisici, incidenti, lutti traumatici, malattie;
Traumi evolutivi (Developmental Trauma Disorder, proposto nel DSM-5 ma rifiutato perché non si accettava il
fatto che un bambino potesse sviluppare un trauma a causa dell’accumulo di eventi stressanti): neglect, perdite
affettive precoci, caregiver non mentalizzanti (nella storia di persone che hanno disturbo borderline di
personalità ci sono spesso caregiver non mentalizzanti), maltrattanti o assenti.
Evento traumatico
Evento stressante dal quale non ci si può sottrarre, che sovrasta le capacità di resistenza dell’individuo (van der Kolk,
1996; a capo del trauma center di Boston).
Tre categorie (van der Kolk et al. 2004):
1. Eventi di durata limitata nel tempo imprevisti e intensi (incidente automobilistico o lavorativo, abuso sessuale,
aggressione fisica, lutto);
2. Situazioni con effetto traumatico cumulativo (lavorare in stato di continua emergenza o pericolo, medici di
pronto soccorso o di terapia intensiva, vigili del fuoco, forze dell’ordine, militari);
3. Esposizione prolungata a condizioni di stress (insicurezza, incertezza, impotenza).
Gli eventi stressanti (quotidiani, familiari, sociali, lavorativi) sono stati oggetto di ricerche dagli anni 50 nel tentativo
di valutare il loro potenziale traumatico in modo oggettivo (Baldoni, 2010) – es. malattia, matrimonio, Natale:
attribuzione di un valore standard e assoluto di stress, in modo che possano essere valutati con un punteggio.
Tuttavia, l’impatto di un evento sulla vita di un individuo dipende molto dalla valutazione soggettiva (percezione
soggettiva dello stress).
Le persone che si ammalavano e stavano a casa da lavoro negli USA erano molto: le aziende si sono interessati ai
fattori stressanti perché i lavoratori potessero rimanere più presenti.
Developmental Trauma Disorder
Diagnosi proposta per il DSM-5, ma non accettata.
Si riferisce a bambini e adolescenti esposti a un trauma interpersonale cronico (genitori non mentalizzanti,
inadeguati o rifiutanti, gravi conflitti familiari, separazioni o perdite precoci, neglect, maltrattamenti, ripetuti abusi
sessuali o fisici).
Guida i clinici a sviluppare e utilizzare degli interventi efficaci e i ricercatori a studiare il trattamento, la neurobiologia
e la trasmissione della violenza interpersonale cronica (i bambini che subiscono traumi evolutivi hanno più
probabilità di diventare genitori maltrattanti).
Studi controllati su 10.000 casi (Felitti et al. 1998) e 1037 casi seguiti fino all’età di 32 anni (Caspi et al. 2006; Danese et al. 2007).
L’esposizione ripetuta ad abusi sessuali in età infantile porta alla diminuzione dle volume di materia grigia di un 11,4%, in
particolare nel giro temporale superiore sinistro.
Verbal abuse: situazioni in cui il bambino viene continuamente sgridato, criticato e accusato (alta espressione emotiva),
diventando il capro espiatorio della famiglia. Spesso questo si organizza in una forma di trauma psicologico, a causa anche delle
competenze verbali superiori dell’adulto.
Adattamento ed elaborazione
La possibilità di un adattamento al pericolo o l’elaborazione di un’esperienza traumatica dipendono da:
Caratteristiche dell’individuo (età, maturazione personale, personalità, pattern di attaccamento – es. pattern
sicuro di fronte a condizioni pericolose=più resistente e meno probabilità che quell’esperienza possa diventare
traumatica –, strategie difensive, capacità di mentalizzazione, livello intellettivo e culturale – meno strumenti per
potersi difendere da esperienze pericolose, soprattutto legato al livello intellettivo –, forza fisica e condizioni di
salute). Le capacità di mentalizzazione ci tutelano riguardo alla capacità di vivere un’esperienza traumatica:
contestualizzare l’esperienza e concettualizzare le reazioni degli altri ci aiutano a dare un’interpretazione
adattiva.
Disponibilità protettiva delle figure di attaccamento e del contesto sociale. Es. nel caso di un lutto, questo non
diventerà un’esperienza traumatica sul piano psicologico se ci sarà dietro figure di attaccamento e contesto
sociale protettivi.
Gravità e imprevedibilità dell’evento pericoloso (che diventa non affrontabile).
Il processo richiede tempo ed è influenzato dal sostegno ricevuto e dalle regole sociali.
Il trauma non è elaborato quando un dato ricordo (del trauma) genera eccessiva iperattivazione (iperarousal) o
ipoattivazione (ipoarousal) (van der Kolk, 2014, 2017).
Il trauma coinvolge l’intero organismo, non è un fatto solo psicologico: per esempio, la rabbia attiva la corteccia e il
sistema limbico, l’apparato cardiovascolare e l’apparato digerente, il surrene (aumentano il cortisolo e le
catecolamine) un coinvolgimento cronico ci fa ammalare fisicamente e non solo psicologicamente.
Il trauma psicologico può essere considerato una esperienza fallita di esposizione al pericolo in cui non si apprende
adeguatamente, né si sviluppano strategie per risolvere problemi simili in futuro.
Un problema fondamentale:
Trattenere dall’esperienza ciò che è pertinente al presente e al futuro, trascurando e lasciando anare quello che
appartiene solo al passato;
Essere capaci di rivalutare l’importanza delle informazioni alla luce delle nuove esperienze (es. essere adulti,
essere genitori, rapporti lavorativi, rapporti di coppia).
La disperazione È uno stato affettivo intenso di impotenza comunicato agli altri (una supplica).È caratterizzata da
un aumento dell’attivazione (arousal). Costituisce un ultimo tentativo di ottenere protezione. Se il soccorso non
arriva può far seguito la depressione.
Impotenza appresa (Seligman, 1975) Non c’è nulla che possa proteggere sul piano fisico o psicologico.
Gli sforzi per proteggersi cessano e la persona diventa completamente vulnerabile (risposta di ritiro-conservazione,
condizione di helplessness/hopelessness).
Aspetti somatici: risposta cronica di conservazione-ritiro (attivazione del sistema parasimpatico, alterazioni
immunologiche e neuroendocrine) che predispone l’individuo allo sviluppo di malattie (psichiche e somatiche) e alla
morte calo delle difese autoimmuni ed esposizione al cancro.
Demoralizzazione Termine utilizzato per la prima volta da Frank nel 1974. Prevalenza: 2%-5% nella popolazione
generale, fino al 30% in ambito medico (Tecuta et al. 2015)
Clarke & Kissane (2002): demoralizzazione caratterizzata da sentimenti di disperazione, mancanza di significato,
incapacità di far fronte alle situazioni ed essenzialmente “non sapere cosa fare” (p. 737). Eventi stressanti implicati
nell’insorgenza dei sintomi di demoralizzazione.
- Criterio A: Uno stato d’animo caratterizzato dalla percezione di essere incapace di affrontare alcuni problemi
urgenti (A1) e/o della mancanza di supporto adeguato da parte degli altri (helplessness) (A2). L’individuo
mantiene la capacità di reagire (A3).
- Criterio B: Questo stato emotivo è prolungato e generalizzato (durata di almeno un mese) DIAGNOSI (A1
e/o A2 = SI) + (A3 = SI) + (B = SI)
- Criterio C: Uno stato d’animo caratterizzato dalla consapevolezza di aver disatteso le aspettative (C1)
associata alla convinzione che non ci siano soluzioni per problemi e difficoltà attuali (hopelessness) (C2).
Benessere psicologico e stili di coping possono modulare l’associazione tra fattori socio-demografici e carico
allostatico; risorse psicosociali più funzionali sono collegate a minor carico allostatico.
I fattori ambientali giocano un ruolo importante nella determinazione del carico allostatico; ma spesso la loro
modifica non viene presa in considerazione, nonostante siano modificabili (es. riorganizzazione del lavoro e gestione
dello stress riduzione sovraccarico allostatico; stimolazione processi fisiologici di recupero).
Il carico allostatico è associato a comportamenti dannosi per la salute (es. inattività fisica, cattiva alimentazione,
scarsa qualità del sonno). Es La sindrome metabolica, frequentemente associata al carico allostatico, esempio degli
effetti deleteri di stili di vita non salutari.
Effetti iatrogeni avversi dei farmaci possono causare "carico allostatico farmacologico"
La dissociazione
È un meccanismo di difesa estremo che protegge dalle esperienze emotive travolgenti e insopportabili (Allan
Shore) interruttore salva-vita (se qualcuno è travolto da un’esperienza emotiva molto intensa la dissociazione si
attiva per evitare un trauma estremo). È correlato ai traumi, in particolare infantili
Le funzioni mentali (percezioni, sistemi di memoria, cognizione, emozioni, immagine corporea, rappresentazione del
Sé) sono dissociate (inibite) e i processi di integrazione inibiti.
Specificare se Con sintomi dissociativi (Depersonalizzazione o Derealizzazione) o Con espressione ritardata (i sintomi
non sono soddisfatti entro 6 mesi dall’evento).
Lutto e trauma
Il lutto è una condizione psicologica potenzialmente stressante e dolorosa che quando non elaborato si presenta
come un particolare tipo di trauma psicologico.
Nel caso di una perdita significativa, il lavoro psicologico del lutto (la sua elaborazione) richiede un lungo periodo di
tempo (circa due anni).
L’elaborazione è influenzata dal conforto delle altre persone e da rituali specifici per ogni società (condoglianze,
funerale, sollevamento transitorio dalle responsabilità, maggiore libertà di esprimere i sentimenti dolorosi o di rabbia –
differenze culturali nell’espressione della rabbia; anche nei rituali religiosi sono presenti elle azioni per elaborare il lutto, come
nel caso dell’eucarestia).
La depressione è la psicopatologia maggiormente associata alle malattie cardiovascolari e alle neoplasie. Questi pazienti tendono
a non farsi curare e perseverano in comportamenti inadeguati nel tentativo di controllare il malessere (fumo, abuso di alcolici,
alimentazione sbagliata, inattività fisica, ritiro sociale).
Considerazioni terapeutiche
Nei pazienti in lutto vi è solitamente una difficoltà nella regolazione delle emozioni e degli impulsi, in quanto le aree
prefrontali sono poco attivate Gli interventi basati sulla consapevolezza e sulla comunicazione verbale
(interpretazioni, CBT) sono poco utili.
Linee guida nel trattamento psicologico:
Tecniche basate sulla focalizzazione emotiva e regolazione dell’arousal - utili solo se c’è una buona relazione
terapeutica con il paziente altrimnti potrebbero essere vane
tecniche mentalizzanti focalizzate sulla percezione emotiva, mindfulness, trattamenti basati sulla
mentalizzazione (Allen, Bateman, Fonagy)
yoga, meditazione, tecniche di rilassamento, tapping
psicodramma, teatro, scrittura creativa
Trattamenti specifici per il PTSD
Trattamenti cognitivo-comportamentali (CBT)
Psicoterapia sensomotoria (Sensorimotor Psychotherapy ) (Pat Ogden et al., 2006)
Eye Movement Desensitization and reprocessing (EMDR) (Francine Shapiro, 1987)
Neurofeedback (Bessel van der Kolk 2017)
Brief Eclectic Psychotherapy for PTSD (BEPP) (Berthold Gersons, 2000), anche nella versione per la cura
del lutto traumatico (BEP-TG)
Terapia cognitivo-comportamentale
Le linee guida dell’International Society for Traumatic Stress Studies (Foa et al. 2000) indicano la terapia cognitivo-
comportamentale (CBT) come trattamento di prima scelta del PTSD, nonostante anche la terapia interpersonale (Bleiberg et al.
2005) si sia rivelata un’alternativa promettente.
1. Esposizione (exposure); es. desensibilizzazione sistematica, flooding (esposizione intensiva), esposizione in vivo e
immaginativa: i pazienti si confrontano con gli stimoli fobici (paure, oggetti, situazioni, immagini, ricordi) insorti dopo il
trauma.
2. Gestione dell’ansia (anxiety management); es. Stress Inoculation Training (SIT), rilassamento, controllo della
respirazione e tecniche di interruzione;
3. Terapia cognitiva che ha l’obiettivo di identificare e sfidare i pensieri errati e disfunzionali dei pazienti e di sostituirli con
pensieri più realistici e funzionali
ESPOSIZIONE IN VIVO: esposizione reale del paziente a oggetti o situazioni temute (e quindi evitate) allo scopo di acquisire un
maggior controllo della situazione; prevede una gerarchia degli stimoli temuti e un’esposizione graduale ESPOSIZIONE
IMMAGINATIVA: in un ambiente protetto, al paziente viene richiesto di ricordare e raccontare molte volte l’esperienza
traumatica in modo sempre più dettagliato; le sedute solitamente vengono registrate.
RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA: modificare le credenze prodotte dal trauma come per esempio la colpevolizzazione impropria
(«È stata colpa mia»; «Forse l’ho spinto io a farlo») o altre distorsioni cognitive («Non sono mai al sicuro»; «Non posso fidarmi di
nessuno»), allo scopo di integrare il trauma attraverso l’elaborazione di schemi ed emozioni e promuovere una prospettiva sana,
più realistica ed equilibrata del mondo.
Terapia messa a punto per trattare i sintomi del PTSD nelle vittime di stupri. Comprende 12 sessioni strutturate sulla base del
modello cognitivo del PTSD secondo cui la paura può essere ridotta in due modi (Foa et al. 1986; 1989) :
Componente cognitiva: aiutare il paziente a sfidare i pensieri problematici (es. senso di colpa), a lavorare sulle distorsioni
cognitive (es. ipergeneralizzazione legata alla propria sicurezza, fiducia, potere/controllo, autostima, intimità). Esposizione:
soltanto due sedute; al paziente viene richiesto di scrivere in dettaglio l’esperienza traumatica (sensazioni, pensieri ed emozioni)
e di rileggerla quotidianamente. Durante la seduta il paziente legge il racconto ad alta voce e il terapeuta lo aiuta a individuare e
modificare gli errori cognitivi (stuck point)
Terapie psicodinamiche
Mirano a ristabilire nel paziente i normali meccanismi focalizzandosi su ciò che è inconscio in modo da renderlo, per quanto
possibile, conscio, attraverso l’esplorazione del significato psicologico che il paziente attribuisce all’evento traumatico. Questo
può essere ottenuto ricercando e classificando desideri, fantasie, paure e difese del paziente fomentate dal trauma (Foa et al.
2000). Elementi chiave sono il transfert, il controtransfert e la relazione paziente-terapeuta.
Hakomi Method (Kurtz, 1990), approccio somatico alla psicoterapia a sua volta influenzato da numerose discipline fisiche
(yoga, l’integrazione posturale, danza);
Si aiuta i pazienti a confrontarsi gradualmente con i ricordi degli eventi traumatici approcciandoli attraverso la componente
sensomotoria, ma mantenendola inizialmente disconnessa rispetto alle dimensioni emotive e cognitive.
Divenendo consapevoli dei propri corpi, di convinzioni ed emozioni, si insegna loro a seguire sensazioni fisiche, incentivando
azioni che promuovono l’autostima e la competenza.
Neurofeedback Si basa sul fatto che una persona con un caschetto con degli elettrodi deve fare un gioco al computer, con la
possibilità di vedere la sincronizzazione dei suoi emisferi cerebrali miglioramento dell’integrazione cerebrale.
Training di controllo dell’attività elettrica corticale (attraverso videogiochi o compiti tramite computer) finalizzato al
miglioramento della regolazione emotiva nella sintomatologia del PTSD.
Yoga permette rilassamento e regolazione emotiva, funziona all’interno di un gruppo in cui si condividono le esperienze.
Tapping o Emotional Freedom Techniques (EFT) Tecnica simile all’agopuntura (basata sui meridiani energetici e sulla
medicina tradizionale Cinese).Si pratica senza aghi picchiettando (tapping) 5-7 volte con la punta delle dita su alcuni punti del
corpo. Sembra diminuire l'eccitazione a carico dell’amigdala.
3. Valutare la capacità di insight e diventare un alleato. Ovvero valutare quanta consapevolezza il paziente ha
del proprio problema. Occorre poi osservare i problemi del paziente dal suo punto di vista.
Livelli di insight : il paziente può descrivere i propri sintomi come conseguenza di disturbo mentale, o attrobuire la
colpa a circostanze esterne ma essere cosciente della propria patologia oppure manifestare completa negazione
della propria sofferenza o disturbo. Occorre isolare la parte malata e fare appello a quella sana
Problemi egodistonici: percepiti come problematici in quanto lontani da sé.
Problemi egosintonici. Non percepiti dal sogg come problematici in quanto in sintonia con sé stessi (es dist personalià)
4. Mostrare competenza: inserendo il problema all’interno di una prospettiva più ampia, risolvere i dubbi,
creare speranza (non è il solo ad affrontare tale situaz)
5. Assumere la leadership ovvero controllo di ciò che avviene nel colloquio e dell’interazione e fungere da
guida. Attenzione al rischio di assumere ruolo autoritario
6. Equilibrare i diversi ruoli ( del terapeuta e del paziente)
RUOLI DEL TERAPEUTA - Autorità
- Ascoltatore empatico RUOLI DEL PAZIENTE
- Esperto - Portatore di malattia
- Sofferente - Il VIP (privilegiato)
- Paziente resistente: la resistenza indica il tentativo volontario del paziente di resistere ad un determinato
argomento (per paura di risultare ridicolo o essere giudicato/ rifiutato)
Tecniche : Accettazione ( astenersi da giudizi e accettare pensieri/sentimenti del paziente); confrontazione
(accrescere consapevolezza del paziente circa la sua resistenza); spostamento (affrontare un argomento da un'altra
angolazione); esagerazione; induzione a vantarsi (apprezzare ciò che il paziente fa)
- Paziente che usa delle difese: le difese potrebbero interferire nella raccolta dati utili. Si possono ignorare se
non interferiscono nella riunione Le difese sono frutto di meccanismi mentali più inconsci (il paziente non se
ne rende conto) non sempre quinti osservabili.
Importante l’identificazione delle difese costituite da un comportamento osservabile, impulso o intenzione non
accettabile per il paziente alla base del conflitto, processo che lega i due.
Tecniche: aggiramento (ignorare le difese soprattutto nei primi colloqui o se non utile al colloquio), rassicurazione
(attenuare ansia accrescendo fiducia nel paziente, fornire supporto), distrazione (pazienti con alterazioni dell umore
maniacali, forme depressive o intossicazione da sostanze); confrontazione (condurre l’attenzione del sogg su un
comportamento nella speranza che riesca a riconoscerlo e a correggerlo); interpretazione ( dichiarazione della nostra
compressione del comportamento difensivo, suggerire significato ai suoi pensieri, solitamente seguita da
confrontazione. Utile anche se interpretazione non giusta se scatena comunque una riflessione) IMP TIMING
La psiche (mente)
Dal greco psükhée.
In latino, assume due significati:
1. principio o sostanza vitale (Anima) – articolo di Freud che utilizza la “terapia dell’anima”
2. carattere personale o modo di agire (Animus) – temperamento
Mente e cervello
Mente (mind): insieme di complesse attività psichiche superiori (linguaggio, l’apprendimento, la memoria e le
attività emotive e affettive, fantasie funzioni mentali) che si manifestano in risposta agli stimoli di natura
interna o esterna (molti la considerano sinonimo di psiche). Se abbiamo un’emozione (stimolo interno), si
attivano delle complesse attività psichiche superiori legate alla mente. La mentalizzazione ha a che fare con la
trasformazione delle emozioni (stimoli di natura interna primaria) e con attività psichiche superiori legati alla
neocorteccia.
Cervello (brain): la struttura e anatomia del sistema nervoso centrale nel suo insieme, compreso il legame fisico
e chimico (neuromediatori, reti neurali) tra le cellule neuronali.
Le emozioni (emotions)
Molti animali a un certo punto dell’evoluzione hanno cominciato a sperimentare le emozioni. Le emozioni sono
fenomeni biologici innati (non frutto della cultura dei mammiferi) geneticamente programmati selezionati nel corso
dell’evoluzione (es. rabbia, paura, eccitazione).
Agiscono da motivatori comportamentali che favoriscono la sopravvivenza della specie (se hai fame, sei spinto alla
ricerca di cibo) – strumento per adattarsi all’ambiente.
Predispongono l’organismo a una determinata azione finalizzata a uno scopo (se siamo affamati, il nostro organismo
si predispone a mangiare e a digerire; se siamo eccitati il nostro corpo si predispone all’attività sessuale; l’adrenalina
e la noradrenalina predispone all’attività fisica).
Sono mediate dal sistema limbico e dalle strutture sottocorticali.
La loro espressione è legata soprattutto al comportamento non verbale (es. cane spaventato tiene le orecchie
piegate all’indietro).
Si manifestano come stati tensionali e percezioni somatiche.
Le emozioni di base (Panksepp)
Emozioni attrattive (attivano il desiderio) o repulsive
Seeking (Desiderio/Ricerca) – stimola alla ricerca (esplorazione dell’ambiente e del territorio, favorendo al
sopravvivenza perché permette di conoscere meglio risorse e pericoli)
Rage (Rabbia) – si attiva nei confronti di qualcosa che ci mette in una condizione frustrante o di sofferenza;
esperienza negativa che comporta attaccare e distruggere la fonte emotiva
Fear (Paura) – esperienza negativa che si attiva nei confronti di qualcosa da cui vorremmo allontanarci
Lust (Bramosia sessuale) – emozione di base attrattiva che ti attrae nei confronti di soddisfare un desiderio di
natura sessuale (accoppiamento)
Care (Amore/Accudimento) – vd. scimmie che si spulciano; emozione spiacevole che porta a una relazione di
accudimento, di amore
Panic (Panico/Angoscia di separazione) – dolore, angoscia di separazione che si attiva nella condizione di non
essere protetti dalle figure di attaccamento
Play (Gioia/Gioco) – piacere di giocare, che permetta di di fare finta, di fare un’attività vera ma non troppo
Alcune sono comuni a tutti gli animali: rabbia, paura, seeking (visibili anche nei rettili, nei pesci). Altre emozioni sono
tipiche e caratteristiche dei mammiferi: bramosia sessuale, accudimento, il panic, il gioco.
Funzioni di base
Percepire gli stati mentali
o rappresentarsi gli stati mentali del sé (es. rendersi conto di essere spaventati)
o rappresentarsi gli stati mentali degli altri (es. rendersi conto che un’altra persona è contenta)
Queste rappresentazioni non sono la realtà, ma si possono dedurre e ipotizzare da segnali diretti o indiretti,
verbali o non verbali – bisogna essere sensibili e percepire gli stati mentali.
Interpretare (dare un significato) il comportamento sulla base di stati mentali intenzionali
Regolare le emozioni e gli stati somatici correlati (integrazione psicosomatica – tra processi superiori di carattere
cognitivo e attivazione e percezione somatica - Winnicott) – si possono attivare aspetti di carattere etico e
morale (super-io, nascita di sensi di colpa), si possono fare delle prospettive (es. sono arrabbiato e quindi devo
stare attento al mio comportamento per non fare cose che non vorrei). Il fatto di riuscire a interpretare i nostri
stati mentali permette di regolare sia le emozioni che gli stati mentali (se riconosco la mia rabbia, posso
regolarla, esprimendola in modo più adattivo, riducendo l’intensità).
La mentalizzazione esplicita
“Pensare e parlare degli stati mentali” (Allen 2006) – es. “sono arrabbiato per la tal cosa” (parlo del mio stato
mentale, o dello stato mentale di qualcun altro).
È conscia (si può comunicare) e legata al linguaggio verbale.
Tende ad assumere il carattere di una narrazione (si può contestualizzare).
I trattamenti basati sulla mentalizzazione mirano a incrementare soprattutto la mentalizzazione esplicita – ha il
vantaggio di essere individuata con più facilità ma può essere anche falsificata con facilità e può essere una
pseudo-mentalizzazione (non autentica, es. astrazione ipotetica sulla base di un concetto di natura teorica).
La mentalizzazione implicita
È una “mentalizzazione intuitiva, procedurale, automatica e (in buona parte) non conscia” (Allen 2006) – è legata a
ciò che ci viene naturale, piuttosto che a quello che diciamo. Per esempio, possiamo sentire una persona in sintonia
con noi anche senza il linguaggio verbale (vd. espressione degli occhi, atteggiamento corporeo che ci mette a
contatto con il comportamento di un’altra persona che sentiamo come mentalizzante). Un atteggiamento di
comprensione e condivisione di un’altra persona può essere espresso con un semplice sfioro.
Rappresenta la maggior parte dell’attività mentalizzante ed è la più spontanea e autentica.
Riguarda sia se stessi (senso del Sé, affettività mentalizzata) che gli altri (ad es. nelle conversazioni cambiando turno,
oppure reagendo spontaneamente ai loro stati emotivi).
Non tutti gli stati emotivi implicano un mentalizzare implicito (si può essere travolti da un’emozione). Es. attacco di
panico: prototipo di uno stato emotivo non mentalizzato (vissuto come sola espressione fisica)
Non esiste un confine definito tra mentalizzazione esplicita e implicita. Permettono entrambe di diventare
consapevoli delle proprie emozioni, trasformandole in affetti.
Affettività mentalizzata (Fonagy et al. 2002): essere consapevoli dei propri affetti e coglierne il significato pur
rimanendo all’interno dello stato affettivo (implica uno stato emotivo connesso al Sé).
Empatia
“Consapevolezza degli stati mentali di distress dell’altro” (Allen 2006) – non è imitazione.
È un’assonanza emotiva implicita e automatica che richiede la differenziazione del Sé dall’altro (es. se sei preso
da un sentimento luttuoso, si può percepire e condividere ma bisogna essere convinti tra i diversi modi di
percepire; non si trova nelle persone isteriche) e la regolazione dell’emozione (la persona empatica non solo non
confonde sé stesso con l’altro, ma riesce anche a regolare l’emozione disturbante provata; es. se vediamo una
persona in ansia la nostra percezione dell’ansia va regolata, per restituirgliela regolata) (Preston, de Waal 2002).
Funzione dei neuroni specchio (corteccia motoria e parietale) che si attivano non solo quando si compiono
azioni, ma anche quando le si osservano (Gallese 2001; Rizzolatti, Craighero 2004).
È solo una delle componenti del mentalizzare (non si riferisce ai propri stati emotivi)
Mindfulness
Nel buddismo zen corrisponde a “saper tener viva la propria consapevolezza nella realtà presente” (Hahn 1975).
Attenzione e consapevolezza intense, aperte e recettive dell’esperienza attuale o della realtà presente (Brown, Rayan
2003).
Capacità di vivere il momento presente (essere presenti a se stessi, piena consapevolezza dell’esperienza attuale,
presenza percettiva mentale e corporea) in maniera più intensa.
Nel significato originale non si riferisce solo agli stati mentali, ma anche al mondo fisico (essere presenti
psicologicamente e fisicamente).
La Mentalizzazione può essere considerata la “Mindfulness della mente” (Allen 2006). In uno stato di mindfulness
possiamo essere maggiormente aperti al processo di mentalizzazione (condizione ideale nel rapporto terapeutico)
componente intrapersonale della mentalizzazione.
Trattamenti basati sulla Mindfulness (vd. borderline e PTSD, per migliorare la regolazione emotiva): Dialectical
Behavior Therapy (DBT) (Marsha Linehan 1993); Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) (Teasdale et al. 2000),
tecniche di meditazione Zen.
Metacognizione e attaccamento
Le differenze nell’organizzazione dell’attaccamento durante l’infanzia sono fortemente legate alla qualità della
metacognizione dei genitori (valutabili tramite la AAI).
Le capacità metacognitive sono maggiori nell’attaccamento sicuro. Più è alta la capacità di metacognizione (e
mentalizzazione) nell’AAI, più il suo pattern di attaccamento viene considerato sicuro.
La carenza di capacità metacognitive rende incapaci di andare oltre la realtà immediata dell’esperienza e rende
vulnerabili all’incoerenza del comportamento del genitore.
Confronto tra concetti:
Mentalizzare: prestare attenzione agli stati mentali in sé e negli altri e interpretare il comportamento di
conseguenza.
Funzione riflessiva: pperazionalizzazione a scopo di ricerca del concetto di mentalizzazione.
Cecità mentale: il contrario del mentalizzare; utilizzato per caratterizzare l’autismo.
Lettura della mente: si applica agli altri e si concentra sulla cognizione.
Teoria della mente: si concentra sullo sviluppo cognitivo e fornisce una cornice teorica per la mentalizzazione.
Metacognizione: si concentra sulla cognizione in sé.
Mindfulness: si concentra sul presente e non è limitata agli stati mentali.
Empatia: si concentra sugli altri e riguarda gli stati emozionali.
Intelligenza emotiva: mentalizzazione delle emozioni in sé e negli altri.
Mentalità psicologica: disposizione a mentalizzare in senso ampio.
Insight: contenuto mentale prodotto dal processo di mentalizzazione.
Un concetto trasversale Mentalizzazione (alcuni utilizzano concetti simili, altri utilizzano proprio il termine
mentalizzazione):
Psicoanalisi
o Preoccupazione materna primaria, madre sufficientemente buona (Winnicott) – le madri
sufficientemente buone quando i bambini sono molto piccoli entrano in uno stato particolare di tipo
regressivo (preoccupazione materna primaria) e percepisce i bisogni del proprio piccolo. Se questa si
presentasse in altri momenti di vita sarebbe classificabile come patologia.
o Rêverie materna, funzione alfa (Bion): si avvicina maggiormente a una descrizione cognitivista di tipo
psicoanalitico. Un bambino quando ha aspetti della sua mente che non sono elaborati e sono molto
primitivi (elementi beta), li espelle dalla propria mente attraverso la difesa dell’identificazione proiettiva
e li fa percepire dalla propria madre. La madre, con la rêverie, percepisce questi aspetti non elaborati e li
fa propri, dà un significato e li restituisce trasformati in elementi alfa (funzione alfa, simile alla
mentalizzazione). La madre si mette nei panni del bambino e percepisce gli stati mentali non elaborati,
restituendoglieli con un significato.
o Pensiero operatorio (Marty): ha descritto i pazienti meno mentalizzanti, non sapevano attribuire un
significato simbolico agli stati mentali propri e altrui (pazienti alessitimici – prototipo di persone con
basso livello di mentalizzazione)
o Interiorizzazione trasmutante (Kohut – psicologia del Sè)
o Sintonizzazione (Stern): descrive il rapporto tra bambino e madre come una danza in cui entrambi si
guidano perché sono sintonizzati l’uno con l’altro modo di mettersi uno nei panni dell’altro
Cognitivismo
o Teoria della mente (Premack, Woodruff)
o Mindfulness (buddismo zen, Linehan)
o Metacognizione (Flavell)
o Mind-Mindedness (Mains)
o Metarappresentazione (Semerari)
o Biofeedback sociale del rispecchiamento affettivo (Gergely, Watson)
Attaccamento
o Monitoraggio metacognitivo (Main)
o Funzione riflessiva (Fonagy)
o Funzione riflessiva genitoriale (Slade)
Mentalizzazione e sviluppo
Il neonato nasce che ha un sé molto percettivo (fame, sete, sonno)
che ha risposte corporee non rappresentate
psicologicamente in modo adeguato; ha un rapporto con un
caregiver, che si configura come una relazione di
attaccamento, in cui c’è un rispecchiamento e un processo di
mentalizzazione.
Se questo avviene (non sempre, vd. bambini
istituzionalizzati), il bambino verso i 2-4 anni di vita sviluppa una teoria della mente (capacità di pensare in termini
psicologici) e un Sé psicologico (riflessivo): inizia a pensare che la mamma abbia delle aspettative e non conosce tutto
ciò che passa nella mente del bambino. È accompagnato da mentalizzazione che porta a una maggiore regolazione
psicosomatica (delle variazioni corporee), portando a una migliore gestione dello stress e pone le basi per lo sviluppo
di un attaccamento sicuro.
Se questo processo fallisce, il neonato non acquisisce la teoria della mente in modo adeguato perché il sistema di
attaccamento e rispecchiamento (e mentalizzazione) non sono adeguati (non è sempre così, vd. autismo). Il sé del
neonato continua a essere un sé non psicologico. Le emozioni (reazioni geneticamente condizionate) continuano a
essere provate, ma non vengono mentalizzate (elaborate psicologicamente) disturbi che sono l’espressione della
carenza di capacità mentalizzanti: alessitimia, autismo, disturbi di personalità (borderline), alterazioni del
comportamento di malattia (persone con disturbi funzionali), dipendenze patologiche (es. uso di psicofarmaci per
riuscire a regolare le emozioni), vulnerabilità a stress e a traumi. Vengono sviluppate delle difese nei confronti delle
emozioni non mentalizzate: alcune sono generalizzate (attacco/fuga e conservazione/ritiro, geneticamente
determinate e importanti dal punto di vista fisiologico), alcune si sviluppano nell’ambito dell’attaccamento insicuro,
cioè difese di ipoattivazione (distanziamento dal proprio sentire - A) e difese di iperattivazione (per reagire
all’ambiente, rabbia e paura espresse - C).
Cervello e mentalizzazione
La mentalizzazione esprime una funzione della corteccia prefrontale mediale (sopra la radice del naso; soprattutto
emisfero destro) (Allan Shore) che appartiene alle “Strutture Corticali Mediali” (Cortical Midline Structures, CMS)
processi sociali, di attaccamento, regolazione delle emozioni.
Rappresenta una sorta di Folk Psychology che ogni individuo utilizza nell’interazione con gli altri e per attribuire un
significato agli altri e a se stesso.
Lo sviluppo delle aree cerebrali deputate alla mentalizzazione è molto plastico per tutto il primo anno di vita e
dipende dalla qualità della relazione di attaccamento.
La corteccia prefrontale destra (orbitale e mediale)
Funzioni esecutive (es. pianificazione), regolazione delle relazioni interpersonali, cooperazione sociale,
comportamento morale, aggressività sociale
Substrato neuronale della vita sociale (Goldberg 2001)
Ruolo fondamentale nei processi di mentalizzazione e attaccamento (cuore del nostro SNC)
o Rappresentazione implicita e esplicita degli stati mentali degli altri
o Regolazione delle emozioni e gestione dello stress
Il ruolo dell’amigdala
È regolata dall’attività della corteccia prefrontale e allo stesso tempo contribuisce a regolarla; è nella zona media
anteriore del cervello.
Assieme all’ipotalamo e all’ippocampo, rappresenta una struttura neuroanatomica dei processi di memoria
procedurale e automatica (es. timbro della voce, uso di una lingua invece di un’altra) alla base della
mentalizzazione implicita (Herpertz et al. 2001).
Funzione significativa nella regolazione dello stress e delle emozioni. È importante per l’attribuzione di un
significato emotivo a uno stimolo e per questo influenza l’elaborazione degli eventi dolorosi (es. lutto) (la sua
dimensione aumenta nei soggetti deprivati e traumatizzati).
Azione attivante sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), intervenendo nella risposta allo stress influenza i
processi decisionali in quanto permette la rappresentazione di una ricompensa (al contrario, la corteccia
prefrontale mediale e l’ippocampo svolgono una funzione inibente).
Mentalizzazione e arousal
La mentalizzazione agisce da ammortizzatore psichico regolando le emozioni e le risposte somatiche. Non è sempre
attivo, ma a volte si disattiva: un organismo per essere adattivo in alcuni momenti deve essere più mentalizzante e in
altri meno, rispondendo in modo più automatico e meno psicologico.
L’eccesso di attivazione (iperarousal) aziona un interruttore neurochimico che induce una disconnessione a livello
prefrontale innescando risposte automatiche non mentalizzate (come un salvavita, per lo stato di attivazione
emotiva eccessiva).
Nei pazienti borderline il livello di disconnessione prefrontale è minore (esponendoli a sintomi psichici e disturbi
comportamentali) – si disattiva con uno stato di stress e arousal più basso.
Un circuito neuronale
La regolazione neurochimica della corteccia prefrontale è legata in modo complementare alla corteccia posteriore e
alle strutture subcorticali (funzioni automatiche).
Quando l’arousal supera una certa soglia la corteccia prefrontale si disconnette funzionalmente e si attivano la
corteccia posteriore e le strutture subcorticali (attività inibitoria recettori norepinefrina Alfa-2 e dopamina D1 i
neuroni continuano a essere collegati ma diminuisce la loro attività – disconnessione funzionale). Le parti
mentalizzanti funzionano poco e l’organismo inizia a funzionare in modo meno mentalizzante, rispondendo in modo
automatico grazie a strutture posteriori e al tronco encefalico.
L’equilibrio si sposta dalle esecuzioni esecutive prefrontali alla codifica mnemonica mediata dalla amigdala (memoria
procedurale) e all’attività automatica mediata dalla corteccia posteriore (reazioni di attacco- fuga o di
congelamento).
Quando non si mentalizza (non sempre mentalizzare è utile) – condizioni fisiologiche o patologiche:
Se manca il tempo per riflettere (per attribuire significati e mettersi nei panni degli altri)
Es. incidente alla guida davanti a noi; effetto di Piero (canzone di De Andrè)
Quando le emozioni sono troppo intense (stress elevato, situazioni di pericolo, eccitazione sessuale, rabbia)
Se si è troppo stanchi o annoiati
Sotto l’effetto di sostanze psicotrope (alcool, psicofarmaci, droghe)
In condizioni in cui la propria autonomia è fortemente limitata (lunghe ospedalizzazioni, immobilità forzata,
pazienti dializzati o in attesa di trapianti, regime carcerario)
Se il livello di disconnessione funzionale prefrontale è troppo basso (con la manifestazione di una scarsa
tolleranza alle frustrazioni, ad esempio nei bambini o in adulti con disturbi intellettivi o psicopatologici)
autismo, borderline
Quando le aree cerebrali prefrontali sono compromesse (traumi, patologie tumorali o vascolari, processi
degenerativi, demenze)
La carenza di mentalizzazione
È legata al fallimento della funzione riflessiva genitoriale. Conseguenze:
Attaccamento insicuro;
Minore regolazione delle emozioni (alterazioni del comportamento di malattia, alessitimia, scompensi
psicosomatici);
Patologie psichiche (autismo, disturbi di personalità, disturbi del comportamento alimentare -funzione
antidepressiva, addict disorders, attacchi di panico, depressione);
Disturbi relazionali (di coppia, lavorativi, sociali);
Comportamenti antisociali (bullismo, vandalismo, violenza individuale o collettiva, abusi sessuali);
Maggiore vulnerabilità agli stress psicosociali e ai traumi.
Disturbi psicologici
Autismo;
Disturbi di personalità;
Attacchi di panico e altri disturbi d’ansia;
Depressione.
Mentalizzazione e attaccamento
La qualità dell’attaccamento infantile è in relazione a due fattori:
1. i modelli operativi interni del genitore;
2. la capacità del genitore di riflettere sul proprio stato mentale e su quello del figlio (mentalizzazione e funzione
riflessiva genitoriale).
Il falso Sé
È un’organizzazione difensiva della personalità che ha la funzione di proteggere come un involucro il vero Sé.
Deriva da un ambiente insufficiente ed è un ultima difesa verso la depressione.
È totalmente inconscio e può corrispondere a una vita apparentemente normale (anche se accompagnata da
sentimenti di vuoto e di noia).
Spesso sono stati dei bambini bravi e compiacenti, apprezzati da genitori e insegnanti (dei piccoli adulti).
Nei momenti significativi della vita possono scompensarsi manifestando gravi disturbi psicologici o somatici.
L’integrazione psicosomatica (Donald Winnicott 1949, 1960)
È lo sviluppo di un Sé allo stesso tempo psichico e fisico, cioè di un senso di esistenza nel proprio corpo.
L’unità psicosomatica è condizione indispensabile per uno stato di salute mentale e di pieno coinvolgimento nella
realtà (in questo caso l’utilizzazione del corpo costituisce una fonte di grande piacere).
Lo sviluppo sano
Lo sviluppo problematico
Nel bambino:
Minore consapevolezza e controllo degli stati affettivi
Confusione sul significato degli stati mentali
Vulnerabilità all’incoerenza del comportamento del genitore esponendo a trauma
Comportamento aggressivo come difesa nei confronti degli stati mentali pericolosi dell’adulto
In psicoterapia individuale
o Metacognitive Assessment Scale (MAS)
o Scala di Valutazione della Metacognizione (S.Va.M.) (Carcione et al. 1997; Semerari et al. 2003)
Parent Developmental Interview Revised (PDI-R2) (Aber et al. 1985; Slade et al. 2003-2005)
Intervista semistrutturata basata su 40 domande (circa 90-120 minuti di tempo), simile all’AAI ma applicata al
rapporto con i figli.
Valuta la rappresentazione che una madre ha del proprio bambino, di se stessa come genitore e della propria
relazione con il figlio.
Si chiede di:
descrivere le volte che il figlio può essersi sentito spaventato o rifiutato;
fornire 5 aggettivi che descrivano il figlio e spiegare le ragioni della scelta dell’aggettivo;
descrivere la relazione con il figlio chiedendo cosa la renda piacevole o difficile;
descriversi come genitore indicando punti di forza o di debolezza;
domande relative a specifici stati d’animo (felicità, bisogno, colpa, rabbia, gioia);
pensieri e sentimenti riguardo le separazioni dal bambino;
influenza delle esperienze con i propri genitori sul modo di affrontare la genitorialità.
Scala di Valutazione della Metacognizione (S.Va.M.) (Metacognitive Assessment Scale, MAS) (Carcione et al. 1997;
Semerari et al. 2003)
È basata sulla trascrizione di sedute individuali di psicoterapia audioregistrate. È uno strumento che non usa l’AAI.
Permette di valutare le variazioni di metacognizione del paziente durante la terapia e alla conclusione di questa.
Fornisce un profilo della capacità di mentalizzazione del soggetto in diverse dimensioni:
Autoriflessività (capacità di rappresentare eventi mentali propri);
Comprensione della mente altrui / decentramento (attribuire all’altro un’attività mentale indipendente dalla
propria);
Mastery (capacità di rappresentare e regolare gli stati mentali in termini di problemi da risolvere e di elaborare
strategie adeguate alla loro soluzione).
Psicoterapie attachment-based
Sviluppate direttamente sui concetti relativi all’attaccamento.
Si tratta quasi sempre di trattamenti integrati (dinamici, cognitivisti, CBT, sistemici)
Psicoterapie dinamiche
Brief Attachment-Based Intervention (BABI) (Jeremy Holmes 2001)
Mentalization Based Therapy (MBT) (Antony Bateman, Peter Fonagy 2004)
Circle of Security (Powell, Cooper, Hoffman, Marvin 2014)
DMM based Dynamic Psichotherapy (DMM-DP) (Franco Baldoni 2011, 2012, 2013)
Psicoterapie cognitiviste
Giovanni Liotti (2006, 2011)
Furio Lambruschi (2004)
Interventi clinici su relazione genitore-bambino
Dante Cicchetti (1999); Marian Bakermans-Kranenburg, Femmie Juffer, Rosalinda Cassibba, Marinus van
IJzendoorn (2005); Patricia Crittenden (2008); Arietta Slade (2010)
Terapia familiare sistemica
John Byng-Hall (1995, 1999), Susan Johnson (2008), Rudi Dallos, Arlene Vetere (2009)
Short-term Mentalization And Relational Therapy (SMART) o Mentalization-Based Family Therapy
(MBFT) (Pasco Fearon et al. 2006)
Diatriba sul fatto che le psicoterapie possano essere basate sull’attaccamento oltre che isporate all’attaccamento.
L’attaccamento può fornire una guida per altre terapie già esistenti, o ci sono modelli di terapie basati direttamente
sui concetti di attaccamento.
Terapie basate sulla teoria dell’attaccamento
Relazione genitore-bambino (parent training, videofeedback) (Cicchetti, Toth, Rogosch 1999; Cassibba, van
IJzendoorn 2005; Juffer, Bakermans-Kranenburg, van IJzendoorn 2007; Berlin, Zeanah, Lieberman 2008; Slade
2010)
Psicoterapia dell’adulto (Endres, Hauser, 2001; Holmes, 2001; Wallin, 2007; Jurist, Slade, Bergner, 2008; Slade,
2008; Heard, Lake, McCluskey, 2009; Gabbard, 2010; Milch, Sahhar, 2010)
Terapia familiare e di coppia (Doane, Diamond 1994; Byng-Hall 1995, 1999; Fearon et al. 2006; Johnson 2008)
Terapie basate sulla Mentalizzazione
Brief Attachment-Base Intervention (BABI) (Holmes 2001)
Mentalization Based Therapy (MBT) (Bateman, Fonagy 2004)
Short-term Mentalization And Relational Therapy (SMART) o Mentalization-Based Family Therapy
(MBFT) (Fearon et al. 2006)