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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani

Author(s): Carlo Delcorno


Source: Lettere Italiane , Ottobre-dicembre 2002, Vol. 54, No. 4 (Ottobre-dicembre 2002),
pp. 493-523
Published by: Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/26266802

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LETTERE ITALIANE
Anno LIV n.4 Ottobre - dicembre 2002

Eremo e solitudine nella


predicazione dei Francescani

Nella dri,
imponente tradizione
volgarizzate all'iniziomanoscritta
del Trecento delle
da unVite deidisanti
gruppo do pa
menicani del convento di Santa Caterina in Pisa, è rimasta inos
servata una piccola antologia, che ha per titolo Detti e fatti de vir
tuded L'opuscolo, databile al Trecento, è ordinato per rubriche
illustranti sia le fondamentali virtù della vita religiosa (obbedien
za, povertà, castità), sia le condizioni e le difficoltà specifiche del
monaco (preghiera, silenzio, parole di consolazione, astinenza, ten
tazioni).2 Sull'origine francescana non vi possono essere dubbi: se
gran parte dei materiali derivano dalle Vitae Patrum e dal Dialo
go di san Gregorio, non può sfuggire anche un impiego sistemati
co delle leggende francescane, e in particolare dei Detti di Egidio.
Il capitolo sulla povertà è più che sufficiente per dare un'idea dei
criteri di composizione dell'antologia. All'inizio si leggono due ce
lebri esempi delle Vitae Patrum contro il vizio dell'avarizia, parti
colarmente odioso nei monaci: un monaco che ha messo da parte
cento soldi viene sepolto assieme al suo gruzzolo, e maledetto con

* Una redazione abbreviata del testo è stata presentata al Colloquio «Figures médié
vales de la solitude» organizzato da Pierre Toubert e Michel Zink alla Fondation des
Treilles (Tourtour) dal 9 al 15 giugno 2001.
1 Questo è il titolo secondo il Rice. 1460, del secolo XIV.
2 Cfr. C. Delcorno, La tradizione delle "Vite dei santi padri", Venezia, Istituto Ve
neto di Scienze, Lettere e Arti, 2000, pp. 108-109.

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494 Carlo Oelcorno

paurosa e memorabile formula ("L


zione").3 Un monaco ortolano mette
sando alla vecchiaia, ma un'infermi
dere tutto, finché un angelo-chirur
non cedere più alla tentazione del
no inaugurati da alcune citazioni de
ventura. Un detto ("Santo France
vedea neuno più povero di sé")3 in
bio di vestito tra Francesco e il pov
Pietro.6 A commento si legge un al
dio: «Come el vaso ke l'uomo vuol
ne votare dell'altra, così ki si vole
vero».7 Neil ultima sezione del capi
due esempi che riguardano la vittor
del denaro. Antonio abate mentre v
to è tentato da «una grande tavola
re l'inganno del demonio. Frances
trova «una grande fonda di mone
vorrebbe ricuperare il tesoro per s
tanto insiste che il santo torna s

3 Cfr. Vitae Patrum III, n. 19 (PL 73, col.


Volgarizzamento delle Vite dei Santi Padri con
colo, Firenze, appresso D. M. Manni, 1731-173
4 Vitae Patrum V 6, n. 21 (PL 73, col. 852
5 Legenda maior, cap. VII De amore paupertat
(Fontes Franciscani, a cura di E. Menestò e S. B
1995, p. 837).
6 Legenda maior, cap. I De conversatione sancii Francisci in habitu saeculari, n. 6
(Fontes Franciscani, p. 786). Ma qui la scena è posta davanti a San Giovanni Laterano
(Rice. 1460, c. 4r: «et tutto dì stette ala porta di sancto Giovanni Laterano intra quelli
poveri ke domandavano lemosina»),
7 Rice. 1460, c. 4r. Cfr. Dieta Beati Aegidii Assisiensis secundum codices Mss. emen
data et denuo edita a PP. Collegii S. Bonaventurae, editio secunda [a cura di Gisbert
Menge], (Bibliotheca Ascetica Medii Aevi, t. Ili), Ad Claras Aquas, 1939, p. 103: «Item
dixit: Libenter tribueret Dominus thesaurum suum, si inveniret vasa praeparata». Per i
volgarizzamenti cfr. E. Mariani, La sapienza di frate Egidio compagno di San Francesco
con i Detti, nella trascrizione dal codice volgare quattrocentesco della Biblioteca Bertoliana
di Vicenza, curata da Bortolo Brogliato, Vicenza, LIEF, 1982. Si noti che Egidio è par
ticolarmente vicino al modello eremitico, cfr. G. G. Merlo, Eremitismo nel Francescane
simo medievale, in Eremitismo nel Francescanesimo medievale. Atti del XVII Convegno
Internazionale della Società Internazionale di Studi Francescani, Assisi, 12-13-14 ottobre
1989, Assisi, 1991, pp. 29-50, p. 33.

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F.rpmn ρ înlituÀinp nplla t)rpdirn7Ìnnp dpi Franresnani 495

scendere alla richiesta, ma al posto del tesoro vi è «uno serpente


orribile».8 Singolare è il colorito francescano dei pensieri di Anto
nio. Nella Vita originale egli riflette con logica stringente sull'im
probabilità che una cosi grande quantità d'oro sia stata dimentica
ta nel deserto; nell'antologia trecentesca ragiona come il socius di
Francesco («dicea nel pensieri suo: tu la puoi dare a' poveri se
nolla vuoli per te»).9
Non deve sorprendere che il fondatore del monachesimo orien
tale sia accostato a Francesco d'Assisi, un personaggio che siamo
abituati a considerare giustamente come una delle radici della spi
ritualità nuova, ben distinta dalla tradizione monastica. E stato os
servato che gli antichi ordini monastici ebbero un vivo interesse
per il movimento francescano, fin dal suo inizio; e che i frati Mi
nori non sfuggirono all'influsso della letteratura e dell'iconografia
dei benedettini.10 Già verso la metà del Duecento, contestualmente
al processo di inurbamento insediativo da parte dei Mendicanti, si
assiste all'«organizzazione [...] sulla base del modello monastico»
dei nuovi ordini.11 La letteratura monastica era stata subito assunta
nel canone dei testi da leggere in refettorio, come dimostra la Ré
gula novitiorum pseudo-bonaventuriana; ed era ampiamente citata
dai commentatori della Régula (da Ugo di Digne ai Quatuor Magi
stri).12 Le raccolte di exempla prodotte dai Francescani nel Due
cento danno molto spazio al repertorio monastico,13 accostandolo

8 Legenda maior, cap. VII, η. 5 (Fontes Franciscani, pp. 835-836).


9 Ibid. c. 4v. Cfr. Vita beati Antonii abbatis, cap. X (PL 73, col. 133); e D. Cavalca,
Cinque vite di eremiti, a cura di C. Delcorno, Venezia, Marsilio, 1992, p. 45.
10 Cfr. G. Penco, Dal Medioevo monastico al movimento francescano. Istituzioni, te
sti, dottrine, «Benedictina», 35, 1988, f. 2, pp. 509-541.
11 Cfr. L. Pellegrini, Monachesimo e ordini mendicanti in II monachesimo italiano
nell'età comunale. Atti del IV Convegno di studi storici sull'Italia benedettina. (Abbazia
di S. Giacomo Maggiore, Pontida, 3-6 settembre 1995), a cura di F. G. B. Trolese, Ce
sena, Badia di S. Maria del Monte, 1998, pp. 665-694, p. 891.
12 Cfr. G. Penco, Dal Medioevo monastico al movimento francescano, pp. 511-512;
L. Pellegrini, Monachesimo e ordini mendicanti, p. 692.
13 Sulle raccolte francescane di exempta vedi da ultimo J. Dalarun, Francesco nei
sermoni: agiografia e predicazione, in La predicazione dei frati dalla metà del '200 alla fine
del '300. Atti del XXII Convegno Internazionale, Assisi, 13-15 ottobre 1994, Spoleto,
C.I.S.A.M., 1995, pp. 337-404, in particolare le pp. 343-359. Ad esempio nel Liber exem
plorum ad usum praedicantium, la prima raccolta parzialmente alfabetica si leggono due
aneddoti tratti dalle Vitae Patrum: n. 126 (Pietro Telonario vede in sogno Cristo rivestito

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496 Carlo Delcorno

alle leggende francescane e talvo


Communiloquium di Giovanni Gall
vertà, che ha un titolo di per sé
ad quam se obligant religiosi et de
bus et philosophis. L'autore distin
ni, che non possiedono nulla, né in
ordini, ai quali è consentita la pr
fessores regularum beati Benedicti
gularum a sede apostolica confirm
sienses hospitalarii et templarii et
povertà sono suggerite dai detti
miti italiani ritratti nel Dialogo di
deriva l'aneddoto più significativo
Vangelo dicendo: «Ipsum verbum v
et dare pauperibus Christi».14 Ma
gere una galleria di esempi classi
Socrate.15 Va anche osservato che

della tunica che egli aveva donato ad un nau


che l'umiltà soltanto lo potrà salvare dai lacc
rum ad usum praedicantium saeculo XIII com
provincia Hiberniae, ed. A. G. Little, Aberdo
ta pubblicata a Farnborough nel 1966. La fon
Vita Sancii Joannis Eleemosynarii, cap. XX
cap. XV, η. 3 (col. 953). Vedi Cavalca, Vite
cap. 19.
14 Communiloquium sive summa collationum Johannis Gallensis, Argentinae, 1489
[IGI 5269], Pars sexta, dist. II, cap. 5, c. mivb: «Hec ergo paupertas est ab omnibus
observanda quia prout dicitur libro II in Vitaspatrum parte VI: Thesaurus monachi
est voluntaria paupertas, que est diligenter custodienda ne sicut preciosus thesaurus au
feratur minuatur aut violetur. Unde narrat Gregorius libro III Dyalogorum de Isaac qui
dixit: Monachus qui possessionem in terra querit monachus non est. Sicque metuebat pau
pertatis sue securitatem perdere quomodo divites avari soient divitias perituras custodire.
Unde commune est proverbium: Monachus qui proprium obolum habet obolum non va
let. Et ideo quidam sanctus nil habere volens vendidit evangelium dicens: Ipsum verbum
vendidi quod iubet omnia vendi et dari pauperibus Christi». Isacco è uno dei siriani in
sediatisi nella Valle Spoletana al tempo dei Goti: Cfr. Dialogi, lib. Ili, cap. xiv, n. 5 (ed.
A. De Vogué, Paris, 1979, vol. II, p. 306). Il secondo aneddoto è tratto dalle Vitae Pa
trum III, n. 70 (PL 73, coll. 772-773).
15 Communiloquium, ibid.: «Item et principes gentiles multi eorum nihil habere vo
luerunt, ut Fabricius de quo dicit Valerius lib. IV cap. iii quod aurum et argentum et
preciosa alia refutabat, et ipsum locupletem faciebat non multa possidere, sed modica
desiderare. Et Seneca libro de Providentia dicit quod Demetrius divitias proiecit, onus
illas bone mentis existimans. Et ideo sequitur ibidem: Contemne paupertatem, nemo
tam pauper quam natus est. Et Hieronimus Contra ]ovinianum narrat de Dyogene quod

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 497

francescana ricalca temi e situazioni della letteratura monastica, co


me hanno dimostrato in modo inoppugnabile alcuni illustri france
scanisti (da Clasen a Schmucki a Miccoli).16 L'accostamento di an
tico e moderno, di Oriente e di Occidente, risulta anche dall'ico
nografia francescana. Già Enrico Thode si era soffermato a descri
vere il ritratto duecentesco di Francesco dipinto accanto ai padri
del deserto nel Battistero di Parma;17 ed altri in anni più recenti
hanno indicato l'abbinamento di Francesco con sant'Onofrio nella
cappella di S. Pellegrino presso la chiesa benedettina di Bomina
co (Abruzzo);18 e la sua presenza nelle tavole delle Tebaidi diffuse
fra Tre e Quattrocento.19 Non meno significativi sono gli affreschi
nella chiesa di S. Maria delle Grotte a Rocchetta al Volturno, da
tabili al pieno secolo XIII, che rappresentano san Benedetto e san
Francesco con le stimmate.20
Era questa l'immagine di Francesco trasmessa dalla predicazio
ne? E più in generale, quale spazio era concesso dai predicatori al
la dimensione eremitica, pur fondamentale nell'esperienza dell'Or
dine, soprattutto nelle origini? Come erano interpretati i termini

habitabat in dolio et manu concava bibebat. Cuius continentiam Alexander vincere non
potuit [...] Et Socrates pondus auri in mare proiecit dicens: Ite in profundum male cu
piditates, mergam vos ne mergar a vobis».
16 Cfr. S. Clasen, Vom Franziskus der Legende zum Franziskus der Geschichte, «Wis
senschaft und Weisheit», 29, 1966, pp. 15-29; Ο. Schmuch, "Secretum solitudinis". De
circumstantiis externis orandi penes sanctum Franciscum Assisiensem, «Collectanea Fran
ciscana», 39, 1969, pp. 5-58; Id., "Mentis silentium". Il programma contemplativo nell'or
dine francescano primitivo, «Laurentianum», 14, 1973, pp. 177-222; G. Miccoli, France
sco d'Assisi, Torino, Einaudi, 1991, pp. 148-189. Si veda anche C. Delcorno, Le "Vitae
Fatrum" nella letteratura religiosa medievale (secc. XIII-XV), in Spiritualità e lettere nella
cultura italiana e ungherese del Basso Medioevo, a cura di S. Graciotti e C. Vasoli, Firen
ze, Olschki, 1995, pp. 179-201, a pp. 183-186.
17 H. Thode, Francesco d'Assisi e le origini dell'arte del Rinascimento in Italia, a cu
ra di L. Bellosi, Roma, Donzelli, 1993 p. 75. Su questo ciclo pittorico vedi H. Toubert,
Un'arte orientata. Riforma Gregoriana e iconografia, a cura di L. Speciale, Milano, Jaca
Book, 2001, p. 195, nota 71.
18 C. Frugoni, Francesco e L'invenzione delle Stimmate. Una storia per parole e im
magini fino a Bonaventura e Giotto, Torino, Einaudi, 1993, p. 256. Il dipinto è del 1263.
Cfr. J. Baschet, Lieu sacré, lieu d'image. Les fresques de Bominaco (Abruzzes 1263), thè
mes, parcours, fonctions, Paris-Rome, La Découverte-Ecole Française de Rome, 1991, pp.
86-89.

19 Cfr. Ch. Lapostolle, Le démon de la perspective et le locus médiéval dans l'image:


quand la solitude envahit la "cité du désert", in Luoghi e spazi della santità, a cura di S.
Boesch Gajano e L. Scaraffia, Torino, Rosenberg & Selliers, 1999, pp. 285-296, a p. 288.
20 Cfr. G. Penco, Dal Medioevo monastico al movimento francescano, p. 513.

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498 Carlo Delcorno

chiave del vocabolario monastico


cella, silentium)}21 Alcuni studi re
san Francesco hanno dimostrato
neare il suo ruolo di legislatore, d
chio della perfezione ascetica.22 Ce
sco de Mayronis mette in risalto i
Verna, dove Francesco ricevette le
te Baume, dove la Maddalena è co
ore canoniche del giorno.23 Tuttav
za eremitica di Francesco, soprattu
autorevolmente nei sermoni di Bo
nale all'istituzione della Regola, ne
Per trovare una via nell'abbond
sente nei sermonari francescani, s
ne ad alcuni tipi di sermone che
orientano verso il vocabolario e l
solitudine. Sarà necessario limitars
i pochi testi editi, e tentando una
colte inedite.
La predicazione del primo Duec

21 Vedi J. Leclercq, Études sur le vocabula


Pontificium Institutum S. Anselmi-Herder (
ca. Études sur le vocabulaire de la contemplat
stitutum S. Anselmi-Herder ("Orbis Cathol
l'histoire du vocabulaire de la vie solitaire, «C
torum», 25, 1963, pp. 8-30. Molto interessan
grafia francescana presentato da O. Schmucki,
cetti e realizzazioni in S. Francesco d'Assisi, «S
33-53.

22 Cfr. J. G. Bougerol, Saint François dans


Francesco d'Assisi nella storia, secoli XIII-XV. A
Centenario della nascita di S. Francesco (11
1981, a cura di S. Gieben, Roma, Istituto S
Ν. Bériou, Saint François, premier prophète d
in Les textes prophétiques et la prophétie
(Chantilly, 30-31 mai 1988), sous la direction
Rome, 1990, pp. 535-556; J. Dalarun, France
cit. (vedi sopra nota 13).
23 K. L. Jansen, The Making of the Magdale
Later Middle Ages, Princeton Univ. Press, 2
24 Cfr. S. Clasen, Franziskus, der neue Mo
1961, pp. 200-208, a pp. 202-203; e C. Delco
plum e letteratura. Tra Medioevo e Rinascim

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 499

Sermones Dominicales di Antonio da Padova, composti verso il


1227-1228, e dalle collezioni di due altri frati, che si possono con
siderare suoi continuatori: Luca da Bitonto, successo a frate Elia
come provinciale d'Oriente nel 1219;25 e Sopramonte di Varese,
provinciale di Lombardia nel 1230, il quale dovette conoscere An
tonio nel periodo padovano, e ne utilizzò sicuramente gli scritti.26
Per la seconda metà del secolo si farà ricorso al ciclo sulle feste
dei santi di Albertino da Verona, attivo a Bologna negli anni Cin
quanta e Sessanta del secolo XIII, definito da Salimbene da Parma
«solemnis predicator»;27 e ai sermonari di Servasanto da Faenza,
che insegna a Firenze in S. Croce, certo uno dei più significativi
rappresentanti della scuola francescana, per il numero e la mole
di opere compilate in funzione della predicazione.28 Un tipo di ser
mone utile a questa indagine è quello per la prima domenica di

25 Egli è ricordato da Salimbene da Parma per l'elogio funebre di Enrico, figlio di


Federico II, morto suicida mentre era tenuto in prigionia dal padre. Cfr. M. D'alatri, La
Cronaca di Salimbene. Personaggi e tematiche, Roma, Istituto Storico dei Cappuccini,
1988, p. 179. Un profilo utile in M. Moretti, Luca Apulus. Un maestro francescano
del sec. XIII, Bitonto, Arti Grafiche "Nuova Sud", 1985, pp. 15-40. Per il sermonario
vedi anche il mio saggio I "sermones" antoniani nella predicazione del Duecento, in II "Li
ber Naturae" nella "lectio" antoniana. Atti del Congresso Internazionale per l'VIII cen
tenario della nascita di Sant'Antonio di Padova (1195-1995). Pontificio Ateneo Antonia
num, Roma, 20-22 novembre 1995, a cura di F. Uribe, Roma, 1996, pp. 45-84, a pp. 67
68; e J. D. Rasolofoarimanana, Luca da Bitonto e Servasanto da Faenza. Sermoni conte
nuti nel Cod. Vat. Lai. 6010, in Revirescunt chartae. Codices documenta textus. Miscella
nea in honorem fr. Caesaris Cenci ofm, Romae, Pontificiam Athenaeum Antonianum,
2002, pp. 171-262.
26 Cfr. A. Rigon, Note sulla fortuna dei Sermoni antoniani nel XIII secolo, in Con
gresso Internacional Pensamento e Testemnho. 8° Centenario do Nascimento de Santo
Antonio. Actas, vol. I, Braga, Universidade Catòlica Portuguesa, Famìlia Franciscana
Portuguesa, 1996, pp. 227-244, poi in Dal libro alla folla. Antonio da Padova e il france
scanesimo medioevale, Roma, Viella, 2002, pp. 69-88.
27 Confuso da J. B. Schneyer (Repertorium der lateiniscben Sermones des Mittelalters
fiir di Zeit von 1150-1350, in 9 voli., Miinster Westfalen, Aschendorffsche Verlagsbuch
handlung, 1969-1979, vol. I, p. 91) con due autori (Graeculus, Siboto) che potrebbero
essere semplicemente dei copisti, questo importante personaggio è stato riscoperto da C.
Cenci, Sermoni del comune dei santi, dei morti e della Madonna, composti dal francescano
Fr. Albertino da Verona (sec. XIII), «Antonianum», 69, 1994, pp. 273-314. Vedi anche L.
Pamato, «Ut digne valeam scribere et aliis predicare». I sermoni di Albertino da Verona,
omin., nel cod. Laurenziano Conv. Sopp. 548, «Il Santo», XXXVII, s. II, 1997, pp. 105
122; A. Rigon, Note sulla fortuna dei Sermoni antoniani, pp. 230-231.
28 Cfr. P. L. Oliger, Servasanto da Faenza O.F.M. e il suo "Liber de Virtutibus et
Vitiis", in Miscellanea F. Ehrle I. Per la storia della filosofia e della teologia, Roma, Bi
blioteca Apostolica Vaticana, 1924, pp. 148-189. Utile il profilo di C. Schmitt in Diction
naire de Spiritualité, t. 14, Paris, Beauchesne, 1990, coli. 671-672.

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500 Carlo Oelcorno

Quaresima, che ha per thema Duc


ritu, ut tentaretur a diabolo (Mt
ben undici schemi, tra i quali il p
dello più ampio e articolato propo
versetto tematico. L'anima penite
dell'Apocalisse, la quale (come rec
to levata dalle ali dell'amore e del
è la penitenza, dove l'anima è con
ne; più precisamente è la confessi
(«ut nulli hominum pateat secretum
essa ruggono le bestie, cioè i peccat
sunt peccata mortalia, quae animam
te del sermone è dedicato ad uno
secondo un simbolismo caratteristico dello stile antoniano:29 dal
drago della detrazione allo struzzo dell'ipocrisia, dall'onocentauro
che unisce lussuria e superbia al pilosus , che rappresenta I ava
ro, alla lamia dell'eresia al riccio, la «versuta peccatoris excusatio».
Non meno ingegnosa è l'interpretazione del versetto riferito a Cri
sto. Anche qui precede un'introduzione fondata sul libro I dei Re
{David habitavit in deserto Engaddi), dove il profeta è da inten
dere quale figura di Cristo, e Engaddi, interpretato "oculus tenta
tionis", designa il sistema dei tre peccati fondamentali: gola, su
perbia e avarizia. Cristo conobbe tre deserti: l'utero della Vergi
ne, il deserto del quale fa menzione il vangelo di Matteo, letto nel
la prima domenica di Quaresima, e infine la croce, dove egli espe
rimentò l'abbandono totale; sicché a Cristo in croce si può adat
tare il versetto Ego vox clamantis in deserto, «idest in crucis pa

29 L'interpretazione allegorica degli animali del deserto era già nel commento di Ori
gene al libro di Giosuè 4, 2. Cfr. J. Leclercq, Eremus et eremita, p. 11. Per un orienta
mento su questo importante aspetto della letteratura religiosa cfr. P. Boglioni, Les ani
maux dans l'hagiographie monastique, in L'animal exemplaire au Moyen Age, V'-XV' siè
cles, sous la direction de J. Berlioz et M. A. Polo de Beaulieu, Presses Universitaires de
Rennes, 1999, pp. 51-80. Il simbolismo animale era molto sviluppato soprattutto nella
scuola francescana. Si veda F. Zamboni, La simbologia animale nei "Sermones" di San
t'Antonio, in Le fonti e la teologia dei Sermoni antoniani. Atti del Congresso Internazio
nale di Studio sui "Sermones" di S. Antonio da Padova. Padova 5-10 ottobre 1981, a
cura di A. Poppi, Padova, Edizioni Messaggero, 1982, pp. 255-268, ora in L'alfabeto sim
bolico degli animali. I bestiari del Medioevo, Milano, Luni Editrice, 2001; e C. Delcorno,
Il "Liber Naturae" nella "lectio" antoniana, pp. 64-65. Più in generale vedi V. Cassy, Les
animaux et les péchés capitaux: de la symbolique à l'emblématique, in Le monde animal et
ses représentations au Moyen Âge (XL-XV' siècle), Toulouse, Cedex, 1985, pp. 121-132.

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 501

tibulo».30 Supramons de Varisio inserisce nel suo sermonario tre


schemi sul versetto Ductus est lesus: egli ha uno stile più sempli
ce e chiaro, ma come il suo maestro mira al ricupero della esegesi
patristica, del resto accessibile nella Glossa, che è strumento es
senziale per tutti i predicatori. Per deserto si deve intendere la re
gola ο qualsiasi forma di penitenza: «In deserto religio seu quae
cumque bona penitentia designatur».31 Come Gesù entrò nel de
serto e digiunò dopo avere ricevuto il battesimo nel Giordano, così
il penitente deve umilmente lavarsi delle sue colpe «in humili con
fessione». E se Naaman siro, aggiunge, si immerse sette volte nel
Giordano, il penitente deve osservare sette condizioni per una vera
ed efficace confessione (premeditata, festina, nuda, voluntaria, hu
milis, integra et firma). La penitenza è designata dal deserto «eo
quod a multis deseratur», e perché essa è luogo di battaglia contro
il mondo, la carne e il diavolo. Supramons compie minuziosamente
la sua tela di argomenti, che è tutta e solamente a servizio della
pastorale: la battaglia è tra il diavolo che attacca Gesù e i suoi se
guaci con le armi della gola, dell'avarizia e della superbia; ad esse
si contrappongono le armi difensive del digiuno, dell'elemosina e
ucii uiaziunc, muuoiaia îju queiia uei puDDiieaiiu. il secunuu ser
mone sembra rivolto a qualcuno che intende tentare una
parazione dal mondo, forse entrando in un ordine religi
sospettare l'ammonizione preliminare, ad entrare «non c
spontanee»; l'insistenza sul discernimento («Si spiritus du
ad inhonesta et turpia et nociva, hic non est Spiritus San
infine le osservazioni sull'opportunità di scegliere, come
sto, la solitudo loci che esclude la pericolosa familiarità c
ni e donne.34 Sono, queste, raccomandazioni ribadite anc
svolgimento allegorico del sermone, nel quale si discuton
che spinsero Cristo ad entrare nel deserto del mondo

30 S. Antonii Patavini Ο. Min. Doctoris Evangelici, Sermones Dominicale


ad fidem codicum recogniti, curantibus B. Costa, L. Frasson, I. Luisetto, c
Marangon, Padova, 1979, vol. I, pp. 57-61.
31 Un concetto che è espresso già nel commento di Origene all'Esodo.
CLERCQ, Eremus et eremita, p. 11, nota 25.
32 Pavia, Biblioteca Universitaria, Aldini 173, cc. 10ra-va.
33 Ibid, c. 4Ira.
34 Ibid. c. 41 rè: «Solitudo loci excludit frequentiam hominum et mulieru
conversacio periculosa».

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502 Carlo Delcorno

buon pastore che viene in cerca d


umano smarrito «per diversos er
cielo. Quasi secondo Mosè,35 Cris
va iniziato sospingendo il gregge «a
mundi malitiam, sed non conferen
presenta con Elia e Giovanni Battis
introduce ad una sorta di paneremo
pone al deserto del mondo.37 Cris
compimento di quella "vita angelica
ti.38 Cristo, prosegue l'autore, ha s
glia, il deserto, là dove non sono
rum frequentia». «Die itaque Sath
dere? [...] Rubum ardentem qui non
re al nemico «in medio Babilonie, u
lìiiKpne f\nmi1nfn «inrpiim ir* moni ι cnow Τ ρ fpnta7innt cr*nr* cfprrii.

te «per radices omnium peccatorum»: gola, superbia e avarizia. Il


predicatore lo dice con il linguaggio solenne e immaginoso del be
stiario biblico, che già ha tanta parte negli schemi del sermonario
antoniano: «De ore enim diaboli procedunt hec tria: rana gulosi
tatis, dum de voluptate carnis temptatur. Hinc dicitur Apoc. XVI
quod très spiritus in modum ranarum egrediuntur de ore bestie
[...], scilicet gula, luxuria et vestimentorum mollicies; ignis cupidi
tatis dum temptat de ambitione rerum temporalium. (Job XLI de
ore eius procedunt lampades sicut tede ignis accense [...]); ventus
sive flatus superbie. Unde Deut. [8,15]: Ductor tuus fuit in solitu
dine ubi scorpio et dipsas flatu adurens. Dipsas diabolus qui flatu
extollitut in altum per superbiam».39

35 Cfr. Biblia latina cum Glossa ordinaria. Facsimile Reprint of the Editio Princeps
Adolph Rusch of Strassburg 1480/81, Turnhout, Brepols, vol. IV ad Ioh. X: «quasi de
Egipto in doctrinam vel regnum», «de tenebris ad lucem dum ante eas vadit quas in co
lumna nubis et ignis exemplum eis faciens quod docuit vel ad regnum procedit».
36 Cfr. C. Delcorno, Note su biografia, agiografia e autoagiografia, in Studi di filolo
gia e letteratura in onore di Gianvito R,esta, a cura di V. Mastello, Roma, Salerno Editri
ce, 2000, p. 48.
37 Vedi il commento di Origene a Giosuè 4,2 (citato da Leclercq, Eremus et eremita,
p. 12, nota 26).
38 Sulla "vita angelica" cfr. S. Franck, Άγγελικόσ βίοσ. Begriffsanalytische und begriff
sgeschichtliche Untersuchungen zum «engelgleichen Leben» in fruhen Monchtum, Munster
Westfalen, Aschendorff, 1964.
39 Pavia, Biblioteca Universitaria, Aldini 173, c. 41 ra-b.

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Eremo e solitudine nella predicazione dei francescani 503

Il tema della solitudine e del deserto, termini che spesso sono


sinonimici, trova ampio risalto nei sermoni per la festa di san Gio
vanni Battista. Luca da Bitonto raccoglie due modelli di sermone
per quell'occasione. Il primo, fondato su Luca 3,4 (Ego vox cla
mantis in deserto) tratteggia una sorta di prototipo del predicatore
di penitenza. Qui, secondo l'interpretazione allegorica che già co
nosciamo deserto è il mondo, il luogo frequentato dai peccatori, i
"mundani amatores".40 Salvo la martellante catechesi della confes
sione, si trovano anche in questo testo le argomentazioni già espo
ste da Antonio da Padova e da Sopramonte di Varese. Il mondo è
un deserto perché Dio non vi abita, per la penuria di alimenti spi
rituali, per la quantità di animali velenosi: «Et nota quod mun
dus idest mundani amatores desertum dicuntur propter tria. Primo
quia non inhabitatur a Deo per gratiam [...] Secundo propter ci
borum penuriam L..J iertio propter venenatorum animahum co
piant».41 La novità consiste nella citazione precisa e opportuna di
exempla tratti dalle Vitae Patrum. Così Luca da Bitonto spiega che
il serpente dipsas, il quale uccide con un'inestinguibile sete, rap
presenta l'avarizia. L'antiveleno è l'elemosina. Lo schema di anti
tesi è esattamente quello che già si è visto in un sermone di So
pramonte; ma qui è opportunamente inserita una sentenza dei Pa
dri del deserto. Un monaco chiede al suo abate come disporre di
un'eredità; e quegli lo esorta a darla in elemosina ai poveri: «Quid
dicam tibi, frater? Si dixero "da eam in ecclesia", clerici sibi fa
tient ex ea convivia. Si dixero "Da eam parentibus tuis" non est
tibi merces: Si autem dixero "Da eam pauperibus" securus eris».42
Il secondo sermone in onore di san Giovanni Battista sceglie per
thema Luca 3,2 (Factum est verbum Domini super lohannem Zacha
rie filium in deserto). Qui si distinguono molto chiaramente tre
modi di interpretare il deserto, per il quale si intende l'eremo, il

40 Naturalmente questa allegoria si trova anche nel sermone per la domenica I di


Quaresima sul thema Ductus est Ihesus in desertum a spiritu (Firenze, Biblioteca Nazio
nale Centrale, Conv. Soppr. C.7.236, cc. \Q\vb-\02rb). Su questa raccolta cfr. B. Roest,
The Rote of Lectors in the Religions Formation of Franciscan Friars, Nuns, and Tertàaries,
in Studio e studia: le scuole degli Ordini Mendicanti tra XIII e XIV secolo. Atti del XXIX
Convegno della Società Internazionale di Studi Francescani, Assisi 11-13 ottobre 2001,
Spoleto, CISAM, 2002, pp. 83-115, p. 109.
41 Ibid. c. 20wz.
42 Ibid. cc. 20vb-21ra.

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S C\A. C /ivlr\ Πλ/,

cenobio, la solitudine della m


tamente le parole di Luca da
hannes usque ad tempus oste
viri religiosi, de quo Iob 39 Q
sum liberum a servitute nego
solutum? Que sunt cura carnis
honorum, amor parentum, q
dit domum in solitudine? Ides
serto animi sunt omnes iusti.
ait Osee 2 [14]: Ecce ego lact
tatis sue, et ducam eam in soli
pescendo tumultus carnalis vi
tis celestium gaudiorum dand
Mnn r\r,r,nt*rp incictpf/a culli tn/-lt'7lr\ni1p immminp rloll'rvnirtm or»

munemente richiamata come allegoria del solitario, e più in gene


rale del monaco.44 E necessario invece soffermarsi sulla citazione di
Osea,45 che introduce un'interpretazione più ampia della solitudi
ne, al di fuori di un preciso stato ο regola di vita, suggerendo il sim
bolismo mistico connesso con il deserto. La distinzione tra cella in
teriore e cella esteriore, ben chiara nella tradizione cisterdense,46

43 Ibid. c. 25 rb-va.
44 Tra le prime attestazioni si veda Eucherio di Lione, Formulae, cap. 4 "De animan
tibus" (citato da J. Leclercq, Eremus et eremita, p. 20). Vedi anche J. Leclercq, Etudes
sur le vocabulaire monastique, p. 36; Ο. Schmucki, "Mentis silentium", p. 193. Per l'uso
di questa immagine nella predicazione del domenicano Guglielmo Peraldo vedi l'Intro
duzione a Cavalca, Cinque vite, nota 118. Si noti che altrove lo stesso Luca da Bitonto
preferisce l'altra immagine del solitario, il pellicano. Cfr. In festo Innocentium (c. 50rb):
«Similis factus sum pellicano. Pellicanus est avis egyptius habitans in solitudine Nili que
fertur occidere pullos suos eosque per triduum lugere, deinde se ipsum vulnerai et
aspersione sui sanguinis vivificai. Pellicanus significat penitentie solitudo et a secularibus
separatio».
45 La stessa citazione in Albertino da Verona nel sermone "in sancto Martino" (Le
tare Çabulon in exitu tuo [Deut. 33, 18]): «Hunc exitum suadet sponsus anime: Cant
VII. Veni dillecte mi egrediamur in agrum [...] Et in hoc exitu mirabilis est leticia quia
audit homo archana verba que non licet homini loqui quia Osee II Ecce ego lactabo eam
et ducam in solitudinem et loquar ad cor eius» (Biblioteca Medicea Laurenziana, Conv.
Soppr. 548, c. 116rb).
46 Cfr. Guillaume De Saint Thierry, La lettera d'oro, a cura di C. Leonardi. Tradu
zione di C. Piacentini e R. Scarcia, Firenze, Sansoni, 1983, n. 105, p. 130: «Alia cella tua
exterior, alia interior. Exterior est domus in qua habitat anima tua cum corpore tuo, in
terior est conscientia tua, quam inhabitare debet omnium interiorum tuorum interior
Deus, cum spiritu tuo». E vedi Agostino, Sermones 47, 14, 23 (PL 38, 311-312): «Et

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 505

è ripetuta dall'agiografia francescana più antica e autorevole. La


cella è il corpo, spiega l'autore della Compilatio Perusina, e l'ere
mita è l'anima, «ubicumque [...] habemus cellam nobiscum».47 Tom
maso da Celano insiste sulla necessità dell'isolamento che France
sco provava nei momenti di rapimento mistico. Se la visita dello
Sposo lo sorprendeva in pubblico egli si fabbricava una cella co
prendosi col mantello ο facendosi schermo con la manica della tu
nica: «Cum in publico subito afficeretur, visitatus a Domino, ne
sine cella foret, de mantello cellulam faciebat. Nonnumquam man
rorpnc m Ρ* monno nkerrvtirlitnm mnmon imlfnt-n fûoû

bat».48 Anche in questo caso Luca da Bitonto ricupera


più antica del concetto di "cella della mente", citando un
ma dei Padri del deserto: «In Vitis Patrum de quodam
quod dum in cenobio frequenter moveretur ad iram ivit
dinem ut non haberet irascendi occasionem». Ma l'ira è ne
del monaco stesso, e non può essere estirpata dalla solitud
ca. Un giorno, avendo posato per terra una brocca d'a
provvisamente ne sparge il contenuto. L'incidente si ripet
te, finché il monaco adirato rompe la brocca. Allora torn
stesso egli si rende conto che gli manca la condizione e
della vera solitudine, cioè la quiete della mente, e decide d
nare alla comunità.49 La finezza e la pertinenza dei riman
ca da Bitonto sono documentate da altri sermoni. Così nel
ne sulla guarigione del sordomuto (Exiens Ihesus de finibu
venit per Sydonem ad mare Galilee) si trova una digres

habitabunt in eremo in spe. Quid est in eremo? In solitudine. Quid est in


Intus in conscientia. Magna solitudo, qua non solum nullus hominum tran
videt».
47 Compilatici Assisiensis n. 108, in Fontes Franciscani, p. 1658. Cfr. L. Pellegrini,
Insediamenti francescani nell'Italia del Duecento, Roma, Laurenziano, 1984, p. 74.
48 Thomas De Celano, Vita II, n. 94 (Fontes Franciscani, a cura di E. Menestò e S.
Brufani, Assisi, Edizioni Porziuncola 1995, p. 530). E cfr. O. Schmucki, Luogo di pre
ghiera, pp. 36-37.
49 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conv. Soppr. C.7.236, c. 25va: «In Vitis
Patrum de quodam legitur quod dum in cenobio frequenter moveretur ad iram ivit in
solitudinem ut non haberet irascendi occasionem, sed cum quadam die in spelunca
sua vas implesset et posuisset in terra, subito versum est. Et secundo et tertio impletum,
iterum et iterum fuit versum. Unde iratus confregit illum. Tandem ad se reversus cogno
vit se deceptum, et ait: Ecce solus sum et tamen ab iracundia superatus sum. Revertar
ergo in cenobium, quia ubique est pugna et opus est patientia». Cfr. Vitae Patrum, lib. V,
cap. vii, n. 33 (col. 901), e vedi Cavalca, Vite dei Santi Padri, lib. Ili, cap. 106.

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506 Carlo Delcorno

l'opportunità di conservare la quie


solamento fisico; qui cade oppor
che ispira ad Arsenio l'idea di fug
stantinopoli: «Unde legitur quod b
latio regis oravit: Domine, dirige
vox dicens: Arseni, fuge homines,
Nel sermonario per le feste dei sa
Faenza51 si leggono due schemi pe
sta. Il primo, fondato su Isaia 42,6
in evidenza l'immagine del predica
per un'acre invettiva contro caval
centesca, contro i fornicatori, gli
sunt hodie Herodes, fornicatores
num constupratores et masculorum
mone, che commenta Luca 1,63 (lo
modello dell eremita penitente, de
vestimenti et ex parte cibi».53 Ser
popolare, e non lascia cadere nessu
no ravvivare l'immagine, del resto
falsariga del Vangelo egli accenna a
vestimento vilissimo e asperrimo,
vertà che suscita meraviglia. Il qua
volto da un'aura di leggenda, vuo
teristica dello stile di questo predi
«Sed quis hodie talem penitentiam

50 Ibid. c. 292ra. Cfr. Vitae Patrum, lib. V


Vite dei Santi Padri, lib. Ili, cap. 12.
51 Cfr. V. Gamboso, I Sermoni Festivi di Ser
toniana, «Il Santo», XIII, 1973, pp. 388; Id.
sanctorum" di Servasanto nei codici 520 e 53
B. Roest, The Rôle of Lectors, pp. 113-114.
52 Cito dall'incunabolo stampato a Reuding
tempore et de sanctis ac de communi sanctoru
sancti doctoris Bonaventure Ordinis Minorum
reverendissimi a sanctissimo papa nostro Sixto
domini gratiosi Comitis Eberhardi senioris de
in albis Anni millesimoquadringentesimi octua
attribuito a s. Bonaventura, è opera di Serva
28-29. Il passo citato è a c. F 5rb.
53 Sermones, c. F óra.

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 507

to, sed amplis palaciis et lectis spaciosissimis penitemus. Nostra pe


nitentia sunt delicatissima vestimenta. Non duo paria sed plurima.
Non locusta nec panis et aqua, sed fercula varia et vina dulcia et
diversa». L'incantevole memoria dei padri del deserto si risolve in
un invito alla penitenza, sia pure col procedimento retorico del sar
casmo, dell'antitesi aggressiva. La vita degli eremiti nel deserto, le
loro prove di ascesi, la preghiera ininterrotta, le lotte contro i de
moni, danno luogo ad una serie di episodi che vanno a costruire
una sorta di tabula exemplorum, adatta a fissare nella memoria degli
uditori i capisaldi della cultura penitenziale, come era consuetudine
ormai in tutta la predicazione degli Ordini Mendicanti.54 Le short
stories e i detti dei Padri del deserto sono raccontati a grappolo,
nello stesso sermone, scorciati nell'ormai divulgato procedimento
dell'exemplum omiletico. Basti qui ricordare il sermone per la do
menica XVI dopo Pentecoste, sul tema Adolescens dico tibi "Surge "
(Le 7,14), che è un discorso sull'educazione dei giovani, forse addi
rittura dei novizi. La necessità di guardarsi dalle amicizie femminili
è documentata con alcuni detti dei padri italiani, tratti dal libro III
del Dialogo di san Gregorio; quindi dal severo esempio di Arsenio,
il quale prega di dimenticare la matrona romana che gli fa visita
raccomandanosi alle sue preghiere.55 Anche le giovani devono guar
darsi dalle compagnie maschili, come insegna l'esempio eroico e di
sumano di Alessandra, di cui riferisce il Paradisus Heraclidis.5é Ac
cortasi che la bellezza del suo volto è occasione di turbamento, la
giovane si chiude per sempre in un sepolcro: «que intra quoddam
sepulcrum se dedit et sic per decem annos donec mortua est stetit,
cuius vultum nemo videre potuit».57
E in un terzo tipo di sermone, quello in onore di santa Maria

54 Cfr. l'Introduzione a Cavalca, Cinque vite, p. 22. E vedi anche C. Delcorno, for
me dell'exemplum in Italia, in Ceti, modelli, comportamenti nella società medievale (secoli
XIII-metà XIV). Atti del XVII Convegno Internazionale di studi del Centro Italiano di
Studi di Storia e d'Arte, Pistoia 2001, pp. 305-336.
55 Ibid., c. Ζ 2ra: «Et legitur[...] quod sanctus Arsenius oravit ut deus deleret me
moriam mulieris de corde suo que rogaverat eum ut oraret prò ea». Cfr. Vitae Patrum,
lib. V, cap. ii, n. 7 (coli. 858-859); e vedi Cavalca, Vite dei Santi Padri, lib. Ili, cap. 12.
56 E questo il titolo della traduzione latina dell'Historia Lausiaca di Palladio. Cfr. C.
Delcorno, La tradizione delle "Vite dei Santi Padri", pp. 533-534.
57 PL 74, col. 255. Si noti che Servasanto riporta esattamente la risposta che Ales
sandra dà a Melania, la quale le chiede il motivo della sua volontaria reclusione: «Malui
meipsam in sepulcro includere quam nocere anime ad similitudinem Dei fatte».

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508 Carlo Delcorno

Maddalena, che trova chiara espre


litudine. Uno dei primi esempi di
to, destinata a grande successo sop
le tardomedievale, si trova nel se
da Verona. Il registro della mistic
mo schema, ispirato dal famoso ve
formosa (Ct 1,4); e quel testo risuo
no famoso versetto (Fortis est ut
di una rapida rappresentazione del
ta anni «in deserto oribili prò Chr
di sermone è interamente dedicato
suggerisce il thema Ponam deser
Tre infatti sono i deserti che la M
con le sue dolcezze mortifere e tr
per trenta anni, la beatitudine del
uirsi ueserto 111 quanto aouanuonaio uagii angcn imeni, e lascialo
da Cristo per venire a salvare la pecora smarrita.59 Il nucleo
vivo del discorso riguarda naturalmente il secondo deserto, «lo
solitarius decretatus unioni», la vita religiosa, «religio, de qua
tur Apoc. XII Date sunt mulieri ale due ut volaret in desertum
Il motivo dell'unione mistica è sviluppato con sicurezza e a
revolezza, ricorrendo all'ufficio del giorno, dove si cita il Cant
«Ideo admiratione loquitur Ecclesia Cant. Vili Que est ista
ascendit de deserto delitiis affluens et innixa super dilectum suu
Il modello, pur così arduo e lontano, è proposto all'imitazione
presenti: «Iste delitie sunt amande et exquirende, quia vitia car
eruunt[...] quia tribulationes mundi convertunt in solatium».61
Data la scarsità degli studi sull'argomento, è difficile traccia
un panorama della predicazione francescana del Trecento.
splorazione molto sommaria dei materiali suggerisce di disting
re i decenni a cavallo tra il XIII e il XIV secolo dal lungo p

58 Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. 548, c. 68ra.


59 Per questo concetto vedi sopra il secondo sermone per la Prima domeni
quaresima di Sopramonte da Varese.
60 Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. 548, c. 69vb.
61 II terzo modello di sermone per la festa della Maddalena (c. 70rb) ha per tem
10,42 (Maria optimam partent elegit) e tratta della distinzione tra vita attiva e vi
templativa.

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 509

do che va dalla peste del 1348 all'affermarsi del movimento dell'Os


servanza. Lasciando per ora da parte il più imponente comples
so omiletico del Trecento, compilato dal cardinale Bertrando de la
Tour,62 è prudente restringere il campo di osservazione ad alcuni
predicatori italiani, cominciando da alcuni francescani della Tosca
na: Bindo Schelmi da Siena, un predicatore dall'accento inconfon
dibilmente popolare, sul quale hanno attirato l'attenzione alcuni
studi recenti;63 e Giacomo Trisanti ο da Tresanti (Valdelsa), lettore
nello Studio teologico di Firenze nei primi anni del Trecento, mor
to circa il 1320.64 Il sermone dello Schelmi per la Prima domenica
di Quaresima (Ductus est Ihesus) ripete alcuni concetti della primi
tiva predicazione francescana, esemplificata da Antonio e dal suo
seguace Sopramonte da Varese. Il deserto è la penitenza,65 intesa
come una battaglia ingaggiata coll'awersario secondo regole fissate
da Cristo. La cultura più varia e libera, se non nuova, si avverte
già nella citazione del De re militari di Vegezio, che fa da intro
duzione («Inter omnia pericula periculum belli est maximum»);66

62 Sull'importanza del personaggio e dei suoi sermonari richiamava l'attenzione degli


studiosi L. Oliger, Fr. Bertrandi de Turre "Processus contra Spirituales Aquitaniae (1315)
et Card, lacobi de Columna "Litterae defensoriae Spiritualium Provinciae" (1316), «Archi
vum Franciscanum Historicum», 16, 1923, pp. 323-365, in particolare a pp. 327-335. Un
giudizio quasi riduttivo circa i sermonari in B. Smalley, English Friars and Antiquity in
the Early Fourteenth Century, Oxford, Blackwell, 1960, pp. 242-244. Vedi anche D.
D'avray, Death and the Prince. Mémorial Preaching hefore 1350, Oxford, 1994, pp. 54,
57, 191-192.
63 Cfr. L.-J. Bataillon, Les sermons du franciscain Bindo da Siena pour les diman
ches, «Archivum Franciscanum Historicum», 92, 1999, pp. 95-116.
64 Cfr. C. Cenci, Noterelle su fr. Giacomo da Fresanti, lettore predicatore, «Archivum
Franciscanum Flistoricum», 86, 1993, pp. 119-128 ; Id., Fra' Giacomo da Fresanti 'egre
gius praedicator et in theologia doctor', in Gli Ordini Mendicanti in Valdelsa. Convegno di
studio (6-8 giugno 1996), ("Biblioteca storica della Valdelsa", 15), Castelfiorentino, 1999,
pp. 61-71; e C. Piana, La Facoltà teologica dell'Università di Firenze nel Quattro e Cin
quecento, Grottaferrata, 1977, p. 69; B. Roest, Fhe Role of Lectors, p. 95.
65 E questo un tòpos della predicazione medievale. Si veda ad esempio, per limitarsi
ai Francescani, il sermone De temptatione di Iacopo della Marca nell'inedita raccolta dei
Sermones Quadragesimales·. «Quantum ad moralem intellectum ducitur penitens a Spiritu
Sancto in desertum penitentie ut omnia vitia deserat. In quo quidem deserto penitentie
sicut Christus Yhesus in tribus locis et de tribus viciis temptabatur, ita et conversus pe
nitens» (Vat. Lat. 7642, c. 61 ra "Dominica prima Quadragesime").
66 II sermone si legge nel codice Magi. XXXV 166 a cc. lra-8rb. La citazione di Ve
gezio è a c. Ira. Cfr. Flavi Vegeti Renati, Epitoma rei militaris, ree. C. Lang, Stuttgart,
Teubner, 1967 (la ed. 1885), lib. Ili, xxii, p. 112: «Nam disciplinae bellicae et exemplo
rum periti nusquam maius periculum imminere testantur». Vegezio parla peraltro della
ritirata davanti al nemico.

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f:ffff:ffff:ffff:ffff:ffff:ffff on Thu, 01 Jan 1976 12:34:56 UTC
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510 Carlo Delcorno

e è confermata dal puntiglioso sv


La strategia di Cristo si concentra
virtuosa preliatio, gloriosa triump
mo nel Giordano, digiunò e respin
quando gli angeli si accostarono a
zione dei vizi che danno battaglia
penitente che si mette al suo segu
magini del bestiario allegorico: l'or
sta per la vanagloria, lo scorpion
l'avarizia. Curiosa è la concentra
bestia mostruosa, una sorta di Ger
lo della mantichora descritta nel De mirabilibus mundi di Solino.
«Est quedam bestia», osserva lo Schelmi, «quam aliqui homines vi
derunt, quod habet caput hominis, ventre[m] [ursi] et sucturam(P)
leonis et caudam scorpionis».67 Così il diavolo si presenta con dolci
parole e umane al penitente, per dissuaderlo dalle pratiche asceti
che, e lo incita alla gola, che è porta alla lussuria, all'avarizia: «Sic
enim dicit: quare ieiunas? Comede ne debilis efficiaris ad operari
et lucrare, quia nisi pecuniam habeas, nec Deo nec hominibus gra
L1USUS CI15». JU av'dlΙΔία C il VlZdAJ più U1Ô1U1UÛU, C IJUCSLU LiaLLU va

sterebbe a indicare il pubblico al quale si rivolge frate Bindo: u


uditorio dove prevalgono mercanti e cittadini. Tuttavia la comple
sità del tessuto sociale e culturale toscano affiora in altri passagg
del discorso, evidentemente rivolti a fedeli capaci di una raffinat
esperienza religiosa, e insidiati da forme di vanagloria mascherat
sotto il manto di un'indiscreta ricerca della perfezione spirituale.
La santità eremitica, che esercita un fortissimo richiamo sui laici
quando sia ricercata fuori da una regolare disciplina, può esse
un modo per tentare Dio: «Sed Christus respondit: Non temptabi
dominum tuum [...] Si enim sum in alto loco volens per scalas de
scendere et me per fenestram proiicio, Deum tempto». L'esempio
che segue allude appunto alla casistica dell'eremitismo più antico,
la cui esperienza è distillata negli apophtegmata dei Padri del d
serto. Due fratelli si ritirano nell'eremo, e il minore, invano con
traddetto dal più anziano ed esperto, decide di dedicarsi unic

67 Magi. XXXV 166, c. Irb. Vedi C. Ivlii Solini, Collectanea rerum memorabilium
iterum ree. Th. Mommsen, Berolini, 1895 (ristampa 1958), 52, 37, p. 190.

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 511

mente alla preghiera nel deserto interno («Nichil nobis procure


mus, sed solum orationi vacemus»). Quando egli ritorna alla cel
la estenuato dal digiuno, e bussa alla porta pregando il fratello di
riaccoglierlo, questi finge di non conoscerlo, e risponde: «Frater
meus factus est angelus. Non enim est hic». L'altro capisce la le
zione e umiliato esclama: «aperi michi quia fame pereo».68 Di tut
t'altro livello, quasi paragonabile ai sermoni universitari, è la pre
dicazione di Giacomo da Tresanti, caratterizzata da ampie e pre
cise citazioni della letteratura patristica (da Ambrogio, Agostino,
Cassiodoro a Gregorio Magno, Bernardo), e da frequenti rimandi
ai classici, soprattutto Seneca e Orazio. Il valore della solitudine,
del deserto, anche in senso proprio, è trattato ampiamente in un
sermone per la festa di san Benedetto sul thema Elongavi fugiens
et mansi in solitudine (Ps 54,8).69 Esso è chiaramente diviso in
\uuc li. ία pinna li αιια ucii au acuì cai, uciia iu^a ìuiuaiiu uana

città (Elongavi fugiens); la seconda insiste sui valori


della solitudine {mansi in solitudine). E l'uomo che s
go, e non viceversa; eppure vi sono situazioni più
ghiera e alla contemplazione: «Est tamen locus alius
opportunior ad vacandum Domino, et secretus magi
ais, solitarius potius quam comunis». Iacopo Tresan
il merito più grande è di chi si santifica rimanendo
nella città; ma ricorda che è più sicura la via seguita
detto: «Securius tamen est extra pericula non posse
ter pericula posse transire illesum».70 A patto che la

68 Cfr. Vitae Patrum, lib. V, cap. χ, η. 27 (coll. 916-917); e vedi


Santi Padri, lib. Ili, cap. 58.
69 II tema è usato da Odo di Chateauroux per la festa di s. Antonio
Schneyer, Repertorium, vol. IV, p. 474). Si trova per san Silvestro in
scholarum (Repertorium, vol. II, p. 5), nei Sermones Pratrum Minorum
VII, p. 101); per san Giovanni Battista in Johannes de Castello O.M.
Ili, p. 426), nei Sermones Universitatis Parisiensis (Erlangen ms. 321
VI, p. 126); per san Bernardo nel sermonario anonimo di Monaco (C
rium, voi. VII, p. 301), e nel ms. Ashmoley 1281 della Bodleian Lib
vol. IX, p. 10). Da notare la predilezione dei Francescani per questo
che è applicato al beato Egidio nel sermonario C. 317 della Biblioteca U
psala (Repertorium, vol. IX, p. 711). Vedi anche Repertorium, vol. V
cisterciense nel ms. 1402 di Troyes); vol. VIII, p. 182 (Anonimo d
deaux), vol. IX, p. 487 (anonimo ms. A.571 della Bibliothèque Munic
70 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conv. Soppr. G.1.861B
52 r.

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512 Carlo Delcorno

do sia totale, del corpo e dello sp


Benedetto. L'elogio del fondatore
screzione qualche diffidenza nei con
nerale dei più antichi ordini mon
egrediendum est de seculo corpore,
tes religionem, quod non magnum
tu, quod est perfectum et pauci fac
to, s'intende il deserto dell'Ordine
Israeliti, ma poi rimpiangono i pop
agli che mangiavano in Egitto, «et
in seculo sunt corde». La lode dell
prende avvio dalla citazione di un
struendo una linea genealogica tan
estesa, fino a includere Bernardo e
sisi. «Non est hic locus quietus», e
mus in illum locum ubi fideliter et
quebatur autem de solitudine».71 Q
fugia nella solitudine per celare i
culmine della preghiera di contem
miliares sponsi contactus»), ma an
profezia, e per comporre la regola. Il predicatore insiste con par
ticolare fermezza e chiarezza sull'intimità nuziale difesa dalla siepe
della solitudine, e significativamente rimanda da Benedetto a Fran
cesco: «Non comunicai hic sponsus presentiam suam libenter, pre
sentibus aliis, propter quod et Franciscus loca solitaria querebat,
amica meroribus ubi, ut dicitur in sua Legenda, colludebat spon
so»P II gusto delle lacrime73 è motivo che trova ancora ampio svi
luppo in uno dei sermoni per la Traslazione di san Francesco. Il
pianto ininterrotto lo riduce in uno stato prossimo alla cecità, co
me raccontano le fonti agiografiche;74 ma è in quel buio che brilla
il lume della conoscenza di Dio e il dono della profezia: «Hoc au

71 Cfr. P. Noordeloos et F. Halkin, Une histoire latine de S. Antoine: la "Légende


de Patras", «Analecta Bollandiana», LXI, 1943, pp. 211-250, a p. 225.
12 lbid., c. 53r. Cfr. Legenda Maior cap. I, n. 5 (Fontes Francescani, p. 785).
73 Cfr. P. Nagy, Le don des larmes au Moyen Age, Paris, Michel, 2000, in particolare
pp. 390-391.
74 Cfr. Legenda Maior, cap. V, n. 8 (Fontes Francescani, p. 819). Uno studio attento
delle fonti che trattano della malattia degli occhi è in O. Schmucki, Le malattie di Fran
cesco durante gli ultimi anni della sua vita, in Francesco d'Assisi e il Francescanesimo dal

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 513

tem tam pio et sedulo studio flendi et lacrimandi ad tantum deve


nit interni luminis claritatem ut secreta dominice sapientie limpido
contueretur aspectu. Propter quod, tamquam si duplex requievisset
in eo spiritus prophétie, predicabat futura, revelabat abscondita».75
L'eremo è anche il luogo marginale dove Benedetto scrive la regola
(«locus aptus ad informandum actus regulares»). La marginalità è
una scelta necessaria per i legislatori: così Mosè salì al Sinai, Cristo
al monte delle Beatitudini, Francesco a Fonte Colombo: «Quemad
modum et ahi legislatores in solitudine et in monte leges condide
runt, patet de Moyse, Christo et beato Francisco, sic et Benedictus
regulam vivendi omni discretione perspicua ordinaturus ad solitu
dinem accessit».76
Bartolomeo Rinonichi da Pisa, noto come autore del De confor
mitate vitae beati Francisci ad vitam Domini lesu, rappresenta il li
—il J„11 υ : r j_i ι_ ττ
WJJ.V» uilw uviiu cuivu^iiviiv, il anv.vjv.ai ία uv,i jv^v.wiìuw J. 1 V.^.C111VJ,

soprattutto col sermonario De contemptu mund


1397.77 II tema della solitudine e della fuga dal
per un siffatto sermonario, raccolto in un mom
no alle origini eremitiche dell'Ordine, che er
ristica dei movimenti rigoristici (dagli Spirituali a
accoglienza nell'Ordine stesso attraverso il lent
servanza. E del 1334 l'insediamento a Broglian

1216 al 1226. Atti del IV Convegno Internazionale della Socie


Francescani, Assisi, 15-17 ottobre 1976, Assisi, 1977, pp. 317
75 Ibid., c. 87t> (sermone Translatus est Israel de terra sua
76 lbid., c. 53r. Sul parallelo tra Mosè e Francesco d'Assi
skus, der neue Moses, in particolare il paragrafo Moses-Franzis
chen Gesetzes. Uno studio della fortuna di questa analogia, d
sulla morte di san Francesco fino al Chronicon di Angelo C
nai-Fonte Colombo: il peso di una analogia nell'interpretazion
«Antonianum», 53, 1978, pp. 23-55.
77 Un altro quaresimale, De casibus conscientiae, fu predi
Notizie sulla biografia e sulle opere in De conformitate vitae be
mini Iesu, auctore Fr. Bartholomaeo de Pisa, in Analecta Fra
Aquas, Florentiae, 1912, pp. x-xxix; e R. Manselli, Bartolomeo
grafico degli Italiani, voi. 6, Roma, Istituto dell'Enciclopedia I
78 Cfr. S. Poggi, I Fraticelli in Toscana, in Eretici e ribelli
cura di D. Maselli, Pistoia, Edizioni Tellini, 1974, pp. 253-2
283 per l'antagonismo tra Osservanti e Fraticelli. Si veda anc
Dialogus contra fraticellos. Addita versione itala saeculi XV,
1975.

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514 Carlo Delcorno

Valle e di Gentile da Spoleto; e vers


e difficoltà, i loca devota di Paoluc
preciso e un profondo rinnovame
sperienza eremitica di Francesco d'
nuziosa ricostruzione della leggen
Bartolomeo nel De conformitate. E
santo per i luoghi solitari ed elenca
re: «Hominum enim beatus Franc
bat et ad loca rimota pergebat liben
Sancti Urbani, Sancii Eleutherii d
montis Alvernae, Montis Casalis pro
Un intero capitolo illustra la confo
tichi confessori, identificati con i P
Paolo primo eremita «in fuga mu
lio daemonum et superatione», imit
emulò Macario Alessandrino «in abs
nis maceratione», Giovanni di Lieo
riflessioni che Bartolomeo ripropon
con sfumature e adattamenti sui qu
sermone cruciale nell'architettura d
lo del sabato che precede la Ila dom
to Assumpsit Iesus Petrum Iacobum
17,1). Esso tratta appunto del confl
plexus mundi") e disprezzo del mo
gnoranza, l'ambiguità dei modelll
tore - inducono l'uomo nell'errata r
vuole seguire Cristo non sa esattam
età, in quale luogo, con quale fine.
prediletto da Bartolomeo da Pisa e

79 Cfr. D. Nimmo, Re/orm and Division in


Saint Francis to the Foundation of the Capuch
1987, pp. 370-382, 420-422. Vedi anche Stanis
in Chi erano gli Spirituali? Atti del III Conveg
nale di Studi Francescani, Assisi, 16-18 ottobr
80 De conformiate vitae beati Francisci ad v
maeo de Pisa, in Analecta Franciscana, t. V, A
XIX (lib. II fructus VII. Pars II), p. 196.
81 Ibid., Fructus XXV (lib. II fructus XIII.
82 E questa la scuola omiletica, piena di "ut

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Erancescani 515

plice quaestio con la escussione delle auctoritates a favore di oppo


ste soluzioni e con la conclusione del maestro (in questo caso il
predicatore) che indica la soluzione vera e salutifera. Qual è l'esor
dio della conversione? Certamente è la peregrinatio a patria,83 la
separazione dai propri parenti e dalla propria terra. Ma le modalità
di questo gesto inaugurale possono essere molto diverse. Abramo
uscì dalla propria terra portando con sé le sue ricchezze («sub
stantiam videlicet auri et argenti familie ovium boum et aliorum
animalium non dimisit»). Gli apostoli al contrario lasciarono tutto
(Mt 19,27), e la dispersione delle ricchezze, Γapotaghé,M è condi
zione necessaria per l'inizio della vita monastica: «Sic Antonius ab
bas, Ylarion, pater Benedictus et beatus Franciscus». Vi può essere
questione anche circa il luogo. Alcuni cercarono la solitudine, altri
la città: «Moyses numeravit gregem ad interiora deserti et ibi sta
V\at flRvnrli tortini "HVIvcic in mnnfp farmeli HpIvcpik nnunrlnrmp

in Bethel quandoque in Galgala quandoque in Iericho, quandoque


in civitate Samarie [...] Antonius abbas in solitudine stetit. Ylarion
inter paludes. Arsenius prope civitatem in principio. Benedictus in
ter fructeta. Pater Franciscus divino monitu stetit inter homines».85
Si ha l'impressione che Bartolomeo da Pisa, pur riferendosi alla
tradizione eremitica più alta ed eroica, sottolinei la scelta urbana
di san Francesco, quasi per prendere le distanze dalle scelte più
estreme dei movimenti rigoristi sorti nel secondo Trecento all'inter
no ο ai margini dell'Ordine. Il pensiero del predicatore è precisato
nella seconda parte del sermone, dove le quattro questioni sono
risolte. Circa il primo punto è Cristo stesso che dà la soluzione,

nuovo stile familiare e popolare di Bernardino da Siena. Bernardino peraltro accoglie,


almeno nei cicli più antichi della sua predicazione volgare, gli schemi di Bartolomeo.
Cfr. C. Delcorno, Due prediche volgari di Iacopo della Marca recitate a Padova nel
1460, «Atti dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», 1969-70, tomo CXXVIII.
Classe di scienze morali, lettere ed arti, Venezia, 1970, pp. 81-122, a p. 148; Id.,
L'"ars praedicandi" di Bernardino da Siena, in Atti del Simposio Internazionale Caterinia
no-Bernardiniano, Siena, 17-20 aprile 1980, a cura di D. Maffei e P. Nardi, Siena, 1982,
pp. 419-449, a p. 424.
83 II tema del deserto è sempre legato a quello del pellegrinaggio. Cfr. M. H. VlCAI
re, Les trois itinérances du pèlerinage aux XIII' et XIV' siècles, in Le pèlerinage (Cahiers
de Fanjeaux 15), Toulouse, 1980, pp. 17-41, a p. 18.
84 Questo concetto è strettamente connesso con quello della xénitheia. Cfr. A. Guil
laumont, Le dépaysement comme forme d'ascèse dans le monachisme ancien, in Aux ori
gines du monachisme chrétien, Bellefontaine 1979, pp. 89-116.
85 Bartolomeo Da Pisa, De contemptu mundi, Milano, Scinzenzeler, 1498, c. d iirb-vb.

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516 Carlo Delcorno

istruendo Si vis perfectus esse vade


pauperibus (Mt 19,21). Questa soluz
ta con molte auctoritates, che pur
meno radicali per i laici, insistono
totale per chi entra nella vita relig
Vatrum esprimono efficacemente q
ta. A un monaco che aveva tratte
bate Antonio suggerisce un esperim
re carne, e torni poi portandola s
sce, e torna seguito da una muta
carne. E Antonio conclude: «Qui r
bere pecunias ita impugnati a demo
più significativo l'altro esempio ch
monaco Teodoro possiede tre codi
per lo studio della Scrittura. Che
Il quale risponde che è cosa buona
consiste nello spogliarsi di tutto (
Boni quidem sunt actus sed maius o
Accanto ai casi di monaci perplessi
pi eroici della nudità totale, anche
radicale di Cristo. Sono aneddoti
naco fugge nudo davanti ad un di
quando l'altro, a sua volta, si spogli
gando: «Quia abiecisti a te mundi
l'altro un giovane che desidera dive
lito da pensieri che lo trattengono
re verso il deserto, dove un senex,
vina, lo accoglie consegnandogli il n
luppo tutto particolare ha la par

86 Cfr. Vitae Patrum secondo la lezione del


1 Κίνα; e vedi Cavalca, Vite dei Santi Padri, l
87 Ibid., c. d iiirb. Poco sotto sono citati in
vanni e si rimanda alle Collationes di Giovan
tiandum in Vitis Patrum habetur in dictis abba
Cassiani, collatione abbatis Pathnutii c. 6 et 7
88 Cfr. Vitae Patrum secondo la lezione del
155ra\ e vedi Cavalca, Vite dei Santi Padri, li
89 Cfr. Vitae Patrum, lib. Ili, n. 67 (PL 73,
Padri, libro III, cap. 103.

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 517

questione riguardante la scelta del luogo. La solitudine è una con


dizione privilegiata per la preghiera, per il colloquio con Dio, e lo
dimostra una serie lunghissima di esempi dell'Antico e del Nuo
vo Testamento. Ma Bartolomeo da Pisa, come già Iacopo da Tre
santi, insiste sulla solitudine mentale, senza la quale è vana ogni
scelta eremitica: «Sed attendendum quod solitudo non est tantum
loci quantum voluntatis et intentionis, sic quod homo a mundo
separetur et voluntate et intentione». E una precisazione fondata
sull'autorità di Gregorio, Isidoro, Bernardo, Cassiano. Finché sia
mo in vita - questa è la conclusione - dobbiamo separarci dal
mondo «mente voluntate et intentione», ripetendo con Christo
Ego in mundo non sum\ recitando con Davide, che pure era im
merso nelle cose del mondo, «Ecce elongavi fugiens non corpore
sed mente, et mansi in solitudine».90
Bartolomeo da Pisa, come Iacopo da Tresanti e altri predicatori
trecenteschi, citano spesso gli autori antichi;91 e non lasciano cade
re concordanze tra le sentenze dei filosofi e quelle dei santi. Tut
tavia, per quel che ho potuto constatare, nessuno accosta l'espe
rienza eremitica ali'otium degli antichi, così come proponeva Fran
cesco Petrarca nel De vita solitaria, un libro presente in tutte le

90 Bartolomeo Da Pisa, De contemptu mundi, c. d iiiira-va: «Sed attendendum quod


solitudo non est tantum loci quantum voluntatis et intentionis, sic quod homo a mundo
separetur et voluntate et intentione, dicente beato Gregorio 30 Moralium super illud Job
39 c. cui dedit in solitudinem dominum. Qui enim corpore remotus vivit, sed tumultibus
conversationis humane terrenorum cogitatione desideriorum se inserii, non est in solitudi
ne. Si vero prematur aliquis corporaliter popularibus turbis et tamen nullos secularium cu
rarum tumultus in corde paciatur, non est in urbe. Et Beatus Ysidorus 3° De Summo Bono
c. 17 Bonum est corporaliter remotum esse a mundo, sed multum est melius voluntate [.·.]
Et Bernardus sermone 39 Super Cant. dicit Ο anima sancta sola esto ut soli omnium ser
ves te ipsam quem ex omnibus tibi elegisti [...] Secede ergo mente. Non tamen corpore sed
intentione sed devotione sed spiritu. Deus spiritus est, et non requirit corporis solitudinem,
tibi indicitur solitudo mentis et spiritus [...] Istum motivum solitudinis ponit Johannes
Cassianus in collatione abbatis Pafnutii c. 7: Et quia non est possibile nos hic in mundo
non esse dum corporaliter vivimus, a mundo mente voluntate et intentione secedamus ut
cum Christo dicere possumus "Ego in mundo non sum"; et de Apostolis: isti de mundo
non sunt. Et cum Psalmista, qui actu erat in mundo et dicit: "Ecce elongavi fugiens"
non corpore sed mente "et mansi in solitudine". Sic et Sancti Patres de Egypto fecerunt
qui etsi corpore, plus tamen mente ab omni strepitu mundi sunt separati, prout patet in
eorum legendis, prout declaravi libro primo de laudibus beati Benedicti meditatione 8a.
Vide ibi».

91 Va in parte rivisto il giudizio di Beryl Smalley sulla mancanza di interesse per i


classici da parte dei predicatori francescani italiani. Cfr. B. Smalley, Englisb Friars
and Antiquity, pp. 275-279.

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518 Carlo Delcorno

librerie degli ordini religiosi, e in p


francescani.92 E solo nel Quattrocen
da Siena e soprattutto di Giovanni
della solitudine è umanisticamente
raffinamento intellettuale oltre ch
ginale dei primitivi romitori, rapid
favorisce il raccoglimento e lo stud
senza inserirsi nel mondo universit
ti ad un pubblico sempre più esig
sa. Basterebbe ricordare la rapidit
Monteripido a Perugia e di San P
sformarono in cenobi, sede di studi
immagini connesse con la tradizione eremitica, e la letteratura che
ne diffonde il ricordo e l'attrattiva, sono doppiamente regolate e
disciplinate. Accanto alla lettura esemplare a scopo omiletico, alla
quale si è più volte accennato, si diffonde l'idea che la solitudine
sia un momento di un itinerario spirituale, e che il ritiro fuori dalla
città sia l'iniziazione del novizio ο la pausa del combattente. Paral
lelamente, a partire dalla seconda metà del Trecento, si accentuano
i timori e le preoccupazioni suscitate dall'eremitismo spontaneo e

92 Una copia era nel convento di S. Croce a Firenze, un'altra a S. Francesco di Sie
na. Cfr. A. M. Voci, Petrarca e la vita religiosa: il mito umanista della vita eremitica, Ro
ma, Istituto Storico Italiano per l'Età moderna e contemporanea, 1983, p. 135.
93 Negli Statuti del 1443, forte del consiglio di Eugenio IV, egli ordinava agli Osser
vanti Cismontani che in ciascuna provincia si provvedesse «de bona instructione iuve
num». Cfr. C. Piana, Vevoluzione degli studi nell'Osservanza francescana nella prima me
tà del '400 e la polemica tra Guarino da Verona e fra Giovanni da Prato a Ferrara (1450),
«Analecta Pomposiana», VII, 1982, pp. 249-289, a p. 255.
94 L'eremo di Monteripido, legato alla memoria di frate Egidio, fu dato a Paoluccio
Trinci nel 1376. Nel 1438 san Bernardino vi tenne un famoso corso sulle censure, dando
inizio ad uno Studio di teologia morale. Tra il 1440 e il 1443 Giovanni da Capestrano vi
tenne un ciclo di sermoni in favore dello studio delle lettere. Cfr. U. Ugolini, Motivi per
una cronaca di sette secoli, in Francescanesimo e società cittadina. L'esempio di Perugia.
Studi storici per il VII Centenario del Convento francescano di Monteripido in Perugia,
a cura di U. Ugolini, Perugia, 1979, pp. xxvn, xlii-xliv. San Paolo in Monte, dapprima
piccolo eremo voluto da fra Giovanni da Stroncone, coadiuvato da Antonio da Budrio, è
trasformato in ampio convento, dotato di uno Studio. Cfr. C. Piana, Il beato Marco da
Bologna e il suo convento di S. Paolo in Monte nel Quattrocento, Bologna, Editrice "Nuo
va Abes", 1973, pp. 146 e 159. Gli Studi degli Osservanti peraltro non rilasciavano gradi
accademici, essendo strettamente funzionali alla formazione di predicatori e di confesso
ri. Cfr. C. Piana, L'evoluzione degli studi nell'Osservanza francescana nella prima metà
del '400, pp. 257-259; G. G. Merlo, Eremitismo nel Francescanesimo medievale, pp.
41-42.

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 519

incontrollato, che del resto costituiva da tempo un problema per


la Chiesa.95 Fra i molti esempi si può citare la predica sul vange
lo delle tentazioni (Ductus est Iesus in desertum a Spiritu) recitata
nel 1419 davanti a Bona di Savoia da fra Marco di Sommariva.
Lo schema, che ricalca i procedimenti di Bartolomeo da Pisa, pre
vede una serie di quattro questioni riguardanti il digiuno e l'ascesi:
se tutti debbano digiunare, se il desiderio di eccellenza sia sempre
peccato di vanagloria, se l'uso di vesti lussuose sia sempre pecca
minoso e infine «utrum uti vilibus indumentis aliqualiter necessa
rio requisitum». L'ultima questione è risolta sul fondamento dell 'Eti
ca di Aristotile e della Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino,96
che escludono Γimmoderantia del vestiario sia nel lusso sia nella tra
scuratezza. Se si pensa all'uditorio, la questione assume tutto il suo
rilievo; e poco importa che fra Marco ripeta quasi alla lettera le
narole della Summa. ammonendo che il modello eroico devli an
tichi solitari riguarda soltanto chi ha il compito di educare e di il
luminare i più deboli con l'esempio oltre che con la parola, «ut puta
hiis qui alios verbo et exemplo ad penitentiam inducere habent si
cut sunt predicatores et olim fuerunt prophète». Predicatori e pro
feti furono a loro modo i Padri del deserto, delineati rapidamen
te, prendendo a prestito immagini celebri tratte dall'epistola agli
Ebrei (11,37), macilenti e mesti «circuerunt in melotis et in pellibus
caprinis, egentes, angustiati, afflieti»?1 Esempi di questa solitudine
anticonformista, tollerata per la sua funzionalità in un equilibrato
sistema sociale, sono alcuni personaggi, che già abbiamo trovato
più volte, disposti in una galleria che sembra indifferente alla pro
spettiva storica: «Sic portabant sancii patres et beatus Franciscus,
et gloriosus Augustinus et Johannes Baptista et alii plures».98

95 Si noti che il timore di deviazioni ed eresie è costante nella storia del monache
simo, cfr. C. Santschi, La solitude des ermites. Enquête en milieu alpin, in Le choix de la
solitude. Parcours érémitiques dans les pays d'Occident, «Médiévales», n. 28, printemps
1995, pp. 25-40, a pp. 35-36. Per l'accentuarsi delle preoccupazioni alla fine del Medio
evo cfr. A. Vauchez, La santità nel Medioevo, trad. italiana, Bologna, il Mulino, 1989,
pp. 312-314.
96 Summa II-II, q. 169, a. 1 Utrum circa exteriorem ornatum possit esse virtus et vi
tium. San Tommaso cita l'Etica di Aristotele, in particolare alcuni passi del cap. VII.
97 Queste immagini fecero un'impressione indelebile nella memoria dei Cristiani.
Cfr. O. Schmucki, "Secretum solitudinis", p. 8, nota 20.
98 Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, A.VII. 14, c. 14r-v (Lune ductus est Yesus
in desertum a Spritu). Marco da Sommariva, del convento di Alba, fu il primo laureato

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520 Carlo Delcorno

Il valore della solitudine nella s


spirituale ed intellettuale è pienam
dicatore del Quattrocento italian
egli è uomo troppo prudente per n
siti nel richiamo, e nei colori legg
Lo aveva avvertito lui stesso, ques
da tanta letteratura in volgare, da
cato nella sua adolescenza la via d
predica senese del 1427 sull'obbe
ricorda con un tuo di autoironia il suo sprovveduto fervore di ap
prendista eremita. Con una Bibbia egli si era avviato fuori Porta
Follonica verso i boschi nella direzione di Massa, con l'intenzione
di imitare le forme più audaci di eremitismo, nutrendosi di acqua
ed erbe nella libertà più assoluta. «Io bebbi parecchi sorsi d'acqua
con uno boccone di cicerbita, e non la potei gollare».99 Quella era
tentazione; vocazione fu invece l'ingresso nell'Ordine dei Minori, il
tirocinio al piccolo eremo del Colombaio, e poi a S. Onofrio alla
Caprarola, secondo forme romitoriali disciplinate dal sistema edu
cativo degli Osservanti.100 Tuttavia per Bernardino la solitudine non
è solo ritiro e condizione propizia per lo studio. Egli è in grado di

nella facoltà teologica di Torino. Il quaresimale, notevole anche per le molte citazioni
dantesche, fu recitato per la prima volta davanti a Bona di Savoia, vedova di Lodovico
d'Acaia e sorella di Amedeo Vili; tra il 1433 e il 1435 fu di nuovo pronunciato davanti
a Elisabetta vedova di Pier Gentile di Varano, signore di Camerino. Cfr. C. Cenci, Note
sui codici francescani della Queriniana di Brescia, «Studi Francescani», 80, 1983, pp.
449-470, a pp. 459-460. Vedi anche A. Vitale Brovarone, Per la fortuna di Dante in
Piemonte. La testimonianza di Marco da Sommariva, «Studi Piemontesi», 4, 1975, pp.
322-324; e La diffusione della lingua letteraria francese in Piemonte nel corso del tardo
Medioevo, in Histoire linguistique de la Vallée d'Aoste du Moyen Age au XVIIIe siècle.
Région autonome de la Vallée d'Aoste, Assessorat à l'instruction publique, 1985, pp.
132-177, a p. 143.
99 Bernardino Da Siena, Prediche volgari sul Campo di Siena 1427, a cura di C. Dei
corno, Milano, 1989, predica XXVII, p. 789.
100 Cfr. I. Origo, Bernardino da Siena e il suo tempo, trad. italiana di C. Roatta, Mi
lano, Rusconi, 1982, p. 27. Alla Caprarola si ritirò anche più tardi, soprattutto tra 1429
1431, per scrivere i suoi sermonari latini. Un altro luogo di ritiro fu l'Isola del Lago Tra
simeno, dove il santo non mancò di fare sosta durante l'ultimo viaggio verso l'Abruzzo
(ibid., p. 253). Per la datazione dei sermonari cfr. D. Pacetti, De Sancii Bernardini Se
nensis operihus. Ratio criticae editionis, Ad Claras Aquas, Florentiae, 1947, pp. 4, 16.
Non è casuale che una discepola di s. Bernardino, quale si può considerare Caterina Vi
gri, confessi di essere stata tentata dal desiderio del deserto (Le sette armi spirituali, VII
95, ed. critica a cura di A. Degl'Innocenti, Firenze, SISMEL, Edizioni del Galluzzo,
2000, p. 36).

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 521

cogliere il nesso che collega la solitudine con le immagini e il lin


guaggio della mistica, e lo dimostra in modo vivissimo nel lun
go sermone per la festa di santa Maria Maddalena, il s. XLVI del
De evangelio aeterno. Fin dal titolo (De ardentissimo amore sanctis
simae Magdalenae) Bernardino adotta il registro lirico del Cantico e
della tradizione mistica, alla quale egli fa riferimento (dai Vittori
ni a Iacopone). L'amarezza del pianto della penitente è premessa
di una dolcezza amorosa, di un'ebbrezza, che dà quiete, e culmi
na nell'annichilimento. E una progressione che Bernardino rappre
senta allegoricamente nella terza parte del sermone, dove si tratta
appunto dei sette cibi ο gradi dell'amor divino, ai quali la Madda
lena era levata sette volte al giorno dagli angeli: suavitas, aviditas, sa
turitas, ebrietas, securitas, tranquillitas, nihilitas. Se il motivo delle
"delizie" nel deserto non è nuovo,101 non è certo cosa comune la
finezza dell'analisi bernardiniana, l'esattezza con la quale coglie la
struttura ossimorica del linguaggio mistico. L'ebbrezza è congiunta
al tormento, nasce dall'amarezza: «Ebrietas enim vera in hoc con
sistit, quod quis tanto amore ferveat in ipsum Deum, ut non so
lum fastidiat creaturae solatium, sed enim delectetur et querat in
\7P»nir<=» tnrmpntnm nm cr» iftr\ rpnntonr

brium et flagellum». L'ebbrezza è l'inizi


to che culmina nella iacoponica "nichilitate
sanctissimae peccatricis, ecce omnis suae p
status, ecce omnis suae consummationis per
rito dicat: Et ego ad nihilum redacta sum
participationem, transformationem et annih
Vi sono altre attestazioni dell'interesse tut
le che Bernardino dimostrava per la vita so
la sua forma cenobitica, regolare. Come alt
po (basterebbe ricordare s. Antonino),103 e
di amicizia reverente con i Certosini e co
predica ai fiorentini del 1425 egli difend

101 Vedi sopra il sermone sulla Maddalena di Albertin


102 Quadragesimale De Evangelio Aeterno (S. Bernard
IV, Ad Claras Aquas, Florentiae, 1956, p. 436, e p. 438
103 Sant'Antonino loda i Certosini nella sua Chronica
nunquam reformata": spiritualità eremitica fra Trecento e
3a s., a. XXIX, f. 2, 1988, pp. 561-586, a p. 573, nota

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522 Carlo Delcomo

piativi dagli attacchi degli ignorant


preti e altri rilegiosi i quali non p
i romitani degli Angioli e que' di C
sono buoni se non per loro». Ma
gasse Idio per voi, i rilegiosi e reli
mendicanti».104 All'interno dell'Ordine dei Certosini è rimasta la
tradizione che proprio Bernardino nel 1422 avesse convinto il go
verno veneziano ad accogliere in città i Certosini, accordando loro
S. Andrea di Lido. Se si presta fede al discorso riportato da Bar
tolomeo Scala nella Vita B. Petri Vetroni Senensis, egli avrebbe par
lato dei monaci paragonandoli a sentinelle che vegliano di giorno
e di notte, «non meno utili [...] di quelli che con l'armi delle pre
dicationi e delle scienze scorrono qua e là per abbatter il vizio».105
Non vi è nessuna contraddizione fra queste lodi degli ordini mo
noetici ρ lo mpcco in miofrlio tonto irnltp rmptiito rntitrn 1p tonto.

zioni dell'eremitismo. Nello stesso quaresimale fiorentino del 14


Bernardino nota che la solitudine «è la più pericolosa vita che
chi non vi sa andare; e così è la più dolce vita che sia chi vi
andare».106 L'eremo è la scelta ultima, riservata a chi ha già
corso una disciplinata vita in comunità. Bernardino non si stanc
di ammonire i fedeli contro le scelte indiscrete, contro i facili
tusiasmi: «Sono molti che come lo' viene uno pensiero, si vo
no fare romiti [...] E anco sono di quelli che impazzano per
sere soli».107 Dalle selve escono "cotali romiti" che si arrogano l
ficio della predicazione e della profezia. L'accenno alla selva
l'incultura di questi romiti, che parlano senza missio, è tratto n
gativo che circoscrive l'ambito dell'eresia. Bernardino fa allusion
al movimento a fondo escatologico suscitato da un fraticello
paupere vita, di nome Antonio, che aveva convinto un grupp

104 San Bernardino Da Siena, Le prediche volgari, ed. dal P. Ciro Cannarozzi, Q
resimale del 1425, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1940, vol. II, p. 207.
105 Cfr. G. Leoncini, "Cartusia nunquam reformata", p. 568, nota 20.
106 San Bernardino Da Siena, Le prediche volgari, ed. dal P. Ciro Cannarozzi, Q
resimale del 1425, predica XXI, vol. II, ρ. 7. Su questo problema vedi il mio studio P
personale e di famiglia nella predicazione quattrocentesca, in Religione domestica, Ver
Cierre Edizioni, 2001, pp. 117-146, a p. 125.
107 Le prediche volgari. Predicazione del 1425 in Siena, a cura di C. Cannarozzi,
renze, 1958, predica XXXI, vol. II, p. 135.

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Eremo e solitudine nella predicazione dei Francescani 523

adepti a traversare sicco pede il mare verso Gerusalemme.108 Il


movimento era stato facilmente stroncato dal signore di Fermo,
ma era sintomatico di una tendenza pericolosa, e Bernardino ne
parla ancora una volta nel trattato sulle ispirazioni. Qui il frati
cello è definito «quidam ducens solitariam et eremiticam vitam a
diabolo seductus, atque seductor».109 A volte è più efficace l'arma
del sarcasmo e della beffa. Questo "fumo di Pentecoste" è origina
to dalla fame. «Talvolta interverrà che uno si farà romito, e diventa
maestro per prosunzione di quelle cose, che elli non fece mai; e'
non fu mai discepulo e vuole essare maestro». Poveri profeti, che
costeggiano il mondo degli emarginati, affamati, allucinati: «Fate che
voi li mandiate tre uova per una», consiglia alle donne presenti,
«e fate che egli le beia, però che li bisognano, perché il difetto
loro è solo votamento di celabro, e non c'è miglior medicina di
quello».110 Sono, queste di Bernardino, correzioni e reazioni a movi
menti pericolosi, almeno agli occhi dei rappresentanti più autorevo
li dell'Ordine francescano, che non spezzano la straordinaria con
tinuità della "prospettiva eremitica" 111 nella quale, fin dalle Origini,
il Francescanesimo trova la sua forza.

Carlo Delcorno

108 Cfr. R. Rusconi, L'attesa della fine, Crisi della società, profezia ed Apocalisse in
Italia al tempi del grande scisma d'Occidente (1378-1417), Roma, 1979, pp. 234-236.
109 Opera, t. VI, Ad Claras Aquas, Florentiae, 1959, p. 256.
110 Bernardino Da Siena, Prediche volgari sul Campo di Siena 1427, predica
XXVIII, p. 799.
111 Cfr. G. Merlo, Eremitismo nel Francescanesimo medievale, p. 47.

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