La prima immagine che balena nella mia mente alla lettura di questa traccia è
legata ad un senso di straniamento, di isolamento, derivato dall'incapacità della
nostra società di gettare lo sguardo oltre il nostro singolo interesse, il mondo che ci circonda, il nostro orticello. L'attenzione all'altro, al suo modo di vivere diverso dal nostro e alle sue difficoltà, è un'azione che pochi di noi compiono abitualmente: solitamente la nostra attenzione all'altro fa breccia nella nostra routine solo quando succede qualcosa di straordinario: un incidente, una catastrofe, o al contrario una vittoria, una premiazione, che rende improvvisamente l'altro degno della nostra attenzione, della nostra riflessione, per qualche giorno, ora o minuto, prima di ritornare a pensare al proprio interesse e alle proprie ristrette cose. Nasce così l'immagine del nostro volto diverso da quello di tutti gli altri, che invece sono visti come tutti uguali proprio perché visti come la multiforme folla che occupa il mondo e che non fa parte, se non marginalmente, della nostra vita. La seconda immagine a cui penso, invece, è più profonda, ed è legata all'aspetto psicologico di ognuno di noi. Capita spesso che ognuno di noi abbia difficoltà a svelare la parte più profonda e intima di sé, quella costruita dalle emozioni, dai sentimenti, dalle paure e dalle speranze. In un mondo in cui sembra che tutti sappiano cosa vogliano fare e diventare, un mondo spesso incentivato in questa direzione dall'uso dei social, che riflettono lo specchio di una vita all'apparenza perfetta, osservare le proprie fragilità e confrontarle alla sicurezza esteriore degli altri può condurci a pensare di essere noi quelli sbagliati, quelli difettosi, gli unici a provare determinate sensazioni. In realtà non è così, perché ognuno sceglie di mostrare solo ciò che preferisce che gli altri vedano, ed in realtà ogni vita umana risente di alti e bassi, di punti di forza e di fragilità. Questo è uno dei motivi per i quali è un bene che negli ultimi anni stia assumendo un valore e un peso importante, nelle vite dei più piccoli come in quelle dei più grandi, la figura dello psicologo, inteso non più erroneamente come in passato come qualcuno che potesse aiutare solo chi avesse problemi gravi, ma soprattutto come una figura di riferimento che possa guidare a compiere scelte in modo sereno e non legato ad una sensazione di inferiorità legata al confronto con gli altri. In ultima analisi, la terza immagine che viene fuori da questa traccia è legata all'unicità di ognuno di noi, unicità che non deve essere vista come un difetto, come abbiamo detto prima, ma al contrario come una ricchezza, ed è proprio dal riconoscimento di questa unicità che si può costruire la sicurezza nelle proprie capacità, nei propri obiettivi e nei propri sforzi per poter raggiungere ciò che si desidera. L'unicità di ognuno di noi non è fine a se stessa, ma è lo strumento attraverso il quale possiamo affrontare i problemi e le difficoltà nella propria personale maniera di risolverli, e può essere unita all'unicità di ciascuna persona che ci circonda, che a questo punto viene fuori dalla massa indistinta delle "teste a punta senza capelli" per diventare una nuova opportunità di arricchimento, sia nei momenti di equilibrio che in quelli di difficoltà.