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Avvalimento dei requisiti di altre imprese

Avv. Claudio Zucchelli


Consigliere di Stato
(Con la collaborazione della Dott.ssa Lidia Germani)

Premessa: La Giurisprudenza comunitaria


Parte Prima: Le nuove direttive.
A) La direttiva 2004/18 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli
appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (Unificata)
B) La direttiva 2004/17 che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di
energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (ex settori esclusi)
Parte seconda: L’impatto delle direttive sulla normativa vigente
Parte terza: Alcuni problemi di ordine applicativo

Premessa: la Giurisprudenza comunitaria.

Fin dalle prime disposizioni sugli appalti pubblici, la Comunità europea evita di
“personalizzare” i requisiti di capacità economica e tecnica che gli operatori devono possedere per
partecipare a gare d’appalto.
Con riferimento alla capacità economica e finanziaria, riprendendo analoghe disposizioni
contenute nelle precedenti direttive 71/304 – relativa alla soppressione delle restrizioni alla libera
prestazione di servizi in materia d’appalti di lavori pubblici e all’aggiudicazione degli appalti di
lavori pubblici tramite agenzie o succursali – e 71/305 – relativa al coordinamento delle procedure
d’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici - l’articolo 31, par. 3 della direttiva 92/50 Servizi
(uguale previsione è contenuta nell’articolo 26 della direttiva 37/93 Lavori e nell’articolo 22 della
direttiva 36/93 Forniture), permette al prestatore di provare le capacità richieste
dall’Amministrazione mediante qualsiasi documento che l’Amministrazione aggiudicatrice ritenga
appropriato.
Per quanto riguarda la capacità tecnica, riprendendo identiche disposizioni contenute nelle
direttive del 1971 sopracitate, l’articolo 32, par. 2, lett. C), della direttiva 92/50 Servizi (ma uguale
previsione è introdotta con l’articolo 27 della direttiva 37/93 Lavori) prevede espressamente la
possibilità di comprovare la capacità tecnica del prestatore mediante l’indicazione dei tecnici o
degli organismi tecnici, siano essi parte integrante o meno dell’impresa del prestatore di servizi, di
cui quest’ultimo disporrà per l’esecuzione del servizio.
Ne risulta, quindi, che è consentito ad un operatore che non soddisfi da solo i requisiti minimi
prescritti per partecipare alla procedura di aggiudicazione di un appalto, di far valere presso
l’autorità aggiudicatrice le capacità di terzi ai quali conta di ricorrere qualora gli sia aggiudicato
l’appalto.
Questa lettura delle norme è stata chiarita dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee fin
dalle prime pronunce.
Nella prima sentenza sul tema (causa C-389/92, Ballast Nedam Groep I) la Corte di
Giustizia delle Comunità Europee, chiamata a risolvere una questione pregiudiziale in una
controversia tra una holding di diritto olandese e lo Stato belga in ordine al mancato rinnovo
dell’abilitazione concessa a questa società, ha affermato che le disposizioni comunitarie delle
direttive 71/304 e 71/305 vanno interpretate nel senso che consentono, per la valutazione dei criteri
cui deve soddisfare un imprenditore all’atto dell’esame di una domanda di abilitazione presentata da
una persona giuridica dominante di un gruppo, di tener conto delle società che appartengono a tale
gruppo, purché la persona giuridica di cui è causa provi di avere effettivamente a disposizione i
mezzi di dette società necessari per l’esecuzione degli appalti. La Corte ha aggiunto che spetta al
giudice nazionale valutare se ciò sia stato provato.
Quindi fin dall’inizio si ammette l’avvalimento di requisiti di altre imprese, ma tramite prova
di poter effettivamente disporre dei mezzi messi a disposizione da altre società.
Nella seconda sentenza del 18 dicembre 1997 /causa C-5/97 Ballast Nedam Groep II), la
Corte, chiamata a specificare se la parola “consentono” (di tener conto dei requisiti posseduti da
altri soggetti rispetto all’offerente…) pronunciata nella prima sentenza debba intendersi nel senso di
“impongono”, ha chiarito che, quando è addotta la prova che la persona giuridica dominante di un
gruppo dispone effettivamente dei mezzi delle società appartenenti al gruppo, l’autorità competente
deve necessariamente tener conto di queste società.
Nella successiva sentenza sul tema, del 2 dicembre 1999 (causa C-176/98), la Corte ribadisce
ed esplicita più espressamente che la possibilità per l’offerente di disporre effettivamente dei mezzi
necessari all’esecuzione dell’appalto non può essere presunta, indipendentemente dai rapporti di
diritto che il soggetto ha con i membri del gruppo al quale appartiene. Pertanto, il ricorso a
referenze esterne non può essere ammesso senza condizioni. Infatti, a norma dell’articolo 23 par.
1.1 della direttiva 92/50 Servizi (analoga previsione è contenuta nell’articolo 18, par. 1 della
direttiva 37/93 Lavori e nell’articolo 15, par. 1 della direttiva 36/93 Forniture), spetta all’autorità
aggiudicatrice procedere alla verifica dell’idoneità dei prestatori di servizi conformemente ai criteri
elencati. Tale verifica è diretta, in particolare, a dare all’autorità aggiudicatrice la garanzia che
l’offerente avrà effettivamente a disposizione mezzi di qualsiasi genere di cui si avvarrà durante il
periodo di durata dell’appalto. Le disposizioni comunitarie non permettono di escludere a priori
determinate modalità di prova né di presumere che il prestatore disponga dei mezzi di terzi
basandosi sulla sola circostanza che esso fa parte dello stesso gruppo di imprese.
Nelle conclusioni dell’Avvocato generale della Corte, Philippe Lèger, nella medesima causa,
si osserva che il legislatore comunitario non si preoccupa della forma giuridica che rivestono i
prestatori di servizi, ma della loro capacità ad adempiere i compiti che sono loro affidati in
occasione dell’assegnazione degli appalti pubblici, vale a dire a possedere i mezzi utili per
l’esecuzione dei lavori di cui si tratti, indipendentemente dalla propria organizzazione. La non presa
in considerazione dello status giuridico degli operatori economici permette di garantire l’obiettivo
comunitario della libera circolazione dei servizi, e quindi di ampliare a vantaggio delle
Amministrazioni aggiudicatrici il ventaglio delle offerte, in particolare quelle che possono provenire
da altri Stati membri della Comunità con regimi giuridici diversi.
Tale obiettivo primario, tuttavia, deve conciliarsi con l’esigenza delle Amministrazioni di
poter contare sulla buona esecuzione degli appalti.
A questo proposito, sempre nelle conclusioni dell’Avvocato generale, si osserva che alcuni
obblighi prescritti dalla direttiva 92/50 Servizi sono finalizzati anche a limitare i rischi ai quali
possono essere esposte le Amministrazioni per il fatto che agli operatori economici è consentito di
avvalersi della capacità di altri soggetti per la partecipazione alle gare di appalto.
In particolare, l’articolo 26, par. 3 della direttiva 92/50 Servizi (tale disposizione non compare
nelle altre due direttive 37/93 Lavori e 36/93 Forniture, ma la nuova direttiva 2004/18, all’articolo
4, riprende la disposizione e la estende anche agli appalti pubblici di lavori e di forniture), nel
disporre che i candidati o gli offerenti non possono essere respinti soltanto per il fatto che, a norma
delle disposizioni vigenti nello Stato membro nel quale è aggiudicato l’appalto, essi avrebbero
dovuto essere persone fisiche o persone giuridiche, autorizza l’Amministrazione a richiedere alle
persone giuridiche di “indicare… il nome e le qualificazioni professionali delle persone che
effettuano la prestazione del servizio di cui trattasi. ”Infatti, sebbene non si possa vietare di affidare
un appalto a una persona giuridica col solo pretesto della sua forma giuridica, non si può comunque
privare l’Amministrazione delle informazioni che le consentano di valutare la capacità del
prestatore di effettuare l’offerta alle condizioni stabilite”.
Gli articoli 31 e 32 della direttiva 92/50 Servizi tutelano altresì l’interesse
dell’Amministrazione alla selezione di offerenti qualificati. Vengono, infatti, elencate le prove della
capacità finanziaria ed economica che possono essere richieste al prestatore di servizi, le modalità
che consentono di ricorrervi e la soluzione alternativa nel caso in cui il prestatore di servizi fosse
nella impossibilità di produrre le referenze richieste. Si stabiliscono anche i criteri che
caratterizzano la capacità dei prestatori di servizi a fornire i servizi richiesti, si elencano le prove
che testimoniano la loro capacità tecnica e si precisano le modalità secondo le quali
l’Amministrazione può richiederle.
Si prevede che il prestatore di servizi possa provare, a determinate condizioni, la propria
capacità economica e finanziaria… “mediante qualsiasi altro documento che l’Amministrazione
stessa ritenga appropriato”, ciò che sembra lasciare all’Amministrazione un certo margine di
discrezionalità.
L’articolo 23 della direttiva 92/50 Servizi (ripreso dall’articolo 18 della direttiva 37/93 Lavori
e dall’articolo 15 della direttiva 36/93 Forniture Forniture, disposizione poi uniformata dall’articolo
44 della direttiva 2004/18) stabilisce che gli “appalti sono aggiudicati in base ai criteri stabiliti… e
dopo che l’idoneità dei prestatori non esclusi … sia stata verificata dalle Amministrazioni
conformemente ai criteri di cui agli articoli 31 e 32.” Non importa, quindi, quale sia il metodo
utilizzato per garantire una messa a disposizione effettiva da parte dell’offerente dei mezzi e delle
garanzie richieste dall’Amministrazione giacché tale messa a disposizione può essere verificata. E
ugualmente non rileva il vincolo giuridico che unisce due imprese, perché la selezione
dell’Amministrazione è fatta nel caso concreto in base a una prova delle competenze di cui le
imprese dispongono effettivamente e della solidità delle garanzie che offrono. L’Amministrazione
dovrà effettuare un esame degli elementi di fatto e di diritto che riguardano il contenuto degli
accordi eventualmente conclusi tra l’offerente e l’impresa “avvalsa” o dei rapporti statutariamente
stabiliti tra esse, nonché il carattere vincolante del legame giuridico che unisce tali società. E’,
infatti, essenziale conoscere il contenuto degli impegni che vincolano l’impresa offerente
all’impresa terza e che possono impegnare quest’ultima nei confronti dell’Amministrazione. Del
resto, allorché un operatore si avvalga delle capacità di soggetti esterni alla propria organizzazione,
non sempre si può dare la stessa portata alle prove che sono addotte per dimostrare l’effettiva
disponibilità dei mezzi del soggetto esterno. In proposito l’Avvocato generale rileva che i dati che
riguardano la solidità finanziaria di una società, allorché sono invocati dall’impresa offerente nei
confronti dell’Amministrazione, difficilmente possono essere considerati come garanzia reale
allorché la società che ha ottenuto l’appalto non è essa stessa economicamente valida. In mancanza
di rapporto contrattuale diretto tra l’Amministrazione e la società terza, le referenze finanziarie di
quest’ultima possono rivelarsi insufficienti a preservare gli interessi dell’ente che aggiudica
l’appalto. Non è certo, in tale circostanza, che l’Amministrazione abbia interesse a limitarsi a prove
esterne all’offerente.
L’interpretazione che deve quindi essere data alle disposizioni comunitarie deve porsi al punto
di equilibrio tra i due obiettivi essenziali, che sono la ricerca di una liberalizzazione il più ampia
possibile degli appalti e la fissazione di norme che garantiscano all’Amministrazione delle
prestazioni di servizi di qualità. Tale interpretazione tiene anche conto dei rischi di frode che
possono annullare gli effetti protettivi delle norme. Le conseguenze di una soluzione che consista
nell’ammettere che le condizioni normative fissate dalla direttiva 92/50 Servizi siano soddisfatte da
persone diverse rispetto all’impresa offerente, di conseguenza devono essere valutate attentamente.
Nelle conclusioni dell’Avvocato generale L.A. GEELHOED, presentate il 20 novembre 2003
(nel procedimento C-314/01), si pone nuovamente l’accento sui mezzi di prova dei requisiti. E’
ribadito che “i potenziali candidati per un appalto non possono essere esclusi per il fatto di non
poter disporre in proprio di tutte le competenze necessarie all’esecuzione di un appalto. Un siffatto
divieto potrebbe determinare, soprattutto per appalti di grandi dimensioni e tecnicamente complessi,
una forte riduzione della cerchia dei candidati e avrebbe pertanto l’effetto di frustrare l’obiettivo
perseguito dalla direttiva 92/50 Servizi. Invece l’ente aggiudicatore, per garantire che l’appalto una
volta aggiudicato sia correttamente eseguito, può esigere che l’offerente, ove si avvalga delle
competenze di altri soggetti, si renda garante della disponibilità dei mezzi di questi ultimi”.

Le nuove direttive: 2004/18 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione


degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (Unificata)

Le nuove direttive comunitarie sugli appalti esplicitano espressamente i principi interpretativi


emersi in sede giurisprudenziale comunitaria relativamente alla possibilità per gli operatori
economici di avvalersi dei requisiti economici e tecnici di altri soggetti. Per la dimostrazione delle
capacità economiche e finanziarie è mantenuta la disposizione che prevede per l’operatore la prova
della propria capacità “mediante qualsiasi documento considerato idoneo dall’Amministrazione
aggiudicatrice”, disposizione che era stata interpretata estensivamente e aveva permesso di
affermare che l’Amministrazione potesse ammettere che talune prove fossero prodotte da altri
soggetti che non fossero l’operatore economico partecipante allorché queste ultime offrissero le
medesime garanzie.
La direttiva 2004/18 all’articolo 47, par. 5 conferma tale disposizione ma, al paragrafo 2 dello
stesso articolo, riprendendo nozioni affermate dalla Corte di Giustizia, dispone espressamente che
“un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle
capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi.
Deve, in tal caso, provare all’Amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto
disporrà dei mezzi necessari, e aggiunge per la prima volta una modalità di prova dell’impegno “ad
esempio presentando l’impegno a tal fine di tali soggetti”.
Relativamente alle capacità tecniche e professionali viene reintrodotta la disposizione che
prevede che tali capacità possano essere provate mediante indicazione dei tecnici o degli organismi
tecnici, che facciano o no parte integrante dell’operatore economico, di cui l’imprenditore disporrà
per l’esecuzione dell’opera, ma ugualmente è esplicitato che “un operatore economico può, se del
caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere
dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare
all’Amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse
necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione
dell’operatore economico le risorse necessarie”.
Alle medesime condizioni, evidenziando l’indifferenza della Comunità per il tipo di legame
giuridico tra imprese, è previsto che un raggruppamento di operatori economici può fare
affidamento sulle capacità, economiche e finanziarie nonché tecniche e professionali, dei
partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti.
Di particolare rilievo è sottolineare che l’altra direttiva recentemente approvata, la 2004/17 per
i settori c.d. speciali, riprende le medesime possibilità (contenute nella direttiva 2004/18) per gli
operatori economici di avvalimento dei requisiti di carattere tecnico ed economico di altri soggetti
per la partecipazione ad una determinata gara di appalto, ma consente l’avvalimento di tali
requisiti anche nel caso l’ente aggiudicatore decida di istituire e gestire un proprio sistema di
qualificazione degli operatori economici. In tal caso l’operatore economico deve provare all’ente
aggiudicatore di disporre di tali mezzi per tutto il periodo di validità del sistema di qualificazione
esibendo, ad esempio, l’impegno di tali soggetti a tal fine o, nel caso di capacità tecniche e/o
professionali, l’impegno di tali soggetti a mettergli a disposizione i mezzi necessari.
La verifica dell’effettiva capacità, come rilevato costantemente dalla Corte, spetta
all’Amministrazione aggiudicatrice e, eventualmente, al giudice della controversia.
Dopo avere sommariamente riassunto il contenuto innovativo delle direttive n° 18 e 17, è bene
addentrarci in una interpretazione del testo considerandone le precettività, vale a dire i comandi
giuridici contenuti, prescindendo dalla necessità del recepimento nel nostro ordinamento e dai
margini di eventuale discrezionalità a nostra disposizione.
Teniamo presente, nella interpretazione, che il recepimento della direttiva può avvenire
dettando norme giuridiche che riempiano gli spazi lasciati vuoti dalle norme della direttiva, senza
essere in contrasto con le disposizioni o principi di questa, e leggendo la direttiva stessa come un
misto di limitazioni alla potestà normativa, frammiste ad autorizzazioni e deroghe.
Meglio emergerà avanti il significato di ciò.

L’articolo 47 della direttiva n° 18 (che, è bene ricordarlo, riunisce i settori lavori, forniture e
servizi) al comma 2 introduce una disposizione non contenuta nelle precedenti tre direttive. Essa è
costruita quale riconoscimento di facoltà per il concorrente, ma in realtà contiene un ordine positivo
alle stazioni appaltanti (o, se si vuole, agli Stati membri perché lo impongano a loro volta alle
proprie stazioni appaltanti), cioè di considerare soddisfatto il requisito della capacità economica e
finanziaria facendo affidamento, o avvalendosi se si preferisce, sulle capacità di altri soggetti. La
direttiva precisa che sono del tutto ininfluenti gli eventuali legami esistenti con i soggetti avvalsi.
Tale avvalimento, precisa la norma, può avvenire solo per un determinato appalto, se del caso.
L’espressione “se del caso” appare a prima vista misteriosa. Il senso in italiano è: “ove se ne
presenti l’occasione”, ovvero: “ove lo ritenga opportuno”. Il confronto con le altre lingue aiuta in
parte. In francese, le cas échéant, rende il medesimo concetto che in italiano, mentre sia in tedesco
sia in inglese, l’espressione rispettivamente “gegebenfalls” e “where appropriate” rendono più il
concetto di “all’occorrenza”, “ove necessario”.
L’interpretazione da dare, dunque, è che l’avvalimento può avvenire, e non può essere
rifiutato dalla Stazione Appaltante, ove il concorrente lo ritenga necessario per integrare un
requisito altrimenti carente, e dunque che non può essere richiesto dalla Stazione Appaltante, ma
solo subìto. In altri termini, non può essere imposto l’avvalimento per soddisfare il requisito, si
deve solo accettare che esso si realizzi, se necessario.
La norma precisa, però, anche che l'avvalimento può avvenire solo per un determinato
appalto.
La norma si pone in correlazione con quanto disposto dal successivo articolo 52. In esso,
come meglio vedremo, si dispone che le condizioni di iscrizione agli elenchi ufficiali di operatori o
delle certificazioni da parte di organismi pubblici o privati previste dagli stati membri devono
adeguarsi alle disposizioni dettate dagli articoli 45, paragrafi 1 e 2 (i requisiti soggettivi o situazioni
personali), 46 (il possesso di una abilitazione) 49 (qualità) e 50 (garanzie ambientali), oltre al 47,
che stiamo esaminando, ma non ai paragrafi 2 e 3 di questo articolo che sono appunto quelli che
introducono il concetto di avvalimento.
In sintesi, l’avvalimento, quanto ai requisiti economici e finanziari, deve essere accettato per
la partecipazione alla singola gara, ma non per l’iscrizione all’albo delle imprese o per ottenere la
certificazione (SOA nel nostro caso).
Sorge, a questo punto, un problema interpretativo sulla possibilità che lo Stato membro
estenda la facoltà di avvalimento anche all’iscrizione all’albo ed alle certificazioni, che
esamineremo più avanti.
Ancora la norma intima alla Stazione Appaltante di accettare l’avvalimento operato nei
confronti di un soggetto qualsiasi.
Questo è descritto dalla direttiva solo in termini negativi, vale a dire che di esso si postula solo
la assoluta indifferenza nei riguardi dei legami economici e giuridici che eventualmente possano
intercorrere preventivamente tra avvalente e avvalso.
L’ampiezza della norma ci conduce, dunque, a ritenere che il legame non solo può essere di
svariata natura (contrattuale, fattuale, di garanzia, di incrocio azionario senza caratteristiche di
dominanza etc.), ma anche, a fortiori, può non esistere minimamente.
Questa affermazione deve essere chiarita.
La parte finale del paragrafo, al fine di non lasciare scoperte le Amministrazioni in balia di un
truffatore qualsiasi, richiede una precisa condizione perché l’avvalimento debba essere accettato, e
cioè che l’avvalente dimostri di disporre dei mezzi necessari.
Poiché si sta trattando dei requisiti economici e finanziari, la dimostrazione tende
sostanzialmente a garantire due aspetti:
a) La capacità di finanziamento dell’opera e dunque il credito goduto dall’impresa;
b) La solidità economica a garanzia patrimoniale del creditore (Amministrazione).
Che questo sia il contenuto del requisito economico finanziario si evince con facilità
esaminando il primo paragrafo dell’articolo 47. In esso la capacità economica e finanziaria, evocata
nella rubrica, non è definita, ma indirettamente se ne dà una definizione indicando quali siano le
referenze (vale a dire l’espressione di aspettative positive) ovvero: dichiarazioni bancarie o polizze
assicurative contro i rischi professionali, i bilanci, il fatturato. Si tratta di documenti che mirano a
garantire, da un lato, il ricorso al credito, dall’altro la solidità patrimoniale.
L’istituto dell'avvalimento opera una cesura tra l’affidabilità finanziaria e patrimoniale
dell’appaltatore e la sua soggettività giuridica, avviene, un po’ come quando ci si affida ad un
medico sconosciuto solo perché questo ha dimostrato di avere operato efficacemente centinaia di
altre persone. Solo che, nell’esempio evocato le referenze di cui si è avvalso il medico possono
servire a tranquillizzare psicologicamente il paziente, mentre nel caso che ci occupa le referenze
devono servire a garantire la Stazione Appaltante. Questa deve avere certezza che, da un lato,
l’impresa sia in grado di approntare i capitali necessari all’intrapresa, dall’altro che, in caso di
danni, il suo patrimonio sia sufficiente a ristorare l’Amministrazione.
La direttiva, dunque, nell’imporre alla Stazione Appaltante di accettare l’avvalimento di un
quisque de populo, permette di pretendere una dimostrazione della effettiva disponibilità dei mezzi
dichiarati.
Orbene, in cosa si concreta questa disponibilità? Non è il caso qui di operare una casistica, ma
appare abbastanza evidente che dimostrare la disponibilità di mezzi debba intendersi in due sensi:
- In primo luogo che l’avvalso possegga quei requisiti che gli sarebbero stati necessari
per partecipare egli stesso alla gara;
- In secondo luogo che quegli stessi mezzi sono posti a disposizione dell’avvalente.
Commenteremo nella terza parte questo articolo ponendo in luce i pericoli dell’istituto, per ora
ci limitiamo alla esegesi.
La disponibilità dei mezzi può scaturire solo da un rapporto giuridico intercorrente tra
l’avvalente e l'avvalso. Ed infatti, se è vero che, in linea astratta, non rileva la natura giuridica dei
legami tra loro, in realtà un legame giuridico non può non esistere, intendendosi con questo termine
un legame che produca effetti giuridici, i quali, nella specie, sono appunto quelli di garantire il
creditore sotto il profilo finanziario e patrimoniale.
In questo senso, dunque, il legame tra i due può anche non sussistere, se lo si interpreta in
termini economici, ma un rapporto giuridico non può non esistere. Ed allo stesso modo, può
sussistere un legame economico o fattuale, ma ciò che rileva è il rapporto giuridico che da ciò
scaturisce. Ciò che vuole dire la norma, dunque, non è che i due soggetti possano essere del tutto
svincolati l’uno dall'altro, il che farebbe venire meno la stessa messa a disposizione dei mezzi, ma
che l’Amministrazione può solo pretendere la prova della esistenza del rapporto giuridico che pone
a disposizione i mezzi, la provvista del requisito per così dire, disgiunto da un qualsiasi legame
preesistente, o successivo, che non sia di mera natura obbligatoria funzionale all’avvalimento.
Il divieto di attribuire rilevanza ai legami preesistenti tra i due soggetti, tuttavia, non opera nel
senso opposto, cioè di vietare l’avvalimento tra soggetti che godano di questi legami. Dunque
l'avvalimento può avvenire con qualsiasi soggetto, anche se legato all’avvalente.
L’esempio presentato dalla norma, quindi, più che esempio deve essere qualificato come la
sostanza della disposizione, poiché., a prescindere dai casi di avvalimento tra imprese dello stesso
gruppo o legate da rapporti di controllo, è fin troppo evidente che in qualsiasi altro caso l’avvalso
non potrà non formalizzare in un negozio giuridico le garanzie che intende e può prestare, sotto la
forma giuridica più idonea allo scopo.
Si osservi, ancora, che il plurale utilizzato dalla disposizione induce a ritenere che lo Stato
membro debba disporre per l'avvalimento anche frazionato, tanto che la sommatoria dei requisiti
avvalsi costituisca il requisito richiesto.
E’ appena il caso di osservare che queste disposizioni, ove siano da recepire senza un minimo
di aggiustamento, travolgono le distinzioni oggi esistenti tra i consorzi con e senza personalità
giuridica, le cooperative etc. circa le limitazioni, nel settore lavori, nel far riferimento ai requisiti
posseduti dalle società consorziate.

Dalla disposizione si evincono dunque le seguenti conclusioni:


Le norme statali devono prevedere che i concorrenti dispongano dell’istituto dell'avvalimento
con le seguenti caratteristiche positive, vale a dire che non possono essere ristrette dalla normativa
nazionale:
- L’avvalimento è una libera scelta dell’impresa;
- I soggetti avvalsi possono essere anche più di uno;
- Non devono necessariamente essere collegati all’avvalente da un legame economico o
giuridico preesistente, ma
- Possono essere comunque ed in qualsiasi modo collegati tra di loro senza che ciò impedisca
l’avvalimento.
Dal canto suo l’Amministrazione può però:
- Chiedere la dimostrazione della disponibilità dei mezzi;
- Richiedere qualsiasi mezzo di prova
Identiche considerazioni valgono per l’avvalimento circa le capacità tecniche e professionali,
disciplinato dall'articolo 48, paragrafo terzo della direttiva n° 18.
Anche questa disposizione è di nuova introduzione ed è, praticamente, la fotocopia di quella
che abbiamo fin qui esaminato, con le uniche differenze linguistiche che ora segnaleremo.
In primo luogo mentre per la capacità economica e finanziaria si deve dimostrare di disporre
dei mezzi necessari, per la capacità tecnica si deve provare di disporre delle risorse necessarie.
La differenza tra dimostrare e provare è dovuta solo alla errata traduzione in italiano del testo
originale il quale, nelle due lingue base e in tedesco ed in entrambi gli articoli, reca il medesimo
verbo con il significato tecnico di: dare la prova.
A tal proposito, si osservi che l’ampiezza concessa dal paragrafo 5 dell’articolo 47 per la
prova delle referenze economiche e finanziarie opera sia a favore che contro l'Amministrazione ed
il concorrente. Infatti, da un lato obbliga lo Stato membro a permettere nelle sue norme che vi sia
una libertà di prova, ma dall’altra sottopone le prove al potere di valutazione della Stazione
Appaltante. In altri termini, la direttiva impone di evitare formalismi, ma al contempo non può non
riconoscere alla Stazione Appaltante almeno la potestà di valutare quelle prove diverse dalla
documentazione che essa, preventivamente, aveva indicato come valida.
L’articolo 48 non contiene una simile norma per quanto concerne le capacità tecniche. Ciò è
spiegabile poiché il paragrafo 2 dello stesso articolo, a differenza di quanto avviene per i requisiti
economici, detta una elencazione dettagliata delle referenze richieste per la dimostrazione delle
capacità tecniche, sì che la direttiva concede una minore flessibilità nella prova del loro possesso.
Sia l'articolo 47 sia l’articolo 48 contengono, infine, un identico paragrafo il quale precisa che
l’avvalimento di cui ci stiamo occupando deve essere permesso nella normativa statale anche agli
operatori economici che facciano parte di un raggruppamento ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2
della direttiva stessa.
I raggruppamenti, come è noto, sono quelle forme di cooperazione tra soggetti giuridici le
quali si possono presentare con le più svariate forme di collegamento economico, finanziario,
operativo, caratterizzate esclusivamente da un dato negativo, vale a dire quello di non essere
persone giuridiche, cioè di non essere assurte alla qualità di titolare di un patrimonio autonomo, nel
che si sostanzia, secondo la migliore ed insuperata dottrina, il particolare fenomeno di
collaborazione tra uomini chiamato persona giuridica.
La disciplina comunitaria in esame, dunque, impone di permettere l’avvalimento interno al
raggruppamento, il che non si comprende se non intendendo che i requisiti economici, finanziari e
tecnici devono potere essere posseduti anche con riferimento reciproco ai partecipanti al
raggruppamento. Sarebbe quindi contraria alla direttiva una norma che imponesse alle imprese
raggruppate di possedere i requisiti solo in proprio o al massimo con avvalimento esterno, mentre
viceversa si deve permettere che ciascuna di esse faccia riferimento, per il raggiungimento dei
minimi, anche alle società raggruppate i cui requisiti sovrabbondanti devono poter giovare a tutte le
altre.
Ci si intende riferire, chiaramente, alle disposizioni di cui all’articolo 95 del d.p.r. 21 dicembre
1999, n° 554, il quale nell’individuare i requisiti economico finanziari minimi nella misura del 10
per cento (consorzi orizzontali) o quelli propri della categoria scorporata (consorzi verticali) sembra
impedire che al raggiungimento di essi contribuiscano i requisiti propri delle altre raggruppate, ove
essi stessi superiori ai minimi, o, a fortiori, anche l’unico requisito totalitario di una sola di esse.
L’analisi dell’istituto dell’avvalimento non sarebbe completa senza lo studio dell'articolo 52
della direttiva n° 18.
Le nuove disposizioni dell’articolo 52 della direttiva 2004/18 (elenchi ufficiali di operatori
economici riconosciuti e certificazione da parte di organismi di diritto pubblico o privato)
riprendono, dettagliandole più organicamente e compiutamente, le disposizioni delle direttive
“classiche” e dispongono che, qualora uno Stato membro decida di instaurare un elenco ufficiale di
imprenditori, di fornitori, o di prestatori di servizi riconosciuti oppure una certificazione da parte di
organismi pubblici o privati, il medesimo Stato membro debba far sì che le condizioni di iscrizione
nell’elenco nonché quelle di rilascio di certificati da parte degli organismi di certificazione siano
adeguate alle disposizioni dell’articolo 45, par. 1 e 2 ( situazione personale del candidato e
dell’offerente), all’articolo 46 (abilitazione all’esercizio dell’attività professionale), all’articolo 47,
par. 1, 4 e 5 (capacità economica e finanziaria), all’articolo 48, par. 1 e 2 (capacità tecniche e
professionali), e agli articoli 49 ( norme di garanzia della qualità) e, se del caso, all’articolo 50
(norme di gestione ambientale). Pertanto, è importante evidenziare che per il sistema di iscrizione
o di certificazione non è possibile che un operatore economico faccia affidamento sulle
capacità economiche e finanziarie o per quelle tecniche e professionali sulle capacità di altri
soggetti. Tuttavia, l’articolo 52, al riguardo, permette l’avvalimento dei requisiti economici o
tecnici di altri soggetti in sede di iscrizione o di certificazione ad operatori economici facenti
parte di un gruppo e che dispongono di mezzi forniti da altre società del gruppo. Detti
operatori devono in tal caso dimostrare all’autorità che stabilisce l’elenco ufficiale o all’organismo
di certificazione che disporranno di tali mezzi per tutta la durata di validità del certificato che attesta
la loro iscrizione all’elenco o del certificato rilasciato dall’organismo di certificazione e che tali
società continueranno a soddisfare i requisiti in materia di selezione qualitativa di cui gli operatori
economici si avvalgono ai fini della loro iscrizione.
Quindi è ripreso quanto affermato dalla Corte di Giustizia già nella prima sentenza del 1984, e
cioè che una holding, che non esegua, né possa eseguire direttamente i lavori, ma che disponga dei
mezzi delle società controllate, possa iscriversi a un albo che abilita alla partecipazione a procedure
di aggiudicazione e possa quindi partecipare a tali procedure di aggiudicazione. E questo,
ovviamente, indipendentemente dal ricorso a figure di raggruppamento delle imprese o all’istituto
del subappalto. Si riconosce espressamente l’unitarietà del gruppo costituente una holding, nel
quale, pur nella compresenza di soggetti giuridici distinti, si realizza un centro unitario di interessi e
di imputazione delle scelte. Il rapporto tra la holding e le società partecipate, infatti, non costituisce
un rapporto con terzi, ma una articolazione interna di un unico soggetto economico.
Sembra opportuno sottolineare che la norma prevede espressamente che i mezzi, o risorse, o
capacità (nei testi originali si utilizzano tutti e tre i termini citati) economico finanziari e tecnico
professionali siano messi a disposizione o forniti dalle altre società del gruppo. I termini utilizzati
sono identici a quelli già visti in occasione dell’esegesi degli articoli 47 e 48, ma in questo caso la
pregnanza dell’impegno del terzo acquista una rilevanza diversa. Esamineremo meglio la
problematica nel capitolo successivo dedicato alla direttiva n° 17. Si può ora accennare che
l’impegno dell’avvalso nel caso di qualificazione appare assai maggiore rispetto all’avvalimento per
la singola gara. Tuttavia, nei settori ordinari cui si riferisce la direttiva in esame, ciò è possibile solo
per le società del gruppo, il che fa ritenere che il Legislatore comunitario, conscio della delicatezza
e pericolosità di una apertura totale, si sia voluto limitare ad una situazione in cui, facendo parte di
un gruppo unico, di fatto avvalente ed avvalso costituiscono, sotto il profilo economico ed
organizzativo, una unica entità operativa, un unico punto di riferimento fattuale.
Resta da vedere come ciò sia effettivamente realizzato nei singoli ordinamenti giuridici in
alcuni dei quali, ad esempio, le norme relative ai gruppi potrebbero non fornire le garanzie adeguate
scaturenti dalla disciplina di essi propria, ad esempio, del mondo anglosassone e, oggi, anche del
nostro ordinamento.
Fuori del caso di qualificazione di un gruppo, la direttiva n° 18 non prevede l’avvalimento per
la qualificazione delle imprese singole, confinato, almeno quanto ad obbligo dello Stato di
permetterlo, solo al caso del singolo appalto.
Tuttavia dobbiamo chiederci se la mancata previsione importi un divieto per lo Stato membro
di prevedere una simile disciplina o no.
La risposta sembra essere negativa per un duplice ordine di considerazioni.
In primo luogo, sotto un profilo sistematico, come si è accennato le direttive della Unione
Europea devono essere lette per individuare le disposizioni imperative dirette agli Stati membri, sia
quelle negative, vale a dire quelle norme che gli Stati, nel loro recepimento, non possono derogare o
stravolgere, sia quelle positive, ovvero quelle norme che essi devono necessariamente introdurre.
Deve quindi operare un principio ermeneutico per cui ciò che non è espressamente vietato o
comunque in contrasto con una disposizione della direttiva, è permesso, mentre ciò che è
obbligatorio non può essere pretermesso.
In secondo luogo, le norme nazionali non possono neppure violare le ragioni e le finalità della
direttiva, per cui, anche nel rispetto formale degli imperativi negativi e positivi, l’introduzione di
norme non derogatorie e nemmeno in contrasto, ma il cui effetto sia quello di stravolgere o violare i
principi e le finalità della direttiva, è anch’essa da considerare in violazione della stessa.
Venendo all’avvalimento in sede di qualificazione il silenzio della direttiva unificata sembra
lasciare spazi di libertà decisionale al legislatore nazionale. Si deve, però, verificare se una sua
eventuale introduzione non vanifichi l’effetto utile della direttiva.
Orbene, considerando che nella direttiva n° 17 dello stesso anno relativa agli ex così detti
settori esclusi l'avvalimento è previsto anche in sede di accesso al sistema di qualificazione per le
imprese singole, e che nella stessa direttiva (sia pure con riferimento ai soli gruppi) l’avvalimento è
contemplato anche per il sistema di qualificazione, si deve concludere che l’estensione del principio
dell’avvalimento a tali sistemi non è, in linea di principio, contrario al trattato, e dunque potrebbe
ben essere introdotto da un Legislatore nazionale.

Le nuove direttive comunitarie: 2004/17 che coordina le procedure di appalto degli enti
erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi
postali (ex settori esclusi)

Le medesime innovative disposizioni sull’avvalimento contenute negli articoli 47 e 48 della


direttiva n° 18, relativamente ai requisiti economico finanziari e tecnici nella partecipazione ad una
determinata gara, sono contenute altresì nell’articolo 54, paragrafi 5 (per i requisiti economici) e 6
(per i requisiti tecnici). L’identità di dizione normativa, (ivi compresa la previsione
dell’avvalimento interno per i gruppi) ci permette di operare un semplice richiamo a quanto già
esposto nel capitolo precedente.
Viceversa la direttiva n° 17 si differenzia nella disciplina dell'avvalimento nel caso di
iscrizione in albi o della istituzione di sistemi di qualificazione.
L’articolo 53 introduce due nuove disposizioni, ai commi 4 e 5, le quali, con identico tenore,
ma riferendosi la prima ai requisiti di capacità economico finanziaria, la seconda alle capacità
tecniche e professionali, permettono l’avvalimento per accedere al sistema di qualificazione,
espressamente consentendo anche l’avvalimento interno ai gruppi, così come già esaminato nel
capitolo precedente.
La perfetta identità delle disposizioni degli articoli 47 e 48 della direttiva n° 18 e dei paragrafi
in esame ci esime dall’esegesi puntuale delle espressioni.
Vi è solo da osservare che la prova della disponibilità dei mezzi economici e finanziari o dei
mezzi tecnici e professionali, in questo caso, deve coprire tutto l’arco di validità temporale del
sistema di qualificazione. Anche in queste disposizioni si richiama il medesimo esempio già
esaminato.
In questo caso, tuttavia, si deve richiamare l’attenzione sulla diversità sostanziale della
“prova” da parte dell’impresa rispetto alla fattispecie dell’avvalimento puntuale per ciascuna
singola gara.
In quel caso, infatti, il rapporto giuridico che necessariamente si instaura tra l'avvalente e
l'avvalso, qualunque sia il contenuto del negozio giuridico che lo conforma, ha quale presupposto
ed ambito di operatività la singola opera o servizio, con impatto, sia quantitativo sia qualitativo ben
inferiore rispetto a quello necessario per garantire le medesime disponibilità per un arco temporale
maggiore e per un numero indeterminato di opere o servizi.
Si osservi a tal riguardo che mentre l’articolo 47 della direttiva unificata prevede una
maggiore flessibilità della prova della disponibilità dei mezzi economici e finanziari tramite
avvalimento (disponendo come si è visto la possibilità per l’impresa di provare in qualsiasi maniera
i requisiti, salva valutazione dell'Amministrazione), la direttiva n° 17 non contiene una simile
disposizione. Ciò fa ritenere che le imprese non siano libere nella predisposizione della prova, ma
possano essere costrette ad essere rigidamente condizionate dalle disposizioni in merito dettate
dall’Amministrazione o dalla autorità di certificazione. Ciò si spiega, ovviamente, con la maggiore
delicatezza e responsabilità scaturente da una qualificazione pluriennale ed aperta, rispetto ad una
singola gara sia pure di importo elevato.

L’impatto delle direttive sulla normativa vigente

Imprese individuali, imprese artigiane, società commerciali, società cooperative di produzione


e lavoro ex L. 25 giugno 1909, n. 422 e successive modificazioni e integrazioni e consorzi
stabili.

Le società cooperative, così come le imprese artigiane, le società commerciali e le imprese


individuali possono partecipare alle gare, oltre che uti singulae, anche in forma associata, attraverso
la loro partecipazione a consorzi. In tal caso, detti consorzi sono tenuti ad indicare in sede di offerta,
per quali consorziati il consorzio concorre (a questi consorziati è fatto divieto di partecipare in
qualsiasi altra forma alla medesima gara).
Tali consorzi assumono la struttura di consorzi con attività esterna, per i quali è previsto un
ufficio comune destinato a svolgere attività con i terzi. E’ prevista l’autonomia patrimoniale
attraverso la creazione di un fondo consortile per garantire i creditori. Per tutta la durata del
consorzio i consorziati non possono richiedere la divisione del fondo, e i creditori particolari dei
consorziati non possono far valere i loro diritti sul fondo medesimo. I consorzi rappresentano
autonomi soggetti di diritto; si instaura, quindi, un rapporto organico tra consorzio e imprese
consorziate, in forza del quale l’attività posta in essere da queste ultime, quali componenti del
consorzio, è imputabile direttamente al primo, sul quale ricadono anche le responsabilità nei
confronti della pubblica Amministrazione committente in sede di esecuzione del contratto.
Il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese
consorziate. La qualificazione è acquisita con riferimento ad una determinata categoria di opera
generale o specializzata per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle
imprese consorziate. Per la qualificazione alla classifica di importo illimitato, è in ogni caso
necessario che almeno una tra le imprese consorziate già possieda tale qualificazione ovvero che tra
le imprese consorziate ve ne sia almeno una con classificazione VII e almeno due con classifica V o
superiore, ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno tre con qualificazione per
classifica VI.
Per la qualificazione per prestazioni di progettazione e costruzione, …, è in ogni caso
sufficiente che i corrispondenti requisiti siano posseduti da almeno una delle imprese consorziate
(articolo 8-ter L. 109/94).
I consorzi di cooperative, i consorzi tra imprese artigiane e i consorzi stabili possono
dimostrare il requisito relativo alle attrezzature tecniche mediante l’attrezzatura in dotazione stabile
ai propri consorziati; gli stessi soggetti possono dimostrare il requisito relativo all’organico medio
annuo attraverso il costo del personale dipendente proprio e dei soggetti consorziati.
I consorzi stabili di imprese hanno la facoltà di far eseguire i lavori dai consorziati senza che
ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità sussidiaria e solidale degli stessi nei confronti
della Stazione Appaltante.
Il Consiglio di Stato ha individuato i requisiti necessari per la partecipazione alle gare dei
consorzi tra società cooperative di produzione e lavoro. In proposito, ha distinto tra requisiti di
carattere generale, che, poiché rilevano sotto il profilo dell’ordine pubblico economico, devono
essere posseduti anche dalle imprese designate per l’esecuzione dei lavori, e requisiti di carattere
speciale, relativi all’idoneità tecnica e finanziaria, che devono essere posseduti dal singolo
consorzio, in quanto unico soggetto che partecipa alla gara e assume il vincolo contrattuale, anche
avvalendosi delle dotazioni delle sue articolazioni organizzative.
L’articolo 11 della legge 109/94 dispone, infatti, che per i consorzi tra società cooperative di
produzione e lavoro e per i consorzi stabili i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per
l’ammissione alle procedure di affidamento dei lavori devono essere posseduti e comprovati dagli
stessi, salvo che per i requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera,
nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio
ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.
Il Consiglio di Stato richiama in proposito la deliberazione n. 263 dell’11 luglio 2001
dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, in relazione alla quale è considerato conforme a
normativa, in caso di oggettiva impossibilità, valutata dalla Stazione Appaltante, alla prosecuzione
dei lavori residui da parte della originaria impresa designata, la possibilità per il consorzio
aggiudicatario di incaricare altra consorziata (ancorché non espressamente indicata) in caso di
impossibilità della cooperativa designata ad eseguire l’appalto. La verifica nei confronti di tale
consorziata subentrante deve riguardare il possesso dei soli requisiti di carattere generale. La
medesima Autorità ricorda che in giurisprudenza si è ritenuto che il rapporto tra consorzi ex lege
422/1909 e le cooperative ad essi associate, può essere ricondotto al rapporto tra società
commerciale e socio, così come l’ipotesi di contemporanea partecipazione alla medesima gara di un
consorzio e una cooperativa ad esso associata, deve essere assimilato all’ipotesi di partecipazione
alla stessa gara di due società aventi lo stesso socio di maggioranza ovvero di un imprenditore
individuale che sia anche socio di maggioranza di una società commerciale partecipante (T.A.R.
Sicilia, sez.I, 7 novembre 1997, n. 1707).
Del resto, in altri precedenti giurisprudenziali, si impone il possesso dei requisiti di idoneità
tecnica e finanziaria alle singole imprese facenti parte del consorzio, e non al consorzio in quanto
tale, solo con riferimento a gare in cui a partecipare siano consorzi privi di personalità giuridica,
ossia quelli ordinari costituiti ai sensi dell’articolo 2602 ss. (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III,
dicembre 1998, n. 2792).
Il Consiglio di Stato osserva che la previsione normativa relativa all’obbligo di indicare per
quali consorziati il consorzio concorre non è stata completata dalla richiesta della dimostrazione del
possesso, da parte dell’impresa designata, dei requisiti speciali; “la norma va invece letta in
combinazione con la richiamata disciplina che prevede la verifica dei requisiti de quibus in capo al
consorzio, con la limitata possibilità di cumulo dei requisiti posseduti dalle singole consorziate,
senza che all’uopo rilevi la partecipazione di tutte al momento esecutivo. Non risulta allora mutato,
neanche nella legislazione dei lavori pubblici, il principio che dall’autonoma soggettività del
consorzio, quale unico soggetto che partecipa alla procedura, trae il precipitato della necessità di
verificare solo in capo ad esso, con la limitata possibilità di cumulo con le singole consorziate, il
possesso dei requisiti speciali” (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 aprile 2003, n. 2183).

Associazioni temporanee di imprese e consorzi ordinari ex 2602 c.c.

E’ lo strumento con il quale è attuata una sinergia tra imprenditori per la partecipazione ad una
gara, senza tuttavia che ciò comporti la creazione di un autonomo soggetto di diritto, né la
costituzione di una stabile organizzazione di impresa.
La costituzione formale di un RTI avviene mediante il conferimento di un mandato collettivo
con rappresentanza da parte delle imprese interessate ad una di queste, denominata capogruppo, che
assume il compito di formulare l’offerta e partecipare alla gara in nome e per conto delle mandanti.
Contrariamente ai consorzi stabili, il RTI attua una semplice contitolarità del rapporto
obbligatorio: in applicazione del principio civilistico della solidarietà passiva ex articolo 1294 c.c.
tutte le imprese sono vincolate nei confronti della Stazione Appaltante all’adempimento della
prestazione nascente dal contratto di appalto.
La partecipazione alle procedure di affidamento delle associazioni temporanee e dei consorzi
ordinari è ammessa a condizione che il mandatario o il capogruppo, nonché gli altri partecipanti,
siano già in possesso dei requisiti di qualificazione, accertati e attestati per la quota percentuale
indicata nel regolamento.
Per le associazioni temporanee di imprese e per i consorzi ordinari di tipo verticale, i requisiti
economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono posseduti dalla capogruppo nella categoria
prevalente; nelle categorie scorporate ciascuna mandante possiede i requisiti previsti per l’importo
dei lavori della categoria che intende assumere e nella misura indicata per l’impresa singola. I
requisiti relativi alle lavorazioni scorporabili non assunte da imprese mandanti sono posseduti
dall’impresa mandataria con riferimento alla categoria prevalente (articolo 95, co. 2 D.P.R.
21.12.1999, n. 554 – Regolamento di attuazione della legge 109/94 -).
Se l’impresa singola o le imprese che intendano riunirsi in associazione temporanea hanno i
requisiti, possono associare altre imprese qualificate anche per categorie e importi diversi da
quelli richiesti dal bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il 20%
dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute
da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati (articolo 95, co. 4
DPR 554/99).
Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti
nei confronti della Stazione Appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura
dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo dei lavori, fino alla estinzione di ogni rapporto. La
Stazione Appaltante, tuttavia, può far valere direttamente le responsabilità facenti capo alle imprese
mandanti (articolo 95, co. 6 DPR 554/99).
Le imprese riunite dopo l’aggiudicazione possono costituire tra loro una società anche
consortile per l’esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori.
La società subentra, senza che ciò costituisca ad alcun effetto subappalto o cessione di
contratto e senza necessità di autorizzazione o di approvazione, nell’esecuzione totale o parziale del
contratto, ferme restando le responsabilità delle imprese riunite (articolo 96 DPR 554/99).
In caso di riunione di concorrenti, le garanzie fideiussorie e le garanzie assicurative sono
presentate, su mandato irrevocabile, dall’impresa mandataria o capogruppo in nome e per conto di
tutti i concorrenti con responsabilità solidale nel caso di concorrenti associati o di consorzi ordinari,
e con responsabilità pro quota nel caso di associazioni temporanee di tipo verticale (articolo 108
DPR 554/99 -per associazione temporanea di tipo verticale si intende una associazione temporanea
di concorrenti, nell’ambito della quale uno di essi realizza i lavori della o delle categorie prevalenti;
per lavori scorporabili si intendono lavori non appartenenti alla o alle categorie prevalenti e così
definite nel bando di gara, assumibili da uno dei mandanti -).
E’ consentita la presentazione di offerte da parte delle associazioni temporanee e dei consorzi
ordinari anche se non ancora costituiti ( in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria
che dispone che “Ai fini della presentazione di un’offerta o di una domanda di partecipazione le
Amministrazioni aggiudicatrici non possono esigere che i raggruppamenti di operatori economici
abbiano una forma giuridica specifica; tuttavia al raggruppamento selezionato può essere imposto di
assumere una forma giuridica specifica una volta che gli sia stato aggiudicato l’appalto, nella
misura in cui tale trasformazione sia necessaria per la buona esecuzione dell’appalto”).
In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutte le imprese che costituiranno i
raggruppamenti o i consorzi e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, le
stesse imprese conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse, da
indicare in sede di offerta e qualificata come capogruppo, la quale stipulerà il contratto in nome e
per conto proprio delle mandanti (articolo 13, co. 5 L. 109/94).
Criticità sono state invece evidenziate con riferimento alla disciplina del nostro ordinamento
che, nei settori speciali, impone alle imprese che vogliono partecipare alle gare di appalto
aggregandosi di costituire formalmente il raggruppamento – articolo 23, co. 2 – prima della
presentazione dell’offerta, anche se in dottrina si è osservato che mancherebbe una ratio sostanziale
in base alla quale differenziare la disciplina all’interno dei settori speciali rispetto ai settori
“ordinari”.

Le nuove disposizioni comunitarie, nel confermare il principio, già consolidato in sede


giurisprudenziale, della possibilità per l’operatore economico di avvalimento dei requisiti di altri
soggetti, sembrerebbero, tuttavia, ridimensionare la potenzialità espansiva contenuta
nell’affermazione della Corte (C-176-98) che è consentito ad un concorrente, per comprovare il
possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad un appalto ai fini
dell’aggiudicazione di un appalto pubblico , di far riferimento alle capacità di altri soggetti,
qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione che sia in grado di
provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all’esecuzione dell’appalto.
Difatti, seguendo l’ottica fattuale prescelta dalla Corte, si sarebbe potuto far ritenere sufficiente per
la partecipazione ad una procedura di aggiudicazione, la situazione in cui una impresa si procuri e
dia prova della effettiva disponibilità di mezzi attraverso rapporti meramente obbligatori (non
connessi a legami di partecipazione azionaria) con altre imprese.
Le nuove disposizioni sembrano invece aver stabilito un nuovo punto di equilibrio tra la
necessità di garantire la massima partecipazione possibile alle gare e l’esigenza per
l’Amministrazione aggiudicatrice di essere garantita circa il buon esito dell’appalto. Vengono,
difatti, mantenute le disposizioni che avevano permesso alla Corte l’interpretazione nel senso
dell’”avvalimento” di capacità esterne alle imprese; ossia la possibilità che l’operatore economico
“che per fondati motivi non è in grado di presentare le referenze richieste dall’Amministrazione
aggiudicatrice è autorizzato a provare la propria capacità economica e finanziaria mediante
qualsiasi altro documento considerato idoneo dall’Amministrazione aggiudicatrice” (articolo
47, par. 5), e l’inserimento tra le modalità di prova delle capacità tecniche e professionali
dell’”indicazione dei tecnici o degli organismi tecnici, che facciano o no parte integrante
dell’operatore economico… di cui l’imprenditore disporrà per l’esecuzione dell’opera”. (ed
entrambe le possibilità sono rimaste tra i criteri ai quali devono adeguarsi i sistemi nazionali di
qualificazione)
Viene, tuttavia, introdotto, sia per le capacità economico-finanziarie sia per le capacità
tecnico-professionali, un nuovo paragrafo che riguarda espressamente la possibilità di avvalimento
delle capacità di soggetti esterni all’operatore economico, e è altresì limitato il ricorso a tale
avvalimento introducendo l’inciso “se del caso e per un determinato appalto”.
Le preesistenti disposizioni andranno quindi interpretate in una direzione più corrispondente a
quanto si verifica normalmente in sede di gara; del resto, già nella disciplina relativa al nostro
sistema di qualificazione, l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici ha chiarito (determinazione n. 6
del 21 aprile 2004) l’esatto ambito degli oneri documentali volti ad attestare il possesso dei requisiti
di ordine generale e di capacità strutturale; può quindi spostarsi l’accento sulle parole “considerato
idoneo dall’Amministrazione”, salvo poi spostare in sede giudiziale la prova dell’idoneità effettiva
della documentazione (per un’applicazione della prevista “indicazione dei tecnici o degli organismi
tecnici si può far riferimento a quanto previsto dall’articolo 19 del DPR 34/00 per l’appalto
integrato: qualora il concorrente sia in possesso dell’attestazione di sola costruzione, oppure di
un’attestazione per progettazione e costruzione non sufficiente a coprire i requisiti previsti dal
bando, è necessario che si avvalga o associ un progettista in possesso dei requisiti).
Anche la stessa espressa introduzione dell’”avvalimento”, previsto se del caso e per un
determinato appalto, si configura quale formulazione aperta, necessitante di ulteriore
specificazione giurisprudenziale che vada anche a ridefinire il grado di operatività delle nuove
definizioni, ma sicuramente da valutare concretamente nel singolo caso, e in special modo quando
non ci si riferisca a gruppi, per i quali le nuove direttive esplicitamente stabiliscono la possibilità di
iscrizione agli elenchi ufficiali di imprenditori avvalendosi dei mezzi forniti dalle altre società
facenti parte del medesimo gruppo.
Se, quindi, le direttive aprono ai gruppi, oramai riconosciuti quali centri unitari di interessi,
non si spingono, né diversamente potrebbero, a chiarire i casi possibili di rapporti meramente
obbligatori per l’avvalimento delle capacità economiche e tecniche di altri soggetti. Del resto alcuni
principi giurisprudenziali non sono stabilizzabili in sede normativa, posto che ciascun ordinamento
ha individuato determinate forme giuridiche di partecipazione economica e per ciascuna forma
giuridica ha previsto apposite articolazioni di responsabilità, nei confronti dei terzi e al proprio
interno. Bisognerà vedere in concreto come tale nuova disposizione sarà recepita dagli Stati membri
e quale concreta applicazione otterrà nei diversi settori degli appalti pubblici di lavori, di forniture e
di servizi, per i quali, già adesso, il nostro ordinamento ha approntato discipline differenziate, in
particolare per i lavori pubblici.
Il Consiglio di Stato proprio a gennaio di quest’anno sottolinea come il sistema comunitario
solleciti una analisi casistica da parte delle Amministrazioni e dei giudici circa la sussistenza dei
requisiti di capacità. Evidenzia, inoltre, che non si può dare ingresso ad automatismi di sorta nella
materia in esame (e che quindi non va assolutizzata l’applicazione del principio desumibile dalla
decisione dello stesso Consesso, e cioè l’automatismo tra controllo al cento per cento di una
impresa figlia e prova del requisito tecnico richiesto in capo alla società madre), ma che la Stazione
Appaltante gode di un ampio potere nella valutazione casistica del legame giuridico che deve essere
dimostrato tra impresa concorrente e soggetto terzo. A rafforzare il potere dell’Amministrazione in
sede di verifica, il Consiglio di Stato precisa che il sindacato giurisdizionale su tale potere è di tipo
estrinseco, e non può arrivare a sostituire le determinazioni dell’Amministrazione con quelle gradite
al giudice o all’impresa esclusa, purché queste si mantengano nei limiti della ragionevolezza e della
non arbitrarietà.
Un’attenzione particolare dovrà essere posta in sede di recepimento delle direttive proprio con
riguardo alla possibilità introdotta per i gruppi di qualificarsi mediante il possesso indiretto dei
requisiti richiesti. Ciò soprattutto in considerazione della nuova definizione di “gruppo”
recentemente introdotta con la riforma del diritto societario. Infatti, tra gli elementi presuntivi in
base ai quali riconoscere la presenza di un gruppo sono indicati non solo la partecipazione
azionaria, ma anche ad esempio, il legame statutario, introducendo, quindi, un concetto sostanziale
di gruppo che non potrà non avere riflessi anche sulle forme giuridiche già disciplinate.
Non a caso il Consiglio di Stato in una recente sentenza (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 aprile
2003, n. 2183), ha affermato che “nell’ipotesi in cui in una procedura per l’affidamento di un
appalto pubblico concorra un consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro costituito a
norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, per sua natura dotato di soggettività giuridica autonoma
e stabile, i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria stabiliti nel bando devono essere riferiti al
consorzio stesso e non alla singola società cooperativa concretamente designata, in sede di offerta,
quale incaricata dell’esecuzione dell’appalto”. E ancora “… comporta l’instaurazione tra consorzio
e consorziati di un rapporto organico, ne discende che l’attività posta in essere dalla singola
cooperativa in qualità di consorziata è imputabile al soggetto consorzio, in quanto la cooperativa
stessa è inserita nel consorzio con un rapporto di immedesimazione organica, e i suoi intenti si
identificano integralmente con quelli del consorzio stesso”. E per i consorzi di servizi con
personalità giuridica il Consiglio di Stato ha riconosciuto che il principio dell’avvalimento è
estensibile anche ad essi, che, quindi, (nel caso esaminato dal Consiglio) possono avvalersi, per
comprovare il requisito del fatturato minimo dell’ultimo triennio, del fatturato delle società
consorziate che eseguiranno il servizio. Non si applica quindi la diversa disciplina dettata
nell’ambito dei lavori pubblici, a tenore della quale, invece, solo i consorzi privi di personalità
giuridica possono essere assimilati alle a.t.i. e avvalersi dei requisiti dei consorziati.
In sede di recepimento andrà anche tenuto conto del fatto che per le imprese stabilite in altri
Stati aderenti all’Unione Europea la qualificazione di cui al regolamento 34/00 non è condizione
obbligatoria per la partecipazione alle gare di appalto di lavori pubblici, e che l’esistenza dei
requisiti prescritti per la partecipazione delle imprese italiane alle gare di appalto è accertata in base
alla documentazione prodotta secondo le normative vigenti nei rispettivi paesi.
A tale proposito interessante è la lettura di Consiglio di Stato VI, n° 5039 del 2003 in cui, nel
riconoscere la possibilità dell’avvalimento in tema di appalti di servizi e tra società controllate al
100%, il Giudice definisce la prova della disponibilità di mezzi come: “atipica, non limitata a
particolari mezzi (di prova), e può essere data mediante mezzi che attestino l’esistenza di rapporti
giuridici idonei a provare l’effettiva disponibilità di tali capacità in capo ai partecipanti alla gara.
Nella specie, l’avvio dei procedimenti di fusione, l’impegno a concluderli prima dell’inizio del
rapporto di appalto, l’esistenza di un gruppo societario facente capo ad una holding, dominata da un
unico soggetto, i rapporti di controllo totalitario esistenti tra le imprese del gruppo avviate per altro
a fusione per incorporazione sono tutte circostanze apprezzabili ai sensi della nota giurisprudenza
comunitaria”.
L’ampiezza del mezzo di prova è coniugata alla possibilità di valutazione da parte della
Amministrazione, ma certamente dà conto del fatto che l’obiettivo da raggiungere non è di carattere
formale, ma fattuale.
Si noti che anche il Consiglio di Stato ritiene sussistere comunque l’esigenza di un “rapporto
giuridico” tra avvalente ed avvalso, come sopra si accennava, il che conferma la lettura della
direttiva che abbiamo dato, vale a dire che è indifferente il tipo di rapporto giuridico esistente, ed a
fortiori esso può anche non esistere fuori dalla gara e dal singolo contratto di appalto, ma
necessariamente esso deve essere instaurato, in una forma libera, per garantire la disponibilità dei
mezzi.
Volendo riassumere semplificando possiamo dire che, alla luce della giurisprudenza attuale,
l’avvalimento non è consentito solo da parte di un consorzio o di una cooperativa aventi personalità
giuridica, nei confronti dei propri soci e limitatamente al settore dei lavori pubblici, in applicazione
dell’articolo 11 della legge n° 109 del 1994, il quale non costituisce, secondo il Consiglio di Stato,
principio generale del nostro ordinamento per appalti comunitari, ma è anzi contraddetto
dall’indirizzo generale oltre che dalla evoluzione nella direttiva in esame.
Appare evidente il punto di contrasto, atteso che la direttiva non compie alcuna distinzione tra
soggetti aventi o meno personalità giuridica ed i soci che ne costituiscono il substrato, anzi
postulando l’indifferenza dei legami tra essi, ne assume l’irrilevanza a priori.
Ancora, la giurisprudenza ha di fatto instaurato un automatismo tra il controllo societario e la
qualificazione della società controllante, quanto meno nel settore dei servizi.
Di tale automatismo non vi è traccia nella direttiva, ma non può certo dirsi che esso sia da
considerare contrario ad essa. Infatti, l’indifferenza rispetto ai legami tra i due soggetti postulata
dalla norma significa che la natura di essi o la loro assenza non può influire negativamente sulla
possibilità dell’avvalimento, ma non esclude che l’esistenza di un legame possa, invece, influire
positivamente su di esso se ciò ritiene opportuno l’ordinamento giuridico nazionale.
Una ulteriore problematica scaturisce dall’avvalimento in sede di qualificazione.
Si deve ovviamente premettere che, allo stato della normativa italiana, tale tipo di avvalimento
non è possibile.
L’articolo 8 della legge 109/94 ha previsto la sostituzione dell’Albo nazionale costruttori con
l’istituzione di un sistema di qualificazione unico per tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di lavori
pubblici di importo superiore a 150 000 euro.
La disciplina del nuovo sistema di qualificazione è contenuta nel D.P.R. 21.12.1999, n.
554(“Regolamento di attuazione della L. 11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di lavori
pubblici, e successive modificazioni”) e nel D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 (“Regolamento recante
istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 8
della L. 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni”).
Se, nella “distorsione” del precedente sistema, alla abilitazione dell’Albo si affiancavano
autonome qualificazioni e verifiche selettive delle Amministrazioni aggiudicatrici (ragion per cui
l’iscrizione all’Albo, da condizione necessaria e sufficiente alla dimostrazione dell’idoneità
dell’impresa, aveva finito per rappresentare un mero elemento presuntivo della sussistenza di alcune
referenze), la qualificazione costituisce, ora, non un semplice requisito per poter partecipare alle
gare di appalto di lavori pubblici, ma una condizione di legittimazione alla procedura di appalto e
alla successiva fase contrattuale.
La verifica dell’idoneità dei soggetti che a qualsiasi titolo aspirino ad eseguire lavori pubblici
è stata demandata a società per azioni, denominate “Società Organismi di Attestazione – SOA -,
autorizzati dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, organismi di diritto privato ai quali,
quindi, è stata affidata una funzione pubblica. Sono, pertanto, inammissibili sistemi di
qualificazione particolari presso singole stazioni appaltanti.
Chiunque esegue lavori pubblici deve aver ottenuto l’attestato SOA per categorie e classifiche
corrispondenti ai lavori oggetto di affidamento (solo in via transitoria le Amministrazioni avevano
mantenuto compiti di verifica circa l’effettiva idoneità dei concorrenti privi dell’attestato SOA).
Per conseguire la qualificazione l’impresa dovrà dimostrare il possesso dei requisiti di ordine
generale e di ordine speciale elencati nel citato regolamento.
Nei settori ordinari la direttiva n° 18 sostanzialmente non innova (salva la disciplina di
avvalimento infra gruppo come detto), mentre le novità sono riscontrabili nella direttiva 2004/17.
In primo luogo si osserva che in essa non ci si riferisce ad elenchi ufficiali degli Stati membri,
ma viene ribadita la previsione che ogni ente aggiudicatore possa istituire un proprio sistema di
qualificazione. In tal caso per l’ammissione a tale sistema le imprese possono far ricorso alle
capacità economiche e tecniche di altri soggetti. Il nostro ordinamento (D.P.R. 34/2000 e s.m.)
aveva ricompreso nel campo di applicazione del sistema unico di qualificazione, per i lavori
pubblici, anche i soggetti operanti nei c.d. settori speciali, non permettendo, quindi, sistemi
autonomi di qualificazione da parte degli enti aggiudicatori (la possibilità di istituzione di sistemi
autonomi di qualificazione dei singoli enti aggiudicatori era contenuta nel decreto legislativo
158/1995 di recepimento della direttiva sui settori esclusi – articolo 15 -).
Sorgono almeno due quesiti: il sistema unico di qualificazione è ammissibile? deve tener
conto delle indicazioni comunitarie valide per i sistemi di qualificazione dei singoli enti
aggiudicatori, e permettere, quindi, alle imprese di avvalersi delle capacità economiche e tecniche di
altri soggetti?
La risposta sembra essere affermativa ad entrambe le domande.
Sul primo punto la norma comunitaria deve essere letta nel senso di accoglibilità di un sistema
di qualificazione anche a livello di singola Amministrazione, ma nulla fa ritenere che un sistema
unitario, non espressamente vietato, sia contrario alla ratio ed all'effetto utile della direttiva.
Tuttavia, il recente decreto legislativo 10 gennaio 2005, n. 9 “Integrazioni al decreto legislativo 20
agosto 2002, n. 190, per l’istituzione del sistema di qualificazione dei contraenti generali delle
opere strategiche e di preminente interesse nazionale, a norma della legge 21 dicembre 2001, n.
443” (in via di pubblicazione), ha reintrodotto la possibilità per i soggetti aggiudicatori di cui al
decreto legislativo 158/1995 di istituire il proprio sistema di qualificazione secondo le previsioni del
medesimo decreto legislativo.
Sul secondo punto non vi è dubbio che la normativa italiana è in contrasto con la nuova
direttiva, poiché riconosce l'avvalimento, a determinate condizioni, nelle singole gare, mentre nella
specie si tratta di consentire l'iscrizione in un albo o, meglio, la qualificazione secondo il sistema
vigente. Su tale punto occorrerà intervenire nel recepimento.
Occorre comunque sempre ricordare che per la Comunità i sistemi di qualificazione danno una
presunzione di idoneità che deve essere successivamente verificata dall’Amministrazione
aggiudicatrice, ed in ogni caso l’ammissibilità dell'avvalimento in qualificazione è filtrata dalla
valutazione approfondita del mezzo di prova della disponibilità.

Alcuni problemi di ordine applicativo

Si è cercato di tratteggiare sia la disciplina comunitaria sia il rapporto, a diritto vigente, con il
sistema italiano. Non ci si può nascondere il fatto che l’apertura manifestata dalla giurisprudenza
anche prima della direttiva n° 18, soprattutto nel settore dei servizi e forniture, è stata non solo
confermata dalla attuale direttiva, ma decisamente trasformata da uno stretto sentiero in una
autostrada a più corsie.
Il quadro si presenta, purtroppo, dipinto a fosche tinte.
L’analisi delle problematiche operative deve basarsi sulla constatazione fondamentale per cui
si è definitivamente spezzato il legame biunivoco e necessario esistente tra la stazione appaltante e
l’appaltatore, sia potenziale sia effettivo.
Il sistema degli appalti, o per meglio dire delle procedure ad evidenza pubblica, persegue
sostanzialmente due obiettivi: la scelta del contraente migliore sotto il profilo della capacità
professionale e dei costi; la prevenzione dell’uso improprio di risorse pubbliche, sia sotto il profilo
della corruzione dei pubblici funzionari, sia sotto quello del favoreggiamento nei confronti di
imprese predeterminate.
Il sistema delineato nella legislazione di settore italiana, per la verità non molto dissimile da
quello in vigore negli altri paesi a diritto amministrativo, si basa su due capisaldi: la
predeterminazione di un “mercato” delle imprese, la oggettività e trasparenza delle procedure di
gara.
Sotto il primo profilo la “predeterminazione” di un mercato di imprenditori non significa la
chiusura dello stesso, ma solo la necessità che l’ingresso tra i potenziali contraenti della P.A. sia
concesso solo a soggetti dotati di sufficienti requisiti soggettivi ed oggettivi. Il possesso di tali
requisiti deve soddisfare il bisogno di sicurezza della stazione appaltante, sotto i diversi profili
variamente ipotizzabili nella gestione di un rapporto contrattuale complesso quale l’appalto: la
solidità economica del contraente, la sua capacità professionale, l’onestà, l’assenza di legami con
organizzazioni malavitose, il rispetto delle norme sociali e di sicurezza e mille altre ben note a tutti.
In parole povere, la stazione appaltante pubblica deve essere posta in grado di compiere una
scelta del contraente percorrendo il medesimo iter logico che un privato qualsiasi, anche non
imprenditore, segue nell’affidare un appalto di lavori, sia pure modesto: egli compara i prezzi, ma
anche l’affidabilità dell’imprenditore, desunta dai suoi precedenti rapporti contrattuali, dalle
conoscenze acquisite da terzi, dalla “fama” di affidabilità goduta nell’ambiente e da altri mille
segnali di cui ciascuno si fida nell’esercizio della propria prudenza contrattuale.
Ciò presuppone, all’evidenza, che il mercato dei contraenti con la P.A. non sia propriamente
un mercato totalmente aperto, ma al contrario ristretto, nel senso che ad esso può partecipare solo
un imprenditore dotato di determinati requisiti, tali per cui la P.A. di lui “si possa fidare”.
L’apertura, come sempre in uno stato di diritto e soprattutto in uno stato liberale, è data dalla
inesistenza di elementi di discriminazione e dunque dalla massima potenzialità alla partecipazione,
alla chance potremmo dire, sì che tutti coloro che posseggano i requisiti soggettivi e oggettivi
positivi, e siano privi del requisiti soggettivi e oggettivi negativi, hanno diritto a partecipare al
mercato.
In questo si realizza il massimo della concorrenza e della apertura.
Il feticcio della concorrenza, vivo e malamente interpretato dal Legislatore europeo, cozza con
questa impostazione che, a chi scrive, appare di piana comprensione, sì che il tentativo di estendere
quanto più possibile lo slogan della concorrenza, finisce con travolgere non solo i principi, ma, ciò
che più conta i bisogni per la cui soddisfazione è nata la procedura ad evidenza pubblica.
L’eterogenesi dei fini, sempre in agguato nella produzione normativa, in questo caso
determina la conseguenza per cui l’obiettivo della tutela degli interessi pubblici sia fallito proprio a
causa dell’eccesso di misure concorrenziali, le quali pongono le stazioni appaltanti in condizioni
deteriori rispetto a quelle in cui si troverebbe un qualsiasi imprenditore medio nella scelta del suo
contraente.
La strada prescelta dalla direttiva che qui commentiamo va esattamente in questa direzione.
Essa infrange il principio della legittima ristrettezza del mercato delle imprese attaccando lo
strumento principale posto a base del sistema, cioè a dire la corrispondenza biunivoca e necessaria
tra l’imprenditore, come qualificato e descritto dai suoi requisiti soggettivi e oggettivi, e la sua
responsabilità.
La direttiva opera una mutazione genetica del mercato delle imprese e della figura stessa
dell’imprenditore contraente con la P.A..
Il mercato delle imprese contraenti con la P.A. è oggi caratterizzato da soggetti inseriti nella
logica della fornitura dell’opera o del servizio quale scopo fondamentale della propria intrapresa.
Pur nella divisione del lavoro che si attua nelle figure collettive, l’imprenditore partecipa alla gara
per l’acquisizione di un contratto che soddisfa il suo scopo ontologico, e a tal fine pone a
disposizione non solo l’organizzazione imprenditoriale, ma anche, e soprattutto, l’azienda, intesa in
senso tecnico, e quindi anche il suo avviamento, la sua credibilità e affidabilità nel settore. Il nuovo
mercato ipotizzato dalla direttiva è costituito da soggetti parcellizzati, i quali partecipano in vista
della messa a disposizione di un elemento non solo del ciclo produttivo, ma della qualificazione del
soggetto, potendo rimanere del tutto estranei alla produzione, ma pure contribuendo in maniera
determinante all’affidamento della sua realizzazione.
Contemporaneamente, e direi quasi per corollario, cambia la natura dell’imprenditore. Egli
non è più il centro di riferimento unitario dell’intrapresa, ma si scioglie in una serie di soggetti
avvalsi, estranei al mercato vero e proprio del settore, ma di fatto richiamati in esso dalla volontà
avvalitrice. Potenzialmente il nuovo imprenditore è una scatola vuota, una sorta di holding
dell’avvalimento: egli acquisisce l’appalto privo dei requisiti positivi soggettivi e oggettivi, per i
quali si avvale di soggetti del tutto estranei al mercato potenziale degli appalti, perché privi, a loro
volta, di tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti. Astrattamente il nuovo imprenditore è un
mero coordinatore della attività altrui, di mezzi, finanziari e tecnici, di uomini, di capacità e di
organizzazioni messe a disposizioni da altri.
Si potrebbe obiettare che l’apertura ai soggetti collettivi quali le ATI, i consorzi etc. ha già
determinato questo fenomeno. Ma l’obiezione non coglierebbe nel segno perché mancherebbe di
evidenziare la profonda diversità nella struttura di tali fenomeni rispetto all’avvalimento.
Le associazioni temporanee di impresa o comunque le altre forme abilitate alla partecipazione
non sono che uno dei multiformi aspetti del fenomeno della cooperazione societaria nel
raggiungimento di un fine. La collaborazione sia verticale sia orizzontale non elide il rapporto
finalistico dell’attività dell’impresa partecipante, la quale può anche essere affidataria della
realizzazione di una parte trascurabile e minima dell’appalto, ma ciò nonostante partecipa con
caratteristiche di indispensabilità all’appalto stesso. Senza la sua sia pur minima realizzazione
l’opera non è completa. Essa è, in sintesi, pienamente inserita nel ciclo produttivo ed assume
responsabilità contrattuali, limitate o meno alla sua quota di partecipazione, consustanziali alla
realizzazione dell’opera. Non si tratta qui di precisare se la sua responsabilità sia solidale o meno,
ciò che conta è di sottolineare che essa, insieme alle altre imprese del soggetto collettivo, è
corresponsabile della buona riuscita dell’opera a prescindere dal tasso di responsabilità civile che le
può essere giuridicamente addossata. Essa acquista lo status di socio nell’opera, realizza cioè una
delle caratteristiche fondamentali dell’homo sapiens, quella di sapersi aggregare per la risoluzione
di problemi che trascendono le capacità del singolo.
Viceversa, l’avvalso è fuori della logica della societas. L’impresa avvalsa non collabora alla
riuscita dell’opera e non ne assume la responsabilità finale, né nel senso atecnico sopra utilizzato,
cioè la responsabilità morale dell’opera intera, né in quello più propriamente giuridico, poiché
risponderà (ma v’è da chiedersi nei confronti di chi: la stazione appaltante o l’avvalitore?) solo per
l’inadempimento dell’obbligo di porre a disposizione i mezzi finanziari o tecnico-professionali
richiesti e non già per la cattiva riuscita dell’opera che dovrà essere imputata all’appaltatore
avvalente.
Cerchiamo di enumerare, più che analizzare alcune conseguenze scaturenti dalla decisa rottura
del rapporto tra il soggetto appaltatore e i requisiti oggettivi richiesti.
La direttiva delinea un quadro in cui per la partecipazione alla singola gara non è più
necessario il possesso della qualificazione derivante dal sistema di qualificazione ( sempre
nell’ambito dei requisiti oggettivi economici e tecnici beninteso). Ed infatti, se l’articolo 52 non
prevede l’avvalimento per tali sistemi, ad eccezione che per i gruppi, non lo vieta neppure, come si
è visto, il che significa che confina l’avvalimento al momento della singola gara, in tal caso
permettendo di prescindere dalle categorie di qualificazione, atteso che i requisiti concreti per la
singola gara sono momento diverso dai requisiti per la qualificazione.
Di fatto l’avvalimento pone in crisi il sistema delle SOA poichè non richiede neppure che
l’avvalso sia esso stesso un soggetto qualificato, dato che non partecipa alla gara; la direttiva chiede
solo che l’avvalso garantisca, in qualche modo, la disponibilità dei mezzi finanziari e tecnici.
Si dà così impulso alla nascita di soggetti avvalsi per professione e, dall’altro lato, si permette
alle imprese prive della qualificazione legale di partecipare comunque alle gare avvalendosi dei
requisiti di un soggetto estraneo, sostanzialmente, non solo al rapporto, ma anche al mondo stesso
degli appalti.
Si può ipotizzare con facilità la costituzione di una società finanziaria che, in qualche modo,
garantisca l’apporto di capitali e la copertura della responsabilità patrimoniale, ovvero di una
società proprietaria di attrezzature tecniche, o al limite l'intervento di una agenzia di lavoro
interinale che si impegni a fornire il personale necessario. Si apre cioè uno scenario di sostanziale
svuotamento del soggetto appaltatore che, in paradosso, può ridursi ad una scatola vuota il cui
contenuto è fornito dall’esterno.
La prospettiva potrebbe non essere drammatica se non ponesse inquietanti interrogativi in
ordine alla verifica dei requisiti soggettivi degli avvalsi.
Atteso che la direttiva si rivolge solo ai soggetti potenziali appaltatori nei cui confronti
autorizza la verifica dei requisiti soggettivi (ad esempio di moralità) e non ai soggetti avvalsi, ne
consegue che sarebbe contraria ad essa una norma che pretendesse di verificare il possesso di tali
requisiti anche negli avvalsi, perché ciò potrebbe diminuire il ricorso da parte dei soggetti della
direttiva all’istituto dell’avvalimento e la loro partecipazione alle gare. Non vi è chi non veda che il
pericolo del riciclaggio del denaro sporco e dell’introduzione dei capitali di provenienza illecita nel
mondo degli appalti, cacciato dalla porta, rientra dalla finestra.
Né si può ritenere che la soluzione del problema si sposti all’atto della valutazione della prova
della disponibilità. La direttiva, infatti, affida alla Stazione Appaltante, e ne limita l'attività, solo un
compito di valutazione della prova, ma non di valutazione del soggetto avvalso. Né si potrebbe fare
riferimento alle norme ordinarie che limitato la capacità di contrarre della P.A. con soggetti
delinquenti o a rischio, poiché, in realtà, nessun rapporto giuridico sembra instaurarsi tra la P.A. e
l’avvalso, atteso che è sempre e solo quest’ultimo responsabile nei confronti dell’appaltatore.
Un ulteriore problema si pone in ordine alla effettiva garanzia della Stazione Appaltante sotto
il profilo della reale e soddisfacente esecuzione dell’opera.
Il ricorso all’avvalimento sino ad oggi accolto nel nostro ordinamento sotto l'influsso della
giurisprudenza, di fatto si limitava alle situazioni in cui tra avvalente ed avvalso preesistesse un
rapporto giuridico. Pur dichiarando ossequio al principio comunitario di massima apertura, la nostra
Giurisprudenza di fatto si è occupata di caso in cui l'avvalso era un soggetto o facente parte del
gruppo, o del consorzio, o legato ad una impresa del raggruppamento etc.
La norma sembra invece autorizzare, pleno jure, il ricorso all'avvalimento di un terzo del tutto
estraneo, e ciò fa sottolineando la assoluta indifferenza del legame tra i due soggetti.
Recidendo completamente il rapporto tra avvalente ed avvalso, e quindi ipotizzando
l'avvalimento con un terzo del tutto estraneo, si ammette che questi possa fornire avvalimento a più
di un soggetto. Potrebbe trasformarsi, sostanzialmente, in un “avvalificio” potendosi verificare la
circostanza per cui il medesimo soggetto finanziario, ad esempio, fornisca la copertura del requisito
economico per un numero indeterminato di società e gare.
Deve, in tal caso, ritenersi legittima una norma che permetta alla Stazione Appaltante di
verificare la situazione concreta dell’avvalso per accertare che la messa a disposizione dei mezzi sia
effettiva?
Secondo il tenore della direttiva e, soprattutto, la sua ratio ed il modo ben noto di intendere il
feticcio della concorrenza in auge a Bruxelles, la risposta non può che essere negativa. Gli articoli
47 e 48 della direttiva n° 18 e l'articolo 54 paragrafi 5 e 6 della direttiva n° 17 (per l'avvalimento
nelle singole gare) e gli articoli 52 paragrafo primo, secondo alinea della direttiva n° 18 e 53,
paragrafi 4 e 5 della direttiva n° 17 per i sistemi di qualificazione, nella misura in cui ammettono
l'avvalimento lo legano alla rigorosa prova della disponibilità dei mezzi economici o tecnici. La
formulazione sembra riferirsi esclusivamente alla rigorosa prova del rapporto obbligatorio tra
avvalente ed avvalso, tanto che unico esempio che il Legislatore comunitario è stato in grado di
proporre è quello di esibire l’impegno dell'avvalso a mettere a disposizione risorse economiche e
mezzi tecnici, con il che non si è risolto nulla in termini sostanziali.
Viceversa, la garanzia per l'Amministrazione non può che essere quella di interpretare il rigore
della prova nel senso che il soggetto dovrà altresì dimostrare che l’avvalso è effettivamente in grado
di fornire i mezzi, il che costituisce quasi una probatio diabolica, atteso che il terzo, come si è detto,
può essere del tutto estraneo all’avvalente, è legato a questi solo da un rapporto obbligatorio, ben
può rifiutarsi di fornire all'avvalente qualsiasi informazione circa altri suoi eventuali impegni o
fornirla di comodo, senza che l'avvalente abbia la minima possibilità di verificarla.
Si potrebbe ovviare a ciò ipotizzando elenchi di avvalsi o autorità cui obbligatoriamente
debbano essere comunicati gli avvalimenti, ai fini di tenere il conto delle esposizioni finanziarie e
della disponibilità anche globale dei mezzi tecnici, etc., ma come si vede ciò corrisponderebbe solo
ad una complicazione del sistema e, in buona sostanza, alla costituzione di un albo o di un sistema
di qualificazione degli avvalsi, il che contraddice totalmente lo spirito e la finalità della apertura
comunitaria.

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